1 - Confindustria Genova

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE ECONOMICA, POLITICA E CULTURALE • I.P. • ANNO XXV • N. 1 • GENNAIO - FEBBRAIO 2014 • POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 70% CB-NO/GENOVA
1- 2014
editoriale
FABRIZIO FERRARI
Innovazione
imprevedibile
l’intervista
ALBERTO
SANGIOVANNI
VINCENTELLI
La sfida della ricerca
dossier riforme
EDUCATION
& RICERCA
www.madiventura.it
Frutta secca sgusciata.
Frutta secca tostata e salata.
Mix di frutta secca in granella.
In confezioni monoporzione.
1
La cosmesi naturale in Italia
ha un’essenza genovese.
La leadership in un settore non si ottiene dall’oggi al domani, ma è piuttosto il frutto di un lavoro di dedizione,
sacrifici e costanza nel tempo. È la storia di molte aziende liguri, è la storia del Saponificio Gianasso,
l’azienda nata nel 1965 con un preciso obiettivo: dare alla cosmesi una nuova anima naturale,
fatta di ricerca di materie prime, artigianalità e lavorazioni compatibili con l’ambiente.
Con questo spirito, trent’anni dopo, il saponificio ha dato alla luce I Provenzali, marchio di prodotti 100% naturali
e non testati sugli animali. E dopo quindici anni, con oltre 130 referenze, milioni di pezzi distribuiti in tutta Italia
e la leadership consolidata nel settore, non abbiamo cambiato di una virgola la nostra filosofia.
Quella di una crescita fatta di piccoli passi, dando sempre importanza all’ambiente e al territorio in cui viviamo.
www.iprovenzali.it
1
Genova Impresa 1
2014
GENOVA IMPRESA
Bimestrale
Confindustria Genova
N. 1/2014
4
INNOVAZIONE IMPREVEDIBILE
di Fabrizio Ferrari
Editore
AUSIND
Via San Vincenzo 2-16121 Genova
Direzione e Redazione
Via San Vincenzo 2-16121 Genova
tel. 010 - 8338426
[email protected]
www.confindustria.ge.it
Registrazione
presso il Tribunale di Genova
N. 1-89 del 10-1-1989
Editoriale
6
Confindustria
GENOVA, UNICA NEL SUO GENERE
INDICATORI ECONOMICI
a cura del Centro Studi
di Confindustria Genova
IN LIGURIA
Fabrizio Ferrari
16
l’intervista
Alberto Sangiovanni Vincentelli
LA SFIDA DELLA RICERCA
di Piera Ponta
Direttore Responsabile
Piera Ponta
20
Comitato di Redazione
Alessandro Brenna
Guido Conforti
Leopoldo Da Passano
Roberta Recchi
Massimo Sola
Umberto Suriani
Hanno collaborato
Ilaria Abignente di Frassello
Daniela Boccadoro Ameri
Fabrizio Ferrari
Ivanhoe Lobello
Aldo Loiaconi
Salvatore Majorana
Mattia Marconi
Massimo Morasso
Cinzia Panero
Alfonso Santilli
Riccardo Varaldo
Ignazio Venzano
dossier
DALLA SCUOLA ALL’IMPRESA
di Ivanhoe Lobello
SCOMMESSA DIDATTICA
di Ignazio Venzano
FONDAZIONI ITS
VALORE ALLA CONOSCENZA
di Riccardo Varaldo
Alberto
Sangiovanni Vincentelli
ECCELLENZE DELL’ATENEO
FOTO DI SPIN-OFF E START-UP
d Cinzia Panero
SMARTUP D’IMPRESA
di Aldo Loiaconi
PROPOSTE DI RIFORMA
di Piera Ponta
STRADA IN SALITA
di Salvatore Majorana
PIÙ FORMAZIONE
ALLA RICERCA DELLA CONCRETEZZA
Progetto grafico e impaginazione
CREATTIVA
Via Dante 2-87 - Genova
Tel. 010.54.29.98
[email protected]
Stampa
B.N. Marconi s.r.l.
Passo Ruscarolo, 71 - Genova
Tel. e fax 010 6515914 r.a.
www.bnmarconi.it
Concessionaria Pubblicità
N. Giemme s.r.l.
Via dei Franzone 6/1 - Genova
Tel. 010.310.65.20
Fax 010.310.65.72
[email protected]
Genova Impresa ospita articoli e opinioni
che possono anche non coincidere con le
posizioni ufficiali di Confindustria Genova.
L’editore è disponibile a riconoscere eventuali diritti a chi ne rivendichi la proprietà.
RICERCA, INVESTIMENTI E MANAGER
46
competizione & sviluppo
ITALIA METROPOLITANA
OPERARE CON L’ESTERO
di Alfonso Santilli
ORGOGLIO E OTTIMISMO
MONDO E ITALIA
PAUSA CAFFÈ
CRESCERE SOSTENIBILI
56
infrastrutture
60
ambiente & territorio
INFRASTRUTTURE
SOTTO OSSERVAZIONE
VERA SEMPLIFICAZIONE?
di Roberta Recchi
sommario
62
piccola industria
PMI A EXPO 2015
di Daniela Boccadoro Ameri
64
giovani
PIATTAFORMA PER STARTUP
di Ilaria Abignente di Frassello e Mattia Marconi
CITTÀ CHE AMANO LE IMPRESE
di Umberto Suriani
68
comunicazione
LINEE DI COMUNICAZIONE
di Claudio Burlando e Max Morales
70
72
la città
AEROPORTO A PORTATA DI TRENO
cultura & società
ASGER JORN
di Luciano Caprile
OCCHIO QUADRATO
di Massimo Morasso
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
3
EDITORIALE
di Fabrizio Ferrari
Innovazione
imprevedibile
Quando mi è stato chiesto di scrivere un breve intervento sul tema dell’innovazione ho avuto qualche dubbio
e ho subito pensato che già troppo si parla e si scrive di
innovazione; sempre di più questa rimane soltanto una
parola, spesso slegata dalla realtà a cui dovrebbe riferirsi,
su cui nessuno può permettersi di obiettare e che viene
spesso invocata come “salvatrice della patria”.
Tuttavia, visto l’oggetto del dossier di questo numero di
Genova Impresa, non me la sono sentita di tirarmi indietro, ma chi mi legge è avvisato: si corre concretamente il
rischio che anche questa volta siano solo parole.
L’innovazione è un elemento di sviluppo imprevedibile e
non pianificabile, il cambiamento è la condizione abituale
dell’uomo, quindi dell’impresa e del mercato.
Gli elementi caratterizzanti del cambiamento in questo ultimi decenni sono l’accelerazione, l’interconnessione e la
discontinuità.
La velocità del cambiamento è oggi esponenziale: basta
pensare che per raggiungere un pubblico di 50 milioni di
persone la radio impiegò 38 anni, la televisione 13, internet 4, l’Ipod 3 e Facebook 2.
Questa velocità rende sempre più difficile pensare di gestire l’innovazione e tantomeno pianificarla, infatti l’innovazione sta diventando un processo sempre più vicino alla creazione artistica, alla “lampadina” di Archimede Pitagorico piuttosto che alla progettazione ingegneristica; addirittura, spesso nasce da intuizioni trasgressive che rasentano l’indisciplina.
4 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
Per cercare di semplificare al massimo il concetto, si potrebbe dire che la differenza tra pianificare e innovare è
uguale alla differenza tra i piani quinquennali sovietici e la
frase “I have a dream” di Martin Luther King.
Una chiave per cercare di controllare la velocità è l’approccio multidisciplinare, la messa in comune di esperienze e conoscenze diverse; la diversità culturale e di
opinione è un elemento fondamentale per l’innovazione
che mal si sviluppa in un contesto di pensiero omogeneo.
Esprime bene il concetto Nicholas Negroponte: “Uno dei
fondamentali di un buon sistema di innovazione è la diversità. Credenze condivise e ben radicate, norme lungamente diffuse, sono tutti nemici delle nuove idee. Una
cultura molto eterogenea, all’opposto, incoraggia l’innovazione per merito di coloro che hanno la capacità di
guardare ogni cosa da punti di vista diversi”.
Ma se risulta impossibile pianificare l’innovazione, di per
sé discontinua e non allineata, cosa possiamo fare come
Confindustria, ben sapendo che dei due elementi fondamentali dell’innovazione (istruzione/ricerca e Impresa), ne
rappresentiamo solamente uno?
A livello mondiale tutti concordano che serva da una parte un ottimo ambiente di ricerca, supportato da un buon
finanziamento di base per risorse e infrastrutture, un ambiente multidisciplinare che coinvolga i giovani e i giovanissimi con un costante ricambio portatore di per sé di
idee nuove, e sull’altro fronte un tessuto imprenditoriale
ben strutturato, che favorisca nuove figure di imprenditori
e gruppi industriali attenti alle nuove idee imprenditoriali,
interessati ai prodotti che da queste derivano. Ma, ammesso e non concesso che in Italia si abbiano questi due
elementi ben sviluppati, come facciamo a legarli insieme?
Se è vero che le idee nascono nelle università e nei centri
di ricerca, è anche vero che non c’è innovazione senza
impresa, quindi abbiamo bisogno di un collante.
L’impegno che bisogna mettere in campo è un impegno
di tipo culturale e che non può essere avviato mediante
decreti legge o piani nazionali della ricerca; occorre spingere per sviluppare iniziative come AdottUp, dove si punta a creare un coinvolgimento diretto tra ricercatore, neo
imprenditore e impresa presente sul mercato già a partire
dalle prime fasi di sviluppo dell’idea, in modo da lasciare
all’“ideatore” lo spazio per coccolare, sviluppare, ampliare
la sua idea, ma affiancandolo e completandolo con la capacità imprenditoriale di trasformare un scoperta tecnicoscientifica in un prodotto o in un servizio in grado di posizionarsi sui mercati globali.
Per riuscire a creare questo ambiente favorevole abbiamo
bisogno di uno sforzo della società nel suo complesso,
uno sforzo che deve coinvolgere Ministeri, Regione, imprese, centri di ricerca, Università e sistema bancario.
Oggi questo ambiente non esiste, anzi abbiamo creato
un vero e proprio percorso di guerra per l’innovazione,
quotidianamente assediata da burocrazia, sistemi pietrificati, strumenti inutilizzabili. Possiamo solo sperare di aver
raggiunto il fondo e che nessuno inizi a scavare, ma se
da qualche parte bisogna partire, sarebbe auspicabile
che i soggetti prima indicati si mettessero insieme per rivedere radicalmente il sistema dei progetti di ricerca finanziati a livello nazionale.
Qualcuno ha già buttato la spugna e segue l’ipotesi di
spostare i fondi per la ricerca delle imprese verso il solo
strumento del credito di imposta. Personalmente ritengo
questa opzione una sconfitta, anche se il perdurare di
bandi regolati da leggi e regolamenti bizantini, caratterizzati da una completa incertezza sui tempi e da processi
che nulla hanno a che vedere con la ricerca, l’innovazione
e l’impresa costituisce oggi solo un freno alla ricerca e all’innovazione.
Dobbiamo ricordare che tutte le imprese, soprattutto
quelle neonate ma anche le piccole imprese innovative,
hanno bisogno di finanziamenti dedicati alla ricerca e all’innovazione, mentre lo strumento del credito di imposta
non è adatto per queste tipologie di aziende.
Sono convinto che sia necessario fare uno sforzo comune per migliorare gli strumenti e i processi della ricerca finanziata a livello nazionale e che questo obbiettivo sia imprescindibile anche per competere con successo nel programma comunitario Horizon 2020, provando a ridurre il
differenziale negativo tra versamenti effettuati e contributi
ricevuti, che caratterizza il rapporto finanziario dell’Italia
con l’Unione Europea.
Fabrizio Ferrari è vice presidente Confindustria Genova
con delega all’Alta Tecnologia
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
5
CONFINDUSTRIA
Genova,
unica nel
suo genere
Alberto Cappato, neo presidente
della Sezione Turismo, è
direttore generale di Porto Antico Spa.
capaci di sfruttare al meglio le potenzialità dell’infrastruttura. In questo campo il percorso da fare è ancora lungo,
ma a Genova esistono professionalità di primordine.
La sezione turismo di Confindustria, in collaborazione con
tutte le forze della Città, nessuna esclusa, intende dare
un contributo di idee, progetti, azioni volte a rendere Genova e il suo territorio una destinazione da vivere, “incontournable”. Genovesi riservati (vero), scorbutici (come negarlo?), isolati (oggi più che mai!), ma con una gran voglia
di reagire e di partecipare attivamente alla crescita economica della città facendo leva anche sul turismo, vera e
propria industria.
Gli asset naturali ci sono, il patrimonio artistico-culturale
anche. Il resto spetta a noi.l
IL CONSIGLIO
DELLA
SEZIONE TURISMO
Una destinazione difficile da raggiungere, riservata e
un po’ timida (talvolta scorbutica), ma ricca di sorprese,
emozioni, odori, sapori che lasciano il segno; una città
che ti affascina solo dopo averla scoperta; spesso le
aspettative all’arrivo non sono alte, ma basta poco per
restarne affascinati, talvolta persino stregati. Risultato:
quasi sempre Genova si lascia con la voglia di tornare. Ed
è proprio il desiderio di ritornare, abbinato al “bouche à
oreille” reale e virtuale sulla rete e sui social network, che
rende più di qualsiasi costosa campagna di marketing
territoriale e turistico. La promozione nell’attuale contesto
di competizione globale dei territori è essenziale, ma senza originalità il prodotto esce presto dal mercato. Genova
non corre questo rischio, perché ha una personalità unica, nel bene e nel male. Smettiamola di raccontare e raccontarci che non abbiamo la cultura dell’accoglienza (in
questi mesi ho conosciuto operatori del settore ricchi di
entusiasmo sempre “sul pezzo”), combattiamo l’approssimazione, la bassa professionalità e smettiamo di piangerci addosso, perché questo genera un terribile svantaggio competitivo. Impegnamoci a tutti i livelli (locale, nazionale ed europeo) per non restare isolati dal mondo.
Chiediamo con forza, tutti insieme, le infrastrutture di trasporto, siano esse ferroviarie, stradali, aeree e marittime.
Ogni anno che passa senza azioni concrete che migliorino l’accessibilità del nostro territorio, sono punti persi nella classifica della competitività, posti di lavoro che non si
creano o, peggio, che vanno in fumo, e purtroppo non
solo nel settore del turismo. E questo vale per il segmento
del turismo culturale, ma anche e soprattutto per il congressuale, senza dimenticare il balneare (e tutte le attività
economiche in generale). Anche le infrastrutture telematiche sono essenziali al pari di quelle fisiche; la rete è ormai
la sola vetrina che merita di essere curata fino nei piccoli
dettagli. La competizione è globale e la rivoluzione dei
trasporti low-cost ci mette di fronte a concorrenti un tempo impensabili, ma apre anche nuovi orizzonti per il nostro territorio. Oltre all’infrastruttura (la parte hard), servono componenti soft, applicazioni tecnologiche integrate
6 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
ALBERTO CAPPATO
Presidente
Alberto Cappato
Porto Antico di Genova Spa
Vice presidente
Paolo Saglietti
NH italia Spa - NH Plaza
Consiglieri
Ilaria Alzona
Gemi Piccoli Grandi Eventi Srl
Sara Armella
Fiera di Genova Spa
Renzo Balbi
Genovarent Srl
Laura Baldi Mordiglia
Studio BC Srl
Paolo Bertelli
Costa Edutainment Spa
Giovanni Cerruti
Gastaldi Holding Spa
Paolo Doragrossa
Sol Melia Italia Srl
Laura Gazzolo
AC Hotel Genova Srl
Fabrizio Licordari
Assobalneari Tigullio
Franco Melis
Genova Palazzo Ducale
Fondazione per la cultura
Delegato
Gruppo Piccola Industria
Laura Baldi Mordiglia
Studio BC Srl
2
7
CONFINDUSTRIA
Indicatori
economici
a cura del Centro Studi di Confindustria Genova
INDUSTRIA E SERVIZI
2º semestre 2013 su 2º semestre 2012
Var. %
Fatturato Italia
2,1
Fatturato Estero
1,9
Ordini Italia
- 1,7
Ordini Estero
5,6
Prezzi di vendita
- 0,5
Costo del lavoro
2,4
Occupati in organico
- 0,1
Fonte: Elaborazione Centro Studi Confindustria Genova
Nota metodologica
Il presente rapporto del Centro Studi di Confindustria
Genova trae origine da un’indagine condotta su alcuni indicatori connessi all’operatività delle imprese associate, relativi al 2º semestre 2013.
Essi sono espressi in termini quantitativi tendenziali,
riferiti all’analogo periodo dell’anno precedente, e
provengono da tutti i settori rappresentati da Confindustria Genova e da ANCE Genova-Assedil, appartenenti sia ai comparti industriali che dei servizi.
In particolare per quanto riguarda i servizi, riguardano: i Trasporti e la Logistica, i Servizi di Terziario Avanzato, la Finanza e le Assicurazioni, il Turismo, la Sanità
e la Grande Distribuzione.
La composizione del panel e il tasso di adesione pari
al 20,9% del totale addetti consente di fornire informazioni e linee di tendenza indicative per l’andamento dell’intera economia genovese.l
EDILIZIA
1º semestre 2013 su 1º semestre 2012
Var. %
Fatturato Italia
- 19,4
Ordini Italia
- 20,1
Costo del lavoro
- 9,3
Costo m. prime/semilavorati
- 15,6
Occupati in organico
- 8,4
Fonte: Elaborazione Centro Studi Confindustria Genova
LE PREVISIONI DEL CSC PER L’ITALIA
Scenario Base - Variazioni %
info: [email protected]
INDUSTRIA MANIFATTURIERA
2º semestre 2013 su 2º semestre 2012
2012
2013
2014
2015
Prodotto interno lordo
-2,5
-1,8
0,7
1,2
Consumi famiglie residenti
-4,2
-2,5
0,2
0,8
Investimenti fissi lordi
-8,3
-5,4
1,6
2,2
Var. %
Esportazioni di beni e servizi
2,0
0,3
4,1
4,7
Produzione
1,1
Importazioni di beni e servizi
-7,4
-2,1
3,4
4,2
Fatturato Italia
2,1
Saldo commerciale 1
1,1
2,3
2,9
3,3
Fatturato Estero
0,7
Occupazione totale (ULA) 2
-1,1
-1,7
0,1
0,5
Giacenze prodotti
0,5
Tasso disoccupazione
10,7
12,2
12,3
12,2
Prezzi al consumo
3,0
1,2
1,3
1,5
Retribuzioni totale economia 3
0,9
1,3
1,4
1,8
Ordini Italia
- 3,2
Ordini Estero
8,2
Prezzi di vendita
- 0,3
Saldo primario della PA 4
2,5
2,4
2,7
3,1
Costo del lavoro
2,0
Indebitamento della PA 4
3,0
3,0
2,7
2,4
1,1
Debito della PA
Costo m. prime/semilavorati
Occupati in organico
Fonte: Elaborazione Centro Studi Confindustria Genova
8 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
- 0,5
4
127,0 132,6 133,7 132,0
1 Fob-fob, valori in percentuale del PIL - 2 valori percentuali
3 per ULA - 4 valori in percentuale del PIL.
Fonte: elaborazioni e stime CSC su dati ISTAT e Banca d’Italia
L’Italia si presenta alle porte del 2014 con danni
commisurabili a quelli di una guerra e il percorso di risalita
sarà lento e difficile. Il paragone non è azzardato: rispetto
ai picchi precedenti la crisi il PIL è diminuito del 9,1%, il
PIL pro capite dell’11,5%, la produzione industriale del
24,6%, gli investimenti del 27,7%, l’occupazione del
7,2%, i consumi delle famiglie dell’8%; sono raddoppiate
le persone cui manca un lavoro ed è più che raddoppiata
la fascia di povertà. Ciò detto, stante l’attuale potenziale di
crescita dell’Italia, i valori del picco passato non potranno
essere recuperati facilmente, tanto che al termine “ripresa”
sarebbe bene sostituire quello di “ricostruzione”.
Nell’ultimo trimestre 2013 l’attività industriale ha registrato
il primo significativo aumento dall’inizio del 2011: +1%
congiunturale, dopo un calo cumulato di quasi 11 punti
nei dieci trimestri precedenti; le stime del Centro Studi di
Confindustria (CSC) per il mese di gennaio indicano un ulteriore recupero che porta l’indice tendenziale su base annua dal +0,8% di dicembre al +1,2%.
Tra i fattori su cui far leva vi è la capacità di orientare le
vendite verso mercati esteri più promettenti: il commercio
mondiale è cresciuto del 2,5% nel 2013 e il Centro Studi
di Confindustria (CSC) stima che nel 2014 l’aumento toccherà il 4,6%. Il made in Italy sta puntando su beni a più
alto valore aggiunto e su fattori di competitività diversi dal
prezzo; inoltre la ripresa in USA e Giappone può ampliare i
mercati di sbocco. In secondo luogo, segnali incoraggianti
arrivano dalle rilevazioni sulla fiducia, sia per quanto riguarda le imprese che i consumatori. Sul fronte della domanda
interna, la spesa delle famiglie è diminuita del 2,5% nel
2013, ma tornerà ad aumentare (seppur di poco) nei prossimi due anni: a guidarla saranno l’allentamento delle manovre di bilancio, il minor costo dell’energia e, appunto, un
recupero della fiducia (migliori attese anticipano più consumi). Un freno sarà invece certamente costituito dalla necessità di ricostituire il risparmio a scopo precauzionale.
La politica monetaria rimarrà sempre molto espansiva: la
diminuzione dei tassi a lungo termine e la minor frammentazione dei mercati creditizi fanno ritenere che il credit
crunch possa cominciare ad allentarsi.
Dal 2015 è possibile un’inversione di tendenza, sebbene
l’aumento della liquidità non potrà soddisfare pienamente
il fabbisogno e le imprese dovranno sviluppare i canali di
finanziamento non bancari.
Queste tendenze positive sono confermate dall’indicatore
OCSE, che precorre di circa un semestre il ciclo economico: la sua dinamica anticipa l’aumento del PIL nazionale,
che il CSC stima dello 0,7% nel 2014 e dell’1,2% nel
2015. Esiste tuttavia una serie di ostacoli che potrebbero
rallentare il recupero di domanda e attività produttiva del
Paese: incertezza delle decisioni di investimento, aumento
del costo del lavoro per unità prodotta, con conseguente
perdita di competitività, e negativa dinamica dell’occupazione. Le richieste di autorizzazione di CIG hanno ripreso a
crescere in autunno e il tasso di disoccupazione rimarrà
alto per almeno i prossimi due anni. Se, oltre ai disoccupati, si tiene conto delle unità lavorative equivalenti a tempo pieno (ULA) in CIG, la forza lavoro inutilizzata arriva al
13,6%. La forte caduta degli investimenti fissi lordi (ancora
-5,4% nel 2013) agisce negativamente sul potenziale di
crescita e sulla redditività.
Secondo le stime, nel 2014 l’indebitamento netto dello
Stato scenderà dal 3% sul PIL al 2,7% e al 2,4% nel
2015, valori più elevati di quelli dichiarati dal Governo, ma
comunque in riduzione e in linea con gli obblighi comunitari. Infine, la frenata dell’andamento dei prezzi e le attese
di ribassi tra i consumatori hanno cominciato a far emergere timori sulla possibilità di deflazione (riduzione prolungata dei prezzi), pericolosa perché innesca un continuo
rinvio dei consumi. Secondo il CSC la concretizzazione di
questo rischio è poco probabile. L’effetto dell’aumento
dell’aliquota IVA, poco incisivo nel 2013, sosterrà la dinamica dei prezzi nell’anno corrente: con il miglioramento
della situazione economica italiana e della domanda interna, per cui i prezzi risaliranno in maniera graduale.
•••
Al termine del 2013 l’economia genovese ha invertito la
rotta che ha contraddistinto gli ultimi 24 mesi con una riduzione progressiva del volume d’affari, lasciando intravedere una ripartenza, per quanto lenta e ancora da consolidare. Le previsioni espresse in giugno dal campione di imprese intervistate hanno trovato una corrispondenza negli
indicatori relativi all’andamento del secondo semestre.
Dopo quattro semestri consecutivi di riduzione, la domanda interna ha preso a riattivarsi, sia pur timidamente, anche a seguito di un’azione di ricostituzione delle scorte;
fatto positivo soprattutto per le piccole e micro imprese.
Tuttavia gli ordini risultano ancora in flessione e questo lascia presumere un inizio di 2014 ancora problematico.
Per altro verso il rallentamento dell’export che si è verificato nella prima parte dell’anno (dovuto soprattutto alla congiuntura sfavorevole che ha riguardato la siderurgia e la
cantieristica navale) sembra essersi interrotto e l’evoluzione del commercio mondiale spinge un recupero degli ordinativi esteri, confermando le attese per il mantenimento di
un trend complessivamente positivo delle esportazioni.
Alcuni settori industriali stanno reagendo con maggiore vivacità, altri seguono a velocità più rallentata, mentre persiste e in qualche modo si aggrava la crisi che attanaglia la
complessa filiera delle costruzioni, che coinvolge molti
comparti produttivi, dai materiali per l’edilizia all’impiantistica, agli arredi. I diversi settori dei servizi iniziano a beneficare di un miglioramento dei volumi della domanda, con
alcune eccezioni che si riscontrano particolarmente tra gli
operatori del turismo.
Dal punto di vista dei traffici portuali, nel periodo luglio novembre il tonnellaggio complessivo movimentato nel
porto di Genova è diminuito del 2,6% e in teus del 3,6%.
Al contrario, i passeggeri sono in aumento del 4%, grazie
al forte incremento dei crocieristi che sopperisce al calo
registrato nei traghetti.
La contrazione degli organici ha toccato sia l’industria in
senso stretto che l’edilizia, mentre negli altri settori la situazione rimane sostanzialmente stabile, peraltro sui minori livelli raggiunti in precedenza. Nel secondo semestre
2013 le ore di CIG autorizzate in provincia di Genova hanGenova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
9
no subito un incremento del 12%, dovuto al maggior utilizzo sia della CIG ordinaria (+62,9%) che di quella straordinaria (+22,2%), solo in parte compensato dalla diminuzione di oltre trenta punti percentuali della Cassa Integrazione
in deroga. Un ulteriore, possibile freno al recupero dell’attività produttiva è dato dalla stretta sul credito che ancora
penalizza gli investimenti delle aziende; solo il 29,7% del
campione ha dichiarato di aver effettuato interventi di ampliamento e/o sostituzione, il 57% dei quali inferiore ai
100.000 euro. Dall’indagine periodica sull’accesso al credito svolta da Confindustria Genova emerge che gli indicatori sono in lieve miglioramento, ma il quadro rimane comunque allarmante: il 12,9% del panel denuncia riduzione
degli affidamenti, mentre il 4,7% la loro revoca (erano il
19,6% e il 5,4% nella precedente rilevazione).
In una situazione creditizia incerta, rimane fondamentale
per le imprese la liquidazione dei debiti contratti dalla Pubblica Amministrazione: nonostante i provvedimenti governativi avviati per lo smaltimento del pregresso, nell’ultimo
semestre i giorni di ritardo registrati rispetto ai termini pattuiti sono stati in media 167, ancora in aumento rispetto ai
157 della scorsa indagine.
L’Industria manifatturiera e l’Edilizia
Il comparto manifatturiero genovese chiude il 2013 con un
secondo semestre complessivamente positivo, soprattutto se confrontato con lo stesso periodo dell’anno precedente. La produzione è in rialzo di circa 1 punto percentuale, grazie anche a una maggiore attività rivolta al mercato interno. Ciò è dimostrato dall’incremento del fatturato
nazionale, sebbene l’andamento degli ordini lasci aperti
molti margini di incertezza per il futuro. La capacità di lavorare con l’estero(con gli ordini in aumento dell’8,2%) rimane lo strumento principale per le sviluppare le attività di
impresa. A fronte di un’ulteriore flessione dei prezzi di vendita (la terza negli ultimi quattro semestri), il costo del lavoro è aumentato del 2%., con evidenti ripercussioni sui
margini operativi. In questo contesto è comprensibili che
continui la contrazione degli organici, in calo dello 0,5% rispetto al 2º semestre 2012.
Nel settore dell’Industria Metalmeccanica, il principale del
comparto manifatturiero nella nostra città, gli ordini provenienti da soggetti nazionali sono in aumento (+3,5%) e a
questi si aggiunge l’importante ruolo delle esportazioni
(fatturato estero +8,7%): per le grandi aziende la spinta
che i Paesi emergenti stanno imprimendo al commercio
mondiale si traduce in un altrettanto forte aumento degli
ordinativi. Il fatturato risulta in rialzo, pur tuttavia va evidenziata la contrazione dei margini lordi a disposizione delle
aziende. Nel settore dell’Elettronica, dell’Automazione e
delle Telecomunicazioni si è ridotta l’attività con l’estero
(fatturato -5%, ordini -14%), compensata in parte dalle richieste interne; il fatturato Italia è in aumento, così come la
produzione totale. In lieve flessione il livello occupazionale.
Tuttavia, le previsioni a breve termine indicano un recupero
nella dinamica delle esportazioni e degli ordini.
Previsioni rispettate per l’Industria Alimentare, che registra
un aumento di produzione e fatturato pari all’1,9%. A essere premiate sono soprattutto le aziende esportatrici (or-
10 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
dini +1,2%), ma anche la domanda interna lancia segnali
di ripresa. I margini lordi migliorano per il secondo semestre consecutivo dopo la sofferenza del 2012. Le previsioni espresse indicano una prosecuzione del trend nei primi
sei mesi del 2014.
I dati dell’industria Cantieristica Navale riflettono invece le
difficoltà del settore: nel 2013 il numero di navi immerse
nei bacini di carenaggio è calato del 16,4% rispetto al
2012. Le tonnellate di stazza lorda sono aumentate, ma
con tempi di permanenza tali da determinare una diminuzione della percentuale di utilizzo pari a oltre il 28% rispet-
to all’anno precedente. La contrazione del giro d’affari sulla riparazione navale è confermata dalle indicazioni fornite
dal panel di aziende che hanno partecipato all’indagine; gli
ordini provenienti dal mercato nazionale calano di oltre 20
punti percentuali. I margini lordi, stretti tra la flessione dei
prezzi di vendita e il rialzo del costo del lavoro, fanno segnare una diminuzione consistente.
Le aziende Chimiche registrano un complessivo recupero
dell’attività, nonostante una forte contrazione del fatturato
estero dovuto al ramo Farmaceutico. Gli ordini (+2,4% Italia, +3,6% estero) e la produzione sono in rialzo. L’occupazione è in diminuzione del 4,8%. Sotto questo aspetto,
il comparto risente della difficile situazione della filiera delle
costruzioni. Nei primi sei mesi del 2014 le attese indicano
un affievolimento del fenomeno e una conferma degli incrementi di ordini e fatturato.
Il settore della Plastica e Gomma migliora rispetto alla
scorsa rilevazione, ma non riesce ancora a far registrare
sensibili inversioni di tendenza: produzione a -0,9% e ordini interni a -1,3%. L’attività con l’estero è caratterizzata da
un limitato aumento del giro d’affari (+0,7%). Le previsioni
a breve, pur segnalando un possibile aumento degli ordini,
indicano che la ripresa sarà lenta e graduale.
Continua il forte calo di produzione e ordini tra i Cartai,
Cartotecnici, Editori e Grafici: la domanda sia interna che
estera è in diminuzione di circa 10 punti percentuali, così
come il fatturato il cui calo supera il 15%. Allo stesso modo, le aziende Tessili e dell’Abbigliamento riscontrano una
contrazione della produzione pari al 12%, a fronte di un
immobilismo nella dinamica degli ordini. Il fatturato diminuisce sia nella sua componente nazionale che estera, rispettivamente del 2,6% e del 2,8%.
La crisi dell’edilizia si ripercuote su tutta la filiera delle costruzioni: nel settore dell’Ardesia e dei Materiali da costruzione, fatturato e ordini continuano a contrarsi e l’occupazione segna un -3,5% nell’arco del semestre.
Le previsioni sull’inizio dell’anno confermano la prosecuzione del trend negativo.
L’Impiantistica e manutenzione, dopo i forti cali della prima
parte dell’anno in termini di produzione e fatturato, ridimensiona le difficoltà: la produzione registra un aumento
congiunturale e gli ordini recuperano una parte del -6%
precedente; il tutto a fronte di un’ulteriore diminuzione dei
prezzi di vendita, pari al -1,2%. Le attese per la prima parte dell’anno non segnalano significative svolte rialziste, ma
neppure ulteriori perdite di attività.
Con l’economia italiana ancora in recessione e il settore
delle costruzioni continua a manifestare segnali di grande
crisi e difficoltà. I dati ISTAT sugli investimenti in costruzioni
segnalano, a livello nazionale, ancora una flessione tendenziale nel corso del 2013 del 6% in termini reali.
Per quanto riguarda la situazione a livello locale, il campione di imprese aderenti ad Ance Genova-Assedil intervistate sull’andamento congiunturale, hanno fornito risposte
che danno evidenza della gravità della situazione attuale
del mercato dell’edilizia.Infatti, nel secondo semestre del
2013 gli investimenti in costruzione registrano una flessione del 4,8% sul secondo semestre del 2012 e un ulteriore
calo del 4,7% è previsto per il primo semestre del 2014.
Anche sul fronte degli ordini, il secondo semestre del
2013 conosce una fase recessiva (-6,4% rispetto allo
stesso periodo del 2012) e il dato negativo registrato pare
confermato anche per il primo semestre dell’anno in corso
(-5,2%). L’intensa caduta dei livelli produttivi settoriali sta
incidendo pesantemente sul tessuto produttivo e sull’occupazione nelle costruzioni. Per quanto riguarda, infatti, le
forze di lavoro impiegate nel settore delle costruzioni, nel
corso del secondo semestre del 2013 si è assistito a un
calo del 3,4% rispetto ai già preoccupanti dati registrati
nello stesso periodo dell’anno precedente; sulla base degli indicatori disponibili, delle valutazioni delle Imprese Associate e considerando il peggioramento del quadro settoriale, si prevede che anche nel corso dei primi sei mesi
del 2014 i dati occupazionali siano ulteriormente in sensibile calo (-6,7%). La crescita del Paese passa attraverso il
rilancio del settore delle costruzioni. Per innestare la fase
di ripresa delle costruzioni è necessario rimuovere alcuni
importanti problemi che continuano a pesare sul settore.
È indispensabile l’attuazione delle misure proposte dall’ANCE mirate a: riattivare gli investimenti pubblici; eliminare il fenomeno dei ritardati pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni; riattivare il circuito bancario, affinché finanzi sia la domanda che l’offerta di prodotti edilizi;
riorganizzare il sistema tributario che attualmente preleva
con modalità depressive per l’attuazione della ripresa.
I Trasporti e la Logistica
dati riguardanti i traffici portuali mostrano una flessione del
tonnellaggio delle merci passate per il Porto di Genova nel
periodo giugno - novembre 2013 pari al 2,6%.
Il traffico containerizzato è risultato in calo del 6,1% in tonnellaggio e del 3,6% in TEUS; ciò ha trascinato al ribasso i
movimenti commerciali che hanno evidenziato il calo di
rinfuse solide, oli minerali e prodotti chimici con l’unica eccezione degli oli vegetali, in rialzo.
Il traffico industriale ha segnato un aumento del 3,5%, in
virtù dell’incremento dei traffici siderurgici.
La nota positiva riguarda il movimento passeggeri: nel periodo luglio - novembre si è registrato un incremento
dell’4,4%, grazie al forte aumento del numero di crocieristi
(+120.000 unità). In ulteriore calo, viceversa, il dato riguardante i passeggeri dei traghetti che ha subito una variazione negativa del 3,5%. Per quanto riguarda i traffici dell’Aeroporto C. Colombo di Genova, nel secondo semestre
2013 sono diminuiti sia i movimenti totali degli aeromobili
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
11
(-13,1%), sia il numero di passeggeri in transito (-3,4%).
In questo contesto, i dati di andamento provenienti dall’insieme delle aziende che operano nei comparti dei terminal
portuali, dei depositi, della logistica e della movimentazione di merci e passeggeri indicano un modesto incremento
del giro d’affari e comunque non lasciano intravedere motivi per una significativa ripresa nel breve termine.
Tra le aziende del campione si sono registrati livelli occupazionali stabili.
I Servizi di Terziario Avanzato
Nella seconda parte del 2013 il comparto dei Servizi ha
registrato nel complesso un aumento di fatturato e ordini,
dovuto quasi esclusivamente alla componente estera,
mentre l’andamento delle richieste provenienti dal mercato
interno pare essersi stabilizzato, dopo i segnali positivi lanciati nel primo semestre dell’anno.
A trainare la ripresa sono stati i settori della Consulenza e
Ingegneria, il cui giro di affari è in espansione e nei quali è
in atto una parziale ricostituzione dei margini lordi.
Le aziende operanti nel settore dell’Informatica evidenziano una stazionarietà dei portafogli esteri e devono fronteggiare il calo degli ordinativi nazionali (-5,5%), agendo sui
prezzi di vendita. Le previsioni a breve indicano un miglioramento di ordini e fatturato.
Le stesse dinamiche si ravvisano nel settore della Comunicazione: la domanda interna è in calo (ordini -7%), ma nella prima parte dell’anno la ripresa dell’attività con l’estero
potrebbe innescare un recupero in termini di fatturato.
Gli operatori immobiliari continuano a risentire del rallentamento del mercato di riferimento: i prezzi di vendita segnano una nuova diminuzione (-5%) e la performance
economica non migliora. Per la seconda parte dell’anno vi
sono segnali di recupero del fatturato, ma non sono previsti significative inversioni della tendenza in atto.
La Finanza e le Assicurazioni
Nel settore bancario frena la raccolta diretta presso la
clientela (+0,7% contro il +2,4% del primo semestre). Come previsto in precedenza, si assiste a un calo degli impieghi pari al -3,5% e un incremento della raccolta indiretta di circa un punto percentuale.
La dinamica occupazionale è in diminuzione.
Le attese espresse indicano un ulteriore aumento della
raccolta diretta, sebbene modesto, e di quella indiretta. Al
contrario, il calo degli impieghi dovrebbe arrestarsi e far
Giacomo Madia
Maurizio Chiappori
amministratore delegato Eurocontrol Spa
Sezione Industria Metalmeccanica
Nel settore dove operiamo (elettronica per la difesa), il trend è positivo e
i risultati sono soddisfacenti. Per Eurocontrol,
questo è stato possibile
grazie soprattutto all’attività estera rivolta verso
Olanda, Francia e, dal
2012, Corea, dove abbiamo potuto contare
sulla collaborazione dei
funzionari del Ministero
degli Esteri e dell’Ambasciata Italiana a Seul, e del
sistema bancario, che si è rivelato decisivo in un’area nella quale i nostri ordinativi sono in forte aumento. I buoni risultati in Olanda hanno costituito
una referenza fondamentale per altri mercati esteri e
a oggi abbiamo sviluppato business in Finlandia,
Polonia, Scozia e intravvediamo interessanti opportunità anche in Australia. Queste esperienze hanno
consentito di accrescere la dimensione della nostra
realtà, che ha raggiunto i 50 addetti.
Per quanto riguarda l’andamento economico del
comparto meccanico nel complesso, i piccoli segnali di ripresa generale sono effettivi, ma resta - tra
gli altri - il problema dei tempi di pagamento della
Pubblica Amministrazione.l
12 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
presidente Bseag Srl
Sezione Finanza e
Assicurazioni
La domanda di credito
da parte delle PMI nel
confronto del sistema
bancario non ha avuto
forti flessioni nel nostro
territorio, ma le autorizzazioni al rilascio di scoperti di conto e di cartolarizzazione di effetti sono state attentamente analizzate dalle banche anche a riguardo della natura di
tali richieste basate essenzialmente su operazioni di
ristrutturazione più che di investimenti o di operazioni di credito all’esportazione. Determinante è stato l’intervento del sistema Confidi che in Liguria (dati Banca d’Italia per il 2012 raccolti presso intermediari finanziari) ha fatto registrare un aumento per il
settore Industria pari al 15,5% rispetto al precedente periodo. Purtroppo il livello degli insoluti nella nostra regione si è consistentemente aggravato sulla
soglia del 15%.
Elemento di persistente gravissima mancanza è la
latitanza da parte della committenza pubblica nel
rimborso dell’ingente debito verso i fornitori privati e
ben poco hanno sortito le iniziative di istituti di credito nel mettere a disposizione importanti plafond,
di fronte alla impotenza delle PMI nel poter certificare l’ammissione del debito da parte della Pubblica
Amministrazione.
In questo scenario, mi pare assai poco prudente
poter parlare di ripresa.l
registrare un lieve incremento, così come l’occupazione.
Nel comparto assicurativo gli importi di premi e provvigioni
sono in aumento del 4,6%, sebbene si preveda che nei
primi mesi del 2014 rimangano stazionari. Gli organici
continuano a ridursi: rispetto al secondo semestre 2012 il
calo è stato pari allo 0,7%.
Il Turismo
Gli operatori dei diversi segmenti del mercato turistico denunciano una contrazione del fatturato derivante da clienti
italiani (-3,1%), mentre la componente estera è in lieve miglioramento, facendo registrare un +0,7%.
L’andamento è confermato dai dati provvisori sul movimento turistico riferiti ai mesi estivi (giugno - settembre): gli
arrivi sono aumentati del 5,3%, derivante esclusivamente
dai turisti stranieri (+ 10,1%), mentre gli arrivi di italiani restano sostanzialmente invariati. Le presenze sono risultate
in calo dell’1%, dettato dalla compensazione tra l’incremento di quelle straniere (+9,5%) e il forte calo delle presenze italiane (-9,9%).
La Sanità
Le aziende operanti nel campo della sanità privata hanno
segnalato un aumento del fatturato, in misura pari al
4,3%; ciò nonostante una riduzione del numero delle prestazioni eseguite, che sono risultate in calo di circa 0,9
punti percentuali, a fronte di prezzi di vendita. Gli occupati
in organico hanno subito in incremento dopo i cali riscontrati nei semestri precedenti. Nel breve termine il livello degli organici non subirà particolari variazioni, mentre le prestazioni sono attese ancora in calo.
Le prospettive per il 1º semestre 2014
Secondo il panel delle imprese partecipanti all’indagine di
Confindustria Genova la ripresa è iniziata, ma l’inizio del
2014 sarà ancora problematico: se le previsioni formulate
troveranno rispondenza nei fatti, fatturato e esportazioni
aumenteranno del 2% rispetto al secondo semestre 2013,
ma nel complesso gli ordini rimarranno su livelli bassi e
questo limiterà la ripartenza economica anche nella seconda parte dell’anno. A queste condizioni l’occupazione
potrà cominciare a stabilizzarsi, ma ancora senza recuperi
delle quote di riduzione maturate nel tempo.
Si tratta, come è evidente, di indicazioni di carattere generale e consolidate in base a fattori di ponderazione tra i diversi settori produttivi, che devono essere verificate rispetto alle variabili di tempo e di contesto congiunturale in cui
si troveranno a operare le singole aziende.
Tuttavia, il quadro appare coerente con le ultime previsioni
formulate dal CSC rispetto al delinearsi di una lenta ripresa
dell’economia italiana e della domanda interna nel 2014,
la cui consistenza è riassunta nella tabella successiva.l
Alessandro Manfredi
direttore generale Rolcim Spa
Sezione Terminal Operators
La situazione di Rolcim che opera nell’importazione, stoccaggio e distribuzione dei principali cementi grigi e bianchi - è in
linea rispetto a quella evidenziata per il settore
dell’edilizia: i dati sono
negativi, anche se migliori
rispetto a quelli nazionali.
Le previsioni per il 2014
non sembrano far presagire inversioni di rotta, anzi ci attendiamo un’ulteriore contrazione. Il nostro è un business complesso,
senza interventi efficaci di politica industriale è impensabile trovare la forza necessaria per uscire dalle
difficoltà. La nostra azienda, essendo un terminal destinato all’importazione, non può rivolgersi ai mercati
esteri; l’unica soluzione sarebbe diversificare il prodotto, ma la burocrazia è talmente pressante che è
difficile trovare alternative percorribili in tempi brevi.
Personalmente, non riesco a vedere la fine della recessione: le banche non sono più elemento di sostegno del sistema economico e la situazione pagamenti è drammatica. l
Francesco Palau
presidente Appetais Italia Spa
Sezione Industrie Alimentari
Il comparto frozen ready
meals ha registrato una
leggera flessione nel mercato domestico, accompagnata da una contrazione della marginalità
dovuta all’aumento delle
materie prime - ma questi
sono problemi ciclici e in
qualche maniera risolvibili.
La situazione ci spinge a
guardare all’estero, da
una parte, e a migliorare
la nostra efficienza produttiva e della supply chain, dall’altra.
Il problema principale di fare impresa in Italia non è il
costo della mano d’opera, che è comunque molto
alto per le aziende e non rende in proporzione ai lavoratori, ma è il sistema paese che non funziona fatto che non sembra importare a nessuno, perché si
continua a dibattere sui diritti di tutti e mai sui doveri.
Le aziende delocalizzano, sì, in Cina, ma la maggior
parte sta andando in Svizzera, in Austria, negli Stati
Uniti, in paesi dove l’apparato pubblico è al servizio
dell’impresa e, soprattutto, c’è la certezza delle regole. Purtroppo, chi ci governa questo non lo capisce.l
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
13
CONFINDUSTRIA
In Liguria
Previsioni per l’industria
manifatturiera
1º trimestre 2014
L’economia ligure mostra segnali di ripartenza, ma
non è ancora possibile affermare che la strada della ripresa sia stata imboccata con decisione.
Le previsioni delle imprese manifatturiere sono orientate a
un complessivo miglioramento del clima di fiducia; gli indicatori relativi a produzione e fatturato sono in crescita rispetto alla scorsa rilevazione. Le prospettive delle aziende
esportatrici rimangono su buoni livelli, sebbene vi sia un
rallentamento rispetto agli ultimi valori rilevati; la ripresa
del commercio mondiale, spinta dai Paesi emergenti, può
comunque ampliare gli sbocchi per i prodotti destinati
all’estero. Gli ordini accelerano, rivelando le attese di un
aumento, seppur limitato, anche della domanda interna.
Nonostante ciò, è necessario che tali previsioni siano
confermate e rafforzate nel corso dell’anno, così da consolidare l’inizio di ripresa in atto. Infatti, il recupero di attività nel settore manifatturiero ligure non è scontato: i principali ostacoli sono rappresentati dalla debolezza del
mercato del lavoro, con l’indicatore dell’occupazione in
diminuzione per il settimo trimestre consecutivo, e dal razionamento del credito, che sottrae liquidità alle aziende
e ne penalizza gli investimenti. A questo proposito, solo il
13,6% degli imprenditori intervistati dichiara di avere in
cantiere interventi di ampliamenti nel breve termine.
Tuttavia, i segnali positivi cominciano gradualmente a diffondersi tra i diversi settori industriali. Gli indicatori di produzione e fatturato registrano segni positivi nella maggior
parte dei comparti produttivi, per quanto ne rimangano
altri ancora sottopressione, quali le costruzioni navali e
soprattutto l’edilizia, attorno alla quale le previsioni rimangono cupe in termini sia di ordini che di occupazione. Le
imprese metalmeccaniche si attendono un migliore avvio
di 2014, nonostante le attese sulle future acquisizione di
ordini si mantengano molto prudenti; rallentano, pur rimanendo ampiamente positive, le esportazioni. I comparti
chimico-farmaceutico e della gomma-plastica prevedono
ordini e produzione in aumento; l’indicatore riferito all’export registra un deciso progresso rispetto alla scorsa rilevazione.
Le aziende operanti nei settori dell’automazione, dell’elettronica e delle telecomunicazioni continuano a far registrare saldi positivi tra ottimisti e pessimisti, eccezion fatta
per il dato occupazionale, negativo per il secondo trimestre consecutivo.
L’industria alimentare ridimensiona le attese di produzione nel breve periodo, pur esprimendo complessivamente
14 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
previsioni in rialzo per fatturato, ordini e esportazioni. Le
aziende tessili segnalano un aumento del volume di ordini, al contrario degli impiantisti, il cui mercato si dimostra
ancora debole e meno dinamico.
A livello territoriale le distinzioni rimangono marcate; in
Provincia di Imperia gli indicatori rimangono negativi,
mentre le industrie del savonese segnalano la ripartenza
degli ordini e della produzione, pur prevedendo un calo
del commercio con l’estero. In Provincia della Spezia
l’occupazione continua a destare molta preoccupazione,
con l’indicatore che peggiora ulteriormente la propria performance. Sono previsti in calo anche fatturato e ordini,
mentre le positive attese sull’export potrebbero fungere
da motore propellente.
Nel genovese si registrano forti progressi legati all’andamento futuro di produzione e ordinativi, i cui indicatori tornano in terreno positivo e si attestano su valori soddisfacenti; in questo caso spiccano le aziende del Tigullio, i cui
risultati sono di gran lunga migliori rispetto al totale della
Provincia.l
Nel primo trimestre dell’anno l’andamento della produzione è previsto in crescita dal 28% del campione, percentuale sostanzialmente immutata rispetto alla scorsa rilevazione. L’aumento del saldo finale (passato da 0 a
+11,1 punti percentuali) è dettato dalla forte contrazione
del numero di imprenditori che ha espresso attese pessimiste, in diminuzione dal 27,8% al 16,9%.
Migliora anche il saldo riguardante il fatturato, attestatosi
a +16,1 e in rialzo di 13,7 punti percentuali rispetto alla
scorsa rilevazione. Tale aumento è da attribuire sia ad un
aumento della percentuale di ottimisti (da 31% a 39,8%)
sia alla contestuale diminuzione di quanti esprimono attese negative (-4,9 punti percentuali).
L’indicatore degli ordini torna positivo dopo due trimestri,
recuperando da -6,3 e portandosi a +7,7. Il percentuale di
aziende che ne prevede una diminuzione scende di circa
10 punti percentuali, a fronte di un aumento del numero
di ottimiste, che passa dal 27% al 31,4%.
Le attese sull’export rallentano, sebbene il saldo rimanga
ampiamente positivo (da +22,3 a +17,5): le imprese
esportatrici che ne attendono un aumento diminuiscono
di 4,6 punti percentuali, a fronte di una sostanziale stabilità del numero di quanti prevedono una contrazione.
Nel breve periodo l’andamento dell’occupazione non si
scosterà dal trend negativo imboccato: il saldo rimane negativo (-3,4 punti percentuali) e il numero di imprese che
hanno in programma di ampliare gli organici ristagna attorno al 10% del campione.
Nei primi tre mesi dell’anno le aziende che dichiarano di
avere in cantiere interventi di ampliamento della capacità
produttiva sono solo il 13,6% del le intervistate, in diminuzione rispetto al precedente 16,7%. In aumento il numero di quante investirà per semplice sostituzione (dal
28% al 23,8%).l
3
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L’INTERVISTA
di Piera Ponta
La ricerca può farsi impresa di successo solo se sostenuta da un’efficiente
infrastruttura formata da banche, venture
capitalist, grandi imprese.
“ Il back to manufacturing
si deve alle condizioni
favorevoli in cui
oggi possono nuovamente
operare le imprese
americane”
“ L’ecosistema economico
non funziona correttamente
senza un mercato
azionario ampio e senza
grandi imprese innovative”
“ Il ruolo dell’università
non è formare imprenditori,
ma laureati al top
nella propria disciplina”
Alberto
Sangiovanni Vincentelli
La sfida
della ricerca
Alberto Sangiovanni Vincentelli, tra i massimi
esperti mondiali in materia di innovazione, membro della
National Academy of Engineering (il più alto riconoscimento statunitense per un ingegnere, è presidente dell’Istituto di Electrical Engineering e Computer Sciences
presso l’Università della California, a Berkeley.
Co-fondatore di Cadence Design Systems e di
Synopsys, aziende leader di mercato nel settore dell’Electronic Design Automation, Sangiovanni Vincentelli ha
preso parte a diverse iniziative imprenditoriali e svolge
attività di consulenza per alcune delle più grandi aziende
del settore elettronico. In Italia ricopre inoltre la carica di
presidente del Comitato Strategico del Fondo Strategico Italiano e di componente del Comitato Esecutivo
dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
17
Professore, qual è la sua opinione sul “back to manufacturing” che ha ispirato la politica industriale dell’amministrazione del Presidente Obama e di cui si
parla tanto anche in Italia? A quali condizioni, secondo Lei, il “nuovo manifatturiero” potrebbe dare slancio
alla ripresa economica nel nostro Paese?
Alla fine degli anni Ottanta, durante la presidenza Reagan, l’America sembrava destinata a diventare il paese
del terziario e ad abbandonare il manufacturing che,
complice una politica monetaria volta a mantenere il dollaro forte, stava diventando sempre più appannaggio di
imprese straniere.
Il fenomeno si estese al punto da rischiare di perdere il
controllo di comparti industriali particolarmente strategici, come quello dei circuiti integrati. Nel 1987, la Berkeley Roundtable on the International Economy (un progetto di ricerca interdisciplinare sui temi della competitività
economica internazionale e dell’innovazione tecnologica
al quale io stesso partecipavo), suonò un campanello
d’allarme con il libro dal titolo “Manufacturing Matters:
The Myth of the Post-Industrial Economy” (Stephen Cohen e John Zysman, Basic Books, ndr). Il messaggio
era: attenzione, se si rinuncia al manifatturiero, si perde
tutta l’industria.
Il fattore economico è quello che muove il manufacturing
(ma anche le attività di R&D) verso un paese piuttosto
che un altro, in ogni caso dove produrre (o acquisire ricerca e sviluppo) costa meno a parità di qualità.
Il “back to manufacturing”, al centro della politica economica di Obama, si deve, quindi, alle condizioni favorevoli
in cui oggi possono nuovamente operare le imprese
americane: basso costo del lavoro e dell’energia (grazie
allo shale gas), eliminazione dei cosiddetti “costi nascosti”, ovvero quelli dovuti alla mediocre qualità del prodotto, al furto delle idee, al turnover di personale, ai trasporti, che ha portato il manufacturing USA a essere del 9%
più conveniente della media delle nazioni che competono nel manufacturing. Condizioni ovviamente interessanti anche per le impese europee, a cominciare dai grandi
nomi dell’automotive. Dopo il manifatturiero, sta tornando indietro anche l’attività di R&D, perché il rapporto
qualità-prezzo dei servizi offerti, per esempio, in India,
non è più conveniente.
Non mi stanco di ripeterlo: non si deve scegliere di fare
ricerca e sviluppo dove costa meno, ma dove “funziona”
per l’eccellenza e la preparazione delle maestranze. Il risultato è che oggi in America sono stati creati 530mila
posti di lavoro, numero interessante ma molto inferiore
ancora ai 7milioni persi negli anni 2000. È evidente che
non si tornerà più a quei numeri, anche perché la produzione industriale, grazie alla tecnologia, richiede meno
persone - ma più preparate. In Italia il manifatturiero tradizionale e il “nuovo” manifatturiero, intriso di tecnologie
avanzate, potranno dare slancio alla ripresa economica
solo se si riusciranno a creare condizioni favorevoli perché produrre in Italia sia competitivo con gli altri sistemi
e se si saprà fare innovazione e diffonderla.
Negli Stati Uniti, quando la concorrenza degli stranieri
sul mercato dell’elettronica divenne una minaccia negli
anni 1980 e le imprese che producevano macchine per
la produzione dei circuiti integrati stavano fallendo una
18 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
dopo l’altra a causa della competizione giapponese, un
gruppo di grandi aziende manifatturiere, quali Intel e IBM
e il dipartimento della difesa si consorziarono in una società di ricerca avanzata chiamata Sematech, che mise
a disposizione delle imprese americane in difficoltà la ricerca sviluppata, contribuendo così a rendere forte e
competitivo il settore e riprendere la leadership nel settore. In Italia si potrebbe tentare la stessa strada, per
esempio, con la stampa in 3D, tenendo ben presente
che l’introduzione di tecnologie innovative è tanto più efficace se riguarda tutte le fasi di ingegnerizzazione e di
realizzazione di un prodotto. Senza perdere di vista, però, equilibrio economico e vantaggio competitivo.
Come insegna l’esperienza di Silicon Valley, nella filiera dell’innovazione è fondamentale una fertile interazione fra università, centri di ricerca e imprese e la
predisposizione di queste ultime - fra grandi, piccole e
start-up - a fare rete tra loro. Per quali ragioni in Italia
un modello del genere stenta a decollare?
Da quindici anni continuo a dire che gli “incubatori” da
soli non servono. Il punto è che quando si creano delle
imprese innovative è necessario avere una “exit strategy”, cioè in che modo gli investitori (venture capitalist o
altri operatori che mettono in gioco i loro capitali) possano realizzare quanto investito. Considerato che una nuova impresa su dieci ce la fa bene, tre si tengono più o
meno in equilibrio, mentre le restanti sei chiudono, il
venture capitalist deve essere capace di investire in attività che potenzialmente possano dare un grosso risultato finale. Peraltro, gli investitori devono anche essere in
grado di capire quando è il momento di “staccare la spina” se l’azienda non dà risultati, per non bruciare risorse
che potrebbero invece essere indirizzate a finanziare
nuove promettenti attività.
Tra le imprese che hanno successo ci sono due exit
possibili: farsi quotare in borsa o l’acquisizione da parte
di un’impresa medio-grande. Le due exit strategy devono essere sempre possibili. In Italia queste exit strategy
sono difficili da attuare in quanto il mercato azionario locale è troppo piccolo per start-up e perché non ci sono
più grandi industrie che sono interessate a creare innovazione acquisendo le start-up.
L’ecosistema economico non funziona correttamente
senza un mercato azionario ampio e senza grandi imprese innovative. Per far nascere grandi imprese, bisogna definitivamente superare la logica del “piccolo è bello” e sostenere, invece, le start-up e l’aggregazione di
medie aziende finalizzata alla crescita dimensionale;
questo è uno dei miei obiettivi anche come presidente
del Comitato Strategico del Fondo Strategico Italiano.
Spesso purtroppo gli imprenditori di piccole realtà sono
contentissimi di rimanere tali e non hanno desiderio di
crescere, di diventare gli Steve Jobs Italiani! Ricordo
quando, alla fine degli anni Ottanta, abbiamo fondato in
Silicon Valley Cadence Design Systems Inc. e Synopsis
Inc.: eravamo in 5 ma avevamo il desiderio di diventare i
leader di un mercato in forte ascesa; ora Cadence ha
circa 6mila dipendenti e Synopsis 7mila e sono entrambe quotate al NASDAQ.
Nelle start-up il ruolo del venture capitalist non è solo
quello di fornire capitali, ma proprio anche di insegnare
ai giovani a fare impresa, di evitare errori per inesperienza e di creare opprotunità di mercato nella rete di imprese che finanziano e che hanno portato al successo. Qui
in Italia ho collaborato a fondare Atlante Ventures, il fondo di venture capital del Gruppo Intesa Sanpaolo che investe in imprese innovative ancora di ridotte dimensioni
ma con alto potenziale di crescita. Le regole nella scelta
dei progetti sono le stesse applicate dalle società di venture capital americane.
Perché funzioni, è necessario che il Fondo crei e consolidi una rete di rapporti con le banche e con le grandi imprese e, naturalmente, che si diffonda una cultura d’impresa e del lavoro che sia di stimolo, non solo per i giovani ricercatori, ma anche per chi ha già un ruolo in
azienda, ad avviare un’attività innovativa.
Negli Stati Uniti, questo accade con maggiore facilità
perché nessuno ha la sicurezza del posto di lavoro e
quindi, se si ha una buona idea, si è più incentivati a
provare a svilupparla e a rischiare, fondando una startup. In Italia, viceversa, l’obiettivo resta, per chi lo può ottenere, l’impiego sicuro a fronte di rischi di fallimento alti
che porterebbero danni seri alle possibilità futura dell’imprenditore. Tra le varie riforme per favorire la creazione di
nuove imprese innovative, occorrerebbe pensare a non
penalizzare eventuali fallimenti “virtuosi”, in modo che
l’esperienza acquisita nei primi tentativi si possa poi riversare su altre iniziative senza impedimenti.
Una questione spesso dibattuta in Italia riguarda la
nostra scarsa attitudine a valorizzare i talenti. Quali
sono a Suo avviso i punti su cui bisogna maggiormente lavorare affinché un valente dottore di ricerca possa
diventare un imprenditore di successo?
Innanzi tutto, un mito da sfatare è che un giovane, uscito dall’università, possa trasformarsi in un imprenditore
di successo solo perché ha sviluppato un progetto innovativo. Ogni anno, su 2mila business plan che arrivano
sul tavolo di un venture capital quale, per esempio,
Xseed (un fondo per seed funding della Silicon Valley di
cui sono advisor), non ne vengono presi in considerazione più di 200; di questi, una trentina vengono esaminati
nel dettaglio fino a sceglierne 18 per essere finanziati.
Anche negli Stati Uniti, quindi, la strada è lunga e durissima ma, a differenza dell’Italia, tutti conoscono e, soprattutto, accettano, le regole del gioco: se in America
una progetto d’impresa viene scartato, chi l’ha presentato magari ci prova un’altra volta, dopo aver cercato di
capire come migliorarlo. In Italia è abbastanza comune
che coloro a cui viene rifiutato l’investimento si lamentino della ingiustizia subita e dell’incompetenza di chi li ha
giudicati e non si rendono conto che non hanno saputo
scrivere un business plan decente. Non si accetta la
possibilità di sbagliare, non si vuole capire che da un fallimento si può uscire più forti.
Dopo la crisi del 2000, i venture capitalist americani più
grandi avevano deciso di investire solo in progetti presentati da chi aveva già fallito almeno una volta perché
questa esperienza era utilissima nel navigare in acque
difficili. Premesso che il ruolo dell’università non è quello
di formare imprenditori, ma laureati “al top” nella propria
disciplina, sarebbe utile integrare i corsi di laurea scientifici con materie economiche e giuridiche, senza per questo sminuire il contenuto tecnico della laurea (che riterrei
un grave errore).
La trasformazione di un’idea innovativa in un business di
successo, poi, dipende anche da fattori imprevedibili e
dalle capacità maieutiche del venture capitalist. Yahoo,
per esempio, è stata fondata da due studenti di un mio
ex studente che a Stanford stavano collaborando a un
nostro progetto utilizzando un sistema di ricerca di loro
invenzione. Un venture capitalist (i corridoi della Stanford
University sono popolati da venture capitalist in cerca di
idee innovative) ne ha intuito la potenzialità, ci ha creduto e ha investito. Quindi, in questo caso, l’imprenditorialità è concentrata nella capacità di cogliere la palla al
balzo, e non nell’essere in grado di fare impresa in prima
persona.
Quanto alla “fuga dei cervelli”, di cui ci si appassiona in
Italia, io credo che non sia tanto importante trattenere i
cervelli quanto favorirne la “circolazione”, indirizzarli dove possono trovare laboratori e strutture adeguate per
maturare esperienze e dare basi più solide al proprio
progetto innovativo.
L’Italia può attirare non solo imprese straniere, se ci sono le condizioni opportune, ma anche cervelli, se si
creano laboratori e infrastrutture di grande valore fondate sul merito, come per esempio, ha saputo dimostrare
l’Istituto Italiano di Tecnologia, che attrae ricercatori di
talento da tutto il mondo.
Le rivoluzioni industriali e tecnologiche hanno sempre
fatto da traino allo sviluppo economico. In uno scenario straordinariamente complesso come l’attuale, dal
suo punto privilegiato d’osservazione - quale docente
universitario, esperto in innovazione e imprenditore può indicarci alcuni temi della ricerca scientifica che
potrebbero portare a una nuova svolta?
In questi ultimi anni, i venture capitalist investivano soprattutto nei settori dell’ICT, dell’energia e della biologia.
Con lo sfruttamento dello shale gas, il comparto energetico ha perso appeal, mentre ne sta acquistando sempre
di più la robotica in generale e, in particolare, quella applicata in medicina e in chirurgia. Basti guardare il robot
Da Vinci per la chirurgia di precisione, che ha rivoluzionato il settore. Lo stesso Istituto Italiano di Tecnologia,
qui a Genova, è molto impegnato su questi temi. Altrettanto promettente è la synthetic biology, pionierizzata a
Berkeley da Jay Keasling: l’idea è di creare forme di vita
“sintetiche” che non esistono in natura e che possano risolvere problemi in svariate discipline.
Per esempio, è stato sintetizzato un batterio che può
creare direttamente biodiesel dal grano senza passare
dall’etanolo. Ne sono stati sviluppati altri che sviluppano
il principio attivo per la cura della malaria (questo progetto, in particolare, è stato finanziato da Bill Gates). E ancora: le tecnologie brain-to-machine, ovvero dispositivi
che convertono i segnali cerebrali in comandi remoti per
l’infrastruttura ICT e per attuatori remoti, la security, i big
data... Questi settori sono quelli dove più concentrato è
l’interesse del mondo dei venture capitalist, ma anche
dei giovani ricercatori nelle Università.l
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
19
DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
Dalla scuola
all’impresa
© STUDIO FRANCESCHIN
L’Education per lo sviluppo
dell’industria e dell’Italia:
l’impegno di Confindustria per
superare il divario tra domanda
e offerta di profili professionali.
IVANHOE LOBELLO
Il 41% di disoccupazione giovanile è un dato che
richiama, con forza, la responsabilità di tutto il Paese. Da
troppo tempo si collega questa piaga sociale al comodo
alibi della crisi economica. Di sicuro la difficile congiuntura
non ha aiutato a sviluppare politiche industriali e del lavoro
lungimiranti ed efficaci, e le imprese lo sanno bene.
Tuttavia, come ormai molti studi dimostrano, in ultimo il
Rapporto McKinsey, è conclamato che quasi metà della
disoccupazione giovanile deriva dal mancato incontro tra
scuola e lavoro. Un mancato incontro che proviene da
lontano: non dalla crisi del 2008 ma da problemi strutturali
che hanno incrostato il nostro sistema educativo da quasi
30 anni e che pesano come un macigno sul futuro dei nostri giovani.
Produzione e formazione non devono più restare delle
monadi separate. Di conseguenza come la scuola non
può chiudersi al lavoro e all’impresa, l’impresa non può
chiudersi alla scuola. Questa esigenza si sta diffondendo
tra gli imprenditori italiani che comprendono sempre di più
l’importanza di giovani ben formati, come direbbe Morin,
di teste “ben fatte”, per poter far crescere la loro impresa e
mantenerla competitiva nel difficile contesto globale. Oggi,
senza un capitale umano altamente formato, l’impresa riduce notevolmente la sua capacità di resistenza e di rea-
20 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
zione alla crisi. Confindustria accoglie e mette a fattor comune tutte queste energie imprenditoriali e continua nel
suo impegno, finalizzato a far incontrare scuole e imprese.
L’obiettivo è ridurre il profondo “mismatch” che separa la
domanda di profili professionali da parte delle imprese e
l’offerta di capitale umano che viene formato nelle scuole
e nelle università. Ancora oggi le nostre imprese non trovano 47mila figure professionali di cui hanno urgente bisogno: mancano soprattutto laureati e diplomati in ambito
tecnico-scientifico. Figure fondamentali per le imprese in
difficoltà, specialmente le piccole e medie. In concreto sono introvabili ingegneri meccanici, chimici, giuristi d’impresa, economisti applicati, addetti alle professioni sanitarie,
disegnatori tecnici, sviluppatori di software, tecnici dell’agro-alimentare e in particolare gli addetti alla green economy. È evidente un deficit di orientamento scolastico e
universitario che penalizza giovani e famiglie più di quanto
si possa pensare. Ma per superare questo deficit è necessario che l’impresa faccia la sua parte: bisogna dare più
spazio ai tanti modelli virtuosi che i nostri territori producono grazie a imprenditori lungimiranti che riescono a trovare
i canali giusti di collaborazione con le scuole.
Come sistema associativo Confindustria ha messo in
campo best practice riconosciute a livello nazionale e non
SSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DO
solo: dalla Giornata Nazionale Orientagiovani, che ormai
raggiunge quasi 40mila studenti in tutta Italia, fino alla
sperimentazione di Job Shadow, un progetto che permette ai giovani di vivere con un imprenditore un’intera giornata in impresa per capirne i meccanismi.
Ma riconoscimenti sono arrivati anche al Progetto Rosa,
che ha dato un contributo nella “lotta” contro i pregiudizi
di genere che riguardano l’istruzione tecnica. Altri progetti
riguardano la cultura d’impresa, la diffusione del dottorato
industriale, lo sviluppo delle potenzialità degli ITS.
Qui a Genova molto efficace il Progetto Sailor, alla scoperta delle professioni del mare a bordo della nave “La Superba” della compagnia Grandi Navi Veloci.
Le brevi considerazioni condivise finora si possono sintetizzare in due priorità che Confindustria propone per eliminare gli ostacoli ad un corretto funzionamento del rapporto tra scuola e lavoro. Le due priorità sono: Cultura tecnica nelle scuole, cultura d’impresa e del lavoro all’università. Per diffondere la cultura tecnica nelle scuole è necessario favorire l’alternanza studio-lavoro con un raccordo
mirato delle iniziative territoriali con gli schemi legislativi
nazionali e migliorare l’orientamento verso gli istituti tecnici
e professionali, le lauree tecnico-scientifiche e gli ITS. Gli
strumenti ci sono, bisogna permetterne l’utilizzo. Verifi-
chiamo che “dal basso” provengono idee e stimoli a cui
spesso la lenta macchina legislativa nazionale non sa dare
risposta adeguata.
Per diffondere la cultura d’impresa e del lavoro all’università è necessario riconoscere concretamente il diritto degli
studenti a imparare lavorando. Siamo ancora indietro sulla
configurazione di vere e proprie lauree triennali professionalizzanti su cui invece è necessario puntare con forza.
C’è poi lo strumento dell’apprendistato alto che deve entrare sistematicamente nella vita d’ateneo: quello che è
stato chiamato “Erasmus in azienda” darà ai giovani l’occasione di incontrare il lavoro prima della laurea e di riconoscere con maggiore realismo le loro potenzialità e vocazioni professionali.
Gli strumenti e le idee dunque ci sono, ma vanno condivise e rielaborate in una dialettica che coinvolga tutto il Paese e non pochi “addetti ai lavori”. Le imprese hanno il merito di aver riportato l’Education al centro del dibattito
pubblico e contribuito, anche se il percorso sarà difficile, a
farlo diventare un tema meno ideologico e più orientato
alla crescita dell’industria che significa, di rimando la crescita dell’intero Paese. Questa è la strada da seguire.l
Ivanhoe Lobello è Vice presidente Confindustria per l’Education
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
21
DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
Scommessa
didattica
Il liceo quadriennale può
funzionare solo se si aggiornano
gli obiettivi, abbandonando il
nozionismo e puntando alla
qualità del processo formativo.
IGNAZIO VENZANO
Terminare il liceo un anno prima? Dallo scorso settembre ci sono tre scuole paritarie che, autorizzate dal
ministro Maria Chiara Carrozza, sperimentano il “liceo
quadriennale”: sono il “Collegio San Carlo” di Milano (liceo internazionale per l’intercultura), il “Guido Carli” di
Brescia (liceo internazionale per l’impresa) e il liceo “Olga
Fiorini” di Busto Arsizio (liceo internazionale per l’innovazione). Inoltre, dal prossimo settembre, si conta che altre
scuole si aggiungeranno, almeno altre tre statali e un’altra
paritaria, in diverse regioni italiane.
La riduzione di un anno del liceo comporta in genere più
ore di lezione a scuola, tra lunedì e venerdì, niente lezioni
al sabato. Apparentemente è una questione di risparmio
e tutto ciò serve a fare come in quasi tutti gli altri Paesi
del mondo, in modo da iniziare l’università a 18 anni. Tuttavia niente è solo formale a scuola, se fatto bene. Già la
didattica di una scuola aperta 5 giorni alla settimana è di-
22 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
versa rispetto a quella di una scuola aperta 6 giorni su
sette, figuriamoci un liceo di quattro anni rispetto a uno di
cinque. In sostanza il liceo in quattro anni funziona solo
se si aggiornano gli obiettivi e se si costruiscono percorsi
di competenze adeguati. Il nuovo sistema obbliga la
scuola a riformarsi profondamente nella propria concezione didattica e richiede maggiore propensione all’attenzione ai singoli studenti più che alla classe.
In altre parole, il liceo quadriennale è innanzitutto una
scommessa didattica, che funziona attraverso l’insegnamento e la valutazione di competenze; come si fa all’estero occorre cioè puntare non tanto a far memorizzare
nozioni che poi si dimenticano, ma processi e metodologie di diverse discipline.
A questa idea in generale si obietta che il sistema scolastico italiano tradizionale favorisce l’acquisizione di una
cultura preuniversitaria profonda, vasta, e adattabile a di-
SSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DO
verse situazioni, tanto che non è un caso se molti italiani
trovano facilmente occupazione perfino come ricercatori
all’estero. È vero però che ciò si ottiene ormai solo in alcuni casi, quando cioè davvero i nostri studenti si impegnano, cosa che accade sempre più raramente.
Troppi altri giovani invece si perdono nei cinque anni di liceo e altri vengono promossi all’esame finale senza un
vero merito, ottenendo infine un diploma preuniversitario
che non vale molto.
La verità è che nell’odierna società i giovani si educano
più attraverso i media e i social network che attraverso la
scuola. Stare a scuola ad ascoltare qualcuno che dice
qualcosa e tornare a casa per studiare e ripetere quella
cosa appassiona sempre meno. La causa - effetto dell’evoluzione della tecnica è che si impara sempre più solo
ciò che attira l’attenzione, ed è difficile fare attenzione se
non c’è un effettivo interesse, che è la base del desiderio
di apprendere. Per questo motivo i sistemi didattici nel
mondo da tempo si sono orientati sempre più all’apprendimento per competenze, che rispetto al tradizionale nozionismo è più utile rispetto alle esigenze pratiche del
mondo del lavoro e dell’impresa, anche nell’alta cultura.
Già, perché il liceo quadriennale è formativo tanto quanto
è orientativo.
Molto dipenderà da queste sperimentazioni. Da quanto
traspare, se non altro nei nomi dei tre nuovi percorsi appena ammessi - impresa, intercultura, innovazione - l’obiettivo formativo è per grandi linee di preparazione interdisciplinare svincolate dalle tradizionali distinzioni (classico, scientifico, ecc.). Gli studenti quando terminano il liceo devono essere meglio formati e più consapevoli delle
scelte future, sia che si tratti di cercare lavoro che continuare gli studi.
Aiutare gli studenti a guardare il futuro, a scoprire e a valorizzare i propri talenti, a misurarsi rispetto alle competenze acquisite da spendere in una società multiculturale
e aperta all’internazionalizzazione, è certamente un grande impegno. Il liceo quadriennale è una scommessa per
cambiare davvero la scuola e punta innanzitutto alla qualità del processo formativo: si tratta di premiare chi è più
dotato e che sa coltivare i propri talenti, e stimolare maggiori interessi tra gli studenti, attori nella vita scolastica.
Sarebbe positivo avere una sperimentazione di questo tipo anche a Genova. Forse una scuola non statale, dove
è più facile rivedere l’organico dei docenti, forse il liceo
Grazia Deledda, attivo nell’innovazione linguistica, potrebbe anticipare quello che prima o poi diventerà comunque
un sistema diffuso.
Occorre smettere di inseguire riforme scolastiche che non
toccano la sostanza della scuola e occorre pensare a
qualcosa di diverso: per questo il liceo quadriennale è
una scommessa, perché costringe a ripensare anche la
sostanza. Se non si riesce in questo, infatti sarebbe solo
una ulteriore discesa verso il basso del nostro sistema
scuola. Infatti, chi è pessimista sulla possibilità di serie riforme in Italia, coerentemente dovrebbe essere pessimista anche sulla realizzazione del liceo quadriennale.
Sarebbe ottimale, all’avviso di chi scrive, se in questo
nuovo sistema il primo biennio fosse unico, preludendo a
un esame finale di scuola dell’obbligo a 16 anni, come in
gran parte dei Paesi più sviluppati del mondo, e il secondo biennio differenziato e già mirato alle successive specializzazioni della vita, il lavoro o i diversi indirizzi di studio
all’università.
Sarebbe ottimale se in questo nuovo sistema si introducesse un criterio di valutazione degli studenti per cui sia
possibile sapere che i “dieci” sono tali davvero, e che i
sufficienti sono tali a Genova tanto quanto a Milano o a
Palermo. E allora, forse, le scuole si potranno confrontare
tra loro su basi il più possibile oggettive.
Forse è tutto un sogno. Forse no. Nell’educazione occorre avere ideali, tenere duro, e cogliere le occasioni.l
Ignazio Venzano è direttore della Fondazione Fulgis
e di Deledda International School
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
23
DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
Fondazioni ITS
Percorsi alternativi per studenti e
imprese.
ALESSANDRO BERTA
EUGENIO MASSOLO
Gli Istituti Tecnici Superiori sono “scuole ad alta
specializzazione tecnologica”. Nate per rispondere alla
domanda delle imprese di nuove competenze tecniche e
tecnologiche, rappresentano il segmento di formazione
terziaria non universitaria. Si costituiscono in Fondazione
di partecipazione che comprende scuole, enti di formazione, imprese, università e centri di ricerca, enti locali.
Gli ITS attualmente istituiti sono 65: 29 nell’area delle
nuove tecnologie per il made in Italy; 12 nell’area della
mobilità sostenibile; 8 nell’area dell’efficienza energetica;
7 nell’area delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali; 6 nell’area delle tecnologie della informazione
e della comunicazione; 3 nell’area delle nuove tecnologie
della vita. Genova ne “vanta” due, l’Accademia Italiana
della Marina Mercantile e l’ITS-ICT l’Information and
Communication Technology; la Fondazione ITS di Savona
è dedicata all’efficienza energetica, mentre l’ITS della
24 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
Spezia forma tecnici nell’area dell’Innovazione di processi
e di prodotti meccanici.
Genova Impresa ha chiesto al presidente della Fondazione ITS Accademia Italiana della Marina Mercantile, Eugenio Massolo, e al presidente della Fondazione ITS per
l’Efficienza Energetica, Alessandro Berta, di fare un bilancio di questi primi anni di attività.
Eugenio Massolo
Presidente Fondazione ITS
Accademia Italiana della Marina Mercantile, Genova
«Il risultato dell’esperienza di questi anni è ottimo. Dal
2005, quando abbiamo cominciato a operare, in allora in
regime di società consortile e poi come ITS, abbiamo immesso sul mercato oltre 400 nuovi ufficiali, con un’occupazione prossima al 100%; questo grazie a un meccani-
SSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DO
ITS-ICT, Genova
Nell’ambito dell’Information and Communication Technology
sono state individuate, a livello nazionale, tre figure professionali
di riferimento: Tecnico superiore per i metodi e le tecnologie per
lo sviluppo dei sistemi software; Tecnico superiore per l’organizzazione e fruizione dell’informazione e della conoscenza; Tecnico superiore per le architetture e infrastrutture per i sistemi di
comunicazione.
Il diploma rilasciato dall’ITS-ICT di Genova è di Tecnico Superiore
per l’ICT. Il programma di studi ha l’obiettivo di formare uno
specialista in sviluppo di applicazioni e sistemi per ambienti
complessi nell’ambito dei settori ICT.
www.its-ict.net
ITS - Innovazione di processi
e prodotti meccanici, La Spezia
Coerentemente con la presenza di eccellenze a livello nazionale
nei settori delle tecnologie marine, della cantieristica e nautica da
diporto, della meccanica e navalmeccanica sul territorio del levante ligure, l’ITS della Spezia risponde alle esigenze delle aziende di riferimento proponendo la figura professionale del Tecnico
Superiore per l’Innovazione di processi e prodotti meccanici.
Le sue competenze riguardano la progettazione e l'industrializzazione di processi e prodotti meccanici, dalle basi economiche
e normative a tutti gli aspetti del design, delle proprietà dei materiali impiegati, fino all'utilizzo dei software di rappresentazione e simulazione.
www.itslaspezia.it
smo di alternanza scuola-lavoro che si basa sulla corrispondenza tra numero degli allievi e imbarchi disponibili
presso le compagnie di navigazione nostre partner. Questa è una delle ragioni della forte attrattività dell’Accademia nei confronti dei giovani di tutta Italia: quest’anno abbiamo toccato il record di oltre 600 domande di ammissione per 80 posti, con candidati soprattutto dalla Sicilia,
dalla Liguria, dalla Puglia e dalla Sardegna.
Il successo si spiega anche con una forte ripresa in termini di iscritti dell’Istituto Nautico di Genova, complice il trasferimento in Darsena ma soprattutto grazie a una gestione innovativa dell’impianto didattico, ha sviluppato maggiori sinergie con le imprese. L’Accademia rappresenta,
per gli allievi ufficiali diplomati all’Istituto Nautico, il completamento del loro percorso formativo, con il diploma di
Ufficiale di coperta o di Ufficiale di macchina. Inoltre, a seguito della riforma degli istituti tecnici, l’accesso alla car-
riera marittima è stato liberalizzato e all’Academia oggi
possono fare domanda giovani in possesso di qualunque
diploma di scuola superiore, previa la frequenza di un corso di allineamento di 500 ore (quello offerto dell’Accademia è l’unico gratuito in Italia, compresa la residenzialità).
La richiesta di ammissione ai corsi di allineamento è molto alta e proviene anche da regioni poco vocate al settore
marittimo, come Piemonte, Emilia Romagna, Valle d’Aosta... Le compagnie armatoriali inizialmente avevano
qualche dubbio sulla possibilità di formare alla professione di ufficiale ragazzi che non avevano frequentato il nautico, ma si sono dovute ricredere. Per esempio, gli studenti del liceo scientifico hanno buone basi di matematica e fisica: una volta recuperate le materie più specifiche,
superano brillantemente gli esami di ammissione in Accademia e sviluppano un’ottima professionalità a bordo delle navi. Con il corso di allineamento, i ragazzi hanno l’abiGenova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
25
DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOS
litazione a imbarcarsi con il titolo di allievo ufficiale, come i
diplomanti all’istituto nautico.
I corsi, compresa la residenzialità, sono completamente
gratuiti, in quanto finanziati dal Fondo Nazionale Marittimi
(cui contribuiscono le imprese), dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, e dalla Regione Liguria.
Nei due anni di corso, durante la navigazione, i ragazzi
vengono regolarmente assunti dalle compagnie di navigazione. È una vita di sacrificio e di grande responsabilità,
ma il ritorno economico è interessante e la carriera è piuttosto rapida: gli allievi ufficiali entrati in Accademia nel
2005 e che hanno completato il corso nel 2007 sono
quasi tutti primi ufficiali. Nonostante la crisi, non abbiamo
avuto una flessione dei corsi (normalmente ne bandiamo
4-5 all’anno); si è verificata, piuttosto, una contrazione del
numero delle compagnie, ma con alcune di queste abbiamo rafforzato in modo significativo le collaborazioni già in
atto: Costa Crociere, per esempio, da due anni, assume
solo allievi ufficiali dall’Accademia, così come Grandi Navi
Veloci e Italia Marittima. Si tratta di gruppi che applicano
una politica del personale mirata a formare e fidelizzare gli
ufficiali; queste compagnie partecipano alla pianificazione
dei corsi dell’Accademia e stringono un rapporto con gli
allievi che va oltre il periodo a bordo di 12 mesi: per
esempio, Grandi Navi Veloci prevede stage anche presso
i propri uffici, per far capire come si lavora a terra, mentre
Costa Crociere invita gli allievi a visitare i cantieri dove
vengono costruite le navi. In generale, da parte di queste
compagnie c’è grande disponibilità a fornire docenti e
materiale utile alla didattica, come gli schemi degli impianti installati a bordo, che vengono poi studiati nelle lezioni di elettrotecnica.
Stiamo lavorando molto anche nella preparazione linguistica: molte lezioni, dal secondo modulo in avanti, vengono tenute in inglese, con particolare attenzione all’insegnamento dell’inglese tecnico e gergale - importante sul
piano della sicurezza. Sulle navi Costa, per esempio,
quando si lavora si parla solo inglese.
Un primo monitoraggio degli ITS ha evidenziato che siamo quello che produce più corsi e più occupati e, a livello
nazionale, i nostri corsi si situano nella fascia più bassa
dei costi. Ma la soddisfazione più grande è il riscontro positivo dei comandanti sulla qualità della formazione dei
nostri allievi ufficiali».
www.accademiamarinamercantile.it
Alessandro Berta
Presidente Fondazione ITS
per l’Efficienza Energetica, Savona
«La Fondazione “Istituto Tecnico Superiore per l’Efficienza
Energetica” è stata costituita nel 2010, con la partecipazione dell’istituto “Ferraris - Pancaldo”, di SPES S.c.p.A.,
dell’Università degli studi di Genova, della Provincia di
Savona, del Comune di Savona e di Mondo Marine Spa.
Il diploma, al termine del percorso di studio, è di Tecnico
superiore per l’approvvigionamento energetico e la costruzione di impianti, con specializzazione -per il biennio
26 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
2013-2015, in “efficientamento energetico nella domotica, nella logistica portuale e nei trasporti intermodali”.
L’obiettivo è formare una figura professionale con competenze nella progettazione, organizzazione, gestione e manutenzione degli impianti e delle reti di generazione e distribuzione, in un’ottica di migliore efficienza e valutandone l’integrazione e l’impatto ambientale sul territorio.
La scelta di questo indirizzo formativo è evidentemente
correlata alla forte presenza dell’industria energetica nella
provincia di Savona, con imprese che operano nell’ambito della produzione di energia, della costruzione di impianti e di sub-assiemi energetici. Ma l’attenzione è anche rivolta alle realtà industriali del settore nel Basso Piemonte e a Genova.
Un ruolo di particolare rilevanza lo svolge l’Università che,
fin dal primo anno, ha concesso il riconoscimento di crediti formativi sulle materie specifiche di corso, in quanto
una parte delle lezioni vengono tenute da docenti universitari (e, del resto, l’intero corso si svolge nel Campus).
Per quanto riguarda le docenze di aziende e gli stage, abbiamo la piena collaborazione delle imprese liguri che
operano nel settore energetico e che hanno necessità di
figure professionali qualificate.
Per quanto riguarda il “saldo” tra diplomati ITS e occupati, va detto che le aziende impiantistiche e di produzione
di energia lavorano rispondendo a puntuali esigenze di
mercato e su commessa, e sebbene oggi le difficoltà siano innegabili, posso confermare che le imprese che hanno collaborato nella docenza dal primo anno di attività
della nostra Fondazione, e che oggi hanno una ventina di
ragazzi in stage, hanno tutte confermato la partnership
anche per il secondo e il terzo anno. Alcuni ragazzi hanno
addirittura trovato lavoro ancora prima di terminare il corso: se, da un lato, dispiace che il percorso formativo sia
stato interrotto, dal punto di vista dell’efficacia della preparazione il segnale è decisamente positivo - anche se
l’impatto sul territorio potremo misurarlo solo al termine di
questo ciclo di studi.
In generale, ritengo che gli ITS rappresentino un’opportunità molto interessante per i ragazzi che escono dalla
scuola superiore: tra i punti di forza, ci sono la forte sinergia con le imprese, piani di studio formulati con un taglio
più concreto, la possibilità di fare esperienza in azienda
su un progetto specifico e, non ultimo, la brevità di un
percorso di formazione che avrebbe come alternativa solo la laurea triennale - che non gode di particolare apprezzamento presso le imprese. Questo perché c’è una buona offerta di laureati tecnici sul mercato, ma mancano le
figure intermedie tra laureato e operaio: l’ITS va a riempire
proprio questo gap. L’azienda, infatti, assumendo un neo
diplomato, dovrebbe farsi direttamente carico della sua
formazione specialistica, comprese le prevedibili inefficienze e i relativi costi. Tra l’altro, l’ammissione al corso è
soggetta a una valutazione per titoli, all’esito di un test
sulle materie di competenza e a un colloquio motivazionale, quindi si assicura, già in partenza, una buona offerta
di futuri tecnici».l
www.its-savona.it
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DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
Valore alla
conoscenza
Il mal funzionamento della
cinghia di trasmissione tra
università e industria penalizza
il nostro Paese in termini
di crescita economica
e di occupazione qualificata.
RICCARDO VARALDO
Occorre guardare e andare oltre il “parlare molto” e
il “fare poco” per quanto concerne le politiche e le iniziative volte al rafforzamento e alla diffusione dell’innovazione
tecnologica nel Paese. Sono i tempi che lo impongono.
Le dinamiche in atto nell’economia reale fanno emergere
due principali tendenze di fondo. Da un lato, la tecnologia
entra sempre più consistentemente nei processi, nei prodotti e nei servizi, elevandone qualità e prestazioni. Da un
altro, i nuovi grandi Paesi emergenti stanno rapidamente
riducendo il loro divario tramite massicci investimenti nella ricerca, nell’alta formazione e nelle infrastrutture per
l’innovazione.
La conseguenza è che i Paesi, le Regioni e le imprese
che non sono in grado di capire e di adattarsi alla crescita
di peso dell’innovazione tecnologica sono destinati irrimediabilmente a perdere colpi nella competizione globale. Quello dell’innovazione non è soltanto un problema di
ricerca scientifica e non si affronta semplicemente aumentando di un po’ le relative spese, anche se questa è
una pratica largamente diffusa in Italia, dove manca una
organica ed efficace politica della ricerca e dell’innovazio-
28 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
ne. L’Italia non accusa di per sé una carenza in termini di
produzione di conoscenza - il tipico mestiere dei ricercatori universitari - ma presenta piuttosto un problema di
valorizzazione della conoscenza prodotta e di capacità di
intercettazione e di assimilazione in tempi rapidi delle novità tecnologiche, da parte delle imprese e dell’amministrazione pubblica. L’innovazione nelle imprese è una particolare attività produttiva che richiede investimenti, competenze e capacità specifiche e che espone a difficoltà e
rischi che crescono in funzione del grado di innovatività
della conoscenza da impiegare.
Questo è causa di un diffuso e naturale miss-match tra
università e industria. La prima mira molto - troppo - in alto nella voglia di rincorrere mete scientifiche ambiziose
che danno lustro nel proprio ambiente e servono a pubblicare articoli di pregio. L’industria, invece, non è in grado di norma di capire e seguire l’università e quindi di investire nella trasformazione della conoscenza scientifica
per renderla produttiva. Questo miss-match in Italia crea
due danni. Penalizza innanzi tutto i centri di ricerca più
avanzati per la difficoltà a trovare interlocutori industriali
SSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DO
all’altezza delle loro capacità ed aspirazioni. Questo comporta che in Italia le migliori università finiscono per produrre conoscenze di qualità destinate ad alimentare la libera circolazione del sapere su scala mondiale, ma non a
fruttificare in Italia. Il secondo danno è che l’industria non
può avere al proprio fianco le migliori università nella sfida
dell’innovazione tecnologica, giovandosi di quegli apporti
di nuove idee, competenze qualificate e conoscenze e
tecnologie avanzate, che sono determinanti oggi per avere successo nella competizione globale.
Non si può perdere ulteriore tempo nel contrastare il
blocco dei “due perdenti”. Il Paese ha bisogno di superare questa anomalia del tutto italiana che ci penalizza nei
confronti di Paesi dove la cinghia di trasmissione tra università e industria funziona bene e con risultati di grande
rilevanza per la crescita dell’economia e dell’occupazione
qualificata. L’innovazione di peso oggi non è più un fatto
gestibile in autonomia e indipendenza da parte delle imprese, anche le più grandi e le più dotate di mezzi, ma il
risultato finale di un complesso e articolato gioco di squadra tra vari attori - pubblici e privati - che si sviluppa al
meglio nell’ambito di un efficiente ecosistema dell’innovazione, adatto per alimentare un humus fertile per la germinazione di nuove idee e la nascita di spin-off e start-up
tecnologiche.
Si tratta di una visione strategica che sta prendendo
campo anche in Italia e che ora è in fase di implementazione, con il progetto strategico “Innovation Hub” della
Fondazione Ricerca & Imprenditorialità, in stretta collaborazione con Confindustria Genova, e con il diretto coinvolgimento di alcuni dei suoi Soci presenti in loco - Finmeccanica, Istituto Italiano di Tecnologia, Intesa Sanpaolo, Telecom. Con questo progetto si mira in sostanza
a sfruttare la capacità delle migliori imprese innovative
knowledge-driven per fare ponte tra la ricerca e l’industria, guardando a ciò che già esiste e a quanto si può
creare di nuovo, con il diretto coinvolgimento del mondo
della ricerca e delle imprese più avanzate, che sanno
maggiormente apprezzare e valorizzare il ruolo di apripista di tali peculiari realtà nei processi innovativi.l
Riccardo Varaldo è vicepresidente vicario
della Fondazione Ricerca & Imprenditorialità
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
Eccellenze
dell’Ateneo
ISSUGE - Istituto di Studi Superiori
dell’Università di Genova organizza corsi
di alta formazione in ingegneria-architettura,
ICT e biomedicina come complemento
dei tradizionali percorsi di laurea.
Ne parla il presidente Gianni Vernazza.
L’Istituto di Studi Superiori dell’Università di Genova (ISSUGE) è stato istituito nel 2013 come struttura
didattica autonoma finalizzata a promuovere e a realizzare percorsi di alta formazione per la valorizzazione di alcune tra le eccellenze didattiche e scientifiche presenti
nell’Ateneo genovese.
Agli studenti più meritevoli dell’Università di Genova, selezionati mediante concorso, l’Istituto offre l’accesso gratuito al suo programma di formazione integrativa, un
computer portatile in uso gratuito e un contributo economico per lo svolgimento della tesi di laurea all’estero. Inoltre, ai migliori classificati nella graduatoria del concorso di
selezione, ISSUGE offre borse di studio del valore di
3.000 euro all’anno e benefici riguardanti l’alloggio per gli
studenti fuori sede.
«I nostri allievi - spiega Gianni Vernazza, presidente dell’istituto -, oltre ai corsi di laurea tradizionali seguono un
programma didattico che permette loro di ampliare le
proprie conoscenze in settori e su problematiche non
previsti nei curricula universitari, ma rilevanti per un efficace inserimento nel mondo del lavoro. La docenza è affidata, oltre che a professori universitari, anche a esperti
internazionali, esponenti del mondo dell’industria e degli
enti di ricerca. L’accesso è meritocratico: i ragazzi vengono selezionati tramite concorso nazionale e la graduatori
non tiene conto del reddito, ma del curriculum degli studi
e del risultato delle prove di ingresso».
Oggi, l’Istituto ha attivato tre percorsi di alta formazione.
L’indirizzo IAS - Ingegneria e Architettura della Sostenibilità, nell’ambito delle metodologie e delle tecnologie per lo
sviluppo e l’innovazione sostenibili. Spiega, Vernazza:
GIANNI VERNAZZA
«L’ingegnere e l’architetto oggi non possono più limitarsi
ad affrontare un lavoro sotto l’aspetto tecnologico ed
estetico, devono possedere anche un buon livello di conoscenza giuridica ed economica: basti pensare ai vincoli
di tipo ambientale, di sostenibilità dei progetti, agli impatti
sociali ed etici...».
L’Indirizzo ICT - Information and Communication Technologies, è gestito in collaborazione con l’ISICT (Istituto Superiore di Studi in Tecnologie dell’Informazione e delle
Comunicazioni) e offre un programma di corsi e di seminari mirati a sviluppare competenze in due principali aree
culturali: area gestionale (organizzazione aziendale, economia, comunicazione, creazione di impresa ecc.) e area
tecnico-scientifica con un forte orientamento all’innovazione e alla multidisciplinarietà (nanotecnologie, bioinformatica, neuroscienze, informatica quantistica ecc.).
Infine, l’Indirizzo IEB - Biomedicina è volto a sviluppare
capacità e metodo nell’approccio di problemi scientifici in
campo biomedico. «È il risultato di una stretta collaborazione con alcune importanti società farmaceutiche - precisa Gianni Vernazza - per sensibilizzare il medico ai temi
della ricerca e per aiutarlo ad affrontare casi non comuni,
che richiedono valutazioni più complesse per giungere a
una diagnosi e individuare una terapia».
L’attivazione progressiva di tre indirizzi, nei settori strategici dell’alta tecnologia e della sanità, e la previsione di crescita fino a cinque o sei indirizzi, insieme all’incremento
del numero di studenti coinvolti, attualmente pari a circa
90 e destinati a crescere fino a circa 200, nei prossimi anni accademici, fanno del progetto ISSUGE un elemento
significativo nell’offerta formativa del ateneo genovese.l
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
31
DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
Foto di spin-off
e start-up
I primi risultati di una ricerca
condotta dal Dipartimento di
Economia dell’Università di Genova
sull’ecosistema dell’innovazione
genovese, confermano una grande
“vivacità” relazionale tra centri
di ricerca, spin-off e imprese,
ma scarsamente finalizzata.
Qual è la consistenza delle nuove iniziative (spin-off
originate da centri di ricerca e imprese start-up autonome)
originate nel territorio genovese negli ultimi anni? E le loro
caratteristiche? Quali sono le maggiori difficoltà riscontrate dai soggetti che intendono avviare un’iniziativa imprenditoriale, sia essa di origine universitaria o meno, con particolare riferimento al territorio genovese?
È a questi interrogativi che, all’interno di un progetto di più
ampio respiro, volto a realizzare una “fotografia” dell’ecosistema dell’innovazione genovese, ha cercato di rispondere la prima parte della ricerca affidata al Dipartimento di
Economia da Confindustria Genova e dalla Fondazione
Ricerca & Imprenditorialità. Il primo dato che è emerso
dalle analisi condotte è la numerosità delle iniziative: considerando i soli spin-off originati dai centri di ricerca (Università di Genova, CNR e IIT) in area genovese si rilevano
una cinquantina di imprese. La piattaforma tecnologica
più feconda in area genovese appare quella informatica,
seppure con ambiti applicativi molto differenziati, che vanno dal biomedicale, all’ambiente, ai trasporti, all’energia.
Un primo dato emerge quindi con evidenza: la discrepanza tra il numero delle imprese spin-off di centri di ricerca e
32 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
il numero di imprese iscritte all’apposito registro Infocamere (27 al 4 febbraio 2014, di cui 23 in area genovese),
un aspetto che consente di affermare che il Decreto Legge “Crescita 2.0”, volto a incentivare e sostenere le giovani imprese innovative, non ha colto nel segno. I motivi? Gli
incontri con le imprese e i centri di ricerca hanno evidenziato due aspetti: la scarsa conoscenza della normativa
da parte dei professionisti e i vincoli posti dalla stessa (in
particolare 4 anni di età e il divieto di distribuzione degli
utili). Imprese (e centri di ricerca) hanno evidenziato diverse criticità nell’avviare un’iniziativa imprenditoriale.
Alcuni aspetti (riconducibili al contesto generale) sono noti: il peso della burocrazia e del fisco sulle imprese, che
costituiscono un aggravio particolarmente pesante per le
imprese nascenti e incidono sull’opportunità di fondare
un’iniziativa in Italia piuttosto che all’estero; la normativa
che disciplina gli spin-off e le start-up, particolarmente
vincolante; il sistema della ricerca, spesso maggiormente
interessato alla ricerca di base più che a quella applicata e
poco attento, nei percorsi formativi tecnologici, alle competenze manageriali; la crisi economica che, oltre a tradursi nel calo della domanda, comporta anche la dilazio-
SSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DO
ne dei termini di pagamento e condizioni contrattuali sempre più aggressive. Accanto a questi fattori, alcune criticità sono però ricondotte a fattori di contesto genovese o
ligure, tra cui: le ridotte dimensioni del mercato ligure, che
impone alle imprese, fin dalla nascita, di rivolgersi a un
mercato quantomeno nazionale, con tutte le implicazioni
in termini di sviluppo di una rete commerciale adeguata; la
refrattarietà del territorio a determinate tecnologie all’avanguardia, nonostante siano attivi alcuni centri di ricerca
specializzati; la “fuga dei cervelli” (ricercatori e laureati più
brillanti), come conseguenza della scarsa attrattività del
territorio; la presenza di numerose iniziative (distretti e poli
tecnologici), anche sovrapposte, che portano a frequenti
relazioni tra enti di ricerca, spin-off e imprese, ma con
scarsa produttività; la carenza della qualità dei servizi professionali, ad esempio con riferimento alle specifiche normative riguardanti le start-up innovative; la presenza di
annosi problemi infrastrutturali, che creano difficoltà alla
crescita delle imprese e allo sviluppo di attività innovative
complementari tra i vari soggetti operanti nel territorio.
Critico è anche il rapporto con il sistema finanziario, caratterizzato da una parte dalla ridotta propensione delle ban-
che a investire negli spin-off (e non solo), dall’altro dalla
scarsa presenza di venture capital in area genovese.
Quali le implicazioni dei punti precedentemente descritti?
Le specifiche carenze del sistema dell’innovazione genovese (elevata relazionalità, ma poco finalizzata; carenza di
servizi professionali qualificati e mirati, discrasia tra specializzazioni della ricerca e tessuto industriale), cui si aggiungono le criticità nel reperire investimenti per la crescita,
rendono auspicabile l’avvio di iniziative che, anche attraverso l’offerta di servizi professionali specialistici, di iniziative formative mirate e di servizi di tipo finanziario innovativi,
possano intervenire efficacemente, contribuendo anche a
ridurre il gap esistente rispetto ad altri ecosistemi innovativi. Ancor più rilevante appare però che tali iniziative si facciano promotrici di una relazionalità non fine a se stessa,
ma produttiva, che consenta da una parte il dialogo con
altri ecosistemi dell’innovazione, dall’altra di connettere i
problemi tecnologici delle imprese con le possibili soluzioni
proposte da spin-off e centri di ricerca, agendo da “cassa
di risonanza” sulle aree di interesse dei diversi attori.l
Cinzia Panero è ricercatore
presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Genova
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
SmartUp
d’Impresa
Il gruppo di lavoro costituito
nell’ambito dell’Associazione
Genova 2021 ha il compito
di favorire la nascita e lo
sviluppo di nuove imprese,
start-up e spin-off innovativi.
ALDO LOIACONI
Da una recentissima indagine effettuata da Confindustria e Dixet, con l’importante collaborazione del Dipartimento di Economia dell’Università di Genova, risulta
che le aziende del nostro territorio che realizzano servizi,
prodotti, soluzioni e applicazioni, ricerca e formazione nei
settori dell’high-tech e delle tecnologie avanzate (elettronica, informatica, telecomunicazioni, biomedicale, automazione, robotica ecc.) sono più di 400.
L’indagine, che è durata qualche mese, ha preso in considerazione diversi parametri, quali la partecipazione o
meno dell’azienda a Distretti e Poli Tecnologici, a Bandi
di Ricerca e Innovazione (Europei, Ministeriali e Regionali), l’attribuzione o meno del codice ATECO per attività
high-tech ecc. Questa realtà, così significativa per il settore socio-economico di Genova e della Liguria, non è
conosciuta da molti e, conseguentemente, non sempre
risulta valorizzata e supportata per favorirne lo sviluppo.
È anche per questa ragione che, a metà dell’anno scorso, Confindustria Genova e Dixet hanno costituito l’Associazione Genova 2021 - voluta, quindi, fortemente dalle
aziende del nostro territorio.
La missione di Genova 2021 è favorire lo sviluppo, la promozione e il coordinamento delle attività e delle iniziative
34 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
finalizzate alla crescita dei settori ad alta tecnologia che
ricomprendono le imprese, manifatturiere e non, ubicate
nella nostra area metropolitana.
Come? Sono stati creati due Gruppi di lavoro con lo scopo di vedere quali sono, a livello mondiale, gli sviluppi innovativi tecnologici (prodotti, soluzioni, applicazioni...) in
due settori tra i più importanti della nostra regione: l’automazione di fabbrica e il porto e retroporto. Questo al fine
di fornire alle nostre aziende (grandi Imprese e PMI) le
opportune indicazioni per innovare e svilupparsi sul mercato nazionale e internazionale.
Inoltre, è stato costituito il gruppo di lavoro “SmartUp di
Impresa” che, sulla base delle analisi effettuate dai gruppi di lavoro tecnologici, ha la missione di favorire l’ideazione, la nascita e lo sviluppo di nuove imprese, startup, spin-off in settori particolarmente innovativi. I componenti di questo gruppo di lavoro hanno le professionalità più variegate, anche perché sono davvero molteplici e diverse le competenze necessarie per definire prima, e sviluppare poi, un’idea imprenditoriale innovativa
nell’alta tecnologia: tecnologi, economisti, ricercatori,
imprenditori di grandi imprese, imprenditori di PMI,
esperti di brevetti. È chiaro che se l’ideazione di una
SSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DO
nuova start-up viene individuata dai gruppi di lavoro tecnologici, viene meno uno dei problemi più grossi che la
nuova azienda, specialmente se nata in ambito universitario, deve affrontare per svilupparsi sul mercato, e cioè
il “time to market”, ovvero la presenza e l’offering dell’azienda sul mercato troppo in anticipo rispetto alla “domanda” effettiva dei clienti.
Il gruppo di lavoro “SmartUp di Impresa”, oltre a favorire
l’incontro tra la nuova impresa e i potenziali investitori, sta
predisponendo una serie di servizi, forniti a titolo gratuito,
per accompagnare e promuovere le nuove imprenditorialità: consulenze nelle aree amministrative, fiscali, del lavoro, legali, sulla proprietà intellettuale e industriale, sulla
definizione del business plan, per il marketing e per la comunicazione, rapporti con gli Istituti Bancari ecc., oltre
all’organizzazione di attività di formazione specialistica.
Anche in funzione della presenza sul nostro territorio di
personale sia tecnico che manageriale molto qualificato
che, per motivi diversi, è uscito prematuramente dalle rispettive aziende (i così detti “over 50”), è possibile affiancare ai giovani imprenditori gli opportuni tutors che possano accompagnarli nella costituzione, gestione e sviluppo della loro idea di impresa.
Il gruppo di lavoro sta costruendo, allo scopo, un data
base di qualificati profili professionali.
Queste iniziative hanno già portato, nello scorso mese di
gennaio, alla valutazione e probabile costituzione di tre
nuove start-up che probabilmente saranno registrate come “start-up innovative”.
La prima, nel settore del “3D Printing”, la tecnologia che,
mettendo insieme l’informatica (hardware e software) e i
materiali, sta rivoluzionando il mondo della produzione di
componenti e oggetti tridimensionali, praticamente in tutti i settori industriali.
La seconda, nel settore della “Realtà Aumentata”, e cioè
quella tecnologia che, grazie, per esempio, a dispositivi
mobili dotati di fotocamera, consente la visualizzazione di
elementi virtuali in grado di “aumentare” la realtà, come
filmati, animazioni in 3D, elementi multimediali, audio.
La terza possibile start-up è nel settore del “Mare e Recupero Energetico”: come sfruttare il mare, appunto, per
recuperare energia realizzando anche opportuni sistemi
innovativi di diagnostica.l
Aldo Loiaconi è presidente Gruppo Sigla Spa
e coordinatore del gruppo di lavoro SmartUp d’Impresa di Genova 2021
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
35
DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
Proposte
di riforma
Come si potrebbe intervenire per razionalizzare
il sistema della ricerca italiano?
Abbiamo chiesto l’opinione di Paolo Annunziato,
direttore generale del CNR.
PAOLO ANNUNZIATO
di Piera Ponta
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) è la più
grande struttura pubblica con compiti scientifici nel nostro
Paese. Costituito nel 1923 e trasformato nel 1945 in organo dello Stato, nel 1999, è diventato “ente nazionale di
ricerca con competenza scientifica generale e istituti
scientifici distribuiti sul territorio...”. Attualmente la rete
scientifica del CNR è composta da oltre 100 Istituti, articolati in 7 Dipartimenti, con circa 8.000 dipendenti. La
nuova missione dell’Ente è riassunta nell’obiettivo: “creare
valore attraverso le conoscenze generate dalla ricerca”.
Direttore, il nostro “sistema ricerca” è ricco di contenuti
(progetti, scienziati di talento, centri di eccellenza) ma
povero di risorse - e con la spending review la situazione non è destinata a migliorare. Quali sono i punti deboli del sistema su cui è urgente intervenire?
Il “sistema ricerca” necessita di una riforma che operi su
tre livelli: quello delle risorse, quello delle regole e quello
della governance. Per quanto riguarda il primo punto, ritengo ci sia un estremo bisogno di sintesi: in termini reali,
continuiamo a ridurre le risorse per la ricerca e il numero
dei ricercatori, gli investimenti in formazione e in attrezzature. Questo significa impoverire il capitale di conoscenze
che, ogni anno, finisce col deprezzarsi, mentre si dovrebbe continuare ad aggiornarlo e a valorizzarlo. Ciò che
produce risultati non è tanto il flusso degli investimenti
ma lo “stock” di conoscenze di cui si può disporre se nel
corso degli anni si è investito in modo corretto. Tagliare i
finanziamenti alla ricerca significa colpire la capacità di
produrre scoperte e quindi indebolire competenze e
competitività, elementi fondamentali per il rilancio economico del Paese. Per questo le spese per i programmi di
ricerca e sviluppo dovrebbero essere escluse dai para-
36 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
metri di calcolo del fabbisogno affinché non incidano sul
debito e sia così possibile continuare a investire senza
essere vincolati dalla spending review.
Passiamo alle regole.
Il problema è che oggi l’attività di ricerca è soggetta alle
stesse regole della pubblica amministrazione, e questo genera inefficienze. Le strutture che fanno ricerca dovrebbero
godere di una maggiore autonomia responsabile, che vuol
dire meno controlli ex ante, cioè meno burocrazia, e più
controlli ex post, ossia verifica e valutazione dei risultati.
E ora parliamo di governance.
Attualmente in Italia ci sono 22 enti di ricerca, regolati da
sette diversi Ministeri che definiscono gli indirizzi dell’attività di ricerca e gestiscono i relativi fondi, ciascun Ministero
per sé. L’ideale sarebbe forse avere un’unica cabina di regia, che faccia riferimento al Presidente del Consiglio e
che definisca un piano generale della ricerca. Andrebbe
anche considerato che 22 enti di ricerca sono tanti, ed è
probabile che ci siano duplicazioni di cariche e di inefficienze. Sarebbe importante riunire le risorse disponibili e
coordinare i vari progetti. Il famoso Piano Nazionale della
Ricerca, presentato nelle scorse settimane, riguarda solo il
Miur e nessuno degli altri Ministeri. Il Piano fa ampio riferimento a Horizon 2020, ma non c’è una visione organica
sulle esigenze del Paese in materia dì ricerca, che comprenda anche i temi della salute o della sicurezza del territorio. L’ideale sarebbe avere una governance “tripartita”,
come in Francia, in Germania o negli Stati Uniti, formata
da chi individua le linee di attività, da chi definisce i contenuti dei bandi e da chi la ricerca, alla fine, la realizza. È
paradossale che oggi coesistano il Fondo FAR del Ministe-
SSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DO
Struttura molecolare del Grafene
ro della Ricerca e il Fondo FIT del Ministero dello Sviluppo,
entrambi dedicati al sostegno della ricerca industriale e
dell’innovazione tecnologica, e che l’1% di ricerca o di sviluppo in più o in meno sia il discrimine per presentare un
progetto sul bando FAR piuttosto che sul bando FIT.
Tutto questo non aiuta né il trasferimento tecnologico
né la creazione di startup innovative.
Per chi si dedica alla ricerca non è così immediato capire
la differenza tra una scoperta e un prodotto, leggere i risultati della propria attività in una prospettiva commerciale. In
Italia sono pochi i ricercatori che hanno questa sensibilità,
perché il mondo della ricerca e dell’industria sono sempre
stati separati, non è mai stato creato un ponte che favorisse la traduzione di una scoperta scientifica in prodotto
commerciale. Anche l’Unione Europea sta lavorando su
questi temi. Un primo passaggio particolarmente complesso riguarda la prototipazione. Spesso, infatti, si tratta
di ricerche che hanno come risultato processi, metodologie, meccanismi di cui non è stata individuata ancora una
finalità precisa. Si pensi al grafene, per esempio: è una
scoperta rivoluzionaria, di cui si capisce la grande potenzialità, ma la strada verso l’industrializzazione è ancora
lunga. In casi come questi, dove trovare le risorse per la
prototipazione? Una possibilità è attraverso i fondi pubblici, a livello nazionale ed europeo; oppure rivolgendosi al
corporate venture capital, ovvero a grandi imprese che investono in spin-off innovativi potenzialmente strategici per
lo sviluppo del proprio business. In Israele e negli Stati
Uniti hanno promosso fondi pubblici di finanziamento rotativi a sostegno dell’acquisizione di spin-off innovativi da
parte di imprese medio-grandi. In Europa, però, questo
potrebbe essere letto come un aiuto di stato.
Cosa sta facendo il CNR su questo tema?
Innanzi tutto abbiamo approvato un nuovo regolamento
di sostegno agli spin-off che prevede un intervento più incisivo dell’Ente nella selezione dei progetti d’impresa e la
successiva partecipazione alla creazione dell’azienda attraverso la “concessione” di ore/uomo del ricercatore, facilitazioni nell’utilizzo di brevetti, strumentazioni o uffici del
CNR. Questo contributo viene valorizzato, in base a convenzioni, fino al 25% del capitale della società, da cui
l’Ente uscirà dopo un periodo di tre-cinque anni. Il CNR si
impegna anche a trovare i finanziamenti necessari allo
sviluppo del progetto e quindi dell’azienda tramite una rete di banche e di investitori privati; infine, favorisce la partecipazione delle start-up a eventi dove sono presenti anche venture capitalist internazionali.
Abbiamo inoltre costituito una commissione brevetti, di
cui fanno parte aziende e investitori, che ha il compito di
aiutarci nella valutazione dei progetti d’impresa. I ricercatori a un certo punto devono scegliere se diventare imprenditori o restare come sono: la ragione per cui molti
spin-off non si evolvono è perché non sono sostenuti da
un vero progetto imprenditoriale. Per questo motivo è importante, anche come Confindustria, insistere sul collegamento grande impresa - spin-off e piccola impresa - spinoff. Oggi, ricercatori e imprese parlano ancora una lingua
diversa: i primi vedono nel rapporto con l’azienda l’opportunità di proseguire la propria ricerca, mentre l’azienda ha
un orizzonte temporale molto più limitato e orientato a
una rapida industrializzazione dei risultati. L’azione di un
soggetto aggregatore capace di fare sintesi e quindi favorire l’incontro tra la domanda di ricerca espressa dalle
PMI e il mondo della ricerca e degli spin-off sarebbe utilissima. Ma evitando duplicazioni di iniziative.l
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
Strada in salita
Fare impresa in Italia è difficile, ma se la
start-up è pure innovativa, gli ostacoli
diventano quasi insormontabili. Eppure
è dimostrato che il contributo delle startup al rinnovamento del sistema produttivo e sociale è un elemento determinante
nel generare vantaggi competitivi di lungo periodo.
SALVATORE MAJORANA
Da qualche anno ho il privilegio di accompagnare
giovani ricercatori in quel percorso che li porta dai laboratori dell’Istituto Italiano di Tecnologia verso il sogno di
creare impresa. Si tratta di ragazzi e ragazze che hanno
dedicato con trasporto ed enorme dedizione gli anni della loro giovinezza allo studio, all’approfondimento, al superamento dei confini di ciò che è noto per dar luce a soluzioni nuove, a volte del tutto inattese anche per gli stessi inventori. In questo affascinante percorso, lo sviluppo
di un’invenzione, punto di arrivo di anni di scrupolosa ricerca, è tuttavia appena il primo seme di quel che potrebbe essere un nuovo prodotto da immettere sul mercato. Per passare da quel seme al primo germoglio, e poi
alla pianta e al frutto, è necessario il contributo di competenze e risorse che vanno ricercate in molti ambiti diversi.
È così che taluni, animati da autentica passione, decidono di valorizzare la loro ricerca creando nuova impresa.
Chiunque si appresti alla creazione di una start-up, e forse ancor di più lo scienziato, si trova di fronte a un momento di grande discontinuità, che lo costringe ad abbandonare i metodi e gli strumenti familiari del laboratorio
per confrontarsi con logiche di mercato, certificazioni
tecniche, sistema di produzione, finanza e, non da ultimo, burocrazia. Si tratta di una montagna di novità che
impegnerà per mesi i neo imprenditori nella ricerca degli
equilibri giusti tra le diverse componenti di business, nel
continuo ridisegnare il rapporto tra il prodotto e il mercato, tra la struttura di costo e le partnership strategiche,
tra i modelli di distribuzione e la gestione del cliente. La
fase di start up è dunque quel percorso che, con logica
38 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
adattativa, permette - e impone - la sperimentazione di
nuovi assetti aziendali, nuovi rapporti con la filiera produttiva e distributiva, richiedendo per contro una continua ricerca di conferme dal mercato e un accesso a fonti di finanziamento attente e lungimiranti.
Siamo dunque di fronte a dei giovani motivati, che hanno
lavorato tantissimo per creare qualcosa di nuovo e che
vedono la possibilità di introdurre sul mercato un nuovo
modo di generare valore. Sono i semi di quella foresta
che darà aria pulita ai nostri figli.
È infatti dimostrato nei dati di tutte le economie più avanzate del pianeta, che il contributo delle start-up al rinnovamento del sistema produttivo e sociale è un elemento
determinante, capace di generare enormi valori e vantaggi competitivi di lungo periodo.
Allora chiediamoci: possiamo mai permetterci di ignorarli? Possiamo forse avere l’atteggiamento sufficiente e
distratto che si ha verso dei ragazzini rumorosi che giocano a pallone giù in strada?
Eppure in molti, moltissimi casi, è proprio questo l’atteggiamento dominante che gli start-upper nostrani si trovano a fronteggiare.
L’Italia esprime aziende con grandissime competenze,
che hanno formato negli anni i migliori tecnici al mondo,
eppure pochissime di queste (quasi nessuna) ha codificato nella sua organizzazione un programma di accompagnamento alle start-up di chi ci prova. Se i giovani imprenditori potessero accedere in modo più continuativo e
strutturato al supporto e all’esperienza delle nostre imprese, la loro probabilità di sbagliare modello di business
SSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DO
si ridurrebbe così come i tempi necessari per stabilizzare
e consolidare la start-up.
E, d’altro canto, questo sarebbe uno straordinario meccanismo che permetterebbe all’impresa di sfruttare uno
scambio continuo con nuove idee dall’esterno creando,
al contempo, un atteggiamento attento all’innovazione al
proprio interno. La disponibilità di giovani che si mettono
in gioco con nuove iniziative è un’occasione preziosa che
l’impresa italiana finora non ha saputo cogliere, contribuendo così a relegare le start-up a un contesto industriale arido di legami e ancor più difficile da affrontare.
Ma le start-up affrontano complessità che vanno al di là
dello sviluppo del prodotto o dell’organizzazione del proprio ciclo industriale.
In una recente indagine svolta dalla Fondazione Ricerca
& Imprenditorialità emerge che gli start-upper italiani si
trovano smarriti quando, deciso di fare il grande passo, si
scoprono a passare i primi mesi a risolvere questioni di
mera burocrazia. Il sistema delle start-up si rivela un
cliente inespresso per commercialisti, consulenti del lavoro, consulenti della sicurezza, notai ecc., i quali si rivolgono alle start-up senza alcuna flessibilità, senza alcuna
attenzione al fatto che, se ben aiutate, potranno diventare i clienti del futuro. È comprensibile come, visti con gli
occhi di chi scommette su nuovi modi di fare impresa,
questi atteggiamenti possano essere percepiti come incomprensibili e, anzi, come un deterrente.
Quando poi il nostro start-upper si rivolge alle fonti di finanziamento, spesso si trova di fronte alla parte più impervia del suo cammino. E ciò, nella mia esperienza, non
perché in Italia non vi sia capitale di rischio, rintracciabile
presso i fondi d’investimento, i family office e le Fondazioni private, o ancora presso aziende e imprese sparse
su tutto il territorio.
Piuttosto il settore delle start-up si rivela incapace di attirare l’attenzione di questi capitali perché caratterizzato
da un profilo di rischio alto. Un profilo di rischio - beninteso - del tutto normale per iniziative giovani, ma evidentemente eccessivo per il tessuto finanziario e industriale
nostrano, che sembra più attento a riversare i propri sforzi su percorsi noti, guardando ai giovani con un misto di
curiosità e diffidenza. Se a ciò aggiungiamo un mercato
secondario molto fragile, ossia contraddistinto da pochi
casi compravendita su aziende che hanno superato la fase di start-up, si comprende come, anche chi ha la missione di investire nelle piccolissime neo-imprese, spesso
rimane alla finestra. Ben vengano casi come l’italiana
EOS, che a novembre 2013 viene venduta per 400M$
dopo una fase di start-up durata 7 anni. Che siano di incoraggiamento per il settore!
E tuttavia i dati dell’AIFI parlano di una frenata del Venture Capital in Italia negli ultimi tempi, a cui si accompagna
un orientamento verso investimenti relativamente piccoli,
capaci di rientrare in tempi brevi (3-5 anni) e con chiare
prospettive di realizzazione. Tale strategia di gestione del
rischio finanziario da parte degli operatori della finanza è
radicalmente in contrasto con le necessità di una startup ad alta tecnologia. Queste ultime, infatti, hanno me-
diamente bisogno di un periodo di accompagnamento
lungo prima di generare flussi di cassa sostenibili e, soprattutto, investimenti dell’ordine del milione di euro già in
fase di early stage. A fronte di ciò, promettono spesso
tecnologie che cambiano interi settori industriali, assicurando vantaggi competitivi di lungo periodo. Arroccati su
(comprensibili?) posizioni di difesa, i capitali non entrano
nel sistema causando complessivamente una scarsa
densità di scambi e mobilità di imprese su un mercato
che richiederebbe una “energia di attivazione” ben superiore di quella oggi disponibile.
Quando la start-up Microturbina (sviluppa e commercializza una turbina brevettata da IIT per la conversione di
flussi liquidi e gassosi in energia elettrica, ndr), nata nei
laboratori IIT, si rivelò vincitrice molti premi, tra cui il prestigioso Premio Nazionale per l’Innovazione (PNI), vi fu un
intenso periodo di confronti con numerose imprese interessate alla tecnologia. Incoraggiato da questa risposta
iniziale, il giovane inventore si mise alla ricerca di fonti di
capitale che, sorprendentemente, non trovò tra gli operatori professionali. Per i fondi, infatti, la start-up avrebbe
dovuto avere un mercato già disponibile, altrimenti sarebbe risultato un investimento troppo incerto. Per contro, le
numerose aziende interessate chiedevano un prodotto
già utilizzabile, dicendosi non disposte a investire nella fase di prototipazione. Ebbene ci volle più di un anno per
individuare un soggetto privato che, con lungimiranza,
decise di supportare la start-up in quella fase di de-risking per portare il prodotto sul mercato.
Questo caso può certamente essere considerato un’esperienza di successo nel panorama italiano, ma è stridente il confronto con un’altra start-up nata nei laboratori
di IIT: SEM Plus, che sviluppa e commercializza un touch
pad flessibile di nuova generazione brevettato da IIT.
Il team di SEM Plus, dopo aver ricevuto un primo finanziamento da un fondo italiano (30 mila euro da dedicare
alla formazione manageriale) si trovò a cercare un supporto più solido per partire con lo sviluppo del prodotto. Il
viaggio studio in Silicon Valley di uno dei ragazzi lo portò
a contatto con un potenziale investitore il quale, incontrato a un evento mondano, gli diede appuntamento per il
giorno dopo. Da quell’appuntamento SEM Plus uscì con
un finanziatore e un mentor proveniente dal settore di interesse. 48 ore per accendere la macchina e partire. La
società è stata costituita in USA e oggi sta affrontando
un nuovo round di finanziamento con riscontri molto positivi da privati, aziende e fondi, e si chiuderà tra qualche
settimana. Dare ossigeno al sistema delle start-up vuol
dire darlo al Paese e alle generazioni future.
Questo è un risultato di Sistema, al quale imprese, finanza
ricerca e pubblica amministrazione dovranno partecipare
accettando di cambiare le loro logiche e riconoscendo il
valore di coltivare nuove idee. Vinceremo questa sfida se
saremo capaci di avere imprese più attente ed aperte,
Venture Capital più capaci di rischiare e un sistema della
ricerca dotato di logiche premianti per chi fa start-up.l
Salvatore Majorana è Direttore Technology Transfer
all’Istituto Italiano di Tecnologia
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
Più formazione
Per Beppe Costa non è tollerabile che
il 50% dei giovani non abbia un lavoro:
la pianificazione di percorsi formativi
mirati, anche pre-universitari, potrebbe
contribuire ad abbattere questo dato.
BEPPE COSTA
Beppe Costa, delegato all’Education di Confindustria
Genova e Presidente di Sogea, non ha dubbi. La formazione, garantendo un continuo aggiornamento delle conoscenze tecniche e gestionali delle risorse umane, rappresenta la spinta operativa per favorire il consolidamento
del posizionamento strategico di un’impresa nei mercati e
la nascita di nuove attività imprenditoriali.
•••
Quello della formazione è un mondo complesso, che
coinvolge tanto la scuola e l’università quanto le imprese. Cos’è, per lei, in sintesi, la formazione?
Un metodo per investire sulla persona. Oggi, per fortuna,
non conta più la macchina da sola, ma la persona, a tutti
i livelli. Soprattutto in un tempo di crisi come il nostro, se
si vuole crescere, occorre fare un’attenta programmazione della formazione. Sia a livello scolastico, universitario,
e post-universitario, che all’interno delle aziende, dove lo
sviluppo e la valorizzazione delle risorse umane è un asset imprescindibile in un’ottica di innovazione e sviluppo.
La formazione è un processo continuo, che va promosso
e supportato. A mio avviso, beninteso quando è una
buona formazione, non è mai una perdita di tempo, ma,
tutto al contrario, un volano che può essere molto utile
40 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
per contrapporsi a una stagnazione che non è sempre e
soltanto economica, ma spesso anche mentale. I bilanci
aziendali, nel tempo, sono soggetti a oscillazione. Non si
dà un grafico “piatto” di un trend aziendale. Le aziende o
crescono o implodono, e per aiutarle a crescere i dipendenti hanno bisogno di ossigeno, di allenare il cervello e
lo spirito a rinnovarsi costantemente.
Si parla non senza ragioni del gap di alta formazione
che affligge l’impresa italiana, sopratutto quella di piccole dimensioni, storicamente povera di personale in
possesso di laurea e ancor di più di titoli post laurea.
Da questo punto di vista, qual è lo scenario genovese?
Da parte dell’Università di Genova c’è voglia di andare
dietro alle imprese, di studiarne le evoluzioni concrete, “di
mercato”, per avvicinare quanto più possibile la formazione e l’offerta di competenze alla domanda di lavoro. E
non mi riferisco soltanto alla facoltà di Economia, ma anche alle altre facoltà, comprese quelle di taglio umanistico. Prova ne sia la recente stipula di un accordo quadro
fra noi di Confindustria Genova e l’Università, e la costruzione, nel maggio scorso, di un gruppo di lavoro dedicato. Puntualizzerei però anche sulla necessità di focalizzarsi con più attenzione sul sostegno di una formazione mirata a livello pre-universitario. Sullo sfondo, vedo gigan-
SSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DO
teggiare il problema dell’occupazione giovanile. Non capisco come non ci si ribelli con maggior forza al dato di fatto che il 50% dei ragazzi, oggi, in Italia, non lavora, e che
rischia di perdere perfino la speranza di lavorare. Questo
non è un dato statistico, ma un dramma.
E cosa si può fare, per favorire un’anche piccola inversione di tendenza?
Insistere con le politiche di sostegno alla formazione. Al di
là dell’evidenza che negli anni passati c’è stato un abuso
di formazione finanziata dagli enti pubblici, Province in
primis, che hanno generato perfino, talvolta, una certa
diffidenza nei suoi confronti. Perché quando dico insistere
con le politiche di sostegno, intendo dire, insomma, che
occorre individuare e perseguire dei percorsi di accreditamento dell’idea stessa della formazione presso i privati.
Privati veri. Imprenditori, cioè, disposti a investire l’x per
cento del loro costo del personale in formazione. Bisogna
far capire di più, e a più soggetti, che la formazione è fondamentale nello sviluppo di un’azienda. In tempi difficili,
investire in formazione può anche essere una maniera di
riciclarsi, e ripartire. Le attività Education di Confindustria
Genova stanno andando convintamente in questa direzione. Per esempio quando Confindustria, con alcune
aziende associate, collabora nella gestione di Istituti Tec-
nici (ICT e Marina Mercantile). O quando partecipa attivamente, come ha fatto, al Salone ABCD, che si è tenuto in
Fiera a metà novembre, consentendo l’organizzazione di
brevi seminari su numerose realtà aziendali per i gruppi di
studenti che ne hanno fatto richiesta. O ancora quando,
sempre a novembre, in occasione della Giornata nazionale della Piccola e Media Industria, ha coordinato l’apertura di 30 aziende associate a visite di scolaresche, per un
totale di oltre 900 studenti. Piccole azioni di orientamento. Necessarie, tuttavia, per tenere insieme i percorsi, altrimenti paralleli o addirittura divergenti, del mondo della
scuola e di quello dell’impresa.
Lungo quest’asse così fondamentale, ci sono altre iniziative in cantiere?
Abbiamo aderito alla nuova edizione del progetto nazionale “La Tua Idea d’Impresa” e alla candidatura presso la
Regione Liguria per la costituzione di vari poli tecnicoprofessionali, tra i quali quello in tema “Mare”, “Cultura,
Comunicazione e Informazione” e “Meccanica”. Infine,
abbiamo aperto il bando per la terza edizione del “Progetto Stage Docenti in Azienda”, che prevede il coinvolgimento di una settantina di professori di vari istituti scolastici genovesi, coinvolti, fra marzo e aprile, in brevi stage
di uno o due pomeriggi in azienda.l (RMR)
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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6
42
DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
La nuova sede di Siemens agli Erzelli
Alla ricerca della
concretezza
In Siemens, agli Erzelli, Maria Giuseppina
Uccelli guida alcune centinaia di ricercatori
esperti in automazione industriale.
MARIA GIUSEPPINA UCCELLI
Il MES (Manufacturing Execution Systems) è l’insieme
di quei programmi software che permettono a un’azienda
di gestire efficacemente la propria filiera produttiva, facendo dialogare l’area business con la fabbrica. Il team MES
di Siemens, a Genova, è il riferimento della casa madre
tedesca per lo sviluppo di prodotti per questo settore.
Responsabile dell’R&D dal 1995 (nell’allora Orsi Automazione) è Maria Giuseppina Uccelli, ingegnere elettronico.
analisti, perché un errore in questo senso può portare al
fallimento del progetto.
Dottoressa Uccelli, qual è stato il percorso che l’ha
portata, oggi, a dirigere il centro di Ricerca & Sviluppo
di Siemens nell’ambito dell’automazione industriale?
Dopo la laurea in ingegneria elettronica, avrei potuto rimanere all’Università con un dottorato di ricerca, ma io volevo “fare cose”... Per un anno e mezzo ho lavorato negli
Stati Uniti, in un’azienda del settore avionico, dove mi sono occupata di product management. Poi sono rientrata
a Genova, alla Orsi Automazione, area Ricerca & Sviluppo, di cui sono diventata responsabile nel 1995. Nel 2000
Siemens ha acquisito la società facendone il centro di riferimento per il MES, di cui sono stata confermata responsabile per le attività di R&D. Quello di Orsi con Siemens si è rivelato un matrimonio felice.
Il binomio ricercatore-precario sembra contare pochissime eccezioni in Italia: secondo Lei esiste un problema
di mercato, dove domanda e offerta non si incontrano?
La ricerca è, per sua natura, precaria. Quando si definisce un progetto che sembra avere una certa potenzialità
di successo, il team di ricerca si organizza e comincia a
svilupparlo. Se i risultati sono incoraggiati, il team si allarga, si consolida e diventa una start-up. Questo succede
negli Stati Uniti. In Italia la creazione di una nuova impresa
su un progetto innovativo è resa ancora più complicata
dalla rigidità del mercato del lavoro. Università e industria,
poi, sono ancora molto lontane, i rispettivi interessi hanno
spesso obiettivi e orizzonti temporali diversi, il che rappresenta un ostacolo nell’ottica di creare osmosi tra i due
mondi. Credo che l’Università italiana dovrebbe rivedere
profondamente i percorsi di studio, per offrire agli studenti
un livello di preparazione adeguato per competere in un
mercato internazionale. Da inizio anno siamo agli Erzelli:
Siemens ha riposto molte aspettative in un futuro di forte
sinergia con la Facoltà di Ingegneria su progetti concreti.
L’attività di ricerca richiede investimenti, in generale
molto ingenti e, spesso, senza alcuna garanzia di risultato: nelle scelte aziendali, quanto pesa la valutazione
del rischio di insuccesso o, viceversa, la redditività
possibile di un progetto di ricerca?
La valutazione del rischio nel calcolo della redditività pesa
tantissimo. Gli investimenti che si devono mettere in campo per sostenere un progetto di ricerca sono rilevanti, e
quindi, in un’azienda, non basta avere una buona idea,
creare il progetto e sviluppare il prodotto, ma serve capire
anche dove andare e a chi venderlo, bisogna conoscere il
proprio posizionamento sul mercato e studiare i trend
tecnologici a livello globale, anche con l’aiuto di esperti
La “conoscenza” è un fattore strategico di competitività
per le imprese, e come tale va protetto; è immaginabile
che un progetto di ricerca e i relativi risultati possano diventare una sorta di laboratorio “aperto” anche a soggetti esterni alle imprese, dove i contributi si sommano
e danno origine a nuovi spunti di approfondimento?
In questa direzione è stato fatto un importante passo
avanti con la costituzione dei Cluster tecnologici nazionali, ai quali partecipano centri di ricerca, università, imprese, utenti finali, provando, concretamente, a fare rete su
progetti di interesse comune. Ma a livello mondiale la “conoscenza” è già un “laboratorio aperto” da tempo: noi
non possiamo rimanerne fuori.l (P.P.)
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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DOSSIER RIFORME DOSSIER DOSSIER DOS
education & ricerca
Ricerca,
investimenti
e manager
La ricetta Malacalza per la filiera
hi-tech della superconduttività.
DAVIDE MALACALZA
Davide Malacalza, attraverso la sua holding Hofima,
è azionista di ASG Superconductors, attiva nel settore dei
superconduttori per il mondo della ricerca. L’azienda controlla anche Columbus Superconductors, che produce un
innovativo cavo superconduttivo per la trasmissione dell’energia, e Paramed che, proprio grazie alla tecnologia
superconduttiva, ha realizzato un rivoluzionario sistema di
risonanza magnetica “green” e anticlaustrofobia.
•••
Come vi siete avvicinati al mondo della ricerca sotto il
profilo industriale?
Il nostro percorso tecnologico è iniziato nel 2001 con l’acquisizione dell’unità magneti dell’Ansaldo che si è andata
ad aggiungere alle altre attività di Famiglia. All’epoca ASG
“ripartiva” con circa 70 dipendenti, una grande competenza a livello internazionale nel settore superconduttività e
l’abitudine a lavorare pensando “alla commessa”. Avevamo chiaro, fin dall’inizio, quanto fosse importante il ruolo
della ricerca in un’azienda che si posizionava a metà tra
mondo scientifico e industria. Ma avevamo anche altrettanto chiaro che per portare a compimento il percorso di
privatizzazione e stare sul mercato - senza più appartenere a una grande conglomerata e operando in un business
di frontiera - erano necessari nuovi approcci manageriali.
44 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
Quali sono stati i passaggi decisivi sia sotto il profilo
della Ricerca che sotto quello industriale?
Oltre all’acquisizione e gestione di commesse internazionali, come quelle per il Cern e ITER, abbiamo fatto leva su
innovazione e ricerca per dare vita a due start-up, Columbus e Paramed. Aggiungendoci un mix di approccio imprenditoriale e ingressi esterni provenienti dal mondo dell’industria e della ricerca. Non ultima una buona dose di
investimenti finanziari per creare e ingrandire le fabbriche.
I tempi però non sono stati velocissimi.
A distanza di dieci anni Columbus inizia ad avere i primi
riscontri su un innovativo cavo superconduttivo in Diboruro di Magnesio. Si tratta di un cavo che potrà avere applicazioni per la trasmissione di energia, sia nel mondo della
ricerca che in quello industriale, come l’eolico off-shore
ad esempio. Anche Paramed ha innovato sviluppando
dal “foglio bianco” un nuovo sistema di risonanza magnetica. Ai primi riscontri commerciali si affianca la soddisfazione di aver dimostrato che dai magneti superconduttivi
si può arrivare a migliorare la vita dei “pazienti”.
Quindi una filiera high-tech nata dalle competenze locali unite agli investimenti privati...
Siamo partiti da tanti anni di ricerca e competenze di pre-
SSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DO
MgB2
Magneti per la ricerca
Il filo superconduttivo in MgB2 - Diboruro di Magnesio progettato, sviluppato e prodotto
da Columbus Superconductors.
Gianni Grasso ex ricercatore
CNR è il direttore generale dell’azienda dove guida circa 30
addetti ad alta specializzazione e 8 ex ricercatori. La fabbrica è stata recentemente ampliata per produrre fino a 3000
km di cavo all’anno.l
gio. Ma è anche vero che nel mondo non se la sono sentita in molti di investire in questo business. Di qui l’idea di investire in nuovi “prodotti” superconduttivi. La stessa ASG
sta sviluppando dei limitatori di corrente per utilizzi industriali e delle utility in particolare. Oggi la nostra filiera occupa circa 200 dipendenti con un fatturato di circa 30 milioni
di euro all’anno e risulta attrattiva anche per manager con
grandi esperienze che credono in questo percorso.
Il contesto locale quanto ha aiutato?
Qui sul territorio c’erano non solo le competenze ma anche compagni di viaggio come CNR, ENEA, INFM e INFN
e alcuni giovani ricercatori ora lavorano nelle nostre
aziende. A Settembre 2013 Genova ha ospitato Eucas,
una manifestazione ottimamente organizzata dal team di
Carlo Ferdeghini, direttore locale del CNR, che ha visto riuniti oltre 1000 massimi esperti del mondo superconduttività e anche il Premio Nobel Higgs.
Quale il segreto per coniugare ricerca e industria in base alla vostra esperienza?
Investimenti e corretta esecuzione dei piani. Riuscire a innestare sul “sistema ricerca” delle aziende guidate da manager con esperienze industriali a livello internazionale
potrebbe dare una spinta al percorso evolutivo. In ASG
per gestire un ricambio generazionale abbiamo cercato e
trovato un top manager come Vincenzo Giori, già amministratore delegato di Siemens Italia. Tra i suoi compiti ha
quello di “portare” e “guidare” una nuova cultura e nuovi
approcci manageriali. E da poco anche in Paramed abbiamo un nuovo amministratore delegato, Riccardo Castorina, esperto nel settore med-tech e nelle vendite. In
Columbus siamo in una fase diversa ma, anche qui, abbiamo “innovato” affidandoci da tempo ad un ricercatore
diventato anche manager come Gianni Grasso che è il direttore generale.
Insomma, investimenti dell’azionista, ricerca e management competente sono l’unica via possibile per essere
competitivi nel futuro. Un mix di ingredienti che vale non
solo nell’high-tech.l (P.P.)
Il nuovo stabilimento
di ASG Superconductors a La Spezia:
25.000mq con nuovi
impianti e attrezzature per produrre bobine superconduttrici
per il reattore a fusione nucleare ITER.
ASG ha già prodotto
a Genova i magneti
per il Large Hadrone
Collider del Cern e, dietro la scoperta del “Bosone di Higgs” ci sono tecnologie “Made in Genoa”.
Vincenzo Giori è amministratore delegato di ASG dal 2012 e riguardo il
tema “ricerca e industria” ci ha detto «In ASG affianchiamo l’impegno nelle commesse internazionali di ricerca allo sviluppo di nuovi mercati e penso in particolare a sistemi come l’SFCL, un limitatore di corrente superconduttivo. Le nostre sono aziende giovani e dovranno affrontare
nuovi sviluppi, sia sotto il profilo dell’industrializzazione
che dei mercati, anche grazie a nuovi ingressi manageriali. Se ci riusciremo quella che è già ora una privatizzazione
di successo diventerà esempio concreto di come sviluppare nuove aziende, valorizzando competenze che erano
già presenti in loco ma destinate a scomparire».l
Mr Open
MrOpen, il sistema di risonanza magnetica “aperto” di
Paramed, è una combinazione di alta tecnologia, design
innovativo e soluzioni cliniche avanzate. La rivoluzionaria
conformazione a U del magnete, oltre a fornire un confort
paziente di livello superiore, rende possibile l’esame funzionale e sotto carico del sistema muscoloscheletrico,
mediante esami in posizione eretta e seduta. Le sue caratteristiche lo rendono inoltre perfettamente integrabile
con le strumentazioni tipiche di una sala operatoria. Prodotto a Genova nello stabilimento Campi, utilizza magneti
prodotti da ASG e cavi superconduttivi in Diboruro di Magnesio di
Columbus ed è già
in funzione in alcune cliniche e centri
diagnostici d’eccellenza in USA, Canada, UK e Italia.
Riccardo Castorina è amministratore delegato di Paramed dal 2013.l
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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COMPETIZIONE & SVILUPPO
Firenze, Palazzo Vecchio
RETE
Italia
ASSOCIAZIONI INDUSTRIALI
METROPOLITANE
metropolitana
Le priorità e le aspettative delle imprese alla luce del Disegno di Legge
che istituisce le Città Metropolitane
presentate a Firenze, nel Manifesto
sottoscritto dalle Associazioni Industriali di Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia.
Le aree metropolitane sono il motore delle economie nazionali e hanno un ruolo sempre più rilevante negli
scenari economici, sociali e istituzionali globali. Anche l’Italia ne deve riconoscere l’importanza fondamentale per
le prospettive di sviluppo del sistema industriale e per la
competitività del Paese nel suo complesso.
Le aree metropolitane italiane rivendicano un ruolo e una
specialità non per se stesse, ma nell’interesse dell’intero
Paese. Riformare l’assetto della pubblica amministrazione
locale, prevedendo forme di governo specifiche, è pertanto una priorità strategica per il Paese: è necessaria una
geografia amministrativa coerente con la geografia economica e sociale del territorio.
Oggi la questione è di nuovo nell’agenda del legislatore
nazionale, grazie all’iniziativa assunta dal Governo con il
Disegno di Legge “Disposizioni sulle Città metropolitane,
sulle Provincie, sulle unioni e fusioni di Comuni”, che istituisce direttamente le Città Metropolitane, senza prevedere il rinvio alla volontarietà dell’iniziativa da parte degli Enti
Locali interessati.
È un’occasione che il Paese non può perdere. Perché?
Nelle aree metropolitane si concentra gran parte della popolazione, del prodotto interno lordo, del gettito fiscale e
degli investimenti pubblici e privati del Paese. La frammentazione dell’organizzazione territoriale e amministrativa al loro interno è un problema di interesse nazionale che
deve essere superato.
Di fronte a decisioni di investimento e di localizzazione
delle imprese multinazionali, la scala politico-territoriale
più efficiente per attrarre investimenti è quella metropolitana; l’attrattività di un’area metropolitana è legata anche alla capacità di proporsi nella competizione internazionale
con le altre città come un attore unitario e un decisore
unico, in grado di rispondere verso l’interno (popolazione
residente e non) e verso l’esterno (gli investitori).
E ancora. Le Città Metropolitane, una volta istituite, possono svolgere meglio e in modo più efficiente alcune funzioni fondamentali: migliorare la produzione e la regolazione di beni e servizi pubblici locali, realizzare una maggiore
dimensione delle economie di scala, costruire politiche urbane più integrate e una pianificazione solidale del territorio, aumentare gli investimenti pubblici e ridurre la loro duplicazione, esercitare il potere unitario nella negoziazione
di accordi con le amministrazioni periferiche per la realizzazione degli interventi di interesse nazionale, quali infrastrutture e trasporti.
Solo introducendo forme di governo sovracomunale, le
aree metropolitane italiane potranno essere al passo delle
altre città europee con cui competono per attrarre investimenti, imprese e residenti: le città che più stanno investendo nel miglioramento della propria attrattività e in politiche di marketing territoriale, infatti, lo fanno operando a
scala metropolitana.
Anche la centralità assegnata dalla programmazione comunitaria alle politiche urbane e metropolitane impone di
giungere all’appuntamento con strumenti istituzionali adeguati. Il citato disegno di legge, già approvato dalla Camera dei Deputati e ora in discussione al Senato, risponde parzialmente a questa esigenza. La cornice legislativa
risulta per alcuni aspetti ancora inadeguata, in particolare
dove prevede la possibilità di istituire ulteriori città metropolitane rispetto a quelle previste dal progetto originario.
In questo modo si rischia di snaturare il concetto stesso
di Città Metropolitana, che diventerebbe una semplice variante della Provincia, anziché un’istituzione speciale di
governo destinata a caratterizzare le maggiori aree urbane del paese. Ciò potrebbe creare gravi difficoltà nell’individuare politiche che possano caratterizzare in modo differenziato le più importanti realtà urbane, a partire dal Programma Operativo Nazionale (PON) di utilizzo dei fondi
strutturali europei per le Città metropolitane previsto per il
periodo 2014-2020.
Qualunque cornice legislativa assuma l’istituzione delle
Città Metropolitane, questa non deve costituire un’occasione per la creazione di un ulteriore livello politico e amministrativo che si aggiunge a quelli già esistenti, non risolvendo o, peggio, aggravando la complessità e frammentarietà del contesto istituzionale che le nostre imprese
fronteggiano ogni giorno.
•••
Le priorità e le aspettative del mondo produttivo
La Città Metropolitana può e deve mettere in moto dei veri e propri strumenti di programmazione e pianificazione
strategica, all’altezza delle migliori esperienze europee di
questi decenni - Barcellona, Lione, Monaco, Stoccolma,
Amsterdam - capaci di individuare risorse, tempi, soggetti
e modalità attuative, valorizzando la progettualità locale e
delineando una visione condivisa delle vocazioni e delle
prospettive di sviluppo dei territori. La Città Metropolitana
dovrà essere innanzitutto un’occasione per modernizzare
la Pubblica Amministrazione e rispondere con una struttura snella ed efficiente alle crescenti aspettative delle imprese e dei cittadini: accorciando i tempi della decisione
pubblica, eliminando le sovrapposizioni di competenze e
riducendo il numero dei soggetti pubblici coinvolti nelle fasi di programmazione delle iniziative e nei procedimenti
amministrativi; raggiungendo maggiore efficienza tecnicoorganizzativa, realizzando economie di scala nell’organizzazione dei servizi e delle risorse (umane, economiche e
organizzative) e adottando per ciascuna funzione e servizio la scala territoriale più appropriata.
La Città Metropolitana dovrà essere un attore proattivo
dello sviluppo economico e locale e realizzare interventi
incisivi per la competitività del territorio e il sostegno alle
imprese su temi strategici quali: marketing territoriale e attrazione degli investimenti; realizzazione degli obiettivi di
Agenda Digitale; accompagnamento alla localizzazione di
nuove imprese; realizzazione di aree produttive e poli tecnologici attrezzati; politiche attive del lavoro, formazione e
ricerca; valorizzazione di tutte le opportunità finanziarie
collegate alle Politiche europee per la Ricerca, l’Innovazione, lo Sviluppo, la Coesione Territoriale e Sociale.
La creazione della Città Metropolitana costituisce una
condizione essenziale per non perdere queste grandi opportunità e sviluppare una serie di iniziative in un’ottica di
smart city e smart community, che rappresentano il futuro
dell’organizzazione degli enti locali.
È dunque necessaria la costituzione delle Città Metropolitane non come sostituzione automatica delle Provincie,
ma come livelli di governo capaci di nuova, innovativa governance e in grado di realizzare una reale integrazione
dell’azione pubblica, dotate di funzioni e nuove risorse,
differenziate a seconda dei diversi ordinamenti regionali e
dei loro specifici caratteri territoriali.
Le Associazioni Industriali Metropolitane di Confindustria,
anche alla luce dei principi di “partenariato rafforzato” previsti dal Codice di Condotta Europeo per il Partenariato, si
impegnano affinché: le Città Metropolitane diventino protagoniste di una nuova politica nazionale per le aree urbane, intesa come asse fondamentale della politica industriale del Paese, veri e propri catalizzatori di progetti e interventi provenienti dagli Enti di governo locale, ma anche
dalle Regioni, dallo Stato e soprattutto dall’Unione Europea; si valorizzi la straordinaria ricchezza in termini di offerta rappresentata dalle diverse peculiarità delle Città
Metropolitane italiane per lo sviluppo sostenibile del Paese. Ricchezza che, sulla traccia del modello collaborativo
sviluppato dalla Rete delle Associazioni Industriali Metropolitane, occorre valorizzare in termini di complementarità, geografie funzionali e in un’ottica di competitività internazionale. Al fine di cogliere il valore aggiunto rappresentato da tale strategia di sistema, riteniamo opportuno e
necessario che in questo processo costitutivo le forze
economiche e sociali del territorio vedano pienamente riconosciuto e valorizzato il proprio contributo di idee e
proposte e che tutte le Città Metropolitane italiane vengano avviate contemporaneamente e con tempestività.
Parte l’Italia metropolitana. Senza fermate.l
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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COMPETIZIONE & SVILUPPO
di Alfonso Santilli
Operare
con
l’estero
Esame dei rischi, contratti,
Inconterms, consegna della
merce... Sul tema complesso dell’internazionalizzazione, Genova Impresa ospita
l’intervento del Responsabile Direzione Estero della
Banca Popolare di Vicenza.
Con la seguente analisi si affrontano alcune questioni di rilevante interesse per l’operatore economico che si
confronta con le vendite e gli acquisti transnazionali al fine
di fornire degli spunti di riflessione. Per operare sui mercati esteri è necessario effettuare delle valutazioni più
complesse e considerare dei fattori molto spesso estranei
alla realtà domestica.
Basti pensare al “Rischio Paese” - non presente nelle
operazioni nazionali -, al “Rischio Cambio” ecc., che si affiancano al “Rischio Commerciale”, detto anche “Rischio
controparte” che, invece, è presente anche nelle operazioni domestiche. Il “Rischio Paese” - che è quello, come
detto, estraneo alle transazioni domestiche - molto semplicemente potrebbe essere definito come “quel pericolo
che gli averi/crediti posseduti/vantati da un Soggetto in un
Paese - diverso da quello di appartenenza - non possano
essere rimpatriati a causa di avvenimenti che, anche parzialmente, dipendano dal Governo locale e non siano influenzati da persone e imprese private”.
Consideriamo ora un altro elemento estremamente importante (che risulta quasi sempre estraneo alla mentalità
della maggior parte degli Operatori), il “contratto”.
Si osserva infatti un’assenza di tale strumento nella maggior parte delle compravendite; vuoi perché si è in presenza di operazioni di non “largo respiro” (es. realizzazioni
di lavori all’estero, fornitura di impianti ecc.) relativamente
agli importi o ai tempi di esecuzione, vuoi per la mancata
consapevolezza della sua importanza. È necessario ricor-
48 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
dare che nel contratto si regolamentano con precisione i
termini di pagamento, di consegna, di resa merce e,
sempre nell’ambito di tale strumento, si considerano anche le eventuali “liti”. Nel concreto, qualora il contratto inteso come strumento formale non venga stipulato, una
alternativa potrebbe essere costituita dallo scambio di
corrispondenza commerciale: offerta, ordine, conferma
d’ordine, fattura ecc. In questi documenti perché non riportare già alcune particolari condizioni (alcune di quelle
che si riportano di norma dovrebbero già essere indicate)
fra cui, per esempio: indicazione delle modalità di pagamento; resa merce; tempi di consegna o eventuali correttivi (se la merce viene spedita con 2 giorni. di ritardo si
accetterà tale ritardo solo se verrà concesso uno sconto
del x % ecc.); in caso di controversia si darà preferenza a
una risoluzione arbitrale e comunque il Foro competente
sarà quello di (...) e la Legge applicabile quella di (...).
Così facendo si avrà, quanto meno, una posizione chiara
nei confronti della Controparte che se, per esempio, accetta globalmente l’offerta presentata, non potrà addurre
in seguito motivi di disaccordo su situazioni a lui note rendendo, in caso di non ottemperanza, anche più agevole
la dimostrazione di inadempienza dello stesso.
•••
Le condizioni di consegna della merce sono da considerare come elemento essenziale anche nello svolgimento
delle operazioni di compravendita internazionale. Infatti,
definire gli obblighi, le responsabilità e i relativi costi afferenti alla consegna delle merci compravendute risulta determinante. Vi è poi da considerare che una precisa regolamentazione di tali situazioni, con riferimento a ordinamenti giuridici differenti, risulta quantomeno difficile se
non in alcuni casi impossibile. Per cercare di sopperire a
tali difficoltà, la Camera di Commercio Internazionale di
Parigi (C.C.I.) ha curato sin dal 1936 la stesura degli Incoterms (International Commercial Terms). Essi hanno lo
scopo di fornire delle regole internazionali - la cui applicazione è facoltativa - che permettano una interpretazione
dei termini commerciali usati nella compravendita internazionale. Nell’ultima versione del 2010 “Incoterms® 2010”
si è tenuto conto dei numerosi cambiamenti verificatisi
nelle tecniche dei trasporti al fine di aggiornare i termini
utilizzati ed allinearli alle effettive pratiche giornaliere.
Infatti, sono stati cancellati alcuni termini e inseriti di nuovi. Si sono eliminati dei termini ormai poco usati quali:
DAF (Delivery at Frontier, basti pensare all’eliminazione
delle frontiere in ambito comunitario), DES (Delivery Ex
Ship, erano sorti molti dubbi sul suo utilizzo e i suoi limiti),
DEQ (Delivery at Quay, poco utilizzato e con parecchi
dubbi operativi), DDU (Delivery Duty Unpaid, anche in
questo caso l’Unione Europea si può dire che abbia dato
una forte “spallata” alla necessità di prevedere il discorso
daziario). Al loro posto sono stati introdotti i termini DAT
(Delivery at Terminal, dando rango ai luoghi di staziona-
mento dei Container) e DAP (Delivery at Place of Destination, figlio forse anche della inesistenza di barriere doganali in ambito comunitario e con la necessità di identificare costi e responsabilità del venditore sul mezzo di trasporto sino al luogo di destinazione).
Inoltre è stata fatta una importante specifica per gli aspetti di responsabilità nel termine di resa merce più utilizzato
(purtroppo, ndr) in Italia, cioè l’“ex works” (Franco Fabbrica). Per la prima volta si è specificato che il rischio e le
spese della caricazione restano a carico del compratore
anche se quest’attività viene svolta dal venditore (che di
norma, nel suo magazzino, ha tutte le attrezzature idonee
ad effettuare il carico del mezzo). Nel passato ciò non era
ben definito e a volte per aver effettuato un favore al compratore il venditore si poteva trovare scoperto e responsabile di cose che non erano di sua pertinenza.
Ma facciamo ancora qualche breve riflessione sul termine
“ex works” (Franco Fabbrica). Se esso, nella mentalità del
venditore, costituisce il termine che gli fornisce più garanzie, in realtà non risulta vero per più fattori. Ma in questa
sede ci limiteremo a riportare qualche ragionamento solo
in riferimento al discorso regolamento del prezzo della
fornitura. Ipotizziamo che, per ricercare più tranquillità, si
sia pattuito il regolamento del prezzo a mezzo di Credito
documentario e che tale strumento preveda, tra i documenti da presentare in utilizzo (per poter quindi incassare
l’importo dovuto), un documento di trasporto, per esempio una Polizza di carico per trasporto marittimo. Si deve
essere consci, in questo caso, che si resta alla mercé del
trasportatore che nel caso di resa merce “ex works” può
ricevere istruzioni solo dall’Acquirente (che è il responsabile sia per l’aspetto costo che per i rischi del trasporto in
quanto, nella Resa Merce “ex works”, l’obbligo del Venditore è solo quello di mettere a disposizione la merce fuori
dal suo magazzino).
A tutto il resto deve provvedere, appunto, il Compratore
che se, per esempio, non fornisce istruzioni al trasportatore o, addirittura, non incarica nessuno di andare a ritirare la merce dal Venditore, questi non avrà alcuna possibilità per completare l’operazione di vendita. In questo caso il Venditore non perderà la merce e non ne riceverà
quindi mai il pagamento in quanto non sarà in grado di
produrre il documento di trasporto alla Banca per “incassare” il dovuto di cui al Credito documentario.
Pensiamo in questo caso a un tipo di merce preparata/
costruita solo per le esigenze di quello specifico compratore, il venditore subirà comunque una perdita in ragione
della possibilità o meno di ricollocare o ricondizionare la
merce per renderla vendibile a un altro soggetto. Da
quanto accennato si comprende, crediamo immediatamente, che molto spesso il Venditore non è ben conscio
di tutti i risvolti che lo mettono in completa balia della
controparte mentre egli crede di essere in una situazione
di perfetta garanzia con un credito documentario.
Detto ciò appare ovvio che un’accurata scelta della resa
merce da utilizzare debba essere effettuata al più presto
possibile. anche con il coinvolgimento dell’Operatore di
trasporto di fiducia.l
Alfonso Santilli è Responsabile Direzione
Estero Banca Popolare di Vicenza
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
49
COMPETIZIONE & SVILUPPO
Scansione controllo AOI
Orgoglio
e ottimismo
Davide Rossi è il fondatore e
amministratore delegato di
New Tech System Srl,
attiva nel settore dell’elettronica di potenza. Il coraggio
del giovane imprenditore,
che ha continuato a investire
nonostante la crisi, è stato
premiato: aumento dell’export e Poste Svizzere tra i
nuovi clienti.
DAVIDE ROSSI
Fondata nel 2001, NTS - New Tech System Srl oggi
è anche la holding di riferimento di un gruppo di società
a forte vocazione tecnologica, in particolare nel settore
dell’elettronica di potenza. Genova Impresa ha incontrato uno dei fondatori e attuale amministratore delegato,
Davide Rossi.
•••
40% per esportazioni verso Svizzera, Polonia, Stati Uniti
e Germania. Il 90% dei nostri clienti sono multinazionali
che, soddisfatte del nostro servizio, ci hanno introdotto
ad altre aziende dei rispettivi gruppi. Ultimamente, motivo
di particolare orgoglio è stata l’acquisizione diretta del
cliente Poste Svizzere, che ci ha affidato l’upgrade e la
manutenzione della componente elettronica di una parte
della loro flotta di scooter elettrici.
Dott. Rossi, NTS è pronta a proporsi con una nuova
immagine: brand, sito, brochure... cosa vi ha spinto
verso questa operazione di rinnovamento?
Penso che in un’azienda debba sempre esserci propensione al rinnovamento, sia in termini strettamente commerciali che sotto l’aspetto della comunicazione. Nel nostro caso, è un’esigenza che nasce dalla volontà di far
comprendere meglio, soprattutto ai clienti all’estero, come siamo organizzati e quali prodotti possiamo offrire: la
prima lingua del nostro sito, infatti, sarà l’inglese e non l’italiano. I tempi non sono facili ma, nonostante tutto, nel
2013 abbiamo confermato e in alcuni casi migliorato le
nostre performance commerciali/finanziarie, con un fatturato consolidato (corporate) di 6 milioni di euro di cui il
Com’è strutturata l’azienda, oggi?
Attualmente all’interno del Gruppo NTS operano circa
quaranta addetti, con un know-how molto specifico nel
campo dell’elettronica di potenza, che è il core business
dell’azienda. L’unica diversificazione del Gruppo riguarda
la divisione water dispenser, con un contratto in esclusiva
con Whirlpool per la quale sviluppiamo una parte del prodotto “water dispenser” completo dell’elettronica di controllo. Molti nostri clienti ci affidano il loro prodotto chiavi
in mano: dal progetto alla spedizione ai loro distributori, fino all’after market e siamo diventati ormai un’azienda di
riferimento per le applicazioni dei nostri servizi e prodotti
non solo nel settore industriale e dell’energia, ma anche
in quello militare, della difesa, avionico e ferroviario.
50 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
Linea automatica Pick-Place
Driver Swiss Post
E quali sono i progetti di sviluppo di New Tech System?
Ogni anno investiamo in ricerca e sviluppo e diamo spazio, anche in posizioni di rilievo, ai giovani che dimostrano
impegno e iniziativa. Questa è un’azienda che premia il
merito, e i dipendenti lo sanno. In questo contesto, a fianco all’attività più “core”, rivolta soprattutto a tradurre in
soluzioni efficaci le esigenze tecniche dei clienti, dal 2012
siamo entrati nel settore lighting, che oggi vale il 5% del
fatturato di NTS. In questo caso, anziché partire dalle esigenze dei potenziali clienti, stiamo mettendo a punto una
gamma di prodotti che abbiamo ritenuto potessero essere di loro interesse, caratterizzandoli rispetto a quello che
offre il mercato. Con uno dei leader dell’illuminotecnica di
lusso abbiamo già sottoscritto un contratto per la fornitura della nostra componentistica. Ora stiamo organizzando una rete vendita per aumentare la nostra presenza sul
territorio e acquisire nuove quote di mercato.
Fare impresa in Italia è difficile e molte aziende, complice la crisi, scelgono la delocalizzazione verso altri Paesi. Non tanto - o comunque non solo - per un problema
di costi del lavoro, ma soprattutto per la pressione burocratica e fiscale. Qual è la sua opinione?
Già prima della crisi il settore dell’elettronica soffriva pesantemente la concorrenza asiatica e dell’Europa dell’est,
anche se oggi il fenomeno si sta attenuando. Il punto è
che le piccole e medie aziende hanno assoluto bisogno
di nuova linfa, la stretta creditizia è insopportabile. Se alcune delle grandi imprese e la pubblica amministrazione
rispettassero i tempi di pagamento, le PMI potrebbero
essere meno dipendenti dalle banche. Se mi volto indietro, a quando ho deciso di fare l’imprenditore, penso di
essere stato un po’ incosciente... Ma sono soddisfatto di
aver costruito qualcosa e, nel 2007-2008, nonostante la
crisi incombente, di aver completato la riorganizzazione
dell’azienda riunendo le unità di produzione di Molassana, Sestri Ponente e San Colombano Certenoli in questa
nuova sede, di 3mila mq, rinnovando macchinari e arredi
e assumendo nuovo personale . È vero, come ha ripetuto
più volte il presidente Squinzi, questa crisi ha causato gli
stessi danni di una “guerra”, e non ne siamo ancora usciti. La situazione generale spaventa e rende tutti molto più
cauti nelle scelte, ma il pericolo, nel preservare troppo, è
chiudersi e rinunciare a cercare nuove opportunità, per
essere pronti per ricominciare quando la crisi sarà finalmente un ricordo.l
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
51
COMPETIZIONE & SVILUPPO
Mondo
e Italia
Un 2014 in ripresa.
Dopo una crescita del Pil mondiale del 2,3% nel
2013, la più bassa dal 2009, l’anno corrente promette un
nuovo slancio, seppur modesto. Nel 2014 il Pil globale
crescerà del 3,1% e del 3,3% nel 2015. Sebbene le economie emergenti rimarranno i maggiori contributori di
questo rilancio, la crescita economica sarà più uniforme
grazie alle migliori prospettive per le economie avanzate
(+2,2% nel 2014 e +2,3% nel 2015), mentre la dinamica
di crescita nei mercati emergenti dovrebbe rimanere relativamente moderata (+4,6% nel 2014 e +4,8% nel 2015).
Gli scambi internazionali di conseguenza beneficeranno
delle prospettive in miglioramento per mettere a segno un
+4,8% nel 2014 e +5,5% nel 2015 (rispetto al +2,5% del
2012/13). Di conseguenza, la maggior parte dei Paesi dovrebbe assistere a un decremento della quantità di insolvenze, pari a un moderato -1% (nel 2013 + 2%), secondo
la stima dell’Indice Globale delle Insolvenze Euler Hermes.
Le previsioni di crescita per l’Italia nel 2014 saranno inferiori all’unità, +0,3% e + 0,8% nel 2015, dopo aver registrato una contrazione di -1,8% del 2013.
L’export nel 2013 è stato il driver chiave nell’andamento
per la crescita economica del Paese grazie al record registrato dalle esportazioni extra-Ue che hanno superato i
180 miliardi con un saldo commerciale positivo per oltre
20 miliardi. Molto buone le performance registrate in
Sudamerica, Russia, Cina e Africa. In 3 anni il made in
Italy ha mostrato maggiore dinamismo nelle esportazioni
rispetto a Parigi e Berlino in settori come la meccanica,
l’alimentare e la farmaceutica, mentre sono stati al di sotto delle previsioni l’abbigliamento e il comparto dell’arredo. Bene invece farmaceutica, pelletteria e articoli tipici
del made in Italy come gli occhiali. Nel 2014, con una crescita del 3,5%, l’export farà ancora da traino all’economia
del Paese. La produzione manifatturiera del nostro Paese
ha perso, a partire da settembre 2008 (spartiacque della
crisi della finanza mondiale che ha poi intaccato le economie reali), un buon 25%, e solo a novembre 2013 ha invertito il trend con il fatturato delle aziende che è tornato a
crescere dopo 22 mesi. Gli indici dei mancati pagamenti a
fine 2013 riflettono una situazione di transizione, con una
lenta uscita dalla crisi che penalizza ancora le aree geografiche e i settori meno dinamici. Per quanto riguarda la
frequenza dei mancati pagamenti a livello nazionale è diminuita complessivamente del 18% con percentuali pressoché identiche tra interno ed estero. La riduzione delle
transazioni commerciali impatta anche sulla crescita dell’importo medio degli insoluti (severità), cha aumenta sia
52 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
sul mercato domestico che sulla voce export. Se il dato
della severità viene poi analizzato rispetto ai livelli pre-crisi
del 2007, si scopre che il valore di un mancato pagamento nel mercato domestico, è oggi superiore del 78%. Nel
2013, inoltre, le insolvenze aziendali sono cresciute del
10% (anno su anno), raggiungendo oltre 13.700 casi, un
record dalla metà degli anni 90. Nel 2014, il miglioramento delle condizioni economiche dovrebbero comportare la
stabilizzazione del fenomeno, seppur ancora su livelli molto elevati. Lo scenario di turbolenza economica che sta
colpendo il tessuto imprenditoriale da alcuni anni, sta imponendo quindi alle aziende che vogliono affrontare la
nuova sfida competitiva, una più attenta gestione dei propri crediti. L’assicurazione del credito svolge quindi un
ruolo chiave per lo sviluppo del business imprenditoriale in
quanto si occupa di gestire il ciclo del credito di un’impresa attraverso la valutazione del rischio, l’indennizzo e poi il
recupero crediti. Lo strumento ha inoltre rilevanza nel rapporto finanziario tra Istituti di credito e imprese. In caso di
eventuale richiesta di linee di credito, un’azienda che è
dotata di assicurazione del credito, può avvalersi di alcune agevolazioni nei confronti degli Istituti di Credito che
valutano positivamente la corretta gestione del cash flow
aziendale.l
Euler Hermes è il primo gruppo
mondiale dell’assicurazione crediti e
uno dei leader nel mercato delle cauzioni e del recupero crediti commerciali. Azienda del gruppo Allianz, Euler Hermes è quotata all’Euronext di
Parigi. Il Gruppo beneficia del rating
AA- di Standard & Poor’s. Presente in
oltre 50 paesi, Euler Hermes offre
una gamma completa di servizi per
la gestione del portafoglio clienti ed MARCELLO
ha raggiunto un giro d’affari consoli- CARRARA CAGNI
dato di 2,4 miliardi di euro nel 2012.
Euler Hermes ha sviluppato una rete internazionale di monitoraggio che permette di analizzare la stabilità finanziaria di 40 milioni di aziende. Il Gruppo copre transazioni
commerciali nel mondo per un totale di 770 miliardi di euro (dato 31/12/2012). Euler Hermes Italia è la Compagnia
leader con il 48% del mercato nazionale. Avvalendosi di
400 collaboratori in Direzione Generale e nelle Delegazioni
territoriali e presente sul territorio con 26 Agenzie Generali, Euler Hermes Italia ha realizzato nel 2012 un giro d’affari di circa 221 milioni di euro e annovera, nei suoi oltre
4.500 clienti, imprese di ogni dimensione e fatturato.
L’Agenzia Euler Hermes della Liguria nasce per dare supporto alle numerose realtà in continuo sviluppo e per supportare le Piccole e Medie Imprese in operazioni delicate
ma estremamente importanti come l’assicurazione credito,
la gestione dei mancati pagamenti e il recupero crediti.
Euler Hermes Italia
Agenzia Generale della Liguria
Agente Generale Marcello Carrara Cagni
Via XII Ottobre, 2/35 - 16121 Genova
[email protected]
www.eulerhermes.it
COMPETIZIONE & SVILUPPO
Pausa
caffè
Da più di trent’anni GE.D.A.M. Service Srl
installa e rifornisce distributori
di snack e bevande, calde e fredde.
Genova Impresa ha incontrato
l’amministratore delegato, Mauro Ceccati.
MAURO CECCATI
GE.D.A.M. Service Srl è nata nel 1982 su iniziativa
delle stesse persone che, nel 1974, avevano costituito la
prima società per operare nel settore della distribuzione
automatica di bevande e alimenti. Nel 2006, la quota di
maggioranza di GE.D.A.M. è stata ceduta al Gruppo
D.A.EM Spa - Buonristoro e, da allora, dopo essere stato
prima tecnico e poi commerciale, Mauro Ceccati è presidente del consiglio di amministrazione e amministratore
delegato della società, «nella quale - precisa - abbiamo
mantenuto quote e confermato l’impegno a svilupparne il
business. Dal 2006 a oggi abbiamo raddoppiato il fatturato, passando da 3,5 milioni a 7 milioni di euro, e segnando
il 50% di erogazioni in più al mese. Buonristoro ha comunque deciso di non unificare i brand, e GE.D.A.M. ha mantenuto ampia autonomia nelle scelte dei fornitori, di cui
siamo clienti direzionali; la trattativa per la distribuzione dei
brand più diffusi viene invece seguita a livello nazionale».
I distributori di snack e bevande vengono acquistati direttamente da GE.D.A.M. e quindi installati presso i clienti; i
tecnici dell’azienda genovese si occupano anche dell’approvvigionamento e della manutenzione delle macchine.
«Il rifornimento- spiega Ceccati - segue un programma
settimanale predefinito, che tiene conto anche del numero delle erogazioni: per esempio, i distributori all’Università e negli ospedali cittadini vengono controllati tutti giorni,
perché richiedono volumi importanti di prodotto. Il consumo di snack e bevande varia a seconda che il distributore
sia collocato in scuole, stabilimenti o uffici. Se il cliente lo
richiede, il nostro operatore può effettuare anche variazioni nel rifornimento direttamente sul posto, modificando
il prezzo e adeguando il sistema di erogazione del distri-
butore al nuovo prodotto. Tutto è automatizzato: gli operatori dispongono di un palmare per la lettura del codice
a barre, attraverso il quale registrano il carico e lo scarico
della merce, confermando o meno la “tentata vendita”
una volta verificato lo stato del distributore; lo stesso palmare consente la rendicontazione degli interventi effettuati su ogni distributore, compresi quelli di assistenza».
A questo proposito, GE.D.A.M., nel 75% dei casi, assicura la presenza di uno dei cinque tecnici dislocati sul territorio entro un’ora dalla segnalazione del guasto al centralino dell’azienda. «Tutti i nostri operatori- sottolinea Ceccati - devono farsi carico dei problemi dei clienti e riferirli
ai commerciali per eventuali interventi mirati. L’efficienza
del servizio è al primo punto della nostra politica di qualità e, nel complesso, i riscontri sono positivi; ne abbiamo
avuto conferma anche di recente, con l’aumento dell’Iva
dal 4 al 10% e il conseguente adeguamento dei prezzi
dei prodotti».
In Val Bisagno, la nuova sede di GE.D.A.M. occupa 4mila
mq tra uffici, magazzino e garage per le auto di servizio.
«Oggi siamo in 54 persone, di cui oltre la metà è impegnata tutto il giorno presso i clienti. Per far fronte a qualsiasi emergenza- aggiunge Mauro Ceccati- abbiamo
sempre a disposizione automezzi di scorta di ogni tipo,
compreso un refrigerato pronto all’uso, e personale in
azienda in grado anche di fare interventi all’esterno». Da
qualche anno, GE.D.A.M. sta seguendo con attenzione
anche il segmento di mercato delle piccole macchine
espresso con cialda, «ma per il momento- conclude Ceccati - i risultati di maggior soddisfazione continuano ad
arrivare dal nostro core business». l (GAC)
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
53
COMPETIZIONE & SVILUPPO
Crescere
sostenibili
Un traguardo e una nuova partenza: questo, in sintesi, il significato del percorso verso la sostenibilità intrapreso dall’agenzia Chiappe Revello in quasi trent’anni di presenza sul mercato. Un percorso iniziato nel 1985 quando
Rossana Revello fondò l’agenzia a Genova insieme ad Aldo Chiappe, il padre delle relazioni pubbliche in Italia, e
da allora proseguito con l’acquisizione dell’ufficio di Roma, l’affiliazione con i grandi network internazionali di comunicazione (oggi l’agenzia è parte di Kreab Gavin Anderson, Gruppo Omnicom), la creazione e il consolidamento di una rete territoriale di corrispondenti e di professionisti specializzati che hanno permesso di essere presenti laddove le esigenze dei clienti lo richiedono, l’acquisizione della certificazione di qualità ISO 9001.
Dal punto di vista professionale, un cammino che ha visto
da un lato una focalizzazione sempre più marcata in alcune aree di business: l’ambiente, l’energia, la salute, i trasporti, le infrastrutture e, in tempi più recenti, la ricerca e
l’innovazione, la green economy; dall’altro, la graduale
trasformazione da agenzia tradizionale di servizi di comunicazione in società di consulenza specializzata nell’attività di rapporti istituzionali e nella gestione delle relazioni
territoriali in chiave di sostenibilità.
«Oggi affianchiamo le imprese e le organizzazioni nell’individuare percorsi di sostenibilità personalizzati e integrati
nei piani di business - dice Antonella Covati, coordinatore
della comunicazione corporate dell’agenzia - con un focus sull’impostazione e gestione dei processi di relazione
e comunicazione con i propri stakeholder, che rivestono
un ruolo sempre più rilevante nelle attività dell’impresa. Il
nostro approccio parte da momenti e forme diverse di
dialogo e ascolto, essenziali per comprendere il livello di
54 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
Antonella Covati, coordinatore della comunicazione corporate, presenta
il nuovo posizionamento
di Chiappe Revello Spa.
soddisfazione degli stakeholder, le loro istanze e le loro
aspettative rispetto all’operato dell’azienda sino alla definizione di percorsi strutturati per un coinvolgimento radicato nelle attività di business e gestione».
Non solo supporto per realizzare strumenti di rendicontazione come il bilancio di sostenibilità, ma una consulenza
a 360 gradi che va dall’analisi della situazione esistente
attraverso mappature e indagini, alla condivisione degli
obiettivi di sostenibilità, alla pianificazione e implementazione di progetti operativi.
«Un numero sempre maggiore di imprese - aggiunge Covati - ormai condivide la convinzione che la sostenibilità
sia una scelta obbligata e una priorità strategica, l’unico
modo per un’azienda di stare sul mercato, di essere
competitiva e di differenziarsi, nonché una via per uscire
dalla crisi e per ricostruire su basi nuove un rapporto di fiducia fra imprese e società. Questo grazie, da un lato, ai
vantaggi economici derivanti dalla riduzione di costi (tagli
agli sprechi, uso intelligente delle risorse, risparmio energetico ecc.), dall’altro all’azione incentivante verso creatività e innovazione di prodotto».
Per ottimizzare l’investimento e misurarne il ritorno occorre però affidarsi a professionisti specializzati in grado accompagnare l’organizzazione lungo tutto il percorso, utilizzando strumenti idonei e metodologie consolidate.
«Grazie alle esperienze maturate - conclude Antonella
Covati -, Chiappe Revello ha testato negli anni un modello di governance della sostenibilità che, a partire dalle indagini sulla reputazione e sulla customer satisfaction, si
sviluppa attraverso iniziative di reporting, progettazione
partecipata, educazione, formazione e comunicazione a
vari livelli».l
7
55
INFRASTRUTTURE
Infrastrutture
sotto
osservazione
Presentato il Rapporto
2013 OTI NordOvest nel
corso della Mobility Conference organizzata da Assolombarda e Camera di
Commercio di Milano, lo
scorso 10 e 11 febbraio.
56 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
Il Rapporto OTI NordOvest nasce dalle attività
dell’Osservatorio Territoriale Infrastrutture del Nordovest,
promosso dalle associazioni industriali di Milano, Genova
e Torino allo scopo di monitorare lo stato di avanzamento delle opere infrastrutturali ritenute prioritarie per lo sviluppo dei rispettivi territori di riferimento.
In analogia all’evoluzione degli ultimi anni, il Rapporto
contiene l’analisi dei progetti ricadenti in 9 sistemi infrastrutturali: Corridoio Mediterraneo, Corridoio Reno-Alpi,
sistema portuale ligure, sistema pedemontano, nodi metropolitani di Milano, Torino e Genova, sistemi di accessibilità a Malpensa e a Expo 2015.
Sul sito web www.otinordovest.it sono disponibili i dossier di ciascun sistema infrastrutturale e le schede aggiornate relative a ogni opera monitorata. Viene inoltre
pubblicata periodicamente la Newsletter dell’Osservatorio contenente informazioni sulle principali novità nel settore delle infrastrutture e dei trasporti.
Con questi strumenti, le tre associazioni imprenditoriali
continuano dunque a rappresentare alle istituzioni e ad
ogni interlocutore coinvolto il punto di vista delle imprese, le loro aspettative e le loro proposte per agevolare lo
scioglimento dei nodi che ancora ostacolano il pieno sviluppo della rete infrastrutturale del nordovest.
•••
Il 2013 ha risentito profondamente del perdurare degli
effetti della grave crisi economica e finanziaria internazionale cui si è aggiunta l’instabilità del quadro politico nazionale e, in alcuni casi, locale.
L’auspicio che lo sviluppo infrastrutturale del Paese, e
del Nordovest in particolare, potesse rappresentare un
volano per la ripresa economica è stato in larga misura
disatteso e al momento non si riscontrano segnali che
facciano presagire una concreta inversione di tendenza.
Il complesso apparato amministrativo del nostro Paese
non facilita il processo progettuale e realizzativo delle
opere e, nonostante alcune isolate iniziative legislative
sulla semplificazione delle procedure e sull’attribuzione di
risorse economiche, manca una strategia chiara e condivisa per lo sviluppo infrastrutturale del Paese.
Strategia resasi ancor più urgente in virtù della nuova
politica europea dei trasporti che individua priorità e
azioni su cui far convergere le ridotte risorse economiche. Da questo punto di vista, è bene ribadire che la
mancata o parziale realizzazione di un’opera facente parte di un unico sistema infrastrutturale rischia di comprometterne l’efficacia complessiva; per il Nordovest questo
vale soprattutto per gli interventi ricompresi nei corridoi
europei delle reti TEN-T e nei nodi metropolitani.
Malgrado la prosecuzione di alcune opere, si registrano
molti ritardi nelle fasi di progettazione e di realizzazione
rispetto alle attese dei cronoprogrammi, riconducibili alla
mancanza di adeguate coperture finanziarie e di condivisione tra gli enti coinvolti, a resistenze e difficoltà di rapporti con il territorio, nonché alla perdurante complessità
delle procedure rese ancor più inefficaci dall’eccesso di
burocratizzazione che si riscontra a ogni livello. In particolare, anche nel 2013 le condizioni critiche della finanza
pubblica e le difficoltà di erogazione del credito agli inve-
stitori hanno comportato il rallentamento, ovvero il rinvio
a tempi indefiniti, di diverse opere ferroviarie e autostradali per le quali è fondamentale il ricorso al capitale privato. Due eccezioni, il closing dei project financing di
Brebemi e Tangenziale Est Esterna di Milano, dimostrano
che il sistema industriale e quello bancario possono e
devono lavorare insieme per contribuire allo sviluppo infrastrutturale del territorio, tanto più in un periodo di
scarsità di risorse pubbliche.
Auspichiamo che con la piena operatività dell’Authority
dei Trasporti si dia un impulso decisivo alla concorrenza
nel settore della mobilità, finalizzata a migliorare la qualità
dei servizi, degli investimenti e delle politiche tariffarie
connesse.
•••
Lo stato delle opere infrastrutturali in Liguria
Terzo valico dei Giovi
Il progetto definitivo della nuova linea di valico tra Genova e Novi Ligure-Tortona (per una tratta di 54 chilometri,
39 dei quali in galleria) è stato approvato dal CIPE il 29
marzo del 2006 per un importo complessivo pari a 5.060
milioni di euro.
Il CIPE, nella seduta del 18 novembre 2010, ha autorizzato l’avvio della realizzazione del primo lotto costruttivo
dell’opera (su un totale di sei), il cui costo a vita intera è
stato aggiornato a un importo complessivo di 6.200 milioni di euro dei quali risultano attualmente disponibili
1.609 milioni. Il 6 dicembre 2011 il CIPE ha infatti approvato il finanziamento del 2º lotto costruttivo per un importo di 1,1 miliardi di euro; successivamente, la riunione
del CIPE del 18 marzo 2013 ha ridotto il finanziamento
del secondo lotto di 240 milioni, da destinare a interventi
di manutenzione sulla rete ferroviaria esistente; il DL n.
69/13 ha definanziato il Terzo Valico per un importo di
773 milioni di euro, mentre il CIPE, nella delibera del
19/7/13, ha riassegnato 802 milioni di euro a valere sui
fondi di cui alla legge di conversione del DL 43/13. Sulla
base di tali risorse finanziarie, sono attualmente in corso i
lavori del primo lotto costruttivo.
Porto di Genova
Completato il riempimento del nuovo porto di Voltri con
la realizzazione del sesto modulo, le opere più significative previste dal PRP del 2001 sono localizzate nel bacino
di Sampierdarena riempimenti della Calata Bettolo, tra i
moli Ronco-Canepa e Canepa-Libia. Il riempimento di
calata Bettolo per circa 160.000 mq. consente di potenziare il polo contenitori sito a Levante del bacino di Sampierdarena su Calata Sanità realizzando un’area dedicata
al traffico contenitori la cui capacità a regime è stimata in
circa 900.000 teus.
L’intervento, riportato nei documenti di programmazione
succedutisi nel tempo prevede un investimento stimato
inizialmente in circa 140 milioni di euro. I lavori sono stati
avviati nel 2009 e la loro conclusione è prevista per il
2016. A fine 2013 è stata realizzata gran parte del riempimento, mentre rimane il percorso per la realizzazione
della nuova darsena di Calata Oli minerali i cui finanziaGenova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
57
menti sono stanziati all’interno del Piano Operativo Triennale 2013-2015 e confermati nel successivo POT 20142016. Nel corso del 2014 sarà indetta la gara e quindi
avviati i lavori per la realizzazione della nuova calato Oli
Minerali. Analogamente, il riempimento tra i moli Ronco e
Canepa e Canepa-Libia, per un totale di circa 122.000
mq., consentirà di espandere gli attuali terminal portandone a regime la capacità a circa 800.000 teus (o traffico
equivalente).
L’intervento di riempimento tra Ronco e Canepa (cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito della rete TENT), anch’esso confermato nel Piano Operativo triennale
2013-2015 prevede un investimento di 40 milioni e i lavori sono in corso di esecuzione, con conclusione prevista entro il 2015. Nel bacino attiguo, il soggetto terminalista aggiudicatario del compendio “ex Multipurpose” si è
impegnato - in ottemperanza a quanto previsto nel bando di gara - a realizzare a proprie spese il riempimento
del Libia-Canepa; detti lavori, secondo quanto indicato
nel bando stesso, dovrebbero iniziare, a valle del completamento del riempimento Ronco-Canepa, nel 2015 e
terminare nel 2019.
Oltre ai suddetti interventi, il Piano operativo triennale
2014-2016 individua numerosi interventi infrastrutturali,
tra i quali si segnalano in particolare: il “ribaltamento a
mare” di Fincantieri: l’intervento consiste nella realizzazione di un nuovo riempimento a Sestri Ponente (71.000
mq.) a uso cantieristico, con disimpegno dalle aree poste a nord della linea ferroviaria.
L’intervento ha subito un ritardo in attesa della quota di
finanziamento pubblico, per cui l’inizio lavori viene ora
previsto per il 2016. il costo complessivo dell’opera ammonta a 75 milioni (di cui 25 mln. euro a carico di APG e
50 a carico del Ministero competente); aree di sosta per
l’autotrasporto: è previsto lo stanziamento di 1,9 mln euro per la realizzazione di un‘area di sosta da dedicare ai
mezzi pesanti nelle aree di Sestri Ponente limitrofe all’aeroporto.
L’intervento, previsto nel 2012, è stato rinviato al 2014
per la prorogata disponibilità di un’area a tale scopo in
località Genova Campi, area che in futuro potrebbe essere oggetto di acquisizione diretta da parte dell’Autorità
Portuale; autostrade del mare: con riferimento alla previsione del polo delle “autostrade del mare” a Voltri (variante VP 5 bis del vigente Piano Regolatore Portuale) la
ricerca delle soluzioni urbanistiche connesse a tale intervento è confluita nel procedimento volto alla predisposizione del nuovo Piano Regolatore Portuale; P.E.D. (Punto di entrata designato) di Sampierdarena: il progetto, del
valore di 4,5 milioni di euro, consiste nella realizzazione
di un centro unico di verifica delle merci all’interno del
quale opereranno in stretto coordinamento operativo i
presidi e laboratori interessati al ciclo delle verifiche in
ambito portuale.
L’Autorità Portuale di Genova ha avviato il percorso volto
all’approvazione del nuovo Piano Regolatore Portuale, le
cui linee guida sono state presentate il 4 luglio 2012. Il
18 dicembre 2012 sono stati sottoposti all’attenzione
degli operatori portuali 8 scenari progettuali di sviluppo
dello scalo, in base ai quali verrà definito quello da svilupparsi progettualmente. Il 30 luglio 2013 il Comitato
58 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
Portuale ha approvato le principali linee di indirizzo del
nuovo PRP e, in particolare, ha deliberato di avviare i
procedimenti di approvazione delle opere per l’ampliamento e l’accesso al bacino di Sampierdarena (realizzazione della nuova diga foranea).
Nodo metropolitano di Genova
L’attuale rete si estende per 5,2 Km. ed è costituita da
una sola linea con capacità di 4.000 passeggeri/ora per
senso di marcia, con sette stazioni. Il 21 dicembre 2012
è stata inaugurata la nuova stazione di Genova Brignole
che completa l’anello del centro cittadino comprendente
lo scambio con la rete ferroviaria nelle due stazioni principali. Sono allo studio ipotesi di prosecuzione della linea
in Val Polcevera da Brin a Canepari per le quali non sono
attualmente disponibili i relativi finanziamenti.
La sua funzionalità è da intendersi complementare al servizio metropolitano della rete ferroviaria ordinaria, che
verrà potenziato in maniera significativa a seguito dei lavori sul nodo.
Nodo ferroviario
A seguito dell’approvazione del progetto esecutivo e dell’esecuzione della gara d’appalto, gli interventi sul nodo
ferroviario genovese (per un importo di 622,4 milioni di
euro) si sono ufficialmente avviati l’8 febbraio 2010. La
conclusione inizialmente prevista per il 2016, slitterà al
2017. Infatti, i lavori risultano particolarmente complessi
a causa del contesto urbano nel quale si svolgono e dei
rapporti con le aziende appaltatrici, in funzione degli
adeguamenti progettuali connessi; nel corso del 2013 si
è formalizzato un accordo transattivo con la committenza su tale questione, che ha comunque provocato un ritardo nel cronoprogramma dei lavori.
Obiettivi di tali interventi sono il potenziamento, l’adeguamento tecnologico e la razionalizzazione del nodo ferroviario genovese con particolare riferimento alle esigenze
del traffico portuale e alla specializzazione dei flussi di
traffico: merci, a lunga percorrenza e metropolitani. In
particolare sono previsti il quadruplicamento della tratta
Voltri-Sampierdarena (con spostamento a mare della
tratta Voltri-Pegli), la costruzione della bretella di Voltri tra
la linea del Ponente e le linee di valico per Ovada e i Giovi (cosiddetta “Succursale”), il sestuplicamento della tratta tra Principe e Brignole, e l’interscambio ferrovia-metropolitana di Brignole-Terralba. Oltre a ciò è prevista la
costruzione delle nuove stazioni di Voltri, Palmaro e Cornigliano, nonché il riassetto e il potenziamento degli impianti di Principe, Brignole e Terralba.
Per quanto concerne il nuovo fascio binari-parco merci
di Voltri potrà essere realizzato solo a completamento
del nuovo viadotto autostradale, a programma nel Piano
Operativo Triennale dell’Autorità Portuale di Genova
2013-2015. È previsto, ma attualmente non progettato
né finanziato, il quadruplicamento della linea tra Brignole
e Pieve.
È invece in corso di progettazione (co-finanziato dall’Unione Europea) un nuovo collegamento intermodale tra
aeroporto, polo tecnologico di Erzelli e città, con parcheggio d’interscambio, nuova stazione ferroviaria e
people mover.
Nodo autostradale
In funzione complementare agli assi di scorrimento veloce
ultimati (viabilità di sponda della Val Polcevera e della Val
Bisagno) o in esecuzione/progettazione (viabilità a mare
tra San Benigno e Cornigliano, con prolungamento previsto verso Pegli/Multedo), gli interventi pianificati sul sistema autostradale prevedono la costruzione delle cd “Gronde” di Ponente (in sostanziale raddoppio dell’attuale A10
nel tratto tra Voltri e Genova Ovest/S. Benigno) e di Levante (destinata a intercettare il traffico passante tra il nord
e la riviera, tra le autostrade A7 e A12), oltre che il tunnel
di collegamento tra Rapallo e la Valle Fontanabuona.
Mentre la Gronda di Levante è ad oggi ancora ferma allo
stato di semplice programmazione (salvo vari studi di fattibilità svolti da Regione ed Enti locali e proposte di project financing avanzate da operatori privati) e per il tunnel
Rapallo-Fontanabuona è in corso la progettazione definitiva, la Gronda di Ponente risulta a uno stato progettuale
più avanzato.
Nel 2003 è stato raggiunto un accordo tra Anas, Soc.
Autostrade, Regione, Comune e Provincia sulla scelta
del tracciato e delle modalità esecutive della Gronda di
Ponente (17 chilometri, per il 90% in galleria, costo totale
previsto in allora 2.400 milioni di euro in parte sostanziale
coperti da risorse previste dal IV atto aggiuntivo della
Convenzione Anas-Autostrade).
Nell’ottobre 2004 è stata presentata dall’Anas la soluzione concordata in sede di tavolo tecnico comprensiva anche del tunnel di Rapallo.
Successivamente alle elezioni regionali e comunali, le
scelte progettuali seguite (in particolare l’attraversamento in subalveo del torrente Polcevera) sono state poste in
discussione e nel corso del 2009 è stato condotto su iniziativa del Comune di Genova un Dibattito Pubblico, gestito da una Commissione indipendente formata da
quattro esperti esterni al mondo genovese. Dopo la
chiusura del Dibattito la Commissione ha redatto una relazione conclusiva in cui sono state presentate le posizioni, gli argomenti e le proposte emerse nel corso del
confronto pubblico, che ha evidenziato nell’impatto sul
sistema residenziale l’aspetto ritenuto socialmente più
critico del progetto.
Rispetto alle cinque opzioni iniziali e tenuto conto delle
indicazioni pervenute dai partecipanti al Dibattito Pubblico, ASPI ha formulato una proposta progettuale definitiva è stata approvata dal Consiglio Comunale di Genova
e resa oggetto di un nuovo protocollo d’intesa sottoscritto l’8 febbraio del 2010.
Oltre al raddoppio funzionale della A10 nella tratta Genova-Ovest-Voltri, il progetto della Gronda di Ponente comprende anche il potenziamento della A7 nella tratta Genova-Ovest-Bolzaneto, la ristrutturazione del nodo di
San Benigno, fondamentale per l’accesso al bacino portuale di Sampierdarena, e la nuova rampa di accesso al
porto di Voltri. Il progetto definitivo della Gronda di Ponente è stato inviato ad ANAS per validazione tecnica nel
settembre 2011.
Successivamente, il progetto è stato sottoposto al Ministero dell’Ambiente per la procedura di VIA; a seguito di
un primo esame della documentazione, sono state richieste, anche su espressa richiesta della Regione Ligu-
ria, integrazioni allo studio di impatto ambientale, che
hanno provocato uno slittamento dei tempi di pronuncia
da parte della Commissione VIA, che nel corso del 2013
ha dato parere positivo; il relativo decreto è in attesa della firma da parte dei Ministeri competenti e della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale; successivamente sarà
possibile convocare la conferenza dei servizi per l’approvazione del progetto definitivo.
Allo stato rimangono invariati i tempi per l’esecuzione
dell’opera, fissati in 102 mesi.
Per quanto riguarda il nodo di San Benigno, il 4 agosto
2011 è stato approvato il progetto definitivo dalla conferenza dei servizi e nel dicembre 2011 è stato presentato
ad ANAS il suo aggiornamento sulla base di quanto
emerso in sede di conferenza dei servizi. Nel 2013 sono
stati avviati i lavori di costruzione del primo lotto (piastrone di ingresso al porto, ingresso al terminal traghetti, immissione in sopraelevata direzione Levante) e si è conclusa l’approvazione del progetto relativo al secondo lotto (rampa di accesso al porto da Genova Ovest, nuovo
elicoidale di S. Benigno, collegamento della sopraelevata
con Lungomare Canepa). L’intera opera, peraltro compatibile con l’eventuale realizzazione del tunnel subportuale, potrà essere conclusa entro il 2015.
Lungomare Canepa e strada a mare del Ponente
Il tracciato ha una lunghezza complessiva di circa 7 chilometri e costituisce la nuova infrastruttura portante di
attraversamento veloce degli abitati di Sampierdarena,
Cornigliano e Sestri Ponente, in connessione con le infrastrutture portuali e industriali presenti nella zona.
Dopo una prima fase di allargamento della sede stradale,
il progetto definitivo del rifacimento dell’attuale Lungomare Canepa è stato approvato nel 2011. Il progetto definitivo della strada a mare di collegamento tra Lungomare Canepa e Piazza Savio attraverso le aree siderurgiche
(1,7 Km) è stato approvato nel febbraio 2008 e sono in
corso i lavori di realizzazione. Sono compresi gli adeguamenti delle linee ferroviarie a servizio del porto in sponda
sinistra del Polcevera ed opere connesse, tra cui il collegamento con il casello autostradale di Genova Aeroporto
e con la viabilità del Polcevera; a Cornigliano verrà realizzato un nuovo varco portuale. La conclusione dei lavori
per l’intera nuova viabilità a mare è prevista entro il 2016.
Le criticità
Ogni intervento sul territorio genovese risulta estremamente complesso e conseguentemente oneroso anche
dal punto di vista economico, in considerazione delle caratteristiche morfologiche e urbanistiche del contesto.
Per tali motivi sia la fase progettuale (comprensiva dell’ottenimento del consenso sociale sull’opportunità dell’opera) che quella di recupero delle risorse finanziarie ed
ancora quella di conduzione dei cantieri presentano rilevanti caratteristiche di criticità. Un elemento particolarmente critico è costituito dalla rilocalizzazione delle residenze e delle attività produttive interferite dai cantieri.
Molti slittamenti dei cronoprogrammi delle opere sono
dipesi da modifiche progettuali per la composizione di
numerose interferenze e relativi accordi con gli aggiudicatari dei lavori.l
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
59
AMBIENTE & TERRITORIO
di Roberta Recchi
Vera
Lo scorso gennaio, a Bologna, un
proficuo confronto del gruppo di
lavoro Ambiente delle Confindustrie regionali del centro-nord con i
funzionari responsabili in materia
di Autorizzazione Unica Ambientale nelle corrispondenti Regioni.
semplificazione?
Coloro che non sono addentro alle problematiche
relative al binomio produttività e rispetto delle norme ambientali, non possono cogliere il clima di sgomento nel
quale operano le nostre imprese, specie se attente alle
esigenze della tutela dell’ambiente e desiderose di operare al meglio senza lesinare su innovazione e investimenti finalizzati all’impiego delle migliori tecniche disponibili. Ho già scritto su queste pagine delle difficoltà interpretative delle norme ambientali, delle conseguenze che
questo comporta in sede di controlli da parte delle differenti autorità competenti, della necessità di predisporre
memorie difensive in seguito a verbali sanzionatori spesso basati su errate valutazioni sulla conformità dei comportamenti dell’impresa.
È di pochi mesi fa un articolo pubblicato su questa rivista, dedicato alla Autorizzazione Unica Ambientale, che
esprimeva timori sull’effettiva realizzazione di una semplificazione amministrativa per mezzo delle norme contenute nel DPR 59/2013 istitutivo dell’AUA. Da quella denuncia è stata fatta un po’ di strada verso la soluzione dei
problemi che erano stati avvertiti, sia da parte dei privati
che dalle autorità competenti.
In particolare, proprio in questo periodo, una fortunata
concatenazione di eventi ci ha visto, come Confindustria
Liguria, capofila del Gruppo di Lavoro Ambiente delle
Confindustrie del Centro Nord. Questo ci ha consentito
di organizzare, il 24 gennaio scorso, un incontro presso
Confindustria Emilia Romagna al quale hanno partecipa-
60 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
to i nostri funzionari competenti per l’ambiente che, per
ogni Regione presente, si sono presentati all’incontro accompagnati dai dirigenti regionali responsabili in materia
di AUA.
Una vera collaborazione, una occasione unica di lavorare
con le istituzioni e di vedere le proprie istanze prese in
considerazione e, anzi, utilizzate da subito come un volano verso una più solerte e mirata azione delle Regioni
per la migliore gestione delle loro competenze in materia
di AUA.
La normativa nazionale, infatti, delega alle Regioni sia la
possibilità di ampliare l’ambito di applicazione della nuova normativa a procedimenti non previsti nell’art 3 del
DPR 59/2013, sia l’autorità di esprimersi nel merito con
delibere, circolari e/o linee guida. Sostanzialmente, le
Autorità regionali possono dettare norme di dettaglio che
rendano coerenti le attività delle Province e dei SUAP comunali nei procedimenti che verranno instaurati per l’ottenimento delle AUA.
Il Decreto istitutivo dell’AUA, che è efficace dal giugno
scorso, è oggetto di alcuni dubbi interpretativi; i più rilevanti riguardano le modalità di presentazione degli allegati, l’entità delle spese istruttorie, il “dies a quo” di decorrenza del termine per l’emanazione del provvedimento e l’individuazione delle competenze per le semplici comunicazioni e le volture.
Sulla carta, quelli elencati possono sembrare piccoli problemi, ma nella pratica incidono pesantemente sulle
aziende e sul sacrosanto diritto di operare in regime di
parità di trattamento. Vi sono inoltre le difficoltà oggettive
cui gli Sportelli Unici comunali devono far fronte per la
mancanza di coerenza che a volte si riscontra tra i sistemi operativi telematici dei soggetti coinvolti nella gestione dell’AUA.
In diverse Regioni le priorità sono state affrontate con
tempestive Delibere di Giunta che hanno chiarito i punti
oscuri e uniformato l’azione di Province e Comuni. Sono
stati organizzati corsi di formazione per gli operatori degli
Sportelli Unici dei Comuni, facilitate le relazioni informatizzate tra province e SUAP comunali e incentivata, specie nei Comuni più piccoli, la costituzione di consorzi per
la gestione comune delle istanze di AUA.
La Regione Liguria non si è mossa con tempestività, purtroppo: ed è per questo che guardiamo con particolare
favore alla riunione organizzata dalla Confindustrie regionali. La giornata del 24 gennaio scorso a Bologna ha, infatti, mostrato in tutta la sua chiarezza quanto sia pesante in sede amministrativa non riuscire a garantire alle
aziende una parità di trattamento su tutto l’ambito nazionale da parte delle autorità amministrative competenti.
La riunione di Bologna ha anche dato evidenza del fatto
che lavorare in squadra è produttivo e che la spinta
dell’esempio di coloro che sono già avanti nella gestione
delle AUA è il miglior incentivo per chi è rimasto fermo.
Su modello delle delibere di Lombardia e Piemonte, la
nostra Regione si è impegnata ad approvare un atto di
indirizzo che uniformi l’operato delle quattro Province nel
rispetto della norma nazionale e delle indicazioni regionali. Se è vero che la soluzione dei problemi è fortemente
influenzata dall’azione coordinata dei soggetti coinvolti,
l’incontro di Bologna è stato un modo nuovo di unire l’operato della Pubblica Amministrazione e quello delle rappresentanze degli imprenditori, e ha segnato un percorso nuovo, che nasce dalle esigenze di chi opera sul territorio di avere risposte uniformi, procedure snelle e un
controllo sulle spese istruttorie che ogni procedimento
comporta. La collaborazione di tutti è fondamentale, così
come è assolutamente necessario che ci sia comunicazione tra gli Assessorati regionali, i Direttori generali, tra
gli Enti territoriali e quelli di controllo; non c’è più spazio
per lacune informative, sprechi di tempo e di soldi pubblici e privati. Se il Governo centrale è accusato di non
portare avanti con maggiore tempestività le riforme necessarie alla ripresa economica, facciamo almeno in modo che in sede locale ci siano comunicazione e trasparenza, che le aziende non debbano sempre subire le
conseguenze dell’incertezza e della pesantezza dei costi
amministrativi.
Come rappresentanti delle nostre realtà imprenditoriali
noi, Confindustrie regionali e provinciali, uniamo le forze
per dare alle Autorità amministrative la visione di insieme
che è spesso mancata nel realizzare gli obiettivi dei progetti di snellimento delle procedure e di uniforme interpretazione delle norme per la loro migliore applicazione.l
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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PICCOLA INDUSTRIA
di Daniela Boccadoro Ameri
PMI a
Expo 2015
Tra gli strumenti a portata di
impresa per avere visibilità
alla kermesse milanese, c’è
il Catalogo per i partecipanti,
uno spazio virtuale dove
presentare prodotti e servizi.
Ne ha discusso il Gruppo
Expo 2015 PMI.
Nasce il gruppo di lavoro Expo 2015 PMI sotto l’impulso del neo presidente della Piccola industria di Genova, Andrea Carioti. Quindici imprenditori di differenti settori (meccanica, sanità, comunicazione, terziario, impiantista ecc.) si sono incontrati per verificare la possibilità di
lavorare insieme sulle opportunità che Expo 2015 può offrire soprattutto alle piccole imprese. Si tratta di una grande vetrina, un’occasione da non sprecare. Sono soprattutto le nostre piccole imprese che necessitano di sostegno e un’organizzazione importante come Confindustria
può fare molto: senza alcun supporto, le PMI hanno difficoltà a competere in un mercato sempre più globalizzato.
Ecco perché occasioni come questa, in cui saranno presenti in Italia le delegazioni di 142 Paesi, devono prevedere oltre alla partecipazione delle grandi aziende anche
quella delle “piccole”. Le grandi imprese, per dimensioni e
capacità economiche, si sono già organizzate per essere
partner dell’iniziativa o comunque prenderne parte attiva
con spazi espositivi propri. Le piccole imprese devono
“inventarsi questo spazio”.
Ritengo che la possibilità di prendere parte a un evento di
queste dimensioni debba essere alla portata di tutti. Inoltre, cosa di non poco conto, l’Expo si terrà in territorio italiano, senza che siano dunque necessari lunghi e costosi
spostamenti per raggiungere Paesi spesso dall’altra parte
del globo. Una percentuale molto alta delle PMI si è già
62 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
organizzata o si sta organizzando per l’internazionalizzazione. Ragione di più quindi per sfruttare al meglio questa
notevole opportunità. Le Istituzioni si stanno preparando,
la Regione Liguria ha già dato, per prima, la sua adesione. Con Liguria International come capofila, il sistema
economico sarà in grado di presentare l’offerta Liguria,
siamo sicuri, nel miglior modo possibile. Ma, dal momento che il tessuto delle imprese genovesi e liguri per il 90%
è costituito da PMI, vorremmo farci parte attiva nella costruzione dei percorsi che vogliono rappresentare al meglio le eccellenze delle nostre aziende, presenti sul territorio genovese e ligure.
Contiamo di fare questo, nei prossimi mesi, con il coordinamento di Giovanni Calvini, delegato a Expo 2015 per
tutte le territoriali liguri compresa quella di Genova.
Studi realizzati da Bocconi e da Eurisko, in linea con altri
di Expo, stimano la partecipazione all’evento in 20 milioni
di visitatori (di cui 6 milioni dall’estero). I Paesi partecipanti
saranno una fonte di business per le imprese italiane: lo
studio Bocconi ha stimato - probabilmente per difetto un giro d’affari per 495 milioni di euro.
Di recente, Expo 2015 Spa ha lanciato il Catalogo per i
Partecipanti, alla progettazione del quale Confindustria ha
collaborato fattivamente. È un importante strumento di
contatto tra partecipanti ufficiali e sistema delle imprese
per la fornitura di lavori, beni e servizi per la costruzione,
allestimento e gestione dei “self-built Pavilions”, i cui investimenti sono stimati in circa un miliardo di euro. Un market place virtuale, dunque, supportato da una piattaforma
telematica.
Il catalogo è aperto a tutte le imprese italiane iscritte al
Registro delle Imprese; ne incentiva l’aggregazione, secondo le forme previste dalla normativa (consorzi, reti
d’impresa, R.T.I. ecc.); permette alle imprese di presentarsi ai partecipanti dei vari Paesi attraverso sistemi di ricerca (filtri/ricerche per parola) che ne visualizzano le caratteristiche distintive; sarà realizzato in tre lingue ufficiali
(italiano, inglese e francese).
La presenza delle aziende nel catalogo è suddiviso in due
fasi. Una prima fase, già operativa, aperta alle categorie
prioritarie (elenco completo sulla home page del Catalogo), relativa a progettazione, costruzione e preparazione
dei padiglioni. Una seconda fase, che sarà operativa nel
corso del 2014, per le categorie relative alla gestione della presenza all’evento (ad esempio, servizi di comunicazione, eventi, viaggi, catering, traduzione, manutenzione,
food & beverage, stampa). Il Catalogo per i Partecipanti
non è una piattaforma di eProcurement, ma rappresenta
un database accessibile ai Paesi partecipanti attraverso il
sistema utilizzato da Expo 2015 Spa per gestire le relazioni e lo scambio informativo con i Partecipanti Ufficiali
(Participant Data Management System). Attraverso la
piattaforma i Paesi potranno selezionare i propri fornitori
con diversi sistemi di ricerca (categorie/filtri/ricerche per
parola) e le aziende iscritte al catalogo potranno essere
contattate dai Paesi ricevendo richieste tramite il sistema
di messaggistica predisposto.
Le imprese avranno accesso all’iscrizione al Catalogo accedendo al sito http://fornitori.expo2015.org.
Sulla piattaforma saranno disponibili per i Paesi partecipanti anche la Guida dei Partner di Expo 2015 (le aziende
che hanno siglato partnership onerose con Expo) e il Catalogo SIExpo2015 (www.siexpo2015.it), dedicato a prodotti e materiali ecosostenibili e innovativi relativi ai settori
di costruzioni e allestimenti, arredo per interni, arredo urbano, packaging e complementi fieristici.
Siamo solo all’inizio del nostro percorso ma stiamo già
studiando vari modi per tenerci costantemente aggiornati, per essere sempre informati su tutte le novità e le possibilità di partecipazione che da qui sino all’inizio della
manifestazione si apriranno. Chi volesse unirsi al gruppo
di lavoro o portare il proprio contributo può contattarmi
direttamente all’indirizzo [email protected]
oppure segnalare il proprio interesse alla segreteria PMI di
Confindustria Genova ([email protected]).l
Daniela Boccadoro Ameri
è consigliere del Gruppo Piccola Industria
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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GIOVANI
© FONDAZIONE ANSALDO
di Ilaria Abignente di Frassello e Mattia Marconi
Piattaforma
per startup
Unicaseed è il portale
di equity crowdfunding
gestito da Unicasim e
vigilato dalla Consob:
uno strumento innovativo per raccogliere
capitale di rischio a
sostegno delle startup.
64 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
La ricetta dice: “prendere un giovane con belle idee
(startupper), fargli costituire un veicolo (startup), metterlo
in una vetrina multimediale (portale), fargli raccontare una
narrativa (pitch) anche con tecniche multimediali, creare il
contatto con gli investitori e più in generale con gli stakeholder (anche social), e infine chiudere il round dell’investimento (fundraising)”. Il risultato? Realizzare innanzitutto
uno strumento per favorire lo sviluppo delle startup e
creare un sistema per finanziarsi alternativo a quello tradizionale bancario, canale oggigiorno particolarmente colpito dalla restrizione del credito. Questo l’obiettivo alla
base del decreto legge n. 179/2012 (convertito nella legge 17 dicembre 2012, n. 221) recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (noto anche come “Decreto crescita bis”), che ha fatto sì che l’Italia sia il primo
paese in Europa a essersi dotato di una normativa specifica ed organica sull’“equity crowdfunding”.
Il termine crowdfunding indica il processo con cui più persone (folla o crowd) conferiscono somme di denaro (funding), anche di modesta entità, per finanziare un progetto
imprenditoriale o iniziative di diverso genere utilizzando siti internet (piattaforme o portali) a titolo di donazione (donation-based crowdfunding), a titolo di prestito (lendingbased crowdfunding) o ricevendo talvolta in cambio una
ricompensa (reward-based crowdfunding). Si parla di
“equity-based crowdfunding” quando tramite l’investimento on-line si acquista un vero e proprio titolo di partecipazione in una società: in tal caso, la “ricompensa” per
il finanziamento è rappresentata dal complesso di diritti
patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell’impresa.
Questo il tema approfondito dai Giovani Imprenditori lo
scorso 30 gennaio durante l’incontro, organizzato in collaborazione con la sezione Finanza & Assicurazioni, con
l’amministratore delegato di Unicasim Leonardo Frigiolini.
Unicasim è infatti il primo intermediario italiano ad aver
notificato alla Consob la propria decisione di gestire un
portale di equity crowdfunding, a essere autorizzato e regolarmente registrato nella sezione speciale del Registro
dei gestori.
Il portale di Unicasim, chiamato Unicaseed proprio per
evocare il concetto di semina, non è semplicemente una
“vetrina” in cui presentare i progetti bensì una piattaforma, vigilata dalla Consob, per gestire l’intero processo di
filiera che sta alla base della raccolta di capitale di rischio
delle startup innovative. Esso inizia con la selezione delle
startup e dei loro progetti meritevoli di essere sottoposti
agli investitori, attraverso un rigoroso percorso di due diligence con il supporto di un Comitato etico e super partes, e procede con l’attribuzione di un Tutor (professionista esterno) che affianca la startup aiutandola nella predisposizione di tutti i documenti necessari, come la predisposizione del business plan, la definizione della governance e dello statuto (con diritto di co-vendita o “tag
along” obbligatorio nel caso di futuro trasferimento del
pacchetto azionario di controllo) e la determinazione del
valore azionario, sovente attraverso l’utilizzo del metodo
del Discounted cash flow (Dcf). Una volta messa a punto
la comunicazione del progetto, esso è pronto per essere
presentato in modo interattivo alla platea dei potenziali investitori, ossia gli utenti registrati al portale Unicaseed che
abbiano “superato” positivamente il “percorso di investimento consapevole”, un questionario online sulle caratteristiche e i rischi dell’investimento creato dalla Consob a
tutela dell’investitore retail. Infine, il processo si conclude
con la raccolta materiale dei capitali in caso di adesione,
fase gestita direttamente da Unicasim in quanto intermediario finanziario autorizzato e che si perfeziona obbligatoriamente con l’avvenuta sottoscrizione di almeno il 5%
delle quote o azioni della startup innovativa da parte di un
investitore professionale.
Il mercato italiano del crowdfunding sembra crescere a
un ritmo molto veloce, in linea con le tendenze a livello
mondiale. Nella storia del crowdfunding italiano il valore
totale raccolto da progetti di successo ammonta a quasi
23 milioni di euro, di cui più di 11 milioni di euro nel corso
dell’ultimo anno (a livello mondiale sono stati raccolti 2,7
miliardi di dollari attraverso piattaforme di crowdfunding e
circa il doppio nel 2013). In Italia, dalle 16 piattaforme del
2012 siamo passati ora a 41, di cui 27 attive e 14 in fase
di lancio. Tra le piattaforme attive, più della metà sono reward-based, un terzo donation-based e solo tre sono
lending-based. Tra quelle in fase di lancio, la stragrande
maggioranza sono equity-based, spinte dalla recente
pubblicazione del Regolamento Consob.
Emerge dunque come l’equity crowdfunding sia ancora la
modalità meno diffusa anche se indubbiamente il modello
più orientato alla crescita aziendale e dunque al business
in senso stretto: nel mondo “vale” infatti circa 116 milioni
di dollari, con una crescita annua del 30%. Un chiaro segnale che forse stiamo assistendo, anche in Italia, grazie
a “pionieri” come Unicasim che intraprendono modi nuovi
di operare, agli inizi di una più ampia innovazione nel mercato finanziario tradizionale, solitamente chiuso e conservatore, a tutto vantaggio dello sviluppo del tessuto economico-imprenditoriale del nostro Paese.l
Ilaria Abignente di Frassello e Mattia Marconi
sono coordinatori della Commissione Leadership & Management
del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Genova
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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GIOVANI
Umberto Suriani
Città che
amano
le imprese
Da uno studio di McKinsey & Co., emerge che
nel nostro secolo la competizione non si giocherà
tanto fra imprese quanto
fra grandi aree economiche. Avrà la meglio il territorio che saprà offrire
condizioni di vita e di lavoro migliori.
66 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
Londra, veduta aerea
A nove anni dalla pubblicazione de “Il mondo è piatto.
Breve storia del ventunesimo secolo”, fortunato saggio di
Thomas Friedman che descrive la globalizzazione come
un fenomeno di sostanziale appiattimento delle barriere
sociali, temporali e logistiche generato dall’avvento di internet e dall’ondata di innovazioni tecnologiche a esso legate, il nostro Paese sembra non aver ancora accettato
la sfida della competizione globale. Non è un caso che la
Banca Mondiale collochi l’Italia soltanto al 65º posto nel
mondo, dietro paesi come Botswana, Fiji o Samoa, nella
classifica dell’“Ease of doing business”.
Spostando l’attenzione dall’Italia a Genova le cose non
vanno meglio; mentre qui siamo quotidianamente impegnati a dibattere, su giornali ed emittenti locali, circa l’opportunità di realizzare la Gronda o trasferire la Facoltà di
Ingegneria agli Erzelli, solo per stare ai temi di più stretta
attualità, il resto del mondo sembra correre a un’altra velocità. A settembre dello scorso anno, una delle più prestigiose società di consulenza al mondo, McKinsey &
Co., ha pubblicato un interessante studio intitolato “How
to make a city great”, una sorta di indagine finalizzata a
comprendere quali iniziative i leader del ventunesimo secolo debbano assumere per trasformare le proprie città
in luoghi migliori in cui vivere e lavorare. Si tratta, com’è
ovvio, di una questione pressante, specie ove si consideri che entro il 2030 circa 5 miliardi di persone vivranno
nelle città, contro i 3,6 miliardi attuali. Per sindaci e amministratori dei paesi emergenti la sfida consisterà nel
governare un processo di urbanizzazione senza precedenti, mentre gli amministratori pubblici delle città delle
economie mature dovranno trovare, in presenza di vincoli
di bilancio sempre più rigidi, risorse per rinnovare infrastrutture obsolete e, soprattutto, identificare modalità sostenibili per espandere le proprie economie e, contestualmente, garantire ai propri cittadini una sempre maggiore qualità della vita.
In sostanza, la vera sfida del ventunesimo secolo consisterà, ancor più che nella competizione fra imprese, nella
concorrenza fra territori, soprattutto fra grandi aree economiche; una lezione che in giro per il mondo sembrano
aver compreso molto bene.
New York, nel 2011, ha presentato un vero e proprio piano strategico, il Sustainability Plan, in cui ha definito una
serie di obiettivi da raggiungere entro la fine del 2013 per
migliorare sicurezza pubblica, trasporto e aree verdi, al fine di incrementare la qualità della vita dei newyorkesi e,
soprattutto, attrarre nuovi investimenti perché, come
sottolineato nelle premesse del Piano: “Oggi la mobilità
di persone e capitali ha creato una forte competizione fra
le città. Noi competiamo per attrarre le migliori idee e la
migliore forza lavoro. Al fine di prosperare economicamente, dobbiamo creare un ambiente in cui gli imprenditori di maggior talento - e le imprese che crescono - vogliano stare”.
Londra, dal canto suo, è riuscita a creare, in meno di tre
anni, un fiorente distretto tecnologico, Tech City, investendo poche risorse economiche e concentrando gli interventi sul piano legislativo, rafforzando le leggi a tutela
dei diritti di proprietà intellettuale e velocizzando il processo di ottenimento dei permessi di soggiorno da parte
degli imprenditori; efficace esempio di quanto la semplifi-
cazione amministrativa possa stimolare gli investimenti
privati e contribuire, così, a creare ricchezza per la collettività. Altro caso interessante raccontato nel rapporto
McKinsey è quello della città di Bogotà, Colombia, che,
sebbene su scala ridotta, è riuscita ad attrarre un buon
numero di imprese del settore high-tech investendo nelle
competenze linguistiche dei propri giovani attraverso un
programma finanziato dal governo, chiamato “Talk to the
World”, che ha portato alla formazione e successiva certificazione di conoscenza della lingua inglese di oltre dieci
mila giovani.
La serie di casi di successo raccontati nel rapporto è lunga; il punto è che, benché ogni caso abbia la sue peculiarità e faccia, dunque, storia a sé, tutti sono accomunati
dal fatto che le città che ne sono protagoniste hanno
mostrato di comprendere, non solo a parole, ma con iniziative concludenti, come il benessere di un territorio dipenda dalla sua capacità di attrarre imprese di successo,
aiutandole a prosperare coltivando l’attitudine a considerarle come clienti.
Genova è pronta a raccogliere questa sfida e diventare il
prossimo caso di successo, oppure si accontenterà di
continuare a vivere del ricordo di un passato glorioso che
la racconta “regale e superba signora del mare”?l
Umberto Suriani è presidente del Gruppo Giovani Imprenditori
di Confindustria Genova
Bogota, 7th Avenue da Jimenez a Plaza Bolivar
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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COMUNICAZIONE
di Claudio Burlando e Max Morales
“Above” o “below the
line”? Dipende dal
budget e dalla creatività. Grazie ai nuovi
strumenti di comunicazione, l’attività pubblicitaria ha ancora
grandi potenzialità di
sviluppo.
Linee di
comunicazione
Se Carlo Martello non avesse respinto a Poitiers nel
733 d.C. l’esercito dell’impero musulmano, questo articolo avrebbe potuto essere stampato in caratteri arabi anziché romani.
La guida delle nazioni ha sempre fornito uno straordinario
incentivo per il cambiamento nell’arte della scrittura e nel
tramandare le informazioni, ovvero comunicare. Il grande
conquistatore, per estendere il suo potere sul territorio,
usava gli strumenti più importanti in suo possesso, comunicava “above the line”; gli amministratori, i soldati e i
monaci diffondevano ancora più capillarmente: comunicavano “below the line”.
Comunicare sopra e sotto una linea immaginaria, quindi.
Ma da cosa è costituita questa linea immaginaria a cui si
riferiscono i pubblicitari? Per citare Michael John Baker e
il suo “Marketing book”, i termini “above the line” e “below the line” appaiono nel 1954, quando Procter&Gamble
(ancora oggi uno dei principali gruppi al mondo di beni di
consumo) ingaggiò due agenzie diverse e le pagò con tariffe diverse sulla base delle attività promozionali che
avrebbero svolto.
La prima agenzia si sarebbe occupata di comunicare i
valori dei prodotti alla massa dei consumatori; la seconda, invece, avrebbe agito, con una comunicazione più
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“one to one”, allo scopo di avvicinare e di fidelizzare i
clienti attuali e potenziali.
La linea immaginaria, sopra o sotto la quale si poteva comunicare, era quindi la massa generalista dei pubblici,
considerata fino ad allora come il miglior target possibile
per la diffusione di un brand. Da allora, grazie anche all’evoluzione del marketing in quanto vera e propria disciplina economica, si è cominciato a guardare al pubblico
della comunicazione aziendale come a qualcosa di più
complesso, alla costruzione della marca come a un’operazione economicamente strategica e alla pubblicità come un oggetto tutt’altro che banale, oltre che multisfaccettato.
Nell’ottica di posizionare il brand nei confronti di potenziali
clienti, sempre più esigenti e viziati da un’offerta crescente (dal dopoguerra ad oggi), è stato necessario quindi tenere in considerazione almeno due livelli di comunicazione, da integrare tra loro, un livello “above the line” e uno
“below the line”.
Quante volte, anche con la volontà di conquistare il mercato, ma senza un budget per comunicare “above the line” (campagne televisive) dobbiamo necessariamente
utilizzare media alternativi. È qui che entra in gioco il “below the line”, e non va in alcun modo considerato una for-
ma minore di pubblicità. Un’altra interessante storia legata alla nascita del termine - storia che non mette in discussione l’aneddoto su P&G - è legata al campo giornalistico e indica le notizie presenti in una posizione particolare, cioè sotto (below) la piega (line) della prima pagina di
un quotidiano, esposto in edicola. L’obiettivo principale
del “below the line” è fare notizia anche senza avere la
notizia, cioè comunicare la qualità del prodotto con grande impatto e pochi mezzi a disposizione. Infatti i media
normalmente utilizzati non sono i classici “above the line”
(televisione, radio, editoria, affissioni). ma complementari
(sponsorizzazioni, relazioni pubbliche, direct marketing,
promozioni, materiale p.op.).
Nel contesto dei media contemporanei, però si può e si
deve andare oltre.
Il panorama creativo offre molte opportunità. Si possono
per esempio sfruttare strumenti multimediali e on line (social media), che raggiungono un target ad ampio raggio,
e riconsiderare strumenti che non sono tecnicamente
media ma lo possono diventare con un sapiente utilizzo.
Immaginiamo il packaging: perché non trasformarlo in un
medium sorprendente? Si può sviluppare una campagna
pubblicitaria istituzionale quasi esclusivamente abbigliando il prodotto, in maniera tale che quando è posizionato
sullo scaffale si abbia la percezione di una mini affissione
e quindi generare nel consumatore l’impulso di acquisto.
È il prodotto che parla direttamente al consumatore, come in uno spot.
Il “below the line” può stimolare anche tutti i cinque sensi,
con tecniche realizzative non convenzionali che stupiscano l’utilizzatore finale. Brochure e pieghevoli studiati con
materiali alternativi che stuzzichino altri sensi oltre alla vista: il tatto (rilievo, floccato), l’olfatto (microcapsule), l’udito (jingle elettronici), il gusto (gadget alimentari).
Per questo negli ultimi anni la comunicazione “below the
line” ha avuto una rapida ascesa: perché i consumatori
non si accontentano più di forme di comunicazione obsolete e noiose, vogliono essere piacevolmente colpiti, invogliati, meravigliati.
E allora comunichiamo, sotto le pieghe, tra le pieghe, ma
comunichiamo. Per ogni prodotto esiste sempre il budget
ideale per farsi vedere. Cominciamo ad amare la rivoluzione creativa, la comunicazione alternativa, insomma...”
let it be loved the line!”.l
Claudio Burlando è presidente
della Sezione Comunicazione di Confindustria Genova
Max Morales è delegato alla Piccola Industria
della Sezione Comunicazione di Confindustria Genova
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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LA CITTÀ
Aeroporto
a portata di treno
Da fine gennaio, un bus-navetta
AMT garantisce il collegamento
tra il Colombo e la stazione ferroviaria di Sestri Ponente.
La chiave per lo sviluppo dell’aeroporto di Genova è l’intermodalità: ferrovia e aeroporto sono più vicini
grazie a un rinnovato servizio di collegamento effettuato
tramite bus-navetta predisposto da AMT denominato “i
24”. Il 27 gennaio scorso sono infatti entrate in vigore le
modifiche del servizio di collegamento dell’aeroporto di
Genova con la vicina Stazione ferroviaria di “Sestri Ponente-Aeroporto”. Le modifiche del servizio consistono
nella previsione del capolinea del bus presso il piano arrivi
dell’aerostazione, nella predisposizione di una nuova fermata prospiciente la Stazione Ferroviaria di Sestri Ponente-Aeroporto, e in un sostanziale accorciamento del percorso tale da limitare i tempi di attesa del bus.
La nuova linea - frutto di una serie di incontri intercorsi tra
Comune di Genova, Aeroporto, Regione Liguria, Trenitalia, RFI e Confindustria Genova - ha lo scopo di rendere il
servizio più efficiente e fruibile dall’utenza - sia cittadini
genovesi che turisti - la quale potrà contare su un sistema
di trasporto intermodale ed economico di collegamento
con il centro della città.
L’economicità del servizio intermodale gomma-ferro rende maggiormente appetibile lo scalo aeroportuale geno-
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Vince chi viaggia e lo racconta
Turkish Airlines mette in palio un biglietto in
business class dal Cristoforo Colombo verso
una destinazione a scelta nel mondo: per partecipare al concorso, basta inviare il racconto
dedicato al proprio viaggio di lavoro (massimo 500 caratteri), entro il 31 marzo, all’indirizzo: [email protected].
Unica condizione: essere partiti dall’Aeroporto di Genova, non importa quando e verso
quale destinazione, né la compagnia aerea.
vese da parte delle compagnie aeree low cost che scelgono le loro destinazioni anche in funzione della tipologia,
efficienza ed economicità di collegamento dello scalo con
i vari centri cittadini. La formula treno+aereo garantisce
infatti al passeggero comodità, velocità e convenienza nel
trasferimento da/per l’aeroporto.
Il servizio - fruibile con un normale biglietto AMT - consente di raggiungere in circa 10 minuti la vicina stazione
ferroviaria di Sestri Ponente-Aeroporto, e da lì spostarsi in
tutta la Liguria grazie al treno. Il biglietto ferroviario è inoltre acquistabile direttamente in aeroporto, grazie alla biglietteria automatica predisposta da Trenitalia al piano arrivi. Il biglietto per il bus-navetta “i 24” è invece acquistabile presso l’emettitrice automatica AMT presente in aeroporto all’esterno della zona arrivi, in prossimità della fermata del capolinea dell’“i 24” e del Volabus. Il rinnovato
servizio del bus-navetta “i 24” si affianca infatti a quello
del Volabus, sempre gestito da AMT, che collega direttamente l’aeroporto alle stazioni ferroviarie di Genova (Principe e Brignole).
Il nuovo sistema intermodale è solo la prima fase di un
progetto più ampio che mira a realizzare una efficiente re-
te di collegamento tale da rendere il territorio e l’aeroporto sempre più accessibili. Il 2013 ha visto l’avvio della fase progettuale del futuro collegamento diretto tra aerostazione e ferrovia con successiva prosecuzione verso il
polo degli Erzelli. Il progetto, il cui coordinamento è in capo a Regione Liguria e che prevede un collegamento tramite cabinovia tra aeroporto e ferrovia, è stato denominato GATE (Genoa Airport: a train to Europe), ha l’obiettivo
di collegare l’aeroporto di Genova alle grandi reti ferroviarie di trasporto europee, rendendo nel contempo il territorio più accessibile ai turisti e di ampliare il bacino di utenza dello scalo. Il progetto presuppone necessariamente la
realizzazione di una nuova fermata della ferrovia e lo spostamento della stazione di Cornigliano all’altezza di Villa
Bombrini.
L’iter di progettazione del nuovo sistema di collegamento
tramite cabinovia sarà affidato attraverso una selezione
pubblica gestita dalla Stazione Unica Appaltante Regionale, mentre la progettazione del nuovo assetto ferroviario sarà affidata a RFI. Il cofinanziamento da parte dell’agenzia TEN-T comporta il rispetto di numerosi criteri, non
ultimo quello dell’aggiornamento costante sull’avanza-
mento dello studio progettuale. Il lavoro di progettazione
dovrà essere completato entro il 31 dicembre del 2015.
L’auspicio degli enti beneficiari è che lo scrupoloso rispetto di tutti i criteri imposti dall’agenzia TEN-T possa
consentire, una volta terminata la fase progettuale, di accedere a fondi europei anche per la parte esecutiva dei
lavori. Lo studio, che sarà cofinanziato dall’Unione europea nella misura del 50% (576.000 euro su 1.152.000), si
inserisce in un quadro di investimenti più ampio che comprende la realizzazione del prolungamento della strada a
mare di Cornigliano, la costruzione del Nodo ferroviario e
del Terzo Valico, l’ampliamento dell’aerostazione e la
creazione della futura piastra logistica aeroportuale (con
un parcheggio intermodale che si troverà al centro di aeroporto, viabilità urbana, casello autostradale e ferrovia).
Negli scorsi mesi, la Società di gestione dell’Aeroporto di
Genova ha anche posto le basi per lo sviluppo futuro dello scalo, approvando e avviando il Piano di sviluppo. Il
progetto prevede l’ampliamento dell’aerostazione, l’aumento dei banchi per il check-in, la creazione di una
struttura dedicata all’aviazione generale nonché la realizzazione di nuovi parcheggi. l (NEG)
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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CULTURA & SOCIETÀ
di Luciano Caprile
Asger
Jorn
Anche la
Liguria
celebra
l’importante
artista
danese
nel
centenario
della
nascita.
72 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
Il 3 marzo 1914 nasceva a Vejrum, nello Jutland,
Asger Jorn, considerato non solo il più importante pittore
contemporaneo danese ma uno dei massimi protagonisti
dell’arte del Novecento. A partire dal 28 febbraio, lo Statens Museum for Kunst di Copenaghen e il Museum Jorn
di Silkeborg ne celebrano i cent’anni della nascita con due
imponenti rassegne collegate fra di loro che intendono documentare un’intensa attività di ricerca che ha coinvolto
altri prestigiosi autori del secolo scorso. Nella vicenda
umana e creativa di Jorn l’Italia e in particolare la Liguria di
Ponente occupano un ruolo privilegiato. Non a caso, alla
fine di aprile, la San Giorgio di Albissola, il luogo privilegiato delle sue invenzioni ceramiche (qui ha ideato e assemblato i due grandi pannelli per Aarhus e per Randers),
ospiterà “La fabbrica dei sogni”, ovvero la rivisitazione, attraverso le opere e le immagini, di un luogo che ha mantenuto fino a oggi quella magica atmosfera grazie al “patron”
Giovanni Poggi, testimone prezioso di quel tempo e di
quelle esperienze. Subito dopo, Villa Jorn, da lui abitata,
riadattata e trasformata con interventi pittorici e scultorei
(a cui va aggiunta l’originale composizione a “mosaico” del
giardino), aprirà i battenti per la meraviglia dei visitatori, anticipando di qualche giorno l’esposizione di terrecotte
smaltate accolta dal Museo di Albissola Marina; in concomitanza verrà inaugurato l’omaggio savonese della Pinacoteca con la proposizione di un excursus pittorico riguardante in particolare la produzione nostrana influenzata dal
caldo contatto col mare Mediterraneo e dal nostro sole
capaci di temperare l’algido clima del nord ben presente
nelle prove del primo periodo.
Oggi i suoi lavori vengono venduti all’asta a cifre particolarmente importanti (nel novembre del 2010 la Christie’s di
New York ha battuto un imponente acrilico su tela a oltre
due milioni di dollari); invece, quando nel marzo del 1954
giunge ad Albissola armato di un violino e di tanto entusiasmo deve accontentarsi, come ricorrente rifugio per la
notte, di una tenda piantata sulle rive del torrente Sansobbia. Ma Jorn ha progetti singolari che vuole subito mettere
in pratica: nel corso di quell’estate realizza gli “incontri internazionali della ceramica” chiamando a raccolta intanto
Karel Appel e Corneille ovvero gli amici del movimento CoBrA (un acronimo formato dalle iniziali di Copenaghen,
Bruxelles e Amsterdam) da lui fondato nel 1948 a Parigi,
quindi Sebastian Matta, Lucio Fontana, Enrico Baj, Emilio
Scanavino e tanti altri. Un ulteriore illustre invitato, Wifredo
Lam, arriverà a manifestazione conclusa. Quindi sarà la
volta di una decisa presa di posizione contro il razionalismo propugnato dal Bauhaus e in particolare da Max Bill.
Ecco nascere allora il “Premier Laboratoire Expérimental
du Mouvement International pour un Bauhaus Imaginiste”,
a cui aderiranno, per esempio, Pinot Gallizio e Constant
col corredo della rivista “Eristica”, edita da Gallizio ad Alba.
E in tale logica antirazionalista, Jorn sistemerà la casa-studio sulle alture di Albissola affrescando le pareti con le sue
immagini, disegnando e costruendo egli stesso, con l’aiuto dell’amico Umberto Gambetta, i muretti e i pavimenti
del giardino, collocando le proprie sculture in ceramica
lungo i viali. Intanto fa la spola tra Parigi e l’Italia e, dopo
aver inizialmente collaborato col laboratorio di Tullio Mazzotti, avvia nel 1959 un importante rapporto con la fabbrica San Giorgio di Eliseo Salino e Giovanni Poggi realizzan-
do un pannello murale, lungo ventisette metri e alto tre,
destinato allo Staatgymnasium di Aarhus, in Danimarca.
Nella circostanza viene messo in scena un sabba creativo
così evocato da Salino: “Per ottenere certi risultati che ci
chiedeva Jorn, non esitammo a passare sull’argilla con le
ruote di una motocicletta; come spatola usammo il rastrello dei bagnini”. E, come artista involontario, intervenne anche il cane Dicky che lasciò le impronte delle zampe nel
corso di una passeggiata sulla materia ancora fresca.
Questo era lo Jorn che si lasciava guidare dal gesto e
dall’imprevisto. Questo era lo Jorn capace di sparire per
un mese lasciando la moglie e i numerosi figli in custodia
agli amici; questo era lo Jorn che calzava i sandali in pieno
inverno (una sciocchezza per lui che aveva trascorso intere notti sotto i ponti di Stoccolma); questo era lo Jorn che
veniva additato per la sua stravaganza dalla gente di Albissola finché un giorno, si disse, passò di lì la regina di
Danimarca e volle incontrarlo. Lui infatti era già una gloria
in patria ma qui nessuno lo sapeva. E proprio quando la
gloria, quella concreta, quella mercantile, inizia a dar ragione al suo immenso talento, grazie anche al successo di
un’antologica che da Hannover approda al Palais des
Beaux-Arts di Bruxelles e quindi a Copenaghen, lo coglie
la morte il primo maggio del 1973. Chiederà di essere sepolto in un piccolo cimitero dell’isola di Gotland, nel mar
Baltico, uno dei suoi luoghi di selvaggia ricerca di sé e delle proprie origini da tradurre in magmatica, coinvolgente
pittura dell’anima.l
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
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CULTURA & SOCIETÀ
di Massimo Morasso
Fino a domenica 23 marzo
tutti i giorni escluso il lunedì
da martedì a venerdì dalle 12 alle 19
sabato domenica e festivi dalle 11 alle 19
www.palazzodellameridiana.it
Occhio
quadrato
Al Palazzo della Meridiana gli scatti di
Alberto Lattuada nella mostra curata da
Giuseppe Marcenaro e Pietro Boragina.
È tramite
lo scatto fotografico che il giovane Alberto
Lattuada affina i suoi strumenti percettivi. Se il superinseguito reale è l’obiettivo, la macchina fotografica è il mezzo. Un punto di vista parallelo a quello fluente dell’immagine cinematografica. La mostra “Occhio quadrato”, visitabile fino al 23 marzo al Palazzo della Meridiana, dà
conto puntuale e intrigante di questa vocazione in margine a un destino creativo singolarmente articolato, duttile,
metamorfico, quale sarà, nel tempo, il destino del cineasta milanese. Nel 1941, ventisettenne, il futuro regista,
sceneggiatore e produttore Lattuada esordisce in effetti
come fotografo, in una mostra che si tenne nella galleria
milanese del gruppo di “Corrente”, di cui egli era parte,
assieme a una nuova generazione di letterati e artisti di
“opposizione” che avrebbero segnato la cultura italiana
del dopoguerra (parteciparono all’avventura di “Corrente”
e del suo movimento personalità del calibro di Treccani,
Anceschi, Bo, Luzi, Bigongiari, Quasimodo, Banfi, Carrà,
Mafai, Manzù, Fontana...). E lo fa con una serie di ventisei tavole fotografiche che raccolgono una selezione degli scatti che andava impressionando, dal 1938 in avanti,
lungo le vie della sua Milano. Curiosa, la genesi del titolo
della mostra di allora e di oggi “Occhio quadrato”, e del
librino omonimo che uscì settantatre anni fa per i tipi di
“Corrente”. Giuseppe Marcenaro, che con Pietro Boragina è l’inventore, oltre che il curatore di quest’“Occhio
quadrato” genovese, ne racconta così: «Nel 1940, sul set
74 Genova Impresa - Gennaio / Febbraio 2014
di Piccolo mondo antico, l’aiuto Alberto Lattuada aveva
mostrato al regista Mario Soldati alcune immagini che
avrebbe voluto raccogliere in una pubblicazione allora
ancora senza titolo. Soldati le guardò con attenzione, ricordava Lattuada, e poi chiese con quale macchina erano state eseguite. Poi, con la sua inconfondibile voce roca, ma quasi gridando: Te lo do io il titolo... le chiameremo “Occhio quadrato”. Occhio, perché nessuna macchina fotografica può prescindere dal guardare. Quadrato,
perché il negativo di quelle fotografie, scattate con la Rollei, è quadrato, appunto, sei centimetri per sei». La mostra di Boragina e Marcenaro presenta l’“antica” serie di
Occhio quadrato e altri corposi gruppi di immagini, sviluppandosi con andamento sinuoso attraverso più stanze e diverse sezioni. Nell’insieme, delinea un percorso di
grande suggestione, a più livelli, e documenta la tecnica
di Lattuada nella preparazione delle inquadrature cinematografiche, che il regista studiava attraverso preventivi
scatti fotografici. Testimonianza preziosa dell’artigianato
creativo di Lattuada nel centenario della nascita, “L’occhio quadrato” è segno della sua fedeltà al realismo - un
realismo “intensivo”, votato alla captazione onnivora del
mondo e della vita che lo anima. Ma è anche, o forse soprattutto, uno spiraglio aperto sulla cifra stilistica dell’artista Lattuada tout court. Perché anche in seguito Lattuada, come puntualizza Marcenaro, utilizzando le polaroid
«ha realizzato foto quadrate, sia come fotografo di scena
8
75
di Piccolo mondo antico, sia per i suoi “appunti visivi”,
come ad esempio quelli di Castiadas, in Sardegna, dove
ha immortalato una colonia penitenziaria in vista di un
film che non è mai stato realizzato». Proprio le foto di Castiadas, che “eternizzano” con effetto potente uno spazio
dell’immaginario che è insieme toccante memoria storica, e la serie di polaroid, con appunti autografi di Lattuada, utilizzate come “brogliaccio” visivo per un documentario su Genova in occasione dei Mondiali di calcio di Italia ’90, sono le più piacevoli sorprese di questo viaggio
nel “tempo del lampo che ha il potere di vampirizzare tutto ciò che la lente inquadra” (così come Lattuada ha definito, nell’82, la fotografia). Un tempo cristallizzato da Lattuada stesso, che aveva l’abitudine di riportare l’orario
sotto a ogni scatto, a dar contezza a se stesso dell’incidenza della luce in vista delle riprese che aveva intenzione di fare, in quel determinato spazio, magari il giorno
dopo. Queste immagini cariche di tempo mostrano un
centro storico di Genova non troppo dissimile da quello
dei nostri giorni, con qualche sorpresa per gli osservatori
più attenti. Mentre l’ampia sezione correlata, dovuta a
Paola Franci, la fotografa di scena prediletta da Lattuada,
allarga il grandangolo mentale del visitatore più curioso,
portandolo a zonzo fra i vari set di alcuni tra i più celebrati
film del regista. Che qui campeggia spesso insieme a sua
moglie, l’attrice Carla del Poggio, in molti dei ritratti, oggetto lui, per una volta, di una visione altrui - ma anch’essa nitida, “realistica”, e incisiva.l
MV07812B
SEMPLICEMENTE ENERGIA.
I bambini riescono a cogliere l’essenza
del mondo che li circonda e a rappresentarlo
con un tratto spontaneo e mai banale.
Guardano al futuro con ottimismo ed entusiasmo.
Ci ricordano con semplicità che,
in fondo, il mondo è fatto di energia.
Semplicemente energia.
www.erg.it