Da: Carmine SCAFA A: Tavolo Politiche di Sviluppo e Lavoro – Fonderia delle Idee 2014 BOZZA n.2 POLITICHE DI SVILUPPO E LAVORO PREMESSA L’Italia a partire dal dopoguerra si è caratterizzata per essere uno dei Paesi Europei a più alto tasso di industrializzazione. Basterebbe ricordare il nostro ruolo nell’industria automobilistica (Fiat, Lancia, Alfa Romeo), nell’elettronica di consumo, nell’informatica con Olivetti, nell’aerospazio, nella siderurgia, nella chimica, nell’agroalimentare e si potrebbe ancora continuare. Ancora esistono e talvolta resistono importanti presenze industriali di grandi, medie e piccole aziende, nonostante la recessione che caratterizza la nostra situazione economica. I consumi sono fermi, la disoccupazione in generale (12,6%) e quella giovanile in particolare hanno valori preoccupanti ed inaccettabili; a questo si aggiunga una inaccettabile disparità di genere. E’ ripresa con forza l’emigrazione giovanile, questa volta soprattutto intellettuale. Basta leggere alcuni dati certificati dall’ISTAT riassumibile con quello globale al 1 Gennaio 2013 di circa 4 milioni e mezzo di italiani residenti all’estero (dato AIRE). La disoccupazione giovanile in Italia è di 3-4 volte più alta di quella di qualsiasi altro paese OCSE. Timidi segnali di controtendenza provengono unicamente dall’esportazione e specificatamente solo in alcune parti del paese. Non è più rinviabile una politica che miri allo sviluppo delle attività economiche. Bisogna però intenderci sul termine sviluppo. Una politica di sviluppo deve avere non solo l’obiettivo di migliorare la situazione economica delle imprese, dei lavoratori e più in generale dei cittadini, ma anche di farli crescere culturalmente e dare loro le pari opportunità per giocare la partita della propria vita. Una crescita che deve essere misurabile in termini di Benessere Equo e Sostenibile (BES) delle persone e delle comunità. Una crescita basata sulla qualità delle risorse, del lavoro, delle responsabilità pubbliche e private, del benessere, del tempo, dello spazio, dei luoghi. Uno sviluppo delle arti e delle scienze come basi culturali da cui far ripartire un nuovo modello. Centrale è il tema delle diseguaglianze. Bisogna costruire una idea condivisa di sviluppo, un percorso su valori e priorità del vivere insieme, sapendo che in questo percorso le questioni di genere e le donne in particolare sono indispensabili. Il Lavoro deve essere percepito e agito da tutti gli attori coinvolti (amministratori della cosa pubblica, partiti, sindacati, imprese e lavoratori) come una strategia ovvero come un punto di arrivo di una missione paese. Una missione fatta di idee, progetti e proposte che mirano allo sviluppo. Trattare il Lavoro come elemento tattico (ovvero utilizzato per fini elettorali, di accaparramento di risorse economiche o più semplicemente come strumento per ingraziarsi la pubblica opinione) non può che perpetrare la situazione in cui versa il Paese ed in particolare la nostra Regione. Il vero problema da risolvere è quello della bassa produttività. Questo è il più importante fattore della politica del lavoro che ci distanzia sempre più dagli altri paesi europei. Il problema è sicuramente connesso anche al regime di contrattazione che non lega i salari alla produttività in modo determinato e verificabile, ma ha radici anche più profonde. Una delle promesse della “New Economy” (spesso confusa nella vulgata con la “Bolla speculativa delle .com”) è stato l’aumento della produttività e quindi la riduzione del tasso di disoccupazione fisiologico proprio della “Old Economy” che, secondo la legge della domanda e dell’offerta, determina l’equilibrio dei prezzi che, nel caso del Lavoro, è il Salario. Purtroppo l’Italia non ha saputo cogliere quest’opportunità rimanendo al palo tra le grandi nazioni europee. D’altronde non è credibile demandare completamente alle imprese la capacità di attrezzarsi a questa sfida imposta dalle nuove tecnologie in particolare in un paese dove “piccolo è bello”. In questo senso le istituzioni a livello nazionale e locale possono giocare un ruolo importante di facilitatori per il passaggio da “Old” a “New” attraverso investimenti in infrastrutture tecnologiche e di comunicazione che siano accessibili a tutti (imprese comprese) a costi sostenibili. Il dato sulla produttività è figlio anche di un mercato del lavoro, soprattutto nel meridione caratterizzato da tempo dalla presenza di lavoratori temporanei, a bassa produttività ed a basso salario. E’ veramente strano che in una discussione complessiva sul mercato del lavoro, di salario si discuta poco o niente. Un terzo dei giovani con lavori temporanei e part-time, guadagnano meno di 5 euro all’ora. I lavoratori che generalmente assicurano maggiore produttività sono quelli che hanno istruzione più elevata, sempre più spesso vanno all’estero dove le opportunità di lavoro sono maggiori. Oggi il passaggio dalla scuola al lavoro avviene in modo del tutto casuale. Lo stesso progetto europeo della “garanzia giovani” , fino ad oggi è stato un fallimento ( 200000 giovani iscritti e solo 103 opportunità di lavoro create). Questo, è l’unico investimento concreto fatto dall’Europa sul lavoro e lo stiamo facendo fallire senza reagire. La politica per lo sviluppo deve tenere conto di varie istanze: - - L’Impresa La semplificazione burocratica L’equità di genere per una crescita sostenibile ed inclusiva. Ciò significa prevedere interventi specifici in termini di risorse non solo economiche ed istituzionali a presidio della trasversalità (mainstreaming di genere). Le politiche devono incidere per ridurre l’esistente divario sapendo che le donne sono portatrici di approcci e capacità determinanti per le qualità dello sviluppo. Le differenti generazioni sapendo che alle problematiche giovanili e degli ultracinquantenni, bisogna aggiungere quella del precariato della generazione di mezzo che è questione di giustizia sociale per dare loro una visione del futuro, per stare sul mercato del lavoro con dignità. Un utile riferimento su questo tema può venire dall’analisi comparata della situazione presso gli altri paesi della comunità europea per mettere a punto una “piattaforma europea” che ogni paese possa declinare sulla sua realtà. La Politica con la “P” maiuscola dovrà essere la sintesi di tutto questo e dovrà indicare in modo chiaro quale visione si ha del territorio e dello sviluppo dello stesso in chiave di progresso e sviluppo (in primis del Lavoro). Fornire una direzione strategica basata su di una visione del Paese e delle sue peculiarità ( ambientali, paesaggistiche, culturali) ed eccellenze perché se è pur vero che la situazione economica di recessione è molto grave, il Paese reale non è un deserto sul quale non è nemmeno pensabile costruire il futuro. UN POSSIBILE QUADRO DI RIFERIMENTO Fare ripartire e sostenere lo sviluppo in Campania ed a Napoli dopo la fase di de-industrializzazione significa fare convivere le politiche industriali adattate all’economia della conoscenza con le politiche che trattano l’artigianato, l’agricoltura, il commercio ed i servizi come un unico settore integrato. Prendere atto che l’ economia del Sud del Paese ha subito in questi anni di crisi gli impatti più forti rispetto al resto dell’ Italia, in termini anche di deterioramento della coesione sociale dovuto all’ aumento delle diseguaglianze, deve immediatamente mettere in moto un processo di reazione nella consapevolezza che esistono le risorse per invertire le tendenze negative e che queste vanno quindi messe nelle condizioni di operare efficacemente. Partiamo dal fatto che oggi la competizione non riguarda solo le aziende che operano nei vari settori dell’ economia ma si gioca anche ad un livello più elevato tra i Paesi e le Regioni che adottano le misure più idonee per attrarre investimenti produttivi e per valorizzare le realtà esistenti. Tra le realtà esistenti in Campania è da segnalare la presenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni organo di regolazione del mercato delle comunicazioni elettroniche dal carattere europeo. L’Autorità, istituita con la legge 249/97 ha sede a Napoli. La presenza di AGCOM a Napoli è stata frutto di una scelta politica, rispondente all’idea che la crescita economica dell’Italia non potesse prescindere dal rilancio del mezzogiorno. L’istituzione dell’Autorità ha favorito un indotto occupazionale nell’intero settore delel telecomunicazioni e della radiotelevisione, spingendo le imprese del comparto a localizzare propri uffici nei pressi della sede di Napoli. In questo modo, è stato facilitato l’insediamento di nuove imprese sul territorio e di un indotto di proporzioni apprezzabili , al punto che a tutt’oggi una pluralità di operatori delle comunicazioni fornisce servizi di supporto (facility management, assistenza tecnica e contact center) alla sede di Napoli. La presenza di AGCOM è altresì coerente con la vocazione euro-mediterranea della città di Napoli, se si considera l’intensa attività di cooperazione internazionale instaurata dall’Autorità nell’ambito della piattaforma EMERG e dei gemellaggi con le Autorità egiziane, giordana, israeliana le cui delegazioni sono state ospitate nella sede di Napoli. Il mantenimento ed il rafforzamento di funzioni e risorse presso la sede di Napoli dell’Autorità consente di sviluppare ulteriormente queste iniziative, con innegabili benefici per la città e la Regione. AGCOM è un volano per il rilancio di un polo meridionale attivo nei mercati e nei servizi e dei contenuti digitali. Nell’ecosistema digitale, infatti, AGICOM riveste un ruolo strategico per l’innovazione e la crescita del Paese. La Commissione Europea stima un possibile incremento dell’1,5% del PIL e la creazione di 20 milioni di nuovi posti di lavoro in Europa entro il 2020 . Gli Uffici di Napoli dell’AGCOM, dove attualmente prestano servizio 139 dipendenti con varie qualifiche, competenze e professionalità, svolgono importanti analisi dei mercati, regolamentazione, vigilanza e sanzione relativamente ai settori delle comunicazioni elettroniche, dell’audiovisivo e dell’editoria e in materia di comunicazione politica e tutela del pluralismo. Inoltre, è importante il ruolo che gli Uffici di Napoli hanno nelle relazioni con il pubblico e con le Associazioni, come pure nelle attività di tutela dei consumatori e come punto di raccordo con le università ed i centri di ricerca. Sempre a Napoli è ubicata la biblioteca scientifica dell’Autorità . La formula vincente per Napoli e la Campania sta nell’acquisire vantaggi competitivi e passa attraverso il contributo di tutti: imprese, istituti di credito, sindacati, associazioni dei consumatori, Amministrazioni Pubbliche, scuola e formazione. L’ azione dei governi nazionali e locali riveste naturalmente un ruolo fondamentale in virtù della capacità di favorire lo sviluppo delle attività produttive in un quadro legislativo chiaro ed al passo con i tempi adottando decisioni coerenti con i programmi presentati agli elettori. Non focalizzare l’attenzione sui “totem” ma sul “Sistema Lavoro”. Bisogna essere consapevoli che norme e leggi non creano lavoro” di per sé” ma possono rappresentare un ostacolo o un incentivo, essere ostili o favorevoli ad una politica per il Lavoro. Il supporto che dovranno dare le istituzioni ( centrali ma soprattutto regionali e comunali, ecc.) dovrà tenere conto dei seguenti aspetti: - - Infrastrutture (rete idrica; rete di comunicazioni messe a disposizione di imprese, cittadini, scuole; energia). Garantire lo “snodo formativo” fra scuole ed imprese. Avere skill e capacità gestionale e tecnica per analizzare e valutare i “Business Plan” presentati dagli imprenditori. Sorvegliare la fase di crescita dell’iniziativa per l’uso corretto dei finanziamenti e per i necessari “progress status”. Dare vita a “Poli Tecnologici Virtuali” (reti virtuali di piccole imprese reali) che mettano a fattore comune importanti aspetti come ICT, la BI (Business Intelligence) ed in genere quei servizi che possono aiutare le imprese a migliorare la propria redditività e quindi disponibilità all’investimento (e quindi occupazione). Dare credito alle imprese che prendono impegni pluriennali di presenza sul territorio. Monitorare le attività produttive esistenti. Gli interventi sui tassi di interesse operati dalla BCE di per sono una soluzione necessaria ma non sufficiente. E’ quindi importante, in questa ottica, che le riforme del mercato del lavoro, degli ammortizzatori sociali e della istruzione siano parte di un progetto che guidi il Paese nei prossimi anni nella direzione della uguaglianza delle opportunità e della tutele per i soggetti in difficoltà al fine di recuperare la coesione sociale e la solidarietà intergenerazionale cadute in crisi in questi anni. Il modello che più appare adatto al nostro Paese è quello definito come “Stakeholder” (modello renano in quanto applicato con successo nel Nord Europa; in particolare in Germania) in base al quale tutti i soggetti sopra citati partecipano attivamente al processo di creazione del valore da parte dell’ impresa che rivestirebbe così anche un ruolo sociale in quanto proiettata a fornire benefici a tutti coloro i quali investono in essa in termini di competenze, risorse ed infrastrutture. L’attuazione di tale modello rappresenterebbe una svolta culturale importante per il Paese in quanto incentiverebbe l’ impostazione di un dialogo su basi nuove tra gli attori dello sviluppo superando la prassi attuale rivelatasi ormai assolutamente inefficace al punto da portare la popolarità delle organizzazioni sindacali ed imprenditoriali ai minimi storici nel nostro Paese dando spazio alle derive populiste cui assistiamo ogni giorno. Esso potrebbe rappresentare anche una rottura della difesa delle rendite di posizione che tanto ha ostacolato la reale attuazione di una politica riformatrice negli anni passati. Ostacolo che potrà essere rimosso solo se tutte le organizzazioni di categoria saranno capaci di reinventare il proprio ruolo alla luce della nuova realtà sociale e del lavoro attuale (con particolare riferimento alle OOSS e alla Confindustria). Ridisegnare quindi il modello di sviluppo del Paese attraverso riforme volte a rendere più efficiente e trasparente il funzionamento e l’operato degli attori economici e delle istituzioni contribuirà e darà la spinta decisiva al miglioramento di uno dei fattori cruciali per l’ acquisizione di vantaggi competitivi: la produttività cioè il rapporto tra gli output della produzione e gli input utilizzati per la sua realizzazione. L’ obiettivo delle politiche pubbliche sia a livello nazionale che locale resta quello di creare le condizioni perché l’ Italia recuperi la frattura tra Nord e Sud accentuatasi in questi anni e diventi un Paese competitivo secondo la bella definizione data daM. Porter: “Un Paese è competitivo nel momento in cui le aziende che operano sul suo territorio sono in grado di competere con successo nell’ economia globale e di assicurare, nello stesso tempo, standard di vita elevati e crescenti al cittadino medio” Le potenzialità ci sono tutte: l’Italia, e quindi anche il Meridione e la Campania, realizzano prodotti di eccellenza in tutti i settori merceologici. Per quanto riguarda l’ industria, in particolare, è importante puntare sulle produzioni caratterizzate da elevato e medio contenuto tecnologico . Sapendo che resta un tema storico con il quale dobbiamo misurarci: la “sostituzione tecnologica” dell’uomo con le macchine. Concentrare quindi gli investimenti in termini di ricerca ed innovazione di processo e formazione delle risorse umane al fine di aumentare la produttività nella realizzazione di prodotti ad elevato e medio contenuto tecnologico sarà quindi fattore importante per il recupero di competitività di cui il Paese ha bisogno per ritrovare un percorso di crescita economica e quindi di graduale riduzione della disoccupazione. In questo percorso un ruolo fondamentale ha la scuola. La scuola è innanzitutto formazione delle coscienze. Questo significa che deve esserci uno “snodo formativo” fra la scuola e le imprese in continuità seriale fra di loro, senza confusione di ruoli e di responsabilità e senza facili corto circuiti (considerare ad esempio la scuola come mera formazione al mondo del lavoro induce il rischio di un appiattimento culturale che non va nella direzione dello sviluppo come brevemente indicato in questo documento). Bisogna solo prestare attenzione che il momento formativo non diventi incubatore di forme di precariato ma deve essere vissuto dai giovani e veicolato ai giovani come una ulteriore opportunità di crescita. In generale è necessario cambiare il modo in cui i giovani vengono "iniziati" al mondo del lavoro. Essi sono spesso confusi e disorientati da una scuola che ha sviluppato un sistema di insegnamento nozionistico e disarticolato non utile ad una preparazione virtuosa al lavoro e alla vita sociale. In Campania vi è una startup (ApotemaREED srl) che ha l’ obiettivo di "mettere a sistema" formazione, domanda ed offerta di lavoro specializzato, utilizzando strumenti e metodi innovativi, anche in base ad esperienze fatte in Europa e negli US. Questo ha permesso di avere un osservatorio privilegiato sulle difficoltà dei giovani professionisti e sulle criticità del nostro sistema regionale. POLITICHE DI SVILUPPO E LAVORO IN CAMPANIA Per stabilire quali politiche di sviluppo sono perseguibili, è necessario analizzare il territorio regionale per individuare le caratteristiche e le vocazioni delle diverse aree per poi studiare per ciascuna di esse le possibili politiche di sviluppo. Ciò significa tenere in conto delle risorse ambientali, paesaggistiche, culturali, agricole ed industriali di ciascuna area geografica, ed elaborare dei progetti specifici tenendo conto di tali aspetti. Serve un progetto di sviluppo sostenibile che tenga conto dell’ambiente, dell’economia, del sociale e delle istituzioni. A volte, come è il caso del Comune di Napoli, sarebbe importante stimolare uno sviluppo endogeno puntando, da un lato, alla valorizzazione delle risorse locali (commercio, turismo, cultura), dall’altro al rilancio ed alla crescita dell’industria locale, piccola, frammentata, in sofferenza, promuovendo una cultura dell’innovazione, del merito, dell’operosità, del fare rete. Insomma una visione e un progetto di “distretto” economica, sociale, culturale tagliato su misura sui connotati, sulle tradizioni, sulle vocazioni e sulle potenzialità che contraddistinguono ciascuna parte della città di Napoli. Per esempio la politica di rilancio dei borghi, in questo senso, riveste un ruolo cruciale, strategico. Sicuramente settori fondamentali dove potere sviluppare l’economia campana sono il caseario, il vinicolo, l’oleario, il settore della pesca, il settore turistico e agrituristico e non ultimo il settore industriale in compatibilità con il territorio mettendo al centro di questo la ricerca (scientifica, industriale e precompetitiva) e lo sviluppo delle tecnologie quali settori strategici per lo sviluppo di tutti gli ambiti imprenditoriali. Analizzando la situazione in cui versano il mezzogiorno e la Campania in particolare possiamo affermare quanto segue: - Il sud può essere considerato una occasione per gli investitori per la competitività, poiché il suo costo della retribuzione oraria è più basso del resto d’Italia. In Campania le imprese chiedono i finanziamenti per ristrutturare i debiti e non per investire e creare ricchezza. Il costo dei finanziamenti in Campania ha raggiunto livelli esorbitanti Per un progetto di sviluppo serve: Un ruolo attivo della Regione Campania in una politica virtuosa di finanziamento rivolto allo sviluppo ed al lavoro Un maggiore e migliore utilizzo dei fondi europei Una legislatura nazionale e regionale che incentivi la produzione e commercializzazione dei prodotti tipici locali; Una politica di sviluppo del turismo che tenga conto della reale fruizione dei beni archeologici, architettonici ed ambientali con un incremento delle risorse finanziarie statali e regionali ad esse destinati; Il recupero dei centri storici che oltre agli incentivi per le ristrutturazioni edilizie, vengano predisposti dei fondi regionali a cui possono accedere coloro che effettueranno gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio, consentendo di sostenere il settore edile. Incentivi regionali agli enti pubblici e privati che investono nella ricerca e nell’innovazione tecnologica; Incentivi alle imprese che investono nel territorio regionale e vi permangano per tempi definiti e concordati con le istituzioni eroganti. Ad esempio con 1/3 del finanziamento per le spese in conto capitale e la restante parte per la copertura delle spese di esercizio. Incentivi al settore artigianale per il recupero delle lavorazioni locali tradizionali: dalla lavorazione della seta, della ceramica, della terracotta, del vimini e della stramma; favorendo la nascita di piccole imprese artigianali che con un marchio regionale possano esportare il prodotto a livello nazionale ed internazionale. Una forte attenzione alle grandi realtà industriali ancora presenti nel nostro territorio (Ferroviario, Aerospaziale, Elettronica) quale tessuto connettivo per la creazione di un indotto sano e produttivo. Una politica efficace per l’emersione del lavoro nero e delle attività legate alle organizzazioni criminali o collateriali ad essa. Una lotta all’evasione fiscale la quale crea, oltre ai ben noti danni al’erario, le condizioni di sperequazione nei confronti delle aziende sane. In questo contesto il territorio, la difesa del suolo, la ricerca delle energie alternative non sono elementi parziali, disgiunti dalle politiche economiche e sociali. Serve un’idea di programmazione pubblica. Bisogna però convivere con gli aspetti negativi che dal 2008, in particolare nelle realtà produttive medio-piccole ma anche in alcuni casi in grandi realtà industriali, hanno procurato flessioni di domanda e redditività, ricorso ad ammortizzatori sociali, problemi economico-finanziari, ristrutturazioni e scorpori di rami d’azienda , riduzioni occupazionali, vere e proprie dismissioni. In soli 12 mesi la Regione Campania ha visto crescere il suo tasso di disoccupazione del 1,3%, 6 volte di più che in Lombardia, Veneto ed Emilia. Se focalizziamo l’attenzione sul comparto industriale I motivi principali della stagnazione vanno dalla burocrazia inefficiente e paralizzante, alle questioni dell’energia correlate allo sviluppo delle nuove tecnologie, l’accesso al credito, le infrastrutture e la criminalità organizzata. Fra il 2009 ed il 2011, la Regione Campania è stata messa in crisi dalle esportazioni tanto che il PIL , che nel 2007 era di 94,5 miliardi di euro, nel 2013 diventava di circa 81 miliardi di euro. Nel primo trimestre del 2014 altri 50000 occupati si sono persi, tanto che il 60% delle famiglie campane giudica insufficienti le proprie disponibilità economiche. Esempio è l’incapacità dimostrata nel difendere le proprie eccellenze (l’industria aeronautica che per molti aspetti si è localizzata con forza in Puglia per i ritardi e la superficialità dimostrata dalla Regione Campania negli scorsi anni anche con le amministrazioni di sinistra) ma anche la lentezza e le difficoltà dimostrate nell’utilizzo dei Fondi Europei ( in particolare quelli del ciclo 2007 – 2013). Ci sono aree di crisi dove si deve assolutamente intervenire a difesa dei lavoratori e delle loro famiglie in difficoltà estrema. Ma Napoli e la Campania, nonostante il forte processo di de-industrializzazione subito, presentano ancora delle importanti e riconosciute aree di eccellenza dalle quali ripartire: Industria Aeronautica e Centri di Ricerca Aerospaziali Ferroviario Nautica Automotive Meccanica Energia Comunicazioni Agroalimentare Abbigliamento ed articoli in pelle Fabbricazione coke e prodotti derivati. Le classi di fatturato delle aziende meridionali sono assai modeste (inferiore ai 200mila euro nell’80% dei casi fino ad appena 49mila euro in più nel 50%). Questo compromette la competitività sul mercato internazionale, gli investimenti ed il reddito. Un ruolo fondamentale rivestono la produzione di mezzi di trasporto (automotive ed aerospazio). Questi due settori sono fattori di maggiore valore e realtà ancora molto forti nonostante le ristrutturazioni avvenute negli anni passati. Ricordiamo che sono stati firmati in Regione Campania sette contratti di programma per due filiere, considerate prioritarie e strategiche , l’aerospazio che può essere il motore dell’economia nei prossimi 10 anni e l’automotive che rappresentano oltre il 30% del sistema produttivo regionale. Sette contratti per altrettanti grandi consorzi di imprese per un totale di 53 aziende finanziate, delle quali 21 nella filiera aerospaziale e 32 in quella dell’automotive. L’iniziativa serve ad attivare investimenti per 317,6 milioni, sostenuti con finanziamenti pubblici per 150,2 milioni. Bisogna verificare il “progress status” di queste attività, i sistemi di controllo periodici istituiti dalla Regione Campania ed i risultati in via di conseguimento. Una conferma viene dal fatto che qualche piccolo segnale di ripresa delle esportazioni viene proprio dal settore aeronautico e quindi dall’Alenia e dal suo parco fornitori (Supply Chain) ad essa collegato. Ma anche l’alta moda (abbigliamento e calzature) è cresciuta dal 2011 al 2013 ad una media annua del 7% grazie alle note marche di Kiton, Harmont & Blaine, Yamamay. Un aspetto importante da sottolineare è che oggi l’economia ed il tessuto industriale della Campania appaiono chiaramente contrassegnati dalla predominanza di unità produttive di piccola dimensione (forma individuale o familiare) . Questo non è in assoluto un dato positivo poiché rispetto al passato, dove si teorizzava “il piccolo è bello”, oggi è chiaro che lo sviluppo della piccola e media imprenditoria può avvenire più facilmente in presenza della grande impresa. Va registrato positivamente che nei recenti provvedimenti messi in campo dal Governo Renzi vi siano molti punti che riguardano la Campania. Si sbloccano gli investimenti per Bagnoli, l’Alta Velocità Napoli – Bari, il rilancio dell’Aeroporto di Salerno ed il completamento della Metropolitana di Napoli. E’ chiaro che queste misure, come il Governo ben sa, sia pure importanti, non sono sufficienti alla ripresa di competitività della Regione Campania. Serve una POLITICA INDUSTRIALE. Un PIANO INDUSTRIALE che sia parte di un “Piano Generale per il sud” che guardi all’innovazione tecnologica, al superamento della visione emergenziale delle cose sostituendola con una visione di medio-lungo periodo per capire quale direzione prendere, passando per una rigenerazione urbana delle grandi città meridionali, fra le quali Napoli. Le direttrici da seguire anche con il supporto dello Stato e delle Pubbliche Amministrazioni sono le seguenti: impostare progetti nuovi basati sulla capacità della imprenditoria campana a puntare su innovazione tecnologica, la gestione per processi di attività da parte di "Prime Contractor" e della propria "Supply Chain" di primo livello seguendo politiche di efficacia , efficienza e riduzione dei costi della non qualità. Sbloccare progetti pubblici che permettano il rilancio dell'occupazione e la ripresa di una politica industriale in Campania recuperando ritardi con piani credibili e sistemi di controllo effettivi. Mettere in atto tutte le azioni aggiuntive a quelle già prese dalla BCE, per assicurare l’accesso al credito delle medie e piccole aziende. Ma più in generale deve essere riformato il sistema fiscale italiano. Bisogna ridurre le imposte così come ha fatto UK ( negli ultimi due anni ha tagliato di 10 punti portando al 22% il fisco per le aziende con la prospettiva di calare ancora al 20%). Noi invece abbiamo una tassa assurda, IRAP, che colpisce il margine lordo delle aziende senza deduzione di costi importanti (in continuità con quanto sta facendo il Governo Renzi nel merito). richiedere alle istituzioni centrali e locali una reale semplificazione delle procedure di avvio delle attività (start-up) . Questo aspetto è ancora più importante della disponibilità di risorse economico finanziarie. Si promuovano dei veri e propri incubatori di imprese , gestiti dal pubblico, che siano in grado di fornire non solo gli edifici, i capannoni , ma tutti i servizi necessari per avviare una attività industriale. In particolare in Italia la strategia per l’Azienda digitale affida alle Regioni il compito di sostenere “crescita digitale, economia della conoscenza e della creatività, le start-up, ricerca & innovazione.” Le azioni relative allo sviluppo digitale e quelle relative alla crescita digitale hanno tutti effetti diretti e positivi sul lavoro. In alcuni casi le azioni riqualificano le professionalità degli addetti attraverso l’introduzione di modelli innovativi di computing e organizzativi, nonché attraverso le forti interrelazioni tra le azioni che prefigurano approcci multidisciplinari. Occupazione creata anche indirettamente attraverso il supporto alle PMI, l’avanzata di nuovi modelli di ecommerce e “mobile commerce” nel campo della distribuzione ed alla creazione, crescita e sostenibilità delle start-up innovative (es. incubatori, FabLab, Fabless etc.) che potranno rappresentare un asse portante dell’industria del paese se saranno in grado di sfruttare ed implementare il nostro patrimonio di risorse. Aiutare le piccole imprese del mezzogiorno d’Italia (SPIN-OFF universitari, start-up nate da investimenti privati o da iniziative di management buyout come anche piccole aziende tecnologiche) in possesso di brevetti nella fasi di registrazione nazionale ed internazionale del brevetto stesso e nella difesa legale in presenza di eventuali azioni aggressive da parte di gruppi industriali più grandi (accade sovente che i brevetti vengano svenduti o che la proprietà passi di mano a causa di una debolezza finanziaria del soggetto creatore del brevetto). Infine l’uso di tecnologie innovative ICT risulta decisivo anche nello sviluppo delle industrie creative come quella musicale. Una condizione necessaria per fare ciò è quello di fornire sostegno attraverso uno scenario normativo chiaro e di facile applicazione all’imprenditorialità innovativa per favorire, equità e mobilità sociale, rafforzare il legame fra università ed impresa e promuovere una maggiore propensione all’assunzione di rischio imprenditoriale. In aggiunta alle agevolazioni per l’accesso al credito, nel caso di imprese ad alto contenuto innovativo, come le start-up, molto spesso vi sono anche fabbisogni conoscitivi da colmare (per esempio sui requisiti di sistema da rispettare per il copyright, la tutela della privacy in internet, ecc. ) nonché esigenze di semplificazione amministrativa. PROPOSTE DI INTERVENTO Dovendo definire sinteticamente il modello da seguire: - Gestione per processi delle attività con la finalità di aumentare la produttività per ora di lavoro. Una nuova politica del credito e della fiscalità per le imprese Innovazione Tecnologica. Creazione del Valore. Capitale Umano La riforma del mercato del lavoro In particolare andando nel merito le proposte di intervento sono le seguenti: 1. Rianimare il settore del credito (risolvendo innanzitutto la problematica dei crediti in sofferenza per scaduti e non rimborsati) per finanziare con i soldi delle Banche (anche grazie agli ultimi interventi della BCE vi sono 400 miliardi di euro messi a disposizione), la produzione e gli investimenti puntando sul binomio: “Credito – Spese di Investimento”. In particolare si può pensare ad un “Fondo d’Investimento” ( o titoli cartolarizzati) con la garanzia della Regione Campania al 30%. Le risorse sul mercato che ne deriverebbero sarebbero utilizzate per finanziamenti a tassi agevolati su investimenti che riguardino Energie rinnovabili, efficienze energetica (intesa come attività di ricerca) Innovazione tecnologica ( Stampe 3D, ecc.) Edilizia sostenibile Acquisizione, rinnovo e ristrutturazione di beni strumentali necessari alla produzione. Per attivare questo processo bisogna innanzitutto trovare un partner finanziario (Banca oppure gli intermediari degli Organismi di Investimento Collettivo di Risparmio) che seleziona i migliori “Piani di Investimento”. L’esborso è anticipato dal partner finanziario, poi i finanziamenti saranno cartolarizzati e trasferiti in prodotti finanziari garantiti dalla Regione Campania. Poiché la somma degli indici di sofferenza e di insolvenza insieme in Campania si aggirano intorno al 15%, per rendere sicuri i titoli sul mercato è più che sufficiente garantire una riserva di garanzia del capitale investito intorno al 30%. Questa percentuale ci permette di definire l’effetto moltiplicatore dell’operazione di immissione titoli. Un prodotto finanziario così altamente garantito da rischi rientrerà facilmente fra i prodotti del Piano TILTRO ( Piano acquisti prodotti finanziari garantiti) della BCE. 2. INNOVAZIONE TECNOLOGICA NELL’OFFERTA PRODOTTO-SERVIZIO : Asse portante degli investimenti da parte della Regione Campania per stimolare la produttività, la crescita economica ed il tenore di vita deve essere l’innovazione tecnologica. Questo è ancora oggi il punto di forza dei Paesi industrializzati che hanno vantaggi comparati nelle alte tecnologie e nella ricerca di punta dei vari settori. Purtroppo gli investimenti in Italia su R&S sono minimi ed hanno limitato supporto pubblico, ma sono anche presenti casi di ricerca di alta qualità e di innovazioni di successo e vi sono basi per rilanciare l’innovazione nel nostro Paese. Un aspetto rivoluzionario della innovazione tecnologica, l’ultima stagione del digitale, sulla quale sicuramente investire è il processo di “STAMPA 3D” che è l’offerta di un prodotto/servizio rivolto all’industria manifatturiera. Esso è un nuovo sistema di produzione basato sul trasferimento additivo di materia asservito da specifici software e macchinari (Direct Digital Manufacturing; Additive Manufacturing; Fused Deposition Modeling) . Gli elementi innovativi e migliorativi sono costituiti dalla possibilità di realizzare parti, anche complesse, mediante la deposizione di materia, con sistemi digitali e robotizzati, a partire da elaborazioni tridimensionali realizzate con il computer, evitando, con riduzione di costi e di "Time to market”, di utilizzare i processi di produzione tradizionali. Un ulteriore elemento innovativo sarà quello di “vedere”, mediante l’utilizzo di appositi macchinari e sistemi di visione, le parti progettate, prima ancora di realizzarle in stampe a 3D, in modo da potere attuare, insieme al cliente, sistemi di progettazione in modalità “concurrent”, apportando modifiche concettuali e strutturali direttamente via software, evitando la realizzazione di prototipi intermedi, con evidente risparmio di costi e tempo. L’impatto sul mondo della produzione può essere paragonato a quello che ebbe il motore a vapore oppure il transistor. “Usare dati per costruire oggetti”. Il loro costo oggi le rende accessibili alle piccole e medie imprese. Elabora fibre di plastica e metalli ma anche aminoacidi per tessuti biologici. Addirittura in USA in alcuni laboratori si assemblano strutture di cellule per riprodurre organi viventi. Ogni prodotto stampato JIT. I settori dove questa tecnologia può diffondersi sono gioielleria, calzoleria, progettazione industriale, architettura, automotive, aerospaziale, medico e dentistico. 3. INDUSTRIA AERONAUTICA. L’aeronautica civile mondiale (che produce velivoli da trasporto tra 150 ad oltre 500 posti) è uno dei pochi settori industriali in crescita praticamente costante, con un rate dal 2% al 5% per anno da ben 25 anni, con proiezioni sui prossimi 20 anni al 3%. In particolare il settore aeronautico di velivoli regionali (quello di ATR cioè velivoli sotto i 100 passeggeri per tratte sotto i 600 Km.) cresce con un rate superiore al 9% confermato nei prossimi 20 anni. I driver di questa crescita vanno ricercati nel crescente bisogno di viaggiare procapite (business/personale) non solo nei mercati maturi (USA ed UE) ma soprattutto nei mercati in crescita (Asia, Sud America, Africa). Poiché in questi paesi non si investe in infrastrutture (autostrade, ferrovie, ecc.) conseguentemente cresce il trasporto aereo. Alenia Aermacchi è fornitore di aerostrutture per le aziende leader nel settore: Boeing (programmi B787/777/767), Airbus (programmi A321,A380), Bombardier (C series). In particolare Alenia Aermacchi è leader indiscusso attraverso la controllata paritetica ATR (50% Alenia e 50% Airbus con sede a Toulouse - France) nel mercato dei velivoli da trasporto regionale. Il programma ATR, che produce la famiglia di turboprop 42 e 72, è da 25 anni uno dei principali programmi per fatturato e redditività per Alenia e Finmeccanica. Il programma ATR è il programma proprietario civile più importante della storia dell’industria aeronautica italiana. E’ un programma figlio delle eccellenze ingegneristiche e manifatturiere campane. Questi sono i numeri del successo: Più di 1000 velivoli consegnati in 25 anni Presenza di un “backlog” di oltre 200 velivoli Fatturato della controllata ATR (anno 2013) di circa 1,5 MLD. Base clienti di 190 compagnie in più di 100 paesi. Oltre 22 milioni di cicli volati con oltre 800 milioni di passeggeri trasportati. Ogni 20 secondi per sette giorni alla settimana c’è un ATR nel mondo che decolla con i suoi passeggeri. Più di 3000 persone impiegate sul programma ATR è nel mercato civile aeronautico un brand di assoluta importanza. In molti paesi questo brand è sinonimo di trasporto regionale. Bisogna assolutamente ricordare che ATR è un programma di successo industriale e commerciale ma anche uno straordinario esempio di cooperazione trentennale Italo-Francese. Vi è ancora l’OPPORTUNITA’ DI INVESTIRE SUL PROGRAMMA ATR . L’attuale Presidente del GIE ATR (Patrick de Castelbajac) prevede la possibilità di vendita di altri 1700 ATR nei prossimi 15 anni. A questo proposito è importante notare che oggi, sebbene Alenia/Finmeccanica siano proprietarie del 50% del programma ATR, le ricadute nel sistema italiano superano di poco il 20%. La causa di questa bassa percentuale di ricaduta va ricercata nel fatto che Alenia e la sua filiera di fornitura italiana si sono attestate fino ad oggi, per problemi di capacità, sulle costruzioni delle sole aerostrutture del velivolo ATR 42/72. La parte aero-strutturale rappresenta la parte a minore valore aggiunto del velivolo. Per questo motivo vanno sperimentate tutte le possibilità di acquisire maggiore peso nella società GIE ATR che controlla il programma e lanciare dei nuovi modelli (Nuovo Turboprop) per il futuro del programma. In questo la politica (nazionale e regionale) dovrà certamente fare la sua parte in collaborazione con l’industria. 4. FINMECCANICA (10 siti in Campania) - rappresenta attualmente il più grande gruppo industriale italiano ad alto contenuto tecnologico. L’ing. Moretti ha confermato il nuovo Piano Industriale per fine dicembre oltre alla nuova governance sulla quale già si sta lavorando. L’obiettivo di volersi ingrandire in pochi settori strategici è sicuramente giusto ma altrettanto importante è l’obiettivo di evitare una ulteriore forte de-industrializzazione del territorio campano. Sarebbe un errore non dare priorità alle problematiche connesse a questo gruppo e sicuramente sarà centrale il destino di alcuni settori dichiarati non facenti parte del “core business” da parte di Finmeccanica e per i quali bisognerà trovare delle soluzioni che guardino agli sviluppi futuri visto che sia i governi che le comunità accademiche ed industriali, per esempio, discutono di smart cities ( con il loro indotto di mobilità efficiente e sostenibile), “homeland security”, produzione ed utilizzo di energie alternative ed il settore dei trasporti su ferro, come fattori trainanti per lo sviluppo industriale e sociale. Ciò significa dare valorizzazione e priorità ai mercati civili . In Campania oltre all’industria aeronautica (Alenia Aermacchi) della quale si è già parlato, abbiamo altre importanti realtà industriali fra le quali la Selex ES (stabilimenti di Giugliano e Fusaro) che ha un piano industriale per i siti campani dove non si prevedono attività di ricerca e sviluppo privando di fatto le realtà industriali campane di autonoma capacità innovativa , Ansaldo STS, Ansaldo Breda, MBDA Italia, per le quali le decisioni che verranno prese nel Piano Industriale che Finmeccanica presenterà entro fine anno saranno fondamentali per il futuro di queste realtà industriali e per gli stessi livelli occupazionali. In questo quadro la richiesta è che la Regione Campania assuma un ruolo attivo in virtù anche dell’autonomia disegnata dalla modifica costituzionale del Titolo V. E’ quindi necessario un intervento in termini di spesa e di pianificazione in chiave moderna capace di canalizzare da un punto di vista qualitativo e quantitativo lo sviluppo di quei settori capaci di innescare effetti propulsivi virtuosi sul territorio. In tale senso la Regione Campania potrebbe dotarsi di un “Innovation Fund” che si occupi di investimenti rischiosi in termini di infrastrutture di ricerca, cofinanziando anche in collaborazione con l’industria organismi che fungano da collettore tra il mondo della ricerca e l’impresa per la veicolazione del know-how e di risorse altamente qualificate. Nel merito per SELEX ES, sul modello dell’esperienza Toscana, si potrebbe prevedere in Campania una piattaforma pianificata di sviluppo industriale che potrebbe rappresentare un’importante pietra miliare per uno sviluppo locale ed a lungo termine articolata su: - Una infrastruttura per la ricerca nel campo delle tecnologie radar innovative; - Una infrastruttura della scienza dei materiali. Visto che l’approvvigionamento energetico sarà il problema del millennio, discende una ulteriore proposta di intervento che è in grado di valorizzare l’indotto esistente attraverso lo sviluppo di robotica ed automazione in grado di triturare e riconoscere i rifiuti ad alta velocità, selezionarli ed avviarli al recupero come materia. Al maturare della tecnologia la Regione dovrebbe trasformare le discariche in “miniere del II Millennio” svuotandole per recuperare tutti i materiali. Questo genererebbe una occupazione di livello medio basso impressionante e sarebbe propulsore dell’industria meridionale. Inoltre si potrebbe promuovere lo sviluppo di sistemi di monitoraggio ambientale low-cost: tanti piccoli sensori radar che “annusano” sostanze e sversamenti sui territori, che come centraline metereologiche avvertano cosa sta succedendo spingendo all’azione immediata. Un piano di investimenti di questo genere incentiverebbe la SELEX ES a rivedere le scelte localizzative delle proprie attività operate con il riassetto riportando, proprio nel territorio dove negli anni cinquanta videro la luce i primi sistemi radar italiani, attività ad alto valore aggiunto nel campo militare, civile ed ambientale. 5. Un tema comune che si pone è quello dei “Centri Decisionali” al sud. In alcuni casi si tratta più che di averli, di farli ritornare. Infatti il baricentro negli ultimi anni si è sempre più spostato verso le aree centro-settentrionali del paese, lasciando il meridione sempre più ostaggio del disagio sociale con ripercussioni gravi anche sulla filiera delle PMI operanti nell’indotto della grande industria nazionale. Ovviamente questa non è una rivendicazione territoriale di principio, ma sarà fortemente motivata nei singoli casi specifici. L’obiettivo che bisogna porsi come forze politiche e sociali è quello di rilanciare lo sviluppo del territorio tramite una forte presenza industriale ad alto contenuto tecnologico. La proposta è quella di costituire una tavola tematica, nel cui ambito si avvii, partendo dalle piattaforme presentate dalle forze sociali, un confronto volto all’individuazione delle iniziative da intraprendere collettivamente per promuovere il ruolo che sia il più grande gruppo industriale sotto controllo statale deve avere nello sviluppo socio-economico del paese, a partire dalle sue aree più disagiate, sia per individuare comunque piattaforme ed iniziative per supportare le azioni messe in essere per dare un futuro alle realtà industriali in grado di generare valore aggiunto presenti nella Regione .La capacità di spesa dei Fondi Comunitari per la ricerca. Questi fondi fino ad oggi sono stati spesi male soprattutto perché non si riesce ad utilizzarli per rilanciare il sistema produttivo finanziando progetti credibili e concreti. Resta da definire come attrezzarsi per recuperare /utilizzare questi finanziamenti considerando i tempi stretti di H2020. Una proposta di metodo che si può avanzare è quella di prevedere a livello istituzionale più appropriato delle specifiche “Task Force” focalizzate sui temi della “reindustrializzazione” e della “R&S”(Ricerca e Sviluppo). 6. SETTORE AGROALIMENTARE: si potrebbe partire dal concedere i sostegni dovuti ai vari consorzi dalla DOP dei produttori oleari, al consorzio della DOP della mozzarella di bufala, alla DOGC del settore viti-vinicolo, creando un vero disegno di filiera agricola che includa impianti a basso impatto ambientale capaci di rispondere alle esigenze collaterali di packaging e di commercializzazione. Altro elemento deficitario è certamente il marketing territoriale. E’ necessario implementare una “vetrina permanente” della enogastronomia tipica regionale, brands dedicati, sensibilizzazione degli operatori della ristorazione, fiere ed eventi. Si devono sfruttare pienamente le potenzialità del piano di aiuti europei 2014-2020 e le occasioni di sviluppo rurale 2014-2020 per invertire l’inefficienza conclamata nel recepire le risorse UE. Un obiettivo qualificante nel campo agroalimentare è quello della nascita di nuove aziende agricole. Nel merito la proposta prevede: - Incentivare la nascita di nuove aziende agricole, inserite in un sistema di relazioni con la grande ristorazione del territorio. - Promuovere una distribuzione di filiera breve dei prodotti. - Incrementare la produzione agricola di qualità - Favorire l’incremento occupazionale - Incrementare il PIL regionale - Promuovere un sistema formativo di qualità - Trasformare le produzioni agricole in crisi, incentivare le produzioni agricole abbandonate, riconvertire i terreni. - Prevenire naturalmente e a costi nulli per le Amministrazioni, eventi alluvionali, frane, incendi. - Potenziare il turismo enogastronomico Per ottenere questi risultati è necessario: - - 7. Emanare un bando per la concessione, per periodi lunghi di tutti i terreni incolti, selve, boschi, fondi agricoli, di proprietà delle pubbliche amministrazioni campane. Rivolgere il bando a nuove imprese agricole, dando priorità a giovani, disoccupati ed inoccupati, lavoratori espulsi dai processi produttivi. Modulare un sistema di defiscalizzazione progressiva sulla base della qualità delle produzioni agricole scelte, sugli investimenti necessari a rendere coltivabili i fondi, sulla capacità di intessere relazioni stabili con il sistema enogastronomico di qualità esistente in Campania. Creare una offerta formativa effettivamente rispondente alle esigenze del settore ed istituzionalizzata. Promuovere reti ed organizzazioni di imprese allo scopo di creare il contesto favorevole in cui il sistema territoriale enogastronomica si sviluppi. BIOTECNOLOGIE. Altro punto fondamentale per una politica di sviluppo regionale è quello di puntare sulle “biotecnologie” partendo dalle piante con una specifica filiera creata dalla stessa impresa. Le produzioni riguardano i settori dei cosmetici, farmaceutici, tessili ed alimentari. Ciò significa nel merito: - - 8. Valorizzare le realtà esistenti anche in Campania. Il supporto necessario significa per esempio, veicolare i brevetti e, perché no, partecipare alle “royalties”. Veicolare i brevetti significa aiutarne la pubblicazione e supportare l’assistenza legale spesso difficile ed onerosa. Dare la possibilità ai giovani che vogliono investire in agricoltura di ottenere fondi e terreni aiutandoli , come già detto precedentemente, con forme di de-fiscalizzazioni. PROGETTO SPORTELLO UNICO : riguarda le “start-up” digitali che intendono dare attuazione alla “Agenda Digitale Italiana”, con la creazione di una piattaforma di servizi alle micro-imprese e PMI ricadenti nella definizione legislativa di “start-up innovativa” oppure che intendano avviare un percorso di trasformazione digitale della propria attività Scopo: - Digitalizzare le imprese Semplificazione amministrativa “Impresa in un giorno” avendo a modello il servizio “Business Link” del Comune di Londra da parte della Regione Campania, con il supporto degli enti locali ed in particolare della nascente “Città Metropolitana” di Napoli.. Esempi possono essere il lancio di una nuova “app” per la fornitura di servizi virtuali di fruizione dei beni culturali, fino al servizio di e-commerce per una sartoria. L’obiettivo cui dovrebbe tendere l’operazione è quello di massimizzare gli interventi di semplificazione amministrativa puntando al risultato effettivo di “Impresa in un giorno”. Il modello “Business Link” si differenzia dall’incubatore classico, curando aspetti legali, finanziari, di comunicazione delle imprese nascenti, e non lo sviluppo di business. La piattaforma “Business Link” dovrebbe essere progettata mediante la conclusione di un protocollo di intesa che contempli: - La predisposizione di uno sportello - Il coinvolgimento di professionisti delle aree giuridiche, economica, tecnica e sociologica, esperti in materia di innovazione tecnologica. - La creazione di portale web dedicato alle start-up - Campagne informative - Attivazione di contact center multicanale - Promozione di incontri con imprenditori - Promozione di eventi specialistici - Partecipazione a fiere ed eventi - Stesura di un rapporto annuale delle attività svolte. - Coordinamento con gli incubatori d’impresa certificati delle start up sul territorio (in possesso dei requisiti indicati dal comma 5 dell’art.25 del D.L. n.179/2012 convertito dalla L. n.221/2012). Infatti la piattaforma proposta si differenzia dall’incubatore classico curando aspetti legali, finanziari, di comunicazione delle imprese nascenti, e non lo sviluppo di business. In connessione con gli incubatori certificati, e alla luce delle competenze professionali coinvolte, la piattaforma potrebbe promuovere la creazione di un osservatorio per il monitoraggio e la promozione dei mercati dell’ecosistema digitale, e per la promozione di una cultura dei diritti digitali della crescita di PMI innovative in settori strategici. Le risorse finanziarie utili per la realizzazione del progetto potrebbero pervenire dal nuovo ciclo di programmazione regionale dei fondi strutturali FESR e FSE 2014-2020 , dal programma europeo “Connecting Europe Facility”, nonché da investimenti di soggetti privati interessati al sostegno ed alla promozione della cultura digitale e dell’innovazione in Campania. Il piano finanziario potrebbe prevedere anche la fattibilità di un accordo con realtà imprenditoriali consolidate (per esempio piattaforme come Google, Facebook e Amazon) che fungano da partner delle amministrazioni locali nella progettazione esecutiva dell’intervento proposto. 9. ZONA FRANCA URBANA (ZFU) A NAPOLI EST: si tratta di riprendere una proposta avanzata dalle passate giunte di centro-sinistra a Napoli ed in particolare dall’assessorato allo sviluppo (prof. Mario Raffa). La proposta è un regime di esenzione fiscale e contributiva per le piccole e microimprese che si insediano in aree urbane caratterizzate da condizioni di pesante disagio socio-economico. Napoli est è una di queste aree. Si deve fare leva sul capitale innovativo, produttivo, umano presente sul territorio, e sulle dotazioni attuali. Parliamo di 3,9Kmq. Che comprendono i quartieri di Mercato, Zona Industriale, Barra, San Giovanni a Teduccio. E’ una zona densamente popolata ( circa 24000 abitanti) con un tasso di disoccupazione superiore al 40% ed un disagio sociale molto elevato. Insomma una periferia urbana molto degradata. Accanto a questi elementi negativi vi sono importanti opportunità fornite da disponibilità di immobili dismessi, un tessuto di soggetti che operano nel campo della creatività e delle attività connesse capaci di assumere la regia di programmi di sviluppo, ecc. L’obiettivo è la rivitalizzazione del tessuto produttivo e sociale all’interno di un ampio progetto di riqualificazione recuperando i tratti tipicamente industriali del luogo. I supporti istituzionali che servono riguardano le agenzie di promozione, incubatori, investimenti in formazione e progetti urbani. Si tratta di avere una politica territoriale di valorizzazione delle risorse e dell’attrezzatura civile locale ( il nuovo porto turistico di Vigliena, l’adeguamento della Darsena Levante a terminal container, la nuova sede dell’Università presso l’area ex Cirio con laboratori, centro congressi parco pubblico e parcheggi, la produzione di energie pulite nell’ex centrale elettrica di Vigliena, il nuovo centro polifunzionale nell’ex area Feltrinelli, una attrezzatura a scala urbana per la musica al Palaponticelli, ) . Inoltre l’esigenza di risanamento e recupero di alcuni dei più importanti patrimoni “naturali” del territorio deve portare alla bonifica degli arenili di San Giovanni.. Ad essa si accompagna il progetto di Parco del Sebeto a Ponticelli con la realizzazione di un parco pubblico, parcheggi e un centro commerciale per la grande distribuzione. Le proposte di ZFU arrivate nel 2008alla Regione Campania portarono alla selezione positiva oltre all’area di Napoli Est, anche Torre Annunziata e Mondragone. Nel maggio 2009 il CIPE emana una delibera che individua l’elenco definitivo delle ZFU stabilendo anche le modalità di allocazione finanziaria. La ZFU di Napoli Est era al terzo posto a livello nazionale ( assegnati un totale di circa 6,4 MLN/euro). Negli anni seguenti una serie di azioni in controtendenza hanno demolito la sperimentazione delle ZFU. La proposta è di riprendere questa battaglia a livello regionale. 10. CENTRI COMMERCIALI NATURALI (CCN). Anche questa proposta disciplinata con Legge Regionale nel 2009 come aggregazioni consortili, è un punto centrale dello sviluppo in quanto sono forme distributive che aggregano esercizi commerciali di vicinato, media distribuzione, bar, ristoranti, servizi, imprese turistiche, botteghe artigiane, mercatini operanti in una stessa area. Obiettivo il rilancio del commercio diffuso in città. Tali aggregazioni, dotate di un’autonoma struttura organizzativa, si pongono quale soggetto di un’unica offerta integrata per realizzare una politica comune di sviluppo e di promozione del territorio interessato. I CCN possono avere carattere tematico e carattere territoriale. 11. Investire nella formazione del capitale umano. Il momento formativo non deve diventare un incubatore di forme di precariato, ma deve essere vissuto dai giovani e veicolato ai giovani come una ulteriore opportunità di crescita. Il “Job Act” (Legge Delega sul Lavoro) su questo aspetto deve essere molto puntuale. In passato quando si è fatta formazione, spesso il vantaggio è stato più significativo per i docenti-formatori e le società da loro rappresentate, che per i “discenti-lavoratori”. Da questo punto di vista i contratti a tutela crescente, per stabilizzare le risorse umane, potranno prevedere una formazione dedicata per i lavoratori in accordo con le esigenze aziendali. Bisogna tenere insieme la tematica del lavoro ai giovani e della loro formazione. Un uso più attento dei fondi europei ed in particolare del “Youth Guarantee”(Garanzia Giovani) è da ottenere assolutamente. Questo programma frutto di una “Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 22 aprile 2013”, mira ad offrire un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato e tirocinio, entro un periodo di quattro mesi dall’inizio della disoccupazione oppure dall’uscita dal sistema d’istruzione formale. L’obiettivo dello “Youth Guarantee”(Garanzia Giovani) nell’ambito della strategia europea 2020, è quello di garantire l’occupazione del 75% delle persone di età compresa tra i 20 e 64 anni. Tutti i paesi europei, dando priorità a quelli che hanno un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 25%, per il periodo 2014-2020 riceveranno finanziamenti per l’attuazione di politiche attive di istruzione, formazione ed inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Purtroppo l’utilizzo di questa opportunità è stata poco usata da noi fino ad oggi. In questo un ruolo possono assumerlo le università istituendo già ora corsi brevi di formazione a contatto con le aziende permettendo ai giovani di passare metà del tempo nelle aule universitarie e l’altra metà nelle aziende. 12. Incentivare l’uso nella Pubblica Amministrazione l’uso di nuove tecnologie attraverso l’implementazione del paradigma collaborativo basato sui tre pilastri: CLOUD, MOBILE e SOCIAL. Le informazioni riguardanti i cittadini devono essere immesse nei sistemi una sola volta ed essere accessibili a tutte le strutture publliche (es. Cambio di residenza automaticamente reso noto e senza ulteriori oneri per il cittadino a tutti gli enti che utilizzano tale dato quali la motorizzazione, Equitalia e lo stesso Comune di Residenza indipendentemente da dove e con quale Ente questo “cambio di residenza” sia stato fatto o notificato). Il cittadino deve poter accedere alle sue informazioni in modo semplice, economico e in mobilità. Ma altre azioni sono possibili per favorire l’incontro fra i giovani ed il lavoro: - promuovere e coordinare in ambito regionale l'incontro stabile e fattivo tra Associazioni di Categoria, Ordini professionali ed Università che porti a percorsi formativi "orientati al mercato" ed a giovani professionisti formati anche "sul campo" e pronti davvero subito dopo l'Università alle sfide reali del mondo del lavoro (i paesi anglosassoni sono in questo un esempio!). - supportare i giovani nell'avvio alla professione e stimolare l'autoimprenditorialità attraverso politiche regionali attive di agevolazioni e sgravi fiscali, nonché destinazione di spazi e strumenti, magari anche in chiave di rigenerazione e sviluppo urbanistico (citare la silicon valley sembra ormai superfluo!). - stimolare l'internazionalizzazione dei giovani professionisti attraverso incentivi concreti ed il riconoscimento dell'esperienza all'estero, il monitoraggio e quindi l'informazione attiva, coordinata e specializzata, di bandi ed opportunità. - dedicare concorsi e bandi di gara che si basano soltanto su esperienze pregresse, fino ad un certo importo, ai giovani professionisti che mai potrebbero competere con i colleghi esperti entrando cosi in un deleterio circolo vizioso (le false p.iva ne sono un esempio). La riforma del mercato del lavoro: E’ il punto centrale delle politiche di riforme da attuare in Italia. Sono note le posizioni del Governo, delle parti sociali, della maggioranza del Partito Democratico e della minoranza di questo partito. La proposta presentata dal Governo parte dalla convinzione che sia ’ giunto il momento di mettere in campo una riforma complessiva del mercato del lavoro che assicuri le tutele a tutti i lavoratori ivi inclusi i nuovi assunti con un sistema cosiddetto di tutele crescenti, abbia l’obiettivo di aumentare la produttività del nostro sistema industriale, rivedere gli ammortizzatori sociali e quindi estendere a tutti i lavoratori la malattia, le ferie, la maternità. Insomma il modello già applicata da alcune socialdemocrazie europee. Siamo convinti che in questa fase di scontro politico fra il Governo ed il Sindacato più che agitare bandiere di parte serva un reale approfondimento sulle proposte, una discussione nel merito con l’obiettivo di comprenderle a fondo ed anche recepire proposte migliorative se e dove risultasse necessario. Il dibattito su questo punto è decisivo per disegnare se e quale futuro il nostro Paese si dovrà aspettare nei prossimi anni Una proposta specifica del tavolo di lavoro , che parte dal prof. Marcello D’Aponte, prevede l’istituzione di un “Contratto di Lavoro Incentivato per lo sviluppo”. Questa forma di contratto è possibile avvalendosi di leggi già in vigore e orientando correttamente le risorse finanziarie europee, messe a disposizione dei governi nazionali, è possibile introdurre un “contratto di lavoro incentivato” che tuteli i diritti dei lavoratori e favorisca la creazione di posti di lavoro. Nella sua proposta il professore precisa nel dettaglio tecnico dove trovare la copertura di spesa, richiede di accelerare la semplificazione normativa per l’accesso agli incentivi come previsto dallo statuto per le imprese. Quindi la proposta del prof. D’Aponte si caratterizza come innovativa, senza ulteriori complicazioni normative, avvalendosi di risorse comunitarie troppo spesso sprecate in progetti di formazione inutili ovvero non utilizzate, in grado di avviare all’occupazione migliaia di soggetti che oggi non hanno altra possibilità concreta di farvi ingresso.
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