143 - Moto.it

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Numero 143
11 Marzo 2014
99 Pagine
MX Thailandia
Cairoli e Herlings
mattatori del GP
Il siciliano passa in
testa al campionato
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Novità
Harley-Davidson, altri
tre nuovi modelli nella
gamma 2014
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Nico Cereghini
Sylvain Guintoli,
da studiare
e poi copiare
| prova naked |
Ducati
Monster 1200S
da Pag. 2 a Pag. 17
All’Interno
NEWS: M. Clarke I materiali compositi | Motodays record per l’edizione 2014 | Speciale 8 marzo donne in moto
MOTOGP: Svelata la Desmosedici Ducati | Arriva la Factory 2 | MX USA: A Daytona Villopoto torna alla vittoria
Ducati Monster 1200S
PREGI
Coppia ai medi regimi e agilità
DIFETTI
Allungo poco incisivo e irregolarità ai bassi
Prezzo 15.990 €
Prova naked
Il ritorno
del Mostro
La Monster cambia ancora una volta per conquistare
ducatisti vecchi e nuovi. Abbiamo provato sulle
strade di Tenerife la più raffinata versione 1200S,
a brevissimo nelle concessionarie a 15.990 euro
di Edoardo Licciardello
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Prove
scendendo fino ad una componente tecnica
che riposiziona la naked Ducati dove più non la
si vedeva dai tempi dell’ultimo S4Rs. L’abbiamo
ammirata ad EICMA – dove ha riscosso grande successo di pubblico pur facendo storcere
il naso a qualcuno, perché quando si tocca una
leggenda non si può mai accontentare tutti – ed
è finalmente venuto il momento di provarla, sulle
spettacolari strade dell’isola di Tenerife, capaci
di offrire grip da favola e una varietà di situazioni
tali da mettere alla prova qualunque moto.
Tecnologica
S
ono passati più di vent’anni
– e ben 275.000 esemplari –
da quando la matita di Miguel
Galluzzi definì le linee di quel
serbatoio che, seduto sul telaio di una 851 e con sotto un
pompone a due valvole a succhiarne la benzina,
ha creato una leggenda in un istante. Nessuna
moto come lei, almeno in tempi recenti, ha saputo definire un segmento, mettendo d’accordo
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gusti apparentemente inconciliabili come quelli di sportivi e customisti che per la prima volta
si trovavano ad ammirare la stessa moto nello
stand di una Casa costruttrice. Nessuna, soprattutto, ha saputo entrare in maniera tanto radicata
nell’immaginario collettivo di tante generazioni
diverse come ha fatto la Monster – o il Monster,
se preferite una connotazione maschile. Andare
a mettere le mani su una creatura del genere è
sempre un’impresa che richiede sangue freddo
e tanta sicurezza nei propri mezzi; una sicurezza che a Bologna hanno buon donde di avere e
sfoggiare, dati i successi di mercato che collezionano instancabili da qualche anno a questa
parte. Ecco allora che a soli sei anni dall’arrivo
della famiglia 696/796/1100, a Borgo Panigale hanno rivoluzionato come mai prima d’ora la
leggenda Monster. A partire da un’estetica che
mantiene temi e stilemi propri del Monster ma li
declina in chiave ben più moderna e muscolosa,
Alla luce del sole la Monster convince anche gli
scettici. E’ vero, nella linea si è perso un altro
po’ di quel minimalismo a cui già la versione 696
aveva iniziato a rinunciare, ma troviamo che con
quella coda cortissima, la vista longitudinale
snella ed agile e la muscolarità di serbatoio e motore, incrementata dal tortuoso giro scarichi sul
lato destro (ripreso sì da Diavel, ma coerente con
l’andamento dell’ultimo 1100 Evo) la 1200 resti
più che fedele alla filologia della prima M900.
Quello che cambia è il livello tecnologico, perché
ora la Monster è una moto contraddistinta da soluzioni d’avanguardia che le permettono, almeno
sotto il punto di vista ciclistico, di essere tecnicamente ancora più minimalista dell’originale. Il
propulsore Testastretta 11° a doppia accensione
viene infatti utilizzato con funzione portante: sul
frontale (anzi, sulle teste come nel caso del Superquadro della Panigale) c’è un piccolo traliccio
che sostiene il cannotto di sterzo, mentre il forcellone monobraccio in alluminio è imbullonato
direttamente sulla parte posteriore dei carter. In
questo modo si ottiene un raddoppiamento della
rigidità torsionale rispetto all’unità adottata dal
Monster 1100 Evo, un discreto risparmio di peso
(oltre 1kg per il telaio ed altrettanto per il reggisella) ed un ovvia variazione delle quote ciclistiche: l’interasse si allunga di ben 60 mm, compensando così l’incremento prestazionale ed
offrendo un look ben più equilibrato, con un effetto “tronco” della coda nonostante la distanza
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Media
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fra manubrio e codino sia a tutti gli effetti aumentata, migliorando l’abitabilità tanto a solo che in
coppia. Il baricentro, inoltre, è stato arretrato di
43 mm ed abbassato di 20, determinando un assetto decisamente più agile. Rispetto alla Monster a due valvole qui le potenze crescono in maniera sostanziale. Non abbiamo usato il plurale a
caso, perché a differenza di quanto è avvenuto
negli ultimi anni sulla gamma Ducati, la versione “S” differisce non solo per equipaggiamento
ma anche per cavalleria. La 1200 standard può
vantare 135 cavalli a 8.750 giri (già cinque in più
rispetto all’ultima Monster a quattro valvole, la
S4Rs spinta dal Testastretta del 2006) e soprattutto ben 12 kgm di coppia, mentre la più dotata
1200S ne tira fuori ben 145 allo stesso regime,
con un aumento parallelo di 0,7 kilogrammetri.
Prove
Ci tocca deludere subito chi sperava di comprare
una 1200 e portarla successivamente alle potenze della 1200S: la cosa non è fattibile nemmeno
cambiando centralina – la Monster è dotata di
diversi controlli che vanificano il tentativo, nonostante la limitazione venga effettuata intervenendo solamente sull’elettronica. Le prestazioni
non inficiano l’affidabilità del propulsore, che
anzi allunga ulteriormente gli intervalli di manutenzione principale: ora la registrazione del gioco
valvole, l’intervento più importante da effettuare
sul bicilindrico bolognese, si effettua ogni ben
30.000 km.
Prestazioni e comodità
In perfetta sintonia con l’attuale filosofia Ducati
– proporre moto più performanti ma allo stesso
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tempo più versatili e comode – la Monster 1200
si evolve profondamente anche sul piano dell’ergonomia. La posizione di guida si modernizza, diventando più raccolta ma soprattutto regolabile
grazie ad una sella che, per la prima volta nella
storia Ducati, può variare in altezza fra i 785 e gli
810 mm, con la possibilità di adottare un’unità
ribassata optional che porta il cavallo a 745 millimetri ma anche una rialzata che lo alza fino a
830. Il coprisella posteriore, che cambia l’aspetto da mono a biposto, viene offerto di serie mentre il serbatoio – per la grande gioia per i tradizionalisti – torna ad essere in pregiato acciaio ed
aumenta la capienza fino a 17,5 litri compensando così la maggior sete del propulsore a quattro
valvole. Stessa filosofia per strumentazione e
comandi, in gran parte mutuati dall’esperienza
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Diavel a partire dalla frizione antisaltellamento
in bagno d’olio (studiata per contenere lo sforzo
richiesto per l’azionamento) e continuare con
la gestione elettronica, che si estende fino alla
splendida strumentazione TFT a colori capace
di gestire tre differenti visualizzazioni sulla base
del riding mode selezionato. Raffinata come si
conviene ad una… DucAudi, passateci il gioco
di parole, l’illuminazione, con un gruppo ottico
anteriore misto alogeno/LED e uno posteriore
integralmente a led. Stona invece un po’ l’assenza della gestione elettronica delle sospensioni
almeno sul modello S, data la maggior versatilità dichiarata. D’altra parte l’accessorio avrebbe
comportato un sostanzioso aumento del prezzo, e in Ducati si dicono più che soddisfatti della
componentistica adottata.
Gemelle diverse
La mancanza è parzialmente compensata dall’adozione di un comparto sospensioni di alto livello per la Monster 1200S: sulla standard troviamo
infatti una forcella rovesciata Kayaba con steli
da 43mm ed un mono Sachs, completamente
regolabile la prima (con taratura idraulica sullo
stelo destro) e con le sole tarature di precarico
ed estensione idraulica il secondo. Più pregiata
e di ben diverso impatto visivo la dotazione della
1200S, che propone un corredo integralmente
Ohlins: forcella con steli da 48 mm e trattamento
TiN di ultima generazione, e monoammortizzatore con serbatoietto di compensazione idraulica a schema piggyback, entrambi naturalmente
completamente regolabili. Le due Monster sono
diverse anche per cerchi ed impianto frenante: la
Prove
1200 si accontenta – si fa per dire – di cerchi in
lega leggera a 10 razze sulla falsariga di quelli utilizzati sulla Panigale, mentre la 1200S vanta inedite unità a tre razze con sezione ad Y lavorate
di macchina. Entrambe ovviamente da 17 pollici,
calzano pneumatici Pirelli Diablo Rosso II, bimescola, nelle misure 120/70 e 190/55. Diverse anche le dotazioni in termini di impianto frenante:
la 1200 è già su un ottimo livello, con pinze radiali
monoblocco M4-32 a quattro pistoncini e dischi
da 320 mm, mentre la 1200S esagera riproponendo di sana pianta i freni della Panigale – pinze
M50 e dischi da 330 millimetri. In entrambi i casi
la Monster 1200 offre prestazioni deceleranti di
primissimo piano, risultando la Ducati meglio
frenata in assoluto: rispetto alla vecchia Monster
1100 a parità di sforzo sulla leva sulla 1200 si
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ottiene un miglioramento della potenza decelerante del 18%, mentre con la S si va addirittura
oltre, con un valore superiore del 19% rispetto
alla versione base. L’azione è comunque sempre
supervisionata dall’ABS Bosch 9MP a tre livelli
d’intervento, integrato con la gestione elettronica Ducati Safety Pack. Il sistema coordina infatti
la gestione del sistema antibloccaggio (disinseribile per chi proprio non può fare a meno di un po’
di stunting…), della risposta dell’acceleratore e
del controllo di trazione, regolabile su otto livelli
d’intervento. A differenza di altre implementazioni, qui il DTC agisce sull’anticipo d’accensione, addolcendo l’erogazione in maniera molto
più rapida ma anche più dolce e quindi compatibile con la guida sportiva rispetto all’azione sui
corpi farfallati. Gli otto livelli d’intervento propongono un valore di default (riprogrammabile a
piacimento dall’utente, che può contare sulla sicurezza del… poter riportare tutto ai valori iniziali
attraverso un comando del menu) in accordo ai
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tre riding modes offerti: Sport, Touring e Urban.
In modalità Sport e Touring la potenza è quella
massima disponibile, ma mentre la seconda propone una risposta addolcita dell’acceleratore ed
un intervento prudenziale dell’antibloccaggio e
del controllo di trazione, la prima lascia un maggior controllo al pilota. La Urban è invece calmierata nella potenza, limitata a 100 cavalli, e decisamente più conservativa nella gestione di ABS
e traction control.
In sella
La posizione di guida è cambiata e si sente: mani
e piedi “cadono” più naturalmente al loro posto,
anche se dobbiamo registrare la fastidiosa interferenza dei supporti pedana del passeggero con
il tallone del pilota quando si guida sulle punte.
Niente di grave, perché nella guida rilassata si
possono usare come veri e propri appoggi supplementari, ma il contatto infastidisce un po’
quando invece si desidera guidare di corpo, con
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i piedi poggiati in punta. Il display è chiaro e leggibile, con lo sfondo che reagisce ai cambi di illuminazione diventando chiaro o scuro ed offrendo sempre la visualizzazione ottimale. Piacevoli
all’azionamento anche tutti i comandi a manubrio: la leva della frizione, in particolare, offre uno
sforzo contenuto ed una buona progressività, e il
comando acceleratore ride-by-wire non soffre di
quel senso di scollegamento fra manopola e corpi farfallati che si percepisce altrove. Attenzione
però al comando del freno posteriore: chi ama
chiamarlo in causa in città o nella guida sportiva
per chiudere la traiettoria deve fare i conti con
una corsa eccessiva del pedale che richiede un
movimento un po’ troppo ampio. In città la Monster 1200 si dimostra sicuramente più accessibile rispetto alla precedente: l’aumento di agilità si
percepisce immediatamente e in modalità Urban
il motore è veramente dolcissimo nell’erogazione fin da regimi che non dovrebbero venire contemplati da un bicilindrico – la frizione si chiama
Prove
in causa solo quando ci si ferma, e non è quasi
mai necessario accarezzarla nemmeno ad andature da parata. Gli specchietti offrono una buona funzionalità, e i freni non mettono mai in crisi
nemmeno i meno esperti con attacchi bruschi.
Bisogna però fare i conti con una taratura delle
sospensioni da sportiva: si percepisce una scorrevolezza davvero elevata, ma l’idraulica molto
frenata lascia passare qualche sollecitazione soprattutto sul retrotreno, scaricando sulla schiena del pilota gobbe e buche.
Fuori si gode
Basta però uscire fuori dai centri urbani perché
l’assetto inizi ad avere senso: agile ma composta, la 1200S ripaga con un grande gusto tanto la
guida decisa quanto quella più pennellata. Inserendo la modalità Touring la schiena del motore
si fa bella robusta, il tono allo scarico maschio e
gratificante anche se ai bassi regimi – fino a circa 3.000 giri di strumento – si avverte qualche
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montagna più alta di Spagna (oltre 3.000 metri).
L’asfalto qui è semplicemente strepitoso – è realizzato con una mescola che contiene lava, abrasivissima e contraddistinta da un grip da pista – e
la strada ha un andamento che solletica gli istinti
peggiori del motociclista sportivo. Mettiamo subito la modalità Sport e la Monster ci ripaga con
la cattiveria delle sportive più spinte. Il motore,
già muscolosissimo in Touring, ruggisce come un
leone e si mangia una marcia dietro l’altra; attenzione però perché se si vuole tirare fuori il meglio
dalla Monster 1200 servono decisione, concentrazione ed un po’ di esperienza, perché gestire
tanto motore unita a tanta agilità può portarvi
facilmente a mettervi nei guai. Fortunatamente
basta però chiamare in causa i freni - potenti,
modulabili e mai troppo aggressivi nell’attacco come su alcune Ducati del passato - perché
tutto ritorni immediatamente sotto controllo. La
Monster si ferma con grinta e la situazione torna
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fastidioso strappo. Irregolarità che si perdonano volentieri, perché la notevole agilità gratifica
e blandisce la guida sportiva senza presentare
il conto in termini di rigore direzionale: anche a
velocità rispettabili (limitate solo dalla totale assenza di qualsivoglia protezione aerodinamica,
che rende le escursioni sopra le andature autostradali faccende da riservarsi a brevi assaggi)
l’avantreno fila dritto come un fuso, e in percorrenza si gode di una stabilità che incoraggia ad
esplorare gli elevati limiti di piega concessi dalla
ciclistica. Solo negli inserimenti più grintosi o sulle discese più marcate è possibile percepire una
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relativa carenza di feeling dovuta alla leggerezza
dell’avantreno. La sensazione è comunque molto leggera e svanisce una volta iscritta la moto in
traiettoria: l’anteriore torna a farsi rassicurante
e preciso, e in uscita non c’è traccia di quel sottosterzo che un interasse tanto consistente potrebbe far prevedere. Dove invece il bicilindrico
potrebbe fare di più è in fase di allungo: la progressione, dopo la secca “castagna” ai medi si
appiattisce sensibilmente oltre i 7.500. I giri continuano a salire, ma l’allungo – sull’onda dell’entusiasmo dovuto alla progressione sottostante –
risulta un po’ troppo diluito. Nella guida stradale
Prove
il limite non si sente, dato che la Monster vi porta
a surfare sull’onda della coppia con tanta goduria e il contorno di gustosissimi alleggerimenti
dell’avantreno in uscita di curva, ma chi volesse
dare sollievo a qualche prurito pistaiolo potrebbe
sentire la mancanza di un po’ di cattiveria in più
nei pressi della zona rossa.
Tanta roba
La nostra prova ci porta sulle strade che circondano il meraviglioso parco naturale del Teide,
una riserva naturale patrimonio dell’Unesco
che circonda un vulcano che vanta il primato di
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alla normalità. Resta purtroppo anche qui un po’
di rimpianto per un allungo sottotono, ma vi assicuriamo che quel poco di ginnastica richiesta
al piede sinistro per snocciolare le marce viene
ampiamente ripagato dalla spinta – cattivissima
ma progressiva – che il Testastretta sa imprimere alla Monster 1200S. Se questa Monster ha un
pregio, infatti, è quello di saper conquistare tanto chi non subiva troppo il fascino dei precedenti
due valvole, quanto i più rigorosi integralisti del
Pompone che scopriranno come con due valvole
(per cilindro) in più la Monster 1200 sa restare
fedele a quello spirito che la guida fin dalle prime edizioni. Anche chi non ha amato le S4 per il
comportamento del loro propulsore troverà nella
1200 il meglio dei due mondi: la spinta vigorosa
che ha creato la leggenda del bicilindrico bolognese – e della Monster con lei – e la raffinatezza
tecnica e di comportamento delle più recenti unità Testastretta.
Ducati Monster 1200 S € 15.990
Tempi: 4
Cilindri: 2
Cilindrata: 1198.4 cc
Disposizione cilindri: a L
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Potenza: 145 cv (108.7 kW) / 8750 giri
Coppia: 12.7 kgm (124.5 Nm) / 7250 giri
Marce: 6
Freni: DD-D
Misure freni: 320-245 mm
Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 182 kg
Lunghezza: 2121 mm
Altezza sella: 785 mm
Capacità serbatoio: 17.5 l
Segmento: Naked
ABBIGLIAMENTO
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SCHEDA TECNICA
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Prove
Casco HJC RPHA10
Giacca Spidi
Scarpe TCX
Quando la posso avere?
La Monster 1200 sarà disponibile fra pochi giorni in concessionaria in colorazione Rosso Ducati con telaio in tinta e cerchi neri a 13.490 euro,
mentre la 1200S arriverà nella stessa livrea e
in un inedito bianco con telaio bronzo a 15.990
euro. Per entrambe le versioni “S” i cerchi saranno nero lucido. E’ difficile commentare il prezzo
delle due Monster 1200: elevato in termini assoluti, è giustificato da finiture ineccepibili e da
contenuti tecnici e tecnologici di primo piano ed
è comunque allineato alle più recenti supernaked
europee. Proposte rispetto alle quali si sovrappone comunque solo parzialmente, offrendo
un approccio sicuramente più versatile e meno
estremo. Dove altre offrono prestazioni sulla carta più elevate ma allo stesso tempo intimidatorie
e poco sfruttabili su strada, la Monster 1200 sa
dare tantissimo gusto al prezzo di un impegno
sicuramente più contenuto.
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Il ritorno della Low Rider
Nata nel 1977, Low Rider è rapidamente diventato uno dei modelli più significativi e peculiari
della gamma Harley-Davidson. Dopo una lunga e
onorata carriera la custom dura e pura è uscita
di produzione, rientrando poi in gamma adesso
– dopo cinque anni d’assenza – contraddistinta
da un accurato studio ergonomico che dovrebbe
renderla ancora più apprezzata e popolare. La
base tecnica conta sul motore Twin Cam 103 (in
versione con coppia di 126 Nm, iniezione elettronica e cambio Cruise Drive a sei rapporti) e sul
telaio Dyna, dotato di forcella con steli da ben 49
mm e nuovi ammortizzatori posteriori dotati di
molle progressive e regolazione del precarico.
L’impianto frenante conta su un doppio disco
anteriore, naturalmente dotato di ABS di serie
nei paesi europei. Fin qui niente di strano, mentre se si passa ad osservare la posizione di guida
Harley-Davidson
altre tre nuove versioni
nella gamma 2014
News
le cose cambiano: grazie ad un accurato studio
ergonomico da parte della Casa madre la nuova
Low Rider si adatta al meglio ad un’ampia gamma di piloti potendo modificare la triangolazione
manubrio/sella/pedane come mai prima su una
Harley-Davidson. Pur restando fedele alla sua
caratteristica identificativa – la sella è bassissima, a soli 680mm da terra – la Low Rider è infatti
in grado di modificare in maniera significativa la
posizione del pilota grazie alle possibilità offerte
da una seduta regolabile su due posizioni (avanzata o arretrata, con 38 mm di differenza) e un
manubrio dal supporto anch’esso regolabile, integrato nella visiera faro. Le pedane sono state
spostate avanti di 51 mm rispetto alla posizione
intermedia della Dyna, seguendo le indicazioni
di diversi motociclisti ma anche avanzate simulazioni al computer del tipo impiegato nell’industria automobilistica.
Media
di Edoardo Licciardello | La Casa di Milwaukee ci sorprende con tre
nuove versioni che si aggiungono alle novità già presentate. Ritorna
la Low Rider, la SuperLow si fa turistica e arriva la Street Bob Special
Edition
H
arley-Davidson non sembra conoscere momenti di stanca: dopo le
epocali novità delle touring Project
Rushmore con raffreddamento a liquido, l’arrivo dell’ABS sulla gamma Sportster e
l’introduzione della Street 750 (ma anche l’introduzione di CVO Softail Deluxe e il restyling della
Dyna Fat Bob) il mese di marzo vede il ritorno
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sulle scene della rétro Low Rider e della cattivissima special di serie Street Bob Special Edition,
nonché la nascita di SuperLow 1200T. Non è un
caso se a Milwaukee sottolineano con orgoglio
come si tratti del lancio di novità più consistente nei 110 anni di vita dell’azienda, a conferma di
come Harley-Davidson abbia saputo reagire e
superare il periodo di crisi.
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punti di ancoraggio a sgancio rapido che consentono di aggiungere facilmente uno schienale
o un portapacchi. La sella è una touring ribassata
biposto; la posizione dei piedi del pilota è stata
avanzata di 7.5cm rispetto al SuperLow 883 per
rendere più facile poggiare i piedi a terra e azionare il cavalletto laterale.
Street Bob Special Edition
Più cavalli e più stile, queste le premesse alla
base della nascita della Special Edition della
Street Bob in versione 2014. Il primo obiettivo viene ottenuto adottando il motore da
1690 cc Twin Cam 103 (130 Nm di coppia) con
SuperLow 1200T, la sportiva
da turismo
L’immaginario collettivo – soprattutto quello di
chi motociclista non è – identifica le Harley-Davidson come moto per grandi viaggi sulle lunghe
strade statunitensi. Per rendere la SuperLow
più adatta a questo tipo di impiego, a Milwaukee
hanno pensato di prendere un telaio SuperLow,
abbinargli il motore Evolution 1200 e dotarla di
nuove componenti ciclistiche ed accessori più
adatti all’uso turistico senza compromettere le
doti fondamentali di accessibilità anche ai motociclisti meno alti, prendendo ispirazione da
personalizzazioni già effettuate da diversi clienti H-D. Il motore è l’Evolution 1200 ad iniezione
elettronica (coppia dichiarata: 96 Nm a 3.750
giri) verniciato in nero a polvere; la base tecnico/
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News
trasmissione Cruise Drive a sei rapporti e scarichi “shorty” gemellati cromati con taglio dritto. La questione stile viene invece risolta sulla
bobber H-D adottando un’affascinante livrea
bicolore rosso/argento denominata Dominator con fregi decorativi, cerchi in lega a cinque
razze (con freni a disco naturalmente governati dall’ABS), sella biposto Badlander, comandi
avanzati e manubrio Drag al posto del mini-ape
di serie. Per il resto il modello mantiene tutte le
caratteristiche principali dell’essenziale Street
Bob su cui viene allestito- parafango posteriore
corto, serbatoio del carburante Fat Bob e gruppo
motore-trasmissione di colore nero.
ciclistica rimane coerente con le caratteristiche
di guida definite per la SuperLow 883. Le misure
caratteristiche sono state pensate per rendere la
moto più maneggevole e gestibile in collaborazione con sospensioni tarate specificamente per
l’uso turistico ed un monoammortizzatore regolabile nel precarico per adattarsi ai diversi carichi
della guida a solo, con passeggero e/o bagagli.
Un occhio speciale per la sicurezza nell’impianto
frenante, che conta su un disco anteriore da 300
mm ed uno posteriore da 260, entrambi lavorati
da pinze a doppio pistoncino e raccordi in treccia aeronautica. Tutto l’impianto è naturalmente
controllato dal sistema ABS di serie. Le caratteristiche Touring vengono valorizzate da borse
laterali con serratura e parabrezza rimovibile;
il sistema di montaggio delle borse comprende
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E’
presto per parlare di inversione
di tendenza, ma i prime due mesi
dell’anno hanno mostrato buoni
segnali di ripresa, con febbraio addirittura migliorato rispetto a gennaio. A febbraio
di quest’anno le registrazioni di scooter e moto
oltre 50 cc hanno infatti segnato un +10,2%,
mentre un anno fa la perdita era stata del 23,6%
rispetto allo stesso mese del 2012. A febbraio
sono state immatricolate 4.407 moto, il 15,1% in
più rispetto a un anno fa, mentre gli scooter sono
tornati finalmente in positivo – non accadeva da
moltissimo tempo - registrando 5.263 immatricolazioni pari a un +6,5%. Febbraio pesa attorno al 6% nelle vendite annuali, in pratica come il
mese di gennaio. Interessante andare a un anno
fa per un raffronto, quando le moto perdevano
invece il 13,6% e gli scooter quasi il 30% rispetto
allo stesso periodo del 2012. E già questa è una
buona notizia. Prosegue, all’opposto, la costante
emorragia dei cinquantini, che anche a febbraio
hanno lasciato sul campo il 17,9%: un anno fa la
perdita era stata ben superiore, ma siamo scesi
a livelli davvero minimi: appena 1.575 registrazioni.
Mercato a febbraio
Moto e scooter tornano a +10%
di Maurizio Gissi | Per il terzo mese di fila le vendite delle moto
mostrano il segno positivo e a febbraio anche gli scooter sono
tornati in attivo: il totale immatricolato registra un buon +10,2%.
Continuano invece a perdere, anche se un po’ meno, i cinquantini
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La Top 100 moto di febbraio
Ci sono cinque novità 2014 nei primi sette posti nelle vendite di febbraio. Oltre al prevedibile
andamento positivo delle due GS BMW risalta
l’affermazio delle due naked Yamaha della nuova serie MT, in questo caso si tratta di modelli
concepiti proprio come risposta alla crisi che ha
colpito l’economia in generale e quindi le vendite
anche di moto degli ultimi anni. Per trovare una
moto con cilindrata attorno ai 600 cc, un tempo
la più importante, occorre scendere al 15° posto:
prima ci sono tutte moto di cubatura maggiore,
spesso superiori al litro di cilindrata.
News
La Top 100 Scooter di febbraio
Honda piazza quattro modelli ai primi quattro
posti e la Integra diventa la prima fra i maxi scooter. I modelli a ruote alte monopolizzano il grosso delle vendite. Interessante la prestazione del
Kawasaki J300 che si piazza all’ottavo posto. Yamaha consolida la seconda posizione alle spalle
di Honda.
Il buon avvio del 2014
Nel primo bimestre del 2014 le moto hanno registrato 7.942 vendite, pari a un +10,1% (+4,5%
a gennaio e 15,1% a febbraio). Gli scooter hanno
invece totalizzato 10.348 pezzi venduti, pari a
-5,4% rispetto a un anno prima (-15% a gennaio e +6,5% a febbraio). L’approfondimento per
cilindrata mostra un consolidamento di volumi a
partire dagli scooter tra 300 e 500 cc con 3.363
veicoli e un +8,1%, segmento comunque più importante, seguito dai 125 con 3.242 unità e un
-3,5%. Sempre in calo le cilindrate da 150 fino a
250 con 2.908 pezzi, pari al -19,3%, mentre regge meglio il segmento dei maxiscooter oltre 500
con 835 vendite e un -3,0%. Fra le moto l’andamento delle cilindrate è differenziato. Quelle
superiori ai 1000 cc registrano 2.618 pezzi e un
ottimo +34,2%. A seguire i volumi delle moto
tra 800 e 1000 con 1.733 unità, e un +1,5%. Le
medie cilindrate tra 650 e 750, con 1.269 moto,
si attestano a +4,7%. Le 600, con solo 136 vendite, crollano a -45,6%. Più vivace il trend delle
moto fra 300 e 500 con 1.192 pezzi e un +14,1%,
le 150-250 con 483 moto e un +8,3% e infine le
125 con 511 moto e un calo pari al -14,8%.
La Top 100 moto dei
primi due mesi del 2014
Il segmento delle enduro stradali, sommato
a quello delle crossover, resta largamentre al
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News
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primo posto nelle preferenze dei motociclisti in
questo inizio di 2014. La GS Adventure è la novità 2014 che va per la maggiore e si piazza al
primo posto assoluto, seguita dalle Honda NC
700 e dalla BMW GS che nel 2013 erano state le
mattatrici del mercato. Seguono poi altre novità
dell’anno: Yamaha MT-09 e 07, BMW RT 1200 e
Suzuki V-Strom 1000, che hanno movimentato
le vendite del nuovo in questo inizio 2014.
La Top 100 scooter dei
primi due mesi del 2014
Non ci sono state novità importanti nel comparto
scooter, niente almeno che possa scalfire la top
24
ten della categoria. E anche più in basso non ci
sono inserimenti imprevisti, a dimostrazione che
le posizioni, i prezzi e le caratteristiche dei modelli sono consolidati. La classifica è dominata da
volti noti e dagli immancabili SH Honda a guidare
il gruppo.
La Top 100 assoluta dei
primi due mesi del 2014
Questa la classifica che vede assieme gli scooter
e le moto più vendute. Non accadeva da tempo
che vi fossero ben tre moto nelle prime sei posizioni, quattro nelle prime dieci. Nel caso di GS
Adventure e MT-09 si tratta di modelli del 2014.
Moto: Le 20 marche più vendute a Scooter: Le 10 marche più
febbraio 2014
vendute a febbraio 2014
Il sorpasso era avvenuto a fine 2013, quando
per la prima volta la BMW era balzata al primo
posto nella categoria moto. Nei primi due mesi
di quest’anno l’arrivo di importanti novità, come
1200 RT e Adventure, hanno consolidato la posizione del marchio tedesco che ha staccato decisamente Honda. Grazie alle nuove MT, Yamaha
risale finalmente a una posizione da podio, quella che tradizionalmente le compete e che aveva
perso l’anno scorso. KTM balza al quarto posto,
facendo meglio di marchi storicamente, o commercialmente, più forti.
Nel segmento scooter la classifica delle marche
più vendute replica quello che si visto nell’ultimo
anno almeno. Kawasaki entra al settimo posto.
Guarda tutte le classifiche
La Top 100 moto di febbraio
La Top 100 Scooter di febbraio
La Top 100 moto dei primi due mesi del 2014
La Top 100 scooter dei primi due mesi del 2014
La Top 100 assoluta dei primi due mesi del 2014
Moto: Le 20 marche più vendute a febbraio 2014
Scooter: Le 10 marche più vendute a febbraio
2014
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Fiere
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Motodays
Nuovo record per l’edizione 2014
di Alfonso Rago | Sono stati 143.800 i visitatori che hanno varcato i
cancelli della sesta edizione di Motodays a Roma, trovando esposto il
meglio della produzione italiana e mondiale di moto e scooter.
Successo per le aree test delle moto
P
artiamo dai numeri, che non dicono
tutto ma aiutano a capire. Gran parte
del successo di un evento si misura proprio in base agli ingressi: nelle
quattro giornate dei Motodays, da giovedì a domenica scorsa, i visitatori sono stati 143.800,
un dato sostanzialmente in linea con la passata
26
edizione (quando ne furono dichiarati 141.720),
ma che pure identifica un incremento, considerando che lo scorso anno Motodays aveva
ospitato anche i padiglioni BiciLive. «Quest’anno, invece il Salone della Bici si è svolto in febbraio e ha totalizzato, da solo, 18.000 visitatori
- rileva Mauro Giustibelli, Exibition Manager del
Salone - Confermare le cifre del 2013, dunque,
per Motodays equivale ad un cospicuo aumento
di presenze». Le quattro giornate che hanno caratterizzato Motodays hanno dato la possibilità
agli appassionati di ammirare e provare le novità
di moto e scooter, grazie alla presenza quasi al
completo di tutte le Case: Gruppo Piaggio (Aprilia, Moto Guzzi, Piaggio, Vespa e Scarabeo),
Bimota, Ducati e Italmoto (un debutto che meriterà un approfondimento), le quattro marche
giapponesi, BMW, Triumph, Royal Enfield, KTM,
Peugeot e Kymco (all’esordio in terra romana)
e le americane EBR e Harley-Davidson (solo
quest’ultima presente tramite una concessionaria). Insomma, un parterre dal quale mancavano
davvero in pochi, occasione scelta per svelare
alcune succose anteprime: ai Motodays, infatti,
è stato tolto il velo alla nuova Ducati Diavel, al
Peugeot Geopolis 300 R, al Piaggio Beverly S,
all’intera gamma Italmoto e alla nuova “Superbike” EBR 1190 RX, presente per la prima volta ad
un appuntamento europeo. «Anche quest’anno,
a Motodays abbiamo vissuto in pieno la passione
per le due ruote - ha dichiarato l’Amministratore
Unico di Fiera Roma, Mauro Mannocchi - Sono
stati quattro giorni ricchi di appuntamenti, incontri e spettacoli, tante novità da vedere e da provare e tutto questo ha permesso a Fiera Roma
di registrare un nuovo successo. Con questi numeri abbiamo lanciato un messaggio di speranza
a tutto il settore: gli appassionati ci sono, hanno
tanta “voglia di moto” e, da parte nostra, inizieremo a lavorare da subito per organizzare un’edizione 2015 ancora più ricca». Soprattutto in termini di accessori ed abbigliamento, suggeriamo
noi, visto che il prodotto è ben rappresentato:
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ci vorrebbe un ventaglio più ampio di aziende
(ed in Italia ce ne sono tante) di componentistica, caschi, calzature ed abbigliamento; una delle
critiche più comuni riguarda il prezzo d’ingresso,
da tanti ritenuto piuttosto salato, e molto si potrebbe fare per il comfort dei visitatori, in termini
di pulizia e servizi (per esempio, molte delle scale
mobili e dei tapis roulant erano già fermi a partire dal pomeriggio del primo giorno di Fiera, né
si vedevano in giro addetti alla manutenzione).
Terminato l’elenco delle cose da migliorare, torniamo a raccontare l’evento.
Una delle carte vincenti di Motodays, sia per gli
ampi spazi a disposizione sia per le splendide
giornate primaverili che l’hanno accompagnato,
si è confermata la Riding Experience, che permette ai visitatori di salire in sella alla moto dei
sogni dopo averla fotografata negli stand, per
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
un giro nelle aree demo o una gita “on the road”
fuori dai padiglioni di Fiera . Quest’anno erano
in prova gli ultimi modelli Aprilia, Piaggio, KTM,
Kawasaki e Triumph, ma anche Yamaha, Honda, Suzuki e Harley-Davidson: abbiamo raccolto
solo commenti positivi su questo servizio, non limitato ai fruitori finali. Anche da parte delle Case
si rileva l’importanza di avvicinare in modo dinamico i potenziali clienti al prodotto, testandone
l’efficacia e comparando le prestazioni rispetto
ad altri modelli. A Motodays, il pubblico ha potuto incontrare i campioni delle due ruote, tra i
quali i romani Michel Fabrizio e Davide Giugliano,
il campione del mondo Superbike 2011 Carlos
Checa, Marco Melandri e Sylvain Guintoli di Aprilia Racing, Niccolò Canepa e Toni Elias, iridato in
Moto2 nel 2010.
Tra i vip in giro per gli stand, l’attore Marco
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Giallini, l’ex-rugbista Andrea Lo Cicero e le star
radiofoniche DJ Ringo e Giovanni Di Pillo di Virgin
Radio, ma anche Lucia Ocone, Luca Barbarossa,
Andrea Perroni, Max Giusti e Laura Barriales,
Enzo Salvi e Roberto Ciufoli. Iniziative speciali
hanno poi legato le due ruote con il mondo del
sociale e della solidarietà (come la scuola guida
Diversamente Disabili, Garage Italia-Bambini del
deserto) o con il mondo del fuoristrada con “Pilota per un Giorno”.
Grande attenzione Motodays l’ha avuta anche
per la sicurezza stradale, con il supporto della
Polizia di Stato. Presenti anche l’Esercito, con il
simulatore di guida, la Guardia di Finanza, con gli
incontri sulla cultura della legalità, la Polizia Penitenziaria con le unità cinofile, i Carabinieri e la
Polizia Municipale, con una Goldwing donata da
Mr. Honda. L’area tematica “Days on the Road”
Fiere
si è confermato il punto di ritrovo preferito degli
amanti dei viaggi e delle gite fuoriporta, mentre “Kromature” è stato il padiglione dedicato
alle moto custom e cafè racer con il Bike Show
di Bikers Life e contest riservati agli artisti. Per
i motociclisti “old school”, ecco l’area Vintage
riservata alle moto d’epoca: protagoniste dell’edizione 2014 sono state le “Specials of Yesterday” che hanno fatto sognare tante generazioni
di motociclisti e poi memorabilia, oggettistica e
parti di ricambio della Mostra Scambio. Infine,
tra tante due ruote,
Motodays ha lasciato spazio anche alle quattro,
con First-Hand, programma di usato selezionato
e garantito Mercedes-Benz: ben 80 tra Mercedes e Smart d’occasione sono state proposte al
pubblico in visita ai padiglioni della Nuova Fiera
di Roma.
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Claudio Domenicali
“Sviluppare la MotoGP è
fondamentale per le ricadute
sulle ducati di serie”
di Emiliano Perucca Orfei | La presentazione del restyling di Diavel alla
Volkswagen group Night è stata l’occasione per parlare con l’AD Ducati
della gamma attuale, della Open in MotoGP e dell’inizio di campionato
nel Mondiale Superbike
A
Arriva un po’ inaspettato il
nuovo Diavel alla Volkswagen
Night, perché - diciamolo - lo
aspettavamo al prossimo Motodays. Ma a Ducati piace sorprenderci, ed ecco quindi che
i veli sono stati tolti in quel di
Ginevra, in occasione della serata dedicata al gruppo di Ingolstadt. Non potevamo farci
sfuggire l’occasione di fare due
chiacchiere con Claudio Domenicali, iniziando naturalmente
da questo Diavel. «E’ un intervento di restyling che abbiamo
effettuato sulla nostra Sport
Cruiser a tre anni dall’introduzione sul mercato» spiega
l’Amministratore Delegato di
Ducati Motor. «Un modello con
cui abbiamo ottenuto risultati
molto interessanti, perché si
tratta di una moto che propone
un pacchetto inedito per noi una posizione di guida lontana
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dallo stile Ducati, più vicino al
settore Cruiser, ma con una
dinamica di guida ed emozioni
tipicamente nostre»
Proviamo ad entrare un po’
nel dettaglio.
«Per continuare questa serie
positiva abbiamo apportato alcuni interventi migliorativi. Ora
il motore è lo stesso utilizzato
sul Multistrada - un propulsore
evoluto, a doppia accensione,
con iniezione secondaria, più
regolare e fluido ai bassi regimi e quindi gratificante anche
quando si va piano. Ma ci sono
anche diversi interventi estetici, come il nuovo proiettore,
ora completamente a LED, un
impianto di scarico completamente rifatto (che tra l’altro
deriva da un’unità precedentemente proposta come accessorio, ma solo in versione
racing e non omologata. Abbiamo modificato anche la carrozzeria, la sella è più piatta e più
confortevole - insomma, tutta
una serie di interventi che danno al possessore di Diavel una
moto ancora più moderna e
performante»
chiara: l’organizzatore ha scelto di dare la possibilità a chiunque di iscriversi come Open o
come Factory, privilegiando
chiaramente la prima in quanto
considerata il futuro del motociclismo, con un’elettronica definita in toto dall’organizzatore.
Ma chi vuole può continuare
a svilupparsi in proprio la gestione elettronica, sottostando
però ad una serie di limitazioni
che vanno dalla minore disponibilità di benzina fino al dover
sigillare i motori ad inizio anno
e via su questa strada. Per noi,
che partiamo con un ritardo accumulato nelle scorse stagioni,
avere la possibilità di sviluppare la moto e quindi evolvere il
motore durante la stagione è
fondamentale, per cui la scelta
è stata abbastanza semplice:
abbiamo scelto di abbandonare il nostro software accettandone uno che conosciamo
poco per poter sviluppare il
nostro prodotto, con le ovvie
ricadute sul prodotto di serie.
E’ stata una scelta abbastanza
semplice»
La disponibilità di 24 litri, con
motori potenti come i vostri,
può essere un vantaggio sensibile?
«Si, anche se 24 litri non sono
il quantitativo necessario a
terminare una gara - l’organizzatore ha scelto questo limite
per dare a tutti la possibilità di
competere, ma quanti effettivamente serviranno dipenderà dal software che ci verrà
Intervista
messo a disposizione dall’organizzatore stesso. Software
che dobbiamo davvero ancora
conoscere a fondo»
Quindi pensate di non utilizzare tutti e 24 i litri?
«Ripeto: è difficile dirlo: se potessimo utilizzare il software
che usavamo lo scorso anno
certamente no, dipenderà da
quanto si rivelerà evoluto il
software che l’organizzatore ci
metterà a disposizione»
Parliamo di Superbike: come
giudica l’inizio di campionato
di Ducati?
«Direi bene, venivamo da un
2013 complesso, con un primo
anno piuttosto sofferto per la
Panigale. Abbiamo apportato
Ma avete anche appena lanciato una nuova famiglia Monster. Ne arriverà anche una
più piccola? In che tempi?
«Abbiamo appena introdotto
la 1200, dateci tempo. Certo,
abbiamo la tradizione di organizzare il nostro lavoro per famiglie di prodotti, ma è ancora
presto per parlarne...»
Per quanto riguarda la MotoGP Ducati ha deciso di correre in Open. Come commenta Domenicali questa scelta?
«La situazione è abbastanza
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diversi cambiamenti sia dal
punto di vista organizzativo
che da quello dello sviluppo, e
soprattutto dove soffrivamo di
più - le prestazioni del motore
- siamo migliorati molto, abbiamo iniziato la stagione con 6/7
cavalli più dello scorso anno
e a Phillip Island si è visto - la
differenza in velocità di punta
rispetto alla concorrenza si è
praticamente dimezzata, dando un contributo fondamentale
alle prestazioni generali»
Un’ultima domanda: oggi abbiamo visto un forte impegno
del gruppo Volkswagen sulla 24 ore di Le Mans sia con
il brand Audi che con quello
Porsche.
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News
Per quanto riguarda le moto,
invece, Ducati non è impegnata direttamente nell’Endurance.
C’è una richiesta da parte del
gruppo in questo senso?
«Per adesso facciamo MotoGP,
Superbike, Superstock, Superbike tedesca - ci mancherebbero anche le 24 ore! A parte gli
scherzi, le gare di durata sono
sicuramente molto interessanti, ma in questo momento siamo impegnati su un numero di
fronti che ha pochi uguali nel
panorama dei costruttori motociclistici.
Ducati d’altra parte è sinonimo
di sport e competizioni, quindi
siamo qui per assecondare le
richieste dei nostri tifosi!»
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8 marzo
(a proposito, basta con questa noiosa distinzione tra moto e scooter, si può godere di una bella
strada con entrambi!). Una passione, uno sport,
uno stile di vita che ha contagiato anche le ragazze. Oggi sono protagoniste su strada, ma anche
nello sport, nel turismo e - perché no? - nella
moda. Ve lo dimostriamo oggi a modo nostro, festeggiando le donne in moto: dalla nostra tester
Cristina Bacchetti (che presenta di seguito una
divertente guida alle moto per lei), alla campionessa del mondo Chiara Fontanesi, dalla nostra
esperta di lifestyle Babila alla fortissima spagnola Sanz che ha stupito tutti nell’ultima Dakar.
Non perdetevi poi lo speciale dedicato a Joanne
Donn di Ambrosioni. E scaldate i motori della vostra moto, l’8 marzo vogliamo incrociarvi sulle
strade del nostro bellissimo Paese! Buona Festa
della Donna in moto, bikers!
Per le amanti delle classiche
Triumph Bonneville T100
Donne in moto
guida all’acquisto
dei modelli giusti
di Cristina Bacchetti | Pistaiole, turiste, amanti del fuoristrada: sono
sempre di più le donne che vivono la passione per le due ruote da
protagoniste, oltre che da passeggere. In occasione della Festa
della Donna Moto.it vuole pensare a voi!
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L’
8 marzo si è festeggiata la donna e
Moto.it ha dedicato una serie di articoli a questa meravigliosa metà
dell’universo a due ruote. Non
solo passeggere, sorelle, mogli, amiche e fidanzate che condividono con noi questa fantastica
passione, ma anche e soprattutto donne che in
moto ci vanno sempre più spesso e con grande
soddisfazione. Basta fare un giro in una grande
città italiana per scoprire una moltitudine di centaure in sella al loro scooter o alla loro bella moto
La più classica delle classiche: stile retrò, dimensioni ridotte, una classe da perfetta inglesina. E
soprattutto una moto facile, comoda e adatta
per gli spostamenti quotidiani ma anche per le
gite al lago col fidanzato o con le amiche. E poi
l’innegabile fruibilità del bicilindrico, il giusto numero di cavalli, il piacere di una guida tranquilla
e la certezza di non passare inosservate per le
belle livree e le abbondanti cromature. La Bonneville T100 costa 9.950 Euro, la versione classica 8.040.
Per le viaggiatrici
Suzuki V-Strom 650
Per chi invece vuole spingersi un po’ più fuori
città e sogna viaggi da vera tourer, il nostro consiglio guarda alla V-Strom 650: l’ultimo restyling
l’ha resa più snella ed equilibrata, la comodità
sulle lunghe percorrenze è assicurata, così come
la protezione dall’aria. Suzuki propone inoltre
numerosi accessori per personalizzare la sua
endurona e renderla ancora più votata al viaggio:
il kit Urban comprende il plexiglas Touring
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8 marzo
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dotato di spoiler superiore regolabile, i paramani,
il cavalletto centrale e il puntale inferiore; mentre
il kit Traveller aggiunge le manopole termiche, il
bauletto in plastica con relativo supporto, le barre paramotore e la presa 12 Volt. Ultimo ma non
ultimo, l’ABS è di serie. La Suzuki V-Strom 650
costa 8.590 Euro.
Per cominciare, ma con grinta
Yamaha MT-07
Bella, economica, facile e con quel tocco grintoso che tutto la fa sembrare meno che una
entry-level. La sella è bassa (solo 805 mm da
terra), l’erogazione pronta ma fluida, la frizione
morbida: una moto perfetta per cominciare ma
che, quando un po’ strapazzata, non manca di
rivelarsi veloce e divertente, oltre che
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particolarmente votata alla piega. Di sicuro fa
gola il prezzo: con 5.690 Euro ci si porta a casa
una naked di tutto rispetto, con 500 Euro in più
anche la sicurezza dell’ABS.
Supermotard? Sì, ma con le borse
Ducati Hyperstrada
La Hyperstrada racchiude davvero tre moto in
una: è agile in città, divertente quando serve e,
all’occorrenza, si trasforma in una piccola viaggiatrice. E poi ha le borse! Concetto che normalmente va in conflitto con l’idea di sportività
data dalla scritta Ducati sul serbatoio ma che…
quanto è importante per noi fanciulle? Le due
borse laterali non stravolgono la linea snella della
Hyper e sono adatte per riporre gli oggetti che
portiamo quotidianamente con noi, così come
per qualche weekend fuoriporta o la domenica
al mare. Unico neo: l’altezza della sella. Gli 850
mm da terra sono tanti, ma le soluzioni ci sono: la
sella più bassa, che toglie 20 mm all’imbottitura
e vi porta a sedere a 830 mm dal suolo; l’assetto Low: qui ad abbassarsi di 20 mm è proprio la
moto, con la corsa della forcella e del mono accorciata di 20 mm; e la versione Low con sella
bassa: 810 mm sono alla portata di - quasi - tutte.
Hyperstrada costa 12.790 Euro.
Nuda di carattere MV Brutale 675
Leggera, compatta, brillante e soprattutto bella!
La piccola della famiglia Brutale fa battere il cuore alle più modaiole e risulta facile nonostante
la grinta infinita che dimostra su strada. Grinta
“modulabile”, grazie alle 4 mappature del mo-
tore: Rain, Normal, Sport e Custom, personalizzabili dal guidatore che può intervenire sulle regolazioni di potenza, freno motore, risposta del
gas, controllo di trazione. Anche il prezzo, 8.990
Euro con contenuti tecnologi all’avanguardia e
soprattutto quel bel logo sul serbatoio, ci piace!
Una special, ma di serie
BMW R NineT
Debutterà sul mercato il 15 marzo, giusto in tempo per l’inizio della stagione, ma ha già fatto parlare di sé: il nome è un omaggio al ricorrere del
novantesimo anniversario della Casa tedesca,
oltre che alla mitica R90s. Tante le possibilità
di personalizzazione, in primis quella di poterla trasformare in monoposto, e poi lo scarico:
Akrapovic propone un’alternativa in titanio e
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caratteristiche di una vera custom, con la facilità
di una sella decisamente low e un’infinita lista di
accessori per la personalizzazione. La moto utilizzata per la nostra prova qualche anno fa, con
moltissimi particolari cromati e di strass, fece
brillare gli occhi a non poche fanciulle! Il prezzo
della versione base è di 8.900 Euro.
Una tipa fuori… strada!
KTM EXC 250 F 4t
Questo sì che è uno sport da uomini! O da vere
dure! La nostra Chiara Fontanesi ci ha recentemente dimostrato che anche il fuoristrada, sicuramente la più dura tra le discipline motociclistiche, è alla portata anche delle donne. E per chi di
voi volesse avvicinarsi a questa bella avventura
ci sentiamo di consigliare una piccola duemmezzo 4 tempi, come la KTM EXC 250. La cilindrata
non è esasperata e il 4 tempi non mette in difficoltà le meno esperte come invece rischierebbe
di fare un 2 tempi. Forse gli abiti del fuoristrada
carbonio con andamento del collettore personalizzabile. La NineT sarà sicuramente oggetto di
attenzioni da parte di molti preparatori e customizer. Partendo una base di 15.400 Euro potrete
creare la vostra special, oppure tenerla così: una
vera special di serie.
portabandiera dei colori di Akashi? La Ninja piace alle donne e ancor di più nella sua ultima versione che sfoggia linee tese ma rimane compatta
e cattivissima! Costa 12.290 Euro ma, si sa, non
stiamo parlando di una moto facilissima: consigliabile la versione con ABS a 1.000 Euro in più.
Se sogni la SBK
Kawasaki Ninja ZX6-R 636
Il grande amore delle donne,
il custom
Harley-Davidson 883 Superlow
Sono tante le fanciulle che si sono appassionate
alle gare e non si perdono una tappa del Motomondiale o della SBK. Sono poi quelle che incrociamo sulle strade nascoste da tute in pelle
e caschi integrali, le più sportive della categoria. E, soprattutto dopo il successo delle verdone nell’ultimo Mondiale SBK, come non farsi
46
8 marzo
non ci rendono giustizia, ma una bella giornata di
enduro, con ritorno a casa stanche e infangate
non ha prezzo! Il prezzo della EXC, invece, è di
9.069 Euro.
Voglio la moto, ma comoda come
uno scooter Honda Integra 750
A vederlo così si direbbe di avere a che fare con
uno scooterone, ma non è del tutto vero: la ciclistica, l’impostazione di guida e il bel motorone da
745 cc fanno sì che in sella all’Integra ci si senta
un po’ motocicliste.
Con la blasonata indole intuitiva dei mezzi Honda
e una forte vocazione sportiva ci si può divertire
fuori porta e avere, al contempo, uno scooter per
andare al lavoro. Integra costa 9.090 nele colorazioni classiche Matt Pearl Glare White o Matt
Bullet Silver, e 100 euro in più per le nuove colorazioni “S”: Pearl Glare White Tricolour e Matt
Gunpowder Black Metallic, entrambe con cerchi
color oro.
E’ forse il Marchio più amato dal gentil sesso, un
po’ perché evoca sogni americani, un po’ per l’idea che la moto custom sia più facile per la sella
bassa, la posizione comoda. Non è sempre così,
lo sappiamo bene, ma per questo ci sono le 883!
Nella versione Superlow, poi, ci sono tutte le
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Villa Chiericati, maestosa facciata con lungo viale d’entrata ma soprattutto un ampio dominio
sulla campagna che fin dai tempi remoti è coltivata a riso.
Giusto una breve pausa e subito in sella, la direzione è nuovamente quella di Orgiano, dove ai
piedi dei colli Berici s’incontra Villa Fracanzan
Piovene di Francesco Muttoni, architetto barocco, importante la sua bellezza per l’architettura
e per i giochi di stile su muratura e ferro battuto,
come molto particolare è pure la location con
l’entrata principale sul lato nord a ridosso della strada principale. Il suo giardino si sviuluppa
sulla collina, mentre la facciata della villa si apre
verso sud in una immensa campagna.
Babila festeggia l’8 marzo
sui Colli Berici con la
Triumph Scrambler
Life Style
Lonigo, tempio sacro
dello speedway
Proseguendo in questo itinerario mozzafiato
in direzione di Lonigo, mi diverto a fare curve e
contro curve con andatura allegra ma non troppo, così da potermi godere anche qualche scorcio delle colline circostanti. Galvanizzata dal bel
tempo, sono arrivata a Lonigo, ho pensato che
non c’è nulla di più bello per un appassionato di
moto che fare visita al tempio dei tasselli chiodati, e quindi un inchino alla pista da Speedway! Chi
ama i traversi qui può veramente vederne delle
belle. Forse la mia moto non è adatta a questa
specialità, ma sicuramente merita un assaggio del terriccio di questa pista. Che emozione
Media
Sole, strade da sogno, una pista leggendaria e una bella moto inglese:
what else? Babila ci presenta un modo suggestivo e indubbiamente
bello per festeggiare una giornata molto speciale
C
iao a tutti. Oggi vi propongo un bel
giro, che potreste replicare l’8 marzo per togliere un po’ di ruggine
dalla vostra moto e per festeggiare
la festa della donna. O, meglio, della centaura!
Questa volta sono andata sui Colli Berici con la
Triumph Scrambler. Una gita breve che mi ha
portato alla scoperta delle meravigliose Ville
Venete che circondano le terre vicentine, tutte
ancora ben conservate. Ho trovato una giornata
splendida, primaverile, il sole si è fatto davvero
apprezzare e sono sicura che ci bacerà tutte anche sabato 8 marzo!
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Pronti? Si parte!
Il mio itinerario è iniziato a Vicenza, e da qui mi
sono diretta verso la strada della Riviera Berica, dove dopo pochi chilometri si trova subito e
ben visibile anche dalla strada principale la Villa
Almerico Capra detta “La Rotonda” di Andrea
Palladio, uno splendore anche internamente,
circondata dalla maestosità del giardino aperto,
si può ammirare la città di Vicenza, veramente
affascinante. Proseguendo la Scrambler mi porta bella allegra verso la strada statale che va a
Padova e in questa direttrice in località di Vancimulio si nota un’altra bellezza del Palladio,
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pensare a quanta passione ci mettono i piloti
che per gran parte della loro carriera decidono di
guidare monocilindrici potentissimi e velocissimi
e per di più senza freni. Follia? No, è solo tanto
amore. Per non farmi trascinare dalla voglia di
provare qualche pericolosa derapata, mi dirigo
verso le vicinissime colline e mi spingo in sterrati
dove il divertimento sale a mille. La Scrambler
si fa portare ovunque, ammortizzatori e forcella
regolati al punto giusto, freni ben rapportati alle
prestazioni e all’uso: mi sono davvero divertita a
percorrere le stradine nelle colline di Lonigo e da
qui sono arrivata all’ultima delle visite che mi ero
prefissata, la Villa Pisani detta “La Rocca”. E’ una
villa in perfetto stile palladiano che mi è piaciuta
soprattutto perché domina la pianure e la cittadina, ma ancora meglio per la sua dimensione
che direi quasi a misura d’uomo. Veloce pausa
caffè prima del rientro al Garden Caffè di Lonigo
nell’ippodromo nel cuore del paese. La moto si è
comportata molto bene. I consumi sono stati ridotti e anche questo è un vantaggio. La seduta è
comoda e a una buona distanza da terra, perfetta per noi donne per i movimenti veloci e di emergenza nella guida impegnativa e sullo sterrato. Il
manubrio è largo, la maneggevolezza è accompagnata da un cambio con innesti precisi, che
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News
trasmettono la potenza docile di 59 cavalli, giusti
e direi anche semplici. Lo scarico alto non è così
invadente come potrebbe sembrare. In questa
giornata di libertà ho indossato abiti comodi e
versatili: un pantalone skinny color senape con
stivaletto biker nero calzato sopra i pantaloni,
una giacca in pelle nera della collezione donna
Triumph con protezioni su spalle e gomiti, dotata
di membrana termica all’interno. La giacca è lunga oltre i fianchi e sugli stessi arricciata, è impreziosita sulle spalle da una fetuccia a scacchi che
la rende sportiveggiante, è perfetta per una moto
dallo stile classico e per una donna che vuole un
capo stiloso per andare in moto in qualsiasi occasione. Avete notato il mio casco? E’ vintage, ma
non è d’epoca: è il nuovo Premier Trophy, che riprende lo stile dei caschi da corsa degli anni ‘70,
ma con la sicurezza (e l’omologazione!) di oggi. I
guanti sono anch’essi della nuova collezione lady
Triumph in pelle nera dal taglio tecnico e corti.
Per completare il vestiario e essere in sintonia
con lo stile che ho scelto oggi, ho indossato un
grande foulard con stampa con tema British, è
un accessorio che non dovrebbe mai mancare
soprattutto in una stagione come questa dove
le insidie dell’aria fredda sono sempre presenti.
See you soon!
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8 marzo
Chiara Fontanesi
due volte mondiale. Con il sorriso
di Edoardo Licciardello | Tre volte campionessa nazionale, due volte
iridata: la giovane parmense sta dominando il panorama crossistico
con un’autorità che ricorda le più grandi leggende del cross
N
Nel mondo tradizionalmente
conservatore del motociclismo è ancora raro vedere una
donna pilota, men che meno
di successo. Figuriamoci nel
cross dove fango, fatica e dolore stridono con un immagine
femminile dolce e delicata, al
massimo civettuola dell’immaginario collettivo. Non fossero
bastate le imprese di Loretta
Lynn e Stefania Baù nel cross
e nel Supercross americano
forse ci riuscirà Chiara Fontanesi (o Kiara, come piace farsi
chiamare a questa grintosa ragazza parmense che compirà
vent’anni fra pochi giorni) che
lo scorso anno ha conquistato il suo secondo titolo iridato
WMX. La sua storia non è diversa da quella di tanti coetanei dell’altro sesso: Chiara ha
iniziato ad andare in moto da
piccolissima, allenandosi spesso insieme al fratello maggiore.
Il talento c’era e le gare sono arrivate di conseguenza. A tredici
anni Kiara va negli USA e conquista il Loretta Lynn’s Vault,
trofeo riservato alle crossiste
52
amatoriali; l’anno successivo
vince la Coppa Italia di cross
nella categoria femminile. Nel
2009 partecipa al mondiale e,
a soli 15 anni, vince la sua prima manche iridata a Lierop, in
Belgio. Una prestazione che la
fa credere ancora di più nelle
sue possibilità: nel 2010 vince
l’Italiano con punteggio pieno
e chiude quarta il suo secondo
Mondiale, l’anno successivo
conquista il terzo titolo nazionale e diventa vicecampionessa.
Nel 2012 vince il Mondiale femminile, prestazione replicata
l’anno seguente prima di togliersi lo sfizio di tornare negli
USA per correre nel National
(il campionato di cross outdoor statunitense) e chiudere la
stagione 2013 con la vittoria al
Supercross di Ginevra. In occasione della ricorrenza dell’8
marzo, Festa della Donna, abbiamo pensato di farle qualche
domanda, fra il serio e il faceto,
per capire meglio… cosa significhi essere una crossista in un
mondo di uomini.
Iniziamo con una domanda
provocatoria: perché il cross
e non la danza, o la pallavolo,
o… uno sport “da donna”?
«Perché vado in moto praticamente da quando sono nata. I
miei genitori hanno comprato
la moto a mio fratello e già che
c’erano ne presero una anche
per me che avevo tre anni e
mezzo. Da lì arrivare alla pratica sportiva è stato un percorso
naturale».
Che difficoltà hai incontrato
all’inizio della tua carriera per
entrare da donna in un mondo
di uomini?
«Sinceramente nessuna: avendo sempre frequentato l’ambiente fin da quando ero una
bambina conoscevo tutto e tutti, e tutti conoscevano me. Posso dire che è stato tutto molto
naturale».
E’ incoraggiante, soprattutto
ora che l’immagine delle donne
in moto si sta sempre più sdoganando dai preconcetti citati
prima. Ma è anche vero che
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Media
due campionati separati fanno
si che ci sia ancora un certo atteggiamento di sufficienza verso il cross femminile.
Chiara, data la sua esperienza, è la persona più indicata
per darci un parere sul livello
del cross femminile rispetto a
quello maschile.
«E’ difficile da dire perché la
situazione è in costante evoluzione.
I nostri tempi sul giro si avvicinano anno dopo anno a quelli
degli uomini, la differenza è
sempre minore».
54
Quindi… quanto dovremo
aspettare per vedere una ragazza che se la gioca con i migliori degli uomini?
«Non saprei, ma non so nemmeno se sia una cosa auspicabile. Come in altri sport ci sono
due campionati separati e direi
che va bene così».
Dov’è che i maschi sono ancora avvantaggiati, se lo sono?
«Principalmente nel fatto che
corrono più spesso di noi,
hanno un calendario più fitto
e una maggiore intensità nelle gare, quindi il livello della
8 marzo
Cosa consigli ad una ragazza che vuole intraprendere la
carriera sportiva di crossista?
«Dipende tutto da quali sono
le sue ambizioni. Se vuole solo
girare per gusto personale che
vada e pensi a divertirsi, senza
farsi troppi problemi. Se invece
vuole iniziare a correre davvero, magari puntando in alto…
che sia preparata a farsi un
mazzo così!».
competizione cresce naturalmente».
Essere una donna, invece, può
dare un vantaggio sotto altri
aspetti?
«Non so, è difficile da dire. Il
punto è che per arrivare ad alti
livelli, per vincere, ci sono tantissimi aspetti sia fisici che tecnici che psicologici importantissimi, che devono essere al
100% quindi, se anche riuscissi
ad isolare un solo aspetto in cui
c’è un vantaggio… sarebbe comunque un solo tassello di un
puzzle gigantesco».
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8 marzo
Joanne Donn
nuovo riferimento del web
per le motocicliste USA
di Pietro Ambrosioni | Ho conosciuto la minuscola Joanne Donn nel
2010. Sapevo del suo blog GearChic.com, ma è anche Showroom
Associate di RevZilla, in assoluto uno dei più vivaci e rampanti
business/store nel settore moto
Q
Questa settimana interrompo il
mio resoconto del C2C2C (Coast to Coast to Coast) per celebrare la Festa della Donna. Lo
faccio ovviamente da un punto
di vista motociclistico, presentandovi un personaggio del
tutto improbabile, che in pochi
anni è saputa diventare il punto di riferimento per le “donne
a due ruote” qui negli USA. Ho
conosciuto la minuscola Joanne Donn nel 2010 alla Fiera IMS
di San Mateo, alle porte di San
Francisco. Sapevo del suo blog
GearChic.com ma non avevo
mai avuto occasione di conoscerla: il nostro primo incontro
si è risolto in una serie di convenevoli e via, ognuno per la sua
strada. Per puro caso ci siamo
poi trovati allo stesso tavolo a
cena, nel corso di un Bike Show
a Los Angeles, e da quel momento è nato un bel rapporto
di reciproca stima e nemmeno
tanto leggere “battute” reciproche su Facebook. Joanne è
56
minuta e gentilissima, ma non
si tira indietro se c’è da scherzare alla maniera dei rudi motociclisti. Fast forward: dopo anni
in cui ha lavorato nel bellissimo
negozio di moto Scuderia, nella
zona più fighetta di San Francisco, Joanne ha deciso di seguire il marito sulla costa Est,
e precisamente a Philadelphia.
Ma non poteva stare certo
lontana dalle moto, ed infatti
si è aggiudicata un “lavoro da
sogno” ovvero Showroom Associate di RevZilla, in assoluto
uno dei più vivaci e rampanti business/store nel settore
moto che mi sia mai capitato di
visitare. Ma Joanne non è certo una semplice “commessa
di negozio”. Sarebbe riduttivo.
La sua vocazione è da sempre
istruire le donne su come vestirsi in modo comodo e sicuro
per andare in moto, campo in
cui è diventata una vera autorità: i suoi video e podcast sono
seguitissimi e persino io, che
in moto ci vado dal 1982, parlando con lei ho scoperto un
sacco di cose interessanti che
nemmeno mi sognavo riguardo
all’abbigliamento tecnico. La
cosa non è certo passata inosservata e un colosso delle fiere
come Advanstar l’ha immediatamente ingaggiata per dare
una svolta in chiave femminile
alle fiere IMS International Motorcycle Shows, una dozzina di
eventi che ogni anno si tengono
nelle maggiori città americane.
Per loro Joanne ha gestito uno
stand dove spiegava alle donne
motocicliste tutto quello che
dovevano sapere per scegliere
il giusto abbigliamento tecnico.
L’intervista
Parlaci di te, di come hai iniziato ad andare in moto e quali sono stati i primi ostacoli
che ti sei trovata ad affrontare
come donna motociclista.
«Ho iniziato nel 2003 quando
mi sono sposata. Durante la
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8 marzo
La vera e unica difficoltà
che ho trovato è stata a suo
tempo la mancanza di
abbigliamento tecnico
che fosse comodo e
funzionale per il
mio modo di vivere
la moto
luna di miele abbiamo noleggiato uno scooter e ci siamo
divertiti talmente tanto che al
nostro rientro abbiamo deciso
di comprarne uno per gironzolare a San Francisco. L’ho usato per un anno percorrendoci
6.000 km per andare al lavoro,
tanto che mio marito ha deciso
di comprarsi una moto, visto
che lo scooter lo monopolizzavo io. A quel punto ho fatto un
corso di guida sicura e ho praticamente costretto mio marito
a comprare una moto anche
per me! Come vedi mi sono innamorata della moto per caso,
mai mi sarei sognata di diventare motociclista in vita mia!».
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Sei molto attiva nel promuovere la sicurezza in moto,
specialmente attraverso abbigliamento tecnico con vestibilità dedicata specificatamente alle donne. Il tuo blog
e sito internet GearChic.com
sono un punto di riferimento
per il settore ed hai persino
lavorato come “ambasciatrice” per Advanstar alle fiere
IMS. Quale è stata la scintilla
iniziale e come è stato il cammino fino a diventare quello
che rappresenti oggi?
«La vera e unica difficoltà che
ho trovato è stata a suo tempo
la mancanza di abbigliamento
tecnico che fosse comodo e
funzionale per il mio modo di
vivere la moto. Nessuno all’epoca forniva alcuna informazione su come e dove trovare
abbigliamento specifico per
donne motocicliste, quali marche fossero disponibili e come
dovesse vestire per proteggere al meglio. Fortunatamente
a due passi da casa avevo un
bel negozio super fornito, dove
poter provare tutto prima di
comprare. Ma non tutti hanno
la stessa fortuna dunque ho
iniziato mettendo online una
semplice lista di nomi dalla A
alla Z, in modo che tutte le donne sapessero di quelle aziende
che fornivano abbigliamento
tecnico specifico per le motocicliste. Con il passare del tempo
ho notato che sempre più donne (e uomini) avevano bisogno
di informazioni che le aziende
o i negozi online non fornivano
e dunque ho deciso di trasformare il mio sito come il riferimento dove andare per trovare
informazioni sulla vestibilità,
con un occhio di riguardo alle
donne. C’erano molte informazioni disponibili online per gli
uomini, ma nulla per le donne.
Mi piace comunque pensare
che le mie recensioni e i miei
consigli siano utili anche agli
uomini, che comunque hanno il
vantaggio di avere 3-5 opzioni a
disposizione per ogni prodotto
specificamente femminile».
Notizie recenti dicono che al
raduno 2014 di Sturgis più
della metà dei partecipanti
saranno donne. Quante di loro
saranno li effettivamente per
andare in moto? Non è curioso che il mondo Harley, tradizionalmente macho e sessista, si stia tingendo di rosa?
«Sono sicura che quelle proiezioni sono accurate, visto che
Sturgis è un evento molto importante sia per le moto sia dal
punto di vista sociale. Credo
però che solo il 50% di quella
“metà” sarà li per guidare una
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viaggiare per gli USA assieme
a mio marito sulle nostre moto.
Mi piacerebbe davvero visitare
il mondo in moto, ma sinceramente non so come e quando
mi sarà mai possibile».
Da quando ho incontrato
Mary McGee nel 2012 ho
rispettato ed ammirato
quello che ha saputo
ottenere nella sua
Quanto è difficile bilanciare i
due ruoli di donna e “rude motociclista” viaggiando su due
ruote. Specialmente nei viaggi più lunghi?
«Per me non è davvero un
problema, non ci vuole nessun equilibrio perché in
fondo quando salgo in sella non
sono nessuna delle due. Sono
semplicemente un motociclista! Sai, credo che questo sia
il vero problema per le donne
che salgono in moto: si sentono
obbligate a scegliere un ruolo, a
recitare una parte, ma in realtà
quando guidi una moto l’ultima
cosa a cui dovresti pensare è il
look. Siete solo tu e la moto!».
Se potessi dare un consiglio
ad ogni donna motociclista (o
ad ogni nuovo motociclista,
8 marzo
se per quello) è di non lasciare
mai che qualcun’altro prenda
le decisioni per te.
«Sei tu che guidi la moto e devi
fare solo quello che ti mette a
tuo agio, senza pressione. Se
non ti prendi la responsabilità
delle tue scelte non ti sentirai
mai completamente a tuo agio
e probabilmente non arriverai
mai ad apprezzare pienamente
la gioia dell’andare in moto!».
breve carriera
di pilota
moto. Il MIC (Motorcycle Industry Council, l’equivalente della
nostra ANCMA, nda) ha pubblicato una ricerca che stabilisce come nel 2009 il 10% dei
motociclisti negli USA fossero
donne.
Ad oggi sono sicura che quella
fetta sia cresciuta di almeno
qualche punto percentuale.
Credo che il mondo moto, incluso quello Harley, sia drasticamente cambiato negli ultimi
10 anni. Se chiedi alle Case
probabilmente ti diranno che le
donne sono anche il segmento
di clientela che ha mostrato la
crescita più rapida».
60
Hai qualche “idolo” o donna
che guida o ha guidato una
moto in passato alla quale ti
ispiri?
«Da quando ho incontrato Mary
McGee nel 2012 ho rispettato
ed ammirato quello che ha saputo ottenere nella sua breve
carriera di pilota, dalla fine degli Anni 50 fino all’inizio degli
Anni 70. È stata la prima donna
ad avere una licenza di pilota
AFM in California, e ha corso su
strada e fuoristrada, guidando
moto, macchine e persino camion quando nessuno si aspettava che le donne facessero
cose del genere».
Qual è stato ad oggi il tuo successo personale più grande e
quale e il sogno che un giorno ti piacerebbe realizzare?
Magari un giro del mondo in
moto? Ci hai mai pensato?
«Sono molto orgogliosa del mio
podcast motociclistico chiamato Moterrific (.com). In questo
momento è l’unico podcast dedicato alle moto e interamente
condotto e gestito da donne.
Parliamo davvero di tutto quello che fa moto: manutenzione,
compravendita, viaggi, abbigliamento e accessori, tecnica di guida, di tutto e di più!
Uno dei miei sogni è quello di
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8 marzo
Laia Sanz
la regina di Trial Enduro e Dakar
di Piero Batini | Bella, brava e fortunata, solare. Ma soprattutto
Campione del Mondo “n” volte. Laia Sanz è l’atleta catalana che ha
scatenato l’immaginario degli appassionati con una serie epica di
record e di imprese
Q
Quando il 14 gennaio Laia Sanz
ha concluso la 9a tappa della
Dakar Argentina-Bolivia-Cile
siamo rimasti senza fiato. Non
è rarissimo, nella storia della
maratona per definizione, che
una donna faccia parlare di sé,
ma il più delle volte si tratta di
circostanze almeno in parte
fortuite, l’eccezione in un mondo di maschi che ne conferma
le regole. Quel giorno, però, e
quella circostanza, uscivano
parecchio fuori dalle righe. La
corsa della catalana era stata
più convincente a ogni tappa
che passava e la sua posizione
di classifica, ogni giorno migliore, ne era la certificazione
di autenticità. Un pugno di uomini, poco più, e poi, eccola, la
donna, inseritasi quasi prepotentemente al settimo posto
assoluto, a fare la voce grossa
in un ambito di assolutezza che
parlava da solo. La storia motoristica di Laia inizia molto presto. Sul serbatoio della moto
del padre a due anni, e due anni
62
dopo “attivamente” sulla moto
del fratello Joan presa e provata di nascosto. Una piccolissima Montesa, une delle regine
storiche del Trial. A sette anni la
prima gara, questa volta spinta
dalla madre e approfittando del
fatto che si correva nel suo paese, Corbera de Llobregat, 25
chilometri dal centro di Barcellona. Ultima, ma non importa,
il “messaggio” dell’imprinting
familiare era arrivato e aveva
già iniziato a produrre una traccia chiara. Il dado era tratto,
la moto era il futuro di Eulàlia
Sanz Pla-Giribert, alias Laia
Sanz. In quegli anni il confronto
era decisamente impari. Solo
uomini tra gli avversari, nessuna gara, campionato o categoria pensata esclusivamente per
le ragazze. C’è da rimboccarsi
le maniche e accettare la sfida,
compito a cui Laia non si sottrae, anzi. Ha inizio, così, la sua
incredibile carriera sportiva,
prima tra i cadetti, poi tra gli Junior, sempre in compagnia dei
“maschi”, che inizia per altro
a battere. Nel 1998, dopo aver
vinto un non ancora ufficiale
Campionato Europeo, decide
che la moto e il Trial saranno la
sua vita. Il 2000 sarà l’anno della consacrazione, con la vittoria
nel Campionato spagnolo Cadetti, il primo Titolo mondiale
femminile (Campionato appena istituito) e il secondo posto
nell’Europeo. Da lì in poi c’è un
parziale e anomalo “buco nero”
solo nel 2007, ma ben 13 Titoli
Mondiali, 10 Europei e 6 Nazioni in un palmares con pochi rivali, non solo nel motociclismo.
Nel 2010 Laia affianca alla sua
attività trialistica l’avventura
dell’Enduro, e l’anno successivo realizza il sogno di partecipare alla sua prima Dakar. La
musica non cambia, nel 2012
e 2013 arrivano i Titoli di Campione del Mondo Enduro Femminile, e le quattro Dakar sin
qui disputate corrispondono
ad altrettante vittorie nella categoria femminile. Di nuovo le
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aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
iniziato con i corsi è stato anche il periodo che ho cominciato a viaggiare tanto per le gare,
ad essere via per molto tempo
continuativamente. Così alla
fine ho dovuto scegliere. Non
direi che è un rimpianto, questo
no. Mi sarebbe piaciuto, ecco,
ma non ce l’ho fatta».
Trial, Enduro o Dakar. C’è una
tra queste discipline quella
che ti piace di più?
«Bella domanda. È un po’ come
chiedere se ami di più tuo papà
o tua mamma. Una domanda
difficile. Il Trial mi ha dato tutto, compresa la possibilità di
fare le altre cose. Adesso sono
arrivata ad un punto nel quale
la motivazione per la Dakar e
per l’Enduro sono molto forti,
carte si rimescolano. Nel 2011
la Laia Sanz che debuttava alla
Dakar in compagnia di Jordi
Arcarons era l’appassionata
che realizzava un antico sogno,
poi i risultati hanno iniziato ad
acquisire un valore sempre più
importante, fino a quel sedicesimo posto assoluto conquistato a Valparaiso quest’anno.
Questa è Laia Sanz, Campionessa straordinaria e donna affascinante, ventotto anni, occhi
profondi e un sorriso radioso
che descrive meglio di qualsiasi altra cosa la grande bellezza
della sua storia.
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L’intervista
Ti aspettavi di dedicare la tua
vita alla moto, di diventare
una motociclista e una Campionessa?
«No, certo che non me l’aspettavo. Quando ho iniziato ad andare in moto per me era poco
più di un gioco, era solo una
passione.
Non avrei mai immaginato di
diventare una motociclista, una
Pilota professionista, di vincere
dei Titoli e di arrivare a questo
punto. Ma, del resto, non ho neanche avuto troppo tempo per
pensarci».
ma rimango comunque molto
attaccata al Trial. L’ho fatto per
vent’anni quasi tutti i giorni ed
è stata la specialità che mi ha
consentito di fare anche l’Enduro e, quindi, la Dakar. Certo,
adesso la Dakar mi piace tantissimo».
E, dunque, il programma per il
2014 è già definito?
«Per la verità no, non ancora
precisamente. Continuerò con
il Trial e vorrei fare un po’ più
di Enduro. Certo i calendari non
sono molto favorevoli come lo
sono stati negli ultimi due anni,
nei quali ho “corso” molto tra
un evento e l’altro ma ho potuto partecipare ad entrambe le
specialità. Quest’anno ci sono
molti eventi concomitanti che
8 marzo
mi obbligheranno a scegliere.
Vorrei comunque stare concentrata un po’ di più sull’Enduro, e preparare bene la prossima Dakar».
La Dakar, appunto, un impegno molto duro anche sotto il
profilo della preparazione. Lavorare sulla Dakar è sempre
molto difficile, vero?
«Sì. Lo è. Ci sono molte cose da
preparare e da prevedere, ed è
un lavoro che mi tiene occupata praticamente tutto l’anno.
D’altra parte è anche un lavoro
che ti può ripagare con delle
soddisfazioni molto grandi. Fai
una bella gara, ottieni un buon
risultato, e sei ripagato con gli
interessi di tutto il lavoro fatto e
dell’impegno profuso».
Naturalmente sei contentissima, hai ottenuto più record
che vittorie, ma avresti voluto
fare qualcos’altro, o anche
qualcosa di diverso?
«Certo, sono molto contenta,
felice perché ho una passione
molto forte, faccio una cosa
che mi piace ed ho potuto fare
di quella cosa anche la mia professione. Credo che quello che
mi è capitato sia il massimo
che si può chiedere dalla vita.
C’è una cosa, peraltro, che ho
sacrificato, e a cui talvolta penso: è lo studio. Volevo riuscire a
fare l’università, ma quando ho
65
M assimo
C larke :
I materiali
compositi
Realizzare componenti in grado di abbinare peso ridotto
a robustezza analoga a quella ottenibile con le migliori
leghe metalliche tradizionali oggi si può, come dimostra
il settore aeronautico. Ma tutto ha un prezzo
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Cinghia di distribuzione
I
l grande successo dei materiali compositi
in settori come quello dei mezzi da competizione, degli elicotteri e degli aerei si
spiega principalmente con lo straordinario
rapporto tra le loro caratteristiche meccaniche
più importanti (resistenza a trazione e rigidezza) e la massa degli organi meccanici che essi
consentono di realizzare. In pratica, si possono
ottenere parti che, a parità di robustezza, sono
più leggere rispetto a quelle metalliche. Si tratta
di un vantaggio non da poco, in certi campi. Per
un aereo una diminuzione del peso dell’1% può
indicativamente dar luogo a una riduzione del
consumo di carburante dell’ordine dello 0,75%.
Nello straordinario Airbus A 380 il 22% della
struttura è in materiale composito, ma nel recentissimo A 350 si passa al 53%. Pure la Boeing ha
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Tecnica
Telaio Ducati GP09
aumentato la quantità di compositi nei suoi velivoli commerciali, passando dal 12% del 777 al
50% circa del 787. Con i materiali compositi si
producono canne da pesca, mazze da golf, scafi
per imbarcazioni da diporto, balestre, sci, etc…
Nel nostro settore vengono impiegati per produrre serbatoi, carenature, corpi di silenziatori e,
passando ai componenti strutturali, telai ausiliari posteriori (ovvero supporti sella), forcelloni e
ruote. Come noto i materiali compositi sono formati da una matrice nella quale sono annegati, o
comunque incorporati, degli elementi di rinforzo.
Sono questi ultimi che hanno la funzione di sopportare gli sforzi, mentre la matrice provvede a
trasmetterli e distribuirli, tiene nella corretta posizione i rinforzi stessi e li protegge da corrosione
e urti. Quelli che maggiormente interessano, in
questa sede, sono i compositi nei quali i rinforzi
sono costituiti da fibre lunghe, che nella maggioranza dei casi vengono raccolte a formare vere e
proprie cordicelle (note come yarns tra gli addetti ai lavori) che poi vengono intrecciate in modo
da costituire dei tessuti; successivamente avviene la loro impregnazione da parte della matrice. I
vari componenti in materiale composito vengono
in genere ottenuti sovrapponendo più strati di
questi tessuti e facendo quindi polimerizzare la
matrice. Durante il processo produttivo quest’ultima viene applicata in forma liquida, ma successivamente solidifica. Le fibre impiegate nel nostro settore appartengono a tre gruppi differenti,
nell’ambito di ciascuno dei quali esistono differenti tipi, che differiscono tra loro anche sensibilmente, a livello di caratteristiche. Abbiamo così
quelle di vetro, quelle di carbonio e quelle aramidiche. Il diametro è dell’ordine di 4-12 micron
mediamente. Le fibre possono essere utilizzate
sciolte, ad esempio per realizzare funi o cordicelle (come quelle che costituiscono gli elementi resistenti delle cinghie dentate, trapezoidali o
poly-V). Incorporandole nelle matrici possono
essere disposte dove e come più opportuno, in
modo da ottenere in pratica dei componenti con
caratteristiche meccaniche “su misura”, anche
se fortemente anisotrope. Larga utilizzazione
hanno i nastri e le tele unidirezionali; in questo
caso gli yarns costituiti dalle fibre sono paralleli.
Questi tessuti unidirezionali possono essere sovrapposti in modo da formare più “strati” con diversi orientamenti. Per quanto riguarda i normali
tessuti bidirezionali, c’è da dire che non sono
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Scatola del cambio F1 in composito
tutti eguali come struttura. Lo schema secondo
il quale si intrecciano i fili della trama e dell’ordito
(ovverosia l’ “armatura” del tessuto) può essere
differente anche se l’angolo di incrocio (90°) rimane invariato. Oltre alla armatura a tela uniforme, assai utilizzate sono quella a tela diagonale e
a raso (rispettivamente denominate plain, twill e
satin weave). Nel primo caso si hanno una notevole stabilità e una ottima bagnabilità delle fibre
da parte della matrice; il costo è contenuto ma
la flessibilità non è certo ottimale. Nel terzo si
hanno caratteristiche meccaniche leggermente
superiori e una grande adattabilità anche a geometrie complesse; la stabilità e la bagnabilità
sono però inferiori e il costo è maggiore. Con l’armatura a tela diagonale si hanno caratteristiche
intermedie. Inoltre, i tessuti possono differire uno
dall’altro anche per quanto a numero di filamenti per ogni yarn, modalità di avvolgimento degli
yarns, etc… Le matrici possono essere di diversi
tipi (anche metalliche!); quelle che dominano la
scena nel nostro settore sono costituite da resine
epossidiche, caratterizzate da una buona adesione alle fibre, da una elevate resistenza chimica,
da apprezzabili proprietà meccaniche e da una
70
notevole durata. I loro punti deboli sono costituiti
dal costo considerevole e dal fatto che la polimerizzazione (ma sarebbe più rigoroso parlare di
reticolazione di macromolecole lineari) richiede
tempo e frequentemente anche il ricorso al calore e non di rado pure alla pressione. L’impiego
di un’autoclave è spesso d’obbligo. Le matrici costituite da resina poliestere sono inferiori come
caratteristiche e durata (e spesso non aderiscono bene alle fibre aramidiche), sono economiche
e facili da usare e polimerizzano rapidamente. Si
utilizzano per realizzare prodotti come le canoe.
Di notevole interesse, ma dal costo molto elevato, sono alcune resine termoplastiche, come l’eccellente PEEK. La funzione fondamentale della
matrice è di mantenere nella corretta posizione i
rinforzi (ossia le fibre o gli yarns da esse costituiti,
usualmente riuniti a formare un tessuto) e di trasferire ad essi gli sforzi. È di importanza vitale che
quando è ancora fluida, prima di iniziare la solidificazione, la matrice riesca ad insinuarsi in tutti
gli spazi esistenti tra i fili del tessuto, stabilendo
un contatto intimo con questi ultimi e espellendo
eventuali bolle d’aria. Le fibre devono poter essere “bagnate” dalla matrice in maniera ottimale.
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Tecnica
Le fibre impiegate nel nostro settore
appartengono a tre gruppi
differenti. Abbiamo quelle di vetro,
di carbonio e le aramidiche.
Il diametro è dell’ordine di 4-12
micron mediamente
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I Racconti di Moto.it
“L’ingegnere capo”
di Antonio Privitera | A ventisette anni ho terminato gli studi di
ingegneria e iniziato a lavorare nell’azienda di mio padre, in totale
autonomia e libero di proporre tutti i progetti di motociclette
che mi pareva
A
v entisette anni ho terminato gli studi di ingegneria e iniziato a lavorare
nell’azienda di mio padre, in totale
autonomia e libero di proporre tutti
i progetti di motociclette che mi pareva: da allora
la mia sedia e la mia scrivania sono cambiati sei
volte, il computer almeno dieci e mi fanno male i
polpastrelli a furia di sbatterli tutto il giorno sulla
tastiera. In un solo anno sono balzato in alto nella
scala gerarchica dell’ufficio ricerca e sviluppo di
questa Casa motociclistica ricca e antica diventandone rapidamente il capo, ossequiato da tutti
anche se mi amareggia il non avere il tempo per
provare i miei prototipi; decine di collaudatori
freddi come automi mi restituiscono report dettagliatissimi, i sensori fanno altrettanto e io sono
sempre chiuso qui dentro a sfornare numeri da
interpretare come auspici di un oracolo.
L’Ingegnere sa tutto, dicono, chiedi all’Ingegnere. Quando “ingegnere” inizia con una maiuscola oltre al consueto rispetto ricevo una bella
riverenza ed il gioco è fatto: l’“Ingegnere” rende
superfluo il mio cognome e a momenti non lo ricordo nemmeno io.
Ma ora sono diventato vecchio ed ho i miei rimpianti; truffato dalla mia voglia di creare e dalla
passione per le motociclette, ho svernato in questi uffici una cattiva stagione lunga quarant’anni
senza mai prendere un giorno di pausa e temo
che oggi alla soglia dei settanta sia troppo tardi
per dire basta. Del resto, non me lo concederebbero, sono ancora troppo importante per l’azienda. Feci il tentativo, qualche anno fa, di far
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capire che ero stanco e che volevo smettere e
mi ingegnai a scrivere una lettera di dimissioni
ma, tanto per iniziare, la lettera non riusciva mai
ad essere salvata nel mio pc, cliccavo su “salva”
e non succedeva nulla. Poi la stampante, senza una ragione precisa, rifiutava di funzionare
e così non potevo nemmeno metterla su carta;
tentai di mandarla all’ufficio del personale via
e-mail ma niente, non figurava mai tra la posta
inviata. Provai per diversi giorni a dare le dimissioni ma la cosa più insopportabile e strana era
che quando mi ponevo in mente l’obbiettivo di
licenziarmi, l’intero stabilimento si svuotava ed
io mi ritrovavo da solo alla mia scrivania: il grande open space che è il mio centro di ricerca e
sviluppo diventava inspiegabilmente uno spazio
vuoto; soffro tuttora di agorafobia e in quei casi
diventava necessario prendere le mie pillole per
calmare l’ansia e ritornare a lavorare su motori
e telai. Appena rinunciavo a scrivere la lettera di
dimissioni in cinque minuti l’ufficio si ripopolava
dei miei colleghi, tutti in camice bianco perché
la direzione generale vuole mantenere un certo
stile un po’ anni ’70, quando gli ingegneri avevano i camici immacolati e i calcoli si facevano
orgogliosamente a mano. Alla fine ho smesso di
tentare il licenziamento, tanto qui sto bene.
Sono stato a capo di tutta la progettazione di motociclette negli ultimi quarant’anni di vita di questo Marchio. Entrato in azienda perché andare in
motocicletta era la mia più grande aspirazione e
passione, mi sono accorto subito che il lavoro mi
sottraeva totalmente il tempo per godere di una
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moto mia, e le uniche sensazioni me le restituivano i tester e i freddi numeri che mi aiutavano
a imbastire e perfezionare motociclette sempre
più performanti e perfette.
Eppure oggi i numeri che ottengo dal mio programma di calcolo non mi soddisfano e non comprendo più il loro messaggio. In questi casi apro
il cassetto sotto la mia scrivania e do una nostalgica occhiata alla foto di Giustina, la mia fidanzata. Ex-fidanzata, per essere precisi. Da quando lavoro qui non l’ho più sentita perché troppo
occupato con i miei rivoluzionari progetti, i primi
tempi mi mancava e inutilmente provavo anche
a rintracciarla. Poi, sempre più impegnato, smisi
di cercarla e credo che anche lei abbia smesso
di aspettarmi; aveva tre anni in più di me, magari oggi si sta godendo il preludio della vecchiaia
mentre a me invece è rimasta la sua foto sbiadita
che sbircio ogni tanto per ricordarmi delle cose
piacevoli, distrarmi dai calcoli e prendere un po’
di fiato.
La lettura
Dei miei genitori ho perso le tracce appena prima
di entrare in azienda. I contatti con mio padre si
sono diradati e poi spenti nonostante lavorassimo nello stesso stabilimento e ho saputo della
sua morte solo perché la sede ha chiuso e io sono
rimasto solo per due giorni. Di mia madre credo
di non avere ricordi, forse qualcosa, ma non potrei giurarci, che riguarda delle liti con mio papà;
non ho parenti, che io sappia. Al di la di queste
quattro mura, non saprei dove andare. Dormo in
una stanza dentro questo complesso industriale,
non spendo denaro in nulla, non ho amici a parte i colleghi e non esco mai dal perimetro della
sede. Un perimetro ampio, pieno di verde, dove
passeggia gente cortese che mi saluta “buongiorno Ingegnere”!
Ho un solo vero desiderio, che vorrei realizzare
prima che sia troppo tardi per il mio fisico oramai anzianotto: guidare il mio prototipo più bello,
uno di quelli da corsa. Mister G. mi ha promesso
che oggi me lo avrebbe portato in cortile e fatto
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La lettura
potentissimo industriale rimasto vittima di un
grave incidente “collaudando” in strada, senza
autorizzazione e senza casco, una moto del reparto esperienze dell’azienda paterna; secondo
le accuse di quell’articolo d’inchiesta, il padre
avrebbe occultato i fatti che avrebbero potuto
causare grandissimi problemi d’immagine e pratici alla Casa Motociclistica insabbiando tutto
l’accaduto e ponendo fittiziamente il giovane a
capo dell’ufficio tecnico anche se privo di qualsiasi qualifica idonea e mentalmente disabile a
causa dei gravi postumi dell’incidente. Nell’articolo non c’erano nomi, né date, solo sospetti;
quel giornale oggi non esiste più e comunque io
ho sempre i ricordi confusi e un gran mal di testa che mi impedisce di concentrarmi. Forse è il
caso che prenda due pillole per l’agorafobia e dia
un’occhiata alla foto di Giustina, mi sentirò meglio. Vorrei solo che i polpastrelli non mi facessero così male, riposarli un poco; ci deve pur essere
un modo più comodo per lavorare al computer.
provare. Mister G. avrà un nome, ma io leggo
solo i badge e sui badge c’è scritto solo Mister G.
Mister G. ha gli occhi buoni, avrà trent’anni, la
scarpa sinistra macchiata di nero all’altezza
dell’articolazione dell’alluce e mi dice spesso
sottovoce che non devo più prendere le pillole per l’agorafobia. Mister G. mi ha raccontato,
mentre mi consegnava i report dei collaudatori,
di un posto dove si può parlare senza essere visti da nessuno, che anche se sono quasi vecchio
posso uscire fuori di lì e andare in moto come facevo a vent’anni con le motociclette della fabbrica di mio padre e mi ha chiesto se io mi ricordo
qualcosa di com’ero a quell’età. Mi ha parlato di
un incidente, ma io non ho capito.
Mister G. è il più giovane degli ingegneri che lavorano qui e che mi trattano come fossi un cristallo
delicato, stranamente sono quasi tutti gli stessi
da sempre, alcuni hanno quasi la mia età, altri
sono andati via perché troppo vecchi e sono stati
rimpiazzati da ragazzi come Mister G.
Ho tutto pronto, tuta, guanti, casco ma è
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passata un’ora da quando Mister G. avrebbe
dovuto essere qui con la motocicletta da farmi
guidare. Non verrà. Forse anche lui scomparirà
come sono scomparsi tutti i colleghi con le scarpe sinistre macchiate all’altezza dell’articolazione dell’alluce. Forse è un virus.
Come scomparve Mister F. che veniva tutte le
mattine in motocicletta, anche quando pioveva,
e che mi disse di non fidarmi degli altri colleghi.
Come svanì nel nulla Mister M. dopo avermi raccontato che mio padre aveva lasciato in eredità
la fabbrica ai colleghi purché si occupassero di
me. Forse voleva dire purché non mi licenziassero, ma non ebbi mai modo di chiederglielo.
Non vidi mai più nemmeno Miss Q. che un giorno
scoppiò in lacrime e urlò “quest’uomo ha bisogno di cure vere! Dovete aiutarlo!”. Fu destinata,
mi riferirono, al controllo qualità.
Restai triste a lungo dopo la morte di Mister K.
a seguito dello scoppio di un serbatoio; prima
di morire, K. mi fece avere un ritaglio di un vecchio giornale locale dove si parlava del figlio di un
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Nico Cereghini
Guintoli,
da studiare e
poi copiare
Una giornata a guidare in
solitudine su belle strade asciutte
e senza traffico. Che pacchia!
Finisce che per riposare mi
fermo per una pausa e parlo
con i miei freni
C
iao a tutti!
Lo so che
non è spettacolare,
che la sua
concretezza lascia tiepido il pubblico della SBK, ma credo che un pilota
come Sylvain Guintoli sia davvero un fenomeno interessante.
Uno come Laverty appassiona
molto di più e lo capisco benissimo; oltretutto, se la sorprendente Suzuki non lo avesse
tradito, probabilmente sarebbe
l’irlandese in testa alla classifica dopo la prima prova della
stagione. Ma Guintoli è un’altra
cosa, e in confidenza, tra amici,
vi dirò che un po’ mi identifico
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Media
in lui. La mia guida da pilota era
–fatte le debite proporzioni- rotonda e dolce come quella del
francese: poi, come lui, amavo
molto guidare sul bagnato dove
ho sempre fatto bella figura, e
con le 1000 Endurance, a parità di tempi sul giro, consumavo
meno gomme e meno benzina
rispetto a molti miei compagni
di squadra. Invece nei GP della
classe 500 –dove quello che
conta era star davanti subito,
gomme e carburante da bruciare in fretta- magari andavo forte
in prova con la mia Suzuki RG,
ma poi con la partenza a spinta
ero un disastro, mi ci volevano
tre o quattro giri per prendere il
ritmo e addio, quelli buoni non
li vedevo più. Ricordo bene che
Massimo Laverda della Laverda
di Breganze, una persona che
stimavo moltissimo, aveva due
idoli tra i piloti. Uno era suo, anzi
la bandiera della Moto Laverda,
il toscano Augusto Brettoni che
veniva dalle gare in salita e andava forte dappertutto; l’altro
era Helmuth Dahne, ingegnerepilota tedesco che guidava la
boxer BMW come un Dio, uno
che sul vecchio Nurburgring di
22.8 chilometri aveva il record
assoluto. Massimo Laverda raccontava che il suo pilota ideale
era quello che sapeva rispettare la moto, diceva “pugno di
ferro in guanto di velluto”. E
io mi impegnai a fondo, per
convincere il mio boss e continuare a meritarmi il ruolo di pilota ufficiale nelle 24 Ore. Primo
non cadere, secondo far correre
la moto senza forzarla mai, terzo dare gas progressivamente,
quarto frenare forte ma senza
far saltare le ruote, quinto non
fare urlare inutilmente il motore. Feci coppia con Brettoni
prima, poi con Roberto Gallina,
e benché la nostra 1000 tre
cilindri di quell’epoca poteva
fare ben poco contro le quattro cilindri ufficiali Honda e Kawasaki, agguantammo anche
qualche bel podio. Trovo che la
guida sulla strada possa assomigliare a quella fluida dell’Endurance, e invece abbia pochi
aspetti in comune con quella
dei prototipi da Gran Premio,
che da almeno quarant’anni si
guidano di forza: con derapate,
salti del retrotreno in frenata,
impennate e compagnia bella.
Sylvain Guintoli non ha fatto
sfracelli nel mondiale velocità:
miglior risultato MotoGP un
quarto posto con la Yamaha in
Giappone nel 2007; e poi c’è un
terzo gradino del podio con l’Aprilia duemmezzo, Assen 2003,
dietro a Battaini e davanti a
Poggiali che quell’anno vinse il
titolo. Pochi e sporadici risultati.
Ma nella SBK, con le moto derivate dalla serie, può fare bene,
anzi benissimo. Marco Melandri deve darsi una bella regolata
se lo vuole battere. Guardatelo
con attenzione quando guida,
Guintoli, e tentate di scoprire la
sua ricetta.
Editoriale
Trovo che la guida sulla
strada possa assomigliare
a quella fluida
dell’Endurance, e invece
abbia pochi aspetti in
comune con quella dei
prototipi da Gran Premio
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MotoGP
Le Open vanno troppo forte?
L’11 marzo arriva la categoria
Factory 2
di Edoardo Licciardello | Le proteste di Honda e Yamaha avrebbero
determinato la nascita di una nuova categoria a metà fra Factory
ed Open. Ezpeleta chiarisce diversi retroscena della querelle
sulla centralina unica in un’intervista allo spagnolo AS
L’
argomento più caldo del momento, quando si parla di MotoGP, è
la centralina unica. Soprattutto a
fronte dello sconcerto maturato
dalle Case costruttrici, che sono rimaste a dir
poco sorprese dalla scelta Ducati, accusandola
di tradire lo spirito di contenimento costi dietro
la nascita della Open. DORNA si è quindi trovata
nella scomoda posizione di aver in qualche modo
avallato l’escamotage di Ducati, anche e soprattutto per la spinosa questione della ben più sofisticata e prestante revisione del software unico
portata alla seconda sessione di test invernali a
Sepang. E’ Carmelo Ezpeleta stesso, in un’intervista alla testata spagnola AS, a spiegare nel dettaglio la situazione, annunciando nel contempo
la nascita di una nuova categoria intermedia, la
Factory 2, che consentirà maggior libertà rispetto alla Factory originaria senza turbare gli equilibri della Open. La situazione, fino ad ora, vedeva
l’imposizione di una centralina unica dal punto di
vista hardware, ma con la possibilità per le case
di partecipare secondo il regolamento Factory
(opportunità scelta da Honda e Yamaha) sviluppando il proprio software oppure in Open, con il
software fornito da Dorna in collaborazione con
Magneti Marelli. Chi sceglie la Factory (Honda e
Yamaha) dovrà correre con 20 litri di serbatoio,
cinque motori sigillati prima dell’inizio del campionato (quindi senza possibilità di evoluzioni)
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e non disporrà della gomma più morbida per le
qualifiche. Le Open invece possono correre con
24 litri, dodici motori (non vincolati nello sviluppo) e una gomma più morbida. E’ però nata una
terza via, la Factory 2, a cui parteciperà Ducati.
Le condizioni sono le stesse della moto Open,
ma nel momento in cui il team dovesse arrivare
a conseguire tre terzi posti, due secondi o una
vittoria entreranno in vigore norme più restrittive: 22,5 litri invece di 24, e nove motori invece
di dodici facendo una proporzione per i motori
ancora disponibili, arrotondando per eccesso.
Tutto questo nasce da quanto è accaduto in questo precampionato, come spiega lo stesso Ezpeleta. «Abbiamo dato alle Open una prima versione della centralina a novembre, chiedendo alle
case aiuto nello sviluppo Honda e Yamaha hanno
declinato l’invito, mentre Ducati ha accettato. Il
risultato è che adesso disponiamo di una centralina fantastica per tutti i partecipanti, e Ducati
ha deciso di adeguarsi al regolamento Open che
però, nel suo caso, verrà denominato Factory 2»
Una modifica regolamentare facilmente comprensibile a seguito della preoccupazione delle
Case concorrenti, che vedono una rivale partecipare secondo un regolamento potenzialmente
molto favorevole. E pur capendo le motivazioni
che hanno spinto Ducati (principalmente legate alla possibilità di colmare il gap che li separa
da Honda e Yamaha) hanno voluto evitare che a
Borgo Panigale se ne approfittassero. Ma quanto
accaduto non ha portato benefici alla sola Ducati, bensì a tutta la categoria Open. «Cosa abbiamo ottenuto? Che tutte le Case che entreranno
in futuro potranno contenere i costi di sviluppo
dell’elettronica, e che abbiamo dato vita a gare
più combattute. Le moto costano meno. Ci saranno più moto e più piloti con possibilità di fare
bene. L’obiettivo è che alla fine tutti corrano in
Open: fino al 2016 rispetterò gli accordi, ma lungo il percorso potrebbero succedere cose che
potrebbero spingerci ad andare nella direzione intrapresa dalla Formula 1 in questo senso»
Prosegue quindi lo scontro diretto fra Dorna e le
Case costruttrici per limitarne lo strapotere nella decisione dei regolamenti e quindi nel futuro
del mondiale. «Le Case possono collaborare o
lasciarmi fare, però stiamo vincendo noi perché
la MSMA (l’associazione dei costruttori, NdR)
può rifiutare la nostra ultima proposta regolamentare ma deve farlo all’unanimità. Ducati è
già d’accordo con noi, tanto che approveremo il
regolamento Factory 2.
FIM e Dorna hanno presentato la proposta alla
Grand Prix Commission e alla FIM. Dorna, IRTA
ed MSMA dovranno approvarla. Preoccupazione
per eventuali rappresaglie? Io e Nakamoto siamo
molto amici; ha già detto che se faremo una cosa
del genere potrebbe andarsene in Superbike. Se
decide di andarsene può farlo… però anche in
Superbike si ritroverà davanti a me!» L’intervista, che potete leggere qui in versione originale
spagnola, tocca diversi altri argomenti fra cui il
passaggio del Motomondiale ad una Pay-TV (in
Italia Sky, in Spagna Movistar) e la situazione dei
top rider della MotoGP. Inutile dire che la stagione in arrivo si preannuncia caldissima per tantissimi motivi.
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A udi
“ D ucati
deve
prendersi
il podio ”
di Giovanni Zamagni | Il team italiano si presenta a
Monaco di Baviera, davanti ai vertici Audi: Dall’Igna ”Ci
siamo avvicinati, ma la differenza rimane grande.
La Factory2 è un compromesso da accettare”
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MotoGP
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Media
A
tterri all’aeroporto di Monaco e capisci cosa significhi il mondo Audi
in Germania: pubblicità ovunque,
un intero padiglione a quattro cerchi, la sensazione di avere veramente a che fare
con un colosso industriale di livello mondiale.
Subito pensi: «Certi risultati non possono essere accettati». Infatti non lo sono. «Per il nostro
gruppo, Ducati, così come la Lamborghini, significa una combinazione di creatività e tecnologia:
passione ed emozione sono altre qualità per noi
imprescindibili. La Ducati rappresenta tutto questo, ma non possiamo certo essere soddisfatti
di quanto fatto in MotoGP (e in SBK, NDA) nel
2013: le aspettative del gruppo sono altre, il nostro obiettivo è il podio» afferma con serenità,
ma anche grande fermezza, Ulrick Hackenberg,
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membro del consiglio di amministrazione Audi
AG per lo sviluppo tecnico. Il messaggio è chiaro,
adesso tocca all’ingegnere Gigi Dall’Igna.
ai meccanici – sembrano più gasati e motivati.
UN NUOVO CLIMA
Dall’Igna, da buon ingegnere, sta ben attento a
non sbilanciarsi, a non svelare segreti e anche
quando si parla di “Factory2” la nuova categoria che da domani verrà introdotta dalla Dorna
appositamente per la Ducati, non entra in polemica con nessuno. «La decisione di correre nella
Open ha sicuramente scontentato qualcuno, ma
per noi la situazione è chiara così come la scelta: non c’era alternativa. La Factory2 è qualcosa
contro di noi: capisco che per un team privato sia
più difficile lavorare sul software rispetto a una
Casa come la Ducati e così la Dorna ha preso
questa decisione. E’ un compromesso e, come
Per Gigi – ma anche per la Ducati – è la prima
conferenza “ufficiale” in Casa Audi: anche questo è un cambiamento di tendenza. Fino all’anno
scorso la presenza della Casa dei quattro cerchi
sembrava marginale, quasi impalpabile, da oggi
si percepisce meglio la sua importanza e la sua
forza. Insomma, la responsabilità è grande, ma
Dall’Igna rimane tranquillo: il suo modo di lavorare è stato, fino a oggi, il più grande cambiamento
portato a Borgo Panigale, con risultati oltre ogni
aspettativa, perché la Desmosedici va più forte e
tutti gli uomini coinvolti nel progetto – dai piloti
FACTORY2: UN MALE
NECESSARIO
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MotoGP
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tale, bisogna saperlo accettare». La Factory2 –
ricordiamola ancora una volta – prevede delle
restrizioni in caso di risultati importanti (1 vittoria, o 2 secondi posti, o 3 terzi posti): da 24 litri
si scenderebbe a 22,5, da 12 motori disponibili
a 9. «Un cambiamento importante – sottolinea
Dall’Igna – anche perché il software attuale delle
Open non prevede una strategia di gestione del
consumo, che invece dovrebbe esserci con 22,5
litri».
RISULTATI ALLA
PORTATA DI DUCATI?
Ma il punto è: 1 vittoria, 2 secondi posti, o 3 terzi
posti sono alla portata della Ducati? Al momento
no. n«Sicuramente ci siamo avvicinati ai nostri
rivali, abbiamo preso la strada giusta, ma c’è
ancora molto da fare: il nostro obiettivo non è
vincere, ma ridurre ulteriormente la differenza
84
con Honda e Yamaha» spiega bene Dall’Igna,
che dopo 3 GP, con tanti dati a disposizione,
inizierà a pensare a una Desmosedici tutta sua.
La tesi del direttore generale di Ducati Corse è
naturalmente avvalorata dai piloti. «I risultati dei
test parlano chiaro, i miglioramenti ci sono stati:
possiamo accelerare prima e più forte, siamo più
competitivi in ingresso curva. Io sono uno “staccatore”, in quell’area i progressi sono evidenti:
è bello avere la possibilità di frenare profondo e
“giocare” in staccata.
Ma per stare davanti ci manca ancora un bel
po’: nel 2014 dovremmo essere sicuramente
più competitivi, ma la vittoria non è alla nostra
portata», sottolinea Andrea Dovizioso. Parole
sottoscritte anche da Cal Crutchlow. «La verità
è che sarà difficilissimo inserirsi nei primi quattro (Marquez, Lorenzo, Pedrosa, Rossi NDA): ma
mai dire mai».
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MotoGP
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Ecco come è fatta
la centralina unica
Magneti Marelli
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di Giovanni Zamagni | Marco Venturi, responsabile della Casa italiana,
spiega capacità e funzionalità del “cuore” delle MotoGP. A chi sostiene
che, in qualche modo, c’è lo zampino della Ducati risponde: “Il nostro
referente è la Dorna”
C
Centralina unica, software libero o “obbligato”: con l’introduzione della categoria “Open” si
discute molto di questi elementi. Marco Venturi, responsabile
della Magneti Marelli, l’azienda
italiana scelta dalla Dorna per
la realizzazione e la distribuzione del nuovo sistema, fornisce
qualche dettaglio tecnico. «E’
una centralina che gestisce un
motore quattro cilindri, con
doppio iniettore e singola bobina per cilindro, con una acquisizione dati con memoria molto
potente da 8 giga, con un numero considerevole di ingressi
e uscite per gestire un sacco
di informazioni provenienti da
sensori, e per gestire attuatori
come la farfalla motorizzata,
farfalla allo scarico, trombette
variabili e altro ancora. E’ una
centralina che ha a bordo anche la possibilità di comunicazione con l’esterno piuttosto
elevate tramite le quattro linee
86
“cam” indipendenti, con velocità di comunicazione di un megabit/secondo. Inoltre, c’è una
comunicazione con l’esterno
tramite una linea “Ethernet”,
che utilizziamo normalmente
per programmare la centralina
o scaricare i dati. E’ una centralina che sfrutta la massima
esperienza fatta dalla Magneti
Marelli un po’ in tutti i settori,
F.1 compresa: ha due microprocessori a bordo, dei quali
uno “Dual Core”, uno che gestisce tutta la parte delle uscite e
l’altro – anche se, per la verità
la distinzione non è così netta –
le differenti strategie. Il software gestisce la parte motore, alla
cura del comportamento del
veicolo, come l’impennata, lo
slittamento, un certo comportamento voluto per l’approccio
alla curva in frenata e in fase di
accelerazione. E’ una centralina piuttosto compatta, accolta,
secondo noi, piuttosto bene dai
team e dai tecnici per le sue
elevate prestazioni. Dorna ha
voluto che ci fosse un anno di
prove (il 2013, NDA) per avere
la certezza che il sistema avesse delle garanzie di affidabilità e
sicurezza».
Fatto “100” il software di una
Casa costruttrice, quello della
Magneti Marelli a che livello è:
80, 90, 110?
«Molto difficile dirlo: solo i Costruttori sanno cosa c’è dentro
le loro centraline. Noi sappiamo cosa c’è dentro alla nostra,
ma non c’è stata data nessuna
possibilità di discussione con le
Case sui loro contenuti».
Le Case ufficiali hanno, per
esempio, quello che viene
chiamato
impropriamente
“GPS”, possono programmare curva per curva la centralina; è possibile anche sulla
vostra?
«Il GPS è vietato dal regolamento della MotoGP: la ricostruzione del singolo tratto di
circuito viene fatta leggendo la
velocità delle ruote, integrandola per ricavarci il canale spazio, con una risoluzione dell’ordine di qualche metro: anche
il software Marelli ha sempre
l’informazione di dove si trova
la moto nel circuito, con controlli sulla linea del traguardo
per “resettare” eventuali errori.
Abbiamo tarature settore per
settore: possiamo dividere il circuito in 25 settori. Normalmente se ne usano un po’ di meno
(mediamente 14, NDA): è possibile che le Case Costruttrici
lo facciano in modo ancora più
dettagliato».
A Sepang si è discusso molto
del software, qualcuno addirittura sostiene che sia stato
“scritto” dalla Ducati; cosa ci
può dire a riguardo?
«Posso solo dire che noi abbiamo come cliente la Dorna, dalla
quale, dal 2012, riceviamo una
serie di indicazioni, richieste e
specifiche: non sta a noi preoccuparci di chi c’è dietro a queste richieste.
In questo periodo, abbiamo
avuto richieste da altri costruttori di fare delle modifiche. Il
software di base, che è uguale
per tutti indipendentemente
da “Factory” o “Open” è stato
evoluto durante il 2013 secondo tutta una richiesta di specifiche arrivare a Magneti Marelli a
360° da Honda, Yamaha, Suzuki, Ducati…
Per quanto riguarda il software
e l’evoluzione che stiamo facendo, ribadisco che il nostro
cliente è la Dorna: se dietro la
Dorna c’è qualcun altro bisogna chiederlo a loro».
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Sylvain Guintoli
”La Suzuki è andata forte in
Australia ma l’aspetto nelle
gare europee”
Superbike
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di Carlo Baldi | Melandri e Guintoli sono stati gli ospiti d’onore della
prima giornata del Motodays di Roma. Abbiamo colto l’occasione per
parlare con loro del recente round di Phillip Island e del prosieguo del
mondiale SBK
M
Marco Melandi e Sylvain Guintoli hanno inaugurato il Motodays di Roma e fanno fatica a
muoversi all’interno dello stand
Aprilia, circondati da tanti tifosi in cerca di un autografo e di
una foto. Riusciamo a sottrarli
per qualche minuto al pubblico
del Motodays per scambiare
con loro qualche battuta sul recente primo round del campionato mondiale di Phillip Island e
su che cosa si aspettano dalle
prossime gare. Nonostante le
due gare australiane non certo
facili, Marco Melandri è sereno
e fiducioso per il futuro. Phillip Island è già alle spalle e c’è
ovviamente tutto il tempo per
recuperare i tredici punti che lo
separano dal leader della classifica, che è poi il suo compagno di squadra Guintoli.
Marco è stato un inizio forse
più difficile del previsto
“In parte sì. Mi aspettavo
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qualcosa di diverso. Purtroppo
in Australia non mi sono mai
sentito veramente a mio agio
sulla RSV4. Però se guardo alla
mia storia sul circuito di Phillip
Island capisco che è una pista
dove ho sempre fatto fatica anche con altre moto e quindi alla
fine mi posso accontentare.
La cosa importante è che abbiamo raccolto molti dati che
si saranno utili per fare decisamente meglio nel prosieguo
della stagione”.
Le prossime gare si disputeranno ad Aragon. La pista ti
piace?
“Si Aragon mi piace molto e
penso si adatti bene alla nostra
moto. Ho dei ricordi bellissimi
sulla pista spagnola e poi non
dimentichiamo che prima di
Aragon saremo in pista a Jerez per alcune giornate di test,
che ci aiuteranno ad affrontare
al meglio il secondo round del
mondiale”. Così come lo avevamo visto in Australia al termine delle gare, anche a Roma
Sylvain Guintoli appare felice e
rilassato. Dopo un inverno passato più con i medici che con i
tecnici Aprilia i punti interrogativi sulla famosa spalla infortunata lo scorso anno erano molti, ma le gare di Phillip Island li
hanno spazzati via.
Sylvain un ottimo inizio, forse
oltre le tue stesse aspettative
“Certamente sì. E’ stata una
sorpresa anche per me vedere
che dopo un inverno difficile
ed una preparazione fisica non
certo al top sono riuscito a conquistare la Superpole e a fare
due belle gare. Un inizio molto
positivo”.
E sei in testa alla classifica
“Sì, e sono pronto a difendere
la mia leadership. La spalla migliorerà ancora e se non avrò
problemi fisici potrò lottare per
il titolo sino alla fine per rifarmi
dello scorso anno quando nel
finale non ho potuto lottare
come avrei voluto”.
Quest’anno però sembra ci
sia una Suzuki più competitiva. Un avversario in più.
“Ma aspettiamo e vediamo
cosa succederà nelle prossime tre o quattro gare. La
pista di Phillip Island è molto
particolare e non sempre rivela
i veri valori delle moto e dei piloti. L’anno scorso per esempio
Checa fece la pole position, ma
poi per la Ducati fu una stagione molto difficile.
Laverty e la Suzuki sono andati
molto forte in Australia, ma ora
sono curioso di vedere cosa
faranno ad Aragon e ad Assen.
Di certo io potrò contare su di
una moto competitiva su tutti i
circuiti”.
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SPECIALE motocross
GP della
Thailandia
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pare dovuti alla benzina, tra cui Desalle, Paulin,
Strijbos, che sono stati rallentati all’atterraggio
dei salti, ma di certo il Tony visto sulla giallastra
terra tailandese è quello di sempre. Sul podio
dopo di lui sono salitoi Desalle e un Van Horebeek entusiasta di essere arrivato così presto
nelle prime posizioni dopo il suo passaggio alla
Yamaha. Quarto il consistente Max Nagl, che
ha preceduto un Paulin decisamente contrariato per aver perso la tabella rossa di leader a
causa di noie tecniche, e il compagno di squadra Evgeny Bobryshev il quale ha tenuto duro
nonostante una caviglia a mezzo servizio. Buon
ottavo Davide Guarneri, che sta confermando
il suo positivo inizio stagionale, mentre David
Motocross
Philippaerts si è ritirato in entrambe le manche a
causa di problemi meccanici. Nella MX2 tutti col
coltello tra i denti contro Herlings, ma alla fine
anche questa volta è stato implacabile e ha fatto sue entrambe le manche, la prima dopo aver
scavalcato a metà Max Anstie, l’altra rimanendo
in testa fino al traguardo.
La seconda piazza è andata al sorprendente
olandese neo acquisto Suzuki Glenn Coldenhoff,
seguito da Anstie anche questa volta dimostratosi velocissimo. Conferma anche per Dylan
Ferrandis, piazzatosi quarto davanti a Romain
Febvre e Arnaud Tonus. Ottavo Alex Lupino, che
è riuscito a sfruttare due partenze nei primi dieci.
Guarda tutte le classifiche
Cairoli e Herlings
mattatori nel GP della Thailandia
di Massimo Zanzani | Il siciliano vince la MXGP e passa in testa
al campionato, l’olandese domina la MX2
A
d Antonio Cairoli è bastata la seconda prova per passare al comando
della MXGP nonostante i pronostici
di inizio stagione non lo vedessero
subito tra i favoriti del podio a causa della caviglia dolorante che effettivamente non gli aveva
permesso di arrivare in Qatar in perfetta forma.
In Tailandia l’ufficiale KTM ha invece bruciato le
tappe, dominando la prima manche dal primo
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all’ultimo giro e facendo sua anche la seconda
dopo aver scavalcato Jeremy Van Horebeek e
Clement Desalle. Una cavalcata delle sue solite,
che ha fatto ritornare indietro alla scorsa stagione. Lo strano è che il livello dei concorrenti, cos’
come nella MX2, si è elevato ulteriormente, ma
alla fine il risultato non sembra cambiare molto.
C’è da dire che molti piloti nella seconda manche
hanno avuto grossi problemi di carburazione
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Motocross
tony Cairoli
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
“Ho vinto anche se non ero al 100%” bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
di Massimo Zanzani | “Non eravamo al 100%, ma la pista mi piaceva
moltissimo quindi ho potuto esprimere al meglio le mie caratteristiche
di guida” spiega così la sua doppia vittoria in Thailandia Tony Cairoli
«
«E’ stata una gara fantastica,
siamo molto contenti di questa doppia vittoria. Ovviamente non eravamo al 100%, ma
la pista mi piaceva moltissimo
quindi ho potuto esprimere al
meglio le mie caratteristiche di
guida. La pista era molto tecnica e il caldo davvero opprimente, quindi è stata per tutti una
gara difficile, una delle più dure
del campionato».
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Nella seconda manche hai rincorso un po’ Desalle prima di
sorpassarlo.
«Sì, lui all’inizio aveva preso un
po’ di vantaggio poi pian piano
mi sono avvicinato, pensavo
di portare l’attacco verso la
fine. Lui però ha rallentato, ha
avuto qualche problemino, e il
sorpasso è avvenuto prima del
previsto».
bbbbbbbbbbbbbbb
La gara di oggi è un avvertimento ai tuoi avversari? Se
non essendo al 100% guidi
così...
«Nelle piste tecniche con tante
buche, mi sono sempre trovato
benissimo. Faccio magari un po’
più di fatica in quelle più semplici. Per le prossime vedremo...
il Brasile mi piace, speriamo ci
sia una bella giornata e di fare
delle belle gare».
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MX USA
quindicesimo passaggio quando viene passato
dal rimontante Roczen che si tira dietro il compagno di team. Villopoto non commette errori e
taglia il traguardo con un vantaggio eccezionale,
precedendo Roczen, Dungey, Tickle e Short. Le
prime posizioni della classifica restano invariate,
con Villopoto davanti a Dungey e Roczen che recupera però qualche lunghezza sul compagno di
squadra. Prosegue purtroppo la discesa di Reed,
infortunatosi ad Arlington e ancora assente.
250, Bagget su Cianciarulo
La partenza lampo di Martin Davalos è uno show
di breve durata: già nella prima tornata è Bagget
a prendere il comando e ad allungare. La gara,
difficile per le condizioni della pista, vede Cianciarulo passare Davalos al quinto giro mentre
Bagget conduce sicuro al comando e dietro Davalos si difende da Wharton e Bogle. La gara si
conclude nell’ordine. Cianciarulo e Davalos restano in prima e seconda posizione della classifica, mentre fa un netto passo avanti Bagget, che
sale al terzo posto con soli 15 punti di distanza
dalla vetta. Guarda tutte le classifiche
Supercross, Daytona
la riscossa di Villopoto
Il campione in carica torna alla vittoria dominando la gara dal primo
all’ultimo giro; il resto del podio è una parata KTM. 250 a Bagget
davanti al leader Cianciarulo
G
ara molto difficile quella della 450,
corsa su una pista in condizioni
difficili già dalle prove che ha causato diverse cadute in entrambe
le categorie. Parte subito fortissimo Villopoto,
determinato a correre una gara all’altezza del
suo blasone e a riscattarsi dalla sfortuna delle ultime prove; dietro di lui inseguono Wilson,
Dungey, Malcolm Stewart (fratello di James, per
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la prima volta in gara nella massima categoria),
Short e Roczen. Fuori subito anche qui Bubba
Stewart per caduta, che riparte ben ventunesimo e non riuscirà a rimontare più di tanto per le
già citate condizioni della pista. Le posizioni non
cambiano nella prima parte di gara, con Villopoto impegnato in un forcing micidiale, ma a breve i due alfieri KTM iniziano a macinare avversari. Wilson resiste in seconda posizione fino al
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MX USA
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
Capitale Sociale Euro 10.000 i.v.
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