Aprile 2014 - Ospedale Forlì, Villa Serena e Villa Igea

La Repubblica tutela la salute come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività.
(Costituzione della Repubblica Italiana)
1
n.1 - aprile 2014
www.ospedaliprivatiforli.it
2 Editoriale
3 Le domande su Contratto Amico
5 Colecistectomia laparoscopica:
degenza breve e ripresa
in pochi giorni
6 A Villa Igea, 1500 interventi di
chirurgia oculistica all’anno
7 Quel dolore alla mano scompare
con un intervento di 10 minuti
8 Mangiare bene e mantenersi
in salute seguendo i consigli
dell’Ambulatorio di Counseling
Nutrizionale di Villa Serena
9 La procreazione assistita al centro
del dibattito
10 Attivato il nuovo ambulatorio di
pneumologia
12 L’epoca della rabbia
15 I servizi di Villa Serena
Distribuzione gratuita. Spedizione in A.P.
Legge 662/96 20/D 70% D.C.I. Forlì
Iscrizione al Tribunale di Forlì
n. 12/03 del 12.06.03
e Villa Igea
Tempi d’attesa brevi per visite,
esami e inteventi chirurgici: è
possibile? La proposta di Villa
Serena e Villa Igea con
Contratto Amico
16 Le armi della prevenzione nelle
patologie della sfera genitale
femminile
18 Lascio la mia clinica mobile a un
cuore giovane pieno di passione
19 I “mal di testa” sono tutti uguali?
Conoscerli per curarli
2
aprile 2014
Villa Serena e Villa Igea: parte integrante del
sistema sanitario regionale.
Nei giorni scorsi il team di valutatori nominato dalla regione ci ha fatto
visita per il periodico riesame (con esito positivo) dei requisiti previsti
dalla normativa dell’accreditamento.
L’accreditamento è l’atto che conferisce (e nel nostro caso conferma)
alla struttura sanitaria la condizione di soggetto idoneo a erogare
servizi per conto del Servizio Sanitario Regionale (e Nazionale): viene
concesso alle strutture che rispondono agli obiettivi e agli indirizzi della
programmazione regionale sulla base di requisiti generali e specifici
definiti.
Non siamo quindi uno dei tanti fornitori di servizi all’asl. Il nostro è un
ruolo strutturale: siamo parte integrante del sistema socio-sanitario
della Regione.
Questo è il ruolo che da decenni ci viene riconosciuto dalle migliaia di
utenti che si rivolgono a noi dove, oltre a professionalità ed esperienza,
trovano un sistema a misura di persona attento ai bisogni dell’utente.
Articolo 32
Periodico trimestrale
n.1 aprile 2014
Direttore Reponsabile
Luca Balducci
Direttore Sanitario
Claudio Simoni
Fotografie
Roberto Masi
Franco Fabbri
Villa Serena spa
via del Camaldolino 8 Forlì
tel. 0543 454111
Villa Igea spa
Viale Gramsci 42 Forlì
tel. 0543 419511
[email protected]
www.ospedaliprivatiforli.it
L’apporto del privato accreditato è di estrema rilevanza anche dal punto
di vista numerico: nella nostra regione sono 42 gli ospedali privati
accreditati (di cui 13 nell’ASL Unica della Romagna) per un totale di
4.783 posti letto con una incidenza di quasi il 20% dei ricoveri sul totale
di ospedali pubblici, privati e aziende ospedaliere.
Da anni in Italia si continua a parlare di riforma sanitaria, ma, in realtà la
conclusione è sempre la stessa: tagli lineari.
La sanità non ha semplicemente bisogno di spendere meno, ma di
spendere meglio, riducendo la burocrazia e favorendo la realizzazione
di un giusto mix pubblico-privato che crei una competizione virtuosa
tutelando il cittadino permettendogli davvero di scegliere il luogo di
cura. I cittadini europei con la cosiddetta “Schengen” della salute ora
possono scegliere in quale dei 28 paesi dell’unione farsi curare.
L’autorizzazione a curarsi all’estero non potrà essere rifiutata quando la
cura non può essere prestata sul territorio nazionale entro un termine
giustificabile dal punto di vista clinico.
Con la nostra iniziativa Contratto Amico stiamo dimostrando che questo
è possibile senza oneri aggiuntivi a carico del SSN.
3
CONTRATTO
AMICO
Le domande su
CONTRATTO AMICO
Le Frequently Asked Questions, meglio conosciute con la sigla FAQ, sono le “domande poste frequentemente” dagli utenti. Sono state
poste direttamente alle nostre operatrici (sia al telefono che allo sportello), oppure al nostro indirizzo di posta elettronica ([email protected]), ma le abbiamo trovate anche in rete e, addirittura, nella rubrica delle lettere e opinioni di un quotidiano
locale. Abbiamo provato a riassume le FAQ di Contratto Amico
Quanto costa una visita specialistica
con contratto amico? E una prestazione diagnostica?
Lo stesso prezzo del ticket sia per una prima
visita che per eventuali successivi controlli (rispettivamente 23 e 18 euro)
Nel caso si tratti di una prestazione diagnostica che richieda l’uso di strumentazione
complessa (esempio una risonanza magnetica) viene applicato il tariffario della Regione
Emilia Romagna
Contratto Amico non è un prestazione in convenzione: non riceviamo alcun rimborso dal
sistema sanitario e quindi l’utente paga l’intero valore previsto dal tariffario regionale.
Ho necessità di eseguire una visita
urgente: la posso fare con Contratto
Amico?
La necessita di una visita o prestazione avente carattere di urgenza è definita dal medico
di medicina generale al quale l’utente si deve
rivolgere: sono attivati specifici percorsi di
prenotazione a CUP che tengono conto di
eventuali priorità.
Contratto Amico ha comunque tempi di attesa contenuti per le principali specialità: il nostro impegno è mantenerli entro 3 settimane,
ma nella maggior parte dei casi le attese sono
di pochi giorni.
Occorre la ricetta rossa?
La “ricetta rossa”, che devono usare i prescrittori del SSN, è stata istituita per conseguire
un monitoraggio sull’appropriatezza delle
prestazioni sanitarie e della relativa spesa: le
prestazioni con Contratto Amico non generano alcun onere a carico del SSN, quindi,
all’atto della prenotazione, non è richiesto il
codice contenuto nella ricetta rossa, necessario invece per prenotare una prestazione in
convenzione. Per alcune prestazioni con Contratto Amico (es: procedure diagnostiche,
invasive, o di secondo livello) viene richiesta
una prescrizione medica, ma può essere sufficiente quella dello specialista.
Come faccio a sapere cosa si può prenotare con Contratto Amico?
Il nostro servizio telefonico di prenotazione e
informazione è attivo fino alle 19, il sabato fino
alle 13 (è attivo anche un numero dedicato:
0543454222).
L’elenco è costantemente aggiornato anche
sul nostro sito internet (www.ospedaliprivatiforli.it) E’ possibile anche porre quesiti al
nostro indirizzo di posta elettronica: [email protected].
Con Contratto Amico posso scegliere
lo specialista da cui farmi seguire?
Le agende di Contratto Amico sono organizzate secondo modalità analoghe a quelle in
convenzione (ad esempio per i tempi tra un
paziente e l’altro) e gli ambulatori seguono un
criterio divisionale (uno specialista dell’equipe è impegnato a rotazione).
Se dopo la visita devo eseguire altri
accertamenti o prestazioni come faccio a prenotare?
Se il professionista al termine della visita non
le ha dato indicazioni specifiche in merito si
può rivolgere immediatamente ai nostri sportelli e prenotare direttamente senza ulteriori
passaggi.
Lo specialista mi ha detto che devo
essere operato: quando mi chiamano?
Le liste di attesa sono gestite secondo un criterio cronologico che tiene però conto della
gravità e urgenza della patologia. Per le pa-
CONTRATTO AMICO
I TEMPI DI ATTESA
(rilevazione del 14 aprile 2014)
VILLA VILLA
IGEA SERENA
Visita specialistica
• Cardiologica + ecg
• Chirurgica vascolare
• Dermatologica
• Fisiatrica
• Ginecologica
• Oculistica
• Ortopedica
• Otorino
• Urologica
Esami strumentali
• Densitometria
• Ecogr. addome completo
• Ecogr. muscolo tendinea
• Ecogr. transvaginale
• Ecodoppler venoso
arti sup o inf
• Risonanza magnetica
(colonna, addome, cranio)
• Risonanza magnetica –
atrtroscan (ginocchio,
caviglia)
• TC (Tomografia
computerizzata)
15gg
8 gg
35 gg
3gg
48 gg
2 gg
3 gg
2 gg
18 gg
3 gg
16 gg
15gg
2gg
10 gg
7 gg
25 gg
2gg
8gg
2 gg
10 gg
tologie chirurgiche più frequenti e che non
richiedano particolari preparazioni o accertamenti preoperatori i tempi di attesa sono in
media di 3-4 settimane.
La salute non può
aspettare.
Con Contratto Amico
• diminuisci l’attesa: visite specialistiche
e accertamenti diagnostici in tempi brevi
• accorcia i tempi tra visita e intervento chiurgico
(tre settimane per interventi a bassa complessità)
Prenotazione diretta 0543 454222
Tutti i residenti dell’Azienda Unica della Romagna, oltre che in convenzione, possono accedere
ai servizi di Villa Serena e Villa Igea pagando il solo costo del ticket per una visita specialistica
o del tariffario regionale per un’altra prestazione grazie alla formula CONTRATTO AMICO
CONTRATTO
AMICO
Villa Igea spa
v.le A. Gramsci 42, 47122 Forlì - tel. 0543 419 511
Villa Serena spa
via del Camaldolino 8, 47121 Forlì - tel. 0543 454 111
www.ospedaliprivatiforli.it
[email protected]
fax 0543 419590
5
Colecistectomia
laparoscopica:
degenza breve e
ripresa in pochi
giorni
Operarsi di colecisti a Villa Serena con degenze ospedaliere di un giorno e ripresa del
lavoro anche in un paio di settimane. E tutto
questo grazie alla tecnologia e, soprattutto,
all’alta professionalità e alle tecniche applicate
dal Dott. Giovanni Landolfo e dal team di specialisti in chirurgia che ogni lunedì in seduta
dedicata eseguono l’intervento di colecistectomia laparoscopica.
Mediante sedute supplementari si riesce a
contenere i tempi di attesa per tale patologia a
due/tre settimane al massimo. La telecamera
endoscopica FULL HD e la strumentazione di
primissima scelta utilizzate consentono al chirurgo di lavorare in assoluta sicurezza. Una sicurezza che deriva da esperienza specifica sia
in chirurgia epatobiliopancreatica che in tecnica chirurgia video laparoscopica. L’équipe,
infatti, esegue con tecnica mininvasiva non
solo interventi su colecisti ernie e laparoceli,
ma anche su organi come colon, milza, fegato,
surrene, ecc., per i quali è necessario un bagaglio tecnico laparoscopico acquisibile soltanto
in centri di eccellenza.
Che cosa è la chirurgia laparoscopica?
«La chirurgia laparoscopica – spiega il dottor
Landolfo - è una tecnica di intervento, chiamata anche chirurgia mininvasiva, che consiste
nell’esecuzione di una serie di procedure chirurgiche utilizzando strumenti sottili sotto l’assistenza di una videocamera. La laparoscopia
prevede l’esecuzione di piccole incisioni fino
a un massimo di un centimetro, attraverso le
quali vengono inseriti in cavità addominale telecamera e strumenti chirurgici. La telecamera trasmette su un monitor le immagini degli
organi intraddominali. I vantaggi della laparoscopia sono: minore dolore post-operatorio,
ricovero ospedaliero più breve, ritorno più
rapido all’attività fisica e lavorativa, vantaggio
estetico grazie alle piccole cicatrici, diminuzione delle complicanze infettive polmonari e
della ferita chirurgica, delle complicanze della
parete addominale (laparocele) e delle complicanze legate alla formazione di aderenze,
rare dopo chirurgia mininvasiva».
Quanto è sicura la chirurgia laparoscopica della colecisti?
«La colecistectomia laparoscopica è un’operazione molto sicura in quanto il tasso complessivo di complicanze è inferiore al 2%. Sono
comprese l’emorragia, le infezioni, la perdita
di bile in addome, le lesioni delle vie biliari,
ecc.».
Come viene eseguita colecistectomia laparoscopica?
«L’intervento viene eseguito in anestesia generale. In laparoscopia oggi possono essere
utilizzate pinze da presa, forbici, uncini, pinze
in grado di effettuare la coagulazione e strumenti ad avanzata tecnologia che sfruttano
ultrasuoni ed energia ad alta frequenza.
Utilizzando tali strumenti il chirurgo procede
con l’isolamento della colecisti dall’arteria e
dal dotto cistico e successivamente dal fegato. La colecisti viene rimossa all’interno di un
sacchetto ed inviata per l’esame istologico.
In caso di dubbio di ostruzione del coledoco,
ovvero del dotto che mette in comunicazione
il fegato con il duodeno, può essere eseguito
un particolare esame chiamato colangiografia.
In un piccolo numero di pazienti, a causa di
un sanguinamento non controllabile o di un
importante quadro infiammatorio o per varianti dell’anatomia delle strutture sulle quali
si opera, il chirurgo può decidere, per motivi
legati alla sicurezza del paziente, di convertire
la tecnica mininvasiva in tecnica tradizionale».
Quanti giorni di ricovero sono previsti in
ospedale e quanto di recupero a casa?
«La maggior parte dei pazienti torna a casa
il giorno successivo l’intervento chirurgico.
I pazienti saranno probabilmente in grado
di tornare alle normali attività entro una settimana, ad esempio guidare o salire le scale.
La ripresa dell’attività lavorativa dipende dal
tipo di lavoro svolto e varia da una a quattro
settimane. Con la chirurgia tradizionale, cosiddetta “open”, cioè ad addome aperto, la
degenza ospedaliera giunge facilmente ai cinque giorni. Per controllare il dolore il paziente
è costretto ad assumere più antidolorifici e
possono verificarsi problematiche legate alla
minore mobilizzazione, complicanze polmonari, trombotiche, ecc.»
Di cosa ci si dovrebbe preoccupare una
volta a casa?
«La comparsa di febbre, pelle o occhi gialli,
peggioramento del dolore addominale, nausea persistente o vomito, arrossamento e perdita di liquido dalle piccole cicatrici sono tutti
sintomi per i quali è consigliato contattare il
chirurgo».
Si può eseguire tale intervento con un
solo buco?
«Esiste una tecnica comunemente conosciuta
come SILS (Single Incision Laparoscopic Surgery), che prevede l’esecuzione di un’unica
incisione a livello ombelicale. La difficoltà tecnica di tale procedura consiste nel fatto che il
chirurgo opera con un movimento degli strumenti invertito rispetto alla percezione delle
immagini sul monitor. Tale tecnica consente
vantaggi esclusivamente di tipo estetico essendo l’incisione praticata unicamente all’interno della cicatrice ombelicale».
6
aprile 2014
CONTRATTO
AMICO
A Villa Igea, 1500 interventi
di chirurgia oculistica all’anno
Tempi minimi di attesa per consulti con i migliori professionisti del settore
Alta professionalità, tempestività e utilizzo
delle attrezzature tecnologiche più avanzate.
Sono queste le caratteristiche del Servizio di
Oculistica a Villa Igea, dove ogni anno vengono eseguiti circa 1500 interventi. L’ospedale
vanta tempi minimi di attesa per una visita
oculistica, attorno alla settimana, mentre per
un intervento chirurgico relativo a questo genere di problematiche l’attesa è al massimo di
tre o quattro settimane.
«La chirurgia della cataratta rappresenta l’intervento oculistico che più frequentemente
viene eseguito a Villa Igea – afferma il dottor
Luca Zambianchi, Responsabile del Day-Hospital Oculistico e Specialista nel suo campo
con numerose ricerche e pubblicazioni-.
Utilizziamo strumenti e materiali chirurgici
di ultima generazione e operiamo i pazienti
secondo le tecniche più avanzate in accordo
con le linee guida internazionali».
Ma che cosa è la cataratta?
«La cataratta consiste nella progressiva opacizzazione del cristallino naturale – spiega il
Dottor Zambianchi - e comporta una riduzione dell’acuità visiva di chi è affetto da tale
patologia. È una condizione patologica che
solitamente colpisce le persone più anziane
anche se esistono casi particolari di cataratta
congenita, traumatica o legata all’uso di particolari farmaci (es. terapia cortisonica). Visto
l’aumento dell’età media della popolazione la
cataratta rappresenta una problematica molto
diffusa ed in aumento nei paesi più industrializzati».
Quali i segnali della sua insorgenza e
quali esami occorre eseguire per diagnosticarla?
«Chi è affetto da cataratta riferisce un progressivo calo della vista con riduzione della
sensibilità al contrasto, spesso inoltre i pazienti riferiscono di avvertire difficoltà nella
visione notturna, specialmente alla guida (ab-
bagliamento con i fari).
Per diagnosticare la cataratta è sufficiente fare
una visita oculistica completa così da poter
escludere altre patologie che possono causare una riduzione della vista ma che necessitano di altre cure (es. maculopatia senile,
glaucoma…)».
Come viene trattata?
«La terapia della cataratta è chirurgica. Oggigiorno la tecnica più utilizzata è la facoemulsificazione che consiste nella frammentazione
ed aspirazione tramite un manipolo ad ultrasuoni del cristallino opacizzato. Dopo aver rimosso tutti i residui si procede poi all’impian-
to di un cristallino artificiale che permette al
paziente di vedere bene dopo l’intervento».
Le tecniche chirurgiche in questo campo
si sono particolarmente evolute?
«Negli ultimi anni è stato proposto l’impiego
del laser a femtosecondi nella chirurgia della
cataratta così da standardizzare la tecnica e
minimizzare i rischi intraoperatori, al momento tale tecnica però risulta ancora di difficile
impiego su larga scala e sono senza dubbio
necessari ulteriori studi per dimostrarne la sicurezza sui pazienti che si sottopongono alla
chirurgia della cataratta».
7
Quel dolore alla mano
scompare con un
intervento di 10 minuti
La sindrome del tunnel
carpale trattata in
Day-Hospital a Villa Igea
È l’esperienza maturata negli anni a rendere
l’intervento chirurgico al tunnel carpale un’operazione semplice e rapida con ottimi risultati.
Lo afferma il Dottor Marco Boschetti, ortopedico con 40 anni di esperienza lavorativa, operativo a Villa Igea, dove in regime di
Day-Hospital vengono trattati chirurgicamente ogni anno numerosi casi di sindrome
da tunnel carpale.
«I tempi di attesa per una visita – afferma
il medico – vanno da una settimana a dieci
giorni, mentre per gli interventi chirurgici non
superano i due mesi e in ogni caso vengono
valutate le eventuali urgenze».
Che cosa è la sindrome del tunnel carpale?
«È la neuropatia, o danno nervoso, più frequente – afferma il Dr. Boschetti -. Si tratta
di una malattia dovuta alla compressione del
nervo mediano nel polso. Il tunnel carpale è
una struttura anatomica rigida costituita da
una doccia espressa delle ossa carpali e da un
legamento che rappresenta il tetto del tunnel.
All’interno di questa struttura rigida passano
i tendini flessori delle dita e il nervo mediano.
La causa più frequente della compressione
sul nervo è una tendinopatia dei flessori con
secondario aumento del loro volume e secondaria pressione sul nervo».
Quali sono i sintomi della malattia?
«Il primo sintomo è una parestesia sul lato
palmare, un formicolio che colpisce le prime
tre dita della mano, pollice, indice e medio, in
parte anche il quarto dito, poiché sono innervati dal nervo mediano. Poi subentra il dolore
che spesso si irradia verso la spalla. Le dita
mostrano scarsa sensibilità tanto che, nelle
ultime fasi della malattia, la forza della mano
viene meno. Tenere un ago, allacciarsi un bottone diventa un problema
Il dolore che si avverte all’arto è soprattutto
notturno, conseguenza probabilmente dell’inattività che crea stasi e quindi l’imbibizione
dei tendini».
Quali sono le cause e le persone più colpite?
«Le cause sono nel 60% dei casi professionali.
È dimostrato, infatti, che la malattia interessa
persone che svolgono lavori ripetitivi, come le
catene di montaggio, nei quali il polso compie continui movimenti flesso-estensori. Altre
malattie sistemiche, ossia in cui incidono altre
patologie, come il diabete, o situazioni come
la frattura del polso, una gravidanza, l’uso di
contraccettivi possono determinare l’insorgenza della malattia. L’età in cui si manifesta
più frequentemente è compresa nella fascia
tra i 50 e i 60 anni, le donne sono maggiormente colpite rispetto agli uomini, il rapporto
è di tre a uno».
Per formulare una diagnosi a quali esami
occorre sottoporre il paziente?
«Per la diagnosi, al medico con esperienza
basta in realtà ascoltare il paziente. Lo si sottopone però, anche, ai fini di una corretta
diagnosi, all’elettromiografia, che conferma il
dato clinico esprimendo la maggiore o minore
gravità della compressione».
Come viene curata?
«Si può valutare la terapia conservativa o l’intervento chirurgico. La terapia conservativa,
per la quale scarsi o nulli risultati si ottengono
con l’uso di antinfiammatori, mentre i cortisonici per via sistemica danno risposte temporanee, si possono utilizzare infiltrazioni nel
tunnel con cortisone. Tuttavia, detta pratica
presenta due svantaggi: il primo è che crea
fibrosi sul nervo, mentre il secondo svantaggio è che togliendo il dolore toglie anche la
consapevolezza del progredire della malattia.
Si preferisce quindi l’intervento chirurgico
che richiede dieci minuti di tempo, si effettua
in day-hospital, in anestesia locale, con l’utilizzo di punti di sutura riassorbibili. La convalescenza dura dalle due alle quattro settimane a
seconda che il paziente svolga un lavoro d’ufficio o un lavoro manuale pesante.
L’intervento consiste nell’apertura del legamento traverso con una piccola incisione sul
lato volare al polso ed una successiva tenolisi
e neurolisi del mediano».
Si può prevenire la sindrome del tunnel
carpale?
«Per preservare, per quanto possibile, la
mano e il polso da possibili danni si possono
utilizzare tutori, polsini come il policarpale,
che permette il movimento sul lavoro. Oppure, per rallentare l’evoluzione della malattia, si
può ricorrere a cicli di fisioterapia».
8
aprile 2014
Mangiare bene e mantenersi
in salute seguendo i consigli
dell’Ambulatorio di Counseling
Nutrizionale di Villa Serena
Abuso di alimenti ricchi in grassi saturi, formaggi e insaccati, eccessivo consumo di carne, pasti frettolosi, tendenza a non far colazione al mattino, mangiare solo il primo o solo
il secondo piatto a pranzo e a cena, seguire
una dieta monotona: questi sono gli errori alimentari più diffusi riscontrati tra coloro che si
sono rivolti all’Ambulatorio di Counseling
nutrizionale di Villa Serena per migliorare il
proprio stato di salute, perdere qualche chilo,
affrontare un periodo speciale della propria
vita come, ad esempio, una gravidanza.
Indirizzate a questo servizio dal proprio medico o da uno specialista, oppure per propria
iniziativa, queste persone hanno preso coscienza di quanto nutrirsi in maniera equilibrata, corretta e consapevole, possa davvero
fare la differenza per la salute, nel prevenire
ma anche nel trovare sollievo da alcuni disagi o semplicemente nel migliorare l’efficienza
del proprio organismo.
«La strategia per stare bene e non accumulare
peso – suggerisce la dottoressa Rita Pullara,
dietista dell’Ambulatorio di Counseling nutrizionale di Villa Serena – è seguire i principi
base della dieta mediterranea, non saltare alcun pasto e avere un’alimentazione variata».
Questo servizio, che fa parte del Centro Obesità e Nutrizione Clinica, è attivo il giovedì su
appuntamento ed è rivolto a persone adulte
normopeso o in leggero sovrappeso, con un
IMC/Indice di massa corporea tra 19 e 29 kg/
m² non associato a particolari patologie mediche o problematiche psicologiche. Qui la
dietista che, non sostituisce il medico ma è un
tecnico della riabilitazione nutrizionale, non
formula diagnosi ma offre consigli di rieducazione alimentare e/o terapia dietetica personalizzata secondo le esigenze e condizioni
fisiche della persona.
Chi si è rivolto in questi mesi al vostro
ambulatorio?
«Sia uomini che donne – risponde la dottoressa Rita Pullara -. Alta è però la presenza
di maschi in sovrappeso, con la cosiddetta
“pancetta”, con una circonferenza addominale superiore ai 102 cm, colesterolo, oppure
trigliceridi o glicemia alterati, uno stato che
può rappresentare già un rischio moderato di
eventi cardiovascolari. Questo genere di sovrappeso è dovuto a un’alimentazione ricca in
grassi e a uno stile di vita sedentario. Chi si è
rivolto a noi ha poi avuto, generalmente, una
buona risposta seguendo i consigli ricevuti e
i controlli. Una volta rieducati e acquisita la
strategia di comportamento, queste persone,
riescono a mantenere, senza alcuna difficoltà,
uno stile alimentare corretto».
Quali altre problematiche avete affrontato?
«Casi di carattere ostetrico-ginecologico,
come la gravidanza o la menopausa, o donne
con chili di troppo legati all’età. Lo specialista
ginecologo può indirizzare a noi la paziente
nel caso, ad esempio, si debbano gestire problematiche come una candidiasi o una polici-
stosi ovarica. Chiedono una nostra consulenza soggetti con problemi gastroenterologici,
come gastriti e coliti, gli sportivi, per mantenere al meglio le proprie condizioni fisiche,
persone affette da malattie neurologiche già
trattate come il Morbo di Parkinson
Anche gli altri specialisti delle nostre strutture
sanitarie possono chiedere una consulenza
per i propri pazienti. In ogni caso, se vengono
rilevate problematiche complesse, al di là di
qualche chilo di troppo, viene suggerito un
approfondimento da parte del medico specialista, oppure la valutazione del dispendio
energetico a riposo, “metabolismo basale”,
tramite l’esame strumentale della calorimetria
indiretta».
Per mantenersi in salute occorre dunque
mangiare bene, senza privazioni né eccessi,
ma anche fare moto. Villa Serena e Villa Igea,
per agevolare questo aspetto dello stile di vita
delle persone, offre un Servizio di Fitness
Metabolico: l’attività motoria viene prescritta dal medico e svolta sotto l’occhio vigile di
un fisioterapista. Una volta appresi gli esercizi
affidati si possono proseguire autonomamente.
9
procreazione
medico
assistita
ospedale
privato
Villa Serena
La procreazione assistita
al centro del dibattito
Ne parliamo con la
Dr.ssa Lidia Diotallevi
del Centro di
Procreazione Medico
Assistita di Villa Serena
Dal punto di vista strettamente operativo
non sono necessari tempi più lunghi: esistono già normative europee, recepite dal nostro paese, che regolamentano la donazione
di cellule e tessuti.
I Centri di Procreazione Medicalmente Assistita, che operano in modo adeguato, sono
già in grado, dal punto di vista tecnico, di
eseguire tecniche di fecondazione eterologa».
Con l’inevitabile scia di polemiche, è stato
cancellato il divieto di Fecondazione eterologa in Italia. E mentre ci si domandava ora
cosa cambierà, è catapultata sulle cronache la
notizia di un errore sanitario riguardante uno
scambio di embrioni tra coppie sottoposte a
fecondazione assistita.
Con l’aiuto della dottoressa Lidia Diotallevi,
Specialista in Patologia della Riproduzione
Umana e Specialista in Andrologia, oltre a
essere Responsabile staff medico del PMA di
Villa Serena, cerchiamo di chiarire un po’ la
situazione.
Cosa è cambiato in Italia riguardo alla Fecondazione eterologa?
«La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma della Legge 40 che vieta il ricorso a un donatore esterno di gameti (ovociti e
spermatozoi) in presenza di sterilità assoluta
– risponde la Dr.ssa Diotallevi -. Alcuni casi di
sterilità, definita “assoluta” perché non risolvibile con terapie mediche o chirurgiche, sono
dovuti all’assenza di spermatozoi (azoospermia) o all’esaurimento precoce del patrimonio
di ovociti che ogni donna ha alla nascita (menopausa precoce). L’unica possibilità di procreazione in queste coppie è l’accesso a una
banca di gameti».
Quali conseguenze comportava il divieto
dell’Eterologa?
«L’entrata in vigore della Legge 40 nel 2004
aveva precluso, a queste coppie, la possibilità
di trattamento nel nostro paese, dando origine a quello che viene definito “turismo procreativo”. Dai dati raccolti dalla Società Europea di Riproduzione Assistita (ESHRE), relativi
all’anno 2010, si stima che oltre 2700 coppie
si sono rivolte a centri stranieri per la fecondazione eterologa.
Le coppie che si sono rivolte all’estero per poter esaudire il desiderio di gravidanza hanno
affrontato un grosso impegno economico o
un rischio per la salute del nascituro. I costi dei
trattamenti di ovodonazione variano dai 2.5003.000 euro dell’Ucraina agli 8.000-10.000 euro
della Spagna. Costi molto bassi possono essere
ottenuti solo non eseguendo esami accurati alla
donatrice e quindi mettendo a rischio la salute
della donna e del nascituro
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale
non sarà più necessario per la coppia scegliere
-il male minore-».
Quali i tempi di attuazione di tale sentenza?
«La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della sentenza della Corte Costituzionale (entro
30 giorni dalla pronuncia) cancella l’articolo 4
della Legge 40, quindi in modo automatico la
fecondazione eterologa diventa legale in Italia.
Lo scambio di embrioni avvenuto in una
struttura sanitaria romana è un evento
che può accadere? E con la fecondazione eterologa questi casi possono aumentare?
«Il trasferimento nell’utero di una paziente di
embrioni di un’altra coppia non è un evento
che può capitare. Questo tipo di errore è il
segno di una modalità di lavoro non adeguata, di incuria e superficialità. In tutti i Centri
PMA (Procreazione medico assistita), all’interno del laboratorio, è presente contemporaneamente materiale genetico di varie
coppie. Nei centri che lavorano in modo
adeguato esistono procedure scritte, previste anche dalle normative vigenti, che impediscono questo tipo di errore. Nel nostro
centro di Villa Serena, l’attività PMA viene
svolta secondo un sistema di qualità certificato: tutte le procedure sono state scritte e
vengono applicate scrupolosamente.
Nel nostro sistema, le varie fasi della PMA
vengono svolte da due operatori: uno esegue manualmente la tecnica (recupero degli
ovociti, preparazione del liquido seminale,
inseminazione degli ovociti etc.), l’altro ha il
compito di verificare, assieme al primo operatore, la corretta identificazione del materiale in ogni passaggio.
La paziente viene identifica sia al momento
del prelievo degli ovociti sia al momento del
trasferimento degli embrioni dai due operatori di laboratorio in presenza del medico. In
questo modo, il rischio di errore è infinitesimale».
10
ATTIVATO
IL NUOVO
AMBULATORIO
DI PNEUMOLOGIA
aprile 2014
In aumento nella
popolazione le patologie
polmonari, a cominciare
dalla BPCO. Sempre più
diffuse anche le Apnee
del Sonno.
Gli Ospedali Privati in Forlì, Villa Serena e Villa Igea, rivolgono la loro professionalità anche nel campo delle malattie respiratorie con
l’apertura dell’Ambulatorio di Pneumologia
rivolto alle patologie polmonari dell’adulto.
Vi presterà servizio la dottoressa Giuseppina
Cirimelli, Pneumologa.
«La Pneumologia – spiega la dottoressa Cirimelli - si occupa di diagnosi e cura di patologie a carico dell’apparato respiratorio. Esse
rappresentano una delle principali cause di
decessi nel mondo con previsione di incremento nei prossimi decenni».
Quali sono le malattie e i disturbi
dell’apparato respiratorio più diffuse o
che maggiormente trattate nel corso del
vostro lavoro?
«Molte delle patologie polmonari dell’adulto, che come dicevamo sono in crescente
aumento, sono causate dall’inalazione di sostanze nocive, tra le quali vi è il fumo di sigaretta. Tipico esempio è la Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva o BPCO (raramente
causata da un deficit ereditario di alfa-1 antitripsina), strettamente correlata alla Bronchite Cronica e all’Enfisema Polmonare.
La BPCO è una malattia cronica che provoca
la parziale ostruzione delle vie aeree. Più del
50% dei decessi per cause respiratorie è attribuibile a tale patologia. Una conseguenza
invalidante della BPCO è l’Insufficienza Respiratoria che si ha quando il sistema respiratorio non riesce a garantire gli scambi gassosi
e a mantenere un adeguato livello di ossigeno e/o di anidride carbonica nel sangue. La
BPCO può evolvere in assenza di sintomi, ma
nella maggior parte dei casi si manifesta con
tosse persistente, fatica a respirare nel camminare, fare le scale ecc. Tali sintomi possono precedere anche di molti anni la diagnosi
11
strumentale. Un semplice Test, la Spirometria
con test di Broncoreversibilità, può precocemente diagnosticarla.
Tra le patologie croniche, trattiamo l’Asma
che è una malattia molto diffusa, colpisce
circa 300 milioni di persone nel mondo, può
insorgere a qualsiasi età e può essere legata
ad una sensibilizzazione allergica. I sintomi
dell’asma sono la tosse, a volte l’unico sintomo che pertanto non va sottovalutato, la dispnea, la costrizione toracica, il respiro sibilante. L’asma come la BPCO non è una malattia
guaribile, ma può sensibilmente migliorare, se
trattata in maniera efficace».
Quali sono le cause di queste malattie?
«Il rischio di sviluppare una patologia polmonare è correlato sia alla predisposizione del
soggetto, che alla quantità di particelle nocive inalate da un individuo nell’arco della vita.
I principali fattori alla base dell’esposizione a
queste particelle sono il fumo di tabacco (sigaretta, pipa, sigaro, fumo passivo), che rappresenta il nemico numero uno del polmone,
l’esposizione prolungata a polveri e sostanze
chimiche (vapori, fumi) in ambiente lavorativo, l’inquinamento casalingo causato da camini a legna, stufe, soprattutto se l’ambiente è
scarsamente ventilato, l’inquinamento atmosferico. Oltre a ciò, ricordiamo fattori infettivi,
nutrizionali e socio-economici, che possono
intaccare l’apparato respiratorio».
Chi sono i soggetti più predisposti ad
ammalarsi?
«L’aria inquinata è nociva per tutti. Particolarmente colpiti sono le persone anziane, i
bambini. Questi ultimi hanno un’alta predisposizione alle infezioni delle vie respiratorie, poiché alla nascita i polmoni e il sistema
immunitario non sono ancora completamente
sviluppati. Nelle persone affette da asma l’aria
inquinata stimola gli attacchi. Per le persone
anziane e le persone che soffrono di un’affezione cronica alle vie respiratorie una minima
accentuazione del processo infettivo può
esaurire le restanti difese immunitarie. Ciò è
altrettanto stressante per il sistema cardiocircolatorio, perché esso deve compensare la
quantità di ossigeno».
Qual è il ruolo della prevenzione?
Quali altre problematiche alle vie respiratorie si stanno diffondendo?
«Oltre alla necessità di una diagnosi precoce, molto importante risulta la prevenzione.
La prescrizione di stili di vita appropriati può
rappresentare un vero e proprio presidio terapeutico, di forte impatto positivo sull’evoluzione di alcune malattie respiratorie.
Prevenzione significa innanzitutto evitare, per
quanto possibile, le sostanza nocive.
Per esempio, se si lavora in ambienti in cui si
sviluppano fumi irritanti o polveri è indispensabile indossare la mascherina. Particolare
attenzione deve essere prestata ai fumi che
si respirano in casa: sono assolutamente da
eliminare le stufe o i camini a legna non isolati
dall’ambiente domiciliare.
Per cercare di proteggersi dai picchi di inquinamento atmosferico si consiglia di evitare di
uscire nel caso venga segnalato il superamento del limite di guardia dalle centraline per il
controllo atmosferico.
Attività fisica: dedicare del tempo all’esercizio
fisico permette di mantenere sano l’organismo.
È buona norma evitare eccessi nello sforzo,
ma piuttosto svolgere un’attività fisica leggera
ma assolutamente regolare (ad esempio, fare
delle camminate a passo spedito)».
«Nell’ambito delle patologie emergenti, va
segnalata la Sindrome da Apnee Ostruttive
del Sonno (OSAS), che si manifesta con sonnolenza diurna, stanchezza, russamento nel
sonno. Si presenta più spesso negli uomini
che nelle donne. È frequente nelle persone in
sovrappeso e obese, fumatrici. Si caratterizza
per episodi ricorrenti di interruzione al flusso
aereo respiratorio, dovute a collasso delle vie
aeree superiori.
Si manifesta con pause durante la respirazione nel sonno e conseguente riduzione della
concentrazione di ossigeno. A lungo termine
l’OSAS può portare a disturbi cardiocircolatori. Può inoltre essere causa di incidenti, nonché di problemi familiari. Una terapia mirata in
genere aiuta rapidamente.
Villa Igea è molto attenta a tale problematica
ed offre la possibilità di eseguire lo studio del
sonno a domicilio del paziente: un apparecchio portatile (Poligrafo) misura alcune funzioni dell’organismo tra cui l’attività cardiaca,
la saturazione di ossigeno del sangue, il flusso
di aria ed i movimenti del polmoni.
Tale indagine è in grado di escludere o confermare la presenza dell’OSAS».
Il Servizio di Pneumologia di Villa IGEA effettua le
seguenti prestazioni non convenzionate con il SSN:
Visita Specialistica Pneumologica
•
Emogasanalisi arteriosa
•
Spirometria semplice
•
Spirometria con Test di Broncoreversibilità
•
(test di Broncodilatazione farmacologica)
Poligrafia (Polisonnografia)
•
notturna basale diagnostica per lo studio
delle Apnee del Sonno;
Poligrafia (Polisonnografia)
•
notturna terapeutica con adattamento a
CPAP e successivo follow-up.
12
L’epoca della rabbia
Nevrosi, depressioni, atti estremi, violenza.
Cosa sta succedendo all’uomo di oggi e alla società? È tutta colpa della crisi?
Cerchiamo delle risposte con la psichiatra Irene Del Gobbo.
In tempo di crisi economica e di difficoltà
sociali, rileva un aumento dei disagi e/o
disturbi psicologici che possono poi sfociare in una malattia vera e propria?
«Negli ultimi anni sono indubbiamente aumentate le richieste di aiuto motivate da un
malessere emotivo intenso e profondo che
affonda le sue radici nel disagio socio-economico-culturale che stiamo vivendo – risponde
la dottoressa Irene Del Gobbo, psichiatra-.
Sempre più frequentemente noi professionisti del settore ci troviamo a gestire situazioni
di dolore complesse, articolate e multiformi.
L’incertezza in termini socio-economici, ma
ancor più il vacillare delle relazioni fondamentali (ad esempio quella genitori-figli) ci
precipita in un contesto di instabilità e perdita
dei punti di riferimento, generando così un
terreno fertile per la comparsa di sintomi di
disagio fino alle vere e proprie “malattie della
mente”».
Che forme assume il disagio nella società
contemporanea?
«Le manifestazioni di questo disagio sociale assumono forme cangianti e sfaccettate,
alle quali possiamo anche attribuire in qualche caso “etichette” diagnostiche specifiche
(depressione, attacco di panico, anoressia,
bulimia, disturbo di personalità...), ma che
nel loro profondo significato sono la testimonianza di un dolore, spesso “senza nome”,
alla cui origine troviamo il più delle volte “il
vuoto”. È l’assenza di significato, non tanto
la distorsione del significato stesso, che oggi
predomina nella manifestazione di quelli che
potremmo definire “i sintomi della contemporaneità”. Pensando al vuoto viene subito in
mente la perdita del lavoro, l’assenza di esso,
l’inconsistenza che spesso caratterizza i legami familiari, l’inclinazione a prediligere l’apparenza e l’immagine piuttosto che i contenuti
e l’autenticità, mentre in effetti la questione è
aprile 2014
13
più complessa. Non basta, infatti, la crisi economica per giustificare un fenomeno psichico
così evidente e dilagante. In altre epoche, infatti, le condizioni di sopravvivenza sono state
più dure, le rinunce più forti e la povertà più
tagliente».
Come mai, allora, oggi ci troviamo in un
contesto che potremmo definire di “crisi
sociale globale”?
«Sembra che la persona, intesa nella sua complessità di struttura e funzionamenti interni,
sia oggi più vulnerabile, più fragile, sembra
davvero che le persone abbiano la pelle più
sottile. Oggi si è ridotta moltissimo la tolleranza alle frustrazioni, ossia la capacità di aspettare, procrastinare, sopportare. Sono molto aumentati i bisogni (tutto e subito) a scapito dei
desideri (un po’ e domani). Ecco dunque che
le frustrazioni derivanti da un’epoca così difficile, ricca di instabilità ed incertezze possono
condurre con più facilità, in personalità particolarmente fragili, alla manifestazione di quel
malessere le cui forme spesso rinveniamo nei
pazienti che si rivolgono ai nostri ambulatori».
Da dove deriva questa maggiore fragilità?
«Ritengo che la risposta fondamentale sia
all’interno della struttura e del funzionamento
della famiglia, questo complesso ed indispensabile sistema, così determinante ed unico
per ogni figlio, per ogni cucciolo di uomo, per
ogni adulto di domani. Troppo spesso le reti
familiari risultano sfaldate, frammentate, non
sufficientemente compatte per tenere e supportare la crescita e la maturazione dei figli. Le
coppie ed i genitori tendono facilmente e velocemente a non sopportarsi, a non tollerare i
difetti dell’altro/a, al ripiegamento narcisistico
sui propri personali ed irrinunciabili bisogni a
scapito dell’attenzione necessaria a far sentire
ogni bambino al centro della scena e meritevole di attenzioni e sacrifici.
Dopo la nascita, l’inermità e la totale dipendenza di ciascun bimbo dovrebbe essere
neutralizzata o almeno stemperata dalla devozione e dall’oblatività dei genitori in parti-
colar modo della madre. A volte, però, come
nel caso di madri particolarmente insicure o
eccessivamente ripiegate su se stesse spesso
affiancate da padri assenti o immaturi, tutto ciò non avviene o non avviene abbastanza, creando nel mondo interno del bambino
sconcerto, frustrazione, disvitalità, rabbia e
vendicatività».
In questo periodo storico sembra che
l’intero “corpo sociale” sia ammalato:
quotidiane violenze o omicidi di donne
per mano di compagni o ex compagni,
madri che tolgono la vita ai propri figli….
«Se dovessi utilizzare un termine per descrivere questo periodo dal punto di vista del funzionamento emotivo e mentale non esiterei a
parlare dell’”Epoca della rabbia”. Se abbiamo
ben compreso l’indispensabile contesto in
cui un bambino dovrebbe poter crescere in
termini di sviluppo psico-affettivo ci rendiamo perfettamente conto di quanto sia facile,
quando purtroppo e sempre più spesso questo contesto non si verifica, che un individuo
accumuli dentro di sé sentimenti di rabbia,
desiderio di risarcimento, instabilità affettiva,
incapacità di amare l’altro in maniera sana. Ci
rendiamo altresì ben conto di come questi
vissuti così antichi ed intensi possano generare, nei casi in cui tali privazioni affettive sono
state particolarmente traumatiche o brutali,
comportamenti violenti, aggressivi ed incomprensibili. Mi riferisco ai fatti di cronaca che
tutti noi purtroppo conosciamo e dai quali veniamo sconvolti sempre più spesso. La rabbia
è un’emozione pericolosa se non riconosciuta
ed incanalata poiché quasi sempre si accompagna alla vendicatività. Ed allora madri particolarmente disturbate, che rivolgono la violenza verso se stesse, giungono ad uccidere
la propria persona ma anche i propri piccoli
per quel principio di simbiosi, che caratterizza
la relazione madre-bambino nelle sue prime
fasi, secondo il quale il piccolo viene vissuto
come una parte di sé, come una propria protesi e non come un individuo a se stante. O
ancora uomini che sono stati bambini, non
“visti” e/o maltrattati possono sviluppare una
tendenza alla violenza che rivolgono spesso
alle donne alla ricerca di quel risarcimento
materno che mai nessuna potrà fornire».
E spesso si parla di episodi imprevisti,
di una normalità che mai faceva pensare a simili gesti, ma da un punto di vista
medico si può davvero sempre parlare di
«fatti imprevedibili», era davvero tutto
normale?
«Spesso i sintomi del malessere psichico sono
difficili da individuare, spesso la persona che
soffre può sentirsi incapace, esclusa, incompresa e tendere a ritirarsi in una condizione di
silenzio che rende ancora più difficile il riconoscimento del dolore da parte di chi gli sta
intorno. Frequentemente leggiamo o ascoltiamo notizie di cronaca in cui viene sottolineata
l’imprevedibilità di un gesto violento (omicidi, suicidi, figlicidi) e ci si chiede sconcertati
come mai quella persona così “a modo”, così
apparentemente normale possa aver compiuto azioni tanto atroci. Il più delle volte, se
osserviamo con la dovuta attenzione la storia
della suddetta persona vi troveremo aspetti
traumatici e dolorosi, magari mai espressi ed
a lungo taciuti in un malessere silenzioso, interno e privato. Se rivolgiamo uno sguardo
adeguato a comportamenti stili di vita o cambiamenti occorsi nell’esistenza della persona
stessa potremmo accorgerci invece di alcuni
segnali significativi: ad esempio che uno studente modello improvvisamente viene bocciato o colleziona numerosi brutti voti, che
una ragazza inizia un progressivo ed importante dimagrimento fino a raggiungere pesi
e forme al limite con il mantenimento della
salute, che un uomo estroverso ed amichevole comincia ad isolarsi sempre più evitando i
contatti sociali o che una madre si incupisce
esprimendo ansie e preoccupazioni immotivate ed a volte irrazionali, anche relative al
proprio bambino».
Chi si sente in difficoltà, chi sente di
non farcela ad affrontare la quotidianità
come può essere aiutato da chi gli sta intorno, a cominciare dalla famiglia?
C
14
«Dobbiamo imparare ad ascoltare, a domandare, a prestare attenzione. È importante creare uno spazio in cui la persona possa sentirsi
libera di comunicare, possa osare dar nome
alle proprie ansie, tensioni ed angosce, uno
spazio in cui essere contenuti. Ognuno di noi
può, se si rende conto che un proprio caro
manifesta segni di malessere, con la delicatezza ed il rispetto che si dovrebbero utilizzare
nei confronti del dolore mentale, avvicinarsi e
domandare -come stai? qualcosa ti preoccupa? perché non ne parli con qualcuno?-.
L’ascolto rispettoso del dolore, la sua significazione, il mantenere uno sguardo attento,
lucido ed empatico, il riconoscimento dei bisogni infantili frustrati del paziente, permettono al terapeuta di creare le premesse per un
processo di guarigione e di sciogliere gradualmente e con pazienza quella rabbia repressa
ed intollerabile che, come abbiamo già detto,
caratterizza spesso i disagi mentali della nostra epoca».
Questa scia di suicidi dovuti ai dissesti
economici riguarda in gran parte gli uomini, perché?
«È un dato di fatto il fortissimo aumento di suicidi in Italia negli ultimi anni. Le stime mettono
in luce un aumento del 10-15 % di suicidi negli
ultimi due anni concentrato nella popolazione in età lavorativa, soprattutto tra gli uomini.
Spesso le richieste di aiuto giungono da persone che hanno perso il lavoro o rischiano di
perderlo, messe davanti alla possibilità di non
poter più mantenere se stessi o la propria famiglia. La perdita del lavoro rappresenta, soprattutto per l’uomo, la perdita di una vera e
propria identità sociale, di un ruolo fondamentale di affermazione e di presenza all’interno
della società. Questa identità è particolarmente importante e contribuisce alla formazione
della immagine di sé, ossia del modo in cui ci
si vede e con il quale ci si presenta agli altri
in poche parole del proprio valore. Un attacco improvviso e traumatico a tale immagine
spesso conduce alla sviluppo di un sentimento di vergogna, un sentimento “tutto o niente”, esplosivo e dilagante, dal quale non ci si
può nascondere e non si può fuggire. Che la
perdita del lavoro e delle proprie capacità ed
autonomie economiche siano strettamente
connesse al sentimento di vergogna è risaputo sin dall’antichità. A tal proposito, conside-
aprile 2014
rando le mie origini bolognesi, vorrei citare
una associazione antichissima presente a Bologna ossia l’opera Pia dei Poveri Vergognosi.
Le origini dell’Opera Pia risalgono al 1495,
quando venne fondata, presso la chiesetta di
San Nicolò delle Vigne, posta all’interno del
convento di San Domenico, la Compagnia
de’ Poveri Vergognosi, retta da dieci notabili
bolognesi denominati Procuratori. Lo scopo
dell’Istituzione era di “provvedere ai poveri,
ai quali era vergogna il mendicare per essere
caduti in povertà per disgrazie ed infortuni
dei loro stati e condizioni.
È evidente dunque che da secoli la perdita
del lavoro e dell’identità ad esso correlata,
vengono considerati fattori di rischio per la
tenuta della persona in toto e pertanto meritevole di intervento. Detto ciò accade a volte
che in alcune persone particolarmente fragili
ed in cui l’immagine di sé risulta troppo rigida
o instabile, lo scoppio del sentimento di vergogna risulta intollerabile ed ingestibile e può
condurre alla comparsa di sintomi più o meno
marcati, principalmente a carattere depressivo, ed in qualche caso anche ad ideazione
suicidaria».
Perché neppure il pensiero di lasciare
una famiglia in difficoltà dissuade un
uomo da un gesto così drastico?
«Il detto conosciuto “morire di vergogna”
ha una risonanza davvero autentica. Davanti ad un dolore così devastante e distruttivo
rispetto alla propria immagine ed identità un
padre di famiglia, nonostante lasci dei figli ed
una moglie, può scegliere di togliersi la vita.
Questo perché il vissuto di vergogna risulta
intollerabile ed assume caratteristiche persecutorie, perché vivere, a quelle condizioni,
appare intollerabile e la morte è considerata
come liberatoria L’uomo, che usualmente si
identifica maggiormente in “colui che porta
il pane a casa” ed in colui che sostiene la famiglia, nonostante oggi queste distinzioni di
ruolo siano meno nette che in passato, risulta
più fragile e vulnerabile rispetto all’incrinarsi
del suddetto ruolo, patendo maggiormente il
vissuto di fallimento che ne deriva. La donna
probabilmente risulta più protetta dall’ideazione suicidaria per quanto riguarda i crolli economici, apparendo invece più fragile
rispetto a gesti violenti auto od etero diretti
all’interno del contesto famigliare ed in particolare nei confronti dei figli relativamente ai
quali i processi di separazione risultano molto
più complessi e problematici».
Non voler ammettere “il male” in se stessi, può essere un modo per scongiurare
la malattia mentale?
«Assolutamente no! Anzi vale piuttosto l’affermazione opposta ossia che non essere
capaci di entrare in contatto con il proprio
dolore, non riconoscerlo, negarlo o tentare
di soffocarlo predispone allo scompenso psichico. Molti psicoanalisti hanno discusso tale
tematica, ad esempio l’inglese Betty Joseph
collega il dolore psichico ad una maggiore consapevolezza del Sé e della realtà che,
benché dolorosa, può costituire premessa
positiva al processo di integrazione e crescita. Secondo Bion la crescita e la maturazione
sono temute e detestate. Questa ostilità nei
confronti del processo di maturazione deriva
dal dover subordinare il principio del piacere a quello di realtà. Noi sappiamo però che
la capacità di soffrire il dolore è un fattore di
salute mentale, perché se ciò che viene ricercato è la perenne evasione da questo dolore,
sarà la capacità stessa di affrontare la realtà ad
essere messa a repentaglio. La possibilità di
una effettiva crescita è legata alla possibilità
di acquisire in proprio la capacità di contenere una parte sofferente del proprio Sé rinunciando all’illusione di riuscire ad eludere la
sofferenza esistenziale».
VILLA SERENA E VILLA IGEA:
A FORLÌ IL MODERNO POLO
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16
aprile 2014
Le armi della prevenzione nelle
patologie della sfera genitale
femminile
A ogni età il suo esame: le indicazioni dei ginecologi Anna Pareschi e Silvano Costa
Dalle vulvovaginiti al tumore al collo dell’utero, dall’endometriosi al fibroma alla neoplasia
ovarica. Diverse sono le problematiche di carattere ginecologico che possono colpire la
donna nell’arco della vita condizionandone il
benessere psico-fisico.
«La prevenzione è sicuramente l’arma più
efficace contro ogni tipo di malattia ed effettuare controlli regolari è sicuramente la strategia più importante», affermano la dottoressa
Anna Pareschi e il dottor Silvano Costa, specialisti ginecologi dell’ospedale Villa Serena.
«I criteri di prevenzione – continuano - prevedono percorsi distinti per donne, asintomatiche o sintomatiche, per età e problematiche».
PROBLEMATICHE DELLA DONNA IN
ETÀ FERTILE
Nella donna giovane, in età riproduttiva, sono
frequenti le patologie cervico-vaginali di tipo
infiammatorio, come per esempio le vulvo-vaginiti da Candida, che rappresentano più del
50% di tutte le consultazioni ambulatoriali ginecologiche, e le lesioni pretumorali del collo
dell’utero.
La diagnosi di tali patologie si avvale dell’esame microbiologico del secreto cervico-vaginale (c.d. tampone vaginale) e del Pap
test, l’analisi delle cellule del collo dell’utero.
Inoltre, poiché il tumore del collo dell’utero è
causato dall’infezione del virus HPV (Human
Papilloma Virus), il test dell’HPV ne individua
la presenza prima che si verifichino le alterazioni cellulari.
In caso di positività degli esami, il percorso
diagnostico prosegue con la Colposcopia,
che consente di identificare la sede e l’estensione delle lesioni con un apparato ottico, il
colposcopio. Infine la Biopsia che, mediante
un prelievo di tessuto, permette la diagnosi
istologica definitiva. In base ai referti dei vari
esami viene suggerita la terapia più idonea,
che può essere farmacologica per le forme
infettive, o minimamente invasiva quale la conizzazione cervicale (asportazione chirurgica
del tessuto uterino malato salvaguardando
l’utero) per le lesioni pretumorali.
Parlando di prevenzione non si può tralasciare
la rilevanza clinica del Vaccino HPV. Fra gli oltre 100 tipi di Papillomavirus che possono infettare la cute o le mucose, alcuni, definiti ad
alto rischio oncogeno, possono causare il cancro. Fra questi due in particolare, il tipo 16 e
18, sono i più pericolosi e causano oltre il 70%
dei carcinomi del collo dell’utero, mentre altri,
il tipo 6 e 11, sono all’origine dei condilomi o
verruche genitali. Da alcuni anni sono disponibili i vaccini contro i genotipi che causano le
lesioni genitali più frequenti. La vaccinazione
è particolarmente efficace nelle adolescenti
ma si è dimostrata utile anche nelle giovani e
nelle donne adulte, fino a 45 anni.
L’Endometriosi è una malattia complessa, dovuta alla presenza anomala di endometrio, (il
tessuto che riveste la parete interna dell’utero
e che mensilmente si rinnova), in altri organi
quali ovaie, tube, peritoneo, vagina, parete
vescicale, intestino. Ogni mese, il tessuto endometriale anomalo desquama, nello stesso
modo dell’endometrio normalmente presente
in utero. Ciò provoca sanguinamenti interni,
infiammazioni croniche con esiti cicatriziali,
17
area
donna
aderenze accompagnati da una sintomatologia dolorosa spesso intensa, e può essere
causa di infertilità. La diagnosi si pone con
Ecografia e Laparoscopia per esplorare la pelvi e l’addome ricercando eventuali isole endometriosiche, cisti o noduli. Nel caso in cui
fossero presenti lesioni ben visibili, si procede
all’eliminazione delle stesse e al prelievo di
materiale per la biopsia.
PROBLEMATICHE DELLA DONNA IN
PERI-MENOPAUSA
Nella donna in perimenopausa o climaterio,
prevalgono le patologie che interessano il
corpo dell’utero, la cui espressione più frequente è la metrorragia o sanguinamento
uterino anomalo. Fra le cause ricordiamo i
fibromi uterini, i polipi e l’iperplasia dell’endometrio (mucosa che riveste la cavità uterina),
le terapie farmacologiche (es. anticoagulanti,
antidepressivi o farmaci prescritti per patologia mammaria) o le incipienti modificazioni
dell’assetto ormonale.
L’approccio diagnostico prevede, oltre ai
dosaggi ormonali per valutare la funzionalità
ovarica e di altre ghiandole, quali ad esempio
l’ipofisi e la tiroide, l’esecuzione di indagini
diagnostiche quali l’isteroscopia, l’ecografia
trans vaginale, la biopsia dell’endometrio.
Le recenti acquisizioni terapeutiche hanno
inoltre consentito di affiancare ai trattamenti
chirurgici (ablazione endometriale, rimozione
dei polipi e fibromi endocavitari) trattamenti
medici. In casi selezionati, l’inserimento di un
dispositivo intrauterino medicato al progesterone ha il vantaggio di assicurare oltre all’ef-
Il Servizio di Ginecologia di Villa
Serena e Villa Igea prevede le
attività di prevenzione, diagnosi
e cura della patologia genitale
femminile e comprende i seguenti
esami e terapie:
ficacia terapeutica di lunga durata (fino a 5
anni) un sicuro effetto contraccettivo.
La donna in climaterio può presentare inoltre
sanguinamenti anomali derivanti da patologie
della cervice, essendo questa la fascia d’età
più colpita dalla neoplasia invasiva del collo,
che rappresenta il secondo tumore più diffuso, dopo il tumore al seno, nelle donne dell’Unione Europea fra i 45 e 55 anni.
PROBLEMATICHE DELLA DONNA IN
POST-MENOPAUSA
Nella donna in post-menopausa la cessazione
dell’attività ovarica può causare, oltre all’osteoporosi, disturbi di tipo vasomotorio e della
sfera emotiva con ripercussioni sull’attività lavorativa e relazionale. In questa epoca, le patologie che colpiscono più frequentemente la
sfera genitale femminile sono quelle a carico
dell’ovaio e dell’endometrio.
La neoplasia ovarica colpisce, per oltre la
metà dei casi, donne in età compresa fra i 55
e 70 anni, mentre nel 25% dei casi donne fra
i 35 e 55 anni. I sintomi più frequenti sono
rappresentati da dolore e distensione addominale, stipsi o diarrea, difficoltà digestive e
senso di ripienezza gastrica. Il riscontro di una
massa pelvica in seguito a visita ginecologica
è un segno importante che indica la possibilità dell’origine ovarica della tumefazione. La
diagnosi fa di solito seguito ad un controllo
ginecologico, al riscontro elevato nel sangue
di una proteina specifica, il Ca 125, o di altri
marcatori, e di un’ecografia pelvica trans va-
• Visita ginecologica
• Pap Test convenzionale e su strato
sottile
• HPV test
• Tampone vaginale/cervicale/
uretrale
• Colposcopia/Vaginoscopia/
Vulvoscopia
• Biopsia Cervice/Vagina
• Polipectomia cervicale
• Biopsia vulvare
• Conizzazione cervicale mediante
ginale.
Il carcinoma dell’endometrio, ovvero il tumore del corpo dell’utero, è una neoplasia di impatto sempre più rilevante sulla popolazione
femminile: in vent’anni è arrivato al primo posto fra i tumori della sfera genitale femminile,
ed è il quarto per diffusione, dopo mammella,
polmone e colon. È una malattia che si verifica
tipicamente dopo la menopausa, mentre solo
il 25% dei casi riguarda donne in premenopausa e il 2% donne al di sotto dei quarant’anni. La diagnosi di carcinoma dell’endometrio
viene di solito posta in seguito ad una perdita
ematica irregolare (metrorragia). A volte invece possono essere presenti perdite vaginali biancastre o giallastre (leucoxantorrea),
non di rado maleodoranti. In fase precoce si
può avere una lieve sintomatologia dolorosa
dovuta alla distensione dell’utero provocata
dal proliferare delle lesioni e dalle contrazioni
uterine.
Anche la vulva in questa fascia d’età diventa
sede frequente di disturbi correlati a patologie neoplastiche e non. I sintomi più comunemente osservati (prurito, bruciore, dolore…)
sono ascrivibili a malattie come il lichen sclerotrofico, o ad altre dermatosi vulvari (psoriasi, allergie), o a patologie preneoplastiche o
neoplastiche. Le patologie possono presentare sia aspetti ginecologici che dermatologici,
a seconda della loro origine e localizzazione.
La studio della patologia della vulva è necessariamente multidisciplinare, ginecologico,
dermatologico e psicologico.
ansa diatermica
• Ecografia pelvica transvaginale
• Ecocolor doppler ginecologico
• Sonoisterografia
• Biopsia endometriale
• Isteroscopia diagnostica
• Isteroscopia operativa/resettoscopia
• Inserimento di dispositivo
intrauterino medicato
al progesterone
• Laparoscopia
• Densitometria ossea
18
aprile 2014
«Lascio la mia clinica mobile a un
cuore giovane pieno di passione»
Dr. Costa: «Il ricordo più
bello? Mio padre Checco,
ho vissuto il suo sogno,
la sua passione per il
motociclismo»
«La successione va fatta quando gli allievi
sono giovani. Va fatta a favore di un cuore
giovane, che ha passione e voglia di fare».
Motiva così il dottor Costa, il cui nome per
esteso è Claudio Marcello Costa, la decisione
di passare a 73 anni il testimone della Clinica Mobile al Dr. Michele Zasa, suo allievo. La
scelta, aggiunge, è una questione di intelligenza che si dovrebbe seguire in tutti campi
della vita professionale, a cominciare, sostiene, dalla politica.
La Clinica continuerà dunque il suo percorso
per assicurare sulle piste un alto livello di prestazioni sanitarie grazie al proprio patrimonio
di esperienze, alle varie professionalità e alla
collaborazione con il Centro Diagnostico della Rosa Prati di Parma.
Passione, tenacia, competenze, capacità di
affrontare la paura senza permetterle di infrangere un sogno o di rinunciare a una sfida,
sono gli elementi della storia professionale
di questo medico che da specialista ortopedico in uno dei maggiori ospedali bolognesi
e, pure collaboratore di Villa Serena, si ritrova nei circuiti motoristici di tutto il mondo ad
assistere giovani uomini che in sella ad una
motocicletta corrono, come dice lui, «con il
sorriso». Una gioia che esprime l’amore per
il motociclismo, uno sport però che comporta
alti rischi.
La Clinica mobile (un mezzo poco più grande di un caravan) nacque nel 1977 proprio
dall’esigenza di aiutare i motociclisti quando
il rischio si trasforma in realtà, in cadute, in
ferite, in dolori.
Il dottor Costa era già nel mondo dei motori,
racconta, in seguito: «All’amore trasmessomi
da mio padre, Checco, nei confronti dei piloti.
Inventò lui l’autodromo di Imola e organizzò
le più belle gare di motociclismo. Ho vissuto
il suo sogno. Mio padre è il mio ricordo più
bello». Proprio Checco Costa coglie l’esigenza di dotare all’epoca i circuiti di un servizio
tempestivo di assistenza medica, ispirando
poi il figlio nell’allestire la Clinica mobile che
definisce come: «Un piccolo ospedale con rianimazione che ha salvato la vita a tanti piloti
e questa è una cosa bella. Oggi nei circuiti è
tutto migliorato – aggiunge -, sono dotati di
proprie strutture d’emergenza, e la Clinica
mobile è quindi diventata un simbolo, un altare a cui rivolgersi per risorgere quando malattie o ferite possono infrangere un sogno».
In quasi quarant’anni di attività, le vicende di
questo progetto s’intrecciano con le vicende
di tanti piloti, protagonisti alcuni di tragedie
tramutatosi poi in riscatti umani e agonistici.
«Il pilota a cui sono più legato è Mike Doohan
– rivela il Dr. Costa - Dopo un incidente, era
stato operato, ma aveva avuto delle complicazioni, tanto che rischiava di perdere una gamba. L’ho portato a casa con me, in altri centri,
aiutandolo a ritrovare la moto. Vinse poi ben
cinque titoli di Campione del Mondo dal ’94
al ’98. Una favola. Un simbolo».
«Fare il medico nei circuiti motoristici è come
trovarsi sempre in situazioni di emergenza
– afferma Costa –. Sei libero di usare il tuo
talento, di trovare le alternative e valutare la
giusta opportunità per risolvere un problema,
di tentare l’impossibile. Sei come Ulisse che
deve trovare la propria strada, una condizione che impregna di umanità i contorni della
professione».
19
I “mal di testa” sono tutti uguali?
Conoscerli per curarli
A Villa Serena da
settembre un nuovo centro
per la cura delle cefalee.
Il mal di testa (o cefalea, in termini medici) è
una delle malattie più frequenti nella popolazione generale, ma nonostante ciò è spesso
sottovalutato dal paziente, mal diagnosticato
dal medico e, conseguentemente, non debitamente curato.
La Società Internazionale delle Cefalee (IHS)
ha classificato, già a partire dal 1998, circa trecento differenti tipi di cefalea.
Nonostante il numero impressionante di forme descritte, il 90% di queste è rappresentato
dalle cosiddette Cefalee Primarie ovvero forme benigne in cui il mal di testa è un disturbo autonomo, non legato ad altre patologie,
rappresentando così una “malattia” vera e
propria
Un dolore gratuito, un allarme che suona a
vuoto. Solo nel 10 % dei casi si parla di Cefalee Secondarie in cui il mal di testa è un
sintomo di una ben precisa e definita malattia
sottostante, come ad esempio un trauma cranico, una malattia oculare; l’ipertensione artrosi cervicale, allergie, lesioni cerebrali, etc.
Le forme più diffuse di cefalea primaria sono
la Cefalea di tipo tensivo ( episodica e cronica) caratterizzata da un dolore di tipo gravativo-costrittivo ( come una morsa, come un
peso), di intensità solitamente lieve-moderata, con scarsi o nulli sintomi di accompagnamento ( nausea vomito, fono-fotofobia) e che
in genere permette il normale svolgimento
delle attività quotidiane.
L’Emicrania (con e senz’aura), è’ un disturbo
tra i più frequenti al mondo, a carattere frequentemente familiare, di cui soffre in media
il 12% della popolazione mondiale con punte
che sfiorano il 25% nelle donne in età fertile.
E’ probabilmente la malattia più frequente
nell’età riproduttiva La WHO (World Health
Organization) ha stabilito che l’emicrania è da
sola al 12° posto per le cause di disabilità.
Questo tipo di mal di testa è caratterizzato da
un dolore spesso da un solo lato del capo o
del volto, di tipo pulsante (come un martello
che batte ) spesso accompagnata da vari disturbi come fastidio alla luce (fotofobia), ai
suoni (fonofobia), agli odori (osmofobia).
Cefalea a grappolo: é una malattia prevalente
nel sesso maschile (70-90% dei casi)
ed è caratterizzata clinicamente da una particolare periodicità con l’alternarsi di periodi
attivi definiti grappoli (durante i quali compaiono gli attacchi) e di fasi di remissione di
assoluto benessere
Gli attacchi sono caratterizzati da un dolore
estremamente severo (dolore da suicidio),
trafittivo-lancinante, rigorosamente unilaterale, prevalentemente nella regione orbitaria
(“dentro l’occhio”), tipicamente associato a
ricca sintomatologia sempre nello stesso lato
del dolore che lo rende inconfondibile (lacrimazione, arrossamento oculare, ostruzione
nasale, secrezione nasale, caduta della palpebra, miosi, sudorazione facciale o edema
palpebrale.
Tutte le forme di cefalea primaria possono
evolvere in una forma cronica cioè in una cefalea presente ogni giorno o quasi.
Nella cronicizzazione di un mal di testa possono essere implicati diversi fattori e tra questi
uno molto importante è rappresentato dall’uso molto frequente di farmaci per il trattamento del mal di testa.
Il consumo regolare eccessivo di analgesici –
soprattutto in un soggetto con lunga storia di
cefalea (10-30 anni) o che non è stato adeguatamente curato – può portare alla comparsa di
una “nuova” cefalea chiamata “Cefalea cronica quotidiana da abuso di farmaci”.
Le cefalee croniche rappresentano una condizione estremamente invalidante per la qualità di vita dei pazienti, sia a livello fisico che
sociale (lavorativo- familiare) nonché – come
riconosciuto dalla stessa Organizzazione
Mondiale della Sanità - un costo sociale ed
economico importante. Diagnosticare quindi
una cefalea primaria tempestivamente è un
obiettivo di salute pubblica perché si propone
di migliorare la qualità di vita di tutti i pazienti
con cefalea e di prevenire la cronicizzazione
che è certamente la complicazione più grave
di questa malattia. E’ anche importante fare
comprendere a chi non ne soffre, che la cefalea è un disturbo vero, non un’invenzione o
una scusa . Questo passa attraverso la diffusione delle conoscenze della patologia e attraverso l’ informazione di chi ci circonda .
Dott.ssa Bazzocchi Annalisa.
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