Giovani Belle speranze 20 ragazzeper me... CATERINA MILO: CAMBIARE IL MONDO SI PUÒ, SE L’IMPEGNO PARTE DA OGNUNO DI NOI . di Annamaria Cerio O gni anno, 20 delegati – non permanenti – provenienti dai paesi economicamente più significativi, danno vita ad un organismo di dialogo informale, riunito al fine di promuovere la cooperazione internazionale per una crescita stabile e sostenuta, di cui tutti possano essere ugualmente partecipi. Se state pensando al Gruppo dei Venti, con i suoi ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali, siete fuori strada. Ogni anno, infatti, c’è un altro G20, “parallelo” a quello dei grandi leader, che si riunisce negli stessi luoghi, ma con modalità e finalità dissimili. G(irls) 20 – ovvero Ragazze 20, ndr – è un’organizzazione che aduna le rappresentanti di Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sud Africa, Sud Corea, Turchia, Inghilterra, Stati Uniti, Unione Africana (dal 2010) e, per la prima volta, a partire da quest’anno, Afghanistan, Pakistan e regione del MENA (Medio Oriente – Nord Africa). Come dichiarato dal nome stesso, la partecipazione al progetto è consentita solo ad esponenti di sesso femminile, che abbiano dai 18 ai 20 anni, designate a seguito di un’accurata quanto severa selezione, operata tra centinaia di candidate, sulla base di spirito imprenditoriale, leadership, obiettivi personali e capacità d’analisi. Concepito sulla falsariga del Gruppo dei Venti, il G(irls) 20 opera dal 2009, al fine di generare azioni concrete, che abbattano quelle barriere ancora invalicabili per gran parte della popolazione femminile mondiale. La partecipazione alla vita sociale ed economica, nonché l’accesso – per le donne di tutto il globo – alle opportunità imprenditoriali, originerebbe non solo un immenso passo in avanti per la civiltà, ma una crescita economica che, nel caso dei paesi poveri, potrebbe determinare perfino un capovolgimento delle attuali condizioni. ’ 39 Tutto ciò, secondo gli organizzatori del G(irls) 20, sarà possibile solo se il cambiamento e la forza per generarlo, proverranno “dal basso”. Non magniloquenti “esperti”, o consulenti iperbolicamente remunerati, ma un gruppo di ragazze, opportunamente motivate e supportate: questo il segreto che salverà il mondo. Ogni anno, infatti, G(irls) 20 si adopera nella ricerca dei “semi” idonei, che opportunamente scelti e “accomodati”, possano germinare, al ritorno nei paesi d’origine, dando vita ad importanti e concrete iniziative. Il ruolo di delegata, dunque, comprende, sì, onori, ma altrettanti oneri: ciascuna ragazza è in continuo scambio digitale (mediante e-mail, social network e piattaforme web) con le altre incaricate e con il gruppo di sostegno, composto da esperti, che guida le ragazze nell’ambito di un progetto formativo orientato allo studio e alla redazione di testi, nonché all’organizzazione di un piano d’azione mirato all’emancipazione femminile. Impegno sociale e civile sono le direttrici secondo le quali ogni membro deve operare all’interno della propria comunità, prima congegnando un progetto, poi con- 40 cretandolo all’interno del territorio d’appartenenza. Tra questi due momenti, ne giunge un terzo, mediano e fondamentale: il summit globale. Quest’anno il meeting si è tenuto a Sidney, in Australia, dal 18 al 28 agosto, e come nelle precedenti edizioni ha visto momenti d’incontro e conoscenza tra delegate, di workshop e di dibattito con personaggi della sfera politica ed economica internazionale. Tra le ambasciatrici dei vari paesi, a rappresentare l’Italia, c’era Caterina Milo, diciannovenne napoletana. Caterina vive al Vomero e frequenta l’Università Federico II, dove studia giurisprudenza. Il suo sogno è quello di diventare avvocato internazionalista. A tal proposito, nell’ambito del progetto G(irls) 20, è guidata da una mentore a lei dedicata, appartenente al Google Global Mentorship Program, valido aiuto non solo nell’affrontare al meglio la sfida G(irls) 20, ma una vera e propria “amica” con cui condividere gioie e timori, e che sta indirizzando Caterina nella pianificazione di un’idonea strategia da seguire, per intraprendere una carriera nell’ambito di una Organizzazione Non Governativa internazionale. La delegata italiana, o meglio – concediamoci il lusso – partenopea, è entrata in contatto con l’organizzazione “per caso” (afferma lei, con un pizzico di modestia), diremmo noi grazie ad uno sviluppato senso della ricerca e della curiosità che, a braccetto con la passione per la difesa dei diritti umani, ha permesso alla ragazza di raggiungere questo importante traguardo. Indispensabili anche la conoscenza approfondita della lingua inglese e dell’informatica, che – emerge dal colloquio con Caterina – restano ancora “mostri sacri”, non solo per le vecchie generazioni – come oramai assodato –, ma per gran parte dei giovanissimi italiani, che seppur quotidianamente a contatto con entrambe – grazie a pc, smartphone ed internet – non padroneggiano neanche una delle due abilità. In Caterina Milo la riflessione sui diritti umani è sempre stata presente e spiccata: fin dal liceo, sebbene solo attraverso attività informativa, ha seguito con interesse varie associazioni di volontariato ed Organizzazioni Non Governative, approfondendo sempre più le problematiche che affliggono gli strati deboli della società – tra cui risultano, ancora, le donne –. “Anche a Napoli esistono moltissime iniziative dedicate al supporto dei più fragili: di recente ho avuto contezza di un centro, istituito al Vomero dal Comune, dedicato alle donne. Non un semplice consultorio, ma un luogo dove ricevere ogni tipo di sostegno, a partire dalla tutela della salute, fino a quella legale” afferma Caterina. “Ciò che ritengo sia molto importante, è l’informazione: non escludo che le mie conoscenze nell’ambito dei diritti umani e della difesa degli stessi – anche a livello locale, nel nostro territorio – si siano notevolmente sviluppate a seguito della partecipazione al progetto G(irls) 20” sussurra, quasi come parlando a se stessa, quindi aggiunge, con occhi sognanti, ma questa volta con voce più ferma: “mi piacerebbe che di diritti umani si parlasse, si ‘insegnasse’, già a partire dalla scuola elementare o media... perché i diritti umani sono semplici, sono ovvi! Non ci si può affidare alla sorte: incrociare le dita, e auspicare di rientrare in uno di quei ‘famosi’ progetti sperimentali cui aderiscono a singhiozzo le scuole, di avere la fortuna d’incontrare un docente ‘illuminato’ o, ancora, di provenire da una famiglia che abbia una certa sensibilità e competenza in merito”. Valori che, in una società che si fregia di essere “civile” ed “avanzata” quale la nostra, dovrebbero essere non già connaturati a ciascuno, ma almeno parte di un progetto formativo “serio” ed avviato. Alta, snella, una spiccata grazia nei lineamenti, nel modo di porgersi e di parlare, la passione per la moda e il cinema: Caterina Milo potrebbe appartenere a quella schiera di splendide ninfette, anelanti null’altro che “la dolce vita” delle lusinghe, dell’effimero, del vuoto esistenziale. Potrebbe... invece no! Quando, poi, la curiosità di come possa resistere a tali blandizie si fa così pressante da dover interrogare la ragazza sul suo segreto “per non perdersi”, la risposta è dolce, tinta di quel candore e di quella forza che solo i giovani possono esprimere: “Non escludo dalla mia vita le passioni ‘frivole’; soprattutto a 19 anni, sarebbe difficile decidere di ‘essere solo una persona impegnata’, ma ancora più difficile sarebbe negare tante dolorose realtà, far finta di niente, non importarsene...”. ’ 41
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