maggio - giugno 2014 N. 20 club milano Beppe Bergomi: “Nel calcio ci sono così tante coincidenze che è quasi inevitabile diventare un po’ superstiziosi”. Roberto Meazza racconta le suggestioni dell’India attraverso un viaggio fotografico che va dal 1970 al 1980. Le piccole librerie di quartiere sopravvivono alle grandi catene, perché vendere libri è una passione romantica. Acqua cristallina, spiagge da sogno ma anche ranch, cowboy e rodei: le svariate facce della Nuova Caledonia. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI 3,00 euro editorial uber o no La vicenda di Uber che ha creato così tanto scompiglio e disagi negli ultimi giorni è paradigmatica della rigidità e incapacità di rinnovarsi del sistema del mercato del lavoro e della regolamentazione della concorrenza in Italia. In questa storia si stanno scontrando una App, ossia nient’altro che un software di gestione delle prenotazioni di un servizio, e la categoria professionale più protetta al mondo, i tassisti. Uber è uno strumento che, come tale, non fa bene e non fa male. Dipende da come viene utilizzato, e vi è certamente in Italia un vuoto legislativo su questo punto che andrebbe colmato al più presto per evitare che ne continui l’assurda demonizzazione. Finché il vuoto rimane, hanno gioco facile i tassisti ad alzare le barricate. Loro, prima di tutti, hanno capito che il mondo sta cambiando, e che il mercato sta arrivando là dove la politica non ha mai avuto la forza o il coraggio di arrivare. In realtà alcuni ci hanno provato, primo fra tutti Bersani quando, da ministro per lo Sviluppo Economico, nel 2007 fu costretto a rinunciare al suo progetto di liberalizzazione del mercato dei taxi sconfitto dalle lenzuolate di protesta che per giorni paralizzarono la capitale. La realtà è che la lobby delle auto bianche in Parlamento, di cui massimo esponente è un uomo di destra liberale solo di facciata come l’On. Gasparri, è sempre stata potentissima. Non sorprende che nelle centinaia di forum nate sulla rete in questi giorni per commentare la vicenda siano rarissime le voci a favore dei tassisti, la cui arroganza (e violenza) nel mettersi di traverso di fronte a qualsiasi forma di rinnovamento ha esasperato ormai tutti. Se è vero che non siamo l’America è altrettanto vero che in un periodo di così forte crisi e, soprattutto, di stallo in qualsiasi settore, forse sarebbe opportuno guardare ai casi virtuosi come esempi da cui imparare qualcosa, se non proprio da copiare. A San Francisco, città dove Uber è nato, l’applicazione viene usata da tutti, anche dai tassisti, in un mercato completamente liberalizzato da sempre, e nessuno si scandalizza. Stiamo parlando della città più tecnologica al mondo, tra le più ricche del pianeta e con il più basso tasso di disoccupazione di tutti gli Stati Uniti. Forse questo dovrebbe far riflettere. Se è certamente necessario mettere dei paletti e legiferare su questo settore perché non diventi il Far West, è altrettanto vero che chi è chiamato a fare queste scelte dovrebbe cogliere la palla al balzo offerta da Uber e favorire una transizione verso un sistema libero da schemi di tutela non più attuali né sostenibili. Vietare l’applicazione o metterla fuori legge sarebbe un autogol pazzesco. È come se si vietasse l’utilizzo di Internet perché c’è qualcuno che carica o condivide materiale pedopornografico. O se si vietasse la vendita di auto sportive perché potrebbero superare i limiti di velocità. Rendere più snello ed efficiente il sistema dei trasporti non sarebbe affatto male, visto che dietro l’angolo c’è una manifestazione come Expo che farà arrivare in Italia centinaia di migliaia di visitatori. Stefano Ampollini 4 contents point of view 10 interview Professionisti più che bandiere L’uomo dell’acqua di Roberto Perrone di Paola Ferrario inside 12 focus Brevi dalla città Libri in quartiere a cura della Redazione di Club Milano di Marilena Roncarà outside 28 30 14 Brevi dal mondo a cura della Redazione di Club Milano cover story 16 La coscienza di zio di Simone Sacco interview 32 Un cinefilo “ecumenico” di Simone Zeni focus 36 Cene in affitto di Camilla Sernagiotto portfolio 20 tennis equipment My Indian Memories Lo stile... di una volta di Roberto Meazza di Luigi Bruzzone tennis La prima tappa di Enrico S. Benincasa focus A tutto veg di Filippo Spreafico 6 26 40 42 contents style 44 weekend Jungle in the city L’isola (quasi) deserta di Luigi Bruzzone di Elisa Zanetti style 46 54 wellness 56 Sportswear d’élite Benessere detox sotto il sole di Giuliano Deidda di Simona Lovati overseas 58 La “Scozia” del Pacifico di Andrea Zappa design 48 Design double face di Davide Rota food 60 Finger’s di Enrico S. Benincasa free time 62 Da non perdere di Enrico S. Benincasa secrets 64 La villa in cui Hendrix suonò il blues di Simone Sacco wheels 50 Il lusso dell’auto… fuori il garage di Ilaria Salzano hi tech 52 Gadget per l’estate di Paolo Crespi In copertina Beppe Bergomi Foto di Matteo Cherubino. 8 PoiNt oF view roberto perrone Giornalista e scrittore dalle radici zeneisi si occupa di sport, enogastronomia e viaggi per Il Corriere della Sera. Il suo ultimo romanzo si intitola La cucina degli amori impossibili edito da Mondadori che coniuga le sue passioni: la Liguria, la cucina, le donne, i viaggi e lo sport. Professionisti più che bandiere Il direttore di questo foglio, qualche anno fa, mi ha inviato una foto di lui e della sua figlioletta, appena nata, con Javier Zanetti. Me l’ha mandata con orgoglio, come se si trattasse di qualcosa che la bambina, una volta adulta mostrerà ad amiche e fidanzati (astenersi milanisti e juventini) con orgoglio. Confesso che pur avendo una squadra del cuore e pur avendo mitizzato alcuni giocatori (speedy Manara, o’ rei di Crocefieschi Pruzzo, tira la Bomba Branco, fedeltà Marco Rossi) non mi ha mai attraversato il sentimento della bandiera. Premessa doverosa. Sono giusti la riconoscenza, l’affetto, la stima, il posto speciale riservato a chi segna in maniera indelebile la storia di un club di calcio, come di qualsiasi altra azienda dove sono gli uomini, in definitiva, a fare la differenza. Non è fuori luogo la commozione, l’ho provata anch’io, che pure ero un semplice spettatore disinteressato, quando ho assistito all’addio di Zanetti. Sono convinto che le bandiere siano dei vessilli, ma io per la mia squadra-azienda-club preferisco dei professionisti che arrivano presto, finiscono presto (o tardi) e non danno confidenza. L’elenco di giocatori del Vecchio Grifo (la mia squadra del cuore) che ho fatto, mi sono rimasti impressi per il modo con cui ogni domenica – a quei tempi si giocava solo in quel giorno e di giorno – affrontavano le partite e, prima, per come le preparavano. Che si fermino una breve stagione o vent’anni, mi interessa che nel periodo di tempo in questione si diano senza lesinare, con intelligenza e attaccamento. Zanetti, nell’Inter, è stato questo. Al di là della bandiera, quello che rimane è il fatto che si è fatto sempre trovare pronto, in ogni momento. La fedeltà è importante ma non è un ombrello che copre tutto. Non vorrei deragliare in un’operetta morale ma la professionalità, senza fronzoli sentimentali, è quella che occorre a questo Paese, anche a seguire le recenti, malinconiche vicende che hanno zavorrato la preparazione dell’Expo. Siamo, per DNA, un popolo emozionale, ma siamo arrivati a un punto in cui le emozioni sono diventate quasi un lusso, se non poggiano sul lavoro, il sacrificio, l’attaccamento all’azienda (Italia). Se penso a Zanetti, più che alla bandiera, penso al lavoratore, a quello che si allenava con impegno e dedizione. Noi abbiamo bisogno di professionisti. Seri, preparati, oltre che onesti. Siamo un Paese che sta annaspando, la retorica è un optional che non ci possiamo permettere. Roberto Perrone 10 INSIDE www.citroen.it Orologeria ad arte La nuova edizione della collezione Hommage di Roger Dubuis, presentata a maggio presso la boutique Pisa Orologeria di via Verri a Milano, rappresenta la quintessenza dei “Meccanismi Incredibili” della casa ginevrina. La linea, presentata per la prima volta quasi vent’anni fa, e proposta esclusivamente in oro bianco e rosa, è un omaggio all’orologeria, disciplina a metà tra arte e scienza. www.rogerdubuis.com ESCAPE THE ORDINARY Nero La nuova Porsche Macan Lo scorso aprile è arrivata sul mercato la nuova Porsche Macan, il SUV compatto dal dna sportivo. In un party molto riuscito, presso il Centro Porsche Milano Nord di via Stephenson 53, cui hanno partecipato oltre mille persone, sono stati ammirati i modelli Macan Turbo, Macan S e Macan S Diesel. Una serata con un DJ Set d’eccezione firmato Andrea Pellizzari: cornice ideale per Macan, che si può oggi provare nei Centri Porsche di Milano. www.milano.porsche.it I fotografi Magnum per Leica Si è inaugurata il 17 maggio la nuova Leica Galerie Milano in via Mengoni, angolo piazza Duomo. All’interno sono ospitati il Leica Store e la Leica Akademie dove è allestita anche la prima mostra The Right Moment – la scelta del momento perfetto nelle immagini dei grandi fotografi Magnum. Lo spazio si sviluppa su 160 mq e ospiterà incontri, mostre e dibattiti. www.akademie.leica-camera.it Al via il torneo Coppa Helvetia Dal 25 maggio il lusso e il glamour del polo tornano nel capoluogo lombardo con il torneo Coppa Helvetia (2/4 goal). Organizzato dal Milano Polo Club, in collaborazione con l’associazione Nazionale Arma di Cavalleria, il torneo proseguirà il 15 giugno e il 28 settembre. Le squadre che si contenderanno il podio sono sei: Svizzera Turismo/Elite, Swiss, KPMG, de GRISOGONO, Epheso, ENMA. www.milanopoloclub.it 12 30 anni in camicia Naracamicie festeggia il suo 30esimo compleanno con una limited edition in vendita nei suoi store dallo scorso aprile. Una collezione rigorosamente made in Italy, pensata per esaltare femminilità e ironia, da sempre caratteristiche delle collezioni del marchio nato nel 1984. Si tratta infatti di sei camicie in organza di seta che interpretano gli stili di tutte le donne Nara. www.nara-camicie.it CITROËN DS3 CABRIO Per fuggire dall’ordinario bisogna essere aperti. Nasce Citroën DS3 Cabrio, l’unica della sua categoria con 5 posti, bagagliaio da 245 litri e tetto apribile fino a 120 Km/h. Lasciatevi conquistare dai fari posteriori 3D a LED, dagli interni in pelle Blu, dal suo design e dalle meraviglie della sua tecnologia. A bordo di Citroën DS3 Cabrio ci sono numerose scoperte da fare, prima di arrivare a quella più importante: voi stessi. Citroën DS3 CABRIO 1.6 THP 155. Consumo su percorso misto: 5,9 l/100 Km. Emissioni di CO2 su percorso misto: 137 g/Km. La foto è inserita a titolo informativo. CRÉATIVE TECHNOLOGIE CITROËN ITALIA S.P.A. FILIALE DI MILANO VIA GATTAMELATA 41 - VIALE MONZA 65 TEL 02.39.76.22.19 – 02.26.11.23.47 – www.citroenmilano.it – [email protected] outside Illuminati ad arte Per i suoi 30 anni, la Fondazione Cartier per l’Arte Contemporanea di Parigi ha invitato gli artisti più emblematici della sua storia per la realizzazione di Mémoires Vives. Tra i partecipanti Issey Miyake che ha presentato un’installazione luminosa nel giardino e al piano terra della Fondazione con le lampade della collezione IN-EI ISSEY MIYAKE di Artemide. fondation.cartier.com www.artemide.com Artigiani in cortile Sabato 24 e domenica 25 maggio l’Associazione Dimore Storiche Italiane ha presentato a Roma Cortili Aperti e Artigiani. Dal 1996 la manifestazione ha offerto al pubblico l’opportunità di esplorare le più significative dimore storiche romane, nonché di assistere e partecipare a una serie di eventi culturali. Quest’anno sono stati gli artigiani a esporre le proprie creazioni dando dimostrazione del proprio lavoro. www.adsi.it Fiori da camera Si è svolta dal 9 all’11 maggio la prima edizione di Floral Suite, concorso internazionale di arte floreale organizzato nelle sale di Palazzo Gozzani Treville di Casale Monferrato. I concorrenti hanno potuto scegliere tra tre categorie, in base al proprio livello di preparazione. La direzione artistica è stata affidata a Ercole Moroni, uno dei più famosi flower designer. www.floralsuite.it I vini green della sicilia Arte all’aperto Per la VI edizione, All’Aperto, progetto della Fondazione Zegna, ha accolto una nuova opera pubblica permanente a Trivero, Two Way Mirror / Hedge Arabesque dell’artista statunitense Dan Graham. L’installazione è un padiglione in acciaio e vetro: da un lato è trasparente, mentre dall’altro riflette la luce, come uno specchio. Posizionato nella Conca dei Rododendri, il padiglione accoglie i visitatori ogni volta in maniera diversa. www.fondazionezegna.org/all-aperto 14 Firriato ha presentato la nuova linea di vini biologici, seguendo la strada intrapresa da anni che fa dell’azienda un marchio green al 100%: tutti i vigneti sono condotti in regime biologico certificato e la scelta di investire sull’Etna, Favignana e alcune specifiche aree dell’Agro trapanese riflette un approccio selettivo, alla ricerca di contesti che rendono questi luoghi dei Terroir di pregio. www.firriato.it Cover story Cover story Beppe Bergomi ha disputato quattro Mondiali di calcio (Spagna ’82, Messico ’86, Italia ’90 e Francia ’98) e in occasione della kermesse italiana fu anche capitano degli Azzurri. Unica assenza: USA’94. Ma era l’epoca di Sacchi e del suo mantra chiamato ‘Zona’. BEPPE BERGOMI LA COSCIENZA DI ZIO Ha giocato 756 partite con la maglia dell’Inter, vinto uno scudetto fieramente “trapattoniano” e tre Coppe UEFA (record assoluto). In precedenza s’era già laureato Campione del Mondo nel 1982, contribuendo al capolavoro di Enzo Bearzot e confondendo l’Italia sulla sua vera età anagrafica. Già, perché con quei baffoni folti e la caparbietà innata, Giuseppe Bergomi da Settala ha sempre fatto le cose per bene. Anche oggi che allena i ragazzi del Como, interviene pulito nelle telecronache per Sky e s’appresta a vivere una nuova avventura mondiale in Brasile, con ancora ben scolpito in mente quel torrido 5 luglio di 32 anni fa quando, in un piccolo stadio di Barcellona, la sua vita cambiò per sempre… di Simone Sacco Foto di Matteo Cherubino 16 17 Cover story Orsenigo, centro d’allenamento del Como Calcio, campi verdi e montagne a far da cornice. È qui che lavora oggi Beppe Bergomi, quando non è impegnato con l’amico Fabio Caressa a commentare le partite di cartello su Sky. 51 anni il prossimo dicembre, fisico asciutto di chi ha smesso sei mesi fa (e non nel 1999), il celebre Zio d’Italia allena con passione la Berretti comasca (mamma mia, quanto urla: pare Sacchi ai tempi delle diagonali!) e sfoggia un cuore che continua a battere per la sua Milano. Domicilio – manco a farlo apposta – in zona San Siro (“D’estate quando ci sono i concerti, invece di protestare, vado sul terrazzo e mi godo la musica”), palato saziato presso La Briciola di via Solferino e, per quanto riguarda l’altra sua professione, gli basta puntare verso Rogoredo, zona Santa Giulia, dove sorge la sede di Sky. “E pensa che quando mi affaccio dalla finestra vedo ancora il vecchio campo di via Redaelli dove è cominciato il mio sogno di calciatore tanti anni fa”. Bergomi è fatto così: fucina di ricordi e mente sana di un pallone che, marketing a parte, dovrà obbligatoriamente tornare a essere “gioco” per poter sopravvivere nei prossimi decenni. Vero, monsieur Platini? Certo che la cabala calcistica è strana. Se uno guarda alla tua partita d’esordio (22 febbraio 1981) scopre che quel giorno l’Inter giocava a Como… In pratica sono tornato al punto di partenza (sorride, NdR). Eppure nel football ci sono così tante coincidenze che è quasi inevitabile diventare un pochino superstiziosi. Perfino io arrivavo a sistemarmi i calzettoni in una certa maniera prima di una partita importante, anche se non mi sono mai piaciuti gli eccessi di Rafa Nadal. Quando lo vedo giocare a tennis mi viene l’ansia da quanta scaramanzia ci mette! Il tuo primo gol a San Siro, invece, è arrivato in un Inter-Bologna del 10 gennaio 1982, mentre il tuo addio al calcio avviene sempre contro la squadra felsinea nel maggio del 1999. Altra bizzarria del dio Pallone… Hai ragione e ammetto di non averci mai pensato. Quell’anno, d’altronde, 18 Cover story successero troppe cose assurde: cambiammo quattro allenatori (Simoni, Lucescu, Castellini e Hodgson) e, dopo la sconfitta col Manchester United in Champions League, finimmo per sbandare. Certo, con Beckham e soci ce la siamo comunque giocata e se solo avessimo fatto un po’ più di catenaccio a casa loro… (il Manchester avrebbe poi vinto la coppa dalle grandi orecchie in una finale al cardiopalma contro il Bayern Monaco, NdR) Sempre in quel 1999 arriva Marcello Lippi sulla panca dell’Inter e dice senza troppi giri di parole: “Voglio rifondare la difesa, Bergomi non mi serve”… Sì, ma il rammarico non è tanto legato a Lippi, ma alla mia scelta di non accettare l’offerta del Coventry City che mi voleva in Premier League. Ogni tanto ci ripenso: Gordon Strachan aveva già definito l’accordo con Sandro Mazzola, il contratto era pronto da firmare, ma io dissi no. Non me la sentivo di lasciare Milano e imparare una nuova lingua. Dopo che accadde? Spunta Fabio Caressa, mi raggiunge in vacanza e mi propone di commentare le partite assieme a lui per l’allora Tele +. Della serie: si chiude una porta, si apre un portone. Oppure se ne riapre un’altra come è capitato a te in Nazionale. Mondiali di Francia ’98: torni titolare a 34 anni, mica male. Mettiamola così: se Spagna ’82 è stata l’apice della felicità e Italia ’90 il picco della delusione, i mondiali francesi sono stati una dolce, dolcissima rivincita. Poi, d’accordo, ho giocato pure quelli di Messico ’86, ma lì la squadra era logora, bisognosa di sangue giovane e il buon Bearzot aveva terminato la sua scorta di miracoli. Torniamo un attimo al capitolo precedente: hai mai superato la delusione di quando Arrigo Sacchi ti levò la maglia azzurra, ad appena 28 anni, solo perché non sapevi giocare a zona? Più che deluso per uno, direi riconoscente verso un’altra persona, ovvero Gigi Simoni. Se non ci fosse stato lui a darmi le chiavi della difesa dell’Inter ’97 –’98, in Francia non ci sarei mai andato. Ringrazio lui e Cesare Maldini, ovviamente. A Parigi – quando l’Inter vinse la coppa UEFA contro la Lazio – ero ancora out per un affaticamento, ma mi arrivò comunque la telefonata fatidica di Cesarone. Si fidò di me e, quando nel calcio c’è la fiducia, c’è tutto. La stessa fiducia che fece esclamare ad Enzo Bearzot: “Ragazzo, scaldati che tra poco entri in campo!”. E la partita non era una qualunque, ma “La Partita”: Italia-Brasile del 5 luglio 1982… Ricordo tutto come se fosse ora. 34esimo minuto del primo tempo: noi in vantaggio con due gol di Rossi, s’era infortunato Fulvio Collovati e bisognava compattare la difesa. A quel punto c’è poco da riflettere: entri e te la giochi con un po’ di sana incoscienza. Tripletta di Pablito a parte, il capolavoro tattico di Bearzot quel giorno fu Bergomi in marcatura asfissiante su Serginho. Il numero 9 verdeoro infatti era scarso di piede, ma faceva da sponda perfetta per i vari Zico, Socrates, Eder e Falcao. Concordi? Per me il colpaccio del Mister fu mettere Lele Oriali su Eder, un vero tocco di genio. Sai, uno si sarebbe aspettato Gentile a coprire quella zona di campo e invece Claudio andò su Zico ed io sul gigante nero mettendo in difficoltà tutto il resto dei brasiliani. E mamma mia quante botte al Sarrià! Fai conto che un braccio di Serginho era grosso quanto una mia gamba (ride, NdR). Del leggendario Vecio cos’altro ricordi? Che mi prendeva costantemente in giro perché con lui non segnavo mai. Poi arriva Azeglio Vicini e, alla sua prima partita da CT azzurro, io realizzo una doppietta clamorosa contro la Grecia. “Allora me lo fai apposta!”, mi disse a gara conclusa. Bearzot è stato tutto per me. Di quell’indimenticabile Mundial ’82 ti è rimasto un aneddoto prezioso nel cuore? Sì, vigilia della semifinale con la Polonia, partita che non avrei dovuto disputare. “Schierano una sola punta, a questo giro vai in panchina”, il pensiero Lo Zio in una pausa dell’allenamento sul campo di Orsenigo (Como). Qui lavora quotidianamente con i giovani della Berretti comasca. “Se mai dovessi sognare una panchina di serie A, la mia scelta ricadrebbe su una sola squadra: l’Inter”. di Bearzot. Solo che poco dopo arriva Zoff e gli fa cambiare idea. Dino aveva male a una gamba e non se la sentiva di rinviare lungo. In pratica gli serviva un difensore in più per far ripartire il gioco e quindi toccava nuovamente a me. Arriviamo alla finale di Madrid con la Germania Ovest. Altra mossa clamorosa del CT friulano: Bergomi dentro e Antognoni fuori. Kalle Rumenigge, il tuo diretto avversario e futuro compagno all’Inter, fu completamente annullato… Scoprii di giocare alle cinque del pomeriggio dell’11 luglio 1982. Arriva Tardelli, un altro grande ambasciatore di Bearzot, e mi fa: “Zio, stasera il biondino lo marchi tu”. Antognoni aveva provato in hotel fino all’ultimo, ma non ce l’aveva fatta. E così diventai campione del mondo a soli 18 anni. Più o meno l’età che avranno tra poco i tuoi ragazzi del Como. Dimmi la verità: creste e tatuaggi a parte, ti rivedi in questi giovani? Faccio un po’ fatica, ma lo accetto: ogni generazione deve essere diversa da quella precedente, look compreso. Però sul comportamento non transigo: alla base di tutto ci deve sempre essere l’e- tica sportiva. Allo stesso tempo i quindicenni odierni sono molto più smaliziati di come lo eravamo noi. Più che blasone o coppe da esibire, richiedono coerenza da chi li allena. Che sensazioni hai per Brasile 2014? Pronostici non ne faccio, perché l’evolversi di un Mondiale è sempre complicato. Da commentatore vado là in cerca di emozioni e ti dico già che, se l’Italia non dovesse farcela, il mio cuore tiferebbe per i padroni di casa. Hai mai sentito l’intero Maracanà cantare a cappella l’inno nazionale brasiliano? Io sì e ho ancora i brividi dentro. Prandelli ce la farà? Se schiera Immobile titolare, perché no? Ciro, assieme al recupero di Pepito Rossi, potrebbe davvero essere l’arma in più per l’Italia. Immobile è fortissimo. A proposito di allenatori, tu ti ci vedi seduto su di una panchina di serie A? Lo farei solo per l’Inter, magari tra qualche anno, se sarò degno di quel ruolo. E comunque, a scanso di equivoci, nutro massima stima nei confronti di Walter Mazzarri. Pensi che con Thohir il mitizzato “muro di gomma” che ha tenuto lontano dagli ambiti societari tanti vecchi cuori interisti – penso a te, Zenga, Berti, Riccardo Ferri, e non solo – si stia poco a poco sfaldando? Chiariamo subito un punto imprescindibile: per una cosiddetta “bandiera” non è un diritto acquisito trovare a fine carriera una scrivania che l’aspetti in via Durini. D’altronde i posti societari sono quelli, non si può inventarne degli altri… Il coinvolgimento emotivo, invece, non dovrebbe mai mancare. Ecco perché quello che sta facendo Erick Thohir col progetto di Inter Forever (idea nata da Francesco Toldo atta a riunire grandi nerazzurri del passato per iniziative benefiche, NdR) mi sembra una strada giusta e sensata da seguire. L’intervista è giunta al triplice fischio finale, Beppe. Se ora chiudessi gli occhi e ripensassi per un attimo al boato di San Siro… Rivedrei un gol in particolare che ho segnato contro la Fiorentina, mi pare, nel 1990: un tiro al volo da fuori area che ha fatto venire giù lo stadio. Pare che quel giorno in tribuna Gianni Brera si levò il cappello in segno di rispetto. Niente male per un semplice terzino, no? 19 Portfolio Portfolio In questa pagina. Fumatore musulmano MY INDIAN MEMORIES di chilum, Ajmer, 1974. Nella pagina a fianco. Risciò a Kolkata, Calcutta, 1985. Un salto nel passato in un paese non ancora trasformato dal recente sviluppo economico, in cui il fascino della sua gente si fonde con la bellezza delle architetture: questa è la personale di Roberto Meazza, artista e fotoreporter milanese, classe 1947, che iniziò il suo viaggio di scoperta dell’Oriente a partire dagli anni Settanta. 36 scatti, realizzati in pellicola, in esposizione dal 15 maggio al 14 giugno presso Renzo Freschi Oriental Art di via Gesù 17, in cui l’occhio del fotografo si accompagna a quello del viaggiatore, riuscendo a raccontare in modo sensibile e profondo l’India tra il 1970 e il 1980. Foto di Roberto Meazza 20 21 Portfolio Portfolio In questa pagina dall’alto. La grande moschea di Delhi, Juma Masjid, 1976. Ragazza nella miniera di granati, Rajasthan, 1979. Nella pagina a fianco. Devozione Indù, grottadi Vishnu Vamana, Badami Karnataka, 1981. 22 23 Portfolio Portfolio In questa pagina. Ragazzo cieco che suona il flauto, 1971. Nella pagina a fianco dall’alto. Una famiglia in un villaggio del Kashmir, 1976. I cenotafi reali di Orcha, Madhya Pradesh, 1993. 24 25 FOCUS FOCUS a tutto veg Mentre l’hamburger vive la sua stagione d’oro, cresce a Milano il movimento vegetariano e vegano, con ristoranti, punti street food e bistrot tutti 100% naturale. di Filippo Spreafico 01 01. Il banco di Radicetonda. Tra le specialità del locale non mancano zuppe e vellutate, sia calde che fredde, realizzate con prodotti di stagione e a rotazione settimanale. 26 Parlando di cibo vegetariano e vegano si corre sempre il rischio di accendere polemiche che vanno oltre la normale discussione e sfiorano i limiti del gastrofanatismo. Eppure il dilagare crescente di ristoranti veg a Milano conferma quella che è una tendenza sempre più evidente: la gente vuole mangiare bene e vuole farlo in maniera sana. Superando a destra quelle che sono le motivazioni più squisitamente etiche, vegetarianismo significa essenzialmente scegliere prodotti selezionati e buoni, sia in virtù della loro origine sia per i metodi di cottura impiegati, che escludono appunto i famigerati grassi saturi di origine animale. Ma soprattutto scordiamoci insalatine e verdure bollite: oggi vegetariano significa, finalmente, anche ricerca e alta cucina. L’indirizzo di riferimento per chi vuole sperimentare una cucina veg di altissimo livello è il Joia di Pietro Leeman, primo ristorante vegetariano in Europa ad aver ottenuto una stella Michelin nel 1996. Il ristorante definisce la propria offerta come “Alta cucina naturale”, e ogni proposta è il frutto di un’attenta ricerca gastronomica: piatti come “Un sasso rotola”, “Sotto una indirizzi Joia via Panfilo Castaldi 18 Ghea via Valenza 5 Radicetonda via Lazzaro Spallanzani 16 NaBi via Cadore 41 La Susina via Lagrange 15 Misunchi via Andreoli 17 coltre colorata” e “Perseveranza” fin dal nome non fanno nulla per nascondere un’anima unica, dove rimane sottile il confine tra lo sberleffo ironico e l’attenzione, quasi metafisica, per la materia prima. Del resto divertimento e approccio spirituale sono concetti che guidano l’alta cucina del Joia: i piatti sono concepiti come giochi stimolanti, dove frutta e verdura provenienti da coltivazioni rigorosamente biologiche e biodinamiche sono trasformati in figure, colori, forme che si muovono tra consistenze sempre diverse. Ha aperto da pochi anni ma è già un punto di riferimento il ristorante vegano e vegetariano Ghea, un vero e proprio laboratorio culinario guidato dallo chef e direttore operativo Antonio Tomaselli che, paradossalmente, ha iniziato la sua carriera gastronomica nel mondo della salumeria. Dopo un lungo processo di ascolto e conoscenza del proprio essere, nasce in lui un rinnovato concetto di ristorazione, che abbraccia anche valenze etiche: oggi il ristorante Ghea, con i suoi piatti mediterranei rivisitati e impreziositi, è frutto proprio di questa consapevolezza. Reinterpretazione di ricette au- 02 toctone, percorsi crudisti, prodotti biodinamici e il più possibile a chilometro zero: com’è naturale che sia, i piatti cambiano e si evolvono in base alle stagioni, a pranzo, happy hour e cena. Radicetonda è invece una via di mezzo tra il bistrot e il piccolo fast food perfetto per la pausa pranzo: la cucina, completamente vegana, propone oltre 200 zuppe e vellutate, piatti del giorno, centrifugati di frutta e verdura, gelati senza zucchero e latte animale. La filosofia che muove il locale è tutta tesa a garantire il massimo rispetto dell’ambiente e del benessere generale: arredamenti in legno, packaging in fibra vegetale, posate, piatti e bicchieri in bioplastica biodegradabile. Tra le proposte non può non essere menzionato uno dei migliori veggie burger di Milano, realizzato con fagioli, soia e farina d’avena e con pane di pasta madre. Si muove su un terreno simile anche il ristorante NaBi – Natura Biologica, piccolo bio-bar di via Cadore che a pranzo propone alla clientela un doppio menu: vegetariano e onnivoro, ciascuno composto da pochi piatti ma diversi di giorno in giorno. Da pochi mesi il locale ha allargato la propria offerta diventando il primo ricette vegan Nato come ricettario online, oggi UNO Cookbook è un libro con ricette 100% veg, cucinate, presentate e fotografate dall’autore, Manuel Marcuccio, che rivisita la tradizione in maniera light ed etica. Oggi Marcuccio organizza anche workshop e catering, per chi vuole passare al lato veg oltre i soliti stereotipi. www.unocookbook.com burger bar milanese vegano: gli hamburger sono disponibili in diverse varianti, da quello classico di seitan alle polpette a base di tofu, ceci, lenticchie e molti altri impasti, tutti ovviamente senza uova, formaggio e altri derivati animali. Spostandoci in zona Navigli si apre il mondo color pastello di La Susina, piccolo locale che propone tantissimi frullati (senza latte ovviamente), centrifugati e succhi, ma anche panini vegetariani, sandwich integrali e vegani, yogurt di soia, piccoli piatti di legumi, vellutate, muffin di kamut e torte vegane. Pochi posti a sedere e Wi-Fi gratuito per un angolo di tranquillità. È invece una vera e propria rosticceria la gastronomia naturale Misunchi, specializzata nella preparazione e vendita di piatti pronti da consumare sul posto o da portare a casa: falafel fatti in casa, portate a base di seitan, parmigiana vegana, risi integrali ma anche moltissimi dolci, come la tanto amata Sacher torte vegana. Insomma l’ondata green non sembra arrestarsi: con l’arrivo di Expo 2015 e delle sue tematiche nutrizionali lo scenario è destinato a diventare sempre più interessante. 02. Alcune proposte vegetariane di NaBi. Solo a pranzo, nel ristorante di via Cadore, si trova anche un menu onnivoro. 27 Interview interview dario milana L’uomo dell’acqua Imprenditore, progettista e designer: Dario Milana è il nome che sta dietro agli East End Studios, uno degli events point di maggior successo a Milano, nato dal recupero delle ex officine di aeroplani Caproni. di Paola Ferrario Foto di Nicolò Lanfranchi Il tuo spiccato intuito imprenditoriale ti ha portato a creare nel 1995 gli East End Studios. Come è nato questo progetto? L’idea è nata in modo assolutamente casuale, come conseguenza della mia attività di realizzazione di allestimenti fieristici. Ho iniziato nel 1964 con la creazione di strutture di piccole dimensioni. Poi, con il passare del tempo, sono arrivato a occuparmi della progettazione di alcune fiere. Per poter mostrare ai potenziali clienti questi allestimenti, era indispensabile campionare aree-prototipo di 200/300 mq. Da questa necessità, è nata l’dea di acquisire un capannone all’interno della ex fabbrica di aeroplani Caproni di via Mecenate a Milano. Come si è arrivati a far diventare quest’area un events point? Dante Benini, mio carissimo amico nonché grande progettista e architetto, rimase colpito dall’energia che sprigionava questo posto e mi chiese, come regalo di compleanno, lo spazio per fare una festa. L’evento fu un successo e iniziarono ad arrivarmi diverse richieste per la sua locazione. A quel punto, bisognava dargli un’identificazione più precisa e decisi di chiamarlo “Spazio Antologico”, che significa spazio di selezione. Le richieste aumentarono sempre di più e arrivarono le grandi produzioni televisive quali Mediaset e Rai, quindi fui costretto a prendere altri capannoni per esporre le mie campionature per le fiere. Quante location avete ora? Attualmente abbiamo una superficie di circa 11.000 mq suddivisa in sei lo28 cation, di cui una è dedicata da anni al Centro di Produzione Rai di Milano. Qual è stato il rapporto architettonico con gli ambienti delle ex Officine Caproni? Il grande artefice del recupero e la susseguente trasformazione di questi spazi è l’architetto, ingegnere e docente universitario Marek Piotrowski, che è riuscito a mantenere inalterato il loro DNA. Ha fatto in modo che emergesse l’energia originaria delle costruzioni. Da anni conduci anche un’importante ricerca artistica con l’acronimo DTAO (D = Dario, TAO = la filosofia cinese). Ci racconteresti questo tuo percorso? Alla base delle mie opere e delle mie installazioni c’è stato un incendio i cui resti mi avevano colpito per l’energia che continuavano a emanare nonostante fossero distrutti. Ne ho salvati una buona parte e li ho lasciati latenti per un po’ perché, malgrado la loro bellezza intrinseca, sarebbe stato banale posizionarli semplicemente su un pannello di legno. Dopo un po’ di tempo c’è stato un altro evento negativo: alcuni pannelli si sono rovinati in seguito a un processo di verniciatura sbagliato. I pezzi recuperati dall’incendio insieme ai pannelli che avevano subito lo shock termico, hanno rappresentato la base per le mie opere: è bastato abbinarli e sono nati gli “Scuadri”, gigantesche installazioni in legno, resine combuste e lamiere bruciate. All’inizio li tenevo nei miei spazi poi, mi sono accorto che coloro che frequentavano gli East End Studios si soffermavano a osservarle; a quel punto mi sono incuriosito e ho chiesto loro perché: la risposta fu che “emanavano delle sensazioni”. Così è nato il mio percorso artistico, nel 2009 ho creato la prima opera in metallo di 1000 mq Kkann – L’acqua, la cascata con cui ho partecipato al Fuorisalone nell’ambito dell’evento organizzato da Interni presso l’Università Statale di Milano. A giugno ho portato Kkann – L’acqua, la cascata alla 53° Biennale D’Arte di Venezia. Poi, a novembre dello stesso anno, in occasione di Plaza, la collettiva di artisti in ricordo della caduta del muro di Berlino, ho realizzato l’installazione monumentale Freedom Dtao nel cortile interno di Palazzo Reale. La tua vita è segnata anche dal Tai Chi Chuan, che ha influenzato la tua arte... Pratico alcune discipline orientali tra cui lo yoga da 55 anni e sono arrivato al Tai Chi Chuan 20 anni fa. C’è un filo conduttore tra loro e la mia arte: l’acqua (non a caso la mia prima opera è stata Kkann). È l’elemento più forte in assoluto, la vita nasce nell’acqua, il nostro corpo è costituito per il 95% dall’acqua, è importante essere e comportarci come l’acqua. Se sei come l’acqua, sei forte ma con dolcezza e nella vita e nel lavoro tutto è molto più semplice. Milano sta cambiando il suo aspetto architettonico. Cosa ne pensi? Milano è una città bellissima con palazzi fantastici. Mi piace il nuovo corso architettonico che sta vivendo perché anche se per ultimi a livello temporale, siamo finalmente diventati una metropoli! 29 FOCUS FOCUS Libri in quartiere I librai, specie quelli di quartiere, non hanno dubbi: “Anche se resta un azzardo, è uno dei mestieri più belli del mondo”. Tutti mirano a risvegliare con passione il gusto per la pagina scritta: perché poi i libri, “se sono buoni, fanno aprire altri libri”. di Marilena Roncarà 01 01. Incontri e contaminazione tra arte e libri: ecco in sintesi la Libreria Corraini 121+, che negli spazi di via Savona offre una selezione della migliore editoria internazionale in fatto di design, arte, moda, fotografia, illustrazione, grafica, architettura e cucina. 30 “Il mondo è grande e bello, ma è molto offeso. Perché tutti soffrono ognuno per se stesso”. A questa suggestione di Elio Vittorini deve il nome la Libreria del Mondo Offeso, prima tappa di un viaggio perlustrativo attraverso le librerie di quartiere meneghine. Anche se poi, altri motivi per la presunta “offesa del mondo” si recuperano facilmente passando in rassegna i dati annuali sui lettori in Italia: nel 2013 sono scesi dal 46 al 43 per cento, mentre la fascia d’età in cui si legge di più è quella tra gli 11 e i 14 anni. Stando ai numeri, pare infatti che leggere ci costi oggi quasi la stessa fatica che mettersi a lavorare in hangover la domenica mattina. Tuttavia la ricetta per curare il mondo offeso di certo l’hanno trovata nell’omonima libreria di via Cesariano, dove basta entrare per capire come i libri riescano a mettere in moto incontri, pensieri e immaginazione. E se sopraggiunge un languorino, niente paura: si può soddisfare grazie all’angolo caffetteria-bistrot, attivo con proposte a km zero per colazione, pranzo cena o aperitivo. Al 101 di via Savona si trova invece la Gogol & sul web www.libreriadelmondooffeso.it www.gogolandcompany.com www.hellisbook.it www.6rosso.it www.libreriadellospettacolo.it www.corraini.com www.libreriadiquartiere.it Company, che altro non è se non la realizzazione del sogno decennale di un gruppo di amici, e scusate se è poco. “Volevamo aprire una libreria – ci spiega Danilo, uno dei fondatori – dove si potesse trascorrere del tempo e magari tornare”. E in effetti alla Gogol & Company, che già dal nome dichiara il proprio tributo alla mitica Shakespeare and Company di Parigi, si può prendere un caffè, mangiare, fermarsi a leggere o a lavorare sfruttando il Wi-Fi. “È uno spazio che ha nello slow food e nella letteratura slow (lavoriamo solo con cataloghi indipendenti), i due cardini fondanti”. E l’idea era di quelle buone, dato che in breve la libreria (aperta tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 9 alle 22) è diventata un “presidio culturale e sociale del quartiere, una sorta di polmone che non smette mai di respirare”. È cominciata appena due anni fa, invece, l’avventura di Hellisbook, in via Piero della Francesca e tutto grazie a Elisabetta. Una laurea in farmacia, esperienze lavorative in tutt’altri ambiti e un’idea fissa da sperimentare circa il potere medicamentoso dei libri, che sono insieme “medita- libri su strada “Volevo essere un pirata, fare qualcosa di eccentrico che rendesse la misura della stasi”. Parla così Filippo Nicosia, il giovane libraio siciliano che ha deciso di promuovere la lettura attraversando la Sicilia con un furgone carico di libri. Qualche mese fa Pianissimo, la sua libreria itinerante, è arrivata anche a Milano e nonostante la disavventura che ha visto il furgoncino sparire e poi ricomparire nel giro di 24 ore, il viaggio ha poi ripreso il suo corso ed è diventato (manco a dirlo) pure un libro. www.pianissimolibrisullastrada.it zione e socialità”. Da qui l’esigenza di diventare un riferimento per il quartiere e a sentir snocciolare le iniziative organizzate, viene da pensare che la missione si stia compiendo al meglio. Un indubbio riferimento per la zona, in via Albertini, in piena Chinatown, è senza dubbio anche la libreria 6 Rosso, che tra le varie proposte seleziona libri e pubblicazioni in cinese per grandi e piccoli. Non è proprio di quartiere, ma è senz’altro una libreria indipendente dove mettere il naso almeno una volta, quella dello Spettacolo di via Terraggio. “La libreria è una passione e una follia”, racconta Maria Cristina, la proprietaria, che è già uno spettacolo di per sé quanto a passione, cura e aneddoti, come quello del mancato riconoscimento del regista François Truffaut. La sua è una delle prime librerie specializzate: “35 anni fa non esisteva nulla del genere – sottolinea – ma io ho fatto di testa mia e ho seguito il consiglio di Franco Parenti che mi diceva: devi solo insistere. Guarda me, ho una voce bruttissima, ma volevo fare l’attore, ho insistito e ci sono riuscito. E così è stato. Certo economicamente è 02 quasi un’utopia, ma il lavoro è molto gratificante”. Della stessa idea, quanto a gratificazione, devono essere anche i Corraini, che da 40 anni gestiscono librerie, tra cui quella al 17/5 di via Savona, dove le proposte spaziano tra design, arte e illustrazione. Altrettanto ricercati sono i libri proposti da 10 Corso Como, che quest’anno, secondo una classifica della BBC, è entrata a far parte delle 10 librerie più belle del mondo. Ma queste sono altre storie. Per tornare al nostro viaggio, invece, non potevamo che chiuderlo con la (di nome e di fatto) Libreria di Quartiere di viale Piceno 1, aperta nel 2013 da Marco e Gianluca, già librai da una vita. “Volevamo recuperare il concetto di libraio vecchio stile fatto di consigli e prenotazioni, ma anche di efficienza e velocità tecnologica”, ci confessa Gianluca, che però subito dopo precisa: “E comunque vale tutto, da Amazon, al megastore, al supermercato (anche se questo lo dice con un po’ di morte nel cuore, si capisce, NdR). L’importante è che si legga, perché una società di persone che legge, è migliore di una di non lettori”. Non ci sono scuse. 02. Tra gli eventi organizzati dalla libreria Gogol & Company (nella foto), segnaliamo per settembre una due giorni di Minestival sul Messico degli anni 20 intorno alle figure di Frida Kahlo e Tina Modotti. Introduce Pino Cacucci. 31 Interview interview paolo mereghetti La cover dell’ultima Un cinefilo “ecumenico” edizione del Il critico cinematografico del Corriere della Sera ci parla della sua Milano ma anche di Cannes. Padre dell’omonimo e arcinoto Dizionario dei Film, di cui è da poco uscita l’edizione aggiornata, racconta come cambia il giudizio su una pellicola negli anni. nel lontano 1993. “Mereghetti”. Il primo volume fu pubblicato da Baldini & Castoldi di Simone Zeni Il suo è un cognome tipicamente milanese. Che rapporto ha con questa città? Ci sono nato e ci vivo e non sarei capace di farne a meno. Certo, ci vedo anche i limiti e i difetti – usando un eufemismo direi che la vita culturale di questo nuovo millennio fa molto rimpiangere quella degli anni Sessanta o Settanta, quando cominciavo a scoprire il cinema e il teatro – però ogni tanto arriva qualche segnale di rinascita. Come l’imprenditore privato che ha deciso di pagare di tasca propria la possibilità che quest’anno si potesse fare ancora una volta la rassegna Cannes a Milano, visto che l’assessorato alla cultura della Provincia aveva deciso di non finanziarlo. C’è un quartiere o un luogo della città che preferisce? Vivo tra le colonne di San Lorenzo e Corso Genova e quel quartiere mi piace moltissimo: c’è ancora una vita a misura d’uomo, dove si saluta il macellaio e ci si ritrova al bar per il caffè della mattina. Mi dà l’impressione di vivere in un piccolo villaggio e la cosa mi mette molto a mio agio. Parliamo del Festival di Cannes: quali sono le pellicole della rassegna che ritiene più interessanti? Il concorso ha proposto una serie di nomi che di solito sono garanzia di buon cinema: i fratelli Dardenne, Mike Leigh, Cronenberg, Assayas. Mi hanno incuriosito The Search di Hazanavicius – che è una specie di remake di Odissea Tragica di Zinnemann, che ho amato tantissimo – ma anche il film di Bennett Miller. Naturalmente ho tifato per Alice Rohrwacher. 32 Nicole Kidman, al festival con il film Grace di Monaco, non è stata che una delle numerose protagoniste di questa edizione. Anche l’Italia ha partecipato con due donne: oltre ad Alice Rohrwacher e il suo Le meraviglie – che nel cast vede la sorella Alba e Monica Bellucci – per cui ha dichiarato di aver tifato, c’era Asia Argento, presente nella sezione Un certain regard con il suo Incompresa. Cosa pensa delle due registe? Come vede il panorama cinematografico italiano femminile? Penso che Alice Rohrwacher sia una bella certezza per il cinema italiano, anche se ha diretto solo due lungometraggi. Ha una sensibilità, una delicatezza ma anche una lucidità, davvero esemplari. Asia Argento è più altalenante, a volte convince, altre meno. In ogni caso non mi sembra che «l’altra parte del cielo» cinematografico stia attraversando un grande periodo. Ne abbiamo di registe donne: le Comencini, l’Archibugi, la De Lillo, Valia Santelle, Maria Sole Tognazzi per fare solo qualche nome, ma sono sempre viste un po’ come “eccezioni”, mosche bianche. Fanno fatica a essere considerate senza connotazioni di genere. È recentemente uscito Il Mereghetti. Dizionario dei film 2014, il celebre volume che porta il suo nome edito da Baldini & Castoldi, che molti estimatori attendono con devozione. La nuova edizione aggiornata conta tre volumi e ventottomila schede. Tra i nuovi film inseriti, quale l’ha particolarmente colpita? Penso di aver fatto un lavoro interessante soprattutto per quanto riguarda i documentari, anche quelli del passato, o sui corti degli autori più famosi. Così come l’inizio di un lavoro di recupero di cinematografie poco frequentate in Italia, come l’indiana o la giapponese. Ma non posso dire di essere interessato più da questo o dal quel film: la mia ambizione è di essere il più ecumenico possibile. Ci sono anche ben 416 pellicole a quattro stelle. Tra queste, ce ne sono alcune che nelle edizioni precedenti contavano un numero inferiore di stelle, quali sono quelli che ha ritenuto indispensabile “promuovere”? Per esempio alcuni film dei Coen o Le quattro verità di Frammartino o, tornando più indietro, Tutti a casa di Comencini e L’esorcista di Friedkin. Più aumenta la distanza dalla prima visione più si capiscono i meriti o i difetti dei film. Posso già aggiungere che nella prossima edizione saliranno a quattro stelle film come Narciso nero di Powell e Pressburger o Una donna sotto influenza di Cassavetes. E le revisioni non finiranno qui. E che ci dice de La Grande Bellezza? Mi sembra un film sopravvalutato, con delle belle intuizioni visive, alcuni personaggi che si stagliano nella memoria – penso soprattutto alla Ramona di Sabrina Ferilli – ma anche una sceneggiatura a tratti ridondante, con dialoghi compiaciuti di sé. E l’Oscar ha innescato un tifo che ormai impedisce ogni seria valutazione critica. Io personalmente preferisco di gran lunga Il divo. Tra tutti i film ambientati nel capoluogo meneghino, ce n’è uno che più degli altri è rimasto nel suo cuore? Decisamente La vita agra di Carlo Lizzani. 33 Porsche consiglia Porsche consiglia Consumi ciclo combinato: da 9,2 a 6,1 l/100 km. Emissioni CO2: da 216 a 159 g/km. www.milano.porsche.it Forse non ricordi quando hai smesso di sognare. Ma oggi ricomincerai. Nuova Macan. Life, intensified. Scoprila ai Centri Porsche di Milano. Centro Porsche Milano Nord Porsche Haus srl - Concessionario Porsche Via Stephenson 53, Milano Tel. 02 3560911 Centro Porsche Milano Est Porsche Haus srl - Concessionario Porsche Via Rubattino 94, Milano Tel. 02 21080000 FOCUS FOCUS Cene in affitto Ville, palazzi signorili e loft che strizzano l’occhio al design più ricercato sono i nuovi antagonisti dei ristoranti. Da Milano a Roma, la nuova tendenza è quella di cenare nelle case più spettacolari di famiglie blasonate e di jetsetter da cui imparare qualcosa. Galateo in primis. di Camilla Sernagiotto 02 sul web grandtourshopping.com mahksc.it twitter.com/CasadeiDemoni 01 01. La tavola imbandita della cucina segreta di Ma’ Hidden Kitchen, uno dei nomi diventati cult della scena gastronomico-sociale targata Milano. Foto di Dennis Valle. 36 Sulla scia di quella Dolce Vita immortalata da La Grande Bellezza, l’alta borghesia e quel che rimane dell’aristocrazia sono diventate le protagoniste delle serate à la page di Milano e Roma. Prendendo spunto dalla scena di Sorrentino del custode che possiede le chiavi dei più bei palazzi capitolini, i proprietari dei suddetti hanno pensato di aprire i battenti e accogliere ospiti d’alto rango in occasione d’insolite cene. Insolite poiché gli invitati non conoscono gli anfitrioni e viceversa. Anche senza essere inseriti nel giro delle famiglie blasonate, oggi è possibile fare interessanti esperienze prandiali in casa di sconosciuti con una chiave che è un passepartout: il web. Rimanendo nella Città eterna, una garanzia di qualità è il sito Grand Tour Shopping di Eleonora Attolico, giornalista di moda che ha deciso di prestare la sua conoscenza nel campo della lifestyle romana offrendosi come personal cicerone. Oltre ad accompagnare i clienti nelle migliori boutique, Eleonora li invita a visitare il suo Palazzo (una dimora storica del XVII secolo dietro Piazza Navo- na), li trattiene per una cena à la Jep Gambardella oppure organizza party casalinghi da amici altolocati per una serata ancora più esclusiva. A Milano, invece, i proprietari di casa non imbandiscono mai le tavole degli altrui appartamenti per ricevere i banchettanti: lo fanno solamente con le proprie. Altra caratteristica sine qua non: gli indirizzi sono rigorosamente nascosti. Nel caso di Ma’ Hidden Kitchen, l’occultamento di via e numero civico è stato messo addirittura a titolo. Si tratta del progetto di Melissa e Lele che da mesi porta nel loro loft squisitamente vintage decine di amanti delle esperienze alternative. Il nome di questo ritrovo segreto unisce il Ma’, che starebbe per l’abbreviazione di mamma (per rendere l’idea dell’ambiente familiare e casalingo in cui ci si ritroverà), e la locuzione “Hidden Kitchen”, letteralmente “cucina nascosta”. “L’indirizzo lo riveliamo solo a pochi giorni dalla cena, esclusivamente a chi ha avuto la fortuna di prenotare e trovare posto”, spiega Melissa. L’idea nacque durante una vacanza a San Franci- sco in cui lei e il coinquilino erano alla ricerca di un ristorante specializzato in soul food. Cercando online si sono ritrovati a cenare a Oakland insieme a dieci sconosciuti nel garage di una famiglia creola. “La serata ci è piaciuta tantissimo e abbiamo pensato che anche Milano avesse bisogno di un posto così. Qui c’è l’esigenza di passare una serata al di fuori dei soliti circuiti, uscendo dai ritmi e dagli schemi della Milano da bere”. Anche la voglia di conoscere persone nuove e il brivido di vivere un’esperienza insolita, quasi un appuntamento al buio, gioca un ruolo chiave, come ci spiega Lele: “Non è solo il cibo che conta, ma anche l’evento sociale, il ritrovarsi seduti con persone mai viste condividendo lo stesso menù intorno a un unico tavolo da dieci posti in una location particolare e accogliente”. Il loft dove si svolgono le serate è un crogiuolo di stili e decenni, con una spiccata propensione per il design degli anni Cinquanta e Sessanta ben testimoniata da pezzi di modernariato acquistati ad aste e mercatini dell’usato. Di tutt’altra pasta (e vino, e arredamento) è invece La casa dei Demoni di Oliviero Leti, PR meneghino che apre i battenti del suo lussuoso appartamento in un edificio del Settecento a un pubblico accuratamente selezionato. Al posto della cucina casereccia in cartellone da Ma’ Hidden Kitchen, qui i palati sopraffini potranno raggiungere l’estasi con cene gourmet accompagnate da chiacchiere da dandy. E mentre Melissa e Lele avvisano i propri convitati di portare una bottiglia di vino, come si farebbe a casa di amici, La casa dei Demoni propone una carta enologica prezzolata, con etichette che arrivano direttamente dalla cantina di Leti. Se champagne da capogiro, cristalli Baccarat, boiserie di Hermès e arredi Napoleone III sono pane per i vostri denti, questa è l’esperienza che fa per voi. Chi preferisce invece un ambiente più easy, casual e familiare, si procuri un buon vino rosso e alle 20.30 si presenti puntualissimo all’indirizzo. Non ritardate perché la Ma’ di Hidden Kitchen potrebbe rispondervi con il tipico rimprovero materno: questa casa non è un albergo! Anzi: non è un ristorante. 02. Cucina casereccia e arredamento anni Cinquanta rendono le cene di Ma’ Hidden Kitchen delle vere madeleine proustiane: sembra di tornare bambini a casa della nonna. Ma qui ricordatevi di portare con voi una bottiglia di vino. Foto di Dennis Valle. 37 tennis spring/summer 2015 PREMIUM INTERNATIONAl FAShION TR AdE ShOw PREMIUM ORdER MUNICh JuL 8–10 AuG 9–12 STATION-Berlin MOC Munich www.premiumexhibitions.com Match point Terra rossa, sintetico o erba? Gli appassionati della racchetta avranno un maggio-giugno molto impegnativi, da passare sugli spalti o incollati davanti ai televisori: si inizia con gli Internazionali di Tennis a Roma, sarà poi la volta del parigino Roland Garros, raggiungendo l’apice con lo storico Torneo di Wimbledon. E per i nuovi talenti di questo sport l’appuntamento è invece a Milano con il Trofeo Bonfiglio, vera fucina di campioni internazionali. illustrazione di Luca Yety Battaglia 39 tennis equipment tennis equipment Tie-break Tutto quello che serve per presentarsi in campo impeccabili, sino all’ultima volée. Lotto Visiera regolabile in cotone con logo ricamato e interno in spugna. www.lottosport.com Fila Shorts della linea disegnata da Ginny Hilfiger realizzati in twill di poliestere e profili a contrasto. www.fila.com LO STILE... DI UNA VOLTA Sergio Tacchini Nato come sport di élite alla fine del XIX secolo, il tennis è stato sino dai sui albori sinonimo di classe ed eleganza. Quando i match si vincevano con colpi dalla maestria impeccabile e nessun campione si sarebbe sognato di impugnare la racchetta con due mani! Polo Young Line della linea Heritage, collezione che si rifà fedelmente ai capi originali degli anni Ottanta. www.sergiotacchini.com Nike di Luigi Bruzzone La Zoom Vapor 9.5 Tour assicura aderenza su tutte le superfici e un’ammortizzazione ultrareattiva. www.nike.com René Lacoste in azione agli internazionali di Francia di Saint Cloud. 40 Il tennis ha origini antichissime e deriva per linea diretta dalla pallacorda. Ufficialmente nasce in Inghilterra alla fine del XIX secolo quando venne steso il primo regolamento del gioco. Proprio in quegli anni si iniziarono a giocare le prime sfide tra professionisti e si organizzarono regolarmente tornei. Wimbledon, il più antico e prestigioso evento del tennis, si disputò per la prima volta nel 1877 sui prati del circolo All England Lawn Tennis and Croquet Club in Warple Road. Mostri sacri come Bill Tilden e Renè Lacoste si aggiudicarono diverse volte il torneo anche se i re indiscussi di Wimbledon sono stati, con sette vittorie ciascuno, William Renshaw, pioniere di questo sport e più grande tennista britannico, il mitico Pete Sampras e Roger Federer. Lo svizzero conserva del tennis vecchio stile l’eleganza nei gesti, è infatti uno dei pochi tennisti in attività a giocare un colpo di diritto tecnicamente impeccabile ed è l’ultimo paladino del rovescio a una mano. Negli ultimi trent’anni lo sviluppo di racchette sempre più leggere e capaci di rendere più facile l’esecuzione dei colpi ha fatto del tennis uno sport di potenza oltre che di precisione e forza mentale. Björn Borg e Jimmy Connors furono tra i primi tennisti a giocare il rovescio a due mani ed arrivare ai vertici del ranking negli anni Settanta. Connors in particolare fu anche il primo attaccante da fondocampo, precursore del modo di giocare il tennis dei nostri giorni. Suo degno erede André Agassi, capace di affermarsi tra gli anni Ottanta e Novanta non solo con la presa bimane e il gioco asfissiante dalla linea di fondo, ma anche con outfit “sopra le righe” che innovarono in modo irreversibile il look dei tennisti. Anche in questo Federer si distingue per eleganza, presentandosi sempre in campo con uno stile inimitabile nella divisa oltre che nel gioco. Lacoste Sweatshirt full zip con cappuccio realizzata in felpa garzata e cotone. www.lacoste.com Tretorn Palla da tennis Serie +, dotata di tecnologia Tri-Tec offre un controllo ottimo e prestazioni costanti. it.tretorn.com Wilson Adidas Borsone impermeabile dotato di larghi comparti Polsini da tennis piccoli, in spugna con logo Head Racchetta Graphene Prestige REV Pro consente per accogliere racchette, scarpe e abbigliamento. ricamato. precisione e potenza ottimali. www.wilson.com www.adidas.it www.head.com 41 tennis tennis La Prima Tappa Gli Internazionali d’Italia Juniores rappresentano per le promesse del tennis mondiale un’occasione irrinunciabile per mettersi in mostra prima di passare al professionismo. Per il pubblico, invece, sono l’imperdibile opportunità di vedere in azione – gratis – i futuri top ten di WTA e ATP. di Enrico S. Benincasa 03 la davis degli avvocati Il 7 aprile si è svolto l’atto finale della 2nda edizione della “Prata & Mastrale Lawyers’ Tennis Cup” sul campo centrale del TCM Bonacossa. L’evento, che vedeva 24 studi legali di Milano e Genova sfidarsi con la formula due singolari – un doppio, ha visto trionfare lo Studio Cristofanini e associati del capoluogo ligure. www.lawyerstenniscup.it 03 01 01. Giovani promesse sul campo centrale del Tennis Club Milano Alberto Bonaccossa durante l’edizione 2013 del Bonfiglio. 42 Che il Tennis Club Milano Alberto Bonacossa sia la prima tappa su cui costruire una carriera nel mondo dei pro della racchetta, lo dice la storia. Qui si svolgono da sempre gli Internazionali d’Italia Juniores, torneo Grade A della ITF che assegna il Trofeo Bonfiglio. L’albo d’oro della manifestazione ne è un esempio: comprende ex numeri uno del mondo come Ivan Lendl, Jim Courier e Yevgeny Kafelnikov, ma anche top ten come Goran Ivanisevic, Nicolas Almagro e Gabriela Sabatini. Se allarghiamo la ricerca ai partecipanti, è raro non trovare i nomi dei migliori tennisti degli ultimi trent’anni: praticamente tutti, quando non erano ancora maggiorenni, sono passati sui campi di via Arimondi. Tanti, come per esempio Edberg, Federer o Murray, sono riusciti a superare solo pochi turni prima di arrendersi ad avversari che non hanno certo scritto una pagina di storia della racchetta, per poi rifarsi con gli interessi una volta diventati pro. Quel che è certo è che il nomignolo di quinto Slam junior il Trofeo Bonfiglio non ce l’ha per caso: da decenni, ormai, parteciparvi è quasi obbligatorio per tutti i giovani talenti che sperano di fare il grande salto. Per molti è proprio l’occasione per mettersi in mostra, come ha fatto l’anno scorso Belinda Bencic: per la tennista svizzera, classe ’97, la vittoria dell’edizione 2013 è stata una sorta di trampolino, che l’ha portata di lì a poco a conquistare anche Roland Garros e Wimbledon in versione junior. Chi l’ha potuta ammirare sulla terra rossa milanese, non si sarà stupito più di tanto del fatto che si è già ritagliata un posto tra le prime 100 tenniste del mondo, inanellando anche qualche vittoria con colleghe illustri come Sara Errani. Ai più attenti degli ultimi anni non sarà passato inosservato il talento di Dominic Thiem: semifinali nel 2010 e quarti nel 2011, è oggi uno dei giovani più interessanti a ridosso dei top 50, capace in questo 2014 di battere niente meno che Stanislav Wawrinka. Due casi non di certo isolati, che dimostrano come l’opportunità di assistere gratis alle partite di que- sto torneo sin dai primi turni sia da prendere al volo, soprattutto per gli appassionati. La 55esima edizione che sta per iniziare avrà pochi protagonisti italiani in campo maschile, ma tra essi c’è un pretendente al titolo. Si tratta di Filippo Baldi, che proverà a ripetere il cammino fatto da Quinzi nel 2012. Sulla sua strada non mancheranno ostacoli come il belga Geens e il russo Rublev, entrambi con già esperienze nel circuito pro, ma dovrà guardarsi anche dallo spagnolo Munar Clar, dal brasiliano Luz (testa di serie numero 1) e dal coreano Lee, giocatore non udente dalla nascita che sta dimostrando come l’handicap non lo condizioni sul campo. Occhio anche ad Andrea Pellegrino, altro italiano in tabellone di appena 16 anni e fresco vincitore del Torneo Avvenire. In campo femminile, per la finalista dell’anno scorso Darya Kasazkina non ci può essere altro obiettivo che la vittoria. I pericoli arriveranno dall’est – Schmiedlova, Bolsova Zadoinov e Ostapenko su tutte – ma anche da ovest. La testa di serie numero 1, infatti, è Tornado Alicia Black, 16enne di Boca Raton che ha già fatto parlare di sé non solo per il nome – preparatevi mentalmente anche per la sua sorellina Hurrycane, anch’essa tennista, miglior 12enne a livello USA – ma per i risultati tra i junior (finale ultimi US Open) e i pro (ha già vinto un torneo ITF). Come dicevamo, non c’è modo migliore che seguire il Trofeo Bonfiglio dagli spalti: si comincia il 17 maggio, mentre la finale sarà il 25 sul campo centrale di via Arimondi. Per chi non potrà essere a Milano, è possibile rimanere aggiornati sui risultati del torneo tramite la app Tennis Ticker e il sito www.tcmbonacossa.it. In televisione gli internazionali d’Italia Juniores saranno su SuperTennis Tv (canale 64 del digitale terrestre e 224 di Sky), con diretta dei match di sabato e domenica. Sui social, invece, l’hashtag ufficiale #TrofeoBonfiglio vi permetterà di non perdere nessun aggiornamento, foto o commento su quello che succede nei match tra i campioni di domani. 02. Belinda Bencic, tennista svizzera vincitrice nel 2013. 03. Filippo Baldi, classe ‘96, punta quest’anno alla vittoria finale. 43 style style Exotic shirts La stampa estiva per eccellenza? Eccentrica, a fiori d’ispirazione tropicale. persol Occhiale da sole “il Gangster” della capsule collection Noir Edition. Henry Cottons Ami Antony Morato Camicia in cotone con collo francese. Camicia button-down in lino e cotone. Camicia in cotone con stampa floreale. www.henrycottons.it www.amiparis.fr www.morato.it Island Eaton Paul Smith Jeans Camicia in cotone con stampa floreale. Camicia in popeline di cotone con collo stondato. Camicia in cotone con stampa floreale. www.giemmebrandscorporate.com www.etonshirts.com www.paulsmith.co.uk Pepe Jeans London Liberty London Replay Camicia in cotone con stampa a foglie di palma. Camicia button-down in cotone stampato. Camicia in cotone con stampa tropical. www.pepejeans.com www.liberty.co.uk www.replay.it herno Blazer in nylon tecnico, ideale per le temperature di mezza stagione. berwich Pantaloni di cotone con tasche profilate e risvolto in fantasia tartan. jungle in the city superga Sneakers in tela di cotone e suola in gomma effetto used. La collezione Prada uomo primavera estate 2014 gioca sul cliché esotico. Un paradiso tropicale ma dall’aspetto minaccioso e un po’ inquietante, che evoca atmosfere hawaiane alla vigilia dell’attacco a Pearl Harbor. di Luigi Bruzzone 44 45 style style Flavio Abati Sportswear d’élite Come destreggiarsi nel difficile mercato dell’abbigliamento casual e sportivo in tempi di crisi? Ce lo spiega Flavio Abati, fondatore e presidente di Indas Srl, che punta tutto sul marchio Etiqueta Negra per conquistare i mercati emergenti. di Giuliano Deidda Foto di Matteo Brogi La storia di Flavio Abati, fondatore e presidente della Indas Srl di Medolago (BG), è quella di un imprenditore consapevole e attento. Da quando trasformò nel 1978 il Gruppo Tessile Abati in azienda specializzata nella produzione di maglia e tessuti di spugna, fino a farla diventare oggi leader nella produzione di sportswear, Abati ha affrontato una sfida dopo l’altra. È alla Indas, per esempio, che si deve l’esplosione globale di La Martina negli anni duemila. Uno degli effetti collaterali è stato anche quello di aver fatto diventare trendy una delle passioni dello stesso imprenditore, il polo. Non stupisce, dunque, che il passo successivo, Etiqueta Negra Polo & Sportswear, l’attuale brand di punta dell’azienda, sia anch’esso legato a quel mondo anche se con parecchie differenze. Indas è tradizionalmente indirizzata allo sportswear di alto livello. Come è cambiato questo segmento e il mercato dall’esordio di Etiqueta Negra? Il mercato è completamente diverso in generale. L’Italia, la Francia e la Spagna, nostri paesi di riferimento, stanno subendo una crisi dall’evoluzione incerta. La conseguenza immediata è che gli utenti fanno molta più attenzione a quello che spendono. Questo ci ha sicuramente penalizzato, ma anche stimolato a guardare a nuove possibilità, per esempio in Medio Oriente e in Russia. A questo proposito, voi avete sempre puntato molto sull’Europa, ma ultimamente vi state indirizzando verso nuovi mercati. Come cambiano le strategie, sia in termini di comunicazione che di retail? 46 Sicuramente stiamo lavorando per rafforzare il marchio Etiqueta Negra attraverso l’apertura di flagship store, sia nel nostro paese, che in Europa. L’ultimo monomarca è stato inaugurato a Zurigo, perché la Svizzera è un mercato molto interessante, mentre nel secondo semestre dell’anno sono previste nuove aperture in Germania, in Kuwait e negli Emirati Arabi. Stiamo anche prendendo accordi con un partner commerciale importante in Russia, ma non posso dire di più. Sicuramente continuiamo a proporre prodotti di alto livello, per un target appropriato, l’unica differenza è che ci stiamo concentrando su nuovi mercati. Con la collezione primavera estate 2015, che presenteremo al prossimo Pitti Uomo, aspiriamo a entrare in modo massiccio anche in Estremo Oriente, grazie a nuove partnership con grossi distributori locali. India, Cina e Giappone sono delle realtà diverse dall’Europa dal punto di vista del modo di fare shopping, nelle quali è fondamentale la presenza nei mall giusti per il brand. Quindi abbandonerete progressivamente l’Europa? Assolutamente no. La presenza di boutique monomarca in location chiave è essenziale per l’immagine del brand. Prendiamo ad esempio il negozio di Milano, nella perfetta cornice di via de Tocqueville, in un’area pedonale frequentatissima. Funziona benissimo, sotto tutti i punti di vista, attirando sia chi abita in città sia turisti. Per questi motivi la prossima apertura sarà a Mègeve in Francia, e stiamo facendo delle ricerche su Parigi. Qual è la storia di Etiqueta Negra? Il marchio ha origini argentine, ovviamente legate al polo. Abbiamo acquisti la licenza per l’Europa e l’Asia e abbiamo creato la prima collezione nella primavera estate 2010. Mentre chi gestisce il marchio in America realizza un prodotto molto classico, noi abbiamo deciso di puntare su quello che facciamo meglio, uno sportswear cittadino di alto livello, per quegli uomini adulti che amano uno stile di vita raffinato ma non formale. L’eleganza e la discrezione sono alla base dello stile dinamico e contemporaneo di Etiqueta Negra. L’ispirazione arriva da mondi che conosciamo e di cui siamo appassionati, il polo, naturalmente, e le competizioni di auto d’epoca. Si tratta in entrambi i casi di sport considerati d’elite, nei quali il concetto di stile include la sana competizione e il fair play. In entrambi i campi potete vantare delle partnership importanti. Ci sono novità all’orizzonte, da questo punto di vista? Per quanto riguarda il polo, Etiqueta Negra è lo sponsor ufficiale dell’Ellerstina, il team più forte al mondo, ma è nel mondo automobilistico che stiamo investendo di più. Siamo infatti coinvolti in tutti i principali eventi mondiali legati alle auto storiche, primo tra tutti il Gran Premio Nuvolari del quale siamo official sponsor. Inoltre, da tre anni vestiamo il team Audi al Campionato Italiano GT 3, mentre sono in corso delle trattative con dei piloti di Formula 1, per cui tra breve Etiqueta Negra potrebbe apparire su nuovi importanti circuiti. 47 design design Design per uomini Piero Lissoni ha affermato che la nuova cucina in legno e acciaio “è diventata uno spazio per gli uomini”. Sarà vero? Moroso - Double Table Tavolo + tavolo = doppio tavolo. È la semplice equazione usata dal designer Jörg Schellmann per creare un tavolo in legno e metallo. www.moroso.it Riva 1920 - Temperino Un “fuori scala”, pensato da Alessandro Guidolin, uno sgabello/ Design double face panca in legno di cedro profumato con elementi decorativi in metallo. www.riva1920.it Caldo e freddo, liscio e ruvido, morbido e duro. Una delle nuove tendenze del design è dettata dal contrasto tra due materiali, il legno e il metallo, dalla natura e dalla sostanza completamente differenti. di Davide Rota Open è la nuova cucina progettata dall’architetto Piero Lissoni per Boffi. Un monoblocco in acciaio con zona cottura, lavaggio, tagliere centrale e due cassetti di servizio. 48 Una delle ultime tendenze in fatto di design non è legata a grandi rivoluzioni in campo ingegneristico o a nuovi materiali nati da anni di ricerca. È una tendenza ben più low profile e che negli ultimi anni ha preso sempre più piede, assumendo man mano una propria identità, rivelandosi in tutto il suo splendore durante l’ultima edizione del Salone del Mobile di Milano. Un ritorno al passato, che trova forse le sue radici nelle lavorazioni artigianali tanto care al nostro modo di intendere il design contemporaneo e che si esprime oggi con oggetti e arredi nati dal giusto mix di legno e metallo. Se Micheal Thonet, il famoso ebanista creatore di una tra le più celebri e rivoluzionarie sedute al mondo, non avesse sperimentato e inventato un nuovo metodo di lavorazione del legno, certamente molti degli oggetti creati oggigiorno non sarebbero possibili. E proprio a lui e a tanti altri “rivoluzionari” del design, i nuovi oggetti sembrano inconsapevolmente fare omaggio, provando però ad andare oltre, accostando differenti materiali e differenti lavorazioni e riuscendo a ottenere un risultato omogeneo e dal forte impatto emotivo. Il metallo e il legno sono due materie completamente differenti, sia nell’aspetto sia nella tipologia di lavorazione, così come nelle sensazioni che donano al tatto e alla vista. Eppure, quando accostate, assumono un effetto quasi omogeneo diventando un tutt’uno e rappresentano, a detta di molti, una delle migliori accoppiate degli ultimi anni. Un fenomeno che non si è soffermato solamente al mondo dei complementi d’arredo e dell’oggettistica (dove già negli anni passati aveva mostrato buoni risultati), bensì ha trovato, durante la kermesse milanese, un campo particolarmente fertile all’interno dei padiglioni della cucina e in generale dell’arredo contemporaneo. Dai brand più affermati alle nuove aziende che cercano di farsi largo nel mercato, quasi tutti hanno seguito il trend e proposto mobili dalla doppia personalità, adatti per un ambiente sobrio ed elegante ma anche per vestire gli interni più contemporanei e attenti alle mode. Se dovessimo premiare la migliore coppia dell’anno – gossip a parte – il duo legno + metallo non avrebbe rivali sul red carpet del design. B&B Italia - Almora Porta il nome della regione indiana dalla quale si gode una vista mozzafiato Formabuona - Urban Bike sull’Himalaya, la nuova poltrona progettata dal duo Doshi Levien. Bicicletta costruita a mano da Selva con un telaio monoscocca in www.bebitalia.com legno zebrano, anima in ciliegio e finiture in acciaio e Teak. www.formabuona.com Manutti - Air Il nuovo divano per l’outdoor presentato dal famoso brand belga nasce dall’accostamento di una base in acciaio e un piano in legno Iroko. www.manutti.com/it 49 wheels wheels Il lusso dell’auto... fuori il garage Con un export che si aggira al 46% del fatturato, l’arredamento per il nostro paese rimane ancora un punto di riferimento. Non a caso, dunque, i brand automotive si affidano sempre più spesso ai designer italiani per un prodotto di eccellenza: possibilità in più per farli entrare nelle case e nel cuore dei facoltosi, oltre che, certamente, al Fuorisalone, dove una regola conta più delle altre. Esserci. di Ilaria Salzano 02 03 01 01. La collezione Aston Martin Interiors è rigorosamente made in Italy, capace di ispirare il pubblico dei designaddicted attraverso la declinazione degli stessi valori che hanno costruito il successo del prestigioso marchio automobilistico. 50 Se non ci sei, sei fuori. E soprattutto quest’anno, dove la Design Week milanese è stata per gli extra settore, specie quello delle quattro ruote, la vetrina mancante nelle concessionarie sempre più vuote e l’attesa passerella in quei saloni decennali che ormai hanno chiuso i battenti: un’occasione nobile per i vari marchi di continuare a dire la loro. Ovviamente aprendo le porte questa volta non ad abitacoli sempre più minimal e ingegnosi, ma alla propria concezione di abitazione, che anche senza l’aiuto di motori super potenti hanno stupito il pubblico giocando con creatività, design e qualità inconfondibile. La formula in fondo è sempre la stessa, qui con una sola differenza: i prezzi rispetto alle vetture si fanno molto più accessibili, tanto che nessuno si azzarda a pronunciare la parola crisi e l’atmosfera, sempre carica di charme e contornata di inviti, ospiti, cocktail e preview, diventa il regno perfetto dove chi vi partecipa potrebbe anche portare a casa, perché no, una “Maserati” a sera… Certamente all’ingresso, a piazza del Tricolore, non mancano le strafilanti Quattroporte per chi ancora non ha assaporato il gusto di met- terne le mani sul volante. Anche se poi a fare da padrona all’evento Maserati, che già dallo scorso anno ha scelto Zanotta per la sua Lounge Chair, è stata la capsule collection, progettata dai designer italiani Ludovica e Roberto Palomba: i tre nuovi elementi d’arredo, il pouf in aggiunta alla Lounge, la sedia Corina e il tavolo scrivania Maestrale, sono stati ispirati allo stile delle celebri vetture, cercando di trasmettere sin dagli sketch ciò che entrambi i brand condividono, ovvero la concezione della velocità, che è in primis “nel pensiero in movimento”. Naturalmente ispirata al mondo dei motori, anche la collezione di Tonino Lamborghini (azienda vicino al gruppo automobilistico), realizzata con la Formitalia Luxury Group: per il 2014 il marchio propone grintosi pezzi d’arredo per la casa e l’ufficio, come il divano e il mobile bar della collezione Long Beach, rivestiti in pelle da colori nuovi e avvolgenti, su cui appare centrale il famoso logo del toro. Che si voglia sempre un po’ ricordare la parentela tra Tonino e Ferruccio (il padre, fondatore del marchio automotive)? Anche per Aston Martin arrivano news firmate Formitalia Luxury Group. Nuovi divani dalla linea pulita e ben definita per quattro sedute di gran comfort, grazie al rivestimento in morbida pelle arricchiti da cuscinatura in lana casentino: tutto per riprodurre lo charme di altri tempi che solo le loro automobili sono ancora in grado di regalare. Non uno stand come tanti, invece, quello di Bentley: per la presentazione della “Bentley Home”, il brand ha voluto che la clientela vivesse lo stile del marchio in una vera e propria casa inglese: realizzata in collaborazione con Luxury Living Group, la collezione installata in più stanze è composta dal divano e dalla poltrona Butterfly trapuntata a rombi, dalla seduta Kensington Royce in pelle in trama cangiante e dalla sofisticata camera da letto con grande baule in radica. Oltre agli stessi materiali utilizzati negli interni delle auto c’è anche la medesima cura delle lavorazioni, tanto che è possibile allo stesso modo rilassarsi davvero a bordo di una Bentley anche senza chiavi in mano. Guarda avanti ma senza dimenticare la tradizione artigianale anche l’offerta di Jaguar, il DCJ Table. Progettato dal designer Vincenzo De Cotiis, il tavolo è interamente in alluminio, materiale che rappresenta il futuro dell’architettura automobilistica del marchio inglese. L’opera però è stata lavorata con uno dei metodi più antichi al mondo per ottenere una finitura lucida, una satinata e una grezza. Ne è venuto fuori un ottimo connubio tra passato e innovazione che, come tutti i prodotti del giaguaro, spicca per creatività. Se alla genialità non c’è mai fine, BMW ha colto l’occasione per spronare i talenti made in Italy di domani con la seconda edizione di BMW Creative Lab: quest’anno un nuovo tema, “Apparel design for smart mobility”. L’idea in parole povere è stata quella di sfidare i giovani designer a trovare soluzioni per un abbigliamento multifunzionale così da muoversi dall’automobile ai mezzi pubblici, dalla bicicletta al marciapiedi, in perfetto comfort. Uno studio nello stile proprio per farci rendere conto di quanto è importante correlarci con l’ambiente: il vero lusso, collezioni a parte, è quello di potersi sentire a proprio agio sempre. Un concetto semplice, rielaborato con creatività. E sopraffino, in questo ambito, più che mai. 02. Lo scrittoio Maestrale disegna un volume pulito e lineare. La commistione dei materiali e l’esclusività della lavorazione rimandano all’idea dell’artigianalità, terreno comune per Zanotta e Maserati. 03. Al Fuorisalone Bmw unisce design per la mobilità e fashion design lanciando la sfida ai giovani creativi italiani. 51 hi tech hi tech Vacanze tech Qualche consiglio su cosa mettere di “tecnologico” nella nostra valigia. Leitz - Privacy Case Esclusiva custodia multifunzione per iPad: protegge, offre un valido supporto e mette al riparo i nostri dati, grazie allo schermo oscurante integrato che previene le sbirciatine laterali. www.leitz.com GADGET PER L’ESTATE Nella borsa delle vacanze, audio e video la fanno ancora da padrone, ma in versione smart/compact. Con alcuni, indispensabili, accessori. Tonino Lamborghini - Quantum ML-01 di Paolo Crespi La nuova linea di auricolari in-ear coniuga design e qualità del suono, caratterizzato da bassi profondi e da un trasmissione vocale espressiva. Con l’arrivo dei primi caldi, la camera GoPro Hero3 aumenta la sua versatilità con una nuova gamma di supporti e accessori dedicati alle attività nautiche: surf, vela, sup e non solo. 52 Cuffie e speaker, schermi touch e obiettivi. Più un certo numero di cover e “scafandri” hi-tech per i nostri preziosi gadget in versione globetrotter. A questo si riduce, anche in termini volumetrici, la dotazione tecno che vorremmo avere in vacanza. Dove non mancheranno gli strumenti audio/video, pur se integrati negli smartphone tuttofare di nuova generazione, che permettono di creare, editare e riprodurre fedelmente musica e immagini di qualità e quantità più che sufficienti ad accompagnarci nelle varie trasferte estive, senza mai farci sentire la nostalgia di casa. È il bello della mobilità, che delocalizza i nostri dati, sostituendo le memoria degli hard disk con il cloud, e favorisce la reductio ad unum (tipicamente il cellulare o il minitablet) dell’intelligenza e delle funzioni prima distribuite fra numerosi dispositivi separati: dal lettore mp3 alla fotocamera compatta, dalla console di gioco al riproduttore di film, fino al navigatore satellitare. Improvvisamente ci accorgiamo di non averne più tanto bisogno, a patto di poter giurare sulle prestazioni e l’efficienza di quell’unico oggetto da cui non ci separiamo mai e che ha, in teoria, due soli talloni d’Achille: la durata quasi mai ideale delle batterie e l’instabilità della “copertura”, da cui, derivano, una serie di antipatiche conseguenze. Grazie all’audio compresso, al video in HD, alla velocità dei microprocessori e alla brillantezza dei nuovi touchscreen, quale che sia la sorgente, i nostri contenuti sono sempre all’altezza della situazione. Se però non vogliamo rinunciare ai benefit della multimedia experience, ecco che alcune periferiche di lusso tornano a farci comodo e a occupare gli scomparti più pregiati del nostro bagaglio a mano tecnologico. Specie sul versante audio: da un lato diffusori portatili di marca in grado di reggere lo streaming per la condivisione musicale mediante affidabile collegamento Wi-Fi o Bluetooth, dall’altro auricolari e cuffie a cancellazione di rumore per esaltare il suono nell’ascolto individuale. Della partita sono anche le custodie e i supporti 3.0, che ci consentono di proteggere e migliorare l’ergonomia di tablet e telefonini Apple vs “resto del mondo” o di videocamere di culto come la GoPro, impiegata oggi nelle attività più disparate, dalle riprese in immersione alle registrazioni dei concerti o dei dj set dell’estate. Ma anche qualche riserva energetica per i nostri device non sarebbe male, in attesa (2016?) di Storedot, la rivoluzionaria batteria per cellulare che si ricarica in soli 30”, annunciata a metà aprile da una start-up israeliana. www.toninolamborghini.it Loewe - Speaker2go Speaker portatile con due altoparlanti e subwoofer integrato. Bluetooth e tecnologia NFC permettono una vasta gamma di connessioni outdoor. www.loewe.it Trio - Pulsar 5 Il nuovo phablet Android con schermo capacitivo da 5.5” è molto sottile, leggero, curato nei dettagli e con una ricca dotazione di accessori. Canon - EOS 100D Ideale per la visione di film in viaggio. Versione bianca integrale per la fotocamera reflex digitale APS-C www.triohq.com più piccola e leggera in commercio. Lo stabilizzatore ottico garantisce foto e video sempre nitidi. www.canon.it 53 WEEKEND WEEKEND l’isola (quasi) deserta Un viaggio fuori stagione a Formentera, la più luminosa delle Baleari. Quando l’isola non è invasa dai turisti, le spiagge sono per pochi e il clima mite la rende perfetta per chi ha già voglia di mare. di Elisa Zanetti regate e maratone Se amate la corsa iscrivetevi alla sesta edizione della Mezza Maratona di Formentera: la competizione si terrà il 17 maggio e dal faro della Mola arriverà fino al porto della Sabina; dal 23 al 25 maggio, invece, le acque cristalline dell’isola saranno solcate dalle barche a vela che prenderanno parte alla quinta regata Estrella Levante. 02 01 01. Cala des Mort è fra le più piccole spiagge dell’isola, nascosta e poco segnalata, con le sue casette dei pescatori e le scogliere basse è un vero gioiello. Foto courtesy Patronat de Tourisme de Formentera. 54 È così piccola che tutte le strade portano al mare e l’azzurro del cielo e dell’acqua vi circondano in qualsiasi punto vi troviate. Definita l’ultimo paradiso del Mediterraneo per le sue spiagge incontaminate e per le politiche ambientali che l’hanno protetta da una cementificazione selvaggia, Formentera è la meta ideale per un weekend fuori stagione. A un’ora e mezza di volo da Milano, in primavera l’isola si mostra fiorita e quasi deserta, in una veste sconosciuta a chi è abituato a frequentarla in piena estate, quando il paesaggio è decisamente meno verde e le presenze sull’isola dai 10 mila abitanti residenti sfiorano quota 35 mila. Godetevi la traversata in traghetto da Ibiza stando all’aperto e, quasi giunti al porto della Sabina, ammirate la bellezza dei pini che si protendono sulla spiaggia: capirete perché gli antichi Greci chiamarono Ibiza e Formentera le “Pitiuse”, ovvero le isole fra i pini. Se amate lo sport potete muovervi in bicicletta, a Formentera tutto è a portata di pedale (la superficie è di 83 kmq e nel suo punto più lungo misura 19.5 km). Perfetta per sport acquatici (windsurf, canoa, vela e immersioni) ed escursioni a piedi o in bici (esistono 19 itinerari, provate quello di Sa Pujada, la vista dall’alto ripagherà ogni fatica), Formentera ha come principale attrattiva il mare, che in questo angolo di Mediterraneo si offre in tutte le sue sfumature di turchese e verde acqua, difficilmente ritrovabili altrove. Per chi ama stare sulle rocce sono imperdibili il delizioso porticciolo di pescatori di Es Caló (fermatevi a pranzo nell’omonimo ristorante), la poco conosciuta Cala en Baster e le rocce argillose nei pressi di Cala Saona: il contrasto fra il rosso acceso della terra e l’azzurro del mare vi toglieranno il fiato. Chi ama invece le lunghe distese di sabbia può perdersi fra le piccole insenature che corrono lungo i 1500 metri della spiaggia di Levante, oppure raggiungere la costa di Migjorn per raccogliere conchiglie a S’Arenal (qui il mare è sempre calmo) o bere un aperitivo al tramonto al Piratabus. Per un pranzo veloce c’è il chiosco Bartolo, una palafitta sul mare dove a maggio si può gustare la tortilla di asparagi selvatici dell’isola; una volta lì approfittatene per visitare la nascosta Cala des Mort (vi si accede solo attraverso una scala scavata nella roccia). La sera raggiungete Es Pujols per un po’ di vita notturna: al ristorante Pizza Pazza potrete chiacchierare davanti a un buon piatto con i primi italiani sbarcati sull’isola e scoprire com’era Formentera quasi 30 anni fa, quando pochi la conoscevano. Godetevi poi una hierbas, il tipico digestivo alle erbe, in uno dei tanti baretti del centro e passeggiate sul lungomare fra le bancarelle degli artigiani (la domenica li ritrovate al coloratissimo mercatino hippie della Mola). Per una cena sul mare scegliete invece Es Molí de Sal, storico ristorante situato all’interno di un mulino, un tempo appartenuto alle saline locali. La sua terrazza si affaccia sulla riserva di Ses Illetes, le isolette, uno dei luoghi più belli dell’isola. Visitare questa spiaggia fuori stagione è un vero privilegio: potrete evitare l’odiosa coda sotto il sole all’ingresso e l’eccessiva calca che ad agosto la caratterizzano. Per una prospettiva diversa di questa stretta lingua di terra (l’ampiezza massima è di 50 m) nuotate fino a uno degli isolotti che si stagliano di fronte a voi, oppure percorretela a piedi, concedendo un po’ di attenzione alla sabbia sotto i vostri piedi: i frammenti di corallo rosa le regalano una colorazione unica. Punto più settentrionale dell’isola, Illetes si estende circondata dal mare sia sulla sponda di ponente che di levante, creando un sentiero naturale sull’acqua. Spostatevi con poche cose, a Formentera non occorre molto (se volete potete fare a meno anche del costume, tutte le spiagge accolgono i nudisti), sarete più comodi per guadare Es Pas, il punto che collega Formentera a Espalmador, un’isoletta disabitata di soli 3 kmq. Se cercate totale relax potete alloggiare fra i pini de La Hacienda, oppure ascoltare il rumore delle onde al Gecko Club o al Talaya, chi invece non vuole rinunciare alla spa scelga Es Mares, nella graziosa piazza di San Francesc. Per la vostra vacanza nessuna conclusione può essere più magica di una gita al faro di Cap de Barbaria: quando la stretta strada immersa nel deserto di roccia a un tratto vi catapulterà nell’abbraccio del mare e dell’orizzonte terso non potrete che sentirvi in pace con il mondo. 02. Il mulino Den Jeroni (XIX sec.) è uno dei cinque mulini ancora visitabili. Sotto il dominio romano l’isola era conosciuta come Frumentaria, “terra del grano”, da qui Formentera. Foto courtesy Patronat de Tourisme de Formentera. 55 WELLNESS wellness Effetto bronze Al mare come in città, l’imperativo è coccolare la pelle prima di abbandonarsi al sole, per garantire un’abbronzatura caraibica ed evitare bruciature. Benessere detox sotto il sole Tintarella a macchia di leopardo? No, grazie. Per ottenere un’abbronzatura omogenea e duratura, i beauty tip sono rituali detossinanti e massaggi dall’azione idratante. di Simona Lovati Tutti pronti ai nastri di partenza. Per chi non vuole correre il rischio di farsi trovare impreparato all’appuntamento con la bella stagione e l’inevitabile prova costume, il countdown è già iniziato. Oltre a dare battaglia a girovita prominente, inestetismi da cellulite & co., la prerogativa indispensabile è prendersi cura della nostra pelle, preparandola a una corretta esposizione solare, per evitare scottature, screpolature, favorire l’abbronzatura con rituali ad hoc e assicurarsi un effetto “bonne mine” da dieci e lode. Per questo motivo, le Spa delle migliori strutture alberghiere, da nord a sud della Penisola, hanno studiato la mise en place di pacchetti e trattamenti speciali, per concedersi un fine settimana “riparatore”, in previsione dei mesi più hot dell’anno. Il primo passo per dare ufficialmente il benvenuto all’estate è dire addio a cellule morte e tossine depositate sullo strato più superficiale dell’epidermide, grazie a un soin esfoliante, che sfrutta le proprietà di ingredienti naturali, quali sali marini, noccioli frantumati di oliva e albicocca, e ancora, 56 micro-sferule di jojoba ed erbe aromatiche tritate. In questo modo, tramite un massaggio dalle manovre lunghe, profonde e ossigenanti, è possibile liberare la cute da tutti i residui, particelle di inquinamento comprese, rigenerare i tessuti e stimolare il turnover cellulare. Dopodiché si passa alla fase di idratazione, con prodotti a base di attivi ammorbidenti e vellutanti, che ripristinano il film idrolipidico della pelle e il suo ruolo di barriera protettiva che può essere stato alterato dall’azione del gommage. Le sostanze vedette sono gli oli – di produzione locale, come quello d’oliva e di mandorle dolci, oppure esotici, per esempio, l’olio di Tiaré, e l’olio di bambù – ma anche prodotti contenenti vitamine A ed E, collagene ed elastina, che apportano tonicità e turgore. Riflettori puntati sul viso, una zona un po’ trascurata durante il periodo estivo, ma che si merita tutta la nostra attenzione. Il segreto sono estratti pregiati e ricercati, in grado di purificarla, illuminarla e attenuare le antiestetiche discromie cutanee. Hotel Hassler Roma Hotel Resort & Spa Baia Cad- Hotel Terme Mioni Pezzato & Spa Con vista sulle cupole e sulla scalinata dinas Ad Abano Terme (PD), per uniforma- di Trinità dei Monti, l’Amorvero Spa A Golfo Aranci (OT), il massag- re l’abbronzatura, il “Soin écosystème delizia i suoi ospiti con il Bali Coffee gio esfoliante salino è un peeling bronzage intense” prevede uno scrub Scrub, un sapiente mix per purificare stimolante, eseguito con un mix di oli corpo delicato per rendere la pelle le cellule cutanee e dare battaglia ai e sale marino, per esibire una pelle luminosa, seguito da un massaggio al radicali liberi. setosa, pronta per la tintarella. latte di bambù, ricco di silicio. www.hotelhasslerroma.com www.clubres.com www.hotelmionipezzato.com Doubletree by Hilton Acaya Golf Hotel Adler Thermae Bagno Il San Pietro di Positano Resort Vignoni Con vista sul Golfo di Positano, si può Il pacchetto si chiama Re Oliva e La Val d’Orcia sorprende con Carez- approfittare di un soin viso esclusivo include accesso al centro benessere, ze al Geranio, composto da un’esfo- firmato La Prairie, che si avvale di oro alle due piscine, al fitness centre, uno liazione e un bagno caldo al miele, e caviale. Un inno alla luminosità e scrub con noccioli di oliva tritati e malva, karkadé e olio essenziale di alla morbidezza per farsi baciare dal soin all’olio di oliva biologico pugliese. geranio, per infondere idratazione. sole della Costiera Amalfitana. www.acayagolfresort.com www.adler-resorts.com www.ilsanpietro.it 57 overseas overseas la "scozia" del pacifico Tanto lontana quanto affascinante, la Nuova Caledonia possiede un patrimonio naturale e culturale unico nel suo genere, in cui infradito, baguette e speroni convivono in armonia. sul web it.visitenouvellecaledonie.com www.starwoodhotels.com/LeMeridien www.paradisouvea.com di Andrea Zappa 03 02 01 01. Il faro di Cap N’Dua. Situato all’estremità della regione Grand Sud si trova all’interno di una riserva naturale di rara bellezza. Foto di Martial Dosdane/NCTPS. 58 Strano a dirsi ma tutti i paesi che contengono nel proprio nome l’aggettivo “nuova” davanti, sembrano possedere un pizzico di fascino in più. Sono spesso lontani, incontaminati o quasi, e ospitano bellezze naturali che lasciano senza fiato. La Nuova Caledonia rientra a pieno titolo nella categoria: situata nel cuore del Pacifico del sud, vanta la laguna più grande del mondo, dichiarata nel 2008 Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, e la sua capitale, Noumea, soprannominata “la piccola Francia del Pacifico”, ricorda lo stile glamour e vitale di Cannes. La paternità del nome va attribuita al capitano James Cook che la scoprì nel lontano 1774, e che decise di chiamarla così quando scorse per la prima volta l’isola principale (Grande Terre), poiché gli ricordava le colline della sua Scozia (battezzata dai romani con il nome di Caledonia). Sicuramente il navigatore inglese doveva avere molta nostalgia di casa. L’arcipelago che conta oltre a Grande Terre anche le isole di Bélep, di Loyauté e la splendida isola dei Pini, è circondato dalla seconda barriera corallina del pianeta. Un vero paradiso per gli amanti delle immersioni che devono abituarsi a convivere con più di mille specie di pesci, oltre a 300 tipi di corallo che ornano l’intera “architettura” della barriera, fatta di tunnel, volte, canyon e grotte. La Nuova Caledonia, nata inizialmente come colonia penitenziaria francese, è oggi un vero mix di popoli e culture e, per capirne lo spirito cosmopolita, basta passare una giornata nel colorato mercato che anima ogni giorno fin dall’alba, la Baie de Moselle, lungo la quale si sviluppa il centro della capitale. Qui, un melting pot di razze si ritrova ogni mattina per comprare e vendere. Non da meno la Place de Cocotiers, che ospita tutti i giovedì spettacoli e concerti di ogni genere. Prima di abbandonare Noumea è d’obbligo, anche per conoscere meglio la storia del paese, una visita al Centro Culturale Tjibaou, progettato da Renzo Piano nel 1998 e dedicato all’etnia autoctona dei kanak. Chi invece non ama mettere la testa sott’acqua, può farsi un’idea di ciò che si perde ricercando Nemo nei 2250 metri quadrati dell’Aquarium des Lagons. Alla sera, invece, si possono gustare specialità melanesiane o della cucina francese nei diversi locali del vivace Quartiere Latino, nell’Anse Vata e nei pressi delle spiagge della Baie des Citrons. Ma se si vuole incontrare il non plus ultra delle mezzelune di sabbia bianca bisogna fare rotta verso l’isola dei Pini, affondando i piedi nel “talco” delle baie di Kuto e Kanuméra, considerate tra le più incantevoli di questo emisfero. Da queste parti non è insolito trovarsi a nuotare con i delfini. L’isola, situata a 50 chilometri dalla Grande Terre e collegata a Noumea con voli diretti e traghetti, è infatti un’immensa riserva marina. Il suo nome deriva dagli alti Pini Colonna (40 metri circa) che la ricoprono, fin quasi a buttarsi nell’oceano. Per chi vi sbarca ed è alla ricerca di un ricordo indimenticabile, l’Hotel Le Méridien Ile des Pins, circondato da alberi di cocco e delimitato dalla laguna blu turchese della baia d’Oro, offre 20 camere superior e deluxe e 29 bungalow-suite, oltre a un centro termale e una piscina a bordo mare che lascia incerti sul da farsi: meglio quello “vero” o quello “finto”? Di grande fascino anche le isole di Loyauté: Ouvéa, Lifou e la selvaggia Maré. Tre oasi di relax in cui pace e tranquillità regnano sovrani. La costa occidentale di Ouvéa vanta la spiaggia di Mouli, inserita a livello internazionale nella top ten delle più belle al mondo: ben 25 chilometri ininterrotti di sabbia bianchissima. Qui sorge, in perfetta armonia con la natura circostante, l’Hotel Paradis d’Ouvéa, il cui nome è già una garanzia. Da visitare anche Lifou, la maggiore, che si fregia di una barriera corallina a tre strati e propone innumerevoli escursioni, come quelle alle imponenti scogliere di Jokin Cliffs o alla piantagione di vaniglia di Mucaweng. Nel caso in cui troppo colore turchese e trasparenze cristalline vi abbiano stancato gli occhi, ritornando a Grande Terre, si può decidere di andare alla scoperta del suo insolito entroterra occidentale, dove i calchodes, i bianchi della Nuova Caledonia, si sono creati nel corso dei secoli una propria cultura che ricorda molto le realtà texane o dell’outback australiano. Da queste parti, sembra assurdo dirlo, vanno più di moda gli stivali da cowboy che le infradito, e non stupitevi se al fianco della strada vi capiterà di incrociare mandrie di mucche con al seguito veri buckaroo che vi salutano con un cenno al cappello. Non mancano fiere di paese, musica country e rodei. Tra i più frequentati quello di Pouembout a luglio, e quello di Bourail a ferragosto, quest’ultimo chiama a raccolta centinaia di persone e prevede tra le sue attività anche corse di cavalli e concorsi culinari. Chissà che ne penserebbe il capitano Cook della sua “Nuova Scozia”? 02. Sono innumerevoli le piccole isole disabitate che compongono l’arcipelago della Nuova Caledonia. Chi vuole sentirsi un po’ come Robinson Crusoe ha dunque solo l’imbarazzo della scelta. Foto di Martial Dosdane/NCTPS. 03. La splendida spiaggia di Mü su Lifou, la più grande e popolata tra le isole Loyauté. Foto di Eric Dell’Erba/ DIL. 59 food food La ricetta dello chef ROBERTO OKABE Roberto Okabe ha scelto di presentarci una delle ricette più importanti di questi primi dieci anni del Finger's. Sono dieci anni che lo chef brasiliano di origini giapponesi, insieme al suo socio Clarence Seedorf, ha conquistato gli amanti del sushi e della cucina fusion con il Finger’s. Dal 2011 si è “sdoppiato”, aprendo al suo pubblico i 1400 metri quadri del Finger’s Garden a pochi passi dal nuovo polo di Porta Nuova. È lì che lo abbiamo incontrato e, davanti a un caffè, ci ha raccontato qual è il suo approccio alla ristorazione. Okabe Pesce Bianco Carpaccio Gazpacho di Enrico S. Benincasa foto di Francesco Mion Come sono stati questi primi dieci anni di Finger’s? Lenti, veloci, difficili, esaltanti? È stata un’avventura quasi cinematografica ma, a differenza di un film, non ha certo una fine prestabilita e la possiamo ancora migliorare. E quando hai questa possibilità, il tempo scorre più veloce. Sono stati anni di lavoro e sacrificio, non sono certo mancate le notti insonni a pensare a come risolvere i problemi. Ma sono stati dieci anni gradevoli, fatti di soddisfazioni e conquiste, in cui abbiamo formato una famiglia di oltre 50 persone che lavorano per il Finger’s. È stato difficile costruire un rapporto di questo tipo con i propri dipendenti e collaboratori? Ci sono persone che sconsigliano questo approccio, io ho scelto di farlo mio. Posso dire che oggi credo di sapere quali siano le persone di cui fidarmi. Poi sono i miei stessi dipendenti a dirmi che, da quando sono diventato papà, sono anche migliorato come capo. A loro ripeto spesso questa frase: “Cerco di aiutarvi a diventare dipendenti migliori, nello stesso tempo voi mi aiutate a diventare una persona migliore”. Ci sono stati dei momenti decisivi in questi dieci anni? È difficile fissare una data precisa, ma c’è stato un momento nel corso del primo anno di vita del Finger’s nel quale ho capito che avevo in mano qualcosa 60 di importante, una formula che piaceva. Da lì in poi sapevo che potevamo solo migliorare. È stato un po’ come nei rapporti di coppia, quando arriva quell’istante in cui realizzi che quello che provi per la tua (o il tuo) partner è vero amore. E dei piatti importanti? Tanti, ma in questo momento mi sento di ricordare il carpaccio al gazpacho. Penso di essere stato il primo a rivisitare il gazpacho e abbinarlo al pesce, un “azzardo” vincente che dieci anni fa sarebbe stato considerato forse scandaloso anche per un ristorante fusion. Le manca un riconoscimento importante da parte della critica gastronomica? Se ti riferisci alle stelle Michelin, mi farebbe piacere, ma al momento non è la priorità. Oggi i miei obiettivi sono: essere contento, riuscire a pagare dipendenti, fornitori e tasse e dormire tranquillo. Ho ristoranti che hanno circa 150 coperti, dove c’è un servizio informale e intrattenimento: forse non proprio la tipologia “classica” in cui rientrano la grande maggioranza dei locali stellati, che spesso sono più raccolti, con meno coperti. Comunque, recentemente sono stati a trovarci gli ispettori della Michelin, vedremo in futuro. Si sente copiato? Certo! Io sono orgoglioso dei miei piatti e della loro originalità, ma è un dato di fatto che tante persone che in questi anni hanno lavorato da Finger’s hanno poi aperto i loro ristoranti, e a loro volta altre persone che hanno lavorato da queste hanno fatto lo stesso. Il risultato è che in tante carte in giro per Milano (e non solo) si posso trovare dei miei piatti, alle volte con lo stesso nome, ma certamente realizzati peggio. Farete qualcosa di speciale per i dieci anni del Finger’s? Stiamo preparando un video omaggio per i nostri clienti, con tutto il personale protagonista. È un progetto in cui credo molto con il quale vogliamo far capire che dietro a questo ristorante c’è unione, c’è una famiglia. E anche il mio socio Seedorf parteciperà, sono riuscito a strappargli un sì. Vi è mai venuta voglia di aprire un ristorante all’estero? Ci sono state delle proposte, alcune delle quali molto concrete. La verità, però, è che stiamo molto bene così e non so se c'è la voglia di incrinare questo equilibrio che il Finger’s ha raggiunto. Senza dubbio dobbiamo valutare attentamente tutti i pro e contro. Expo è alle porte: qualche progetto? Faremo senz’altro qualcosa, ma non da soli. Stiamo cercando le persone giuste tra esperti e nutrizionisti per aiutarci a comunicare al meglio quali sono le qualità del cibo che proponiamo. E non è detto che questa collaborazione non si oggettivizzi poi in una serie di nuovi piatti. Ingredienti per quattro persone: 250 gr di orata pulita e sfilettata, 250 gr di ricciola pulita e sfilettata, sesamo. Per il gazpacho: 250 gr di pomodoro datterino tagliato a cubetti, 100 gr di mollica pancarrè a cubetti, 60 gr di peperone rosso tagliato a cubetti, 200 gr di olio evo, 100 gr di aceto bianco, 80 gr di polpa di cetriolo tagliato a cubetti senza semi, 6 foglie di basilico, sale e pepe qb. Per la salsa ponzu: 100 gr di soia, 100 gr di mirin o passito, 70 gr di aceto di riso, 10 gr di katsuobushi o bonito essiccato, 20 gr di alga kombu, 30 gr di succo di lime. Preparazione: tagliare a fettine di 2/3 mm di spessore l’orata e la ricciola. Per il gazpacho: creare una marinatura con tutti gli ingredienti, lasciare riposare 30 minuti, frullare. Per la salsa ponzu: unire tutti i liquidi in una pentola fino alla prima bollitura. Spegnere, aggiungere finger’s garden A due passi dai grattacieli di Piazza Gae Aulenti, nel cuore del quartiere della Maggiolina, ha sede il Finger’s Garden, il secondo – in ordine di tempo – ristorante milanese dell’accoppiata Roberto Okabe-Clarence Seedorf. In origine scuola per giapponesi e poi tempio buddhista, l’edificio che lo ospita si estende per 1400 mq e comprende anche un vero e proprio giardino zen con tanto di bonsai e laghetto con le carpe. Interni eleganti ma non eccessivi, il ristorante conta oltre 150 coperti e dispone anche di un privè prenotabile per occasioni particolari. Via Keplero 2, Milano www.fingersrestaurant.com l’alga kombu e il katsuobushi o bonito essiccato, far raffreddare e filtrare. Impiattamento: Adagiare su un piatto il gazpacho frullato, le fettine alternate di orata e ricciola e, per chiudere, la salsa ponzu e del sesamo per dare croccantezza. 61 free time free time Da non perdere... Una selezione dei migliori eventi che animeranno la città nei prossimi mesi. a cura di Enrico S. Benincasa MIA Fair Carroponte Per oltre tre mesi sarà una delle arene musicali e culturali dell’estate milanese, dividendosi il compito con City Sound e il Circolo Magnolia. Come sempre darà spazio a teatro, letteratura e a diversi generi musicali. Un esempio è proprio l’artista che hanno chiamato per inaugurare la stagione 2014, Loredana Berté. Sesto San Giovanni MI il 29 maggio www.carroponte.org Alfa Romeo City Sound Camping+France Superstudio Più - Milano dal 23 al 25 maggio www.miafair.it Ippodromo del Galoppo - Milano dal 10 giugno al 30 luglio www.citysoundmilano.com We Own The Night Sono oltre 5000 le runner già iscritte per la corsa notturna di dieci chilometri organizzata per il secondo anno consecutivo da Nike. Partenza alle 21.30 da Piazza Gae Aulenti, ma dalle 17 in poi non mancherà la musica con Tayone e Levante. Si corre anche per solidarietà, dato che ogni iscrizione ricevuta Nike devolverà 5 euro al progetto Sport Zone di Comunità Nuova Onlus. Partenza da Piazza Gae Aulenti Milano il 30 maggio www.nike.com/weownthenight 62 Per il terzo anno consecutivo l’area dell’Ippodromo del Galoppo diventa un’arena concerti grazie ad Alfa Romeo City Sound, l’evento che ha sostituito nel calendario i concerti del Milano Jazzin’ Festival. Quest’anno sono 17 i live in programma, tutti a giugno e luglio, che compongono un ‘offerta variegata in grado di accontentare appassionati di tutti i generi musicali e di tutte le età. Sono previsti, infatti, i live di leggende del rap, come Cypress Hill (14/7) e Snoop Dog (30/7), di grandi nomi del rock, come John Fogerty dei Creedence Clearwater Revival (7/7), ZZ Top insieme a Jeff Beck (30/6) e Motorhead (24/6), e di band che potrebbero tranquillamente fare da headliner in uno dei tanti festival europei, Nell’ambito del programma di Photofestival, il 25 maggio a Palazzo Giureconsulti inaugurano quattro mostre tra cui anche Camping + France di Angelo Ferrillo. Una retrospettiva fotografica che racconta le vacanze in un campeggio non organizzato di una modesta famiglia francese, che prova a raccontare la crisi di oggi con uno sguardo differente. Palazzo Giureconsulti - Milano dal 25 maggio al 12 giugno www.photofestival.it come Editors (20/7) e Placebo (22/7). Non manca certo una nutrita presenza italiana: suoneranno all’Ippodromo Davide Van Der Sfroos (13/6), Elio e Le Storie Tese (3/7), Alessandro Mannarino (15/7), Caparezza (11/7) e Franco Battiato: quest’ultimo porterà sul palco i 35 elementi dell’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini il 17 luglio. Si può facilmente raggiungere l’Ippodromo con la linea rossa o in macchina, data la vicinanza a diversi svincoli autostradali, ma chi si recherà ai concerti su due ruote (in bici o “motorizzate”) potrà lasciare il proprio mezzo in apposite aree allestite internamente. Si comincia il 10 giugno con una media di un live ogni tre giorni, i biglietti sono già acquistabili sui circuiti Viva Ticket e Ticketone. Quarta edizione per la Milano Image Art Fair, l’evento fieristico dedicato alla fotografia d’autore ospitato presso gli Spazi di Superstudio Più e curato anche quest’anno da Fabio Castelli. La manifestazione si distingue per la sua formula, incentrata esclusivamente sul fotografo: gli stand sono assegnati agli artisti stessi o a soggetti che propongono un artista singolo. Per ognuno di essi – saranno circa 180 – è presente un catalogo a se stante, da quest’anno in formato e-book. Gli organizzatori sperano di superare le 20 mila presenze nei tre giorni della manifestazione, dato registrato nell’ultima edizione del 2013. Le premesse ci sono tutte, a cominciare dal livello qualitativo che ha raggiunto l’evento, testimoniato dalla conferma di importanti sponsor e dalle prime “trasferte” fuori da Milano. A gennaio, infatti, MIA ha curato la sezione fotografia presso Arte Fiera a Bologna e prossimamente, nel mese di ottobre, si svolgerà la prima edizione MIA fuori confine a Singapore. Gli sponsor dell’evento, oltre a essere importanti, svolgono un ruolo attivo essendo loro stessi promotori di premi speciali. BMW (con il brand BMW i) ha indetto, in collaborazione con MIA e Nikon Italia, un concorso dedicato alla mobilità sostenibile la cui premiazione avverrà proprio durante la tre giorni fieristica. Non mancheranno anche eventi speciali, tra cui vi segnaliamo la performance che vedrà coinvolta Irene Grandi con i video artist Pastis. Daniele Papuli Nello scenario cinquecentesco di Casa Dugnani sono in mostra le installazioni site specific di Daniele Papuli, artista pugliese che da anni si è specializzato nella scultura utilizzando carta e materiali a essa affini. Sia gli interni che il parco antistante saranno popolati dalla sue opere, a metà strada tra scultura, design e scenografia. Galleria Casa Dugnani Robecco sul Naviglio MI fino all’8 giugno www.galleriacasadugnani.it 63 secret milano network Puoi trovare Club Milano in oltre 200 location selezionate a Milano La villa in cui Hendrix suonò il blues Alla scoperta della villa Liberty di via Bodoni 19, zona nord-ovest di Milano. Costruita in pieno tramonto Belle Époque e sopravvissuta ai dolorosi bombardamenti dell’agosto 1943, questa location speciale è risorta nei vivacissimi anni Sessanta grazie a certi inquilini-beat e a un loro ospite molto psichedelico. di Simone Sacco Foto di Cecilia Gatto 100 anni esatti. È questa infatti l’età storica della villa Liberty di via Bodoni, location tuttora poco battuta dai trendsetter meneghini ma decisamente ricca di fascino. Siamo nella zona della cosiddetta “Bindellina”. Da queste parti, si trova anche il ristorante Innocenti Evasioni. E comunque il Portello e il recentissimo quartiere di Porta Vittoria restano a pochi minuti di cammino da questa strada. Edificata nel lontano 1914 e passata di proprietà sul finire degli anni Trenta, se la vide decisamente brutta negli anni ‘42/‘43 quando la città venne bombardata dalla RAF britannica; in queste zone d’altronde sorgevano gli stabilimenti dell’Alfa Romeo, chiaro obbiettivo strategico/militare. L’abitante più celebre di via Bodoni 19 è stato sicuramente Piero Montagnani Marelli, senatore della Repubblica, vicesindaco di Milano e medaglia d’argento al valo64 re partigiano (da qui il nomignolo “Villa dei Rossi”, assunto temporaneamente dalla costruzione per via del passato combattente del suo proprietario). Nel 1954 venne aggiunta la torretta che svetta sulla parte sinistra dell’abitazione e si dice che in queste stanze abbia battuto diversi ciak lo stimato regista Carlo Lizzani, quello di Banditi a Milano con un super Gianmaria Volonté nei panni del rapinatore Pietro Cavallero. Per quanto riguarda invece la mitologia pop l’Equipe 84 – uno dei nomi più riveriti del beat tricolore – installò qua la sua “factory creativa” sul finire degli anni Sessanta. Le Rolls-Royce dai colori sgargianti cominciarono a fare la loro presenza in giardino, le chitarre suonarono fino a tarda notte mentre, tra il primo e il secondo piano, apparizioni più o meno mitizzate (Jimi Hendrix, Keith Richards, Anita Pallenberg, forse Andy Warhol) fecero la loro comparsa in quella che era diventata una tappa obbligatoria del flower power alla milanese. Via Bodoni 19 come Haight Ashbury a San Francisco o Abbey Road a Londra. E nel caso di Jimi potete pure metterci la firma, visto che il chitarrista mancino di Seattle suonò al Piper la sera del 23 maggio 1968 prima di trasferirsi da Vandelli e soci per un’infuocata jam session. Ma passato quell’uragano hippy la villa restò sempre lì, elegante, silenziosa. Con la sua Magnolia centenaria, le sue sculture femminili e la sua facciata impreziosita da una vetrata floreale e da fregi inneggianti alla natura. Fino a oggi e alla sua attuale funzione di abitazione privata più bed and breakfast che non disdegna di collaborare con il Salone del Mobile o Piano City. Piccola oasi di passato immersa in un presente sempre più frenetico. night & restaurant: Al fresco Via Savona 50 Angolomilano Via Boltraffio18 Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10 Bar Magenta Largo D’Ancona Beda House Via Murat 2 Bento Bar C.so Garibaldi 104 Bhangra Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2 Blue Note Via Borsieri 37 Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Caffè Savona Via Montevideo 4 California Bakery Pzza Sant’Eustorgio 4 - V.le Premuda 449 - Largo Augusto Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9 Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio Più Via Tortona 27 Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11 Elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna Executive Lounge Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48 G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot Hangar Bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1 Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29 La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale Via Bergognone 16 Le Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via Leopardi 13 Les Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano 22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 - V.le Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4 Ozium t7 café - via Tortona 7 Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino Giusto P.zza Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so Magenta 14 - P.zza Cavour 7 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis 33 Qor Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia 28 Refeel Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera 37 Rita Via Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29 - Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15 Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta Ticinese 14 That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36 Via Tortona 36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16 Zerodue_Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 56 Via Tucidide 56 3Jolie Via Induno 1 20 Milano Via Celestino 4 stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand Largo Zandonai 3 Brian&Barry via Durini 28 Brooksfield C.so Venezia 1 Buscemi Dischi C.so Magenta 31 Centro Porsche Milano Nord Via Stephenson 53 Centro Porsche Milano Est Via Rubattino 94 C.P. Company C.so Venezia Calligaris Via Tivoli ang. Foro Buonaparte Dantone C.so Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11 Germano Zama Via Solferino 1 Gioielleria Verga Via Mazzini 1 Henry Cottons C.so Venezia 7 Joost Via Cesare Correnti 12 Jump Via Sciesa 2/a Kartell Via Turati ang. Via Porta 1 La tenda 3 Piazza San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage Via Garigliano 4 Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so Venezia 2 - Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10 Native Alzaia Naviglio Grande 36 Paul Smith Via Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18 Pinko Via Torino 47 Rossocorsa C.so porta Vercellina 16 Rubertelli Via Vincenzo Monti 56 The Store Via Solferino 11 Valcucine (Bookshop) C.so Garibaldi 99 showroom: Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 Bagutta Via Tortona 35 Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Boiocchi Via San Primo 4 Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana 98 Gallo Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via Ferrini 3 Guess Via Lambro 5 Guffanti Concept Via Corridoni 37 IF Italian Fashion Via Vittadini 11 In Style Via Cola Montano 36 Interga V.le Faenza 12/13 Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via Burlamacchi 4 Missoni Via Solferino 9 Moschino Via San Gregorio 28 Parini 11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12 Spazio + Meet2Biz Alzaia Naviglio Grande 14 Studio Zeta Via Friuli 26 Who’s Who Via Serbelloni 7 beauty & fitness: Accademia del Bell’Essere Via Mecenate 76/24 Adorè C.so XXII Marzo 48 Caroli Health Club Via Senato 11 Centro Sportivo San Carlo Via Zenale 6 Damasco Via Tortona 19 Palestre Downtown P.za Diaz 6 - P.za Cavour 2 Fitness First V.le Cassala 22 - V.le Certosa 21/a - Foro Bonaparte 71 - Via S.Paolo 7 Get Fit Via Lambrate 20 - Via Piranesi 9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda 52 - Via Vico 38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym Plus Via Friuli 10 Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le terme in città Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera 18 Romans Club Corso Sempione 30 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club Milano Alberto Bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza Medaglie d’Oro 2, ang. Via Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1 art & entertainment: PAC (Padiglione Arte Contemporanea) Via Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni 8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31 hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so Matteotti 4 Bronzino House Via Bronzino 20 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a Domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so Europa 9 Nhow Via Tortona 35 Park Hyatt (Park Restaurant) Via T. Grossi 1 Residence Romana C.so P.ta Romana 64 Sheraton Diana Majestic V.le Piave 42 inoltre: Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di PreSaint-Didier (AO) 65 ColoPHon club milano Centri Fitness, Piscine e Thermarium viale Col di Lana, 12 20136 Milano t +39 02 45491091 [email protected] www.clubmilano.net direttore responsabile sales manager Stefano Ampollini Filippo Mantero t +39 02 89072469 art director [email protected] Luigi Bruzzone publisher caporedattore M.C.S. snc Andrea Zappa via Monte Stella, 2 10015 ivrea to redazione enrico S. 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