142 - Moto.it

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Numero 142
04 Marzo 2014
81 Pagine
MX Qatar
A Paulin e Herlings
la vittoria notturna
Cairoli soffre ma è
sul podio
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Video
DopoGP con Nico e
Zam: Da Sepang verso
il GP del Qatar
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Prova
BMW R1200RT 2014
L’ammiraglia tedesca
| prova cruiser |
Triumph
Thunderbird
Commander
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: Ducati Diavel 2014 | Nuova rubrica: i consigli della Polizia Stradale | G. Agostini La mia ultima vittoria con la MV
Agusta N. Cereghini Con l’ABS in Appennino | MOTOGP: V. Rossi Sono più competitivo dell’anno scorso
Triumph Thunderbird Commander
PREGI
Stile e finiture, guidabilità
DIFETTI
Tappo serbatoio e strumentazione
Prezzo 17.590 €
Prova cruiser
Alla conquista
degli States!
Insieme alla lussuosa LT, la nuova Commander è
la regina delle cruiser della casa inglese. È spinta
dall’incredibile motore bicilindrico 1.700, è molto
comoda e sa divertire tra le curve. Alte le finiture
e pure il prezzo. L’abbiamo provata in California
di Andrea Perfetti
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T
riumph ha scelto un posto da
favola per farci guidare la sua
poderosa Thunderbird Commander. Siamo infatti volati in
California per scoprire le due
importanti novità della casa
inglese nel segmento cruiser, che sta crescendo molto in Europa e che proprio in America è
nato. La famiglia Thunderbird nel 2014 cresce
e affianca alla conosciuta versione standard
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
introdotta nel 2009 e alla cattiva Storm del 2010
altre due moto: la LT, lussuosa versione da turismo dotata di parabrezza, borse in pelle e schienale, e la Commander, con il doppio fanale in stile
Speed Triple (quella vecchia), aggressiva come
la Storm ma molto più comoda e adatta anche a
portare il passeggero.
LT e Commander non si limitano a cambiare
pelle, ma ricevono un telaio dedicato che abbassa la sella e rende la guida ancora più agile.
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Di invariato ci sono solo il motore e il serbatoio.
Una nota che molti appassionati di cruiser già
conoscono: la Thunderbird in tutte le sue versioni è spinta dal bicilindrico parallelo più grande al
mondo, misura ben 1.699 cc e dimostra la vitalità
del marchio inglese.
Oggi Triumph dispone infatti di una gamma davvero estesa di motori, che spazia da ben cinque
tre cilindri (di 675, 800, 1050, 1200 e 2300 cc) ai
due twin (di 865 e 1.700 cc).
Prove
The british way
Il segmento cruiser è leader negli Stati Uniti e
cresce in Europa. Sono protagoniste le moto
classiche, dalla linea senza tempo ma adatte
a viaggiare con tanto confort anche in coppia.
Senza fretta, ma non senza divertimento. Perfette quindi per non incappare nelle forche caudine
dei velox e dei tutor. Le nuove Thunderbird interpretano molto bene questo spirito, plasmandolo
attorno ai canoni motoristici più cari alla cara
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Prove
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Media
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vecchia Inghilterra. Ecco spiegata la particolare motorizzazione bicilindrica parallela, guarda
caso identica a quella delle amatissime Bonneville, Speedmaster, America e Scrambler. Solo
che qui la cubatura è quasi doppia, per regalare
vagonate di coppia motrice a regimi terribilmente bassi. Il motore è elemento centrale dello stile
e del carattere delle nuove Thunderbird. In primo luogo perché è bello: compatto, massiccio e
con i collettori cromati che ne impreziosiscono
la figura. In secondo luogo i due cilindri affiancati
e raffreddati a liquido hanno un indubbio vantaggio rispetto ai più diffusi bicilindrici a V, non
riscaldano il sotto sella del pilota. Ne guadagna
enormemente il confort d’estate (e forse pure
la fertilità del biker, che di solito ha le chiappe
arrovellate dal cilindro posteriore dei motori a V
6
longitudinale). Simon Warburton (product manager di Triumph) ci rivela anche un dato curioso:
“Molti dei possessori della nostra Thunderbird
arrivano da esperienze di guida che nulla hanno
a che vedere col mondo cruiser. Prima avevano
una sportiva o una maxi enduro, oggi guidano
la nostra cruiser. La Thunderbird viene scelta in
primo luogo perché è diversa dalle altre moto,
è una Triumph. E poi perché, a differenza delle
altre, regala una grandissimo piacere di guida”.
Commander. La cruiser
dall’animo custom
La nuova Thunderbird Commander è una poderosa cruiser che si fa notare per il suo stile muscoloso e possente. Bassa, lunga, con scarichi
larghi e pedane comodissime, la riconosci subito
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grazie al doppio faro cromato. Lo stesso che ha
debuttato sulla mitica Speed Triple T509 nel 97 e
che rende immediatamente riconoscibile il muso
della Thunderbird a un chilometro di distanza.
L’impronta a terra è garantita dagli enormi pneumatici, da 140 mm di larghezza davanti e addirittura 200 dietro, entrambi montati su cerchi
in lega da 17 pollici. La Commander è una moto
unica a partire dal motore: il bicilindrico parallelo di 1.700 cc, raffreddato a liquido, ha oltre 94
cavalli a 5.400 giri e una coppia esagerata, ben
151 Nm a soli 3.500 giri. E’ il più grande al mondo
in questa configurazione tipicamente Triumph.
È un bialbero a corsa lunga con fasatura a 270°
per dare personalità all’erogazione soprattutto
ai bassi regimi. Il cambio è a sei rapporti, ha la
frizione a comando idraulico. La trasmissione
finale è invece affidata alla silenziosa e pulita
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cinghia dentata. Il motore funge da elemento semi-portante all’interno del telaio tubolare a doppio trave in acciaio. E proprio quest’ultimo è nuovo sulle Thunderbird che abbiamo guidato nel
Nord America. Infatti la casa inglese non ha badato a spese e ha rivisto tutta la parte posteriore
al fine di ricevere una sella più larga e ospitale.
E’ realizzata con tre differenti imbottiture, ha il
supporto lombare e offre una comodità stupefacente. Dopo ore in sella e centinaia di miglia contate dalla strumentazione ti dimentichi di avere
il sedere da quanto è comoda. Le sospensioni
sono fornite da Showa e si fanno apprezzare in
particolare per l’abbondante escursione (120
mm davanti, 109 dietro), decisamente superiore
a quanto offerto dalla concorrenza americana e
giapponese. Il risultato? Sullo sconnesso il posteriore della Commander rimane confortevole,
ammortizza le buche e non violenta la schiena
con le martellate tipiche delle moto custom. È
giapponese anche l’impianto frenante (Nissin),
che dispone di tre dischi da 310 mm e ABS.
Consente alla Commander di fermarsi in spazi
da sportiva: complice la generosa gommatura,
la moto passa da 130 km/h a 0 in soli 64 metri.
Il peso è decisamente alto (340 chili con 22 litri
di benzina), ma l’equilibrio dinamico della moto
fa in modo che questo non sia mai un problema.
La Commander è disponibile in due colori, rosso
o nero, al prezzo di 17.590 euro franco concessionario con due anni di garanzia. Arriverà nelle
concessionarie nel mese di marzo.
La nostra prova
Su strada la nuova Triumph Thunderbird Commander si rivela facile, persino maneggevole tra
Prove
le curve del nostro test in California, tanto che le
grandi pedane in alluminio toccano spesso l’asfalto. Non che questo sia un problema, quelli di
Triumph hanno pensato bene di dotare la moto di
slider intercambiabili. Il peso dà fastidio in manovra, ma anche qui la sella a soli 700 mm da terra
permette di spostare con facilità la Commander.
E della sella vi abbiamo già detto: è fenomenale
in quanto a comodità, dimenticatevi il più piccolo indolenzimento anche se siete magri e avete i
ciapet ossuti. Si tratta di un aspetto fondamentale quando si parla di cruiser, moto sì classiche e
ricche di cromature, ma nate anche per viaggiare
e portarci a spasso. Sulla Thunderbird Commander si ha un ottimo controllo grazie alla corretta
ergonomia. Le pedane sono avanzate il giusto e
non ci sono significative vibrazioni a disturbare
il pilota. La strumentazione è leggibile e chiara;
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c’è l’indicatore della benzina e il tachimetro con
le principali spie. Mancano il contagiri e l’indicatore della marcia. Altra pecca, più significativa, è
l’assenza della serratura sul tappo della benzina.
L’enorme bicilindrico parallelo di 1.699 cc ha una
risposta dolce al richiamo del gas, ma sa essere
anche rapido in uscita di curva e chiama in causa
di rado il cambio a sei marce. La spinta ai bassi
è forte, decisa. Consente alla Commander di riprendere velocità, tanta velocità, anche in quinta e sesta sui percorsi meno veloci. Se poi c’è
da fare un sorpasso, la Triumph 1.700 stupisce
con un allungo deciso. Il consumo di benzina non
spaventa, i due cilindroni si accontentano di 4,2
litri/100 km a 90 km/h e di 6,3 litri/100 km in città. Il cambio, dotato di bilanciere, non è un burro,
ma si rivela preciso. La risposta delle sospensioni è perfetta per il tipo di moto; non sono cedevoli
nella guida brillante, ma garantiscono un ottimo
smorzamento delle asperità sullo sconnesso.
Sul piano della funzionalità, e quindi della sicurezza, si mette in luce anche la risposta potente
e ben modulabile dei freni con ABS. Sono sovradimensionati e arrestano la grande Thunderbird
Commander in poco spazio senza che l’antibloccaggio intervenga a sproposito. La Commander
è una cruiser che strizza l’occhio alle custom più
aggressive, non aspettatevi quindi lo stereo a
bordo. Meglio così, il rumore è cupo, profondo.
Senti distintamente i singoli scoppi del motore
e il moto forte di due enormi pistoni. La Thunderbird Commander porta un po’ di America qui
da noi. Ma lo fa con uno stile che sa di Triumph
anche dall’altra parte dell’oceano. Lo sguardo doppio - non mente.
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ABBIGLIAMENTO
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SCHEDA TECNICA
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Prove
Casco Shark
Giacca Spidi
Guanti Dainese
Pantaloni Tucano Urbano
Scarpe TCX
Triumph Thunderbird Commander € 17.590
Tempi: 4
Cilindri: 2
Cilindrata: 1699 cc
Disposizione cilindri: paralleli
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Potenza: 98 cv (72 kW) / 5200 giri
Coppia: 15.9 kgm (156 Nm) / 2950 giri
Marce: 6
Freni: DD-D
Misure freni: 310-310 mm
Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 348 kg
Lunghezza: 2442 mm
Larghezza: 990 mm
Altezza sella: 700 mm
Capacità serbatoio: 22 l
Segmento: Custom
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BMW R1200RT 2014
PREGI
Comfort, facilità di guida e motore
DIFETTI
Cavalletto laterale
Prezzo 18.200 €
Prova tourer
L’ammiraglia
tedesca
Le case tedesche sono il punto di riferimento
quando si parla di ammiraglie a quattro ruote.
BMW con la nuova RT conferma il primato anche
tra le moto: agile, comodissima e potente. Vibra un
po’ agli alti regimi e costa tanto
di Andrea Perfetti
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Monolith metallizzato pastello. Come al solito di
dimensioni bibliche la lista degli optional. Il suo
prezzo è 18.200 euro chiavi in mano, primo tagliando incluso.
Media
Il motore
Il boxer è stretto parente di quello che ha esordito nel 2013 sulla R1200GS. Il nuovo bialbero
di 1170 cc con raffreddamento misto ad aria e
acqua è stato ottimizzato attraverso l’adozione di masse volaniche superiori per migliorarne
la dolcezza e ridurre le vibrazioni, nel complesso l’albero motore pesa infatti 1.700 grammi in
più. Anche la rapportatura finale è leggermente
più lunga rispetto a quella della maxi enduro. La
BMW R1200RT riceve una mappatura dedicata
e di serie viene offerta con ABS, ASC (controllo
di trazione) e due riding mode (Rain e Road). I
valori di potenza e di coppia sono rispettivamente di 125 cavalli a 7.750 giri e di 125 Nm a
E’
vero, c’è la serie K in casa
BMW, con la mastodontica e regale motorizzazione 6 cilindri in linea a fare
le veci dell’ammiraglia.
Ma per tanti motociclisti
è da sempre la R1200RT, e prima ancora le varie 1100 e 1150, la versione prediletta per viaggiare veloci e col massimo comfort. Poche altre
moto possono infatti vantare quell’incredibile
miscela di maneggevolezza, piacere di guida e
comodità che fanno dell’RT una vera icona del
viaggiare su due ruote. La nuova BMW R1200
RT ha quindi una bella responsabilità, deve
mantenere fede alla sua fama senza che la lancetta sulla bilancia viri pericolosamente verso
la sportività o verso la goffaggine. L’estetica
della moto, fatta eccezione per il frontale che
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Prova
6.500 giri. Come sulla R1200GS troviamo optional il pacchetto con la modalità di guida Pro,
che offre l’ulteriore Riding Mode Dynamic e la
funzione di assistenza alla partenza in salita (Hill
Start Control ), che sfrutta il sensore dell’ABS e
la sua centralina per bloccare la ruota posteriore
quando, a marcia disinserita, si tira con forza la
leva del freno davanti. Il Dynamic mode enfatizza
la guida sportiva, allentando i controlli dell’ASC e
dell’ABS. Altra premiere su modelli non sportivi è
costituita dal cambio a sei marce elettroassistito
– il quickshifter finora disponibile solo sulle serie
K ed S – in declinazione prettamente turistica. Il
sistema agisce tanto in innesto quanto in scalata (effettuando automaticamente la doppietta),
consentendo di evitare l’uso della frizione in qualunque frangente non sia la partenza da fermo.
Purtroppo questo interessante accessorio non
era ancora disponibile quando abbiamo provato
la moto.
si ispira chiaramente a quello della K1600GT,
ripropone le proporzioni e le forme della
precedente R1200RT. Ora ci sono linee più tese
e più muscolose, ma il così detto family feeling
è mantenuto. Sotto l’abbondante carena cambia
invece in modo radicale la parte meccanica, che
eredita l’ultima evoluzione del bicilindrico boxer
raffreddato ad aria e acqua, ma con una serie di
novità sostanziali che lo rendono perfetto per
la missione RT: va bene la potenza elevata (ora
siamo addirittura a 125 cavalli, 15 in più rispetto alla RT raffreddata ad aria e olio), ma con una
regolarità di funzionamento ai bassi degna di
una moto da parata presidenziale. La R1200RT
sarà disponibile in tre colorazioni: Quarzblau
metallizzato e Kallistograu metallizzato pastello, abbinate in contrasto con lo Schieferdunkel
metallizzato pastello, ed Ebenholz metallizzato/
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Il telaio
La BMW R1200RT impiega un telaio a doppio trave in acciaio, che utilizza il gruppo
motore-cambio con funzione portante. E’ presente ovviamente lo schema Telelever e Paralever per le sospensioni. L’RT può essere equipaggiata con le sospensioni semiattive Dynamic
ESA, che adattano automaticamente la taratura
della componente idraulica sulla base del riding
mode selezionato ma anche delle condizioni della strada basandosi sulle sollecitazioni subite.
Resta presente la possibilità di impostare elettronicamente la taratura del precarico in base al
carico e quella dell’idraulica su tre possibilità di
risposta.
Ora si può regolare
anche la strumentazione
Tutta nuova la strumentazione, che ricorda quella della K1600GT pur essendo differente. I due
quadranti analogici incorniciano un display TFT
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
a colori da 5,7” gestito attraverso il ben noto comando a rotella Multicontroller sul semimanubrio sinistro, che comanda anche il navigatore
se presente. Il quadrante può essere regolato
(senza attrezzi) nella sua angolazione per meglio adattarsi alla visuale di piloti dalla diversa
altezza. La visibilità è in ogni caso eccellente,
come pure la facilità di navigazione all’interno
del menù. Le informazioni a disposizione del pilota sono davvero numerose e basta una giornata per prendere dimestichezza coi numerosi
tasti che affollano i due blocchetti elettrici. In
presenza di temperature basse la possibilità di
riscaldare i due sedili e le manopole consente di
viaggiare con il massimo comfort (e quindi anche
con grande sicurezza) persino senza un abbigliamento troppo pesante indosso. In queste situazioni si rivela eccellente la protezione offerta dal
nuovo parabrezza (sempre a comando elettrico); è perfetto d’estate in posizione abbassata e
ora, in quella rialzata, limita in massima parte i
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Prova
Il frontale riprende lo schema
proposto dalla sei cilindri K1600GT
con i suoi tre fari che qui vengono
però spinti oltre
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Prova
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fastidiosi flussi che prima spingevano in avanti il
pilota oltre i 130 km/h. La R1200RT mantiene gli
specchietti retrovisori bassi, ora più piccoli ma
allo stesso tempo più larghi, che possono essere ripiegati per facilitare il parcheggio. Il comfort
inoltre sale grazie a una posizione di guida abbassata nella sua correlazione sella-manubriopedane di 20mm tanto per il pilota quanto per il
passeggero, ma anche a una sella di dimensioni
maggiori che può variare nell’altezza (attraverso
regolazioni o il montaggio di optional) da 760 a
850mm. Non è invece agevole raggiungere la
stampella laterale, che è posta non sotto il piede,
ma davanti a questo.
Quando le luci danno spettacolo
Il frontale riprende lo schema proposto dalla sei cilindri K1600GT con i suoi tre fari
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(anabbagliante centrale coadiuvato da due abbaglianti laterali e luci diurne a LED) che qui
vengono però spinti oltre. L’uso della luce diurna viene abbandonato automaticamente dopo il
tramonto o negli ingressi in galleria grazie ad un
sensore che accende autonomamente l’anabbagliante, quando la luce si fa scarsa. Come al solito
completa la dotazione audio optional, anch’essa
mutuata dalla K1600GT, in grado di interfacciarsi con lettori MP3 ed iPod, nonché di fornire la
connettività Bluetooth a pilota e passeggero.
La nostra prova
“Chissà se saprà fare davvero meglio della vecchia RT”. Era questa la domanda che ci girava
in testa nei giorni precedenti la presentazione
alla stampa. Ciascuno di noi – che sia un tester
di moto o meno fa poca differenza – ha una
lista di moto che considera le migliori nei rispettivi segmenti di appartenenza. E per chi vi parla
la RT è stata per anni la prima della classe nella
categoria delle tourer. E’ vero, ci sono moto più
potenti, anzi molto più potenti. E altre più leggere, ma solo sulla bilancia. Perché la R1200RT
ha su strada un bilanciamento pazzesco, che
maschera metà del suo peso. Basta toccare i 20
orari per ritrovarsi tra le mani una moto facile,
che gira in un fazzoletto e che curva praticamente da sola. Nonostante i profondi cambiamenti,
la nuova BMW R1200RT conserva il carattere
che conosciamo. Anzi fa di più, mitiga l’irruenza del motore boxer della GS con una splendida
erogazione che, se non leggessi la scheda tecnica, crederesti figlia del vecchio bicilindrico.
Merito del nuovo albero motore più pesante e
delle mappe inedite di gestione della centralina
e del ride by wire. A differenza della GS 1200, la
nuova RT è molto più lineare e dolce ai bassissimi regimi. In questo ricorda maggiormente la
Adventure 1200 che abbiamo appena provato,
ma con una linearità in basso ancora più marcata. La rapportatura del cambio è più distesa, ma
non per questo l’RT rifiuta di riprendere da solo
1.500 giri anche in quinta e sesta marcia. Dai 2
ai 5.000 giri c’è già una bella potenza, si viaggia
forte e senza strappi. Oltre, e fino a ben 9.000
giri, la RT diventa sportiva sul serio e raggiunge
in pochi secondi velocità da ritiro della patente.
Il comfort di guida resta in ogni frangente ottimo; è comoda la sella e l’ergonomia non presta
il fianco alle critiche. Solo le vibrazioni diventano
sensibili al manubrio oltre i 5.000 giri, a regimi
quindi che si sfruttano più che altro in piena accelerazione e meno a velocità di crociera. Infatti
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Prova
BMW R 1200 RT € 18.200
Tempi: 4
Cilindri: 2
Cilindrata: 1170 cc
Disposizione cilindri: Boxer
Raffreddamento: ad aria/acqua
Avviamento: E
Potenza: 125 cv (92 kW) / 7750 giri
Coppia: 12.74 kgm (125 Nm) / 6500 giri
Marce: 6
Freni: DD-D
Misure freni: 320-276 mm
Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 274 kg
Lunghezza: 2222 mm
Larghezza: 982 mm
Altezza sella: 805 mm
Capacità serbatoio: 25 l
Segmento: Gran Turismo
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SCHEDA TECNICA
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Casco X-lite 551
Giacca Rev’It! Poseidon GTX
Pantaloni Rev’It! Poseidon GTX
Stivali e guanti Dainese
l’RT a 130 km/h è a soli 4.500 giri, in una zona
del contagiri ancora libera da vibrazioni. Durante il nostro test su strade di montagna, con una
breve disgressione in superstrada, la tourer tedesca si è accontentata di soli 5,6 litri di benzina
per 100 km, un valore ottimo vista la potenza e
il peso (274 kg con 25 litri di benzina). E valida
è anche la risposta delle sospensioni semiattive
Dynamic ESA, che garantiscono il giusto contatto dei pneumatici con l’asfalto e quindi un buon
feeling di guida. L’avantreno mantiene la risposta piuttosto secca delle precedenti versioni
quando l’asfalto si fa sconnesso. Degna di lode la
resa dell’impianto frenante Brembo che abbina
una buona modulabilità con una potenza eccezionale, che non viene meno neanche dopo ripetute sollecitazioni. Le pinze anteriori sono ora
ad attacco radiale e i dischi sono diversi da quelli
della GS, misurano infatti 320 mm (contro i 305
della endurona).
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D ucati
D iavel 2 0 1 4
nuovo
motore e
finiture
Aggiornamenti tecnici ed estetici per la Power Cruiser
di Borgo Panigale, in arrivo presso le concessionarie ad
aprile a partire da 17.990 euro
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News
C
e l’aspettavamo a Motodays, ma
Ducati - ormai parte integrante della famiglia Volkswagen - non poteva
esimersi dal lanciare in anteprima la
nuova Diavel in occasione della serata corporate
al Salone di Ginevra. Più di un semplice restyling,
la nuova Diavel viene arricchita dall’ultima evoluzione del propulsore Testastretta 11° DS già visto su Multistrada e Monster, qui in versione con
potenza massima immutata (162 cavalli) rispetto alla precedente Diavel ma ben più regolare e
fluida ai bassi e medi regimi grazie appunto alla
doppia accensione ma anche ai nuovi corpi farfallati. Invariata - al netto degli aggiornamenti di
sistema - la gestione elettronica, che continua a
poter contare su ABS, Ducati Traction Control e
Riding Modes integrati. Nuovo l’impianto di scarico, strettamente derivato da un’unità precedentemente disponibile solo come aftermarket e
in versione non omologata, ma importanti anche
le novità dal punto di vista dell’estetica, con nuovi pannelli della carrozzeria che snelliicono un filo
la vista laterale senza perdere nulla in termini di
muscolarità. Quasi inevitabile l’adozione di un
impianto di illuminazione ora completamente
a LED. Diavel Model Year 2014 sarà disponibile
nella versione Dark Stealth, con telaio traliccio
nero e cerchi neri. Diavel Carbon sarà invece
proposto nel classico e inconfondibile rosso Ducati su trama “matte carbon” con telaio rosso
e cerchi neri, oppure nella accattivante nuova
colorazione Star White sempre su trama “matte
carbon” con telaio bianco e cerchi neri a contrasto. Sparisce - per ora - la versione economica
Dark, anche se il prezzo (a partire da 17.990 Euro
chiavi in mano) sembra aver recepito il limite minimo della precedente versione d’accesso. La
nuova Diavel arriverà nei Ducati store a partire
da aprile.
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News
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News
I consigli della Polizia Stradale
su Moto.it: pneumatici moto
di Andrea Perfetti | Inizia la nostra collaborazione con la Polizia
Stradale. Obiettivo: essere informati per essere più sicuri sulle
nostre strade. Partiamo col video dedicato alle gomme da moto
I
nizia la nostra collaborazione con la Polizia Stradale. Obiettivo: essere informati
per essere più sicuri sulle nostre strade.
Nel 2014 Moto.it e Automoto.it ospiteranno una serie di video realizzati in collaborazione
con la Polizia di Stato. Tratteremo gli aspetti
pratici e quelli normativi legati alla circolazione
della moto e dell’auto, forniremo una serie di indicazioni tanto semplici quanto utili a migliorare
la nostra sicurezza stradale. La prima puntata è
dedicata agli pneumatici da moto. Un componente essenziale, da scegliere con attenzione
al momento della sostituzione e a cui dedicare la giusta cura. Vi spieghiamo nel video quale
deve essere il suo spessore minimo dell’intaglio (sapevate che non è lo stesso per moto e
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motorini?), dove va posta la valvola di gonfiaggio, come leggere la data di produzione e l’importanza dello stoccaggio. Sì, perché può essere
più sicura una gomma stoccata correttamente
con un paio di anni di anzianità rispetto a una
nuova di zecca, ma esposta al sole o a sbalzi termici eccessivi.
Per questo ribadiamo l’importanza di rivolgersi
a gommisti seri che non si limitino a vendere il
prodotto, ma che sappiano anche informare correttamente il cliente. Ringraziamo la Polizia di
Stato, in particolare la Polizia Stradale di Milano
e il Vice Questore Aggiunto Massimo Bentivegna
che ci accompagnerà in questo e nei prossimi
appuntamenti dedicati alla sicurezza stradale di
motociclisti e automobilisti.
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Giacomo Agostini
“La mia ultima vittoria
con la MV Agusta”
di Maurizio Tanca | Il pilota più titolato del mondo elogia
ovviamente la vittoria di Cluzel e della MV F3 in Australia. Ma ci
racconta anche la sua magica, ultima vittoria in sella alla 500
italiana, nel 1976, sul terribile Nürburgring
A
pprofittando del gradito ritorno alla
vittoria di una MV Agusta in una gara
di campionato mondiale, avvenuta
ben 38 anni dopo l’ultimo successo
della leggendaria MV 500 a 4 cilindri conquistato
dal nostro mitico Giacomo Agostini, siamo andati a trovare – manco a dirlo con una MV, nella
fattispecie la Brutale 800 - il 15 volte Campione
del Mondo (vengono i brividi solo a citarlo) nella
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sua casa di Bergamo. Lo scopo della nostra visita era quello di farci raccontare dal grande Ago
cosa ne pensa di questo storico evento celebratosi in Australia, sulla magnifica pista di Phillip
Island, nella gara del Mondiale Supersport, ad
opera del giovane francese Jules Cluzel e della
tricilindrica F3 da 675 cc. Ma tenevamo anche a
conoscere la sua opinione sul coraggioso ingresso della Casa di Schiranna (anche se ci verrebbe
ancora automatico scrivere “Casa di Cascina
Costa”) anche nel mondiale Superbike. Anche
in questo caso con i colori del team russo Yakhnich, iridato 2013 in Supersport, che quest’anno
ha dunque incorporato la “4 cilindri” F41000RR
ed il nostro Claudio Corti. Vale senz’altro la pena
di ricordare che tra il 1952 ed il 1974 la MV Agusta ha riempito un palmarès di ben 75 titoli iridati
(38 ai piloti e 35 come costruttore), ed è la Casa
europea maggiormente vittoriosa nella storia del
motociclismo, e imbattuta nell’ex classe regina,
la 500.Ma soprattutto, volevamo che Agostini ci
raccontasse la storia di quella magnifica vittoria
in Germania, datata domenica 29 agosto 1976:
l’ultima in sella alla moto italiana, che poi si ritirò dalle corse. Per onor di cronaca, ricordiamo
che Agostini e la sua MV 500 in Germania si lasciarono alle spalle una muta di quattro Suzuki
RG500 – nell’ordine: Lucchinelli (distanziato di
oltre 52”!), Pat Hennen (primo statunitense in
gara nel mondiale 500), l’inglese John Newbold
e il belga Ankoné – seguite dalla Yamaha dell’olandese Boet Van Dulmen, da Alan North (Sud
Africa, Suzuki), Christian Bourgeois (Francia,
Yamaha) e dall’inglese Chas Mortimer (Suzuki).
Per chi non abbia voglia o tempo di guardare la
nostra intervista video al grande Ago, riportiamo
comunque di seguito le sue parole.
«Domenica abbiamo avuto una bella notizia:
la MV è tornata al successo. A Phillip Island ha
vinto nella Supersport con la famosa “3 cilindri”.
Una ”3 cilindri” rinnovata, naturalmente, non
certo come quella con cui correvo io. È stata una
gara un po’ particolare, pochi giri, ma comunque
Intervista
l’importante è che l’MV sia tornata alla vittoria
dopo tanti anni. L’ultima vittoria è stata con me in
sella, al Nürburgring, nella classe 500, nel 1976,
quindi è passato qualche anno…Ma l’importante
adesso è continuare, la MV si sta impegnando
molto sia nella Supersport, con la “3 cilindri”,
che nella Superbike con la “4 cilindri”: abbiamo
ancora tante gare davanti, e naturalmente tutti
noi ci auguriamo che riesca ad avvicinarsi ai primi, – soprattutto nella Superbike. Naturalmente
c’è tanto lavoro da fare, hanno appena iniziato…
Ed è bello, perché effettivamente il marchio MV
ricorda le gare: io ho vinto tanto con la “3 cilindri”, abbiamo dato grandi soddisfazioni a tutto il
mondo, soprattutto all’Italia. Mi auguro dunque
che questa vittoria sia un buon inizio, e che la MV
Agusta torni ancora al successo. La mia vittoria
deelm’76 al Nürburgring è stata l’ultima con la
MV. Anche quella fu una situazione un po’ travagliata, perché io disponevo di una Suzuki e della
MV: in prova le usai entrambe, e sembrava che
la Suzuki fosse leggermente più veloce, ma la
MV era più guidabile. E la domenica mattina, al
risveglio, pioveva: a quel punto, visto che il regolamento lo permetteva, sono riuscito a cambiare
moto e a partire con la MV. È stata una grandissima gara, perché la MV in effetti era molto più guidabile, e poi il suo motore a 4 tempi era molto più
dolce, soprattutto sul bagnato, dove il “2 tempi”
era piuttosto scorbutico. Quindi dietro di me c’era uno stuolo di Suzuki che incalzavano. Dunque
ho scelto bene, è stata una bellissima gara, ho
vinto e quindi mi è rimasto un gran bel ricordo.
Anche perché io iniziai a correre con la MV Agusta 500 proprio al Nürburgring, nel 1965, e vinsi.
E nel ’76 mi sono ripetuto. Dopo di allora, i motori a 4 tempi sono stati definitivamente superati
dai “2 tempi”, e la Suzuki stessa (ma anche la
Yamaha, ndr) affidò le proprie moto ufficiali ai
vari team esterni. Dunque la MV decise che era
giunto il momento di ritirarsi perché il suo motore non poteva essere ulteriormente sviluppato. E
da li abbiamo praticamente lasciato il passo ai “2
tempi” forse per vent’anni».
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Media
Babila
Quelle tassellate piacciono
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posteriore è corto, mentre il parafango anteriore qui non c’è ancora, ma vista l’utilità i ragazzi
hanno assicurato che sarà montato. Gli ammortizzatori posteriori sono originali ma verniciati
di nero. Una cosa che balza all’occhio sono gli
scarichi che rifiniscono l’interpretazione e la filosofia della moto: banda termica sui collettori con
terminali molto corti. A completare la sua natura
offroad pensano due gomme Heidenau K60 ovviamente tassellate! La descrizione della moto
è doverosa ma ora passiamo al test della moto.
Sono partita per il mio giro su asfalto e sterrato.
Ho guidato con il sorriso questa special, che nel
motore è gestibilissima: pochi cavalli e di facile
erogazione, un impianto frenante che non ti assicura staccate estreme ma per l’uso normale è
più che sufficiente. Il divertimento si è amplificato percorrendo alcuni argini e delle stradine nella
campagna padovana, dove erano ancora evidenti i segni di una precedente pioggia disastrosa.
Life Style
La moto è molto maneggevole, ha un baricentro
abbastanza basso, ti permette di accelerare e
stare in piedi tranquillamente sulle pedane, dato
il peso ridotto è una cosa agevole e divertente.
Consiglierei una moto di questo genere a chi si
vuole divertire con naturalezza; i ragazzi nell’uso
“scrambler” sono sempre avvantaggiati, ma è
sicuramente adatta a quelle donne che vogliono
fare la passeggiata in città, la gita fuori porta e
magari fare percorsi anche più lunghi, basta interpretare con buon senso la filosofia e lo stile di
questa tipologia di moto.
Stile Scrambler
Ho abbinato un giubbotto di pelle esageratamente borchiato, che richiama la fine degli anni
settanta, a un casco jet con frontino come quello che usava spesso il mitico Steve McQueen.
Vi consiglio l’uso di una maschera da cross
con linee classiche, che oltre a essere bella ha
Oggi la nostra Babila abbandona l’asfalto e si lancia alla scoperta delle
moto tassellate, in sella a una bella scrambler Kawasaki. La scintilla è
scoccata, la sua prossima moto sarà da cross?
O
ggi cambio genere e vi parlo delle
tassellate, o meglio di come vedo
io questo universo a due ruote per
me nuovo sotto molti aspetti. Negli
ultimi tempi tirano tanto le scrambler, le street
scrambler e le flat scrambler, con una miriade
di sfumature che nascondono una precisa filosofia. Sono moto che con semplicità vengono
customizzate e che uniscono stile e facilità di
guida come forse nessun’altra moto. Oggi parliamo della Kawasaki Z400 del 1982 by North
East Custom. Questa street scrambler nasce da
un Kawa Z400 seconda serie che è stata abbastanza sconvolta dai fratelli Diego e Riccardo. La
colorazione è di base nera, il serbatoio è stato
“trasparentato” su metallo spazzolato a vivo ed
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è stata aggiunta una grafica sobria con due baffi nero/oro e filetto rosso. Il serbatoio, i cerchi
a raggi, il faro e il contagiri sono della Kawa KH
400 del ‘76, e sono stati aggiunti i soffietti agli
steli alla forcella. Le staffe del faro sono artigianali, la pompa del freno anteriore è presa da una
Moto Guzzi California, il manubrio è di una Honda CRF450 e proseguendo nella considerazione
estetica e tecnica della moto vediamo che hanno montato una sella in similpelle lunga, bassa e
nera con doppie cuciture rosse che si abbinano
con gli altri particolari dello stesso colore, come
i filtri BMC montati sui carburatori. La batteria
è stata spostata molto in basso e il telaietto posteriore accorciato di 10 cm, le piccole frecce
sono di derivazione automobilistica. Il parafango
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News
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un’ottima protezione da fango e sassi. I pantaloni che ho indossato sono jeans neri da moto con
tessuto rinforzato, li ho preferiti sobri per non essere eccessivamente colorata. Il foulard dal colore molto femminile è rosa a pois, un accessorio
utile e che si abbina sempre molto bene! I boots
sono molto classici e neri.
Il tributo ai creativi della Z400
La descrizione del mio test & style della Kawasaki Z400 by North East Custom non può mancare
nella presentazione doverosa degli autori e ideatori di questa moto. Coppiello è il cognome dei
fratelli Diego e Riccardo, rispettivamente di 30 e
25 anni, indicazione significativa proprio perché
ci fa capire quanto conta la passione e l’attaccamento a tutto quello che ha un motore e delle
38
ruote, ancora meglio se in due! Fin da giovanissimi Diego e Ricky hanno iniziato a smanettare
sulla moto con modifiche e elaborazioni.
Non solo moto, il loro curriculum è arricchito
da qualche anno passato nel mondo dei kart.
Mentre Ricky ha proseguito con la professione
di meccanico, Diego ha frequentato la Scuola di
Design dove ha coltivato il gusto per l’estetica e
l’ha proietta nelle motociclette.
Il cross, che è poi lo sport prediletto dei fratelli
Coppiello, e l’enduro hanno influenzano la loro
tendenze.
La loro passione dà vita alla customizzazione di
moto anticonformiste dalle linee decise e a volte
pure spigolose, e questo insieme di fattori crea
quello che io chiamo il “fenomeno North East Custom”. A tutti voi un bacio e a presto.
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Media
USA
Da Charlotte fino a Knoxville
in sella alla “La Valorosa”
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(cosa che davo per scontata a priori). Beh, non
solo l’ha guidata fino a Charlotte, ma mi ha poi
seguito su per le Smokey Mountains (io guidavo
la BMW) fino a Knoxville, dove ci siamo fermati
per la notte. Battesimo del fuoco piuttosto pesante per lui, visto che si è sciroppato dieci ore
in sella quasi tutte sotto una pioggia torrenziale,
ma alla fine aveva un bel sorriso a 32 denti: la PC,
che avremmo presto ribattezzato “La Valorosa”, aveva passato l’esame a pieni voti. Di quella
giornata, piuttosto monotona e fredda, sebbene
fosse inizio Luglio, ricordo soprattutto la sosta
in mezzo ai monti del Tennessee a mangiare
BBQ ribs (costine affumicate ricoperte di salsa
barbecue) mentre Sandro sfogliava un giornale allucinante. Le pagine, a formato quotidiano,
erano piene delle foto segnaletiche di tutti i brutti
ceffi arrestati in Tennessee nel corso dell’ultima
settimana! Il giorno seguente, sempre sotto la
pioggia, siamo arrivati a Nashville, una città che
ci era piaciuta tantissimo nel 2012. La capitale
della Country Music è anche un vibrante centro
On the road
culturale che raduna centinaia di artisti e musicisti provenienti da tutti gli States. La zona centrale, Broadway, è una via piena di locali con musica
dal vivo, negozi di strumenti musicali e souvenir,
che arriva fino alla stazione del battello sul fiume
Cumberland, sulla cui sponda opposta siede imponente il mega stadio dove giocano i Tennessee
Titans, la locale squadra di Football Americano
NFL. Nashville ospita la Country Music Hall of
Fame e nella zona che qui chiamano Music Row,
ci sono praticamente tutti gli studi di registrazione che contano quando si parla di Country, un
genere che negli USA vende decine di milioni di
dischi ogni anno. Nashville è famosa anche per
essere la sede della Gibson Guitars (occhio che
l’unico atelier/museo visitabile si trova a Memphis!) ed il “perno” su cui si è fondata la carriera
musicale di Johnny Cash. Il padre del Rockabilly,
nato in Arkansas, ha trovato il successo qui nella
capitale del Tennessee e c’è pure un bel museo a
lui dedicato, che per ora non sono ancora riuscito ad andare a visitare...
di Pietro Ambrosioni | Continua il nostro viaggio sulle strade americane,
questa volta da Charlotte, su per le Smokey Mountains fino a Knoxville
in sella alla “Valorosa” PC800. Tappa obbligatoria a Nashville, la capitale
della Country Music e sede della Gibson Guitars
C
i siamo lasciati che avrei dovuto convincere Sandro della bontà del “nostro” ultimo acquisto - non che lui,
dal Brasile, abbia avuto molte possibilità di porre il veto - e ho iniziato a lavorarmelo
con un paio di email piene di foto fatte col cellulare. A posteriori gli devo proprio essere sembrato
una ragazzina isterica prima di un concerto dei
Take That, ma è stato abbastanza gentile da non
farmelo notare. Comunque, secondo un concetto valido per il 90% delle moto, il miglior modo
di convincere l’acquirente è un bel giretto di
40
prova. L’asso nella mia manica, da giocarmi
subito, era rappresentato dal fatto che la BMW
messa a disposizione da GIVI USA la saremmo
dovuta andare a prendere a Charlotte, in North
Carolina, a circa 4 ore di autostrada a nordest di
Atlanta. Ho colto la palla al balzo e ho piazzato
Sandro in sella alla PC800, poche ore dopo il suo
arrivo dal Brasile, seguendolo/precedendolo con
il mio pickup. Volevo che scoprisse da se la bontà
del progetto Pacific Coast, a mio parere una delle moto più incomprese di sempre, prima che il
suo cuore fosse definitivamente rubato dalla GS
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Nico Cereghini
In Appennino
con l’ABS
Una giornata a guidare in
solitudine su belle strade asciutte
e senza traffico. Che pacchia!
Finisce che per riposare mi
fermo per una pausa e parlo
con i miei freni
C
iao a tutti!
L’altro giorno, girovagando
in
Appennino
tutto solo
con una bella e nuova bicilindrica 1000 da 100 cavalli, la
potenza giusta, mi è venuta
qualche riflessione sulla frenata. Premetto che anche quando
spingo un po’ –ed era l’occasione giusta, giornata lavorativa,
belle strade e niente traffico- io
sono di quelli che non si attaccano ai freni. Amo la guida fluida, mezzo gas in accelerazione, uso frequente del cambio,
in salita quasi mi basta il freno
motore e in discesa staccate
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Media
lunghe e poca pressione sulla
leva. Ebbene quando mi fermo a
bere un caffè guardo i miei due
dischi da 310 davanti, le pinze
ad attacco radiale con quattro
pistoncini a testa, e mi dico che
forse è troppa roba, e che a ben
guardare, sui miei ritmi di guida turistico-veloce, la risposta
secca dell’impianto strapotente mi dà quasi fastidio. Poi però
rifletto che con 228 chili con il
pieno, più magari i 130-140 chili di pilota e passeggero che ci
viaggeranno sopra domani, una
certa riserva di potenza frenante è una bella sicurezza. Prima
di tutto c’è chi frena più deciso
di me, e poi non si sa mai, venisse fuori un trattore da una
stradina laterale, tutta questa
frenata potrebbe fare la differenza tra la botta fragorosa e
stopparsi in tempo. Dunque va
bene, è l’impianto frenante che
ci vuole, e poi c’è pure l’ABS. Da
lì i pensieri volano. ABS, sempre
più diffuso, quasi obbligatorio
sulle nuove moto, ormai accettato e apprezzato da quasi tutti
i motociclisti. Le perplessità sopravvivono dalle parti dei cosiddetti puristi: motociclisti esperti, magari non più giovanissimi,
convinti che con tutta questa
elettronica noi perdiamo una
gran parte del gusto della guida, e preoccupati per i motociclisti di domani, perché saranno portati ad esagerare (“tanto
c’è il controllo di trazione, tanto
c’è l’ABS”) e non saranno più
capaci di dosare la forza sui
comandi dei freni. Ecco, è su
quest’ultimo punto che voglio
indirizzare la vostra attenzione.
Sulla capacità delle generazioni
future di dosare la frenata su
avantreno e retrotreno. Bene,
io sto guidando qui sull’Appennino con l’ABS, ma non lo sento
intervenire. Sto usando il 50 per
cento della forza frenante, e se
anche ne usassi l’80 per cento,
quello non lavorerebbe. E io mi
diverto, e sto calibrando la forza sulla leva del freno anteriore
e su quel poco di pedale che mi
serve, e guido come ho sempre
fatto. Anche se spingessi di più
sarebbe la stessa cosa, dovessi
trovare della terra sull’asfalto
ci starei attento come se non
avessi l’ABS (ma ce l’ho) e soltanto nella guida al limite mi
toccherebbe interagire con l’elettronica dell’antibloccaggio. E
la guida al limite è roba da pista.
Ecco quello che penso. E vi dico
anche di più. Valentino Rossi e
compagnia saranno capaci di
frenare, no? Eppure anche a
loro capita di cadere in frenata:
basta un avvallamento, la ruota
che si scarica, e il bloccaggio
dell’avantreno è in agguato. Per
un volo ad alta velocità si può
buttare una trasferta o mezza
stagione. Io me lo vedo, Lorenzo al box con Ramon Forcada:
“senti un po’, di rompermi una
clavicola non ne ho proprio voglia, se pensassimo a qualcosa
come l’ABS?”
Editoriale
ABS, sempre più diffuso,
quasi obbligatorio
sulle nuove moto, ormai è
accettato e apprezzato da
quasi tutti i motociclisti
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MotoGP
DopoGP con Nico e Zam
Da Sepang verso il GP del Qatar
Nico Cereghini conduce l’approfondimento sulla MotoGP con Giovanni
Zamagni dopo i test di Sepang II . Tanta tecnica con l’ingegner
Bernardelle. Rossi segna il miglior tempo, la Ducati in ripresa s
ceglie la Open, Lorenzo in crisi con le Bridgestone
I
temi di questa puntata
Seconda puntata del Dopo GP di Nico e
Zam, la trasmissione condotta da Nico
Cereghini con Giovanni Zamagni. A venti giorni dal via del campionato in Qatar, quali
sono i veri valori in pista? I dati e le classifiche
visti in nei test prestagionali come vanno interpretati? Quanto ha influito l’assenza di Marquez,
riferimento imprescindibile anche per il 2014? Le
prove a Sepang sono state positive per Rossi, sicuramente oltre le aspettative, anche se le Honda e Pedrosa rimangono i favoriti, un’accoppiata
imbattibile in prospettiva gara. Ducati scioglie il
44
mistero: parteciperà nella categoria Open. Sulla
questione ascolteremo anche una intervista di
Davide Brivio, team manager Suzuki.
Dovizioso ha stupito positivamente staccando
tempi di tutto rispetto anche nelle simulazioni di
gara. Chi invece esce dai test con più dubbi che
risposte è Lorenzo, assolutamente scontento
delle nuove Bridgestone. Sul perché abbiamo intervistato anche Maio Meregalli, team manager
Yamaha. Si parla anche della classe “Open” che
ha sorpreso con giri veloci che possono competere con le Factory. Come si comporteranno
in gara? Grande spazio ai vostri interventi con i
commenti più interessanti e le video domande
che ci avete inviato. Le risposte sono affidate
a Giovanni Zamagni e all’ingegner Giulio Bernardelle che nella parte dedicata alla tecnica
approfondisce la questione Bridgestone che
“piacciono” a Rossi e risultano indigeste al suo
compagno di squadra.
E poi ancora le “Open”, quali vantaggi hanno sulle “Factory”?
In qualche gara sarà possibile vederle sul podio
o addirittura sul gradino più alto? Quanto la centralina unica sarà penalizzante? Risponde Marco
Venturi, di Magneti Marelli.
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MotoGP
Valentino Rossi
“Sono più competitivo
dell’anno scorso”
di Giovanni Zamagni | “Se vogliamo provare a battere le Honda siamo
ancora indietro” ha detto Valentino al termine dei test di Sepang II.
Ma Rossi è soddisfatto del lavoro fatto e soprattutto dei risultati
Q
Quando Valentino spegne la
moto, dopo tre giorni di test, il
suo tempo è il migliore di tutti.
E’ soddisfatto e pur ammettendo che di lavoro da fare ce n’è
ancora tanto sembra ottimista.
Ti Sei concentrato sul tempo
ma hai fatto anche delle mini
prove di gara. Come sono andate?
«Abbastanza bene, anche se
speravo di riuscire ad andare
meglio, ma oggi in tarda mattinata c’era veramente moto caldo e si faceva davvero fatica. Io
ho avuto qualche problemino
(alla gomma anteriore NDA) e
mi sono dovuto fermare prima
di quello che pensavo. Pedrosa
è stato molto veloce e ha fatto i
un buon long-run, è stato il migliore. Se la gara fosse oggi io
probabilmente partirei in pole
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Il problema è non riuscire a
sfruttare bene i pneumatici?
«Sì, queste gomme 2014, ci
danno un po’ di problemi e
quando si scaldano la moto diventa difficile da guidare e quindi dobbiamo andare un po’ più
piano, mentre sembra che la
Honda stia sempre lì».
In configurazione gara invece
hai fatto passi avanti rispetto
a ieri?
«Se vogliamo provare a battere
le Honda siamo ancora indietro. Pedrosa è andato molto
forte, io vado qualche decimo
più piano. Per adesso rimangono in vantaggio, soprattutto in
configurazione gara. noi con la
gomma nuova siamo veloci ma
loro riescono a rimanere più
costanti con un passo più veloce del nostro».
Questo tempo è una bella
iniezione di fiducia.
«Sì, è un buon tempo, la scorsa
volta con questa gomma ero
riuscito ad andare solo un secondo più lento. Sono riuscito a
finire il test davanti, se nessuno
prima delle sei mi batte, è una
bella soddisfazione?»
Quanto vale questo tempo e
questa tre giorni di test in generale?
«Questo tempo vale molto. Lo
scorso anno ero andato bene
nella prima sessione, ma nella
seconda ero già in difficoltà. Gli
altri avevano migliorato di più
e io avevo concluso in quinta
position ma Pedrosa vincerebbe la gara. Dobbiamo ancora
lavorare e cercare di migliorare».
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posizione. Quest’anno invece
siamo sempre stati davanti. E’
vero, mancava Marquez, però
abbiamo sempre lottato per la
prima posizione. E poi ho girato
1”1 più veloce rispetto allo stesso test 2013, che è tantissimo.
Questo vuol dire che sono più
competitivo dell’anno scorso,
bisognerà continuare così».
Sorpreso di vedere Lorenzo
non nelle prime posizioni?
«Sì, ma sono convinto che la
prima gara in Qatar partirà in
prima fila e lotterà per la vittoria».
E’ davvero così arrabbiato o si
è un po’ esagerato?
«A noi la gomma dà molti problemi. Lui vorrebbe andare più
forte, non ci riesce e quindi si
arrabbia. Quando si comincerà
48
MotoGP
a fare sul serio sarà competitivo».
Qual’è il tuo giudizio sulle
Open?
«Sul tempo singolo la Open è
molto competitiva e potrà partire nei primi cinque o anche in
prima fila, ma io penso che in
gara noi con le Factory andremo più forte».
Da qui all’inizio del Mondiale
cosa si potrà fare per colmare
il divario con Honda?
«Io spero e penso che qui il divario sia dovuto più alla pista
che alla moto.
Qui vanno più forte di noi sul
passo, spero che non sia così
negli altri circuiti. L’anno scorso in Qatar avevamo fatto primo e secondo, lì vedremo il
vero potenziale».
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Andrea Dovizioso
“Siamo migliorati tantissimo,
ma la gara è un’altra cosa”
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MotoGP
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Il pilota Ducati esce entusiasta da Sepang II, “siamo riusciti a
migliorare tantissimo” ma rimane con i piedi per terra, “fino a
quando non riusciremo a far girare la moto in gara non riusciremo
a fare la differenza”
«
«E’ bello essere là davanti. Siamo più veloci e siamo riusciti a
migliorare il passo. Possiamo
forzare un po’ di più in frenata
ed essere più veloci in inserimento e questo ci permette di
essere più vicino ai primi. Questo non vuol dire che in gara
possiamo essere con i primi,
perché ancora la moto non gira
come le altre, è un aspetto che
dobbiamo modificare, ma non
era in programma di farlo durante questi test. Sono molto
contento dei risultati che abbiamo ottenuto».
Che tipo di lavoro hai fatto e
soprattutto quanto è importante il tempo che hai segnato?
«Il tempo è importante, perché non viene per caso, ma è la
50
conferma del lavoro che viene
fatto. Questa mattina ho fatto
un bel giro ma perché è la moto
mi permette di farlo. Queste
sono le gomme di quest’anno,
tutti stiamo facendo fatica ed
è buono essere là davanti con
queste gomme. Sono molto
contento non mi aspettavo di
migliorare così tanto nel primo test e di fare questi tempi
nel secondo in cui la pista è più
lenta, quindi credo che noi ci
siamo migliorati più degli altri».
La scelta della Open sembra
essere sempre più allettante.
«Nei test si vedono certi valori,
in gara possono cambiare. Chi
vince le gare lavora in funzione
gara quindi ci si può avvicinare
sul giro veloce ma in gara non
sarà così diverso».
Il miglior tempo l’hai fatto con
la Factory?
«Sì, il miglior tempo ero in sella
alla Factory, mentre invece la
simulazione con la Open e quindi non c’è troppa differenza e
dobbiamo ancora capito quale
sia la scelta migliore».
Un bilancio in funzione gara?
«Siamo riusciti a migliorare
tantissimo, ma sono convinto
che fino a quando non riusciremo a far girare la moto in gara
non riusciremo a fare la differenza che adesso abbiamo fatto nei tempi. Abbiamo migliorato la frenata ma nel momento
in cui lascio i freni ed entro in
curva la linea è la stessa dello
scorso anno. Sono molto positivo, ma la realtà in funzione
gara è diversa».
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MotoGP
Marquez
tornerà
in pista in Qatar,
per il primo GP
Marc Marquez tornerà in pista in
Qatar, in occasione del primo GP
della stagione. Nessun test per il
campione in carica, né a
Phillip Island né a Losail
C
on un comunicato stampa Honda
HRC ha messo fine alle polemiche
dei giorni scorsi: Marc Marquez tornerà in pista in Qatar, in occasione
del primo GP della stagione. Dopo un controllo
con il Dott. Mir che ha in cura il pilota spagnolo
dopo l’incidente della scorsa settimana, è emerso che le cure stanno dando i loro frutti e Marquez, ma che no è il caso di rischiare una caduta
che potrebbe allungare i tempi di guarigione e
compromettere la prima gara a Losail.
Marc Marquez
«Mi dispiace non essere a Sepang e mancare
anche a Phillip Island, ma pensiamo che sia la
decisione migliore. Dopo l’ultima visita il Dottor
Mir era contento della situazione generale della
gamba a sette giorni di distanza dall’incidente,
ma mi ha sconsigliato di prendere rischi non necessari. Così mi prenderò tutto il tempo necessario per riposare e guarire del tutto in modo da
tornare in Qatar al massimo della forma».
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Ducati
il mistero della Open
di Giovanni Zamagni | La decisione è già stata presa, eppure i piloti
ufficiali non hanno ancora provato la GP14 nella nuova versione:
perché? Risponde Paolo Ciabatti, responsabile del progetto MotoGP
L
a decisione è già stata presa, anche
se in Ducati continuano a negare: «C’è
tempo fino a mezzanotte del 28 febbraio» rispondono sapendo benissimo
di non essere credibili. Anche perché la scelta
sembra “obbligata”: con una moto tutta da sviluppare, con un motore da cambiare, si deve
correre nella “Open”, non tanto per i 24 litri e la
gomma morbida in più a disposizione, ma soprattutto perché i propulsori non devono essere
“congelati” tecnicamente alla prima gara. Per
questo – come peraltro aveva spiegato bene l’ingegnere Gigi Dal’Igna dopo i primi test di Sepang
– Dovizioso, Crutchlow, Iannone, oltre naturalmente ad Hernandez, correranno con la GP14 in
versione “Open” e non “Factory”.
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Il mistero della comparativa
Anche se Dall’Igna sa già quale moto useranno
i suoi piloti, non si capisce perché né ieri, mercoledì 26, né oggi, giovedì, Dovizioso, Crutchlow
e Iannone non abbiano provato la GP14 “Open”,
ma abbiano utilizzato solo la “Factory”.
«Abbiamo un programma di sviluppo della GP14
– spiega Paolo Ciabatti, responsabile del progetto MotoGP -: dopo il primo test di Sepang sono
state fatte alcune modifiche (di ciclistica, NDA),
sono state pensate delle differenti soluzioni di
messa a punto e il modo migliore per capire se
funzionano è provare la moto nella stessa configurazione dei test precedenti, per non aggiungere ulteriori variabili che renderebbero difficile
l’analisi dei dati».
Ha una logica.
«Hernandez – continua Ciabatti – sta provando
il nuovo software che la Magneti Marelli ha distribuito una settimana fa: i nostri ingegneri stanno
raccogliendo i dati e facendo le loro valutazioni.
Da mercoledì pomeriggio, Pirro ha iniziato a utilizzare la “Open” con il nuovo software: lui ci dà
le informazioni sufficienti per poter valutare la
qualità del nuovo software».
Tutto giusto. La logica, però, vorrebbe che
anche i piloti ufficiali provassero questa configurazione della GP14, soprattutto se in Qatar
correranno con la Open. Ciabatti non esclude
questa possibilità per domani.
«Sulla base delle indicazioni di oggi di Michele, Dall’Igna deciderà se far provare domani la
“Open” anche agli altri piloti».
Con quale moto in Australia?
Dato che entro domani la decisione verrà ufficializzata, la logica vuole – tanto per rimanere in un campo caro a Dovizioso – che in
Australia, dove i tre team ufficiali proveranno
MotoGP
per la Bridgestone dal 3 al 5 marzo – utilizzino
la GP14 nella versione definitiva; Ciabatti non
esclude neppure possibilità, ma rimane sul
vago.
«Quale configurazione utilizzeremo a Phillip
Island? A logica, la GP14 con la quale correremo,
ma è ancora tutto da valutare».
E Iannone, che non essendo in un team ufficiale,
proverà comunque in Qatar il 7, 8 e 9, che Ducati guiderà? Ovviamente la “Open”, ma avere la
conferma da Ciabatti oggi è impossibile: bisogna
aspettare l’ufficializzazione
Da factory a open: quanto tempo?
Per passare dalla Ducati Desmosedici “Factory”
a quella “Open”, quanto tempo ci vuole? Diciamo
al massimo un paio d’ore di lavoro, necessarie
principalmente per adattare il cruscotto Magneti
Marelli (elemento che permette a chiunque di distinguere una “Open” da una “Factory”), mentre
il serbatoio (24 litri contro 20) non viene sostituito, ma adattato alla nuova capienza, togliendo,
per esempio, alcune paratie interne.
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MotoGP
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Ducati correrà con la Open
Ducati ha annunciato che Cal Crutchlow e Andrea Dovizioso
parteciperanno al Campionato Mondiale MotoGP 2014 con
moto Open. Andrea Iannone, correrà per il Pramac Racing Team
con la stessa GP14 Open
I
l Ducati Team ha annunciato di avere
iscritto i propri piloti al Campionato Mondiale MotoGP 2014 scegliendo l’opzione
Open. Tutte le moto iscritte al campionato, sia in configurazione “Factory” che in configurazione “Open” dovranno montare la stessa
centralina Magneti Marelli. La configurazione
“Open” impone anche l’obbligo di utilizzare il
software fornito da DORNA/Marelli, ma il regolamento consente maggiore libertà in termini di
sviluppo del motore. Dopo aver attentamente
valutato le due opzioni, Ducati ha optato per la
“Open”, ritenendola la più idonea alle necessità attuali del costruttore di Borgo Panigale, in
quanto consente la possibilità di proseguire con
lo sviluppo moto e motore nell’intero arco della
stagione. I recenti test svolti a Sepang dai piloti
ufficiali del Ducati Team, Cal Crutchlow e Andrea Dovizioso, hanno dato un riscontro positivo
agli ingegneri e ai tecnici della squadra italiana
e pertanto in data 28 febbraio entrambi i piloti
56
sono stati iscritti al campionato 2014 con le loro
Desmosedici GP14 scegliendo l’opzione Open.
Il terzo pilota ufficiale Ducati, Andrea Iannone,
correrà per il Pramac Racing Team con la stessa GP14 Open che utilizzeranno i piloti del Ducati
Team.
Luigi Dall’Igna, Direttore
Generale Ducati Corse
«Abbiamo analizzato attentamente il nuovo regolamento tecnico, arrivando alla conclusione
che la configurazione Open è, in questo momento, la più interessante per Ducati. Quest’anno
dobbiamo continuare a sviluppare le moto per
migliorare la nostra competitività, e l’opzione
Factory ci sembrava troppo restrittiva per le nostre esigenze. Siamo fiduciosi che il pacchetto
elettronico fornito da Magneti Marelli e DORNA
sia di ottima qualità e che quindi ci permetterà
una corretta gestione di tutte le funzioni principali della moto e del motore».
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MotoGP
Il Software della discordia
di Giovanni Zamagni | A Sepang scoppia la polemica sulla nuova
centralina Magneti Marelli, che favorirebbe la Ducati.
E Carmelo Ezpeleta si frega le mani…
P
olemiche, malumori, accuse più o
meno dirette: siamo solo ai test invernali, ma la MotoGP 2014 è già bella “calda”. L’ultima controversia (per
il momento) riguarda la centralina unica delle
“Open”, identica per tutti anche nel software.
A fornire il sistema – hardware compreso alle
“Factory” – è la Magneti Marelli, a un prezzo di
16.000 euro per centralina, cruscotto, piattaforma inerziale e pulsantiera. Per quanto riguarda il
software, la centralina può registrare fino a 1000
parametri, ma se ne utilizzano circa 600: rispetto alle strategie messe a punto dai costruttori, la
centralina unica non può essere programmata
curva per curva, ma il tracciato viene diviso in
settori, per un massimo di 25. Mediamente saranno 14 in ogni GP. C’è naturalmente il “Traction Control” (5 differenti strategie) e il “Freno
Motore” (3).
Software Ducati
Fin qui tutto bene, nulla da eccepire. E fino al
precedente test, nessuno si era lamentato, con
cambiamenti “ragionati” passo dopo passo e
concordati con i vari team. Ma nel test di Sepang è scoppiata la polemica: le moto “Open”
hanno ricevuto appena prima di scendere in
pista – c’è chi sostiene la settimana prima, chi
addirittura il giorno prima – un nuovo software,
molto più complicato, sviluppato dalla Ducati.
Dalla Ducati? Così pare («la Magneti Marelli ha
inviato un file con le specifiche, dimenticandosi
di cancellare la scritta “Ducati Motorholding”» si
mormora nel paddock), possibilità, peraltro, prevista dal regolamento: ogni team può mettere a
punto il software che vuole, a patto che poi venga
58
“deliberato” dalla Dorna e messo a disposizione
di tutti gli altri. «Ma non è giusto che lo faccia un
costruttore, ha troppo vantaggio» si lamentano
all’unisono Honda e Yamaha, aggiungendo anche che «così la gestione per i team satelliti diventa troppo complicata, perché ci vogliono tanti ingegneri per riuscire a settarla nella maniera
corretta».
Tutto a favore di Ezpeleta
La buona competitività delle Open – in particolare della Yamaha di Aleix Espargaro, ma anche
della Ducati GP14 – ha naturalmente acuito i
malumori: Carmelo Ezpeleta, numero uno della
Dorna, si starà fregando le mani! La categoria
Open è stata fortemente voluta da Ezpeleta, che
vorrebbe che la MotoGP si corresse solo con
questa tipologia di moto – teoricamente meno
costose, come dimostra la Honda RCV1000R,
l’unica “vera” “Open” a tutti gli effetti, in vendita
a 1 milione e 200.000 euro – in un futuro molto
prossimo, ben prima del 2017. Il sogno di Carmelo è che durante la stagione la Ducati vada
tanto bene che gli altri costruttori si lamentino
dicendo: «Hanno troppo vantaggio». La risposta
sarebbe scontata: «Nessuno vi impediva di correre con la “Open”, nessuno vi impedirà di utilizzarla nel 2015». Insomma la sensazione è che la
situazione stia evolvendo molto più velocemente
di quanto ci si aspettasse ed Ezpeleta ha sicuramente centrato un obiettivo: le Case sembrano
avere meno potere. Speriamo che tutto questo
vada a favore della spettacolarità del campionato: se la Ducati e la Yamaha “Open” riescono a
stare più vicine a Honda e Yamaha “Factory” è
solo un bene.
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Il Dottor Costa
si allontana dalle corse
“Sarò via via meno presente alle gare del Motomondiale” ha
dichiarato il fondatore della Clinica Mobile, che, a quasi 73 anni,
ha scelto il Dr. Michele Zasa come suo successore
H
a inizio per la clinica mobile un nuovo percorso fatto di specializzazione e tecnologia, grazie alla sinergia
con il Centro Diagnostico Europeo
Dalla Rosa Prati di Parma. Un progetto di ampio
respiro, con l’ obiettivo ben preciso di offrire a
livello internazionale un servizio sanitario moderno e innovativo di diagnostica e terapia della
traumatologia, con metodologie d’avanguardia,
secondo protocolli sanitari di eccellenza. Il Dr.
Claudio Costa, fondatore della Clinica Mobile,
accompagnerà l’avvio di questo nuovo e ambizioso progetto guidato dal Dr. Michele Zasa, medico parmigiano già da anni in forza alla Clinica
Mobile, insieme al Dr. Guido Dalla Rosa Prati,
amministratore delegato dell’omonimo Centro
Diagnostico, che gestirà e coordinerà la nuova
Divisione specialistica e ne curerà lo sviluppo.
Dr. Claudio Costa
«Ci sono maestri – ha dichiarato il Dr.Claudio
Marcello Costa - che non hanno designato alcun
successore della loro geniale attività o che l’hanno designato quando giá il successore era già
anziano. È per questo motivo (e anche perché
fra pochi giorni il mio compleanno mi carica sulle
spalle 73 anni) che ho deciso con grande senso
di amore, umanità e responsabilità, di designare
un valido discepolo per continuare l’attività della Clinica Mobile che ho inventato il 3 febbraio
1977, con l’aiuto insostituibile di mio padre Checco. Per questo umano motivo sarò via via meno
presente alle gare del motomondiale, e quando
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MotoGP
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ci sarò, spero di essere orgoglioso di quello che
farà di bene il mio successore: si chiama Michele
(il dott. Michele Zasa) originario di Parma, conoscitore delle lingue e bravo per avere appreso
come aiutare gli eroi del motomondiale. A garanzia della solidità del progetto, il Dr. Zasa porterà avanti questa avventura insieme al Dr. Guido
Dalla Rosa Prati, amministratore delegato del
Poliambulatorio Dalla Rosa Prati - Centro Diagnostico Europeo. La Clinica Mobile continuerà
a far parte dei team del paddock, dove è stata
sempre ben accolta da tutti gli operatori ed in
particolare da un amico fraterno, Mike Trimby.
Infine la Dorna, che è a capo di questo mondo,
mi ha promesso che continuerà a proteggere
questa mia creatura, la Clinica Mobile, e aiuterà i
miei successori a far vivere la filosofia e lo spirito
da cui è nato questo mezzo insostituibile nell’aiuto e nella cura dei piloti».
Dr. Michele Zasa
«E’ per me un grande onore raccogliere il testimone del Dr.Costa ed essere da lui prescelto
per condurre negli anni a venire la sua creatura,
la Clinica Mobile – dice il Dr. Michele Zasa - In
questi anni di lavoro fianco a fianco, nel servizio di emergenza in autodromo a Imola prima,
e nei circuiti del Motomondiale poi, ho appreso e condiviso l’amore infinito per i piloti: gli
“eroi mitologici dei giorni nostri”, come lui ama
chiamarli, ragazzi straordinari dotati di infinito
coraggio e guidati da una passione. Un pensiero colmo di gratitudine va in particolare a tutti i
collaboratori della Clinica Mobile che in tutti questi anni si sono adoperati per mantenere viva
questa struttura, a volte con sacrifici ma sempre
con tanto entusiasmo, dedizione e professionalità».
Dr.Guido Dalla Rosa Prati
«Siamo orgogliosi di affrontare questa nuova
sfida con un ambizioso progetto che esalta due
realtà italiane sanitarie d’avanguardia - dice il
Dr.Guido Dalla Rosa Prati - La Clinica Mobile ha
una storia unica, incredibile, nata dall’ingegno
italiano e diventata un’eccellenza mondiale,
costruita con la passione, con l’amore per questo lavoro e con la collaborazione dei piloti e di
tutti i team che lavorano intorno alle corse.
La Clinica ha oggi bisogno di nuovo slancio e noi
abbiamo voluto dare continuità a questa storia.
Insieme al dr. Michele Zasa metteremo a disposizione del nuovo progetto tutte le tecnologie
avanzate e l’esperienza che abbiamo sviluppato
in questi anni, durante i quali la diagnostica è divenutapunto di forza del nostro centro.
La Clinica Mobile continuerà così ad essere il
punto di riferimento nei circuiti di tutto il mondo».
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MotoGP
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100 secondi su Moto.it
E’ giusto far correre assieme
Open e Factory?
di Giovanni Zamagni | Lo spunto arriva da una dichiarazione di Nicky
Hayden. Il campione americano, ora su una Honda Open, afferma
che preferirebbe vedere nella MotoGP una sola categoria e non due.
In questo video il nostro Zamagni dice la sua, e voi che cosa ne pensate?
N
icky Hayden non è un pilota facile
alle lamentele, per questo merita
ancora più attenzione il suo appunto mosso all’organizzazione della
classe MotoGP, che quest’anno vede correre le
Factory con le Open. L’ex campione del mondo
ha lasciato la Ducati per tornare sulla Honda,
in configurazione Open. I test di Sepang hanno visto la sua moto in difficoltà, diversamente
62
da Yamaha e Ducati dotate di centralina unica,
ma quello che a Nicky non va giù è il vedere due
categorie correre assieme: si decida per l’una o
per l’altra. Secondo Giovanni Zamagni l’osservazione di Hayden è corretta: ma se si tratta di
massima espressione del motociclismo - così
dovrebbe essere infatti la MotoGP - allora si faccia in modo di vedere in pista soltanto le Factory.
E voi, lettori di Moto.it, che cosa ne pensate?
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SPECIALE motocross
GP del qatar
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P
ronostici rispettati solo a metà nell’apertura stagionale disputata in notturna sulla pista artificiale di Losail
costruita lo scorso anno adiacente
a quella famosa per ospitare MotoGP e Formula Uno. L’infortunio alla caviglia sinistra di Tony
Cairoli ha infatti dato un taglio diverso a quello
che ci si aspettava prima del suo scontro con
un avversario nel Miravalle di Montevarchi che
ha pesantemente condizionato la prestazione
del campione in carica. La piccola incrinatura e
il leggero stiramento dei legamenti lo hanno infatti portato al giorno del grande evento con la
consapevolezza che se il dolore fosse stato insostenibile non sarebbe stato facile contenere
gli attacchi degli avversari dato anche i suo ruolo
di lepre vincente. E a complicargli le cose ci si è
messa la scivolata nelle qualifiche del sabato, che
Motocross
neanche a farlo apposta ha fatto riapparire il dolore che tutto sommato sino a quale momento,
grazie anche all’ausilio di antidolorifici era più che
sopportabile. Ma la ciliegina sulla torta è stata la
botta rimediata nelle prime battute della manche
iniziale, che lo ha condizionato psicologicamente sapendo che nelle curve a sinistra non poteva
fare affidamento sull’articolazione. Come al solito però Tony ha dimostrato di avere la pelle dura,
e ha mandato in porto due prove maiuscole che
lo hanno visto concludere prima secondo e poi
terzo, assicurandosi l’ultimo gradino del podio.
La sua KTM ufficiale è stata preceduta da la Kawasaki di Gautier Paulin, il quale come aveva già
fatto vedere nell’ultima prova degli Internazionali
d’Italia ha sfoderato la sua classe per aggiudicarsi il Gran Premio del Qatar davanti al ritrovato
Max Nagl. Quarta piazza per la seconda guida
A Paulin e Herlings
la vittoria notturna del GP in Qatar
di Massimo Zanzani | Il francese (MXGP) e l’olandese (MX2)
si aggiudicano la prima gara di stagione; Cairoli soffre ma è sul podio
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Motocross
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Kawasaki Steven Frossard, che ha preceduto il
convincente Jeremy Van Horebeek al debutto iridato con la Yamaha ufficiale munita di avviamento elettrico. Hanno deluso invece Tommy Searle
e Clement Desalle , terminati rispettivamente
sesto e settimo. Solo dodicesimo David Philippaerts, mentre Davide Guarneri ercava di fare
meglio del dodicesimo spuntato nella manche
precedente si è ritirato a metà gara per problemi alla corona. Tutto quasi secondo programma
invece nella MX2, partita con la solita supremazia del campione in carica Jeffrey Herlings. Ma
la sua non è stata una delle sue solite cavalcate
solitarie, visto che nella frazione iniziale un paio
di scivolate e le caratteristiche della pista lo hanno costretto ad accontentarsi del posto d’onore
dopo una rimonta da oltre metà gruppo, anche
se poi si è rifatto facendo sua la seconda manche.
Sul podio lo hanno seguito l’emergente francese
68
Dylan Ferrandis, che dopo aver vinto la prima
manche in quella dopo anche a causa di problemi
agli occhiali non è riuscito a fare meglio di sesto, e
il connazionale neo acquisto Husqvarna Romain
Febvre che già lo scorso anno sulla stessa pista
si era piazzato terzo. In evidenza anche Arnaud
Tonus, quarto assoluto davanti a José Butron e
Aleksandr Tonkov, e Max Anstie che in entrambe
le manche è stato estromesso dalla posizione di
testa, la prima volta a causa di noie tecniche e
l’altra per essersi spenta la moto riaccesasi dopo
aver perso molte posizioni; solo quattordicesimo Alex Lupino, penalizzato da una caduta alla
partenza della seconda manche. Nel campionato femminile doppietta dell’australiana Meghan
Rutledge, mentre la campionessa in carica Chiara Fontanesi non è riuscita a fare meglio di sesta
per la botta ad un polso presa nelle qualifiche ed
un paio di scivolate. Leggi tutte le classifiche.
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Motocross
Tony Cairoli
“Il dolore mi ha rallentato
ma ho provato a vincere”
di Massimo Zanzani | Cairoli soffre ma è sul podio. Antonio ci racconta
il GP del Qatar, il dolore alla caviglia e la sua insaziabile sete di vittoria
«
E’ andata bene rispetto ai pronostici
dopo l’infortunio di
Montevarchi. Non
ho potuto dare il meglio, ma
ho portato a casa punti molto
buoni. La botta mi ha limitato
nelle curve a sinistra e nei salti, atterravo sempre corto e mi
stancavo molto atterrando in
questo modo.
Nella prima manche ho battuto
70
ancora la caviglia, ma ho provato lo stesso a vincere la gara. E
siamo arrivati vicino alla vittoria, mancava poco. La manche
più corta da quest’anno non mi
ha aiutato».
MXGP
Pronostici rispettati solo a
metà nell’apertura stagionale disputata in notturna sulla pista artificiale di Losail
costruita lo scorso anno adiacente a quella famosa per ospitare MotoGP e Formula Uno.
L’infortunio alla caviglia sinistra
di Tony Cairoli ha infatti dato
un taglio diverso a quello che
ci si aspettava prima del suo
scontro con un avversario nel
Miravalle di Montevarchi che
ha pesantemente condizionato
la prestazione del campione in
carica. La piccola incrinatura e
il leggero stiramento dei legamenti lo hanno infatti portato al
giorno del grande evento con la
consapevolezza che se il dolore
fosse stato insostenibile non
sarebbe stato facile contenere
gli attacchi degli avversari dato
anche i suo ruolo di lepre vincente. E a complicargli le cose
ci si è messa la scivolata nelle
qualifiche del sabato, che neanche a farlo apposta ha fatto
riapparire il dolore che tutto
sommato sino a quale momento, grazie anche all’ausilio di
antidolorifici era più che sopportabile. Ma la ciliegina sulla
torta è stata la botta rimediata
nelle prime battute della manche iniziale, che lo ha condizionato psicologicamente sapendo che nelle curve a sinistra
non poteva fare affidamento
sull’articolazione.
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Motocross
Giacomo Gariboldi
“Vinceremo un Mondiale
di Motocross”
di Massimo Zanzani | Il team manager lombardo fa il punto della
situazione a dieci anni dall’inizio della sua attività sportiva.
Nel 2014 avrà il supporto diretto della Honda HRC
I
Il debutto, nel 2005, era stato
fatto con una piccola struttura
puntando all’Italiano junior che
vinse con Giò Di Palma, passando due anni dopo all’europeo
per approdare definitivamente
al Mondiale nel 2010. Quella
del team Gariboldi è stata tutto
sommata una carriera veloce e
in continua ascesa, culminata
quest’anno con il supporto della Honda HRC che ha seguito il
passaggio due anni fa ai colori
della Casa alata.
«La vittoria all’Europeo del
2009 è stata una grande soddisfazione – ricorda Giacomo
Gariboldi - perché in quella stagione Charlier fece una cavalcata trionfale vincendo quasi
tutte le manche davanti a Herlings. Ma anche il primo anno
di Honda con Anstie a me non
è dispiaciuto per niente, perché
nonostante per noi fosse tutto
nuovo siamo comunque finiti
sesti al Mondiale. Dopo sette
anni con Yamaha, c’era l’emozione del cambio e scoprivamo
un mondo totalmente diverso».
72
E’ difficile sdoppiarsi tra i ruoli
di imprenditore e team manager?
«Se hai la passione no. E’ chiaro che devi rubare un po’ di
tempo sia all’uno che all’altro.
Io riesco a farlo, anche se adesso sto rubando un po’ di più alla
mia attività di imprenditore per
seguire di più il cross».
Qual è la parte più difficile del
ruolo sportivo?
«Io mi ritengo abbastanza perfezionista, quindi la parte più
difficile è fare andare tutte le
cose come vorrei che andassero. A volte devi scontrarti con
tante altre persone, tante altre
situazioni, e non è facile, soprattutto perché non mi dedico
a questo sette giorni su sette.
Però credo che stiamo facendo
un bel lavoro».
Tra l’altro hai un braccio destro come Massimo Castelli di
un certo peso.
«Certo, è il “team director” e il suo ruolo è molto
importante perché gestisce,
dalla mattina alle sette alla sera
alle sette quando chiudiamo
l’officina, tutte le situazioni. E’
una fortuna poter contare su
una persona esperta come lui,
che chiaramente fa un grandissimo lavoro».
La Gariboldi Racing hai iniziato dieci anni fa, come eri arrivato al motocross?
«Ho corso da giovane a livello
regionale, ma poi sono stato
vent’anni senza seguire le gare
perché mi dedicai alla mia attuale attività di imprenditore.
Nel 2004 ho comprato di nuovo
la moto per ritornare a girare, in
quel frangente conobbi dei ragazzi giovani che mi chiesero
una mano per iniziare e da lì è
iniziato tutto, quasi per gioco».
Dal momento in cui hai iniziato a oggi, come ti sei evoluto
nel ruolo di team manager?
«Praticamente mi sono dovuto inventare, onestamente
non avrei mai pensato di fare il
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Motocross
la MX2 che ci seguiranno per
tutto Mondiale, mentre Yamamoto, che è un pilota con contratto diretto HRC, usufruisce
di un kit motore ma la base è
una moto standard».
Guardando il calendario, quella in arrivo sarà una stagione
impegnativa.
«Sì, molto lunga, molto impegnativa con cinque overseas.
Però il calendario migliora ogni
anno, è sempre più interessante, e ci proviamo a fare bella
figura».
team manager. A dire la verità
le mie ambizioni nel motocross
erano limitate al massimo a
fare qualcosa con i giovani, e
al massimo al campionato europeo, mai avrei pensato di arrivare al Mondiale e nemmeno
avevo l’ambizione di arrivarci
perché non mi interessava.
Poi una situazione tira l’altra,
ci siamo arrivati e adesso non
mi sembra vero di aver già fatto cinque stagioni iridate. Però
non era il mio obiettivo, che
74
invece era quello di aiutare dei
giovani in Italia in difficoltà nel
trovare team, moto, e gente
come Castelli che possa dare
loro una mano».
Yamamoto . E’ un legame considerevole per tutto il team, con
una moto importante, e l’impegno sarà raddoppiato da parte
di tutti».
Siamo arrivati al 2014, una
stagione importante per il
Team Gariboldi.
«Sì, molto perché abbiamo
concluso e firmato un accordo
con la HRC che è il primo reparto corse in motorsport del
mondo, per Tim Gajser e Key
Come siete strutturati?
«A livello tecnico riceviamo per
Gajser il cento per cento del
materiale dal Giappone, motore, ciclistica, sospensioni, che
viene gestito da Castelli e dagli
ingegneri HRC assegnati appositamente al nostro team per
Quali sono i vostri obiettivi?
«Come primo anno con questo
nuovo impegno ci dobbiamo
un po’ rodare tutti, cercando
di portare a casa sicuramente
qualche risultato perché con gli
impegni che stanno mettendo
i giapponesi è chiaro che devi
anche far vedere qualcosa. Tim
ha soli diciassette anni, è il pilota più giovane tra quelli di punta al titolo, per cui è chiaro che
ci essere anche qualche passo
falso. Mi piacerebbe comunque
pensare di finire la stagione tra
i primi cinque o sei, sarebbe un
risultato fantastico».
Il futuro del Team Gariboldi?
«Per ora navighiamo a vista,
anche perché il contratto con
HRC dura un anno».
Come primo anno con
questo nuovo impegno
ci dobbiamo un po’
rodare tutti, cercando
di portare a casa
sicuramente qualche
risultato
Un sogno nel cassetto?
«Vincere il Mondiale, e sono
convinto che prima o poi ci riusciremo».
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Sport
Alex Salvini
Risponde su Moto.it!
Il campione del mondo di enduro ogni mese risponderà ai lettori di
Moto.it e racconterà gli aneddoti più curiosi della sua avventura
sportiva. Forza con le domande, Alex è pronto! E voi?
I
l campione del mondo di enduro ogni
mese risponderà ai lettori di Moto.it e
racconterà gli aneddoti più curiosi della
sua avventura sportiva. Forza con le domande, Alex è pronto e voi? Potete mandare
tutti i vostri quesiti sulla stagione sportiva di Alex
Salvini, su come prepara la sua Honda del Team
Jolly Racing Zanardo, su come si allena direttamente a [email protected] In questo spazio
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potrete allacciare un dialogo diretto col campione del mondo, che sarà felice di darvi anche
consigli di guida e dritte su come affrontare nel
miglior modo possibile le tante difficoltà di questo fantastico sport.
Scriveteci o mandateci le vostre domande anche
in formato video (un gioco da ragazzi con ogni
smartphone), saranno pubblicati insieme alla
risposta di Alex.
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MX USA
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Supercross, Indianapolis
Dungey vince, Villopoto rimonta
Il pilota KTM approfitta del caos al primo giro per conquistare la vittoria.
Villopoto rimonta e mantiene la testa del campionato, a terra Roczen e
Stewart
E’
s tato Mike Alessi a conquistare
l’holeshot della 450SX, seguito
subito da Dungey e Tomac mentre dietro tre dei protagonisti del
campionato - Villopoto, Roczen e Stewart, sono
incappati in brutte cadute fra rettilineo e prima
curva. Tutti e tre sono riusciti a ripartire, dando
vita ad emozionanti rimonte ma perdendo diversi punti preziosi in campionato. Alessi ha preso un po’ di margine su Dungey e Tomac, ma il
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pilota KTM ha presto chiuso il gap conquistando la prima posizione alla quarta tornata e una
volta davanti ha allungato a sua volta conquistando un buon margine. Tomac ha lottato con
Alessi per diversi giri finché Mike non è scivolato al dodicesimo giro. Il tutto mentre Villopoto
si esibiva in un’impressionante rimonta fino al
quarto posto; meno fortunato Roczen, protagonista di una caduta mentre era ottavo. Dungey
ha così continuato ad allungare, vincendo la sua
quattordicesima gara con un vantaggio di quasi
sette secondi. “Avevamo bisogno di questa vittoria, è stata una stagione molto lunga” ha detto Dungey, quinto vincitore diverso nella 450 di
quest’anno. “La pista si è rovinata molto stasera;
ho preso la testa molto presto e sono riuscito a
tenere un bel passo senza fare stupidaggini. E’
stata una delle gare più difficili della stagione,
questo è sicuro. Dobbiamo continuare a pensare una gara alla volta - è un campionato pieno
di ottimi piloti, non puoi fare altro che prendere
quello che viene.” Migliori risultati della carriera
per Tomac, secondo, e Seely, terzo alla sua prima partenza della stagione in 450 (sostituisce gli
infortunati Barcia e Canard). Villopoto ha tenuto
la quarta posizione, Stewart ha chiuso settimo e
Roczen non ha terminato. Le posizioni in campionato cambiano - Villopoto mantiene la testa
della classifica, con 23 punti di vantaggio su
Dungey che passa dal quarto al secondo posto.
Roczen scende in terza posizione con 26 punti
di svantaggio, mentre Stewart al quarto con 30.
250, la vendetta di Cianciarulo
L’holeshot di Vince Friese non gli è servito per
mantenere la testa a lungo: il pilota Honda è stato passato dopo poche curve da Davalos e Cianciarulo, seguiti poco dopo da Bisceglia. Davalos
ha guidato i primi sei giri della gara, ma è poi
caduto cedendo la prima posizione a Cianciarulo in una replica - a parti invertite - della gara di
Atlanta. Davalos è riuscito a risalire in terza posizione, divenuta poi la seconda sotto il traguardo,
ma Cianciarulo si è permesso di andare a vincere
di cinque secondi nonostante una piccola scivolata al settimo giro. “Sono sicuramente felice, è
stata una gara intelligente” ha detto Cianciarulo.
“Sapevo che le whoops sarebbero state il punto
più importante, perché si sono rovinate rapidamente. Ho preso un paio di rischi ad inizio gara,
ma sono riuscito a tenere il passo di Martin. Ha
commesso un errore e sono riuscito a sfruttarlo.
Stavo per fare la stessa cosa, ma sono risalito rapidamente in moto e ho tenuto la prima posizione.” Justin Bogle ha passato il suo compagno di
team assicurandosi il secondo podio consecutivo. Cianciarulo ha allungato in classifica generale conquistando cinque punti su Davalos. Bogle è
terzo, a sedici punti dalla vetta.
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