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Visco, governatore di Bankitalia:“Crimine, evasione e corruzione bloccano
l’economia italiana. Serve la legge sull’autoriciclaggio”. Lo dica a Renzi
Sabato 8 novembre 2014 – Anno 6 – n° 308
e 1,40 – Arretrati: e 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
RENZI E IL CASO DI STEFANO
IMPRESENTABILI A TAVOLA
Psicodramma dem: il deputato del Pd (ma
aveva cominciato dal centrodestra ai tempi
di Storace), accusato di mazzette e tra
i coordinatori dei dibattiti della Leopolda,
costretto all’ultimo momento a rinunciare
alla cena di finanziamento del partito.
Un’altra “cattiva compagnia” del premier
Lillo, Marra, Pacelli e Tecce » pag. 2 - 3
L’AUTUNNO DEL COLLE
PROFONDO LEGA
La stanchezza
di Napolitano. E Clio
disse: “Andiamo via”
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Salvini, il comunista
padano tra felpe, ronde
e il fantasma Belsito
Trattare col Pd oppure no?
Il mal di pancia di M5S
d’Esposito » pag. 5
De Carolis » pag. 4
Zanca » pag. 6
» SCANDALO CHICAGO » L’arcivescovado rende pubblici i dossier
ALTA TENSIONE
Pedofilia Usa, i file:
“Alcol, abusi e festini”
Gli scontri a Bagnoli LaPresse
Bagnoli, cariche
e scontri al corteo
anti Sblocca Italia
Napoli, la manifestazione sostenuta
anche dal sindaco De Magistris sfila
pacifica fino alla Città della Scienza
e poi degenera: una ventina di feriti
Iurillo » pag. 4
C’ERAVAMO TANTO AMATI
Online le 15 mila pagine
che documentano
60 anni di violenze nella
diocesi che ha già dovuto
pagare 130 milioni
di dollari alle vittime
dei preti. 68 i nomi
coinvolti. I racconti
dei maltrattamenti:
“Ci mettevano
sdraiati sui lettini
e poi lo facevano...”
Vitaliano » pag. 13
VISTI DA VICINO
OLTRE LE SBARRE
Altro che divorzio
facile: resta lungo
e un po’ complicato
Le multe, la Panda
e le bombe d’acqua
È Marino Comics
Scanzi » pag. 6
Oliver Stone
l’anti amerikano
e il colossal
sullo zar Putin
Liuzzi e Natangelo » pag. 11
» ROMA DA RIDERE
Zunini » pag. 12
Rebibbia, anche
il teatro rischia
la condanna
della chiusura
Minnucci » pag. 14
LA CATTIVERIA
Montezemolo nuovo presidente Alitalia. E i ritardi non potranno attribuirsi a Massa
» www.forum.spinoza.it
Un giorno normale
di Marco Travaglio
el Paese di Sottosopra, come lo chiamava
N
Giorgio Bocca, è normale che si consideri
anormale ciò che è normale e normale ciò che è
anormale. È normale che il presidente della Repubblica, dopo aver ripetuto di non aver nulla di
nuovo da dire sul periodo 1992-'93 al processo
sulla trattativa Stato-mafia, quando è costretto a
rispondere ai magistrati riveli un progetto di attentato ai suoi danni (e a quelli del collega Spadolini) subito dopo le stragi del 27 luglio '93 di
cui né lui né l’allora ministro dell’Interno Mancino avevano mai detto nulla per 21 anni. Ed è
normale che non avesse mai fatto parola del piano eversivo, anzi di “colpo di Stato”, che i vertici
istituzionali dell’epoca avevano ben chiaro da
parte della mafia corleonese e non solo di quella
(altrimenti che golpe sarebbe stato) per ricattare
il governo in cambio dell’alleggerimento del
41-bis, che infatti di lì a poco arrivò. In compenso, è ritenuto anormale quel che è accaduto
l’altroieri in Parlamento: e cioè che le Camere,
paralizzate da quattro mesi dai veti incrociati fra
e dentro i partiti del Patto del Nazareno (Pd e FI),
siano riuscite a eleggere uno dei due nuovi membri della Consulta con i voti del Pd e dei 5Stelle, i
quali però non hanno votato la candidata di FI
per i suoi potenziali conflitti d’interessi. Le vestali del Nazareno, cioè della trattativa Stato-Mediaset che infesta l’Italia da vent’anni, non
hanno mai trovato nulla di anormale nel patto
occulto siglato dal premier Rottamatore e dall’ex
premier Decaduto, Pregiudicato e Detenuto, col
plurimputato Denis Verdini nel ruolo di sensale
e paraninfo. Ma ora sono in allarme per ciò che
ritengono anormale: e cioè che la stragrande
maggioranza dei parlamentari, liberi da vincoli
di mandato, dopo aver respinto giustamente i
diktat del Quirinale, di Palazzo Chigi e di Cesano
Boscone su Violante, Catricalà, Indagato Bruno
e Caramazza, abbiano eletto alla Consulta una
giurista indicata dal Pd ma non “del Pd” provvista di tutti i requisiti formali e morali per quel
ruolo di garanzia, e abbiano finalmente completato il plenum del Csm con un ottimo professore universitario indicato in rete dai suoi studenti e designato dal M5S ma non “del M5S”. Il
Giornale di Sallusti tuona contro il “Patto
dell’Ebetino” e contro l’“inciucio Renzi-Grillo”.
Il Foglio non si dà pace e, con l’amorevole impegno che mettono i secondi della boxe a rifocillare il pugile suonato all’angolo, incitano Renzi e B. a restare insieme: “Il patto deve reggere”,
“la separazione” sarebbe una sciagura, sennò poi
i cittadini rischiano di contare davvero. E anche
i giornaloni “indipendenti” tremano all’idea che
il patto Renzi-Grillo (peraltro inesistente) si ripeta quando bisognerà trovare un successore a
Napolitano. Stefano Folli, su Repubblica, si consola per la gioia dei lettori: tra Silvio e Matteo
“non è ancora un addio definitivo”. Ah, meno
male. Ancor più affranto, il pompiere gemello
del Corriere, Massimo Franco, non trattiene la
“preoccupazione” per “quanto potrà accadere di
fronte al vuoto che lascerebbe Napolitano” se il
nuovo inquilino del Quirinale fosse affidato alla
“imprevedibilità di una formazione che segue le
dinamiche imperscrutabili della Rete e del suo
leader”. Cioè all’eventuale voto decisivo dei
5Stelle. Il grumo di potere che ingrassa da due
decenni all’ombra dell’Inciucione fra la sinistra
più stupida e ricattabile del mondo e la destra più
impresentabile e ricattatrice del mondo non si
dà pace all’idea che quello schema tramonti. Sono quei poveretti che periodicamente si domandano, spiritosi, “come camperanno gli antiberlusconiani ora che non c’è più B.”. E intanto sono
loro a tremare, in preda all’horror vacui, dinanzi
alla prospettiva di veder sparire il piccolo mondo
antico e laido che ancora un anno fa tradì il voto
popolare e ci rifilò le larghe intese, dal Colle a
Palazzo Chigi giù giù fino alle assemblee di condominio. Chissà se Grillo e i suoi si sono finalmente accorti di quanto possono aiutare l’Italia a
cambiare, anche dall’opposizione, se fanno politica e la smettono di guardarsi l’ombelico.
2
FINANZIAMENTI
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
B“Governo
ulgarelli (M5S):
garantisce
solo i derivati”
“RENZI INSERISCE nella legge di Stabilità poche righe per permettere la garanzia dello Stato su contratti di derivati
che lo stesso Stato firmò con Morgan
Stanley, Jp Morgan, Deutsche Bank e
altre banche negli anni Novanta”.
Lo afferma la senatrice del Movimento
5 Stelle, Elisa Bulgarelli, riprendendo
anche una denuncia fatta da Adusbef e
Federconsumatori.
“Nessuna modifica - spiega - è stata inserita invece a salvaguardia del capitale
dei versamenti contributivi che nel
2014 subiranno una lieve decurtazione.
Cosa significa? - si chiede la Bulgarelli le perdite delle banche le coprirà lo Sta-
il Fatto Quotidiano
to, mentre i cittadini si vedranno ridurre
la pensioni. Intanto Renzi gira la testa
dall’altra parte”.
“Ma non è finita, - conclude - ricordo
infatti i tagli di più di 10 miliardi di euro
agli enti locali che costringeranno gli
amministratori ad aumentare le tasse
locali”.
DI STEFANO IMBARAZZA IL PD
E RIMANE SENZA CENA
IL PARLAMENTARE INDAGATO PER TANGENTI SI AUTOSOSPENDE DAL PARTITO
E SALTA LA RACCOLTA FONDI NONOSTANTE AVESSE GIÀ PORTATO 5 IMPRENDITORI
di Wanda Marra
S
ono un imprenditore.
Mi chiamo Giordani. E
penso che Renzi è un
ragazzo che va sostenuto”. Abito scuro e cravattone
in bell’evidenza, l’ospite fa una
vera e propria conferenza stampa, prima di entrare nel Salone
delle Tre Fontane a Roma. Location già nota alle cronache per
le mega-cene che Berlusconi organizzava per promuovere i
suoi candidati. Mentre la folla si
assiepa per entrare, le luci sulla
facciata rimandano il rosso
bianco e verde della bandiera
italiana. E del Pd. Qualche suv,
molti taxi, il generone romano
che già fu di Rutelli e di Veltroni
fa la fila. “Io queste iniziative le
ho sempre fatte”, dice, entrando, un habitué, come Chicco Testa. Non manca il veltronianissimo e ricchissimo Raffaele Ranucci. Un’altra antica conoscenza. Ma soprattutto, c’è
l’ospite d’onore: il presidente
della Roma, James Pallotta. “Ci
sarà un nuovo stadio per la Capitale?”, si chiedono i commensali. Un po’ più in disparte l’ex
calciatore, Odoacre Chierico.
“Mi hanno invitato, non ho pagato”. Per cenare con il segretario premier, l’iniziativa organizzata da Francesco Bonifazi e
Alessia Rotta, prevedeva un finanziamento di 1.000 euro ciascuno. Molti politici non li hanno versati (pure se non sono arrivati forniti di ospiti) e molti
sono invitati. Caos renziano.
Fino a mezz’ora prima dell’inizio, d’altronde, i tavoli non erano neanche composti e lo psicodramma Di Stefano, con i 5
imprenditori suoi ospiti (da evi-
tare o da accogliere, con tanto di
portafoglio al seguito?) aleggiava sulla cena. Alla fine, il protagonista, è stato convinto a
non farsi vedere e anzi si è autosospeso dal Pd. Il tavolo a suo
nome è saltato.
fatto
a mano
TERRITORIO delicato, quello
romano, difficilmente controllabile, tra “palazzinari” e “macellai” per citare le perplessità
Dem. Difficile selezionare gli
ospiti in modo da evitare scivoloni. Inutile per questo lo schieramento di polizia all’entrata
degno di una cena di Stato. Dentro, peperoncino in bell’evidenza, grazie alla presenza del calabrese Franco Monaco, e menù a
base di parmigiana di melanzane e cacio e pepe. Tanta Roma e
tanto “casino”. Ospiti buoni per
tutte le stagioni come i fratelli
Toti, Parnasi e Mezzaroma. Più
GLI OSPITI
Alla kermesse dell’Eur,
il presidente
della Roma Pallotta,
gli storici finanziatori
Toti e Parnasi e anche
Mezzaroma e Testa
tantissimi esponenti del sottobosco cittadino, dai notai agli
avvocati, passando per farmacisti, medici, industriali e imprenditori di vari livelli. Arriva ad
omaggiare il potere che avanza
un ristoratore di grido come
Giuseppe Roscioli. Il regista
Fausto Brizzi non tradisce
IN SALA
Il salone delle
Tre Fontane
all’Eur.
In basso il menu della serata: sformatini
di parmigiana,
raviolo cacio
e pepe e
mousse ai tre
cioccolati
Ansa
l’amico premier. Ci sono il produttore Fulvio Lucisano e il re
del sigaro toscano, Maccaferri.
E il potere romano: ecco Bettini
e Gasbarra. Poi, il sindaco, Marino (qualcuno deve averlo avvertito che non c’era bomba
d’acqua in arrivo) e il presidente
del Lazio, Zingaretti, al tavolo
con Lorenza Bonaccorsi, vicino
a quello del premier. Scelta precisa.
Tra i neo finanziatori anche il
direttore generale della Lamborghini, Umberto Possini. Sta
al tavolo di Michele Anzaldi, che
ha portato una quindicina di
ospiti, tra cui l’ambasciatrice del
Kazakistan. Vanno forte i rutelliani. Tanti produttori di vino:
l’azienda laziale Casal del Giglio, la famiglia Santarelli e i Ber-
tani (del Santa Margherita). Si
beve acqua Norda. Ernesto Carbone ha portato più di dieci suoi
amici avvocati, tra cui Paolo Cerù e il tributarista Raffaele De
Stefano. C’è anche Raffaele De
Luca Tamajo, legale della Fiat di
Marchionne. Nutrita la pattuglia politica dei calabresi: Ernesto Magorno, Enzo Bruno, Mario Oliverio, Stefania Covello,
Enza Bruno Bossio, Nicodemo
Oliverio e Massimo Canale. Che
pure hanno organizzato un pulmino di ospiti: il presidente di
Confindustria Catanzaro, Daniele Rossi, il presidente di Confagricoltura Calabria, Alberto
Statti. E gli imprenditori Palmiro Raffo e Antonella Dodaro.
In mezzo all’“Italia che produce” (definizione standard) più o
meno ansiosa di farsi vedere insieme a Renzi, anche politici: la
Madia e Beppe Fioroni, Lotti,
Boschi e il Sottosegretario Rughetti. C’è Orfini, che un tempo
andava alle Feste dell’Unità:
“Preferisco le salsicce, ma vanno
bene anche queste iniziative”.
Arriva pure il neo Pd, Gennaro
Migliore, che una volta stava in
Rifondazione. “Chi ho portato?
Me stesso. Ho passato una vita a
fare sottoscrizioni per il partito
cui appartenevo”. Alla fine, è
sold out con almeno 600 persone.
E Renzi, che siccome non ce la fa
a stringere le mani di tutti (e poi,
meglio evitare i selfie con gli sconosciuti) allieta il parterre a
moh di colonna sonora, con un
discorso che dura tutta la serata.
A COLPI DI PREFERENZE
di Carlo Tecce
La scalata di un poliziotto in carriera
on poteva che presiedere un tavolo dedicato ai “pagamenti
N
digitali” durante il pensatoio renziano, la Leopolda numero 5,
il deputato dem Marco Di Stefano, accusato di aver intascato una
mazzetta da 1,8 milioni di euro, scorporata di 300.000 euro per un
collaboratore che risulta irrintracciabile. È pratico con le ordinazioni dei posti, il politico romano, che ha indossato più casacche
per breve tempo e ricoperto più poltrone per tanto tempo. Accolto
senza troppi indugi dai renziani, assieme a un bagaglio di preferenze sempre disponibili. E così per la cena di finanziamento di
Matteo Renzi, servita ieri sera a Roma, Di Stefano ha contattato gli
organizzatori: “Marco più cinque”, che poi sarebbero imprenditori
con quota di 1.000 euro cadauno. Viene respinto dopo un dramma
al Nazareno: niente tavolo, stavolta. Ai dem non fa difetto l’inchiesta per corruzione, i rapporti con i costruttori Pulcini che, nei
propri palazzi, per oltre 7 milioni ospitarono in affitto una società
regionale laziale, la “Lazio Service”, mentre il referente Marco era
assessore al Demanio durante la giunta di Piero Marrazzo. E finì
nel dimenticatoio pure l’esposto alla Corte dei Conti del centrodestra subentrato a Marrazzo, chissà dove riposa quel documento
che bollava come eccessivo il canone versato con denaro pubblico
ai signori Pulcini. Con la stessa sicumera, la stessa pretesa che non
tollera diniego, Di Stefano ha risposto a una solerte Maria Elena
Boschi che chiedeva ai parlamentari dem un’adesione per la Leo-
polda. E ancora: “Prego, Marco più qualcuno”, di contorno, a ragionare di riforme, progetti, modernità. Per poi ammettere su
Twitter: “Non conosco Renzi”. Ne ha consumati di sampietrini
quest’ex poliziotto che voleva inaugurare la carriera politica al Municipio XVIII di Roma, dove era dislocato, ma fu bloccato perché
considerato inadeguato dai vertici di Alleanza Nazionale.
ALL’EPOCA, Di Stefano pendeva a destra. Poi ha smesso di pendere
non di oscillare; è diventato democristiano. Senza l’originale Dc e
l’adorato Vittorio Sbardella, non gli restò che Mario Baccini (oggi
compaiono assieme nell’inchiesta di Roma, ma Baccini non è indagato). Il primo maestro, però, fu Nicola Stampete, esponente di
An, zona Casalotti-Boccea, che suona familiare anche per la parodia
di Corrado Guzzanti sul raccordo anulare che circonda la Capitale.
Nicola Stampete, conosciuto col soprannome di “er pipistrello” per
via di un paio di orecchie appuntite, era un serbatoio di voti. Il figlio
Antonio, amico di Di Stefano, è presidente di commissione (Urbanistica) al Comune di Roma. Ma ritorniamo a metà degli anni
Novanta, quando Di Stefano esordisce in politica, consigliere comunale per il Centro Cristiano Democratico e poi segretario provinciale romano per l’Udc, galassia Pier Ferdinando Casini e
senz’altro Baccini, esuli Dc. Quando pare scontata la vittoria in Regione di Piero Marrazzo, lo scaltro Di Stefano, convinto dal sindaco
Walter Veltroni come raccontano le cronache di quei mesi del 2005,
fa un salto a sinistra, però in una lista civica. E da lì sale a velocità più
sostenuta: assessore con tre deleghe, Risorse Umane, Patrimonio e
Demanio. Campo libero per gestire con disinvoltura un potere
enorme e anche per aiutare la futura “convivente” - questa è la dicitura degli inquirenti – Claudia Ariano, direttore della logistica
proprio di “Lazio Service”. Le denunce contro Di Stefano provengono anche da Gilda Renzi, l’ex moglie. Ai tratti da telenovela, però,
si aggiungono coincidenze molto più fosche. Dopo una rimpasto, a
febbraio 2009, Di Stefano fu estromesso dalla squadra di Marrazzo.
La “vendetta” fu a caldo, rapida, per mezzo di una conferenza stampa. Disse: “Ho ricevuto pizzini da importanti esponenti della Giunta. Quei pizzini erano relativi ai concorsi interni per lo scorrimento
delle posizioni dei dipendenti. Li ho rispediti al mittente”. A settembre 2009, un paio di mesi prima di rassegnare le dimissioni per
LA METAMORFOSI
Democristiano, prova ad entrare in An, poi si lega al Ccd
di Casini e Baccini, segue l’Udeur di Mastella e diventa assessore di Marrazzo. Attualmente è democratico renziano
il Fatto Quotidiano
FINANZIAMENTI
JOBS ACT E DINTORNI
CAMUSSO: “PREMIER DIVIDE I LAVORATORI”
Ancora un duro botta e risposta, a distanza, tra il
premier Matteo Renzi e il leader della Cgil, Susanna Camusso. “Guai a pensare che si possa fare del
mondo del lavoro il terreno dello scontro”, dice il
presidente del Consiglio dall’inaugurazione del
nuovo stabilimento di Piaggio Aerospace a Villa-
nova d’Albenga (Sv). “È stato Renzi a innescare lo
scontro sul lavoro”, dividendo anche i lavoratori
(tra “pubblici e privati, tra stabilizzati e non stabilizzati”, tra i “vecchi” e i “nuovi”) e togliendo i diritti invece di estenderli, e quindi tocca a lui “risolverlo”, ribatte il numero uno del sindacato di Corso
d’Italia. Che poi rincara: “Noi ci mettiamo la faccia,
stiamo con i lavoratori e prendiamo le manganel-
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
3
late”. Gli risponde il pd Orfini: “Il Jobs act estende
diretti e doveri. Camusso riconosca questo e il dialogo sarà più facile”. A margine dell’assemblea
dell’Anci a Milano, Susanna Camusso è anche tornata sulla somiglianza tra Renzi e la Thatcher: “A
livello fisico Renzi non mi ha mai ricordato la Thatcher, per quanto riguarda le politiche ribadisco le
mie opinioni”.
LE CARTE
Affari e reti offshore
all’ombra del “Leopoldo”
NELL’INCHIESTA ROMANA È STATO INTERCETTATO ANCHE L’EDITORE DI LIBERO ANGELUCCI
PER VIA DI UNA CONTROLLATA LUSSEMBURGHESE GIÀ NOTA ALLE CRONACHE
di Marco Lillo
e Valeria Pacelli
P
er capire cosa sia diventato il Pd nell’era
di Matteo Renzi bisogna partire da un
ex convento ristrutturato nel
cuore di Trastevere, in via della
Cisterna 22. Qui si intrecciano
i destini dell’onorevole Marco
Di Stefano, renziano dell’ultima ora ma subito promosso
coordinatore alla Leopolda; di
Arnaldo Rossi, presidente del
quotidiano Libero (di Tonino
Angelucci, senatore di Forza
Italia) e infine quelli del costruttore Daniele Pulcini.
CHE CI FACCIO QUI?
In alto, Matteo Renzi. A sinistra alcuni degli ospiti della serata
dell’Eur: Chicco Testa e James Pallotta. Più in basso, il deputato autosospeso Marco Di Stefano alla Leopolda. In un tweet del 26 ottobre Di
Stefano commenta “mai conosciuto @Matteorenzi #politica #cambiadavvero. Yes!” Ansa
lo scandalo che lo coinvolse, Marrazzo reintegra Di Stefano, che è
promosso assessore all’Istruzione. In questo periodo, abbandonata
l’Udeur di Clemente Mastella, scialuppa utile per attraversare il governo di Romano Prodi, Di Stefano aderisce al Partito democratico,
lo fa in quota ex popolari, soprattutto di Giuseppe Fioroni. Ma non
ridimensiona gli interessi per “Lazio Service”: si batte per far sostituire il presidente Massimiliano Marcucci, nonostante il contratto in scadenza nel 2016.
TRA IL 2012 E IL 2013, da consigliere regionale, unico di minoranza
a capo di una commissione, Di Stefano prepara il gran salto in Parlamento e organizza manifestazioni a Santa Marinella, d’estate, perché i romani vanno a fare il bagno a Santa Marinella. Il 10 giugno
2012, in un istituto religioso, accorre pure Enrico Letta, vicesegretario dem. C’era la governatrice Polverini e il presidente della Provincia di Rieti, Fabio Melilli, oggi segretario regionale del Pd, industriali e cacicchi laziali. Osservò Di Stefano: “Vogliamo promuovere finalmente il dialogo e lo scambio di idee tra la politica e il
mondo delle imprese”. Le parlamentarie di dicembre 2012 non sono un successo, soltanto 2.573 preferenze, la metà di Marianna Madia. Viene inserito al sesto posto nella circoscrizione Lazio 1, non
eletto a Montecitorio, ma viene ripescato perché Marino chiama in
Campidoglio la quinta in classifica, Marta Leonori. Il Nazareno lo
recupera. L’ex poliziotto non è mai stato lettiano, appena ha potuto
s’è trasformato in renziano. Già un anno fa, mentre il governo di
Letta scricchiolava, era tra i referenti del sindaco di Firenze in Commissione Finanze. E ai renziani va bene così.
SECONDO L’IPOTESI accusatoria dei pm romani l’ex assessore regionale al demanio
Marco Di Stefano sarebbe stato
corrotto da Daniele Pulcini
con una mazzetta di 1,8 milioni
di euro perché la controllata
della Regione, Lazio Service
prendesse in affitto una nuova
sede di proprietà del gruppo
Pulcini. La manovra era destinata a far aumentare, grazie al
canone annuo stratosferico di
complessivi 7 milioni e 327 mila euro, il valore dei due palazzi
in via del Serafico. I Pulcini riuscirono - grazie all’affitto pagato dai contribuenti - a vendere i palazzi all’Ente di Previdenza e Assistenza dei Medici, Enpam con una plusvalenza enorme di 53 milioni di
euro.
Aveva le sue ragioni l’allora assessore Di Stefano quando interveniva nell’assemblea di Lazio Service, in rappresentanza
dell’azionista unico il 5 agosto
2008, per sostenere la necessità
impellente della nuova sede.
Per i pm Maria Cristina Palaia
e Corrado Fasanelli, i Pulcini
gli avrebbero versato tangenti
per 1,8 milioni di euro oltre a
300 mila euro destinati al suo
ex braccio destro Alfredo Guagnelli, scomparso nel nulla nel
2009.
È indagata anche Claudia Ariano, direttore logistica di Lazio
Service che nel dicembre del
2009 aveva dato l’input al Cda
per cercare una nuova sede in
locazione. Nel dicembre del
2012 i magistrati spiegavano
che “era possibile accertare come tra il Di Stefano Marco e
Ariano Claudia era in corso
una relazione sentimentale”.
Altro personaggio chiave della
vicenda è Luigi Antonio Caccamo: il funzionario responsabile del settore immobiliare
dell’Enpam indagato per corruzione perché espresse parere
favorevole all’acquisto dei due
immobili di via del Serafico nonostante “una plusvalenza ingiustificata rispetto al prezzo di
acquisto risalente a pochi mesi
prima pari rispettivamente al
100 e al 62 per cento”.
E cosa c’entra l’ex convento di
Trastevere, in via Cisterna,
comprato dai frati? Caccamo
secondo un’informativa della
Guardia di Finanza del 2012 allora ci abitava grazie a un contratto di comodato gratuito occupando uno splendido appar-
lo Stato, truffa aggravata per il
conseguimento di erogazioni
pubbliche e altro; Caccamo
Luigi, già iscritto per truffa aggravata e corruzione, Marco
Pacelli (nipote del Papa Pio
XII, Ndr), già condannato per
truffa aggravata e iscritto per
bancarotta fraudolenta, e altri
in corso di identificazione che
intendevano trasferire all’estero denaro e altre utilità provenienti dal delitto (...) tramite la
costituzione di società anonime e fiduciarie in Lussemburgo rappresentate dai medesimi
associati in capo alle quali avveniva il trasferimento di detti
beni ovvero di quote sociali e
che accedevano a rapporti bancari presso istituti lussemburghesi gestiti fiduciariamente”.
In questo filone di indagine è
stato intercettato (non indagato) anche il figlio di Tonino
Angelucci, il manager Giampaolo Angelucci. Le parti delle
informative che riguardano
questo filone però sono coperte da omissis.
ANCHE IL DEPUTATO Di Ste-
fano ha goduto in passato, secondo la Guardia di Finanza,
dell’uso gratuito di un appartamento in via della Cisterna,
per il quale tra l’altro nel 2012
c’era stata anche un’indagine
del pm Maria Cordova sulla ristrutturazione che sta andando
verso la prescrizione.
Luigi Giuliano, difensore con
Tito Milella, di Antonio e Daniele Pucini precisa: “La maggioranza del materiale probatorio riguarda il procedimento
relativo all’Enpam. Noi stiamo
preparando il ricorso al Tribunale del riesame per i nostri assistiti”.
Antonio Angelucci LaPresse
LAZIO SERVICE
La società
di proprietà
della Regione Lazio
usata secondo i pm
per mungere
i soldi pubblici
tamento di 6 vani. L’immobile
però era stato ceduto nel 2005
dal gruppo Pulcini alla misteriosa società lussemburghese
Omnia International S.A., amministrata dal presidente del
Cda della società Editoriale Libero, e consulente factotum del
gruppo Tosinvest della famiglia Angelucci.
La Guardia di Finanza ha verificato che le due società che
controllano Omnia International SA, la Aqualegion Ltd sede
a Londra e la Walbond Investmnents Ltd nelle isole Vergini Britanniche “sono comparse anni addietro sulle cronache nazionali come imprese
rientranti nella cosiddetta ‘rete
offshore’ della nota famiglia
Angelucci”. Dagli atti depositati nell’inchiesta sull’Enpam si
scopre un filone segreto di indagine sui manager del gruppo
Angelucci, per vicende diverse.
Arnaldo Rossi, insieme a Luisella Moreschi e Frederique
Vigneron (della Tosinvest
S.A., Ndr) sono indagati per associazione a delinquere, riciclaggio e fittizia intestazione di
beni con Claude Nicolas Victor
Shong perché “la Moreschi offriva a un numero indeterminato di soggetti, per il tramite
di Arnaldo Rossi, tra i quali
Antonio Angelucci, già iscritto
per i reati di truffa ai danni del-
CAMPANIA
De Luca si candida
(e prende un altro
rinvio a giudizio)
IL SINDACO DI SALERNO ANDRÀ A PROCESSO
PER IL CRESCENT EDIFICATO SUL LUNGOMARE
di Vincenzo Iurillo
oveva essere un giorno di festa per il sindaco Pd di
D
Salerno Vincenzo De Luca. L’accensione delle Luci
d’Artista, “l’evento turistico più importante del Sud Italia”,
celebrazioni tra artisti e cantanti e un nobile pensiero per
Ciro Esposito, il tifoso del Napoli morto per le ferite d’arma
da fuoco riportate durante la finale di Coppa Italia, ricordato
insieme alla mamma, la signora Antonella Leardi. Tutto
bello e struggente, con tanto di polemica
con la Regione che non ha mollato un
euro per le Luci: “È una vergogna”. E le
cose cambieranno, sì se cambieranno, se
lui diventerà Governatore, di fatto è già
candidato, sui social brillano le sue pagine: “Seguimi per costruire il cambiamento: Campania, mai più ultimi”. Peccato che dal Tribunale siano rimbalzate
notizie amare. Il Gup Sergio De Luca lo
ha rinviato a giudizio per le presunte illegittimità collegate alla realizzazione del Crescent, l’edificio
a mezzaluna di Ricardo Bofill, il mega complesso edilizio in
via di ultimazione sul lungomare, leggermente ridimensionato da alcune recentissime prescrizioni della Soprintendenza. Il De Luca giudice ha fissato per il De Luca politico la
prima udienza del processo al 23 dicembre 2014. Natale due
volte amaro. Il sindaco è accusato di abuso d’ufficio, falso e
lottizzazione abusiva. E con lui vanno alla sbarra una nutrita
schiera di persone, ben 21: dieci assessori che nel 2008 approvarono un po’ di delibere, l’ex soprintendente Giuseppe
Zampino, un paio di funzionari della Soprintendenza, dirigenti municipali e costruttori. Il giudice ha accolto la costituzione di parte civile delle associazioni NoCrescent e
Italia Nostra, firmatarie di una valanga di esposti finiti sulle
scrivanie dei pm Rocco Alfano e Guglielmo Valenti. Qualche giorno fa a proposito delle sue (numerose) pendenze
giudiziarie De Luca ha detto in tv: “Non parlo per carità di
patria, ho rispetto per la magistratura vera”. Ieri ha preferito
un profilo più basso: “Massimo rispetto per i giudici, ho
agito nel solo interesse della città”.
4
PIAZZE E PALAZZI
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
B
oschi: “Sulla
legge elettorale
stiamo chiudendo”
IL GIORNO DOPO, gli “scricchiolii” nella maggioranza arrivano da angoli diversi. L’avvertimento lanciato da Renzi a
Berlusconi con la nomina di Sciarra alla
Corte costituzionale e Zaccaria al Csm
grazie all’appoggio dei 5Stelle, ha smosso le acque interne a Forza Italia convincendo l’ex Cavaliere a fare la voce un po’
più forte con i suoi. Ottenendo qualche
risultato, ma meno di quanto si aspettasse. Il redde rationem interno agli azzurri è ormai rimandato ai primi giorni
della prossima settimana, quando Berlusconi incontrerà i gruppi. Ma qualcosa,
comunque, si è mosso. E verso una ricucitura del patto del Nazareno. Su che
il Fatto Quotidiano
punti, lo si vedrà, ma intanto, questo ha
consentito a Maria Elena Boschi, ieri
mattina, di annunciare serena: “Siamo a
un passo dall’accordo sulla legge elettorale”. Ai renziani, ieri, premeva far trapelare che l’asse con i grillini sulla Suprema Corte è stato solo un problema di
“convenienze reciproche”.
DI MAIO APRE AL PD, CASALEGGIO
LO RICHIAMA ALL’ORDINE
DOPO LA VITTORIA SULLE NOMINE DELLA CONSULTA IL VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA
PENSA ALL’ACCORDO PER IL COLLE. MA IL GURU DEL MOVIMENTO METTE I PALETTI
di Luca De Carolis
L
a gelata. Il cambio rapido di clima, nel
Movimento che si ritrova sospeso. Da
una parte i mal di pancia e le
proteste degli ultraortodossi,
che accusano Di Maio e Toninelli di fuga in avanti. Con Casaleggio che di buon mattino
contatta il vicepresidente della
Camera e lo esorta a precisare la
linea, agitato da una sua intervista. Dall’altra la soddisfazione
dei tanti che sulla Consulta sono convinti di aver portato a casa una vittoria politica. Da non
lasciare lì come un trofeo episodico. Non riesce a gioire per
più di poche ore, il M5S che giovedì ha incassato l’elezione del
proprio candidato al Csm,
Alessio Zaccaria, e quello di Silvana Sciarra alla Corte costituzionale, nome renziano ma comunque molto più potabile di
Violante per i grillini. Soprattutto, ha imposto al Pd il proprio metodo: nome proposto
pubblicamente dai Dem, poi
votato dall’assemblea congiunta dell’M5S. E a seguire la ratifica degli iscritti sul blog di
Grillo, favorevoli alla Sciarra a
grande maggioranza (l’88 per
cento). Ma non basta, ai grillini
doc: timorosi di passare per inciucisti agli occhi della base.
LE APERTURE di Di Maio e To-
ninelli a un confronto anche sul
Quirinale hanno irritato più
d’uno: “Troppo presto”. E poi
c’è Casaleggio. Legge l’intervista di Di Maio sul Corriere della
Sera. Nota la parola accordo nel
titolo. Storce la bocca. E allora
fa sapere al deputato che è me-
glio ricordare come patti o alleanze con il Pd non siano concepibili. Di Maio rimane tranquillo. Sa che l’operazione
Consulta ha convinto la maggior parte dei parlamentari, ricorda la soddisfazione dello
stesso Casaleggio e di Grillo giovedì sera. Ma precisa: “È errato
collaborato con Giuliano Amato”. Lui ricorda come tanti docenti e costituzionalisti abbiano
lavorato con l’ex premier. In serata al Tg3 ribadisce: “Sul Quirinale non siamo pronti a un’intesa ma siamo pronti a un metodo: quello della democrazia”.
Allarga: “Fino a che il Pd non fa
CAPITAN FUTURO
“Anche per il Quirinale
è possibile pensare
di intraprendere
la stessa strada
percorsa per la Corte
costituzionale”
Luigi Di Maio, M5S LaPresse
SPONDA DEMOCRAT
Roberto Giachetti:
“L’ultima versione
dell’Italicum
è molto vicina
alle proposte
dei deputati di Grillo”
Roberto Giachetti, Pd LaPresse
parlare di un accordo tra Pd e
Movimento”. Poi rifila colpi al
premier: “Ha uno spread enorme tra parole e fatti. Se ha bluffato con l’accordo di giovedì?
Certo, lui bluffa sempre”. Si
passa a Toninelli, il principale
mediatore con il Pd. Alcuni parlamentari gli contestano: “Non
ci hai detto che la Sciarra aveva
un passo nei nostri confronti
migliorando la legge elettorale
non possiamo sederci a un tavolo. Se lo fa, possiamo sederci”.
Condividono in tanti: consapevoli che giovedì l’M5S è uscito
dall’angolo. “Abbiamo ottenuto una grande vittoria politica, il
nervosismo è quello normale in
un gruppo parlamentare che la-
vora” riassume Roberto Fico.
Da Parma batte le mani il “ribelle” Pizzarotti: “Sulla Consulta c’è stato un buon dialogo: se
ci saranno convergenze su
obiettivi perché non rifarlo?”.
LA SENATRICE Barbara Lezzi:
“Noi e Renzi siamo all’opposto
su tutto: sappiamo che lui prova a usarci contro Berlusconi,
siamo lucidi. Ma se il Pd segue il
nostro metodo e si confronta
pubblicamente, allora si può
vedere. Il Colle? Dovessero
proporci nomi, saranno votati
dagli iscritti del M5S, assieme ai
nostri”. Il primo nodo però è la
legge elettorale. Il Democratellum del M5S è di impianto proporzionale, l’Italicum renziano
è iper maggioritario. Di Maio
ostenta scetticismo: “Il Pd ci ha
già preso in giro ai tavoli”. Ma il
renziano Roberto Giachetti vede varchi: “L’ultima versione
della legge è molto vicina alla
proposta dei 5Stelle. Ora prevede il premio di maggioranza
alla lista, come chiedevano loro, e ci sono le preferenze, seppure con i capilista bloccati. Loro non vogliono sbarramenti, è
vero: ma quello per i singoli
partiti potrebbe scendere ancora. Un punto di caduta si può
trovare”. Aggiunge: “Si può ragionare anche sull’altro nome
per la Consulta”. Ma c’è stallo
su tanti fronti. Maurizio Buccarella: “Sul ddl anticorruzione
in Senato siamo ancora fermi in
commissione, dalla scorsa primavera, perché Forza Italia
non vuole il falso in bilancio.
Noi potremmo anche votare
buoni emendamenti del Pd. m
non si muove nulla: forse pesa il
Nazareno...”.
BILANCI-DEM
Francesco Bonifazi, tesoriere
del Partito democratico Ansa
Bonifazi: “Tagliati
affitti e consulenze”
“RECUPERATI 18 MILIONI” CELEBRA IL TESORIERE:
MA COSTANO LA CHIUSURA DI UNITÀ ED EUROPA
bbiamo recuperato 18 milioni di euro. Grazie a questi nesA
sun dipendente andrà in cassa integrazione”. Si lanciava
così nell’annuncio giovedì sera Matteo Renzi, durante la cena di
fundraising di Milano. Una rivelazione destinata ad attirare im-
mediatamente l’attenzione: tra il 2012 e il 2013, infatti, 18 milioni erano esattamente le perdite del Pd. Una cifra talmente da
capogiro da far dubitare di un possibile futuro per il partito. E
invece no. Non solo Renzi, ma anche il tesoriere Francesco Bonifazi, che fino a qualche settimana fa lanciava allarmi sgomenti,
e puntava il dito sulla gestione della “ditta”, forte anche di una
serie di dossier sul suo tavolo, con spese astronomiche e non
giustificate, a questo punto annuncia con una soddisfazione degna del suo segretario: “Abbiamo ridotto la spesa del 43 per cento medio. Il che equivale a risparmi per 21 milioni di euro”.
Insomma, Bonifazi come Mandrake. Dettaglia: “Abbiamo ridotto le consulenze, gli affitti, le spese per i servizi e le forniture”.
Come dice lui, era tutto nella relazione alla direzione nazionale
dello scorso 12 giugno.
QUANDO Bonifazi raccontava di aver previsto tagli ai costi per i
servizi e per le forniture. E soprattutto per le consulenze (nel 2013
ammontavano a 1.149.000 euro), e per gli affitti di via Tomacelli
e di via del Tritone, che nel frattempo sono stati disdetti. A più
riprese, i nuovi vertici dem hanno puntato il dito contro le spese
“endemiche” della scorsa struttura: la segreteria, i forum e le rispettive iniziative nel 2013 costavano 1.022.000 euro. E allora,
ecco attuata la minaccia: i membri della segreteria renziana sono
a stipendio zero. La nuova gestione non rimborsa nulla, tanto
meno gli affitti, come accadeva un tempo. Meno soldi per la campagna elettorale. Tra i risparmi, c’è ne sono pure alcuni non edificanti, come quello derivato dalla chiusura de l’Unità e dalla prossima chiusura di Europa (il cdr ha annunciato la liquidazione e la
messa in cassa integrazione per il 15 novembre): sono stati tolti i
contributi in acquisto copie per i giornali di partito. Certo, tutto
questo più che certificato, va preso come un atto di fede, o poco ci
manca. Per fare tutti i conti, cifre alla mano, bisogna aspettare il
bilancio 2014. L’annuncite tocca pure i conti del Pd.
wa.ma.
Bagnoli, scontri tra No-Renzi e polizia
IL CORTEO ANTI-SBLOCCAITALIA E ANTI-COMMISSARIAMENTO, SOSTENUTO DA DE MAGISTRIS, FINISCE CON MANGANELLATE E LACRIMOGENI
Napoli
estaggi, sampietrini contro gli
P
agenti in tenuta antisommossa, cassonetti ribaltati, segnali stradali divelti, cariche, lacrimogeni. Il
caos. Il corteo di Bagnoli contro il
decreto Sblocca Italia, provvedimento che in alcuni articoli commissaria l’ex area industriale Italsider, è degenerato in una violenza
quantificata dai 18 agenti feriti insieme a due carabinieri e a qualche
giornalista, compreso un operatore
Rai leggermente ferito dall’esplosione di un petardo.
GLI SCONTRI sono partiti quando
un gruppo di manifestanti ha provato a forzare il cordone di sicurezza delle forze dell’ordine di fronte all’ingresso di quella parte di Città della Scienza non toccata dall’incendio del marzo 2013. “Volevamo
svolgerci l’assemblea dei promotori
di questa iniziativa” ha spiegato
uno dei manifestanti, in conflitto
con il presidente del Consiglio Matteo Renzi che non ha mantenuto la
promessa di venire a Bagnoli e delusi per la mancata bonifica
dell’area ancora sotto sequestro
giudiziario per l’alto tasso di inquinamento riscontrato dalle perizie
LA DISAVVENTURA
Bambini in visita
alla Città
della Scienza
sono dovuti rimanere
per alcune ore
dentro la struttura
dei consulenti della Procura. Al
corteo hanno partecipato il presidente della Vigilanza Rai, Roberto
Fico, e alcuni assessori comunali tra
cui il vice sindaco Tommaso Sodano. Lo stesso De Magistris aveva
sostenuto le ragioni della protesta.
Sodano e Fico si sono comunque
allontanati all’inizio degli scontri,
mentre una scolaresca in visita a
Città della Scienza è rimasta “intrappolata” per qualche ora. “Ricorreremo alla Corte costituzionale, alla giustizia amministrativa e a quella ordinaria contro lo Sblocca Italia”, ha annunciato lo stesso sindaco
Luigi de Magistris, attaccando ancora il governo: “È una legge pericolosa che espropria la città dai
suoi poteri e apre la strada alle mani
sulla città. Va contrastata e lo faremo con ogni mezzo”. Secondo il
sindaco di Napoli De Magistris, la
norma su Bagnoli vuole consegnare
l’area occidentale proprio “a quei
soggetti privati che l’hanno inquinata e contro cui ho emesso un’ordinanza che ordina di risarcire la
città e Bagnoli”.
vin.iur.
NAPOLI
Gli scontri
di ieri
a Bagnoli, davanti alla Città
della Scienza,
tra i manifestanti antiRenzi e la polizia Ansa
PIAZZE E PALAZZI
il Fatto Quotidiano
Nulla di più solido. Anche in prospettiva.
Anche se poi – questo comunque l’avvertimento passato in filigrana dal Pd – dentro
Forza Italia continuate a litigare, poi noi ci
arrangiamo in modo diverso. Un “modo diverso” che Maurizio Sacconi, capogruppo
Ncd in commissione Giustizia a Palazzo
Madama, ha toccato con mano, risponden-
do in modo durissimo all’eventualità di essere messo all’angolo, lui con gli alfaniani:
“Se la maggioranza si divide su temi sensibili, è evidente che viene meno. Nel momento in cui deve affrontare riforme importanti, deve rivelarsi coesa. Altrimenti cade
la maggioranza”. Il problema, comunque,
gira tutto intorno a un punto: se, alla fine,
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
Forza Italia dovesse tirarsi indietro? “Dovremo andare avanti con gli altri partiti – ha
annunciato la Boschi – le riforme dobbiamo
farle e le facciamo con chi ci sta”. Riforme a
maggioranza variabile, insomma, ricercando sempre il massimo consenso possibile?
Renzi, come noto, si sta organizzando. Per
non dover essere costretto a guardare ai
5
5Stelle. Al Senato è in corso di costruzione
un nuovo gruppo di fuoriusciti grillini e delusi del centrodestra, che potrebbe tenere
in piedi la maggioranza in caso di scossoni
interni. La legge elettorale arriva martedì in
Senato. I renziani hanno un pugno di voti in
più, allo stato pochi per star tranquilli.
Sara Nicoli
Napolitano, presidente stanco
con l’agenda piena di incontri
I GRANDI GIORNALI E I PARTITI, GRILLINI COMPRESI, PARLANO DI SUCCESSIONE COME SE NULLA
FOSSE. DAL QUIRINALE RASSICURANO: “OGNI GIORNO HA UN APPUNTAMENTO PUBBLICO”
di Fabrizio d’Esposito
L’
ultimo a esercitarsi sul delicato tema è stato ieri Luigi Di Maio, grillino e vicepresidente della Camera, in una conversazione al
Corriere della Sera: “Se nel Pd c’è
buon senso, in futuro noi ci saremo. Anche per il Quirinale”.
Dove a contare è la seconda
parte della frase, quella in cui si
parla della successione a Giorgio Napolitano. Ormai tutti ne
parlano o scrivono apertamente, da Berlusconi e Renzi
per finire agli editorialisti dei
giornaloni cosiddetti “istituzionali”. Le dimissioni di Napolitano, che ha 89 anni compiuti il 29 giugno scorso, non
sono più un tabù, una questione scivolosissima su cui glissare in un’intervista. Tutto
questo, nonostante il recentissimo “monito” estivo dello
stesso Napolitano a non “esercitarsi” sulle sue dimissioni.
che. All’epoca aveva 72 anni e
gli erano già stati curati tre melanomi maligni. Il suo medico
personale intervenne con una
dichiarazione ufficiale: “Non
vi sono segnali di un ritorno del
melanoma per il quale è stato
operato nel 1993, nel 2000 e nel
2002. McCain gode di una salute eccellente e dimostra
un’energia straordinaria”. La
ITALICUM DECISIVO
Il capo dello Stato
per decidere
su eventuali dimissioni
starebbe aspettando
soltanto la nuova
legge elettorale
salute di un politico è pubblica
oppure no?
Lo stop della moglie Clio:
”Caro andiamo via”
Quella drammatica domanda
ai suoi collaboratori
Il punto è che le voci sulla
“stanchezza” del capo dello
Stato si moltiplicano con il passare dei giorni e spesso ci si sofferma, come accadeva in Unione Sovietica ai tempi di Breznev e Andropov, sulle sue apparizioni pubbliche per captare lo stato reale delle sue condizioni. Giovedì scorso, per
esempio, dopo una manifestazione nei saloni del Quirinale,
Napolitano si è intrattenuto
con gli ospiti durante il rinfresco. Circondato dai corazzieri
ha salutato un paio di persone e
poi è arrivata subito la moglie
Clio: “Giorgio andiamo via”.
Una permanenza breve, tipica
di chi è stanco. Ieri, invece,
sempre al Colle, ha tenuto un
intervento, per un’altra iniziativa, con una voce bassa e affaticata. Prima ancora, infine, e
sempre questa settimana, ha
dato forfait a un’importante cerimonia all’Accademia dei
Lincei. Al netto, dunque, di
tutto quello che vanno dicendo
i vari leader (Berlusconi in particolare) sulla salute di Napolitano, quali sono le sue vere
condizioni? Non è una questione di trasparenza chiederselo e chiederlo?
In Italia il capo dello Stato non
è eletto dai cittadini. Non solo.
Nel caso di Napolitano, per la
prima volta nella storia della
Repubblica un presidente è
stato confermato nel suo settennato, alla vigilia del suo ot-
La democrazia americana
e l’esempio di McCain
Negli Stati Uniti, le cartelle cliniche dei presidenti sono un
argomento classico delle campagne elettorali. In quella democrazia è considerato normale affidare la propria fiducia
a un politico anche in base alla
sua salute. Nel 2008, quando
Obama vinse per la prima volta, il candidato repubblicano
John McCain mise a disposizione dei media quattrocento
pagine delle sue cartelle clini-
tantottesimo compleanno. Re
Giorgio ha sempre parlato di
“sacrificio personale”, vista
l’età, ma adesso le decisioni che
prenderà in base alle sue condizioni sono cruciali per l’evoluzione dei vari scenari politici.
Non a caso la domanda drammatica posta in una riunione
con i suoi collaboratori
sull’ipotesi delle dimissioni
Candidature
riassume tutte le incognite che
circolano: “Cosa accadrebbe se
domani mattina non mi alzo?”.
Secondo alcuni amici del presidente, il desiderio di Napolitano è quello di andar via dal
Quirinale prima di festeggiare i
novant’anni. La finestra temporale delle sue dimissioni va
da gennaio a marzo del prossimo anno. Archiviata la tormentata deposizione ai giudici
di Palermo sulla trattativa tra lo
Stato e la mafia, a cavallo tra
Prima e Seconda Repubblica, il
capo dello Stato aspetterebbe
solo il varo della nuova legge
elettorale, l’Italicum.
Le “forze” del Re
e il rebus della successione
Dalle sue “forze” dipendono
quindi le mosse dell’intero
quadro politico. La sua successione è un macigno, per esempio, tra Renzi e la tentazione del
voto anticipato. E lo stesso Berlusconi potrebbe “rientrare”
lunedì prossimo nel patto del
Nazareno per pesare sulla scelta del prossimo presidente della Repubblica, non tanto per la
riforma elettorale. L’elezione
del dodicesimo capo dello Stato nel 2015 è il fattore decisivo
per capire in che direzione andrà questa legislatura. L’ultimo
a intervenire, appunto, è stato
Luigi Di Maio, il volto più istituzionale del Movimento 5
Stelle. Alla luce dell’importanza della “stanchezza” di Napolitano, il Fatto ha interpellato gli
uffici della comunicazione del
Quirinale. Dal Colle si spiega
che non c’è alcun mistero sulla
sua “stanchezza” perché Napolitano ogni giorno, o quasi, ha
un appuntamento pubblico. E
l’agenda della prossima settimana è pienissima.
Giorgio Napolitano con il figlio Giulio e la moglie Clio Umberto Pizzi
MESCHINITÀ EUROPEE
Giorgio, i ragazzacci
e il modello Gozi
F
inché si scherza si scherza, ma adesso basta.
Giorgio Napolitano è preoccupato: passi finché erano quei trogloditi della Lega, ma se adesso
pure dentro al Pd – persino ragazzi che il nostro
metaforicamente tenne sulle ginocchia come Cuperlo – si mettono a criticare la Ue e l’euro vuol dire
che il mondo sta impazzendo. Immediato, dunque,
è arrivato il monito: “Bisogna reagire alle tante rappresentazioni meschine, malevole, riduttive della
costruzione europea” e fare “lo sforzo necessario a
suscitare negli italiani il senso dell’immedesimazione nell’Ue”. Vaste programme per il capo dello Stato, che però forse assegna al suo percorso personale
un valore universale che non ha: “Comunismo, eurocomunismo, euro” non è passaggio che riesca a
tutti. Magari potrebbe provare con la mozione degli affetti: “Ma benedetti ragazzi, non potete essere
tutti come Sandro Gozi, che è così europeo?”.
Sergio Chiamparino
“Se il M5S ci sta, al Colle vado di corsa”
di Giampiero Calapà
e per la Presidenza della Repubblica
S
mi vogliono anche i Cinque Stelle io
sono già lì, ci vado di corsa”. Sergio
Chiamparino, classe 1948, per dieci anni sindaco di Torino e oggi governatore del Piemonte – seppur
con un caso firme-false di cui si
sta occupando il Tar sul groppone – cuore rosso Pci e oggi
renziano convinto, è pronto
per la corsa al Quirinale.
Nell’aprile 2013 era il nome di
partenza della minoranza
renziana. Oggi, con
all’orizzonte un riallineamento
Pd-M5S, potrebbe essere qualcosa di più?
“Perché no?”.
Crede a questo
riavvicinamento Renzi-Grillo?
Magari è solo
una mossa di
carattere tattico. Sicuramente Renzi
ci guadagna,
perché ha più
potere negoziale al tavolo
con Berlusconi
per la legge elettorale. Ma ci guadagnano anche i Cinque Stelle, forse oggi si
rendono conto che se iniziano a giocarsi
le loro possibilità facendo politica qualcosa possono anche ottenere, invece di
essere condannati all’irrilevanza.
Insomma, potrebbe essere anche il loro presidente?
Da una parte le dico: difficile.
Sa, conoscendo le mie posizioni sul Tav... oppure sugli
inceneritori.
Dall’altra,
quando mi misuro sul terreno delle cose concrete con i
Cinque Stelle noto che spazi
e margini di intesa ci sono. Sicuramente più
che con Berlusconi,
perché non c’è nessuna
incompatibilità genetica tra noi e loro.
Ma questo riavvicinamento può davvero essere, in prospettiva,
un’intesa per il Colle?
Senta, io sui retroscena non ci capisco molto, poi da Torino mi
viene difficile sapere
tutto. Ma le dico, può
anche essere, certo.
Come dicevo prima,
tutto sta ai Cinque
Stelle, se preferiscono continuare a essere irri-
levanti a livello politico o giocarsi qualche possibilità per diventare incisivi.
Anche in chiave elettorale, perché la
gente la prima volta ti vota, ma se poi,
alla lunga, non porti a casa proprio nulla... poi c’è un’altra cosa...
Sarebbe?
C’è che Matteo Renzi e il suo Partito democratico sono al centro del sistema
politico. E nessuno li può schiodare. E
nessuno può non dover fare i conti con
questa cosa.
Immaginiamo che domani le Camere votino davvero per il Quirinale. Renzi propone Chiamparino e i Cinque Stelle dicono di sì.
preciso. Diciamo che probabilmente fu
trasversale il vantaggio di far saltare il
nome di Prodi.
Quanto è diventato “renziano”?
Sono un renziano autonomo. Da presidente dei governatori di Regione ho ad
esempio detto che la manovra così
com’è formulata è insostenibile per gli
enti locali. Ma credo che Renzi stia guidando il Paese nella giusta direzione.
A sinistra non c’è molto spazio in questo
momento?
Quello schema non funziona più. Oggi i
partiti nascono e muoiono in funzione
di una leadership. Io ho vissuto di pane e
partito, ma è cambiato tutto in modo radicale.
Le ripeto, ci vado di corsa. Ma forse è già
troppo fare il presidente della Regione Le piacciono le cene del Pd?
Piemonte. Poi ancoNon saranno belle esteticamente, ma c’è almera non si è capito
no trasparenza. Poi ci
davvero perché saltò
sono sempre le feste
Prodi. Il suo nome
NUOVE
dell’Unità.
sarebbe più naturale
Però non c’è più l’Unità.
per un’operazione
INTESE
del genere.
Le feste rimangono un
Con i pentastellati
Chi erano i 101?
grande momento di coNon è difficile ricomunicazione politica.
si possono
struirlo. Non sono
Quindi tra la piazza della
in grado di fare nomi
Cgil e Renzi sceglie Renfare accordi, perché
e cognomi, ma non è
zi?
non ci divide
difficile.
Col cuore sono sempre
C’erano anche i rendove ci sono le bandiere
l’incompatibilità
ziani tra i 101?
rosse, ma con la testa
Non credo che fu
non voglio andare a
genetica che
un’azione organizsbattere. Meno male che
ci separa da Berlusconi Renzi c’è.
zata di un gruppo
6
DA NORD A SUD
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
R
azzi e Minetti
possibili naufraghi
all’Isola dei Famosi
ANTONIO RAZZI potrebbe essere uno dei partecipanti alla decima edizione del reality show
l’Isola dei famosi, sbarcato da Raidue a Canale 5.
La conferma arriva dallo stesso senatore di Forza
Italia: “È vero, Mediaset mi ha contattato ma non
so se posso assentarmi per tutto quel tempo da
Palazzo Madama”. L’unico problema? Ovviamente lo stipendio da senatore: “Qua è una paga
il Fatto Quotidiano
sicura, laggiù non si sa. Come si usa dire, cca
nisciuno è fesso“. Vedremo come andrà a finire la
sua crisi di coscienza. Ma il senatore potrebbe
non essere l’unico politico, si fa per dire, a partecipare. Dopo aver elogiato il programma, sarebbe stata contattata anche l’ex consigliera regionale lombarda Nicole Minetti, sotto processo
a Milano nell’inchiesta Ruby bis.
IL NUOVO CHE AVANZA?
di Paola Zanca
C
on la scopa in mano e
la bava alla bocca, ripeteva: “Chi ha sbagliato pagherà”. Lui,
Bobo e i meno intimi del cerchio magico da una parte. Renzo Bossi e le lauree finte, Rosi
Mauro e i diamanti, Belsito e la
Tanzania dall’altra. Ma adesso
che Matteo Salvini è riuscito a
spazzare via dalla memoria dei
più le magagne della Lega, di
rialzare i tappeti di via Bellerio
non ha più voglia. Che chissà se
c’è ancora della polvere, lì sotto.
Così, ieri, l’altro Matteo nazionale ha deciso, lasciando di
stucco pure Maroni: la Lega rinuncia a chiedere i danni alla
vecchia guardia. “Cose che appartengono al passato”, dice. E
meglio che non ritorni proprio
adesso che i sondaggi lo danno
al 9 per cento, proprio ora che il
23 per cento degli italiani lo
considera l’unico sfidante in
corsa contro Matteo Renzi.
La Ypsilon e il ventennio
Chissà se lo immaginava quel
giorno in cui ha fatto il suo primo ingresso al Comune di Milano. Era il primo giorno
dell’estate 1993. Quando è uscito, cominciava l’ottobre del
2012. Consigliere della Lega per
vent’anni: esordio “a sinistra”
con la lista dei Comunisti padani, saltuarie frequentazioni giovanili del Leoncavallo, terminate con la richiesta - da segretario
provinciale, una manciata di
anni dopo - di vietare ogni manifestazione dei centri sociali
per sei mesi. Lui, in giro per Milano, ci andava con una Ypsilon
10 con il retro tappezzato di
adesivi della Lega. L’ha tenuta
quindici anni, poi l’ha passata
all’amico Igor Iezzi e si è comprato una Volvo S60 (diesel).
Salvini, il Gianburrasca
è diventato l’altro Matteo
DAGLI ESORDI IN CONSIGLIO COMUNALE A MILANO ALL’OCCUPAZIONE DELLE TV
IL LEADER DELLA LEGA SOGNA IN GRANDE. E NON FA PIÙ LA GUERRA A BELSITO & C.
La radio e il Burghy
A Palazzo Marino è entrato subito dopo il diploma al liceo
classico. Si è iscritto alla facoltà
di Storia, ma niente da fare: anni
da fuori corso, poi lascia a cinque esami dalla laurea. Nel frattempo, però, bazzica Radio Padania che lo fa prima giornalista
e poi direttore (l’ultimo stipendio è del 2013: politica a parte, le
esperienze di lavoro finiscono
qui, se si escludono i “diversi
mesi” passati al Burghy). C’è lui
al microfono quando Umberto Bossi si riprende dall’ictus: fa sentire “la voce del
capo”, poi piange.
Matteo
Salvini,
41 anni LaPresse
Calcio e scarponi
Fede rossonera, se deve prendersela con
qualche ultrà, predilige i romanisti e i
napoletani (cantò il
celebre “senti che
puzza scappano
anche i cani...”,
ma quella volta faceva politica, a Pontida). Quelli che sopporta meno, comunque, sono i tifosi dell’ultim’ora, quelli diventati milanisti solo da quando vince e
ha Berlusconi presidente. Il discrimine per lui porta la data del
7 novembre 1982: Milan-Cavese, Serie B. Solo chi ha sofferto
BRAULIO E CALDARROSTE
Con il suo piatto preferito ha festeggiato
anche la vittoria su Bossi all’ultimo
congresso con l’82 per cento dei voti
Il sindaco di Roma
allora, può festeggiare adesso.
Quando non va allo stadio,
pesca o va in montagna a
Caderzone, altrimenti nota come “la Madonna di
Campiglio dei poveri”.
La tv e Gianburrasca
Come l’altro Matteo, poco
più che bambino ha esordito in tv (e fatto lo scout):
quiz con Corrado
Tedeschi, Doppio
Slalom. Oggi, il
piccolo
schermo è la
sua dimensione naturale. Dicono le camicie verdi
meno
amiche:
“Da Telelombardia, alla Rai a
La7: in un giorno
piazza il miliardo di
Mare nostrum prima per i disoccupati, poi per i pensionati, poi per le imprese. Se ascolti lui,
a sera quel miliardo
sono diventati 15”.
Strizza l’occhio a
Putin e alla LePen,
cerca consensi in
Calabria e Sicilia,
“va a letto con
Twitter” (Formigoni dixit) e fa il
Landini con il referendum contro
la legge Fornero.
Fa anche lui parte
della categoria del
folgorati sulla via del “selfie al
piatto”. Immortala lo zabaione
in Trentino, il tortello di zucca
alla festa della Lega, i missoltini
del lago. E agli amici virtuali domanda: “Mi piace da matti
mangiare la crosta del Grana. È
normale?”. Per catalogare il tipo, Umberto Bossi lo ribattezzò
“Gianburrasca”: casinista che
non combina nulla.
Strasburgo e le felpe
Il metodo però funziona. Gianburrasca si fa notare. Ai mondiali 2006, quelli vinti dall’Italia, indossa la prima delle felpe
che ora sfoggia regolarmente
(ne ha una per ogni posto: Piacenza, Viterbo, Lumezzane).
C’è scritto: “Forza Germania”.
Per un anno fa il deputato. Poi
lo rispediscono a Strasburgo. Si
narra che Bossi non lo volesse
più tra i piedi a Roma. Eppure,
quella che doveva essere una
punizione, è diventata la sua
fortuna. Molto più facile imboscarsi a Bruxelles che a Montecitorio: così, Salvini, quasi fisso
a Milano, si è coltivato rapporti
che gli sono valsi 220 mila preferenze alle ultime elezioni. E
un trionfo al congresso: ha battuto Bossi con l’82 per cento dei
voti. Poi è andato a casa e ha festeggiato con il suo piatto preferito: caldarroste e Braulio.
FEDE ROSSONERA
Non gli piacciono i tifosi dell’ultima ora.
Per lui ci sono solo quelli che nell’82
hanno pianto per Milan-Cavese
PORTO IMPERIA Assolto
Bellavista Caltagirone
ra imputato per truffa aggravata e abuso d’ufE
ficio nell’inchiesta sul porto turistico di Imperia. Ma “il fatto non sussiste” e dunque l’impren-
ditore romano Francesco Caltagirone Bellavista è
stato assolto dal Tribunale di Torino. Si chiude così, in attesa delle motivazioni della sentenza, la vicenda giudiziaria esplosa il 5 marzo 2012 con l’arresto dell’imprenditore 75enne. Alla lettura della
sentenza l’uomo ha abbracciato i suoi legali: “Non
ho parole per i giudici - ha detto dopo la lettura del
verdetto -. Sono contento che in Italia ne esistano
così”. Il pm Giancarlo Avenati Bassi aveva chiesto
la condanna a 8 anni: secondo l’accusa i costi per la
realizzazione del porto turistico di Imperia erano
lievitati fino a 140 milioni di euro, ma l’opera non
era stata neppure collaudata, con decine di proprietari di posti barca che avevano investito migliaia di euro senza avere nulla in cambio.
Vizi Capitali
Panda e bombe d’acqua, la tragicommedia Marino
di Andrea
Scanzi
robabilmente si aspettava una trama diP
versa, lui come chi lo ha eletto sindaco
di Roma. Neanche un anno e mezzo fa, Igna-
zio Marino era percepito come una delle
espressioni meno furbastre del Partito democratico. Dunque una delle figure migliori.
Ora è cambiato tutto e non in meglio. La vita
da sindaco di Marino, 59 anni da Genova, ha
un che di costantemente tragicomico. La
bomba d’acqua, paventata e mai arrivata, è
solo l’ultimo inciampo di una lunga serie.
Oltretutto, mentre esortava i romani a non
uscire di casa, tra scuole e stazioni metro
chiuse, lui se ne stava a Milano. Un’assenza
più o meno giustificata, perché era un impegno istituzionale, ma anche questo ha alimentato la sensazione del sindaco alieno: del
corpo estraneo. Non è un caso che Max
Paiella, quando lo imita su RadioDue, lo tratteggi come un politico disperatamente bisognoso di dimostrare agli elettori la propria
“romanità”: peccato che poi, alla prova dei
fatti, non sappia nemmeno dire daje (ma un
mestissimo “dage”). Secondo sondaggi ormai neanche più clandestini, Marino ha oggi
la fiducia di due soli romani su dieci: una
Waterloo vera, su cui provano a far leva politici con un senso del ridicolo poco pronunciato.
PER ESEMPIO ALEMANNO, quello che se la
prendeva con i pini (“Colpa degli alberi di
Roma, non sono abituati alla neve”). Decenza
minima gli imporrebbe il silenzio, ma lui
twitta a mitraglia: “Roma sotto la #pioggia e
@ignaziomarino fugge a Milano con una falsa scusa. Bel modo di #mettercilafaccia. #orabasta”; “Roma in emergenza maltempo e
#IgnazioMarino a Milano all'assemblea #anci2014 a fare nulla?”. Spesso Marino non è
difeso neanche dal suo partito: non essendo
granché renziano, vanta ben pochi santi al
Nazareno. Agli errori legati alla gestione maltempo si sono unite le vicende fantozziane
della mitica (vabbè) Panda rossa, parcheggiata “in deroga” 14 mesi nei posti riservati ai
vere. Politicamente e ancor
senatori. Il sindaco, che abita
a due passi e verosimilmente
più mediaticamente. Lo crivellano di continuo: per avepreferiva quel posto gratuito
agli esosissimi garage a pare pressoché regalato il Circo
gamento, aveva addotto moMassimo ai Rolling Stones;
per avere officiato matrimotivazioni d’emergenza (minacce e atti vandalici seguiti
ni gay ben sapendo che in
alla sua elezione). Alla fine,
quei casi la sua firma sarebbe
tardivamente e dopo i servizi
valsa quanto un autografo;
de Le Iene, l’ha spostata. Poi
per i litigi rabbiosi con Bruno
Vespa sui rifiuti; per le orperò sono arrivate le otto
multe per essere entrato nella
dinanze ambientaliste, per
zona a traffico limitato con
Ignazio Marino Ansa l’aumento delle rette per gli
asilo nido.
pass scaduto. Dal 23 giugno
al 21 agosto 2014, sempre con la Panda rossa.
Ottanta euro a infrazione: due pagate, sei no. A INIZIO MANDATO, Marino amava farsi
Secondo il senatore Ncd Augello, che ha ver- ritrarre mentre pedalava allegro per la città, il
gato una interrogazione parlamentare ad hoc, casco in testa e la povera scorta ad arrancare
le multe sono state “bloccate d’ufficio dietro. Forse credeva che, per governare Rodall’amministrazione comunale, sanando i ma, bastasse qualche selfie bucolico. La realtà
due mesi di mancato rinnovo del permesso si è rivelata appena diversa, e oggi Marino
come se si trattasse di un errore del Comu- sembra una brava persona finita in un gioco
ne”. Se la bomba d’acqua non è arrivata, di – quasi mai divertente – troppo più grande di
sicuro sopra Marino non smette mai di pio- lui.
EUROCRISI
il Fatto Quotidiano
Ca Berneschi
arige, sequestro
& c.: 29
mln in case e gioielli
LA GUARDIA DI FINANZA di Genova ha trovato
altri beni da sequestrare a Giovanni Berneschi e ai
suoi amici, per 29 milioni, nell’ambito dell’inchiesta
sulla truffa alla banca da parte dell’ex presidente,
del suo avvocato svizzero Davide Enderlin, di alcuni
dirigenti del Centro fiduciario e dell’immobiliarista
Alberto Cavallini. Tutti arrestati - e poi scarcerati
con diversi obblighi di legge - nell’ambito dell’in-
dagine che aveva già portato a sequestri che, con
quelli di ieri, arrivano a 79 milioni. L’elenco è lungo:
47 unità immobiliari tra cui la villa di Ortonovo (La
Spezia) dei Berneschi, intestate alla moglie, 7 unità
immobiliari di Berneschi, al quale sono stati sequestrati orologi e preziosi per 234 mila euro, 27 unità
immobiliari di Antonio Cipollina e Gian Marco
Grosso, valuta e titoli per 1,7 milioni di euro.
PROCESSO A JUNCKER
A RISCHIO IL PIANO
DA 300 MILIARDI
A
Bruxelles già circola la
teoria del complotto: inglesi e tedeschi vogliono
colpire Jean Claude Juncker proprio mentre sta lavorando
al suo primo atto importante da
presidente della Commissione europea, il piano anti-deflazione da
300 miliardi di investimenti. Strumento del complotto sarebbe il
consorzio di giornalismo investigativo ICIJ che ha rivelato i 340 accordi tra aziende multinazionali e il
Lussemburgo all’epoca guidato da
Juncker per pagare meno tasse. Tra
i giornali partner di ICIJ (in Italia
l’Espresso) quelli che hanno usato le
informazioni in modo più aggressivo sono quelli inglesi e tedeschi.
COME TUTTE LE TEORIE del complotto non è dimostrabile (e comunque ICIJ lavora da anni sul tema dei
paradisi fiscali). Ma un dato è sicuro: queste notizie creano parecchi
problemi a Juncker, il suo portavoce
deve smentire i giornalisti che già lo
indicano come un’anatra zoppa:
“Non credo che la situazione di Juncker corrisponda alla definizione
indicata”. La prossima settimana, su
iniziativa del gruppo dei Socialisti e
democratici guidato da Gianni Pittella (Pd), il Parlamento europeo discuterà il caso Lussemburgo. Juncker è invitato, se si presenterà finirà
sotto processo. Gli argomenti contro di lui sono evidenti, lo erano anche quando è stato individuato prima come candidato dei Popolari e
poi come presidente della Commis-
sione nelle elezioni europee di maggio: Juncker ha guidato il Lussemburgo dal 1995 al 2013, ma è stato al
governo fin dal 1982, quando a 27
anni era ministro del Lavoro. Gli accordi al centro dello scandalo sono
stati tutti avallati dal suo governo:
sono i cosiddetti tax ruling, quando
cioè un’azienda ottiene l’approvazione dell’autorità fiscale del Paese il
proprio schema tributario. Il Lussemburgo ha sempre avallato basi
CAMERON E MERKEL
Inglesi e tedeschi
fanno pressioni
sempre più forti
per condizionare
le misure anti-crisi
e il trattato con gli Usa
imponibili minimali, permettendo
a grandi gruppi come Ikea, Amazon, Procter & Gamble e banche
(incluse Intesa e Unicredit) di risparmiare miliardi di tasse. La prova
è nei numeri: secondo i dati Ocse,
nel 2013 il Lussemburgo ha ricevuto
“investimenti diretti esteri” per
2.280 miliardi di dollari, ma soltanto
122 sono andati all’economia reale.
Il resto, è chiaro, non erano investimenti ma soldi portati nel Granducato per sottrarli al fisco dei Paesi
in cui erano stati prodotti e quindi
dove andavano tassati. Nell’Unione
europea la fiscalità è rimasta in capo agli Stati
nazionali: la guerra
delle aliquote è lecita,
Olanda, Irlanda e Gran
Bretagna, oltre al Lussemburgo, si arricchiscono offrendo basse
imposte alle imprese
che spostano entro i loro confini le proprie
sedi legali e profitti.
Se il trattamento fiscale Jean Claude Juncker e Ignazio Visco Ansa/LaPresse
viene però accordato
come privilegio a una singola azien- lecito ogni attacco: il piano che deve
da per attirarla può risultare equi- mettere in circolo 300 miliardi di
valente a un aiuto di Stato (far pa- euro, usando la Banca europea degli
gare meno tasse è come regalare sol- investimenti, capitali privati e garanzie pubbliche, trova molte residi a danno dei concorrenti).
La Commissione europea sta inda- stenze a Berlino.
gando sull’Irlanda per il trattamento di Apple, sull’Olanda per gli ac- LA GERMANIA è preoccupata ancordi con Starbucks e con il Lussem- che del documento sulla flessibilità
burgo per una controllata di Fiat, nei vincoli di bilancio che Juncker
Fiat Finance. Il Granducato è l’uni- vuole presentare a dicembre (per la
co dei Paesi sotto esame che non sta gioia di Matteo Renzi) e Angela
collaborando pienamente. Tocche- Merkel sta esercitando tutto il suo
rà alla Commissione Juncker gestire potere di lobbying per condizionare
il caso, nessuna regola interna pre- in senso protezionistico i negoziati
vede che ci possa essere un proble- sul trattato di libero scambio con gli
ma se un funzionario della Com- Stati Uniti (TTIP). In Gran Bretamissione si trova a giudicare i prov- gna, David Cameron invece tifa per
vedimenti che ha adottato quando la massima apertura commerciale
agli Usa mentre cerca di sottrarre
era attivo nella politica nazionale.
Juncker ha rimbalzato le accuse di consensi ai populisti di Nigel Farage
essere simbolo di una vecchia Eu- attaccando Bruxelles sui contributi
ropa e di avere problemi di alcoli- al bilancio europeo versati da Lonsmo, arrivati dalla stampa inglese e dra. In mezzo c’è Juncker, odiato da
tedesca a ridosso della nomina. Cameron e poco amato dalla MerQuesta volta non può negare l’evi- kel. La sua flemma lussemburghese
denza. Di cui tutti erano consape- questa volta sarà messa a dura provoli, ma ora la rilevanza delle scelte va.
Twitter @stefanofeltri
di Juncker nei prossimi mesi rende
LA MANOVRA NON STANZIA I NUOVI SOLDI PROMESSI DAL JOBS ACT E TAGLIA GLI INVESTIMENTI PUBBLICI
i sono un paio di temi, nella manovra di biC
lancio del governo Renzi, che finora sono rimasti sotto traccia: il tema dei nuovi ammortiz-
zatori sociali promessi dal Jobs act (ma i soldi
sono nella legge di Stabilità) e il ruolo degli investimenti pubblici. Ebbene per quanto riguarda
entrambi ci sono sorprese sgradevoli. Partiamo
dalla legge delega sul lavoro. Spiega il premier
dalle immancabili colonne del libro di Bruno Vespa (quest’anno si chiama Italiani voltagabbana)
che “siamo i primi ad aver messo i soldi, veri e
tanti, sul tavolo degli ammortizzatori sociali”,
mica come quelli dei governi Prodi (Bersani, ndr)
che “dicevano che le riforme vanno fatte ‘a saldi
invariati’, cioè senza tirare fuori
un euro”.
PECCATO che quei soldi nelle
tabelle non ci siano a fronte delle
spettacolari promesse del Jobs
act: basta con la cassa integrazione in deroga, che tutela solo
alcuni, e estensione del sussidio di disoccupazione pure ai precari. E poi formazione continua,
orientamento per trovare un nuovo lavoro. Il
Bengodi. Solo che nel ddl Stabilità che sta in Parlamento al capitolo “nuovi ammortizzatori sociali” c’è scritto 2 miliardi, 500 milioni dei quali servono però per contributi figurativi e altre cosette.
Insomma un miliardo e mezzo che potrebbero
diventare circa 2,2 con una posta inserita nello
Sblocca Italia. Tradotto: esattamente la stessa cifra che i vari governi degli ultimi anni hanno stanziato per pagare la Cassa integrazione e la mobilità
in deroga. La classica riforma a costo zero criticata
da Renzi. Non solo: quella cifra non basta a garantire tutte le promesse scritte nella legge delega
LEGGE DI STABILITÀ
3700 emendamenti in commissione Bilancio
(quasi metà dalla maggioranza). Ora il presidente
Boccia dovrà valutare quanti sono ammissibili
CRIMINALITÀ
Autoriciclaggio
Bankitalia
contro Renzi
l governatore della Banca d’Italia, Ignazio
I
Visco, considera un primo passo la norma sull’autoriciclaggio che il Senato sta esa-
Le bugie su ammortizzatori e crescita
di Marco Palombi
7
VISCO CHIEDE NORME PIÙ SEVERE
DI QUELLE IN DISCUSSIONE IN SENATO
DOPO LE RIVELAZIONI SUGLI ACCORDI DEL SUO LUSSEMBURGO
CON LE MULTINAZIONALI CHE VOLEVANO PAGARE MENO
TASSE, IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE È GIÀ IN DIFFICOLTÀ
di Stefano Feltri
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
sul lavoro. Lo sottolinea persino il parere di maggioranza alla manovra della commissione Lavoro
della Camera e, più apertamente, il suo presidente
Cesare Damiano: “Renzi ha promesso 1,6 miliardi come risorse aggiuntive per tutelare anche i
lavoratori precari. Mi pare che nell’attuale situazione le risorse previste non siano totalmente aggiuntive visto che la previsione è di 1,72 miliardi
solo per la cassa in deroga”.
GUSTOSO anche leggere le tabelle sulla “manovra
che rilancia la crescita” elaborate da Banca d’Italia. Vi si scopre una cosetta curiosa sottolineata
sul suo blog dall’economista Gustavo Piga. A far
scendere il deficit dei 4 decimali (6 miliardi) che
servono a Pier Carlo Padoan per accontentare la
Commissione europea (dal 3 al 2,6% del Pil) sono
due voci: per una metà concorre la minor spesa
per interessi sul debito pubblico, per l’altra la riduzione della spesa in conto capitale, cioè quella
per investimenti pubblici, quella col miglior moltiplicatore fiscale. Spiegazione: un euro di spesa
per investimenti produce più crescita di quella
corrente (ad esempio gli stipendi) e assai di più di
minando, ma non sufficiente a colpire chi
prova a riciclare i proventi dei propri crimini. A un convegno della Fondazione Cirgis, a Milano, Visco parla di “Contrasto
all’economia criminale” come “precondizione alla crescita economica”. E il passaggio politicamente più rilevante è questo: “In
molte occasioni la Banca d’Italia ha segnalato l’urgenza di introdurre nell’ordinamento il reato di autoriciclaggio. La definizione
di una adeguata fattispecie penale consentirebbe di punire efficacemente gli autori dei
reati di evasione fiscale, truffa e corruzione i
cui comportamenti in vario modo ostacolano l’individuazione della provenienza delittuosa del denaro”. Con una definizione
adeguata di autoriciclaggio si eviterebbe il
rischio
prescrizione,
perché la pena prevista
(di solito bassa) per questi reati verrebbe aumentata da quella prevista per l’autoriciclaggio.
Il disegno di legge che il
Parlamento sta discutendo, ora in Senato per
la seconda lettura dopo
l’approvazione della Camera, non convince
Visco: “Prevede pene detentive per chi avendo commesso un delitto - impiega i
proventi con la finalità di ostacolare l’identificazione del reato presupposto. Esclude
quindi la punibilità in caso di mero impiego
di tali proventi”. In pratica si può punire
l’evasore perché cerca di occultare l’evasione fiscale ma non se usa i soldi sottratti al
fisco per comprare un’auto o per un investimento finanziario.
Nel suo intervento, Visco ricorda quale zavorra rappresenti la criminalità organizzata
per l’Italia. Un freno allo sviluppo la cui
portata è anche difficile da calcolare perché,
per definizione, le attività criminali sono
fuori dalle statistiche ufficiali. Secondo stime un po’ a spanne, come ricorda lo stesso
Visco, la criminalità organizzata è costata 16
punti di Pil (circa 240 miliardi) di mancata
crescita alla Puglia e alla Basilicata dagli anni
Settanta a oggi. Un’altra stima sempre ardita
sostiene che il posticipo dell’obbligo scolastico introdotto dalla riforma Berlinguer
nel 1999 ha aumentato la scolarizzazione del
7 per cento e ridotto la delinquenza minorile
del 20. Come dire: il crimine non si combatte soltanto con pene più dure e ridurlo è
nell’interesse di tutti.
Il ministro Pier Carlo
Padoan; sotto,
Francesco Boccia
Ansa
quella destinata a
tagliare le tasse. Ebbene, le tabelle di
Bankitalia ci dicono che la spesa corrente resta più o
meno ferma, mentre quella per investimenti cala ancora (esattamente come faceva ai
bei tempi di Berlusconi, Monti e Letta).
Difficile, comunque, che i fondamentali di questa
legge cambino, nonostante il solito diluvio di
emendamenti presentati in commissione Bilancio della Camera. Da una prima ricognizione risultano essere circa 3.700, oltre mille firmati da
deputati del Pd, quasi metà da gruppi di maggioranza: non proprio una buona notizia per il
governo, ma è ancora presto per preoccuparsi.
Ora il presidente della commissione, Francesco
Boccia, dovrà valutare l’ammissibilità di tutti quegli emendamenti e eliminare i doppioni: se il parametro sarà lo stesso che ha usato cassando dalla
manovra una quarantina di commi dello stesso
governo ne rimarranno assai meno della metà.
8
SENZA SCONTI
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
O
ggi statali
in piazza a Roma,
previsti in 50 mila
SARANNO oltre 500 gli uomini delle
forze dell’ordine impiegati oggi per il
corteo dei lavoratori del pubblico impiego a Roma. Circa 50 mila i manifestanti attesi per la manifestazione
che partirà da piazza della Repubblica
intorno alle 13 e si concluderà a piazza
del Popolo, sfilando lungo via Barbe-
rini, via Sistina e Trinità dei Monti.
Predisposte misure di vigilanza lungo
il percorso del corteo. Al momento
non sarebbero state disposte "misure
particolari" nè ci sarebbero timori per
scontri o presenze di frange violente
al corteo di oggi che arriva a 10 giorni
dai disordini avvenuti in piazza Indi-
il Fatto Quotidiano
pendenza durante la manifestazione
degli operai dell’Ast di Terni. “Una risposta così massiccia erano anni che
non la vedevamo", dice il segretario
generale della Fp Cgil, Rossana Dettori: "Bisogna avere il coraggio di dire
che il bonus degli 80 euro non sono il
rinnovo contrattuale del pubblico im-
piego che noi rivendichiamo", dopo
che è bloccato dal 2010. Per la Cgil,
dal ministro della Pa, Mariana Madia,
sono arrivati "troppi slogan e pochi
fatti". A cominciare dalla "staffetta
generazionale, che produrrà al massimo 500 nuove assunzioni e non 15
mila come promesso".
Google chiude agli editori:
“Vi diamo già 9 miliardi”
LA FIEG CONTRO IL COLOSSO USA: MOTORE DEL PRIVILEGIO, PAGHI I CONTENUTI
di Salvatore Cannavò
G
oogle è “un motore
del privilegio” e
come tale deve pagare i diritti d’autore agli editori. La presa di
posizione di Maurizio Costa,
presidente della Federazione
degli editori di quotidiani riapre il “caso Google” dopo la
polemica dello scorso anno. Il
deputato del Pd, Francesco
Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, proponeva che la società di
Larry Page e Sergey Brin pagasse le tasse sui suoi utili in
Italia e non in Irlanda dove ha
la sede legale. Ma Matteo Renzi impedì che quella proposta
si realizzasse. Ora, ad attaccare
Google, si muovono gli editori
di giornali anche se la mossa
della Fieg punta ad altro:
“Chiediamo solo che paghi il
giusto chi utilizza contenuti
editoriali di proprietà di altri”
dice Costa in un’intervista a
Repubblica. “È ora che questo
gigante come qualsiasi aggregatore di notizie di Internet,
riconosca il diritto d’autore
per gli articoli, le foto, i video
linkabili da Google News”.
LA MOSSA È INEDITA. Finora
gli editori italiani non si erano
spinti fino a questo punto e in
Europa l’esempio più avanzato
resta quello francese dove, grazie alla pressione del governo e
al ruolo avuto dalla presidenza
Hollande, lo scorso anno è sta-
to siglato un accordo a tre –
editori, Google, esecutivo –
che ha obbligato il motore di
ricerca a versare 60 milioni di
euro per lo sviluppo dell’attività digitale degli editori.
“A noi l’idea di questa una tantum, di un condono tombale,
non piace” precisa il presidente Fieg. “Chiediamo si paghi in
modo trasparente e con continuità”. La richiesta si basa
sull’andamento del mercato
editoriale. I giornali italiani
vendevano circa 6 milioni di
copie al giorno nel 2000 mentre nel 2013 sono arrivati a 3,7.
Un dissanguamento progressivo che sta bruciando posti di
lavoro, riducendo spazi e mettendo in seria difficoltà i piani
di sviluppo delle imprese. Al
contempo, nonostante la crescita dell’informazione online
– che riguarda ormai lo stesso
numero di lettori giornalieri –
i ricavi delle società editoriali
dipendono al 94% dal settore
cartaceo. La contraddizione è
evidente. Anche per il sindacato che, infatti, con il segretario di Stampa romana, Paolo
Butturini, plaude all’intervento di Costa che “ha centrato il
problema” anche se, aggiunge
Butturini, “omette di dire che
in questi anni gli editori non
hanno fatto altro che lavorare
sulla compressione del costo
del lavoro, con l’ovvio riflesso
dello scadimento dell’informazione”. Per il sindacalista
vanno quindi “rimossi atteggiamenti vendicativi nei conScontro tra editori e Google per le news LaPresse
SERVIZIO PUBBLICO
di
Nanni Delbecchi
Lezione di Strada
alla Quartapelle
Quartapelle, quasi fosse
la prima del Fidelio alla
Scala. Finalmente si poteva vedere all'opera
l'ennesima ragazza proaro Gino Strada, lei è
digio del Pd, candidata
un’eccellenza italiana
da Matteo Renzi direttae siamo orgogliosi che
mente alla Farnesina
Emergency stia usando le risenza passare dal via. Ed
sorse governative”. Strano
ecco Fidelia presentarsi
che Gino Strada, in collegada Michele Santoro nella
mento, non paresse altretLia Quartapelle Ansa puntata dedicata all'etanto orgoglioso. Poco dopo
mergenza Ebola. Le basi è capito perché: “Onorevole Quarstano pochi minuti per farsi zittire da
tapelle, cosa sta dicendo? Emergency
Gino Strada; dopodiché, invece di annon ha partecipato al bando organizdare a nascondersi, lei resiste indomizato dalla Cooperazione per compiata, fedele all'esempio del capo: “Voi dicere le varie parrocchie. Quindi non
te quello che vi pare, ma io non arretro
prende una lira dal governo”. C'era
di un millimetro”. Nel telespettatore,
grande attesa, giovedì a Servizio Pubperò, il dubbio rimane: Quartapelle o
quarta balla?
blico, per la prima televisiva di Lia
C
STAMPA E WEB
Il padrone di Internet
non vuole trattare:
finanziamo i giornali
con la pubblicità.
Dopo le tasse si apre
un nuovo fronte
fronti dei giornalisti e, soprattutto, si deve puntare all’innovazione, che significa investimenti a medio e lungo periodo”, in questa prospettiva si
può accettare “la sfida del cambiamento”.
LA RISPOSTA di Google, però,
non invita all’ottimismo. La
nota che la società Usa dirama
nel pomeriggio ricorda, infatti,
che il colosso americano “invia
ogni mese 10 miliardi di clic
agli editori di tutto il mondo e
che riceviamo di gran lunga
più richieste di essere inclusi in
Google News che non di essere
esclusi”. Inoltre, aggiunge la
società, “attraverso il programma AdSense, nel 2013 abbiamo ridistribuito 9 miliardi
di dollari agli editori di tutto il
mondo, una cifra in crescita di
2 miliardi rispetto al 2012”. Il
messaggio è chiaro: noi vi aiutiamo già e senza di noi ci rimettereste certamente. Quindi, nessuna disponibilità a
nuovi accordi.
I problemi non sono di facile
soluzione. I 9 miliardi cui si
riferisce Google sono quelli
prodotti dal programma AdSense tramite cui il motore di
ricerca, come una specie di
concessionaria, trasferisce le
inserzioni a pagamento sui siti
che ne fanno espressamente richiesta. Quella cifra, quindi,
non rappresenta un compenso
per i contenuti utilizzati. Allo
stesso tempo, è anche vero che
Google News funziona come
una sorta di rassegna stampa
che, per la lettura degli articoli,
rinvia ai siti di provenienza.
Quindi c’è un effettivo smistamento di traffico.
“IN REALTÀ” spiega al Fatto
Stefano Quintarelli, uno dei
massimi esperti del settore, oggi deputato di Scelta civica, ci
sarebbe un reciproco vantaggio da sfruttare. Invece di denaro, ad esempio, gli editori
potrebbero sfruttare il lavoro
di “profilazione” del cliente
svolto da Google e che potrebbe essere loro riversato”. Ma
anche secondo l’esperto di Internet, non esiste “la” soluzione quanto, invece, un monitoraggio della trasformazione
in corso. Resta comunque
l’ipotesi “google tax”: “Stavolta
non la propongo” dice Boccia,
“ma se il governo vuole la si fa
in un attimo”.
Pensioni in calo, colpa di Pil e riforme
CON IL PASSAGGIO AL SISTEMA CONTRIBUTIVO LA RIVALUTAZIONE È LEGATA ALLA CRESCITA. CHE ORA È NEGATIVA
a pensione del futuro sarà
sempre più bassa. Ancora
L
di più di quanto era prevedi-
bile fino a ieri. Negli ultimi anni, infatti, è accaduto quello
che, quando fu istituito il sistema contributivo, nessuno
aveva previsto: la variazione
negativa del Prodotto interno
lordo per effetto della recessione prolungata. Secondo le
nuove norme, varate nel 1995
e rilanciate dalla riforma Fornero, questo si rifletterà sul
calcolo delle pensioni future
in modo disastroso. Le perdite
per i pensionati di domani
possono essere di diverse migliaia di euro a seconda del tipo di pensione, di anni di contribuzione e di età del pensionato stesso.
L’effetto negativo è il frutto del
metodo contributivo, quello
che nel 1995, con la riforma
Dini, ha preso il posto del sistema retributivo. Fino a quella data, infatti, le pensioni erano parametrate sulla media
degli ultimi dieci stipendi (fino al 1992 erano gli ultimi cinque) in seguito alla riforma del
1969 che agganciava la pensione “al salario”.
CON LA RIFORMA Dini si sta-
bilisce, invece, che l’assegno
previdenziale dipenderà dal
numero dei contributi versati e
da un coefficiente di rivalutazione legato al Pil. I contributi
annui rivalutati formano il
montante contributivo individuale. E il montante contributivo individuale viene rivalutato al 31 dicembre di ogni anno sulla base della variazione
media quinquennale del pro-
dotto interno lordo nominale.
Non sulla base dell’andamento
dei prezzi ma sulla crescita
dell’economia reale.
Dal 2009, però, il Pil ha registrato una perdita secca: - 5,5%
in quell’anno e poi, dopo i rialzi del 2010 e 2011, -2,4% nel
2012 e -1,9% nel 2013. Segno
negativo anche quest’anno,
con una previsione di -0,3%.
Così, per la prima volta, quest’anno il tasso di capitalizzazione è risultato negativo: 0,1927%. E negativo sarà anche negli anni a venire.
L’impatto sarà immediato sugli assegni previdenziali anche
perché, a partire dal 1° gennaio
2012, le anzianità contributive
verranno calcolate per tutti i
lavoratori con il sistema di calcolo contributivo e, per coloro
che avevano maturato un di-
ritto retributivo, avranno una
pensione in pro rata calcolata
con entrambi i sistemi di calcolo.
DI FRONTE A QUESTA situa-
zione Cgil, Cisl e Uil hanno assunto una posizione unitaria:
“Riproponiamo con forza scrivono Vera Lamonica,
Maurizio Petriccioli e Domenico Proietti - quanto da noi
già sostenuto nella piattaforma
unitaria su fisco e previdenza:
va attuata una correzione nel
funzionamento del sistema
contributivo, prevedendo un
tasso di capitalizzazione minimo che impedisca la svalutazione del montante quando il
Pil è negativo”. Cgil, Cisl e Uil
chiedono a governo e parlamento “un emendamento alla
legge di Stabilità, che si unisca
all’altro, egualmente indispensabile, di eliminazione del previsto aumento dall’11,5% al
20% sui rendimenti annuali
dei Fondi Pensione”.
L’emendamento, però, andrà
valutato e approvato dal governo che, finora, non si è pronunciato. L’Inps, attualmente
gestita dal commissario Tiziano Treu, non ha attivato nessuna procedura limitandosi a
ribadire che l’istituto si limita
ad applicare il calcolo così come comunicato dal ministero
del Lavoro. Che a sua volta
prende, automaticamente, le
rilevazioni Istat. Effetto di
quella riforma, voluta dal governo Dini, e preparata dal ministro del Lavoro di allora.
Guarda caso, lo stesso Tiziano
Treu.
Sal. Can.
Il commissario Inps Treu LaPresse
CHI È STATO
il Fatto Quotidiano
L’
appello del Fatto:
già 67 mila firme
Aderisce anche Fo
OSSEQUIOSI con i potenti, brutali con i deboli. Una regola che indica il vuoto assoluto
di giustizia”: così Dario Fo, che ha firmato
l’appello del fattoquotidiano.it affinché
chiunque sia a conoscenza di fatti che potrebbero riaprire il caso Cucchi si decida a
parlare. In poche ore, superate le 67 mila
adesioni. “Aderisco convinto che la pres-
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
sione e l'indignazione dell'opinione pubblica italiana possano contribuire in modo determinante all'individuazione dei responsabili della morte di Stefano”, ha scritto il
portavoce di Amnesty International Italia,
Riccardo Noury. “Questa volta è diverso,
questa volta chi sa non deve avere paura di
parlare. Ha l’intera Italia dietro di sé. Ter-
9
remo gli occhi aperti, terremo alta l’attenzione, non permetteremo che ci siano ritorsioni contro chi dirà la verità”, sostiene
Susanna Marietti di Antigone. Così il portavoce di Articolo21, Beppe Giulietti: “Non
si può e non si deve accettare è che si possa
morire nelle mani dello Stato e magari per
mano dei rappresentanti dello Stato”.
LA CELLA, LE MANETTE E I JEANS:
CUCCHI, I CC SI CONTRADDICONO
RICORDI CONTRASTANTI TRA I CARABINIERI CHE PORTARONO STEFANO IN TRIBUNALE
DOPO L’ESPOSTO DELLA FAMIGLIA, APERTA L’INDAGINE SUL MEDICO DELLA PROCURA
di Silvia D’Onghia
A
bbiamo consegnato
i due albanesi a una
guardia penitenziaria e insieme, lui e
noi tre, ci siamo recati a portarli
ognuno nella sua cella. Contemporaneamente i due colleghi delle pattuglie di zona hanno accompagnato il Cucchi,
con un’altra o la stessa guardia
penitenziaria, presso un’altra
cella. Io ho visto entrare Cucchi
in questa cella che era situata
più o meno a metà del corridoio”. Questo dichiara ai pm il
7 novembre 2009, circa 15 giorni dopo la morte di Stefano
Cucchi, il carabiniere Francesco Tedesco, in servizio all’epoca presso la stazione di Roma
Appia. È uno dei militari che lo
hanno arrestato la notte tra il 15
e il 16 ottobre, mentre il ragazzo spacciava hashish e cocaina
nel Parco degli Acquedotti. Insieme con lui, quella notte e poi
nei sotterranei di piazzale Clodio la mattina dopo, c’è anche il
collega Gabriele Aristodemo.
Eppure la versione di quest’ultimo della “consegna” dell’arrestato è molto differente. Sentito anch’egli come persona informata sui fatti, ai pm dichiara: “Intorno alle 9.40 io e il carabiniere Tedesco abbiamo
consegnato alla polizia penitenziaria i due arrestati albanesi e immediatamente dopo i
due colleghi della pattuglia Casilina hanno fatto lo stesso con
Cucchi. Più precisamente davamo i nominativi degli arrestati allo sportello dove era presente un appartenente alla penitenziaria. Nell’ufficio c’era
anche un altro appartenente alla P.P. mentre altre due guardie
provvedevano materialmente a
prendere gli arrestati e a portarli nelle rispettive celle. Non
so se ognuno dei tre arrestati sia
andato in una cella singola perchè dal punto dove mi trovavo
non si riescono a vedere le celle”. Chi ha accompagnato Stefano Cucchi in cella, i carabinieri o la penitenziaria? E perché uno dei due militari vede la
cella e l’altro no?
NON È L’UNICA contraddizione che emerge dai verbali di assunzione di informazioni, su
cui adesso la famiglia Cucchi si
augura che il procuratore Pignatone possa far luce. Tedesco
preleva Cucchi per portarlo
dalla cella dei sotterranei all’aula 17 “senza le manette”; Aristodemo sostiene invece di averlo
preso, insieme a Tedesco, “con
le manette”. C’è poi un elemento sul quale non solo hanno ricordi differenti, ma sono stati
entrambi smentiti dai reperti.
Tedesco parla dei pantaloni che
indossava Stefano come di
jeans “molto trasandati, piutto-
sto sporchi e forse avevano
qualche taglio”. Aristodemo
conferma il “taglio all’altezza
della coscia destra”, ma non ricorda “di aver visto né particolari macchie né particolari rotture”. La foto dei jeans di Stefano, che questo giornale ha già
pubblicato, evidenzia come sul
tavolo dell’obitorio le uniche
macchie presenti fossero quelle
di sangue e che non era presente
alcun taglio, a eccezione dei buchi eseguiti dai periti per le analisi.
Entrambi i carabinieri sostengono che il ragazzo camminava
normalmente, ma l’agente penitenziario Nicola Minichini
che lo prende in consegna subito dopo l’udienza di convalida ha detto invece al Fatto di
averlo visto camminare con fatica. C’è poi un particolare, nel
racconto di Tedesco, che stride
con la registrazione di quel
giorno e con la testimonianza
del padre Giovanni: il militare
afferma che Cucchi “ha parlato
tranquillamente al giudice” e ha
“salutato tranquillamente il padre”. Nell’audio dell’udienza si
sente chiaramente il ragazzo affermare: “Mi scusi, signor giudice, ma non riesco a parlare
bene”. E sappiamo quanto teso
fu l’abbraccio tra Giovanni e
Stefano: “Papà, ma lo vuoi ca-
pire che m’hanno incastrato?”.
Incongruenze, però, che evidentemente la Procura di Roma
non ha ritenuto determinanti ai
fini delle indagini.
Ieri il procuratore capo, Giuseppe Pignatone, ha aperto un
fascicolo “atti relativi”, cioè
senza indagati e senza ipotesi di
reato, dopo la denuncia presentata dalla famiglia Cucchi contro il perito Paolo Arbarello,
consulente dei pm accusato di
aver redatto una falsa perizia
sulla morte di Stefano. Il professore sta valutando in queste
ore se querelare Ilaria Cucchi. E
la stessa sorella del ragazzo ha
nuovamente incontrato Pigna-
GOVERNO E TOGHE
Responsabilità civile
solo con la fiducia
LA MAGGIORANZA NON C’È, NCD NON MOLLA:
INEVITABILE LO SCONTRO CON I MAGISTRATI
di Sara Nicoli
intento era evitare in tutti i modi che le toghe scendessero
L’
in piazza contro il governo, come il presidente dell’Amn,
Sabelli, ha minacciato anche parlando direttamente con il mi-
tone, che terrà per sè il fascicolo: “Non è stato tempo perso”,
ha detto stavolta Ilaria.
nistro Orlando. Ma sulla responsabilità civile dei magistrati,
l’esecutivo non ha margini. E si avvia a trascrivere in un decreto
il disegno di legge ora in commissione Giustizia al Senato. E a
portarlo in Aula rapidamente, gravato della richiesta del voto
di fiducia. Senza la quale un passaggio rapido e senza scosse del
provvedimento sarebbe impensabile. L’altra sera, in commissione Giustizia di Palazzo Madama, con l’alzata di scudi del
capogruppo Ncd, Maurizio Sacconi (che ha minacciato le dimissioni per poi farle rientrare dopo una lunga telefonata con
Renzi), il governo si è reso conto che sulla responsabilità civile
dei magistrati, la maggioranza non c’era. Dunque, meglio non
rischiare. “Non abbiamo nessuna volontà punitiva nei confronti dei magistrati – ha spiegato Orlando – ma in Italia c’è una
legge che non è riuscita a tutelare i cittadini che si sono trovati
colpiti”. E questa riforma “ce la chiede l’Europa”. Una frase che
indica quale sarà la chiave di lettura con cui il governo renziano
cercherà di giustificare il ricorso al decreto e alla fiducia, anche
se ieri Orlando ha lasciato uno spiraglio. “Il decreto si potrà
evitare solo se, durante il passaggio in aula al Senato, ci saranno
i numeri per correggere alcune contraddizioni del testo”.
INTANTO la storia di Cucchi
MA I NUMERI, come si è capito in commissione, non ci sono. Da
Emergenza maltempo
Stefano Cucchi Ansa
SICILIA, I DANNI E LA PAURA DEL CICLONE
Fino a ieri sera le zone costiere delle province di Catania,
Siracusa e Ragusa hanno atteso il ciclone. Danni
a Lampedusa, nella foto Acireale (Catania) Ansa
Il Guardasigilli pd, Andrea Orlando Dlm
continua a mobilitare le coscienze. Questo pomeriggio, alle 18, è prevista a Roma una
grande fiaccolata “Mille candele per Stefano”, promossa dai
familiari e da Acad (Associazione contro gli abusi in divisa).
Decine le adesioni tra comitati,
associazioni, municipi, centri
sociali e singoli cittadini.
un lato Ncd dimostra su alcuni articoli un’intransigenza degna
di più alta causa, dall’altro i renziani non si fidano fino in fondo
dell’asse che si è creato, spontaneo, con i 5 Stelle. Di qui la scelta
del decreto e della fiducia, anche se si cercherà di mediare con gli
alfaniani fino all’eventuale ingresso del testo in Consiglio dei
ministri. “Il governo è deciso a difendere il suo articolato – ha
spiegato ancora Orlando – e una parte delle questioni poste da
Ncd si possono affrontare con tranquillità”. Sono gli alfaniani a
non essere affatto tranquilli, anzi. Considerano il testo del governo troppo morbido e hanno fatto sentire il loro ricatto.
Crac Ligresti, indagato Cancellieri jr
PIERGIORGIO PELUSO, FIGLIO DELL’EX MINISTRO, AVREBBE GARANTITO UNICREDIT AFFOSSANDO UNA SOCIETÀ SANA
di Gianni Barbacetto
Milano
ai tanti faldoni del caso Ligresti,
D
sparsi tra la Pocura di Milano e
quella di Torino, spunta un avviso di ga-
ranzia per Piergiorgio Peluso, figlio
dell’ex ministro Anna Maria Cancellieri.
È il pm milanese Luigi Orsi, che sta da
tempo indagando sul fallimento del
gruppo di Salvatore Ligresti, a mandargli un invito a comparire, scoprendo così le carte e notificandogli che è indagato per concorso in bancarotta.
La vicenda è quella della Imco, società
immobiliare dei Ligresti, che nel 2012 fa
crac. Due anni prima, nel 2010, Peluso
era capo di Unicredit Corporate Banking. Unicredit aveva maturato nel
tempo forti crediti nei confronti di Imco e della società che la controllava, Sinergia. Nel 2010, Sinergia ha un debito
in scadenza di 88,5 milioni con Unicredit e di 20 con Ge Capital (ex Interban-
ca) che non può più rimborsare. Imco, “Questa operazione di ristrutturazione
la sua controllata, ha invece un buon as- del debito” di Sinergia, “chiaramente
set: il Cerba, un progetto immobiliare strumentale a rimborsare la banca Unialla periferia sud di Milano. Ecco allora credit, fu negoziata per il gruppo Ligrela mossa escogitata – nell’ipotesi d’ac- sti da Salvatore Rubino e dai dirigenti
cusa – da Peluso. Imco offre il Cerba in Peluso e Perco per Unicredit”.
ipoteca a Unicredit per garantire i debiti Rubino, da tempo indagato, era l’amdi Sinergia. Ma così, per salvare i crediti ministratore delegato di Imco e diretdella banca, viene depauperata Imco, tore generale di Sinergia. Tra i docuche si deve accollare 108,5 milioni di de- menti che sono stati sequestrati a lui e
biti bancari. Oggi il
conto viene chiesto
a Peluso, per il quale
LE EMAIL
Orsi ipotizza il reato
di concorso in banNelle missive tra
carotta preferenziale. Tra le deposizioil manager e un dirigente
ni sul tavolo di Orsi,
del gruppo in crisi,
c’è quella di un
commercialista
scopi e modalità
amministratore di
alcune delle società
del trasferimento
di Imco, Luciano
di un debito da 88 milioni
Betti, che dichiara:
agli altri amministratori delle società ligrestiane, ci sono anche alcune email
tra “Aurelio” (pseudonimo di Rubino)
e Peluso, che insieme, tra il 2009 e il
2010, strutturano l’affare, descritto come “come una tecnicalità per realizzare
l’operazione di trasferimento del debito
di Sinergia a Imco”. Secondo il pm, nei
testi allegati alle email “sono esplicitate
le motivazioni del differimento del termine discusso con le banche e il disegno
volto al trasferimento del debito e degli
assets”: Imco si svena per Sinergia. Agli
amministratori di Imco viene anche
fatto deliberare l’acquisto da Sinergia
delle quote della Tenuta Cesarina:
un’azienda agricola di Ligresti nei pressi di Roma che negli anni precedenti
aveva bruciato solo perdite e non aveva
alcuna speranza di sviluppo immobiliare. Eppure, viene pagata da Imco 76 milioni di euro. Così, dopo la cura Peluso,
Imco accumula debiti bancari per 246
milioni e affonda.
E VISSERO INFELICI
il Fatto Quotidiano
Ideil quotidiano
vescovi
attacca la riforma
di Emiliano
I
Liuzzi
l divorzio breve è diventato facile, almeno
così dicono dalle
stanze del governo.
“Un ossimoro”, secondo
l'avvocato Annamaria Bernardini De Pace, la matrimonialista più autorevole
d'Italia. “Può essere breve, e
questa nuova legge allunga i
tempi invece di accorciarli”,
spiega al Fatto Quotidiano,
“ma facile non può mai essere. Parla una persona che
da anni combatte perché la
fine del matrimonio diventi
lampo, divorzio lampo. La
legge che entrerà in vigore
quando verrà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, almeno
un mese, mi sembra una di
quelle cose all’italiana, un
minestrone. Tempi sicuramente invariati, a occhio più
lunghi; parcelle da pagare
agli avvocati più salate; incertezza sulla competenza.
Ma soprattutto la solita discriminazione tra i figli nati
nel matrimonio e quelli che
invece sono fuori”.
Facile in realtà è un’espressione dei giornali. Ma, anche
con l’aiuto dei giuristi, siamo sul terreno delle ipotesi:
la legge non può fare ancora
il miracolo di prevedere cosa
accadrà con i ricorsi delle
parti, la costituzionalità, le
eccezioni più o meno ammissibili. A intuito si può dedurre che sarà semplice (ma
in tempi lunghi) separarsi e
poi sciogliere il vincolo se
non ci sono figli o grandi beni da spartire. Il resto lo scopriremo per strada.
Le soluzioni promosse
dal decreto legge
Le nuove regole sono state inserite nel decreto sulla giustizia civile (lo stesso che prevede la negoziazione arbitrale e
il periodo di ferie nei tribunali dal 1° al 31 agosto e non più
fino al 15 settembre) trasformato in legge due giorni fa.
L’elemento nuovo, e che non
piace per niente ai vescovi e
all’ala ultracattolica del Parlamento, è quello di poter
IN PRIMA PAGINA il titolo è inequivocabile: la famiglia diventa più
precaria. È questo l’effetto della riforma della giustizia civile secondo
Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana. Secondo
il giornale dei vescovi, inoltre, grazie al provvedimento presentato
dal ministro della Giustizia, Andrea
Orlando, il divorzio sarà “più facile”.
NELL’ARTICOLO, a firma di Giovanni Grasso, la critica è rivolta con
l’ironia del titolo che ribalta il ruolo
dei primi cittadini. Invece della di-
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
chiarazione di unione in matrimonio, si legge, “da oggi il sindaco dirà:
vi dichiaro divorziati”.
Dito puntato contro il Guardasigilli
Orlando, reo non solo di dichiararsi
“soddisfatto” ma anche di annunciare che questo “è solo il primo
passo”.
Il nuovo divorzio all’italiana:
lungo e tutt’altro che facile
LO SCIOGLIMENTO AVVERRÀ SEMPRE TRE ANNI DOPO LA SEPARAZIONE. LE PROCEDURE
SI SVOLGERANNO IN COMUNE, ANCHE SENZA AVVOCATI, SE NON CI SONO FIGLI NÉ CONTENZIOSI
evitare il passaggio davanti al
tribunale dove fino a oggi le
coppie che volevano separarsi e, trascorsi i tre anni, divorziare, sono obbligate ad andare. In qualità di pubblico
ufficiale lo potrà fare il sindaco. Non cambieranno i tempi
del divorzio, che arriverà
sempre tre anni dopo la separazione, ma si eviterà il tribunale facilitando la consulenza di avvocati di parte per avviare la procedura di separazione e accompagnarla fino
al divorzio. Sempre che nel
nucleo familiare non ci siano
figli minori, portatori di handicap ed economicamente
non autosufficienti: in questi
casi le regole sono diventate
addirittura più complesse.
Nel senso che è possibile avvalersi di un avvocato e presentarsi in prima istanza nel
Comune dove il matrimonio
è stato celebrato e trascritto,
ma l’ufficio deve trasmettere
gli atti al Procuratore della
Repubblica (novità assoluta)
che potrà ricorrere al tribunale.
Un metodo “facile” nella definizione, ma che deve ancora essere metabolizzato e sperimentato dagli stessi avvocati. Sicuramente era e resta
congelato in Senato il cosid-
Aborto, un pool legale
per i non obiettori
INTERRUZIONI DI GRAVIDANZA sempre
più difficili. Lo denunciano i medici della Laiga,
la Libera associazione italiana dei ginecologi
per l’applicazione della legge 194. Secondo
quanto dichiarato ieri dalla presidente Silvana
Agatone, in apertura del convegno della Laiga
a Napoli, la legge per la tutela sociale della
maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza, approvata nel 1978, non è applicata
per la prevalenza, fino al 90 per cento, dei
medici obiettori. Per le interruzioni di gravidanza entro i primi tre mesi dal concepimento,
solo il 64% degli ospedali è in grado di garantirne l’applicazione, a fronte del 100% previsto dalla legge stessa. Per questo motivo a
supporto e a sostegno delle donne che ne faranno richiesta e a cui non verrà riconosciuto
questo diritto fondamentale, sarà istituita una
rete di avvocati che seguiranno gli iter di eventuali denunce contro ginecologi e personale
non obiettore. Sarà anche formata una rete di
tutte le associazioni coinvolte nella tutela della
salute riproduttiva della donna che contribuirà
detto decreto Moretti, che
prevedeva separazioni lampo, da sei mesi a un anno. Ma
vediamo cosa cambierà nella
sostanza.
c’è la separazione, ma per il
divorzio, dunque lo scioglimento del matrimonio, dovranno presentarsi dopo tre
anni come oggi.
Coppia senza prole
che vuole separarsi
La procedura si complica
per chi ha figli minori
In questo caso la procedura è
semplice. In teoria, in assenza
di contenzioso economico e
patrimoniale, può essere evitato anche il passaggio
dall’avvocato se non esistono
questioni aperte. I coniugi si
presentano in Comune e vengono riconvocati 30 giorni
dopo per la conferma delle loro intenzioni. A quel punto
In questo caso la pratica può
essere sempre sbrigata in Comune, davanti al sindaco o a
una persona che lui delega,
ma l’accordo deve essere trasmesso alla Procura della Repubblica dove, un pubblico
ministero, dovrà valutare la
situazione nell’interesse dei
minori e si dovrà esprimere
anche tre anni dopo quando
anche all’attività di formazione dei medici nelle scuole di
specializzazione.
“Attualmente i medici non obiettori applicano con
preoccupazione la legge 194”, ha spiegato Silvana Agatone. Alla base del problema ci sarebbero carenza di personale e di mezzi messi
a disposizione dalle strutture ospedaliere.
Inoltre i medici non obiettori sono costretti a
operare “tra mille difficoltà anche burocratiche
e organizzative”. A farne le spese come sempre sono sempre le pazienti: molte donne sono
infatti costrette a recarsi altrove, spostandosi
di regione in regione per abortire. Inoltre,
quando a fare richiesta dell'applicazione della
194 sono donne in stato di gravidanza da oltre
novanta giorni, in presenza di gravi patologie
del feto o rischi per la madre, i numeri peggiorano, e gli ospedali disposti ad applicare le
procedure sono ancora meno numerosi, il che
costringe molte donne a spostarsi anche
all’estero per sottoporsi all’intervento. Critiche
anche per il ministero della Salute, secondo il
quale gli aborti praticati dai medici non obiettori sarebbero pochi a settimana: per Agatone
la media è molto più alta.
11
LA SPECIALISTA
L’avvocato Bernardini
De Pace: “Aumentano
le spese legali e restano
le discriminazioni
per i bambini nati
fuori dal matrimonio”
sarà possibile chiedere lo
scioglimento definitivo del
matrimonio.
Figli maggiorenni disabili
o senza reddito
In questi casi i passaggi diventano tre. La coppia si presenta
in Comune – sempre che non
ci siano controversie – e formalizza la richiesta di separazione. Gli atti vengono trasmessi alla Procura della Repubblica che, a sua volta, se
tutto rientra nella norma, si
rivolge al presidente del Tri-
bunale civile che si esprime in
ultima istanza sulla separazione e, dopo il triennio, sul
divorzio. L’accordo raggiunto a seguito di negoziazione
assistita da avvocati è equiparato ai provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti
civili o di scioglimento del
matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o
di divorzio.
Se c’è conflitto
la procedura resta giudiziale
Nelle cause in cui esiste un
conflitto insanabile, che numericamente sono la maggior
parte, la procedura sarà quella
attuata fino a oggi: la separazione e il divorzio si discutono
esclusivamente in tribunale
davanti al giudice.
E le parcelle degli avvocati?
Aumentano...
Non ci sono dubbi. Oggi uno
studio legale con un nome
non chiede meno di 6.000 euro per avviare una causa di separazione che all’apparenza si
risolve con un accordo. Con la
nuova legge – e lo dicono gli
avvocati – come minimo la
parcella verrà raddoppiata.
Lasciamo le conclusioni
all’avvocato De Pace, in attesa,
anche lei, di capire cosa accadrà nella vita reale dei tribunali: “Complicazioni ci aspettano. Anche perché non esiste
una specializzazione e tutti si
improvvisano avvocati matrimonialisti, una tema assai difficile. Il futuro prevede che chi
ha competenza possa scontrarsi con colleghi che nel
quotidiano si occupano di altro. Per chi ha delle competenze i tempi di lavoro si allungano e di conseguenza anche
le parcelle non potranno più
essere le stesse applicate in
passato, visto che ci impongono anche spese che, in caso di
errore e non è detto che sia nostro, dovremo pagare. Gli avvocati chiederanno quella copertura, non possono lavorare e rischiare di rimetterci. Un
minestrone. All'italiana, come sempre”.
12
ALTRI MONDI
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
INTERPOL JIHADISTI SU NAVI DA CROCIERA
Aspiranti jihadisti viaggiano sulle navi da crociera per raggiungere le zone di conflitto in Medio
Oriente. L’Interpol, senza fornire cifre precise,
sottolinea che alcuni di coloro che vogliono unirsi ai gruppi di militanti in Iraq e Siria hanno usato
compagnie di crociera verso la Turchia. LaPresse
SPAGNA “SOLO” EVASIONE PER LA SORELLA DEL RE
Il tribunale di Palma di Maiorca ha fatto cadere le accuse di riciclaggio di denaro nei confronti della principessa Cristina, sorella del re Filippo VI, ma ha deciso di andare avanti con l’indagine su un caso di evasione fiscale. LaPresse
Stone l’“anti-americano”
tra Snowden e Putin
IL REGISTA GIÀ ESEGETA DI FÌDEL CASTRO E CHAVEZ INCONTRA A MOSCA
LA ‘TALPA’ DEL DATAGATE E PENSA A UN FILM ANCHE SUL LEADER RUSSO
di Roberta
I
Zunini
l conto alla rovescia è
iniziato e per questo
match è prevedibile
che Oliver Stone sferrerà un potente uno-due nello
stomaco degli Stati Uniti. Il
regista americano Oliver Stone è sbarcato a Mosca dove ha
incontrato l'informatico Edward Snowden, rifugiato politico in Russia e il presidente
Vladimir Putin. Se però il progetto di girare un film su colui
che ha rivelato alla stampa lo
spionaggio di massa praticato
dall'agenzia di sicurezza nazionale Usa è in fase avanzata,
non è ancora certo che il documentario sullo “zar” verrà
realizzato. Ma è molto probabile: cosa potrebbe del resto
CONTROCORRENTE
L’artista statunitense
spiega: “Voglio
mostrare ai miei
connazionali ciò che
non vorrebbero mai
vedere e sentire”
trattenere Putin dal consegnare le sue verità a un cineasta che da anni sforna pellicole sui più noti detrattori degli Usa tout court ? Dopo Ca-
stro e Chavez, ora è il turno di
Putin. Peccato che l'uomo forte del Cremlino non si definisca nemmeno più formalmente di sinistra, socialista,
SUPER-POTENZA
Lo sperma dello zar
per tutte le russe
L
a notizia dello sperma di Putin mandato per
posta a tutte le russe inonda quasi istantaneamente la Rete, ma la velocità con cui diffonde la
presunta proposta della deputata Yelena Borisovna Mizulina (“Ogni cittadina russa potrà ricevere
via posta lo sperma del presidente Putin, rimanere
incinta di lui, e avere un figlio. Queste madri riceveranno agevolazioni dal governo”, realizzazione del sogno nazista immaginato in I ragazzi venuti
dal Brasile di “ricreare” Hitler) ne mette in dubbio la
veridicità. Nella smania da culto del leader che imperversa in Russia può sembrare credibile anche
una beffarda iniziativa che omaggia la potenza machista del nuovo zar ex sovietico per renderlo perpetuo, dunque immortale. In attesa di conferme, il
mensile gay americano The Advocate lo ha messo ironicamente in copertina come “Uomo dell’anno”.
comunista e via dicendo. Ma a
Stone interessa il comune denominatore antimperialista
delle sue star politiche. “Voglio mostrare agli americani
ciò che non vorrebbero mai
vedere e sentire”.
Obiettivo encomiabile e fondamentale purché non risulti
l'ennesima operazione apologetica, senza nemmeno l'ombra di una domanda critica.
NELL'ATTESA DI VEDERE un
documentario
finalmente
obiettivo, che metta in luce
non solo i lati positivi di Putin
ma anche quelli negativi – Castro e Chavez pare non ne
avessero - oltre che quelli del
suo entourage piuttosto dedito alla concentrazione di capitali e al consumismo e lusso
più sfrenati, sarà nel frattempo molto interessante conoscere nei dettagli la storia del
ragazzo che ha fatto conoscere
al mondo intero il sistema indegno usato dalla Nsa per raccogliere informazioni.
Stone sta lavorando da quasi
un anno al film su Snowden, il
cui titolo sarà The Snowden Files
e avrà come protagonista Joseph Gordon-Levitt (Inception). Le riprese dovrebbero
cominciare tra un paio di me-
PRO OBAMA
Il 68enne newyorchese, supporter democratico LaPresse
si. La trama si basa sul romanzo Time of the Octopus (Il tempo della piovra) scritto dall’avvocato russo dell’informatico
americano, Anatoly Kucherena, e sul libro di Luke Harding, giornalista di The Guardian, uno dei giornali che rivelarono i documenti riservati
fatti trapelare da Snowden,
dopo la coraggiosa decisione
del giornalista Glen Greenwald di anticiparli sul suo
blog, The intercept, nonostante
i rischi per sé e per i suoi cari.
Da quel momento Nsagate è
diventato di dominio pubblico. Al momento “stiamo ultimando la sceneggiatura”, ha
spiegato Stone. “Il lavoro con
Oliver procede molto bene”,
ha confermato Anatoliy Kucherena, sottolineando che
Snowden “non è contro, chi
sarebbe contro un film su se
stessi?”.
L'informatico vive a Mosca dal
2013 dove ha ottenuto l'asilo
politico dopo essere fuggito
dagli Stati Uniti per evitare
una sicura e durissima condanna a decenni di carcere.
Prima di sbarcare in Russia è
stato protagonista di una rocambolesca fuga a Hong
Kong, poi , assistito dal team
legale di Wikileaks, è rimasto
intrappolato nell'aeroporto di
Mosca poiché gli era stato annullato il passaporto americano, diventando quindi apolide
fino al salvataggio messo in atto dal Cremlino.
INDIPENDENZA O RABBIA
La carica dei 40 mila per far votare la Catalogna
di Elena Marisol Brandolini
Barcellona
na signora mi ha chiesto ‘ci sarà casino doU
menica?’ E io le ho risposto, lei non deve
avere paura di nulla, se vuole andare a votare
vada al collegio che le ho indicato, infili nell’urna
la scheda di sua scelta e basta”: così racconta uno
dei molti volontari che, negli ultimi giorni, si
sono avvicendati nella sede di Òmnium Cultural, a
Barcellona, per contattare telefonicamente quanta più gente possibile, informandola su dove votare, domani, in Catalogna. Non è
più una consultazione come quella convocata dal governo catalano
alla fine di settembre, sospesa dal
Tribunal Constitucional su ricorso
del governo spagnolo. Piuttosto
una chiamata alle urne che si è trasformata in processo partecipativo, una proposta a partecipare
collettivamente alla costruzione
del futuro della Catalogna attraverso un voto senza alcun altro valore che quello
politico, di testimonianza, eppure ugualmente
ricorsa dallo Stato spagnolo e ugualmente sospesa. Perché il Partido Popular al governo del paese, che inizialmente aveva irriso alla nuova iniziativa catalana, sommerso dalla corruzione e
preoccupato dai sondaggi che lo danno perdente, ha pensato opportuno spostare l’attenzione
dell’elettorato sull’unità della patria e l’intangibilità della Costituzione.
Ma la campagna per il diritto a decidere questa
volta non si è arrestata, neppure di fronte all’ul-
timo rifiuto del Tribunal Supremo di annullare la
sospensione del Tribunal Constitucional, come aveva chiesto il presidente della Generalitat, Artur
Mas, sostenendo che quella sospensione vulnera
diritti fondamentali dei cittadini catalani, come
la libertà di espressione.
La macchina di Ara és l’hora - Questo è il momento, è andata avanti sulle gambe e la passione
delle migliaia di donne e uomini disponibili a
sostenerne le iniziative, realizzandole in prima
persona.
PERCIÒ, ALL’INDOMANI della nuova
sospensione da parte della giustizia
spagnola, sembrava naturale imbattersi, nei giorni scorsi, nell’attività serena ed efficiente delle persone riunite nella saletta di Òmnium, in turni
di 45 alla volta, dando vita a una maratona telefonica con il concorso di
politici, artisti e intellettuali e soprattutto di tanti cittadini da casa, fino a
inviare, nel solo primo giorno, 200.000 telefonate.
Del resto, tutta la campagna si è retta sul volontariato delle persone, con un uso della comunicazione moderno, che non disdegna strumenti
antichi come la relazione porta a porta, o la “cassolada” notturna nei balconi delle città catalane.
L’utilizzo delle reti sociali si è sommato ad una
strategia pubblicitaria efficace, gestita dall’impresa Blue State Digital, la stessa che ha assistito, tra
gli altri, Barack Obama nelle sue due elezioni presidenziali e Dilma Rousseff in Brasile, nonché lo
schieramento del NO nel referendum scozzese.
Sono 40.000 quelli che si sono resi disponibili a
gestire i seggi elettorali di domani. E ancora prima, durante tutto il mese di ottobre, bastava iscriversi a un’iniziativa di Ara és l’hora, per portare a
termine un segmento del programma comune.
Come ha fatto Montse, a Vilanova, andando in
giro, in coppia con un’altra persona, per le case di
un palazzo, a proporre un questionario alle famiglie incontrate sull’idea di un nuovo paese.
Gli indipendentisti sfilano a Barcellona e Artur Mas LaPresse
SOCIETÀ CIVILE
Nonostante
la bocciatura
del referendum da parte
di Madrid a Barcellona
regna l’entusiasmo per la
consultazione di domani
Un protagonismo della società civile che è la chiave del successo di questo movimento. Un movimento in cui la rivendicazione indipendentista
è riuscita a diffondersi in quella per il diritto a
decidere, per l’ottusità del governo spagnolo che
l’unica cosa che ha fatto è stato negare la possibilità di voto.
Così, in Catalogna, è nato il Pacte Nacional pel Dret
a Decidir, dove sono l’associazionismo, i sindacati
confederali, le istituzioni locali, lo schieramento
di partiti promotore della consultazione originaria e dei due quesiti su cui questa domenica ci si
pronuncerà – se si vuole che la Catalogna sia uno
Stato e che sia indipendente. Oltre alle due entità
che rappresentano la spina dorsale del movimento, Òmnium Cultural e l’Assemblea Nacional Catalana
(Anc), protagoniste delle oceaniche manifestazioni degli ultimi anni in Catalogna sull’indipendenza.
UN MOVIMENTO GUIDATO DA DUE DONNE,
radicali ma mai estremiste, entrambi con un passato nella sinistra catalana: Muriel Casals, presidente di Òmnium e Carme Forcadell, presidente della Anc. Che avanza un progetto di paese,
dietro cui vanno partiti e governo catalani: non
poca cosa in epoca di crisi dei valori e della politica.
Così si arriva questa domenica alle urne, senza
sapere quale sarà la reazione del governo spagnolo. Quello che non si capisce, dice la Forcadell, “è che il governo spagnolo impedisca un
processo di partecipazione”. Però, aggiunge la
Casals, “ci piace non solo dire quello che facciamo, ma anche come lo facciamo. E lo facciamo in
una maniera pacifica, civile, in maniera allegra”.
il Fatto Quotidiano
ALTRI MONDI
GRAN BRETAGNA UCCISO CANNIBALE
Matthew Williams, 34 anni, è stato sorpreso in
una stanza d’albergo a mangiare parte del volto
e i bulbi oculari della 22enne che aveva adescato, ed è stato ucciso dalla scarica elettrica di un
taser usato dalla polizia intervenuta nell’hotel di
Argoed (a 30 chilometri da Cardiff). LaPresse
EBOLA 4.960 MORTI E NUOVO FARMACO
Il virus Ebola continua a mietere vittime in Africa
occidentale: sono 4.960 i morti secondo gli ultimi
dati dell’Organizzazione mondiale della sanità
(Oms), con 13.200 casi. Il ministro della Difesa,
Roberta Pinotti, ha reso noto che l’Esercito italiano sta sperimentando un nuovo farmaco. LaPresse
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
13
“PADRE RUSSELL
ERA UBRIACO MENTRE
LO MASTURBAVA”
CHIESA CHOC A CHICAGO: PUBBLICHE 15 MILA PAGINE DI ATTI
SU 60 ANNI DI ABUSI DELLA DIOCESI STATUNITENSE CHE HA GIÀ
DOVUTO PAGARE 130 MILIONI ALLE VITTIME DEI PRETI PEDOFILI
di Angela
I
Vitaliano
New York
l reverendo Thomas
Kelly avrebbe abusato
di B.G. costringendolo a essere oggetto di
sesso orale in ripetute occasioni, in un periodo di età fra
gli 11 e i 16 anni. La vittima
denuncia anche di aver trascorso spesso la notte nella
canonica, afferma che padre
Kelly lo portava regolarmente al cinema o a cena e gli
faceva anche consumare alcol”. Sono letture difficili,
non solo per la quantità, oltre
15 mila pagine, quelle dei documenti resi pubblici dall’arcidiocesi di Chicago relative
alle denunce per atti di pedofilia a carico di 36 preti
che, perlomeno in un’occasione, si sono resi responsabili di abusi sessuali nei confronti di minori.
I fascicoli pubblicati “volontariamente”, come viene
chiarito nel sito dell’arcidiocesi di Chicago, vanno ad aggiungersi a quelli già pubblicati a gennaio e relativi agli
altri 30 religiosi identificati
nel novembre del 2014. Non
sono stati ancora pubblicati i
carteggi relativi ai reverendi
Daniel J. McCormack e Edward J. Maloney, sui quali ci
sono attualmente dei processi in corso per chiarire con
precisione le rispettive responsabilità.
La pubblicazione dei documenti è stata decisa dal cardinale Francis George, che si
è trovato a gestire, in maniera
non sempre cristallina, uno
degli scandali più ampi sulla
pedofilia che ha rappresentato un vero e proprio terremoto per la chiesa cattolica
negli Usa.
“Non cancellare il passato,
ma ridare fiducia”
George, ormai prossimo alla
pensione, dopo essere stato in
carica dal 1997, ha dichiarato
in un comunicato stampa
“non possiamo cambiare il
passato ma speriamo di ricostruire la fiducia attraverso un
dialogo onesto e aperto”. La
pubblicazione degli atti fa
parte di un accordo raggiunto
con il procuratore generale di
Chicago Jeff Anderson che
includeva anche il pagamento
di 130 milioni di dollari per risarcimenti alle famiglie dei
352 bambini vittime di molestie sessuali dal 1950 fino allo
scorso anno. “Per oltre 10 anni sono stato un parrocchiano
attivo alla Saints Faith, Hope
and Charity di Winnetka –
scrive a nome degli altri genitori un uomo, in una nota inviata all’arcidiocesi per denunciare l’enorme difficoltà
creata dalla presenza di padre
Thomas Swade, uno dei preti
accusati di atti di pedofilia,
nei luoghi frequentati dai
bambini – e se il reverendo
Swade vuole ancora venire
nella nostra parrocchia, dopo
aver realizzato l’impatto che
la sua sola presenza produce
sui nostri bambini, allora io
metto in dubbio il suo valore
di cristiano. E prego affinché
voi non consentiate che tutto
ciò continui oltre perché certamente non vorrei trovarmi
a mettere in dubbio anche la
vostra fede”.
Trasferimenti di religiosi
per mettere a tacere
I documenti, infatti, mostrano anche con estrema chiarezza come i preti accusati di
molestie e atti di pedofilia, venissero regolarmente trasferiti da una parrocchia all’altra
al solo scopo di “mettere a tacere” le voci sul loro conto.
Molti di loro, infatti, sono riusciti persino ad arrivare alla
pensione e sono morti senza
aver mai dovuto rispondere
di atti che dai documenti appaiono assolutamente intollerabili e immorali. “Padre
Russell Romano è stato accusato di fare gesti inappropriati
e avances nei confronti della
vittima E.J.”, si legge, ad
esempio in uno dei file. Approfondimenti su questa segnalazione, rivelarono poi
che padre Romano aveva con-
TASK FORCE
Papa Bergoglio ha
creato una commissione per lo studio dei
casi di pedofilia nella
Chiesa. Sotto, il cardinale Francis George,
la diocesi di Chicago
e alcune delle scatole
con i documenti
Ansa/LaPresse
REVERENDO
KELLY
Ha costretto B.G.
a essere oggetto di
sesso orale in ripetute
occasioni, in un periodo
di età fra gli 11 e i 16 anni,
trascorrendo spesso
la notte in canonica
LA 17ENNE
DI O’BRIEN
Le chiese che tipo di
mutandine indossasse.
La fece distendere e si
sdraiò su di lei iniziando
poi a masturbarsi fino
a eiaculare su tutto
il suo corpo
GIAPPONE Fukushima, tre anni
dopo Abe riaccende il nucleare
tre anni e mezzo dal disastro nergia nucleare in base ai
A
di Fukushima, il Giappone nuovi standard sulla sitorna al nucleare. I reattori 1 e 2 curezza e potrebbe essere
della centrale nucleare di Sendai,
nel sud del paese, saranno i primi a
essere riattivati dopo lo tsunami del
2011. Il governatore della prefettura di Kagoshima ha definito "inevitabile" il riavvio nel corso di
un'assemblea che ha vissuto momenti di tensione per le proteste degli attivisti anti nucleari presenti nel
settore riservato al pubblico. La decisione arriva dopo il via libera dato
a settembre dell'autorità giapponese per la regolamentazione dell'e-
operitiva già a fine anno.
L'ultima parola spetta al
Primo ministro Shinzo
Abe che sicuramente non farà mancare la sua firma visto che fin dalla
sua rielezione nel 2012 ha auspicato
il ritorno alla produzione di energia
nucleare per un Giappone in piena
recessione. Secondo il premier, lo
stop alle 48 centrali "ha colpito duramente l’economia nazionale"
rendendo inevitabile l'aumento
dell'Iva, dal 5 all'8 percento, affos-
dotto la vittima in un “drive–in” per guardare un film
pornografico, gli aveva fornito dell’alcol durante questa e
molte altre occasioni; la vittima si era svegliata poi nuda al
fianco di Romano che era
egualmente nudo. Un altro
incidente simile si verificò
quando la vittima aveva compiuto 18 anni o era più grande”. I dettagli relativi agli atti
di pedofilia perpetrati da padre Russell a danno delle sue
vittime, includono anche la
condivisione di riviste pornografiche, la pratica di sesso
orale e di masturbazione.
Reati su bambini e ragazzine
minorenni
Ci sono, naturalmente, anche
ragazze a denunciare atti di
molestia come quelli a carico
di William John O’Brien, che
secondo il racconto della vittima “la incontrò, la salutò e la
baciò sulle labbra. Le chiese
anche che tipo di mutandine
indossasse. Quando la vittima
aveva 17 anni, padre O’Brien
la condusse sul suo letto nella
sua stanza in parrocchia la fece distende e si sdraiò su di lei
iniziando poi a masturbarsi
fino a eiaculare su tutto il suo
corpo”.
I documenti fanno comprendere in maniera dolorosa il
profondo senso di rabbia che
ancora accompagna le vittime
di quei racconti atroci e che
non sono, oggi, per niente
“impressionate” dal gesto
dell’Arcidiocesi. “L’arcidiocesi si comporta come se stesse facendo chissà quale grande cosa, ma la mia domanda è
perché hanno impiegato tanto tempo? La loro segretezza
ha permesso il perpetuarsi del
crimine con la conseguenza
che molti altri bambini sono
stati violentati”, lo dice Peggy
Hough di Evanston che subì
abusi dal reverendo Eugene
Burns sin da quando aveva solo 8 anni.
Dal file relativo a Burns si
evince che il prete fu trasferito
ripetutamente fino a ritirarsi,
per poi morire nel 2005. “Cinque mesi fa ho per errore
aperto una lettera non indirizzata a me, ma ad una delle
ragazze del dormitorio. La lettera era firmata “con amore
Rick”, ma era chiaramente
scritta dal reverendo Richard
Theisen”, questo quanto si
legge in una lettera inviata al
vescovo O’Donnel, da una
persona che aveva “scoperto”
la relazione fra il prete e una
ragazza della scuola. O’Donnel risponde che lo scambio di
missive era stato “provvidenza divina” e che lui aveva parlato con il “giovane prete”
convincendolo a porre fine
immediatamente al suo comportamento.
Confessione di omosessualità
“molto attiva”
sando i consumi e
il Pil che nell'ultimo trimestre ha
registrato una flessione del 6,8 percento, la peggiore
dallo tsunami che ha devastato il
paese. Come confermato dal portavoce del governo, Yoshihide Suga, con la ripresa del programma
nucleare, il governo punta a rilanciare l'economia con il calo delle
bollette e l'esportazione di energia,
una delle voci da sempre più ingenti
nella bilancia commerciale nipponica.
“Secondo la vittima I.G., padre David Braun abusò di lui
sessualmente quando aveva
13 anni. Il 2 novembre 1963,
un agente di polizia chiamò in
centrale per avvisare che padre David Braun era stato fermato per atti osceni nei confronti di un ragazzo. Il prete
ha confermato senza fornire
spiegazioni. Braun ha raccontato di aver dato un passaggio
al ragazzo, di avergli offerto
un bicchierino di whisky e
una birra ma di non averlo
toccato” Padre Braun, secondo i documenti, confessò poi,
in seguito a un altro “incidente”, di essere omosessuale ed
“estremamente attivo” con
giovani ragazzi che “raccoglieva” per strada con la scusa
di un passaggio.
14
il Fatto Quotidiano
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
FERRARI IN FIAMME IN BRASILE
LIBERE DOMINATE DA ROSBERG
STAR WARS, SVELATO IL TITOLO
SARÀ UNO JEDI 30 ANNI DOPO
Principio di incendio sulla Ferrari di
Alonso, durante le seconde libere del Gp
del Brasile. Il pilota spagnolo ha preso un
estintore ed è intervenuto in prima persona
IL RITORNO DEI PINK FLOYD,
NOSTALGIA E MARKETING
“Star Wars: il risveglio della Forza”sarà il
titolo del nuovo episodio. Lo ha twittato la
Disney. Il film sarà ambientato 30 anni dopo
“Il ritorno dello Jedi”e avrà personaggi nuovi
SECONDO
A 20 anni dal loro ultimo album, i Pink Floyd
tornano con “The Endless River”, album di
inediti uscito ieri. Grazie ai pre-ordini, il disco
è da settimane in testa alle classifiche
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
Rebibbia, il teatro non deve morire
IL LABORATORIO TEATRALE DELLE DETENUTE DI MASSIMA SICUREZZA DEL CARCERE ROMANO È A RISCHIO CHIUSURA. LA REGIONE LAZIO
COPRE IL 50%, L’ASSOCIAZIONE ANANKE DEVE TROVARE LA SUA QUOTA: SERVONO ALMENO 25 MILA EURO. CI PROVA CON IL CROWDFUNDING
E
di Caterina Minnucci
a chi sarebbe mai potuto interessare il racconto del viaggio di
una ciurma con il mal di mare?
Chi ci avrebbe ascoltato? Chi
sarebbe venuto a vederci ormeggiare finalmente in un
qualche porto sconosciuto? E
invece vennero. Erano lì, tanti,
diversi, liberi, ad aspettare noi.
Incuriositi, pronti a sentire la
nostra voce, neutri...”.
È il diario di Teresa, detenuta-attrice al suo debutto. Il sipario si apre e il palcoscenico è
quello di un teatro particolare: il
carcere di Rebibbia, il penitenziario femminile più grande
d’Italia, 400 detenute fra cui 21
in regime di massima sicurezza.
Sezione in cui, dall’anno scorso
si sperimentano laboratori teatrali. Un percorso prezioso per
il recupero psicologico, culturale, sociale che rischia di interrompersi per mancanza di fondi. Il bando indetto dalla Regione Lazio copre solo il 50% dei
costi, 25 mila euro. Per riceverli
l’Associazione Per Ananke, che
cura il progetto, deve trovarne
altri 25 mila e ha dato vita all'iniziativa Le Donne del Muro Alto, lanciando un crowdfunding: ci
sono tre mesi di tempo.
Donne, madri che si sono macchiate di reati gravi, prevalentemente di mafia, cercano gior-
no dopo giorno un percorso di
recupero. E il teatro costituisce
un passo importante. Un modo
per rileggere il passato e cercare
di costruire il futuro sopportando il presente nella negazione
della libertà: “Dove c'è la sofferenza l'umanità è amplificata.
L’arte assume un valore educativo profondo” spiega Fiorella
Mannoia, che dedica parte del
suo tempo proprio a favore del
recupero dei detenuti cantando
nelle varie carceri italiane.
Cosa di cui è fortemente convinta la direttrice di Rebibbia,
Ida del Grosso, che ricorda:
“L’articolo 27 della Costituzione (“le pene non possono consistere in trattamenti contrari al
senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, ndr) dà la misura del
nostro compito che non può
prescindere da queste attività
rieducative”.
teatro in carcere diventa una terapia” spiega la curatrice del
progetto Francesca Tricarico,
aiuto regista del film Cesare deve
morire dei fratelli Taviani, vincitore di cinque David di Donatello e dell’Orso d’oro al Festival
di Berlino, e girato proprio a Rebibbia. Indimenticabile la scena
finale del film quando il capocomico Cosimo Rega dice: “Da
quando ho conosciuto l’arte
questa cella è diventata una prigione”.
“Quello che il teatro riesce a fare
in più, rispetto all'insegnamento di un mestiere, è agire sulla
visione sociale di queste persone
svolgendo una funzione di analisi personale e sociale che può
essere anche terapeutica.
INOLTRE insegna la condivisio-
ne e aiuta a spezzare il ripetersi
nella cella di quei rapporti gerarchici, di forza, difesi con la
violenza dell'ambiente da cui
provengono. Il lavoro più duro
all'inizio – continua Francesca
Tricarico – è scardinare queste
relazioni e stabilire che nelle ore
di teatro sono tutte uguali e devono cooperare per svolgere un
lavoro collettivo”. E scoprire
che dietro a donne che si sono
macchiate di reati ci sono delle
persone che sono state “educate” a vivere in un altro modo che
credono sia il solo possibile.
Ecco che il Teatro, come il canto, offre un livello culturale capace di arrivare al cuore: “Ora
IL PRECEDENTE
La regista, Francesca
Tricarico, ha assistito
i fratelli Taviani nel film
“Cesare deve morire”,
Orso d’Oro a Berlino
e candidato all’Oscar
“MI SENTII comoda, non più
lontana, padrona delle mie parole e della mia storia, e così vicina alle mie compagne di maremoto. E così ascoltata...”, come dimostrano le parole scritte
e recitate da Maria Grazia, napoletana, che superano l’isolamento e vanno oltre le sbarre
tratte da Didone, la regina che
fonda Cartagine e si innamora
di Enea, portato in scena l’anno
scorso. È il primo spettacolo
realizzato all’interno di una sezione di massima sicurezza
aperto al pubblico.
Maria Grazia, condannata per
reati di camorra, ha scelto di recitare in napoletano, la lingua
della sua terra quasi a voler arrivare al cuore dei suoi affetti più
cari, primo fra tutti il figlio. “Il
TORINO
però il sipario si è chiuso e attendo speranzosa che prima o
poi riusciremo a riaprirlo”.
A lei, la detenuta Maria Grazia,
ogni volta che la vedeva arrivare, prima di iniziare le prove, diceva: “Vai a portare il nostro
spettacolo nelle scuole, per raccontare che nella vita si può fare
altro”. Alludendo senza dirlo alla scuola frequentata da suo figlio spinta dal desiderio profondo di poterlo strappare a un destino forse segnato.
ATTRICI
Le detenute di Rebibbia. A fianco, i fratelli Taviani, che da un progetto analogo
trassero “Cesare non deve morire” Francesca Leonardi/LaPresse
Artissima, vendesi performance a 5 mila euro
di Claudia Colasanti
Torino
i tutto e di più. L’esito, per l’intera città di
D
Torino – destinato ad autoesaurirsi entro
lunedì – è, oltre che deflagrante, concreto. Come
accade a Venezia durante la Biennale d’Arte, alberghi pieni con camere a prezzi record, niente
posto al ristorante: un’ottima ricaduta sulla città.
Artissima compie 21 anni e pare ringiovanirsi,
amplificare, almeno temporaneamente, il mercato dell’arte, favorendo la nascita di altri satelliti,
mostre, fiere in competizione, diverse o anche più
abbordabili. Un circuito frenetico: da Paratissima,
che quest’anno inaugura a Torino Esposizioni,
sotto le splendide curve di Nervi, Photissima Art
Fair (all’Ex Manifattura Tabacchi), Flashback al
Palalpitur con l’arte del passato e The Others nella
cornice inquietante del’ex Carcere Le Nuove.
vono con i musei sin dagli Anni 60, ma il modo di
Lo spazio di Artissima, presso l’Oval, rimane il più acquistare la performance sta cambiando. Se firigoroso e ordinato, con 195 gallerie provenienti nora si comprava la documentazione (video e foda 34 paesi. Con la contraddizione, fortemente tografie), ora si sperimentano diverse modalità di
voluta dalla Direttrice Sarah Cosulich, di vederla vendita. È un’arte sempre più apprezzata dal
animata da performance improvvise, nei corri- mercato ed è un salto nel buio applicare le didoi, all’ingresso e all’interno denamiche dell’espressione comgli stand. È la principale novità Gli stand di Artissima a Torino
merciale alla performance, predel 2014, la sezione intitolata
sentarla per la prima volta come
Per4m, dedicata esclusivamente
sezione, mentre sino ad oggi
alla performance e dotata di un
aveva agito solo come effetto
premio di 10 mila euro (financollaterale. Il programma è ricziato da K-Way) per l’opera più
co: 16 performance nei quattro
significativa. La fiera diventa
giorni di fiera, selezionate da tre
quasi didattica: ci insegna che
importanti curatori, vengono
oggi le performance si comprapresentate a orari precisi. Hanno. Azioni e rappresentazioni
no cominciato Giovanni Mormesse in scena da artisti convibin, distribuendo biglietti pro-
fumati all’ingresso e Marcello Maloberti con i
suoi tableaux vivant coloratissimi e proseguiranno, fra gli altri, Cally Spooner, sorprendendo il
pubblico in zone inaspettate come il piano bar e
Tom Johnson in un monologo quasi teatrale. I
prezzi vanno dai 5 mila ai 50 mila euro: “Ospitare
la performance costituisce una grande sfida”,
spiega la Direttrice, “è una forma d’arte senza regole, che assume sembianze differenti e ha un
rapporto con il pubblico che cambia in modo
drastico”. Il fine principale resta comunque competere a livello internazionale, attenzione ai giovani, sperimentazione e ricerca. Oltre ad Artissima e alle altre fiere, Torino vivrà di contemporaneo fino a domenica, con 5 mostre nei grandi
poli (Rivoli, Gam, Palazzo Cavour, Fondazione
Merz e Fondazione Sandretto), il festival
dell’elettronica Club to Club.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
Il regista
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
15
Laurent Cantet
Il mio posto non c’è
Ritorno all’Avana
di Malcom
S
Pagani
piantati bugiardi che
piegati dai debiti e
dalle menzogne sterminano la famiglia in
una notte d’inverno, attempate signore in trasferta ad Haiti
alla ricerca di corpi marmorei, conflitti generazionali
all’interno di una fabbrica e
amici del tempo che fu affacciati su una terrazza cubana a
stilare consuntivi in cui la politica cede il passo al sentimento.
Nel cinema di Laurent Cantet,
53 anni, sorriso largo, capelli
bianchi, nera camicia fuori
dai pantaloni e pacchetto di
Gauloises saccheggiato senza
ritegno, nuotano uomini e
donne alla disperata ricerca di
senso. “Anche in Ritorno a
L’Avana, il mio ultimo lavoro,
dispongo i miei personaggi
intorno a un quesito che ritengo fondamentale: qual è il
nostro posto nel mondo?”.
Quello di Cantet, Palma
d’Oro a Cannes per La classe
nel 2008, è sulla sponda di chi
con l’affilata arte del dubbio
racconta storie che rimangono dentro anche a distanza di
anni. È un’inquietudine narrativa che il regista francese
riconosce come intima esigenza perché non tutti i conti
tornano e certe addizioni restituiscono sempre una sottrazione: “Sono convinto che
più ci allontaniamo dall’adolescenza, più restringiamo il
campo delle possibilità che un
tempo ci parevano infinite.
Quando si confrontano con la
realtà, gli ideali sbiadiscono,
perdono di forza e finiscono
per autodistruggersi, ma
quello che rimane in piedi e
che non crolla è la nostalgia
per ciò che non siamo riusciti
a essere e non saremo più. La
più interessante delle trame
da dipanare, il tema di tutta la
mia filmografia”.
Anche questa volta, con l’isola
di Fidel sullo sfondo, Cantet
ha dato vita alla sua piccola
rivoluzione. Ritorno a L’Avana
(miglior film delle giornate
degli autori veneziane, distribuito in Italia da Lucky Red) è
stato girato in poco tempo e
con mezzi limitati: “Ma proprio per questo, con soli 17
giorni di ripresa, l’urgenza di
ciò che volevo descrivere mi
pare sia rimasta sullo schermo”.
DA ADOLESCENTE, il Cantet
che studiava fotografia: “Proprio in quell’epoca vidi La Terrazza di Scola, un film che non
ho più rivisto e ho scientemente scelto di non rivedere
prima di girare Ritorno a L’Avana proprio perché non volevo
che le disillusioni di un microcosmo di sinistra, stagno
tematico comune alle due
opere, finissero per somigliarsi” a suo dire era un ragazzo
triste: “Ricordo solitudine, entusiasmi relativi, assenza di vivacità”. Oggi che la vita è cambiata: “La Palma d’Oro mi ha
permesso di inventare in assoluta libertà senza che il produttore di turno, con fare poliziesco, mi chiedesse trama,
cast e possibilità di riuscita al
botteghino” Cantet tenta di
animare le sue passioni con il
talento.
“Abbiamo tutti compiuto
sciocchezze di cui pentirci, anche io. E anche io, come tutti,
ho l’insopprimibile pulsione
ad andare altrove rendendomi
poi conto che evadere è difficile e siamo spesso destinati a
rimanere nello stesso posto. I
film sono il grimaldello, la lama per tagliare le sbarre e provare a viaggiare con la fantasia”. Lo fecero anche i cubani:
“Al tempo in cui abbandonati
dall’Unione Sovietica, poverissimi, sognarono di lasciare
l’isola” per poi ritrovarsi, una
volta fatto rientro a Itaca “a
cercare il proprio posto in un
gruppo precocemente abbandonato”. Verrebbe da pensare
che a ogni partenza corrisponda una ferita non curabile, ma
è “nella rete delle relazioni
contraddizioni e non di rado
mentiano anche a noi stessi.
Ma non per questo siamo insinceri. Siamo semplicemente
chiamati a un percorso complicato e per affrontarlo,
ognuno di noi si tutela come
può”.
L’ASSICURAZIONE di Cantet,
dice mentre un solo caffè non
gli basta più e sbracciandosi si
abbandona senza rimorsi al
raddoppio del vizio, è nella libertà di sguardo: “Una libertà
che non si appoggia mai al
moralismo, che detesta giudicare e che non prende parte
perché a mia volta non amo i
film in cui il regista mi indica
buoni, cattivi e etiche da non
violare”. Si concede, riflette, il
solo lusso: “Di portare in scena personaggi verso cui provare comunque una qualche
forma di empatica comprensione. Non riuscirei a raccontare qualcuno che non amo”.
Consequenzialmente, senza
timori di apparire superato,
Cantet non corre a vedere “i
film d’azione” e non ama la
serialità televisive: “Anche se
alcune storie sono molto interessanti e a una serie di notevole esito, Les Revenants, sono molto legato perché è stata
realizzata da un caro amico
che fu anche mio montatore”.
“Troppo pigro” per gli appuntamenti fissi, Cantet, figlio di
professori, padre a sua volta di
due ragazzi, corre verso la sua
prossima visione: “Il racconto
di un ventenne di oggi senza
punti di riferimento, attraversato dalla soffocante impressione di essere nato in un
mondo che non gli offrirà possibilità alcuna”.
PALMA
D’ORO 2008
VOLERE
SCAPPARE
Evadere è difficile
e siamo spesso destinati
a rimanere nello stesso
luogo. I film sono la lama
per tagliare le sbarre
e provare a viaggiare
con la fantasia
Laurent Cantet è
nato a Melle (Fra)
nel 1961 LaPresse
umane” giura Cantet, che si
annida la salvezza della contemporaneità smarrita: “In un
periodo in cui non esistono
più leader politici, ideologie e
chiese di riferimento, l’unica
possibilità di non recidere i fili
con il prossimo e con l’umanità è nel dialogo reciproco,
nello scambio e paradossalmente anche nel litigio. Siamo
esseri complessi, viviamo di
Bologna, stand a “Scriba”
A BOLOGNA
“Scriba”, le mille
e una scritture
di Chiara Daina
è un pregiudizio che traC’
scina la scrittura in
un’area riservata a pochissimi
eletti. Sfatiamolo: l’essere scrittore non è appannaggio esclusivo di chi scrive libri, sceneggiature, articoli di giornale. È
un’azione quotidiana, di tutti.
Pensate, per esempio, alle ricette di cucina, alle diagnosi dei
medici, alle memorie degli avvocati, agli annunci immobiliari, bugiardini, quotazioni in
borsa, previsioni del tempo, assicurazioni, verbali di polizia, libretti d’istruzioni eccetera. Per
non parlare di blog, tweet e Facebook. Viviamo immersi nella
scrittura, un po’ meno nella lettura. Ed è proprio delle “penne”
da tutti i giorni che si basa il
concept di Scriba, il festival dedicato alla varietà dello scrivere
a Bologna fino a domenica. Lo
organizza per il terzo anno di fila Bottega finzioni, la scuola di
scrittura fondata da Carlo Lucarelli con un focus particolare
sulle forme di composizione
snobbate dagli eventi culturali:
“L’Italia è forse il Paese che produce più sovra-lingue, ogni settore di interesse ha un suo vocabolario specifico, tramandato
da professionista in professionista, spesso ostico ai profani,
slegato da sintassi e linguaggio
comune”. A dirlo è lo scrittore
Marcello Fois, uno degli ideatori, che farà luce sull’universo
degli annunci immobiliari:
“L’agente immobiliare è uno
CALCIO A CONFRONTO
Poca corsa e poco pallone:
perché le italiane sono scarse
di Luca Pisapia
e altre squadre corrono di più. Un
L
mantra che in Italia si sente ripetere
oramai da diversi anni, e il presente non
nello spiegare la crisi della squadra di
Mazzarri si è lasciato sfuggire: “Forse abbiamo sbagliato qualcosa in fase di preparazione”. Il fatto che all’estero si corre
di più e soprattutto meglio è dato dalle
diverse metodologie di allenamento utilizzate, fin dai settori giovanili.
fa eccezione. I dati statistici di Opta riportati dal Corriere dello Sport sono impressionanti: nel doppio confronto tra
Roma e Bayern Monaco i tedeschi han- NON È CHE QUI siamo choosy o sfaticati,
no corso 227 km, gli italiani 210. Una come vorrebbero alcuni ministri, in Itadifferenza di 8 km a partita visibile a oc- lia addirittura ci si allena mediamente
chio nudo. Più in generale, se la media più tempo che all’estero. È che ci si allena
della Champions è di oltre 112 km a par- peggio. Da noi tutto è concentrato sulla
tita, la Roma ne corre solo 106, salvo poi forza, in palestra, in solitudine. Il pallone
essere in Serie A una delè
un
miraggio.
le squadre che fa della
All’estero – dai poli
corsa la sua arma vincenpresuntamente oppoTUTTI FERMI
te. Un’evidente contradsti di Mourinho e
dizione di termini che
in realtà in
Nel doppio confronto tra Guardiola,
simboleggia il preoccuquesto molto simili –
pante solco che si sta alsi lavora sulla forza
Roma e Bayern Monaco
largando sempre di più
con il pallone in gioco.
i tedeschi hanno corso 227 E con il pallone tra i
tra il nostro campionato
e quello delle altre magpiedi si allenano velokm, gli italiani 210. Una
cità e rapidità: altro
giori leghe europee. Non
è solo una questione deldifferenza di 8 km a partita che sollevare pesi.
L’Italia è un paese ferla Roma ovviamente, il
visibile a occhio nudo
mo, anche nel calcio.
ds interista Piero Ausilio
De Rossi contrasta Alaba LaPresse
Qui si sperimentano pseudo laboratori
scientifici e si utilizzano astrusi e costosissimi macchinari ginnici per potenziare la forza: sempre da soli, sempre in palestra. Prandelli questi macchinari se li
portò anche in Brasile, e l’Italia si piantò.
Altrove si fanno invece partitelle tre contro tre, cinque contro cinque: sempre con
la palla, sempre in movimento. Poi, come
spiega Stefano Fiorni, presidente dell’Aipac (Associazione Italiana Preparatori
Atletici Calcio) c’è un altro punto dirimente: “Se all’estero si corre col pallone,
in Italia è esasperato l’aspetto tattico.
Troppi particolari, sulla posizione dei
piedi o del corpo da tenere in ogni situazione, che risultano dannosi. Troppe
informazioni che appesantiscono la testa
e inibiscono la leggerezza necessaria alla
corsa”. Il risultato sono le brutte figure e i
ripetuti fallimenti dei club a livello europeo, e le precoci eliminazioni della Nazionale agli ultimi Mondiali.
che racconta le case, e usa termini scomparsi, come bivano,
trivano, quadrivano, perché è
più prestigioso di ‘due stanze’, o
incomprensibili, come finestrato, nel senso che esistono appartamenti senza finestre? Rifiniture di pregio? Parzialmente ristrutturato? Che forse non avevano i soldi per completare
l’opera?”. Fois poi fa l’esempio
del blog di cucina. “Scaldi il vet-
SAPERSI CAPIRE
Un festival per imparare
a misurarsi
con i diversi linguaggi
quotidiani: dalla
letteratura all’annuncio
immobiliare
tore e lavori il prodotto fino alla
glutinazione, ecco il gergo da
fornelli che mai ci sogniamo di
usare in altri contesti”. E l’“assicutarese”? “Una lunga litania
di eccezioni più che di regole,
come in latino, e c’è il rogito, un
nome di per sé gastroenterico”.
Il “poliziese” invece si ostina a
usare “ci portammo in via Saragozza” per dire “andammo”.
Il meteo è tutto una sorpresa.
“Non mi appunto nulla, improvviso, guardo la cartina e comunico l’incertezza del tempo –
spiega Paolo Sottocorona, metereologo – Parto dalle zone dove il cielo è più brutto e ipotizzo
quello che potrebbe succedere,
con il condizionale, la meteorologia non è una scienza esatta”.
Diverso se lavori per l’Aeronautica. “Sei in divisa, segui uno
schema da nord a sud, usi frasi
solo assertive. Anche qui non
esiste un elenco scritto di
espressioni, le impari con la
pratica”. La satira, altro pianeta
che sopravvive soprattutto grazie all’oralità. Ma dietro ha sempre uno staff di scribi. “Una volta c’erano i pamphlet, oggi ci sono i video del Terzo segreto di satira, i vignettisti e c’è Crozza in
tv. Lo scopo è lo stesso: denunciare quello che non va in politica”. commenta Lia Celi,
ospite di Scriba. Anche le canzoni sono una forma parte. Ne
discute Lorenzo Kruger, il leader dei Nobraino: “È l’attimo da
mettere nero su bianco. Ogni
persona potrebbe scrivere il singolo della vita. La canzone è
un’opera pop. Ti costringe a
non archiviare un pensiero come qualcosa di futile, ma di
prenderne nota”. Ci sono regole? “Dire con meno parole possibili, per lasciare spazio all’immaginazione degli altri. E poi
sganciare la parola dal suono,
anche se è lunga e dura, l’importante che abbia un senso”.
SECONDO TEMPO
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
il Fatto Quotidiano
IL CONFORMISTA
16
IL RACCONTO
Gee’s Bender, Usa
fermi al XIX secolo
IL NUOVO J.R. MOEHRINGER, BIOGRAFO DI AGASSI,
UN’INCREDIBILE STORIA DI SEGREGAZIONE
di Caterina Soffici
J.
R. Moehringer, americano, 50 anni, tecnicamente è un giornalista. In verità è
molto di più. È un vero fuoriclasse ed è anche un grande
scrittore. Bastano due frasi e ti
porta dentro il mondo che sta
raccontando. Succede così fin
dalla prima riga di Oltre il fiume,
pubblicato negli Usa qualche
anno fa e ora tradotto in Italia
per Piemme. Nato come un reportage è poi diventato un volume, con il quale Moehringer
ha vinto il Premio Pulitzer. Un
racconto veloce, ma basta e
avanza per piombare dentro
una realtà inimmaginabile di
segregazione razziale nell’America dei nostri giorni. È la storia
di Gee’s Bend, un ghetto nero
dell’Alabama, che il fiume divide dai bianchi da 180 anni. Un
© OLTRE IL FIUME
luogo dove “persino i morti sono meno separati dai vivi che i
neri dai bianchi delle due cittadine, una nera e una bianca, accampate sulle due opposte
sponde”. Qui, a Gee’s Bender i
“benders” vivono segregati come una colonia di lebbrosi.
J.R. Moehringer, premio Pulitzer
e autore di “Open” LaPresse
IL TEMPO è fermo all’epoca di
Lincoln, prima che gli schiavi
fossero liberati. Per un periodo
c’è stato un traghetto, che collegava le due sponde del fiume,
che permetteva ai neri di Gee’s
Bender di andare sulla sponda
bianca e ricca, a Camden, dove
c’erano i negozi e il dottore. Ma
poi i bianchi l’hanno soppresso.
Peché a Camden negli Anni 40 il
giornale locale pubblicava ancora gli annunci per i cacciatori
di schiavi fuggiaschi ed era il tipo di cittadina del Sud dove un
funzionario diceva: “Un negro è
un negro, E se cerchi di aiutarlo
non avrai altro che un negro cattivo, che qualcuno alla fine dovrà accoppare”. Quindi meglio
rimanere oltre il fiume. Come fa
Mary Lee, la protagonista della
storia e che a sessant’anni suonati è ancora sulla riva del fiume
ad aspettare il traghetto.
Insomma, questo è Moehringer.
Il suo nome forse non dirà molto ai lettori italiani. Ma è lui ad
aver scritto la biografia firmata
da Andre Agassi, Open (in Italia
pubblicata da Einaudi, un bestseller) allora capite subito di chi
stiamo parlando. Ed è anche
GIALLO SCANDINAVO
La pulizia etnica
dei nazisti danesi
di Elisabetta
J.R. Moehriger
Piemme
pagg. 92
¤ 10,00
l’autore de Il bar delle grandi speranze, altro capolavoro, per mesi
in testa a tutte le classifiche negli
Stati Uniti, nominato miglior libro dell’anno da New York Times
e da tanti altri giornali americani. Quello fu il suo primo libro e
fu proprio dopo averlo letto che
Agassi decise di ingaggiare J.R.
per lavorare alla stesura della
sua autobiografia. Moehringer
racconta che era su un taxi a San
Francisco quando Agassi gli telefonò: “Ciao J.R. Sono Andre e
gioco a tennis per vivere”. Stava
per giocare la sua ultima partita
IL MEMOIR
Parigi, guida
sentimentale
© PAZIENTE 64
© ANIME BALTICHE
Jan Brokken
Iperborea
pagg. 500 © ¤ 19,50
LO SPAZIO geografico del viaggio, durato circa
dieci anni, è quello del mar Baltico e dei paesi che
alle sue acque si bagnano, Lettonia, Lituania, Estonia. Quella luce morbida diventa abbagliante, quel vento calmo, nelle pagine dello scrittore
olandese Jan Brokken, si trasforma in soffio vitale e in teatro di molte
esistenze disperse, scomparse, fuggite via e che, qui, in Anime baltiche,
tornano a parlare, a rianimarsi, a ritrovarsi. Si tratta di vite o di anime
perlopiù celebri, ad esempio il pittore Mark Rothko, la filosofa Hannah
Arendt, la scrittore Romain Gary, la baronessa (nonché psicanalista)
Alexandra Wolff-Stomersee, andata in sposa a Tomasi di Lampedusa,
il compositore Arvo Pärt, il regista Sergej Eizenštein e altri ancora. E
sfilano, insieme a quegli uomini e a quelle donne, alcuni dei luoghi che
furono il cuore del “mondo di ieri”: Tartu, Tallin, Vilnius – ad aprire
squarci di memoria, a dispetto del tempo e delle tempeste.
Enzo Di Mauro
BELLE ÉPOQUE
La regina
dei salotti
Lady Ottoline Morrell
Castelvecchi
pagg. 278 © ¤ 22,00
LA SEZIONE Q della polizia di Copenaghen è una
delle creature meglio riuscite del giallo scandinavo.
Sono in tre, lavorano in un seminterrato e si occupano di cold case, casi
irrisolti del passato. Il capo è Carl Mørck, poliziotto tormentato dai
sensi di colpa: è uscito illeso da una strage misteriosa in cui un collega
è stato ucciso, un altro è rimasto paralizzato. Con lui ci sono due figure
stravaganti: Assad, enigmatico arabo che ha contatti in tutto il mondo,
e Rose, dalla personalità multipla. “Paziente 64” è la loro quarta inchiesta tradotta in Italia da Marsilio ed è una storia feroce e dolorosa.
Linee Pure è un partito neofascista che sta per entrare nel Parlamento
danese e sin dagli anni sessanta combatte la Lotta Segreta: sterilizzare
o far abortire donne “che non sono in condizioni di generare una prole
degna del nostro Paese”. È il nazismo di ritorno che ieri se la prendeva
con le danesi povere o disagiate e oggi con le immigrate. Nete Hermansen è la Paziente 64, sopravvissuta da ragazza al tremendo istituto
sull’isola di Sprogø. Un grande giallo, da divorare in un weekend.
Fabrizio d’Esposito
Le molte anime
del Mar Baltico
agli Us Open e voleva scrivere
quel libro per liberarsi dai fantasmi di una vita passata a tirare
botte a una pallina da tennis.
“Andre Agassi?”. “Sì, hai già
sentito parlare di me?”. Agassi si
era innamorato del bar di Steve,
il bar dell’angolo, dove poliziotti
e poeti, allibratori e soldati, star
del cinema e pugili suonati si rifugiano per raccontare le proprie storie e scordare i propri
guai. Una scuola di vita per J.R. E
una scuola di racconto. Che nel
caso di Moehringer sono abbastanza la stessa cosa.
© I RICORDI
DI UNA SIGNORA
MERAVIGLIOSA
Jussi Adler-Olsen
Marsilio
pagg. 522 © ¤ 18,50
INCONTRI
Sono un
love toy,
ti porto
fuori
dalla crisi
MONDANA, aristocratica, pacifista, animatrice
del più famoso salotto letterario londinese di inizio
900, il circolo Bloomsbury: “I ricordi di una signora
meravigliosa” di Lady Ottoline Morrell. sono preziosi e curiosi, non solo per il valore storico-documentale: regalano, infatti, uno spaccato ficcante
della cultura nel secolo breve, con i suoi “pittori,
politici e altre persone interessanti” (Bertrand Russell, Virginia Woolf, T. S. Eliot...). Un libro da saccheggiare con malizia, spulciando tra aneddoti e
gossip beneducato, come quando Henry James si
rifiutò di presentare all’autrice Joseph Conrad: “Ma,
mia cara signora… ha dedicato la sua vita al mare,
non ha mai incontrato donne civilizzate!”.
C. Tagl.
© SOLO A PARIGI
E NON ALTROVE
Luigi La Rosa
Ad Est dell’Equatore
pagg. 234 © ¤ 14,00
BISOGNA leggerlo con lo stupore del flaneur. Tale si mostra l’autore, Luigi La
Rosa, in questo suo libro “Solo a Parigi e non
altrove”. Testimone appassionato, all’occorrenza
storico e bibliografo, ma soprattutto archeologo
di tutti i segreti e i tormenti della città dedita al
genio e al piacere. Così non è solo una guida sentimentale su Parigi, è una confessione tout court:
di vicoli, di amori, di sospiri. Sullo sfondo i tetti di
ardesia e i ritratti avvelenati degli scrittori eterni
che ne hanno abitato le notti. Ogni arrondissement ne racconta uno di amore, ogni fermata di
metro, da place Saint Michel a rue Poulbot, ogni
civico riferisce dell’uomo e del genio, del poeta,
del folle: Manet, Zola, Baudelaire, Nadar . È un
memoir? Forse in parte. Un saggio? Anche. Una
guida sentimentale. Un’ammissione di fragilità e
potenza insieme, tanto è l’amore. Come quello
dell’autore, che tra i tormenti degli altri, la lussuria
e la gloria degli altri, trova la ragione e la cura per
raccontare di sé, in uno struggente coming out.
Veronica Tomassini
Ambrosi
SONO il vibratore a forma di
rossetto che la protagonista
del libro di Valeria Benatti, Love Toys (Giunti), porta sempre
con sé in ogni spostamento.
Mi troverete come regalo
all’interno dell’elegante cofanetto rosso con il quale è venduto il romanzo, che si apre
all’insegna dello slogan: “Riuscirà la nostra eroina a trasformare un paese bigotto nella
mecca dell’amore vibrante?”.
La storia è questa: Daphne è
sposata con due figli, ma il suo
matrimonio si è trasformato in
un’abulica routine. Un giorno
la fabbrica per cui lavora entra
in crisi, e lei finisce in cassa integrazione. Ma non si dà per
vinta: col nome d’arte Daphne
Vibrante, inizia a vendere sex
toys, prima alle sue amiche,
poi alle amiche dalle amiche
finché, travolta dal successo
dei suoi giocattoli amorosi, riuscirà – oltreché a ringalluzzire
il suo matrimonio con candele
e cremine risveglia-sensi – anche a rilanciare l’economia del
paese. Il tutto in un tripudio di
cuori rosa, lacrime di felicità (e
frasi come “lei gli si lanciava
addosso come una gattina
morbida e vogliosa”). Ma il
lettore resta un po’ confuso:
trattasi di una bella favola o
dobbiamo davvero credere che
la forza dell’amore possa tutto? E in questo caso siamo sicuri che la crisi possa cancellarsi a colpi di morsetto, dildi
ondosi e banane vibranti? Meglio chiarire: così chi mi acquista potrà usarmi non tanto per
ritrovare il lavoro, o trasformare magicamente il marito nel
Siffredi di turno, ma più concretamente per trovare micro-consolazioni dall’austerity
ammazza libido. Altro che immaginazione al potere: dopo la
fine della politica (e dei diritti),
non ci resta che il massaggiatore-da-clitoride.
LE STORIE
Filosofi popolari
senza gloria
© EROI SENZA LAPIDE. LE VITE
DEI FILOSOFI POPOLARI
Carlo Lapucci
Clichy
pagg. 254 © ¤ 15,00
C’È CHI li chiama “scemi del villaggio”;
Carlo Lapucci preferisce invece definirli
“Eroi senza lapide”: gli strani, i matti, i
buontemponi che bivaccano nei paesi,
“amati e derisi dalla gente, ma tutto sommato parte della comunità a pieno titolo”.
Paragonandoli ad alcuni bizzarri pensatori
del mondo antico, come quel Diogene definito “cinico” perché si comportava come
un cane o un “Socrate pazzo”, l’autore
stende un divertente e affettuoso catalogo
di questi “filosofi popolari” di ieri e di oggi,
raccontandone la vita, il pensiero, le stranezze, ma pure la fama, l’acutezza d’inge-
gno e la caratura umana. Si va da Monsieur
de la Palisse, “il signore dell’ovvio e della
tautologia”, a Fanfulla da Lodi, gabbato da
una prostituta; dal poeta “a modo suo” Ferdinando Incarriga a Ugo Foscolo, un tizio
che girava per Firenze negli Anni 60 credendosi il celebre scrittore; dal Goro affetto da “mattia umbra” a Giovanni Paneroni “scienziato intuitivo”, che gironzolava
per Milano gridando: “Astronomi bestie, la
Terra non gira!”. Il mondo di Lapucci funziona al contrario perché inquadrato sottosopra, dalla strada, dai margini, dai postriboli, oppure dagli occhi stralunati di nobili come il Conte di San Vitale o il Generale
Mannaggia la Rocca. Qui sfilano gli sradicati, gli idioti, i barboni, i geni incompresi,
gli idealisti: tutti intellettuali, forse, honoris
causa e, certamente, loro malgrado.
Camilla Tagliabue
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
17
IL GUARDASIGILLI
Andrea Orlando
ospite l’altra sera di Lilli Gruber Ansa
PALINSESTI
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
Dalla A a LaEffe,
prove di tv “educativa”
di Patrizia Simonetti
ualsiasi cosa pensiamo, c’è un
Q
motivo per cui lo facciamo. E
se lo facciamo in un certo modo e
quindi siamo come siamo, lo dobbiamo a qualcuno. Matteo Caccia,
storyteller di professione, tra i suoi
maestri di pensiero annovera un ragazzino con la testa rotonda: Charlie Brown, “il più filosofo dei Peanuts” dice, per cui “la vita è come
una granatina e bisogna saperla sorbire”. Imparare a pensare, stasera alle
20 su LaEffe, è il tema dell'ultimo
speciale dal Cortona Mix Festival
del suo alfabeto pop Dalla A a LaEffe,
ospiti quattro autori Feltrinelli doc:
Salvatore Veca, il collega Kant come
maestro e la convinzione che la limpidezza di pensiero sia “la cosa più
semplice del mondo ma la più difficile da raggiungere”; Raffaele Cantone, che quella limpidezza la chiama “libertà intellettuale” e l’ha trovata più da magistrato che da avvocato; Paolo Jannacci, musicista figlio di Enzo, che quando sta al piano
pensa solo a “tradurre in suono
un’immagine, una sensazione, una
storia” e “parlare a tutto il mondo
senza studiare le lingue”; e Alessandro Mari, scrittore perché “sono
stati i libri a dirimere un po’ il casino
che avevo in testa”. Il tutto passando
per Aretha Franklin e I Simpson fino a Malala Yousafzai che “i libri e le
penne sono le armi più potenti” dice
all'ONU. “Cogito ergo sum” dunque. O piuttosto “lavoro ergo sum”
dice Teresa Mannino nel prossimo
appuntamento, mercoledì alle
21.10, con Marco Paolini Racconta, ricordando di come a Milano tutti le
chiedessero “che lavoro fai?” mentre a Palermo avrebbero potuto domandarle solo “quale ti piacerebbe
fare?” e quando rispondeva “nessuno” era come se scomparisse dal
mondo.
AL LAVORO che “se nobilita l'uomo,
a Palermo siamo tutti plebei” ironizza, è dedicato l’ultimo speciale con il
drammaturgo/monologhista bellunese che dopo la consueta chiacchierata in cui rivela di vedere “un futuro
di rabbiosa riappropriazione del lavoro che svende la stagione dei diritti”, presenta i suoi Miserabili, spettacolo di monologhi, canzoni e racconti sui cambiamenti della società e
“per tenere insieme il tutto ho trovato Hugo” dice. “Scritto nel 2006
quando stavamo bene, ora risulta un
po’ stonato” ammette Paolini, che se
lo rifacesse oggi racconterebbe di
“un futuro manifatturiero qui in Italia” e di qualcuno che a chi sposta
fabbriche e lavoro in Serbia, Moldavia e Cina direbbe “per 10 euro quel
pezzo te lo faccio anch’io, accettando di essere poco più di niente, ma
sempre meglio di niente”.
L’Orlando placato: parole,
blazer e noia d’ordinanza
di Fulvio
Abbate
l Guardasigilli Andrea Orlando, lì
ospite istituzionale da Lilli GruI
ber a Otto e mezzo, su La7, intanto
che lo guardi nel suo blazer da “Gazzetta Ufficiale”, dà la misura, sebbene remixata, della cosiddetta antica “forza dei nervi distesi”, la stessa
che veniva attribuita al divo dei telefoni bianchi e anche oltre quelli,
Massimo Girotti in una vecchia pubblicità.
In entrambi i casi, c’è il serio sospetto, appare la palpabile inquietudine che si tratti di una recita a soggetto, la bevanda rilassante così come la legittimazione di un governo,
che è poi, stringi stringi, una sorta di
monocolore Renzi, un esecutivo di
se stesso con il plauso silente di Silvio
Berlusconi che ne contempla ogni
singolo atto ora dall’astanteria ora
dall’alcova e di pochi altri affezionati. Orlando, con quel suo nome
che altrove suggerirebbe il clangore
delle corazze e degli scudi dei paladini di Francia, lo ascolti mentre la
conduttrice Gruber, insolitamente
determinata, gli domanda se, per caso, c’è l’intenzione sia pure remota di
modificare la legge che rende Berlusconi incandidabile, e lui, Orlando, tutt’altro che furioso, riesce a svicolare come neppure un pitone ricoperto di sciolina, di più, sembra
mostrare la stessa compassatezza di
quel personaggio del fumetto B.C. di
Johnny Hart, proprio Il Serpente che
“striscia innocuo portandosi addosso la disgrazia di essere già simbolo
del peccato”.
CHISSÀ SE il ministro Andrea Or-
lando con quel suo carico da 11 ministeriale (ti credo dopo decenni di
leggi ad personam cui perfino l’opposizione si è debolmente opposta!)
nutre la sensazione personale d’essere appunto portatore di un carico
che i suoi stessi colleghi di partito
hanno contribuito a creare in tutta la
sua immensità? Chissà insomma se
mentre sta lì dalla Gruber gli tornano
in mente concetti pregressi come Bicamerale o altre bizzarrie ancora di
ciò che qualcuno assimilava “al sovversivismo delle classi dirigenti”?
Gli ascolti
di giovedì
CHE DIO CI AIUTI 3
Spettatori 6,10 mln Share 25,4%
NAPOLI - YOUNG BOYS
Spettatori 2,96 mln Share 10,5%
E tuttavia, al di là di questi dettagli
sostanziali, la presenza del guardasigilli in una pubblica occasione mediatica suggeriva considerazioni di
ben altra natura, riferite magari alla
categoria della discrezionalità, della
noia sempre più evidente che giunge
dal bla-bla istituzionale riferito alla
categorie delle riforme, così come
della legge elettorale.
Chissà se nel cuore del ministro Andrea Orlando, persona evidentemente mite e ragionevole, c’è uno spioncino attraverso il quale far passare le
uniche parole adatte all’occasione,
ossia la sensazione di una continua e
prolungata “Agenzia Stefani” priva
di quel tratto luciferino che era invece custodito dalle note ufficiali al
tempo degli antichi gerarchi in orbace.
Nel caso dei blazer renziani la noia è
davvero modello base, priva d’ogni
suggestione letteraria, per farla breve: neppure una fiction sul potere al
tempo del grigio uniforme sarebbe
possibile trarre da una dichiarazione
del nostro caro ministro.
@fulvioabbate
IL SEGRETO
Spettatori 3,76 mln Share 14,16%
SERVIZIO PUBBLICO
Spettatori 1,15 mln Share 4,97%
18
SECONDO TEMPO
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
il Fatto Quotidiano
BATTIBECCO
ECONOMIA LEGALE
Imprese confiscate
la sfida dello Stato
di Luca Tescaroli
cordato nei confronti delle imprese mentre si deteriora la
in discussione al
qualità del credito”. Creare un
Parlamento
un
apposito fondo di garanzia saprogetto di modifirebbe molto utile per sostenere
ca d’iniziativa angli investimenti e affrontare i
che popolare “per favorire
“costi di legalizzazione”: ril’emersione alla legalità e la tuspetto dei contratti collettivi di
tela dei lavoratori delle aziende
lavoro e della normativa amsequestrate e confiscate alla
bientale, fiscale e sulla sicurezcriminalità
organizzata”.
za del lavoro. L’Agenzia nazionale dei beni confiscati dovrebUn’occasione importante per
aggiornare e migliorare la dibe: trasformarsi in una holding
sciplina in base all’evoluzione
propulsiva capace di coordinadelle mafie. La realtà giudiziare le esigenze delle varie impreria ci ha mostrato che le aziense confiscate, in modo da fare
Operazione antimafia Ansa incontrare domanda e offerta,
de, con l’intervento della misura patrimoniale, sono destiassicurando una gestione consortile e non parcellizzata delle
nate al fallimento o alla cessaSCELTE CORAGGIOSE aziende sottoposte a misura di
zione (9 su 10 chiudono), il che
prevenzione patrimoniale; vedimostra all’esterno l’incapaLe istituzioni
cità dello Stato di gestire le imrificare se queste possano avere
prese mafiose. Le istituzioni
rapporti commerciali per sodevono sostituirsi
devono sostituirsi all’imprenstenersi a vicenda e sopperire al
all’imprenditore mafioso fisiologico sviamento della
ditore e trovare il percorso per
fornire agli stakeholders (o porclientela da parte del mafioso
e trovare il percorso
tatori di interessi: clienti, fordopo il sequestro; stipulare,
nitori, finanziatori – banche e
con organi rappresentativi di
per garantire il lavoro
azionisti –, collaboratori, ma
strutture bancarie, protocolli
e non far fallire le aziende per individuare banche virtuoanche gruppi d’interesse esterni, come i residenti di aree lise che impediscano il ritiro del
mitrofe all’azienda) garanzie
credito. È poi necessario lo
analoghe, se non rafforzate, rispetto a quelle che sgravio contributivo anche temporaneo per le
è in grado di assicurare il mafioso. Il patrimonio imprese sequestrate e confiscate che fanno
sequestrato può di per sé costituire la fonte delle emergere il lavoro nero e per chiunque usufruigaranzie, se gli operatori di giustizia adottano sca di lavori, servizi o forniture da esse erogati.
iniziative idonee a non depauperare le risorse e Sul versante internazionale, occorre aprire vara valorizzare le prospettive imprenditoriali. chi per agevolare l’esecuzione dei sequestri anNon è certo agevole in terra di mafia. L’ingresso ticipati all’estero, disposti dai nostri tribunali.
dello Stato nell’impresa mafiosa dovrebbe pro- La guerra ultracentenaria alle mafie si potrà vindurre effetti positivi, una volta superato l’im- cere solo se si riuscirà a valorizzare le ricchezze
patto traumatico iniziale (soprattutto sui rap- confiscate, dimostrando che si può salvaguarporti pendenti: crediti e debiti con i fornitori e dare, se non aumentare l’occupazione generata
con gli istituti bancari). Si tratta, quindi, di far dal mafioso, nel rispetto della legalità.
ripartire un meccanismo economico depurato
*sostituto procuratore presso la Dda di Roma
dalle logiche di gestione mafiosa.
È
QUALCHE esempio recente. Per due società che
si occupano del settore nautico in area demaniale, si è proceduto alla stipula di due contratti
d’affitto delle relative aziende a favore di altre
due imprese del settore prive di rapporti con la
criminalità organizzata: queste corrispondono
un canone mensile e si sono impegnate a far
fronte al pagamento degli oneri concessori al
demanio in proprio. In un’altra società sono stati assegnati in comodato d’uso gratuito sette immobili del suo patrimonio al comune di Olbia,
tre dei quali ancora in fase di costruzione, per
ospitare famiglie in difficoltà: il Comune si è
impegnato a completare i tre immobili, ad accatastare le medesime porzioni e a far fronte a
tutte le spese afferenti alla gestione delle sette
unità.
Queste iniziative consentono di soddisfare il diritto dei lavoratori a continuare a lavorare e il
diritto d’iniziativa economica e di proprietà privata, di cui sono titolari il proposto e i terzi intestatari fino alla pronuncia della confisca definitiva. Le aziende e i compendi patrimoniali
sottoposti a misure di prevenzione, ancorché riconducibili alla criminalità, sono di per sé una
risorsa per il tessuto imprenditoriale locale e richiedono il coinvolgimento dei rappresentanti
sindacali e istituzionali sul territorio.
Per far emergere il lavoro nero, l’amministratore
può farsi carico di pagare gli oneri contributivi e
previdenziali per i dipendenti che avevano vissuto nell’ombra senza garanzie né tutele. I fornitori e gli acquirenti possono uscire dal giro
mafioso e contrattare liberamente i prezzi. Il
mafioso ha interesse che l’iniziativa imprenditoriale statale fallisca, perché ciò rafforza il suo
potere, dimostrando che solo la presenza mafiosa produce ricchezza e occupazione. Che fare
allora per valorizzare le imprese sequestrate e
non disperdere l’occupazione? Il procedimento
di prevenzione dev'essere celere. Uno studio
della Banca d’Italia, nel 2013, ha evidenziato che
“con l’aumentare degli anni di permanenza in
amministrazione giudiziaria diminuisce l’ac-
Fermi e infelici, forse
abbiamo avuto troppo
di Massimo Fini
SECONDO il rapporto “Prosperity index 2014” l’Italia è al
37° posto, perdendo cinque
posizioni rispetto all’anno precedente. Ma l'indice più interessante è quello sulla fiducia
nel futuro che ci vede 134esimi. Tuttavia io non credo che
l'Italia sia in una situazione
molto diversa dagli altri Paesi
occidentali. Solo che il nostro
Paese, straordinario laboratorio dei fenomeni più importanti dell’ultimo millennio (da noi,
a Firenze e nel piacentino, si
impose la classe dei mercanti
che con la sua filosofia del profitto diede origine, assieme ad
altri, complessi, fattori, alla
Modernità, qui nacque il fascismo, padre dei totalitarismi di
destra europei che, soprattutto nella loro declinazione tedesca, furono un tentativo,
contraddittorio, di respingere
la Modernità – è il cosiddetto
‘modernismo reazionario’) è
un termometro più sensibile di
altri, e più di altri avverte il sensus finis, l’irreversibile decadenza dell’Impero Occidentale.
Che prima ancora che economica è esistenziale. Le grandi
ideologie partorite dalla Modernità, il liberalismo, il comunismo, il fascismo hanno fallito. E quando Nietzsche nella
seconda metà dell'800 proclama “la morte di Dio”, non fa
che constatare, con qualche
decennio d'anticipo, che Dio è
morto nella coscienza dell'uomo occidentale. Nello stesso
tempo l'individualismo illuminista e i processi tecnologici
hanno spazzato via ogni senso
della comunità e i valori, prepolitici e preideologici, che inn
clude: solidarietà, lealtà, onestà. Cosa resta allora all’uomo
occidentale? La prigionia in un
meccanismo anonimo che un
gruppo musicale, i CCCP, ha
sintetizzato nel verso “produci-consuma-crepa”, basato
sull’invidia per cui raggiunto
un obiettivo bisogna subito inseguirne un altro e poi un altro
ancora, senza poter così mai
raggiungere un momento di
equilibrio, di armonia, di pace.
Rovesciando venti secoli di
pensiero occidentale e, ora,
anche orientale (vedi Cina e
India), l’industrial-capitalismo (ma il marxismo non è cosa diversa) col postulato “non
è bene accontentarsi di ciò che
si ha” ha creato la premessa
PROGRESSO
I CCCP cantavano:
“Produci-consumacrepa”: un obiettivo
dopo l’altro senza sosta.
Ci servirebbe
uno stage in Iraq
Ansa
programmatica dell’infelicità
umana, perché “ciò che non si
ha” non ha confini. Ma adesso
questo meccanismo, basato
sulle crescite esponenziali,
che esistono in matematica
ma non in natura, è arrivato al
suo limite. È fermo, come una
macchina davanti a un muro.
ED È QUINDI vero ciò che
scriveva Marcuse nei primi
anni 70: “Al di sotto della sua
ovvia dinamicità di superficie,
questa società è un sistema di
vita completamente statico,
che si tiene in moto da solo
con la sua produttività oppressiva”. Siamo fermi. Nella
creatività artistica, in cui pur
noi europei fummo grandissimi, nella filmografia (i film più
interessanti ci vengono da culture “altre”) e persino nella
musica leggera in cui non facciamo che ripetere o scimmiottare motivi degli anni 60,
70, 80.
Questo sensus finis globale si
riflette inevitabilmente nelle
nostre relazioni personali.
Proprio nel momento in cui, liberatici della sessuofobia
d’antan, i rapporti fra i sessi dovrebbero essere facilitati, sono diventati invece estremamente difficili. Viviamo in un
mondo di solitudini. E l’impressionante fenomeno dei
social network ne è una conferma.
Il benessere ci ha fatto male.
Ci ha tolto vitalità. Ci farebbe
bene uno stage in Iraq o in Afghanistan. E allora forse riusciremmo a ricomporre una
gerarchia dei valori, a distinguere ciò che è importante da
ciò che non lo è, e a non fare
una tragedia se si rompe un frigo.
n
STORIE DEL SECOLO BREVE
Heidegger l’antisemita in Francia
di Marco
Dolcetta
lungo dominante, il pensiero
A
del filosofo tedesco Martin
Heidegger, morto nel 1976, non
smette di sconcertare i suoi ammiratori ogni volta che si aprono i
suoi archivi e si pubblicano i suoi
inediti. La mole delle produzioni
filosofiche di Heidegger è monumentale, il pubblicato in Germania, e nel resto del mondo comunque non è che una parte di quanto
lui abbia scritto negli anni.
I COSIDDETTI “Quaderni neri”,
sorprendente l’eco prodotto dalle
reazioni alla scoperta di questi
suoi prodotti di archivio, polemiche fra filosofi storici e letterati di
tutto il mondo. È il nuovo “affare
Heidegger”. Nella pubblicazione
dei 34 Quaderni, il grande pensatore di riferimento di tutta una
generazione di filosofi ci ha consegnato le sue riflessioni nei decenni dal 1930 al 1970. Leggendo
troviamo una quindicina di passaggi chiave antisemiti: gli ebrei
vivrebbero – secondo Heidegger –
in base al “principio della razza”.
Mossi da “uno spirito di calcolo”,
riuniti al seno di una “pericolosa
alleanza internazionale”, sarebbero il popolo errante e de “l’assenza
di suolo”.
Il filosofo riprende dei luoghi comuni di retorica antisemita molto
sommari ispirati da una lettera basica dei Protocolli dei Savi di Sion,
per il colore della copertina ma
anche, a detta di molti per i contenuti, nei quali lui ha consegnato
negli anni i suoi pensieri rivelano
che l’autore dell’Essere e il tempo
oltreché un’adesione al nazismo
già riconosciuta aveva integrato
delle note antisemite nelle sue riflessioni
più
profonde. Prima
in Germania e
IL LATO OSCURO
ora anche in
Francia dove i
I “Quaderni neri”
“Quaderni neri”
sono stati tradel filosofo tedesco
dotti e stanno
stanno per essere
per essere pubblicati, riparte la
pubblicati Oltralpe.
campagna per le
ostilità riguardo
Facile pensare a nuove
lui e i suoi pene aspre polemiche
sieri. È quasi più
Martin Heidegger Ansa
uno oscuro documento a suo tempo controverso e prodotto di
menti complottistiche nel 1901,
tema che ha affascinato Umberto
Eco nel suo Cimitero di Praga, un
libello secondo cui il complotto
giudeo-massonico minaccerebbe
la conquista del mondo. Ma Martin Heidegger integra anche il suo
antisemitismo a una metafisica e a
una filosofia della poetica “l’ebraismo mondiale come il nazionalsocialismo rappresenta agli occhi
del filosofo una delle potenze che
se si sottomettono alla Machenschaft, cioè la tecnica, “lotta per
dominare il mondo”, questo è
quanto Peter Trawny, lo studioso
che si è occupato dei “Quaderni
neri” sostiene.
Per il filosofo Alain Badiou, al di là
del caso Heidegger “che in effetti
ha la piccolezza di un antisemitismo di bassa lega, a lui importa
assolutamente di
fare ammettere a
tutti che qualcuno
può essere o essere
stato anche anticomunista, stalinista,
filosemita, antisemita, monarchico,
democratico, militarista, nazionalista, resistente, nazista o mussoliniano, internazionalista, colonialista,
egualitario, aristocratico, elitista
ed eccetera eccetera, ed essere anche il filosofo della maggiore importanza del mondo”; in una parola, la riassume così il professore
emerito dell’Ecole Normale Superieure: “Abbasso i piccoli maestri
della purificazione della filosofia:
uno nella vita può avere avuto ragione o essersi sbagliato nelle scelte politiche, questo non inficia la
sua grandezza di filosofo e la filosofia stessa è indifferente agli
orientamenti politici”. Ma non
tutti sono di questa opinione.
SULLE ORME di Farias, lo studio-
so cileno che da Berlino est tanti
anni fa sollevò per primo i problemi, fino a Emannuel Faye, che
di recente è ritornato sull’argomento, sono in tanti che pensano
che il pensiero di Heidegger è intaccato dal male sollevato nell’errare del suo affiliamento politico,
senza parlare mai poi di quelli che
arrivano ad avventurarsi nel dire
che la filosofia del “Saggio di Friburgo” è solo un accurato rivestimento teorico del nazionalsocialismo.
“Un’opera può mantenere il nome
di filosofia quando considera come principio una forma di razzismo ontologico? Questa è la domanda che pone Emannuel Faye
nel suo ultimo libro Heidegger, il
suolo, la comunità, la razza.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
SABATO 8 NOVEMBRE 2014
19
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
La destra non svanita
e i Ghibellini fuggiaschi
C’è chi ha scritto senza
pudore che in Italia sarebbe evaporata la “destra”.
In realtà, basta guardarsi
un poco intorno per accorgersi che gli interpreti
del potere, a tutti i livelli,
in tutte le contrade, sotto
tutte le bandiere, all’ombra del secondo comma
dell’art. 7 della Costituzione (regalo confezionato con tanto di nastro rosso da quel genio politico
che fu Palmiro Togliatti),
son diventati tutti... Guelfi. Almeno un tempo si
poteva cercare di sottrarsi
all’imperio degli uni
schierandosi con quelli
dell’altra parte in campo,
si poteva almeno cercare
di essere “ghibellin fuggiaschi”, come il Dante
evocato dal Foscolo nei
“Sepolcri”, perché addirittura c’è stato un tempo
in cui... “tu prima, Firenze, udivi il carme/Che allegrò l’ira al Ghibellin
fuggiasco”, e oggi invece
povera Firenze, per prima
ti è toccato in sorte di cantar le lodi di un bullo capace solo di vincere, perché è solo vincere che
conta, non importa per
cosa, e oggi non si trova
più un “ghibellino” manco a pagarlo in oro. Tutti
Guelfi sotto il cielo della
serva Italia, bianchi, rossi
e neri, tutti accampati sotto l’ala protettrice del “Papato”, e che sul Trono del
Vaticano sieda un retroverso o un futurista, non
importa, per i politici italiani vale che chiunque ci
sia di là dal Tevere (una
volta biondo, oggi color
della cacca che porta sino
al mare)... a tutti ci si inchina.
nosce umana pietà e disdegna la coerenza morale, chiedere scusa è diventato il segno assoluto di
una debolezza dell’animo
e dell’essere uomo. Ma io
sono un uomo, un cittadino, un padre, un poliziotto, un sindacalista. Sono
una persona che non vive
tra la porta dell’inferno e il
fiume Acheronte, in quel
lembo di anti inferno di
dantesca memoria in cui
piangono le loro colpe
quegli ignavi, vissuti
“senza infamia e senza lode”. A differenza di quanti, frenati da un ordinamento del personale ancora forse troppo succube
delle originarie impostazioni militari, fanno fatica
a dire a gran voce la loro
opinione su tutti quegli
episodi che vedono alcuni
di noi, nostro malgrado
protagonisti, io da poliziotto sindacalista mi
posso esporre in prima
persona. Il sindacato di
tori materiali di ordini apparentemente sbagliati;
sono... siamo lavoratori.
Indossiamo una divisa,
ma questo non ci rende
immuni, non ci rende invincibili, non ci rende
inattaccabili. La nostra divisa, la mia divisa non mi
rende meno vulnerabile.
Come cittadino capisco lo
sgomento del mio vicino
di casa professore di lettere, turbato quanto me di
fronte alle foto di Stefano
Cucchi,
preoccupato
quanto lui quando si dà
l’idea che la democrazia
nel nostro Paese sia diventata una vittima eccellente. Ma sono anche un
uomo dello Stato e credo
fermamente nel mio lavoro, di poliziotto prima e di
sindacalista poi. Allo Stato a cui ho giurato fedeltà
chiedo giusta tutela e gli
strumenti operativi idonei ad affrontare ogni
giorno, nelle piazze e per
le strade del mio Paese, la
La scuola
non ascolta
gli studenti
CARO FURIO COLOMBO, siamo studenti del quinto anno del Liceo di via Ripetta (Roma, Liceo Artistico, ndr) ma
parliamo anche a nome degli studenti
più giovani. Siamo confusi, disorientati
dall’alone di mistero e di apparente disinteresse nei confronti di questa scuola che per anni si è retta sulle spalle dei
professori e degli studenti e ora te la
fanno apparire come un muro da abbattere per andare oltre. Nessuna possibilità di usare l’unico strumento che possediamo per esprimere la nostra opinione, la parola.
Antonia, Rosella, Nicola
HO SCELTO da una lunga lettera, una
frase molto bella estrapolandola da un testo che fornisce argomenti scritti con passione, ma riporta alle due parole “mistero” e “disinteresse” che è il cuore di una
storia molto diversa dalle solite narrazioni scolastiche e a cui si deve prestare attenzione. Decido di incontrare gli scriventi. Mi trovo di fronte a studenti dall'aria
ancora più giovane dei loro probabili
17-18 anni, che amano la loro scuola, sono fortemente legati al luogo, a ciò che
studiano, hanno fiducia nei loro insegnanti, hanno fabbricato una vera comunità, una città giovanissima di ragazze e
ragazzi che stanno bene insieme e lavorano bene insieme. Improvvisamente si sentono messi alla porta. Vengono spinti indietro, esclusi da ogni dialogo, diventano
estranei dalle decisioni che li riguardano.
Raramente mi ero imbattuto in studenti
che lottano per mantenere quello che a loro sembra un privilegio, il rapporto con la
loro scuola. Per essere certo che Antonia
non sia solo una che scrive bene e che i tre
coraggiosi messaggeri (bisogna ammettere che rischiano) non siano solo bravi studenti nostalgici della scuola che stanno
per lasciare (ultimo anno, poi hanno già,
la vignetta
Renzi e Juncker,
che tristezza
ben chiare, le idee su ciò che faranno), ho
visto altri studenti (che da giorni fanno
assemblea sul piazzale) e incontrato uno
dei docenti. Il professore conferma: studenti e insegnanti avevano davvero creato
una comunità di collaborazione stretta,
di comunicazione aperta, di scambio continuo di proposte e di idee, senza confusione ma anche con molta libertà. Poi è arrivata una nuova preside. Ho ricostruito
così ciò di cui tanti studenti sono disorientati e sorpresi: decide da sola, non vuole
obiezioni, non le interessano le consultazioni (né con studenti né con professori).
Ha stabilito, di sua esclusiva iniziativa
nel Paese, che di sabato non c'è scuola, distribuendo le ore da recuperare in altri
giorni già colmi (“certe mattine, in certe
classi, ci sono quattro ore di seguito della
stessa materia”) e non vuole rispondere
(ma neppure il Provveditorato lo ha fatto)
alle tante lettere di dissenso e sconforto. I
ragazzi ti raccontano che i problemi più
gravi sono due (e francamente di rado
ascolti questo tipo di proteste nelle scuole): uno, con il pasticcio di orario creato
dalla nuova preside e la mancanza del sabato, si perdono decine di ore che prima
erano di scuola e di studio. Secondo, per
una comunità in cui i ragazzi erano abituati a essere ascoltati e a progettare in comune con gli insegnanti, il nuovo “regime” è umiliante e offensivo. Io credo ai ragazzi, pubblicherò subito eventuali risposte. Ma intanto mi domando se il ministro
dell’Istruzione non dovrebbe dare un’occhiata. Per esempio sapere perché nessuno
incontra gli studenti, e perché un legame
così forte con la propria scuola e il proprio
studio debba essere trattato (se così accade) come disturbo.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
[email protected]
Vittorio Melandri
Lettera di un poliziotto
dopo il caso Cucchi
Sono giorni, questi, in cui
le parole sono macinate
senza sosta, passate al setaccio in alcuni casi, in altri rigurgitate e amplificate dai media, a volte trasformate
nell’essenza,
mistificate nella sostanza,
devastate nell’etimologia.
Così,
nell’annichilita
quotidianità che non co-
polizia, oggi accusato di
conservatorismo e corporativismo non rende la
mia divisa più leggera;
seppur cucita sulla mia
pelle, non mi impedisce di
essere obiettivo sul se e
quando abbiamo sbagliato; di essere critico se e
quando il nostro lavoro è
stato travisato da un’abile
regia; di essere realista se e
quando veniamo additati
come ciechi e stolti esecu-
criminalità, le emergenze
ma anche il disagio sociale
per una crisi – di valori ed
economica – che piove
anche sulla mia famiglia,
sui miei figli, sui miei colleghi
.
Ai cittadini chiedo il rispetto per il mio lavoro, il
riconoscimento della dignità della mia professione, chiamata a difendere
tutte le libertà costituzionalmente garantite, an-
che quella di manifestare
liberamente il proprio
dissenso. Ai colleghi chiedo il coraggio e la determinazione figlia della
consapevolezza che il nostro lavoro è fatto anche,
purtroppo, di situazioni
paradossali in cui lo stress
e la tensione anche emotiva può giocare brutti
scherzi.
Ammettere – se e quando
– di aver sbagliato non è
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Antonio Padellaro
Condirettore Marco Travaglio
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Presidente: Cinzia Monteverdi
Consiglio di Amministrazione:
Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez,
Antonio Padellaro, Layla Pavone,
Marco Tarò, Marco Travaglio
certo sinonimo di vigliacca defezione, noi siamo
coraggiosi anche nel dolore. Perché noi comprendiamo il dolore,
comprendiamo il preoccupato stupore di chi si
trova di fronte a un fratello lavoratore munito di
manganello. Alcune di
quelle parole sentite in
questi ultimi giorni non
sono certamente rappresentative di tutti gli uomi-
ni e le donne della Polizia
di Stato; sui drammi umani e sulle incongruenze
della vita il sindacato, il
mio sindacato, quello che
rappresento ogni giorno
ha il coraggio di riconoscerne l’incondivisibile
durezza e di noi, nessun
potrà dire “...non ragionar di loro ma guarda e
passa”.
Giuseppe Tiani
Segretario generale del Siap
Certe immagini dei volti
incartapecoriti di Berlusconi e Gianni Letta, reduci dall’incontro con
Renzi per spartirsi la legge
elettorale e tutto il resto
possibile, inducono a profonda tristezza su chi decide i destini nazionali e
internazionali. L’Europa
ha scelto un presidente,
Juncker, accusato di aver
trasformato il suo paese in
un paradiso fiscale, ma
impone linea dura ai cittadini comuni. Se Renzi
non fosse stato un piccolo
borghese ansioso di
emergere, disposto a tutto
pur di sedersi al tavolo di
comando, avrebbe potuto
essere degno del premio
Nobel, almeno per le intenzioni
proclamate.
L’aria purificata dai professionisti del potere sarebbe il terreno di cultura
di un meraviglioso rifiorire in tutte le società nazionali, certo non se sostituiti
da manipoli di carrieristi
senza alcuna idea del bene
comune o dal ritorno delle lobby radicate nel tessuto economico come parassiti che si combattono
tra loro mentre soffocano
la pianta su cui si sono abbarbicati.
Giampiero Buccianti
I NOSTRI ERRORI
Per un errore redazionale
nell’articolo di ieri “Le tasse delle multinazionali
spariscono in Lussemburgo” è saltata una parte di
frase in cui veniva indicato il settimanale l’Espresso
come partner italiano del
Consorzio internazionale
di giornalismo investigativo. Ce ne scusiamo.
L’edizione 2009
dello Strega
Nell’intervista di ieri a Stefano Petrocchi, la domanda sull’edizione 2009 è
stata tagliata male: “Le tre
schede arrivate in ritardo
non furono decisive per la
vittoria di Scarpa. Ma
sembra che lei abbia avuto
qualche sospetto”.
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