Luigi Del Priore - morreseemigrato.ch

Casa Schira a Loco (Hotel de la Poste) centro del loro dominio camorristico». Il passaggio obbligato
davanti agli edifici era paragonato alle «Forche Caudine:;
CAMORRA E FORCHE CAUDINE NELL'ONSERNONE
DELL'OTTOCENTO
I Sanniti intrappolarono i Romani nel
CAMORRA ". E si pensa alla odierna
321 avanti Cristo, costringendoli poi a
criminalità organizzata che taglieggia e
sfilare sotto il giogo per la... riverenza ai
insanguina il Napoletano Ma la camorra
vincitori. Ma che c’entra l'Onsemone?
esisteva già nel secolo scorso. e da
C'entra, e non siamo noi a dirlo per fare
tempo immemorabile.
un titolo di richiamo. Lo dicono nelle
"Forche caudine". E si pensa, ricordi
loro denunce a stampa, negli anni
di scuola aiutando, al passaggio
1862-64 e piu tardi, contro abusi,
obbligato tra i monti di Benevento, dove
1
soprusi e taglieggiamenti che facevano
"gemere" l'Onsemone come si gemeva
per le medesime angherie nel
Napoletano, i cosiddetti «fuorusciti».
gli Onsernonesi cioè che volenti o
nolenti avevano abbandonato la valle
per non sottostare al dominio
economico e politico instauratovi, con
la tolleranza del governo ticinese del
«Pronunciamento» (1855), dai fratelli
Giovanni e Giacomo Schira Taroch.
sindaco di Loco il primo, entrambi
deputati del Circolo al Gran Consiglio,
e dal loro patrono e "compare",
granconsigliere anche lui, l’avvocato
Paolo Mordasini di Comologno,
definito negli attacchi degli oppositori
"protettore della Camorra " nostrana.
Sono
accuse
che
ricorrono
soprattutto in una pubblicazione
quindicinale apparsa dal gennaio al
giugno 1864 («Il Martello — Eco delle
rupi d'Onsernone»), redattori Remigio
Chiesa Ghella e il professor Giovanni
Nlzzola. i piu noti del «fuoruscltl»,
avversari irriducibili e denunciatori
implacabili del trio Schira-Mordaslnl e
accoliti, che a loro dire avevano
asservito la valle e trasformato «fa terra
d'Onsernone
nella
loro
“Repubbllchetta ", dove “la liberti et
les drolts de I ’homme son foulés aux
pleds "».
L'accusa di “camorra " andava al
sistema imposto e gestito in solido dai
tre "caporioni" con l'appoggio di un
turbolento e malfido "satelllzio". quella
di “forche caudine" ai soli Schira, per i
pestaggi brutali nei quali incappavano
gli indocili e I riottosi che s'azzardavano
a
passare
davanti
al
loro
palazzotto-fortilizio. E di li bisognava
passare, se non se ne poteva fare a
meno. Non c’era scampo. Ne fece
tragica esperienza nel febbraio 1859 un
giovane e incauto magnano della Val
Colla. Giovanni Boscazzi (o Boscacd).
che a Russo aveva sparlato di Carlo
Battagllni (suo conterraneo. imposto
dagli Schira come candidato del circolo
d'Onsernone al Gran Consiglio):
dapprima il giovane Boscacci sfuggi a
stento sulla piazza di Russo alla furia
dello scatenato Giacomo Schira (subito
accorso per conciare le ossa al temerario
dalla lingua snodata), poi. tentando a
notte fonda di superare non visto la
pericolosa stretta di Loco e rientrare
indenne al domicilio, non schivò il
temuto agguato e finì cadavere in fondo
al
pozzo
detto
poi
del
magnano!"Quando si votava a fucilate",
«Eco» del 5 aprile 1987).
Ad avviare questo «Spedale Sabato»
sulla «Camorra» in Onsemone
(pensiamo di pubblicarne tre. a
continuazione e conclusione della
precedente serie «Scuola e socialità»,
rimasta aperta, nella quale avevamo
disseminato squarci sul «dispotismo» in
valle), ci serviamo di una poesia
composta in dialetto napoletano
addomesticato, dal titolo "Coro de
Camorriste", apparsa sul «Martello» del
1o maggio 1864. con questa premessa
che sembra scritta oggi anziché più di
cent'anni fa:
«È pervenuta alla Direzione una
canzone in lingua camorristica
unitamente alla musica per essere
cantata. Ci spiace che le note non
possano trovar luogo in queste pagine;
ma
v'Inseriamo
la
Canzone,
premettendo a schiarimento alcuni
cenni sulla "Camorra".
«La "Camorra" [che è poi la mafia
napoletana] ebbe origine In Sicilia.
Imperando gli Spagnuoli [dal 1300 agli
inizi del 1700]; la parola infatti i araba,
e vale "giusta protezione Canone
2
principalissimo n era la difesa del
debole contro il prepotente. Il pugnale
del Camorristi era sempre pronto a
sostenere il diritto del debole e
dell'oppresso,
specialmente
delle
donne. Guai a chi avesse manifestato Il
minimo segno di timore. Era
immediatamente spento. Cosi chi
avesse mancato gravemente ai canoni
della Società. — Vedendosi "temuta " la
Società, passò alla superbia, da questa
alla venalità, accettando doni ed
esigendoli poi colla forza. Ecco la
degenerazione della Camorra, oggi
reso il flagello delle provinole
napolitano. Il Camorrista oggi vende il
suo pugnale per tutti i delitti Dato
all'ozio e al vagabondaggio, vuol vivere
del sudore del debole; il povero
facchino che suda, deve porzione del
sudore al Camorrista; chi giuoca, deve
dividere con esso la vincita; I ladri sono
aiutati dal Camorrista. Si deve uccidere
uno a sangue freddo? Il Camorrista i
pronto. E se la legge lo carcera, tanto
egli è temuto che anche i deboli e gli
stolti gli recano il loro tributo In
denaro. Tale i la fisionomia della
Camorra».La poesia si apre con l'invito
al lettore del «Martello» “a lasciar
perdere il cartello di chi vuole la
libertà, che a questo mondo, dice il
ritornello, è meglio fare imbrogli e
rubare". Ad esempio si cita Giusio
(l'astigiano Luigi Giusio. dottore,
condannato per reati vari a 15 anni di
lavori forzati dalla Corte d'Appello
di.Torino il 31 marzo 1860. medico
condotto in Onsemone per volere e
sostegno degli Schira). che con "altri
lupi, che gli fanno compagnia ", va con
il vento in poppa Le strofe conclusive
del «coro dei camorristi», dopo una
maledizione al governo dell'Italia unita,
che tiene sotto torchio la camorra,
deciso a debellarla, inneggiano:
“Gloria e amore al Ticino
che ci aiuta, ci protegge,
li possiamo senza legge praticare
la "Camorra"praticare".
Disponiamo di abbondante materiale
documentario, per buona parte tratto
dall'Archivio cantonale e da altre fonti
che citeremo di volta in volta. Accanto
alla
documentazione
edita
(«Il
Martello», le «Memorie sulla Valle
d'Onsernone» pubblicate nel dicembre
1863 a sigla A.P.L.. il «Fiat Lux». «La
mia difesa» e altri scritti di Remigio
Chiesa, oltre al giornali del tempo), un
memoriale inedito («Alla Gioventu
Onsernonese in ricordo»scritto da
Giovanni Brunoni nel 1880 e tirato fuori
per noi dai cassetti di famiglia
dall'architetto Bruno Brunoni, nipote
dell'autore), e tante lettere e altre carte
della
famiglia
Schira,
messe
generosamente nelle nostre mani dalla
impagabile disponibilità di Victor
Sartoria di Mosogno.
È forte la tentazione di attingere
senza risparmio in tanta grazia
documentaria. di godibilissima lettura, e
porre meglio in luce piu precise
responsabilità nei misfatti e nella regia
di quel trentennio dispotico, che la
libellistica del tempo e la perdurante
tradizione paesana mettono a carico
esclusivo degli Schira Taroch. Ma
dovremo guardarcene bene: infliggere
una pioda ai lettori e provocare qualche
smagliatura negli abbonamenti, e chi lo
sente poi il direttore Giò!
Per le spicce dunque e sordina alla
mano tra le campane a stormo
dell'accusa e della difesa. Distinguerà il
lettore i rintocchi stonati.
3
Giovanni Brunoni autore del
Angolo di casa Schira a Loco
memoriale qui sotto pubblicato
CAMPANA D'ACCUSA
NEL 1872 fu fondata in Loco una
«Alla Gioventù Onsernonese in
società anonima per la lavorazione e il
ricordo». Il memoriale (inedito, ci è
commercio della paglia onsemonesc. La
stato
messo
a
disposizione
direzione fu affidata al sindaco
dall'architetto Bruno Brunoni. nipote
Giovanni Schira, coadiuvato da un
dell'autore),
pur
riecheggiando
segretario, Giacomo Sartoris, e da un
Inevitabilmente le denunce a stampa di
aggiunto, Giovanni Brunoni, che l'anno
RemigioChiesa (in particolare «La mia
seguente fu chiamato a rimpiazzare il
difesa», 1862) e quelle del «Martello»
segretario comunale Giovanni Calzoni,
(1863-64), oltre che le «Memorie» di
divenuto inviso al Sindaco e licenziato
A.P.L. e gli attacchi sui giornali contro
seduta stante in malo modo (“poco
gli Schira Taroch e Paolo Mordasini, è
mancò, non escisse dalla sala
fonte particolarmente interessante, data
Municipale colle costole rotte”).
la funzione ricoperta dall'autore nella
Giovanni Brunoni (18S2-1911)
«Manifattura» e al Comune di Loco.
scrisse nel 1880 un memoriale dal titolo
Giovanni Brunoni, di dichiarata
4
simpatia per il liberal-conservatorismo
imperante nel Cantone in quel periodo,
lascerà l'Onsernone per la Francia,
dove, “ecrivain public" e “naturalisé",
si stabilirà definitivamente, mettendo
radici con Françoise Louise Boudin alla
dipendenza francese del Brunoni.
Dal manoscritto (47 pagine,che
andrebbero pubblicate in blocco),
estraiamo
passi sul
monopollo
economico e politico in-staurato in vaile
dai "caporioni". ormai di nostra
conoscenza.
Monopolio economico
«Nel principio dell'anno 1872 fu
improvvisata un'idea di formare una
Società
Anonima
colla
ditta
"Manifattura di Paglia Onsernonese"
(...)
«Questa idea, infatti emanata da un
personaggio autorevole in quel tempo
[Giovanni Schira] mozione che tutti i
vallerani in generale, e specialmente I
negozianti ne trarrebbero vantaggio
(...)
«Si formò uno statuto, venne
radunata
l'Assemblea,
formato
comitato stabile, e si procedé alla
pubblicazione della fondazione della
Società.— Si passò alla sottoscrizione
delle Azioni in Numero di 2000 da frs
50 cadauna onde formare un capitale di
frs 100.000 decretato dallo statuto. SI
limitò l'importo a frs 50- per azione,
perché,
(come
diceva
l'uomo
autorevole) ogni vallersano avesse
potuto parteciparvi senza grande
sacrificio, e goderne i benefici frutti.
Olio per i gonzi
(...)
”Venne nominato Direttore Schira
Giovanni fu Pietro in allora Sindaco del
Comune di Loco e Consigliere del
Circolo, (che poi quella persona
autorevole d'allora che nominammo più
sopra...) Segretario Sartoris Giacomo
di Mosogno e Giovannl Brunoni quale
aggiunto (...)»
«La direzione cominciò adunque a
comperare sulle piazze con animo e
risolutezza, e forse anche di più di
quello che necessitava — ma lo scopo
era di addimostrare a prima entrata in
carriera che gli affari erano ben
incamminati e che i prezzi delle treccie
aumentavano a beneficio di tutti i
vallerani.
«Altro scopo crediamo sia stato
quello d’ammazzare la concorrenza
delle Case Chiesa Fratelli e Nottaris
Carla — Il prezzo della treccia benché
Innalzasse era di sagrificio, perché la
vendeva al disotto del prezzo di
compera.
(...)
«Dal 1872 in poi l'azienda
Commerciale andò stenterellando — e
dopo il primo anno commerciale in cui
si fece sfoggio di dimostrazioni d'affari,
non si ebbe più quel dividendo che ogni
azionista sperava d'avere (...) Negli
ultimi anni il prezzo della cucitura
scemò dal 30 al 40 per cento — quella
della treccia diminuì anche del 50 per
cento (...)
«Buona parte di operai di Loco.
Auressio, Berzona e Mosogno ed anche
di Russo erano quivi impiegati per
lavoro, e sui primordi si pagavano in
contanti; ma la direzione visto che ciò
non era del tutto un interesse per la
speculazione privata, pensò di stabilire
fra il negozio di Commestibili di privata
proprietà del di- rettore, colla Società
una relazione mediante la quale gli
operai ricevevano dei buoni in carta pel
lavoro fatto, ed andavano a spenderli
alla bottega privata. Chi non osava
comperar qualcosa all'occasione? E chi
avrebbe osato rifiutare quei buoni in
5
pagamento? Chi si dimostrava
contrario, lo si lasciava In libertà di
lavoro. In maniera che si tenne alla
conclusione, che — coloro che
volevano
lavorare,
dovevano
consumare il loro guadagno nella
bottega dei commestibili sopracitata.
— Il Monoplio fu bello e condotto al
suo termine (…)
avevano in mano il Monopolio della
valle intiera — cioè taglio dei Boschi,
carbone, legname, manutenzione di
strade, impresari per costruirle, posta a
cavalli. Mulini, commercio di treccie e
cappelli di paglia (...)
«Alle Assemblee circolari si facevano
intervenire,
qualora
necessitava. i votanti armati di bastone,
o se ne avvinazzavano alcuni perché
mettessero bisbiglio qualora le cose
non fossero andate al Genio dei sovrani
ed in lor pro, o si facevano battere, o si
mettevano in fuga i contrari d'opinione
(...) E di qui si concepirà l'idea del
perché in quei barbari tempi sortivano
dal circolo 700, 800 voti tutti unanimi e
che facevano pendere la bilancia del
Cantone dalla parte che il Governo
d'allora stimava opportuno
«E dove v’era il bisogno di notte
tempo si cambiavano anche le schede, e
vidimo noi stessi compilare i cataloghi
degli addetti al burò, ed un fare a gara
l’un l’altro a scrivere più nomi e più
numeri che potevano (...)
«Anche In fatto di religione ne
succedettero delle magnifiche — Non
era necessario un prete piacente alla
popolazione, basta che fosse in armonia
col Sindaco del Comune (...) Piaceva
alla popolazione e non piaceva al
Sindaco, veniva cacciato colle buone o
colle cattive, a seconda, ed anche
minacciato della vita se mostravasi
ritroso (...)
«Egli avrebbe fatto il radicale, il
conservatore, il liberale. Eretico, il
scismatico, il religioso, solo che
l’interesse glie lo indicasse (…)
E (...) dire che nemmeno i tre
Consiglieri, caporioni, dopo qualche
tempo non andavano più 'accordo nelle
massime da seguirsi
«E citeremo ad esempio quando
Monopolio politico
«Gli Onsernonesi giunti a liberarsi
dei
feudi
Locarnesi
che
signoreggiavano nella valle [allusione
ai Rusca, sulla cui lunga controversia
con gli Onseronesi c'è tutto un dossier a
stampa]
nominarono
a
loro
rappresentanti cittadini della valle
stessa — quelli che maggiormente
avrebbero avuto più influenza presso
gli Altolocati del Locarnese. e presso le
Autorità Cantonali. Fra questi fu
nominato un certo Giovanni Schira fu
Pietro — che volontieri accettò l'onore
della Carica. — Nominato deputato
Costui e cangiarsi tosto l'andamento
politico della valle fu una sola cosa. —
La Carica di Consigliere gli diede
l'occasione d’eseguire un piano che già
aveva formato. o che fece tosto, cioè
quello di ridurre il Circolo a lui divoto e
schiavo (...)
«.Dietro suo desiderio fu nominato
consigliere l'avv. Paolo Mordasini.
messo In disparte il consigliere Sartoris
Giacomo di Crana — per rimpiazzarlo
con suo fratello Schira Giacomo — e
tutti e tre d 'accordo guidarono l destini
della valle a loro talento.
«E nel mentre simulavano di
operare in pro della valle ottenendo dei
vantaggi per questa, come posta,
telegrafi, strade ecc. ciò che, dobbiam
dirlo, s'è avverato - tuttavia il maggior
vantaggio era per toro, stanteché
6
trattavasi tempo non lontano (1863).
della nomina dei deputati al Consiglio
Nazionale, e che trovavansi in
candidatura i Sig.‘ Jauch, Monighetti e
Mordasini,—quest’ultimo
divenuto
alquanto ambizioso, e non andando
d’accordo con Jauch, e cercando
d'averne
il
sopravvento
aveva
sbugiardato la parola dello Schira — la
qual parola era che i Circolani
votassero tutti per i tre consiglieri qui
sopra, che Mordasini accettò, col
promettere che i Vallerani dei suoi
dintorni (il Mordasini è di Comologno)
avrebbero votato come d'accordo
— Ecco invece che l'infallibile
Mordasini andò di concerto coi
Vallerani da Russo in dentro perché
questi votassero secco per lui — i
vallerani comparvero tutti a Loco per
deporre le loro schede, e il colpo tirato
dal Mordasini sarebbe riuscito, se per
azzardo [par hasard] non si fossero
scoperte le schede su cui trovavasi II
solo nome del Mordasini . I due
Personaggi trovaronsl alle strette e
poco mancò ne venissero alle mani. A
Mordasini in questo caso più non
gl'importava l'onore del 700 od 800 voti
compatti in faccia al cantone, purché
avesse avuto lui l'onore dell'elezione.
Poco importatagli pure la promessa
fatta allo Schira, basta che il suo nome
fosse sortito trionfante dall'urna.
« Vedesi da questo fatto l'ambi zione
del Mordasini e la cura che aveva per
l'onore della valle — e come sia uomo
di
parola".
E Anton Pietro Lucchini (APL) l'iniformatissimo autore?
Vittime e sopraffazione,
una sfilza di nomi
La casa natale di Giovassi Brunoni (memoriale qui sopra) a loco, oggi museo d'Onsernone
APRIAMO la serie delle denunce e
delle accuse agli Schira Taroch. I
“regnanti", e al loro patrono Paolo
Mordasini, "gran ciamberlano ",
attingendo ad “Alcune memorie sulla
Valle d'Onsernone", un opuscolo di 24
7
pagine, pubblicato il 20 dicembre 1863
con le iniziali A.P.L. e senza indicazioni
tipografiche. Molto probabilmente fu
stampato a Lugano dall'Alani. come «Il
Martello
—
Eco
delle
rupi
d’Onsernone»,
dal
quale
pure
attingeremo, che porta la falsa
indicazione «stampato a Milano»
(redattori Remigio Chiesa Ghella e il
professor Giovanni Nizzola).
Chi si celasse dietro la sigla A.P.L.,
non è stato possibile appurare. Anton
Pietro Lucchini? La sigla è rimasta tale
anche nell'accurato lavoro di Padre
Callisto Caldelari sulle edizioni ticinesi
nella biblioteca dei Cappuccini di
Lugano.
«Han saputo i regnanti mettersi tan
to bene in sella, — scrive A.P.L. — che
or ci sanno stare. Tutto fu favorevole ad
innalzarli al posto in cui si trovano; ma
assai giovò la politica (...). 1 nostri si
valsero del loro potere per soverchiare
tutti i loro concittadini, e sottometterli
alla loro volontà, unica regolatrice
delle cose del nostro Circolo. Né si
farebbe loro grande colpa se un tale
procedere avesse giuoco soltanto nelle
cose di partito. a favore del Governo
liberale (...) ma quel che più offende si è
il vederli agire in tutto ciò che riguarda
il commercio, l'industria della Valle, la
bottega loro
(...)
«L'autorità sostiene i prepotenti. Se
ad essa ricorriamo per un pugno,
andiamo in cerca di due, oltre i danni e
le beffe (...) Se ci danno un calcio,
rendiamone grazie, e benediciamo il
piede affinché ce ne dia un altro presto
(...)
«Buona gente d'Onsernone. che
geme sotto il giogo materiale e morale
di un pugno di facinorosi, capitanati dai
signori cons. Schira e Mordasini!...)
"Ah se non avessero un forte appoggio
nell'avv. Mordasini, che salta sempre in
campo a salvarli coll'inganno e col
nascondere o travisare i fatti (...) Il sig.
Mordasini non arrossisce di questo suo
contegno, dannoso alla libertà, alla
quiete ed agli interessi della sua Valle:
egli Intanto si pappa grosse retribuzioni
comunali e patriziati, e trova comodo
questo andazzo. Egli si salverà dalla
taccia che gli serba la storia col dire
che i avvocato e che ha esercitato il suo
mestiere, che è quello di difendere
anche i ladri e gli assassini ma fa male i
suoi conti (...)’
Tra le nequizie riferite da A.P.L. a
carico degli Schira e del loro difensore
Mordasini, è dato spicco alla presunta
congiura (pagina di fronte) orchestrata
contro gli Schira il 5 aprile 1863 (si dice
da loro stessi, ma non è provato), per
aizzare la valle e ottenere la solidarietà
dell’Assemblea circolare contro gli
oppositori. veri o fittizi, specialmente
quelli che avevano dovuto lasciare
l'Onsemone. i «fuorusciti» in testa
Remigio Chiesa e il professor Nizzola.
L’espediente
sarebbe
stato
escogitato e messo in atto nel tentativo
di smorzare l'indignazione suscitata nel
Cantone da una spedizione punitiva
(cosi parrebbe) di Giacomo Schira e
scorta contro alcuni giovani di Berzona,
rei di voler ficcare il naso nei capitolati
d'appalto dei fratelli Schira per lo
sgombero della neve sulla strada
circolare (riprendiamo l'episodio nella
terza pagina).
«Quei
di
Berzona
avevano
raccontato le
loro
tribolazioni
sull'Elvezia" (...), I signori Schira non si
trovavano troppo comodi, né sapevano
come schermirsi dal biasimo della
coscienza pubblica, che cominciava a
farsi sentire. Era necessario un colpo
8
di.... testa: e questo fu ideato, preparato
ed eseguito dai signorotti e relativo
satellizio (...).
«Si cominciò a confezionare un
elenco delle persone più odiate dagli
Schira. ed esporlo al pubblico a titolo di
"congiura scoperta" contro la vita dei
medesimi (...)
«Gli Schira colsero l 'occasione da
essi stessi preparata per fare strepito,
gridare agli assassini! I loro cagnotti
poi faceva no un abbaiare che
assordava: volevano che il popolo tutto
si sollevasse, suonasse a stormo, e
facesse man bassa sulla gente e sulla
roba dei pretesi "congiurati!!!" Visto
allora che ciò non bastava, ricorrono
ad altro mezzo. Cessano ad un tratto di
comperare treccia sui mercati (dopo
d’avere impedito ai compratori di
qualche importanza d'acquistarne)
perché si sarebbero esposti a sicura
morte col recarsi sui mercati!!! (...)
Intanto si scorazzava la Valle da Loco a
Russo, sui carri, con carabine ed altre
armi, minacciando di adoperarle se le
cose non fossero andate a seconda del
vento (...)
«Decisamente il sindaco di Loco
tende a spopolare la Valle colla funesta
sua potenza: uno dopo l'altro scaccia
tutti quel cittadini e quelle famiglie che
non gli garbano. Saprete che tra Loco e
Berzona contano un gran numero di
individui che non vi possono più
ritornare — a meno che non lo
facessero colle armi in pugno, a rischio
di restare uccisi o di uccidere (...).
***
Da «Il Martello» del 25 febbraio, uno
scampolo
degli addebiti
mossi
all'avvocato Mordasini.
«Non v'è causa, per ingiusta e
sballata che sia. che non trovi il suo
difensore, come non v’è schifoso
dispotismo che non abbia i suoi ministri
ed i suoi puntelli. Così vediamo
l’oscurantismo, o negazione d'ogni
civile progresso, avere le sue lancie
spezzate in ogni casta e in ogni ceto (...)
Non è quindi a meravigliarsi se anche i
tirannucci che qua e là imperversano
eziandio in terra repubblicana che
dovrebb'esser ognora sacra alla
libertà, trovano cortigiani e apologisti:
come non è a meravigliarsi se anche i
Signorotti d Onsernone ebbero ed
hanno i loro Officiosi difensori,
consacrati anima e corpo alla salute del
“trono"e della "corte". Per costoro poi
qualunque mezzo è onesto quando è tale
da condurre al fine, ed è parte del
nostro programma quella di rilevare
alcuni di questi mezzi, che furono e
sono ad ogni tratto messi in azione dai
protettori della violenza e degli arbitri
di quel governo dittatoriale.
«Ed uno di cotali mezzi che non
mancò di una certa forza e di qualche
prestigio, è quello di presentare agli
occhi del Pubblico ticinese come una
massa compatta ed uniforme, popolo e
dittatori, oppressi ed oppressori È
quello di nascondere le colpe di alcuni
funestamente
potenti,
all'ombra
dell'onorato nome dell'Onsernone:
quello di far credere al mondo che
Onsernone intero sia solidale dei
malfatti di pochi e non voglia che la
legge e la giustizia siano applicate, né
che alcuni alzi la voce contro gli abusi
le violenze ed il delitto (...)».
9
Le leggi vengono
calpestate ma l'autorità
non muove un dito
Figura 1La casa natale di Giovassi Brunoni (memoriale qui sopra)
a Loco, oggi museo d'Onsernone
APRIAMO la serie delle denunce e
delle accuse agli Schira Taroch. I
“regnanti", e al loro patrono Paolo
Mordasini, "gran ciamberlano ",
attingendo ad “Alcune memorie sulla
Valle d'Onsernone", un opuscolo di 24
pagine, pubblicato il 20 dicembre 1863
con le iniziali A.P.L. e senza indicazioni
tipografiche. Molto probabilmente fu
stampato a Lugano dall'Alani. come «Il
Martello
—
Eco
delle
rupi
d’Onsernone»,
dal
quale
pure
attingeremo, che porta la falsa
indicazione «stampato a Milano»
(redattori Remigio Chiesa Ghella e il
professor Giovanni Nizzola).
Chi si celasse dietro la sigla A.P.L.,
non è stato possibile appurare. Anton
Pietro Lucchini? La sigla è rimasta tale
anche nell'accurato lavoro di Padre
Callisto Caldelari sulle edizioni ticinesi
nella biblioteca dei Cappuccini di Lugano.
«Han saputo i regnanti mettersi tan
to bene in sella, — scrive A.P.L. — che
or ci sanno stare. Tutto fu favorevole ad
innalzarli al posto in cui si trovano; ma
assai giovò la politica (...). 1 nostri si
valsero del loro potere per soverchiare
tutti i loro concittadini, e sottometterli
alla loro volontà, unica regolatrice
delle cose del nostro Circolo. Né si
farebbe loro grande colpa se un tale
procedere avesse giuoco soltanto nelle
cose di partito. a favore del Governo
liberale (...) ma quel che più offende si è
il vederli agire in tutto ciò che riguarda
il commercio, l'industria della Valle, la
bottega loro
(...)
«L'autorità sostiene i prepotenti. Se
ad essa ricorriamo per un pugno,
andiamo in cerca di due, oltre i danni e
le beffe (...) Se ci danno un calcio,
rendiamone grazie, e benediciamo il
piede affinché ce ne dia un altro presto
(...)
«Buona gente d'Onsernone. che
geme sotto il giogo materiale e morale
di un pugno di facinorosi, capitanati dai
signori cons. Schira e Mordasini!...)
"Ah se non avessero un forte appoggio
nell'avv. Mordasini, che salta sempre in
campo a salvarli coll'inganno e col
10
nascondere o travisare i fatti (...) Il sig.
Mordasini non arrossisce di questo suo
contegno, dannoso alla libertà, alla
quiete ed agli interessi della sua Valle:
egli Intanto si pappa grosse retribuzioni
comunali e patriziati, e trova comodo
questo andazzo. Egli si salverà dalla
taccia che gli serba la storia col dire
che i avvocato e che ha esercitato il suo
mestiere, che è quello di difendere
anche i ladri e gli assassini ma fa male i
suoi conti (...)’
Tra le nequizie riferite da A.P.L. a
carico degli Schira e del loro difensore
Mordasini, è dato spicco alla presunta
congiura (pagina di fronte) orchestrata
contro gli Schira il 5 aprile 1863 (si dice
da loro stessi, ma non è provato), per
aizzare la valle e ottenere la solidarietà
dell’Assemblea circolare contro gli
oppositori. veri o fittizi, specialmente
quelli che avevano dovuto lasciare
l'Onsemone. i «fuorusciti» in testa
Remigio Chiesa e il professor Nizzola.
L’espediente
sarebbe
stato
escogitato e messo in atto nel tentativo
di smorzare l'indignazione suscitata nel
Cantone da una spedizione punitiva
(cosi parrebbe) di Giacomo Schira e
scorta contro alcuni giovani di Berzona,
rei di voler ficcare il naso nei capitolati
d'appalto dei fratelli Schira per lo
sgombero della neve sulla strada
circolare (riprendiamo l'episodio nella
terza pagina).
«Quei
di
Berzona
avevano
raccontato le
loro
tribolazioni
sull'Elvezia" (...), I signori Schira non si
trovavano troppo comodi, né sapevano
come schermirsi dal biasimo della
coscienza pubblica, che cominciava a
farsi sentire. Era necessario un colpo
di.... testa: e questo fu ideato, preparato
ed eseguito dai signorotti e relativo
satellizio (...).
«Si cominciò a confezionare un
elenco delle persone più odiate dagli
Schira. ed esporlo al pubblico a titolo di
"congiura scoperta" contro la vita dei
medesimi (...)
«Gli Schira colsero l 'occasione da
essi stessi preparata per fare strepito,
gridare agli assassini! I loro cagnotti
poi faceva no un abbaiare che
assordava: volevano che il popolo tutto
si sollevasse, suonasse a stormo, e
facesse man bassa sulla gente e sulla
roba dei pretesi "congiurati!!!" Visto
allora che ciò non bastava, ricorrono
ad altro mezzo. Cessano ad un tratto di
comperare treccia sui mercati (dopo
d’avere impedito ai compratori di
qualche importanza d'acquistarne)
perché si sarebbero esposti a sicura
morte col recarsi sui mercati!!! (...)
Intanto si scorazzava la Valle da Loco a
Russo, sui carri, con carabine ed altre
armi, minacciando di adoperarle se le
cose non fossero andate a seconda del
vento (...)
«Decisamente il sindaco di Loco
tende a spopolare la Valle colla funesta
sua potenza: uno dopo l'altro scaccia
tutti quel cittadini e quelle famiglie che
non gli garbano. Saprete che tra Loco e
Berzona contano un gran numero di
individui che non vi possono più
ritornare — a meno che non lo
facessero colle armi in pugno, a rischio
di restare uccisi o di uccidere (...).
***
Da «Il Martello» del 25 febbraio, uno
scampolo
degli addebiti
mossi
all'avvocato Mordasini.
«Non v'è causa, per ingiusta e
sballata che sia. che non trovi il suo
difensore, come non v’è schifoso
dispotismo che non abbia i suoi ministri
ed i suoi puntelli. Così vediamo
l’oscurantismo, o negazione d'ogni
11
civile progresso, avere le sue lancie
spezzate in ogni casta e in ogni ceto (...)
Non è quindi a meravigliarsi se anche i
tirannucci che qua e là imperversano
eziandio in terra repubblicana che
dovrebb'esser ognora sacra alla
libertà, trovano cortigiani e apologisti:
come non è a meravigliarsi se anche i
Signorotti d Onsernone ebbero ed
hanno i loro Officiosi difensori,
consacrati anima e corpo alla salute del
“trono"e della "corte". Per costoro poi
qualunque mezzo è onesto quando è tale
da condurre al fine, ed è parte del
nostro programma quella di rilevare
alcuni di questi mezzi, che furono e
sono ad ogni tratto messi in azione dai
protettori della violenza e degli arbitri
di quel governo dittatoriale.
«Ed uno di cotali mezzi che non
mancò di una certa forza e di qualche
prestigio, è quello di presentare agli
occhi del Pubblico ticinese come una
massa compatta ed uniforme, popolo e
dittatori, oppressi ed oppressori È
quello di nascondere le colpe di alcuni
funestamente
potenti,
all'ombra
dell'onorato nome dell'Onsernone:
quello di far credere al mondo che
Onsernone intero sia solidale dei
malfatti di pochi e non voglia che la
legge e la giustizia siano applicate, né
che alcuni alzi la voce contro gli abusi
le violenze ed il delitto (...)».
CAMPANE A DIFESA
IL 17 FEBBRAIO 1863, un gruppo di
giovani lochesi (Giacomo Schira
Taroch con loro), dopo una serata
allegra nell'osteria della vedova Schira
Brogini a Berzona. "s'imbatté" al ritorno
in tre giovani berzonesi lungo lo stretto
sentiero Loco-Berzona. “Incontro”
premeditato dagli uni o dagli altri?
Agguato? Tra gli Schira (appaltatori
della manutenzione invernale della
strada circolare) e i giovani berzone si
c'era stato un diverbio nei giorni
precedenti, durante un'assemblea,
sull'interpretazione
dei
capitolati
d'appalto: i giovani di Berzona
sostenevano che lo sgombero della neve
(ne era caduta parecchia quell'anno e si
era indurita sulla strada) incombesse
agli Schira e non ai Comuni.
Ci fu zuffa sul sentiero, si sparò. Una
ferita di striscio a una mano,
escoriazioni e ammacca ture, molto
spavento per i mal capitati berzonesi, e
molto rumore in valle e sulla stampa nei
giorni successivi. Arrestati e tradotti a
Locarno i tre di Berzona (subito dopo
rilasciati).
Il giornale «L’Elvezia» diede notizia
del fattaccio il 21 febbraio in questi
termini:
«In una delle passate sere, un'eletta
compagnia di giovani di Berzona
furono aggrediti sul la strada, e ne
rimasero alcuni feriti gravemente con
12
armi da fuoco e d'altro genere.
Ignoriamo gli autori del misfatto; ma
sap piamo che le vittime appartengono
alla classe del fianchi e schietti
liberali».
Il giorno dopo, con il pretesto di
rettificare un dettaglio, lo stesso
giornale rincarava la dose:
«Per non si sa [quale] mostruoso
inganno inconcepibile, le tre vittime
dell'aggressione (erano tre o quattro
inermi di fronte a 8 o 10 di altro paese),
furono tradotte alle carceri pretoriali di
Locarno!. Non abbiamo molta fiducia
nella sagacia e nell'esperienza del
Pubblico Ministero».
Invocata la legge sulla stampa.
immediata replica di «Gio. Schira
Consigliere» il 23 febbraio. Tutt'altra
versione, ovviamente. Risonanza e
inquietudine nel Cantone e, stando agli
oppositori brutto colpo al potere» e al
prestigio dei Taroch. Occorreva
rimediare, e subito. Sempre stando agli
oppositori, s'inventa allora una falsa
congiura. Leggiamo «Il Martello» del
25 febbraio 1864 (effemeridi).
«5 aprile 1863 — Nel pio Intento di
fare un vespro "siciliano" (è il giorno di
Pasqua), e credendo di poter aizzare la
popolazione contro gl' "indisciplinati",
si espone al pubblico sulla piazza di
Loco un cartello, confezionato alla sera
in casa Schira intestato: "Elenco di
coloro che fanno parte alla Congiura
contro l'onore e la vita dei fratelli
Schira", spacciandolo siccome la
scoperta d'una trama sanguinosa ordita
dai nemici della schiavitù. Ecco i nomi
dei pretesi discepoli di Tell e dei suoi
Bruti Natale Spintz Dottore — Nizzola
Giovanni Professore — Nizzola
Antonio Pifer —Chiesa Remigio Ghella
— De Giorgi Bernardo — Schira
Benigno — Schira Antonio Meletta —
Nottaris Carlo di Berzona — Schira
Battista id. —Schira Giu seppe id.
—Chiesa Remigio id. — Rigoni Pietro
—Meletta Antonio Bimbo —Schira
Simone — Remonda Giuseppe di
Mosogno — Bianchini Carl’Antonio
Maestro —Bianchini Paolo Maestro —
Chiesa Giuseppe — Chiesa Rocco —
Ferazzini Giovanni — Meletta Remigio
maestro, dubbio — Lucchini Gio.
Ispettore del sale, dubbio. Totale 22.
Altro che la "Congiura dei pazzi'" i
sogni degli oppressori son sempre
l'immagine della tranquillità della loro
coscienza»
Clamore, qua e là sdegnate e
altisonanti prese di posizione e
deprecazioni feroci contro i capi dei
«fuorusciti» Remigio Chiesa Ghella e il
professor Nizzola.
Qui di seguito, la reazione del
l'Assemblea del Circolo a Russo
(verbale municipale del 19 aprile) e, in
basso nella pagina, quel le di Auressio
(originale) e dei Carabinieri di
Mosogno (copia).
«L'oggetto
della
riunione
[municipale) si è per quanto segue: Per
approvare ciò che si é trattato
nell'assemblea circolare tenutasi in
Russo il giorno 12 andante riguardante
ciò che fu pubblicato sul giornale
L'«Elvezia» In odio dei Signori Fratelli
Schira e del circolo tutto d’Onsernone
di cui se ne scrive qui sotto per intero
l'estratto della risoluzione della stessa
Ass. Circolare.
«Né altrimenti che la rea passione
dell'invidia ha precipitato i Nizzola ed i
Chiesa di Loco d'uno in altro abisso,
fino a farli i più implacabili
calunniatori del proprio paese. Un
passo falso ne chiama un altro: prima
una sorda guerra contro uomini stimati,
poi guerra aperta e tentativi di
13
assassinio, poi calunnie e calunnie
senza posa nel cantone ed all’estero, in
ogni crocchio, in ogni ritrovo, con ogni
persona: poi stampati i più vergognosi e
menzogneri.
«A tali turpezze opponiamo
nudamente le dichiarazioni e le
risoluzioni unanimi dell'Assemblea
circolare d 'Onsernone riunita Il 12
andante pella nomina d'un deputato al
Gran Consiglio, coll'intervento di 364
cittadini. Chi ha fior di senno legga e
giudichi
«Non pretendiamo di persuadere i
nemici sistematici né coloro che non
perdoneranno mai ad Onsernone di
essere liberale, né gli arrabbiati ed
intolleranti
oltramontani
[conservatori). Piangano costoro a
proprio talento e stridano e diffamino
sempre come le beghine, trombe
assordanti di quei ciamberlani i quali
gli danno l'importanza di commovere
tutta l'Europa per ogni screzio. A questi
non parliamo, la rabbia che li corrode
sia il premio che Dio destina alla loro
mansuetudine. Noi ci rivolgiamo
soltanto alla gente onesta».
[Si aggiunge in trascrizione la
decisione dell'Assemblea).
«Russo, il 12 aprile 1861
L'Assemblea circolare d'Onsernone,
avuto cognizione di quanto ha
pubblicato il giornale L'Elvezia in odio
dei Signori Consigliere Giovanni e
Giacomo fratelli Schira di Loco
— visto essere quei libelli un impasto di
atroci calunnie di coloro che già
tentarono alla loro vita, o che
moralmente e materialmente furono
complici di simili nefandità —visto
essere gli autori di simili infamie una
confraternita di traditori del paese,
malcontenti tanto del pubblico che del
bene privato — visto che oltre al
calunniare in un modo si strano ed
impudente i suddetti Signori Schira si
disonora l’intiero circolo cui si
vorrebbe far credere popolato non da
uomini ragionevoli, ma da una mandra
di miserabili schia vi — visto che il
circolo mancherebbe al suo sacro
dovere alla riconoscenza verso i detti
Signori fratelli Schira ed a se stesso se
più oltre si tollerassero le nefandità dei
suddetti, a capo di cui stanno i
famigerati Chiesa e Niz zola
l'Assemblea unanimamente di chiara
— Essere vile e turpe calunnia quanto
sul conto del Signori Fratelli Schira
suddetti venne pubblicato sul giornale
L'Elvezia, e con diversi opuscoli,
segnatamente il Fiat Lux e la Mia
Difesa, sottoscritti da Remigio Chiesa,
e proclama i detti Signori Fratelli
Schira
benemeriti
della
Valle
Onsernone la quale professa ai
medesimi la migliore stima, affettuosa e
perenne riconoscenza.
Maledice, come ha maledetto per
sempre gli autori e propalatori delle
calunnie ed offese ai suddetti Schira sul
giornale L Et A Lezio ed altri stampati
La presente risoluzione sarà registrata
sui protocolli del circolo e Patriziato
onde I posteri e la crescente
generazione abbiano a ricordare che
nel passato e nel presente i Chiesa
Ghella ed i Nizzola Piffer, colla loro
ribalda consorteria hanno tradito il pae
se (...).
Per l'Ass. il Pres.
Carlo Terribilini
Giudice di Pace
[suocero
dell'avvocato
Paolo
Mordasini)
I segretari:
Carlo Bedolla. Sindaco Calzoni Glov.ni
Vice Sindaco
I sindaci Assistenti Calzoni Paolo di
14
Auressio
Gli scrutatori:
Schira Carlo Sindaco
ancora concorde, forte ed ordinata,
poiché un paese o uno stato può esser
felice sol quando le cariche vengono
date a chi le merita non per ricchezza o
splendor di casato, ma per capacità,
zelo e virtù.
È la voce dell 'innocenza che parla,
ascoltatela, e Dio Vi colmi di tutti l beni
che meritate.
Cantorini
Giusto.
Morgantini
Remigio. Melletta Giovanni. Melletta
Ercole. Chiesa Agostino. Cantorini
Edoardo. Ferazzini Anseimo Carazzetti
Claudio. Schira Achille (figlio del
Sindaco). Peverada Niccolò, Chiesa
Giacomo, Nottaris Francesco. Schira
Pasquale,
Schira
Ermenegildo,
Morgantini Lodovico, Schira Natale.
Schira Antonia, Cantorini Giovanni,
Luchini Maggiorino, Schira Secondo,
Zanoni Pietro, Schira Remigio, Millesio
Giovanni »
Anche una scolaresca interviene
nel coro
NEL CONCERTO delle campane a
difesa, ci sta bene anche una campanella
(retta da mano adulta), che si farà
sentire con altre nel 1870, quando
Giovanni Schira si dimetterà da sindaco
(dimissioni poi rientrate).
...«Loco 18 Gennaio 1870
Gli alunni della Scuola Minore
Maschile All'onorevole Consigliere e
Sindaco Sig.r Giovanni Schira Loco
Con tutta la sincerità del nostro
cuore preghiamo Voi. Nostro secondo
Padre, a voler nuovamente prendere le
redini della cittadina famiglia, e
continuare a spargere su noi i vostri
benefici.
Voi o secondo Padre, che tanto sta a
cuore l'istruzione e l'educazione dei
figli del popolo, ascoltate le nostre
preghiere, ed allora saremo sicuri che
la cittadina famiglia si conserverà
Sia maledetto quel giorno! Sia
maledetta quella trama!!
Oh no, quel giorno non verrà, vi
siano di conforto e di sicurezza le vostre
buone azioni Solo il malvaggio deve
aspettarsi giorni infelici "
È con ciò che noi vi esortiamo a
tener alto e saldo il vostro posto, e se
sarà d'uopo di pugnar, contate sui
pochi ma tenaci membri della nostra
società.
Noi lo confessiamo sinceramente,
siamo di quelli che non vi circonda tutto
dì per adularvi e poi tradirvi noi siamo
prudenti osservatori e questa posizione
ci mette in grado di vedere tutte le cose
a sangue freddo.
Consigliere Schira! guardatevi dagli
La Società sezionale
dei Carabinieri di Mosogno
All’Onorevole Consigliere
Schira Giovanni, Loco
«Signore!
Dalla pubblica opinione si sentono
varie vicende, che cioè la vostra
esistenza sia minacciata, e che disposto
siate ad emigrare col fratello e
famiglia.
È cosi che nel secolo decimo nono, e
specialmente
in
Onsernone
si
ricompensano le buone azioni! È il
pugnale il premio destinato all'uomo
più benemerito della Valle! A voi. o
Consigliere Schira, che tanto avete fatto
pella Valle Onsernone?
15
adulatori come da serpe velenosa — voi
siete abbastanza erudito potete
conoscerli —guardatevi da essi che
sanno con maestria adattarsi a tutti gli
eventi. Ma il tenebroso velo si
squarcerà!!
Sig. Consigliere! la valle vi ama.
continuate salda la vostra carriera, e
noi vi presteremo sempre al bisogno il
nostro debole appoggio.
Sig. Consigliere circondatevi di leali
amici e palesate a nessuno i vostri
secreti chi ha fede in voi vi seguirà; solo
allora conoscerete i buoni
Noi abbiamo riputato nostro dovere
tifarvi questo nostro piccolo atto di
fiducia. perché trattandosi di mene
reazionarie e peggio ogni buon
cittadino deve ridestarsi e tenersi
pronto alla lotta
Colla occasione vi spieghiamo la
nostra avversità al nuovo candidato al
G. Consiglio Sig. Sartoris di Crana, pel
motivo cioè, salvo che fossimo tratti in
inganno. che il detto candidato non
trovasi all'altezza di rappresentare la
valle, e perchè anche lo reputiamo non
troppo leale amico di voi —Del resto
però, questo non è l'importante.
Aggradite intanto i nostri sensi di
stima e di fiducia
Pella Società
Il Presidente
Dami Francesco
Segretario
Rusconi Antonio»
paglia; voi insomma che nel tristo
triennio (1854-55 e 56) di miseria ci
sorreggeste colla compera, col
procaccio del lavoro e colla
sovvenzione senza avvilirci, quai
schiavi, a quei vili egoisti vostri
avversarii.
E dopo tanti segnalali benefizil resi
ai vostri convallerani, si osa tentare
alla vostra preziosa esistenza? E forse
da coloro i quali, in critiche
circostanze, furono maggiormente più
beneficati....!
Ebbene, se ciò è vero, o magnanimi
fratelli. I nostri petti vi saranno di
scudo; le nostre case vi saranno ognor
sempre di asilo; e pria che l'infido
pugnale de’ vostri congiurati trapassi i
vostri petti, trapasserà i nostri' E se il
bisogno lo richiegga, non avete che a
farne cenno, e tutti spontaneamente
accorreremo in vostro aiuto.
Eccovi
o
generosi
fratelli
l''espressione leale e franca d'un'intera
comune, la quale sull'esempio della
Gli Auressiesi
Ai benemeriti
Fratelli Schira Loco
«Generosi Fratelli Schira!
Son da oltre tre giorni che i vostri
Convallerani Auressiesi son agitati
orribilmente dalla infausta notizia
d'una congiura contro la preziosa
vostra esistenza! È impossibile, o
generosi fratelli, descrivere la dolorosa
sensazione che ha prodotto in noi tal
nuova, di cui non vi sarà difficile
leggercela nella mesta nostra fronte....!
Par incredibile! Voi tanto generosi,
voi tanto zelanti pel miglior
prosperamento morale e materiale
della valle: voi che pell'avvedutezza e
raffinatezza commerciale, che nuovi
Colombi, foste i primi ed unici
scopritori di nuove vie per un triplo
smercio delle nostre manifatture; e
mercè delle vostre scoperte e spedizioni in fin allora sconosciute, recate
alla valle mucchi d'oro, in cambio di vil
16
nostra, faranno lo stesso tutte le altre, a
marcio dispetto ed a confusione de"
vostri inimici E ciò gli Auressiesi lo
fanno di tutta spontaneità e in segno di
ben meritata riconoscenza e gratitudine
Gradite intanto, o generosi fratelli
Schira, i più veraci nostri sentimenti
di stima ed affetto coi quali abbiamo
l'onore di sottoscriverci.
Giuseppe (primo firmata rio ed
estensore della lettera], Vincenzo
Magistretti,
Decavoli
Agostino,
Gluvanni Beda, Giovanni Bistachi,
Carlo Bistachi, Rumicelo Metta, Enrico
Beda, Beda Giovanni di Pietro, Pietro
Beda, Nizzolla Vincenzo, Tarcisio
Martino, Antonio Bislacchi, Giovanni
Metta, Peverada Paolo fu Angelo,
Zanini Giovani di Antonio, Bislacchi
Matteo fu Giovanni, Mella Paolo,
Zanoni
Giacomo
fu
Giuseppe,
Peverada Gioanni, Domenico Zenone,
Vincenzo Mella, Zenone Matteo e
famiglia, Beda Napoleone, Antonio
Zenone.»
Auressio, li 7 Aprile 1863.
Mo. Zanoni
17
QUI COMANDO IO
NEL SUO opuscolo «Alcune
Memorie sulla Valle d'Onsernone»,
l'autore A.P.L. (come innanzi
supposto, forse Anton Pietro
Lucchini) dimostra di saper tendere
l'orecchio, nulla si lascia scappare di
quanto si presta a intrecciare un serto
immediatamente credibile di addebiti
al tracotante "scettro" di Giovanni e
Giacomo Schira Taroch, i “regnanti
di Loco”.
Pezzo forte tra i suoi capi
d'accusa, la scazzottata per rivalità
amorosa tra un servo degli Schira e
un giovane di Berzona, e ciò che ne
seguì.
«Nel febbraio del 1862 accadde
in Berzona, paesotto vicino a Loco,
un fatto che atterrì quella pacifica
popolazione: — Era di carnevale; e
là si usa star allegri dall'epifania
fino alle ceneri; vo’ dire che alla
sera le maschere divertono la gente,
la quale veglia nelle case a lavorare
la paglia. — Una sera comparve là
una brigata di maschere, fra cui un
servitore del cons. Schira. Costui
ebbe qualche cosa a dire con un
giovine del paese, certo Repetti
Benvenuto, che pare fosse amante
rivale dell'altra. Chiamatisi fuori
all'aria aperta la fecero a pugni, ed il
vincitore fu il Repetti, che lasciò il
suo provocatore con una scalfittura
sulla faccia che faceva sangue. Il
ferito, sebbene uno dei più valenti
bravi della Garduna si fe' vile
allorché trovassi con uno di quegli
avversari che non fuggono, e
credette salvarsi dai rimbrotti dei
colleghi esagerando pericoli e ferite;
o si finse gravemente offeso. Era
notte tarda. Ritornate le maschere a
Loco e mostrata al padrone Schira la
grande ferita tocca al benemerito
servitore, salta nelle furie. Che! si fa
celia? una mancanza di rispetto ad
un
fido?
Doveva
essere
vendicata!(...) Si dà dunque la voce,
si radunano quegli individui che a
quell'ora (verso mezzanotte) si
potevano avere; (lo comandava il
sindaco, e bisognava obbedire); si
armano chi di sciabole, chi di
schioppi, chi d'altri guerreschi
arnesi, e vanno a Berzona. Entrano
in
paese,
eseguiscono
varie
perlustrazioni a spavento degli
abitanti, frugano di qua, brancolano
di là, ma Repetti non si trova.
Presentita la mal ora, erosi rifugiato
in luogo sicuro.
«Indignati
dall'infruttuoso
lavoro, i galantuomini vanno dal
Sindaco e gli gridano: O ci
consegnate l'assassino entro 24 ore,
o vi bruciamo il paese.' — Era
Giacomo Schira che parlava: il suo
fratello consigliere aveva seguito la
pattuglia, ma erosi tenuto indietro ad
una
rispettabile
distanza:
gl'importava vedere, senz'essere
veduto, se gli ordini venivano
eseguiti Dopo un paio d’ore d'inutili
ricerche, si fa ritorno a Loco, non
però prima d'aver impauriti i
genitori del Repetti e lasciatili colla
minaccia che o presto o tardi il loro
figlio doveva capitare nelle unghie! e
se fuggiva, col telegrafo l'avrebbero
fatto arrestare dovunque!! Che
delizia per poveri genitori che nulla
sanno di quanto sia accaduto!
«Il giorno dopo, il padre tutto
18
sgomento si trova a Loco a implorare
mercè al Sindaco e Consigliere
Schira pel proprio figliuolo. Fiero
come un turco lo Schira intima di
pagare 500 franchi al suo servo, e di
mandare in esiglio per sei mesi il
figlio! Che consolazione per un
uomo che suda da mane a sera per
guadagnarsi il pane, e allevare quasi
a stento una numerosa famiglia!
Fece alcuni umili osservazioni in
contrario. mostrò essere troppo
povero, non potere pagare tanta
somma. ecc., e trovato II terreno
duro, ritornò a Berzona. Ma il
pensiero che suo figlio l'avrebbe
passata male se non comprava
coll’oro l’impunità, e intimorito
ancora più dai tanti che ripetevano
non potersi scherzare con quella
gente, che bisognava abbassarsi
ecc.. tentò un ‘altra volta d'indurre a
mansuetudine il Sindaco di Loco. Ma
questi sempre duro; Il segretario
della giustizia di pace, che trovavasi
presente, volle intromettersi a prò
del misero genitore, che gli faceva
compassione Allora fu la cosa
aggiustata e legalizzata cosi:
"Pagare subito 50 franchi per una
bevuta alla FORZA, e fr. 200 al
servo" (che già andava a spasso). Di
più mandasse il figlio via dalla Valle
almeno per sei mesi!
«Non volendo credere al primo
che mi parlò di questo fatto, e allo
scopo prefissomi non bastondo una
narrazione sola e vaga del
medesimo, attinsi ad altre fonti, e
dall'uniformità dei linguaggi uditi,
ebbi di che comporre quanto sopra
(...). Una persona mi diceva: "Il
servo degli Schira, di famiglia che
vive d'elemosina e coi denari lasciati
pei poveri del Comune da alcuni
Benefattori. doveva prender moglie;
e ci volevano quattrini Fu dunque
ventura per lui l'aver colto un pugno
sopra dieci che ne n'avrà
somministrati al suo avversario". Un
altro
invece
la
pensava
diversamente: “Gli Schira si trovano
in male acque: sanno che il popolo
geme e maledice sotto voce, e non
attende che il momento di scuotere il
giogo che gli pesa sul collo.... Sanno
che gli spiriti sono assopiti dal
fantasma della loro potenza presso le
autorità del Cantone; e gli oppressi
non avrebbero bisogno che d’un
esempio spiritoso da parte di uno di
loro per ritrovare il coraggio in se
stessi e la forza dell'azione. È una
molla che non avendo tuttaffatto
perduta la propria elasticità, tende
sempre a reagire e guai se la forza
che la comprime avesse a
scemare.'.... Bisogna non permettere
che il popolo riacquisti il perduto
coraggio, né si rallegri che uno
sgherro del proprio tiranno abbia
cominciato a buscarsi un pugno
senza andarne punito il temerario
che osò stendere la mano sovra una
persona della corte!". Altra opinione
era questa: "Il fatto avvenne in
Berzona. Gli Schira non hanno
troppo buon terreno in quel Comune:
ed era fresca la ferita che buona
parte di quei cittadini, segnatamente
la gioventù, aveva ricevuto da
subdola immischianza nella nomina
del loro sindaco. Perciò troppo colà
si sarebbero rallegrati che fosse
uscito una volta col malanno uno
stromento delle violenze che là e
19
altrove si andavano commettendo.
Su, dunque, una leva in massa di
barabba, di dipendenti e di altri e si
corra a punire l'assassino..... non
tanto per l'entità dell'accaduto
quanto per tener infreno col terrore
quei marzocchi di Berzonini (...). E
poi — mi diceva ancoa — I barabba
ci sono, bisogna bene di quando in
quando tenerli allegri: e quando non
ci sono assegnamenti bisogna in
qualche maniera farli nascere. Ma la
è una pura infamità quella di fare
baldoria coi santi sudori dei poveri.
che oltre alla miseria materiale.
hanno quella peggiore della
schiavitù! Ma la farina del diavolo
va sempre in crusca. L'assicuro —
terminava pieno di fuoco il mio
interlocutore, che i 250 franchi
estorti al povero Repetti o presto o
tardi dovranno essere restituiti —
che non si ha da rubare così a man
salva, no perdio!" (È per altro
strano, che quello stesso servitore
tanto devoto allo Schira. e pel quale
quest'ultimo estorse i denari al
Repetti, si trovi ora là a lottare colla
miseria dopo essersi guaste le gambe
sotto le rovine d'una stalla de’ suoi
padroni..... Mi si raccontò che
allorquando una donna della casa
suddetta s'accorse che l'ammalato
giaceva sopra una materassa
imprestatagli per l'occasione del
matrimonio, abbia mandato a
levargliela di sotto, proprio quando
l'infermo
n'aveva
maggior
bisogno!)».
ILLECITO ANCHE UN CERTIFICATO
REMIGIO Chiesa Ghetta,
Detto con parole d'altri e crude,
antagonista inflessibile e viscerale
far ricoverare la moglie Teresa in un
degli Schira Taroch, ed esponente di
«manicomio di Lombardia» (quello
primo piano dei «fuorusciti»
cantonale non esisteva ancora).
onsernonesi a Locarno, il 6
Due giorni dopo, prontissima, una
novembre 1862 si rivolgeva in stile
risposta ringhiosa:
vellutato al Municipio di Loco (suo
Slg. Remigio Chiesa, Locarno. Ad
comune di attinenza) per ottenere un
evasione delta vostra 6 andante, vi
certificato di povertà:
comunichiamo che non possiamo
"Onorevoli Signori Scopo della
esaudire la vostra dimanda, non
presente mia sarebbe di pregare
essendo in istato tale di miserabilità,
codesto Ufficio a volermi rilasciare
giacché come giovane d'età,
un attestato di miserabilità onde
possessore di varie professioni come
valermene per mia moglie, sperando
sarebbe
esperto
Maestro,
ottenerne il ritiro in qualche luogo
fabbricatore di cappelli di paglia,
pio “
fabbricatore di sporte, negoziante o
20
commesso di negozio, potete,
volendo, guadagnarvi da che poter
mantenere non una sola, ma anche
più di una moglie, se poi vorreste
dedicarvi al vagabondaggio, allora
sarebbe una miseria cercata, ed in
Questo caso non potete che lagnarvi
di voi medesimo.
Per la Municipalità il Sindaco
Presidente
Vostro Malgrado Schira Giò.
È un documento, questa risposta
sbalorditiva, che la dice lunga e
subito sul... buon sangue che correva
tra Remigio Chiesa e il sindaco di
Loco Giovanni Schira Taroch, e apre
spiragli obliqui sul clima teso e
litigioso che cucì la bocca alla valle e
la ridusse a "una tomba " per lunghi
anni.
Che sollievo alla fine per
Giovanni Brunoni, che nel 1880,
imperante ormai nel Cantone il
regime liberal-conservatore, cosi
annotava a conclusione del suo
memoriale dedicato alla gioventù
onsernonese:
“Onsernone che dopo 30 anni
circa di servaggio s’i liberato dal
giogo tirannico può gioire insieme
all'altro popolo Ticinese della libertà
riavuta. I tiranni furono vinti, ed ora
rovesciati nell‘Infimo se ne stanno
con rimorso delle gesta passate,
aspettandone
gli
eventi
non
rimanendo di loro che la cattiva
fama ed il ricordo delle loro cattive
azioni.'!!
"..
21
QUANTE INSIDIE ALLA LIBERTÀ DI
VOTO
GIOVANNI Nizzola, il futuro rinomato
professore che molto opererà per la
crescita della scuola ticinese a favore
dei figli del popolo, e tanto battaglierà
con la penna unitamente a Remigio
Chiesa dalle pagine del «Martello», e
con lui a capo dei «fuorusciti»
onsernonesi, per scardinare il potere
«camorristico» in valle, in una lettera
del 28 ottobre 1851, che togliamo
dall’Archivio cantonale e trascriviamo
sotto, riferisce per filo e per segno al
padre Antonio, in servizio militare a
Bellinzona, come si sono svolte a Russo
le operazioni di voto per le elezioni al
Consiglio Na zionale.
Erano i tempi in cui si votava a
scrutinio aperto e ne succedevano di
tutti i colori, intimidazioni e percosse in
primo luogo. L'occasione era d'oro per
maneggioni e bravacci che miravano ad
innalzarsi agli occhi dei candidati più
22
forti e gettare così le basi del loro feudo
locale. E gli Schira Taroch si fanno
arditamente avanti.
votazione i Berzonesi. i quali sopra 34,
30 furono buoni, e furono quelli che
fecero ascendere più che tutti il numero
dei favorevoli a Bonzanigo [Rocco]. Di
quelli di Mosogno, tredici furono buoni,
gli altri più verso sera, furono quasi
tutti pessimi. Il Sig.e Mordasini pure fu
tutto contrario a noi: e questo si
pensava di già prima. Passati allo
scruttinio dei voti, rinvennero i
seguenti: Per Franscini e Pioda,
duecento
sedici
voti
ossia
unanimamente:
per
Bonzanigo
settantuno;
per
Pedrazzini
centotrentaquattro; e per Cattaneo
[Ferdinando) 2.
Si presentò di nuovo il Sig.e Bossi
assistente
Governativo
della
costruzione del nostro Stradale,
presentando e sigurtà, e passaporto, ma
con nuovi insulti venne rimandato, e
andarono alla vigilia di farsi ribaltare
il burò, e di spargere del sangue, e delle
vittime, ma la prudenza, che pure
concorse, non promise [permise] simile
cosa.
Ritornati a casa nostra, si pensò di
ricorrere al Sig.e Commissario di
Governo, per trovar ripiego ad un
simile abuso, e quindi partì di notte il
Sig. Dottore Spintz [Natale]. buon
liberale, e Melletta. ed ora stiamo
aspettando come potrà andare. Se
lasciavano votare tutti quelli che
concorsero con normale passaporto,
che credo possa essere ancora migliore,
che un attestato, si avevano una
trentina di voti favorevoli a noi; è per
questo che tanto fracasso si fece dai
Sig.i Lochesi, incominciando il Sig.'
Tarocco, e Brogini, ecc.
Vedete un po’, voi, che tanta fiducia
avevate di vedere in questa Assemblea il
trionfo dei liberali? che tutto diverso è
avvenuto? Anch'io però nutriva buone
Giovanni Nizzola informa per
lettera il padre su come si sono
svolte le votazioni
«Padre Carissimo.'
Vi fo menzione di tutto ciò che
avvenne jeri a Russo, alla votazione per
la scelta dei membri al Consiglio
Nazionale.
Io,
Melletta,
e
Morgantini,
andammo a Russo prima di tutti gli
altri, onde procurare di far intendere la
cosa a quella gente, la quale era tutta
propizia per il Sig.' Pedrazzini
[Michele], ma poco abbiamo giovato,
perchè troppo forte era la corruzione di
già divulgata da coloro che tanto si
affacendano per favorire il bilanciato
[ripartizione equilibrata di voti su
candidati di diverso colore].
Concorsi finalmente diversi votanti
da tutte le parti del Circolo, arrivarono i bravi Berzonesi a suon di tamburo, con una sola intenzione, vale a
dire tutti da liberale. Passarono quindi
alla votazione: di trentacinque e più
Lochesi, solo 5 o 6 votarono bene,
compreso io. Morgantini, Melletta,
Chiesa Cons.e , e Gaspero. Tutti gli
altri, con Giacomo Schira Tarocco alla
testa, e Brogini e Paesano, votarono
tutti per Pedrazzini. Passati quindi i
Lochesi, presero a dare i loro voto, il
Sig.e Bossi, e altri Ticinesi che sono qui
dimoranti, ma il partito opposto si
sollevò, e proibì loro di votare, perché
non avevano un attestato dalla loro
Comune, come la legge prescrive.
Allora cessarono, per non venire a
disordini, e furono cancellati quelli che
avevano di già votato. Passarono alla
23
speranze, ma ora mi trovo nel più
amaro disinganno! Bisognerebbe che
tutti nutrissero amor patrio, e amor
liberale come noi, per andare la
bisogna come si desidera, ma non tutti,
e nemmeno il terzo sono come noi!
Domani dò principio alla scuola di
Auressio. Se trovo compagnia, per
sabbato prossimo sarò in Bellinzona. —
Desidero sapere come votò la truppa
dimorante in codesta città, se bene o
male.
Fate i miei più ossequiosi rispetti al
Sig.i Pioda [Giovan Battista, futuro
Consigliere federale] e ditegli che fino
alla morte saremo condiscendenti ai di
lui comandi, e soccorsi, in caso di
pericoli politici »
QUANDO SI VOTAVA A FUCILATE
Se la scaldavano tanto? Sì, «.c'era
chi ripassava l’oceano per le
elezioni (secondo (8oo).
Il diritto di voto? Ai soli
cittadini con reddito; se con
moglie, sconto sull'età!
Macchinoso il sistema elettorale
nella Costituzione del 1803. Ogni
circolo eleggeva in prima nomina
un proprio deputato (deputato
diretto) poi 3 deputati fuori
circolo, infine altri 2 deputati (di
oltre cinquantanni) pure fuori
circolo. Gli eletti fuori circolo
(deputati cantonali) , “ridotti
dalla sorte a 72", formavano con i
38 deputati diretti
il Gran
Consiglio (110 membri). I
deputati di seconda e terza nomina
lo erano a vita se votati da 15,
rispettivamente 30 circoli.
La
Costituzionedel
1830
semplificò le cose: 3 deputati per
circolo (114 seggi). E così fino
all’introduzione del voto segreto e
per comune, e del principio della
rappresentanza in base alla
popolazione
(1876
1880,
Riformetta e Riformino ), quando
le pile dei ricorsi sui tavoli bernesi
divennero cataste.
Come si votava? A ranghi serrati
(non di rado scopertamente
armati) e ad alta voce. Il voto (o
solo parlarne da incauti) poteva
valere la vita!
Riesumiamo con la parola di
contemporanei due casi
drammatici: la sparatoria a
Prato Vallemaggia (1839) e
il «delitto» del magnano a
Loco (1859).
di LUIGI DEL PRIORE
24
La sparatoria del 1839 al Ponte di Prato
SUI FATTI di Prato-Sornico del 24
febbraio 1839 conviene leggere
dapprima la versione che ne danno
Fossi e Pomata nella loro Storia del
Cantone Ticino, Lugano 1941.
È una versione che Mons. SignorelIi.
pronipote in linea femminile del
Mignami rimasto ucciso a/ Ponte di
Prato (vittima inerme di Quello scontro
funesto tra liberali e moderati), ritiene
«sostanzialmente esatta» nella sua
Storia della Valmaggia. Dado1972.
Riguardo all'uccisione del bisnonno
«per odio personale» da parte di un
compaesano. Mons. Signorelli dichiara
di non averne mai sentito parlare in
famiglia.
«Le elezioni si svolsero il 24
febbraio 1839, e ciascun partito si
credette vincitore: qua e là eransi
verificati i primi brogli ed i primi
conflitti, specialmente a Prato-Sor
nlco, in Vallemaggia.
Il Giudice di Pace liberale Poncetta
aveva convocato l'Assemblea nel centro
di Sornico a causa, ei sostenne, d'una
nevicata: ma i Moderati, in parte perché
di ciò non avvertiti ed altri temendo una
Imboscata, vollero adunarsi nel luogo
abituale all'aperto, e per recarvisi quel
della bassa Lavizzara dovevano forzare
il ponte di Prato, occupato dai liberali.
Nel tafferuglio cadde morto un liberale,
Mignami, che come curioso assisteva
alla scena a breve distanza, e certo
Boggia, moderato, che erasi interposto
per salvare 11 suo padrone, l'avv.
Benedetto Pometta, da un colpo di
pistola tiratogli dal Curato Don G.
Soldati, ardente liberale; questi aveva
poco prima celebrato la Messa
deponendo la sua carabina a lato
dell'altare; i feriti furono una dozzina.
Sul letto di morte confessavasi poi,
molti anni dopo, come uccisore del
Mignami
un
suo
compaesano
dichiarando d’aver agito per odio
personale!
Poi ciascuno dei partiti passò
all'elezione del propri candidati:
nonostante ricorso furono validatl il dr.
P. Battista Pometta, Giov. Soldati e
Ciac. A. Dazio sulla fede d’una
relazione che dava loro 143 voti contro
108; mentre 11 contro ricorso liberale
attribuiva alla propria terna 126 voti
contro 91.
Fu quello un deplorevole saggio del
Doppi Burò, o Burolinii».
Ampliamo la citazione:
«Convocati i cittadini al capoluogo
del circolo, allorché veniva adottato il
metodo di voto “per appello nominale".
ciascuno era chiamato per nome, ed a
voce alta designava i propri candidati:
in moltissimi casi, sembrando agli
elettori di un partito di trovarsi in
minoranza, si sollevava un tumulto, e
25
spesso correvano percosse e ferimenti,
si rovesciava il buró , si facevano
fuggire gli elettori avversari, (oppure gli
elettori si riunivano in un altro luogo
vicino), costituendo un apposito burò.
(il burolino), e si procedeva, inaudita
parte, all'elezione!»
Ma come fu vista e vissuta Quella
tragica vicenda elettorale da una parte
e dall'altra delle fazioni protagoniste?
Seguiamo la cronistoria in «Cenni e
documenti autentici sulle elezioni del
Circolo della Lavizzara» (Ruggia
1839),un opuscolo anonimo di parte
liberale nel quale si mettono a
confronto i rapporti sull'accaduto del
sindaco di Prato Giuseppe Pancetta
(liberale) e del giudice d'appello
Benedetto
Pometta
(moderato),
presidente del buró insediatosi a Peccia
dopo la sparatoria al ponte di Prato.
Dell’opuscolo, a cui rispose un
contropuscolo pure anonimo (Risposta
ai cenni), hanno pubblicato un estratto
Bruno e Mario Donati sul primo
numero di «Valmaggia Viva» (febbraio
1967).
principii e di simpatie tuttamente
contrari,
due
partiti
divisi
e
contendentisi l'un l’altro la vittoria. Uno
scontro di gente armata, due uomini
rimasti sul terreno, parecchi feriti e
grondanti sangue, e finalmente due
assemblee e doppi nominati. È noto che
il governo senza assumere informazioni
e seguendo l'istinto disordinatore ond'è
occupato prescelse i candidati a lui
devoti...
«Come accadessero tutte queste cose
non lo diremo noi ma lo persuaderanno i
documenti che offriamo al pubblico.
Ecco prima di tutto un rapporto del
sindaco di Prato che venne poi così
malignamente e così sconciamente
travisato.
«La voce della verità»
Il rapporto
del sindaco di Prato
«Già da vari giorni correvano voci che
all'Assemblea primaria del Circolo di
Lavizzara sarebbesi presentato un forte
polso di gente armata estranea al
Circolo a sorvegliare ed imporre
all'Assemblea e specialmente al partito
che designava per Consiglieri i signori
Gio. Pancetta, Commissario Potocchi e
Curato Soldati, acciò questi non
venissero eletti. Erosi vociferato che li
suddetti Candidati dovevano essere
particolarmente presi di mira e tenuti in
soggezione da quella gente estranea la
quale doveva avere in animo progetti
omicidiari.
Dicevasi
anche
di
assaltamenti che dovevano farsi al
Comune di Prato contro del partito dei
suddetti signori Consiglieri. Sapevasi
che in Bignasco già da alquanti giorni
erosi raccolto un numero di Borratori
ed altre persone la più parte estranee al
Cantone coll'intenzione di venire In
«Che il popolo ticinese sappia»
«Gli avvenimenti che precedettero e
susseguirono le elezioni costituzionali
del 24 febbraio scorso nel circolo della
Lavizzara hanno svegliato molto
rumore per tutto il Cantone...
«È necessario che il popolo ticinese
sappia a cui attribuire la feroce orditura
di quelle scene, è necessario che sappia
a cui abbiasi a chiedere ragione del
sangue versato...
«È noto che il giorno stesso delle
elezioni avveniva nel circolo della
Lavizzara ciò che non avvenne mai nel
Cantone dacché si esercitano diritti
politici. Due terne di aspiranti, di
26
Sornico II giorno delle nomine Nel
sabato precedente, giorno 23 febbraio
era comparso in Prato un uomo
estraneo
,
apparentemente
un
Borratore, il quale col parlare
equivoco, imbarazzato e sospeso venne
preso In sospetto di spia ed espulso dal
Cantone.
«Intanto questi ed altri fatti e le
sempre
crescenti
vociferazioni
aumentando sempre più l'agitazione
pubblica. l'autorità Comunale permise
che la cittadinanza si armasse a propria
difesa
vegliando
che
non
si
introducessero nel Comune persone
incognite e sospette, e specialmente
armate, che dovevansi respingere colla
forza nel caso fosse accaduta
un'aggressione armata.
fra noi. Ma essendosi osservato che uno
di quei due era di quelli che si vedevano
in
Bignasco
nell'osteria
dell'
ex-Commissario Lotti, e che erano
armati, fu fatta loro la visita per
eseguire la quale si volle l'impiego della
forza e se Ii trovarono indosso varie
armi una pistola per ciascuno, uno stilo
ed un falcetto; venne ordinato il fermo
dei medesimi e tradotti nella casa
d'abitazione già dei signori Gagliardi,
ma allarme eccitatosi per tale
avvenimento, e cresciutosi a dismisura
nel vedere a venire una grande massa di
gente giù di fuori della Palazzina più
numerosa assai di quello poteva essere
la sempkice coorte dei cittadini attivi
che poteva intervenire all'Assemblea,
furono rinchiusi in detta casa dentro
della prima porta senza riflettere che
potevano evadersi per la finestra come
infatti avvenne. Apparentemente cotesti
uomini volevano introdursi nel paese
sotto l'aspetto d'amicizia e col pretesto
ai sopravvegnenti compagni di assalirci
o per praticare proditoriamente degli
assassini. Il numero, la qualità delle
armi, la falsa ragione della loro venuta,
il momento in cui si presentarono lo
dinotano sufficientemente.
Avanguardie con stilo e falcetto
-Nella mattina pertanto dal giorno
24 tutti se ne stavano sulle guardie
quando verso le ore quindici si viddero
venire due Individui forastieri. Il
Sindaco andò loro incontro, ed
interrogatili chi fossero e dove
andassero, rispondevano si venire a
cercar lavoro ed essere conoscenti del
Borratori che lavoravano al soldo del
Sig. Cons. Pancetta. Su tale
dichiarazione venne fatto loro buon
viso ed amichevolmente accompagnati
sino sul cosi detto Pontino per ricerverli
Dalla Zuffa ai fucili
Avanzavasi frattanto la coorte
elettorale con in mezzo la vettura del
Ferrari di Bignasco. Giunta poco
distante dal Ponte e di fronte al paese si
vidde chiaramente che oltre Ii cittadini
del Circolo vi era quasi altretanto
numero di forastieri rammischiati alli
cittadini con una forte scorta di
retroguardia, la maggior parte dei
quali armati in tabarri. Grande si fece
l'agitazione in tutta la gente che si
trovava in Prato perchè un simile
27
apparato fece presagire disgrazie. Si
diede mano alle armi per difendersi al
caso, ed il Cons. Pancetta ed altri si
presentarono inermi e pacifici sul
piazzale della Madonna. S‘arrestarono
i cittadini in sul Ponte, ed i suddetti
facendo loro cenno che avanzassero
dichiararono pubblicamente che loro
intenzione era di non offendere alcuno,
che li cittadini del Circolo erano liberi
di passar oltre, ma che pregavano di far
retrocedere li forastieri, i quali si
sospettavano
armati
dal
fatto
antecedente dei due. ed invitarono li
cittadini a progredire, i quali in parte
passarono. Avanzatosi il sig. Giò.
Soldati aspirante al Consiglierato col
suo padre Giuseppe vennero ancora
pregati a far ritirare gli estranei
assicurandoli di quanto sopra, ma essi
non diedero alcuna soddisfacente
risposta. In seguito un uomo incognito
avvolto in tabarro poco discosto dai
Soldati gridava altieramente di passar
oltre, ed arrivato presso di noi venne
alle
mani col sig. Cons. Pancetta, il quale
coll'aiuto d'altri disvincolatosi l’ebbe
trascinato fuori della fila. Mentre
succedeva questo si fece dalla parte del
Ponte una scarica di più colpi di fucile
sopra dei nostri, e durò alcuni istanti la
fucilata, in seguito alla quale si
ritirarono quei di Prato e proseguirono
la maggior parte dei forastieri e citta
dini.
Il tragico
bilancio
« Abbiamo a compiangere la morte
di un nostro concittadino il sig.
Michele Miniami che lascia una
vedova con nove figli; ed un forastiero
che da alcuno venne riconosciuto per
ticinese di Vallemorobbia: Il primo
vicino all'angolo sinistro dell'Oratorio
della Madonna e l'altro sulla strada
cantonale presso l'angolo della
sagristia dell'Oratorio suddetto. Vari
dei cittadini accorsi da Prato ebbero
delle contusioni. AI sig. Curato Soldati
venne sfregiata la guancia destra da
quadrettoni. Si senti lo scricchio di
variacciarini che mancarono II fuoco, e
furono veduti li forastieri tirare ad uso
bastone coi tromboni di cui erano
muniti dopo il fuoco, e tra questi quello
che rimase ucciso.
«Dalla posizione dei feriti sembra
potersi arguire che il Miniami uomo
estraneo agli impegni di partito, che
non prese parte nel trambusto, che
trovatasi quasi all'angolo della chiesa
sia stato colpito da una quadrettonata
discesa dal ponte che lo attinse per
essere d'alta statura. Nell'angolo
dell'oratorio dalla parte verso Prato
come nella facciata presso la finestra vi
sono gli sfregi negli spigoli e le fosse
fatte dal piombo che appalesano essere
stato tirato dal Ponte. Pare anche che II
forastiere sia stato ucciso da un colpo
tirato dal Ponte, o dalla vettura che
serviva anch'essa di batteria. Una
circostanza rimarchevole e dinotante
che un progetto d'eccidio si nascondeva
nell'animo se non di tutti almeno de’
principali della comitiva e de' forastleri
armati che di quella facevano parte, si è
che i cittadini del Circolo, onde era
pure composta, appartenenti alle
Comuni inferiori portavano un
distintivo consistente In nastro rosso al
capello od al berretto, e cosi anche
quelli del Comuni superiori che
appartengano al medesimo partito fu
rimarcato avere l'eguale distintiva la
28
qual cosa dev'essre stata praticata
perche I forastieri armati potessero
distinguere i cittadini appartenenti al
partito che presidiavano dai contrari
"Questo il rapporto che mi trovo in
dovere di fare riservandomi di
aggiungere ciò che potrà essere
influente quando mi venga a
cognizlone.
cittadini che andavano ad esercitare i
diritti politici?...
«I forastieri non erano sette soltanto,
siccome bugiardamente affermano gli
avversari. È noto per tutta la valle che
da Bignasco ne partisse un numeroso
stuolo tolto fra i borratori al servizio dei
signori Lotti, e fra i vagabondi che
annidano sotto pretesto di lavoro nella
valle, protetti e spalleggiati da quelli
che si arrogano l'assoluto dominio di
questa sciagurata contrada... Ed è
impudentissima l'asserzione che pochi
fossero i forestieri e che se ne stessero
tranquilli e senza armi, mentre uno di
loro e il più ardito cadde vittima della
propria temerità, colpito dai suoi
quando si cacciava più innanzi, armato
di trombone, di pistole e stilo.
«Le elezioni non si fanno a prova
di sangue»
Dalle
considerazi
oni
dell'estenso
re
dell'opusco
lo:
«Di tal
guisa
correvano quelle faccende. I contrari
però si sono studiati di alterarne le
circostanze e hanno talmente estorti i
fatti che da assalitori che ei sono e
agenti di quei torbidi e massacri si
qualificano per li offesi e violentati...
«E prima di tutto che cosa veniva a
fare tanta gente armata? Alle Assemblee
di Circolo non si portano armi perché le
elezioni costituzionali non si fanno a
prova di sangue... Nessuna circostanza,
nessuna cagione legittima autorizzava...
i cittadini dei Comuni inferiori a
presentarsi ai comizi coll'apparato
marziale e imponente onde si
presentarono al ponte di Prato.
Quell'attruppamento,
quelle
armi
portate alla scoperta e nascoste nelle
vesti manifestano un disegno ostile, una
premeditazione di sangue.
«E poi a che tanti forastieri del
Circolo e del Cantone frammischiati coi
«Di quel sangue
sono puri gli
abitanti di Prato»
«Di quel sangue sono puri gli
abitanti di Prato e tutti quelli che
stavano per il partito dei riformisti. E
purisono i riformisti del sangue
dell'infelice Miniami che alieno da tutte
le questioni di parte pagò colla vita la
brama di mirare ove finisse
quell'apparato. La perizia medica e tutte
le più lievi circostanze comprovano che
il Miniami e il Boggia furono attinti da
colpi venuti dall'alto del ponte...
«La feroce masnada preceduta e
scorta da' suoi satelliti passò innanzi e si
ridusse a Sornico, fece una breve
fermata sullo stradale, rimpetto ai prati
vicino alla Cappella Grassi, poi riprese
il suo cammino verso Feccia ove
raccoltasi altra gente si fece stazione
sulla piazza, e si redigette il processo
verbale cui si appose la data di Sornico.
29
E da quel processo verbale.
improvvisato senza neppure avere
consultato quei presenti, risultano eletti
consiglieri i sigg. Dazio, Fernetta e Gio.
Soldati...
«Intanto però, siccome non è nostra
intenzione di soverchiare la parte
contraria, ecco di quegli avvenimenti le
circostanze e la narrazione che ne ha
fatto al Governo... Dal semplice
confronto dolo cose esposte rilevi il
pubblico quante menzogne vi siano
affastellate..».
refrattari forestieri.
«In questa medesimo giorno
Francesco Mazza di Broglio, mentre
ritrovavasi in una stalla di sua ragione
lungi dall'abitato, fu altamente
minacciato e quasi violentato da due
individui di Prato appartenenti al nota
Partita.
« Verso la sera di quel medesimo
giorno gente di Prato attaccò brighe, ivi
al ponte con Glo. Bali. Zoppi ed altri, di
Peccia. i quali presero per più sicuro
espediente il fuggirsene.
«Nelle notti del 13, 14, 15 e 16 i
fischi, gli urli e gli schiamazzi d'intorno
e in vicinanza a casa Pometta a Broglio
spaventarono gli abitanti non solo della
casa ma di tutta il paese.
«Erano poche le notti in cui la quiete
e iI sonno turbati non fossero anche da
spari e fucilate massime sullo stradale
fra Prato e Broglio ed in vicinanza di
Broglio.
«Inenarrabili sono poi le bravate, le
millanterie, le minacce di desolazione e
di morte che andavano spargendo a
gara i cagnotti di quel partita.
Gridavasi che scorrer doveano torrenti
di sangue....che le nuove campane di
Noto si riservavano a quel giorno per
suonare da morto....che si sarebbe
piantata la forca...
La voce dell'impudenza»
Dal rapporto
Pometta:
l’altra campana
Rivolto il 2 marzo 1839 al Governo e
in via di querela al Tribunale di
Vallemaggia dal giudice Benedetto
Pometta, presidente dell'assemblea
anomala sulla piazza di Peccia.
»Il partito che sostenne in vano la
candidatura dei signori Patocchi,
Pancetta e Soldati Curato di Broglio,
smanioso di riescire nell'intento, e
vedute inefficaci le raccomandazioni, le
brighe, e tutti gli sforzi suoi aveva
assunto per ultimo la divisa della
violenza e del terrore. Notte e dì
giravano per le Comuni delle
squadriglie armate, con frammisti dei
refrattari
forestieri
bravando,
minacciando e percuotendo i tranquilli
cittadini che apparivano non del loro
colore.
«La sera del 13 febbraio Francesco
Tabacchi di Fusio mentre retrocedeva
solo da Bignasco. giunto che fu in
vicinanza della casa del Curato Soldati
a Broglio, venne assalito e percosso con
varie bastonate da cinque individui che
gli corsero dietro sino alla porta di casa
Pometta. ove rifuggiò tutto malconcio.
«La mattina del 14 la moglie di
Francesco Donati di Broglio venne
incontrata e percossa da una turba
armata. tra te cui fila annoveravansi i
tre pretendenti sunnominati e dei
«Il più feroce il Curato di
Broglio»
Il più feroce, e più accanito, il più
frenetico di tutti era (con orrore dir lo
30
dobbiamo) il curato di Broglio, pro
vicario don Giuseppi Soldati.
«Costui lutto ponendo sua fiducia
non nel merito che è meno di zero, ma
nel l'ardir suo, ne‘ suoi stratagemmi e
nelle sue armi di cui andava vantando
39 bocche da fuoco di sua esclusiva
agione, fu, a quanto dicesi, il
consigliero
ed
autor
primario
dell'iniquo progetto dell assalto ed
opposizione fattaci al Ponte di Prato.
«Egli fu il principal collettore e
portatore d'armi al luogo destinato. La
mattina del 13 febbraio partì da Broglio
alla volta di Prato. In compagnia d'un
fratello portando ostensibilmente lunga
ama da fuoco, quale non avea più nel
ritorno.
* Verso la sera di quel medesimo
giorno partì nuotamente per Prato con
altri fucili visibili, quali pure non
portava più nel ritorno. Era invece
scortato da una banda di undici che
fecero passare quasi ad una ad una le
case votanti de’ di Broglio.
«La mattina del 14 fu similmente
veduta, dopo la messa con singolare
precipitazione da lui celebrata recarsi
da Broglio a Prato, molta tempo prima
degli altri con carabina a due canne
sotto il braccio.
Testimoni del Io viaggio sono:
1. ° Carmela Dalla-Maria di
Broglio.
2. ° Francesco Giuseppe Vedova di
Peccia.
3. ° Municipale Giacomo Ant. Notti
di Peccia.
4. ° Carl'Antonio Tamba di Sornico.
5. ° Bartolomeo Draghi merciadro
Piacentino.
Testimoni del 2° viaggio
1. ° Gio. Francesco Ressiga di
Fusio.
2. " Carl'Antono Tamba di Sornico.
3. ° Pietro Antonio di Pietro
Antonio Giovanettina di Peccia.
4. ° e 5.° Pietro e Giuseppe fratelli
Tonini trentini abitanti a Giumaglio.
6. ° L'altro loro compagno di lavoro
per nome Giovanni.
Testimoni del 3o viaggio sono
1o Bernardo Tonini di Menzonio
abitante a Broglio
2.o Giacomo loppi campato di
Broglio.
3.o Gio. Pietro Della Maria di
Broglio.
4.o Carl'Antonio Tamba di Sornico.
Ed altri al caso
«Ad un fischio del Prete 40
bocche da fuoco»
«I votanti del nostro colore
prevedevano forse qualche opposizione
e fracasso a Sornico in Assemblea, ma
non mai credettero di trovare una
batteria al ponte di Prato che impedisse
di recarsi al luogo dell'Assemblea.
Questo ponte dovevasi passare
necessariamente per recarsi a Sornico
all'Assemblea, ma subito dopo il ponte
la strada si divide, una va a Sorico e
l'altra mena alla terra di Prato che
resta a parte
«Infatti
I
nostri
votanti
contradestinti per bizzarria con nastro
rosso, avanzavansi in numero di 65 al
70 e giungevano tranquilli e ebeti al
ponte di Prato, senzaché all'altro capo
del Ponte si vedesse gente di sorta,
fuorché Il solo Curato di Broglio che
lentamente passeggiava. Ma ad un
fischio emesso da questo Prete la scena
cambiò d'aspetto, e ben quaranta
bocche da fuoco si videro In un baleno
appuntate contro di noi da gente
31
ponte di Prato, ci rifuggiamm a Peccia; e di là
chi presto, chi tardi, chi di giorno, chi di notte,
chi in un modo chi in un altro ci riparammo a
casa nostra, ripieni di spavento e
d'indignazione per siffatto barbaro procedere e
proditoria aggressione de ' nostri avversari
politici.
Aggressione e proditoria aggressione la
chiamiamo perché con questo fine la sera
precedente le nomine tutte le genti di quel
partito erano state chiamate e raccolte in Prato
e fornite d'armi e di munizione.
"Non zelo pelle incolumità degli abitanti, non
precauzione di difesa era questo armamento,
questa riunione, come con finta arte vuol far
credere il Sindaco di Prato net suo rapporto
perché in tal caso doveansi limitare a guardare
la terra di Prato, qualora noi invece di tirar
diritto a Sornico, avessimo voluto divergere
alla terra di Prato. Ma noi nè volevamo nè
dovevamo penetrare in quel Comune, perchè
chi ha la maggioranza non ama accattar brighe
né in Assemblea né fuori È poi un controsenso
che noi avessimo in animo di molestare gli
abitanti di Prato. Non si vanno a far suonate in
casa de"suonatori.
«La provocazione pertanto fu tutta dalla parte
contraria, perché sortendo da Prato venne ad
impedirci armata mano e con vie di fatto, il
passaggio sul ponte, per cui era giuoco-forza
passar per recarsi ai capoluogo.
«Nè si tirino pretesti pei forestieri che non
arrivavano a sette!.'! e che non
sbucata fuori da un Imboscata di dietro
quell'oratorio e dal centro del Comune.
Il
comparire,
l'intimarci
di
retrocedere, e il fare fuoco su di noi fu
quasi la stessa cosa. Se questi sessanta
cinque fedeli votanti venivano dispersi
ed impediti dall'andare in Assemblea, la
lotta era forse vinta pei contrari: ed
ecco il motivo di questa improvvisata,
di questa premeditata aggressione,
Ma i nostri. Dopo aver ceduto alquanto, ripresa
forza e gagliardia per il maggior numero,
indignati per l'insulto e provocazione,
confidati nel Dio degli eserciti, nella purità
delle
loro
intenzioni e nella santità de' loro sforzi. la
difesa cioè de ’principii dell ordine della
legalità, della quiete e della religione
collegatisi
in
una
massa
compatta corsero di tutta veemenza
sul ponte e quello trapassarono tra il fuoco e
sotto i colpi di una spaventevole batteria. Molti
rimasero feriti; due caddero morti sull'atto; ed
un terzo vive ancora, ma per pochi giorni.
Lo squallore e la desolazione erano al colmo.
Non pertanto quelli che poterono superare l
'opposizione si recarono ancora in Sornico
all'Assemblea.»
Ivi principiate e compite abbiamo, senz'altro
insulto, le nomine, e senzache i contrari si
mostrassero in nessuna parte del territorio di
Sornico.
«Dopo di che non più fidandoci a ripassare il
primi e più arditi ad avanzarsi contro di
noi sul ponte ed offenderci. Era armato
di carabina a due canne, con varie
pistole e due stili. Egli è segnalato per
l'uccisione di Gio Baggio [Boggia] di
Sant'Antonio in Vallemorobbia. Cento
bocche ne lo accusano e buon numero
di validi lestimoni comproveranno
l'orrendo crimine.
«Testimoni di questo misfatto
intanto si accennano i seguenti:
1.° Il vetturale Lorenzo Galloni di
Canobbio.
«Agente della Sommossa il
Curato di Broglio»
Ma tornando alle scene di sangue
successe al ponte di Prato, dovressimo
nominare
gli
individui
che
componevano l'orda assalitrice, ma
questi emergeranno meglio in processo.
Però il promotore, il direttore, l'agente
principale della sommossa è il Curato
di Broglio.
Egli diresse i movimenti, chiamò gli
scherani, comandò il fuoco, e fu uno de"
32
2.° Giacomo Filippo Canepa di
Menzonio.
3.° Francesco Pometta di Broglio.
4.° Antonio Grandi di Menzonio.
5.° Suo figlio maggiore.
6.° " Il figlio maggiore di Gasparo
quondam Melchiorre Canepa di
Menzonio.
7.° e 8.° Pietro e Giuseppe fratelli
Tarneri abitanti in Giumaglio.
9.° Giuseppe Baggi detto violino di
Malvaglia.
10.° Angelo Sonfroni dimorante in
Bignasco.
"Oltre ai testimoni vi ha la
confessione stessa dello imputato
congiunta ad imprecazioni e minacce
atroci contro persone del cui sangue è
tuttavia sitibondo, in seguito a che si
chiama contento e disposto di finir pure
sua vita per mano del carnefice. Parole
sono queste che fanno raccapricciare,
ma non sono nostre, sono le espressioni
comuni ed usuali di quel malaugurato
Prete...
«Al Tribunali si demandi ogni cosa...
Ma frattanto... è di una necessità
imperiosa ed assoluta l'assicurarsi
della persona del Curato Soldati
siccome capo e direttore di tutta la
trama ed uccisore del Boggia, onde
troncargli la via di poter compiere altri
crimini già divisati, e metterlo fuori di
stato d'offendere, consegnandolo in
potere del Tribunale competente... Dai
Processi risulterà da qual parte siano
state le provocazioni, le vie di fatto, le
violenze, le aggressioni, gli assassini: e
qual fede meritino i rapporti della
Municipalità di Prato e dell'attual
Commissario di Vallemaggia«.
«Gli abitanti di Prato non
cercavano torbidi»
«Non è difficile il ravvisare, in tutto
questo lungo rapporto del preteso
Presidente dell'Assemblea di Lavizzara,
l'arte di fare tutto riflettere l'odioso dei
disordini indosso ai candidati riformisti
e parzialmente al curato Soldati...
«Egli è per questo che al Giudice di
Appello avvocato Pometta autore e
segnatario
di
quel
rapporto
abbisognarono non meno di cinque
giorni per raccozzarlo... È noto che tutta
quella lunga istoria si compose in
Locarno... «Gli abitanti di Prato si erano
costituiti in guardia civica, essi non
cercavano torbidi, ma volevano
impedirli...
«Le amichevoli rimostranze furono
dai partigiani del Pometta e soci accolte
a colpi di trombone, la turba tumultuaria
passò innanzi senza resistenza, e non fu
che in passando che versandosi sopra
quelli di Prato vi lasciava morti e feriti...
«Tanto poco pensavano gli abitanti
di Prato ad opporre armata resistenza...
che il Miniami pacifico padre di
numerosa famiglia venuto a veder
passare quei del bindel rosso cadeva
trafitto da una scarica di quadrettoni
venuta dal ponte e destinata forse ad
altra persona. Ei fu trovato morto con in
bocca tuttora la pipa che stava fumando.
E morto da una palla venuta dal ponte fu
pure il Boggia, sebbene per aggravare
l'avversario Curato di Broglio, il
Pometta n'abbia a lui attribuita
l'uccisione...
«Compiuta la strage di Prato la turba
tumultuante
s'incamminò
verso
Sornico. Capo-luogo del Circolo,
lasciando dietro di sé il terrore... Alla
Cappella dei Grassi, al prati di dentro...
33
la masnada si arrestò un momento sulla
strada che passa a lato... Alcuni
rispettabili cittadini fra i quali Il
Prevosto Cotti essendosi fatti vicini per
vedere di che cosa si trattava e per
cercare di conciliare gli animi vennero
derisi e minacciati con parole aspre e
coll'appuntare loro addosso gli
schioppi...
Egli che avrebbe potuto difendersi in
casa propria qualora n'avesse avuto la
rea intenzione, si sarebbe posto in
mezzo a tanti soldati e satelliti de' suoi
nemici a far fuoco? Siano dunque stati i
soldati i primi a far fuoco, sia che uno
sparo fatto da qualcuno degli scherani li
ponesse in sospetto, fatto stà che poco
mancò che un uomo innocente che
fuggiva
per
iscampare
dalla
persecuzione onde era minacciato, non
cadesse cribrato dalle fucilate.
«Il partito reazionario approfittando
delle buone Intenzioni del Governo
invocò la protezione della forza armata,
e ottenne che una porzione di quel
picchetto rimanesse in casa del Pometta.
Egli che aveva eseguito il massacro del
ponte di Prato, egli che co' suoi banditi
aveva sparso il terrore nei Comuni della
Valle, s’infinse il perseguitato... Cosi il
Governo proteggeva colla pubblica
forza quelli che avrebbe dovuto tradurre
nelle carceri...
«Intanto
che
queste
cose
avvenivano, tutti i vincoli d'ordine e di
autorità si rompevano e si offrivano
spettacolo di dileggio. Il Commissario
di Governo era posto in disparte. I suoi
rapporti non si riscontravano e forse non
si leggevano. Non ometteremo di
riportarne uno che indica precisamente
lo stato morale del paese in quei giorni
di dolorosa memoria».
Il Curato sfugge all’arresto e... ai
proiettili
«Il Consiglio di Stato non ebbe
appena ricevuto il rapporto del 2 marzo
del Pometta. scopo del quale è l'accusa
del curato di Broglio, che decretò
tantosto l'arresto del Curato medesimo.
Perché tanta sollecitudine per fare le
vendette del Pometta?...
«Il Commissario chiedeva forza per
contenere la furia dei partiti e garantire
la sicurezza dei cittadini... ma il
Governo non si curava né del Sindaco di
Prato, né del Commissario di
Vallemaggia (Giuseppe Patocchi), né
della vita dei cittadini della Lavizzara!...
«L'arresto fu tentato, ma invano. Un
picchetto di 22 soldati fu spedito con la
massima celerità e con tutte le più
grandi cautele a Broglio. Perché tanto
apparato di forze militari per arrestare
un uomo? Si è voluto gustificarlo
qualificando il Curato Soldati per
d'indole violento, ma la ragione era
deprimere il partito col segnalare di
questo modo i capi. Il Curato di Broglio
ebbe il tempo e il destro di evadere dalla
casa sua e la provvidenza lo scampò
dalla tempesta di palle che dai soldati e
dalla ciurmaglia si scaricò sopra di lui.
Si è attribuito al Curato Soldati
resistenza armata alla forza. Si disse che
per il primo egli tentò di scaricare una
pistola, ma chi mai lo potrebbe credere?
«La voce... nel deserto» Dal
rapporto Patocchi destinazione
cassetto
«In
34
conseguenza
delti
deplorevoli
avvenimenti
successi al Ponte
di Prato la mattina
del 24 febbraio, di
cui con mia. 25 detto mese, vi
comunicava il rapporto del Sindaco di
Prato, lo richiedeva un polso di forza
armata. A questa istanza io mi trovava
obbligato, rilevando dal detto rapporto
come da più altre informazioni che dei
forestieri armati eransi presentati per
introdursi in Prato e che altri erano
uniti e frammischiati ai cittadini del
Circolo
che
intervenivano
all'Assemblea, senza che alcun
plausibile motivo potesse giustificare né
la loro venuta in Lavizzara proprio in
quel giorno né l'accompagnarsi coi
cittadini del Circolo mentre recavansi
all'Assemblea. e molto meno il porto d'armi
micidiali ed in gran numero, come li
fatti dimostrano. Lasciando stare chi
potesse avere il torto o chi la ragione
negli avvenimenti del Ponte di Prato, mi
parve che iI caso esigesse misure ed
imponenza di forza pubblica per
contenere gli animi esagitati, mi parve
che la introduzione di gente estranea al
Circolo, al Distretto e persino al
Cantone, abitanti abitualmente fuori
della Lavizzara, raccoltosi in parte da
poco tempo ma in Bignasco; e questa
provista di armi e munizione come si
verificò colla mischia al Ponte di Prato
e venne comprovato dalla visita
giudiziale praticata dal Giudice di Pace
di lavizzara sul cadavere dell'ucciso
Gio. Boggia (il quale aveva un
trombone a carica smisurata ed indosso
sei cartucce da pistola con cinque a sei
quadratoni per ciascuna), mi parve che
tutto questo domandasse l'appoggio
della pubblica legale forza armata per
sorvegliare, infrenare e ridurre al
dovere una gente massime d'ignota
patria, d'equivoca condotta, che
assunto aveva le insegne di fazione, la
violenza e l'anarchia.
I «giannizzeri» minacciano
«Non poca sorpresa però mi ha recato il sapere decretato e tentato con
vistoso apparato di forza l'arresto del
slg. Curalo di Broglio Soldati; e nessuna misura presa contro li forestieri; il
ledere poi trattenuto e lasciate a libera
disposizione d'un privato un picchetto
della linea che tuttora continua a
permanere in casa Pomello, che
accompagna li signori di quella casa
quasi ad ogni passo che fanno lungi
dall'abitato, che li scortano quando si
recano in un paese o nell'altro; ed il
vostro Commissario lasciato con il
solito di due militari, insufficienti a
mantenere la polizia a fronte del nucleo
armato de' borratorl forestieri che
minacciano, insultano ai cittadini che
non stimano del partito a cui si
dedicano.
«Onorevoli Signori, la vita de'
cittadini, massime di quelli che
principali figurano nel partito liberale
del Circolo, è minacciata da questi
giannizzeri..
"Le minacce, li propositi di morte
sono più particolarmente diretti contro
li cittadini di Prato per causa che ivi
furono nel 24 febbraio disarmati quei
due di cui il cenno nel rapporto del
Sindaco di Prato, i quali venni in
cognizione essere un certo Rivera poco
fa fuggito dalle carceri d'Osogna. e
certo bergamasco detto il Generale,
come per la ivi successa mischia stata
impegnata da altro estero che chiamasi
Colombara piemontese, e dove uno, il
Boggia, restò ucciso ed altri feriti e le
minacce verbali non sono scompagnate
da fatti..
35
«Domenica scorsa certo N. Cavalli
lavorante borratore al servizio del
Cons. Poncetta al taglio d'alcune piante
in un bosco di Sornico. è stato assalito
in Cavergno avanti la chiesa da tre o
quattro, tra cui annoveratisi il detto
Rivera ed il Generale, e ferito con un
colpo di sasso nella testa e battuto e
minacciato con armi dicendogli che
doveva passar per le loro mani se
continuava a star a Prato e che anche li
suoi padroni dolevano finire sotto di
loro. Egli potè appena ripararsi
rifuggiendosi nella chiesa...
«Il cavallante Poncetta detto il Muto
venne In uno dei giorni passati
minacciati da alcuni di questi estranei. I
quali gli significarono che lui ed i suoi
dovevano stritolare come si fa a far
salsicce...
«Onorevoli Signori.... voi lasciate a
guarentigia di casa Pomello una
squadriglia di militi: io non gliela
invidio: ma domando che la misura
protettrice sia per tutti eguale, che il
vostro Commissario non abbia minor
braccio d‘un privato...
«Se voi non provvedete, o converrà
che i nostri cittadini restino vittime
della vendetta e del fanatismo di
parttito di questi estranei, o farà
urgenza che colla forza respingano la
forza.
A me è impossibile nel presente stato
di cose, di ricondurre in potere della
giustizia o i fuggitivi delle nostre
carceri e i ricercati delle polizie estere.
Se tace il Governo, che si può più dai
subalterni»?
autorità... Sarà sempre cosi?
«Intanto però vagabondi e banditi
d'ogni genere e d'ogni paese girano
liberamente per le nostre contrade e più
arroganti che mai. il famoso Generale
rifuggito per delitti e ricercato dalle
polizie è famigliare coi Lotti e coi
Pometta; coi Lotti e coi Pometta e
famigliarissimo il Caneva (Canepa) di
Menzonio condannato già ai ferri in
contumacia dallo stesso Tribunale
d'Appello in cui faceva parte il padre
Pometta, uno degli intrusi Consiglieri.
Si dice che fidando nell'onnipotenza del
partito a cui è ligio, il Pometta
promettesse già prima delle elezioni al
Caneva di ottenergli l'impunità del
primo delitto alla condizione che ne
commettesse uno più enorme...
«Cosi stanno adesso le cose. Il
Consiglio di Stato conseguente a se
stesso ha fatto la parte sua, ora la parte
sua al Gran Consiglio... I depositari
della sovranità popolare, sdegneranno
di farsi istromento di partito per
opprimere il popolo innocente di una
valle remota.... sdegneranno di ricevere
a sedere con loro nell'aula legislativa,
uomini che sono giunti ad intrudersi
camminando sui cadaveri dei propri
cittadini fatti crudelmente trucidare».
Il 6 dicembre 1839 il colonnello
Luvini campeggiava in Piazza Grande a
Locamo con i suoi carabinieri
Rovesciato il governo moderato,
trionfava la rivoluzione liberale.
La controrivoluzione, che i moderati
tenteranno due anni dopo, sarà
stroncata dai fucili a Pontebrolla e al
ponte di Tenero. La fucilazione dei
Nessi ai Saleggi di Locarno, sentenziata
dal "Tribunale Statario" il 5 luglio 1841
e fatta eseguire il giorno successivo,
Rivoluzione alle porte
«Questo stato d'anarchia dura tuttora.
Tuttora il Governo nega al Commissario
i mezzi di far rispettare la propria
36
chiuderà il sanguinoso capitolo. Altri se
ne apriranno.'
IL
DELITTO
DEL
PER le elezioni al Gran Consiglio del
1859 il circolo d'Onsernone incluse
nella propria terna l'avv. Carlo
Battaglini, il pugnace uomo politico
sottocenerino, di rilevante presenza per
parola e concetto nel teatro delle
veementi contrapposizioni del secolo
scorso su questioni vitali per l'avvenire
del Cantone (basti ricordare i contrasti
tra Sopra e Sottoceneri per la questione
MAGNANO
della galleria ferroviaria del Ceneri e le
minacce separatiste luganesi per la
questione della capitale stabile).
Battaglini eletto anche nel suo
circolo naturale di Tesserete malgrado
le pessimistiche previsioni della vigilia,
optò per questo mandato rinunciando a
quello onsernonese (lo accetterà invece
alle successive elezioni).
Questa vicenda ebbe un'appendice
37
cruenta e letale a Loco, dove
signoreggiavano in ogni campo i fratelli
Schlra Taroch .(Giovanni, sindaco e
gran consigliere, e Giacomo),
notoriamente pronti e pesanti | di
mano con chi si azzardava, a torto o a
ragione, a contrariarli nei loro disegni o
nei loro sistemi.
Lasciamo la narrazione del fattaccio
nei suoi annessi e connessi a Remigio
Chiesa Ghella (La mia difesa. Milano
1862). rammentando al lettore che
Remigio
Chiesa
era
figlio,
rispittivamente fratello, del Chiesa
padre e figlio (Antonio e Domenico)
condannati ai ferri nel 1857 per il
ferimento
di
Giovanni
Schira
(«Speciale
del 13 febbraio, emisero come propria
l’idea della candidatura di Battaglini...
«Nel 6 febbraio fu tenuto a Russo
un'assemblea preparatoria. piuttosto
numerosa. Lo Schira dichiarò che non
accettava la candidatura, ed in sua vece
proponeva l'avv. Battaglini. Fu una
voce sola di rifiuto: nessuno volle
aderire al pensiero di nominare un
extra-vallerano... Tutte le ragioni per
dimostrare che... si faceva onore il
circolo col nominare Battaglini. il quale
avrebbe colla sua influenza portatomolti
vantaggi alla Valle, segnatamente per le
strade, non valsero a smuovere d'un
punto il proposito degli elettori. Veduto
il duro osso, lo Schira fa sciogliere
l'adunanza
prima
di
deliberare
definitivamente su questa bisogna e
sopra altri oggetti che stavano sul
tappeto ai Locarnesi che credono ancora
agli spauracchi di cinque-seicento
armati pronti a scendere...
«Il 13 febbraio arriva, e gran numeri di
elettori unanimi rispondono all’appello
e votano, io compreso, la prestabilita
tema...
Per Battaglini! ..."anche a
fucilate”
«S'avvicinava, il febbraio del 1859,
epoca della periodica rinnovazione dei
deputati al Gran Consiglio. La lotta fra i
due partiti — piaga del Ticino —
s'andava impegnando, e gli odi si
attizzavano segnatamente dal Credente
Cattolico di Lugano. organo dei preti,
che aveva fatto segno a tutti i suoi dardi,
a tutte le sue ingiurie, l'integerrimo avv.
C. Battaglini. Ognuno si diceva che
costui non sarebbe più uscito eletto dal
Circolo di Tesserete, e questo fatto
dispiaceva In Onsernone si vedeva
ormai che un pensiero di arrecare
qualche cambiamento alla vecchia terna
sarebbe stato inutile: ma nullameno
qualche cittadino...osò esporre l'idea di
un possibile ritiro da parte di un
deputato, onde lasciar posto al sig.
Battaglini. qualora non venisse più
eletto nel suo Circolo.
«Non so che si pensassero allora gli
Schira: ma gli è certo che poco prima
Volano incudini al mercato di
Russo
«Dieci giorni dopo accadeva nella
nostra Valle un fatto che spaventò
l'intiero popolo...
Parlo della caduta... che fece in un
precipizio un certo Boscazzi, magnano
di Val Colla.
«Non è raro il caso di veder girare tra
i nostri monti una due ed anche più
compagnie nomade di ramaj, che in
certe stagioni dell'anno trovano qui non
poco lavoro: due di queste compagnie
percorrevano appunto il Circolo colla
lor bottega ambulante nella prima
quindicina di marzo. Una di esse
38
consisteva in un vecchio, un suo figlio e
qualche altro individuo. Il figlio,
durante le sue escursioni nelle case per
raccogliere e riportare gli utensili
racconciati, si sarebbe imbattuto, a
quanto asseriscono gli stessi Schira e
Meletta [Antonio, coimputato per il
fattaccio che Chiesa narra]. in persona
— credonsi donne — ostili a Battagline
le quali saputo che il magnano era suo
vicino di paese e conoscente.
l’intrattennero con certa appassionata
curiosità. E parlando dell'avvenuta
elezione a deputato nostro, si sarebbe
anche favellato delle bastonate date o
promesse a coloro che dapprincipio non
volevano saperne di extra-circolani.
All'udire la narrazione di tali pratiche, il
magnano avrebbe detto. "Siete pur
buona gente che vi lasciate maltrattare
così pazientemente: se io dovessi esser
battuto per causa di Battaglini, darei di
mano ad una pistola, ed al primo
incontro lo ammazzerei".
«Qualche maligno che ebbe ciò
udito... riferì la cosa allo Schira
Giacomo. Può anche darsi che
passando, il detto del magnano per due
o tre bocche abbia preso una forma ed
un senso diverso del primitivo: può
anche darsi che lo Schira, come
asserisce lui stesso, abbia capito che il
Boscazzi
avesse
manifestata
l'intenzione di ammazzare senz'altro il
sig. Battaglini. Fatto si è che giurarono
di farlo pentire del suo modo di
parlare...
«Il giorno 16 marzo era mercato a
Busso, e si trovarono sulla piazza stessa
gli operai negozianti di Val Colla. Tosto
fu loro addosso Giacomo Schira, e fè
andar magnani per ogni parte. Fu
ventura se una persona ebbe l'ardire di
arrestare in aria un'incudine da
magnano, che lo Schira vibrava al capo
di un malcapitato.
«A mala pena quella povera gente...
poté svignarsela e celarsi agli occhi
dell'aggressore.
«Finito
il
mercato,
ognuno
tornossene dond'era venuto, lo Schira
compreso. In quel di stesso passò da
Loco, una di quelle compagnie di
magnani, e lo Schira ch'era li pronto
come una vedetta davanti alla sua casa,
mostrò loro i denti, come avrebbe fatto
uno di quel mastini che esso mantiene
per ispaventare i passanti e scannare gli
altri cani più piccoli. Accertatosi che
non si trattava del Boscazzi, vittima
specialmente designata, li lasciò andare,
ma lor gridando dietro: "Se vi manca
poi uno dei vostri compagni, andatelo
poi a cercare nella pioda del Rava"...
Grida d’aiuto e orecchie tappate
«I Boscazzi intanto, avvertiti del
pericolo..., non osavano passare da
Loco, e nemmeno potevano risolversi a
soggiornare più a lungo nella Valle.
«Pensarono quindi di mettersi in
cammino durante la notte, mentre tutti
sarebbero stati a letto. Giunti a
Mosogno, dove fecero un po' di sosta
per attendere un'ora più tarda,
lasciaronsi capire da non so quale
istaffetta, del proposito di passare da
Loco quando nessuno se l'avrebbe
pensato. Tosto giunse l'avviso a Schira
ed a Meletta. che i magnani così fatti
sarebbero passati fuori nella notte. Che
bell'ora
per
compiere
l'opera
incominciata a Russo! Senza por tempo
in mezzo si corre sulla via presso i
mulini di Loco, e precisamente là dove
cammina l'accesso che mena a Berzona,
e dove il sottoposto vallone, che fa
39
venire le vertigini a chi vi guarda, porta
l'antico nome di Pioda del Rava —detta
altrimenti Paradiso dei cani.
«I meschini arrivano, e ... tutti sanno
quel che trovarono. Gli abitanti dei
mulini furono destati dalle grida di chi
domandava ajuto e di chi intimava
silenzio: udirono tutto, e sarebbero
accorsi se non avessero avuto paura. La
voce dei battitori bastò a tenerli cheti e
sordi nelle proprie case...
«Il dì seguente, non appena si seppe
il miserevole fatto, fu universale lo
sdegno e il dolore. Spiaceva della sorte
toccata al magnano, e spiaceva della
macchia che veniva aggiunta alle altre
che già facevano una brutta compagnia
al nome del nostro paese...
«Intanto la giustizia di Pace,
assicuratasi che un individuo giaceva
nel profondo pozzo, lo fece levare,
stendendone regolare processo. Fu
portato all'ossario presso la chiesa
parrocchiale. attraversando il paese che
era un sepolcro. Posato che fu il
cadavere, una ferita che aveva presso un
orecchio fé sangue — il che fu
rimarcato dagli astanti.
«Va senza dirlo che di ciò non si fé
parola che tra persone di tutta
confidenza. All'orrore già eccitato dal
terribile accidente, si aggiunse anche
quello di taluno che girava il paese,
vegliando alle porte delle case e delle
stufe, per sentire se qualcuno avesse
avuto l'audacia di commiserare il morto,
a parlarne, in qualsia maniera.
«Il medico-condotto del più vicino
circondario fu chiamato a fare l'autopsia
del cadavere; e questi, senza malizia
tagliò in lungo ed in largo, e distrusse la
nota ferita ... Fu poi detto e sostenuto
che non furono rinvenute ferite nel
cadavere, tranne alcune lesioni fattesi
nel cadere dal burrone a caso, mentre
cioè cercavasi uno scampo colla fuga.
Ma in Onsernone nessuno credette o
crede a questa fiaba.
«Che poi vi fosse capacità a
delinquere in taluno, oltre ai fatti fin qui
narrati, e a tutti noti nella Valle, il
popolo lo desume da quanto il Jacomo
era disposto a fare in Locarno, nell'Aula
Legislativa, alcuni giorni prima, io
riporto il caso nel modo stesso con cui
con vanto lo narrava il suo autore.
"Mi trovava alla tribuna, proprio
appoggiato alla balaustra quando il
Cattaneo [Cristoforo] contendeva al
presidente il diritto di prender posto in
Gran Consiglio, ad onta che la sua
nomina fosse contestata. Lasciai che se
la intendessero prima tra di loro: ma
poi vedendo che quel testardo
reazionario non obbediva, cominciai a
gridare: "Fuori gli assassini! fuori gli
assassini.' ". E nel tempo stesso tirai di
tasca le pistole. le montai, e coprendole
col mio cappello, le tenni rivolte al
Cattaneo. Gli miravo proprio il capo: e
già lasciavo parure il colpo, se,
accortosi forse del tiro, non cedeva,
ritirandosi tosto dalla sala ".
«E come finì l’affare del Boscazzi’’
tutti lo sanno ed io non dico altro».
Al “Pozzo del Magnano” il
coperchio della giustizia
Per i lettori che non lo sanno: finì
con un decreto d'abbandono, rilasciato
d'ufficio a Giacomo Schira "per
Quell'uso che di ragione ” I'8 agosto
1881 (Bellinzona), dal Procuratore
pubblico sostituto «ciscenerino» avv.
Carlo Olgiati. Il decreto era stato
emesso il 24 luglio a Lugano dai giudici
della «Camera d'Accusa» Damiano
40
Mariotti (presidente). Cipriano Lurati e
Giacinto
Vassalli,
con
queste
motivazioni.
" Esiminate nuovamente l'inchiesta
preliminare incoata dall'Istruttore
Giudiziario Sost.° Avv. Pasini [Carlo]
ed ultimata dall’Istruttore Giudiziario
S.° Avv.° Tatti [Gaetanol in odio di
Schira Giacomo e Meletta Antonio di
Loco, in seguito ai fatti successi nella
notte del 16 al 17 Marzo 1859 in
vicinanza di Loco, a danno di Già
Maria Boscazzi e di lui figlio Giovanni
stato rinvenuto cadavere in un
precipizio.
“Visto il decreto 24 Luglio 1060 di
questa Camera, col quale veniva
stabilita la visita sopra il luogo
dell'avvenuta sciagura per ispezionarvi
l'ubicazione e la natura della località.
" Visto che la visita si effettuò
coll'assistenza del Perito Sr Ingegnere
Giacomo Poncini solamente nel giorno
11 luglio andante per il motivo che nei
precedenti giorni stabiliti 16 Agosto e
1.° Ottobre I960 non ha potuto aver
luogo in causa di malattia sopravvenuta
al Presidente nel mese di Agosto, ed a
cagione d'intemperie nell'Ottobre.
“Viste le conclusioni 30 Aprile 1860
dell'Istruttore Giudiziario colle quali
propone che in base all'Articolo 258
Codice Penale siano posti in istato di
accusa Schira Giacomo e Meletta
Antonio, il primo siccome reo di colpa
nell'omicidio di Giovanni Boscazzi
avvenuto nel giorno e luogo
sopraindicato, il secondo siccome reo
di complicità nel fatto stesso.
“Visto il ragionato rapporto e
preavviso 18 Giugno 1860 del
Procuratore Pubb.° Sostituto &r Avv.°
Olgiati. col quale propone l’abbandono
dell'inchiesta per insufficienza di indizii
comprovanti il fatto dell'omicidio...
"Visto che per riguardo alle semplici
percosse recate in quella occasione da
Meletta a Boscazzi Giov. Maria esiste
in atti la dichiarazione in data 7
Settembre 1859 dello stesso Boscazzi di
recedere dalla denuncia, per cui
trattandosi di delitto di azione privata
ogni azione penale è tolta...
"La suddetta inchiesta costrutta in
odio di Schira Giacomo. e Meletta
Antonio in Loco, è abbandonata.
41
Foto al centro: La diligenza per Spruga davanti alla
vecchia posta di Locarno, oggi banca della Svizzera
italiana (propr. Enzo Vanetti). In basso: Onsernone
(disegno di Giovanni Tomamichel, da «Alberto
Nessi :, di Fausto Pedrotta)
ESCURSIONE
DOCUMENTARIA
LOCARNO-ONSERNONE
AL COMPIMENTO dei vent'anni così
giuravano i giovani di Comologno nel
42
periodo napoleonico: «Io giuro di servire la
Patria, e la causa della l ibertà, e
d'Eguaglianza da buono e fedele cittadino,
con tutta l'Esattezza e Zelo, di cui sono
capace, e con un giusto odio all'Anarchia,
ed alla Licenza».
Questa formula di giuramento e una
vicenda scolastica locarnese del secolo
scorso (assunzione di un maestro nel
gennaio1863 e dimissioni un mese dopo
per grave indisciplina degli allievi) sono il
bandolo di questa escursione dritto e
rovescio nel mondo del... buon tempo, tra
scuola, municipio e parrocchia, con sbocco
su Comologno.
cittadino la vicenda accennata
sopra, abbiamo incollato l'interesse
alla «Storia di Comologno» di
Giuseppe Gamboni (1892-1973),
una serie di quaderni dattiloscritti
nel complesso inedita, messaci a
disposizione dall'ing. Alessandro
Rima, della quale usiamo con il
beneplacito
del
prof.
Vasco
Gamboni, nipote dell'autore. Storia
minuziosa, cronistoria, attentissima
ad ogni battito della vita
comunitaria, alle vicende scolastiche
in particolare (il Gamboni era
maestro), rigorosamente fondata
sugli atti comunali e patriziali. Sarà
il
vademecum
per
questa
ricognizione a tappe su «Speciale
sabato», unitamente a riporti
integrativi dalle memorie inedite,
manoscritte, del lochese Serafino
Schira (1826-1914), delle quali
disponiamo, con la rara foto
dell'autore, per gentile concessione
degli eredi: una quindicina di
quaderni, nei quali si susseguono
ordinatamente fasti e nefasti di Loco
e dell'Onsernone nell'Ottocento,
intrecciati ai fatti di fuorivia, con la
sola incertezza delle virgole che
ingannano la mano avanzando l'età.
Naturalmente parlare di scuola
significa ricorrere per direttissima al
Franscini, punto di riferimento
d'obbligo e di verifica; nel nostro
caso, premessa indispensabile, a
chiarimento e supporto della
documentazione
che
useremo.
Citiamo dalla sua «Svizzera
Italiana».
Quale formazione scolastica
dietro quel giuramento, quale
consapevolezza
civica?
Odio
all'anarchia e alla licenza: ma in che
ambiente maturavano i giovani in
cima all'Onsernone, tanti dei quali
davano poi ottima prova di sé in
valle e fuori? Una domanda tira
l'altra, tante altre. Chi erano i
maestri, come e dove facevano
scuola, chi li assumeva e pagava, e
quanto, che preparazione avevano,
quali i loro obblighi tra ordinari e
aggiuntivi, ecc. ecc. E gli allievi, a
che età andavano a scuola e se ci
andavano, come si comportavano,
che cosa imparavano? I rapporti
scuola famiglia correvano in piano o
in salita?
Una
carrellata
per
flash
insomma, con lo scoperto e precipuo
intento di offrire qualche riferimento
retrospettivo al disorientato e
ansioso mondo scolastico dei nostri
tempi, mondo senza più confini,
diffusivo, che si riversa in famiglia a
rendere ruvidi pasti e serate.
Esplorata nell'archivio storico
43
Franscini: fa il maestro chi vuole e come vuole
PAGHE, guadagni, argomento
ricorrente nelle carrente che
leggiamo: compare dentro, sopra e
sotto le righe, come le note sul
pentagramma. Come si starà a
contanti.? Pochi e meno di pochi. In
generale, note sotto II pentagramma.
Borsellini flosci e con II buco, «vuoti
a perdere». In compenso, varietà di
monete e... contabilità perfetta, al di
là dei decimali.
«I
Ticinesi
conteggiano
d'ordinario in lire, soldi e denari del
Cantone: 6 lire sono pan a 5 di
Milano... Ne' pubblici conti si
conteggia in lire, soldi e denari di
Milano o di cassa... Nelle tariffe
cantonali il franco svizzero è valutato
a lire due di cassa...
«Nulla in generale ci avea di più
meschino che le mercedi annesse alle
funzioni scolastiche nel nostro paese;
d'ordinario per le scuole primarie
erano da 50 a 100, a 150 lire
l'anno»... [Per un raffronto: nel 1854
l'usciere comunale di Comologno
prendeva 10 fr. l 'anno: nel 1856 una
«refezione» per 7 militi sul San
Bernardino. 80 centesimi’].
«Ora si deve osservar la circolare
3 ottobre 1835 che ordina molto
saggiamente
un
minimum,
proporzionato al probabil numero
degli scolari, ed è di 300 lire in que'
Comuni che hanno meno di 300
anime, 500 ne" Comuni di 300 a 600
anime, e 750 in quelli di maggior
popolazione. Abbiamo detto che si
deve osservare, ma finora non si
osserva da molti, giacché nel nostro
paese si dura gran fatica a
persuadersi che nel ricompensare le
funzioni pubbliche e comunicative è
un segreto infallibile per vederle
malissimo disimpegnate... I maestri
non troppo malamente ricompensati
appartengono i più al novero de'
cappellani detti scolastici, che nella
loro qualità di coadiutori del curato e
di maestri toccano una mercede di
600 fino a 1600 e più lire...».
In breve. I più ricevevano paghe
di miseria, per non dire di fame, se le
ricevevano, e l'attività di maestro
diventava accessoria, integrativa di
altre occupazioni. Altro che
aggiornarsi professionalmente; se
mai qualche riempitivo sommerso, di
straforo (a trovarlo!), per far
quadrare il bilancio domestico e
sbarcare il lunario con minore
stento: «Una tale grettezza fa in
44
quanto ai precettori che mancano de'
mezzi di coltivare il proprio spirito e
di promuovere efficacemente la
coltura dei loro allievi».
Preparazione.
requisiti,
assunzioni...
«Per essere ammesso a maestro di
qualsiasi scuola è necessario essere
cattolico e di ottimi costumi, e
conoscere a sufficienza tutte le
materie
che
debbono
essere
insegnate. L'attestato d'idoneità viene
rilasciato dall'ispettore distrettuale,
previo esame verbale e scritto, che il
candidato avrà sostenuto avanti di lui
e di due membri a ciò delegati dalla
Commissione d'istruzione pubblica...
Si può dire senza far torto a niuno che
finora fa il maestro chi vuole (non
escluso il primo venuto), e come
vuole. Che se qualche aspirante è
sottoposto ad esami, questi si
risolvono d'ordinario in una pura
formalità. . Pochissimi maestri (per
non dire niuno) hanno frequentato un
corso di lezioni teorico-pratiche
intorno alla migliore e più adatta
maniera di istruire ed educare la
gioventù...
«Di qua dal Gottardo la scuola
elementare è disimpegnata pel solito
da un solo maestro, scarsamente
ricompensato, e scelto talora non
colla mira del miglior andamento
dell’istruzione sibbene dello future
elezioni de’ consiglieri o veramente
de' membri della Municipalità»...
Aule,
sussidi
didattici,
amministrazione comunale...
«I comuni mancano quasi tutti di
sale riservate per la scuola. La casa
del curato o quella del cappellano, sia
o non sia adattata, servir deve a tale
effetto... Abbiamo visto più altre []
con entrovi quaranta o cinquanta
scolari, di cui solo otto o dieci
trovavan posto attorno ad un
tavolone per iscrivere e far di conti:
gli altri aspettavano che finisse
l’anno e che que' primi lasciassero
vacuo il posto... Non parliamo degli
utensili scolastici, come tavole nere,
modelli
di
scrittura,
carte
geografiche, perché se ne difetta
quasi universalmente...
«La cagione di tanta meschinità
convien rintracciarla nella mala
amministrazione di molti comuni e
nella quasi generale mancanza di
fondi specialmente assegnati alle
scuole. I comuni sono d'ordinario
indebitati: e le rendite vanno quasi
del tutto o nel pagare gl'interssi o
nell'ammortizzare».
Ordinamento scolastico, allievi,
durata dell'anno...
•la legge contempla scuole
maggiori... [ancora sulla carta
quando il Franscini scriveva] e
scuole minori... Le scuole minori
hanno due classi o sezioni, l'una per li
prìncipii della religione cattolica, il
leggere, scrivere e far conti e per le
regole della civiltà: l'altra superiore,
per la continuazione dell'Istruzione
religiosa, della lettura e aritmetica,
per la calligrafia o bello scrivere, per
gli elementi di grammatica e
ortografìa italiana, per li rudimenti
del comporre. e per li doveri del
cittadino. Nelle scuole delle fanciulle
si deve aggiungere l'insegnamento
de’ lavori femminili...».
«Va male per i maschi: ma va
peggio per le femmine. Nelle scuole
di Comune ricevono d’ordinario
45
l'istruzione co' maschi, ma in grado
inferiore, sicché non è gran tempo
che nella nostra campagna era molto
se la fanciulla di benestante famiglia
imparava non solo a leggere ma
anche a scrivere: se poi aggiungeva il
fare le somme, la resta e la
moltiplica. era quasi troppo...
«Nei villaggi la durata dell'anno
scolastico suole essere molto corta:
in alcuni luoghi cinque, in alcuni altri
sei mesi al più: ed anche una
colpevole indolenza vi fa del
guadagno o cominciando alcun mese
più tardi, o terminando alcun mese
più tosto. Aggiungasi le molteplici
feste; aggiungasi la proclività di
molti a profittare d'ogni bella
giornata per isviar dalla scuola i
figliuoli. Il regolamento ordina che la
durata della scuola non sia minore di
sei mesi; quasi poi temesse un
E lo Stato?...
«Una Commissione di Pubblica
Istruzione, composta di tre membri
del Consiglio di Stato - otto ispettori
distrettuali - trentotto sotto ispettori
di circolo ed altrettanti ispettori
locali quanti ci ha superiori di
stabilimento pubblico d'istruzione
non
affatto
elementare...
La
macchina, malgrado della presunta
azione di tante ruote, il più del tempo
è rimasta in riposo, e se a quando si
mette in moto, non fa che a sbalzi e
malamente. Intanto trascorrono l'un
dopo dell’altro gli anni senza che si
ottengano quei risultati che non si
cessa d'implorare e a voce e per
iscritto... Crediamo che ogni uomo di
sano criterio sarà del nostro avviso se
diremo che una trentina di ispettori di
meno, e un operoso e capace ispettor
cantonale
di
più
sarebbero
soverchio zelo, proibisce venga
prolungata al di là di dieci»
un'eccellente riforma».
46
Fondazione in perpetuo della scuola per tutti i ragazzi di detto
Comune
di fondazione, coll'aggravio di fare
in perpetuo le esequie al fondatore.
la domenica più vicina al suo
decesso. Le soprascritte disposizioni
non avranno effetto se non dopò il
decesso del fondatore.
L'assemblea accetta l'offerto e
ringrazia il benefattore del suo buon
cuore verso la Comune» (il «buon
cuore» cesserà di battere tre anni
dopo, verbale municipale 28
settembre 18281.
Un'offerta non proprio di sorgiva
spontaneità,
vien
da
dire
conoscendone i risvolti, fatta con un
credito divenuto irrecuperabile, che il
Remonda vantava verso il Comune
insolvente, e invano reclamava da
anni, e forse decisa anche di rimbalzo
a disaffezione o ripicca di famiglia,
come lascerebbe sospettare il citato
verbale 28 settembre 1828, dal quale
si apprende che Giov. Maria Bezzola,
non beneamato genero del da poco
defunto benefattore scolastico, ha
impedito al Sindaco Carlo Mordasini
di procedere come di legge
all'inventario dei beni, e la
Municipalità, considerando che la
signora Anna Remonda figlia del fu
Sig. Guglielmo Remonda della Barca
come si sa pubblicamente si trova in
demenza e che i suoi figli sono in età
di minorità, ed avendo inteso che il fu
sig. della Barca ha fatto testamento
nel quale non riconosce per niente il
suo genero sig. Giov. Maria Bezzola.
e considerando... eccetera, eccetera,
ha risolto come risolve...di passare
«Il popolo con comunali
Istituzioni, e nel seno del popolo
numerosi i benefattori, la più parte
privati cittadini, si sono ingegnati in
ogni tempo di far guerra
all'ignoranza con la fondazione di
scuole minori e maggiori. Se non
che troppe volte accadeva che in
questo o quel comune i sacrifizii
fatti dagli avi fossero mandati a
vuoto
dalla
scioperatezza
e
infingardaggine de' nipoti...»
Franscini
Prendiamo un caso. Il 4 settembre
1825 si riunisce l'Assemblea
comunale di Comologno su richiesta
scritta di Guglielmo Remonda della
Barca:
"L'oggetto per cui ho fatto
radunare l'onoranda assemblea di
codesta Comune è quello di fare un
benefizio alla mia patria se verrà
gradito dalla stessa Comune. Questo
benefizio consiste nella fondazione in
perpetuo della Scuola per tutti i
ragazzi di detto Comune, mediante
però che essa Comune si costituisca
garante e sigurtà di detta fondazione
in perpetuo; a tale effetto cedo il mio
credito verso di detta Comune, di lire
cantonali 13 305. 139.diconsi
tredicimilatrecentocinque, soldi 13 e
denari 9 [12 denari = 1 soldo], il cui
interesse ossia fitto è di lire 613,5
diconsi
seicentotredici, dinar
cinque: questo interesse ossia fitto
sarà impiegato come sopra e come
meglio sarà stipulato nell’istromento
47
calda calda la patata al Molto Ill.mo
Tribunale di prima istanza di
Locarno.
Un legato sulla carta dunque,
visto che le tredicimila lire e rotte del
Remonda il Comune le aveva già
consumate da un pezzo, ma pur
sempre un'azione meritoria, che per
anni tuttavia provoca discussioni
accapigliate tra Municipio e
Assemblea, e nella stessa Assemblea
(il 31 ottobre 1830 quelli di Spruga
se ne vanno sbattendo la porta poiché
non si vuole dividere la scuola tra le
due località). Capita ad un certo
momento di avere l’acqua alla gola:
non c'è il becco d'una lira per pagare i
maestri, delle 613 virgola 5
d'interesse cosi ben calcolate : e lo
Stato risponde picche. Invocando a
giustificazione che il lascito
Remonda basta e avanza per pagare i
maestri. Bell'affare! Paga tu che pago
io...! Franscini non calcava davvero
la penna.
La vicenda scolastica locarnese del 1863: le dimissioni Vanetti
Anteponiamo alla ricognizione in
Onsernone la vicenda scolastica
locarnese del 1863 (la seguiamo sui
verbali
municipali),
per
un
preliminare punto di riscontro alla
falsariga fransciniana. rispetto alla
quale i borghi. Come Franscini
chiamava i centri, presentano in
genere scarti ridotti, meno clamorosi.
D'altronde parlare di Locarno è
già parlare dell'Onsernone, per un
verso o per l'altro (e il «verso» non
manca mai, come ultimamente con le
mucche fuoruscite» da Vergeletto a
rivendicare il diritto all'alloggio ai
Giardini Rusca. intorno al «Toro» di
Remo Rossi).
Inevitabile poi per la Locarno del
1863. ripiena di «fuorusciti»
onsernonesi (tra loro qualche
maestro con le Carte in regola), che
vi avevano trovato rifugio e lavoro,
sfuggendo
al
regime
della
«Repubblica dei luogotenenti e della
camorra» instaurata in valle dopo il
«Pronunciamento» del 1855.
Sull'argomento ci proponiamo di
tornare con agio di spazio in altra
serie di «Speciale sabato». se il
direttore Giò non muta programma
nel timore di dover mutare di questo
passo la testata del giornale in «Eco...
dell'Isorno». Anzi, per dirla tutta, è
anche per vedere lui agitare festevole
la bandierina di starter, che
l‘«escursione» comincia con la
«punzonatura» in Piazza Grande e un
«giro di campanile».
15 gennaio 1863
"Visto il foglio 11 corrente, con
cui il Sig. Sereni Gius, dà la
demissione da maestro della Scuola
elementare minore maschile —
classe superiore — pel fatto di essere
stato altrove nominato professore, si
risolve di Invitarlo a presentare
avantutto un abile rimpiazzante».
20 gennaio 1863
«Si rimettono per l’esame >
48
rapporto per domani a sera le istanze
di Marconi Pietro e Vanett Pietro per
essere accettati rimpiazzanti il Sig.
Sereni...».
Il verbale qui registra l’arivo di...
«San Paganino»: la prima delle
quattro rate dello stipendio ai
maestri. E un arrivo che interessa:
maestro Sereni, 117 franchi. Per
confronto;45 franchi annui a Motto
Agostina «come suonatore della
campana e regolatore dell’orologio
della Torre». Al professore della
scuola di disegno, stipendio super e
permessa di dare lezioni la domenica.
«sendo un mezzo maggiore di
propagare quest'ultima scuola, e
sottrarre i giovani all'ozio nelle feste.
"Il Sin. Ing. Municipale Franzoni...
ha fatto apporre dei sigilli per
constatare se i muri della casa in cui
si tiene la scuola dell'Asilo siano in
movimento.
Si
ha
per
comunicazione».
30 gennaio 1863
«Presa cognizione rapporto 27
andante col quale il nuovo maestro
Vanetti fa rapporto per l'indisciplina
della sua scolaresca, e dichiara il
nome dei principali. Si incarica la
Commissione
scolastica
della
necessaria sorveglianza e misure che
crederà del caso».
Tempestività d'intervento, carta
bianca alla Commissione scolastica:
perbacco, non sarà più volata una
mosca. E i genitori, chi sa che
«cresima» ai pargoli tra le pareti
domestiche! Sentiamo il maestro:
Locarno. 26 febbraio 1863 Alla
Lodevole Municipalità ecc.
Ben triste circostanze obbligano il
sottoscritto a fare alle SS.LL.00 la
qui in appresso dichiarazione.
Le ripetute visite, le ammonizioni
e minacce replicate fatte dalla
Delegazione Municipale alla scuola
di sua direzione, allo scopo di
ristabilirla a quella disciplina che
riesce
indispensabile
al
suo
progredimento, di tutto questo nulla
valse a ridurre i scapestrati sul retto
cammino. E come egli già disse altre
volte alle SS.LL.00., tutto è effetto
dell'esempio di alcuni, i quali sono di
una inclinazione impossibile dal lato
suo a correggersi. Frammischiati
costoro ai buoni sono loro di un
velenoso contagio.
E come mai, dirà il sottoscritto
21 gennaio 1863
"Ripresa in considerazione la
domanda 10 andante con cui il Sig.
Sereni Giuseppe dà la demissione da
maestro
comunale,
e
sentital'opinione della Commissione
scolastica, si risolve
1. 1 di accettare la data demissione
2. di promuovere al posto che
occupava il Sig. Sereni il Sig.
Maestro Jelmini Francesco
3. di incaricare a via provvisoria e
salva la ratifica della competente
Autorità
superiore,ilI
Sig.
Vanetti Pietro di Battista.
4. di farne rapporto al Sig Ispettore
scolastico»
Segue un'annotazione all'inglese, un
«si
ha
per
comunicazione».
sull'apposizione di sigilli di controllo
su muri scolastici «in movimento»
(per fenditure»). Quisquilie! Non si
abbozza una piega. Non cera ancora
l'«Eco» a ficcare il naso nelle crepe.
49
alle SS.LL.OO.. potrà un maestro
ottenere rispetto, obbedienza da
scolari i di cui genitori loro danno
libero l'adito ad una cattiva condotta
cecamente proteggendoli nei loro
falli? E tali asserzioni fa il
sottoscritto imperciocché ne ebbe
triste prove. Ecco dunque i frutti del
modo con cui alcuni genitori educano
i loro figli; frutti di cui un giorno ne
assaggeranno tutto l'amaro. Non
degli allievi si vede innanzi il
sottoscritto, non una riunione di
fanciulli disposti ad essere istruiti ed
educati, ad obbedire e rispettare il
maestro, ma fatto eccezzione ai pochi
dei quali non può essere soggetto di
lamento, egli si vede innanzi un
branco di biricchini avversi al
principio d'ogni bene, al male
soltanto inclinati e che disprezzano
quasi direbbe l'istruzione. E quivi, o
Signori, non han termine i tristi e
numerosi inconvenienti, perché non
solo diversi suoi allievi peccano
nell'anzidetto, ma altresì si fan lecito
di insultare il maestro ed in iscuola e
per le pubbliche vie. Ad un tale
oggetto si fanno da loro apposite
congiure, ed a ciò finalmente si
riduce la di lui posizione di maestro.
Per conseguenza di quanto sopra,
lasso oramai di passare dispiaceri, e
di sopportare quanto in posizione
diversa assolutamente non avrebbe
potuto. il sottoscritto dichiara alle
SS.LL.OO. di rinunciare alla carica
di maestro, e le prega a volere quanto
prima farlo rimpiazzare da quegli che
alle SS.LL.OO. parrà a proposito.
Con ossequii'» e rispetto si
dichiara delle SS.I.LOO devot.mo
Servo
Vanetti Pietro
E come spesso capita in simili
franpenti, per il povero Vanetti
piovve sul bagnato. Subito il giorno
dopo.
27 febbraio 1863
«Visto il foglio 26 corrente, con
cui il sig. Vanetti Pietro dà la
dimissione da maestro comunale, si
risolve di accettarla, essendo che si
sa che l'andamento della scuola è
tutt'altro che soddisfacente. Sarà
perciò pubblicato il concorso per il
rimpiazzo, ma in questo frattempo
resterà il Vanetti a suo posto».
Un mese dopo, di male in peggio:
Locarno.
4
marzo
1063
Alla Lodevole Municipalità ecc.
La scrupolosa missione che venne
affidata
dalle
SS.LLOO
al
sottoscritto, gli impone il dovere di
notificare a loro che Arnoldi
Francesco di Giuseppe, di lui allievo,
discolo in primo grado e dotato di
una indole cattiva, ha osato assalire
con un ferro acuto (che il sott.o tiene
ora per prova presso di sé) un suo
compagno, Lovetti Giuseppe di
Luigi, e lo colpi nella spalla sinistra.
Per buona fortuna, la ferita che
vennegli portata è leggera e
comecché passasse col ferro gli abiti
e questi si fosse internato alquanto
nella carne non arrecherà, egli
crede,
nessuna
conseguenza.
Tuttavia o Signori, a loro si appella il
sott.o chè questi non è fatto da
potersi tollerare: egli è di una tale
gravezza che chiama il Suo complice
indegno a stare in una scuola. Ed
abbenché il sott.o abbia più pochi
giorni ad essere maestro, pure non
50
intende assumersi la custodia di un
tristo che dominato d'una feroce
natura avrebbe potuto accausare
una disgrazia.
A loro norma, con dist.a stima e
rispetto delle SS.LLOO.
P. Vanetti
5 marzo 1863
Ultimo soprassalto disciplinare
del Municipio.
27 marzo 1863
«Ritenuta la necessità assoluta di
provvedere altri locali per le tre
scuole
comunali
maschili,
essendoché due delle attuali, quelle
esistenti nella casa municipale
difettano di luce, e per molta umidità
malsana, e quelle nel già Convento
di Si Francesco, il Commissario non
ne può concedere più lungamente
l’uso, si risolve di incaricare i Sig.
Municipali Galli e Franzoni
Guglielmo di tentare di far contratto
colla
Società
del
Palazzo
Governativo per tre locali nello
stesso».
Rapporto Vanetti circa azione
cattiva di 4 allievi
«Si rimette alla Commissione
scolastica il rapporto 4 corrente, con
cui il maestro Vanetti notifica,
perché non si lasci passare impunita,
la mala azione commessa da Arnoldi
Francesco di Giuseppe, ferendo in
una spalla con un ferro acuto il suo
compagno Lovetti Giuseppe: nota
però che la ferita è leggera, e che non
avrà alcuna conseguenza.
1. aprile 1863
«La commissione Galli e
Franzoni Gugl.o riferisce che il Sig.
Mariotti Ant.o amministratore del
Palazzo Governativo è disposto ad
affittare i locali occorrenti per le
scuole maschili al prezzo di fr. 70
cadauno. Si risolve di stringere
contratto al prezzo suddetto,
essendoché non puossi ottenere
alcuna riduzione».
Molinari Giusepppa
ammonita per insulti a
Maestro presente la scolaresca
«Sapendosi che la moglie di
Molinari Giuseppe jeri l'altro si è
permessa di entrare nella Scuola
Vanetti e d'insultarlo alla presenza
della scolaresca, si risolve ai
incaricare la Commissione scolastica
di fare chiamare a sé dinanzi la
suddetta
Molinari
per
una
redarguizione, essendo che quando i
parenti hanno a lagnarsi dei maestri
devono portare i loro lamenti alla
Municipalità».
Intanto che il maestro Vanetti...
conta i giorni, leggiamo come si
stava ad aule in borgo.
9 maggio 1863
Vanetti lascia il «purgatorio» (per il
resto dei suoi giorni lavorativi farà
l'esattore comunale), l'Onsernone
esporta maestri a Locarno.
«In rimpiazzo del dimissionario
Sig. Vanetti Pietro, si risolve, sulla
proposta
del
Sig.
Ispettore
scolastico, nominare maestro della
Scuola elementare minore classe II.
il Sig. Fontana Francesco di
Mosogno per il corrente anno
scolastico alle condizioni esistenti
Sarà staccato a favore Vanetti un
mandato di fr. 60.20 a saldo suo
51
stipendio fino ad oggi».
Un fior di stipendio rispetto a
quelli in Onsernone, dove andremo a
scartabellare nelle prossime puntate.
«La sera del 12 corrente, sulla strada
circolare avanti la casa Mella all'Ingresso di
Loco, Il signor consigliere Giovanni Schira
venne assalito da due Chiesa, padre e figlio,
riportandone due ferite.
Il Chiesa padre venne immediatamente
arrestato: l’indomani venne pure tradotto al
pretorio il figlio.
La inchiesta preliminare procede
alacremente.
Tardammo sino ad oggi a rendere di
pubblica ragione il luttuoso fatto per non
destare un anticipato dolore che la dichiarata
gravità delle ferite dovea cagionare.
Al presente i medici curanti ci
autorizzano a dichiarare trovarsi l'ammalato in
corso di guarigione.
Un si grave fatto non solo colpì di dolore
tutti gli amici di questo caldo patriota, ma
rattristò tutta la Valle di Onsernone, la quale
va debitrice alla singolare attività ed allo
spirito d'intraprendenza del signor Schira se
ne' scorsi tre anni anni di generale strettezza
vide triplicato Il prezzo della treccia di paglia
che si compera ogni settimana sui mercati di
Loco e di Russo a prezzi contanti».
Tra i fuorusciti onsernonesi i maestri Chiesa e Nizzola
Da una lettera del 22 novembre
1863 di Luigi Rusca (Commissario
governativo) a Giovan Battista Pioda
(Consigliere federale, assai legato
agli Onsernonesi, che il 31 agosto
1857, al grandioso banchetto per la
nomina all'Hotel Corona, gli avevano
donato, cimelio raro per conio e
dimensioni, una splendida medaglia
d'argento per le sue benemerenze
52
verso la Valle):
"Quella valle già una volta cosi
ridente. dove si leggeva il contento
su tutti i volti, al presente la si
direbbe cambiata in una tomba. Mi
diceva giorni sono il Giudice Carlo
Schira di Berzona che il proprio
paese è diventato una vera spelonca,
la maggior parte di quegli abitanti
avendo dovuto emigrare. In una
parola l'aria è tesa, tesa quanto può
esserlo, e sarà gran ventura, se in
quella valle, non succede una
catastrofe»
Abbiamo accennato a Remigio
Chiesa
e
Giovanni
Nizzola
(riquadrato
sotto),
entrambi
«fuorusciti», entrambi in quegli anni
sulla bocca compassionevole del
Cantone.
Il primo, per il padre e il fratello
diciottenne ai «lavori forzati» nel
Castello di San Michele a
Bellinzona: avevano reagito al
dominio che pesava su Loco e sulla
Valle, ferendo con un ferro puntuto,
in uno scontro sulla pubblica via, il
sindaco e granconsigliere Giovanni
Schira Taroch. La condanna (15 anni
al padre, feritore, 10 al fratello,
accorso in aiuto e ritenuto correo) era
stata inflitta nel settembre 1857 dal
Tribunale di Locamo, previa
esposizione alla berlina in giorno di
mercato (l'ultima volta che la
giustizia ticinese ricorse a quel
ludibrio pubblico).
Il
secondo,
primo
docente-direttore
della
Scuola
maggiore di Loco, per l'ostracismo
datogli nel 1858 dai fratelli Schira
Taroch, che mal sopportavano la sua
indocilità. E poi era figlio di
quell'Antonio Nizzola, una volta già
dalla loro parte, con il quale erano in
rotta furiosa e al quale lo Schira
granconsigliere
aveva
fatto
assaggiare, secondo abitudine, le sue
«branche di ferro».
Dal «Martello» del 12 febbraio
1864: «1858. 3 gennaio. Attentato
alla vita dì Antonio Nizzola sulla
piazza di Loco, e caccia a suo figlio.
Autori il Sindaco di Loco e alcuni
suoi barabba. La scuola maggiore
rimane chiusa per alcuni giorni».
Dall'archivio storico cittadino
riportiamo una lettera del Chiesa e
una del Nizzola, un oblò sulla
situazione dei «fuorusciti».
Locarno il 30 maggio 1863
Onorevole Signor Sindaco e
Municipali
Io sottoscritto sento il bisogno di
informare codesta Lod.le Autorità di
quanto segue:
Come è noto a molti anche per
semplice informazione, io da un anno
mi trovo lontano da Loco, né avrei
potuto andarvi senza correre
pericolo della vita. Avendo ora affari
in Locarno, ci venni credendo
trovarvi quella personale sicurezza
che in questa città ospitale si
accorda anche agli esteri, non
solamente agli Svizzeri. Ieri l'altro
però dopo essere stato ritirato quasi
tutto il giorno, uscii per una
passeggiata verso il lago .Giunto
sulla piazza avanti al caffè dei
fratelli Romerio mi vedo affacciare
Giacomo Schira di Loco, i1 quale a
bassa voce e con tono minaccioso mi
disse: La finiremo presto In quella
s'alzano dal tavolino il cons.
Giovanni Schira e l'avv. Marconi
53
(Paolo) ed a lunghi passi si dirigono
essi pure a me proferendo anch essi
parole insultanti, io mostrai in sulle
prime alquanta risolutezza. ma
poscia adendomi presso ad essere
assalito e maltrattato, mi rifugiai nel
negozio della vedova Neuroni e più
tardi dal Sig. Gianetelli. I tre suddetti
a cui erosi congiunto l'avv.
Mordasini [Paolo] passeggiavano
lungo tempo vicino al citato negozio
in attesa ch'io uscissi, entrando pure
in parte nella bottega sotto altri
pretesti.
Io non sortii di là che quando fui
assicurato che eransi allontanati.
La sera dopo fu pure rimarcato
da molti Locarnesi qualche altra
piccola dimostrazione da parte di
Schira Giacomo.
Di questi fatti posso citare
specialmente i Sig.ri Municipali
Franzoni Guglielmo, presente la sera
prima, e Dottore Galli [Giuseppe],
che
graziosamente
stavano
osservando la sera seguente acciò
non corressi pericoli.
Le SS. LL OO, non sono chiamate
per
istituto
a
giudicare
dell'accaduto,
ciò
essendo
prerogativa dei tribunali; né io
intendo ricorrere per questo, ma
volli informarle onde sappiano che,
se cittadini ticinesi non possono per
avventura godere di quella ospitalità
proverbiale
onde
distinguesi
Locarno, non e per opera di questi
cittadini; dai quali non ebbi mai a
soffrire il minimo dispiacere, bensì
da forensi che vogliono introdurre in
questa città i germi della loro
moderna civilizzazione.
Intanto non ho che a rendere il
debito omaggio a questa popolazione
che indignasi all'aspetto di tanto
ardire di pochi disturbatori; e di
questo Sig. Commissario [Luigi
Rusca] che prese tosto tutte le misure
opportune ad ottenere che nella sera
del 26 non fossi più oltre molestato.
Io alle SS. LL. OO. esprimo la
fiducia che nel caso di bisogno
vorranno
procurare
che
la
tranquillità del paese non sia
disturbata, e che sia anche a me
garantita quella sicurezza personale
di cui abbisogno durante il mio
soggiorno che intendo di fare in
questa citta, in prossimità della mia
sgraziata famiglia.
Coi segni della più distinta stima
ed ossequio, mi dico delle SS. LL OO
Umile ServoRemigio Chiesa
«Sgraziata famiglia»: i figli
piccoli abbandonati a Loco, la
moglie demente e la cognata poco
meno, per il marito «ai ferri» nel
«San Michele».
Povere donne dell'Onsernone,
sfiancate dal lavoro, dal peso
domestico, con la mente vacillante
per l'ingombro di assilli e dispiaceri
repressi, quei groppi di magone
confidati
solo
alla
binda
nell'interminabile intrecciare. Se ne
incontrano, ridotte in quello stato; e
che rovina per famiglie e comuni
ricoverarle a quel tempo al
manicomio di Como.
In Municipio si mette a verbale il
6 giugno 1863:
«Si dà lettura di un foglio 30
scorso maggio di Remigio Chiesa,
con cui narra di essere qui stato
minacciato dai suoi paesani di cui
declina i nomi. La Municipalità, visto
54
che nulla domanda, nulla risolve,
tranne di ritenere in atto il suesposto
foglio».
Bellinzona. 2 Ottobre 1863
Alla Lodevole Municipalità della
Città
di Locarno
Onorevoli Signori Sindaco e
Municipali.'
Diversi Onsernonesi che si
trovano in Locarno o nelle sue
vicinanze desidererebbero esercitare
i loro diritti civili in occasione delle
nomine federali del 25 corrente: e
per mezzo mio chiedono da codesta
lodevole
Municipalità
se.
presentandosi essi al burò elettorale
di codesto Circolo, per deporre il
loro voto a favore della preconizzata
terna liberale [Pioda, Jauch,
Capponi] vi sarebbero ammessi.
Si desidera, al caso, dietro quali
formalità ciò potrebbe ottenersi,
onde, se è loro possibile,
unimoformarvisi in tempo utile.
Colla
preghiera
a
cod.o
Municipio d'essermi cortese d'un suo
rescritto in proposito, mi pregio di
sottoscrivermi delle SS LL OO.
Umile Servo
Prof. G. Nizzola
In calce all'istanza, un preavviso
di pugno del Municipale Righetti in
data 6 ottobre 1863: due o tre
considerandi
appuntellati
alla
legislazione elettorale e un «si
risolve» che... non porta voti alla
terna liberale. Considerando che il
Prof. Gio. Nizzola non dimora in
questo Comune e che gli altri non si
conoscono, si risolve che non abbia
ad ammettersi la istanza Nizzola.
Rispondere al medesimo coll'articolo
citato riformato.
(Art. 10. legge 1. marzo 1855).
Remigio Chiesa di Loco maestro a Locarno
Del maestro Vanetti abbiamo squadernato quel che c'era da squadernare: come la
pensava, come impugnava la penna, il perché e il percome della sua «estromissione»
dalla scuola. Diamo un cenno dei suoi colleghi Jelmini e Fontana, citati al margini della
vicenda.
Francesco Fontana, onsernonese di Mosogno. Scrive di lui l'Ispettore scolastico:
Ascona il 8. Maggio 1863 Alla Lod.e Municipalità di Locarno
Facendo seguito alla verbale comunicazione di jeri compiego i recapiti [requisiti],
de' quali è in possesso il Sig. Fontana Francesco di Mosogno, proposto a succedere
come Maestro al demissionario Sig. Vanetti.
Dal tenore degli stessi troverete con che chiamarvi soddisfatti della scelta: nel che
io posso assicurarvi che le scuole già da lui dirette in questo circondario hanno sempre
dato commendevoli risultati, ascrivibili nella maggior parte al di lui zelo operoso ed
intelligente capacità.
Come poi dissimo di presenza, lo resi avvertito acché Lunedi prossimo si trovi a
disposizione Vostra per quanto occorre, e per incominciare la scuola.
55
Vi assumerete cura di far avvertito dell'occorrente il Sig. Vanetti.
Con perfetta stima e considerazione
L’Ispettore
Avv. Pancaldi Michele
Francesco Jelmini, maestro «forense» anche lui. La Maggia è in buzza e la posta
da Locarno ad Ascona ci mette tre giorni
Ascona. 4 ottobre 1863 Alla Lod. Municipalità di Locarno,
OO. SS. Presidente e Consiglieri Municipali!
Con officio n. 3610, in data 28 settembre anno corrente, (pervenuto al sottoscritto
solo jeri a motivo dell'ingrossamento della Maggia) codesto Lod. Municipio
comunicava al sottoscritto la conferma in lui fatta per un quadriennio nell'ufficio di
Maestro della scuola elementare minore maschile comunale di Ila classe.
Ringraziando le SS. LI. OO. della fiducia in lui posta, il sottoscritto con la presente
intende dichiarare la di lui accettazione. promettendo in pari tempo di far ogni possibile
da parte sua per non risultare indegno della Loro confidenza, che altamente apprezza.
Rinnovando i di lui ringraziamenti ha l'onore di riverirle distintamente e
sottoscriversi delle SS.LL.OO obbendientissimo servo Jelmini Maestro
Franscini scriveva che pochi maestri seguivano corsi di metodica. Ne abbiamo uno
sottomano, Remigio Chiesa, e il nome porta in Onsernone. che nel 1854 offriva i suoi
servigi alle scuole locarnesi
Bellinzona, 10 Ottobre 1854 Alla lodevole Municipalità di Locarno
Onorevolissimi Signori Sindaco e Municipali!
Essendo a cognizione del sottoscritto l'avviso di concorso pubblico sul foglio
ufficiale per la nomina del Maestro della scuola maschile prima classe di cotesta Città,
perciò prega codesto lodevole Municipio a passargli detta nomina alla scuola, alla
quale concorre colla supplica che presenta. Inquanto poi ai ricapiti [requisiti] voluti
dalle leggi, si riserva a presentarli alla fine del corso di Metodo, al quale attualmente
assiste. Riguardo alla condotta della scuola promette, che sarà sua somma premura il
condurla a seconda dei vigenti regolamenti scolastici.
Pronto a presentarsi anche in persona ad ogni invito, che sta attendendo, prega
codesto Lodevole Municipio ad aggradire i sensi di distinta stima e considerazione.
Loro Dev.mo Servo Chiesa Remigio di Loco
L'esito di questa domanda e il seguito lo leggiamo in un opuscolo dell interessato
(La mia difesa. Milano 1862):
«Intanto io viveva a Locarno, dove almeno ero sicuro della mia pelle... Allora fu
che, essendo aperto il concorso per una scuola che ebbi già l’onore di dirigere negli
anni 1854-55. e 1855-56, vi aspirai, e venni nominato maestro dalla Municipalità di
Locarno, con approvazione dell'Ispettore».
Dal verbale 14.81861 risulta che insegnò a Locarno anche nel 1860-61: gli si
versano 400 fr. «per la totalità del suo stipendio, essendoché durante l'anno non gli
venne fatto alcun versamento acconto, conformemente erasi stabilito nel relativo
contratto».
Remigio Chiesa (Ghetta) di Loco. Motivi a bizzeffe per parlare e riparlare di lui,
forse il più noto dei «fuorusciti», con l'altro lochese Giovanni Nizzola. professore di
grande prestigio nel contesto scolastico cantonale, luganese in particolare, e di
56
riconosciute benemerenze.
Il lascito Peverada per la fondazione della scuola di Loco
IL SUDDETTO testatore
comanda, vuole, intende e lascia,
che dalla facoltà da lasciarsi a la
sua morte e dopo la morte di sua
moglie sia prelevata una somma di
lire milano 4500. dico L. 4500
moneta di milano al corso di
Locarno, di quale somma, sia in
contanti ovvero in boni fondi, sia
messo in possesso l'onoranda
Squadra di Loco, con obbligo alla
medesima onoranda squadra e
suoi agenti d'impiegare utilmente
la suddetta somma, il di cui reddito
57
Loco Onsenone Pieve di Locarno,
coll'assenso, ed assistenza altresì del
di Lei figlio Martino ivi presente
annuente, facendo pertanto tutte le
seguenti cose, come erede del fù
Carl’Antonio
Peverada di Lei
fratello,
di
propria
sua
volontà,
non
sforzata,
ne
sedotta,
ne
sedotta,
ne
sedotta...
ha fatto, e
fa
Cessione
libera franca, ed
assoluta
nelle
mani, e possanza delli Signori
Giovan Battista Contarmi. Giacomo
Schira. Giacomo Luchini. e Gulielmo
Luchini
come
Deputati
dell'Onoranda Squadra di Loco ivi
presenti accettanti, e stipulanti in
nome e come alla Vicinanza 14
Gennaio anno corrente...
Segue una lista di crediti in
ragione di vendite, verso: Guglielmo
Chiesa per L. 1190 Can'Antonio
Carazzi per L. 590 Giovanni Schira
per L. 1100 Giacomo Schira e fratelli
per L. 400
Guglielmo Ferrazzini per L.
200 Giovanni Morgantini per L. 100
Giacomo Lucchini per L. 246 Paolo e
fratelli Morgantini per L. 147.10
Tutto ciò suddetto... pel prezzo
e valore di Lire Milano al corso di
Locarno L 4000... in compito saldo
del legato lasciato dal fù suo fratello
Carl 'Antonio Peverada come da suo
testamento... a favore della Scuola
dei Ragazzi di Loco...
servir debba di stipendio o salario,
e mercede per la scuola che il
Reverendo
Capellano
del
Sufraggio dovrà fare a ragazzi
della detta onoranda sauadra di
Loco, insegnando a leggere
scrivere, e far conti, ed a' quali
ragazzi ogni giorno dopo la scuola
farà recitare un Pater ed ave e
requiem a suffragio dell'anima del
benefattore; intendendo pertanto
l'antescritto Signor Testatore e
Benefattore
che
l'onoranda
squadra o confraternita del
suffragio debba procurare d'aver
per tale effetto sempre una
persona di scienza, prudenza, e
probità.
Ogni qual volta però che
l’onoranda Squadra di Loco e la
Veneranda Confraternita del
Suffraggio
non
volessero
provedere
il
richiesto
ed
opportuno soggetto per la detta
scuola o non accettare suddetto
Legato tale fondo o somma e
reddito ritornar debba e devoluta
sia a prò e benefizio dei poveri più
bisognosi dell'onoranda Squadra
di Loco. Cosi sia fatto non
altrimenti.
Dal testamento (notaio Ferrini,
1785)
***
Dai rogiti del 1798:
In Nome del Signore Amen
L'Anno della di Lui nascita Mille
Sette Cento Novant'Otto, in questo
giorno di Venerdì cadente alii due di
Marzo La Signora Maria Giacomino
attual Moglie del Signor Paolo
Cantorini ivi presente annuente di
58
Li Signori Giacomo Luchini,
Giovan Battista Cantorini, Giacomo
Schira, e Gulielmo Luchini tutti
Deputati dell'onoranda Squadra di
Loco in ordine alla Loro Autorità, e
Deputazione di detto Pubblico in
datta 14 Gennaio passato prossimo...
sono divenuti. come divengono al
presente obbligo della manutenzione
perpetua del Legato suddetto...
Gli suddetti Deputati a nome
come sopra dal principio del
prossimo Mese d'Aprile in avvenire
s'obbligano virtù della suddetta
Cessione
alla
Manutenzione
perpettua della Scuola da farsi ai
Ragazzi di Loco... per mezzo de!
Reverendo Signor Capellano del
Suffraggio di Loco, insegnando ai
medesimi a Leggere. Scrivere, e far
conti.
Obbligandosi,
come
s'obbligano gli Suddetti Deputati a
nome come sopra d'essere in tutto, e
per tutto garanti tanto della Somma
Capitale come del prodotto in
perpetua manutenzione, quale dovrà
mantenersi ed essere durevole in
perpetuo, e sino in perpetuo al
Publico e comune vantaggio di tutti i
Ragazzi di Loco, che voranno
approntarsi di tal opera pia.
Ma siccome il Capellano
presente del Suffraggio per l'età sua
avanzata si trova incapace a poter
addempire. e soddisfare tale Legato,
si lascia il jus, e Diritto alla suddetta
Erede di elegere un'altra persona
benevisa alla medesima, capace però
alla suddetta Scuola fin a tanto, che
vi sia Capellano giusta il suddetto
Testamento.
Con patto, e condizione però,
che tralasciandosi l'addemplmento
del detto Legato, questo debba
cadere nelle mani degli eredi del
suddetto Testatore, e il medesimo
fondo, e prodotto si dovrà distribuire
alli più poveri del paese, come da
Testamento.
A prò e suffragato del pio
Testatore il Signor Maestro dei
suddetti Scolari ogni giorno dai
medesimi Ragazzi dovrà far recitare
cinque pater, Ave, e Requiem, ed il
sabbato di ogni settimana recitare le
Litanie della Beatissima Vergine,
come pure il detto giorno insegnerà
la Dottrina Cristiana in Spiritual
istruzione dei suddetti Ragazzi,
acciocché questi siano non solo
istrutti nelle Scienze, e belle Lettere,
ma altresì nella viva Religione
Cristiana Cattolica, e timor di Dio,
primo fondamento di tutte le Scienze.
Con patto, e condizione, che il
maestro di Scuola non debba
percepire di più del quatro per cento
della suddetta Somma Capitale di L
4000 cosi intesi, ed il sopra più dovrà
essere in vantaggio del publico per la
perpetua manuten zione del suddetto
Legato...
Fatto, e stipulalo a Loco in
casa d'abitazione della suddetta
Cantorini.
Testimoni furono Giacomo
figlio di Giuseppe Cantorini,
Carl'Antonio figlio di Gulielmo
Chiesa e Pietro figlio di Gulielmo
Corazzi tutti di Loco figli di Famiglia
giusta.
La formula di chiusura notarile
informa in latino che l'atto in copia
autentica è di mano di Vincenzo
Maria Cadoni, del fu Carlo Remigio
di Loco Seghelina in Onsernone,
59
notaio pubblico in Locarno, con
licenza elvetica e papale.
A Loco in tempi non procellosi
«Dal 184-1 al 1849, nel cui frattempo vissi a Locarno, parmi che una segreta
intelligenza fomentasse il mal umore tra i due partiti formatisi principalmente dopo la
rivoluzione del 1841, e più ancora un avversione alla Chiesa e a quanto vi apparteneva. Si
andava bensì alla Messa nei giorni di precetto, restando pure in fondo alla Chiesa, ma l
'antipatia alle pratiche religiose arrivava a far preferire alla meditazione la lettura di
qualche giornale. Nelle scuole ginnasiali erano precettori uomini italiani nudamente teneri
in affare di religione onde si può arguire la sorte degli allievi. Perché l'Arciprete di Locarno
(Nessi) operò contro l'abuso di far gazzarra a Solduno il primo di Quaresima, vi si andò da
Locarno colla musica, e la sera, al ritorno, sull'imbrunire si passò suonando, pur di far un
baccano indiavolato sotto le finestre dell'Arciprete».
«Nell’inverno del 1863 trovandomi in Locarno a lavorare presso il Sig. Avv. Alberto
Franzonl avvenne che il 6 di gennaio cominciò a nevicare e continuò per 5 giorni, tanto che
la neve raggiungeva l'altezza di oltre 60 centimetri, ed era estremamente pesante. Il giorno
11 festa della Madonna del Pianto in Chiesa Nuova, verso le ore 2 1/2 pomeridiane, appunto
nel momento in cui l'Arciprete Nessi sortendo dalla sagrestia attraversava il Coro per
recarsi sul pulpito a spiegare la Dottrina il tetto della prima metà anteriore della Chiesa di
Sant'Antonio cedette al peso della neve e rovesciò sui fedeli accorsi a udire la Divina
Parola. 47 furono le vittime del disastro».
Serafino
Schiraa
«La popolazione di Loco era nel 1850-60 di
ragazzi del lascito Peverada,
a imparare
700 anime circa. Nel 1908 si trova discesa a
400 anime o poco più. Questa diminuzione
di personale va attribuita un po' a tempi
procellosi passati dal 1850 al 1875, quando
diversi individui preferirono vivere in pace
all'estero anziché disputarsi la libertà nella
patria loro a rischio della vita; un po’ al
fatto che l'industria della treccia venne
assalita da una concorrenza formidabile
dapparte di quella chinese che fece
ribassare d'un tratto il suo valore a prezzi
derisorii da non poter più farvi assegno per
vivere, onde chi non aveva altro reddito si
vide obbligato a desertare il tetto paterno,
ad adattarsi altrove ad altri lavori, passar
frontiere, valicar mari, prendere nuovi
domicilii. a modo delle rondini, a seconda
che gli interessi richiedevano».
E i tempi «non procellosi»? Quelli della
fanciullezza. Di Serafino alla scuola dei
leggere, scrivere e far conti, a colpi di verga
di varia lunghezza. Anni in cui, anticipando
i tempi, lo «scandalo» dell'esposizione in
San Remigio di un quadro con l’Italia
risorta, scollacciata e mezzonuda, avrebbe
fat to crollare la chiesa.
È quello l'orizzonte sgombro, 1'«allora»
roseo al quale la memoria di Serafino
rapporta in costante sottinteso il rovinio
degli eventi di poi in valle e fuori; uno
sfondo di religiosità senza tentennamenti,
biblica, mezzo di contrasto per leggere e
interpretare con 1a certezza della fede il
degradare del secolo, gli accidenti pubblici
e privati.
Allora, allora...
La violenza non era all'ordine del giorno (e
della notte), e i giornali non coniugavano di
edizione in edizione il verbo «assassinare»
(aggredire e ferire) per informare il
60
Cantone della pacificità di Loco.
«In Onsernone o, diciamo meglio, a Loco, i
pugni,
schiaffi
calci
bastonate,
inseguimenti minaccie, multe, raggiri
intimidazioni, scorrerie erano all'ordine del
giorno...
Le votazioni per l'elezione dei Consiglieri e
del Deputati al Consiglio Nazionale si
facevano
ordite
apposta
come
convenivano. È stato detto che si facevan
votare i morti ed i voti d "Onsernone erano
prezzolati. Tale il conto che si faceva della
libertà dei cittadini. Delle assemblee e
votazioni al Comune di Loco non
parliamone".
Le osterie non erano fortini contrapposti,
non ci si andava a scaldare idee e propositi
dagli uni, a covare speranze e far voti dagli
altri.
«I liberali avevano il loro ritrovo nella
Osteria Broggini i Moderati in quella di
Remigio Antonio Chiesa.
Nei 1873 mentre una sera diversi giovani
sortivano dall'antica osteria di Remigio
Antonio Chiesa i soliti appiattati, li
inseguirono a corsa precipitosa, gli tiraron
dietro alcuni colpi talché il Gio. Francesco
Schira si ebbe il cappotto traforalo, e
correndo i fuggitivi senza riflettere dove, fu
gran ventura se non si ebbero a deplorare
gravi infortuni».
Non si strappavano crocifissi, non si
segavano croci alla base, da gettare nei
vortici dell'Isorno.
«Recisa al suolo, si vuole dai soliti ignoti la
croce grande fatta innalzare nelle Vattagne
dal Sacerdote Fornero. E come i Soldunesi
gliene avevano sostituita un'altra, i soliti
segarono al piede anche questa e la
gettarono nel fiume da dove l Soldunesi la
raccolsero e in segno di riparazione la
allogarono nella Chiesa di Solduno in
faccia al pulpito».
Poveri Soldunesi, loro a far atti di
riparazione, e quei «massoni» di Locarnesi
a disfarli.
«Verso il 1850 nella Chiesa di San
Francesco in Locarno mentre celebratasi
dal Prete Lucini la Messa festiva delle ore
11 certi avvocato Zezi [Giacomo] e
avvocato Righetti [Attilio] salirono sul
pulpito e vi levarono il Crocifisso
asserendo essere un pezzo di legno».
Non scoppiavano tempeste alla prima
alzata di ciglio o di testa dei parroci, non si
procedeva alla spiccia per bandirli dalla
valle.
«Nel 1854 si scatenò una tempesta contro
l'emerito Vicario Don Giuseppe Perucchi...
I maligni non cessavano di adoperarsi per
effettuare i loro neri disegni.. Che tempi!
Premeva ai ribelli alla Chiesa di disfarsi di
questo zelante Ministro... Fanno istanza
alla Municipalità perché raduni tosto
l'Assemblea per deliberare in merito al
Vicario. Altri fra i membri municipali
raccomandano prudenza per timore di guai
e cedono alle istanze. I rivoltosi prendono
ansia e divengono altari tantoché formato
un nucleo da 12 a 15 individui attorno a
loro si impongono al Parroco e alla volontà
del paese che intimidiscono e il buon
Sacerdote pensò bene di far partire
anzitutto la sorella che aveva con lui e la
sera, di notte, mentre la turba era andata al
teatro a Berzona. accompagnato fino a
Locarno da 8 o 10 Lochesi, partì alla volta
di Stabio, sua patria, dove lo attendevano
altre tributa zioni e persecuzioni per amor
del suo Ministero».
Non si multava chi andava a messa...
all'estero, tra quei «marzocchi di
Berzonini».
«Quando il Curato Murali [asconese] poco
dopo, abbandonò la Parrocchia, si
introdusse a reggerla un così chiamato
Prete Volpini, che vi restò dalli sei alli 8
mesi (fosse o no prete, questo non so)...
Siccome nei giorni festivi chi andava in un
paese e chi in un altro ad udire la S Messa,
ciò che costituiva un rimprovero per
Sindaco e Munìcipalità, così questa chiese
ed ottenne da quella di Berzona che
venissero multate di due franchi per testa
due persone che erano andate colà a
Messa».
Non si bruciavano i confessionali sul
sagrato, tra danze e canti.
«1856. In quest'anno verso il fine di 9bre,
non saprei per quale motivo, il Parroco Don
61
Agostino
Muralti
venne
sospeso
temporaneamente dall'udire le confessioni.
In questa circostanza vuolsi che, ridendo,
abbia detto ai Rettori del paese che sendogli
levata la confessione potevano abbracciare
i Confessionali. Tanto bastò perché gli
stessi prendessero la cosa sul serio e
all'indomani mattina Festa dell'Immacolata
si recassero alla Chiesa e ne estraessero i
due confessionali che accatastavano in
mezzo al Sagrato alla vista di tutto il popolo
che andava alla Messa. E appunto nel
tempo che il Sacerdote celebrava la S.
Messa cantata che i Messeri accompagnati
dai loro amici di Berzona e di Mosogno
appiccarono il fuoco ai Confessionali ed
aprirono le porte della Cupola della Chiesa
perché i fedeli sentissero il crepitare del
fuoco e il loro baccano indiavolato e
fossero testimoni del falò».
Non si sparava a zero sul clero in petizioni
al Governo.
«Abbandonata dal Clero la missione
evangelica, ed abbracciata un'impresa di
avarizia e corrutela, un Cappellano ozioso
non potrebbe che portare danno alla
pubblica morale... Intenti solo ad
aumentare dell'oro, od a passare la vita in
gozzoviglie. I beneficiati di tempi andati
non si curano mai di adempiere gli oneri, ed
incassano i redditi senza alcun utile del
paese...
Loco, avendo un Parroco [Muralti] un'altro
Cappellano [Giuseppe Serodino] ha
ecclesiastici più del bisogno, e da un terzo
non potrebbe avere che guai».
Per dirla in breve, non si scriveva
dell'Osernone (come Luigi Rusca a Giovan
Battista Pioda un trentennio più tardi) che
«quella valle già una volta così rìdente,
dove si leggeva il contento su tutti l volti al
presente la si direbbe cambiata in una
tomba» [Inserto del 6 dicembre].
CURIOSANDO di striscio in Pedemonte,
dove abbiamo ritrovato il maestro
Francesco Fontana, facciamo tappa a
mezza valle, a Loco, balconata tagliacosta,
case arretrate a pensilina sull'imbuto
dell'Isorno.
«Case ammonticchiate le une sopra le altre,
divise da viuzze, anditi e strette così dette;
ordinariamente ad un piano, poche a due...;
muratura in pietra e calce; copertura a
piode, pavimenti di legno con tavole od assi
sovrapposti a travi; scale di legno a piani
incastrati tra due mezzene di trave; camere
di due metri di altezza o poco più, aperture
adattate all'altezza; focolare spazioso, cessi
formati di un asse tra due muri... Alcune
case differiscono da quelle qui sopra
accennate.
Quella della Famiglia Meletta fu
Carl'Antonio, a mattina del gruppo, isolata.
Quella detta dei Notaj a 2 piani con portici
al primo e secondo piano, in prossimità
della precedente.
Quella dei Broggini, ora Carazzetti, a
mezzogiorno del gruppo, a 3 piani con
portici a colonne.
Quella del Signor Ferrazzi (viveva nel
1665, era al servizio del Delfino di Francia
Luigi XIV, aveva 3 case in Loco ed aveva 3
figlie) e un suo ritratto si conserva a Loco
nella casa del Signor Domenico Cantarini
fu Eustorgio), fondatore di un Beneficio
omonimo in Loco, a due piani con portici a
colonna in ambo i piani, apertura in pietra
lavorata, con gabinetto al secondo piano a
levante della casa chiuso verso il portico
con porta a tre serrature, a sud ovest del
gruppo.
Quella del Peverada nel centro del gruppo a
2 piani con porte e finestre in pietra
lavorata, ora dei Gobbi.
Quella dei Rigoni ai Molini, fabbricata sul
modello di quella dei Peverada.
Quella di Carlo Chiesa ove dicesi alla
Tamborna.
A Niva, frazione la più bassa del paese, la
casa del Vonica, già capitano nelle milizie
ticinesi, isolata, e situata al dissotto
dell'Oratorio sulla strada che conduce ad
Intragna, più la Casa del Broggini, la prima
a levante del gruppo di case, formante la
frazione, fornita di portici.
In Rossa, altra frazione, la Casa del
Prevosto Broggini con portici. A questa si
trovava in prossimità un piccolo Oratorio,
ora distrutto.
Nelle Pezze, altra frazione, la Casa detta del
62
Scior Antonio (Lucchini) con portico.
Il complesso di questi fabbricati uniti alle
14 Cappelle della Via Crucis, Casa del
Parroco, Chiesa di S. Remigio, e Chiesa
della SS.ma Trinità offrivano sia a chi
entrava nella Valle per la strada di
Pedemonte, sia a chi vi entrava per la strada
d'Intragna qualche cosa di pittoresco e pel
colore bianco delle case e pel colonnati e
portici che vi si distinguono.
Carlo Agostino Meletta, pittore, ne ritrasse
un quadro nel 1830 sul muro del ripiano
nella Casa già Ferrazzi, da lui abitata. Là
vedevasi il paese di Loco dipinto al
naturale».
***
Tempi "non procellosi». Non incombe
ancora sul paese e sulla valle lo strapotere
dei fratelli Schira (Taroch) non si parla di
«forche caudine per il pedaggio-pestaggio
agl'indocili che rasentano la loro casa, non
si parla di «fuorusciti» (in colonia a
Locarno e altrove a sognare o tramare il
ritorno), non si parla di «camorra», non si
fanno falò di confessionali sul sagrato.
Visitiamo la scuola in parrocchia con
Serafino Shira scolaro, che ricorda per filo
e per segno cominciando da lontano.
Era Curato a Loco Don Carl'Antonio
Trombetta di Berzona. Era piccolo di
statura ed abitava la casa che sta di fianco
alla Chiesa, il cui giardino confina col
cimitero, detta anche la casa del
Trombetta... Quel buon Curato con suo
testamento 15 Ottobre 1831 legava... Segue
la distinta di un cospicuo lascito, con
pensierino finale per la scuola: 1000 lire.
Il testatore Curato Trombetta morì in Loco,
fu esposto al pubblico nella sua casa
d'abitazione seduto su di una sedia a
bracciuoli, portato cosi in Chiesa e dopo
l'Ufficiatura sepolto in una tomba nella
stessa chiesa...
Fu l'ultima volta a Loco che il parroco
morto fu esposto e seppellito secondo
questa usanza. Era usanza diffusa, e altrove
nell'arco alpino persisteva ancora decenni
più tardi.
Intorno a questa usanza c'è un ricordo del
De Sanctis (1817-1883) nel «Viaggio
elettorale», al capitolo Morra Irpina (paese
natale), dove parla del muro altissimo della
Chiesa, davanti a casa sua:«Quel muro
monotono senza finestre ha un piccolo
buco nel mezzo, e in quel buco, salendo per
scala altissima, ficcai un di l'occhio
curioso, e vidi tanti preti, seduti in cerchio,
e ebbi paura, e scesi frettolosamente... Ero
fanciullo, e quella vista e quella paura non
mi è uscita più di mente. Mi dissero ch 'era
il cimitero dei preti e conchiusi che i preti
stavano nell'altro mondo seduti, e mi
pareva meglio così, che stare supino in uno
scatolone inchiodato».
Verso il 1839, cessò il caso di trasportare
alla Chiesa i morti scoperti. Essi erano
adagiati entro la cassa bensì ma con mezzo
corpo sporgente, sostenuto da cuscini in
modo che la faccia del Morto guardava il
Cielo e poteva esser vista da tutti. Gli
uomini avevano la barba rasa e portavano
in testa un berretto bianco a maglia. Le
donne avevano la testa coperta, da un
fazzoletto, così detto, di damasco; tutti poi
colle mani incrocicchiate e la Corona del S.
Rosario.
Alla scuola
del Paltenghi
Dopo la morte del Curato Trombetta (1831)
venne nominato a reggere la Vice
Parrocchia certo Paltenghi, probabilmente
di Sessa, i1 quale vi rimase per un po' di
tempo finché caduto ammalato se ne andò
via né ritornò più. Questi abitava la casa
parrocchiale che guarda il Sacrato,
probabilmente di recente costruzione, od
almeno restaurata. Faceva la scuola a tutti i
ragazzi del Comune, maschi e femmine.
Era rigoroso, e, nei castighi che erano assai
frequenti, faceva largo uso della verga,
talché quando udivo il suono della campana
che chiamava alla scuola, mi mettevo a
piangere. D locale poi che accoglieva la
scolaresca era una delle due camere che
trovansi al piano più alto della casa
parrocchiale
verso
montagna
e
precisamente, quella che guarda a ponente
e vi si accedeva dalla parte posteriore della
casa scendendo una scala stretta che
metteva a pochi passi dalla porta...
63
Nella scuola si insegnava a leggere e
scrivere. Primo libro di lettura era il Jesus
cosi chiamato per lo stemma che portava
relativo al nome; poi veniva l'abbecedario,
poi la Dottrina Cristiana, poi l'Ufficio della
B.V. Si Insegnava anche l'aritmetica. In
aiuto Il, lui quale lavorante, ed io quale
apprendista. e verso il principio di marzo
partimmo a quella volta per non ritornare
che nel settembre...Nel 1843 mio padre
prese impegno per lui e per me di servire
certo Remigio Zanoni. Ghep, di Auressio
con negozio a Cigliano nel Vercellese.
Partimmo in Marzo e ritornammo in
settembre...Impara l'arte...
al Maestro venivano anche i capi di banco
ai quali veniva commessa la sorveglianza.
Erano in uso allora le penne d'oca.
Le vacanze eran frequenti, sia pei giorni
fissati dall'uso, sia pelle feste che
occorrevano, sia pelle occasioni di funerali
che impedivano al Curato di tenere la
scuola. Alla prima scuola successiva alle
vacanze vi era il redde rationem. Un mazzo
di verghe stava ritto accanto alla pigna o
stufa per essere usato sulle mani di chi era
stato colto o visto in fallo fuori della scuola,
o non sapeva la lezione.
La scuola era annunciata col suono del
campanone. D'inverno i ragazzi portavano
la legna pel riscaldamento della stufa...
I ragazzi più ritrosi venivano anche puniti
coll'essere chiusi in cantina entro qualche
armadio.
Via il Paltenghi, via altri due dopo di lui,
nel dicembre 1833 venne a curare le anime
lochesi don Giuseppe Perucchi di Stabio, di
«sempre cara memoria». Vent'anni dopo,
divenuto scomodo alla consorteria locale,
quelle anime ardenti gli daranno
l'ostracismo alla loro maniera... Il riverbero
dei confessionali in fiamme si vedrà
lontano nella Confederazione e oltre... Ma
questa è storia che si dilata, da riprendere in
inserto a sé.
Intorno a quest'epoca la scuola dei ragazzi e
ragazze venne trasferita nella Casa del
Trombette dove abitava un coadiutore al
Parroco. Questi tenne per qualche tempo la
scuola passate poi a maestri appositamente
istruiti.
64
loro desiderio. Ed io mi ricordo d'aver
frequentato per un po' di tempo la sua casa,
di aver ricevuto i suoi ammaestramenti
assiso al tavolo di cucina, e di aver
imparato gli elementi del latino tanto che
potei nel Collegio di Ascona essere
ammesso a continuare cogli altri discepoli
il corso già incominciato di Prima Classe di
latino. Per alcuni mesi fui quindi posto in
pensione
presso
Giuseppe
Pancaldi-Ferretti, Oste in Ascona e ottima
persona e queste avveniva nel 1835.
Nel 1836, i miei genitori pensaron bene di
collocarmi nei Collegio stesso e per 9 mesi
e mezzo all'anno mi mantennero colà
finché sortii ammalato di febbre nel 1841
studiando rettorica per non più entrarvi.
Qui devo confessare che ho deluse in pieno
le speranze loro ed ho mal corrisposto a
tante cure e sacrifici che fecero per me.
Avevo poco senno ed ero scarso d'ingegno.
Sono 6 anni di pensione che i miei buoni
genitori sostennero col lavoro delle loro
braccia e coll'aiuto delle mie care sorelle
maggiori Margherita e Mariangela, lavoro
che per buona sorte, a quei tempi fruttava
onorevolmente la treccia, oggetto di loro
occupazione, ricercata, e mio padre traendo
buoni stipendii dalle campagne che faceva
al soldo di Antonio Mancini, .qual suo
rappresentante a Saluzzo. E poi da notarsi
che oltre la spesa per me avevano quella
della famiglia numerosa che allevavano e
grazie alla loro attività ed economia
seppero provvedere a tutto senza far debiti.
Il Signore li benedica tutti e li compensi Lui
per me. Conosco che in questa contingenza
ebbero i loro dispiaceri, ma è da supporre
che i tempi procellosi che passaronsi poi a
Loco gliene avrebbero riservati altri di
maggiore portata se io fossi stato uomo
d'ingegno o tale da far ombra in qualche
modo al dispotismo che vi dominò per ben
20 anni.
Addì 24 luglio 1836 nasceva mio fratello
Antonio tenuto al fonte Battesimale da
Giacomo Bianchini Giudice, e da Marianna
Meletta (Zoppetta). Invece alcuni anni
prima moriva il mio fratello Gio. Battista
Pellegrino...
«Figlio di «famiglia giusta» Tra
pratica e grammatica
Avevamo aperto la serie di questi inserti
con un carico di domande sull'ambiente nel
quale maturava alle prove della vita la
gioventù onsernonese. Lo sappiamo: niente
ovatta, solo segni di sbozzatura a colpi di
paglietta di ferro. Ne è un esemplare
Serafino Schira, che narra meglio di un
giornalista, ed è un pozzo di San Patrizio
per la nostra curiosità. Lo lasceremo parlare
a tutto spiano, anche in seguito,
interrompendolo solo per un sorso d'acqua
e una tirata di fiato. Salvo il caso, s'intende,
che prima o poi il direttore dell'«Eco» non
ridiscenda di mutato parere e con un occhio
blu dai suoi ritiri spirituali in Verzasca,
valle del cuore.
La casa che mio padre aveva acquistato da
Giovanni Lucchini era situate nella terra di
Loco sotto la Piazza Piccola e componevasi
di cucina. solaio e stanza sotto divisa in
due, con due lobbie e due ripiani, cantina e
spazza casa.
Mio padre cominciò ad abitarla verso il
1832 trasportandovi la famiglia che
componevasi di mia madre, mie sorelle
Margherita e Mariangela una il 10 " nate la
prima il 10 luglio 1818 e la seconda il 14
settembre 1820, di me nato il 21 agosto
1826, e del mio fratello Gio. Battista
Pellegrino, nato il 24 giugno 1828 e del mio
caro nonno Bernardo...
Qui Serafino sbaglia la conta e salta la
nascita di Marianna Rosa: 26 luglio 1831.
Addì 27 giugno 1834 nacque il fratello
Giovanni che ebbe a padrino il zio
Giovanni Spadini e a madrina Marianna fu
Giuseppe Meletta detta sposina, donna di
grande pietà...
Verso la fine del 1834 i miei ottimi genitori
devono aver concepite l'idea di farmi
intraprendere lo studio nella speranza ch'io
avrei scelto la carriera ecclesiastica ed avrei
corrisposto alle loro aspettazioni di avere
un prete e a questo scopo devono aver
conferito col sullodato Prevosto Don
Giuseppe.
Perucchi, perché mi avviasse nei primi
passi del latino, il quale accondiscese al
65
Alli 10 Agosto 1838 nacque mia sorella
Maria Teresa…
In quest'anno [1841] la mia sorella
Margherite venne chieste in isposa da
Giovanni Carazzett detto Scalla e passò a
matrimonio collo stesso...
I matrimoni raramente si facevano con
suono di campana, accompagnamento di
clarinetti e susseguente invito a pranzo ed
alla danza.
Di solito avvenivano di buon ora e in tale
occasione la sposa andava a riconoscere i
parenti e gli amici coll'offrir loro le barotte
(un miscuglio di castagne appassite bollite,
dolci, noci e nocciuole) ciò che veniva
compensato con qualche dono...
Dopo lo studio io ero ancora senza
mestiere, e il mio buon padre pensò bene di
avviarmi all'industria della allora unica
risorsa della paglia, allora unica risorsa
della Valle, la quale consisteva nella
preparazione della paglia e fabbricazione di
treccie per le donne e ragazzi e nella
fabbricazione e vendite dei cappelli per gli
uomini. A quest'effetto egli si accordò per
la campagna del 1842 col rispettivo
cognato e genero Giovanni Carazzetti che
teneva negozio a Rivoli, lui quale
lavorante, ed io quale apprendista, e verso il
principio di marzo partimmo a quella volta
per non ritornare che nel settembre…
Nel 1843 mio padre prese impegno per lui e
per me di servire certo Remigio Zanoni,
Ghep, di Auressio con negozio a Cigliano
nel Vercellese. Partimmo in marzo e
ritornammo in settembre.
numerosa famiglia, presso il quale
cominciai a lavorare, in qualità di scrivano,
nel principio di Novembre, e continuai fino
verso il maggio 1849.
Nella primavera del 1849 lasciai lo studio
del Signor Avv.o Franzoni e andai a Torino
dove già trovavasi mio padre col fratello
Giovanni a lavorare da cappellaio di paglia
e continuare il negozio già tenuto dal zio
Vittorio Bianchini sito in Via dello Spirito
Santo. Continuai la carriera del cappellaio
fino al settembre del 1867. In questo
frattempo passai 2 o 3 invernate in quella
città, e servii per qualche anno in qualità di
segretario nel negozio del calzolaio Glo.
Battista Gullia. Venendo a casa in
settembre andava a lavorare da scrivano
chiamatovi sovente dal Signor Avv.o Felice
Bianchetti, ora dall'Avv.o Vittore Scazziga,
ora dall'Avv. Gio Battista Mallé di
Solduno, ora dall'Avv. o Michele Pancaldi
di Ascona e infine ancora dal sunnominato
Signor Alberto Franzoni...
Nei primi mesi del 1864 venni da mia
Mamma richiamato da Locarno a Loco
dove i1 mio buon Padre trovavasi
gravemente ammalato. Vi andai subito e
giunsi che egli era nelle ultime ore di sua
vita attorniato dalla moglie e da tutti i suoi
figli...
Si fecero al Papà i funerali da lui prescritti,
e dopo la sua sepoltura ritornai subito a
Locarno...
Nel 1867 io col Giovanni e coll'Antonio ci
trovavamo a Torino a lavorare e gerire il
negozio da cappellaio. Nella prima decima
di giugno riceviamo avviso dal cognato che
la Mamma era gravemente ammalata e
desiderava
che
alcuno
di
noi,
preferibilmente l'Antonio, ripatriasse. Partì
subito l'Antonio e i1 12 dello stesso mese la
Mamma spirava nel bacio del Signore. Il
Signore la benedica e dia riposo all'anima
sua.
Parentado assai vasto. Serafino ne registra
puntualmente gli eventi, piccoli o grandi,
lieti o tristi, in tutte le ramificazioni, in
patria e all'estero. Non muta penna
passando da una nascita a un decesso,
sempre lo stesso stile, lo stesso distacca. La
Impara l'arte… « Scrivano» a
Locarno
Di ritorno a Loco nel settembre pregai il
Vicario Don Giuseppe Perucchi che mi
procurasse qualche occupazione in cui
potessi mettere a profitto quel poco di
studio che avevo fatto. Ed egli,
compiacente, mi allogò presso il Sig.r
Avvocato e Notaio Alberto Franzoni in
Locarno, suo amico, uomo di molto
ingegno e appartenente a distinte e
66
caduta del fratello Giovanni dal tetto nella
Bastoniga. l'apoplessia che immobilizzo la
sorella Rosa, la morte del fratello Antonio e
delle sorelle maggiori, hanno lo stesso
spazio che ha la nipote «Catterinina» che
«principia l'andata alla scuola in Locarno»
o l''«apprendissaggio presso la Signora
Viglezio-Demicheli a Lugano.. Una riga
dice che il 2lugllo (1890) la nipote
Desideria «è stata introdotta al Manicomio
di Como», la riga successiva, che il 6
agosto«dopo le 3 del mattino moriva a
Como la Desideria Carazetti mia ottima
nipote».
Il tutto intrecciato in una sequela di «si fa
memoria», che vanno dal necrologico, al
meteorologico, alla cronaca nero-sacrilega
(furto dei gioielli della Madonna del
Sasso).
Don Giuseppe Perucchi alla municipalità negligente
Dalla
Casa vice
Parrocchial
e, il 1.
novembre
1845:
In
sequela
dell'incarico
addossatomi da questa onorevole
Assemblea di provvedere a questa
vice Parrocchia un Cappellano che
si occupasse eziandio della scuola
elementare maschile ho l'onore di
significare alle SS. LL d'averlo
trovato nella persona del Sacerdote
Don Vitale Poma di Mezzovico,
paese del Signor Curato di Berzona.
Questi è un buon soggetto, esemplare
di discreto sapere, raccomandato a
me dall 'ottimo V. Rettore del
Seminario Grande di Como.
Promotore delle Cause Pie, prò
Vicario Generale Don Gianantonio
Guglielmi Lo stesso Signor Curato di
Berzona, e il Curato di Crana mi
dicono ogni bene di questo Don
Vitale: sicché io spero che i Signori
Lochesi saranno contenti di questa
mia scelta, come lo furono già di Don
Antonio Bollino. Non manca dunque
altro che questa assemblea gli passi
una nomina regolare, secondo i
capitoli da me allo stesso spediti, e
questa nomina più presto gli si
spedirà e più presto si trasferirà a
Loco. Laonde io direi di radunar
l'assemblea
domani
immediatamente, prescindendo dalle
formalità in vigore pel radunar le
assemblee perché la cosa é urgente.
Devo fare noto alle Signorie loro che
all'oggetto di avere qualche soldo
disponibile per provvedere le penne,
l'inchiostro e un poco di carta pei
ragazzi poveri che frequenteranno la
scuola io ho offerto al detto Don
Vitale solamente 450 lire compreso il
sussidio, e si accontent,. per cui le
40. o 45 lire che sopra vvanzano si
potranno impiegare in carta ecc. a
sollievo, come dico, dei ragazzi
poveri.
Io penso d'aver fatto un'opera
buona a cercare questo soggetto: e
pel soggetto stesso, e per avere
risparmiato alla Comune l'incomodo
e la spesa di andare in cerca;
ciononostante prevedo che non
mancherà qualche lingua che si
aguzzerà per mordermi ma oramai io
sono avvezzo a simili gratitudini, e
67
l'unica mia consolazione, l'unico e
più caro mio premio, si è la
persuasione d'aver fatto del bene.
Fino a tanto però che il nuovo
Cappellano non sarà qui, alla scuola
attenderò io, e proverò se dopo avere
riportato un onorifico attestato
d'aver atteso alla metodica nel
Seminario grande, nel 1829 prima
che nel Canton Ticino non si sapesse
neppure cosa fosse metodica: se
dopo avere insegnato gramatica
superiore latina colle altre scienze
annesse per tre anni in Collegio
d'Ascona. potrò riuscire con qualche
onore a fare un po' di scuola
elementare
ai
ragazzi
miei
parrocchiani!
Con ogni stima ece. ecc.
Prevosto Perucchi
Dalla Casa Parrocchiale, il 5
dicembre 1845:
In conformità della Circolare 3
ottobre 1835 della Commissione di
pubblica Istruzione: pella Circolare
27 ottobre art. 15; e dell'ultima 8
novembre scorso della Commissione
Dirigente d Educazione Pubbli ca
art. 2. le municipalità, o loro
Commissione devono dare entro 15
giorni dall'apertura delle scuole, ai
maestri o maestro il catalogo de'
fanciulli o fanciulle obbligati dalla
legge ad intervenirvi. Questo finora
dalle loro Signorie non si è fatto, e
l'Ispettore nella sua visita se ne è
lamentato.
Una buona parte di scolari, e di
fanciulle mancano de’ necessarii
libri di testo, e massimamente di
carta rigata a diverse distanze, e
bianca; penne, inchiostro. Per dir
che si dica i genitori non ne
provvedono, perché non vogliono o
perché non possono; o provvedon
oggetti non adattati. II Maestro ed
anche io ci assumeremmo di
acquistare quel che bisogna, ma ci
vogliono denari. Ben sanno le loro
Signorie, avendolo a loro scritto, che
nel contratto dello stipendio al
maestro attuale ho riserbato 45 lire
annue, all'oggetto appunto di
provvedere il bisognevole pei
fanciulli e fanciulle, poveri. Sarebbe
necessario pertanto che detta somma
ci
si
anticipasse,
che
si
impiegherebbe tosto.
Le leggi della pubblica Istruzione
esigono che nelle scuole vi sia un
Crocifisso. La scuola nostra
maschile ne fu priva finora, e
l’Ispettore ne ha levato, l'anno
scorso,
qualche
lamento,
e
giustamente quel Crocifisso che
hanno cercato di provvedere
inutilmente le loro Signorie, me lo
sono procurato io collo sborso di
dieci franchi e l'ho di già applicato
alla scuola maschile. Se lo vogliono
tenere avranno la compiacenza di
soddisfarmene l'importo.
Sono intanto colla più perfetta
ecc.
Prevosto Perucchi
68
IL MAESTRO FRANCESCO FONTANA
Locarno nel precedente inserto. È
la raccolta del mensile «Il
portafogli del maestro elementare
minore» di G.B. Laghi. redattore e
gerente, stampata da Veladini dal
settembre 1871 all'agosto 1872.
Fatta rilegare dall'interessato,
come attesta un perentorio ordine a
penna sul frontespizio del primo
numero, porta i segni di un uso da
trincea, incerottata di etichette a
stampa con tanto di "Sig.
Francesco
Fontana
Maestro
Tegna», di ritagli pure a stampa di
salmi e ariette d'intonazione
religiosa, risuonati gli uni e le altre
sotto le volte della Chiesa
Parrocchiale di Santo Stefano di
Miglieglia durante la Pasqua 1873
e 1875. Il tutto in stravagante
compagnia
di
un
ritaglio
pubblicitario in tedesco di una
marca di tabacco da naso, e di una
strofa a penna dal «Brindisi di
Sfogliamo la «bibbia» didattica
del maestro Fontana, incontrato a
69
Girella» (Io nelle scosse / Delle
sommosse ! Tenni per àncora D'ogni
burrasca / Da 10 a 12 Coccarde in
tasca).
Etichette e stravaganze a parte. tra
le quali rileviamo ancora l'inclusione
nella rilegatura di alcune pagine del
«Fiat Lux» di Remigio Chiesa (un
«j'accuse» contro gli Schira Taroch,
che suscitò tempesta), la raccolta
presenta, a commento o rettifica di
questo o quell’argomento, numerose
devesi preparare ad essere l'angelo
del domestico focolare. Allieve, state
lontane dall'esagerato gusto della
moda,
oggi
così
ricercato:
abbiliatevi semplicemente, siate
nemiche del lusso, che prepara molti
dispiaceri e pochissime gioie, e non
fa che aumentare la frivolezza di
coloro che vi si abbandonano.
Accostiamo a commento alcuni
passi da una «Lettera di una Maestra
ticinese a una Maestra lombarda»
(«Portafogli»):
È incontrastabile che gli uomini
sono nati fatti per contraddirsi:
smentiscono oggi quello che
asserirono ieri.
Ne abbiamo una recente prova a
nostro riguardo. I giornali d'ogni
paese, d'ogni nazione, d'ogni
emisfero pubblico [ripetono] fino
alla nausea che la donna è dalla
natura destinata all'incivilimento de'
popoli, e che le generazioni crescono
sulle ginocchia della madre. A
questo scopo si eccitano le giovani a
frequentare i corsi universitari e
riportar diploma in chirurgia, in
medicina e in ambe le leggi..
Tutte queste cose ci dicono per
ingiuriarci gli uomini col lodare la
donna intendono avvilirla.
E di vero: ad onta di tante lodi
alla donna, avrai letto quindici
giorni fa sui giornali un 'offesa alle
povere
maestre.
Si
grida:
«Nell’inaspettata penuria di maestri
si dovette, in un certo paese, darsi
attorno a reclutar donne e tutte
quante le aspiranti maestre vennero
impiegate in luogo dei disertati
maestri".
Anche in questo Cantone Ticino non
annotazioni di sicura pertinenza,
dalle quali traspare la preparazione
del docente.
Incollato in fondo al «Portafogli»
c'è questo saggio di ortografia, datato
«Tegna. 13 novembre
Studiose giovinette sta in voi
l'apprendere mercè le vostre buone
disposizioni. Il maestro può
consigliarvi e guidarvi, ma senza la
vostra buona volontà, nessuno
risultato
potreste
ottenere:
ricordatevi, che le cognizioni che
una giovane può acquistare, non
debbono essere che un mezzo di rial
zare la virtù, e le grazie del suo
sesso. Prima di pensare a brillare,
70
si cessa dal lamentare che le maestre
sono troppo facilmente impiegate
nell'arte dell''istruire …
Mia cara nen meravigliamoci se gli
uomini si contraddicono perlando
della pubblica istruzione. Essi si
contraddicono in tante altre cose a
nostro danno. Quando ci chiamano il
bel sesso, il gentil sesso, e che so io,
vogliono significare il sesso imbelle,
il sesso schiavo, il sesso da
corbellare...
contratti tra i municipi e i maestri».
Sotto, richiamato dalla (precedente
legge del 1864 che quando una
scuola noveri più di 60 allievi, il
comune dovrà stipendiare un
aggiunto, o meglio dividerla in due,
aventi ciascuna un proprio maestro,
e che il professore o maestro
regolarmente nominato sta in carica
quattro anni, si specificano i nuovi
stipendi (tabella sinottica in
riquadrato).
concludendo
che
l'onorario delle maestre potrà essere
di 1/5 minore di quello dei maestri...
Ritorniamo un attimo a Locarno e
al decennio precedente per un
richiamo comparato. Euforici o
delusi i maestri dalla nuova legge? Il
lettore lo arguisca dai dati che
riportiamo.
Rate stipendio maestri
11 agosto 1861. Si notifica d'aver
il 15 corrente, cioè dopo avvenuta la
chiusura delle scuole, staccato a
favore dei sottonominati Maestri e
Maestre comunali i mandati per le
somme rispettivamente indicate a
«Il Maestro»e lo stipendio
Stralciamo dal «Portafogli»:
Prima d'abbracciare un mestiere, un
'arte, una professione, necessita
nell'individuo vocazione... Il difficile
sta nel perdurare nella pazienza, sta
nel sapere insegnare, sta nel dover
continuamente studiare... Lo scarso
stipendio poi, di cui il maestro
minore attualmente gode, non entra
nella considerazione... D'altronde
anche la quistione dello stipendio a'
maestri si fa strada a loro favore...
Ultimamente anche la Società
Demopedeutica
insinuò
sua
domanda a’ Supremi Consigli,
affinché una volta si renda giustizia
a’ maestri, rimunerandoli, non già
secondo il merito, almeno almeno in
modo che possano esercitare la loro
missione con quel decoro, di cui
tanto abbisognano.
E venne la nuova legge (2 febbraio
1873). Sui moduli per l'assunzione
dei maestri c'è stampato tanto di
«Avvertenze
da
osservarsi
esattamente nelle nomine e nei
71
saldo loro stipendio:
Galimberti Sofia. fr. 160.00
(Scuola maggiore femminile)
Zambelli Angelina, 115.00
Ronchi Martina. 115.00
Malinverni Luigia, 80.00
Fusco Carlo. 125.00 (Scuola minore
maschile)
Sereni Giuseppe, 117,50.
4 ottobre 1861
Essendo il terzo anno che la Maestra
assistente Caterina Nessi funge le
funzioni nella Scuola Malinverni
conformemente al principio e pratica
adottati, si risolve di dare alla
medesima la solita remunerazione
per cessato anno scolastico di fr. 80
ottanta.
Avendo la scuola femminile
classe seconda, sostenuta dalla
Maestra Martina Ronchi quale
stante la di lei lunga malattia fu
rimpiazzata
da
sua
sorella
Teodolinda munita di patente per far
Scuola, dato negli esami un risultato
soddisfacente
attestato
dalla
Delegazione scolastica nostra, e dal
Sig. Ispettore, e dovendosi in
omaggio a verità riconoscere aver
cooperato efficacemente la maestra
aggiunta Galli Martina, abbenché
sia solo il secondo anno che funge
dette funzioni per non misconoscere
il merito onde sia a lei e a tutti i
maestri di stimolo nell'interesse non
mai troppo protetto della Pubblica
educazione, si risolve di accordare
alla detta Galli una gratificazione di
fr. 50.
Può interessare, a chiusura della
parentesi, il rendiconto locarnese
1862 per la Pubblica Istruzione:
Entrata ordinaria: fr’. 2026.40
Uscita ordinaria: fr. 4716.80
L'importo del sussidio scolastico
cantonale «per le scuole elementari
minori dell'esercizio 1861» fu di fr.
620.
Tu farai l'arrotino e tu lo
spazzacamino
Nel «Portafogli» appare una
«Lettera di uno spazzacamino», con
l'indicazione in Verzasca. 2 aprile
1872, firmata Luigi, con un Maggetti
a penna aggiunto dal maestro
Fontana.
È una lettera che sospettiamo non
autentica, merita però una scorsa:
Quando fui all'età di otto anni,
mio padre non mi richiese già a qual
mestiere, a quale arte, a quale
professione volessi dedicar mi Egli
mi chiamò a sé, chiamò mio fratello
Carlo, di me minore di un anno, e
cosi ci disse: — Se guendo la
tradizione di famiglia e ripetendo le
raccomandazioni della buon'ànima
di mio padre, intendo che tu, Luigi
faccia lo spazzacamino, e che tu,
Carlo, impari sotto lo zio Tommaso,
l'arte
dell'arrotino.
Lo
spazzacamino,
emigrerà
nell'inverno, l'arrotino nell'estate, e
cosi in ogni stagione si troverà in
paese un giovine per custodire la
casa...
La lunga lettera contiene una serie
di osservazioni sulle scuole ticinesi,
locali scolastici angusti scarsi di
luce, umidi e dannosi alla sanità
dell'allievo: banchi di vecchia data e
molto scomodi (gli scolari tengono
per uomo di poca vaglia quel
maestro che tollera di sedere sopra
una sedia scassinata ed impagliata
72
solo per metà, con davanti a sé un
banco tarlato o malfermo): dannoso
l’uso di far portare dagli allievi la
legna (molti ragazzi, usando la più
spiccia, entrano nei fondi altrui):
delegazioni
scolastiche
poco
premurose: il maestro isolato e
costretto a lottare da solo contro
certi
genitori
negligenti
nell'istruzione de' loro figli le scuole
non
abbastanza
fornite
del
bisognevole.
Inattesa la conclusione: Il ritardo
maggiore al prosperamento della
pubblica istruzione nel nostro paese
proviene dal meschino onorario che
si assegna al maestro comunale... I
franchi 300 che in media si
retribuiscono ad un maestro per un
lavoro di dieci mesi sono da me,
povero spazzacamino, risparmiati in
una trimestrale emigrazione.
La scuola serale degli spazzacamini
«In onore di tanti nostri
concittadini che abitano la bella ed
uniforme città, bagnata dalla Dora e
dal Po e principalmente in onore di
Giuseppe
Cavalli
d'Intragna,
pubblichiamo la seguente notizia che
si legge sul N. 24 10 aprile 1872 nel
giornale LA GUIDA del maestro
elementare italiano.
Nel 1869 venne istituita in
Torino, in via Bava, una scuola serale
pei giovani spazzacamini ticinesi che
emigrano nella stagione invernale in
questa città per l'esercizio della loro
professione. Il capo di questi, certo
Cavalli
Giuseppe
d'Intragna,
compreso della necessità d’impartire
anche a questa classe di persone il
bene dell'istruzione, mettendo a
profitto il poco che aveva appreso
alla scuola elementare del suo paese,
sì diede egli stesso a raccogliere tutte
le sere in casa propria questi poveri
spazzacamini suoi connazionali, ed
istruirli nelle materie elementari di
lettura, calligrafia ed aritmetica.
Banditasi nel marzo 1870 in Torino
l'Esposizione didattica municipale, il
Cavalli vi mandò un fascio di pagine,
lavoro de' suoi allievi, e, vedendone
la favorevole accoglienza, invocò
l'aiuto del Municipio per la sua
scuola. Il Municipio, aderendovi,
assegnava al Cavalli un modico
compenso per la continuazione della
scuola, forniva alla stessa il materiale
occorrente, e la metteva sotto la
diretta sorveglianza dell'apposita
Delegazione scolastica. Sotto questi
favorevoli auspicii la scuola del
Cavalli continuò anche in quest'anno,
frequentata da una ventina di
giovani, dal novembre a tutto marzo,
epoca in cui ha luogo l'emigrazione
degli spazzacamini. Il benemerito
Comitato della Lega d'insegnamento
73
del Circolo di Verona, nella sua
seduta del 5 maggio 1870, nominava
il
Giuseppe
Cavalli,
capospazzacamini in Torino, socio
onorario del circolo di Verona; e noi,
SCUOLA
ricordando la generosa opera di lui,
meglio che farne elogi, di cui non
abbisogna. intendiamo additarla
quale
esempio
imitabile».
E
SOCIALITÀ
74
NELL'OTTOCENTO
Passar Frontiere valicar mari
75
Pane e lavoro nella segale e passaporto…
76
NELLA foto di Loco apparsa sul
precedente Inserto (17 gennaio) si
distinguono, intagliati nel morbido del
pendii, i terrazzamenti per la
coltivazione della segale.
La segale, regina sulla vita della
valle e delle famiglie, composte,
scomposte e ricomposte a periodi fissi,
alternati su un calendario sghembo. Un
paio di mesi da presepio per incontrarsi
o ritrovarsi a facce cambiate, e mettere
su prole o rinfoltirla, il resto ad infilare
giorni interminabili d’avvento: gli
uomini con i figli «ai primi voli di
rondine» dietro, laggiù, lungo le vie
della binda e del cappelli, sempre più in
là oltre l'orlo dell’orizzonte, donne
lassù con II carico della casa e della
figliolanza implume e ribelle al digiuno,
sempre più vizze e più curve nel
saliscendi per le balze, a dannarsi
dietro le bestie. Natale, uno strappo
insieme a risospingere la vita a dispetto
di consuntivi invariabilmente in rosso;
Pasqua, la diaspora a rinverdire sogni
e rianimare attese. Sistole e diastole In
tempi disuguali, un'aritmia che non
arresta il cuore della valle.
Ma qui invadiamo i ricordi e i
sentimenti di Serafino Schira. È mondo
vivo il suo, da rievocare in diretta con
la penna d'oca, non a tentoni sulla
tastiera
di
un
videoterminale
dell’«Eco», sulla quale si smarriscono
dita e pensieri. Mente In «trance», a
fissare di continuo lo schermo,
frontespizio ipnotico di un tunnel di
griglie computerizzate e a trama fitta,
che filtrano, sclerotizzano e spesso
«mangiano» In un lampo quanto si è
scritto, appena un dito maldestro
incespica premendo un tasto che non
deve. Una bottiglia di plastica per vino
nostrana Proprio no! Ripigliamo la
penna d’oca.
«Nel 1834 venne a Loco ad
amministrar la Cresima Monsignor
Carlo Romanò. Vescovo di Como. Fece
il viaggio cavalcando una mula bianca...
«A quest'epoca era florida l'industria
della paglia. Essa dava occupazione a
uomini donne e fanciulli. Non si sa
quando
abbia
avuto
principio.
L'occupazione
nell'industria
della
paglia, comune a tutto Onsernone, era
assai svariata. Conveniva anzitutto
comperare alcuni campi od affittarsi. A
tempo debito si preparava il terreno per
la semina di segale, ossia si trattava di
cavarlo, mondarlo dalle erbe cattive,
seminarlo, rastrellarlo e concimarlo. Più
tardi quando la pianta formava la canna
conveniva zapparle attorno la terra,
rincalzarla e ripulirla dalle cattive erbe.
Giunta a quel grado di maturanza che si
reputava sufficiente la si falciava e si
raccoglieva legata in manipoli, si faceva
seccare, le si battevano le spighe per
raccoglierne a parte il frutto, poi il
gambo veniva sottoposto alla cernitura
per ridurlo in pagliette. Queste venivano
legate in fasci e riposte in siti riservati,
mentre il pagliuzzo veniva portato nello
spazzacasa ad uso del bestiame. Così
preparate le pagliette si passava poi ad
imbianchirle e questo si otteneva col
sottoporle ad un bagno continuato per
alcune ore, quindi esporle ancor bagnate
ai raggi del sole, raccoglierle asciutte ed
inzolforarle, quindi esporle all'aria,
ritirarle e riporle asciutte. Da ultimo
queste pagliette Imbianchite si
sceglievano e si separavano in diverse
lunghezze facendole passare attraverso
le diverse gradazioni del discemino,
dopo di che si legavano in piccoli
77
fascetti, riponendo a parte ciascuna
qualità per servirsene all'occorrenza.
Tutti questi lavori si facevano quasi
esclusivamente dalle donne; che
facevano pure la treccia o binda così
chiamata».
Dire paglia per l’Onsernone è come
dire Fiat per Torino, fatte s’intende le
debite proporzioni. Un fiume «d'oro»
quell'industria e quel commercio, che si
svilupparono a livelli impensabili
conquistando piazze e riconoscimenti in
competizione con una concorrenza
massiccia e accanita, nazionale ed
estera.
Al
lettore
interessato,
segnaliamo l'ampio e accurato lavoro
di ricerca di Luciano Chiesa e Marco
Strufaldi (L'industria della paglia in
Valle Onsernone), presentato nel 1976
all’Università
di
Pavia
per
l'abilitazione alla docenza nella scuola
maggiore.
È
reperibile
nelle
biblioteche.
cresceva loro anche all'oscuro sedute
sul letto od al chiaror della luna.
D’Inverno poi per esse la giornata
diveniva più lunga. Si radunavano in
buon numero in una camera che veniva
riscaldata con stufa, e, dopo la giornata,
passavasi la sera fin verso mezzanotte al
lavoro.
«Anche gli uomini nell'inverno
passavano il tempo a lavorare notte e
La vita nelle stufe
Il Lochese è di natura allegro, quale
lo vuole la posizione del suo paesello. È
socievole ed intelligente. Se è laborioso
ed attivo nel suo lavoro è anche pronto
ad afferrare occasioni di passatempo ed
è lungi dal peccare di avarizia.
«La donna ha maggiore assiduità ed
economia e se spende qualche soldo
serve per gli abbigliamenti.
«Le donne econome nel vitto quanto
si può, avvezze al lavoro fin da piccine
si tenevano felici quando dopo il
mercato che tenevasi il martedì,
avevano in mano il ricavo della vendita
della treccia fabbricata nella settimana.
Desse erano assieme a far treccia sia che
passeggiassero, sia che viaggiassero con
un carico o meno sulle spalle. Tanta era
l'abitudine al lavoro che la treccia
giorno nelle stufe cosi dette, dove
cucivano al chiarore di un lumicino ad
olio sormontato da un tubo in treccia
che raccoglieva il fumo del lucignolo».
Serafino Schira ama tornare sui suoi
ricordi. Sentimenti e vocabolario
trovano sempre qualche parola da
aggiungere, qualche casellina da
colmare con frammenti rimasti nella
penna al primo annotare.
«Pei lavori della paglia occorrevano
d'inverno locali riscaldati. A questo si
provvedeva colle stufe. Erano camere di
ogni dimensione, ben rischiarate,
munite di pigna o stufa dove si
adunavano nel giorno e nella serata
quante persone vi potevano capire,
78
comode tanto da poter fare ciascuna il
proprio lavoro. Duravano dai Santi a
Pasqua. Ogni individuo pagava un
franco al padrone del locale e portava la
sua sedia. Il padrone provvedeva al
riscaldamento. Le stufe erano un sito di
ritrovo, di preghiera, di allegria. La sera
ad un'ora competente vi si recitava il S.
Rosario e qualche preghiera in comune.
A S.ta Caterina si cominciava a cantare
il Bambino e si continuava, per ogni
sera, fino al S. Natale.
«Durante il carnevale erano le
maschere ed arlecchini che nella serata
vi andavano a far visita e rallegrare coi
loro gesti, ciaramelle e danze la brigata.
«Venendo in paese dei merciaiuoli
ambulanti comparivano nelle stufe coi
loro carichi di merce, mettevano in
mostra quanto avevano di interessante e
alleggerivano le borse degli amatori.
La vita del paese concentrata nelle
stufe: «sito di ritrovo, di preghiera, di
allegria». E vengono in mente gli amori
furtivi che fiorivano al riparo delle
giaculatorie, ai quali non accennano i
quaderni pudichi di Serafino Schira, ma
quelli delle memorie raccolte da Natale
Regolati, tenuti presenti nl loro lavoro
dai citati Chiesa e Strofoidi.
E viene in mente Marta Schira
(morta il 13 novembre 1890). ricordata
da Serafino Schira: «Aveva una voce di
metallo. Era appassionata pel canto e si
distingueva fra le altre donne ed allieve
in chiesa e nelle strade [e certamente
nelle stufe, aggiungiamo noi]. Suonava
bene la zampogna e quel suono lo
faceva servire talvolta di norma al ballo
delle ragazze. Amava l'allegria ed il
lavoro ed aveva cuor di leone»
Nessuno in ozio Il mercato a
Locarno
«Le occupazioni alle quali si dedicava il personale di Loco per ricevere in
compenso del denaro pei bisogni della
vita, oltre i lavori già accennati relativi
all'Industria della paglia, consistevano
in tosare o rimondar le treccie ed era
opera dei fanciulli, donne inesperte,
uomini d'età avanzata o colti da qualche
imperfezione, donne deboli in portar
legna, fieno, sassi, sabbia per fabbriche,
travami, sostegni per la vigna, cavare,
segare, abbattere castagni, noci,
rimondar piante, trasportar treccie ad
Ascona, e vitelli per la vendita a
Locarno riportarne grano, riso, farina,
calce, vino da Losone, Da Pedomonte,
da Aurigeno ecc..
«Due soli negozi tenevano in vendita
a Loco olio, acquavite, pane, sale e
qualche altra coserella di prima
necessità. Di qui il bisogno di
frequentare il mercato di Locarno per
comperarvi i generi occorrenti alla
famiglia. Alla sera di quel giorno i
famigliari od amici usavano andar
incontro al provveditori reduci dal
mercato colla civera carica per
prendersela essi sulle spalle e
alleggerire chi aveva ragione di essere
stanco. Al loro incontro le prime parole
che si scambiavano consistevano nel
domandare il prezzo del grano
(fromentone). Alcuni mulattieri si
incaricavano poi del trasporto del
grano, riso, calce, mentre la farina
veniva portata piuttosto dai mugnai di
Ascona che la caricavano sui loro
giumenti.
79
Famiglia lochese a Montevideo Foto dal 1899 (propr.Victor Sartoris) Al centro seduti:
Severo Chiesa (Lerioj) con il figlio la moglie e (in piedi alle loro spalle) il padre Francesco (Cech).
La dedica: « Recuerdo dedicado al amico Lodovico Schira, Loco Suiza, Montevideo 26 di Marzo
1899»
Le vie della binda e dei cappelli
«Se le donne lavoravano con
pagliette proprie, non così la maggior
parte degli uomini lavorava con treccie
proprie, bensì con quelle che venivano
loro consegnate dai rispettivi padroni
che tenevano negozio o in Piemonte o
sul Milanese o nella Svizzera Francese.
«Dopo le Feste di Natale
cominciavano ad emigrare gli uomini
che andavano a lavorare nella Svizzera
Occidentale. mentre quelli che
andavano in Piemonte partivano verso i
primi di marzo. La durata del lavoro
80
all'estero era dalli 5 alli 6 mesi. Il lavoro
era convenientemente retribuito epperò
se il denaro non veniva a Loco sarà un
effetto delle comodità di stare allegri
che troppo sovente s'incontrano.
«I padroni che emigravano in
Piemonte ed in Lombardia per aprirvi
colà i loro negozi, trovandosi prossimi a
partire coi loro lavoranti disponevano
pure che la merce ossia treccie e
cappelli li scguisse, epperciò riposti in
sacconi i cappelli, le treccie legate a
grosse fascie ne facevano un carico alle
donne chiamate a trasportarle ad
Ascona, luogo a quei tempi riputato
comodo per l'imbarco della merce ed
uomini alla volta di Arona. Là su quella
piazza deponevano le donne il proprio
carico e quantunque stanche dei viaggio
si accingevano a riporre i diversi fasci di
treccie in sacconi od a ridurli in grossi
fasci o balle per essere caricati sulle
barche e carri destinati al loro
trasporto...
«Le donne di Loco facevano volentieri
il servizio del trasporto delle treccie ad
Ascona perché trovandosi colà a
mezzogiorno si dava loro un po' di brio,
sicché arrivate allo Scareggio, nel
ritorno, località che sta dirimpetto a
Loco, si fermavano e facevano delle
belle cantate.
Come non capirle. Il vino di Ascona
doveva essere champagne rispetto al
vino - chiamiamolo cosi che si beveva
d'ordinario in valle, «acquerello o
vinetto che si faceva con aggiungere
alle vlnaccie una dose di acqua salata
bollente». E torna alla memoria Marta
Schira.'«Quando la strada per Ascona e
Locarno passava ancora sotto Intragna
e per Golino e Losone (1850) questa
donna faceva alcune volte d'estate due
viaggi, carica, da Loco ad Ascona, in
uno stesso giorno, tanta era la sua
robustezza».
«Quelli poi che recavansi a Ginevra,
trattandosi del personale, facevano il
viaggio a piedi prendendo la via di
Centovalli o di Comologno diretti al
Sempione che poi valicavano.
«Per quanto riguarda la merce,
cappelli e treccie, veniva insaccata In
tele di dimensioni e peso facili a
trasportarsi, e la si spediva alla volta di
Ginevra. La via poi che le si faceva
prendere variava secondo le persone che
si assumevano di trasportarla secondo le
relazioni che i padroni avevano o si
procuravano coi spedizionieri, secondo
il tempo che faceva e le circostanze più
o meno propizie. Così taluno faceva
trasportare la sua merce caricata sulle
spalle di uomini o di donne a Santa
Maria Maggiore in Valle Vegezzo da
dove partiva caricata su carri che
valicavano il Sempione. Era questo il
mezzo più economico. Altri la faceva
trasportare ad Ascona da dove al mezzo
di Giuseppe Pancaldi Ferretti detto
Ressegat veniva innoltrata sopra barche
per approdare dove riesciva più facile e
conveniente l'accesso al Sempione.
Altri invece la facevano trasportare a
Locarno dove veniva consegnata allo
spedizioniere Romerio che si incaricava
dell'innoltro a destinazione».
L'emigrazione nei risvolti ufficiali
Da Locarno, sede governativa per
turno, il 15 settembre 1857 il
Dipartimento interni si rivolgeva alle
Municipalità con una circolare che
accompagnava
«delle
tabelle
rappresentanti il quadro statistico dei
ticinesi che emigrarono nell'Australia,
81
nella California, nell'America del Nord,
nelle Antille, nel Brasile, a Buenos
Ayres, a Montevideo, nel Perù, nel
Chili, ed in altri paesi oltremare».
Delle molteplici finche di quelle
tabelle si chiedeva la scrupolosa
compilazione con i dati più svariati (con
obbligo ai commissari governativi di
verificarli). per esempio: «il nome delle
Case o Agenti delle Case di
emigrazione che hanno ricevuto il
contratto di trasporto, la somma
convenuta, il luogo dove è stato
stipulato». Si chiariva:
«L'emigrazione oltremare avendo
continuato sopra un piede piuttosto
vasto, è divenuta un oggetto non solo
statistico,
ma
anche
altamente
economico, e siccome essa ha tolto al
Cantone molte braccia che gli erano
necessarie per promuovere l'industria
del paese, e specialmente l'agricoltura
favorita dalle leggi agrarie, così importa
allo Stato di conoscere se questo vuoto
sensibile sia compensato da altri
vantaggi prodotti dall'emigrazione, e se
l‘importazione di denaro sia al disotto,
uguagli o superi l'esportazione, ed in
quali proporzioni».
Il risultato delle statistiche sarebbe
valso «a determinare i supremi consigli
ad introdurre delle misure più
repressive. od a proteggerla e favorirla
[l'emigrazione] coll'applicazione di
altre, a seconda del danno o del
vantaggio che risulterà dal prospetto
delle tabelle dell'emigrazione».
Come
ottemperarono
le
Municipalità
alle
richieste
dipartimentali? »Ab uno dlsce omnes»
dicevano i latini.Valga un esempio per
tutti' gli stralci dai verbali municipali in
materia d'emigrazione (in anni
successivi alla circolare), riportati da
Giuseppe Gamboni nella sua «Storia di
Comologno» (dattiloscritto):
29 marzo 1865. Gli emigranti sono una
sessantina e portano a casa come
guadagno dagli 80 ai 100 fr. l'uno. Oltre
Oceano sono emigrati solo i Remonda:
la maggior parte emigra nei Cantoni
confederati come muratori, alcuni in
Francia ed altri in Italia come cappellai.
24 dicembre 1865. Il Governo chiede
emigrati: la Municipalità risolve di
comunicargli che la somma media
portata dagli emigranti periodici è stata
di fr. 40 ciascuno, atteso che i lavori
erano scarsi e che taluni vennero a casa
con debiti.
13 ottobre 1867. Gli emigrati del
Comune erano: cappellai, muratori e
alcuni gessatori. Quest'anno non v'è
lusinga che facciano bene, anzi alcuni
dei rimpatriati sono in debito per cui
avrebbero fatto meglio a starsene a casa
loro. Anche quelli che si sono stabiliti
nel Novarese e nei Cantoni Confederati
si ritiene che non facciano che scarsi
guadagni.
6 settembre 1868. La Municipalità
interessa le autorità dei Cantoni
Confederati
perché
abbiano
a
sorvegliare gli emigranti sperperatoli e
richiamarli alla parsimonia 15 gennaio
1868. Dietro richiesta al Commissario
di Governo viene fra l'altro comunicato
che gli emigranti periodici del Comune
sono stati in numero di 115 e portarono
via fr. 14 per uno e ne riportarono 30:
oltremare comprese due donne e dei
giovinetti sono in 21 e la Municipalità
non conosce il denaro portato via né
quello riportato.
22 dicembre 1872. Per quanto concerne
la statistica degli emigrati si farà sapere
82
al Dipartimento Interni che la
Municipalità non può sapere le somme
che esportano né quelle che importano,
e che a sua cognizione guadagnerebbero
nel complesso molto di più se stessero a
casa, per non dire che alcuni vanno e
tornano in debito e ammalati per giunta.
Cibo frugale fuoco con l'acciarino
pampini che venivano portati al
mugnaio insieme al grano da macinare.
Siccome tutta la popolazione faceva,
per vivere, macinar grano, avveniva che
i mugnai che venivano compensati col
trattenere un tanto per ogni staio di
farina, oltre all’averne pei propri
bisogni, erano venditori di farina sul
mercato di Russo.
«In tempi in cui il melgone era a caro
prezzo (la farina bianca fr. 57 al sacco) e
questo avveniva a più riprese, al
melgone si sostituiva la segale ed anche
il miglio, la cui farina dava un crescione
nero adatto per un appetito stimolante.
In date circostanze la polenta e o la
minestra venivano supplite con un
arrosto di castagne servite nella padella
che posta nel mezzo della cucina si
traeva attorno i membri della famiglia a
satollarsi. Era anche vitto giornaliero
per la sera la minestra ed era formata di
riso e verdura che si raccoglieva
nell'orto come erbette, prezzemolo,
porri, boraggine, verze, fagiuoli, patate.
Talvolta invece di verdura si metteva
della pasta che si comperava a Locarno,
tal altra ma assai di rado qualche
salsiccia. A seconda delle stagioni, per
«Si usava pressoché in tutte le
famiglie polenta di farina di melgone
arrostito al forno, mescolato talvolta
con segale a seconda dei bisogni più o
meno urgenti. Si chiamava poi polte o
poltina quando la pasta era molle
abbastanza da mantener retto nel mezzo
il cucchiaio. Si mangiava col latte, col
vino o col burro e teneva luogo del caffè
e latte ora in uso. Si chiamava crescione
quando la pasta per l'abbondanza della
farina impiegatavi si screpolava e si
riduceva in piccoli pezzetti in modo che
si potesse prendere colle mani e anche
mettere in tasca all'occorrenza. Il
crescione si mangiava col latte,
mascarpa (cacio bianco misto con sale e
pepe, della massima economia)
salsiccie, salame, insalata, minestra,
uva, vino, vinetta e quant’altro si poteva
aver alla mano. Di rado mangiavasi la
polenta con farina non arrostita ossia
lenta.
«La
cottura
del
grano,
principalmente se scadente e dell'infimo
prezzo serviva a renderlo più
abboccante e forse più salubre.
«A riscaldare il forno per arrostire la
granaglia usavano i sarmenti della vite o
83
desinare si faceva talvolta una insalata
che veniva condita con burro fatto
arrostire misto ad aceto.
«Qualche volta si faceva il
pastarucco che consisteva in riso cotto e
condito, misto a farina, e dimenato
come la polenta. Ho visto anche in
qualche luogo fare la minestra con
erbette e farina. Non si parli di vino,
piuttosto di acquerello o vinetta che si
faceva con aggiungere alle vinaccie una
dose di acqua salata bollente. Il vino era
riservato e bevuto parcamente.
«Il pane di frumento era riservato al
Curato, al Dottore agli Osti ed
ammalati. Due o tre donne scendevano
colla civera a Golino presso il
Pedrojacom (Pellanda) fornaio a
comperarne e lo rivendevano in paese.
Poche famiglie potevano fame uso. Chi
frequentava il mercato di Russo vi
comperava le così dette treccie che
servivano al ritorno di regalo ai
bambini.
***
«Si usava nelle stagioni propizie e
sul luogo stesso del lavoro allestire la
merenda mettendo in una scodella di
legno dei mirtilli (lerioj) od uve che si
accacciavano bene con un cucchiaio
pure di legno e aggiungendovi della
farina arrostita che si intrideva e
mesceva colla frutta finché si avesse
quella pasta uniforme che si desiderava
e si mangiava poi avidamente.
«Pressoché in tutte le case si faceva
uso di cucchiai di legno, scodelle di
legno denominate ciep, e maiolica.
Questa non era conosciuta se non pei
boccali e mezzi boccali che servivano
pel vino. Accadeva che talvolta le
scodelle a causa di forte aria si
fendessero.
Allora
si
facevano
aggiustare dal magnano mediante
alcune strettoie di filo di ferro. In alcune
case si usava il peltro o stagno, ma
raramente.
***
«Ora che si è parlati della cucina
convien dire qualche cosa sui mezzi di
avviarla.
«A quei tempi chi doveva porre a
fuoco per allestire la colazione prendeva
anzitutto la paletta e rimuoveva la
cenere accumulata la sera avanti sui
carboni accesi per accertarsi che si
fossero tutti conservati. In questo caso
II raccoglieva, vi metteva sopra un po’
di ginestra e con due o tre colpi di
soffietto il fuoco era acceso. Che se
invece i carboni erano spenti, sapendo
che qualche vicino aveva già acceso e
avviato il suo fuoco si prendeva la
paletta e si andava a lui a chiederne con
bella grazia, ed egli lo dava volentieri.
Che se non poteva ricorrere ai vicini era
giuocoforza triscar fuoco (triscaa feeg).
Questo era il procedimento. Si prendeva
una pietra focaia, dell’esca ed un
acciarino. Si applicava sulla pietra
focaia il pezzettino d'esca e colla mano
sinistra si teneva stretta tra il pollice e
l'indice mentre colla mano destra, preso
e tenuto ben serrato l'acciarino colle tre
prime dita, con questo si percuoteva
fortemente il margine della pietra finché
ne sortisse una scintilla che
comunicasse il fuoco all'esca. Questo
fuoco si otteneva poi in fiamma
coll'accostargli una paglia, o stoppia
intrisa di zolfo...
«La pietra focaja era la pietra che si
adoperava pei fucili; l'esca proveniva
da tanghi battuti lungamente imbibiti di
acqua con salnitro. L'acciarino era un
pezzo di acciajo della lunghezza di un
84
dito, largo lo spessore di un pollice e
colla faccia a modo del dosso di un
coltello...
«Intorno al 1838 sorti l'Invenzione
dei zolfanelli fosforici, ben accetta
dappertutto e con ragione. L'uso di
questi fece abolire quello degli
acciarini, incommodo quanto mai, e
non sempre innocuo alle dita. L'uso
degli acciarini consisteva nel tenere
colla sinistra una pietra focaia con
assieme un tantino di esca, e col
percuotere con un acciarino nella destra
la pietra focaia, finché il fuoco che ne
sortiva si fosse comunicato all'esca alla
quale si appressava poi lo zolfo per
averne la fiamma. L'uso degli acciarini
faceva le tante volte preferire la pratica
di procurarsi fuoco da qualche vicino
con la paletta...
«La provvista della legna si faceva
ordinariamente una volta all'anno. In
tale circostanza si usava raccoglier
gente a far giornata per il lavoro che si
chiamava
traesta
(trasporto)
e
consisteva nel caricare la legna dove
stava ammucchiata ancora in bosco e
trasportarla ad una data distanza dove si
scaricava per ritornare sul primo sito a
prenderne altro carico e così di seguito
finché non fosse ultimata e dopo questa
una seconda e terza tappa finché non
fosse pervenuta a destinazione. Questa
gente che lavorava era mantenuta per
tutto il giorno.
Il vitto ordinario dei Lochesi
«E come si faceva per la legna si
faceva anche per il fieno colla
differenza che questo si caricava in
tanti braghigli quanti occorrevano per il
loro trasporto.
«L'acqua occorrente per la cucina la
si cavava dai pozzi pubblici; talune case
erano fornite di pozzi o di fontane per
uso della famiglia. Chi non aveva cotali
comodi andava a prendere l'acqua con
una brenta alla Fontana Pubblica sotto
la Casa Comunale vecchia detta la
Tamborna. Mancando qui si andava al
Bordione ossia Rio dei Mulini.
***
«Per l'illuminazione della casa si
faceva uso di lumi ad olio consistenti in
un recipiente di ferro o di latta o di
ottone, avente diverse forme rotonde,
ovali, a croce, scoperchiato, con un
piccolo cannello sul davanti, sostenuta
da un manico che partiva dalla parte
posteriore del recipiente, si alzava
quanto la lunghezza del lume e
ricurvava poi fino alla sua metà.
«Al suo capo era attaccato un
manico mobile con un uncino alla sua
sommità col quale lo si portava attorno
pei bisogni e lo si attaccava a qualche
chiodo per riporlo. Vi si metteva olio
d'oliva o di noce, vi si allogava un po' di
filo di bambagia e il lume era pronto pei
bisogni. Si usavano anche candele di
sego naturale, ma ciò era riservato a
poche case distinte.
«A quel tempo vi erano sul territorio
85
di Loco molte piante di noce che
fruttavano onde alla raccolta si avevano
alcune gerlate di noci. Queste si
smaltavano prima poi si facevano
seccare; secche si pestavano e si
raccoglievano i gherilli che portavansi
poi al torchio a Loco o ad Intragna da
dove si riportava e l'olio ed il residuo o
panello».
Serafino
Schira
Loco al giro di boa del secolo
«1903. 14 Agosto. La popolazione di
Loco
ioradi 400
anime.
«Alcune
diecine di
donne
fanno
ancora la
binda, non
essendo
adatte ad
altro,
e
sembrand
o loro di
non poter far nulla. Come se la campino
lo sanno soltanto esse. Altre si adattano
a negoziare burro, polleria, formaggi
uova, comperando nella Valle e
trasportando la merce a Locarno per la
vendita. Si accontentano di una
giornata meschina. VI ha poi chi oltre
al negozio, possedendo un char-a-banc
si assumono il trasporto di persone,
bagagli merce, e l'incarico di
comperare e vendere e questi 2 o 3
potranno guadagnare qualche cosa,
salvo infortunio. I più prendono il volo.
Di questi alcuni imitano le rondini sen
vanno all'aprirsi della primavera e
ritornano col freddo. Esercitano II
mestiere di imbiancatore, gessatore.
muratori e ponno portare a casa un bel
gruzzolo se sono economi altri vanno,
fanno lunga dimora e chi frequenta le
bettole non ritorna per mancanza di
mezzi chi attende ai fatti suoi e pensa a
casa sua, lavora prima da garzone, poi
quando si i fatto un po' di scorta,
procura di lavorare per proprio conto,
e in breve migliora la sua sorte e di
tanto in tanto si fa vivo a casa sua dove
il suo nome suona con rispetto. Altri poi
assentatisi da tempo, fanno una visita al
loro paese, abbelliscono le loro
abitazioni si fanno benefici verso i loro
parenti e il numero di questi
fortunatamente non è esiguo. Molti poi
sono impiegati presso la Ferrovia del
Gottardo, tengono quasi per non dir
tutti
una
condotta
lodevole,
risparmiano e fanno onore a sé e al
paese».
Serafino Schira
86
Triangolo degli assilli al femminile, dote, matrimonio, osteria…
LA «famiglia giusta». pilastro della
solidarietà e «conditio sine qua» del
rispetto sociale in tempi in cui bastavo
un bisbiglio a provocare l'intervento
della municipalità, occhiuta custode
della «morale pubblica», era pensiero
che uncinava le notti insonni di nubili
e... vedove dimentiche di esserlo. Una
gravidanza illegittima, la mancanza di
mezzi di sussistenza, e non di raro il
dramma di un burrone o il viatico per il
manicomio per chi restava allo
scoperto, appoggiato al vuoto.
Certo, le municipalità non avevano
scampo: da una parte le scampanellate
governative, dall'altra la magrezza
delle finanze comunali, che rischiava
salassi assistenziali. Ma che fragore,
che frana sui sogni femminili che non
trovavano o sbagliavano la via
dell'altare e del municipio!
Dai verbali municipali nella «Storia
di Comologno» di Giuseppe Gamboni:
«22 ottobre 1871. Il Dipartimento
Interni raccomanda la sorveglianza
sulle gravidanze illegittime per
impedire le ingiuste sposizioni dei
neonati».
«19 giugno 18S3. Il 22 maggio al
sindaco Bezzola vien fatto rapporto che
la vedova [...] si trova incinta: il
Municipio incarica il municipale Carlo
Mordasini unitamente all'usciere per
appurare la cosa, ma senza risultato
positivo. Il 19 giugno, la Commissione
processante presso il Tribunale
Criminale di Locarno interpella la
Municipalità su questo caso, la quale
risponde "che non ebbe scienza alcuna
che la [...] fosse gravida perché ebbe
continuamente la dimora nel monte
Fenaro, circa un'ora al di sopra della
Spruga e non si presentava mai in
pubblico!».
87
«15 agosto 1857. Essendoci stato
riferito che la vostra figlia [...) convive e
coabita giorno e notte col di lei sposo
[...] sebbene non siano sposati, e
temendo che ciò sia, vi diffidiamo e vi
rendiamo responsabile di tutte le
conseguenze nel caso che la detta vostra
figlia restasse illecitamente incinta, di
più sarà vostro dovere di non permettere
la loro convivenza prima del
matrimonio, nel caso diverso lo faremo
allontanare da questo Comune non
volendo noi tollerare apertamente un
concubinaggio, e lo stesso s’intende nel
caso che altre vostre figlie facessero lo
stesso. Attendiamo risposta immediata
per nostra norma».
«18 marzo 1880. Il municipale Giov.
Remonda per incarico di Candolfi
Pietro Maria. notifica che [...],
minorenne trovasi al servizio di [...]
Spruga e presso il quale non è
conveniente
di
lasciarla
per
gl’inconvenienti di moralità che
possono succedere desumendone dai
fatti con
altre
persone
accordate.
La
Municipal
ità
non
acconsent
e che la
detta
ragazza
stia con il
Figura 2Abbigliamento per «grandi [...]
ed
solennità» (ritratto di «Marta
ordinerà
Schira detta la Castellana», dal libro
di Angelo Casé sul pittore Carlo
al
Agostino Melane. Edizioni Poncioni
Marconi
SA, Losone 1982)
municipal
e che non è presente, di fare quanto
occorre per ricondurla alla di lei madre,
essendone il di lei tutore».
Abbandoniamo i sogni alla loro
strada e i municipi a sorvegliarne il
traffico. Come vestivano le donne
d'Onsernone? Serafino Schira ha
l'occhio di chi va in «boutique» o
frequenta sfilate di moda!
«Le donne vestivano giornalmente
d’inverno il così detto bencio o vestito
di panno celeste con busto scuro senza
maniche, orlato di panno rosso, contornato al basso da una frangia ossia
cimossa rossa: corpo ossia bianchetto
che copriva il petto e le braccia,
abbottonata sul davanti, di stoffa
pesante; collare di pizzo bianco, largo
tre dita, attaccato alla camicia, che si
rovesciava attorno al collo sul vestito;
calze monche, orlate di panno rosso,
scarpe o zoccoli o pieduli secondo il
lavoro che avevano alla mano: testa
pettinata con due gale di bindello di seta
rosso o bleu attaccate alle due treccie a
destra ed a sinistra e coperte con
fazzoletto rosso, caffè, nero contornate
di fiorami all'intorno. Ornamento d'oro
alle orecchie.
«D’estate il vestito non differisce
che per una stoffa più leggera con
cappello di paglia in testa, più largo di
cocuzzolo che di entrata, ala pendente ai
due lati, con bordo rivoltato, fasciato
d'un bindello largo due dita e guernito di
un fioretto sul canto sinistro.
«Pelle grandi solennità religiose (le
donne in Chiesa portavano la pezzuola
bianca, cosi detta contenenza) il vestito
era allestito sullo stesso modello di
quello già indicato ma di stoffa più fina
senza cimossa e senza bordi. Alla vita lo
allacciava un cinturino in oro con fibbia
sul davanti, grembiule di seta nera col
88
bordo a scacchi; colletto largo più del
solito a brodato; fazzoletto di seta
damascata in tasca, scarpette a lucido
allacciate con fibbia d'argento;
orecchini d'oro, pendenti od a corona,
anelli d'oro nelle dita «in altre parole il
vestito di una sposa».
Gli uomini però non sfiguravano
mica, anche se ci viene da ridere a
immaginarli «sgambucciati» e con lo
«sportello sul davanti»:
«Gli uomini, come negli altri siti,
sgambucciati, con calzoni lunghi,
sportello sul davanti, vestiti a falde,
beretto a varie forme, ghette ai piedi,
fazzoletto al collo, gilé al corpo e
d'inverno fariolo o tabarro variante di
forme; cioè pella classe inferiore drappo
lungo e largo da coprire tutta la persona
con spalliera a più falde, con maniche,
bavero rivoltato e allacciato al collo con
catenella: pella classe superiore manto
più lungo, di colore ordinariamente
celesteoscuro e con una piccola
pellegrina attorno al collo e fermaglio
d'argento, cappello a cilindro barba rasa
per tutti».
ordinaria blé costa: L. 4:10 /1 vestito
novo alla crevegia ble stimato: L. 37:4 /
1 altro vestito un pocco usato ble
stimato: L 30 / 1 socca di cotona a
quadreto usata stimata: L. 17 / 1 altra
socca di cameloto ble ciara o sia cielesta
usata stimata: L. 12 /1 altra socca
stampata di teda usata stimata: L. 8 / 2
vestiti taconati stradati di pano stimati:
L. 7:4 /1 biancheta rossa di scartata un
pocco usata stimata: L. 12 / 1 gipone
distate di cotona usato stimato: L. 5 /1
altro gipone dimbroglie usato stimato:
L. 4 l 1 scosale rosso a quadrato usato
stimato: L. 7 /1 altro scosale di cotona a
quadrato rosso e nero usato stimato: L. 3
/ 1 altro scosale bianco di musola usato
stimato: L. 4 / 3 altri scosali due stradati
e uno buono stimati: L. 4:10 / 1 altro
scosale scuro usato roto stimato: L. 1:10
/1 continenza scantonata usata stimata:
L. 7 / 1 continenza ricamata usata
stimata: L. 11 / 1 fazoleto rosso di
rouano a quadrato un pocco usato
stimato: L. 4 / 2 una biancheta e un
gipone rapezati stimati: L. 2:10 / 2
camise rote stimate: L. 3:12 /1 altro
fazoleto rosso usato stimato: L. 1:10 / 3
para di calzete bianche distate rote
Non sono capi di «boutique», ma
questa lista dotale dice più di un libro e
va trascritta alla lettera:
«1821 - adì 29 Gienaro bairone /
Notta del tanto che io Gulielmo Antonio
Vannotti del Bairone do Per / Dotta alla
mia figlia mariana moglia di Pietro
Pedraita del campo del alta» l Vedovo
di feliza pedraita nata Ruscona Nativo
Di Giubiascho come siegue / Primo Per
le Dispense al Sig.r Vicario Di Ascona
la mia tangiente: L. 18:4 / 3 lenzoli due
novi e uno un Poccho usato mi costano:
L. 30 / 1 Bisacha nova presa bella e fatta
mi costa: L. 21 / 1 socca sotto di tella
nova n.o 4 braza di tella a soldi 30 cadun
brazo importa: 1, 6 3 cioue un lenzolo
novo e due chamise nove vie dentro n.o
17 braza di tella di vigiezzo a soldi 30
per cadun brazo lo pagata importano li
detti tre capi asieme: L. 25:10 / 2 cosini
uno con la fodra nova che importa lira
2:4:6 e l'altro con la fodra usata gli meto
tra tutti e due e contente ambe le parte:
L. 6:12 / 1 fazoleto novo di rouano a
quadretto rosso e nero di quelli di
Piemonte mi costa: L. 4:10 / 1 scosale
un pocco usato di Piemonte di tela
89
di robba sono stati stimati da maria
antonia sartoria di mosognio alla
presenza dello sposo e della sposa
coniugati e ricevitori della suddetta
robba / li regali dello sposo che a fato
alla sposa alla promessa asciendano a
lira 9:8 , li regali fati alla sposa la
manna dopo il sposalizio alle barate
asciendano a lira 9:12,18:10 ».
Dalla
precedente
puntata
sappiamo del rito nuziale:
«I matrimoni raramente si facevano
con
suono
di
campana,
accompagnamento di clarinetti e
susseguente invito a pranzo ed alla
danza. Di solito avvenivano di
buon'ora e in tale occasione la sposa
andava a riconoscere i parenti e gli
amici coll'offrir loro le barotte (un
miscuglio di castagne appassite
bollite, dolci, noci e nocciuole) ciò
che veniva compensato con qualche
dono».
Dopo le «barotte» e il… miele con
o senza luna tanti «giusti sogni si
tramutavano in fiele e i lamenti
muliebri lastricavano le strade delle
osterie.
lzete di lana usate stimate: L. 2 / 2
s stimate: L.3 / 1 altro paia de ca e
linose una di seta e un coragtno e un
para de bindeli il tutto usato stimato
L. 3:15 4 golari parte novi e parte
usati e scantonati e due ancora da
fare stimati L.3 / 3 para de scarpe
usate e rote stimate: L. 7:4 / 1 altra
camisa sutila un pocco usata mi
costa: L. 5 / 2 camisoli finti buta
incho e due corone una di osso e una
di choco e una medaglia e una
crosete d’argiento luna e altra e un
libro col suo stuchio stimati: L5/1
altro fazoleto roto stimato soldi: 15 /
3 una scatola e un casetino e un
bavulino con entro varie bagatelle e
peze nere e fruste stimate: L. 7:4 / 2
aneloni d'oro nelle orechie stimati: L.
12 / tutta la vestimenta che aveva
indosso la sposa stimata: L. 30 /1
casa di pecia usata un pocco picola
stimata: L. 3 / 2 una camisa rapezata
e una socca di tella sgregia di quelle
che portano sotto abito già rota tra
luno e laltro: L. 3 / 1 biancheta usata
ble fata duna mia marsina stimata dal
sarto: L. 5 / L. 388:10 / li sudetti capi
Le osterie di Loco .Oste, Sindaco, Consigliere
«Una serie di fatti avvenuti in
Loco, e da me osservati, non vuole
essere passata sotto silenzio e questa
riguarda l'esercizio delle osterie.
«Fino dal 1818, circa, certo
Martino Canterini detto il Mattinone
faceva l'oste in Loco, fosse o no una
conseguenza di questo suo traffico
era anche Sindaco del Comune e
membro del Gran Consiglio. Aveva
famiglia piuttosto numerosa, e si
suppone dovesse essere benestente e
possidente. Con tutto ciò la sua
sostanza andò in liquidazione.
«Qualche tempo dopo (dal 1830
al 1850) trovavansi aperte altre due
90
osterie, quelle di Martino e Giacomo,
padre e figlio, Broggini e di Remigio
Antonio Chiesa. Non so se il Martino
Broggini abbia coperto cariche. Il
Giacomo Broggini era Giudice
Distrettuale, aveva in convivenza
padre, madre, uno zio Prevosto, una
zia, una sorella e la moglie con due
figlie era il più ricco possidente di
Loco. La famiglia a cui apparteneva
era chiamata quella dei siurì
(signori). Ad un pranzo che si fece
nella sua osteria si invitò il
Cappellano della Parrocchia e
davanti a questi venne dato sfogo
all'animosità che i commensali
nutrivano contro il Vicario Perucchi.
Morto il Giacomo Broggini la sua
sostanza andò in liquidazione.
«Il Remigio Antonio Chiesa non
aveva che una figlia. Era Sindaco e
Consigliere. Prese parte ad una
Società di Mercanti di legname, fece
affari rovinosi. e se la sua sostanza
non andò in liquidazione ciò avvenne
grazie all'intervento di sua moglie.
«Dal 1838 al 1846 circa tenne
aperte osteria Giovanni Chiesa figlio
di Gaspare, detto pure Gaspare, ma la
chiuse per non poter continuarla e, se
aveva dell'attivo, scomparve.
Dal 1846 al 1860 circa esercì
osteria Giovanni figlio di Remigio
Morgantini.
Consigliere,
poi
Segretario del Giudice di Pace, ma
anche questo la chiuse con discapito.
«Dal 1850 al 1884 circa tenne
aperte osteria Giovanni fu Pietro
Schira detto Taroch, Sindaco e
Consigliere. Prese tre mogli, ebbe
figli da tutte e tre. Di costui si tenne
parola prima d'ora. Viaggiando in
carrozza fu balzato, nelle vicinanze
di Russo, al disotto della strada. e,
raccolto, morì poco dopo qualche ora
nell’età robuste di circa 65 anni1.
«Continuò l'osteria il di lui figlio
Lodovico. anch'esso Sindaco e
Consigliere. ammogliato con figli e
morì nella verde età di circa 45 anni.
«Tenne aperta osteria per alquanti
anni dopo il 1860 Giuseppe Lucchini
Sindaco, ammogliato con 4 o 5 figli,
poi cadde in liquidazione.
«Anche Giuseppe Mambretti, estero,
ammogliato con due figli aprì e tenne
osteria con prestino e negozio di
commestibili per alcuni anni, poi
cadde in fallimento.
«Eravi in Niva l’osteria del
Capitano cosi dette Voncia la cui
sostanza pure andò in liquidazione.
«Altri ancora aprirono e chiusero
osteria insoddisfatti.
^ «Si potrebbe dedurne che una
buona industria per far denaro fosse
ritenuta quella di far l'oste. Difatti,
sendo per se una istituzione apposita
per i forestieri che o di passaggio o di
fermate abbisognano di ristoro e di
alloggio, è evidentemente lecite ed
oneste. Ma se l'osteria in mancanza
di forestieri, viene convertita in
bettola, come nel caso nostro, ognun
vede che diventa con ciò una casa di
corruzione, per la ragione che facilita
la trasgressione del 2.do e 3.o
Precetto del Decalogo, la mancanza
ai doveri del proprio stato, il mal
esempio alla società, il mal umore
nelle famiglie, lo sperpero dei
risparmi, l'inerzia al lavoro, senza
contare gli infiniti guai a cui va
incontro il bevitore specie nelle ore
1
91
notturne
d'ordinario
cattive
consigliere. Anche il bettoliere stesso
ne ritrae danno coll’accostumarsi a
lasciar il lavoro, col vivere meno
frugalmente che non comporti il suo
stato, col farsi supplire da altri nei
lavori di campagna e col porsi nelle
occasioni di sottostare a tante spese
superflue, causa dirette di decadenza.
Aggiungi i lamenti che mandano al
Cielo tante povere mogli e madri per
lo scialacquo che il marito fa
all'osteria del denaro necessario al
sostentamento della famiglia, e per la
mancanza di assistenza, di ajuto e di
lavoro in casa. Tutti argomenti che
non possono attirare né sul bettoliere,
né sul bevitore le benedizioni del
Cielo, onde nessuna meraviglia dei
rovesci di fortuna».
2
La notizia del mortale incidente
lungo la strada da Russo a Loco fu
cosi data da Gazzetta Ticinese lo
stesso giorno (18 agosto):
«Ci perviene all'ultimo momento
la triste notizia d una grave disgrazia.
«L’ex-consigliere
Giovanni
Schira di Loco stamattina verso le
ore 9, in compagnia d'un suo figlio e
del domestico, scendendo in vettura
da Russo a Loco, trabaltò il calesse e
l'infelice n'ebbe la morte. Il figlio si
salvò miracolosamente ed il
domestico è in pericolo di vita»
Il Dovere cosi precisava il 21
agosto:
«Convien spiegare e rettificare la
notizia del lagrimevole infortunio...
Di ritorno dal mercato di Russo era
seduto nell'interno della vettura col
suo giovane commesso di negozio,
con la scocca e il grembiale della
vettura rialzati, mentre il figlio
Lodovico seduto a cassetto teneva le
redini del cavallo. A un certo punto
dove la strada fa un risvolto,
abbastanza largo peraltro, questo
cavallo si adombrò per un macigno
rotolato di fresco sopra lo stradale; e
mentre con tutta la forza l'auriga
faceva per tenerlo a segno e farlo
passare innanzi consentendolo lo
spazio, il puledro con altrettanta
forza si dava a scartare e rinculare
adombrato *) finché d'uno strappo
rovesciò le ruote posteriori fuor del
ciglio stradale e con esse la vettura e
il povero Giovanni e il commesso
che rinchiusi dentro per la scocca e il
grembiale
precipitarono
buona
tratta..
«Piuttosto che al rinculare del cavallo, per
l’esattezza storica non avendo rinculato bisogna attribuire all'ondeggiamento del
retro-vettura carico di treccia, che sbatté
fuor del ciglio stradale le ruote posteriori
senz'altra possibilità di rattener la vettura
sulla via. il luttuoso avvenimento».
2
92
GIOACHMO RESPINI
DALLA NASCITA
A
150
ANNI
Cantone,
tra il plauso degli uni e l'esecrazione degli
altri. Il tutto riscaldato alla fiamma di
giornali a profusione, che scottano ancora
oggi accatastati nelle raccolte pubbliche e
private.
Come scorciare ad uso e consumo del
giornale un'immagine di quest'uomo di
Gioachimo Respini. Il nome si
tira
dietro
il
trentennio
marcatamente propulsivo e di
regime
(liberale-conservatore)
della storia ticinese del secondo
ottocento, tra l'entrata di Respini
in Gran Consiglio (1867) e la sua
morte prematura e repentina
(1899, per colpo apoplettico); e si
tira dietro inevitabilmente qualche
cosa
ancora
dell'accidentato
periodo precedente, pure di regime
(liberale-radicale),
dalla
rivoluzione del 1839 (Locarno,
Colonnello
Luvini)
alla
controrivoluzione
del
1841
(Locarno, fucilazione del Nessi), al
Pronunciamento
del
1855
(Locarno, delitto Degiorgi).
Storia di fucili spianati e fucilate anche
fuori dei tiri di partito (Stabio, 1876), storia
di soprusi schedaioli e di vagoni elettorali
che ci marciano sopra, storia di commissari
federali a ripetizione (i Bavier, i Borel, i
Künzli, per citarne alcuni), calati a
imbrigliare le ricorrenti convulsioni del
Sopra: trascrizione della lapide sulla facciata di
Casa Respini a Locarno
93
tempra e di statura, per quanto possibile
appropriata?
94
A pescare nel vocabolario rosso e
blu
del
bipartitismo
serrato
dell'ottocento, se ne ricava un Respini
picassiano,
da
guardare
con occhi
strabici.
«Granito
della
Vallemagg
ia»,
«Leone
della
Rovana»,
Caricatura di Respini (carte di
capo
famiglia) a Ceeks (sfacciataggine)
indomito e
trascinator
e,
arcangelo vendicatore di torti ancestrali,
parola di fuoco e principi incrollabili,
sancristoforo del partito, e via
continuando nel blu; voltate le pagine al
rosso, passando per il malvaceo, è il «
Respinone», il «Comandiamo noi», il
«Dittatore», quello della «via dei mari è
aperta» e dell'«obolo della fame»,
additata l'una e rinfacciato l'altro a
docenti e impiegati cantonali, vittime di
un repulisti del regime. E qui. a
proposito di «espressioni virulente»
respintane, soccorre un monito di
Alfredo Pioda, reporter d'eccezione al
processo di Zurigo per i fatti del
settembre 1890 (rovesciamento del
governo presieduto da Respini,
rivoltellata mortale al Consigliere di
Stato
Luigi
Rossi).
Riferendo
dell'interrogatorio
del
deposto
presidente, cui si chiede se egli ha detto
il regime radicale «un regime d'inetti e
ladri o l'uno e l'altro insieme», Pioda
scrive (Confessioni di un visionario,
Bellinzona 1892): «Certe parole nella
foga del dire possono avere un aspetto
sinistro al di là dell'intenzione
dell'oratore...
Per
altro,
come
parecchie espressioni virulenti del
Dittatore, essa (inetti e ladri),
dimenticatasene
l'origine,
rimase
isolata negli animi nostri come un
insulto, tanto più grave, inquantoché,
ripercossa nelle valli e nelle campagne,
venne dai seguaci del Dittatore presa
alla lettera, una giusta condanna, una
incancellabile macchia degli aborriti
avversari».
Gli anni giovanili
Gioachimo Respini nacque a Cevio
il 7 settembre 1836. Famiglia numerosa:
cinque fratelli e tre sorelle. Filippo,
notaio, il padre; la madre, l'onsernonese
Giuseppa Lucchini. Nel 1841, una
drammatica traversia familiare; il notaio
Filippo,
coinvolto
nella
fallita
controrivoluzione, è condannato in
contumacia (era riparato in Val
Formazza) a dieci anni di reclusione, a
una multa rovinosa (la pagheranno i
figli con i risparmi australiani) e alla
privazione del notariato; due anni dopo,
un'amnistia gli risparmierà il carcere,
consentendogli il ritorno in famiglia.
Elementari e maggiori in paese,
corso di metodica a Locarno (tra i
docenti il noto prodigo La Cecilia), a
sedici anni Gioachimo è maestro e trova
un posto per qualche tempo a Mesocco
(probabilmente precario). Nel 1854,
emigra con i tre fratelli maggiori in
Australia. Sei anni di miniera, nel 1860
rientro in patria per la rotta di Capo
Horn. quindi, con il sostegno dei fratelli
che rimpatrieranno più tardi, dentro
negli studi a capofitto, a Maggia prima
(due anni di preparazione agli esami
95
d'ammissione all'università con Don
Giuseppe Pisoni, sedici ore di studio al
giorno), all'Università di Siena e di Pisa
poi, giurisprudenza.
Chiede spazio la penna arguta di
Piero Bianconi, che al Respini giovane
ha dedicato una delle sue ultime fatiche
di scrittore, una gran bella fatica (La
giovinezza di Gioachimo Respini. Dadò
1975).
«...Per aderire alla verità intitolo
Giovinezza di un uomo, cioè di
Gioachimo Respini, questo breve
saggio, che ha qualche probabilità di
essere una delle ultime se non l 'estrema
delle mie fatiche di scrittore:
impallidiscono i fuochi del tramonto e
la notte è vicina. In verità, a voler
narrare senza scialo di fantasia
l'esistenza di Gioachimo Respini,
evitando la politica che la ingoia quasi
tutta, è giuocoforza limitarsi ai suoi
anni giovanili, a lui ragazzo, poi
cercatore d’oro in Australia e quindi
studente a Siena e a Pisa... Ma proprio
in quei giovani anni nella dura
esperienza dell'emigrazione e nella
formazione culturale italiana, si trova
la radice di certi suoi animosi
atteggiamenti quegli anni maturarono
in lui salde convinzioni che guideranno
costantemente la sua azione al di là e al
di sopra della politica di casa.
Ma come mai (mi chiede non senza
malizia un amico), come mai tu, alieno
se altri mai dalla politica nostrana, ti
sei imbarcato nell'impresa di parlare di
un uomo che nella politica nostrana
bruciò tutto se stesso: come mal si
spiega questo veramente impensato
interesse? E la risposta, lungo il «fragile
filo d'Arianna» che l'ha portato al
Respini
(«non
dirò
tremendo
minotauro, ma ruggente leone della
Rovana: come correntemente e per
figura di retorica era chiamato», si
conclude con due ritratti, il proprio e
quello di Respini:«Sei anni d'Australia,
poi il ritorno in Europa per
intraprendere gli studi di legge: in
ritardo, un poco da outsider e sono due
condizioni che io pure, mutatis
mutandis. ho sperimentato: il che ha
potuto far sorgere una certa simpatia e
incitarmi a conoscere più da vicino
questo vero macigno vallerano... Non
soltanto, ma, fors'anche l'attrazione dei
contrari il Respini uomo di fermissima
fede, dispotico. bellicoso, formidabile
lavoratore, il fascino esercitato da
questa sua virtù di me agnostico,
remissivo, accidioso; avaro di me,
rispetto a lui che con magnanima
generosità spese la sua esistenza in prò
del paese; dell'anima dell'integrità del
costume del Ticino».
L’ingresso in Gran Consiglio
Nel 1867 Respini viene eletto in
Gran Consiglio. Con lui è eletto l'amico
e medico di famiglia Angelo Pometta di
Broglio, che propone al collega, tra
allusioni e ammiccamenti, di fare
insieme il viaggio a Lugano (la lettera è
mutila
per
l'asportazione
del
francobollo, il timbro postale di
Bignasco porta la data del 20 febbraio):
Caro Avvocato
Ecco un progetto magno, un castello
in Ispagna pel nostro primo viaggio a
Lugano.
Dato ed ottenuto che sabato p.v. vi
siano tre soli e tre lune io verrò a Cevio
col mio cavallo e colla mia vettura e
colle sue 4 ruote rispettabili che gravi
del tuo e mio onorev.o peso
consiglieresco con gioia ruotando ci
96
condurrebbero a Locarno; colà si cena,
si beve e si dorme sino alla mattina
seguente ove presa la via di Cadenazzo
si valica il monte Ceneri per pranzare
ai Bifonici. Empito lo stomaco il cavallo
e noi, via per la Capitale che verrà
certamente incontro almeno sino al
piede della collina di Massagno. La
morale è questa; colla Diligenza noi
spenderessimo fr.i 40 circa landata e
ritorno, mentre con un cavallo dell
[...]vi sarebbe una rimanenza in cassa
di [...] secondo la fermata a Lugano.
Dis [ . . .] mi massai di famiglia a ottimi
f [—] ll'Impero. Di più se il Santo Padre
[vorrà] fare da quarto nell’andata, la
cosa [sarebbe] anche più bella oltre le
infinite indulgenze che accorderà ai
finimenti, brida, redini, fibbie, molle,
assali ecc. Va bene cosi? Ebbene dopo
avere fatto i tuoi allegati in iscritto
davanti al tuo Io pensante fa
pronunciare dal tuo Giudizio una
sentenza che mi farai intimare al mezzo
della posta mettendo metà spesa per
parte. Quale considerando vi potrai
mettere Pontebrolla ove i nostri Ancetri
la diedero a gambe o meglio quella
famosa gronda in faccia a Broglio [ove]
le pome e le raspe stavano nascoste nel
1841, e che diedero frutti maturi pel
1867. Era tempo.'
Ora deggio parlarti di una cosa
seria e seria assai, fa il piacere di dire a
mia sorella che sabato, se è bello, verrò
a Cevio a Pranzo colla Clelia e
Leodina.
Il fin qui [scritto] si ritiene come
detto e pronunciato a [quattrocchi]' né
uno più né uno meno.
Un sac [...]ne empio di saluti e sono
aff mo Angelo
Broglio [...]
L'impegno politico
L'esordio in Gran Consiglio è cosi
riportato in Tarchini, nel centenario
della nascita di G.R.. Bellinzona 1937:
Entrato in Gran Consiglio, che allora
sedeva a Lugano, nel maggio 1867,
attaccò per primo i fratelli Ciani, che
dal 1839 erano divenuti una specie di
divinità misteriosa, di urtar colla quale
nessuno più aveva il coraggio. Pochi
conoscevano il deputato valmaggese.
L'avv. Airoldi. stupefatto nel sentirlo,
domanda a Carlo Battaglini: Chi è
quella faccia là? É il falegname,
risponde Battaglini, che preparerà la
cassa per il funerale del partito
radicale».
Di qui in avanti resistenza dell'uomo,
per ridirla con Bianconi, è ingoiata dalla
politica. In Gran Consiglio sino alla
morte, agli Stati dal 1879 al 1885, due
brevi permanenze in Consiglio di Stato:
la prima nel 1877, la seconda nel 1890,
dopo lo scandalo delle voraginose
malversazioni del cassiere cantonale
Luigi Scazziga, per affrontare la
tempesta in arrivo. Ne fa fede la lapide
(trascrizione in alto) sulla facciata di
casa Respini in Via Cittadella. Lapide di
partito (dettata dall'Avv. Tarchini), ma
sostanzialmente verace. Lo chiediamo a
Pioda (Confessioni):
«Si. I conservatori nel 1875 erano i
veri liberali; l'esempio era stato dato
dalla Confederazione, ma intanto sta il
fatto che le franchigie popolari furono
allargate da loro: il voto segreto e per
comune, l’iniziativa popolare per la
revisione
della
costituzione,
il
referendum facoltativo e finalmente il
voto del Cantone attribuito al popolo,
sono altrettante garanzie costituzionali,
che provano la loro larghezza d'idee;
97
essi erano ormai col popolo e nel
popolo avevano ormai fiducia...
«Si i conservatori hanno accordato
la libertà d'insegnamento, per la quale i
liberali volevano restrizioni...
"SI i conservatori sciolsero il nodo
gordiano della capitale (stabile)
quando Lugano colle sue irrequietudini
gliene ne porse il destro...
«SI la riduzione dei giudici diretti e
dei funzionari da 63 a 31 fu provvida e
non sarebbe male i 31 avessero ancora
a diminuire...
«Si finalmente è vero che i
conservatori e, specialmente il loro
Dittatore,
favorirono
ogni
miglioramento
nelle
pubbliche
costruzioni, specialmente le arginature
che saranno una grandissima ricchezza
tramandata ai nostri discendenti
Ammirabile è il loro coraggio, l'aver
dopo una sconfitta (referendum del
1885) decretato la correzione del
Ticino, l'aver imposto il bene,
rimettendoci dell'auge popolare».
Chiediamolo ufficialmente a Simen,
che fu l’ariete dell'abbattimento del
regime respiniano. Dal messaggio
condoglianze del Consiglio di Stato alla
famiglia Respini, firmato Simen.
Presidente: «La figura di quel distinto
cittadino. che ha con varia vicenda,
tenuto un posto elevato nella politica
del nostro Cantone, emergendo per
forte ingegno, tenacità di propositi, e
devozione incondizionata e profonda a
quegli ideali per il cui trionfo, è debito
riconoscerlo, aveva in questi ultimi
tempi consacrato la sua esistenza, sarà
lungamente ricordata nel nostro
Paese»...
In difesa dell'italianità
Tra gl’ideali di Respini, fermissimo, la
difesa dell’italianità e dell'autonomia
del Ticino. I suoi discorsi parlamentari
in proposito, in Ticino e a Berna, ebbero
vasta risonanza e conservano intatta la
loro attualità. Basti una frase:» Tutti i
confederati sono i benvenuti fra noi
come fratelli, il Ticino però dev'essere
dei ticinesi»...
Della sua scomparsa parlarono un po'
tutti i giornali. Riportiamo dal Journal
de Genève dell'11 aprile 1899:
«Rarement homme politique suisse a
soulevé des passions comparables à cel
les qui s'attachaient au nom de l'homme
qui vieni de mourir. C'est que M.
Respini n'était pas une figure ordinaire
de politicien. C’etait un caractère d'une
énergie, d’une intransigeance qui
certainement a fait beaucoup de tort à
son canton, à son parti, à lui mime, mais
qu‘il n 'était pas banale. Une fois qu'il
avait une idée en tète, rien ne le faisait
plier. Il n'était accessible à aucune
considération. Cétait un homme tout
d'une pièce, tris courtois, séduisant
même dans la forme, mais au fond un
rocher inébranlable contre lequel
toutes oppositions, mème celles qui
partaient des ses amis, venaient se
briser».
98
Tra le testimonianze su Gioachimo Respini
«Quando, meno esperto della vita ed
ignaro delle cose nostre, molti anni or
sono, mi avveniva di vedere alzarsi in
Gran Consiglio od affacciarsi alla
tribuna di una pubblica festa un oratore
dalle spalle enormi, corpulento, dai
L'ELOQUENZA di Respini. la sua
abilità professionale, mai disgiunta da
profondo senso della giustizia, meritano
uno slargo rievocativo. Riprendiamo
ancora le «Confessioni» del Pioda:
99
movimenti poderosi, dai capelli, da i
baffi dal pizzo, dal cigli così neri che si
staccavano vivamente sulla tinta
olivagna d'un viso ampio, tagliato a
grandi tratti con un suggello di
veemente energia sulla mandibola
inferiore alquanto prominente; e ne
considerava gli occhi a volte foschi a
volte lampeggianti profondi sempre e
dominatori e ne sentiva la parola
semplice, chiara, dirò, nostrale,
prendere le mosse come un carro peso,
lenta e sommessa, poi man mano farsi
affrettata, rapida, rimbombante e finire
in un cozzo, in un frastuono di frasi
massicce, che colpivano tutti coloro che
mi si aveva insegnato a venerare,
schiantavano, tramutavano tutto quanto
mi si aveva insegnato ad ammirare, il
mio primo impulso era di ribellione, di
gridargli in faccia: Non è vero! Ma quel
tessuto d'accuse cosi fitto, senza un
radon, una malafatta, una grinza, finiva
coll'affascinarmi
e
tenermi
li
impietrito».
Per l'Avvocato, preferiamo ricorrere
all’inedito, trascegliendo tra lettere e
minute dell'archivio di famiglia, messo
gentilmente a disposizione dalla
Signora Vanna Robadey Respini,
relative al Processo di Stabio (1880).
Quel processo, che scosse l'intera
Svizzera e agitò il Cantone a punte di
pericolosa
tensione,
è
centrale
nell'attività forense di Respini.
I «fatti di Stabio» (uccisione del
giovane Guglielmo Pedroni, sparatoria
allo Stabilimento Ginella, altri due
morti) si consumarono il 22 ottobre
1876. Il farmacista Luigi Catenazzi,
conservatore, passa armato di vetterli
davanti al Caffè della Casa, affollato di
liberali. Il giovane Pedroni e Giuseppe
Vanini, (una fedina penale assai sporca:
era stato condannato anche in Italia per
omicidio), lo inseguono sfottendolo (il
clima politico era quello che si può
immaginare, dopo la vittoria dei
conservatori
alle
elezioni
granconsigliari dell'anno prima). Ne
nasce una Colluttazione, si spara,
Pedroni stramazza. Ha sparato il vetterli
del Catenazzi, come sosterrà l’accusa al
processo, o invece il revolver del
Vanini, che ha colpito per sbaglio
l'amico (tesi della difesa)? Le parti
ricorrono ai periti settori.
Al Chiaris.mo Prof. Cav. Albertini,
Medico Chirurgo Primario Milano Via
del Pesce N. 24
Egregio Signore!
Le spedisco qui uniti i quesiti come
alle seguite intelligenze. Altri ne
potranno forse emergere dal seguito
delle deposizioni testimoniali. Tutti i
testimoni di accusa contro il signor
Catenazzi dichiarano che egli si trovava
«faccia a faccia» coll'ucciso Pedroni ed
alla distanza non maggiore di un metro
e mezzo o due. poco più della lunghezza
del fucile. La Difesa ritiene certo che
l'uccisore del Pedroni non è il
Catenazzi,
né
mancano
prove
testimoniali in questo senso; ma si vuol
nulla trascurare a rendere sempre più
certa la sua innocenza.
Se la S.V.O. crederà necessario
avere un vetterli di ordinanza federale
svizzera noi lo spediremo ove non se ne
trovino a Milano.
Sarà di una influenza decisiva
stabilire la distanza massima del
«bruciapelo del vetterli».
É probabile che la S.V.O. sarà
chiamata nella prima metà della
seconda prossima settimana. In ogni
100
modo ravviseremo alcuni giorni prima
della chiamata.
Va poi senza dirlo che la S.V.O.
viene qui non a sostenere un partito
contro un altro, ma a portare i lumi
dell'arte e della scienza a difesa di un
bravo giovane ingiustamente accusato.
Abbiamo l'onore di ossequiare i
sensi della massima stima
Pella Difesa Avv.o G. Respini
Stabio. 11 Marzo 1880.
Prof. Albert ini
Milano 20 marzo 1800
L. Pedrazzini a Respini
Milano, 19 Aprile 1880. Ottimo Sig.
Avvocato La sua lettera, essendo
indirizzata al Giannetto, mi venne
trasmessa un po' tardi. Il buon amico,
appena ricevutala. s'affrettò a recarla a
casa mia. ma io era assente da Milano:
ed egli, non volendo affidarla a persona
a lui non nota, se la portò via, lasciando
detto che andassi io a casa sua, come
feci. Questo ritardo impedì che le
pratiche da me subito attivate per
assumere informazioni sulle esperienze
dei periti radicali riescisserò fruttuose;
perocché, corso difilato all’Ospedale a
cercarvi il Dottor Berra, questi si era
appena partito con un congedo di un
mese. Egli solo poteva fornirmi qualche
ragguaglio, sebbene io creda che anche
nel ceto medico sia trapelato un bel
nulla di questi esperimenti. Io. fuorché
col Berra, non ho relazioni intime con
nessuno de’ suoi colleghi: perciò,
mancatomi lui, non seppi più a chi
rivolgermi per affare cosi delicato. Ma
egli stesso, che chiese il congedo per
pigliarsi un po' di vacanza, capiterà
forse a Stabio e potrà darle quegli
schiarimenti ch'Ella desidera. Del resto
ritenga pure che codesti radicali, tutti
d'una razza, fanno bravamente i loro
taglierini in casa, alla chetichella, senza
che occhio umano vi possa penetrare. I
medici Porro e De-Cristorforis, abili e
furbi, visto che la scienza positiva non li
avrebbe troppo sorretti nella difesa de'
loro amici, si saranno attenuti alle
esperienze che loro tornavano meglio,
non importa se facessero al caso o no.
Quei due signori, bisogna saperlo, sono
due radicali della più bell'acqua, che
Albertini a Respini
Chiarissimo Signor Avvocato Appena
ricevuto il vetterli svizzero, colle
cartuccie relative io ho ripetuto le
esperienze sul cadavere le quali diedero
dei risultati identici a quelli ottenuti col
vetterli italiano. Tali esperienze
vennero fatte in un cortile dell'Ospedale
Maggiore di Milano alla presenza di
molti medici civili e militari: io ne ho
raccolti i pezzi anatomici che conservo
nella glicerina fenizata. Qualora la S.V.
credesse che questi pezzi possano
essere utili per meglio replicare davanti
al giurati con dei fatti materiali alcuni
punti essenziali della perizia relativa
alla difesa del suo patrocinato, io li
porterò meco. In questo caso in un
coll'annuncio del giorno in cui debbo
recarmi a Stabio mi sappia dire se lo
debbo portare o no i sumentovati pezzi
anatornici. In caso affermativo sarà
bene che la S.V. si prenda la briga di far
pervenire dall'Amministrazione del
Cantone un ordine alla dogana di
Chiasso di lasciar passare sotto il mio
nome uno scattolo di latta contenente
pezzi anatomici e tutto ciò a scanso di
equivoci e di perditempo.
Colla maggiore stima ed osservanza
ho l 'onore di rassegnarmi
Della S. V. Devotis.
101
non si accontentano di esternar ,
platonicamente le loro idee ed
aspirazioni: ma fanno parte di Comitati,
intervengono, ad adunanze, si lasciano
portar candidati, si , agitano insomma
nel cuore della politica e della quale
hanno imbevuto lo spirito part1giano
cosi ripugnante coll'ufficio dei periti Al
contrario i Professori Albertini e Gritti
nutriranno quei sentimenti che loro
garbano meglio, ma se li tengono
rinchiusi in fondo all'animo, e badano
all'esercizio dell'arte loro, senza
preoccuparsi delle vicende politiche. La
vivissima gioia che a Lei cagionò la
eloquente deposizione del Prof.
Albertini si è trasferita tutta quanta
anche in me. Non ebbi la fortuna di
sentire la voce vibrata e autorevole
dell'illustre perito, ma la lettera ch’Ella
mi scrive è cosi traboccante di sincero e
profondo entusiasmo, che quasi tien
luogo della realtà e mi fa immaginare
tutta la forza e lo splendore di quella
difesa; inoltre sa esprimere con si calda
espansione il giubilo che ne prova, ch'è
impossibile resistervi e lo si sente
ripercosso in fondo al cuore.
Condannati ad assistere al trionfo delle
teorie politiche che conculcano diritti e
libertà sacre, e soffocano le più care
affezioni ed aspirazioni, di quale
conforto ed ammaestramento riesce a
noi giovani la parola di un uomo come
Lei, Sig. Avvocato, che in mezzo al
fuoco delle lotte e passioni politiche
serba cosi entusiastico amore alla verità
e alla giustizia!
Se le persone vendute si arrabattano
a rovesciarle addosso ogni sorta di
vituperii, Ella si riposi tranquillo nella
fiducia, nell'affetto, nell'ammirazione
della gioventù ticinese, che in Lei saluta
il suo forte campione. Purtroppo anche i
giornali rossi di Milano stampano
infamie sul processo di Stabio. Il
«Secolo» si distingue per un’animosità
ostinata e velenosa che fa schifo. A noi
deve importar poco il giudizio degli
Italiani ma il «Secolo» va dappertutto; e
sebbene tra gente seria goda nessun
credito, pure influisce assai sul molti
gonzi che lo leggono, fra i quali
parecchi ticinesi apatici e incolori, che a
goccia a goccia assorbono il veleno. Ha
visto come quel fogliaccio giudica
l'Albertini? lo dice «naturalmente»
affigliato al partito che tiranneggia nel
Ticino. Naturalmente Porro e soci
saranno per lui la quintessenza
dell'onestà, lealtà, ecc. affatto superiori
alle gretterie di parte! Oh mondaccio!
Che Iddio disperda i brutti nuvoloni che
offuscano il nostro bel cielo, e faccia
brillare di piena luce la stella che ci ha
guidati fin qui!
Se potrò avere una giornata libera,
chi sa che non faccia una corsa a Stabio.
Stassera Giannetto ci recherà un mondo
di notizie, speriamo buone. Le dò il mio
indirizzo perché Ella si ricordi che son
pronto a servirla, ed ambisco i suoi
ordini. Via Ctovasso 5.
Mi creda sempre
Suo aff.mo servo ed amico
Luigi Pedrazzini
Alla baronessa de Gunzbach
Lontano dai clamori di Stabio,
superati ben altri clamori. Respini trova
modo di volgere l'animo alla famiglia,
lo sguardo alla Locarno «fin de siècle»
102
che muta aspetto. Dalla minuta di una
lunghissima e interessantissima lettera
alla baronessa De Gonzenbach:
Locarno. 4 novembre 1892.
Pregiatissima Signora Baronessa.'
La ringrazio della gradita Sua, che
mi ha portato la buona notizia che Lei
sta bene, che ci conserva le Sue
simpatie e che non ha punto dimenticato
Locarno. Anche noi stiamo bene e non
occorrono parole per assicurarla che
frequentemente
parliamo
della
Signorina de Gonzenbach. Nostro figlio
ha ripreso la vita di collegio, a
Cremona, da tre settimane e ci manda
buone notizie. Fa la seconda liceale, e
però ha ancora due anni di studio a
Cremona, se piace a Dio, come
speriamo, di conservarcelo, prima di
passare all'Università. E la sua madre
ed io stiamo già seriamente
occupandoci dove mandarlo per il
corso universitario per salvarlo, il più
che sia possibile, da un insegnamento
corrotto e nello stesso tempo possa fare
buoni studi lontano dalle compagnie
pericolose.
Ma e Lei, Signora Baronessa,
quando conta far ritorno alla tranquilla
Locarno? Sta bene lodare e ricordarsi
le amene sponde del Verbano, ma è
ancora meglio allietarle di una lunga
presenza, e la di Lei assenza. Signorina,
po' poi mi pare cominci diventare
soverchiamente lunga! Venga, e venga
presto. Troverà non poche novità: un
nuovo albergo a Muralto. nel parco
Scazziga. sopra la Stazione ferroviaria,
che sarà condotto dal rinomato
albergatore Signor Olsten di Ander
matt e porterà il titolo «Hotel du Park»:
una bella pensione del Belvedere
(belvedere anche di fatto) sopra la villa
Righetti nella strada che mette alla
nostra Madonna del Sasso, proprietà
del Signor Carlo Franzoni: altra
pensione subito dietro il Grande
Albergo, vicino al ponte, proprietà del
Signor Simona Giorgio: aggiunga i
prodigi delle opere grandiose di
correzione della Maggia colle pietre
preziose e coi piedi pesti che si portano
praticamente a casa nel ritorno; e poi e
poi la politica ticinese...
Ci risiamo con la politica. Passiamo
alla chiusa. L'ultimissima parola ad
Alfredo Pioda:
«Eppure quell'anima è capace di
moti generosi, ragione per cui i giovani
liberali, che sono esuberanti di
generosità, non scevra sempre di
prepotenza, gli è vero, sentono pel
Dittatore una simpatia istintiva, non ne
rifuggono come da altri avversari, che
non son se non una rete di calcolo, un
piano geometrico d’interessi, dove la
coscienza s'impiglia, la luce interiore si
sperde. In lui c'è la veggente
spontaneità dell'uomo nella sua
interezza; negli altri il cieco artificio di
uomini dimezzati dall "utile gretto e
personale».
103
Il «Riformino, dietro le quinte federali»
Berna, 12 dicembre 1879
Caro Federico!
Ier l'altro finalmente il Consiglio
Federale prendeva la decisione di
proporre alle Camere di non
accordare al nostro Riformino la
garanzia federale perché la base della
popolazione di attinenza non
può essere accettala come
principio. Questa notizia ci
veniva data tardi nella sera dal
Signor Presidente Hammer
[Bemahrd Hammer, più sotto
«Papà»)
incontrato
casualmente nei corridoi del
palazzo.
Volendo conoscere il più
largamente possibile il vero
stato delle cose, ieri mattina
domandava una conferenza al
Signor Giuseppe [nome in codice per
Emil Welti, Consigliere federale] che
mi
veniva
immediatamente
accordata. La conferenza é stata
molto lunga e posso aggiungere
cordiale ed intima. Si è parlato di
molte cose, ma comprenderai che
tutto non si può mettere sulla carta
anche cogli amici i più intimi. Ti dirò
solo che il nostro Giuseppe era
profondamente disgustato della
risoluzione presa dal Consiglio
Federale che ritiene ingiustificabile
sotto ogni rapporto, risoluzione che
lo ha molto sorpreso perché non
avrebbe mai creduto che si sarebbe
verificata. Il resto di presenza,
intanto consoliamoci di avere un sì
poderoso difensore della giusta
causa. Ma si, egli é pur sempre
l’uomo che colla sua energia, colla
sua lealtà, coi suoi buoni consigli ci
ha efficacemente aiutati a far
trionfare nel Ticino la causa della
Costituzione, della libertà e della
giustizia! [Allusione alle riforme del
«Nuovo Indirizzo», enunciato da
Respini in Gran Consiglio 1*8 marzo
1875;
stralcio
riprodotto
in
riquadrato]. Penetrato della dolorosa
impressione che produrrà sul Popolo
Ticinese l'ingiusta decisione egli si
studiava di accentuare la simpatia
che sente pel Popolo nostro, la
fiducia che il Nuovo Indirizzo
continuerà nella buona via nella
quale è incamminato e che saprà
trionfare, come pel passato, delle
difficoltà d’ogni sorta e vergognose
che gli vengono sollevate ecc. ecc. La
mia risposta si riassume in questo
concetto: abbiam visto altri venti,
altre tempeste forte del proprio diritto
e della giustizia della propria causa il
104
Popolo Ticinese non paventa l’ira
furibonda
e
implacabile
del
radicalismo ti cinese e svizzero darà
a tutti la meritata lezione infliggerà ai
forsennati denigratori del nome
ticinese, ai nemici della quiete
pubblica una punizione esemplare
nelle elezioni generali del 1881 darà
un esempio di dignità e di fermezza a
tutti.
Ti confesso che sono escito
dall'Ufficio
profondamente
commosso e ringraziando Iddio, in
cuor mio, di aver concesso alla Patria
nostra di avere un simile uomo a
dirigere i suoi destini!
Sull'Amnistia [per i fatti di Stabio
del 22 ottobre 1876] non ha più
insistito lasciando anzi quasi
intravedere che avevamo ragione noi
di essere contrari. Chiesi indi una
conferenza a Papà che subito mi
accolse. Da alcune frasi raccolte
quando la sera avanti, mi era sorto il
dubbio che nella testa del buon uomo
non fosse an cora penetrata giusta
l'idea di che cosa è l'attinenza e che
avesse votato colla maggioranza,
anzi che il suo voto fosse forse stato
decisivo.
Mi
sbottonai
completamente. Dunque il Consiglio
Federale vuole imporci di computare
gli stranieri e di escludere i ticinesi
assenti forse per legare sempre più,
in nome della democrazia, il Ticino
alla Svizzera? No, No rispose; il
Consiglio Federale è d’accordo che
avete il diritto di escluderli, ed anzi io
vi consiglio ad escluderli. Allora
continuai io - Sta bene, fuori i
forestieri, ma il Consiglio Federale
avrebbe il coraggio di obbligarci ad
escludere, a trattare come forestieri
anche i ti cinesi assenti, perfino quelli
che pagano le imposte, le tasse
militari ccc.! E qui tirai fuori dalla
tasca un riassunto delle tabelle
militari, eseguito dal l’infaticabile
nostro Carlo [Carlo Vonmentlen]
(che uomo d’oro!) e gli feci vedere e
toccare con mano che gli inscritti per
pagare la tssa militare nel 1877 sono
18.000, in cifra rotonda. dei quali
solo 6000 presenti in patria, e ben
12.000 assenti e poi con un'altra
piccola tabella (ne aveva piene le
tasche) gli dimostrai che i ticinesi
esclusi
coll’anagrafe
federale
salgono all’enorme cifra di ben
25.000, Il poveruomo pareva cascato
dalle nubi leggendo il prospetto delle
tabelle militari e disse - Ma non
intendiamo di escludere neppure tutti
gli emigranti potete contare gli
emigranti periodici, quelli anche che
stanno lontani due, tre, quattro anni e
più
in una parola, vogliamo
escludere solo quelle famiglie che
sono stabilite all’estero . Allora io
tirai su un gran fiato e dissi tra me - Il
Riformino sostanzialmente è salvo .
Siccome però bisogna avere grande
cura di non mostrarsi facilmente
contenti con questi Signori, affinché
non si ritengano subito nostri
creditori, mi distesi a dimostrare
l'inanità del motivo del rifiuto non
avendo
noi
in
generale
l'immigrazione, come negli altri
Cantoni che si colonizza, che alla fin
fine obbligavano il Popolo Ticinese
ad una seconda votazione [si era
votato il 9 marzo di quell’anno] per
un motivo vacuo ecc.. e qui mi
scatenai un po’ contro il Consiglio
Federale, che pare si tormenti per
105
dare la pace al Ticino, mentre non fa
altro che imbrogliare le cose che la
nostra pazienza è ormai esaurita - e
che l'irritazione è al colmo. Arrivai
perfino a dire che passerà molto
tempo prima che il Popolo Ticinese
dimentichi l'affronto ricevuto dal
Consiglio Federale col ritiro prima
del Riformino e poi pel rifiuto della
garanzia per un vero pretesto. Tu
crederai che Papà sia divenuto un po’
arrabbiato meco. No. è il miglior
uomo del mondo un vero bagascia.
Ama indubiamente udire le cose
chiare e che si parli francamente. Mi
ha ascoltato con pazienza e volentieri
come fa sempre.
Per venire poi a qualche cosa di
pratico lo pregai di fare il possibile
che o nel Messaggio, se non era
troppo tardi, o almeno nella
discussione, fossero espresse le
dichiarazioni di cui sopra. Rispose
che quanto aveva detto erano le
opinioni emerse nel Consiglio
Federale e che si avrebbe cercato di
farle in qualche modo risultare.
Buona notte e strette di mano e poi
via a mandare il dispaccio agrodolce
al Governo, di cui avrai cognizione.
Ripetendo fra me e me
«maledettissimi radicali non riderete
per gli ultimi, non andrete a Roma a
fare la penitenza dei vostri peccati
verso il Paese ed il Nuovo Indirizzo»
andai in cerca degli Amici. Narrato il
risultato delle conferenze avute. in
buon umore, alquanto scosso al
primo annuncio (e come non doveva
scuotersi) ritornò - le bottiglie in
linea di battaglia hanno fatto il resto.
In conclusione abbiamo la fiducia di
lasciare a Berna solo la veste del
Riformino; di portare a casa il corpo
per indossargli una zimarra che
incontri il gusto di queste zucche. Ma
se resta qui la veste del Riformino,
resta qui pure sepolta la Signora
Amnistia in abito ed in corpo. Meglio
cosi!
In fondo, in fondo, le ragioni del
momentaneo scacco del Riformino
sono un po’ di ripicco della
Maggioranza del C.F. pell'abortito
progetto del l’Amnistia, un po’ di
debolezza, un po’ di cocciutaggine e
molto odio partigiano. Ma chi la
dura, la vince, e noi la vinceremo.
Oggi poi Reali (Giovanni Reali,
Consigliere agli Stati] ed io siamo
stati anche dal Signor Antonio
[Fridolin Anderwert] che ci ha
ricevuto come uno che è molto
contento di essere Vice Presidente
della Confederazione [morirà il 25
dicembre dell’anno dopo] e che sa di
dover molto e forse tutto alla
deputazione ticinese se è riuscito nel
suo legittimo desiderio. Con piacere
abbiamo udito da lui la conferenza
delle dichiarazioni del Signor Papà e
che lui era pella ratifica tal quale e
che in questo senso aveva elaborato il
suo preavviso. Il Signor Antonio
speriamo non ci farà dei torti, almeno
dei grossi torti nell'avvenire.
Abbiamo poi vivamente insistito
perché il Consiglio Federale si
interessi affinché una decisione abbia
luogo prima dell’aggiornamento per
norma del Cantone.
Questi poveri Radicali, non
meritano altro nome, non sanno darsi
una ragione del come la Deputazione
ticinese sia tanto di buon umore ed
allegra. Tocca di c...ni, direbbe Papà
106
Magatti [Massimiliano Magatti,
Consigliere di Stato], non sanno che
dietro le nostre spalle sia il Popolo
Ticinese! Non avranno proprio il
gusto di vederci mogi e mendicanti
appoggi e protezioni fuori del terreno
naturale. Degli Amici nostri siamo
sempre oggetto di speciali riguardi.
Abbiamo fondato motivo di
sperare che la Commissione del
Nazionale sarà unanime nel proporre
l’ordine del giorno puro e semplice
sulle famose petizioni radicali
riguardo il Processo di Stabio [inizio
il 27 febbraio 1880 nella Chiesa
parrocchiale, verdetto il 17 maggio:
assoluzione generale].
Oggi poi i soci Philippin, Frei ecc.
hanno fatto un'altra corbelleria
deponendo un'interpellanza circa le
trattative di amnistia. Si capisce che
la volevano e sono terribilmente
scotuti dell’aborto seguito seguito
tanto più portano apparentemente la
colpa di essere stati la causa in gran
parte
colle
asinesche
loro
dimostrazioni. Sappiamo di certo che
Mola [Pietro Mola, intervenuto in
veste di colonnello federale a sedare i
disordini di Stabio e coinvolto
nell'accusa di complicità per ulteriore
spargimento
di
sangue
allo
stabilimento Ginella] si raccomanda
vivamente perché abbia luogo
l’Amnistia.
Ho saputo con piacere dalla mia
Mariannina [Marianna Magoria]
l’esito finale delle vostre divisioni.
Riguardo l'affare della diligenza
in Vallemaggia essendomi giunta,
anzi prima, una lettera dell’amico
Enrico Pedrazzini in proposito, che
pare aspira, ed il caso non essendo
urgente ho creduto bene astenermi da
qualsiasi passo.
La presente lettera potrai darla a
leggere a Cecchino, all’Emilio, alla
mia Signora, ai miei cognati, al
Regazzi, al Ciseri, se lo vedi ed a
quelle altre persone molto prudenti,
poiché non si può lasciare sapere a
tutti il risultato preciso e letterale di
conferenze personali e confidenziali.
Si possono dare in genere le notizie.
Fanne in somma l'uso discreto che
crederai meglio.
Tanti saluti da tutti estensibili
come al solito, i rispetti alla Signora
Luigina, e tante cose alla mia
Mariannina ed un bacio al mio
Peppino Filippino se hai occasione di
vederli.
Il tuo Aff. mo
Giovacchino
107
Gioachimo Respini testimone in proprio
sono mancate pagine speciali
(Corriere del Ticino. Gazzetta
Ticinese, Eco di Locarbo). In
generale, un discorso tipico di
ricorrenza, tra il rievocativo e il
divulgativo, nei limiti e nei fini propri
della stampa quotidiana. Non più in
là.
Esorbitarne, affidandosi in intenti
critici, di scavo, sarebbe scavo di
scarso interesse e fuori luogo, una
forzatura. Un giornale è un giornale,
tiene d'occhio il lettore: non gli
ammannisce piatti indigesti di
surrogati monografici secondo
occasione. rischiando di planare nel
cestino, che notoriamente è un buon
lettore e E vorace ma non allunga la
lista degli abbonati. Arduo e
pretenzioso d'altra parte cimentarsi
oltre il punto e virgola dell'approccio
divulgativo, in scandagli a naso (o a
caso) e giudizi a mezz'aria e a mezza
bocca sulle dimensioni interiori di un
personaggio politico assai marcalo
nel profilo pubblico, soverchiarnte,
con il quale la storia cantonale stenta
// 7 settembre ricorreva il 150. della
nascita di Gioachimo Respini (Cevio.
1836). figura politica di primo piano
che ha improntato fortemente di sé
l'indirizzo del Cantone (il .«Muovo
Indirizzo» liberaleconservatore) dal
1875 (ascesa al potere dei
liberali-conservatori)
al
1890
(rovesciamento del regime).
La stampa ne ha parlato, non
108
o esita a fare i conti e tirare le somme
Destino di altri personaggi di
spessore del secolo scorso, incisi
manicheisticamente nella tradizione
popolare ticinese, da una parte in
bianco dall'altra in nero, osanna e
crucifige.
Un'arrampicata fare il punto su
Respini, senza corda e senza chiodi.
Ne era dichiaratamente conscio
Piero Bianconi, indagatore sagace,
che di Respini ha forse fatto, senza
proporselo, un compiuto ritratto di
dentro e di fuori con quella spigliata
e arguta biografia che è «La
giovinezza di Gioachimo Respini»
(Dadò1975).
No, non passa per il giornale un
tentativo di bilancio respintami che
convenientemente
affondi
nel
sottocutaneo
e
ramifichi
nell’analitico, con ancoraggi oltre il
contesto cantonale. Richiede un libro
con tanfo di titolo e di capitoli. È la
strada da imboccare. Ed è il caso, lo
segnaliamo, di due pubblicazioni sul
periodo respiniano apparse in
concomitanza con la ricorrenza: «La
lotta politica nel Ticino Il "Nuovo
Indirizzo"
liberaleconservatore
(1875-1890)». tesi di laurea di
Fabrizio^ Ponzerà (Dadò. 1986), e
«Il movimento di Giubiasco e il
nuovo programma del partito
conservatore
ticinese
(1896)»
(«Risveglio», fascicolo speciale
luglio-agosto 1986). capitolo dal
memoire di licenza di Albino
Zgraggen «La crisi del partito
conservatore alla fine del secolo
scorso» (Friborgo. 1975).
La ripresa del discorso su
Gazzetta non si discosta dai limiti e
dagl'intenti di cui si diceva, e vuole
giustificarsi (nella sua tardività di
secondo appello) quale seguito a un
suggerimento implicito di Mario
Agitati, che nella sua pagina
respiniana di settembre (Corriere del
Ticino) lamentava una certa labilità
di presenza del protognista del
liberalismoconservatore negli scruti
pubblicati per il 150. della nascita.
È un seguito semplice: la ' parola
in diretta a Respini su Respini,
attraverso alcune minute di lettere di
getto, di cui una sola completa dalla
data ai saluti, tratte dall'archivio di
famiglia consegnato dalla pronipote
Signora Vanna Robadei’-Respini.
La «Liberté» di Friburgo svincola e traligna
Locarno. Il Gennaio 1893
Alla Lod. Redazione del Giornale
La Liberté
Fri borgo
È da qualche tempo che La
Liberté non batte sempre la miglior
via a riguardo delle cose politiche
ticinesi. Non avrei però mai creduto
che si sarebbe smarrita fino al punto
da far luogo ad una inveritiera ed
indegna corrispondenza come quella
portata dal n. del 10 corrente colla
data da Lugano.
La massima democrazia è sempre
regnata nella composizione e nella
condotta del Comitato conservatore
prima che avesse alla testa il giovane
avvocato
Agostino
Soldati
109
[18571938] * ed a riguardo della
gioventù se la vecchia Direzione del
partito
conservatore,
quella
Direzione che ha lottato per tanti anni
e vittoriosamente contro tutte le forze
del partito radicale svizzero e dei
poteri pubblici federali collegati a’
suoi danni, ha un rimprovero a farsi è
di essere stata troppo generosa,
troppo facile verso la gioventù,
buona parte della quale non ha
corrisposto certamente alle legittime
aspettative del partito conservatore
ed a prova basti citare / voli alti e
repentini del giovane avvocato
Soldati, che si riposa ora negli stalli
dell'Alto
Tribunale
Federale
lasciando vecchi e giovani alle prese
coi radicali in una situazione quasi
intieramente da lui ideala e che ceno
non ci sarà invidiata da nessuno.
Che a Lugano specialmente od in
altro
luogo
si
fabbrichino
corrispondenze come quella in
discorso non può destare al cuna
meraviglia: sorprende in vece che si
trovi la Direzione di un giornale la
quale lancia alla pubblicità scritti i
quali, anche se contenessero una
narrazione verace, il che non è nel
caso nostro, andrebbero pur sempre
contro lo scopo che il giornale deve
prefiggersi. Mi pare che il più
volgare buon senso dovrebbe
insegnare che bisognerebbe pensarci
dieci volte dieci prima di far luogo al
sindacato dell'andamento interno di
un partito in altro Cantone. Sarà il
primo venuto che può conoscere
l'azione interna di un Comitato
politico?
lo sono abbonato da molti anni
alla Liberté ed ho cercato di
procurarle anche altri abbonati a
seguito di raccomandazione avuta,
ma non intendo espormi più oltre al
pericolo ed al disgusto di
leggere, sopra un giornale
conservatore
cattolico,
scritti
che
meglio
troverebbero il loro posto
nella stampa radicale. Il
perché
prego
volermi
cancellare dalla lista degli
abbonati. Va da sé che la
presente non è destinata alla
pubblicità.
A me manca il tempo,
specialmente
in
questi
momenti, di entrare in
polemiche.
Mi
è
estremamente
doloroso
separarmi da un giornale che
era divenuto come un amico
di casa, ma è troppo evidente
che io non posso a meno di
110
chiudere la mia porta ad un foglio che
scientemente o meno batte contro la
Buona causa che io difendo nel mio
Cantone. È padronissima la Lodevole
Redazione
della
Liberté
di
condividere le apprezzazioni e le
vedute del suo corrispondente e di
continuare pella via nella quale si è
incamminata, ma [la minuta si ferma
qui].
Rettore del Liceo Cantonale di
Lugano 1882-83; deputato al Gran
Consiglio 1883-1891; presidente del
Governo di conciliazione dopo i fatti
del settembre 1890. Fondazione del
Corriere del Ticino. 28 dicembre
1891. dimissioni dal Governo
elezione al Tribunale federale. 1892;
fondazione
dell'«Unione
Democratica Ticinese». 11 giugno
1893 (Locarno).
Lettera alla Gazzetta di Losanna
Locarno. 24 Gennaio 1882’
Egregio Signor Redattore!
Le spedisco le due lettere di cui le
ho parlato e che io avevo già passato
nel mio piccolo archivio di ricordi,
sotto la data del 9 Gennaio corrente
colla seguente indicazione:
«Non spedita neppure la seconda
lettera sul riflesso che la Gazzetta di
Losanna sia decisa a favorire un terzo
nel Ticino cioè di un partito del
centro. A Dio spiacente ed ai nemici
sui (Dante)...».
Tale era la mia opinione sul conto
della Gazzetta allora a riguardo delle
cose ticinesi, ed io non poteva che
deplorare una simile condotta pur
riconoscendo la buona fede.
111
Nei Cantoni cattolici in genere ed
in specie nel Cantone Ticino non avvi
il posto per un partito del Centro, il
quale, a parer mio. non può risultare
che dalla scissione degli elementi a
tendenze conservatrici.
Nel Cantone Ticino poi, nelle
condizioni attuali del partito radicale
specialmente, le quali avranno
ancora lunga durata, credere alla
formazione di un terzo partito col
distacco di una frazione, dall'ala
destra, dell'esercito radicale è
peggio che un utopia.
Un partito del Centro alle Camere
Federali lo si comprende. benché non
entri punto nel mio ideale.
Il mio ideale è la formazione di un
grande partito svizzero conservatore
cristiano, in altri termini io caldeggio
la fusione in un unico partito con
un'unica direzione dei conservatori
cattolici
e
dei
conservatori
protestanti. Vorrei sbagliarmi, ma io
porto opinione che il panno radicale
svizzero, benché sia minoranza nella
Confederazione. sarà sempre il
padrone della situazione, appunto
Pur conservando rigorosa mente la
fede rispettiva religiosa. i cattolici e i
protestanti ortodossi hanno un segno
comune di riunione nel campo
politico, un punto comune di difesa, e
questo è la Croce. È essenzialmente
pella difesa dei comuni ideali della
Croce
di
Cristo,
seriamente
minacciati per tutti, che tutti i
credenti nella divinità di Gesù Cristo
e nella santa sua dottrina, devono
unirsi sul terreno politico contro il
principio radicale essenzialmente
antireligioso. E il buon esempio
dovrebbe venire dall'alto (regis ad
exemplum): sono le persone colte,
sono i deputati alle Camere Federali
che devono prendere l’iniziativa e le
popolazioni seguiranno. Queste cose
ho creduto bene dire perché la S.V.
comprenda perché io sia tanto
contrario al conato della formazione
di un terzo partito nel Ticino, e
deplori l'opera di coloro che
favoriscono un simile tentativo a
tutto vantaggio del partito radicale.
Quanto ho detto anche per
dimostrare perché io non approvi il
sistema politico del " Signor Soldati,
il quale ha. la "sua base in vedute e
calcoli di ordine materiale e mette un
piede a destra ed uno a sinistra, da
quest'ultimo lato sempre sopra un
terreno che sfugge e si sprofonda al
più piccolo sforzo.
Nessuno ha sostenuto più di me e
sempre lo svilupp Quanto sopra o del
be nessere materiale del paese, ma
questo non deve avere a parer mio il
primo posto. Specialmente dopo
l'ultimo colpo di testa della
demissione provo una estrema
ripugnanza a parlare del Signor
Soldati, che si è demolito con le sue
stesse mani, ma l'interesse del paese
richiede che alcune verità siano
conosciute almeno da alcune persone
che s’interessano sinceramente al
benessere del Cantone Ticino.
Il Signor Soldati è certa mente
uomo di notevole va lore. è
specialmente bel parlatore e giurista
distinto. Ma non ha le qualità
dell'uomo di Governo e tanto meno
quelle richieste pella direzione del
partito.
Non ha principi ben conosciuti e
fermi: vede tutto troppo facile: non
112
ha sufficiente conoscenza del paese:
tiene troppo poco calcolo delle
lezioni del passato: agisce troppo
spesso con somma leggerezza anche
nelle cose più gravi: raramente si
preoccupa delle conseguenze. Passa
per uomo malleabile, arrendevole, è
così solo coll'avversario per
debolezza:
cogli
amici
e
correligionari politici è assoluto,
spesso intrattabile. Non ha il dono di
saper tacere a tempo: ha una dose
troppo forte di ambizione e di vanità.
Per persuadersi di molta parte di
quanto sopra basta rileggere il suo
discorso ministro pronunciato al noto
banchetto di Lugano: proclama ai
quattro venti che vuol scindere il
partito radicale e fa una specie di
requisitoria del passato del partito
conservatore. Ma avvi senso comune,
avvi buon senso in una simile
proclamazione, e lasciando in
disparte la parte ingiusta ed infondata
della requisitoria, era quello il
momento di attaccare e recriminare
sul passato; era generoso? Ma
quando si vuol riuscire alla scissione
dell'avversario la prima regola è di
non dirlo. I radicali hanno risposto a
quella proclamazione banchetto a cui
i timidi sono accorsi ed hanno
proclamato la loro solidarietà. A
parole adunque il Signor Soldati ha
assicurato la rottura del fascio
radicale, nella realtà colla sua
requisitoria ha lavorato alla scissione
del partito conservatore. Si noti poi
che la relazione ai giornali (veggasi
Giornale di Ginevra) non è stata
completa. Fra le altre cose in quella
occasione il Signor Soldati ha avuto
il torto di fare un attacco indebito
contro il clero..
E che dire di corrispondenze e di
passi a giornali confederati e
specialmente alla Gazzetta, in
occasione della costituente del 1891
(Gennaio. Febbraio e Marzo) a far
credere che l’influenza di Respini era
molto diminuita, che si avesse fatto
opposizione alla rappresen tanza
proporzionale sarebbe rimasto con un
terzo, mentre il Sig. Soldati sapeva
che io accordava il mio appoggio
leale alla nuova politica perché
facesse le sue prove, e che il mio
appoggio non era certo di troppo
pella riuscita dell'esperimento. E la
recente demissione [dalla presidenza
del Governo «misto»] del tutto
ingiustificata ed inopportuna che
altro è stata se non un colpo di testa
per sollevare del chiasso intorno al
proprio nome, cercare il pretesto di
una supposta nobile caduta per
disertare da una posizione difficile ed
estorcere un voto di fiducia rendendo
ancora più difficile la situazione colla
dichiarazione che se era ufficiato dal
Gran Consiglio sarebbe rimasto.
Questa dichiarazione ha impedito
ogni altra combina zione perché
nessuno voleva prestarsi ad impedire
che la desiderata ufficiatura fosse
fatta. Ma il voto di fiducia è stato di
mera forma: nella realtà è stato un
voto di punizione e di sfiducia. Nella
conferenza
della
maggioranza
parlamentare la proposta del voto di
fiducia era stata combattuta e non
aveva trovato che pochissimi
aderenti (manca il seguito della
minuta].
113
Lettera alla baronessa di Gonzenbach
Locarno, 4 novembre 1892
Pregiatissima Signora Baronessa!
La ringrazio della gradita Sua, che
mi ha portato la buona notizia che Lei
su bene, che ci conserva le Sue
simpatie e che non ha punto
dimenticato Locarno. Anche noi
stiamo bene e non occorrono parole
per assicurarla che frequentemente
parliamo
della
Signorina
de
Gonzenbach. Nostro figlio ha ripreso
la via di collegio, a Cremona, da tre
settimane e ci manda buone notizie.
Fa la seconda liceale, e però ha
ancora due anni di studio a Cremona,
se piace a Dio, come speriamo, di
conservarcelo, prima di passare
all’Università. E la sua madre ed io
stiamo già seriamente occupandoci
dove mandarlo per il corso
universitario per salvarlo, il più che
sia possibile, da un insegnamento
corrotto e nello stesso tempo possa
fare buoni studi lontano dalle
compagnie pericolose.
Ma e Lei, Signora Baronessa,
quando conta far ritorno alla
tranquilla Locamo? Sta bene lodare e
ricordarsi le amene sponde del
Verbano, ma è ancora meglio
allietarle di una lunga presenza, e la
di Lei assenza. Signorina, po' poi mi
pare
cominci
diventare
soverchiamente lunga! Venga, e
venga presto. Troverà non poche
novità: un nuovo albergo a Muralto,
nel parco Scazziga, sopra la Stazione
ferroviaria, che sarà condotto dal
rinomato albergatore Signor
Cristen di Andermatt e porterà
il titolo «Hotel du Parks»: una
bella pensione del Belvedere
(belvedere anche di fatto) sopra
la villa Righetti nella strada che
mette alla nostra Madonna del
Sasso, proprietà del Signor
Carlo Franzoni: altra pensione
subito dietro il Grande Albergo,
vicino al ponte, proprietà del
Signor
Simona
Giorgio:
aggiunga i prodigi delle opere
grandiose di correzione della
Maggia colle pietre preziose e
coi piedi pesti che si portano
praticamente a casa nel ritorno;
e poi e poi la politica ticinese,
anche quando cade nel
114
monotono non offre forse sempre
qualche novità, non fosse altro
qualche scambio di complimenti fra
militi settembristi e colonnelli amici
dei
settembristi?
[Allude
ai
protagonisti dell’ 11 settembre 1890
e al colonnello Arnold Künzli,
commissario federale, intervenuto
con la truppa a riportare l’ordine]. Ed
eccoci così condotti al tema favorito
(??) dirò piuttosto indispensabile
della politica.
Ha adunque compreso che cosa
intendo io per quistione vera di
principio. Ella mi domanda perché ci
chiamiamo clericali, ultramontani e
se non sarebbe preferibile altra
denominazione puramente come
tattica politica dal momento che le
accennate qualifiche passano nella
Svizzera come merce antinazionale.
Qui la Signora Baronessa cade in un
errore di fatto: ufficialmente il partito
a cui io appartengo porta da circa 30
anni,
il
titolo
di
liberale-conservatore e noi ci
chiamiamo liberali conservatori.
Nella realtà il mio partito è sempre
stato ed è un partito conservatore a
tendenza democratica, la parola
liberale vi ha solo senso letterale, e
non il senso che comunemente si
annette al liberalismo di ostile, o
almeno di indifferenza all’idea
religiosa.
Sono i nostri avversari che trovano
conveniente di chiamarci clericali,
ultramontani per far credere che non
siamo uomini liberi, che siamo servi
umilissimi del clero anche fuori di
chiesa e nelle cose estranee alla fede
ed al culto. Noi non possiamo
impedire al nostro avversario di darci
una qualifica piuttosto che un'altra.
Che più noi conservatori schietti in
politica e cattolici convinti in
religione
non
possiamo,
né
dobbiamo adontarci e neppure
respingere la qualifica di clericali e
di ultramontani in quanto ciò possa
implicare una defezione, un torto
qualsiasi alla nostra fede, piaccia o
non piaccia tale qualifica agli altri
nostri confederati conservatori essi
pure, ma di fede religiosa diversa, io
credo che non bisogna fare
ostentazione della propria fede
religiosa, ma non solo non bisogna
mai lasciar credere che si teme di
professarla, cedendo a! rispetto
umano, ma che, data l'occasione in
cui il professarla sia un dovere,
bisogna compierlo prontamente e
risolutamente un tale dovere. È mia
opinione che i conservatori cattolici
devono fare nulla fuori dello
strettamente necessario sul terreno
politico che possa adombrare i
conservatori protestanti [manca il
seguito].
115
LOCARNO
ARCIVESCOVILE
RESIDENZA
Il
Ticino,
pervenuto
all'autonomia e alla sovranità di
Cantone (1803), continuava a
dipendere per l'amministrazione
ecclesiastica dall'Arcivescovo di
Milano e dal Vescovo di Como. Dal
116
primo per le terre di rito ambrosiano
(Tre Valli, Moleno, Preonzo,
Gnosca, Brissago, Capriasca), dal
secondo per le terre di rito romano
(Bellinzon,. Locarno, Vallemaggia,
Lugano,
Mendrisio).
La
giurisdizione di vescovi stranieri al
di qua del confine politico, già
oggetto di proposta di soppressione
da parte dell'Esecutivo cantonale nel
1805
e
soppressa
infine
dall'Assemblea federale nel 1859,
era
un'anomalia
gravida
di
implicazioni politico-religiose ed
economiche (i beni ecclesiastici) che,
in tempi di difficile vicinato con la
Lombardia austriaca, avrebbero
lacerato il Cantone in lungo e in
largo e reso ruvidi i rapporti sul
piano federale.
Si apriva così la lunga e spinosa
questione diocesana, che avrebbe
trovato una prima soluzione un
secolo fa con la costituzione del- la
diocesi ticinese «de facto», affidata
ad un «Amministratore apostolico»
con residenza nel Ticino. La
soluzione definitiva dal profilo
giuridico sarebbe venuta soltanto nel
1971
(allora
«Amministratore
apostolico» Mons. Martinoli), con il
distacco canonico della diocesi
ticinese da quella di Basilea, alla
quale era stata unita solo
nominalmente nel 1888 con la sottile
trovata canonica del titolo vescovile
unico («Vescovo di Basilea e
Lugano»), e la conseguente nomina a
pieno titolo, de posto quello di
«Amministratore apostolico», di
Mons. Martinoli a «Vescovo di
Lugano».
Con una pastorale letta nelle
chiese nel periodo quaresimale (e
riportata
nel
«Monitore
ecclesiastico»
gennaio-febbraio
1985), Mons. Togni ha ricordato il
cammino della «Chiesa di Lugano»,
ricorrendo quest'anno il centenario
di
quello
che
fu
l'avvio
dell'autonomia diocesana ticinese,
«l'Istituzione
appunto
dell’«Amministrazione apostolica»,
scaturita un secolo fa dalla trattativa
tra Consiglio federale, Santa Sede e
Autorità cantonale, con il favore
della circostanza dell'allontanamento di Mons. Lachat dalla sua
diocesi di Basilea, e della sua
disponibilità a divenire il primo
«Amministratore apostolico» del
Ticino3. Furono quelle trattative, alla
cui
riuscita
contribuirono
largamente
Mons.
Ferrata,
rappresentante della Santa Sede, e il
sagace politico valmaggese Martino
Pedrazzini (si lega al suo nome la
Legge civile-ecclesiastica del 28
gennaio 1886, tuttora in vigore), ad
offrire a Locarno l'occasione di farsi
avanti, in concorrenza con Lugano,
nell'impacciato tentativo di essere
scelta a sede dell'«amministrazione
apostolica».
Sulla questione diocesana è sa segnalare
quanto ha scritto G. Mandada nel fascicolo
che accompagna la Cartella di
documentazione storica 1860-1889 della
serie edita dal DPE.
3
117
La tranquilla città di Locarno
Il 30 settembre 1884 così
scrivevano 153 cittadini del
municipio di Locarno4 «Visto che le
trattative diplomatiche fra la Santa
Sede, la Confederazione Svizzera ed
il
Cantone
cointeressati
pel
regolamento, fra altro, della
questione
diocesana
ticinese,
sembrano dare tutte le probabilità di
una soluzione, nel senso cioè che il
Ticino abbia un Vescovo proprio col
titolo di Amministratore Apostolico,
e quindi residente in qualcuno dei
centri del Cantone stesso;
Visto anzi che in punta a tale
eventualità. venne già da persona
privata ( la luganese Antonia
Vanoni), attinente d’altro Comune
popoloso, fatta offerta di un palazzo
e relativi giardini ad uso di residenza
del futuro vescovo;
Visto che la Residenza della
futura Curia Vescovile in una data
località non può che apportarle un
non indifferente vantaggio, si morale
che materiale, e per le persone
addette alla Curia stessa, e per
l'affluenza continua ch’essa procura,
di sacerdoti e di laici, che hanno a
trattare colla superiore Autorità
Ecclesiastica;
Consideralo che il Comune di
Locarno,
scarso
di
risorse
commerciali, e senza prospettive
intanto di miglioramento qualsiasi
può e deve da parte sua fare anche
con qualche sacrificio quanto è
necessario per procacciarsi il
vantaggio
sovraccennato,
di
preferenza agli altri centri del
Cantone, che già fruiscono di una
maggiore attività commerciale, e di
altri benefici di cui dispongono lo
Stato e la Confederazione;
Consideralo
d'altronde
che
Locarno è meglio d’ogni altra città
del Ticino adatta ed indicata per la
residenza di un Vescovo, come quella
che presenta maggiore tranquillità, e
nella maggioranza dei suoi cittadini
nonché
nell’Autorità
locale,
sentimenti più consentanei al
principio
che
un
Vescovo
rappresenta.
Domanda:
Che voglia codesto Lodevole
Municipio studiare la bisogna allo
scopo sovraespresso e concretare
all’uopo un suo progetto da
sottoporsi
ad
una
prossima
Assemblea Comunale.
Considerando quindi i sottoscritti
che le SS. LL. 00. vorranno prendere
in considerazione tale loro domanda,
diretta ad un ‘opera, certo, di non
minor lustro e vantaggio del paese,
di quelle votate ed attivate in questi
ultimi tempi dal Comune di Locarno,
si professano colla più perfetta stima
e rispetto».
Questo documento e gli altri qui trascritti
sono nell'Archivio comunale di Locarno.
4
118
«Sotto la data 30 settembre
ultimo, perveniva alla vostra
Municipalità una petizione di N. 153
Cittadini affinché intraprendesse le
pratiche necessarie allo scopo fosse
scelta la città di Locarno per
residenza del futuro vescovo.
Abbiamo giustamente apprezzati i
sentimenti che guidarono i firmatari
nell’esporre al Municipio la loro
domanda. È senza dubbio di lustro e
d'interesse materiale per una città,
essere prescelta a residenza
vescovile,
epperò
la
nostra
popolazione appalesa sentimenti
patriottici e di amore del paese,
adoperandosi e mostrandosi disposta
a sacrifici onde aggiungere un
vantaggio che è senza alcun dubbio
desiderato dalle altre città del
Cantone.
La vostra Municipalità ha subito
deferito all'esame di speciale
commissione detta petizione, e dopo
maturo esame di varie circostanze.
«V'avviso che convenga per ora
limitarsi
ad
incaricare
una
Commissione della Municipalità. od
anche presa fuori da quel Corpo e da
voi composta, alfine di sorvegliare
l’andamento
della
questione
Diocesana del Ticino, per essere a
suo tempo in grado di presentare
all'Assemblea,
quelle
migliori
concrete proposte che fossero
conducenti ad ottenere la residenza
vescovile. Ogni altra deliberazione
ne sembra ora precoce e pericolosa.
La questione Diocesana ebbe in
Berna, ed a Bellinzona, una
soluzione provvisoria, e non
definitiva. La convenzione infatti tra
il Consiglio Federale e il R. Mons.
Ferrata, pella Santa Sede. del 1.
Settembre 1884, non riconosce nel
Cantone Ticino, il diritto di erigersi
in Diocesi e di avere un proprio
Vescovo, ma provvedendo in via
provvisoria alla situazione attuale,
distacca le Parrocchie del Cantone
Ticino dalle Diocesi di Milano e
Como, e le sottopone sotto
l'amministrazione spirituale di un
Prelato che assumerebbe il nome di
Amministratore
Apostolico
del
Cantone Ticino.
Tutti
sanno
che
quest'Amministratore, la cui nomina
è di competenza della S. Sede, è la
persona di Mons. Lachat.
Ora detta convenzione aggiunge:
Morendo il titolare, il Consiglio
Federale, la S. Sede e il Cantone
Ticino, si accorderanno quando
l‘organizzazione definitiva della
situazione religiosa del Cantone
Ticino, non siasi già ottenuta, sul
prolungamento dell’amministrazione
provvisoria.
Nella convenzione poi del 23
119
Settembre 1884 tra lo stesso
Monsignor
Ferrata
ed
i
rappresentanti del Cantone, ora
ratificata colta risoluzione del poter
Sovrano, è stabilito che la residenza
dell'amministratore
è
stabilita
provvisoriamente in Balerna. e la
stabile lo sarà in una delle tre città
Sarà egualmente noto a voi che
prima di detta convenzione, una
certa Signora Vanoni. allo scopo di
ottenere per Lugano la residenza
vescovile, offre H proprio Palazzo
del cospicuo valore di oltre fr.
100.000.Ora è con veniente che Locarno
abdichi quel diritto che
potrebbe avere pel
principio
sempre
rispettato nel Cantone.
di equo scomparto degli
utili ed istituti cantonali,
per
domandare
la
residenza vescovile, e si
ponga nella gara aperta
dalla Signora Vanoni?
La lotta potrebbe
essere
alquanto
disuguale,
e
presumibilmente
la
peggio
toccherebbe
almeno forte — e ne
parerebbe di fronte a
questa
probabile
eventualità, essere più
prudente consiglio farci
forti
del
nostro
abbandono, delle più o
meno aperte promesse
ripetutamente fatte al nostro
paese,
della
diseredazione
subita
della
residenza
governativa,
del
Ginnasio, di gran parte
del
movimento
commerciale
colla
ferrovia traslocala a
vantaggio di Bellinzona,
e specialmente della città di Lugano.
de! Cantone, a scelta dello stesso e
della S. Sede.
120
Ma tanto che si voglia ricorrere
all’uno sistema che all'altro, tra cui a
quello de' sacrifici per porsi in
posizione pari a quella di Lugano, ne
sembra utile approfittare del tempo
che decorrerà prima della questione
della residenza stabile sia chiamata
ad una soluzione. Potrebbe darsi che
questa soluzione non si presenti
presto, che per veti federali a
sciogliere la questione Diocesana
nel senso dei desideri nostri, non si
presenti mai o molto tardi, ed in
questa ipotesi con qual proporremo
noi sulla bilancia dell'autorità
cantonale il peso dei nostri sacrifici,
ed esporremo alla stessa la
disuguaglianza della nostra offerta
con quella già nota?
Ed in ogni altra ipotesi, non è
sempre meglio che si studi, si
scandagli, si segua la questione nelle
diverse sue fasi, onde a tempo
opportuno.
Locarno
possa
presentarsi all'Autorità cantonale a
domandare la residenza Vescovile
forte di quell’argomento o mezzo che
dall'esame e studi sarà riconosciuto
il migliore e più adatto?
Di questo parere, per le
spiegatevi ed altre ragioni, fu la
vostra Municipalità, epperò essa vi
propone che. ringraziando i cittadini
firmatari della petizione pello zelo
manifestato a favore de! paese.
venga incaricala una speciale
Commissione. scelta da voi o dal
Municipio, al fine di studiare e
sorvegliare
l'andamento
della
questione Diocesana, e di presentare
a suo tempo quelle proposte che
crederà migliori ad ottenere in
Locarno la residenza del futuro
Vescovo
od
Amministratore
Apostolico».
Incaricato il Municipio di nominare una commissione per studiare
la questione
«Riunitasi oggi (14 dicembre
1884) l'Assemblea dei Cittadini del
Comune di Locarno, nella solita Sala
del Palazzo Comunale, in conformità
degli avvisi pubblicati l'11 andante,
ai luoghi soliti, e comunicati dagli
Usceri
Municipali
Nessi
ed
Antognoli, ad ogni singolo Cittadino
al suo domicilio.
Essendo trascorsa la consueta
ora regolamentare di aspetto,
essendo cioè suonate le 10 ant.e, il
Signor Sindaco Avv. Giuseppe
Volontario,
dichiara
aperta
l'Assemblea, e chiama al Burò a
fungere da scrutatori provvisorii, i
Signori Municipali Franzoni Avv.o
Cesare e Magoria Luigi.
Ordina quindi al Segretario
sottoscritto (Gerolamo Bianchetti)
121
l'iscrizione dei Cittadini presenti
nella Sala, che sono i seguenti (ne
sono elencati 64).
Il Presidente invita poscia la Sala
a procedere alla nomina di due
scrutatori stabili.
Sono proposti e successivamente
eletti i Signori Degiorgi Battista, e
Catti Francesco, di Franc. o.
Interpellata quindi la Sala a
stabilire il metodo di votazione per le
odierne deliberazioni, viene scelto ed
all'unanimità accettato quello per
separazione.
Il Signor Sindaco fatti i soliti
avvertimenti di cui all 'art. 23 della
legge organica Comunale, richiama
all’Assemblea gli oggetti per cui
venne convocata...
Viene data lettura della petizione
dei 133 Cittadini circa la residenza
Vescovile in Locarno.
È aperta la discussione.
Domanda la parola il Sig. A vv.
Pietro Romerio, per osservare che
crede prematura la nomina di una
Commissione, e propone che la
Municipalità abbia a curare e
sorvegliare
I
"andamento
dell'oggetto, salvo più tardi riferirne
all’Assemblea per le eventuali
risoluzioni.
Il Sig. Mun.le L. Magoria,
propone che la Commissione venga
scelta fuori del seno Municipale.
IISig.Avv.A. Righelli propone invece
che il Municipio possa scegliere, o
nel suo seno, o fuori dal Municipio. Il
Sig. Magoria ritira la sua proposta,
associandosi a quella Righetti. Vi si
associa pure, ritirando la propria il
Sig. Avv. Romerio. Dopo scambio di
osservazioni tra Degiorgi Martino,
ed il Sig. Sindaco, nessun altro
chiedendo la parola, viene dapprima
messo in votazione il complesso del
preavviso Municipale. È accettato
al- l'unanimità».
Locarno è disposta ad acquistare Casa Pedrazzini ad offrire per la
sede vescovile
Nominata dal Municipio nella
seduta del 23 gennaio 1885 (a
comporla sono chiamati Cesare
Franzoni, Giacomo Bianchetti,
municipali, Gio. Gaspare Nessi,
Vincenzo Ciseri, poi sostituito da
Giovanni Isomi, e il Canonico
Giacomo Bianchetti) la commissione
comunale si mette subito alla ricerca
di una soluzione idonea, stringendo i
tempi, e già nella seduta municipale
del 16 aprile si dice «in grado di
presentare all'Assemblea un progetto
circa la Residenza Vescovile» e ne
chiede la convocazione. Dopo lunga
discussione si decide di soprassedere,
con l’incarico alla «Commissione
stessa di presentare una sua
relazione scritta».
Il verbale della seduta municipale del
19 giugno registra: «La Commissione
incaricata delle pratiche per la
Residenza Vescovile ripresenta il
proprio Rapporto, avvertendo che in
base a conferenza col Signor Sindaco
ha mutato le conclusioni».
122
Gli stabili presi in considerazione
dalla Commissione, e via via scartati
per ragioni addotte nel Rapporto,
furono successivamente: Casa Rusca
in Piazza Sant’Antonio, una casa
eredi Orelli contigua alla Casa
Arcipretale in Via Cittadella (odierno
posteggio vicino alla Chiesa Nuova),
la casa Orelli (Casorella, a ridosso
del Castello) e infine il palazzo eredi
Guglielmo e Paolo Pedrazzini
(angolo tra Via Borghese e Via
Cittadella), stabile entrato in linea di
conto per l'acquisto. Le mutale
«conclusioni» sono verosimilmente
in relazione al prezzo base sul quale
la Commissione era autorizzata a
trattare. Difatti la seduta si chiude
con
la
decisione
che
«la
Commissione debba continuare le
pratiche cogli eredi Pedrazzmi di
maniera di poter sostituire al prezzo
di fr.44/m. quello di soli 40/m».
Il 15 luglio la Municipalità è
convocata in seduta straordinaria, su
richiesta dei quattro municipali
membri della commissione (erano
entrati in Municipio anche Nessi e
Isorni), «per la rassegna del loro
Rapporto circa la residenza
Vescovile stabile in Locarno. La
Municipalità risolve di lasciarla sul
tappeto e di deliberare in proposito
nella seduta prossima».
Il rapporto a stampa, datato 28
luglio
1885,
finirà
davanti
all'Assemblea comunale, che ne
approverà
le
conclusioni
all’unanimità (92 presenti), il 27
settembre.
É
un
documento
interessante, da lettura integrale. Per
ragioni di spazio ci si limita a
qualche stralcio:
«Signori; noi non ci siamo fin dal
principio dissimulata la difficoltà
della posizione nella quale eravamo
posti, vale a dire dover chiamare il
paese a nuovi sagrifici pecuniari;
dover lottare contro altra località
più potente di mezzi che non sia
Locarno, e che ha già fatto al
Governo cospicua offerta allo stesso
scopo... Fummo in procinto di
declinare il mandato. Se non che,
sorretti dal pensiero della bontà
della intenzione dei 153 petenti e
nostra, quella cioè di procurare al
paese un nuovo decoro ed un
vantaggio altresì morale e materiale,
in questi giorni i quali segnano per
Locarno un sensibile decadimento e
nella istituzioni che la illustrano, e
nel commercio, e nell’industria, ed in
quant‘altro dà vita e benessere ad un
popolo, ci sobbarcammo agli
impegni della ricevuta missione...
Dapprima si intavolarono trattative
per l'acquisto della casa dell'egregio
sig. municipale Franchino Rusco, in
piazza S. Antonio, locale adattissimo
sotto ogni rapporto e per la sua
capacità,
buono
stato
di
manutenzione, e per la vicinanza
colla Chiesa parrocchiale. Ma, dopo
qualche tempo di aspettative, per
riflessi di famiglia da parte dei
signori Rusco, le pratiche andarono
a vuoto. Rivolgemmo allora i nostri
sguardi ad altro palazzo degli stessi
signori Rusco, la casa Orelli, la
quale opportunamente si prestava
per la grandiosità della sua
costruzione, per la sua segregazione
dall'abitati, per le comode adiacenze
dei cortili, giardino, chiosco ecc.
Essa avrebbe però richiesto
123
l'erogazione di non indifferente
somma...
Sorse poscia un altro disegno...
lusinghiero assai, specie sotto
l'aspetto economico: quello di
riunire l’attuale casa arcipretale, di
proprietà del Comune, a quella dei
signori eredi Orelli, ora abitata da!
signor Conservatore delle Ipoteche,
abbattendo il muro divisorio dei
cortili e ripristinando varie porte
interne per formarne un sol corpo,
com'era nei tempi andati... Il
progetto si dovette mettere da parte...
Pensammo poi all’ex convento di S.
Francesco, al collegio S. Giuseppe
(Sant'Eugenio); ma qui gli ostacoli li
trovammo più serii; ostacoli, ben
inteso, di natura tutta economica...
Eravamo allora sul punto di
chiudere con un «nec plus ultra»,
colla rassegna del nostro mandato;
quando ci si aperse un nuovo
orizzonte, la speranza della cessione
di un palazzo posto in quartiere
centrale, vastissimo, in ottimo stato
di riparazioni e con una disposizione
interna, che non richiederà che una
leggiera spesa per gli adattamenti (lo
stabile eredi Pedrazzini).
Locarno, pur troppo, da alcuni
anni è decaduta e va perdendo della
sua vita, delle sue risorse
commerciali ed industriali. Le linee
ferroviarie del MonteCeneri e della
sponda sinistra del Verbano le hanno
tolta la massima parte del
movimento che anni sono allietava il
nostro porto, la nostra piazza; la
probabilità di diventare, ogni dodici
anni, la capitale del Cantone, è
svanita colla proclamazione della
sede stabile del Governo a
Bellinzona; il suo mercato, un dì sì
fiorente, perdette assai d’importanza
col frazionamento del commercio,
cioè collo stabilimento di numerosi
negozi nei paesi di campagna, delle
valli, anche i più alpestri; il Collegio
di S. Giuseppe sfortunatamente è
caduto.
Egli è quindi necessario e
doveroso
che
questa
nostra
cittadinanza, spogliandosi una volta
da qualsiasi secondaria prevenzione,
si unisca e tenti di avere in paese
quel poco che ancor non è
impossibile ottenere».
Dopo alcune considerazioni sui
vantaggi morali e materiali che la
curia apporterebbe, si continua: «E
che queste considerazioni siano
positive, lo dimostra, fra altro,
l’agitarsi che fa oggidì Lugano per
essere preferita ad ogni altro centro
della nostra piccola repubblica.
Colà, magistrati e popolo, uniti e
compatti, senza distinzioni di
opinioni politiche e religiose,
caldeggiano e lavorano attivamente
per la riuscita... Che se nulla si
facesse, lasciando che le competenti
Autorità stabiliscano altrove la sede
vescovile senza far sentire la nostra
voce, più nessuno dei cittadini
locarnesi avrebbe diritto a lagnarsi
che il commercio langue, che non c
’è occasione di guadagno, che il
paese è morto, che Locarno è
sempre sagrificata».
A questa perorazione di sicura
presa seguono le proposte che, come
detto, l’Assemblea votò unanime:
incarico al Municipio di «acquistare
la casa di ragione dei signori eredi
delli furono fratelli Guglielmo e
124
Paolo Pedrazzini in Locarno, col
giardino, cortile all’intorno e rustico
relativo, al prezzo non superiore ai
fr. 40.000» e quindi di «passare atto
regolare di donazione della suddetta
casa ed annessi allo Stato del
Cantone Ticino, allo scopo di usarne
come residenza stabile in questa città
dello stesso Capo spirituale del
Cantone.»
A corredo della proposta di
cessione dello stabile allo Stato, una
serie di condizioni cautelative
(ricalcano quelle della donazione
Vanoni a Lugano), a garanzia della
reversibilità
dell’immobile
al
Comune in caso di uso diverso da
quello previsto.
In sordina della rivendicazione locarnese
L’Assemblea del 27 settembre,
con il pieno avallo alle proposte
commissionali, aveva esaurito il suo
compito riguardo alla residenza
vescovile. Invece torna a riunirsi l’8
novembre con in trattanda, accanto a
un’attinenza comunale, di nuovo la
questione residenza. Si legge nel
verbale: «Il Signor Sindaco accenna
che la proposta Commissionale,
approvata dalla Municipalità con
sua risoluzione N. 640 del 5 andante
(di tale risoluzione non v'è traccia nel
verbale della seduta del 5novembre e
al n. 640 è annotato un oggetto
diverso) venne motivata dal fatto che
i Signori Enrico fu Guglielmo e
Paolo Pedrazzini, non credettero
poter aderire all'alienazione del loro
stabile pel prezzo di fr.40.000.
Osserva come malgrado detto rifiuto
sia obbligo della Città di Locarno di
non recedere dalla sua pretesa ad
essere scelta come residenza stabile
vescovile e non può senza venir meno
al
proprio
decoro
cessare
dall‘affermare i propri diritti alla
residenza
stessa.
Viene
successivamente
messa
in
discussione
la
proposta
Commissionale, e nessuno chiedendo
la parola, viene posta ai voti ed
unanimemente accettata».
Da qui in avanti non è dato
saperne di più dai verbali municipali
sulla intuibile fine dell'iniziativa
cittadina. In quelli consultati (fino al
dicembre 1887) non figura più in
oggetto la «Residenza Vescovile»,
tranne che alla data 22 gennaio 1886,
dove si annota: «La Commissione
incaricata delle pratiche per ottenere
in Locarno la sede stabile
dell'Amministratore
Apostolico
presenta conto di fr. 64. spese della
stessa sostenute per le pratiche dello
scopo suddetto».
Nella questione della residenza
vescovile a Locarno ricorre il nome
di chi si sperava potesse occuparla
per primo, Mons. Lachat, legato a
Locarno dalla fondazione da lui
125
voluta dell'Istituto Sant’Eugenio, che
ha ormai un secolo di vita e di
benemerenze.
In occasione della visita pastorale
(19-20 settembre 1885) Locarno
riservò al Vescovo giurassiano
un’accoglienza
alla
grande:
delegazione
alla
stazione
di
Giubiasco, musica cittadina e
«landau» alla stazione di Locarno,
«vino d'onore» in Municipio, e per
finire, il giorno dell'arrivo, «alle ore
8. serenata della musica all'alloggio
di Monsignore».
Quella
serenata
all'alloggio
provvisorio cullava il sogno della
residenza stabile a pochi giorni dalla
votazione assembleare del 27
settembre.
Mons. Lacht morì presto (il 1.
novembre 1886), a poco più di un
anno dal suo insediamento nella sede
provvisoria di Balerna. Ma fu un
anno pieno il suo in una diocesi tutta
da mettere in piedi, a cominciare
dall’episcopio. E l’episcopio venne,
nel Palazzo Riva di Lugano,
acquistato da Mons. Lachat «con
mezzi propri», come scrive Don Siro
Borrani nel suo «Ticino Sacro» e
Giuseppe Mondato nello studio citato
in nota. Forse è in quell'acquisto che
va cercata la spiegazione del
«forfait»
in
sordina
della
rivendicazione locarnese.
L'articolo che segue è di Francesco Del Priore, figlio di Luigi Del Priore,
anche lui giornalista.
I continui articoli dei giornali
dell'epoca sulle ultime fasi dei
lavori: viva l'attesa per
l'entrata in funzione della
ferrovia delle Centovalli
Il trenino se
ne va...
1923, inaugurazione con deragliamento
L'anno dopo una grave sciagura, nel '26 uno
sciopero...
126
I GIORNALI seguono, con partecipe
interessamento, le ultime fasi delia
costruzione della ferrovia. Si legge il
16 gennaio del 1923; «Un altro e più
tangibili segno di intenso lavoro e di
speranza sta nella costruzione del
grande deposito locarnese delle
automotrici, al quale si è dato mano
in questi dì in un largo spazio di
terreno espropriato della Società
Cave Pietre di Vallemaggia»
Il 24 febbraio dello stesso anno
Hanno avuto luogo oggi a
Pontebrolla
le
prove
del
macchinario elettrico della stazione
di conversione delle Ferrovie
Regionali Ticinesi E il 27 marzo: "Le
due squadre addette alla posa delle
ultime rotaie, l'uno venendo dal
confine
italo-svizzero
della
Ribellasca, l'altra da Domodossola
si sono incontrate net pressi di Santa
Maria Maggiore così che la prima
locomotiva di servizio ha potuto,
oggi, partendo da Locarno, giungere
a Domodossola e Locarno è
congiunta in tal modo colla linea del
Sempione».
Il 24 maggio: «La stazione, a breve
scadenza, di S. Antonio è stata ieri
trasportata nel nuovo fabbricato del
signor Zanzi. È un locale tutto
bianco, con due belle e comode
panche, un tavolo e le pareti
abbellite da una serie affascinante di
cartelloni, con i più suggestivi
paesaggi della Svizzera editi per
cura dell'Ufficio del Turismo, d'una
nitidezza straordinaria e con dei
brani poetici e del motivi di
Bertacchi, Pio XI. Ribaux e Byron
ispirati alle Alpi e alla ricca natura
del nostro paese. I lavori di
costruzione della nuova stazione
della
LocarnoDomodossola
avranno inizio lunedì prossimo».
II 13 ottobre: «La nuova stazione
della Locarno Domodossola è quasi
terminata è una bella costruzione in
muratura con ampi locali per il
servizio e al piano superiore, per
l'abitazione del personale. Davanti
alla stazione v'è una vasta e pratica
tettoia».
Il 25 novembre è la data
dell'inaugurazione della ferrovia
127
Locarno Domodossola Partono da
Locarno, alle 8 45, due treni speciali
il primo con la musica cittadina, il
secondo con le autorità, gli invitati e i
giornalisti.
I
festeggiamenti
cominciano nel più lieto di modi, ma,
giunta ad Intragna, la seconda
motrice...deraglia e si può riprendere
il viaggio solo dopo mezz'ora. La
linea entra in servizio il 27 novembre
1923.
Il 13 luglio del 1924, alle 10.22. una
grave sciagura avviene sulla linea
Locarno-Domodossola: in territorio
italiano, a poca distanza dalla
stazione di Masera, un treno speciale,
in curva, si rovescia sulla scarpata.
Sul convoglio si trovavano 84 gitanti
luganesi della «Società generale di
Mutuo Soccorso», della "Società
Mutuo Soccorso figli d'Italia" e del
"Circolo Operaio Educativo", diretti
a Domodossola. Il personale di
servizio sul treno era svizzero.
L'incidente causava due vittime fra i
paseggeri— Margherita De Rossi e
Giovanni Borioli — e parecchi feriti.
Varie versioni furono subito date
sulle cause della sciagura (si
concluse, poi, che si era trattato di un
«rovesciamento
prodotto
da
slittamento») e l'incidente sollevò
dubbi e accuse. La perizia eseguita
dai tecnici italiani concludeva, in
merito all'incidente di Masera, dopo
aver messo in risalto che «né il
materiale ruotabile né la linea erano
stati trovati inadeguati alla richiesta
sicurezza», che «l'infortunio è stato
dovuto probabilmente ad un inizio di
bloccaggio delle ruote medie
dell'automotrice
provocato
da
manovre troppo troppo energiche del
freno pneumatico» e che inoltre.
anche dopo l'inizio dello slittamento,
l'infortunio avrebbe dovuto essere
evitato con l'uso della sabbia e del
freno elettrico, uno di questi mezzi
essendo sufficiente da solo ed
Indipendente dall'altro». Per quanto
riguardava la sabbia, il perito
reputava che il «quantitativo
riscontrato
sull'automotrice
infortunata gli sembrò insufficiente»
e per quanto concerneva, invece, il
freno elettrico, egli dichiarava «di
aver trovato tutti gli organi relativi
in perfetto stato, ma la manovella
sulla posizione neutra ritiene,
dunque, che il freno elettrico non sia
stato affatto azionato».
Il 9 settembre del 1924 il Consiglio
di
stato
ticinese
sottopone,
comunque, al Gran Consiglio un
messaggio riguardante «la sicurezza
della linea Locarno Domodossola» e
in cui. tra l'altro, si precisa «che la
sottostruttura, la soprastruttura, i
fabbricati e gli impianti meccanici,
gli impianti per la trazione elettrica
sono riconosciuti dai periti in
condizione
da
meritare
le
approvazioni degli organi federali di
controllo e la fiducia del pubblico. Il
materiale
ruotabile
è
pure
riconosciuto
rispondente
alle
esigenze di un buon servizio salvo le
modificazioni imposte ed in corso di
esecuzione. Il 22 dicembre la
Commissione
cantonale
della
Gestione (relatore Antonio Galli)
firma il rapporto su quella che era, da
mesi, una dibattuta questione: il
risanamento tecnico-finanziario della
Centovallina e «l'azione di soccorso»
nei confronti di questa ferrovia. Il
128
rapporto osserva, in particolare, che
«l'intervento dello Stato nell'opera di
assestamento delle Frt non soltanto
si presenta opportuno, ma si impone
Esso però deve essere circondato da
precauzioni e cautele onde ottenere
che il denaro dato non si riduca ad
un semplice aiuto ai finanziatori di
tali Imprese».
Nella sua seduta del 7 gennaio del
1925 il Gran Consiglio ticinese
esamina il problema del "soccorso
alla Centovallina". che dà avvio ad
una vivace discussione, che continua
poi il 9, il 12 e il 13 gennaio (quando
il progetto di decreto è approvato con
43 voti contro 9).
Giacomo Sutter succede, il
22 febbraio, a Francesco Balli
(spentosi il 21 dicembre 1924) alla
presidenza delle Frt terrà questa
carica sino all'8 giugno 1929,
quando, dimissionario, è sostituito
dall'avvocato Attilio Zanolini di
Locarno, che avrà come colleghi nel
Consiglio di amministrazione della
Società gli Ingegneri George
Andrieu e A. Balli, l'avvocato
Camillo Beretta. G.B. Coroni,
l'ingegner J. de Garailly, il direttore
Achille Gianella, Ernesto Meyer.
l'ingegner V.P. de Morcourt. Paolo
Pedrazzlni, l'avvocato G.B. Rusca
l'ingegner
Francis
Sarrade.
Rappresentanti
del
Cantone,
l'avvocato Giuseppe Cattori e
l'ingegner Emilio Rusca.
Il mattino del 26 ottobre. i 64
addetti alle Frt si mettono in sciopero
e pubblicano un manifesto rivolto
«alla cittadinanza di Locarno e
dintorni»: U manifesto, affisso e
distribuito, informava. tra l'altro, che
«l'anno scorso, coll'aiuto del
Cantone e di qualche comune, si
riusciva ad assidere le Frt sopra una
base finanziaria solida e si apriva
per l'Impresa un nuovo periodo;
meno stentato, Il traffico va poi
migliorando
ogni
giorno,
permettendo di guardare con tutta
fiducia all'avvenire. Doveva quindi,
essere giunto anche il momento per
sistemare
definitivamente
la
posizione del personale con l'introdu
zione di un organico che garantisce
allo
stesso
perlomeno
l'indispensabile
per
la
vita.
L'amministrazione
delle
Frt
riconobbe, tn una lunga serie di
corrispondenze, la necessità di
questa sistemazione, ma da oltre un
anno si limita a promesse vaghe che
non vennero mantenute».
Ecco, quindi, lo sciopero; per non
farne però sentir troppo le
conseguenze sulla popolazione, il
personale medesimo delle Frt
organizzava, «a mezzo del garage
Rinaldi, un servizio automobilistico
funzionante
sulla
tratta
Locarno-Bignasco
e
Locarno-Intragna. con l'orario e
prezzi della ferrovia» (veniva
tuttavia sospeso. per ordine della
direzione delle Frt. il servizio del
battelli sul bacino svizzero). Il 25 e
26 ottobre si riunisce a Locarno
l'Ufficio cantonale di conciliazione
presieduto
dal
Guglielmo
Canevascini e presenti, per il
personale, Edoardo Zeli e per le Frt
l'ingegner Giacomo Sutter. La
questione è risolta: «l'accordo più
completo i stato raggiunto su tutti i
punti della vertenza». I1 lavoro
129
riprendeva pertanto sulle linee delle
Fri
Mancano i soldi stipendi trattenuti
NEL 1932. a causa della crisi
economica che si fa sempre più
preoccupante, le Frt si rivolgono allo
Stato. Le spese dell'impresa vennero
ridotte, negli anni successivi, di oltre
50 mila franchi, ma ciò non risolse il
problema. L'assemblea generale
delle Frt nella sua seduta del 10
settembre modifica I suol statuti e -i
fatti inscritti e pubblicati» il capitale
originarlo di primo e di secondo
grado è ridotto del 50 per cento,
quello privilegiato è aumentato da un
milione e mezzo a due milioni di
franchi Ma le difficoltà finanziarie
continuano. L'Ufficio di Presidenza è
costretto, quindi, a prendere
provvedimenti basati, soprattutto, su
una trattenuta degli stipendi e su
licenziamenti di personale. Il 13
novembre del 1934 si ha un incontro
tra i rappresentanti dei Municipi di
Locarno e Muralto per «esaminare
l'attuale situazione delle Ferrovie
Regionali Ticinesi e i provvedimenti
da esse presi nei confronti dei suoi
impiegati. Pur riconoscendo le
difficoltà in cui le Frt si trovano, i
rappresentanti dei Municipi si sono
trovati molto perplessi circa la
diminuzione degli stipendi e il
licenziamento del direttore A.
Soldati»
Lo stesso quotidiano che aveva
riportato questa notizia, si dice in
grado, il 6 novembre, di precisare,
«circa la notizia che le Frt avrebbero
ridotto del 10% lo stipendio del
personale», che «la Direzione delle
Frt. preoccupata per la situazione di
tesoreria
della
Società,
ha
semplicemente
notificato
al
personale che, in considerazione dei
ridotti introiti dei mesi invernali, era
costretta a trattenere provvisoriamente una parte degli stipendi e
cioè il 10% e ciò fino al mese di
aprile; a partire dal qual mese gli
aumentati introiti avrebbero .
permesso non solo di corrispondere
lo stipendio completo, ma di
rimborsare altresì la percentuale
trattenuta nel mesi d'inverno».
Quanto al "licenziamento di un
impiegato" Il giornale rileva che si
trattava di un dipendente che
«costava alle Frt circa 1000 franchi
al mese» e che, causa la diminuzione
di lavoro, «le sue prestazioni non
erano più adeguate allo stipendio da
lui percepito».
Si giungerà, infine, al concordato
(l'assemblea generale straordinaria
degli azionisti Frt. tenutasi il 7 marzo
1934, aveva già autorizzato il
Consiglio di amministrazione a
130
inoltrare una domanda in merito); il
concordato sarà poi omologato 1'11
febbraio 1937 dal Tribunale federale.
Nel 1939, a causa del secondo
conflitto mondiale, viene introdotto
l'orario di guerra mentre nel 1946
infine si costruisce il deposito per il
materiale a S. Antonio.
Accordo nel 1955 tra Roma e Berna
sul rinnovamento della ferrovia
Locarno-Domodossola-Sempione.
Vi è però una condizione: la cessione
del servizio di navigazione sul bacino
svizzero del lago Maggiore alla
Gestione governativa italiana. Dopo
non facili trattative, l'accordo viene
perfezionato e comprenderà: il
risanamento
della
ferrovia
Locarno-Domodossola; la cessione
della navigazione; la trasformazione
delle tramvie locarnesi in autolinea e
la promessa di concedere alle Frt
(divenute poi Fart) le autolinee
interurbane del Locarnese al
momento della scadenza del
contratto con l'assuntore Rinaldi (i
tram saranno sostituiti dagli autobus
della FART nel 1960, e due anni
dopo, da parte della stessa FART. si
avrà il conglobamento delle
autolinee Rinaldi).
131
Sommario
CAMORRA E FORCHE CAUDINE NELL'ONSERNONE
DELL'OTTOCENTO ....................................................................................... 1
CAMPANA D'ACCUSA .................................................................................. 4
Monopolio politico ......................................................................................... 6
Vittime e sopraffazione, una sfilza di nomi .......................................................... 7
CAMPANE A DIFESA ...................................................................................... 12
Anche una scolaresca interviene nel coro .................................................... 15
La Società sezionale dei Carabinieri di Mosogno ....................................... 15
All’Onorevole Consigliere Schira Giovanni, Loco ............................................ 15
Gli Auressiesi Ai benemeriti Fratelli Schira Loco..................................... 16
QUI COMANDO IO ........................................................................................... 18
ILLECITO ANCHE UN CERTIFICATO ...................................................... 20
QUANTE INSIDIE ALLA LIBERTÀ DI VOTO .............................................. 22
Giovanni Nizzola informa per lettera il padre sulla votazione .................... 23
QUANDO SI VOTAVA A FUCILATE ............................................................ 24
La sparatoria del 1839 al Ponte di Prato ...................................................... 25
«Che il popolo ticinese sappia» ................................................................... 26
«La voce della verità» .................................................................................. 26
Il rapporto del sindaco di Prato ....................................................................... 26
Avanguardie con stilo e falcetto................................................................... 27
Dalla Zuffa ai fucili ...................................................................................... 27
Il tragico bilancio ............................................................................................. 28
«Le elezioni non si fanno a prova di sangue» .............................................. 29
«Di quel sangue sono puri gli abitanti di Prato» .......................................... 29
La voce dell'impudenza» .............................................................................. 30
«Il più feroce il Curato di Broglio».............................................................. 30
«Ad un fischio del Prete 40 bocche da fuoco» ............................................ 31
«Agente della Sommossa il Curato di Broglio» .......................................... 32
«Gli abitanti di Prato non cercavano torbidi» .............................................. 33
Il Curato sfugge all’arresto e... ai proiettili .................................................. 34
«La voce... nel deserto» Dal rapporto Patocchi destinazione cassetto ........ 34
I «giannizzeri» minacciano .......................................................................... 35
132
Rivoluzione alle porte .................................................................................. 36
IL DELITTO DEL MAGNANO ........................................................................ 37
Per Battaglini! ..."anche a fucilate” ............................................................. 38
Volano incudini al mercato di Russo .......................................................... 38
Grida d’aiuto e orecchie tappate .................................................................. 39
Al “Pozzo del Magnano” il coperchio della giustizia ............................... 40
ESCURSIONE DOCUMENTARIA LOCARNO-ONSERNONE .................... 42
Franscini: fa il maestro chi vuole e come vuole .......................................... 44
Fondazione in perpetuo della scuola per tutti i ragazzi di detto Comune .... 47
La vicenda scolastica locarnese del 1863: le dimissioni Vanetti .................... 48
15 gennaio 1863............................................................................................... 48
21 gennaio 1863............................................................................................... 49
30 gennaio 1863............................................................................................... 49
27 febbraio 1863 .............................................................................................. 50
Rapporto Vanetti circa azione cattiva di 4 allievi ........................................ 51
Molinari Giusepppa ammonita per insulti a Maestro presente la scolaresca51
27 marzo 1863 ................................................................................................. 51
1. aprile 1863 ................................................................................................... 51
9 maggio 1863 ................................................................................................. 51
Tra i fuorusciti onsernonesi i maestri Chiesa e Nizzola .............................. 52
Remigio Chiesa di Loco maestro a Locarno ................................................ 55
Il lascito Peverada per la fondazione della scuola di Loco .......................... 57
Dal testamento (notaio Ferrini, 1785) ............................................................. 58
A Loco in tempi non procellosi.................................................................... 60
«Figlio di «famiglia giusta» Tra pratica e grammatica ................................... 65
Impara l'arte… « Scrivano» a Locarno ........................................................ 66
Don Giuseppe Perucchi alla municipalità negligente .................................. 67
IL MAESTRO FRANCESCO FONTANA ........................................................ 69
«Il Maestro»e lo stipendio ............................................................................... 71
Tu farai l'arrotino e tu lo spazzacamino ....................................................... 72
La scuola serale degli spazzacamini ............................................................ 73
SCUOLA E SOCIALITÀ NELL'OTTOCENTO ............................................... 74
Passar Frontiere valicar mari........................................................................ 75
133
Pane e lavoro nella segale e passaporto… ................................................... 76
La vita nelle stufe ......................................................................................... 78
Nessuno in ozio Il mercato a Locarno ......................................................... 79
Le vie della binda e dei cappelli ...................................................................... 80
L'emigrazione nei risvolti ufficiali .................................................................. 81
Cibo frugale fuoco con l'acciarino ............................................................... 83
Il vitto ordinario dei Lochesi ........................................................................ 85
Loco al giro di boa del secolo ...................................................................... 86
Triangolo degli assilli al femminile, dote, matrimonio, osteria ................... 87
La dote di Pedraita ........................................................................................... 89
Le osterie di Loco .Oste, Sindaco, Consigliere ............................................ 90
GIOACHMO RESPINI A 150 ANNI DALLA NASCITA ............................... 93
Gli anni giovanili ............................................................................................. 95
L’ingresso in Gran Consiglio .......................................................................... 96
L'impegno politico ........................................................................................... 97
In difesa dell'italianità...................................................................................... 98
Tra le testimonianze su Gioachimo Respini ................................................ 99
Albertini a Respini ......................................................................................... 101
L. Pedrazzini a Respini .................................................................................. 101
Alla baronessa de Gunzbach ...................................................................... 102
Il «Riformino, dietro le quinte federali» .................................................... 104
Gioachimo Respini testimone in proprio....................................................... 108
La «Liberté» di Friburgo svincola e traligna ................................................. 109
Lettera alla Gazzetta di Losanna ................................................................ 111
Lettera alla baronessa di Gonzenbach ........................................................ 114
LOCARNO RESIDENZA ARCIVESCOVILE ............................................... 116
Incaricato il Municipio di nominare una commissione per studiare la
questione..................................................................................................... 121
Locarno è disposta ad acquistare Casa Pedrazzini ad offrire per la sede
vescovile ..................................................................................................... 122
In sordina della rivendicazione locarnese .................................................. 125
1923, inaugurazione con deragliamento ........................................................... 126
134