SSGperweb - Empirismo Eretico

SESTO SAN GIOVANNI
inquadramento
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Progettista:
Anno di realizzazione:
Superficie territoriale:
Piero Bottoni
1963
1˙050˙000 m2
Il 28 novembre 1962 l’amministrazione
comunale di Sesto San Giovanni conferisce a
Bottoni l’incarico di redigere il piano di edilizia
economica e popolare (Peep) in applicazione
della legge n. 167 del 18 aprile 1962.
ai suoi abitanti facili rapporti con l’esterno e
di garantire, all’interno, una elevata vitalità
attraverso un insieme complesso di funzioni
capillarmente distribuite nel tessuto urbano.
Bottoni adotta per il quartiere «167» una
soluzione più organica a sviluppo lineare: tre
settori residenziali, articolati lungo un sistema
di «strade vitali» a forma di Y e in diretta
comunicazione sia con il centro di Sesto sia con
la vicina Milano.
Il piano interessa un vasto territorio a sud
della città, compreso tra il viale Edison a nord,
la nuova strada di scorrimento collegata alla
tangenziale nord del Comune di Milano a est, il
confine con Milano a sud e viale Rimembranze
a ovest. Si tratta di una zona di oltre un milione
di metri quadri, l’unica di dimensioni tanto vaste
a essere ancora in gran parte inedificata, con il
Peep circa il novanta per cento di tutte le aree
fabbricabili del Comune viene sottratto alla
speculazione edilizia , responsabile degli alti costi
che impediscono di affrontare adeguatamente
la fame di case giunta a Sesto a livelli altissimi.
In gioco è la qualità dell’abitare e Ia possibilità
di rendere ospitale una città cresciuta sotto
il segno della valorizzazione esclusiva delle
rendite e dei profitti industriali. Per questo,
come appare tanto dal piano regolatore che
dal piano di fabbricazione, Bottoni preferisce
destinare i pochi varchi ancora liberi della parte
a nord per riordinare lo sviluppo «degli isolati
già in gran parte realizzati nel corpo urbano
integrandone i servizi, le infrastrutture e le zone
verdi» (Bottoni, Programma di fabbricazione, in
APB, Documenti, pp. 3-4). nel contempo, con
il vincolo del Peep posto sull’intero territorio a
sud della città vengono create le premesse per
pianificare la crescita urbana con «organismi
omogenei [...] in luogo di una altrimenti
prevedibile disordinata espansione a macchia
d’olio e in funzione puramente speculativa».
La grande dimensione dell’intervento, resa
possibile dall’ampia estensione dell’area, offre a
Bottoni l’occasione di concepire un insediamento
popolare non come un ghetto mono-classe o un
quartiere dormitorio, ma come una città nella
città. Una sorta di città ideale capace di offrire
Data la sua configurazione lineare, la
realizzazione del quartiere — come viene
detto nel Programma di fabbricazione —
avrebbe potuto essere attuata «per progressive
sezioni di insediamenti residenziali, di servizi
pubblici, di attrezzature stradali, creandosi
automaticamente, in questo progressivo
sviluppo, una serie di organici elementi di
residenza, completi ognuno di tutti gli elementi
necessari per una effettiva vitalità». In ognuno
dei tre nuclei che si articolano lungo le «strade
vitali» vengono infatti previsti: su questi stessi
assi, dove il traffico è più intenso, corpi di
negozi continui e porticati, alternati a servizi
vari, dalle scuole ai mercati, ai centri di cultura
e ricreazione cosicché «tutto quanto si attiene
alla vita sociale troverà sede lungo le strade
vitali» (ibidem); a ridosso delle strade vitali, ma
nell’interno, separate dal traffico e immerse nel
verde, le zone destinate prevalentemente alle
abitazioni.
Bottoni non si ferma a un semplice impianto
territoriale. Oltre a disegnare strade e a
distribuire
funzioni,
l’urbanista-architetto
persegue un suo disegno di paesaggio urbano
dove l’architettura della strada non solo
occupa un posto di primo piano, ma richiama
l’architettura degli spazi aperti immaginata
per «l’anello verde» del nuovo centro civico
di Sesto, quasi a voler ratificare anche nelle
forme il riscatto della periferia dalla sua storica
condizione di emarginazione.
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Per i primi quindici anni del dopoguerra il farsi
città di Sesto S.Giovanni è altro rispetto alle
pratiche e alla cultura urbana consolidata dal
fascismo, sia rispetto alle politiche perseguite
contemporaneamente dalla Giunta centrista
del Comune di Milano, sia anche alle
concezioni modellistiche dell’urbanistica.
La città che si costruisce dal 1946 al 1959, anno
del primo PRG del dopoguerra, è un tutt’uno
con l’espressione di una precisa cultura della
prassi, antintellettualistica per definizione,
estranea alla elaborazione teorica come alla
ricerca estetica, ma non al linguaggio della
tecnica quale era il sistema di valori maturato
nella fabbrica e nella lotta della Resistenza da
quegli operai, tecnici, impiegati, provenienti
prevalentemente dalla Breda, dalle Falck e da
alcune altre industrie medie che costituivano
non solo la maggior parte della popolazione
sestese ma formavano lo stato dirigente
dell’amministrazione.
La tendenza al pragmatismo di questa
cultura, radicata nella fabbrica, era costretta
inevitabilmente ad accentuarsi sotto l’incalzare
urgente delle contraddizioni avanzate dal
fascismo, aggravate via via dai caratteri assunti
dal processo di riconversione industriale prima
e dalla politica di sviluppo economico poi.
Dal passato Sesto non ereditava soltanto
la fame di case popolari ma anche la
mancanza di infrastrutture primarie in gran
parte del territorio, oltre alla carenza se non
mancanza fisica di comunicazione tra i diversi
spezzoni cresciuti in maniera caotica, e quasi
volutamente contrapposti gli uni agli altri
lungo la ferrovia e a ridosso delle fabbriche.
In una situazione come questa, dovendo
l’amministrazione popolare difendere e
allo stesso estendere nella fabbrica e nella
società la presenza politica delle classi
lavoratrici, il territorio veniva considerato il
primo luogo come una risorsa da far fruttare
nell’immediato,
in
senso
direttamente
produttivo per rispondere ai bisogni dettati
dalla sopravvivenza.
Per arginare i pericoli di disgregazione della
classe operaia che anche dal fronte della casa
potevano provenire, il Comune dava il via
contemporaneamente ad una vera e propria
politica di radicamento del popolo lavoratore
presso il luogo di lavoro, politica che porterà la
consistenza immobiliare di proprietà pubblica
ad aumentare dal 1946 al 1959 di ben 220
volte.
Il territorio che fu destinato alla realizzazione
del quartiere “167” era l’unico spazio in
quel periodo ad essere ancora inedificato e
l’unico insediamento che vi si poteva trovare
era il complesso abitativo della Cascina De
Gatti. Questa costruzione apparteneva a un
periodo notevolmente antecedente, e porta
testimonianza del passato rurale della città di
Sesto. La Cascina, dopo la realizzazione del
progetto, è stata mantenuta con la medesima
struttura e occupa tuttora una delle poche zone
a non essere stata destinata alla residenza ad
alta densità abitativa all’interno del quartiere.
Inoltre a ovest ai confini con Bresso e Cinisello,
sulle aree destinate dal piano Cambi a piccola
industria veniva infatti previsto il Parco Volo,
mentre sull’asse viale Edison - viale Italia
venivano vincolate a verde alcune superfici
destinate ad essere occupate dall’industria al
fine di assicurare a tutta l’area al di là della barr
iera il diritto di conquistarsi anche i vantaggi di
appartenere ormai ad un unica città.
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Il Peep, Piano di Edilizia Economica Popolare,
era il piano di attuazione della legge 167 che
prevedeva la creazione di un quartiere ad
alta densità residenziale con la realizzazione
di residenze di edilizia convenzionata che
sarebbero state destinate alla crescente classe
operaia residente in Sesto San Giovanni.
La legge 18 aprile 1962, n. 167, aveva infatti
come primo articolo che: “I Comuni con
popolazione superiore ai 50.000 abitanti o
che siano capoluoghi di Provincia sono tenuti
a formare un piano delle zone da destinare
alla costruzione di alloggi a carattere
economico o popolare, nonchè alle opere
e servizi complementari, urbani e sociali, ivi
comprese le aree a verde pubblico.”
Il quartiere si presenta così fortemente
occupato da numerose residenze ad alta
densità abitativa e quindi caratterizzate
da ingenti altezze. Le case a torre previste
dal piano regolatore realizzato da Bottoni
lasciano il posto ad altre soluzioni abitative
caratterizzate comunque da grandi altezze
e da un alto numero di abitazioni come si
può subito notare entrando nel quartiere e
percorrendo via Carl Marx, la strada vitale del
quartiere progettato nel 1963.
Nel quertiere sono presenti anche alcune
abitare
soluzioni abitative singole che appartengono
al periodo precedente alla realizzazione del
Peep, nonostante quella fosse un’area quasi
totalmente inedificata.
Il piano del regolatore del quartiere ha così
portato alla creazione di circa 400.000 mq
di aree residenziali dove è stato possibile
insediare ben 25.000 abitanti, un numero
considerevole trattandosi di un quartiere
posto nella periferia della città ma che permise
di far fronte alla necessità di nuove abitazioni
di quel periodo. Per permettere l’insediamento
di un tal numero di persone è stato necessario
costruire complessi residenziali che permisero
di ottenere una Superficie Lorda di Pavimento
di circa 850.000 mq in base alla metratura
necessaria per ogni abitante in base alle
normative della regione Lombardia di allora.
Lontanamente dal progetto originale di
Piero Bottoni, e alla sua idea di creare un
quartiere indipendente dal punto di vista
commerciale
e dei servizi pubblici, oggi
osservando il quartiere si può notare come la
parte residenziale sia nettamente superiore
rispetto alle altre aree. L’unica funzione che è
stata altamente potenziata oltre alla superficie
residenziale è il verde pubblico.
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Bottoni già prima della guerra aveva indicato le
potenzialità insediative di questa area quando,
nel 1938, insieme a Mario Pucci, l’aveva scelta
come sede di uno dei villaggi proposti per far
fronte al problema dell’abitazione operaia in
provincia di Milano, nell’ambito dello studio
commissionato da Franco Marinotti, allora
preside della provincia.
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Approvato nel luglio del 1963,
e inserito
integralmente nel Programma di fabbricazione
steso per l’occasione da Bottoni, il Piano di
edilizia economica e popolare interessa un
vasto territorio, compreso tra viale Edison a
nord, la nuova strada di scorrimento collegata
alla tangenziale nord del Comune di Milano
a est, il confine con Milano a sud, e viale
Rimembranze a ovest. Si tratta di una zona di
oltre un milione di metri quadri, l’unica, allora,
ancora in gran parte inedificata, e in grado di
accogliere i 48.600 locali stimati necessari per
rispondere all’enorme necessità di case.
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In via Fratelli di Dio, nella parte più a ovest del
quartiere, troviamo un complesso di case INA
progettate da Giancarlo De Carlo tra il 1950
e il 1953 e quindi appartenente al periodo
antecedente al progetto di Bottoni.
Il quartiere è contraddistinto da una semplice
organizzazione insediativa articolata in due
gruppi di edifici: il primo prevede tre corpi di
fabbrica alti cinque piani, paralleli a via Fratelli
di Dio ma progressivamente distaccati dal
filo stradale da una distanza crescente che
aumenta con un misura pari alla larghezza del
corpo di fabbrica; il secondo gruppo consiste
in cinque edifici orientati in modo ortogonale
rispetto ai precedenti e disposti dietro di essi.
In questo secondo sistema “a pettine” i due
edifici laterali presentano un’altezza pari a
quattro piani, come quelli allineati sulla strada,
mentre quelli centrali sono più bassi.
L’edificio più significativo è quello progettato
da Giancarlo De Carlo, situato al centro
della composizione, in fregio a via Fratelli di
Dio. Si tratta della prima opera costruita in
autonomia dall’architetto dopo l’esperienza
nello studio di Franco Albini. La distribuzione
è a ballatoio: quest’ultimo, servito da tre corpi
scala, permette l’accesso a una sequenza di
alloggi relativamente piccoli conclusa, alle due
estremità del corpo di fabbrica, da due alloggi
più grandi che si estendono in profondità fino
a “chiudere” il percorso del ballatoio stesso.
Gli alloggi piccoli sono costituiti da soggiorno
e camera da letto rivolti a sud, mentre cucina
e bagno sono collocati a nord sul lato del
ballatoio. Gli ambienti sono disimpegnati da un
piccolo spazio dimostrando una organizzazione
molto razionale.
Gli alloggi più grandi hanno una stanza in più
ma a causa della loro collocazione in testa
all’edificio l’architetto è stato costretto a
prevedere un corridoio che collega l’ingresso
servito dal ballatoio con il centro dell’alloggio.
Le regole aggregative degli spazi abitabili sono
fortemente influenzate dal passo strutturale
poichè le partizioni tra gli ambienti coincidono
con gli allineamenti tra i pilastri. La facciata
verso sud è caratterizzata da una certa
dinamicità ottenuta componendo, con semplici
ma efficaci variazioni, due moduli di base, il
pieno e il vuoto corrispondenti rispettivamente
ai soggiorni e alle logge.
La composizione della facciata verso nord
presenta un impaginato modulare focalizzato
su due tematiche principali: l’esposizione del
sistema strutturale, e la presenza del ballatoio
staccato dalla parete perimetrale di per evitare
problemi di introspezione visiva. Poiché i
pilastri sono posti sul filo esterno del ballatoio
restano in vista anche le travi che fuoriescono
dall’involucro murario, passano sotto il
ballatoio e si raccordano ai pilastri stessi. La
facciata risulta così profonda, ariosa e allo
stesso tempo rigorosa e sobria.
Nonostante l’intenzione del progettista di
tenere il ballatoio “lontano” dagli alloggi esso
diventa un elemento importante nella vita della
casa: “Qualche anno fa ho costruito a Sesto
San Giovanni una casa per famiglie di operai.
Il progetto si articolava su un cardine che mi
pareva sicuro: fornire ad ogni alloggio le migliori
condizioni obbiettive di abitabilità e assicurare
la più grande possibilità di isolamento. Per
questo le stanze di soggiorno e da letto erano
state portate verso il sole e il verde, i servizi e i
ballatoi a nord sulla strada. Ho passato qualche
ora di domenica, in primavera, ad osservare da
un caffè di fronte il moto degli abitanti della
mia casa; ho subito la violenza che mettevano
nell’aggredirla per farla diventare loro casa. Ho
verificato l’inesattezza dei miei calcoli. Le logge
al sole erano colme di panni stesi e la gente
era tutta sui ballatoi per partecipare da attori e
spettatori al teatro di loro stessi e della strada.”
Poi conclude dicendo: “Conta l’orientamento e
conta il verde e la luce e potersi isolare, ma più
di tutto conta vedersi, parlare, stare insieme.
Più di tutto conta comunicare.”(De Carlo,
1954, p. 29)
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LE CASE INA DI GIANCARLO DE CARLO
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IL QUARTIERE GESCAL DI SESTO SAN GIOVANNI
Il nuovo aggregato è ubicato in un’area
qualificata dal più totale caos urbanistico nella
parte a sud del quartiere Bottoniano seguendo
la Strada Vitale. Cinquecento alloggi dovevano
essere collocati in nuclei di tre blocchi alti 42
metri, scaglionati lungo una spina centrale
sistemata a parco.
Luigi Bugatti, Franco Casale, Grazia Michetti,
Francesco Pagani, Sergio Rosso, Arturo Poversi,
Francesca e Piero Sartogo hanno considerato il
piano regolatore di Piero Bottoni come un objet
trouvé, assemblandovi un sistema di torri dipinte
a profili segmentati.
Sartogo si difende ricordando di essersi
avvalso della sagace collaborazione dell’artista
Gianni Colombo esperto nella fenomenologia
percettiva: “Stabilito lo sviluppo verticale
quale metrica dell’insediamento, fissato un
livello secante che determina un sotto e un
sopra, si è scelto di inclinarlo onde ottenere
simultaneamente un segno-identità di grande
scala e una gerarchia di relazioni proporzionate
ad un intorno più prossimo”. L’indice visivo
del processo è offerto dal diaframma-parete
colorato in giallo che si prolunga fino ai pilotis
su cui poggiano, staccati dal suolo, i volumi.
L’aberrazione prospettica determina una sorta
di ribaltamento ottico, grazie al quale i valori
tridimensionali degli edifici si annullano per
‘artificio’, divengono pura superficie, figure
appiattite; anche i tetti, tinteggiati come le
pareti, danno l’impressione di assonometrie
astrattamente geometriche.
Effetto ‘duro’, privo di indulgenze plastiche, atto
a denotare il carattere di una zona marginale
affollata di materiali eterogenei: vecchie case
rurali, la piazza con il municipio di Bottoni,
intensivi della speculazione, cascinali, opifici
industriali, viadotti e tralicci, ciminiere e smog.
Lo scarto tra reale e virtuale si constata nella
fruizione: visitando il quartiere, scopriamo
con sorpresa che i blocchi sembrano molto
distanziati; la ‘compressione’ denunciata a
distanza svanisce quasi per incanto. Commenta
Sartogo: “Il quadro unitario che abbiamo
appena memorizzato si scompone e ricompone
per piani, sequenze, in rapporto alla velocità
di percorrenza. Lungo le strade veicolari di
penetrazione, disposte su un’orditura parallela
alle case, emergono i riferimenti delle cavità
interne ad ogni nucleo, veri pozzi di aria e colore
che scavano la linea secante posizionando gli
elementi come in una numerazione progressiva.
I collegamenti pedonali con i servizi di quartiere,
invece, godono di iperboliche fughe spaziali,
inducendo una sollecitazione più mentale che
fisiologica. All’idea di spazio antropometrico
abbiamo voluto giustapporre quella di spazio
come intorrrazione”.
Citano Taliesin West di F. L. Wright, “giocato
su un sentiero di pellegrini inesistenti”; la Villa
Savoye di Le Corbusier, al cui prisma purista
si contrappone la “dinamica di un internopaesaggio”; le residenze di Richard Neutra con
invasi ‘climatizzati’ ed esterni “che consumano
il panorama in una mimesi raggiunta mediante
opulente trasparenze”. Sartogo incalza:
“Un giorno o l’altro, accanto ad architetture
magnificanti e magnificate, dovremo porre
esempi architettonici più critici, liberatori.
smitizzanti; e, proprio in quanto tali, più vivi.
Se nella progettazione per realtà storica e
tradizionale ci siamo abituati a vedere, in quelia
per ‘virtualita’ si potrebbe tentare di ‘inventare’.
Ragionamenti sottili, sull’orlo del paradosso,
che indubbiamente stimolano un’esperienza
dell’habitat non solo fisica, ma psicologica.
Si tratta tuttavia di espedienti compensatori,
tutto di inappagati desideri spazio-temporali.
Non potendo trasmettere messaggi organici,
sulla traccia Wrightiana, si è costretti a
ricorrere ai filtri intellettuali deIl’Optical Art. II
che appare comprensibile e lodevole in una
situazione di crisi, ma rischia di trascinare verso
l’incomunicabilità, favorendo codici ipnotici
e, insieme, asettici, forse geniali, sicuramente
spogli di predicati umani.
Difendiamo però il quartiere Gescal di Sesto San
Giovanni: suscita almeno un dibattito, incarna
una protesta rivendicando, con gesti disperati, il
diritto alle creatività.
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La ricerca di Piero Sartogo sulle potenzialità
espressive del linguaggio architettonico ha
subito una svolta imprevista nel quartiere Gescal
a Sesto San Giovanni. Avventura progettuale
anomala e ricca di spunti provocatori, condotta
a termine fra non pochi, contrasti e con le
dimissioni dal team professionale di Vittorio
Boracchia, Vito Latis e Carlo Santi.
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All’interno della aree residenziali del quartiere
Bottoniano e appartenenti al piano di edilizia
economica popolare realizzato nel 1962 come
attuazione della legge 167, troviamo alcune
tipologie residenziali ricorrenti nei progetti
dell’architetto, soprattuto in altre zone
residenziali della città di Milano.
Per alcuni lotti di terreno, in zona piuttosto
centrale nella città di Sesto San Giovanni,
di forma casuale, cioè definita da tracciati
stradali poco ordinati e da confini di proprietà
indiscussi, Bottoni si limita a proporre soluzioni
di utilizzazione edile sul filo del regolamento,
entro le quali sembra smarrirsi, oltre che la
ricerca, tipica in Bottoni, di nuovi rapporti
fra volumi, strada, aree interne, anche la
vocazione a trarre profitto da qualsiasi
commessa per fare “architettura” e non
“edilizia”. Forse è sintomatico che in quattro
casi su cinque Bottoni lavori per conto della
Fondi Rustici.
Tutt’altro valore ha lo studio del 1971-73
per un quinto lotto, relativamente meno
centrale, in via Carlo Marx. Qui Bottoni, in
una elaborazione che e già progetto vero e
proprio, disegna una casa i cui appartamenti,
nella zona giorno, sono caratterizzati da una
particolare architettura di parete esterna e
relative finestrature, fra cui l’originale apertura
quasi orizzontale a soffitto definita da Bottoni
stesso “la Bottoniana”.
Questo sistema già presente in forma più
semplice in progetti precedenti, funzionale
e profondamente modificatore della forma
complessiva di una facciata di casa attraverso
l’andamento a rientrare e a sporgere, in
successione, delle pareti a ogni piano, e
apportatore nella casa di luce, vista, aria
dall’alto, verrà presentato al concorso In-arch
per tipologie residenziali nel 1973.
Questa tipologia di struttura sarà quella
che poi lungo via Carl Marx sarà poi adibita
ad ospitare al piano terreno le attività
commerciali che si affacceranno sul ciglio
della strada vitale. Nel progetto originario
di Bottoni del 1963 questo tipo di abitazioni
erano previste lungo quasi tutta la via e
quindi giocavano un ruolo fondamentale nella
creazione del quartiere indipendente; oggi in
realtà troviamo solo pochi esempi di questo
tipo di costruzione in quanto il progetto ha
subito numerose modifiche e all’interno del
quartiere sono state realizzate poche attività
commerciali. Infatti lungo la strada vitale
troviamo solamente tre esempi di questo tipo
di abitazioni.
Lungo la strada vitale è possibile incontrare
un altro tipo di edificio residenziale frutto del
progetto di Bottoni. Contemporaneo alle case
più importanti, per architettura, realizzate
da Bottoni e Lingeri nello stesso quartiere in
un altro lotto sono interessanti per la pianta
tipo degli alloggi e, coerentemente, per
la forma volumetrica. Ogni gruppo scaleascensore (due per ogni edificio alto nove
piani) disimpegna tre alloggi appartenenti ad
un corpo di fabbrica principale e un quarto
alloggio, da quello completamente sporgente,
attraverso il ripiano delle rampe. Ne risulta
una ordinata complessità volumetrica sia
in senso orizzontale che verticale, inoltre
arricchita dall’effetto ripetitivo generato
dalla contiguità delle due case. Lo Schema a
piani di alloggi sfalsati che utilizza il ripiano
intermedio delle rampe rimanda al progetto di
una casa Ina-casa per il QT8 del 1951. Anche
in questo caso, nel progetto originario era
stato previsto un numero notevole di questo
tipo di edifici residenziali, soprannominate per
la loro forma caratteristica torri a stella, che
avrebbero occupato interi lotti residenziali, ma
oggi visitando il quartiere si ha la possibilità di
trovare un solo edificio di questo tipo.
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DIVERSE TIPOLOGIE ABITATIVE
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Analizzando la rete stradale è da menzionare
il fatto che la parte sud di Sesto San Giovanni
è caratterizzata dalla presenza di due arterie
principali che attraversano la città in tutta la
sua larghezza, collegandola alla rete stradale
“superiore” posta nelle immediate vicinanze,
si tratta di viale Italia e viale Tommaso Edison.
Ma sicuramente l’aspetto più importante
all’interno del quartiere di edilizia economica
popolare per quanto riguarda l’aspetto delle
reti e degli accessi è la questione della strada
vitale progettata da Piero Bottoni.
L’idea di creare un quartiere non dormitorio
ma una sorta di città indipendente all’interno
della città stessa dotata di servizi e spazi
pubblici oltre al gran numero di residenze
aveva portato alla progettazione di una
strada, detta poi Vitale, oggi via Carl Marx,
che lo percorresse nella sua intera lunghezza
e che funzionasse come centro vitale del
quartiere stesso.
L’obiettivo ultimo della strada Vitale non era
quello di collegare il centro di Sesto con la
sua periferia ma era di dotare il quartiere dei
servizi principali necessari ai cittadini, gli spazi
pubblici e le attività commerciali in modo da
connettere
rendere il quartiere quasi indipendente.
Diversamente rispetto al progetto oggi
la via non ha la caratteristica forma a Y
che aveva previsto Bottoni, ma attraversa
il quartiere senza biforcazioni tagliata
perpendicolarmente dalle altre vie minori
che portano alle diverse zone residenziali e
purtroppo il progetto di dare al quartiere una
grande rilevanza e indipendenza non ha mai
avuto totale compimento.
La strada Vitale ha inizio a nord partendo da
viale Tommaso Edison e a sud del quartiere
termina troncandonsi e senza alcun importante
sbocco stradale malgrando la sua grande
dimensione che ne dimostra l’importanza che
avrebbe voluto darle Bottoni nel suo progetto
originale.
La via Carlo Marx ha comunque una funzione
centrale e di collegamento all’interno del
quartiere come una sorta di arteria principale
dalla quale si diramano tutte le strade minori
che portano ai vari complessi residenziali,
ma percorrendola si trovano ben poche delle
funzioni commerciali e pubbliche previste dal
Peep originario ma sono numerosi i parchi
pubblici e i giardini privati che si affacciano
direttamente sulla strada. Tutto ciò crea un
notevole contrasto all’interno del quartiere,
soprattutto anche conoscendo il progetto
iniziale, in quanto una strada di tali dimensioni
si può persino definire fuori luogo in un
contesto abitativo di questo genere.
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Verso nord ovest, nella parte più centrale
della città, si trova la stazione ferroviaria di
Sesto San Giovanni, fermata appartenente sia
alla linea ferroviaria Regionale che ha quella
Nazionale, e la stazione capolinea della linea
metropolitana di Milano M1; entrambe le
linee di trasporto pubblico permettono alla
città di essere collegata prontamente alla città
di Milano e ai paesi circostanti.
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Posto alla perifieria a nord-est di Milano
Sesto San Giovanni risulta complessivamente
dotato di adeguate reti stradali e di trasporto
pubblico.
Analizzando l’area attorno al quartiere
di Bottoni preso in esame infatti si può
immediatamente constatare la presenta di reti
stradali di grande rilevanza.
A est vi è il tratto autostradale dove avviene
la biforcazione tra la tangeziale Nord e la
tangenziale Est di Milano con la presenza
anche dell’uscita di Sesto San Giovanni Sud
che permette di raggiungere con facilità la
città di Sesto.
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connettere
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Strada regionale interurbana
Autostrada
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Strada Vitale e direttrici principali di SSG
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Breda-Vipacco
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VILLA S. GIOVANNI
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Vipacco-Breda
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Breda-Capelli
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Lombardia-Crescenzago
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10
Camminando per il quartiere, frutto del
piano di attuazione della legge 167 per
l’edilizia popolare progettato da Piero
Bottoni nel 1964, è immediatamente
percepibile l’importanza che il verde ha avuto
nel disegno di quest’area di città.
I parchi pubblici sono numerosi e intervallati
unicamente da residenze e da poche attività
commerciali.
La grande quantità di aree coperte da verde
pubblico è anche dovuta alla dismissione di
grandi fabbriche avvenuta negli anni Novanta
e che portò ad avere ampie parti della città a
dover essere recuperate.
La riflessione sul ruole del verde fu sempre
al centro di numerosi dibattiti e ne consegue
un gran numero di progetti di trasformazione
urbana per la riqualificazione delle aree
dismesse.
Il piano di governo del territorio del
2009 registra 1.360.000 mq di verde a
Sesto. In cinquant’anni il verde esistente
è quintuplicato ed è prevista una crescita
ulteriore.
E il verde non è solo quello del parco, è
verde
anche quello che invade le strade con un
sistema di “filari verdi”, vie e viali con grandi
alberi, quando le dimensioni delle strade lo
permettono, o con piante più piccole, quando
gli spazi sono più limitati. Queste alberature
consentono al parco di penetrare nel tessuto
urbano esistente, creano corridoi ecologici
lungo gli assi est–ovest e nord–sud nell’intera
città, riconnettono le aree verdi tra loro e con
il sistema dei parchi, del verde e dei percorsi
ciclopedonali esistenti e in progetto.
Il verde ha dunque lo scopo di “tenere
insieme” la città collegando le diverse aree
residenziali.
Esaminando inoltre il masterplan di progetto
realizzato da Bottoni nel 1964 si può
subito constarare come alcune delle aree
inizialmente adibite alla residenza siano invece
ora occupate da verde pubblico. Il verde ha
dunque una forte impronta sull’aspetto del
quartiere posto nelle immediate vicinanze di
Milano.
44
SESTO SAN GIOVANNI
Il piano prevedeva oltre 1.800.000 mq
di verde pubblico, ma il verde esistente
raggiunge solo 250.000 mq.
Il verde e i servizi per il tempo libero
interessano anche i grandi interventi di
edilizia economica e popolare progettati e
realizzati in quegli anni verso il quartiere di
Cascina Gatti.
Non tutto ciò che prevede il PRG viene
realizzato, ma il piano, così concepito, segna
uno spartiacque nel modo di concepire
l’evoluzione della città.
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All’inizio degli anni Sessanta la città
raggiunge il culmine dello sviluppo
economico e industriale. Nel 1962, dopo
decenni di preminenza dell’industria su
tutti gli aspetti dello sviluppo urbano, il
piano regolatore generale realizzato da
Piero Bottoni afferma il primo vero disegno
organico della città pubblica: non solo case
e scuole, ma verde e servizi per il tempo
libero, fondamentali per i quartieri e la città e
necessari a cambiare l’idea di città industriale
che aveva caratterizzato Sesto San Giovanni
fino a quel momento.
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SESTO SAN GIOVANNI, ITALIA
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GLI ORTI URBANI
La città di Sesto San Giovanni è comune
storicamente caratterizzato dalla presenza di
grandi industrie, oggi dismesse. Negli ultimi
anni ha attivato una pluralità di interventi di
riqualificazione del territorio al fine di ricostruire
la propria identità come città di servizi. È il
soggetto responsabile dell’approvazione del
progetto degli Orti Bergamella ed è Comune
capofila nella promozione e gestione del Parco
Media Valle del Lambro.
Forestazione Urbana (CFU) - ha messo in gioco
le competenze necessarie per gestire il percorso
di demolizione degli orti spontanei e di
costruzione degli orti pubblici, facendo tesoro
delle iniziative di “autocostruzione guidata”
già realizzate all’interno del Boscoincittà, un
parco urbano del Comune di Milano.
A fronte di una presenza ormai consolidata di
orti sia in alcune aree verdi tra i lotti residenziali
del quartiere, sia nella parte più a sud di esso
che era ancora inedificata, l’Amministrazione
Comunale di Sesto San Giovanni, la
Cooperativa Uniabita ed il Parco Media Valle
Lambro hanno deciso di intraprendere un
percorso il più possibile condiviso e attento alle
istanze del territorio con gli utilizzatori storici di
quegli spazi, al fine di riqualificarli.
A tal fine Italia Nostra - Centro per la
SESTO SAN GIOVANNI
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Posto alla periferia Nord di Milano, il quartiere
costruito attorno alla Cascina Gatti ospita la
Bergamella, un’area ritagliata tra il grande
quartiere di edilizia popolare di via Marx ed i
margini frastagliati di Milano.
Un’area che si configurava come marginale
non solo in senso “geografico”, ma anche
per gli usi illeciti che
sopportava, quali
discariche abusive e smaltimento di sostanze
inquinanti. Inoltre circa 30.000 mq di terreno
erano occupati da orti spontanei, cresciuti e
consolidatisi a ridosso di via Livorno.
Nella stessa area, che è altresì compresa
nel perimetro del Parco della Media Valle
del Lambro, è in corso di attuazione un
Programma Integrato di Intervento promosso
dalla Cooperativa Uniabita.
L’attuazione di tale PII da un lato non può
prescindere dal recupero e dalla riqualificazione
degli spazi aperti per la realizzazione di un
parco pubblico di 200.000 mq, e dall’altro,
prevede tra le opere di urbanizzazione
secondaria la realizzazione di un complesso di
orti pubblici.
La trasformazione urbana diventa occasione
per
recuperare uno spazio degradato senza
negarne la “vocazione “ che si è consolidata
nel corso del tempo.
I reciproci impegni sono definiti attraverso
una convenzione, firmata dai quattro attori
coinvolti, ed in tal modo ha preso avvio
l’intervento.
Elemento chiave della convenzione è
il riconoscimento della necessità di un
coinvolgimento attivo dei cittadini nella
costruzione materiale dello spazio pubblico. Il
testo prevede esplicitamente che si operi
“attraverso modalità di intervento che
assicurino un elevato livello di condivisione,
partecipazione e utilità sociale”.
La partecipazione viene qui intesa come
strumento concreto per sviluppare un rapporto
positivo tra ambiente, territorio e abitanti, e
per innescare una crescita culturale e sociale
della comunità coinvolta nel progetto. Ed è per
questo motivo che gli orti urbani, oltre ad essere
stati realizzati grazie all’intervento attivo dei
cittadini, una volta conclusi sono stati affidati
ad essi attraverso un bando di assegnazione e
secondo precisi canoni decisionali.
Gli orti comunali dunque per quanto possano
fungere da catalizzatori sociali, sono realtà
riservate alle persone pensionate, limitandosi
ad un’utenza non ampia e non condivisa dai
più. La localizzazione di questi orti riguarda
zone che sono marginali rispetto al centro della
città, al confine tra il tessuto metropolitano e
rurale che godono in parte del contatto, forse
ancora precario, con un contesto non costruito.
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Oltre agli istituti scolastici, lungo la strada
vitale si incontrano anche due luoghi di culto:
la Chiesa Evangelica Cristiana, e la Parrocchia
di Santa Maria Nascente.
L’obbiettivo di Bottoni di creare un quartiere
che non fosse il solito quartiere residenziale
“dormitorio” si può dire che non ha avuto
un ottimo risultato in quanto la zona
risulta carente di luoghi pubblici rilevanti.
Analizzando anche gli spazi aperti, l’unico
aspetto degno di essere analizzato nell’ambito
dello spazio pubblico, è quello del verde in
quanto è uno degli argomenti più dibatutti
durante la realizzazione di questo nuovo
quartiere.
Per il resto lo spazio pubblico risulta carente,
non vi sono piazze nè altri luoghi da
menzionare è l’unico elemento a cui si riduce
sono le infrastrutture stradali.
La strada vitale, che può rientrare in
quest’ultima categoria, ha perso ogni suo
spazio pubblico
significato in quanto, lontanamente dal
progetto iniziale, risulta spoglia e inadeguata
dal punto da questo punto di vista. La sua
unica funzione è quella di affaccio delle zone
residenziali, in quanto anche dal punto di
vista dei trasporti essa non serve a nessun
collegamento rilevante del traffico locale.
Le attività commerciali che vi sorgono sono
ridotte al minimo e le poche strutture adibite
a questa funzione sono poste alla base di
alcuni edifici residenziali a torre collocali ad
intervalli lungo la via.
Tuttavia lo spazio pubblico risulta ben curato e
risistemato per funzionare al meglio all’interno
del quartiere; le strade e le aree residenziali
sono dotate di numerosi parcheggi, e le
strade hanno ampi marciapiedi e in alcuni
casi, come in via Carlo Marx è presente anche
un’ampia pista ciclabile.
Si può dunque dire che nonostante le strutture
pubbliche presenti nel quartiere non siano
numerose, lo spazio pubblico risulta comunque
un aspetto importante del quartiere in quanto
il suo aspetto e la superficie occupata sono
tenute sempre in considerazione specialmente
per creare un quartiere con degli standard
abitativi positivi.
63
SESTO SAN GIOVANNI
Sulla totale superficie del quartiere, all’incirca
105 ettari di superficie, solamente 50.000 mq
sono stati occupati da strutture pubbliche in
cinque aree principali situate lungo via Carlo
Marx, la strada vitale.
Si tratta principalmente di scuole pubbliche,
tra le quali l’Istituto Superiore Erasmo da
Rotterdam e alcuni istituti d’istruzione
primaria e secondaria che fanno in modo che
dal punto di vista dell’istruzione il quartiere sia
completamente soddisfatto.
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Come già detto in precedenza, il progetto per
il quartiere di Sesto San Giovanni realizzato
da Piero Bottoni come attuazione della legge
167 relativa all’edilizia economica popolare,
nacque con l’obiettivo principale di creare un
quartiere indipendente, dotato dei principali
servizi di cui necessitavano i suoi abitanti, una
città nella città che era in grado di soddisfare
ogni necessità.
Il progetto di Bottoni, un quartiere dove
un’ampia metratura di terreno era stata
adibita alle infrastrutture pubbliche, non fu
mai realizzato nella sua completezza e molte
delle aree che erano state dedicate al suolo
pubblico in realtà oggi sono occupate da zone
residenziali o in alcuni casi risultano ancora
inedificate.
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SESTO SAN GIOVANNI, ITALIA
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spazio pubblico
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SESTO SAN GIOVANNI
SESTO SAN GIOVANNI, ITALIA
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SESTO SAN GIOVANNI
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spazio pubblico
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spazio pubblico
SESTO SAN GIOVANNI
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spazio pubblico
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riferimenti
01. vista complessi residenziali di via Carlo Marx
verso sud-est del quartiere
02. vista aerofotogrammetrica del quartiere in
scala 1:10000
03. vista aerofotogrammetrica del quartiere in
scala 1:50000
04. piano regolatore generale di Sesto San
Giovanni, 1962
05. carta IGM del 1924 della città di Sesto San
Giovanni
06. carta IGM del 1936 della città di Sesto San
Giovanni
07. carta IGM del 1950 della città di Sesto San
Giovanni
08. vista esterna della Cascina De’ Gatti
09-10. viste interne della Cascina De’ Gatti
11. vista odierna dell’ingresso della Cascina De’
Gatti
12. vista aerea complessiva della Cascina De’
Gatti
13. complesso residenziale in via Fratelli di Dio
14. ridisegno tecnico del quartiere con
evidenziate le aree residenziali
15. vista di un complesso abitativo di via Fratelli
di Dio
16. piano di fabbricazione e Peep di Sesto San
Giovanni
17. vista frontale complesso abitativo progettato
da Giancarlo de Carlo, case INA
18. vista complesso abitativo progettato da
Giancarlo de Carlo, case INA, 1953
19. vista complesso abitativo progettato da
Giancarlo de Carlo, case INA, oggi
20. esempio di pianta delle residenze nelle case
INA
21. residenze a bassa densità abitativa del
quartiere INA
22. particolare quartiere Gescal di Piero Sartogo,
via Livorno
23. vista totale quartiere Gescal di Piero Sartogo,
via Livorno
24. assonometria del quartiere Gescal
25. vista di due delle dodici torri del quartiere
Gescal
26. un gruppo di tre torri del quartiere Gescal
così come appare oggi
27. esempio di edificio residenziale con attività
commerciali al piano terra tra via Carlo Marx e
via Livorno
28. sezione interne degli edifici con attività
commerciali al piano terra
29. tipologia residenziale a torre in via Carlo
Marx
30. complessi residenziali in via Carlo Marx
31. pianta di un livello degli edifici residenziali
a torre
32. vista di via Carlo Marx, strada Vitale del
quartiere
33. ridisegno tecnico del quartiere con
evidenziate le infrastrutture stradali
34. vista incrocio stradale tra via Carlo Marx e
via Milano
35. piano di attuazione della legge 167 del
comune di Sesto San Giovanni
36. aerofotogrammetrico dove sono evidenziate
le principali reti stradali e di trasporto pubblico
nell’area di Sesto San Giovanni e dintorni
37. stazione ferroviaria e della metropolitana di
Sesto San Giovanni
38. vista inizio di via Carlo Marx a nord del
quartiere
39. vista attraversamento ciclo-pedonale in via
Carlo Marx
40. planimetria della città con evidenziati i
percorsi dei mezzi pubblici e le fermate della
linea degli autobus
41. percorso ciclo-pedonale in via Carlo Marx
42. vista incrocio stradale tra via Carlo Marx e
via Pace
43. vista ravvicinata del Parco Marx
44. ridisegno tecnico del quartiere con
evidenziate le aree di verde pubblico
45. vista panoramica del Parco Rurale Cascina
De’ Gatti, da via Fratelli di Dio
46. vista panoramica del Parco Marx
47. vista panoramica del Parco Rurale Cascina
De’ Gatti, da via Carlo Marx
48. vista del Parco Rurale Cascina De’ Gatti, da
via Volontari del Sangue
49. vista del Parco Rurale Cascina De’ Gatti, da
via Carlo Marx
50. vista interna del Parco Rurale Cascina De’
Gatti
51. vista panoramica del Parco Marx-Lombardia
52. vista ingresso del Parco Giardino dell’Ex
Fornace
53. vista interna del Parco Marx-Lombardia
54-55. viste interne del Parco Marx-Livorno
56. ridisegno tecnico del quartiere con
evidenziate le aree occupate da orti urbani
57. modello delle strutture poi realizzate
all’interno degli orti urbani
58. lavori di realizzazione delle strutture
all’interno degli orti urbani
59. aree inedificate e occupate abusivamente
prima della realizzazione degli orti urbani
60. aree bonificate prima di realizzare gli orti
61. vista panoramica di un’area adibita ad orto
urbano
62. vista esterna della scuola primaria in via
Carlo Marx
63. ridisegno tecnico del quartiere con
evidenziate le aree occupate da strutture
pubbliche (istruzione-edifici di culto)
64. vista Liceo Linguistico Statale Erasmo da
Rotterdam, via Carlo Marx
65. piano di attuazione della legge 167 del
comune di Sesto San Giovanni
66. Chiesa Cristiana Evangelica, via Carlo Marx
67. Chiesa Santa Maria Nascente e Beato
Mazzucconi, via Carlo Marx
68. verde pubblico in via Carlo Marx, parco
Rurale Cascina De’ Gatti
69. Strada Vitale del quartiere
70. vista di un tratto della strada vitale
71. ridisegno tecnico di un tratto della strada
Vitale dove sono evidenziati i percorsi pedonali,
le piste ciclabili e il verde pubblico
72. percorso ciclo-pedonale lungo via Carlo
Marx
73. vista incrocio stradale tra via Carlo Marx e
via Pace
74. ridisegno tecnico del quartiere con
evidenziate le aree occupate da aree di
parcheggio pubblico
75. parcheggio tra via Carlo Marx e via Pace
76. parcheggio in via Pace
77. parcheggio in via Volontari del Sangue
78. parcheggi lungo via Carlo Marx
79. ridisegno tecnico del quartiere con
evidenziate le aree occupate da aree commerciali
80. supermercato in via Carlo Marx
81. edifici residenziali con attività commerciali a
piano terra
82. edificio in via Carlo Marx con porticati che
ospitano attività commerciali
BIBLIOGRAFIA
SITOGRAFIA
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metropolitana milanese : Sesto San Giovanni,
Monza, Cinisello Balsamo, Muggio, Milano:Clup.
http://www.lombardiabeniculturali.it
Consonni G., Tonon G., 2010, Piero Bottoni,
Milano: Electaarchitettura.
Consonni G., Meneghetti L., Tonon G., 1990,
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http://www.ordinearchitetti.mi.it/it/mappe/
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http://www.domusweb.it/it/
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http://www.sestosg.net/
Grenon N., 2001, Piero Sartogo - Architettura,
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SESTO SAN GIOVANNI
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Tonon G., 1982, Piero Bottoni e Sesto San
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Tonon G., 1990, Piero Bottoni e Milano, Domus,
Issue 721, pp. 40-48.
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