Leggi il notiziario - Club Alpino Italiano

Tëra
amasêda
Notiziario della Sezione di Forlì
N. 2
Novembre 2014
Periodico della Sezione di Forlì del Club Alpino Italiano - sede legale: via Roma 18 - Sede operativa: viale dell’Appennino 375 - 47121 Forlì - tel 3387601333 - www.caiforli.it email: [email protected]
ASSEMBLEA ORDINARIA DEI SOCI
Prima convocazione mercoledi 19 novembre 2014
Seconda convocazione:
giovedi 20 novembre 2014
E’ convocata per mercoledi 19 novembre 2014, alle ore
8,00 presso la sede operativa di viale dell’Appennino 375,
in prima convocazione e per giovedi 20 novembre 2014,
alle ore 21,00 in seconda convocazione, presso la Casa
delle associazioni, viale Roma 124, l’ASSEMBLEA ORDINARIA DEI SOCI DELLA SEZIONE C.A.I. – M. Lombardini di Forlì,
con il seguente ordine del giorno;
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
ELEZIONE DEL PRESIDENTE E DEL SEGRETARIO
DELL‘ASSEMBLEA;
APPROVAZIONE VERBALE DELL’ASSEMBLEA DEL 28/03/2014
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE
QUOTE ASSOCIATIVE E BILANCIO PREVENTIVO 2015
RALAZIONE ATTIVITA’ 2014
ATTIVITA’ 2015
RIFUGIO E BIVACCO
VARIE ED EVENTUALI
In base al regolamento del CAI ogni socio maggiorenne ha diritto, oltre al
proprio voto, di rappresentare per delega scritta altri due soci.
Attenzione! Hanno diritto al voto soltanto i Soci maggiorenni
in regola con l’iscrizione per l’anno 2014
Per la delega utilizzare il modulo pubblicato
nell’ultima pagina del Notiziario
TESSERAMENTO E QUOTE ASSOCIATIVE PER L’ANNO 2015
Circolare n. 9/2014 - Direzione - Ufficio Sezioni
Quote minime di
associazione e
ammissione al CAI
Soci Ordinari
€
42,20
Soci Familiari
€
21,71
Soci Giovani
€
15,69
Soci Vitalizi
€
17,69
Per Socio Giovane si intende il minore di anni diciotto
(nati nel 1998 e seguenti).
Il Socio Famigliare deve autocertificare il nominativo
del socio Ordinario - iscritto alla stessa Sezione - al quale
è legato da vincoli famigliari anche di fatto e con cui
coabita.
Il Socio di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci famigliari.
Tale Socio godrà di tutti i diritti del Socio Ordinario.
Soci Giovani
- Invio gratuito delle pubblicazioni sociali per i Soci Giovani non aventi il Socio Ordinario di riferimento che ne facciano espressamente richiesta.
- Per i Soci Giovani appartenenti a famiglie numerose è prevista a partire dal secondo
Socio Giovane la quota agevolata nella misura di € 9,00.
Al fine di beneficiare della quota agevolata è necessario che al momento della nuova
iscrizione o rinnovo vi siano le seguenti condizioni:
- Socio Ordinario di riferimento (capo nucleo) - quota intera
- 1° Socio Giovane - quota intera
- 2° Socio Giovane e seguenti - quota agevolata
LE QUOTE DI RINNOVO E AMMISSIONE PER L’ANNO 2015
SARANNO DECISE DALL’ASSEMBLEA DEL 20/11/2014
Tenendo conto dei minimi stabiliti dalla Sede Centrale e in
linea con le quote degli anni trascorsi
Relazione annuale del Presidente
Cogliendo l’occasione
dell’assemblea annuale, a circa un
anno dall’insediamento del nuovo
consiglio, mi sento di fare un
primo bilancio che ritengo assolutamente positivo. Non solo perché
è stata data continuità alla precedente presidenza (un ringraziamento va a Giorgio Assirelli, past
president, per i saggi consigli che
ci ha fornito e sta continuando a
fornire in questi mesi di rodaggio)
ma anche perché sono state portate
delle interessanti novità.
Innazitutto vorrei citare la costituzione del gruppo alpinistico, probabilmente l’unico in Romagna,
che si è raccolto attorno alle personalità trascinanti di Mauro Cappelli, l’attuale presidente del gruppo,
e di Gabriele Sintoni che ne è il
segretario. In appena sei mesi tante
sono state le attività che hanno
portato avanti, da marzo mese in
cui in una bellissima serata gremita
di partecipanti all’Urlo presso il
centro culturale S. Francesco si è
dato via alla costituzione del gruppo ad oggi. Durante l’estate c’è
stata poi l’occasione di presentare
l’attività del gruppo in una serata
organizzata per la visione di film
della Cineteca del C AI
sull’alpinismo e l’arrampicata che
ha avuto un buon seguito di pubblico in Piazzetta della Misura.
Sempre molto attivi e con nulla da
inseg na re d evo cita re p oi
l’Alpinismo Giovanile, che praticamente solo con la forza e determinazione dei due fratelli Quattrini, Alberto e Marco, sta portando
avanti uno dei programmi più
segu iti della R oma gna
dall’arra mpica ta sportiva al
trekking, dall’avvicinamento alla
speleologia alla fotografia di montagna. Purtroppo per il meteo
avverso, che quest’anno non ha
risparmiato nessuno, non è stato
possibile organizzare
l’intersezionale dell’AG che
quest’anno avrebbe dovuto essere
organizzato da Forlì in virtù delle
proprie capacità organizzative.
Lo Speleo Club Forlì, la cui attività a volte è misconosciuta poiché
si svolge sottoterra dove pochi
osano andare, anche quest’anno ha
avuto la sua dose di “luce” in parte
per l’attività che svolge dal 2011
nell’ambito del Progetto Diversamente Speleo che quest’anno li ha
visti impegnati nell’organizzare
una giornata in Veneto, alla Grotta
Buso della Rana, con 120 partecipanti in parte per l’adesione alla
festa che da qualche hanno a questa parte il Comune di Forlì organizza per festeggiare gli 800 anni
della Piazza Saffi che li ha visti
nuovamente appesi al campanile di
San Mercuriale a dare spettacolo
delle proprie abilità su corda. La
novità di quest’anno è stata quella
di accompagnare i due gemelli
Giulio e Giotto, i protagonisti delle
giornate DS, in cima al campanile
per fargli vedere la città dall’alto per
la prima volta nella loto vita. A
settembre è stata poi organizzata
una serata dedicata all’importante
tema dell’acqua che berremo che ha
visto la partecipazione del Presidente delle Federazione Speleologica
della Regione Emilia-Romagna,
dell’Assessore al Turismo del Comune di Forlì e di Romagna Acque
spa.
Infine, ma non per minore importanza ma perché sono i più
“giovani” vorrei ringraziare il gruppo Mountain Bike del CAI - Sezione di Forlì che è nato spontaneamente tra amici accomunati dalla
passione per la bici e la montagna
che sta portando in giro per le colline e le varie iniziative organizzate
sul territorio i colori della sezione
ben stampati sulle loro nuove divise.
L’attività escursionistica e di vie
ferrate, in Appennino e fuori regione anche di più giorni, è continuata
con la collaborazione dei soci che si
sono fatti carico dell’organizzazione
delle uscite, dai Sibillini, al Marguareis, dalle Dolomiti ai Pirenei.
Una novità di quest’anno ha riguardato lo strano connubio tra yoga e
trekking che è continuato anche con
l’organizzazione di una serie di
incontro sul benessere in montagna,
il primo del quale è coinciso con il
programma della Settimana del
Buon Vivere, organizzata dal Legacoop, a cui anche il CAI di Forlì ha
aderito. Così come ha aderito alla
Notte Verde, una bellissima serata
organizzata dal Comune di Forlì con
altri importanti partner istituzionali
(Camera di Commercio, Fondazione
tec), nell’ambito del quale è stato
organizzato un trekking urbano
lungo la via dell’acqua del Canale di
Ravaldino, con i racconti di Zelli e
Viroli sulle vicende che si sono
svolte lungo le sponde di questo
corso d’acqua che oggi è parcamente tutto ipogeo.
L’ultima iniziativa organizzata si è
svolta a ottobre, presso la sala proiezioni dell’Urlo, con la presentazione
del filmato girato in Bolivia da
Gianfranco Corradini, alpinista che
nonostante la sua disabilità realizza
imprese alpinistiche eccezionali.
Per quanto riguarda le relazioni con
i partner naturali della Sezione,
continua la pluriennale collabora-
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zione con il Parco delle Foreste Casentinesi e con la
nuova gestione del Rifugio Città di Forlì, dalla manutenzione ordinaria ed annuale dei sentieri CAI
all’interno del Parco alla segnatura straordinaria
dell’Alta Via dei Parchi per il tratto di competenza,
dalla organizzazione della serata in Piazzetta delle
Misura per presentare il film sull’Alta Via dei Parchi
alla organizzazione di Suoni dell’Appennino che ha
visto una buona partecipazione di pubblico in luoghi
molto affascinanti nelle varie vallate fino all’ultima
data organizzata ai prati della Burraia, in concomitanza
con il primo raduno di aquiloni che è stato organizzato.
Anche l’attività presso il Bivacco Cà di Rossi continua
sia per la manutenzione e miglioramento dei locali (è
in fase di completamento l’impianto fotovoltaico) sia
per l’organizzazione della annuale festa di compleanno
del bivacco che è sempre un momento conviviale e di
relax. Invece, la sede attuale della Sezione richiede
alcuni lavori di riorganizzazione dei locali che verranno a breve realizzati, si spera con la massima partecipazione dei soci che vorranno dare una mano.
Per quanto riguarda l’attività formativa dispiace segnalare che per mancanza di neve non è stato possibile
organizzare il corso di escursionismo invernale mentre
il corso di escursionismo e di vie ferrate ha avuto una
discreta adesione e si è costituito un bel gruppo di
giovani leve.
Dal punto di vista invece della formazione degli istruttori sezionali di escursionismo quest’anno partecipano
al corso organizzato dall’Otto Regionale due soci
mentre ai corsi TAM e ONC hanno partecipato tre
soci.
Infine, in vista della prossima adesione alla Scuola di
Pietramora sono stati già individuati 6 nominativi di
soci che faranno i corsi per istruttori sezionali di alpinismo.
L’augurio che faccio a tutti voi è quello di continuare
lungo questa linea ricercando la collaborazione di chi
potrà dare anche un piccolo ma pur importante contributo al buon svolgimento delle attività sezionali, portando nuove idee, nuove collaborazioni con le altre
associazioni del territorio e perché no anche con le
altre sezioni.
Dobbiamo fare rete, in tempi di crisi è l’unica soluzione per poter andare avanti!
Il Presidente
Paolo Proli
Fotografie dai grandi spazi, Walter Bonatti in mostra a Milano
Dal 13 novembre 2014 all'8 marzo 2015 il Palazzo della Ragione di Milano ospiterà la mostra "Walter Bonatti. Fotografie dai grandi spazi". L'esposizione è dedicata alla seconda vita
del fortissimo alpinista bergamasco, quella di
"esploratore del mondo", mondo che ha immortalato e descritto
in numerosi testi
ed immagini.
Walter
Bonatti
negli anni è riuscito a conquistarsi un privilegio raro: la possibilità di vivere
due vite. Dopo la
stagione di scalate, che lo hanno
reso
uno
dei
protagonisti
della
storia
de ll’a lpinis mo,
ha
deciso
di
cambiare i suoi
orizzonti e mettersi in cammino
alla volta delle regioni più lontane e affascinanti del pianeta dimostrando con il suo esempio,
le sue parole e soprattutto le sue immagini come l’uomo sia parte della natura.
Tëra Ramasêda
Novembre 2014
ALPINISMO GIOVANILE
SIBILLINI: MAI PIU’ SENZA...
di Marco Quattrini
27-29 giugno 2014
È da quasi trent’anni che ci penso… E non
parlo di una cima prestigiosa o una via di
roccia classica, una di quelle per intenderci
che hanno fatto la storia dell’alpinismo.
Sfogliando libri e riviste, alla ricerca di posti
interessanti per organizzare un campo mobile con gli scout, mi avevano affascinato i
Sibillini e in particolar modo il lago di Pilato. La fotografia di un luogo suggestivo , le
leggende sul perché di un toponimo così
singolare, le conferme degli amici marchigiani: tutto quanto (e gli anni) hanno alimentato questo desiderio di poterlo vedere dal
vivo. E l’aver frequentato i Sibillini quasi
prevalentemente in inverno e con meteo
pessimo, grazie ai corsi da aiuto prima e da
accompagnatore di Alpinismo Giovanile
poi, non ha fatto che alimentare questo
desiderio.
Così l’occasione è arrivata, complice il pessimo tempo
che ha caratterizzato l’estate 2014 in nord Italia. È
venuto quasi naturale organizzare la ormai classica tre
giorni estiva del gruppo di Alpinismo Giovanile verso
sud, anche per tentare di diminuire i costi, dovuti ai
rifugi e agli spostamenti in auto. Prima tappa è la Gola
dell’Infernaccio, itinerario turistico ma davvero suggestivo che risale il fiume Tenna, lungo un sentiero pieno
di sorprese e curiosità. A cominciare dalle
“Pisciarelle”, caratteristiche cascatelle di acqua gelata
che trasuda a
mo’ di doccia
dai pendii sovrastanti il sentiero.
Il percorso prosegue tra ponticelli, massi e
strettoie, fino a
sfiorare le pareti
ro cci o se
in
alcuni punti in
cui anche la luce
del sole fatica a
filtrare. Quando
la gola si allarga,
abbandonato il
sentiero principale raggiungiamo il sovrastante
Eremo di San Leonardo, costruito su i resti di un antico
punto di riscossione dazi.
Sabato è invece il grande giorno: da Foce ( 960 mslm)
imbocchiamo il lungo sentiero che attraversa il Piano
della Lardosa verso la piramide
del Pizzo del Diavolo, che
perdiamo di vista non appena ci
addentriamo nel bosco. Qui il
sentiero inizia a salire in modo
deciso (…”le Svolte”), fino a
quando non sbuchiamo nella
verdissima valle del Lago, dove
il pendio si addolcisce, ma non
troppo. Non nascondo che
questa prima parte è stata molto
faticosa, i ragazzi (dieci in
tutto) sono stati tutti bravissimi,
nonostante qualche inevitabile
brontolio dovuto alla salita, al caldo e al solito problema della gestione dell’acqua… Ma i mille metri di
dislivello e le quasi 4 ore impiegate a percorrere il
tragitto sono da considerare un’ottima performance da
parte dei nostri ragazzi. La meta ( 1940 mslm) poi è al
di sopra di ogni aspettativa: il lago, dalla tipica forma
ad occhiali, si trova in una vasta conca di origine glaciale, ed è contornata dal Redentore (m. 2448), dalla
Cima del Lago (m. 2422), dal Vettore (m. 2476), e dal
Pizzo del Diavolo (m. 2410). Il paesaggio ha il tipico
aspetto alpino e anche tutto il contorno contribuisce a
dare l’idea dell’alta montagna: i numerosi ghiacciai e i
ghiaioni, la flora con tanto di genziane e stelle alpine, i
numerosi gruppi di escursionisti. Poco distante, una
cordata sale per una via la parete rocciosa del Pizzo,
catturando l’attenzione non solo dei ragazzi. E, naturalmente, grande motivo d’attrazione è il Chirocefalo del
Marchesoni, minuscolo crostaceo (9-12 mm …!!) di
colore rossastro che sguazza nell’acqua del lago poco
lontano da riva. Dopo il pranzo e una breve lezione di
Andrea sull’alimentazione in montagna, la strada per il
ritorno è sì lunga, ma fatta in scioltezza e allegria.
E anche domenica il programma presenta
un’escursione altrettanto interessante e impegnativa.
Dal rifugio Sibilla (1540 mslm), nostro punto di appoggio in questi giorni, imbocchiamo il sentiero che
risale velocemente verso i l sovrastante monte Zampa.
Da qui la vista sulla sottostante gola dell’Infernaccio e
sul monte Priora è notevole, ma anche sul lato opposto
la sagoma del Gran Sasso evoca ricordi e suscita idee
per i prossimi anni. Il tragitto di giornata (la cresta che
porta alla cima del Monte Sibilla, m. 2173) è lì di
fronte a noi. Il saliscendi erboso ci porta in breve sotto
la corona, che superiamo con l'ausilio delle catene
fisse, dopo aver fato una breve deviazione verso quel
che resta della leggendaria grotta della Sibilla.
L'ampia cima erbosa ci permette una vista a 360° mozzafiato: il Vettore è lì di fronte a noi, con tutta le vette
che gli fanno da corona. Anche il tragitto che abbiamo
percorso ieri è ben visibile, al pari del mare e del Gran
Sasso, delle colline ascolane, delle cime del monte
Bove, del lago di Gerosa. Dopo una breve ricognizione
decidiamo di proseguire per la cresta, che diventa più
affilata e con qualche breve passaggio che richiede
ancora più attenzione. Poi la cresta va ad incontrare la
strada bianca che finisce nel
nulla, la stessa strada che
taglia a zig-zag la montagna,
visibile da km di distanza,
segno di deturpazione in nome
di un turismo insostenibile che
avrebbe dovuto “valorizzare”
questi luoghi alla fine degli
anni '60. La discesa poi al
rifugio lunga la grande zeta
bianca è lunga e fatta sotto il
sole battente, ma conclude una
tre giorni piena di belle sensazioni ed esperienze.
A mo' di conclusione, grazie ai nostri ragazzi per l'impegno, la disponibilità e l'attenzione verso i luoghi che
ci hanno ospitato. Grazie anche a Paola, Claudio e
Andrea senza il cui supporto non avremo potuto organizzare e gestire questa tre giorni. E soprattutto grazie
ai monti Sibillini che con pazienza hanno aspettato tutti
questi anni per svelarsi in tutta la loro bellezza e il loro
fascino unico. Ai prossimi anni perché non potranno
più mancare nei programmi del gruppo di Alpinismo
Giovanile.
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Tëra Ramasêda
Nadelhorn, 4327 mt
Aria sottile del Vallese (Svizzera)
di Mauro Cappelli
Da tempo conservavo un articolo ritagliato da una
rivista di montagna, che descrive con parole
“mirabolanti” una traversata in cresta da fare con piccozza e ramponi: la Nadelgrat.
“Grat”, in lingua tedesca, significa “cresta” e Nadelgrat
è quindi traducibile con “cresta del Nadel”.
Poi, l’abitudine (sempre tedesca) di coniugare il nome
della montagna con l’appellativo “corno”, (horn) fa
diventare il Nadel “Nadelhorn”.
Il Nadelhorn è una cima di 4327 mt situata nella catena
dei Mischabell nel vallese, un paradiso di vette ghiacciate posto interamente in territorio svizzero, qualche
Km a nord della bastionata di confine italo-svizzera
formata da Monte Rosa e Cervino.
Per tornare alla Nadelgrat, c’è da dire che, in realtà,
con questo nome, non si identifica “solo” la cresta del
Nadelhorn ma una lunga traversata di vette che trova
nel Nadelhorn il suo culmine.
Per raggiungere la cima del Nadelhorn è infatti necessario oltrepassare altre 3 cime superiori ai 4.000 mt. di
quota.
Il Nadelhorn quindi, rappresenta il culmine di una
galoppata attraverso la quale si toccano 4 cime oltre
quota 4.000 e Nadelgrat è il nome che identifica questa
magnifica galoppata in quota a fil di cielo.
Ma andiamo con ordine…..
La base per partire è Sass Fee, paesino svizzero in cui
la circolazione coi mezzi a motore è del tutto interdetta.
Chi arriva a Sass Fee si trova la strada “sbarrata” da un
mega parcheggio multipiano dove tutti, e quando dico
tutti, dico proprio tutti, anche i residenti per capirci,
devono lasciare l’auto, la moto o qualunque altro mezzo di trasporto che funzioni a scoppio.
Nel parcheggio si entra in auto e si esce a piedi.
Ogni struttura ricettiva (albergo, hotel, B&B, ecc…) è
dotata di un vagoncino elettrico col quale viene effettuato il trasporto delle merci dal parcheggio all’interno
del paese.
I vagoncini trasportano anche i turisti più pigri e i loro
bagagli portandoli dal parcheggio alla residenza che
hanno scelto per la loro vacanza.
Il parcheggio è a pagamento (sono gratuite le prime 3
ore, poi scatta il tachimetro) e, in funzione del tempo
che si resta parcheggiati, cambiano le tariffe (se non
ricordo male per l’auto la tariffa è di 14 CHF franchi
svizzeri al giorno, corrispondenti più o meno a 11 Euro
giornaliere).
Io ho fatto base più in bassa valle a Sass Grund (che è
il paesino prima di Sass Fee) dove si trovano 3 campeggi (a Sass Fee non ce ne sono) che per una tenda
igloo, l’auto e 2 persone ti chiedono 35 CHF a notte.
I servizi igienici sono
tenuti puliti con gli standard svizzeri e l’acqua
calda è compresa nel
prezzo, non male dai.
Comunque arriva il giorno in cui si smonta la
tenda, si esce dal campeggio, si va a parcheggiare a Sass fee e ci si
incammina per la Nadelgrat.
La base logistica più
comoda per il giro è il
rifugio Mischabelhutte di
proprietà del CAS (il
Club Alpino Svizzero).
Il rifugio è molto accogliente, profuma di resina
e di legno e se avete la
fortuna che è capitata a
noi di dormire nella
“Hollandia room” non
sarete stipati in scomode
e multipiano cuccette ma distesi uno di fianco all’altro
su materassi disposti a terra a semicerchio: stanza
spaziosa, pulita, e ben arieggiata, molto diversa dagli
standard “a sardina” su cui molti rifugi d’alta quota
sono impostati.
Il Mischabelhutte è posto a 3340 mt, Sass Fee è a 1800
mt, per cui il dislivello da fare a piedi per arrivarci è di
circa 1550 mt che, tradotto in tempo, significa 4 o 5
ore a seconda del passo (naturalmente senza fare le
corse).
Il rifugio è gestito da 4 ragazze poco più che ventenni
una delle quali riesce, sforzandosi, a parlare anche un
pò di italiano.
In alternativa, con inglese e francese tutte vi capiscono
(oltre naturalmente al tedesco che è la lingua ufficiale
di questo cantone della Svizzera).
Sul cibo non mi esprimo, primo perché i gusti sono
soggettivi e secondo perché se uno cerca il gourmet
non deve andare in Svizzera a cercarlo e men che meno
in un rifugio a oltre 3000 mt dove tutto viene trasportato con l’elicottero bianco e
rosso dell’Hair Zermatt.
Comunque, che vi sia piaciuto o no, il bis viene proposto e concesso e alla fine
della cena la panza l’avete
sicuramente riempita.
Se volete fare un investimento molto remunerativo,
portatevi nello zaino l’acqua
da bere…. Lo so che pesa
ma al rifugio una bottiglia di
plastica da un litro e mezzo
ve la fanno pagare 14 CHF.
Io, oltre ad un paio di bottiglie, avevo anche 2 bustine
di sali, finita la “mia” acqua
ho utilizzato quella di fusione che viene dai rubinetti
(non potabile) a cui ho
aggiunto i sali….Sono sopravvissuto e non ho avuto
nessuna conseguenza.
Dunque siamo pronti per la
Nadelgrat.
Tecnicamente, la difficoltà è AD+….. Ci sono creste
nevose (non troppo affilate), tratti di roccette infide
alternate a tratti in cui la roccia risulta invece più solida
e affidabile con passaggi mai superiori al III° grado
(naturalmente da fare coi ramponi ai piedi e i guanti
nelle mani).
Quando abbiamo lasciato il rifugio erano le 5 di mattina.
Novembre 2014
Si parte subito in salita per una costola rocciosa che in
mezz’ora porta sul pianoro del ghiacciaio il cui nome,
fra varie h e varie k, è impossibile da pronunciare (e
direi anche da scrivere).
Dopo un tratto quasi pianeggiante, il pendio si impenna
nuovamente fino ad arrivare al Windjoh.
A questo punto la quota guadagnata viene persa quasi
tutta perché si scende il ripido pendio (40-45°) dalla
parte opposta per andare a reperire il canale che porterà
finalmente in cresta.
Il canale che normalmente si sale per raggiungere la
cresta e cominciare la cavalcata era in condizioni pietose per cui abbiamo optato per una soluzione più lunga
ma ben più sicura e siamo saliti lungo un altro canale
che ci ha fatto guadagnare la cresta a monte del primo
4000 della giornata: il Dirruhorn 4035 mt.
Questo canale arriva a pendenze di 50-55° ma la buona
condizione della neve (dura e compatta al punto giusto)
ci consente di progredire di conserva e riusciamo così a
superare un paio di cordate che procedevano a tiri di
corda.
L’esposizione a Est si questo canale (prende il sole
subito di primo mattino) ti preclude la possibilità di
ritirata perché scenderlo in pieno sole vorrebbe dire
esporsi a rischi oggettivi troppo elevati.
Per rendersene conto basta guardare la base del canale
dove sono depositati blocchi di ghiaccio e pietre di
varia dimensione messe in moto dall’innalzamento
delle temperature durante la giornata.
In vetta al Dirruhorn ci si arriva superando un’anticima
e una placca fessurata che risulterà forse il passaggio
tecnicamente più impegnativo della giornata.
Dalla vetta del Dirruhorn si vede tutta la nostra cresta
con in successione le cime dell’Hohbaghorn, dello
Stecknadelhorn e, da ultimo, del Nadelhorn.
Vista da qui, la cresta si svela in tutta la sua lunghezza:
è bellissima ma solo da qui, dopo che sono già passate
quasi 5 ore da quando abbiamo lasciato il rifugio, ti
rendi conto di cosa ti aspetta prima di poter mettere la
parola fine alla giornata.
Dunque siamo in vetta al Dirruhorn, primo 4000 di
oggi e la nostra prossima metà è l’Hohbaghorn
4219mt.
Dalla vetta del Dirruhorn si scende lungamente per
roccette instabili seguendo sempre, più o meno fedelmente, il filo di cresta.
L’orientamento non è un problema, la giornata sta
rispettando le aspettative delle previsioni regalandoci
un cielo cobalto come solo in alta quota capita di vedere e la totale assenza di vento rende piacevole anche la
temperatura.
In un’ora arriviamo al colle che separa il Dirruhorn
dall’Hohbagohorn: si riprende nuovamente a salire
lungo la cresta prima di neve con qualche cornice, poi
di roccia, poi ancora di neve che ci porta, infine, ai
4219 mt dell’Hohbaghorn (2° 4000 di giornata).
Dalla vetta dell’Hohbaghorn la vista spazia fin dove
l’occhio può arrivare a vedere.
Il Cervino (pardon, qua si chiama Matterhorn) sembra
di toccarlo solo allungando una mano, anche tutto il
gruppo del Rosa è schierato con Liskamm, Polluce,
Pagina 4
Castore, Roccia Nera e Breithorn.
Girandosi di 180° e volgendo lo sguardo verso nord fa
bella mostra di sé il gruppo montuoso delle Alpi Bernesi comprendente Jungfrau, Monch e Eiger.
Tutt’intorno cime, vette, ghiacciai, rocce, poi solchi
vallivi e ancora cime, vette ghiacciai e rocce in una
teoria e in una successione che sembra non avere fine.
Dalla cima dell’Hohbaghorn la discesa al colle che lo
divide dal 3° 4000, lo Stecknadelhorn, è tutta nevosa e
si arriva al colle piuttosto velocemente.
Da qui la salita allo Stecknadelhorn è su roccia con
tratti di arrampicata non difficili ma nemmeno troppo
banali.
Il filo di cresta si lascia un po’ a sinistra perché sulla
destra sembra sia più agevole guadagnare quota (come
confermano i numerosi segni e graffi lasciati sulla
roccia dai ramponi di tutte le cordate che salgono questa cresta).
Due graffi in più e anche i nostri ramponi arrivano in
cima allo Stecknadelhorn 4242 mt.
E con questo fanno 3!
La stanchezza comincia ad affiorare, la fame e la sete
sono tenute a bada dalla tensione e dall’adrenalina che
ancora gira nelle vene perché la giornata non è affatto
finita e manca ancora l’ultimo sforzo da compiere: la
salita all’ultimo 4000, il più alto di oggi, quello che da
il nome a questa cresta, il Nadelhorn.
Una barretta, un sorso di Coca (non voglio far pubblicità ma una bottiglia di Coca Cola da mezzo litro nello
zaino non manca mai quando faccio queste
“scarpinate” a fil di cielo), la foto sulla vetta e anche la
cima dello Stecknadelhorn ce la lasciamo alle spalle.
Manca solo il Nadelhorn, ma il Nadelhorn è un vero
bastardo!
Non continui per cresta fino a salirne la cima.
Ad un certo punto la cresta l’abbandoni (perché diventa molto più difficile) e con un lungo traverso sotto la
cima ti colleghi alla via normale che sale da sud-est.
Da qui scenderai al rifugio chiudendo il giro, quindi
non sei “obbligato” a salire in vetta al Nadelhorn…..
Se vuoi fare la cima ti spari i 2-300 mt di salita che ti
mancano poi li ripercorri in discesa per tornare indietro.
La tentazione di non salire in vetta all’ultimo 4000, ma
di iniziare subito la discesa da qui, è forte e non si
devono ascoltare le sirene incantatrici che ti ricordano
(se ce ne fosse bisogno) da quante ore sei fuori, quanto
ti bruciano le gambe, quanto sarebbe bello sedersi nel
rifugio davanti ad un piatto di zuppa fumante.
Devo dire che Marisa si è superata!
Durante tutto il lungo traverso sotto la vetta del Nadelhorn pensavo: quando arriviamo sulla normale vorrà
scendere, è un peccato ma a questo punto della giornata cosa posso dirle?
Solo che è stata brava, comunque vada e comunque
Tëra Ramasêda
deciderà di fare!
Anzi, è stata bravissima!!
Con questi pensieri arriviamo alla traccia della via
normale.
Qui non abbiamo nessun riparo dai venti di nord-ovest
che si sono alzati impetuosi con raffiche davvero notevoli.
Non dico niente; mi chiudo il cappuccio della giacca,
mi alzo la bandana che ho al collo fin sopra il naso per
cercare riparo dal vento e prendo lentamente la traccia
di salita.
Penso: adesso mi dice di non andare, saltiamo questa
cima e torniamo al rifugio, in fondo ne abbiamo saliti 3
di questi giganti e questa giornata sarà comunque un
piacevole ricordo per parecchio tempo …..Non riesco a
salire, questo vento mi sta portando via l’anima, voglio
tornare indietro……
Invece niente, io salgo aspettando che ad ogni passo lei
pronunci queste parole ma da dietro non arriva nessuna
protesta, nessun lamento….I 5 mt di corda che ci collegano mi seguono senza strappi e senza interruzioni.
Dal bivio abbiamo già guadagnato 50 mt, poi 100, poi
200 poi un ultimo tratto dove il pendio si impenna e
sopra quello la cima!
Nadelhorn, 4327 mt!!
Siamo sul 4° 4000 di questa giornata infinita!
La discesa al rifugio sarà un calvario, Marisa sa che
non deve ancora mollare la tensione ma sa anche che il
più ormai è fatto.
Questo pensiero inevitabilmente le fa abbassare la
guardia: piccoli e grandi dolori tenuti fino ad ora “sotto
traccia” dalla tensione, tornano prepotentemente alla
luce.
Gli alluci le fanno male, sente che le si sono formate
delle vesciche ai piedi, un dolore dietro al ginocchio le
impedisce quasi di camminare.
Le ore passano e con loro anche la capacità di stringere
i denti per un ultimo e definitivo sforzo.
Le gambe si muovono per inerzia, il corpo le asseconda ciondolando ora a destra, ora a sinistra.
Quando entriamo nel rifugio sono le 19….da quando
siamo partiti sono passate 14 ore.
Una broda color pomodoro sporco riempie i nostri
piatti, sicuramente fa schifo ma va giù che è una meraviglia e sembra persino buona, tanto che chiediamo il
bis e anche il tris!
Domani si scende a valle, si torna a Sass Fee, al parcheggio, alla macchina e in Romagna.
Domani è un altro giorno, oggi però ce la siamo davvero goduta!
Nadelgrat…..Chi vuol farsi una piccola scorpacciata di
4000 si faccia pure avanti, noi abbiamo già dato!
Bellissimo!!!
Novembre 2014
Un gruppo alpinistico
al CAI di Forlì… quasi per caso
di Ivano Bartolozzi
E’ il novembre
del 2013 quando,
quasi per caso, mi
ritrovo in una
assemblea dei soci
CAI, con un consiglio
direttivo
dimissionario e in
grave difficoltà a
comporre il nuovo. Si polemizza e
si discute sulla
ma n ca n za
di
attività alpinistica
nella sezione. L’assemblea continua poiché non si
trovano candidati sufficienti a votare il consiglio, si
ipotizza di rinviare l’elezione.
Sono molto amareggiato da tutto ciò. Nonostante siano
tanti anni che non svolgo attività in sezione, ma sono
ancora sentimentalmente molto legato. Affiorano in me
tanti ricordi legati al CAI e al mio passato alpinistico…
la prima volta in Dolomiti affascinato dalla maestosità
dell’ambiente, eccitato dalla verticalità e
dall’esposizione di quel mondo di pareti immense e
guglie aguzze, quando scoppiò irrefrenabile in me la
grande passione per la montagna e per l’arrampicata…
gli approcci da autodidatta con manovre di corda e
nodi e la ricerca di tutti gli affioramenti rocciosi forlivesi per affinare la tecnica di arrampicata… le mie
prime salite da capocordata sulle classiche vie delle
Torri del Vaiolet… la qualifica di Istruttore Sezionale
di Alpinismo e la direzione dei primi corsi di arrampicata sezionali… la nascita del primo Gruppo Roccia
della sezione… le entusiastiche aperture di nuove vie
nella Gola di Frasassi… poi le tante salite nelle falesie,
in Gran Sasso e in Dolomiti con tanti e diversi compagni di cordata.
Forse un sopito senso di colpa per aver abbandonato
per tanti anni l’attività alpinistica nella sezione, mi
spinge ad alzare timidamente la mano per candidarmi
consigliere. Vengo eletto e rientro così dopo tanti anni
nella vita attiva della sezione come responsabile del
settore alpinistico.
Questa attività da molti anni è scarsamente rappresentata nella sezione di Forlì e l’obbiettivo del consiglio è
di cercare di entrare a far parte della Scuola di Alpinismo Pietramora per dare una opportunità ai soci forlivesi di formazione e crescita alpinistica.
Paolo Proli, il nuovo presidente, è molto determinato e
spera fortemente di raggiungere questo “sogno”. Con
lui mi ritrovo, un po’ spaesato, in una riunione di tutti
presidenti delle sezioni Romagnole CAI a contrattare
le condizioni per entrare nella Scuola di Alpinismo: ci
viene chiesto di portare “in dote” otto nuovi aspiranti
istruttori per incrementare il corpo istruttori della scuola; solo così sarà possibile allargare l’accesso ai corsi
anche soci di Forlì.
Missione impossibile!!! Sono più di venti anni che
sono completamente fuori dall’ambiente alpinistico
forlivese, non ho più contatti con nessuno. In sezione
conosco Piermatteo Sassi, già istruttore regionale di
alpinismo e Marco Quattrini Istruttore dell’alpinismo
giovanile che più volte nelle assemblee di sezione
aveva sollecitato il consiglio ad impegnarsi per far
entrare la sezione nella scuola di alpinismo.
E’ tramite loro che scopro piano piano che a Forlì ci
sono molti esperti alpinisti. Con un veloce giro di
telefonate riusciamo a formare un piccolo gruppo di
lavoro agganciando Mauro Capelli e Paolo Tiezzi,
entrambi già istruttori della Scuola Pietramora. Con
loro abbozziamo un primo progetto di attività di stage
di arrampicata in primavera.
Alla palestra Strocchi di Faenza conosco Gabriele
Sintoni, un “vulcano” di idee e progetti, che è entusiasta all’idea di avviare un’attività alpinistica nella sezione CAI di Forlì. Seguirà un serrato confronto, con un
fitto scambio di mail tra tutti i componenti di questo
piccolo “gruppo di lavoro”, dal quale piano piano
germoglia l’idea della costituzione di un gruppo alpini-
Tëra Ramasêda
Pagina 5
stico… Comincia a girare la voce nell’ambiente e
grazie all’azione promozionale di una figura carismatica come Mauro e alla travolgente capacità comunicativa di Gabriele, ad una prima convocazione degli interessati raccogliamo più di trenta adesioni al progetto.
Un successo insperato! E tanto entusiasmo. Si parte per
la costituzione del gruppo: approvazione dello statuto,
elezione del consiglio direttivo, adozione del nome,
programma annuale dell’attività, apertura di un gruppo
su Facebook e il 25 marzo 2014, in una sala gremita di
più di cento persone la presentazione ufficiale: è nato il
Gruppo Alpinistico della Sezione CAI Forlì “I Ghiri Di
Romagna”!!!
Da non credere!!! In tre mesi dal nulla alla costituzione del primo gruppo alpinistico di una sezione CAI
in Romagna.
E da marzo ad oggi grande adesione a tutte le
uscite a Stallavena, Gaeta, Pietra di Bismantova, Val
Canali, Marmarole, Arco e alle serate didattiche su
tecnica e materiali… e poi la progettazione del logo, la
stampa degli adesivi e delle magliette… e tanti progetti
per il futuro…
Grazie Ghiri!!!
Gruppo Alpinistico Ghiri di Romagna
PROGRAMMA NOVEMBRE/
DICEMBRE 2014
Appuntamenti in programma:





Venerdi 21 novembre, presso palestra
Bloc Station quarta serata " Stage di
allenamento all'Alpinismo"
Domenica 23 novembre, uscita ad
Arco
Venerdì
"Norway"
28
novembre,
serata
Venerdì 5 dicembre serata "Himalaya
2014 - Mera Peak 6425 mt - Deserti di
suoni, quota e neve"
19/21 dicembre "Complighiaccio"
Per informazioni:
[email protected]
IL FIUME RONCO FRA LA VIA
EMILIA E MAGLIANO
I MEANDRI DEL FIUME RONCO
Lettera aperta di Umberto Martini,
Presidente generale del Club Alpino
Italiano ai Soci CAI e agli amanti della montagna
L'in c ont ro
c on
Paolo Sesti, presidente della Federazione Motociclistica Italiana, ha
suscitato un dibattito molto vivo e
interessante all'interno del CAI.
Dopo aver seguito il
percorso di riflessione interna del Comitato centrale di indirizzo e controllo, della Conferenza dei Presidenti regionali CAI e
del Comitato direttivo centrale voglio portare a più
ampia conoscenza le nostre posizioni.
L'incontro con il presidente della FMI, è stata un'occasione per far conoscere le ragioni e i valori del CAI a
chi parte da posizioni e interessi a noi contrapposti, e
certamente anche per ascoltare quelle dei motociclisti.
Qualcuno, partendo dal comunicato stampa che rendeva noto l'incontro, ha sostenuto sulla stampa che da
esso sia derivato un accordo: ciò è pura fantasia non
c'è né ci sarà alcuna concessione o deroga sulla
nostra posizione circa la frequentazione motorizzata
contro la legge sui sentieri e mulattiere di montagna. Allo stesso modo non si è mai affermato che gli
interessi di escursionisti e motociclisti siano equivalenti, anzi ribadisco che sono inconciliabili.
Ribadisco che il CAI ha sempre condotto e continuerà
a condurre le proprie battaglie contro la frequentazione
indiscriminata dei sentieri di montagna con i mezzi
motorizzati. La realizzazione dei sentieri, come dei
rifugi, è sin dall'inizio della nostra storia uno degli
elementi centrali della missione del CAI. La frequentazione e la tutela delle Terre alte è per me, e per il CAI,
condizionata ai principi espressi nel nuovo BiDecalogo, che sono prima di tutto un codice di autoregolamentazione che i nostri Soci si sono dati. Ricordo
anche le Tavole di Courmayeur e la Charta di Verona.
Il CAI è fortemente impegnato per ottenere la revisione del codice della strada. Gli interessi in gioco sono
numerosi e molte sono le lobby che faranno pressione.
Tra queste vi sono quelle legate al mondo dei motori,
che hanno alle spalle non solo molti motociclisti, fuoristradisti e quaddisti, ma anche grandi interessi industriali e non solo. A questo proposito pongo una questione e cioè, in vista dell'obiettivo di ottenere la modifica del codice della strada, considerati gli esiti delle
recenti battaglie perse, non dobbiamo, ora più di prima,
mettere in campo tutte le possibili strategie per la creazione di quell'ampio consenso che ci consentirà di
essere ancor più incisivi per la difesa e la tutela
dell'ambiente alpino? Credo di sì.
Penso che a fianco delle giuste e dure azioni di contrasto come quelle della Lombardia e dell'EmiliaRomagna, che ho sostenuto, sostengo e sosterrò, abbiamo il dovere di continuare a spiegare e far conoscere in tutte le possibili occasioni di dialogo e confronto, anche a motociclisti e utilizzatori di mezzi motorizzati, i principi del nostro Bi-decalogo. Primo fra
tutti che la montagna è un ecosistema fragile, da tutelare e che dobbiamo restituire alle future generazioni.
Insieme alle altre Associazioni ambientaliste abbiamo
elaborato un documento indirizzato al Presidente del
Consiglio che verrà diffuso nei prossimi giorni. Nel
documento, oltre a dedicare un paragrafo specifico alle
Terre alte, chiediamo di modificare il Codice della
strada per rendere esplicito il divieto di circolazione
ai mezzi motorizzati, fuoristrada e motoslitte su
sentieri e mulattiere. Chiediamo l'istituzione di un
Catasto nazionale dei sentieri e delle mulattiere e
che venga ridefinita la mappa di sentieri e mulattiere,
anche riclassificando carrarecce, carrozzabili e strade a
fondo naturale. Inoltre chiediamo di introdurre il divieto assoluto dell’uso di natanti a motore nei laghi alpini
ed appenninici superiori ai 1000 metri d’altezza.
Il CAI non ha timore né di confrontarsi in un tavolo né
di intraprendere azioni di lotta. Il CAI a cui penso è
Novembre 2014
quello che gestisce il confronto per non subirlo. Credo,
infine, che insieme alle azioni di rete con le altre Associazioni ambientaliste, confrontarsi con chi ha interessi
contrapposti al nostro, senza mai derogare dai principi
del Bi-decalogo, significhi mettere in atto una coraggiosa azione di sensibilizzazione e di educazione
ambientale rivolta al più ampio pubblico possibile
con l'obiettivo di rendere ancora più forte la nostra
politica ambientale.
Umberto Martini
Presidente generale Club Alpino Italiano
CORSO DI ESCURSIONISMO
CON CIASPOLE
DAL 20 GENNAIO AL
24 FEBBRAIO 2015
Lo scopo del corso é quello di fornire le principali
conoscenze per muoversi su pendii nevosi, anche non
battuti, sapendo scegliere di volta in volta il tracciato
più facile e a riconoscere i percorsi più sicuri.
Durante la formazione verranno fornite nozioni sulla
nivologia, la prevenzione delle valanghe, sull' orientamento e l'utilizzo della cartina, della bussola e dell'altimetro. Utilizzando le conoscenze acquisite saprete
progettare un'escursione con le ciaspole, scegliendo gli
itinerari più adatti per godere appieno la montagna
anche in inverno.
Ogni allievo per partecipare al corso dovrà produrre un
certificato medico di idoneità alla pratica sportiva non
agonistica.
La partecipazione al corso di Soci minorenni è subordinata all’autorizzazione da parte di chi ne esercita la
podestà con apposita dichiarazione.
E' obbligatoria l'iscrizione al Club Alpino Italiano.
L'ammissione al Corso prevede il versamento di una
quota di iscrizione che comprende esclusivamente le
dispense sugli argomenti trattati nelle lezioni, l'uso
dei materiali della Sezione del CAI, l'assicurazione
contro gli infortuni e le spese generali di organizzazione del Corso.
LEZIONI TEORICHE
20 gennaio: Organizzazione e struttura del CAI
Equipaggiamento e materiali
27 gennaio: Ambiente innevato
Preparazione fisica e movimento
Alimentazione
Cartografia e orientamento
3 febbraio: Nivologia e valanghe - Meteorologia
10 febbraio: Autosoccorso in valanga
Elementi di primo soccorso
Soccorso Alpino
17 febbraio: Organizzazione di una escursione
24 febbraio: Chiusura del corso
Test di apprendimento
LEZIONI PRATICHE
25 gennaio: uscita in Appennino - equipaggiamento
e materiali – progressione su neve
1 febbraio: Uscita in Appennino
Cartografia e orientamento
9 febbraio: Nivologia e gestione del rischio
Autosoccorso
20/21 febbraio: Uscita in Dolomiti
Organizzazione di una escursione
Per informazioni:
Giorgio Assirelli (E.A.I.): tel. 389 7807323
C.A.I. Forlì: tel. 338 7601333
[email protected]
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Tëra Ramasêda
DIVERSAMENTE SPELEO
La solidarietà rende possibile a tutti l’esperienza del mondo sotterraneo
A cura di massimo (Max) Goldoni
Testi di Elisa Ponti - foto S-Team CAI Dolo
''Diversamente Speleo" è una rete di ''situazioni'' dove
speleologi con diversi gradi di esperienza, ma eguale
volontà ed entusiasmo, si organizzano per accompagnare disabili in grotta. Le disabilità possono essere
fisiche, psichiche, complesse, congenite o conseguenza
di infortuni. Sono, quindi, accompagnamenti in un
ambiente sempre severo che richiedono molte presenze
umane, tecnica e accorgimenti. È certo meritevole che
persone con conoscenza o semplice passione per il
mondo sotterraneo si impegnino per farlo visitare a
quanti sono impossibilitati a frequentarlo, pur manifestando curiosità e interesse. L'esperienza è partita da
disabili e speleologi che già si conoscevano e che
hanno creato avventure sotterranee imprevedibili e non
prive di fascino. Questi eventi hanno suscitato interesse, si sono ripetuti, hanno avuto un rilevante impatto
mediatico. È indubbio che fare del bene fa bene, a chi
il bene lo fa e a chi il bene lo riceve. Ma è anche evidente che la moltiplicazione delle esperienze, l'istituzionalizzazione, minimale eppure inevitabile, impone
alcune questioni affatto secondarie. Gli accompagnamenti devono sempre essere valutati e, soprattutto, le
persone disabili devono rimanere al centro. Devono
essere loro a richiedere l'esperienza. Loro o chi li segue
in percorsi esistenziali segnati da enormi difficoltà
individuali e famigliari.
La montagna, fuori. e dentro, può essere una straordinaria palestra di solidarietà. Ovviamente, oltre alla.
buona e indispensabile volontà, occorrono competenza,
risorse e un giusto equilibrio tra il far conoscere e la
discrezione mediatica.
COS'È "DIVERSAMENTE SPELEO"?
"C'erano una volta, e ci sono ancora, due bambini, di
cui uno disabile; forse sognavano entrambi di fare
l'astronauta da grande .... Oggi fanno speleologia,
insieme!"
Queste sono alcune delle parole che si trovano nella
home page del sito ufficiale dedicato al Progetto Diversamente Speleo e che forse meglio di tante altre possono spiegare la filosofia del progetto. Un primo approccio alla speleoterapia era stato realizzato dal pugliese
Team Argod che aveva impostato il proprio intervento
su basi mediche e scientifiche.
Quello che invece è nato da un'idea dello Speleo Club
Forlì poggia su basi solidaristiche. Tutto è nato dal
desiderio di portare in grotta due gemelli tetraplegici
dalla nascita, che avevano manifestato un interesse per
la speleologia. Evidentemente, per loro questo interesse rischiava di rimanere solo un desiderio irrealizzabile.
La realizzazione di questa idea non è stata semplice.
Innanzitutto, occorreva pensare alla messa in sicurezza
dei ragazzi che vivono sulla sedia a rotelle e che hanno
una mobilità limitatissima.
Il primo segnale di approvazione all'iniziativa arrivò
dal gruppo Bertarelli di Gorizia che consegnò due
barelle utilizzate dal soccorso, lasciandole allo Speleo
Club Forlì in prestito permanente. Soprattutto, si incontrò subito l'entusiasmo degli altri soci dello SCF,
che si resero disponibili all'accompagnamento dei due
gemelli nella Grotta Tanaccia a Brisighella.
IL PRIMO INCONTRO NAZIONALE
A BELLEGRA
Dopo le prime iniziative locali, che singoli gruppi
organizzarono nei propri territori. è nata l'esigenza
di unirsi e di pensare a eventi di portata nazionale.
Il primo è stato organizzato nel 2012 nella grotta di
Bellegra, in Lazio. A seguito dell'ampia adesione degli
speleologi, ma anche di partecipanti non appartenenti al
mondo della speleologia, venne concordato di organizzare un successivo incontro a valenza nazionale
frutto di quella che si può definire una "speleologia
trasversale", una bella esperienza da condividere con
quanti già fanno queste attività per mettere a disposizione la conoscenza maturata con chi vorrebbe
svolgere uscite con i disabili. Su Facebook nacque quindi un gruppo denominato "Diversamente
Speleo" con l'obiettivo di tenere in contatto tra loro gli
organizzatori e i partecipanti. In rete cominciano a
girare post, video e foto.
In vista del successivo incontro fissato per il 2013, emerse
immediata l'esigenza di dotare i gruppi di barelle, specifiche attrezzature utilizzate anche dal Corpo Nazionale
del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS), che
consentono di trasportare in grotta anche i disabili con
handicap molto grave che impedisce la deambulazione.
Novembre 2014
IL SECONDO EVENTO NAZIONALE
A FRASASSI
La seconda edizione della giornata Diversamen-te
Speleo, il 16 giugno 2013 a Frasassi, ha visto la partecipazione di una ventina di disabili, che hanno
potuto visitare la Grotta del Mezzogiorno accedendo
dall'ingresso basso, dato che in quel tratto la grotta
ha uno sviluppo orizzontale e quindi consente un
passaggio con barelle e non, in sicurezza.
L'organizzazione logistica di questa uscita è stata particolarmente complicata, ma la giornata è servita a dimostrare che è possibile effettuare uscite in grotta con
disabili. Per questo l'esperienza è stata portata come
testimonianza anche al raduno nazionale di speleologia
di Casola 2013. Nel recente raduno che si è tenuto a
giugno 2014 a Grottaglie, queste considerazioni sono
state riprese e il dibattito si è ulteriormente approfondito, dato che gli aspetti da considerare sono molteplici e complessi.
GLI SVILUPPI FUTURI
Diversamente Speleo è diventata una realtà molto
radicata nella speleologia italiana, tanto che, a soli
tre anni dalla sua ideazione, si registrano iniziative
in molte regioni d'Italia, dalla Sicilia al Veneto.
L'auspicio e che
questo fenomeno non sia solo
una moda ma
che diventi un
percorso stabile e condiviso
anche
dalla
c o m u n i t à
scientifica, alla
quale si chiede
un coinvolgimento
nella
lettura
del
fenomeno anche
dal punto di
vista dei risultati in termini
di 'guada gno di
salute'.
Empiricamente,
per ora l'unico
indicatore che
possiamo utilizzare è il sempre
crescente coinvolgimento, sia de gli a cc o mpa gna t ori, sia d ei
ragazzi che hanno già vissuto l'esperienza e la vogliono ripetere <<Attualmente - ci racconta Carlo Catalano - sono disabile, ma prima sono andato spesso in
grotta, facevo anche parte del Soccorso. Per molti sarà
normale andare in grotta, ma per me in questo momento, è una cosa eccezionale. C"e stato un periodo.
molti anni fa, che anche per me era una cosa abituale
ma, adesso, se non mi portano altre persone è un
mondo proibito>>.
Le immagini a corredo dell'articolo documentano l'appuntamento di
Diversamente Speleo tenuta al Buso delta Rana (VI) il 5 luglio 2014
Tëra Ramasêda
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Novembre 2014
DELEGA PER VOTAZIONE NELL’ASSEMBLEA DEL 20/11/2014
DELEGA
Il sottoscritto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
delega il Socio, . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
a rappresentarlo nell’Assemblea del 20 Novembre 2014 ed a votare in sua vece.
Forlì, lì . . .
. . . . . .
Il Socio delegante
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