Press febbraio 2014 / no.63 ISSN 2039-540X Professione Economica e Sistema Sociale Press Sommario/febbraio WCOA2014 43 Ifac RICORDO WCOA 2014 - Pag. 43 59 Antonino De Benetictis DIAMO I NUMERI Invitti: “Pmi e mercati internazionali” EDITORIALE - Pag. 4 Maria Luisa Campise 3 PRESENTAZIONE 8 60 Osservatorio economico PROFESSIONE E TEMPO LIBERO 65 Letti per voi Leonardo M. Caputo Di Nardo: “Osservatorio economico” - Pag. 60 L’INTERVENTO Caputo: “Verso nuovi mercati” - Pag. 8 4 12 16 20 22 26 28 32 36 38 Filippo Maria Invitti Christhian Gioco Marta Palombi Alessandra Fineschi Bernardino Cordeschi Vincenzo Sganga Stefano Pignatelli Alessio Gambino Domenico Fedele Riccardo Ricci Paolo Sbordoni PRIMO PIANO 42 Patrizia Bonaca Alla conquista del mercato globale n celebre economista inglese, David Ricardo, asseriva che in un sistema di U completa libertà di commercio ogni Paese consacra il suo capitale e la sua industria a ciò che gli pare più utile. Il punto di vista dell’interesse individuale s’accorda perfettamente col bene universale di tutti. Il fenomeno della globalizzazione dei mercati parte certamente dal presupposto che ogni Nazione promuove la propria economia verso l’esterno nell’intento di migliorare la propria condizione interna, così come ogni impresa sviluppa la propria iniziativa verso i bisogni della collettività alla quale essa si rivolge auspicando un ritorno di profitto da destinare al proprio autosostentamento. Il mercato oggi più che mai è da considerarsi non più protetto dai limiti geografici di un territorio o da quelli politici di un Paese, ma al contrario sempre più aperto e vocato ad una osmosi di esperienze, condizioni e fattori diversi che lo rendono un unico indistinto contesto all’interno del quale si muovono continuamente gli equilibri tra domanda ed offerta. L’imprenditore ha, quindi, maturato una nuova esigenza, quella di affrontare uno scenario che evolve inarrestabile verso direzioni non sempre prevedibili, ma in ordine alle quali diventa imprescindibile porre attenzione per non rischiare di vedere preclusa la prospettiva di sviluppo dei progetti dell’impresa stessa. Parimenti all’evoluzione delle logiche di gestione aziendale è necessario che anche i professionisti si adattino a svolgere quelle funzioni di ausilio e di consulenza che con innovata condizione e capacità contribuiscano alla crescita del soggetto economico da assistere. Una grande opportunità di allargare gli orizzonti delle attività professionali è pronta per essere colta da parte degli esperti delle discipline economico-contabili, che avranno occasione di svolgere un ruolo di primo piano nell’accompagnare le proprie aziende clienti intenzionate ad affrontare l’articolato percorso di sbarco sui mercati esteri. Nel presente numero della rivista abbiamo raccolto le esperienze ed i suggerimenti di commercialisti che a vario titolo si occupano di materie correlate all’internazionalizzazione e che potranno offrire lo spunto ad altri colleghi di cimentarsi nell’approfondimento delle tematiche illustrate. Un’importante considerazione è anche legata alla necessità di costituire progetti di reti professionali che siano occasione oltre che di confronto inter partes anche di sviluppo di iniziative di aggregazione per le imprese italiane, alle quali possono essere in tal modo rese disponibili competenze multispecialistiche. Maria Luisa Campise Direttore Press 4 Pmi e mercati internazionali Filippo Maria Invitti Odcec di Roma, Presidente Associazione VICINA La sfida ai mercati internazionali è da considerarsi una opportunità per le imprese italiane e per i commercialisti, la cui posta in palio è il futuro del nostro Paese a parola d’ordine è internazionalizzare. Termine ormai diffusamente utilizzato da ogni esponente della comunità economica che, a vario titolo, intende dissertare sulle modalità per rilanciare l’attività produttiva del nostro Paese, schiacciato dalla morsa di una crisi atavica, dovuta certamente a fattori molteplici, ma senza dubbio innegabilmente legata anche allo schema di sviluppo che da sempre ha caratterizzato la realtà imprenditoriale italiana. Partendo dall’analisi delle strutture dimensionali e dalla distribuzione geografica delle aziende nazionali è possibile delineare un primo scenario sulle possibilità effettive di espansione delle predette entità che intendono indirizzare i propri obiettivi di crescita economica L verso il mercato estero; da nord a sud del nostro territorio risulta evidente individuare profonde differenze in ordine alle tipologie di impresa presenti, ai loro modelli organizzativi e, non ultimo, all’attitudine a lavorare in collegamento tra loro superando logiche di esclusività e la naturale diffidenza alla cooperazione. La storia racconta che l’area settentrionale dell’Italia ebbe a favorire, all’epoca del boom industriale degli anni ‘60, la nascita di realtà industriali di grandi dimensioni, mentre lungo tutto il resto della penisola, scendendo verso il meridione, prevalse lo spirito di artigianalità con il quale si avviarono iniziative d’impresa certamente meno strutturate e con una maggiore vocazione a soddisfare i bisogni del contesto locale del territorio nel quale operavano. Negli ultimi cinquant’anni si è poi assistito ad un processo di trasformazione delle modalità di fare impresa che ha portato gli imprenditori a valutare lo sviluppo del proprio business oltreconfine. Le imprese italiane e soprattutto le medio-piccole, tuttavia, sono caratterizzate da alcune peculiarità che le rendono più difficilmente idonee ad affrontare l’avventura dell’internazionalizzazione. Il primo elemento è costituito dalla scarsa presenza e spesso inesistenza di figure manageriali che abbiano maturato esperienze nei mercati esteri, oltre alla poca attitudine alla conoscenza linguistica che è spesso un insormontabile ostacolo alla comunicazione tra le imprese italiane e il mercato internazionale. Il secondo fattore è insito nelle caratteristiche dimensionali ridotte delle aziende appartenenti all’universo L’intervento delle pmi, che hanno spesso come elemento collegato la sottocapitalizzazione dell’impresa, che rende inadeguato il confronto con le aziende analoghe degli altri paesi. Altro elemento che certamente non favorisce un adeguato approccio ad iniziative di internazionalizzazione è costituito dalla poca predisposizione dei professionisti italiani a svolgere la propria funzione al di fuori delle aree storicamente tradizionali. In particolare, l’attività dei commercialisti, che avrebbe certamente un riconoscimento più qualificante nell’espletare l’attività professionale quale co-protagonista di progetti di assistenza verso i mercati esteri, difficilmente viene considerata dagli stessi quale grande opportunità, ma piuttosto a priori esclusa. Le aziende italiane che in larga misura sono identificabili tra le categorie delle micro imprese e di quelle piccole vedono la figura del commercialista legata ad un soggetto che si occupa prevalentemente di adempimenti contabili e fiscali, ma difficilmente attribuiscono allo stesso un’identità correlata al supporto nello sviluppo dell’iniziativa imprenditoriale stessa; questo accade proprio perché dallo stesso professionisa non ricevono spunti a considerarlo con una veste diversa magari ad una sorta di export manager dotato del know how necessario alla loro guida nell’affrontare il contesto 5 internazionale; ne discende il determinarsi di una spirale nella quale l’impresa non ravvisa la forza di vedere una prospettiva diversa alla quale la medesima è storicamente predisposta e il commercialista incapace di considerare l’azienda assistita in grado di offrirgli diverse condizioni per mettere a disposizione la propria opera professionale. Il cambio di mentalità da parte di imprenditori e professionisti è, quindi, il primo obiettivo da porsi. Le imprese devono intanto prevedere il rinnovamento delle strutture organizzative aziendali, fattore che costituisce il primo passo per avviare proficuamente l’iniziativa economica in un mercato estero. 6 L’intervento Riguardo invece gli aspetti attinenti la struttura patrimoniale dell’impresa, è necessario che l’imprenditore verifichi la sussistenza di un valido piano economicofinanziario, eventualmente avvalendosi, oltre che dei mezzi propri dell’impresa stessa, anche di programmi di sostegno all’internazionalizzazione previsti dalle istituzioni nazionali; esempi in tal senso sono rappresentati dalle attività della Simest, della SACE, dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane nonché dallo stesso Ministero dello Sviluppo Economico che, continuamente, elaborano nuovi strumenti per facilitare i processi di sviluppo verso l’estero delle nostre pmi. Una considerazione diretta ai commercialisti, ai quali è delegato l’importante compito di accompagnare, ed a volte addirittura dirigere, i progetti di internazionalizzazione delle imprese, è rappresentato dall’invito ad assumere il ruolo di consulenti globali, affinché essi stessi, partecipando allo sviluppo dei programmi di apertura verso i mercati esteri, possano offrire ai propri clienti la massima assistenza professionale qualificando così, con la propria presenza diretta, l’iniziativa economica intrapresa. Nello schema a fianco può essere sintetizzato il ruolo che assume il professionista nella fase di avvio di un progetto di internazionalizzazione dell’impresa: in particolare l’attività del commercialista seguirà passaggi distinti, assumendo una valenza diversa sia interna all’impresa che esterna ad essa. In ordine alla valutazione del progetto IMPRESA COMMERCIALISTA ISTITUZIONI PUBBLICHE E PRIVATE BANCA L’ATTIVITÀ DEL COMMERCIALISTA INTERNA 1. VALUTAZIONE PROGETTO 2. VERIFICA STRATEGIA 3. INDIVIDUAZIONE CRITICITÀ 4. PREDISPOSIZIONE PIANO DI SVILUPPO 5. FOLLOW-UP PROGRAMMA è essenziale l’esame preliminare dell’iniziativa per stabilire le condizioni di reale fattibilità. Dovrà poi delineare una adeguata strategia al fine di programmare le fasi successive all’avvio dell’iniziativa. ESTERNA 1. SCELTA INTERLOCUTORI 2. SELEZIONE STRUMENTI OPERATIVI 3. INFORMATIVA 4. COORDINAMENTO Con riferimento all’individuazione delle criticità egli dovrà compiere una valutazione dei possibili fattori di rischio, mediante verifica preventiva dello scenario in cui verrà sviluppato il progetto possibilmente assumendo L’intervento ogni informazione utile in ordine alle condizioni di rischio paese e delle politiche economiche e fiscali locali. La redazione del piano di sviluppo meglio definibile come business plan economico e finanziario oltre a costituire il “sistema di navigazione” dell’iniziativa diviene spesso strumento indispensabile di rappresentazione esterna del progetto. Per quanto attiene al follow up del programma, l’affiancamento del professionista all’impresa anche nelle fasi successive del progetto è da ritenersi indispensabile per la verifica del grado di realizzazione dell’iniziativa. Funzioni attribuibili al commercialista, poi, potranno essere legate alla scelta di interlocutori adeguati ad assistere l’impresa nelle fasi di sviluppo del progetto cooperando ad esempio nella selezione dell’istituto bancario di riferimento, negli incontri con le istituzioni governative nonché nell’interlocuzione con i professionisti locali dei diversi paesi o degli altri organismi internazionali; inoltre, al predetto potrà essere affidata la selezione degli strumenti operativi idonei allo sviluppo dell’iniziativa rappresentando, l’operato dello stesso, il principale canale di informazione per tutti gli attori coinvolti nell’attività di realizzazione del programma internazionale. Attraverso la propria specializzazione nelle tecniche di sviluppo dell’attività 7 delle imprese nei processi di internazionalizzazione, sarà certamente richiesta la costante presenza del professionista nel ruolo di coordinatore del progetto, garantendo al medesimo grandi opportunità di crescita professionale ed attribuendogli altresì un ruolo propulsivo allo sviluppo dell’internazionalizzazione delle imprese con conseguente innegabile ricaduta sull’incremento dell’attività professionale. La sfida ai mercati internazionali è dunque da considerarsi una chanche per tutti imprenditori e professionisti la cui posta in palio è il futuro del nostro Paese e per usare una locuzione dei nostri maestri latini nihil difficile volenti! 8 Verso nuovi mercati Leonardo Maria Caputo ODCEC di Roma* Il processo di internazionalizzazione delle imprese è estremamente complesso e richiede la conoscenza di specifiche competenze proprie dei commercialisti a Commissione Internazionalizzazione delle imprese dell’ODCEC di Roma ha avviato con successo l’ambizioso progetto di realizzare il Manuale per il professionista dell’internazionalizzazione delle imprese. Collaborano alla realizzazione del Manuale le altre Commissioni che hanno come oggetto i vari aspetti della professione, necessari per assistere le imprese che perseguono l’internazionalizzazione. Chiediamo il contributo anche dei Colleghi degli altri Ordini per ottenere il Manuale il più completo ed efficace possibile. Il progetto viene sviluppato con implementazioni modulari, con lo scopo di predisporre la ‘cassetta degli attrezzi’ necessari per svolgere l’attività di consulente per l’internazionalizzazione, integrandola man mano che aumentano le competenze e le necessità. Con gli articoli che seguono presentiamo gli argomenti già sviluppati: processo d’internazionalizzazione, pianificazione strategica, aspetti operativi della gestione dell’impresa internazionalizzata, soggetti coinvolti, analisi della situazione attuale delle pmi in rapporto con l’internazionalizzazione, opportunità dell’aggregazione delle pmi e sue modalità. Prima d’introdurre le importanti opportunità offerte alla Categoria dei commercialisti dal complesso tema dell’internazionalizzazione delle imprese, devo fare una premessa per illustrare come nasce il progetto del Manuale. La Commissione Internazionalizzazione delle imprese è stata istituita nel 2013 dal nuovo Consiglio dell’Ordine di Roma, per andare incontro alla grande attenzione che sta maturando tra i Colleghi verso la necessità di poter assistere le imprese clienti nella realizzazione di progetti di penetrazione nei mercati esteri, come unica opportunità di sviluppo, se non di sopravvivenza. L Ringrazio sempre il Consiglio ed in particolare il Presidente Mario Civetta per questa scelta, che testimonia anche così la grande sensibilità per la crescita professionale della Categoria. L’istituzione di questa Commissione è stato un ulteriore passo del cammino intrapreso due anni fa, in seguito ad un corso di cinque intensi giorni sull’internazionalizzazione organizzato dal Consiglio Nazionale in collaborazione con l’Ordine di Roma. Al corso seguì un viaggio di studio in Cina, a Shangai, durante il quale si poterono approfondire gli argomenti appresi, realizzando una stimolante esperienza. Tra i partecipanti al corso ed al viaggio maturò un grande interesse ad approfondire il tema e, anche per il clima di cooperazione che si respirava nel gruppo, si decise di fondare l’Associazione VICINA con lo scopo di “diffusione della cultura dell’internazionalizzazione e dell’innovazione tra i commercialisti, gli altri professionisti e, per loro tramite, alle imprese”. VICINA ha organizzato nel 2012, in collaborazione con l’Ordine di Roma, quattro convegni e l’anno passato ha organizzato una missione professionale ed imprenditoriale ad Istanbul. All’interno della missione si è tenuto un workshop, che ha ottenuto dall’Ordine di Roma il riconoscimento dei crediti della Formazione professionale continua, al quale hanno partecipato Colleghi provenienti anche da altri Ordini. L’Associazione e la Commissione hanno in comune lo scopo di diffondere la cultura dell’internazionalizzazione tra i commercialisti, per favorirne la crescita professionale. * Presidente della Commissione Internazionalizzazione delle imprese dell’ODCEC di Roma, Segretario Generale Associazione VICINA Presentazione La Commissione ha un ruolo istituzionale, basa la propria attività sull’apporto volontaristico di esimi Colleghi e si rivolge agli iscritti dell’Ordine di Roma. L’Associazione è lo strumento operativo al servizio dell’intera Categoria; è strutturata in gruppi di lavoro specifici, ai quali partecipano gli associati in forma volontaria; investe nella propria attività di studio le quote versate dai soci ed i contributi che riesce ad ottenere da organismi ed enti. L’Associazione è anche una rete di professionisti, che hanno come elemento di forza i sentimenti di condivisione e di appartenenza, che maturano attraverso la partecipazione alle numerose attività di studio e conviviali. Con il Manuale intendiamo stimolare i Colleghi ad approcciare in modo organico il tema dell’internazionalizzazione delle imprese, fornendo indicazioni complete, ma semplici, per poter essere d’aiuto alle imprese clienti. Cos’è l’internazionalizzazione? Uno dei maggiori successi dell’Unione Europea è stato la creazione di un enorme mercato unico di più di 500 milioni di consumatori. Al di là dell’Europa, il fenomeno della globalizzazione, caratterizzato da drastiche riduzioni degli ostacoli al commercio e dei costi di trasporto, di comunicazione e d’informazione, ha aperto enormi opportunità. Tuttavia, per molte piccole e medie imprese (pmi) le frontiere nazionali rappresentano ancora un ostacolo significativo all’ampliamento delle loro attività; esse dipendono ancora in gran parte o, esclusivamente, dal mercato nazionale, malgrado il fatto che sono comunque già esposte ad un’intensa concorrenza internazionale. Noi ci occupiamo delle pmi in quanto costituiscono la maggior parte della nostra clientela e sono quelle che hanno maggior bisogno del nostro aiuto. C’è un rapporto diretto tra l’internazionalizzazione e l’aumento della redditività delle pmi: l’internazionalizzazione consente di accedere a una più ampia base di clienti, a un maggior numero di fornitori o a una più intensa esposizione alle nuove tecnologie. In linea generale, l’internazionalizzazione offre un percorso per aumentare la redditività, la sopravvivenza nel lungo periodo e una maggiore competitività, elementi che costituiscono i principali vantaggi di una valida strategia d’internazionalizzazione. L’internazionalizzazione non consiste solamente nell’esportazione; la cooperazione transfrontaliera, la 9 10 partecipazione a reti economicamente efficaci, la ricerca di approvvigionamenti competitivi e le nuove tecnologie sono elementi importanti nell’impulso delle pmi moderne verso l’internazionalizzazione. C’è un forte collegamento tra innovazione e internazionalizzazione: entrambi questi elementi contribuiscono positivamente alla crescita della competitività. Malgrado i vantaggi, andare all’estero costituisce ancora un passo non facile per la maggior parte delle piccole imprese. Queste sono soggette ai seguenti elementi critici. Scarsa sensibilità Una quota importante delle pmi, e la maggior parte di quelle che hanno meno di 10 dipendenti, concentrano tutte le loro attività sul mercato locale o nazionale. Inoltre, un’elevata percentuale di queste non prende neppure in considerazione l’ipotesi di internazionalizzarsi. Ampliare le proprie attività all’estero è ancora considerato non necessario o troppo costoso e rischioso. Difficile accessibilità alle informazioni necessarie Questo elemento costituisce una delle principali criticità per le pmi interessate o già impegnate nel processo d’internazionalizzazione. Molte imprese, in particolare le più piccole e quelle che muovono i primi passi all’estero, non hanno le risorse e le conoscenze specializzate per identificare le opportunità di affari, i soci potenziali, le prassi commerciali estere, le procedure d’esportazione, la normativa, e le specifiche dei prodotti d’importazione, i requisiti di commercializzazione, ecc.. L’accesso a questa categoria d’informazioni è essenziale per poter minimizzare gli alti costi e rischi iniziali. Inadeguatezza delle risorse umane Le pmi sono caratterizzate dalla flessibilità e da una grande capacità d’innovazione e adattamento, ma l’impegno nei mercati internazionali richiede ulteriori competenze, capacità di gestione e disponibilità, nel lungo periodo, di idonee risorse umane per sviluppare una strategia di internazionalizzazione senza mettere in pericolo le attività quotidiane. In pratica, richiede il passaggio da una dimensione culturale artigianale ad una dimensione culturale industriale. Insufficienti disponibilità finanziarie Anche questo problema, insieme a quello dell’accesso alle informazioni, è di grande ostacolo all’internazionalizzazione. Le pmi non hanno conoscenze specializzate nel settore finanziario, che richiederebbero molto tempo ed energia. Tuttavia, nel caso dell’internazionalizzazione, l’aspetto finanziario è molto più di una questione di gestione del flusso di cassa o di possibilità di accesso a finanziamenti aggiuntivi. Vanno considerati una serie di fattori specifici come il rischio di cambio, la garanzia dei pagamenti all’estero, le difficoltà per la concessione di agevolazioni di pagamento ai clienti esteri, ecc.. Finanziare l’internazionalizzazione costituisce, pertanto, un problema duplice: da un lato, è necessario acquisire informazioni sui nuovi problemi e sui meccanismi finanziari dell’internazionalizzazione; dall’altro, è necessario poter accedere ai fondi aggiuntivi necessari a finanziare le operazioni internazionali. Ottenere tali fondi comporta costi e difficoltà ulteriori a causa del maggior livello di rischio percepito dalle istituzioni finanziarie e, in alcuni casi, renderà necessario il ricorso a strumenti finanziari specifici per l’internazionalizzazione. Bassa propensione alle reti Le reti agevolano l’interazione tra varie imprese che condividono obiettivi e interessi comuni e rappresentano una fonte di sinergie vantaggiose: la condivisione delle spese, un accesso migliore o più rapido alle nuove tecnologie ed a potenziali soci, ecc.. È questo il motivo per cui le reti sono uno degli strumenti che maggiormente favoriscono l’attività internazionale coronata da successo. Il carattere della rete può essere vario e coinvolgere sia le pmi sia le grandi imprese, diversi settori e anche varie aree regionali e nazionali, a seconda del centro d’interesse primario della rete. Uno dei vantaggi essenziali delle reti è il basso costo per i partecipanti rispetto ai vantaggi offerti. Ma anche per poter utilizzare lo strumento delle reti le pmi incontrano le difficoltà sopra esposte. Qual è il ruolo dei Commercialisti? Se prima che iniziasse la crisi economica la ricerca di sbocchi commerciali oltre confine poteva considerarsi appannaggio di grandi aziende o d’imprenditori illuminati, ora deve diventare l’esigenza principale della generalità delle imprese, per sopperire alla progressiva riduzione del mercato nazionale. Questo fatto deve essere colto da noi commercialisti quale opportunità per sopravvivere ad un sistema economico, professionale e sociale che tende a soffocarci e prevaricarci, relegandoci al ruolo di meri addetti fiscali Presentazione dell’Amministrazione pubblica. Ciò vale soprattutto per i giovani che, iniziando la professione in questo periodo buio, incontrano maggiori difficoltà lavorative. Però loro possono riuscire più facilmente a dedicarsi all’internazionalizzazione, avendo una maggiore apertura mentale e più tempo da dedicare allo studio della materia ed alla costruzione dei rapporti professionali che servono per tale attività. Siamo convinti che attraverso l’attività dei commercialisti, che sono la figura professionale naturalmente più vicina agli imprenditori, sarà possibile stimolare le piccole imprese italiane a svilupparsi con l’internazionalizzazione, contribuendo così alla crescita del sistema Paese. Il processo dell’internazionalizzazione delle imprese è estremamente complesso e richiede di essere programmato in modo meticoloso e con un approccio progressivo, per evitare onerosi insuccessi. I commercialisti hanno la professionalità necessaria per supportare le imprese nelle varie fasi di questo processo, ma è necessario ampliare ed arricchire le competenze tradizionali per poter fronteggiare tutte le criticità sopra 11 evidenziate. La crescita culturale che perseguiamo deve iniziare dall’acquisire la consapevolezza della necessità di dover collaborare con altri colleghi, per poter affrontare temi complessi come questo. È determinante entrare a far parte di una rete di professionisti con i quali condividere informazioni, relazioni e competenze. Per far funzionare la rete è necessario che i partecipanti instaurino una relazione basata sulla reciproca conoscenza e stima. La ‘cassetta degli attrezzi’ che presentiamo oggi è la risposta pratica che offriamo per cercare di rendere accessibile ai Colleghi l’importante opportunità professionale di assistere le imprese clienti nei vari passi necessari per allargare i propri mercati oltre i confini nazionali. Il primo grande risultato noi l’abbiamo già raggiunto e deve servire da esempio come metodo fondamentale per approcciare tematiche complesse come questa: lavorare in gruppo e condividere le competenze all’interno di una rete di professionisti. 12 Internazionalizzazione, quando e perché Christhian Gioco ODCEC di Roma* Oggi il processo di crescita di un’impresa si misura anche dalla sua presenza nei mercati internazionali possibile far risalire la nascita dello studio dell’internazionalizzazione d’impresa a quando Hymer, nel 1960, con il suo contributo, ricondusse lo studio dei flussi di beni, capitali e lavoro tra le nazioni anche all’attività d’impresa, piuttosto che esclusivamente all’interno di approcci teorici relativi alle differenze a livello macroeconomico tra le nazioni. Un corretto approccio all’internazionalizzazione deve essere necessariamente pragmatico. Il complesso delle attività richieste per internazionalizzare un’impresa non può essere ridotto all’attività di preparazione di un contratto di fornitura o di vendita. Nel tentativo di ragionare su terminologie condivise, potrebbe essere utile fornire un paradigma, il più oggettivo possibile, che definisca gli stadi che un’impresa può assumere in rapporto all’internazionalizzazione. Anticipando le conclusioni, la tesi che si vuole qui sostenere è che l’internazionalizzazione sia un processo complesso, composto da diverse attività, che porta l’azienda ad operare in mercati sovranazionali. Possiamo affermare che la decisione È dell’avvio di tale processo, come anche la sua gestione, rientrano in quelle scelte che andranno assunte nell’ambito della pianificazione strategica e che fanno parte del processo di crescita che l’azienda, attraverso la sua governance, predispone. A questo punto diviene fondamentale definire che per internazionalizzazione intendiamo “quell’insieme di attività che porta l’azienda ad operare o ad accrescere la sua presenza nei mercati esteri”. Per inquadrare opportunamente il fenomeno dell’internazionalizzazione è indispensabile indagare le motivazioni che spingono le imprese ad intraprendere il percorso. Queste, ad esempio, potranno essere spinte all’internazionalizzazione per motivi diversi: superare la limitatezza del mercato domestico; aumentare quote di mercato; cercare di conseguire economie di scala; difendere il mercato interno; accedere a migliori fonti di approvvigionamento, ecc.. Non si devono, inoltre, trascurare gli ostacoli che le aziende incontrano durante il percorso che le porta ad operare in mercati internazionali. Esempi di ostacoli sono: la carenza di risorse finanziarie, l’inadeguatezza delle risorse umane, le barriere culturali nei mercati esteri, i problemi logistici e le incompatibilità ambientali. I molteplici volti dell’internazionalizzazione L’internazionalizzazione di un’impresa non riguarda soltanto materie quali la fiscalità, il diritto societario, la contrattualistica o la finanza internazionale. È utile, per comprendere le dinamiche sottese all’internazionalizzazione d’impresa, individuare ed elencare le diverse declinazioni che la stessa può assumere servendoci della scomposizione in fasi del processo di creazione del valore tipico di ogni azienda: “acquistoproduzione-vendita”. Ripercorrendo il processo, è possibile stilare un elenco che abbia lo scopo di riassumere e * Componente della Commissione Internazionalizzazione delle imprese dell’ODCEC di Roma L’intervento schematizzare le tipologie d’internazionalizzazione possibili. La ricerca di questa codificazione, lungi dall’essere fine a se stessa, ha il dichiarato obiettivo di rappresentare sia uno strumento di analisi sia un punto di riferimento per lo studio delle attività costituenti il processo d’internazionalizzazione. Attraverso frequenti richiami alle categorie individuate dall’elenco, risulterà più agevole illustrare il processo di trasformazione che un’azienda subisce dal momento in cui intraprende il sentiero che la porterà ad accrescere la sua presenza nei mercati esteri. L’individuazione degli stadi elencati si basa sulla possibilità che lo svolgimento di ogni fase del “processo” possa avvenire in Italia o all’estero. Una volta individuate le diverse tipologie d’internazionalizzazione, sarà TIPOLOGIA DI INTERNAZIONALIZZAZIONE possibile studiarne le caratteristiche e individuare i percorsi e le attività più idonei per raggiungerle. È opportuno precisare che il criterio utilizzato per individuare le tipologie d’internazionalizzazione possibili prescinde dall’ubicazione della sede dell’impresa e anche dal luogo ove vengono assunte le scelte strategiche o, ancora, dove vengono eventualmente distribuiti gli utili. Il “driver” primario scelto per individuare il grado d’internazionalizzazione è quello relativo alla fase della produzione (in cui presumibilmente si realizza la maggior parte della cosiddetta creazione del valore da parte dell’impresa), per poi passare alla fase della vendita in quanto attività più complessa e articolata rispetto a quella relativa agli acquisti in cui si gestiscono semplicemente gli approvvigionamenti presso i mercati esteri. Un’ulteriore precisazione riguarda il fatto che all’interno dei vari “stadi” coesistono differenti gradi d’internazionalizzazione, che sono funzione dei diversi criteri qualitativi e quantitativi che misurano la presenza di un’impresa nei mercati esteri. Sul tema del grado di internazionalizzazione si rimanda alla copiosa letteratura in materia. Avremo quindi ACQUISTO PRODUZIONE VENDITA ITALIA ITALIA ITALIA 2. IMPRESA IMPORTATRICE ESTERO ITALIA ITALIA 3. IMPRESA ESPORTATRICE ITALIA ITALIA ESTERO ESTERO ITALIA ESTERO ITALIA ESTERO ITALIA 6. IMPRESA INTERNAZIONALIZZATA ESTERO ESTERO ITALIA/ESTERO 7. IMPRESA MULTI-MERCATO ESTERO ESTERO ESTERO 1. IMPRESA LOCALISTA 4. IMPRESA DI SCAMBIO 5. IMPRESA DELOCALIZZATA 13 14 L’intervento Tutte le imprese possono essere ricomprese in una delle tipologie sopra descritte e, attraverso il processo d’internazionalizzazione prescelto, si muovono all’interno delle diverse categorie o stadi. È anche possibile l’esistenza di aziende collocabili contemporaneamente in più di una tipologia in funzione dei diversi prodotti e/o servizi offerti. Si potranno avere aziende che vendono e/o producono in mercati esteri alcuni prodotti o servizi e nel mercato nazionale altri. Per un’impresa, muoversi da una tipologia all’altra della griglia, significa mutare la propria condizione in rapporto all’internazionalizzazione. Questo presuppone che la stessa subisca un processo di trasformazione che potrà riguardare l’azienda nel suo complesso, un suo prodotto o servizio o anche un ramo della stessa. Il processo d’internazionalizzazione Alla luce di quanto illustrato è utile identificare le fasi del processo d’internazionalizzazione, per individuarne le attività caratteristiche e i corretti comportamenti che l’impresa dovrà attuare nel passaggio da uno stadio ad un altro, per ridurre i rischi e massimizzare i vantaggi. Al di là dell’esatta individuazione della successione temporale delle diverse fasi del processo, è importante conoscere, indagare e definire i contenuti e le azioni caratteristiche da svolgere in ogni fase. In questo modo l’azienda ed il professionista che la supporta riusciranno a pianificare il percorso da seguire, evitando i rischi di scelte non ponderate. Le principali fasi del processo d’internazionalizzazione Primo approccio: l’azienda matura la necessità di indagare nuove opportunità di sviluppo, tra le quali viene esaminata la possibilità d’espandere i propri mercati di riferimento oltre i confini nazionali. Prima analisi interna: viene fatta un’auto-verifica dell’idoneità all’internazionalizzazione attraverso un primo check-up aziendale che miri ad individuare capacità e volontà dell’impresa di crescere e cogliere le opportunità fornite dal processo d’internazionalizzazione. Esplorazione mercati potenzialmente interessanti: si acquisiscono e si confrontano le schede paese dei mercati di possibile interesse predisposte dalle istituzioni private e pubbliche (associazioni di categoria locali, Camere di commercio estere, ICE, banche, ecc.). Primo approccio al paese: si raccolgono le informazioni sul paese prescelto relativamente agli aspetti economici, politici, fiscali e culturali. Focus sul settore d’interesse: s’individuano e si analizzano le caratteristiche del mercato del settore specifico dell’azienda. Prima esplorazione: si effettua una missione esplorativa alla ricerca di riscontri delle notizie raccolte e per ottenere informazioni più specifiche. Analisi aziendale interna: viene fatta l’analisi della struttura organizzativa e delle competenze interne al fine di verificare l’idoneità dell’impresa a penetrare efficacemente il mercato prescelto anche sulla base delle informazioni raccolte nelle fasi precedenti. Studio di pre-fattibilità: al verificarsi delle condizioni di idoneità dell’impresa è opportuno predisporre un’analisi di fattibilità che espliciti gli obiettivi prefissati valutando i costi ed i benefici del percorso individuato. Elaborazione progetto d’internazionalizzazione: si definiscono nel dettaglio le attività da svolgere, i costi, i ricavi, i tempi di attuazione, la redditività prevista, ecc.. Attuazione del progetto di internazionalizzazione: in questa fase si realizzano le azioni programmate nel progetto per arrivare alla piena operatività. Sarà opportuno prevedere dei sistemi di feed-back per monitorare l’andamento dell’attuazione del piano al fine di valutare eventuali scostamenti che potrebbero comportare il fallimento del processo d’internazionalizzazione. Gestione operativa: a questo punto l’azienda svolgerà tutte le operazioni caratteristiche della “fase” che ha inteso internazionalizzare, gestendo problematiche diverse rispetto all’operatività in campo domestico, come ad esempio le modalità di pagamento, la movimentazione dei prodotti, ecc. ... Rappresentiamo una minoranza del 99,9%. In Italia le PMI sono il 99,9% della forza economica, eppure vengono trattate come una minoranza. Il mondo produttivo e le istituzioni funzionano solo grazie alle libere professioni, eppure queste ultime non vengono prese in considerazione dai poteri forti. Essere utili al Paese significa cambiare anche questi squilibri, ma soprattutto lavorare per le cose che contano. 16 Nel rispetto delle norme deontologiche Marta Palombi ODCEC di Roma* Indipendentemente dal paese estero in cui si andrà ad operare, il professionista è tenuto a rispettare i comportamente etici stabiliti dal Codice deontologico di riferimento ’espressione ‘deontologia’ deriva dal greco ‘deonontos’, ossia ciò che occorre fare, e ‘logos’, ossia ‘scelta, calcolo, regola’; pertanto, la deontologia è l’insieme delle regole che governano ciò che occorre fare, l’insieme dei doveri pratici al quale ispirarsi nell’esercizio della professione di commercialista ed esperto contabile. Spesso si confonde la deontologia con l’etica. L’etica (dal greco ethos che significa ‘carattere’, ‘comportamento’, ‘costume’, ‘consuetudine’), è il ramo della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di distinguere i comportamenti umani in buoni, giusti, moralmente leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati. L’etica è perciò guidata dalla visione del mondo dei soggetti, dalle loro scelte valoriali e dal significato che essi danno ai comportamenti individuali e sociali. L’etica cristiana e quella induista, ad esempio, sono molto diverse tra loro, anche se alcuni princìpi generali sembrano gli stessi. Lo stesso vale per l’etica cattolica e quella protestante, come ha chiaramente dimostrato Max Weber L nel suo famoso saggio. È importante considerare il fatto che la deontologia professionale, invece, deve poter essere condivisa da tutti i colleghi e le colleghe, indipendentemente, ad esempio, dalle convinzioni politiche o religiose o filosofiche. Il Codice deontologico approvato dal Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili in data 9 aprile 2008 ed entrato in vigore dal 1° maggio del 2008, in attuazione dell’articolo 29, lettera c) del decreto legislativo n. 139 del 2005, contiene un’elencazione di princìpi a cui i professionisti devono uniformarsi nell’esercizio dell’attività, sia a livello nazionale che internazionale. Riferimenti normativi nazionali e internazionali La redazione del Codice deontologico ha tenuto conto dei più importanti riferimenti normativi nazionali ed internazionali. Per quanto riguarda la normativa nazionale, il focus è costituito dal decreto legislativo n. 139 del 2005, in particolare gli articoli 29 (lettera c), 49 (comma 1) e 50 (comma 6). Sul piano internazionale, sempre più rilevante, anche in ragione del moltiplicarsi degli scambi commerciali e della libertà di movimento di beni e persone, i principali riferimenti sono quelli costituiti da: a) il Codice IESBA, il Code of Ethics for Professional Accountants, emanato dall’IFAC (International Federation of Accountants), nella versione attualmente in vigore. L’IFAC, nella qualità di standard setter, è il soggetto a cui è stato riconosciuto dalla comunità professionale internazionale il potere di emanare norme vincolanti per gli istituti nazionali aderenti; b) gli orientamenti in materia deontologica espressi dalla FEE – Fédération des Experts Comptables Européens (Federazione degli Esperti Contabili Europei). Principi fondamentali del Codice deontologico Il Codice identifica i valori guida della * Componente della Commissione Internazionalizzazione delle imprese dell’ODCEC di Roma L’intervento professione di commercialista, gli interessi di categoria e gli scopi, pubblici e privati, che sono propri della professione. In base all’articolo 2, il professionista deve mantenere alta la reputazione con un comportamento consono al decoro, alla dignità della professione, anche al di fuori dell’esercizio della stessa; il professionista è tenuto alla conoscenza delle norme del Codice, la cui ignoranza non lo esime dalla responsabilità disciplinare. Il commercialista dovrà agire nell’interesse pubblico (articolo 5 C.d.); in senso soggettivo avendo riguardo ai legittimi interessi dei clienti e degli altri “stakeholder” (Stato, istituzioni finanziarie, fornitori, ecc.); in senso oggettivo, tutelando l’interesse pubblico sotteso alle funzioni professionali; in termini di affidamento, invece, non dovrà tradire le aspettative della collettività; integrità: in tutte le relazioni professionali e personali è indispensabile agire in modo onesto e diretto, senza discriminazioni di religione, razza, nazionalità, ideologia politica o classe sociale. Agire con integrità significa comportarsi con correttezza e veridicità, dissociandosi da relazioni, dichiarazioni e comunicazioni false o ingannevoli, che non rispondono a verità, atte ad occultare od omettere informazioni così da risultare fuorvianti; obiettività: il commercialista deve esprimere la propria posizione o il proprio giudizio professionale senza essere influenzato da interessi personali e altrui, pregiudizi, o pressioni esterne o aspettative del cliente e si deve pronunciare con sincerità e con totale obiettività. Deve assumere le proprie decisioni in assoluta indipendenza ed autonomia di giudizio. Prestazioni professionali svolte al di fuori del paese d’origine (art.12 C.d.) Il commercialista si confronta non solo con realtà professionali nazionali, ma anche con contesti di altri Paesi, che possiedono caratteristiche normative e socio-economiche differenti dalle nostre. In questi casi, quali norme deontologiche dovrà seguire? Quelle italiane o quelle estere? In base all’articolo 12 del 17 Codice deontologico, “il professionista che eroghi prestazioni professionali al di fuori del territorio italiano dovrà applicare le disposizioni del presente Codice e quelle delle norme deontologiche vigenti nel paese estero, se ed in quanto esistenti”. In caso di conflitto tra le due normative, il professionista è tenuto ad applicare la disposizione maggiormente rigorosa sotto il profilo deontologico. I professionisti iscritti ad Ordini professionali di altri Paesi, che esercitano legittimamente in Italia le attività professionali disciplinate dal decreto n. 139 del 2005, dovranno rispettare le disposizioni previste dal Codice deontologico italiano. 18 L’intervento Il professionista che svolge un’attività di consulenza in tema di internazionalizzazione, dovrà ispirarsi ai principi di comportamento dettati dai seguenti ordinamenti: Codice deontologico della professione di dottore commercialista ed esperto contabile; Code of ethics for professional accountants (Codice IESBA) emanato dall’IFAC; orientamenti deontologici espressi dalla FEE Fédération des Experts comptables Européens; codice etico professionale vigente nel paese estero in cui si va ad operare. L’IFAC (International Federation of Accountants) è una delle organizzazioni mondiali per i professionisti contabili, che si pone come portavoce della professione a livello internazionale. È nata nel 1977 con l’adesione di 63 organismi contabili professionali collocati in 51 Paesi. L’IFAC stabilisce gli standard internazionali di deontologia, di controllo e di garanzia, di formazione contabile e di contabilità del settore pubblico. La missione dell’IFAC è quella di perseguire l’interesse pubblico, di rafforzare la professione contabile in ogni parte del mondo e di contribuire allo sviluppo di economie internazionali forti, mediante la definizione e promozione di standard professionali di alta qualità, favorendo la convergenza a livello internazionale sui medesimi. Il Codice IESBA (Code of ethics for professional accountants) rappresenta il principale standard professionale che stabilisce i requisiti etici per i professionisti contabili. I principi fondamentali di questo Codice sono i medesimi di quelli definiti dal Codice deontologico nazionale: 1) l’integrità (onestà materiale e intellettuale); 2) l’oggettività (assenza di pregiudizi, conflitti di interessi o indebite pressioni, non farsi influenzare dalle aspettative del cliente); 3) la competenza professionale e la diligenza (il professionista e il suo staff di collaboratori devono essere in possesso delle conoscenze e delle capacità necessarie per svolgere il servizio in modo professionale); 4) la riservatezza (tutte le informazioni devono rimanere strettamente confidenziali); e 5) il comportamento professionale (consono al decoro e all’immagine della professione, impegno ad agire nell’interesse pubblico). La FEE (Fédération des Experts comptables Européens) è l’organizzazione che rappresenta la professione contabile in Europa e riunisce 44 organismi professionali di 32 paesi. L’obiettivo principale della FEE è quello di rappresentare la professione presso le istituzioni dell’Unione Europea e gli organismi internazionali della professione, quali l’IFAC e lo IASB, nonché sovrintendere al miglioramento delle competenze professionali in un’ottica di armonizzazione e liberalizzazione dell’esercizio della professione in Europa. La FEE si occupa di tutte le attività di interesse della professione (deontologia, ordinamento, fiscale, contabile, revisione, consulenza alle piccole e medie imprese, ambiente e sostenibilità). Codici deontologici di altri paesi europei Ogni Paese ha emanato un codice deontologico per i professionisti contabili. Dal punto di vista pratico, nel caso in cui un commercialista volesse sapere qual è il codice deontologico di una nazione che non sia quella italiana, dovrà far riferimento all’Ordine professionale del luogo e visionare il relativo codice deontologico. Ad esempio, per i Paesi europei più vicini a noi può essere utile fare riferimento ai seguenti Organismi professionali: CNCC (Compagnie Nationale des Commissaires aux Comptes) http://www.cncc.fr/; OEC (Ordre des ExpertsComptables), http://www.experts-comptables.fr/; ICAEW (Institute of Chartered Accountants in England and Wales), http://www.icaew.com/ C.d. del principale istituto inglese; CIOT (The Chartered Institute of Taxation), http://www.tax.org.uk/ branca dei commercialisti fiscalisti; ACCA (Association of Chartered Certified Accountants), http://www.accaglobal.com/gb/en/ principale istituto britannico a vocazione transnazionale; ICJCE (Instituto de Censores Jarados de Cuentas De Espana), http://www.icjce.es/ principale istituto spagnolo; IDW (Institut der Wirtschaftsprüfer), http://www.idw.de/ principale istituto tedesco. I codici deontologici in vigore possono presentare delle divergenze, anche se i principi fondamentali basilari risultano essere i medesimi. Pertanto, indipendentemente dal Paese estero in cui si andrà ad operare, il professionista è tenuto a rispettare, nella lettera come nello spirito, i comportamenti stabiliti dal Codice deontologico di riferimento. È tempo di pensare al futuro. Oggi i nostri figli hanno molti dubbi e un’unica convinzione: che in futuro staranno peggio dei loro padri. Il futuro si può, però, ancora cambiare, con regole e scelte che interessino i nostri figli, facendo sacrifici oggi per farne fare meno a loro domani. Trasformando la crisi in opportunità e l’immobilità in ottimismo. 20 I rischi per il professionista Alessandra Fineschi ODCEC di Roma* Per chi vuole operare nell’ambito dell’internazionalizzazione si profilano nuove frontiere di rischio e di responsabilità professionali el corso degli ultimi anni, il crescente ricorso da parte delle imprese multinazionali ai cosiddetti schemi di pianificazione fiscale aggressiva ed i fenomeni di erosione della base imponibile hanno rappresentato una problematica prioritaria per la comunità internazionale. Risulta particolarmente intenso, in sede OCSE e UE, il dibattito relativo alle azioni rivolte a combattere pratiche fiscali aggressive, considerate dannose a livello internazionale. In questo ambito assumono particolare rilievo la ridefinizione del concetto di abuso del diritto e la creazione di un’area grigia di incertezza giuridica. Infatti, recentemente si è assistito, in molte giurisdizioni, ad un incremento delle aspettative da parte delle amministrazioni finanziarie per un più ampio impegno dei consulenti fiscali verso operazioni di pianificazione fiscale legittima. Tale approccio solleva numerosi interrogativi sui crescenti rischi e responsabilità dei professionisti nell’espletamento del loro incarico N professionale. Esiste, infatti, la possibilità che schemi di pianificazione fiscali considerati legittimi in passato siano considerati inaccettabili in futuro da parte delle amministrazioni finanziarie dei vari Stati e che i consulenti fiscali siano considerati corresponsabili dello sviluppo di una pianificazione fiscale aggressiva. Il sistema fiscale internazionale è attualmente sotto pressione perché le imprese, per ottimizzare i profitti, sono propense ad una riorganizzazione e ottimizzazione della produzione su scala mondiale, inserendo tra i costi dei vari fattori produttivi anche quelli derivanti dalle imposizioni fiscali dei vari Paesi. Questa realtà ha posto di fatto in concorrenza gli Stati, che si trovano il gettito delle entrate fiscali condizionato dalle politiche economiche basate sui livelli di tassazione. Questa concorrenza interna si configura prevalentemente tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Per arginare questo fenomeno, oramai dilagato a livello mondiale, le strutture fiscali giuridiche internazionali stanno delineando nuove forme di responsabilità dei tax advisers. Tale incremento di responsabilità si delinea soprattutto nel passaggio da un approccio legale ad un approccio morale nella responsabilità professionale. Adottare un approccio morale con riguardo alle imposte dovute, significa che il consulente dovrebbe verificare non solo che il contribuente non stia realizzando strutture di pianificazione fiscale contrarie alla legge, ma anche che non stia ponendo in essere pratiche elusive che contrastino con lo spirito della legge. L’approccio dei tax advisers alla propria attività professionale dovrebbe pertanto tenere conto di una serie di fattori, come ad esempio: aspetti tecnici, esigenze delle autorità fiscali, ambiente esterno, rischi legati alla pianificazione fiscale, problemi di reputazione, * Componente della Commissione Internazionalizzazione delle imprese dell’ODCEC di Roma L’intervento 21 propensione al rischio da parte del cliente. Recentemente ha fatto scalpore una decisione della Hight Court inglese in cui uno studio di accountant è stato ritenuto responsabile per non aver sconsigliato al cliente una procedura considerata elusiva. Il caso della UK High Court decision about MEHJOO 2013 Il 5 giugno 2013 la Hight Court del Regno Unito ha deciso in merito al riconoscimento di una responsabilità professionale in capo ad una società di consulenti inglesi. In questo caso, uno studio di chartered accountant è stato ritenuto responsabile per non aver sconsigliato o, ancor di più, di non aver avvertito il proprio cliente (avente lo status di non domiciliato in UK) di configurare una operazione fiscalmente eleggibile come elusiva. Il caso ha creato non poche critiche e preoccupazioni, perché la Corte ha riconosciuto il coinvolgimento dello studio di consulenza nella circostanza in cui il fatto commesso sia configurabile in un caso di elusione fiscale. Non entro nel merito specifico del fatto, perché riguarda una normativa britannica, ma ritengo invece sia importante parlare del principio. La responsabilità dello studio professionale nasce dal fatto che nella lettera di incarico non era inclusa l’assistenza fiscale e, nonostante questo, lo studio la praticava abitualmente. La rilevanza di questa sentenza spaventa perché fa capire come la tendenza generale (in primo da parte delle amministrazioni finanziarie e in subordine da quelle giudiziarie) possa essere quella di porre i consulenti fiscali in uno stretto legame non solo con la legge e con la deontologia professionale, ma anche con la morale. Se la responsabilità del consulente si dovesse estendere nel pensiero pubblico dalla garanzia della legalità alla garanzia dell’assenza di elusione, noi professionisti non ci ritroveremo più ad essere nel mezzo tra il contribuente e lo Stato, ma ci troveremo a fare il lavoro di cani da guardia dello Stato. Il rischio futuro è che tax planning considerati troppo aggressivi potrebbero coinvolgere gli studi di consulenza in responsabilità prima mai paventate. In futuro si potrà immaginare che le leggi di molti Paesi sviluppati obbligheranno gli studi di consulenza a comunicare alle autorità finanziarie i loro piani finanziari anti-elusivi prima di metterli in funzione, al fine di avere una sorta di autorizzazione preventiva. Per salvarsi dalla responsabilità il consulente fiscale dovrà informare il cliente (e dare evidenza scritta dell’accadimento) dei rischi che il cliente corre nello scegliere uno schema fiscale elusivo. Non solo: dovrà essere chiara, con evidenza scritta dell’accadimento, che la scelta è operata dal cliente. In mancanza di ciò, il professionista potrà essere considerato negligente. Questo argomento è allo studio della Commissione Europea, affinché venga applicato ai professionisti facenti parte dei vari Stati membri. Si tratta, quindi, di prestare particolare attenzione soprattutto per chi voglia operare a livello professionale nell’internazionalizzazione. 22 Antiriciclaggio e internazionalizzazione Bernardino Cordeschi ODCEC di Roma* La normativa antiriciclaggio si applica anche ai professionisti che assistono un’impresa nel processo di internazionalizzazione, ma è nell’identificazione di partner esteri e nel monitoraggio delle movimentazioni finanziarie che si annidono le maggiori criticità l decreto legislativo 231/2007 e successive modificazioni detta una serie di norme finalizzate a contrastare l’utilizzo in circuiti economici leciti, o la reimmissione negli stessi circuiti, di beni e denaro frutto di attività illecite. Tende, quindi, a contrastare il riciclaggio e le operazioni che possano configurare, ad esempio, finanziamento al terrorismo. Nel dettare queste disposizioni il legislatore attribuisce a determinate categorie di operatori, tra i quali gli studi professionali di notai, commercialisti e consulenti del lavoro, una serie di obblighi ed adempimenti cui corrisponde, in caso di inosservanza del dettato normativo, un sistema sanzionatorio che, in taluni casi, assume rilevanza sia dal punto di vista economico, sia sotto l’aspetto penale. Da una disamina della norma emergono due aspetti che la normativa antiriciclaggio impone ai professionisti: il primo riguarda tutta la fase d’identificazione del cliente ed il monitoraggio della sua attività, per individuare eventuali rischi di riciclaggio di denaro o beni derivanti I da attività criminose, o di finanziamento al terrorismo. Il secondo è inerente all’obbligo, da parte del professionista, di monitorare tutte le movimentazioni finanziarie del cliente e procedere alla segnalazione al MEF delle violazioni riscontrate. Entrambi questi obblighi presuppongono una onerosa attività di controllo da parte del professionista, il quale è soggetto, in caso di inadempimento, ad un pesante sistema sanzionatorio. È intuitivo che i due obblighi suaccennati investono anche il professionista che si appresta ad assistere un cliente in una fase d’internazionalizzazione dell’azienda, in quanto è essenzialmente nella fase di identificazione di partner esteri e di monitoraggio delle movimentazioni finanziarie che si riscontrano le principali criticità. Prima di analizzarle è tuttavia opportuno riepilogare rapidamente gli obblighi che l’applicazione del decreto 231 impone ai professionisti. Nella circolare n. 83607/2012 la Guardia di Finanza, nell’impostare il sistema di controlli in materia, ha dettato i criteri con cui devono essere registrati e conservati i dati ai fini antiriciclaggio e di come debbano essere effettuati i controlli per la verifica del rispetto della norma da parte dei soggetti obbligati. * Componente Commissione Antiriciclaggio dell’ODCEC di Roma, componente Associazione VICINA L’intervento Attività ispettiva È competenza esclusiva, per quanto attiene i controlli sui professionisti, della Guardia di Finanza, Nucleo Speciale di Polizia Valutaria. Le ispezioni sono attività di polizia amministrativa che si sviluppa attraverso una serie di riscontri volti a: verificare la corretta e puntuale osservanza degli obblighi previsti dalla disciplina antiriciclaggio; contrastare il riciclaggio dei proventi illeciti nella sua fase prodromica; prevenire, ricercare e reprimere le violazioni amministrative e penali previste dalla normativa di settore. La selezione dei soggetti da sottoporre ad ispezione viene effettuata in via preventiva e utilizza una serie di input, quali segnalazioni da Autorità di Vigilanza o da UIF, risultanza di pregresse indagini di polizia giudiziaria, analisi ed informazioni su banche dati. Nella fase esecutiva le ispezioni, dopo i controlli preliminari, si soffermano su accertamenti di merito, in particolar modo su: istituzione dell’archivio unico informatico/registro unico della clientela; adeguata verifica della clientela; registrazione e conservazione dei dati; segnalazione delle operazioni sospette; comunicazione informazioni antiriciclaggio al MEF; doveri degli organi di controllo; formazione del personale. In particolar modo, i riscontri sulle operazioni oggetto di segnalazione al MEF vertono sull’analisi delle scritture contabili, delle registrazioni e della documentazione acquisita in sede di accesso. Per verificare l’adeguatezza dello studio professionale ad evidenziare eventuali violazioni della norma in esame, l’attività tende anche ad una analisi della struttura organizzativa, mediante l’esame dell’organigramma, del sistema di deleghe, della esistenza e standardizzazione di procedure e dei flussi informativi. L’analisi può investire anche profili sostanziali, mediante l’assunzione in atti di dichiarazioni del personale addetto e l’acquisizione di eventuale documentazione da questi prodotta. Ne consegue l’assoluta necessità, non solo di adeguarsi formalmente alla norma nella produzione documentale, ma anche di dotarsi di opportune procedure di controllo dei movimenti finanziari e di impostare un sistema di formazione continua del personale addetto alla gestione della contabilità, affinché questo sia adeguatamente preparato sulla normativa in esame e sia in grado, quindi, di attuare il monitoraggio richiesto. Ovviamente, una procedura di feedback della segnalazione dal collaboratore al professionista è assolutamente necessaria per completare l’attività di monitoraggio sul cliente. Antiriciclaggio e internazionalizzazione In considerazione di quanto evidenziato in tema di obblighi per i professionisti, è indubbio che nell’assistere un’azienda che intraprende un’attività in mercati esteri, e verosimilmente con partner residenti in altri paesi, l’identificazione dei soci o dei titolari effettivi può presentare alcune criticità, che possono essere riassunte nelle seguenti fattispecie: identificazione del cliente, valutazione del profilo di rischio, identificazione della controparte estera, 23 monitoraggio delle movimentazioni finanziarie, applicabilità degli indicatori di anomalia. L’identificazione del cliente e del titolare effettivo in Paesi stranieri con un sistema di pubblicità diverso dal nostro può comportare alcune difficoltà: ricordiamo che in caso in cui il socio sia una società, occorre risalire lungo la catena di controllo e, in caso di fondazioni e trust, occorre identificare il soggetto controllante o il beneficiario ultimo. Questo non sempre è facilmente praticabile in presenza di soggetti giuridici, partner del nostro cliente, residenti in Paesi a fiscalità privilegiata o dove l’accesso a banche dati non è agevole. In questo caso, occorrerà prestare particolare attenzione nella fase di valutazione del rischio che, ricordiamo, va effettuata tenendo in considerazione aspetti soggettivi (in relazione al cliente), ed oggettivi, cioè in relazione all’attività esercitata. Indubbiamente il professionista nella fase di identificazione della controparte estera, laddove non possa o non abbia la possibilità di accedere a fonti dirette, ha la possibilità di identificare il cliente mediante l’identificazione a distanza (art. 28 c. 3), o per il tramite di terze persone (art. 30), sempre tenendo in debita considerazione che all’impossibilità di rispettare correttamente gli obblighi di adeguata verifica consegue l’obbligo di astensione (art. 23). Particolare attenzione andrà posta nella fase di monitoraggio delle operazioni finanziarie, soprattutto laddove queste siano utilizzate facendo eccessivo ricorso a mezzi non convenzionali, ad esempio mediante utilizzo di canali di money transfer o bonifici internazionali senza indicazione della controparte. 24 L’intervento Da ultimo, va ricordato come un aiuto all’analisi di monitoraggio delle operazioni può essere dato dagli indicatori di anomalia che, anche se non presentano un nesso di causalità diretto, indicano alcuni aspetti delle attività oggetto di analisi che potrebbero indurre a considerarle sospette. Gli indicatori connessi a vari aspetti, quali le modalità di pagamento dell’operazione, le operazioni aventi ad oggetto beni immobili o mobili registrati, le operazioni contabili e finanziarie, piuttosto che non la costituzione di Trust o soggetti non trasparenti (vedasi circolare UIC del 2 diembre 2013 n. 1113197), non costituiscono presunzione assoluta, ma un valido aiuto al professionista nella fase di monitoraggio. Il regime sanzionatorio Da ultimo una breve disamina del regime sanzionatorio che il d.lgs. 231 stabilisce, dagli artt. 55 al 60, applicabile a chiunque violi le norme in esso contenute. Le sanzioni maggiormente significative sono riepilogate nella tabella a fianco. A conclusione di questa breve disamina degli obblighi che la norma antiriciclaggio pone a carico dei professionisti, delle metodologie di ispezione e verifica e del sistema sanzionatorio, vogliamo mettere in evidenza la assoluta necessità, per gli studi professionali, di adeguare la propria struttura non solamente all’aspetto normativo e documentale, ma anche e soprattutto dal punto di vista organizzativo. L’impostazione di adeguate procedure per l’identificazione del cliente ed il monitoraggio dello stesso, la corretta impostazione dei flussi di informazione, la costante formazione SANZIONI AMMINISTRATIVE VIOLAZIONE NORMA VIOLATA NORMA SANZIONATORIA SANZIONE Inosservanza degli obblighi di adeguata verifica del cliente, organizzazione, registrazione, procedure e controlli interni, ovvero la tenuta dell'archivio unico informatico Inadeguata o mancata formazione del personale da parte dei destinatari degli obblighi e degli ordini professionali del d.lgs. 231/2007 Art. 7, comma 2, art. 37, commi 7 e 8 d.lgs. n. 231/2007 Art. 56, comma 1, d.lgs. n. 231/2007 Sanzione amministrativa pecuniaria da € 10.000 a € 200.000 Art. 54, d.lgs. n. 231/2007 Art. 56, comma 1, d.lgs. n. 231/2007 Sanzione amministrativa pecuniaria da € 10.000 a € 200.000 Mancato rispetto degli obblighi di verifica della completezza dei dati informativi relativi all'ordinante, alla loro registrazione e conservazione per i trasferimenti di fondi Art. 61 d.lgs. n. 231/2007 Art. 56, comma 1, d.lgs. n. 231/2007 Sanzione amministrativa pecuniaria da € 10.000 a € 200.000 Mancato rispetto del provvedimento di sospensione dell'operazione sospetta Art. 6, comma 7, lettera c) d.lgs. n. 231/2007 Art. 57, comma 1 d.lgs. n. 231/2007 Sanzione amministrativa pecuniaria da €5.000 a €200.000 Omessa istituzione del registro della clientela e/o mancata adozione delle altre modalità di registrazione Artt. 38 e 39 d.lgs. n. 231/2007 Art. 57, comma 3 d.lgs. n. 231/2007 Sanzione amministrativa pecuniaria da €5.000 a €50.000 Omessa segnalazione delle operazioni sospette Art. 41d.lgs. n. 231/2007 Art. 57, comma 4 d.lgs. n. 231/2007 Sanzione amministrativa pecuniaria dall'1 al 40 per cento dell'importo dell'operazione non segnalata Violazione degli obblighi informativi nei confronti dell'U.I.F. Artt. 6, comma 6, lett. c), e 40, d.lgs. n. 231/2007 Art. 57, comma 5 d.lgs. n. 231/2007 Sanzione amministrativa pecuniaria da €5.000 a €50.000 Violazione del divieto al trasferimento di denaro contante ovvero alla circolazione degli altri mezzi di pagamento Art. 49, commi 1, 5, 6 e 7 d.lgs. n. 231/2007 Art. 58, comma 1 d.lgs. n. 231/2007 Sanzione amministrativa pecuniaria dall'1 al 40 per cento dell'importo trasferito Omessa comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze da parte dei destinatari degli obblighi antiriciclaggio delle infrazioni riscontate Art. 51, comma 1 d.lgs. n. 231/2007 Art. 58, comma 7 d.lgs. n. 231/2007 Sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 30 per cento dell'importo dell'operazione, del saldo del libretto ovvero del conto del personale, l’analisi delle movimentazioni contabili con cadenza quantomeno trimestrale, mediante programmi informatici e, infine, la procedura di feedback al professionista delle violazioni, sono elementi che dovranno necessariamente divenire parte integrante dell’organizzazione di ogni studio professionale. Vogliamo dare una mano al Paese. Anzi centodiecimila. Crediamo nell’utilità sociale del pensiero tecnico e che non sia questo il momento di chiedere, ma di dare. E di mettere al servizio della comunità la competenza, la professionalità e l’esperienza dei Commercialisti Italiani. Possiamo essere utili al Paese perché siamo professionisti, vogliamo esserlo perché siamo cittadini. 26 Le analisi preliminari Stefano Pignatelli ODCEC di Roma* Vincenzo Sganga ODCEC di Roma* Prima di procedere alla delocalizzazione di un’impresa italiana all’estero è necessaria un’analisi preliminare accurata, al fine di evidenziare i punti di forza e di debolezza dell’azienda l processo di internazionalizzazione è paragonabile ad un rally: un percorso lungo, complesso e articolato, che richiede pianificazione e risorse qualificate. Per la stragrande maggioranza delle imprese italiane lo è ancora di più, in considerazione delle loro ridottissime dimensioni, della scarsità cronica di risorse finanziarie e di organizzazioni disegnate prevalentemente su base familiare. Prima di procedere alla realizzazione di dispendiosi progetti di sviluppo ed espansione, locale ma soprattutto internazionale, appare indispensabile, per il commercialista come per l’imprenditore, fare un esame preliminare dell’azienda. Nell’ambito del processo di internazionalizzazione sono stati individuati due diversi livelli di analisi aziendale, da svolgere in tempi e con modalità differenti. Il primo livello è quello dell’analisi preliminare che mette in evidenza le qualità proprie dell’impresa, per evidenziare il percorso che la stessa dovrà compiere per il processo di internazionalizzazione. Il secondo livello è un’analisi approfondita dell’azienda, che mira a porre in rapporto la struttura aziendale con il mercato del Paese I prescelto. Questa seconda analisi, molto più complessa, sarà oggetto di un successivo approfondimento, mentre in questa sede affronteremo l’analisi preliminare. L’analisi preliminare ha l’obiettivo di evidenziare le aree critiche del processo di sviluppo dell’azienda, per mostrarne i punti di forza e di debolezza. I risultati dell’analisi preliminare permettono di effettuare una riflessione indispensabile sulle reali possibilità, capacità e volontà nel perseguire un’eventuale strategia di espansione internazionale. Lo strumento utilizzato è il classico questionario, che prende in considerazione le caratteristiche dell’impresa attraverso la valutazione dei seguenti aspetti: informazioni e dati oggettivi: per verificare se l’impresa ha già rapporti internazionali e di quale tipo questi siano e se i prodotti della stessa possiedano i requisiti per affermarsi sul mercato estero; risorse produttive e commerciali: per verificare le capacità e le potenzialità produttive dell’impresa, il grado di elasticità di produzione e gli eventuali vantaggi competitivi derivanti dai marchi o brevetti; risorse manageriali: per verificare il livello di competenze presenti in azienda per l’analisi del mercato, la pianificazione dell’attività e lo sviluppo di piani di marketing; risorse finanziarie: per rivelare se all’interno dell’impresa esiste un sistema di controllo della gestione finanziaria e se per gli investimenti necessari all’internazionalizzazione, vi siano risorse finanziarie o la possibilità di attingervi; potenziale umano: per mettere in evidenza se all’interno dell’azienda vi siano capacità, competenze e conoscenze necessarie all’internazionalizzazione e se il progetto di internazionalizzazione è conosciuto e condiviso; volontà dell’imprenditore: per verificare se veramente l’imprenditore intenda internazionalizzare la sua impresa o stia solamente seguendo una fantasia momentanea e nella realtà è intenzionato a rimanere ancorato al mercato domestico. Le risultanze del questionario saranno evidenziate in sintesi in un grafico “radar”, che ne permette l’immediata lettura. * Componente Commissione Internazionalizzazione delle imprese dell’ODCEC di Roma, consigliere Associazione VICINA L’intervento Monitoraggio preliminare Impresa ottimale Impresa XY dati oggettivi Volontà dell’imprenditore risorse produttive e commerciali risorse umane risorse manageriali risorse finanziarie Nell’esempio di grafico sopra proposto si è supposto un punteggio tra 0 e 4, dove lo 0 rappresenta l’assenza totale dell’aspetto indagato e 4, all’opposto, il massimo auspicabile; nel grafico è riportata un’impresa ottimale, che raggiunge il massimo punteggio in tutti gli aspetti e può essere considerata ottimale per l’internazionalizzazione e l’impresa XY che eccelle per la volontà dell’imprenditore, ma ha la necessità di migliorare principalmente le risorse manageriali. 27 I risultati del questionario consentiranno al commercialista di: evidenziare i punti di forza e di debolezza dell’azienda; esprimere il proprio parere sull’opportunità di procedere o meno al processo di internazionalizzazione; indicare il percorso che l’azienda dovrebbe compiere per aumentare le proprie possibilità di successo. In conclusione va detto che lo strumento dell'analisi preliminare, condizionando ed indirizzando tutto il percorso dell’internazionalizzazione, appare estremamente utile sia al commercialista (proprio perché in tal modo può certamente esprimere al meglio la propria opera professionale), sia all’imprenditore che riesce a prendere piena coscienza della propria azienda e delle sue reali potenzialità, dando concreto fondamento al proprio entusiasmo, che è condizione essenziale per realizzare l’internazionalizzazione dell’impresa. 28 Come scegliere il paese target Alessio Gambino ODCEC di Roma* Attratività e accessibilità sono parametri fondamentali per effettuare un processo di internazionalizzazione profittevole rima di tutto occorre fare un’analisi dell’attuale geografia del commercio mondiale e del posizionamento dell’Italia in questo contesto dinamico e notevolmente diverso rispetto al passato. Il periodo 1995 – 2008 è stato caratterizzato da una buona crescita del Pil mondiale ma, soprattutto, da un’enorme crescita del commercio mondiale. La crisi del 2008 – 2009 ha contribuito a ridisegnare nuove geografie, spostando crescita e commerci verso l’Asia, l’America Latina ed alcuni paesi dell’Africa Sub Sahariana che hanno conquistato quote crescenti del commercio internazionale. Basti pensare che la sola Cina è diventato il primo esportatore al mondo, con una quota di mercato pari al 10,4%, seguita da USA e Germania. In questo quadro, che ha ridisegnato gli equilibri del commercio internazionale, si assiste ad una tendenza che vede concludere accordi commerciali preferenziali, a carattere regionale, anche bilaterali, con la forma del libero scambio. Solo P nel 2012 sono entrati in vigore 12 accordi preferenziali, la maggior parte tra Nord e Sud America, relativi non solo al commercio di beni, ma anche di servizi, investimenti, proprietà intellettuale e facilitazione degli scambi. L’Unione Europea, in particolare, ha concluso accordi con il Messico, con Singapore, con i Balcani e con il Nord Africa e sta attuando trattative con l’ASEAN, l’Associazione delle nazioni del Sud Est asiatico che raggruppa 10 paesi tra cui Indonesia, Thailandia, Singapore, dal 2010 anche la Cina e prossimamente anche Hong Kong. È bene però sottolineare le differenze, non a tutti note, tra libero scambio, unione doganale, mercato comune fino a giungere all’unione economica, così come riportate in tabella. Rimozione Si applicano Libera Armonizzazione barriere tariffe esterne circolazione politica tariffarie comuni di capitali economica e lavoro LIBERO SCAMBIO UNIONE DOGANALE NAFTA/ ASEAN GCC MERCATO COMUNE UNIONE ECONOMICA MERCOSUR UE * Componente Commissione Internazionalizzazione delle Imprese dell’ODCEC di Roma, componente Associazione VICINA L’intervento Nel libero scambio, il commercio di prodotti è liberalizzato limitatamente alle merci prodotte nell’area (es. nei Paesi facenti parte del Nafta o dell’Asean). Viceversa, le merci provenienti da Paesi terzi, anche dopo aver pagato il dazio in uno dei Paesi dell’area, non possono giovarsi della libera circolazione all’interno dei territori, cosa che avviene invece nel mercato comune (es. i Paesi dell’America Latina riuniti nel Mercosur). Ancora diverso il caso dell’Unione Europea, un’unione economica dove vige un’armonizzazione normativa, politica ed economica. Proprio pochi giorni fa è stato raggiunto il primo accordo multilaterale nella storia del WTO per la liberalizzazione degli scambi commerciali. Un accordo raggiunto tra i 159 membri dell’organizzazione, che porterà ad un aumento del Pil mondiale di più di 1.000 miliardi di dollari. Dunque, la parola chiave diventa “hub”. Il termine, nato nel modo dell’informatica di rete, descrive un dispositivo che funge da nodo di distribuzione dati. Non si può più considerare il singolo Paese, ma bisogna inquadrarlo nell’area regionale di cui fa parte, se si vogliono cogliere ben più concrete opportunità di business. Vediamo ora come si posiziona l’Italia 29 in questo contesto. Il nostro Paese ha avuto una perdita di competitività misurabile anche dal calo delle esportazioni di manufatti. Nel 2001 occupava la sesta posizione negli scambi internazionali, con una quota del 3,9% del commercio internazionale; nel 2011 è retrocessa all’ottavo posto, con una quota del 2,9%. Le esportazioni italiane sono concentrate per oltre il 50% verso i paesi dell’Unione Europea, seguiti da USA e Giappone, ovvero quelli che hanno risentito maggiormente della crisi. L’euro forte penalizza l’Italia, anche se molte imprese hanno spostato le produzioni, e di conseguenza le esportazioni, verso 30 L’intervento una fascia qualitativa più alta, con una minore concorrenza da parte dei Paesi emergenti che, invece, producono grandi quantità a minor valore aggiunto. In Italia sono presenti 200 mila imprese esportatrici (il 51% di tutte le imprese italiane). Di queste il 60% è micro impresa e il 93% ha meno di 50 dipendenti e produce il 31% dell’export. Molte esportano in un solo mercato; solo l’1% delle imprese esportatrici sono grandi aziende (con oltre 250 addetti) e realizzano il 42% delle esportazioni. Il problema non è solo dimensionale, ma anche culturale. Non si investe in formazione, informazione, studi e ricerche di mercato, risorse umane interne ed esterne in grado di preparare l’impresa ad aggredire mercati lontani. L’impresa italiana si è affidata per troppo tempo all’appeal del Made in Italy e da una geografia che l’ha premiata in passato, ma che ora presenta il conto delle strategie di sistema inesistenti. Ma quali sono gli elementi più importanti che influenzano la scelta del paese target o meglio dell’area geografica per un progetto di internazionalizzazione, commerciale o produttiva? Prima di tutto l’approccio deve essere scientifico e razionale, mentre spesso è frutto della causalità e del provincialismo, ovvero minore è la distanza geografica e quindi culturale, minore è il rischio percepito. In molti casi si assiste ad un approccio emulativo verso i first mover, ovvero mi spingo verso quel Paese perché percepito come trend vincente del momento. L’analisi dovrebbe invece considerare preliminarmente due aspetti: attrattività del paese (la sua alta Paesi da conquistare Paesi a elevata priorità Paesi da escludere Paesi da selezionare ATTRATTIVITÀ bassa bassa alta ACCESSIBILITÀ dimensione, la domanda interna, i fattori critici di successo...); accessibilità del paese (barriere doganali, fisiche...). Secondo la matrice riportata in alto, i Paesi ad elevata priorità sono altamente attrattivi e vi si può entrare facilmente, dunque c’è la possibilità di ottenere una notevole posizione competitiva in tempi non lunghi. All’opposto troviamo i Paesi da escludere, perché nel breve e medio periodo non prospettano opportunità interessanti per l’impresa e, per di più, hanno un’accessibilità bassa. I paesi da conquistare presentano, invece, un’alta attrattività e una bassa accessibilità, quindi anche se possono offrire delle opportunità interessanti, hanno però degli ostacoli in entrata da superare. Infine, i Paesi da selezionare e tenere presenti nel medio-lungo periodo, perché facilmente accessibili ma al momento non presentano un’elevata attrattività, che potrebbero presentare in futuro. Tenendo presente questa matrice sarà più facile effettuare un processo di screening in tre livelli. In un primo step distinguiamo i Paesi accettabili da quelli da escludere. Quindi, prendiamo in esame le variabili macroambientali per l’accessibilità: il clima, le barriere fisico-geografiche, le variabili economiche, demografiche, tecnologiche e socioculturali. Il secondo screening ha come obiettivo l’individuazione della domanda esistente rispetto all’offerta relativa al prodotto della nostra azienda. Infine, l’ultimo screening stabilisce la priorità sulla base della maggior coerenza tra domanda e offerta, valutando l’esistenza di un effettivo spazio di mercato per l’impresa, valutando anche la compatibilità (di prodotto/settore col mercato di riferimento). In conclusione, per effettuare un processo di internazionalizzazione che sia profittevole bisogna prendere in considerazione una serie di elementi che possono aiutarci a capire, non solo come entrare in una determinata area, ma anche se e quanto quel mercato si presenta appetibile per il nostro tipo di business. L’ottimismo prevede un duro lavoro. Essere ottimisti oggi non significa credere semplicemente che sarà possibile uscire dalla crisi. Significa piuttosto, trasformare questa crisi in opportunità di cambiamento: non solo in termini di riforme del sistema, ma anche di responsabilità. Chi, come noi, non reputa il lavoro come un diritto acquisito, sa che solo attraverso l’impegno e i sacrifici possiamo lasciarci la crisi alle spalle, senza farla ricadere su quelle dei nostri figli. 32 Internazionalizzazione, come Domenico Fedele ODCEC di Roma* Tra le numerose variabili da tenere presente è fondamentale la valutazione del country risk, soprattutto quando il Paese risulta politicamente, economicamente e normativamente diverso Iniziamo a porci le domande giuste: Quali sono i fattori che contribuiscono al successo dell’azienda sul mercato domestico? Quali sono i mercati esteri su cui investire? Qual è la proposta per tali mercati? Come entrare nei mercati selezionati? Il progetto di espansione all’estero è conveniente da un punto di vista economico-finanziario? Il confronto con il mercato domestico È rischioso affrontare i mercati esteri senza una solida base domestica. Fattibile, ma rischioso. La prima cosa da fare è identificare quali sono gli elementi distintivi che hanno consentito di raggiungere il successo sul mercato nazionale. È preferibile che le strategie di espansione ne tengano conto. È più facile se non ci sono troppe differenze con il business di casa. Poi si deve verificare quali sono i punti di condivisione/similitudine tra mercato domestico ed estero (tipo di prodotto, tipo di segmento/cliente, struttura dei costi, caratteristiche dei canali distributivi, caratteristiche dei competitor, tipo di know how/tecnologia utilizzata, ecc.). Attribuiamo a ciascuno di essi un punteggio da 1 a 4 a seconda che le similitudini siano poche o molte. Verificata una elevata condivisione (punteggio 4) per almeno uno di quegli elementi, il progetto è ragionevolmente preferibile. Un business difficilmente replicabile, per scarse similitudini, ha minori possibilità di successo, poiché richiede molti adattamenti e, necessariamente, implica costi, tempi lunghi e impegno di risorse pregiate. La scelta dei mercati esteri Questa valutazione può avere molte linee di analisi. Proviamo a definire le più importanti: - l’attrattività del segmento/mercato; - il posizionamento competitivo. È necessario individuare il “sottoinsieme” del mercato complessivo al quale l’organizzazione intende rivolgersi (ad esempio, il mercato delle costruzioni edili, segmento degli infissi in legno/alluminio). A seconda di come l’organizzazione vede il mercato, potranno essere seguite diverse logiche: - per prodotto: alte prestazioni, semplicità d’uso, ecc.; - per cliente: business o consumer; - per prezzo: primo prezzo o alto di gamma; - per canale: grande distribuzione, negozi specializzati, on line, ecc.. Ciò consente di focalizzare con precisione le successive analisi senza perdere tempo in considerazioni generiche e non mirate. L’attrattività del mercato/segmento dipende dai seguenti elementi: - mercato potenziale: dimensione del segmento in numero e/o valore; - tasso di crescita del mercato in numero e/o valore: barriere all’ingresso; - livello dei costi fissi: barriere normative e regolamentari; pressione normativa sui prezzi; - competitor: grado di concentrazione delle quote di mercato; prodotti sostitutivi; - distributori: grado di concentrazione dei distributori; livello di integrazione verticale “a monte”; - fornitori: grado di concentrazione; * Componente della Commissione Pianificazione e controllo di gestione dell’ODCEC di Roma, Componente Associazione VICINA L’intervento 33 una matrice McKinsey/GE) che incroci le due dimensioni (attrattività e posizionamento) e selezionare gli investimenti in quei Paesi che presentano alta attrattività e alta competitività o, in subordine, quelli che presentano un giudizio medio altro per almeno uno dei due elementi. fungibilità; livello di integrazione verticale a valle; - clienti: grado di concentrazione; sensibilità al prezzo. Un mercato è tanto più attrattivo quanto maggiore è la sua dimensione e/o tasso di crescita e quanto più si avvicina ad un mercato competitivo “perfetto” quanto minori solo le barriere all’ingresso; quanto minore è la concentrazione di competitor; clienti; distributori; fornitori. L’analisi dell’attrattività del mercato trova la sua sintesi nella identificazione dei “Fattori chiave” (Key Success Factors o KSF) necessari per avere successo nel segmento di mercato identificato. Se esiste un vincolo normativo, il “fattore critico” è rappresentato dal fatto che il prodotto/servizio e/o l’organizzazione devono avere le autorizzazioni/omologazioni necessarie per operare in quel paese. Due caratteristiche fondamentali dei KSF: - influenzabili: l’organizzazione deve poter assumere azioni per modificarli; - finanziariamente significativi: misurabili in termini di ricavi, costi, investimenti. L’analisi del posizionamento competitivo dipende da come l’organizzazione si pone nei confronti di questi fattori chiave. A tale scopo è necessario identificare i seguenti punti: - competitori di riferimento: nomi e quota di mercato; ampiezza della gamma di prodotti/servizi; - posizionamento di prezzo: caratteristiche distintive; altro; - fonte loro Vantaggi competitivi: differenziazione (caratteristiche, performance prodotto; servizi post vendita); costo (livello dei costi, struttura costi fissi/variabili, ecc.). Tali vantaggi competitivi, per essere tali, devono essere coerenti con i KSF identificati. Ad esempio, in un “segmento lusso” i vantaggi competitivi legati al prezzo possono essere poco indicativi mentre può essere molto importante la qualità dei materiali. Per giungere ad una valutazione conclusiva e decidere quale o quali sono i Paesi su cui vale la pena concentrarsi, posizioniamo i risultati in una matrice (ad esempio Come definire la “proposta” per i mercati Abbiamo selezionato il Paese o i Paesi nei quali si intende investire. Dobbiamo ora identificare le modalità con cui l’azienda intende presentare nel nuovo mercato. Per questo è necessario definire: - le caratteristiche del prodotto; - il posizionamento del prezzo; - le modalità distributive; - la strategia di comunicazione. Questo ci consente di identificare più in dettaglio le azioni per entrare nel nuovo mercato ed iniziare a porre le prime stime dell’investimento necessario. La proposta per il nuovo mercato deve essere coerente con i risultati dei passi precedenti. Le strategie di entrata Le strategie di entrata nei mercati esteri selezionati possono seguire tre macro approcci. Condividere: le modalità di entrata riguardano la costituzione di Joint venture con un socio locale o la creazione di partnership commerciali del tipo franchising. Strategia normalmente utilizzata in Paesi che richiedono partnership con aziende locali per avere accesso ai canali distributivi o addirittura per avere l’autorizzazione ad operare. Sono generalmente mercati protetti o caratterizzati da situazioni di monopolio/oligopolio. Costruire: l’approccio ad una società indipendente sul mercato locale si 34 L’intervento addice a mercati in forte crescita o a situazioni in cui il prodotto e/o il modello di business siano così particolari da non consentire l’acquisizione di aziende locali già esistenti. Tenuto conto della caratteristica di start up, è la strategica che richiede maggiori risorse finanziarie e manageriali per sviluppare la nuova azienda e supportarne lo sviluppo del mercato. Acquistare: affronta strategie che prevedono l’acquisizione di società locali già esistenti. In questo caso siamo di fronte a mercati maturi nei quali esiste opportunità di acquisire direttamente quote di mercato attraverso l’acquisto di competitor già presenti. Anche in questa ipotesi, le risorse finanziarie sono il fattore decisivo pe portare a termine con successo l’operazione, subito dopo, la sfida principale diventa manageriale. Infatti, è critico intervenire in tempi rapidi sull’organizzazione aziendale del gruppo per sfruttare al massimo le sinergie e ridurre/eliminare la duplicazione di costi. Un successivo elemento da valutare nel definire la strategia di entrata in un Paese è il grado di controllo che si vuole avere sul mercato e/o azienda che opera nel nuovo mercato. Tanto più il modello di business e/o prodotto è complesso, tanto maggiore deve essere il grado di controllo sul business locale. Tuttavia è evidente che per aumentare il grado di controllo è necessario aumentare il livello degli investimenti e quindi la rischiosità del progetto. La scelta fra grado di controllo e livello di rischiosità della strategia può essere rappresentata graficamente da una linea retta su cui si dispongono, in ordine di rischio/controllo crescenti, le diverse regole di presenza sul mercato: dalla semplice esportazione fino all’investimento diretto. Valutare la convenienza degli investimenti Le informazioni fin qui raccolte consentono di costruire un piano economico patrimoniale e finanziario a tre-cinque anni per stimare i flussi di cassa differenziali. Andiamo direttamente alla soluzione. Utilizziamo la metodologia di valutazione più adeguata che è, senza dubbio, quella del Discounted Cash Flow - DCF. L’unico aspetto peculiare riguarda le modalità di valutazione del rischio Paese. Tale aspetto non assumerebbe nessun particolare rilievo se il Paese individuato appartenesse alla Comunità Europea o fosse un Paese Nord americano. Assume fondamentale importanza quando il Paese risulta politicamente, economicamente e normativamente molto diverso. Il rischio Paese (Country Risk) è il rischio, inteso come perdita, danno o maggior costo, a cui si espone un investimento (industriale o finanziario) all’estero a causa di eventi di natura politica, economica e sociale. I principali fattori che lo influenzano sono: - eventi politici: guerre; scioperi; colpi di Stato; misure legislative che comportino confische o nazionalizzazioni e blocchi valutari; - eventi economici: riduzioni del Pil; svalutazione della moneta locale; - eventi sociali: guerre civili; divisioni religiose; - eventi naturali quando sono talmente ricorrenti da poter essere considerati prevedibili: terremoti in zone molto sismiche. Per inserire il rischio Paese nelle valutazioni d’investimento con il metodo DCF è necessario aumentare il costo del capitale proprio (ie o ke) di un premio che rifletta il maggior rischio rispetto ai Paesi più industrializzati. Tale premio (Contry Risk Premium) può essere ricavato dal confronto fra i rendimenti dei titoli di Stato decennali USA o Europei e i rendimenti dei titoli di Stato decennali (In USD o EUR) emessi dal Paese oggetto di valutazione. Per esempio, se il titolo di Stato USA decennale ha un rendimento del 3,72% e il titolo di Stato brasiliano in USD per la stesa scadenza ha un rendimento del 9,96% il premio per il rischio del Brasile può essere stimato in 6,24% (9,96% meno 3,72%). Per evitare di valutare l’elemento in un momento particolare di mercato nella prassi spesso non si utilizza un valore puntuale ma una media dei rendimenti degli ultimi 2-3 anni. Questo calcolo ci permette di valutare però solo il premio per il rischio dello Stato il così detto “Default spread”. Trovandoci a valutare investimenti prevalentemente privati (e quindi non pubblici) si deve anche considerare il premio per il rischio che il mercato azionario del Paese target (ad esempio il Brasile) ha rispetto i suoi titoli di Stato. Possiamo confrontare la volatilità dell’indice azionario di un Paese rispetto alla volatilità dei suoi titoli di Stato. A questo punto possiamo inserire il Country Risk Premium nella formula del DCF per il calcolo del Costo del Capitale proprio. Attraverso l’aggiustamento del Country Risk Premium saremo quindi in grado di confrontare progetti d’investimento localizzati in Paesi molto diversi tra loro. Vogliamo lavorare per qualcosa, non contro qualcuno. Crediamo che sia giunto il momento di ragionare come una comunità. Servono regole certe, riforme del sistema fiscale e giudiziario. Serve un pensiero tecnico, imparziale, non schierato che affianchi le istituzioni: per lavorare, non più contro qualcuno, ma a favore di tutti. 36 Gli strumenti finanziari Riccardo Ricci ODCEC di Roma* Il fabbisogno finanziario è uno degli elementi discriminanti del processo di internazionalizzazione delle aziende. Minibond e finanziamenti ai liberi professionisti n una strategia di internazionalizzazione, il fabbisogno finanziario dell’azienda ricopre un elemento discriminante per la fattibilità del progetto. Questo lavoro ha due obiettivi: dare una visione d’insieme di quelli che sono gli strumenti finanziari di supporto all’internazionalizzazione e delle istituzioni che li veicolano; creare un supporto operativo, dinamico e aggiornato, che consenta al professionista di usufruire di quegli strumenti. Gli strumenti finanziari, a sostegno dell’internazionalizzazione, si possono sinteticamente raggruppare in sistemi di pagamento e strumenti finanziari, agevolati e non, finalizzati a sostenere un processo o una strategia di internazionalizzazione. Una prima disamina dei sistemi di pagamento ha costituito il focus di un convegno organizzato dalla Commissione per l’internazionalizzazione d’impresa dell’ODCEC di Roma, il 23 aprile 2013. I principali strumenti per il sostegno finanziario all’esportazione sono i crediti agevolati all’esportazione (di cui alla legge 143/77 c.d. “ex legge Ossola”). Non meno importanti sono gli strumenti di sostegno finanziario agli investimenti all’estero, tra cui la legge 100/90, che intende favorire la I partecipazione e i finanziamenti agevolati per investimenti compiuti fuori dai confini nazionali. Segnaliamo come utili strumenti di finanziamento per l’internazionalizzazione anche i Mini Bond e i Finanziamenti ai liberi professionisti. Gli istituti finanziari di maggior interesse sono SIMEST, SACE e Banca Mondiale. La maggior parte degli strumenti finanziari pubblici citati in precedenza sono gestiti dal 1999 da SIMEST, società per azioni controllata da Cassa Depositi e Prestiti. Gli strumenti di finanza agevolata finanziano gli studi di pre-fattibilità e fattibilità, i programmi di assistenza tecnica fuori dai Paesi UE, i programmi d’inserimento nei Paesi esteri, il credito all’esportazione con contributo in conto interessi e contributi in conto interessi sui finanziamenti bancari a favore di imprese che partecipano al capitale di rischio in società estere partecipate da SIMEST. Un altro strumento molto appetibile è il Fondo unico di Venture Capital, che ha come obiettivo generale quello di acquistare la partecipazione fino al 49% del capitale di una società estera. Oltre a SIMEST è molto importante il supporto di SACE, gruppo assicurativo-finanziario, controllato anch’esso al 100% da Cassa Depositi e Prestiti, attivo nell’export credit, nell’assicurazione del credito, nella protezione degli investimenti, nelle garanzie finanziarie, nelle cauzioni e nel factoring. Il Gruppo assume, in assicurazione e/o in riassicurazione, i rischi cui sono esposte le aziende italiane nelle loro transazioni internazionali e negli investimenti all’estero. A maggio 2013 SACE ha lanciato “Pmi No-Stop”, un’iniziativa dedicata esclusivamente alle Pmi per offrire loro un one stop shop per ottenere più facilmente finanziamenti, gestire al meglio i propri crediti, ridurre i rischi di mancato pagamento e muoversi in sicurezza verso nuovi mercati. Uno studio empirico(1) ha evidenziato che la forma di sostegno pubblico maggiormente utilizzata è legata a modalità di intervento di tipo creditizio, piuttosto che partecipativo e comunque affiora che una quota rilevante di imprese ha espresso giudizi positivi sugli strumenti utilizzati. * Vice Presidente della Commissione Internazionalizzazione delle imprese dell’ODCEC di Roma L’intervento Ulteriori strumenti finanziari destinati all’internazionalizzazione sono veicolati dalla Banca Mondiale. Il crescente mercato degli appalti della Banca Mondiale, oltre ad essere un’opportunità interessante, rappresenta anche un volano privilegiato per l’internazionalizzazione delle imprese nella logica della cooperazione e dello sviluppo sostenibile. La Banca Mondiale è stata creata il 27 dicembre 1945 e oggi comprende due creazione di imprese di dimensione ridotta, sul modello delle pmi italiane. La Banca Mondiale opera con due modalità. La prima è quella del finanziamento, sulla base di un progetto specifico, ai governi dei Paesi interessati, che gestiscono i meccanismi di attribuzione delle collaborazioni attraverso i bandi di gara. In questo caso l’azienda, attraverso il sito di Banca Mondiale, può consultare tutti i progetti aperti e istituzioni internazionali, che hanno l’obiettivo di lottare contro la povertà e di organizzare aiuti e finanziamenti agli Stati in difficoltà: la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS) e l’Agenzia Internazionale per lo Sviluppo (AID o IDA). Gli obiettivi della Banca mondiale si sono recentemente concentrati sulla riduzione della povertà, l’educazione e lo sviluppo sostenibile in quanto chiavi per la crescita economica, abbandonando l’obiettivo unico e puro della crescita economica, supportando inoltre la i relativi bandi di concorso. L’altra modalità è quella dei finanziamenti alle aziende di tutto il mondo che presentano un progetto di investimento in un paese in via di sviluppo. In questo caso l’azienda si rivolge direttamente a World Bank presentando il proprio progetto. Passando alla trattazione dei cosiddetti “Mini Bond” e ai finanziamenti ai liberi professionisti - 37 quest’ultimi veicolati dalle casse di previdenza di categoria - si ritiene strategico tenerli in considerazione, in quanto i primi sono in grado di sostenere l’internazionalizzazione delle imprese e i secondi possono finanziare la crescita tecnico-culturale e specialistica degli studi professionali. Il decreto legge 83/2012 (c.d. decreto Sviluppo) e successive modifiche, ha introdotto importanti novità in tema di strumenti alternativi di finanziamento per le pmi. I Mini Bond sono rivolti alle piccole e medie imprese con l’obiettivo di: identificare strumenti che siano alternativi al tradizionale canale bancario; finanziare l’attività delle pmi non quotate; riequilibrare e/o rafforzare la struttura finanziaria delle pmi; dare impulso al mercato dei capitali di debito in Italia ed omogenizzare le opportunità per le nostre imprese rispetto ad altre esperienze europee. Infine, sembrerebbe che anche gli studi professionali potranno fruire di incentivi veicolati appunto dalle rispettive Casse di Previdenza, per iniziare o implementare l’attività. La notizia positiva arriva da Bruxelles e consente di superare uno dei tabù o dei fraintendimenti che finora, nei fatti, avevano precluso l’accesso degli studi agli incentivi. Ai professionisti dunque soprattutto ai giovani - si dà la chance di trovare alleati finanziari per sviluppare nuovi servizi alla clientela ed aprirsi all’internazionalizzazione. (1) Dipartimento di Ricerche Aziendali «Riccardo Argenziano» Università degli Studi di Pavia, L’internazionalizzazione delle imprese italiane a cura di Cosetta Pepe e Antonella Zucchella, Il Mulino, 2009. 38 Fisco e internazionalizzazione Paolo Sbordoni ODCEC di Roma* L’impresa italiana che si delocalizza all’estero non può non tener conto della normativa riguardante le Controlled foreign companies e il Transfer pricing na qualsiasi società italiana che intenda procedere alla propria delocalizzazione in un altro Paese non può non tener conto delle conseguenze di tale scelta dal punto di vista fiscale. A questo proposito assumono particolare rilievo la disciplina applicabile in caso di CFC (controlled foreign companies) e il transfer pricing, fenomeno nuovo e complesso, che non nasce direttamente in ambito giuridicofiscale, ma deriva dall’analisi delle relazioni economiche intercorrenti tra imprese residenti in Stati diversi e che fanno parte dello stesso gruppo. Crescente importanza assume la residenza fiscale quale fattore discriminante nell’individuazione del sistema impositivo applicabile. Per le persone giuridiche residenti, in attuazione del principio della tassazione mondiale, sono assoggettati ad imposizione in Italia tutti i redditi ovunque prodotti; per le società e gli enti non residenti, al contrario, e in applicazione del diverso principio di tassazione territoriale, sono assoggettati ad imposizione in Italia soltanto i redditi U prodotti sul territorio nazionale. Queste le premesse, alla base della diffusione del fenomeno dell’estero vestizione, ossia della fittizia localizzazione della residenza fiscale in Paesi (anche UE) diversi dall’Italia dove, invece, il soggetto effettivamente risiede, per sottrarsi agli adempimenti tributari previsti dall’ordinamento nazionale e beneficiare, al contrario, dei regimi impositivi più favorevoli vigenti altrove. La residenza fiscale nell’ordinamento tributario italiano è disciplinata dalle norme del Tuir approvato con dPR n. 917/86. In base alla nostra normativa nazionale, come riportato nell’art. 73 co. 3 del Tuir, “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato [.…]”. Quindi gli amministratori di fatto e/o il luogo effettivo di gestione e amministrazione prevalgono su quelli formali. In base ai commi 5/bis e 5/ter dell’art.73 è stata introdotta una presunzione di residenza in Italia a carico delle società o degli enti con sede legale o amministrativa all’estero quando queste ultime: detengono direttamente partecipazioni di controllo ai sensi dell’art. 2359 in una società di capitali o in enti commerciali residenti in Italia o, sono controllate, anche indirettamente, ai sensi dell’art. 2359 comma 1 del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano; ovvero sono amministrate da un consiglio di amministrazione o altro organo equivalente di gestione composto in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio dello Stato. Tale presunzione fa sì che una società, con sede legale all’estero, si considera fiscalmente residente in Italia, quando la stessa presenta alternativamente: una partecipazione di controllo almeno del 50,1% in una società italiana, ovvero quando la società estera è * Componente della Commissione Internazionalizzazione delle imprese dell’ODCEC di Roma L’intervento controllata al 50,1%, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio dello Stato, oppure dalla prevalenza nel consiglio di amministrazione della società estera di soggetti residenti in Italia. Pertanto, tutte le società o enti esteri che rientrano in uno dei tre suddetti casi, dovranno presentare la dichiarazione dei redditi in Italia ed assoggettare ad Ires le plusvalenze eventualmente realizzate con la cessione di partecipazioni, ovvero i dividendi percepiti da partecipate residenti in Paesi off-shore. I problemi sorgono nel caso in cui ognuno degli Stati coinvolti voglia assoggettare la società a tassazione sulla base degli stessi elementi presi a riferimento: il luogo di costituzione, il luogo di direzione, il luogo di svolgimento dell’attività economica, il luogo di svolgimento del controllo da parte dei soci. Occorre rilevare che, quale conseguenza del fatto che gli Stati usino diversi criteri di definizione di residenza, vi è sempre la possibilità che si realizzi la condizione di doppia residenza da cui può derivare anche una doppia imposizione. Nel caso delle società di capitali, la doppia residenza può verificarsi, fra l’altro, nei seguenti casi: diversa interpretazione data dello stesso criterio: la direzione e il controllo centrale interpretato sia come controllo di direzione, sia come gestione quotidiana dell’attività; applicazione di criteri diversi: più frequentemente il caso dell’applicazione del principio del luogo di costituzione di una società e il luogo di direzione e controllo, piuttosto che della sede legale o 39 del luogo di direzione effettiva. Qualora, tuttavia, facendo ricorso alle disposizioni interne degli Stati interessati non sia possibile attribuire in modo univoco la residenza fiscale ad una società, il paragrafo 3 dell’articolo 4 del Modello di convenzione (OCSE) risolve i conflitti tra ordinamenti e evita la doppia imposizione, considerando preminente la sede della direzione effettiva della società stessa o dell’ente collettivo. Di regola, la società estera partecipata ha piena autonomia giuridica e fiscale: il reddito della partecipata dovrebbe essere tassato solamente nel Paese di residenza della stessa, secondo le norme ivi vigenti; in Italia sono soggetti a tassazione gli utili effettivamente distribuiti dalla partecipata e la plusvalenza conseguita in caso di cessione della 40 partecipazione, salva la possibilità di usufruire della PEX laddove sussistano i requisiti di cui all’art. 87 del Tuir. Una normativa specifica è stata predisposta nel caso di società controllata di diritto estero localizzata in paradisi fiscali. Per contrastare le diffuse pratiche elusive nel caso di società controllata o collegata, localizzata o residente in un paradiso fiscale o in un Paese che abbia una tassazione effettiva inferiore ad almeno la metà di quella italiana, si applica la disciplina CFC (controlled foreign companies) contenuta negli art. 167 e 168 del Tuir: imputazione per trasparenza dei redditi, indipendentemente dalla distribuzione dei dividendi, salvo accoglimento dell’interpello preventivo disapplicativo. Gli aspetti caratteristici della CFC sono: soggetto partecipante residente in Italia e soggetto partecipato con residenza estera; requisito del controllo o del collegamento; soggetto partecipato residente o “localizzato” in Paese RFP (“ non white list”); determinazione dei redditi della CFC in base alla normativa italiana (con regole diverse a seconda che ci sia controllo o collegamento); imputazione dei redditi rideterminati della CFC pro-quota al soggetto residente per la tassazione separata. L’articolo 167 del Tuir prevede che, qualora un soggetto residente in Italia controlli, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, un’impresa residente o localizzata in uno Stato con fiscalità agevolata rispetto a quella italiana, i redditi conseguiti dalla partecipata estera sono tassati separatamente per trasparenza in capo al socio residente, previa rideterminazione degli stessi secondo le disposizioni ordinariamente previste per la determinazione del reddito d’impresa. Si realizza così l’anticipazione del momento impositivo. La partecipazione deve sussistere alla data di chiusura del bilancio d’esercizio della controllata. Il soggetto controllante può essere persona fisica, società di persone e di capitali, ente pubblico o privato commerciale o non commerciale, purché residente nel territorio dello Stato. Ad essere tassato in base alla normativa italiana sarà l’utile civilistico della CFC rideterminato con le norme sul reddito d’impresa del diritto tributario italiano. Sono applicabili le disposizioni particolari previste per: le imprese di assicurazione e per gli enti creditizi e finanziari; il riporto delle perdite, che rimangono in ogni caso in capo al soggetto estero controllato. I redditi determinati sono assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo netto del soggetto residente e comunque non inferiore al 27%. Per evitare una duplice tassazione dall’imposta così determinata sono ammesse in detrazione le imposte pagate all’estero a titolo definitivo e, nel caso in cui la controllata proceda a distribuire utili in qualsiasi forma, gli stessi non concorrono alla formazione del reddito del soggetto residente, fino all’ammontare del reddito assoggettato a tassazione, anche negli esercizi precedenti. La disciplina di cui al comma 1 trova applicazione anche nell’ipotesi in cui i soggetti controllati ai sensi dello stesso comma sono localizzati in Stati o territori diversi da quelli ivi richiamati, qualora ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti se residenti in Italia; hanno conseguito proventi derivanti per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie […], nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari. Nel caso di partecipazioni in imprese estere collegate si fa riferimento a quanto disposto dall’art.168 del Tuir. In assenza del requisito del controllo, invece della determinazione dell’imponibile secondo le norme nazionali, è prevista l’imputazione del maggiore tra l’utile di bilancio prima delle imposte e quello forfettariamente determinato sulla base di coefficienti di rendimento differenziati per le categorie di beni che compongono l’attivo patrimoniale. Con il termine controllo si fa riferimento a quanto previsto nell’articolo 2359 del Codice civile. È irrilevante se il controllo è diretto o indiretto. Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza è presunta quando L’intervento nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti, ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa. Alla luce delle leggi fiscali dei vari Paesi, in riferimento alle norme emanate dalle organizzazioni sovranazionali che negli anni recenti hanno profuso energie per trovare strumenti di cooperazione e scambio di informazioni va analizzata anche la disciplina del transfer pricing. Con il termine transfer pricing (prezzo di trasferimento) viene descritta una particolare procedura di determinazione dei prezzi delle transazioni commerciali (beni e/o servizi) tra società spesso multinazionali facenti capo ad uno stesso gruppo, che permette il trasferimento di materia (reddito) imponibile verso paesi con fiscalità attenuata. Per quanto riguarda il sistema di imposizione sul reddito, nello studio del transfer price risulta centrale l’art. 110, comma 7, del Tuir. Il suddetto articolo dispone che i componenti di reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato che, direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, siano valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, determinati a norma del comma 2, se ne deriva un aumento del reddito. La stessa disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, ma soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle speciali procedure amichevoli previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Tale dettato si applica, infine, per i beni ceduti e i servizi prestati da società non residenti nel territorio dello Stato per conto delle quali l’impresa esplica attività di vendita e collocamento di materie prime o merci o di fabbricazione o lavorazione di prodotti. Si tratta di una disposizione che interessa le “operazioni” transnazionali in cui i due poli, riferibili ad un centro di interessi unitario, sono, da un lato, un’“impresa” residente in Italia e, dall’altro, una società ivi non residente; quando l’una controlla direttamente o indirettamente l’altra, ovvero le due entità siano soggette a comune controllo, anche in tal caso diretto o indiretto; per altro verso, autonomamente, le operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate da società non residenti per conto delle quali l’impresa residente “esplica attività di vendita e collocamento di materie prime o merci o di fabbricazione o lavorazione di prodotti”. Ebbene, i componenti di reddito derivanti da tutte le suddette operazioni, come previsto dall’articolo in questione, devono essere valutati qualora da tale valutazione consegua un maggior reddito in base al valore normale dei beni e dei servizi oggetto dello scambio, determinato secondo quanto previsto dall’art. 9 del Tuir (cui rinvia il comma 2 dell’art. 110 del Tuir, a sua volta richiamato dal comma 7 del medesimo articolo). In base al comma 7 dell’art. 110 del Tuir, la disciplina del transfer pricing è applicabile a tutti i componenti positivi e negativi del reddito d’impresa. Abbiamo metodi tradizionali di determinazione del prezzo, che si 41 basano sull’analisi della singola operazione commerciale o finanziaria; infatti sono definiti come transactional methods e permettono di determinare il valore normale a partire dalle caratteristiche della singola transazione e metodi più alternativi, che si basano invece sull’analisi degli utili e sono: quello della ripartizione dei profitti globali (Profit Split) e quello della comparazione dei profitti netti (Transactional Net Margin Method). Tali metodi, cd. profit based methods, sono il risultato di una tendenza e prassi proveniente soprattutto dagli Stati Uniti. Come metodi tradizionali dobbiamo ricordare: il metodo del confronto del prezzo (Comparable Uncontrolled Price-CUP); il metodo del prezzo di rivendita (Resale Price); il metodo del costo maggiorato (Cost Plus). Le tipologie principali in cui si possono avere distorsioni rispetto al “reale valore” delle cessioni di beni e/o prestazioni di servizi nelle operazioni infragruppo possono essere tre: cessioni di beni materiali, avente per oggetto lo scambio di semilavorati o prodotti finiti: prestazioni di servizi, aventi ad oggetto servizi che afferiscono a diversi settori dell’organizzazione aziendale quali quelli di carattere amministrativo, di consulenza, di contabilità di carattere commerciale o inerenti alla assunzione formazione di personale; trasferimento di beni immateriali, aventi ad oggetto attività, per esempio, di ricerca e sviluppo, marchi di fabbrica di commercio o know-how. 42 Primo Piano Il commercialista: la risorsa strategica del momento! di Patrizia Bonaca ODCEC di Roma La nostra figura professionale, oggi più che mai, costituisce il trait d’union tra la forza produttiva del Paese e le istituzioni che, per soddisfare forzose esigenze di cassa, cercano in tutti i modi di incasellare l’economia, svilendo la grande forza creativa insita nell’atto di produrre. In questo contesto il commercialista può veramente fare qualcosa per se stesso, per i propri clienti e per l’economia del Paese: reagire mettendo a servizio la sua competenza! La caratteristica continuità dell’incarico professionale ci individua come il consulente che più di tutti condivide con l’imprenditore le sue scelte, le sue battaglie, i suoi successi, i suoi cambiamenti… Questo è il momento di trasformare le scelte economiche, è necessario, quindi, dotarsi di quelle competenze che permettano questo cambiamento, infondendo coraggio in primis a noi stessi e poi a cascata nella catena economica del Paese. Il commercialista deve smettere di essere un burocrate al servizio dello Stato, senza riconoscimento e remunerazione, per diventare il protagonista della ripresa economica del Paese. Chi meglio di noi può infondere la fiducia necessaria al tessuto produttivo per facilitare la ripresa economica? Il tempo è prezioso e dobbiamo impiegarlo mettendo a frutto le nostre capacità e la nostra creatività, per noi stessi, per i nostri clienti e per il nostro Paese. In questo momento di necessità economica è necessario farci carico di questo ruolo strategico, diffondere un sapere propulsivo e positivo, instillare delle iniezioni di fiducia per trovare la chiave strategica dell’evoluzione e il progresso della società. È inutile perdere tempo con scadenze inutili che hanno il solo scopo di indispettire i clienti e di distrarci dal significato più autentico e utile della nostra professione, che rappresenta un servizio di alto valore sociale. Per questo non dobbiamo essere distratti da ingarbugliati calcoli che non hanno altro scopo se non quello di disperdere un immenso potenziale creativo utile al nostro Paese e rappresentato dalla nostra categoria professionale. La nostra professione ha un obiettivo molto più elevato e di alto contenuto sociale, il commercialista può diventare l’artefice della ripresa economica di questo Paese. Solo assumendoci la responsabilità di diventare propulsori del progresso sociale potremo unire la nostra soddisfazione con quella dei nostri clienti e del nostro Paese. Non saremo più vittime della burocrazia e di un fisco artificioso, che lentamente e inesorabilmente ci distoglie dal nostro reale compito sociale ed economico. Dobbiamo dotarci di un pensiero positivo operativo e strategico e cioè un pensiero di speranza fattiva, concreta che si traduce in azioni e scelte economiche. Nuovi scenari, quindi, per noi e per i nostri clienti ponendo l’attenzione sulle risorse più che sui vincoli, sulle presenze più che sulle mancanze, sui desideri ed opportunità più che sulle necessità e i problemi. Il commercialista come portatore di consapevolezza economica per ridare slancio all’economia del Paese. Sogno una professione che comporti sviluppo personale, professionale e sociale e proprio perché diventi un’idea la condivido in questo articolo che concludo con questa frase di George Bernard Shaw “Certi uomini vedono le cose come sono e dicono: perché? Io sogno cose mai esistite e dico: perché no?” Roma, Auditorium Parco della Musica, 10-13 Novembre 2014 XIX CONGRESSO MONDIALE DEI COMMERCIALISTI imperial sponsor col patrocinio di 2020 Vision Learning from the Past, Building the future Il Congresso Mondiale dei Commercialisti è un’occasione di confronto per tutti i professionisti, promosso dall’International Federation of Accountants, che si presenta ogni quattro anni. Aderiscono all’Organizzazione internazionale 179 organismi rappresentativi della professione. Questo evento richiama circa 4000 commercialisti da tutto il mondo e nel 2014 sarà organizzato a Roma dal CNDCEC. Il leitmotiv delle quattro giornate congressuali sarà quello di costruire una vision condivisa sul futuro capitalizzando le esperienze maturate alle diverse latitudini. La sede Auditorium Parco della Musica Inaugurato nel dicembre del 2002, l’Auditorium Parco della Musica rappresenta una consolidata realtà nel panorama della vita culturale della città di Roma e del Paese. In questi anni, la struttura progettata da Renzo Piano, uno degli architetti italiani più famosi al mondo, è stata scelta come sede per numerosi eventi di portata internazionale. Ci si immerge nello spazio dell’Auditorium attraversando la Cavea per poi giungere al Foyer e alle sale: Sala Santa Cecilia, Sala Sinopoli e Sala Petrassi. Questa struttura imponente, ma al tempo stesso articolata funzionalmente, conta anche spazi per seminari e per incontri, una sala stampa e diverse aree espositive. Queste sue caratteristiche, unite alla vicinanza al centro storico e agli ottimi collegamenti, la rendono la sede perfetta per ospitare il WCOA 2014. Programma generale Sessioni di grande attualità, affrontate con modalità interattive, in cui confrontarsi con oltre 4000 colleghi provenienti da ogni parte del mondo. DAY 1 09:00 - 16:00 Registrazione partecipanti Lunedì 16:30 - 20:00 Cerimonia di apertura, 10 novembre DAY 2 Cocktail e spettacolo 09:00 - 11:00 Sessione Plenaria I Martedì Trasparenza e accountability del settore pubblico - 11 novembre La via verso la crescita economica DAY 3 11:00 - 11:30 Coffee break 11:30 - 13:00 Sessioni simultanee 13:00 - 14:00 Pranzo 14:00 - 15:30 Sessioni simultanee 15:30 - 16:00 Coffee break 16:00 - 17:30 Sessioni simultanee 09:00 - 11:00 Sessione Plenaria II Mercoledì “pensare integrato”: un approccio per migliorare 12 novembre la performance aziendale e generare valori 11:00 - 11:30 Coffee break 11:30 - 13:00 Sessioni simultanee 13:00 - 14:00 Pranzo 14:00 - 15:30 Sessioni simultanee 19:30 - 23:00 Cena di Gala agli studios di Cinecittà DAY 4 09:00 - 10:30 Sessioni simultanee Giovedì 10:30 - 11:00 Coffee break 13 novembre 11:00 - 12:30 Sessione Plenaria III 2020 Vision: costruire il futuro della professione capitalizzando le esperienze del passato 13:00 - 14:30 Sessione conclusiva e Cerimonia di chiusura Sessioni simultanee - Macroaree Macroarea 1 REPORTING ECONOMICO-FINANZIARIO E APPROCCIO INTEGRATO Migliorare accountability e processi decisionali Società quotate, PMI, enti non profit ed enti pubblici devono tutti confrontarsi con la definizione di un sistema di reporting e con le scelte tecnico-operative che ne discendono. Il dibattito verterà sugli obblighi di reporting previsti per le PMI nei diversi ordinamenti, sullo sviluppo del pensiero integrato e offrirà unapanoramica aggiornata sull’adozione degli IFRS e IPSAS a livello globale. Macroarea 2 REVISIONE E ALTRI SERVIZI DI ASSURANCE La funzione dell’informativa di bilancio in relazione ad aspettative crescenti A fronte delle aspettative sempre più complesse dei diversi utilizzatori dell’informativa economico-finanziaria, quali sono i pilastri di una revisione legale di qualità, e quali i trend a livello mondiale? Si discuterà della richiesta di nuovi servizi di attestazione da parte delle PMI, del nuovo modello di relazione di revisione e delle esigenze cui risponde e del ruolo degli organi di controllo e audit committee nei vari ordinamenti. Macroarea 3 ETICA, LEGALITÀ E RESPONSABILITÀ D’IMPRESA Commercialisti e imprese alla ricerca del giusto equilibrio Una delle sfide quotidiane per i commercialisti è destreggiarsi tra gli obblighi di riservatezza, l’insieme delle responsabilità e la costante tutela dell’interesse pubblico. Intanto le imprese esplorano nuovi modelli di business, alla ricerca di un bilanciamento tra valori sociali e redditività. Un tema di forte attualità che ricomprende i recenti sviluppi nei codici deontologici a livello internazionale, le normative e i meccanismi di vigilanza approntati all’indomani della crisi e le questioni di equità fiscale. Sessioni simultanee - Macroaree Macroarea 4 FORMAZIONE E CAPACITY BUILDING Nuovi strumenti per nuove esigenze L’innovazione tecnologica continua, con un impiego sempre maggiore di social media, cloud computing, prestazioni professionali da remoto e XBRL, sta modificando le metodologie e le modalità organizzative necessarie ai professionisti per affermare la loro presenza sul mercato globale. In queste sessioni si esamineranno le nuove forme di networking, le nuove tecnologie e i sistemi di mobilità, in un contesto sempre più integrato. Macroarea 5 CONSULENZA AZIENDALE Competenze, sfide, sinergie e innovazione Il commercialista è il consulente di fiducia delle imprese e di quelle di piccole e medie dimensioni in particolare - in termini di soluzioni gestionali, governance, crescita e sviluppo di nuove strategie di mercato, sostenibilità e attenzione alle esigenze di cittadini e consumatori. Si offrirà una panoramica su quali siano, in un mondo sempre più globalizzato, le nuove competenze richieste ai commercialisti e le sfide che si trovano ad affrontare al fianco delle PMI, tra cui le difficoltà nell’accesso al credito e l’internazionalizzazione. Una sessione speciale è dedicata al Made in Italy e alle sfide che i brand italiani affrontano nella competizione su scala internazionale. Quote di partecipazione Attività incluse Tariffa ridotta fino al 31/07/14* Tariffa piena* Paesi sviluppati Tutte € 1.200 € 1.500 Paesi emergenti Tutte € 900 € 900 Sessioni di lavoro Programma sociale non incluso € 600 € 600 Tutte Esclusa la cena di gala € 950 € 1.250 Cerimonia di apertura, spettacoli e cena di gala € 350 € 350 Tutte Esclusa la cena di gala - - Coffee break e pranzi inclusi € 200 € 200 Categoria Speciale giovani studenti Italiani Accompagnatori Stampa Espositori (se oltre 2 persone per stand) (*): IVA inclusa (22%) N. B.: In considerazione delle possibilità di accoglienza dell’Auditorium, si informa che le iscrizioni saranno chiuse una volta raggiunti i 4.000 iscritti Per iscriversi: www.wcoa2014rome.com Opportunità di sponsorship DIVENTA IL PARTNER ACCADEMICO Una serie di pacchetti di sponsorizzazione flessibili per venire incontro DEL WCOA 2014! alle peculiarità dei nostri potenziali sponsor, offrendo diversificazione ed opportunità Il Comitato a tutti i livelli. del WCOA 2014 ha lanciato un’iniziativa Scientifico inedita in Pacchetti completi occasione di questo evento - Imperiale mondiale: Una pubblicazione - Colosseo accademica dedicata al tema - Cappella Sistina del congresso: “2020 Vision: - Pantheon costruire il futuro della - Partner Digitale professione capitalizzando le esperienze del passato”. Opportunità di Sponsorizzazione indipendenti Sostieni - Fontana di Trevi > stand espositivo diventando Partner personalizzabile - Italy with You > stand per marchi questa iniziativa il nostro Accademico che premierà sul palco l’autore del miglior articolo! e prodotti tipici italiani - Premio per la ricerca accademica e pubblicazione scientifica - Project Gallery > Un’area dedicata nella sede del WCOA 2014 in cui gli organismi professionali aderenti all’IFAC possono mostrare e condividere con la comunità internazionale dei commercialisti i loro migliori progetti Tutte le info su www.wcoa2014rome.com Sei interessato a sponsorizzare il WCOA 2014? Contattaci! [email protected] - [email protected] Tel. +39 06 47863307 Roma Vi aspetta Chi conosce bene la Capitale lo sa: non si finisce mai di stupirsi davanti al patrimonio storico e culturale di Roma. Venite a emozionarvi ancora una volta davanti alle meraviglie della Città eterna e a scoprirne gli angoli e i dintorni meno noti, ma non meno ricchi di storia e bellezza. WCOA 2014 significa anche gite indimenticabili e occasioni di incontri sociali e professionali in una delle cornici più belle del mondo. Castelli romani Fate il pieno di tradizione e buon cibo in quest’area unica, a pochi chilometri da Roma, famosa per le sue specialità eno-gastronomiche, la natura generosa, gli stornelli irriverenti e l’accoglienza genuina che conquista i turisti! Ostia Antica Un itinerario suggestivo tra le rovine splendidamente conservate di Ostia, il porto dell’antica Roma. Proverete l’emozione di una vera e propria passeggiata nella Storia. Roma segreta Monumenti famosi, ma anche luoghi che nascondono misteri e leggende. Scoprirete che la Capitale non significa solo Cupolone, Colosseo e Piazza di Spagna:tralesuepieghemillenariesopravvivonoangolipoconoti,fuoridallerotte turistiche abituali. Venite a visitarli e a godere delle emozioni che questa Roma insolita regala. L’elenco completo delle gite ed escursioni proposte è consultabile sul sito www.wcoa2014rome.com - sezione Welcome to Italy Gli Hotel Potrete scegliere tra una vasta gamma di hotel a 3, 4 e 5 stelle, situati in alcuni dei quartieri più belli della Città Eterna. Le strutture che abbiamo selezionato per voi sono state scelte in base all’alta qualità del servizio offerto e alla loro posizione. Hotel* * * * * Aldovrandi | www.aldrovandi.com Palace | www.palace-roma.boscolohotels.com Aleph | www.aleph-roma.boscolohotels.com Gran Melia Rome | www.granmeliarome.com Parco dei Principi | www.parcodeiprincipi.com De Russie | www.hotelderussie.it Hotel* * * * Regent | www.hotelregentrome.com Ritz | www.hotelritzrome.com Clodio | www.hotelclodio.it Claridge | www.hotelclaridgerome.com Cicerone | www.hotelciceronerome.com Polo | www.polohotel.it NH Vittorio Veneto | www.nh-hotels.com Borromini | www.hotelborromini.it NH Giustiniano | www.nh-hotels.com Milton | www.hotelmiltonroma.com BW Universo | www.hoteluniversorome.com BW Royal Santina | www.hotelroyalsantinarome.com Visconti Palace | www.viscontipalace.com Hotel* * * Medici | www.hotelmedici.com Astrid | www.hotelastrid.com Relais dei Papi | www.hotelrelaisdeipapi.it Adriano | www.hoteladriano.com Alexandra | www.hotelalexandraroma.com Per prenotazioni: www.wcoa2014rome.com - sezione Registration Contatti utili Rappresentanti di oltre 150 organismi professionali e organizzazioni, nazionali ed internazionali, arriveranno a Roma da tutto il mondo per partecipare alle riflessioni più innovative e ai dibattiti più vivaci sul futuro della professione economico-giuridico-contabile. Partecipare al WCOA 2014 significa condividere un’esperienza unica per la professione. Per saperne di più www.wcoa2014rome.com Informazioni generali [email protected] Sponsorship & Project Gallery Virginia Di Marco [email protected] +39 06 47863307 Segreteria relatori e Ricerca scientifica Deborah Baratelli +39 06 47863329 layout > [email protected] Iscrizioni, Logistica e Hotel Adriapoint [email protected] +39 0541793018 Per delegazioni numerose che desiderino noleggiare un bus dedicato per il trasporto verso/da la sede del WCOA 2014 si prega di indirizzare le richieste ad Adriapoint via email. Organizzatori Imperial Sponsor TM Coliseum Sponsor Pantheon Sponsor Special Exhibitor Ricordo 59 LUTTO NELLA FAMIGLIA DEI COMMERCIALISTI ADDIO A NINO DE BENEDICTIS, STORICO PRESIDENTE DELL’ORDINE Fondò l’Ordine nel 1976 e per venti anni ne rimase al vertice i è spento all’età di 93 anni Antonino De Benedictis, decano dei commercialisti siracusani, iscritto all’Albo da 58 anni (era il 21 maggio 1956) e primo Presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti di Siracusa dal 1976, anno della fondazione, sino al 1996. Una figura forte, segnata dagli anni della seconda guerra mondiale e dalla prigionia nei campi di El Alamein – spesso oggetto dei suoi ricordi - divenne un professionista attento, capace e maestro per generazioni di colleghi e per i suoi figli Salvatore, Massimo e Marcello, che ne hanno seguito le orme e per Marco che, da avvocato, ne ha appreso la rettitudine professionale. Instancabile lavoratore, sin dalle primissime ore del mattino, quando ancora era buio, era alla sua scrivania dalla quale non si staccava sino a tarda sera. Svolgeva il proprio lavoro con grande passione e fermezza sia nei rapporti con gli uffici finanziari che in Commissione tributaria. Componente di importanti collegi sindacali, fu a lungo consigliere d’amministrazione della Banca di Credito Popolare di Siracusa. Il 18 marzo del 1976, in piazza Pancali, presso lo studio S Reale fino ad allora delegato dell’Ordine di Catania, fondò l’Ordine dei dottori commercialisti di Siracusa insieme a Santino Calabrò, Gino Serra, Giuseppe Conigliaro, Gaspare Conigliaro e Corrado Russo, chiamati al suo fianco nel primo Consiglio dell’Ordine aretuseo. In assenza di locali idonei, la sede venne a lungo ospitata presso il suo studio di Via Eumelo. Nel 2006, in occasione del trentennale della fondazione dell’Ordine e dei 50 anni di professione, ha ricevuto un premio dal Presidente del Consiglio Nazionale, per l’occasione a Siracusa, in segno di riconoscenza per quanto fatto per la categoria (nella foto il momento della consegna del premio; oltre a Nino De Benedictis ed al presidente Nazionale Tamborrino, si scorgono Gaetano Ambrogio, Giovanni Stella (a destra) e Massimo Conigliaro (a sinistra) tutti presidenti che gli sono succeduti nella carica al vertice dell’Ordine di Siracusa). Ai familiari il cordoglio e la vicinanza dell’intera categoria dei commercialisti. Massimo Conigliaro, Presidente Odcec di Siracusa 60 Diamo i Numeri Osservatorio economico di Tommaso Di Nardo, IRDCEC Nel generale quadro di moderata ripresa economica mondiale, l’unico dato positivo per l’economia italiana è l’inversione di segno nell’andamento della produzione industriale che a settembre 2013, dopo 26 mesi di segno meno, è ritornata a crescere, confermandosi negli ultimi tre mesi dell’anno, ad eccezione di dicembre quando si è registrato un nuovo calo. Un altro dato positivo proviene dalle entrate tributarie e, in particolare, dall’andamento del gettito dell’Iva da scambi interni che dal mese di giugno 2013 ha ripreso a crescere, con l’unica eccezione del mese di agosto, e che, al netto dell’aumento dell’aliquota dal 21 al 22% di ottobre, indicherebbe una leggera ripresa dei consumi interni. Non accenna, invece, a riprendersi il gettito dell’imposta di fabbricazione sugli oli minerali, altro fondamentale indicatore della dinamica congiunturale, che nei primi 11 mesi del 2013 perde il 2,2% rispetto al 2012, mentre l’andamento delle ritenute mensili Irpef continua ad essere negativo per i dipendenti del settore privato (-0,7% su base annua) e, soprattutto, per i lavoratori autonomi (-5,6% su base annua). Prosegue inarrestabile il calo di aperture di nuove partite Iva che complessivamente si riducono dell’8,1% a novembre 2013 e del 4,9% dall’inizio dell’anno con una dinamica divergente tra le società di persone e le ditte individuali in forte calo e le società di capitali in crescita. Quadro congiunturale. La congiuntura economica mondiale continua a mostrare segnali di miglioramento e prosegue lentamente su un sentiero di crescita moderata. Nelle ultime stime diffuse a gennaio, il Fondo monetario internazionale ha rivisto al rialzo la crescita del commercio mondiale 2014 di 0,3 punti che si traduce in un miglioramento di 0,1 punti del prodotto mondiale. In questa fase, la crescita è trainata dalle economie più avanzate e industrializzate, in particolare Stati Uniti, Germania e Giappone, mentre le economie emergenti mostrano segnali di debolezza che inducono valutazioni prudenziali da parte dei maggiori istituti finanziari mondiali. La ripresa c’è, dunque, ma è moderata e, soprattutto, resta fragile e incerta. L’Italia è l’unico paese, tra quelli più avanzati, a subire un taglio delle stime di crescita del Pil 2014 da parte del Fondo monetario internazionale. L’ultima previsione è dunque di un +0,6% a fronte del +1% stimato dal governo a settembre 2013. Quadro macroeconomico (Nota di aggiornamento al Def 2013 del 20 settembre). Il Pil nominale atteso per il 2013 è pari a 1.557 miliardi di euro, 9 in meno rispetto al 2012 (0,6%) corrispondente ad un tasso di crescita reale negativo pari a -1,8%. Le previsioni ufficiali per il 2014 (Mef) sono di un Pil nominale pari a 1.603 miliardi di euro con un aumento di 46 miliardi sul 2013 (+3%) corrispondente a una crescita reale dell’1%. Il debito pubblico 2013 è atteso pari a 2.069 miliardi di euro (132,9% del pil), 80 miliardi in più rispetto al 2012, mentre la stima per il 2014 è pari a 2.128 miliardi di euro (132,8% del pil) con un aumento di 59 miliardi sul 2013. Il deficit tendenziale 2013 è pari al 3,1% del Pil, mentre quello programmatico è pari al 3%. Nel 2014, invece, il deficit tendenziale è pari a -2,5% e quello programmatico a -2,3%. Economia sommersa e pressione fiscale. La pressione fiscale attesa per il 2013 è pari al 44,3% del Pil, quella prevista per il 2014 è pari al 44,2%. Il volume complessivo di entrate fiscali, atteso per il 2013 pari a 691 miliardi di euro, è previsto crescere di 18 miliardi di euro nel 2014 (+2,6%). La pressione fiscale reale, calcolata al netto del sommerso (stimato prudenzialmente pari al 16% del Pil rispetto all’ultimo dato ufficiale Istat 2008 pari al 16,8%), è pari al 52,8% nel 2013 e al 52,6% nel 2014. Previsioni Italia. Rispetto al +1% di crescita reale 2014 (+3% in termini nominali) stimato dal Mef il 20 settembre 2013, le stime più aggiornate dei principali istituti nazionali e internazionali oscillano da un minimo +0,6% a un massimo +0,7%, mentre secondo Standard & Poor’s la crescita stimata sarebbe addirittura dello 0,4%. La differenza delle stime è basata su una diversa interpretazione del ciclo economico e su una valutazione positiva, da parte del Mef, degli effetti sul Pil delle riforme attuate nell’ultimo biennio e delle misure per il pagamento dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni. Ipotizzando, per il 2014, una crescita reale pari al +0,7%, anziché il +1% 61 previsto dal Mef, ed un deflatore del Pil pari a 1,4%, la crescita nominale 2014 sarebbe pari a +2,1% al posto di +3% previsto nel DEF. In questo modo, il Pil nominale sarebbe inferiore di 13 miliardi alla previsione contabile nazionale e le entrate sarebbero inferiori di 4 miliardi con un effetto peggiorativo di 0,3 punti sul deficit e di 0,1 punti sulla pressione fiscale ufficiale. In tali condizioni, per rispettare l’obiettivo del 2,3% nel rapporto deficit/pil occorrerebbe una manovra correttiva di circa 5 miliardi di euro. Tabelle Tabella 1. Indicatori congiunturali Periodo Indice/ Valore/Tasso Var. Cong. Var. Tend. FIDUCIA DEI CONSUMATORI Nov. 96,2 -2,0% +11,9% FIDUCIA DELLE IMPRESE Nov. 93,0 +0,2% +6,5% TASSO DI INFLAZIONE (NIC) Dic. 107,3 -0,3% +0,7% PRODUZIONE INDUSTRIALE (INDICE) Ott. 91,5 0,5% -1,0% PRODUZIONE COSTRUZIONI (INDICE) Ott. 72,8 -2,9% -9,7% COMMERCIO AL DETTAGLIO (INDICE)* Ott. 95,3 -0,2% -0,6% ESPORTAZIONI AREA EURO (VALORE)* Ott. 17.514 mld. € -1,5% -0,8% ESPORTAZIONI EXTRA UE (VALORE)* Ott. 15.225 mld. € +0,8% +0,6% TASSO DI DISOCCUPAZIONE Nov. 12,70% +0,2% +2,5% TASSO DI DISOCCUPAZIONE (15-29) Nov. 41,60% +0,4% +10,6% INDICATORE Grafico 1. Tasso di inflazione tendenziale. Serie Novembre 2011 – Novembre 2013 + 5,0 + 4,5 + 4,0 + 3,5 + 3,0 + 2,5 + 2,0 + 1,5 + 1,0 + 0,5 0 Finanza pubblica. I dati relativi al III trimestre dell’anno mostrano un aumento delle uscite dell’1,2% e una diminuzione delle entrate del 2,4%. In particolare, le imposte dirette mostrano un calo del 4% e le indirette del 2,7%. Calano anche i contributi sociali dell’1,7%. Dal lato della spesa, l’aumento è concentrato nelle prestazioni sociali in denaro (+2,9%), mentre la spesa per consumi intermedi diminuisce (-2%) insieme a quella relativa ai redditi da lavoro dipendente (-1,9%). Entrate tributarie. -45% a novembre e –7% dall’inizio dell’anno, ma non si tratta di un tracollo poiché il gettito di novembre risulta fortemente influenzato dallo slittamento delle scadenze fiscali dell’autoliquidazione ai mesi successivi di Irpef, Ires e Irap. Positivo, invece, il dato relativo all’Iva per la crescita, in particolare, dell’Iva da scambi interni (+1,7% a novembre). Continua a calare, invece, il getto delle ritenute da lavoro autonomo (6,8% a novembre e -5,4% da inizio anno). Partite Iva. -8,1% a novembre le nuove aperture di partite Iva che, invece, dall’inizio dell’anno fanno registrare un calo del 4,9%. In particolare, prosegue il calo inarrestabile delle società di persone (-27,6% a novembre e -15,8% da inizio anno), accompagnato questa volta anche dal calo delle società di capitali (-3,2%) che, però, da inizio anno sono in crescita del 7%. Guida al controllo della qualità nei piccoli e medi studi professionali Traduzione della terza edizione inglese 180 pp. - in brossura – ISBN: 978-1-60815-097-7 Prezzo 18,00 euro (IVA e spese di trasporto incluse) La pubblicazione della traduzione italiana della terza edizione della “Guida al Controllo della Qualità nei piccoli e medi studi professionali” completa un progetto che ha impegnato, per oltre tre anni, l’ufficio traduzioni del CNDCEC e la commissione tecnico-scientifica che ha revisionato i lavori. La versione originale in lingua inglese della Guida ha incontrato in tutto il mondo un grande successo, completando l’offerta di strumenti di supporto all’attività degli studi professionali predisposti dal Comitato Piccoli e Medi Studi Professionali (Small and Medium Practices Committee) di IFAC (International Federation of Accountants). Questa pubblicazione rappresenta un valido aiuto per i professionisti che intendono affrontare l’attività di revisione legale in maniera conforme ai principi internazionali ISA, consentendo di implementare le prescrizioni internazionali in materia di controllo della qualità dell’attività di revisione in maniera semplice ed efficace, anche nella realtà dei piccoli e medi studi. Al fine di garantire la qualità del lavoro di revisione, i Principi Internazionali di Revisione ISA richiedono infatti l’adozione da parte del revisore di un sistema di qualità equivalente alle prescrizioni dello standard ISQC1; questa Guida consente di realizzare un sistema di qualità conforme ad ISQC1, in maniera proporzionata alle esigenze ed alle risorse di studi professionali di ridotta dimensione. L’esposizione della materia, semplice ed efficace, è riferita alle caratteristiche degli studi professionali piccoli e medi; la Guida è inoltre corredata da pratici modelli di manuali di controllo qualità, pensati per le esigenze di studi professionali anche composti da un solo professionista. La traduzione in lingua italiana giunge in un momento in cui la nostra professione si sta preparando all‘introduzione dei Principi Internazionali di Revisione ISA su scala europea e può costituire un prezioso supporto per la strutturazione di un’attività di revisione legale pienamente conforme ai Principi ISA. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili compie così un ulteriore importante passo nel consentire alla professione italiana di adeguarsi ai migliori standard internazionali e continuare nella tradizione di qualità e competenza. Principi Internazionali di Revisione e Controllo della Qualità Edizione Italiana 2011 862 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-00-8 Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) La versione italiana 2011 dei principi internazionali (edizione inglese 2009), contenuta nel presente volume, è il risultato di un complesso progetto di riscrittura, attuato da IFAC, per effetto del quale i 36 principi di revisione ed il principio sul controllo di qualità sono stati completamente riorganizzati in sezioni distinte e parzialmente modificati nei contenuti. I principi così aggiornati sono ampiamente migliorati, sia in termini di comprensibilità che in termini di semplificazione applicativa e sono destinati a divenire comune bagaglio professionale per tutti i colleghi impegnati nell'attività di revisione legale dei conti. La nuova struttura dei principi, mantenendo invariato l'originario approccio basato su regole generali, è ampiamente compatibile con i principi di revisione nazionali in vigore dal 2002. L'attività di revisione legale dei conti continuerà ad essere svolta sulla base di una preliminare identificazione e valutazione dei rischi di errori significativi nel bilancio, sulle cui risultanze verranno configurate le procedure di revisione più appropriate. Quindi non controlli casuali, che ripercorrono indistintamente tutte le operazioni contabili, ma verifiche mirate a quelle aree di bilancio che il revisore ha identificato come maggiormente problematiche e dalle quali può derivare un rischio concreto e significativo di errore nel bilancio. La fase transitoria del federalismo municipale Aspetti quantitativi, contabili e fiscali delle nuove entrate comunali 126 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-01-5 Prezzo 15,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Il volume intende offrire un contributo al dibattito sul federalismo municipale effettuando un'analisi dei profili quantitativi, contabili e fiscali della riforma. A tal fine, il lavoro: espone i risultati di un'analisi quantitativa finalizzata a valutare gli effetti di gettito prodotti dall'adozione del modello federale di cui al D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23; illustra le modalità di rappresentazione nei bilanci degli Enti locali delle nuove entrate disciplinate dal medesimo decreto; nonché effettua un'analisi della normativa di riferimento, tesa a verificare l'effettiva capacità di realizzazione del principio vedo, voto e pago. La ricerca è rivolta ai professionisti impegnati nell'attività di revisione degli Enti locali, ma offre interessanti spunti di riflessione anche alla componente politica e amministrativa, proponendo una prima simulazione dell'impatto che la riforma in senso federale avrà sulle entrate degli Enti locali. Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali nella revisione contabile delle piccole e medie imprese Volume I: Concetti fondamentali 242 pp. - ISBN 978-88-97361-02-2 Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Volume II: Guida pratica 328 pp. - ISBN 978-88-97361-03-9 Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Giunta alla terza edizione, la “Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali nella revisione contabile delle piccole e medie imprese”, elaborata dallo Small and Medium Practices Committee dell’International Federation of Accountants (IFAC), è stata suddivisa in due volumi: Concetti fondamentali e Guida pratica. Nata da un’idea originale del 2005, la Guida è stata la prima di una fortunata serie di pubblicazioni del Comitato Piccoli e Medi Studi Professionali di IFAC (SMP Committee), che comprendono oggi anche la Guida al controllo della qualità nei piccoli e medi studi professionali e la Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali. Tradotta nelle principali lingue e nota nel mondo come “ISA Guide”, la Guida è nata dall’esigenza di aiutare i professionisti ad utilizzare correttamente gli ISA - International Standards on Auditing - nella revisione contabile delle piccole e medie imprese, una necessità oggi di grande attualità, nel momento in cui l’adozione degli ISA nella revisione si profila come una concreta possibilità nell’ambito della riforma della regolamentazione della revisione in ambito europeo. Il primo volume presenta i fondamenti teorici dei principi ISA che più frequentemente trovano applicazione nella revisione delle PMI, con una tecnica espositiva che fa ampio uso di schemi e diagrammi e facilita la comprensione e l’apprendimento; il risultato è un testo che può essere utilizzato sia come manuale didattico, sia come riferimento operativo nell’attività professionale quotidiana. Il secondo volume presenta invece un approccio pratico alla revisione delle PMI, accompagnando il lettore attraverso tutte le fasi dell’incarico, e svolge completamente due casi pratici che illustrano la revisione di una microimpresa e di una piccola impresa. Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali Traduzione della seconda edizione 2012 570 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-05- 3 Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Cinque anni di lavoro, una decina di autori, un comitato di redazione di oltre trenta persone sparse in tutto il globo, più di cento revisori provenienti da una ventina di paesi in tutti i continenti, oltre cinquanta teleconferenze per le riunioni del comitato di redazione, che hanno collegato gli angoli più remoti del pianeta nell’arco di due anni; un’opera che, nella versione originale in lingua inglese, è in testa alle classifiche dei download dal sito di IFAC, con traduzioni realizzate o in corso in sette tra le principali lingue del mondo. Queste cifre danno un’idea dell’impegno che lo Small and Medium Practices Committee di IFAC ha profuso nella realizzazione di quest’opera e della ricchezza di contributi che è stato possibile raccogliere in queste pagine. L’edizione italiana della Guida è una traduzione fedele della seconda edizione inglese, che ne riporta integralmente i contenuti. Con questa nuova edizione si è voluto aggiornare le sezioni sulle letture consigliate e le risorse reperibili nel sito IFAC, presenti alla fine dei moduli, nonché effettuare qualche miglioramento nella presentazione. Organizzata in otto moduli indipendenti, la Guida si propone di fornire ai piccoli e medi studi professionali una serie di principi gestionali ed alcune best practice in merito a numerose aree, tra cui pianificazione strategica, gestione delle risorse umane, rapporto con il cliente e passaggi generazionali. Per aiutare gli organismi membri e gli studi professionali ad utilizzare al meglio la Guida, lo Small and Medium Practices Committee ha elaborato la Companion Guide, Guida alla Gestione dei Piccoli e Medi Studi Professionali: Indicazioni per l’uso (www.ifac.org/publications-resources/guide-practice-management-small-and-medium-sized-practices-userguide), che fornisce indicazioni su come sfruttare al massimo la Guida. Le note bibliografiche sono state arricchite con i documenti più recenti editi dal CNDCEC e alle appendici del Modulo 1 sono state aggiunte le “Linee guida per l’introduzione di sistemi di gestione documentati negli studi dei dottori commercialisti ed esperti contabili”, redatte da una commissione del CNDCEC ma fino ad oggi ancora inedite. I volumi sono acquistabili unicamente on line sul sito “Press Store”all’indirizzo www.press-store.it oppure www.commercialisti.it > PRESS & INFORMA > Press Store Press S.r.l. - Società unipersonale soggetta all’attività di direzione e coordinamento del CNDCEC 00185 ROMA - Piazza della Repubblica, 59 C.F., P.Iva e N. Iscr. R.I. 09257291006 64 Comunicato stampa I COMMERCIALISTI IN AIUTO DI CIAO ONLUS PER L’ASSISTENZA AI MALATI TERMINALI Finanziata una borsa di studio per la specializzazione dei volontari commercialisti in aiuto dell’Associazione CIAO Onlus per l’assistenza ambulatoriale e domiciliare dei malati terminali. Nel corso di una breve cerimonia tenutasi presso i locali delll’Hospice Kairos dell’Ospedale Rizza di Siracusa, il Presidente dell’Ordine di Siracusa, Massimo Conigliaro, ha portato il ringraziamento della categoria per l’attività svolta dalla CIAO Onlus, da anni qualificata interprete delle esigenze dei malati terminali e dei loro familiari. Giovanni Moruzzi, responsabile sanitario dell’Associazione nonché del reparto cure palliative dell’ASP di Siracusa, ha sottolineato le esigenze dei pazienti ai quali non possono più essere utilmente eseguiti trattamenti terapeutici, soffermandosi sull’importanza della cura degli aspetti psicologici e dell’assistenza anche nei confronti dei congiunti dei malati. Unitamente ad Aurelio Saraceno, dirigente psicologo dell’ASP di Siracusa, e a Giusy Digangi, psicologa e psicoterapeuta dell’ASP, Moruzzi ha illustrato le peculiarità del reparto e spiegato il significato dei colori alle pareti, degli arredi e di tutti quei dettagli – frutto di un accurato studio – volti a creare all’interno dell’Hospice un ambiente quanto più possibile vicino a quello di una casa. Il Presidente dell’Ordine dei commercialisti, I Massimo Conigliaro, nell’occasione insieme ai consiglieri Santina Calafiore e Salvatore Geraci, al fine di dare un tangibile contributo alla ulteriore crescita professionale degli operatori di CIAO Onlus, ha consegnato all’Associazione il ricavato della serata di beneficienza degli auguri di Natale dei commercialisti, con il quale sarà finanziata una borsa di studio finalizzata alla formazione specialistica dei volontari della CIAO Onlus. “Abbiamo deciso di sposare ogni anno un progetto di solidarietà – ha dichiarato Massimo Conigliaro, Presidente dell’Ordine dei commercialisti di Siracusa – per dare un segnale di attenzione da parte della categoria anche alle tematiche che esulano dall’ambito professionale. Siamo parte sociale a 360 gradi ed oltre a dare il nostro contributo sui temi dello sviluppo economico e del supporto alle istituzioni nelle materie di nostra competenza, desideriamo fare qualcosa per la collettività. Nel caso di Ciao Onlus, oltre a finanziare la formazione specialistica dei volontari, ci sembrava giusto far conoscere la straordinaria attività svolta ogni giorno, in silenzio, da professionisti e volontari cui va il nostro pubblico ringraziamento”. Massimo Conigliaro, Presidente Odcec di Siracusa Letti per Voi ANALISI FINANZIARIA Guida pratica per aumentare il valore dell'impresa 65 Tempo libero Nicolas Ubago-Vivas (Ipsoa, 2014) L’obiettivo primario dell’impresa è aumentare il valore economico dell’investimento dei fornitori di capitale di rischio, cioè lo shareholder value o equity value. Il volume illustra e spiega i concetti e le tecniche chiave dell’analisi finanziaria finalizzata a comprendere e valutare l’impatto potenziale delle decisioni da prendere sullo shareholder value. Molteplici esempi e casi sono utilizzati per illustrare le applicazioni di tali concetti e tecniche. Nella nuova edizione è stata introdotta una nuova parte dedicata alla politica di payout (ossia l’ammontare e la modalità della distribuzione di cassa da parte dell’impresa agli azionisti) e sono stati aggiunti nuovi casi. GUIDA ALL’IVA EUROPEA Renato Portale (Giuffré, 2014) L’applicazione dell’IVA in Italia e nella Unione europea aspira ad avere regole comuni per garantire uniformità di comportamenti in un mercato unico che, dal 1993, ha visto l’abolizione delle frontiere interne. In mancanza di un Codice civile, l’interpretazione delle Direttive è demandata alla Corte di giustizia che, negli oltre 40 anni di applicazione dell’Imposta (1973 - 2014), con più di 600 sentenze, è andata consolidando un nuovo diritto dell’Unione, superiore a quello nazionale, atto a regolare la condotta da seguire. L’opera, nella prima parte, offre una guida pratica "a domanda/risposta" di come funziona l’IVA in Italia e nella Unione europea; nella seconda oltre 1100 casi estrapolati da tutte le sentenze emesse dalla Corte dall’entrata in vigore dell’IVA al 31 dicembre 2013. INNOVARE I SISTEMI DI CONTROLLO Per garantire sostenibiltà alle performance aziendali Marco Morelli, Laura Zoni (Egea, 2013) I sistemi di controllo, quando sono capaci di innovazione e adattamento, possono garantire efficacia di indirizzo al governo dell’impresa e guidare il cambiamento organizzativo, contribuendo alla sostenibilità dell’azienda nel tempo. Se tuttavia il controllo assicura all’organizzazione il raggiungimento delle sue finalità, il problema è come esercitarlo in modo efficace e a costi accettabili. La sfida è complessa perché il controllo può essere attuato: sul piano organizzativo, strategico, operativo; può esercitarsi sulle azioni, sulle persone, sui risultati; può far perno sulle diverse componenti del sistema: la pianificazione, i controlli cibernetici, le ricompense e gli incentivi, i controlli amministrativi, la cultura. Accanto alle regole e alla loro condivisione, il fattore di successo risiede però sempre nel comportamento degli individui: sono infatti le persone che, agendo giorno per giorno, assicurano che i controlli vengano implementati e siano efficaci. Questo rende il controllo una funzione particolarmente difficile e scarsamente standardizzabile. Gli autori affrontano il tema dell’innovazione dei sistemi di controllo (contesto di riferimento, progettazione, implementazione e istituzionalizzazione) prendendone in considerazione tre aspetti: la trasformazione in presenza di alcuni fattori strategici di cambiamento, come l’introduzione di un sistema ERP o un’operazione di finanza straordinaria; il ruolo loro affidato in momenti di profonda crisi e di svolta strategica; la funzione di supporto alla crescita aziendale. VIOLAZIONI E SANZIONI DELLE LEGGI TRIBUTARIE Giuseppe Giuliani, Francesco Giuliani (Giappichelli, 2013) Le sanzioni tributarie sono state disciplinate per decenni dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4, che era riuscita a mettere un ordine mirabile in una materia che, dai tempi dell’unificazione dell’Italia, si era andata sempre di più ingarbugliando. Fissati, con criteri semplici e chiari, i confini tra violazioni penali e violazioni amministrative, la legge aveva individuato i giudici competenti per le une e, rispettivamente, per le altre. Aveva inoltre “creato” la polizia tributaria per l’accertamento di ogni specie di violazione, conferendole poteri sufficienti per l’espletamento dei suoi compiti. Che cosa sia successo da un certo momento in poi, essenzialmente a partire dalla riforma tributaria del 1972-73, è materia che deve ancora essere approfondita. Certo è che la legge del 1929 è stata “scardinata”, sopraffatta da una congerie di norme che sembrano aver riprodotto quel garbuglio che essa aveva consentito di superare. Non ci sentiremmo di attribuire propositi perversi agli autori dello sfacelo, che sono stati certamente animati da buone intenzioni. Ma è a tutti noto come di buone intenzioni siano lastricate le vie dell’inferno. Questo libro costituisce un tentativo di far luce nel ginepraio. Esso, inoltre, si occupa di tutto il sistema tributario e non soltanto, dunque, degli abusati settori delle imposte dirette e dell’iva. La vita non è in ordine alfabetico Andrea Bajani (Einaudi, 2014) Tutti vorremmo provare a mettere la vita in ordine alfabetico, ben sapendo che, purtroppo e per fortuna, in ordine alfabetico la vita non ci sta. Con l’incanto prodigioso della sua scrittura, l’Autore compone una commedia umana in miniatura, in cui ogni piccolo gesto può diventare una chiave per capirsi, e rendersi conto che la felicità, alla fine, sta dentro la piega che di colpo prendono le cose. L’atelier dei miracoli Valerie Tong Cuong (Salani editore, 2014) Un romanzo sulla complessità dei rapporti umani, sull’altruismo disinteressato, ma anche su ciò che ciascuno di noi possiede, e che appare quando la nostra vita prende una direzione inaspettata… Odessa Star Herman Koch (Neri Pozza, 2014) Un romanzo ironico, dalla prosa adrenalinica e ricca di situazioni pulp alla Tarantino, che incarna il fascino inconfessabile per il proibito, per la violenza e per la ricchezza a tutti i costi; e che trascina il lettore in un vortice destinato ad esaurirsi solo all’ultima pagina. È solo l’inizio, commissario Soneri Valerio Varesi (Frassinelli, 2014) Mentre la pioggia imperversa su Parma, nell’ufficio del commissario Soneri arriva un drammatico annuncio: un misterioso giovane si è impiccato in un albergo abbandonato. Con pochi, inconsistenti indizi Soneri avvia l’indagine, ma gli piomba addosso un secondo, tragico caso… A cura di Maria Pia Parenti Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Press Professione economica e sistema sociale Rivista del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Direttore Responsabile Maria Luisa Campise Capo Redattore Enrico Zanetti Comitato di Redazione Alessio Berardino Alessandro Cotto Marcello Febert Umberto Lombardi Marilena Nasti Gianfrancesco Padoan Segreteria di Redazione Maria Pia Parenti Editore PRESS Srl Piazza della Repubblica, 59 00185 Roma Tel 06.478631 Progetto grafico e art direction Giuseppe Antonucci Impaginazione Hedrarte sas di Angelo Mastria Piazza della Repubblica, 59 00185 - ROMA Tel +39 06.47863322 Fax +39 06.47863640 Sito internet: www.commercialisti.it e-mail: [email protected] Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 408/2006 Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale
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