Anno XXV - N. 1 - Marzo 2014 - sped. A. P. - 70% - DCB Modena e 5,16 La Colposcopia in Italia SICPCV CLaolposcopia in Italia SICPCV Colposcopia in Italia La Organo Ufficiale della Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale ANNO XXV - N. 1 Marzo 2014 Comitato di Redazione Direttore Responsabile Fausto Boselli Comitato Scientifico Carinelli Silvestro (Milano) Chiossi Giuseppe (Modena) Fidelbo Melchiorre (Catania) Gallia Laura (Asti) Giunta Antonio (Partinico, PA) Tortolani Francesca (Modena) Visci Paolo (Pescara) Sommario Lo screening del cancro del collo dell’utero nel mondo Carlo A. Liverani Protocolli diagnostici delle masse annessiali F. Sopracordevole, F. Mancioli Rubriche Ricordando Aldo Vecchione 21 3 Accreditamento professionale in colposcopia e fisiopatologia del tratto genitale inferiore a cura della SICPCV 31 Notiziario della società 32 Annuncio congresso nazionale SICPCV 20 Studio Multicentrico sulle VaIN 28 Coordinamento Editoriale Perino Antonio (Palermo) Peroni Mario (Ascoli Piceno) Piccoli Roberto (Napoli) Redazione 41043 Casinalbo (Mo) Via Brescia, 5 Tel. 059 551685 Fax 059 5160097 Autorizzazione del Tribunale di Ascoli Piceno Iscr. al Reg. Stampa n. 196 del 14-03-1983 Stampa/Pubblicità Tipolitografia F.G. snc Strada Provinciale 14, 230 Savignano sul Panaro (Mo) Tel. 059 796150 Fax 059 796202 Proprietario Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale Via dei Soldati, 25 00186 Roma Finito di stampare nel mese di Marzo 2014 4 SICPCV 1 2 CLaolposcopia in Italia SICPCV SICPCV Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale affiliata alla International Federation for Cervical Pathology and Colposcopy (IFCPC) Consiglio Direttivo Presidente Aldo Vecchione () Vice Presidenti Antonio Frega Giancarlo Mojana Roberto Zarcone Segretario Generale Tesoriere Fausto Boselli Segretario Aggiunto Stefano De Martis Consiglieri Maggiorino Barbero Paolo Cattani Andrea Ciavattini Carlo Penna Paolo Scirpa Francesco Sopracordevole Revisori dei Conti Emanuela Sampugnaro Alberto Biamonti Fabrizio Fabiano Revisori dei Conti supplenti Maria Antonietta Bova Marco Palomba Comitato Scientifico Componenti Andrea Amadori, Alberto Agarossi, Carmine Carriero, Paolo Cristoforoni, Rosa P. De Vincenzo, Gian Piero Fantin, Maria G. Fallani, Bruno Ghiringhello, Carlo A. Liverani, Ankica Lukic, Giovanni Miniello, Daria Minucci, Antonio Perino, Giancarlo Petricone, Sergio Votano SICPCV CLaolposcopia in Italia Ricordando Aldo Vecchione Il 24 aprile del 2013, è venuto a mancare, prematuramente, Aldo Vecchione, Presidente in carica della nostra Società. La Sua scomparsa ha lasciato un vuoto culturale e affettivo, incolmabile, tra i colleghi e gli amici che hanno avuto il privilegio di conoscerlo. Ora riposa accanto alla mamma Eleonora nel suo paese natio, Lauro. Aldo Vecchione nasce a Lauro, nel 1936, da mamma Eleonora e da papà Francesco. Di papà Francesco aveva un ricordo di profonda stima e ammirazione, anche, per un episodio di cui fu artefice durante la seconda guerra mondiale, quando in qualità di vice questore di Modena, aiutò a sfuggire alla deportazione un folto numero di ebrei. In un articolo di un giornale locale viene, infatti, definito “il Perlasca dei modenesi” e per questo, a Modena, gli è stata dedicata una strada. Aldo Vecchione, per il lavoro del padre, vive a Modena per circa 15 anni, dove porta a termine le scuole medie secondarie per poi ritornare nella Sua amata Campania. Trasferitosi a Napoli si laurea in Medicina e Chirurgia nel 1963. Frequenta come allievo interno nell’Istituto di Anatomia Patologica dell’Università di Napoli, per poi trasferirsi nella Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Università di Bari diretta dal Professor Giuseppe Valle, come assistente volontario e responsabile della Cito-Istopatologia. Quando poi Giuseppe Valle si trasferisce da Bari alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma “la Sapienza” lo segue e allestisce in Clinica Ostetrica la sezione di Cito–Istopatologia. In questo periodo Aldo Vecchione prosegue il suo percorso accademico conseguendo le due specializzazioni in Oncologia e in Anatomia Patologica e Tecniche di Laboratorio e nel 1972 la libera docenza in Patologia Ostetrica e Ginecologica. Completa, successivamente, il suo ciclo accademico prima come professore associato, poi come professore ordinario di citopatologia e infine di oncologia medica. Nel 2001 è tra i fondatori della II Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Roma “la Sapienza”della quale assume l’incarico di primo Preside per due mandati. Nel 2006 ritorna nella sua amata Campania per ricoprire il prestigioso incarico di Direttore Scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli “Pascale”, fino al 2012. È nota la sua vita professionale, meno lo sono le sue passioni, prima fra tutte la vela, sport in cui ha conseguito vari successi come testimoniano i numerosi premi ottenuti; nel 2001, consegue il titolo di campione italiano di vela d’altura a Napoli. Delineare una personalità così complessa è difficile. Aldo Vecchione è stato, sotto molti aspetti, un vero e proprio precursore. Lo è stato, per esempio, quando, giovane assistente, a fianco del prof. Valle, insigne maestro di ginecologia e direttore della Clinica ginecologica di Bari ha sentito la necessità di completare la Sua preparazione instaurando contatti con l’estero in quegli anni in cui mille difficoltà si sovrapponevano a chi voleva migliorare il suo status accademico o quando in contrasto con l’ufficialità accademica è riuscito ad imporre una nuova disciplina, extra anatomia patologica e più clinica: la citopatologia. Per questo, come ricorda il Prof. Lucio Palombini è stato considerato una sorta di eretico dell’anatomia patologica. D’altro canto non poteva essere diversamente, per chi era nato nella stessa terra di Giordano Bruno. Ricordando Aldo Vecchione mille sono le sfumature emotive che affollano la mente, soprattutto quelle che appartengono alla quotidianità: un apprezzamento o un rimprovero, la festosità di una cena, un momento di complicità, un sorriso. L’uomo austero, autorevole e apparentemente distaccato diventava brillante, simpatico e persino affettuoso. La Sua carica di vitalità, di entusiasmo e la Sua generosa disponibilità culturale infondeva, soprattutto nei giovani, l’energia necessaria per la realizzazione dei progetti di studio. Il Suo insegnamento ci guiderà per sempre, pertanto vorremmo chiudere il suo ricordo, pensandolo ancora vicino a noi, felice, sornione, sarcastico, spensierato, al timone della sua barca con il vento tra i capelli mentre guarda l’orizzonte infinito e sogna, sogna. Con l’affetto di sempre Antonio Frega, Ankica Lukic, Alberto Biamonti, Giancarlo Petricone, Paolo Scirpa, Sergio Votano 3 4 CLaolposcopia in Italia SICPCV Lo screening del cancro del collo dell’utero nel mondo Carlo A. Liverani Responsabile Centro di “Oncologia Ginecologica Preventiva”, Clinica Mangiagalli di Milano La Colposcopia in Italia Anno XXV – N. 1 – Marzo 2014 - pagg. 04 - 20 Introduzione T utte le donne del mondo, indipendentemente dal loro orientamento sessuale, devono essere considerate candidate allo screening per il cancro del collo dell’utero. Occorre però sapere che in qualunque popolazione, con qualunque programma di screening e con qualunque test utilizzato, ci saranno sempre alcuni casi di lesioni neoplastiche e preneoplastiche cervicali che non saranno rilevate; nessun test è perfetto e i vantaggi e gli svantaggi devono essere attentamente soppesati in ciascuna realtà locale, quando si decide quale o quali test adottare. Progettare un programma di screening per il cancro cervicale include: 1. definire la politica di screening (scelta del test di screening); 2. determinare il gruppo di età bersaglio; 3. determinare l’intervallo di screening fra due risultati normali del test; 4. stabilire strategie di controllo e trattamento per i casi positivi allo screening; 5. prendere in considerazione la variazione del rischio basale nella popolazione bersaglio e la storia naturale della malattia. Ovviamente i costi del programma di screening hanno un’estrema importanza e pertanto le varie strategie di screening devono adattarsi alle risorse delle realtà locali. Un aspetto decisamente sottovalutato è invece rappresentato dalla “semplicità” delle linee guida che, dovendo necessariamente essere rivolte a tutti gli operatori sanitari e non esclusivamente agli esperti di settore, hanno l’obbligo di poter essere facilmente ricordate ed applicate. Questo per evitare, da un lato un inutile spreco di risorse e dall’altro un inevitabile aumento dei sovratrattamenti (con tutti i danni che comportano a livello di ansia, fertilità di coppia, recidiva/persistenza della malattia, sovraccarico delle strutture di secondo livello, etc.). Accuratezza del test di screening La sensibilità della citologia convenzionale, spesso riportata di poco superiore al 50%, in alcuni studi è risultata superiore all’80% (1,2). In uno studio giapponese che aveva come soglia le lesioni squamose intraepiteliali di basso grado, la sensibilità del Pap test nel rilevare il cancro cervicale è risultata del 94,7% (3). Globalmente la sensibilità del Pap test varia dal 50% all’80%, mentre la specificità dal 70% al 90%. Moltissimi studi hanno valutato i test di biologia molecolare (HPV test) nello screening primario (4). La sensibilità dell’HPV test è stata spesso valutata per le lesioni CIN 2 o peggiori (5); ma se viene valutata su lesioni CIN 3 o peggiori, l’HPV test ha sensibilità paragonabile a quella della citologia convenzionale. In ogni caso il maggiore rilevamento di CIN non porta ad una riduzione assoluta nell’incidenza dei cancri invasivi, data l’elevata probabilità di non progressione (6). Sia la specificità che il valore predittivo positivo sono inferiori per l’HPV test rispetto al Pap test. La combinazione di Pap test e HPV test ha mostrato una maggiore sensibilità rispetto alla citologia, ma una minore specificità (l’aumentata sensibilità riflette l’inclusione di lesioni regressive e non implica che possa ridurre la mortalità per cancro cervicale). In particolare in uno studio olandese, l’incidenza di lesioni CIN 3 o peggiori era più alta del 70% con la combinazione di HPV test e Pap test rispetto al Pap test di screening a livello basale, ma al round successivo il numero di casi di CIN 3 e cancri invasivi si invertiva nei due gruppi: cioè il numero totale di CIN 3 e di cancri invasivi non differiva fra i due gruppi (7). In due studi italiani, anche se una lesione CIN 2 o peggiore veniva rilevata più spesso con la combinazione di Pap test e HPV test rispetto al solo Pap test, il valore predittivo positivo era inferiore con il metodo di combinazione (8,9). Per quanto riguarda l’HPV test con triage citologico, uno studio svedese ha mostrato che l’aumentata incidenza di lesioni CIN CLaolposcopia in Italia SICPCV 2 diagnosticate allo screening iniziale non era seguita da una riduzione statisticamente significativa di lesioni CIN 2 ad uno screening successivo. Quindi, benché l’HPV test aggiunto alla citologia aumenti la sensibilità, è noto che le lesioni possono regredire spontaneamente (10): aumentare il rilevamento di CIN non fa altro che incrementare le sovradiagnosi, dato che appunto la maggior parte delle lesioni minori regredisce (nell’arco di 10 anni, le CIN 1 e 2 regrediscono in misura rispettivamente dell’87.7% e dell’82.9%; d’altro canto, le CIN 1 e 2 progrediscono ad una lesione peggiore rispettivamente nel 9.9% e nel 32.0%) (11). Nello studio indiano che per primo ha valutato la riduzione della mortalità per cancro cervicale nel braccio HPV test rispetto al braccio Pap test, la riduzione di mortalità del 48% nel gruppo HPV test va interpretata con molta cautela: lo studio ha diversi limiti (nonostante i cancri cervicali siano stati rilevati maggiormente nel gruppo Pap test rispetto al gruppo HPV test, non c’è stato alcun decremento di cancri invasivi e morti nel gruppo Pap test; dato lo scarso livello di screening in India, poche donne avevano una storia precedente di screening; il fumo e l’utilizzo dei servizi sanitari non erano chiari; le differenze nell’incidenza di cancro cervicale nei quattro gruppi considerati non sono state prese in considerazione) (12). Al contrario, nel famoso studio ARTISTIC, combinando il primo e il secondo round la proporzione di donne con lesioni CIN 3 o peggiori era simile nel gruppo Pap test e nel gruppo Pap test + HPV test; inoltre nel rilevare lesioni CIN 3 o peggiori, la sensibilità della citologia su strato sottile è risultata lievemente superiore rispetto a quella dell’HPV test con triage citologico o del Pap test con triage con HPV test (13). Infine la sensibilità non deve essere sopravvalutata (14). Come sopra riportato, meno di un terzo delle lesioni di alto grado progredisce a cancro (11,15,16), mentre gli abusi di test eccessivamente sensibili sono ben documentati (17,18,19). Negli Stati Uniti, circa un quarto dei medici utilizza i test sia per la ricerca degli HPV ad alto rischio che per quelli a basso rischio; circa il 60% dei medici impiega il co-test (Pap test + HPV test) al di sotto dei 30 anni di età; vi è un diffuso utilizzo dei test in donne affette da lesioni di alto grado; il co-test viene ripetuto annualmente o ogni due anni. Tutte queste abitudini sono assolutamente errate. Non possiamo più permetterci di effettuare test che non offrono benefici alle nostre pazienti (18). La seguente lista non deve essere considerata esaustiva, ma è stata compilata per fornire un panorama su quello che è oggi lo screening del cancro del collo dell’utero nel mondo. EUROPA In Europa si registrano circa 34.000 nuovi casi di cancro cervicale ogni anno, con circa 16.000 morti per anno. Nel breve e medio termine, lo screening per i precursori del cancro cervicale e il trattamento delle lesioni rilevate rimarrà lo strumento più efficace per la prevenzione del cancro cervicale in Europa. La citologia cervicale rappresenta ancora il cardine dei programmi di screening. Secondo i dati dell’International Agency for Research on Cancer (IARC 2005), Pap test effettuati ogni 3-5 anni riducono l’incidenza del cancro cervicale dell’80%: pertanto il Pap test è attualmente il test standard raccomandato per lo screening cervicale. Lo screening è “organizzato” nei paesi nordici, nel Regno Unito, in Olanda, in alcune parti dell’Italia; “opportunistico” nei restanti paesi (con uno scarso rapporto costo-efficacia: donne sovrascreenate e donne sottoscreenate). Il Consiglio dell’Unione Europea (che rappresenta i 27 stati membri) raccomanda: Età Metodo e intervalli Inizio screening tra i 20 e i 30 anni Pap test ogni 3-5 anni Fine screening a 60-65 anni (a seconda delle risorse disponibili) Inoltre il Consiglio Europeo raccomanda un’alta qualità in tutte le fasi del programma (invito, screening, diagnosi, trattamento delle lesioni, follow-up post-trattamento); esorta a scoraggiare lo screening opportunistico e a non introdurre nuovi programmi di screening primario in assenza di studi di popolazione (20). Come si comportano le varie nazioni? Nonostante le consistenti evidenze che lo screening organizzato è più efficiente di quello spontaneo e nonostante le raccomandazioni del Consiglio Europeo, le autorità sanitarie di otto stato membri (Austria, Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Lussemburgo e Grecia) non hanno ancora dato inizio all’implementazione organizzata a livello nazionale dello screening per il cancro cervicale (21,22). Germania Attualmente il programma di screening tedesco per il cancro cervicale (non organizzato) prevede un Pap test annuale. Il Pap test annuale ha il potenziale di prevenire oltre il 98% dei casi di cancro cervicale e più del 99% delle morti, risultando in un guadagno medio nell’aspettativa di vita di 3 mesi per ogni donna regolarmente sottoposta a screening. Tuttavia si è potuto constatare che con lo screening biennale si possono ottenere gli stessi risultati nell’aspettativa di vita (dunque i comportamenti variano molto a discrezione del medico). 5 6 CLaolposcopia in Italia SICPCV Età Metodo e intervalli ≥ 20 anni Ogni anno La copertura è intorno al 90% della popolazione (23,24). Francia In Francia esistono campagne di screening per quattro dei più comuni tipi di cancro: mammella, prostata, cervice uterina e intestino. I test sono offerti gratuitamente in determinati gruppi di età. Il Pap test viene offerto gratuitamente a tutte le donne di età compresa fra 25 e 65 anni e viene raccomandato anche alle donne vaccinate contro l’HPV (coerentemente con le linee guida europee). I primi due test devono essere effettuati a distanza di un anno l’uno dall’altro e successivamente ogni tre anni se i risultati sono negativi (22,25). Età Metodo e intervalli < 25 anni No screening 25-65 anni Pap test ogni 3 anni (dopo due risultati negativi consecutivi annuali) > 65 anni No screening Spagna In Spagna, lo screening per il cancro cervicale non è organizzato, seppure condotto in accordo con le raccomandazioni nazionali e internazionali. Generalmente è raccomandato ogni 3 anni dai 30 ai 39 anni, ogni 5 anni dai 40 ai 69 anni (22,26). Età Metodo e intervalli < 30 anni No screening 30-39 anni Pap test ogni 3 anni 40-69 anni Pap test ogni 5 anni > 70 anni No screening Italia In Italia si registrano circa 3.500 casi di cancro cervicale all’anno, con circa 1.100 decessi. La Direzione Generale della Prevenzione, facente capo al Ministero della Salute, raccomanda un Pap test ogni 3 anni dai 25 ai 64 anni (quindi all’interno delle raccomandazioni europee), con l’auspicio di raggiungere almeno l’85% della popolazione bersaglio. In realtà poi le Regioni applicano strategie differenti di screening con attivazione totale dei programmi di screening (come in Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto, Trentino, Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, EmiliaRomagna, Toscana, Umbria, Abruzzo Molise e Basilicata), parziale (per esempio in Lombardia: ASL di Lodi, Mantova, Pavia, Cremona, Milano1, Bergamo, Brescia, Valle Camonica-Sebino), o delegato alle Province. Lo screening opportunistico è molto diffuso (28,29,30). Età Metodo e intervalli < 25 anni No screening 25-64 anni Pap test ogni 3 anni > 65 anni No screening Il GISCi (Gruppo Italiano Screening del Cervicocarcinoma) consiglia l’utilizzo dell’HPV test solo per i ceppi ad alto rischio nel triage delle ASC-US; nel triage delle L-SIL ma solo nelle donne con più di 35 anni; nel followup delle donne con Pap test ASC-US positive dopo un approfondimento di secondo livello negativo per lesioni CIN 2 o superiori; nel follow-up dopo trattamento delle lesioni CIN 2-3 (31). In Italia, la copertura totale degli screening (organizzati e opportunistici), si attesta intorno al 73%. Irlanda Lo screening cervicale in Irlanda è in accordo con le linee guida europee, secondo il seguente schema: Età Metodo e intervalli Portogallo < 25 anni No screening Programma non organizzato, ma coerente con le raccomandazioni europee, secondo lo schema (22,27): 25-44 anni Pap test ogni 3 anni 45-60 anni Pap test ogni 5 anni (purché ci siano almeno 2 risultati negativi triennali) > 60 anni No screening (a meno che non sia mai stato effettuato un test) Età Metodo e intervalli < 25 anni No screening 25-64 anni Pap test ogni 3 anni (dopo due risultati negativi consecutivi annuali) > 64 anni No screening Non vengono fornite indicazioni riguardo l’HPV test per lo screening primario (l’HPV test è previsto solo nel follow-up post-trattamento) (22,32). CLaolposcopia in Italia SICPCV Scozia Età Metodo e intervalli Lo screening cervicale in Scozia è in accordo con le linee guida europee, secondo il seguente schema: ≥ 15 anni Ogni anno Età Metodo e intervalli < 20 anni No screening 20-60 anni Pap test ogni 3 anni > 60 anni No screening (a meno che non sia mai stato effettuato un test) Nessuna raccomandazione riguardo l’HPV test viene data nello screening primario (anche in questo caso l’HPV test è previsto solo nel follow-up post-trattamento) (33). Regno Unito Lo screening cervicale è in accordo con le linee guida europee ma viene raccomandata la citologia su strato sottile, secondo il seguente schema: Età Metodo e intervalli < 25 anni No screening 25-49 anni Pap test ogni 3 anni (su strato sottile) 50-64 anni Pap test ogni 5 anni (su strato sottile) ≥ 65 anni screening solo per pazienti non sottoposte a screening dopo i 50 anni, oppure in caso di recenti risultati anormali del test Lo screening mediante HPV test, da solo o in combinazione con il Pap test, non è raccomandato. Il triage con HPV test è raccomandato per donne di età ≥ 25 anni con risultati citologici anormali in alcune circostanze (22,34). Olanda L’Olanda si differenzia dalle linee guida europee, dando credito allo screening primario con HPV test, secondo i seguenti algoritmi (22,36): Età Metodo e intervalli < 30 anni No screening 30-40 anni HPV test (HPV ad alto rischio) ogni 5 anni 40-60 anni HPV test (HPV ad alto rischio) ogni 10 anni > 60 anni No screening L’HPV test ha senso se viene effettuato esclusivamente per i tipi virali oncogeni, all’interno degli intervalli raccomandati. Se viene impiegato il Pap test, le linee guida olandesi raccomandano il triage con HPV test solo per le donne di età maggiore o uguale a 30 anni che, in alcune circostanze, abbiano un risultato citologico anormale. Danimarca All’interno dei range raccomandati (22,37): Età Metodo e intervalli < 23 anni No screening 23-50 anni Pap test ogni 3 anni 51-65 Pap test ogni 5 anni > 65 anni No screening Belgio Svezia Programma non organizzato, ma coerente con le raccomandazioni europee, secondo lo schema (22,35): All’interno dei range raccomandati (22,38,39): Età Metodo e intervalli Età Metodo e intervalli < 23 anni No screening < 25 anni No screening 23-49 anni Pap test ogni 3 anni 25-64 anni Pap test ogni 3 anni 50-60 Pap test ogni 5 anni ≥ 65 anni No screening > 60 anni No screening Lussemburgo Programma non organizzato, senza lettera di invito. Ad ogni donna che vive in Lussemburgo viene semplicemente offerto un consulto gratuito annuale (22). Finlandia Il programma finlandese di screening organizzato per il cancro cervicale è stato implementato negli anni ‘60. In questo periodo la Cancer Society of Finland ha istituito laboratori e personale addestrato per 7 8 CLaolposcopia in Italia SICPCV il prelievo e la lettura del materiale. Lo screening è in accordo con le linee guida europee. In Finlandia i singoli comuni sono responsabili dell’organizzazione dei servizi sanitari primari. Sulla base dei decreti governativi sullo screening, i comuni devono organizzare lo screening per il cancro cervicale ogni 5 anni per tutte le donne di età compresa fra 30 e 60 anni. Alcuni comuni iniziano lo screening a 25 anni e continuano fino a 65 anni. Il test di screening primario impiegato nel programma di routine è il Pap test (22,40). Età Metodo e intervalli < 25 anni No screening 25-65 anni Pap test ogni 3 anni > 65 anni No screening Slovenia Lo screening è opportunistico dal 1960. Coerente con le raccomandazioni europee, secondo lo schema (22,46): Età Metodo e intervalli Età Metodo e intervalli < 20 anni No screening 30-60 anni Pap test ogni 5 anni 20-64 anni Pap test ogni 3 anni > 64 anni No screening Estonia Differente dalle raccomandazioni europee (22,41): Grecia Screening non organizzato. Differente dalle raccomandazioni europee (22,47): Età Metodo e intervalli < 30 anni No screening 30-55 anni Pap test ogni 5 anni Età Metodo e intervalli > 55 anni No screening ≥ 20 anni Pap test ogni anno Repubblica Ceca Differente dalle raccomandazioni europee (22,42): Età Metodo e intervalli ≥ 15 anni Pap test ogni anno Repubblica Slovacca Coerente con le raccomandazioni europee, secondo lo schema (22,43): Età Metodo e intervalli < 23 anni No screening 23-64 anni Pap test ogni 3 anni (dopo due risultati negativi consecutivi annuali) > 64 anni No screening se gli ultimi tre risultati sono negativi Infezione da HPV in Europa La prevalenza dei ceppi di HPV ad alto rischio in Europa varia dal 3% (Spagna e Grecia) ad oltre il 15% (Francia, Irlanda, Regno Unito, Belgio e Danimarca). L’HPV 16 rappresenta circa il 30% di tutti i tipi virali ad alto rischio, mentre l’HPV 18 circa il 12%. Il picco di prevalenza è ovunque compreso fra 25 e 30 anni. Gli HPV 16 e/o 18 sono stati rilevati nel 52%, 61% e 76% rispettivamente delle lesioni di alto grado citologicamente rilevate, delle CIN 2-3 istologicamente confermate e dei carcinomi invasivi (48). Nel resto del continente, al di fuori dell’Unione Europea, i programmi di screening per il cervicocarcinoma non si discostano molto da quelli finora esaminati, con qualche differenza. Islanda Programmi nazionali basati sulla citologia sono iniziati negli anni ’60 (22,49). Ungheria Età Metodo e intervalli In Ungheria muoiono circa 4.500 donne all’anno per cancro cervicale. Le raccomandazioni seguono quelle europee, secondo lo schema (22,44,45): < 20 anni No screening 20-39 anni Pap test ogni 2 anni 40-69 Pap test ogni 4 anni > 69 anni No screening CLaolposcopia in Italia SICPCV Norvegia Nonostante l’alta adesione allo screening spontaneo, nel 1995 in Norvegia è stato introdotto un programma di screening organizzato (con spedizione di lettere di invito a tutte le donne che non erano state sottoposte a Pap test negli ultimi tre anni) (22,50). Età Metodo e intervalli < 25 anni No screening 25-69 anni Pap test ogni 3 anni > 69 anni No screening Svizzera La Confederazione Elvetica raccomanda genericamente un Pap test ogni 3 anni per tutte le donne. Età Metodo e intervalli Non specificata Pap test ogni 3 anni La Società Svizzera di Ginecologia e Ostetricia (SSGO) suggerisce un Pap test annuale a partire da un anno dopo l’inizio dell’attività sessuale. Lo screening è opportunistico (22,51). Turchia In Turchia lo screening è in gran parte opportunistico. La copertura è solo del 20% (22,52). Età Metodo e intervalli < 30 anni No screening 30-65 anni Pap test ogni 5 anni > 65 anni No screening Israele In Israele non c’è un programma nazionale di screening. Lo screening è opportunistico: viene consigliato un Pap test ogni 3 anni dopo l’inizio dell’attività sessuale, nelle donne ad alto rischio (22,53). Età Metodo e intervalli Non specificata Pap test ogni 3 anni FEDERAZIONE RUSSA In Russia il cancro del collo dell’utero rappresenta ancora la seconda causa di morte per cancro nelle donne. Il 70% di tutti i cancri sono diagnosticati in stadi avanzati o molto avanzati. Come in Bulgaria e in Romania, non esiste un programma di screening organizzato, ma il Ministero della Salute raccomanda lo screening secondo gli standard dell’OMS e dell’Unione Europea. Tuttavia la copertura non supera il 30% delle donne (inoltre il 25% delle pazienti sottoposte a screening non viene informata dei risultati del test) (54). Uno studio ha riportato una prevalenza di HPV ad alto rischio nel 13% delle donne, con riscontro di anomalie citologiche in circa il 10% delle donne (55). STATI UNITI D’AMERICA Le linee guida americane sono le più articolate, indubbiamente validate da sufficiente evidenza scientifica nel loro sforzo di ottenere la massima costo-efficacia, ma sicuramente complesse nella gestione pratica. Le raccomandazioni hanno un “Grading” a 5 gradi (“A” quando il beneficio è elevato, “B” quando è moderato, “C” quando è basso, “D” quando gli svantaggi superano i vantaggi, “I” quando le evidenze scientifiche non sono ancora sufficienti per determinare l’equilibrio fra benefici e danni) ed una qualità dell’evidenza a 3 livelli (“elevata”, “moderata”, “bassa”). Le raccomandazioni sono condivise dall’American Cancer Society (ACS), dall’American Society for Colposcopy and Cervical Pathology (ASCCP), dall’American Society for Clinical Pathology (ASCP). La U.S. Preventive Services Task Force (USPSTF), che è la più rigorosa nella formulazione delle linee guida, ha elaborato un documento separato che sostanzialmente ricalca le medesime raccomandazioni (56,57,58). Il co-test (Pap test + HPV test) viene proposto solo nelle donne di età compresa fra 30 e 65 anni, a patto che venga rispettato l’intervallo di re-screening di 5 anni. Questo approccio viene definito “preferibile” per ACS/ ASCCP/ASCP, mentre viene definito “accettabile” per la USPSTF. L’HPV test come unico test di screening (cioè da solo senza il Pap test) non è raccomandato. Uno studio recente è stato condotto per verificare la strategia ideale per lo screening del cancro cervicale, che dovrebbe appunto offrire la massima sensibilità per ridurre al minimo il rischio di non diagnosticare la malattia, unitamente alla massima specificità per ridurre al minimo i casi falsi positivi (59). Questa analisi ha riguardato 34.254 donne di età ≥ 30 anni, estrapolate dallo studio ATHENA (Addressing the Need for Advanced HPV Diagnostics), con età media di 44.7 anni. L’8,4% delle donne era positivo all’HPV e il 5,7% aveva un Pap test anormale. Sono state messe a confronto 10 differenti strategie di screening. Quelle più attraenti dal punto di vista dell’analisi “benefici” versus “danni”, sono risultate le quattro strategie che prevedevano l’uso dell’HPV test con geno- 9 10 CLaolposcopia in Italia SICPCV tipizzazione per HPV 16/18 (due delle quali in co-test con il Pap). Le due strategie che sembrerebbero ottimizzare l’equilibrio fra sensibilità e specificità sono il co-test con genotipizzazione e triage con Pap LSIL (strategia n. 5) e l’HPV test con genotipizzazione e triage con Pap ASCUS (strategia n. 9). Quest’ultima ha portato ad una riduzione del 50% del numero dei test di screening richiesti, oltre ad essere lievemente più sensibile e richiedere un pò meno colposcopie per rilevare una lesione CIN 3 o superiore. In conclusione, secondo gli autori, impiegare nello screening primario una strategia che preveda l’impiego dell’HPV test con triage delle donne HPV-positive mediante una combinazione di genotipizzazione per HPV 16/18 e citologia, fornirebbe un buon equilibrio fra l’ottenimento di massima sensibilità e specificità, limitando il numero degli invii a colposcopia. Tuttavia è doveroso ricordare che lo studio in questione è un’ana- lisi post-hoc (lo studio ATHENA aveva un altro obiettivo); inoltre era impossibile sapere quante lesioni di alto grado o superiori mancate all’arruolamento per un dato test sarebbero state diagnosticate allo screening successivo o durante il follow-up; infine non tiene minimamente conto dei costi. Non ultimo bisogna nuovamente sottolineare che l’aderenza alle raccomandazioni per il follow-up è essenziale, altrimenti crollano i presupposti dell’intero algoritmo. Queste strategie risultano pertanto un pò troppo articolate, di difficile applicazione pratica nel contesto di ciò che è l’atteggiamento dei medici, così come anche dell’effettiva comprensione da parte delle pazienti. La prevalenza globale in USA degli HPV ad alto rischio è di circa il 23%. La prevalenza per gruppi di età è risultata: 35% fra 14 e 19 anni, 29% fra 20 e 29, 13% fra 30 e 39, 11% fra 40 e 49, 6.3% fra 50 e 65 (60). Età Metodo < 21 anni (Grado D) No screening (in caso di esito Pap test ASC-US: non fare HPV test) 21-29 anni (Grado A) Pap test ogni 3 anni Attenzione: - Se ASC-US HPV positivo o Pap ≥ LSIL: inviare a colposcopia (tranne che fra 21 e 24 anni, dove è raccomandato Pap test dopo 1 anno) - Se Pap negativo o ASC-US HPV negativo: ripetere Pap test dopo 3 anni 30-65 anni in donne che desiderano meno controlli (Grado A) Co-test (cioè Pap test + HPV DNA test) ogni 5 anni Attenzione: - Se ASC-US HPV negativo: ripetere co-test dopo 3 anni - Se ASC-US HPV positivo o Pap ≥ LSIL: inviare a colposcopia - Se HPV positivo con Pap negativo: co-test dopo 1 anno; se dopo 1 anno co-test negativo: ripetere co-test dopo 3 anni Pap ≥ ASC-US o HPV positivo: inviare a colposcopia In alternativa: genotipizzazione per HPV 16 o 16/18 (se negativi ripetere co-test dopo 1 anno; se positivi inviare a colposcopia) - Se co-test negativo: ripetere co-test dopo 5 anni 30-65 anni nelle donne che preferiscono più controlli (Grado A) Pap test ogni 3 anni Attenzione: - Se ASC-US HPV positivo o Pap ≥ LSIL: inviare a colposcopia - Se Pap negativo o ASC-US HPV negativo: ripetere Pap test dopo 3 anni > 65 anni (Grado D) No screening, in presenza di pregresso screening adeguato (cioè almeno due risultati negativi negli ultimi 10 anni, con almeno uno negli ultimi 5) Nelle donne con anamnesi positiva per lesioni CIN 2 o peggiori: continuare screening di routine per almeno 20 anni Dopo isterectomia totale (Grado D) No screening (si deve intendere: donne senza cervice uterina e senza una storia di lesioni CIN 2 o peggiori negli ultimi 20 anni, o senza storia di cancro da sempre) Dopo vaccinazione anti-HPV Raccomandazioni in base all’età (per adesso esattamente come nelle donne non vaccinate) CLaolposcopia in Italia SICPCV CANADA Nel 2011 sono stati registrati circa 1.300 nuovi casi di cancro cervicale in Canada (con circa 350 morti). Non c’è stata riduzione della mortalità per cancro della cervice uterina in Canada dal 1970 ad oggi nelle donne di età compresa fra 20 e 24 anni (cioè dall’inizio dello screening) (61). Le raccomandazioni seguono un “Grading” più semplice rispetto a quelle USA, con solo 2 gradi: “forte” oppure “debole”; viceversa la qualità dell’evidenza si articola in 4 livelli: “elevata”, “moderata”, “bassa”, “molto bassa”. Le raccomandazioni sono le seguenti: Intervalli triennali costituiscono il giusto bilanciamento fra il piccolo potenziale d’incremento dei benefici ottenibili con intervalli più brevi e il maggior potenziale di danni derivanti dall’aumento dei test e delle procedure legati a screening più frequente. Lo screening mediante HPV test, da solo o in combinazione con il Pap test, non è raccomandato (in quanto le evidenze sul suo effetto sulla mortalità e incidenza del cancro invasivo sono insufficienti). Anche le linee guida canadesi premettono che lo screening organizzato è più efficace dello screening opportunistico. La sensibilità e la specificità della citologia su strato sottile e di quella convenzionale sono similari. Un aumento oppure una riduzione dello screening, possono risultare appropriati per donne con differenti profili di rischio. Queste raccomandazioni non sono applicabili a donne con sintomi di cancro cervicale o pregressi risultati anormali dei test di screening; donne cui sia stata asportata in toto la cervice uterina; donne immunodepresse per HIV, trapianti d’organo, chemioterapia, o utilizzo cronico di corticosteroidi; donne con ridotta aspettativa di vita così che non possano trarre benefici dallo screening. Infine si raccomanda affinché i clinici siano consapevoli di valori, preferenze, fedi di ogni singola donna. Età Metodo e intervalli Grado raccomandazione / Qualità evidenza < 20 anni No screening Forte / Elevata 20-29 anni: 20-24 anni 25-29 anni No screening Pap test ogni 3 anni Debole / Moderata Debole / Moderata 30-69 anni Pap test ogni 3 anni Forte / Elevata > 70 anni No screening se almeno tre Pap test negativi consecutivi negli ultimi 10 anni. Altrimenti: continuare screening fino ad avere 3 risultati negativi consecutivi Debole / Bassa AMERICA LATINA E CARAIBI I programmi di screening nell’America Latina e nei Caraibi non hanno avuto successo in molte situazioni e l’incidenza e mortalità per cancro del collo dell’utero rimangono elevate (22,62). In molti paesi, anche dopo l’introduzione dei programmi di screening, incidenza e mortalità per cancro cervicale non si sono modificate, perché la copertura dello screening nelle aree rurali è inadeguata. In Messico per esempio, il programma di screening è opportunistico e il Pap test veniva raccomandato annualmente in tutte le donne dai 20 ai 69 anni. Tuttavia, le infrastrutture e le risorse sono sufficienti per soddisfare i bisogni di meno di un quarto della popolazione (realisticamente lo screening potrebbe essere offerto ogni 5 anni). Ne risulta una grande variabilità nella copertura a livello nazionale: per esempio nelle aree rurali meno del 30% delle donne sono sotto- poste a screening. Manca uno sforzo per coordinare il programma di screening attraverso un’organizzazione centrale, nel chiamare, richiamare e seguire le donne screenate (63). In Colombia, il programma nazionale partito nel 1991 mira ad offrire il Pap test a più del 60% delle donne e a garantire il follow-up al 90% delle donne screenate. In Costa Rica il Pap test è disponibile dagli anni ’70 a livello nazionale e veniva inizialmente consigliato annualmente a partire dai 15 anni. Un progetto nella provincia di Guanacaste che ha coinvolto più di 9.000 donne fu uno dei primi ad avere riportato che l’HPV test aveva sensibilità maggiore rispetto al Pap test (88% versus 78%), ma minore specificità (89% versus 94%) (64). A Cuba, il prelievo del Pap test viene eseguito da un’infermiera nello studio del medico di famiglia. Anche qui non è stata però osservata una riduzione dell’incidenza e della mortalità per cancro della cervice uterina, dall’introduzione del programma. 11 12 CLaolposcopia in Italia SICPCV Si riportano le principali differenze nei vari paesi (62): Forse è proprio in questi paesi che potrebbe aver più senso utilizzare i test di biologia molecolare a minori intervalli di re-screening, unitamente all’implementazione di strategie vaccinali contro i più frequenti ceppi di HPV. Embricare prevenzione primaria e prevenzione secondaria rappresenta indubbiamente il mezzo più efficace per abbattere il cervicocarcinoma, così come gran parte della patologia HPV-correlata. Paese (anno d’inizio) Età Metodo e intervalli Argentina (1997) 35-64 anni Pap test ogni 3 anni (dopo due risultati negativi consecutivi annuali) Bolivia (1988) 25-49 anni Pap test ogni 3 anni (dopo due risultati negativi consecutivi annuali) Brasile (1968) 25-59 anni Pap test ogni 3 anni (dopo due risultati negativi consecutivi annuali) Cile (1987) 25-64 anni Pap test ogni 3 anni Colombia (1991) 25-69 anni Pap test ogni 3 anni (dopo due risultati negativi consecutivi annuali) Costa Rica (1995) > 20 anni Pap test ogni 2 anni Cuba (1968) 25-59 anni Pap test ogni 3 anni Repubblica Dominicana (1993) 25-59 anni Pap test ogni anno (dopo due risultati negativi consecutivi semestrali) Ecuador (1996) 35-64 anni Pap test ogni 5 anni El Salvador (2002) 30-59 anni Pap test ogni2 anni Guatemala (2004) 25-49 anni Pap test ogni 3-5 anni (dopo tre risultati negativi consecutivi annuali) Haiti Nessun programma di screening Honduras (?) 25-59 anni Jamaica Nessun programma di screening Messico (1974) 25-64 anni Pap test ogni 3 anni (dopo due risultati negativi consecutivi annuali) Nicaragua (2003) 25-59 anni Pap test ogni 3 anni (dopo tre risultati negativi consecutivi annuali) Panama (?) > 15 anni Pap test ogni 3 anni Paraguay (2002) 25-69 anni Pap test ogni 3 anni (dopo tre risultati negativi consecutivi annuali) Peru (2000) 30-49 anni Pap test ogni 3 anni Porto Rico (1960) > 15 anni Pap test (intervallo non specificato) Trinidad e Tobago (?) 20-59 anni Pap test ogni 3 anni (dopo due risultati negativi consecutivi annuali) Uruguay (1994) Su appuntamento Venezuela (1996) 25-64 anni Isole Caraibiche (?) Screening opportunistico (dati non pubblicati) AUSTRALIA Le raccomandazioni Australiane sono molto semplici ed efficaci. Il primo Pap test viene proposto fra i 18 e Pap test ogni anno Pap test ogni 3 anni i 20 anni, oppure 1-2 anni dopo l’inizio dell’attività sessuale (a seconda di quali dei due eventi si verifica più tardivamente) (65). CLaolposcopia in Italia SICPCV Età Metodo e intervalli 20-69 anni Pap test ogni 2 anni > 70 anni No screening (a discrezione del curante, se i risultati precedenti sono normali) Lo screening mediante HPV test, da solo o in combinazione con il Pap test, non è raccomandato. In uno studio mirato a determinare la frequenza dei tipi di HPV in donne che avevano un Pap test anormale, i genotipi prevalenti sono risultati l’HPV 16 (35.1%), l’HPV 31 (12.6%), l’HPV 51 (11.1%), l’HPV 52 (9.9%) e l’HPV 18 (8.5%). Il tipo 16 è stato l’unico a mostrare un aumento significativo nella prevalenza con l’aumentare della severità del grado istologico o citologico della lesione. Le infezioni da HPV multiple diminuivano significativamente con l’età. Tuttavia questo studio non può considerarsi rappresentativo della popolazione generale (66). NUOVA ZELANDA Il programma di screening è stato istituito nel 1990 (67): Età Metodo e intervalli < 20 anni No screening 20-69 anni Pap test ogni 3 anni > 70 anni No screening INDIA L’India ha il maggior numero di pazienti con cancro cervicale al mondo (una donna su 5 affetta da cancro della cervice uterina nel mondo è indiana). Nonostante l’esistenza di linee guida nazionali, la copertura dello screening in India è disastrosa, con grandi disuguaglianze socio-economicoculturali. Lo screening è opportunistico e l’onere della prevenzione del cancro cervicale è sulle spalle delle donne: le conoscenze specifiche sullo screening per il cancro cervicale rappresentano pertanto un elemento critico nel determinare la partecipazione allo screening (68). COREA Il programma di screening è stato istituito nel 1999 (69): Età Metodo e intervalli ≥ 30 anni Pap test ogni 2 anni CINA Benché oggi in Cina ci siano diversi eccellenti programmi per lo screening del cancro del collo dell’utero nelle grandi città, questi programmi riguardano solo una minima parte dell’intera popolazione cinese. Per raggiungere una riduzione significativa dell’incidenza del cancro cervicale invasivo e delle morti per cancro, dovrebbe essere istituito un programma di screening organizzato sulla popolazione, in grado di recuperare tutte le donne a rischio in un paese di un miliardo e mezzo di abitanti. Si è calcolato che per un approccio convenzionale, occorrerebbero almeno 20 anni per istituire le infrastrutture e preparare un numero sufficiente di tecnici. È stato pertanto deciso di implementare le nuove tecnologie, che potrebbero essere realizzate in un paio d’anni, così da consentire lo screening cervicale ad almeno un terzo della popolazione bersaglio nel minor tempo possibile (70). GIAPPONE In Giappone, il gruppo di ricerca per le linee guida nello screening del cancro, supportato dal Ministero della Salute e del Welfare Giapponese, raccomanda i seguenti 6 programmi di screening: 1. gastrofluorografia, per il cancro dello stomaco 2. ricerca del sangue occulto nelle feci, per il cancro colorettale 3. una combinazione di radiografia del torace ed esame citologico dell’espettorato (nei fumatori), per il cancro del polmone 4. Pap test, per il cancro della cervice uterina 5. una combinazione di esame clinico e mammografia, per il cancro della mammella 6. markers per i virus dell’epatite, per il carcinoma epatocellulare Il cancro della cervice uterina è l’undicesima causa principale di morte per cancro nelle donne in Giappone. Nel 2008, si sono verificate 2.486 morti per cancro cervicale, corrispondenti all’1,8% del numero totale di morti per cancro in Giappone. Le raccomandazioni hanno un “Grading” a 5 gradi come in USA (“A” e “B” sono gradi che indicano quando le raccomandazioni sono valide per programmi di screening sia di massa che opportunistici, “C” quando le raccomandazioni non sono valide per gli screening di massa, “D” quando le raccomandazioni non sono valide né per gli screening di massa né per quelli opportunistici, “I” si riferisce ai metodi di screening in cui non si hanno sufficienti evidenze) ed una qualità dell’evidenza addirittura ad 8 livelli (sulla base del tipo di studio: disegno, qualità, consistenza dello studio). Sono state valutate cinque metodiche di screening del cancro cervicale (tre delle quali con HPV test), dopo avere preso in considerazione 3.450 articoli pubblicati dal Gennaio 1985 all’Ottobre 2007. Dopo sistematica revisione della letteratura, sono stati selezionati 161 articoli e ne sono stati confermati 66. I risultati di 33 studi sono stati giudicati soddisfacenti e l’evidenza scientifica sufficiente per 13 14 CLaolposcopia in Italia SICPCV valutare l’effetto dello screening mediante citologia convenzionale. L’accuratezza della citologia su strato sottile è risultata equivalente a quella della citologia convenzionale. Benché HPV test e metodi di combinazione abbiano mostrato un’elevata sensibilità, nessuno studio ha valutato la riduzione della mortalità da cancro cervicale. Nello screening di massa, così come nello screening opportunistico, si raccomanda la citologia convenzionale o su strato sottile, data una sufficiente evidenza scientifica (grado B). Lo screening del cancro cervicale mediante l’uso dell’HPV test da solo o in associazione al Pap test, non è raccomandato nello screening di massa, data un’insufficiente evidenza scientifica (grado I). Dall’anno 2003, lo screening in Giappone è così effettuato: Età Metodo e intervalli > 20 anni Pap test ogni 2 anni Dato il diverso sistema sanitario in Giappone rispetto ad altri paesi e le limitazioni dello studio indiano, non è stato ritenuto opportuno modificare le attuali raccomandazioni. Per ridurre la mortalità da cancro cervicale in Giappone, occorre piuttosto migliorare l’adesione ai programmi di screening e l’appropriatezza della gestione delle lesioni rilevate (71). Nel contempo uno studio retrospettivo su 3.804 donne di età ≥ 20 anni seguite per 5 anni (dal 2005 al 2010), ha valutato come i tassi di incidenza di anormalità citologiche, CIN e cancro cervicale, variano a seconda dell’età. Al di sotto dei 40 anni circa il 5% delle donne aveva un risultato anormale al Pap test, circa il 3% una CIN e lo 0.5% sviluppava una CIN entro due anni. Nelle donne di età compresa fra 40 e 49 anni, meno del 4% aveva un’anomalia citologica entro due anni e circa il 5% entro tre anni. Nel gruppo fra 50 e 59 anni, meno del 2% aveva un’anomalia citologica entro due anni e circa il 3% entro tre anni. Nel gruppo 4049 anni circa il 2% sviluppava una CIN nel secondo e terzo anno, mentre nel gruppo 50-59 anni circa l’1% sviluppava una CIN nel secondo e terzo anno. Lo 0,1% sviluppava CIN nel gruppo 40-49 anni entro tre anni, mentre nessuna del gruppo 50-59 anni sviluppava CIN entro tre anni. Nelle donne di 60 anni e oltre, meno del 3% aveva un risultato anormale al Pap test, meno dello 0.5% sviluppava una CIN entro 5 anni e nessuna sviluppava un cancro nello stesso periodo. Secondo i risultati di questo studio, l’autore propone la seguente modifica (72): Età Metodo e intervalli 20-40 anni Pap test ogni 2 anni 40-59 Pap test ogni 2-3 anni ≥ 60 anni Pap test ogni 5 anni Le linee guide giapponesi saranno revisionate nel 2015. AFRICA Il cancro cervicale è la seconda causa più comune di morte per cancro nell’africa sub-Sahariana. Circa una donna su 41 svilupperà questa forma di cancro nel corso della propria vita. Il Pap test rappresenta la più conosciuta forma di prevenzione secondaria. Programmi di screening organizzati, anche in quei paesi dove lo screening non è ottimale, hanno ridotto significativamente l’incidenza del cancro cervicale in gran parte del mondo. Ci sono pochi esempi di programmi di screening in paesi meno sviluppati. Il successo dei programmi dipende da un buon tasso di adesione da parte delle donne ad alto rischio; il miglior fattore predittivo dell’alto rischio è l’età. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) supporta il concetto di ridurre il numero di Pap test per donna nella vita, a favore di più donne nella popolazione, con meno Pap test. L’OMS ha raccomandato un minimo di un Pap test adeguato nella vita per le donne di età superiore ai 35 anni. Su questa base, il Dipartimento della Salute propone 3 Pap test nel corso della vita, con un intervallo di 10 anni fra l’uno e l’altro, a partire da non prima dei 30 anni. Questa politica riflette il miglior tentativo di ridurre l’incidenza e la mortalità per cancro cervicale di oltre il 60% con le risorse disponibili. Le donne di 30 anni ed oltre saranno sottoposte a screening per tre volte in successione, mediante Pap test (73). Le linee guida nazionali in Sudafrica propongono il Pap test: vengono offerti tre Pap test gratuiti nel corso della vita. Donne sottoposte a screening per la prima volta a 55 anni o oltre, avranno solo un test se il primo è risultato normale. Una donna con Pap test inadeguato deve nuovamente essere sottoposta a screening; se anche il secondo Pap test risultasse inadeguato, la paziente deve essere immediatamente inviata ad un servizio competente. Se una donna richiede più di tre test, il costo deve essere sostenuto da lei (74). Tuttavia, poiché lo screening tradizionale per il cancro cervicale mediante Pap test è troppo costoso per la maggior parte dei paesi in via di sviluppo, l’ispezione con acido acetico (VIA = visual inspection with acetic acid) o con soluzione di Lugol (VILI = visual inspection with Lugol’s iodine), essendo meno dipendente da infrastrutture, è stata proposta come una possibile alternativa di screening. Diversi studi nell’Africa sub-Sahariana hanno dimostrato che i metodi di ispezione visiva, associati al trattamento con crioterapia dei casi positivi allo screening, sono efficaci nello screening primario (75-78). Tuttavia queste tecniche sono soggettive e richiedono un buon livello di esperienza e un elevato standard qualitativo per ottenere guadagni sostanziali nella prevenzione del cancro cervicale nello screening di routine (79). Molta speranza è stata pertanto riposta nell’impiego di metodiche che utilizzano l’HPV test (80). Un test di screening più oggettivo e riproducibile sarebbe appunto costituito dal rile- CLaolposcopia in Italia SICPCV vamento del DNA dell’HPV con test molecolari, che si sono dimostrati più sensibili della citologia cervicale nel rilevare lesioni precancerose sia nella popolazione HIVnegativa che in quella HIV-positiva (81). Una curiosità riguarda una giovane ricercatrice, la dott. sa Karen Yeates, co-direttrice dell’Office of Global Health Care della Queen’s University, che – in collaborazione con Olola Oneko del Kilimanjaro Christian Medical Centre for Reproductive Health – ha implementato una tecnica che prevede l’utilizzo dei telefoni cellulari di ultima generazione. Il suo progetto ha ricevuto un grant di 100.000 dollari (Rising Stars in Global Health from Grand Challenges Canada) (82). Dato che in Tanzania c’è pochissimo accesso al Pap test, anche perché non ci sono abbastanza patologi in grado di leggere i risultati, il 93% delle donne circa non ha mai ricevuto un Pap test. Il metodo usato attualmente per lo screening del cancro cervicale in Tanzania è il VIA: questa metodica, nelle giuste mani e dopo training adeguato, ha mostrato un buon tasso di rilevamento di cancri cervicali. La “cervicografia” è invece una metodica che unisce il metodo VIA con la fotografia: l’upload dell’immagine su schermo consente l’ingrandimento di alcuni dettagli e permette di formulare una diagnosi di sospetto (83). Questa tecnica è stata utilizzata soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna a partire dagli anni ‘80. L’idea della Yeates è stata proprio quella di coniugare il metodo VIA con la foto ottenuta tramite un telefono cellulare dotato di macchina fotografica di alta qualità. L’operatore applica alla foto un numero identificativo e lo invia istantaneamente al medico esperto, che risponderà se quella cervice è normale o anormale. Se si dovesse dimostrare che il metodo funziona, verrà richiesto un grant di un milione di dollari. Conclusioni Mentre nei paesi in via di sviluppo lo screening è assente o comunque effettuato con pochi test nel corso della vita (per esempio 3 Pap test a distanza di 10 anni l’uno dall’altro a partire dai 30 anni di età) oppure con metodiche che consentano lo “screen and treat” immediato (come il metodo VIA associato alla crioterapia), nei paesi industrializzati il test di screening principalmente adottato è quasi ovunque ancora oggi il Pap test, con cadenza biennale o triennale. Si raccomanda di non introdurre nuovi programmi di screening in assenza di studi popolazione ben condotti. Si raccomanda altresì che lo screening sia organizzato (e non opportunistico). È molto importante mantenere un’elevata qualità in tutte le fasi del programma (invito, screening, diagnosi, trattamento delle lesioni, follow-up post-trattamento). Le adolescenti non devono rientrare nel programma di screening. Queste raccomandazioni non sono applicabili a donne sintomatiche, o con pregressi risultati anormali dei test di screening, pazienti immunodepresse, donne sottoposte ad isterectomia totale. Infine lo screening va sospeso dopo i 65-70 anni di età. A questo proposito tuttavia, è di fondamentale rilevanza considerare come le caratteristiche della società moderna siano profondamente mutate nel corso degli ultimi decenni, con donne che modificano i propri comportamenti sessuali dopo i 40-50 anni, prolungano l’attività sessuale anche oltre i 70 anni, hanno una maggiore aspettativa di vita, tutti fattori che devono indurre a riconsiderare la sospensione dello screening cervicale; inoltre del tutto recentemente è stato dimostrato come la citologia cervicale sia in grado potenzialmente di rilevare anche altre forme di cancro, come quello dell’endometrio e dell’ovaio, appannaggio di un’età tendenzialmente più avanzata rispetto a quella del cervicocarcinoma (84). PAP TEST e HPV TEST Molti medici non hanno sufficienti conoscenze sull’epidemiologia dell’infezione da HPV, il suo legame causale con il cancro cervicale e la gestione dei test (85). Una delle conseguenze di questa situazione è la comune richiesta di HPV test inutili e potenzialmente dannosi, che portano ad enormi aumenti dei costi sanitari e ad ansietà nella popolazione. Test inappropriati aumentano i costi senza offrire benefici e risultano in potenziali sovratrattamenti delle donne (86). Un ottimo documento pubblicato di recente fornisce una visione panoramica chiara e concisa su quello che ogni operatore sanitario dovrebbe oggi conoscere sul papillomavirus, così da essere in grado di offrire una consulenza univoca ai pazienti (87). L’interpretazione di un risultato HPV positivo implica infatti la conoscenza della storia naturale dell’infezione da HPV (88). Una donna HPV positiva con Pap test negativo dovrebbe ripetere entrambi i test dopo un anno. In realtà l’esperienza clinica quotidiana mostra come troppo spesso le pazienti siano inviate ad esame colposcopico immediato. In tale occasione i sanitari hanno il dovere di consulentare ed informare le pazienti sulla natura spesso regressiva di uno stato HPV positivo, ma allo stesso tempo essi stanno dicendo alla donna che: • è infetta con un virus oncogenico • si tratta di un tipo virale ad “alto rischio” • non ci sono lesioni visibili • non esiste una cura • è un virus sessualmente trasmesso. Le effettive incertezze sull’HPV non possono però essere risolte semplicemente attraverso la fornitura di maggiori informazioni (89). La positività all’HPV può 15 16 CLaolposcopia in Italia SICPCV anche condizionare un carico psicosociale prolungato nelle donne, anche dopo avere garantito loro i controlli necessari per la loro anormalità cervicale (90). Ciò è particolarmente importante quando si parla di prevenzione (91,92). Misure preventive eccessive possono portare a timori aumentati e percezione di malattia quando non ve ne è, oltre a frustrazione dei medici per una lista crescente di richieste impossibili da soddisfare. I clinici inizieranno attività preventive multiple sia diagnostiche che terapeutiche, ciascuna delle quali condurrà ad interventi con effetti dannosi ben documentati ma poco riconosciuti. Alla fine si tendono ad attribuire malattie e fattori di rischio a gente sana, trasformare le persone in pazienti, senza alcuna evidenza di benefici per loro individualmente (93). É noto che il trattamento non è raccomandato per le neoplasie intraepiteliali di basso grado (CIN 1), sia per l’alto tasso di regressione spontanea che per la frequente persistenza dopo trattamento (94). Tuttavia, anche per le anomalie cervicali di basso grado, si è visto che le donne tendono a preferire strategie di trattamento attivo; è molto difficile soddisfare le loro aspettative di follow-up ottimale quando venga utilizzato l’HPV test nello screening primario (95). Nelle donne più giovani anche le neoplasie intraepiteliali di alto grado istologicamente confermate (CIN 2-3) hanno elevata probabilità che l’esame istologico definitivo su escissione della cervice mostri CIN 1 o nessuna displasia (96). L’eccesso di diagnosi conduce ad un conseguente eccesso di trattamenti. Poiché del tutto recentemente l’HPV test ha dimostrato di possedere sensibilità simile al Pap test ma più sovra diagnosi (97) e poiché i risultati “falsi negativi” possono essere superiori rispetto a quanto sospettato in precedenza (98), lo screening primario mediante HPV test nei paesi Europei deve essere attentamente riconsiderato prima di intraprendere modifiche sostanziali ai programmi di screening attualmente in essere. Le risorse risparmiate nei test di biologia molecolare possono benissimo venire impiegate nell’implementazione di strategie vaccinali contro i più frequenti ceppi di HPV, che sono tuttora sottoutilizzate e che potrebbero includere anche i maschi oltre alle donne (99-102). Per trovare ai test molecolari sempre nuove indicazioni, si supporta il loro utilizzo nel follow-up dopo trattamento per lesioni di alto grado (103,104). Dopo CIN, le strategie di sorveglianza devono trovare un bilanciamento fra rilevamento e trattamento di lesioni persistenti o incidenti ed abuso di test diagnostici costosi e impegnativi; dato il grande numero di CIN 2-3 trattate, le raccomandazioni interessano centinaia di migliaia di donne ogni anno negli USA. Ebbene, uno studio molto ben condotto ha valutato ben 12 differenti strategie, concludendo che aumentare l’impiego della citologia convenzionale e della colposcopia iniziale nella sorveglianza delle donne ad alto rischio, ridurrebbe i costi della sorveglianza post-trattamento e fornirebbe risorse sanitarie che potrebbero essere utilizzate in maniera più produttiva per allargare l’accesso allo screening per il cervicocarcinoma, al suo trattamento ed alla sua sorveglianza. L’HPV test e la citologia su strato sottile aumentano i costi, ma non l’efficacia, rispetto al Pap test (105). Un altro studio molto recente ha portato alla conclusione che, poiché le lesioni di alto grado istologicamente comprovate dopo trattamento per CIN sono rare, aggiungere l’HPV test al Pap test in questo gruppo di donne non fa aumentare il rilevamento di lesioni di alto grado, né innalza il valore predittivo negativo rispetto alla sola diagnosi citologica (106). I medici sono i controllori principali che decidono quando, come e quali servizi sanitari erogare, con stime che valutano come almeno il 60% dei costi sanitari sono determinati o influenzati dai medici. Nonostante le enormi risorse in gioco, i medici ricevono scarsa educazione sul come gestire e amministrare risorse “finite”. Gli sprechi rappresentano da soli il 30% dei costi sanitari globali. Pochi medici abusano intenzionalmente o frodano il sistema sanitario nazionale, ma quasi tutti contribuiscono allo spreco (107). I test diagnostici non fanno eccezione e noi non dobbiamo cedere alle pubblicità delle ditte produttrici. Infine si rammenta nuovamente che non è appropriato per i laboratori offrire HPV test mirati al rilevamento dei ceppi virali a basso rischio in alcuna circostanza clinica. Sul monitoraggio dei tassi dei risultati ASC-US HPV positivi si deve basare il controllo di qualità di un laboratorio (19). Ricordiamoci che una volta che una donna è stata etichettata con una diagnosi, ne consegue una cascata di eventi medici, sociali ed economici, alcuni dei quali sono permanenti. Evitare test, diagnosi e trattamenti eccessivi, non solo serve a proteggere i singoli individui da possibili danni, ma anche ad aiutare la società ad occuparsi dei più vasti problemi sanitari in termini che siano economicamente sostenibili (108). So he never thinks straight ‘Bout the shape that he’s in But it ain’t him to blame He’s only a pawn in their game Only a pawn in their game The Times They Are a-Changin’ (Bob Dylan, 1964) CLaolposcopia in Italia SICPCV Bibliografia 1. 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È prevista la presentazione di Comunicazioni libere Sessione di Accreditamento Professionale in Colposcopia e fisiopatologia del tratto genitale inferiore Segreteria Organizzativa e Provider ECM Via Brescia, 5 - 41043 Casinalbo (MO) Tel 059 551863 - Fax 059 5160097 - e-mail: [email protected] - www.mediacomcongressi.it CLaolposcopia in Italia SICPCV Protocolli diagnostici delle masse annessiali F. Sopracordevole*, F. Mancioli** * SOC di Ginecologia Oncologica, CRO Aviano (PN) ** Clinica Ginecologica ed Ostetrica, Università Politecnica delle Marche, Ancona La Colposcopia in Italia Anno XXV – N. 1 – Marzo 2014 - pagg. 21 - 28 Introduzione I l riscontro (clinico od ecografico) di una massa annessiale (di probabile origine ovarica, paraovarica o tubarica) pone il ginecologo di fronte alla necessità di approfondimenti diagnostici atti a stabilire, con la più alta probabilità possibile, la natura (maligna, borderline o benigna) della massa stessa. Ciò al fine di pianificare in modo corretto il successivo management, discriminando le pazienti che possono essere gestite in ospedali periferici da quelle che, a seguito di sospetto per lesioni borderline o maligne, andranno indirizzate verso centri di riferimento che abbiano la possibilità di gestire adeguatamente il cancro dell’ovaio, sia nei suoi stadi iniziali che avanzati, anche con esperienza di trattamenti integrati chirurgici e chemioterapici, e non da ultimo, nei quali siano presenti patologi esperti in oncologia ginecologica. I ritardi di diagnosi comportano che oltre il 75% dei carcinomi dell’ovaio siano riscontrati in stadio avanzato (III e IV stadio FIGO), con disseminazione endocelomatica o a distanza della malattia; in questi casi la sopravvivenza a 5 anni può non superare il 20-25% a seconda delle casistiche, a fronte di una sopravvivenza di oltre l’80% dei casi diagnosticati e trattati con malattia confinata all’ovaio o alla pelvi. È essenziale ricordare che la prima chirurgia adeguata ed ottimale con assenza di residuo neoplastico (R=0) è un importante fattore prognostico che correla con la sopravvivenza della paziente. La disseminazione di materiale neoplastico in addome durante la chirurgia eseguita per neoplasie iniziali allo stadio I (malattia limitata all’ovaio) può comportare un peggioramento della prognosi. I clinici si sono, quindi, adoperati nella ricerca di sistemi in grado di identificare il più precocemente possibile la patologia maligna e, in via collaterale, la patologia benigna; per quest’ultima può essere previsto un follow-up o un trattamento chirurgico che potrà essere eseguito, previa valutazione delle caratteristiche della massa annessiale e della paziente, negli ospedali periferici (1). A tale scopo sono stati proposti score ecografici e l’uso di marcatori tumorali, da soli o associati secondo diversi algoritmi. Tali algoritmi possono essere di aiuto nell’indirizzare la paziente, tenendo però sempre in considerazione due aspetti fondamentali: il primo è che la certezza diagnostica nella maggior parte dei casi è data solo dall’esame istologico definitivo, il secondo è che il prelievo, sia esso guidato da tecniche di imaging dall’esterno dell’addome o eseguito su una massa annessiale apparentemente integra per via laparoscopica, è controindicato per il rischio di disseminazione endocelomatica di una eventuale malattia maligna. Classificazione e percorso diagnostico Le più frequenti cause di masse annessiali sono riportate in Tabella 1. La presenza di una massa in sede annessiale può essere riscontrata durante un controllo ginecologico di routine o in seguito all’esecuzione di tecniche di imaging (ecografia, TAC o RMN) sia in caso di pazienti sintomatiche per problematiche pelviche che in donne asintomatiche che svolgono tali indagini per altre indicazioni; in ogni caso il percorso diagnostico deve seguire tappe ben definite. Si possono individuare essenzialmente due step all’interno del percorso diagnostico come riportato in Tabella 2.: 1. valutazione ginecologica (anamnestica ed obiettiva) e valutazione ecografica (transvaginale e/o transaddominale): possono essere dirimenti nel suggerire la diagnosi (e di conseguenza il corretto management della lesione) oppure possono porre l’indicazione ad eseguire ulteriori accertamenti. 2. dosaggio dei marcatori tumorali, ulteriori tecniche di imaging ed eventuale esplorazione chirurgica. 21 22 CLaolposcopia in Italia SICPCV Valutazione ginecologica Un’attenta raccolta dell’anamnesi ed un’accurata visita ginecologica, pur fornendo importanti indicazioni, sono solamente la tappa iniziale del processo diagnostico e di fatto anche valutazioni sofisticate dei sintomi (Ovarian Cancer Sympto Index) (2) si sono dimostrate solo in parte in grado di differenziare tra malattia maligna e benigna, considerando per quanto riguarda la malattia maligna i casi in stadio iniziale. Durante la visita ginecologica, da eseguire sia per via Tabella 1. – Cause di massa in sede annessiale Benigne Cisti funzionali /emorragiche PCOS Cisti endometriosiche Cistoadenoma - sieroso - mucinoso Cistoadenofibroma /fibroma ovarico Teratoma maturo cistico/solido Luteoma/tecoma Tumore di Brenner Benigno Cisti paraovariche Cisti /miomi intraligamentosi Lesioni tubariche - idrosalpinge - pliosalpinge Borderline Cistoadenocarcinoma borderline - sieroso (65%) - mucinoso (32%) - a cellule chiare - endometrio ide Maligne Epiteliali (85%) - (cisto) adenoca. Sieroso (papillifero) - (cisto) adenoca. Mucinoso - (cisto) adenoca. Endometrioide - (cisto) adenoca. a cellule chiare - (adeno) carcinomi indifferenziati - tumore di Brenner maligno Germinali - tumore del seno entodermico - disgerminoma - carcinoma embrionario - teratoma maturo Dei cordini sessuali - tumori a cellule della granulosa - tumori a cellule di Sertoli Leydig Metastasi ovariche da altri tumori vaginale che rettale, vanno valutate le seguenti caratteristiche della massa: dimensioni, consistenza, superficie, mobilità e dolorabilità. Ad esempio una massa di discrete dimensioni, di consistenza teso-elastica, mobile e non dolente fa pensare ad una lesione benigna o borderline, mentre una massa a superficie irregolare, poco mobile, soprattutto se accompagnata da ascite, indirizzerà verso una lesione maligna. Va poi valutata l’entità e la durata di un’eventuale sintomatologia associata, che potrà indirizzare il sospetto verso lesioni maligne (ascite, dimagrimento, disturbi intestinali, iperestrogenismo nei tumori a cellule della granulosa) o verso patologia tubarica (febbre, dolenzia, associazione con disturbi minzionali e vaginali) o verso il sospetto di una localizzazione metastatica di un altro tumore. Valutazione mediante tecniche di imaging Le tecniche di imaging che possono essere utilizzate nella valutazione di una massa annessiale sono l’ecografia pelvica, la RMN della pelvi e la TAC addominopelvica. L’ecografia pelvica (transvaginale e/o transaddominale) nella usuale scala dei grigi, associata alla valutazione vascolare con color doppler, è l’esame di imaging di I livello utilizzato per discriminare tra patologia benigna e maligna. Nonostante tale tecnica si sia rivelata in grado di Tabella 2. – Massa in sede annessiale: percorso diagnostico Riscontro di massa annessiale Valutazione obiettiva e anamnestica Valutazione ecografica / marcatori (Indici di rischio) ___________________________ Follow-up Imaging 2° livello Chirurgia ___________ Ospedale Generale Centro di Riferimento Diagnosi istologica definitiva CLaolposcopia in Italia SICPCV Tabella 3. – Classificazione delle masse annessiali secondo IOTA Caratteristiche ecografiche predittive di malignità (M-rules) Caratteristiche ecografiche predittive di benignità (B-rules) M1 massa solida irregolare M2 ascite M3 > 4 strutture papillari M4 massa solida irregolare Φ ≥ 10 cm M5 vascolarizzazione (color score 4) B1 uniloculare B2 componente solida Φ ≤ 7 mm B3 ombra acustica B4 multiloculare liscia Φ < 10 cm B5 no vascolarizzazione (color score 1) Malignità 1 o più M-rules in assenza di B-rules Benignità 1 o più B-rules in assenza di M-rules Non classificabile M-rules e B-rules contemporaneamente distinguere con buona accuratezza tra lesioni benigne e lesioni maligne (3), non si può non considerare che è una tecnica soggettiva e, pertanto, dipendente dal livello di esperienza dell’operatore. Si è sentita, quindi, la necessità di individuare dei modelli o sistemi di score che permettessero di aumentare le performances diagnostiche da parte anche degli operatori meno esperti. A tale scopo nel 2008 il gruppo IOTA (International Ovarian Tumor Analysis) ha proposto “dieci semplici regole per classificare le masse annessiali come benigne o maligne” sulla base di determinate caratteristiche ecografiche (rules). Viene posto il sospetto di malignità in presenza di uno o più M-rules in assenza di B-rules, mentre il sospetto di benignità viene posto in presenza di uno o più B-rules in assenza di M-rules; nel caso in cui vi siano contemporaneamente M-rules e B-rules la massa viene considerata non classificabile (Sensibilità 95%, specificità 91%, LR+ 10.37, LR- 0.06), come indicato in Tabella 3 (4). Dopo aver classificato, qualora possibile, la massa annessiale come lesione presumibilmente benigna, si può tentare di definire il tipo di cisti per impostare il successivo management. Le cisti funzionali sono transoniche, con pareti sottili inferiori a 3 mm; la presenza di echi all’interno e di reticolazioni è caratteristica delle cisti emorragiche e degli endometriomi: il controllo a tre mesi di distanza permetterà di identificare gli endometriomi, che non regrediscono, rispetto alle formazioni emorragiche funzionali. In caso di cistoadenomi di solito la parete è sottile, fino a 3 mm, non vascolarizzata, sono più frequentemente uniloculari e bilaterali; inoltre le dimensioni di quelli sierosi sono minori rispetto a quelli mucinosi (3). I cistoadenofibromi sono di più difficile caratterizzazione, in quanto le aree solide ed i setti anche spessi possono mimare una lesione maligna, mentre in circa la metà dei casi appaiono come i cistoadenomi sierosi. In caso di dubbio queste lesioni possono essere meglio caratterizzate dalla RMN. In caso di teratoma le lesioni potranno apparire come cisti, con eventualmente un nodulo periferico (nodulo di Rokitansky), o come delle masse miste contenenti grasso, con ombra posteriore all’ecografia, con evidenza di calcificazioni o di aree iperecogene con maggior abbattimento del segnale (denti, ossa etc). In questi casi il successivo iter diagnostico sarà la TAC o meglio la RMN. La successiva asportazione, se possibile per via laparoscopica, deve tener conto che circa il 2% di queste lesioni sono maligne; va evitata quindi la disseminazione in addome del contenuto della massa annessiale. I tumori borderline sierosi si manifestano solitamente con masse pluriconcamerate, con setti ed aree solide e possono presentare impianti peritoneali. È difficile fare una diagnosi preoperatoria corretta se non da parte di ecografisti esperti e valutando complessivamente il quadro clinico (modesto aumento del CA 125, giovane età). È importante ricordare che una cisti uniloculare semplice può dimostrare una malattia invasiva in meno dell’1% dei casi, con un rischio che è maggiore in menopausa e in caso di cisti uniloculari a contenuto emorragico (5). Il quadro ecografico dei tumori borderline endometriosici e a cellule chiare non è specifico, ma spesso viene posta la diagnosi ecografica di sospetto di malignità. La presenza di masse complex con pareti delle cisti irregolari e superiori a 3 mm, con setti spessi, vegetazioni papillari anche vascolarizzate al doppler, aree solide, sono suggestive per una neoplasia maligna. In caso di necessità il quadro sarà completato da indagine RMN. Per lo studio preoperatorio è indicata la RMN, mentre per la valutazione del retroperitoneo è più indicata la TAC. È auspicabile che la paziente venga inviata a centri di terzo livello. La RMN della pelvi è l’esame di scelta come secondo livello di imaging in caso di dubbio ecografico. Nei confronti delle lesioni maligne ha una sensibilità fino al 97%, una specificità fino all’84% ed un’accuratez- 23 24 CLaolposcopia in Italia SICPCV za diagnostica fino all’89%; discrimina, quindi, meglio dell’ecografia in scala di grigi e doppler le masse di probabile natura maligna, permettendo in questo modo di evitare chirurgie inutili. La maggiore accuratezza diagnostica di tale tecnica deriva dalla sua capacità di individuare correttamente cisti dermoidi, endometriomi e fibromi che talora possono essere suggestive di malignità agli ultrasuoni (6-8) Sono stati prodotti diversi indici, non facilmente confrontabili tra loro in relazione ai diversi parametri presi in considerazione e alla diversa valutazione di ogni parametro, che si sono dimostrati in grado, all’interno degli studi clinici controllati, di ottenere una sensibilità per le lesioni maligne tra il 70 ed il 100%, con una specificità tra il 70 e l’83% (9). È stato dimostrato che la miglior predittività viene ottenuta da ecografisti esperti in grado di esprimere una valutazione complessiva alla fine dell’esame, piuttosto che dai modelli matematici che utilizzano score che prendono in esame i diversi parametri ecografici, e un ecografista esperto è in grado spesso di identificare la specifica istologia di una massa annessiale (10). L’accuratezza diagnostica può raggiungere l’80% per l’endometrioma, l’84% per le cisti dermoidi, il 93% per l’idrosalpinge e l’80% per i tumori ovarici primitivi. La possibilità di distinguere tra lesione maligna e benigna ha raggiunto il 93% dei casi. La diagnosi istologica di sottotipo corretta è stata fatta nel 59% dei casi benigni, con una percentuale maggiore in premenopausa (67% dei casi) rispetto alle donne in postmenopausa (44% dei casi), mentre nel caso di lesioni maligne queste sono state identificate corret- Tabella 4. – Massa in sede annessiale: percorso diagnostico con imaging Algoritmo per la diagnostica su base ecografica Cisti uniloculare semplice < 5 cm premenop < 1 cm postmenop NO follow-up 5-7 cm premenop ETV annuale > 7 cm premenop > 1 cm postmenop RMN o Chirurgia ETV a breve per cisti fino a 2-3 cm ??? tamente nel 48% delle donne in premenopausa e nel 44% di quelle in postmenopausa. Questi dati sono relativi ad ecografisti esperti, e non possono essere traslati dagli studi clinici controllati alla comune pratica clinica, dove i risultati sono sicuramente inferiori (11). Il percorso diagnostico in base all’ecografia può essere riassunto nell’algoritmo illustrato nelle Tabelle 4 e 5, in parte modificato da quanto proposto dalla società dei radiologi ed ecografisti americani (12). È evidente che piccole formazioni transoniche semplici riscontrate in Tabella 5. - Massa in sede annessiale: percorso diagnostico con imaging Algoritmo per la diagnostica su base ecografica Cisti complex Echi uniformi Reticolazioni Doppler neg Echi interni Foci ecogeni Ombra posteriore Doppler neg Setti sottili Piccoli nodi parietali vascolar. minima o assente Aree solide Setti spessi vascolar. interna presente ETV a 6-12 w Dermoide Cistoma benigno o borderline Borderline o carcinoma ovarico Persistenza: Endometrioma TAC / RMN (presenza di grasso) RMN Staging TAC Follow-up o chirurgia Follow-up o chirurgia Chirurgia Chirurgia Risoluzione: Cisti emorragica CLaolposcopia in Italia SICPCV Tabella 6. - Massa in sede annessiale: percorso diagnostico CA 125 espresso da: 80 % dei TEO stadio III / IV 20 % dei TEO stadio I / II 2 % popolazione generale - endometriosi / flogosi peritoneali -TCG / Teratomi - ascite neoplastica da tumori non CA125 relati - ascite non neoplastica - fibromatosi uterina / gravidanza - recente chirurgia addominale - metastasi peritoneali da altri tumori % e livelli variabili Bast RC, et al, NEJM 1983 Sopracordevole F et al, Min Gin 1985 Tabella 7. - Massa in sede annessiale: percorso diagnostico HE4 Anastasi E et al, Tumor Biol 2010 Sensibilità per CA: 96.9% 87% (metanalisi 11 studi) Lin J et al, EJ ObGyn Reprod Biol 2013 - fluttuazioni con il ciclo mestruale se < 36 anni 8% vs 29% per patologia benigna 3% vs 67% per endometriomi 8% vs 20% per cistoadenomi sierosi 8% vs 26% per fibromi uterini 1% vs 21% per cisti dermoidi 10% vs 37% per PID vs CA 125: - falsi positivi : Moore RG et al, AJOG 2013 Da solo: sensibilità 63.4% per distinguere masse benigne / maligne migliori performance in postmenopausa Karlsen MA et al, Gynecol Oncol 2012 HE4 + CA125: sensibilità, specificità menopausa potranno essere indagate in relazione alla storia clinica della paziente: se di recente comparsa rispetto ad un precedente controllo negativo è evidente che sarà indicato il ricorso alla RMN; in caso di formazioni stabili, già note, potrà essere indicato come primo step il follow-up ecografico associato alla valutazione dei marcatori. Utilizzo dei marcatori a) CA125 L’antigene CA125 viene espresso da circa l’80% dei tumori epiteliali dell’ovaio in stadio avanzato, dal 50% circa di quelli in stadio iniziale, ma anche dal 2% della popolazione normale e anche dall’endometriosi (sia da endo- metrioma che da disseminazione peritoneale di noduli endometriosici), da una parte delle lesioni neoplastiche non epiteliali dell’ovaio (tumori a cellule della granulosa, teratomi), dalle flogosi che interessano il peritoneo, in presenza di versamenti ascitici sia neoplastici (da neoplasie che solitamente non esprimono il CA125) che da versamenti non neoplastici, dalla PID, dalla recente chirurgia addominale e può aumentare anche nelle donne in gravidanza, in presenza di fibromatosi uterina, oltre che in presenza di altri tumori coinvolgenti o meno il peritoneo, come riportato in Tabella 6 (13-15). b) HE4 L’Human Epidydimis Protein 4 presenterebbe una sensibilità per le neoplasie ovariche superiore a quella del 25 26 CLaolposcopia in Italia SICPCV CA125, raggiungendo il 96.9% dei casi studiati (Tabella7), con meno falsi positivi (16). In una recente review la sensibilità media su 11 studi è stata però del 74% con una specificità dell’87% se utilizzato da solo, con un incremento di sensibilità quando combinato con l’uso del CA125, a spese però delle specificità, che diminuirebbe (17). Nelle donne sane di età inferiore a 35 anni il suo livello risente di fluttuazioni statisticamente significative nelle diverse fasi del ciclo, variazioni che non sarebbero state riscontrate in donne al di sopra dei 36 anni di età (18). Presenta rispetto al CA125 un livello significativamente inferiore di falsi positivi: in caso di patologia benigna (8% vs 29%), in presenza di cisti endometriosiche (3% vs 67%), cistoadenomi sierosi (8% vs 20%), fibromi uterini (8% vs 26%), cisti dermoidi (1% vs 21%) e PID (10% vs 37%) (19). In genere viene utilizzato assieme al CA125, in quanto non sono ancora ben stabilite le sue performances. Discrimina meglio tra donne con patologia maligna e donne sane, rispetto che tra donne con patologia maligna e benigna (20,21). Da solo ha dimostrato una specificità nel distinguere tra lesioni maligne e benigne del 63.4% (22). Nel caso di donne in premenopausa con massa pelvica i dati indicano la necessità di ulteriori studi (22). “Indici” Una sola metodica si è dimostrata non essere in grado di discriminare con certezza tra lesione benigna e maligna. Per questo sono stati “costruiti” degli indici che tengono in considerazione diversi parametri ecografici, clinici o strumentali variamente associati, solitamente la combinazione di uno score ecografico, dello stato menopausale della paziente, dei livelli di uno (solitamente il CA125) o più marcatori o il loro andamento. Tra questi ricordiamo: a) Risk of malignancy index (RMI) Introdotto da Jacobs (23), secondo la formula U x M x Ca 125, in cui U è lo score ecografico, M lo stato menopausale e il livello di Ca 125 come valore assoluto (Tabella 8). Lo score per i parametri U ed M è stato poi variamente definito nei diversi studi, con risultati che non risultano essere comparabili. A seconda dei diversi “score” vengono stabiliti valori soglia in grado di dare la miglior discriminazione tra lesioni benigne e maligne. Questo indice risulta superiore ad una unica metodica nel distinguere tra lesioni maligne e benigne (24). L’aggiunta della dimensione assoluta della lesione (formula che diventa U x M x Ca 125 x S, dove S è la dimensione della lesione), aumenta l’affidabilità della discriminazione (25). Si deve ricordare che i falsi negativi possono raggiungere l’11-19% dei casi negli studi clinici controllati (26,27), con scarsa possibilità di diagnosticare con certezza le lesioni borderline (27) e che gli Autori propongono questo indice come possibile discriminatore tra le donne da inviare a laparotomia per neoplasia ovarica maligna rispetto a quelle da inviare a laparoscopia per lesione benigna (27). A seconda di come i diversi score pongono il valore soglia dell’index, potrà aumentare la sensibilità, ovviamente abbassando la specificità, con il vantaggio sicuramente di individuare tutte o quasi tutte le lesioni invasive ma con lo svantaggio di aumentare i casi falsi positivi, inviando a chirurgia casi benigni. È consigliabile che livelli soglia più bassi vengano utilizzati nei centri periferici, al fine di riferire ai centri di riferimento il maggior numero possibile di casi positivi, mentre in questi ultimi centri, su casistiche già selezionate, potrà essere utilizzata una soglia più alta, al fine di poter stabilire le procedure chirurgiche più appropriate. Tabella 8. – Risk of Malignancy Index (RMI: UxMxCA125) U score 0 1 2 Numero di aspetti sospetti all’ecografia nessuno un aspetto due o più aspetti M score 1 3 Stato menopausale Premenopausa Postmenopausa RMI > 200 25-200 < 25 UxMxCA125 alto rischio: TAC di stadi azione e invio a centro di riferimento rischio intermedio: RMN e rivalutazione della massa basso rischio: rivalutazione nell’ospedale periferico Aree solide / ascite / multiloculazione / lesioni bilaterali sospetto metyastatico Con valore soglia 200: sensibilità 84-85%, specificità 77-97% Modified Risk of Malignancy Index (MRMI): UxMxCA125xS CLaolposcopia in Italia SICPCV È un indice in cui l’ecografia ha una importanza preponderante: infatti, l’assenza di sospetto ecografico anche in presenza di altissimi valori di CA125 comporterà un valore 0 dell’indice. b) Risk of Ovarian Malignant Algorithm (ROMA) Considera i livelli di CA125, di HE4 e lo stato menopausale (Tabella 9). In teoria non necessiterebbe di un passaggio ecografico della paziente e questo lo potrebbe rendere appetibile per gli screening di popolazione; ciò malgrado l’importanza dell’ecografia nella diagnostica delle masse pelviche. Si è dimostrato più sensibile dell’RMI nel distinguere le masse annessiali tra benigne e maligne (93% vs 84.6%), e ugualmente avviene per i casi invasivi “early” (stadio I e II) (85% vs 64.7% ottenuto con l’RMI) (28). La specificità per distinguere tra lesioni benigne e maligne raggiungerebbe l’81.5%, superiore a quella per il RMI (22), con una capacità discriminatoria superiore a quella dell’uso del CA125 da solo (29), che sarebbe statisticamente significativa nelle donne in postmenopausa (29). È evidente che il ROMA potrà essere utilizzato per stabilire la malignità o meno di tumori epiteliali dell’ovaio, ma ovviamente non avrà significato in presenza di lesioni anche maligne di origine ovarica non epiteliale. Il valore predittivo negativo raggiungerebbe il 96-98% (30) e secondo altri la specificità per distinguere tra massa benigna e maligna è stata del 76% (22). È l’unico index approvato dalla Food and Drug Administration per riferire i casi sospetti a centri di riferimento (31). Tabella 9. - Risk of Ovarian Malignant Algorithm (ROMA): CA125/HE4/stato menopausale Indice predittivo: Premenopausa: Postmenopausa: PI= -12+2.38xHE4+0.0626xCA125 PI= -8.09+þ1.04xHE4+0.732xCA125 Il valore dell’index ROMA (valore predittivo viene calcolato come: ROMA (%) = ePI / (1 + ePI ) x 100 10.8 (range 0.9–99.6) for benign disease, The median 32.0 (range 2.2–96.9) ROMA value was for borderline ovarian tumors 95.7 (range 0.6–1000.0) for ovarian cancer Karlsen MA et al, Gynecol Oncol 2012 c) OVA1 Incorpora criteri ecografici, lo stato menopausale, i livelli di CA125 e quattro altri marcatori provenienti dallo studio della proteomica (30). Raggiunge fino al 96% di sensibilità, con una specificità che va dal 28 al 40 % a seconda dello stato menopausale, con un valore predittivo negativo che raggiungerebbe il 9496% (31). d) Risk of Ovarian Cancer Algorithms (ROCA) È stato proposto soprattutto per lo screening, ed è costituito da una misura seriale del CA125 in combinazione con l’età della paziente; le donne che risultano a basso rischio verranno seguite solo con CA125 ogni anno, quelle a rischio intermedio ripeteranno il CA125 a tre mesi, quelle ad alto rischio verranno inviate ad ecografia (32): il sistema è stato in grado di dimostrare il 40% di VPP per lesioni invasive ovariche (4/10 casi operati), mentre 2 casi erano borderline, 1 adenocarcinoma dell’endometrio, 3 lesioni benigne. Conclusioni La diagnostica delle masse pelviche benigne è volta a discriminare tra casi che necessitano solo di follow-up o di chirurgia eseguibile con sicurezza anche in ospedali periferici e casi da inviare a centri di riferimento per la patologia ovarica maligna. Non esiste ad oggi un “marcatore” o un “indice” in grado di dare la sicurezza assoluta sulla scelta, ma ci si deve ricordare che un certo numero di casi saranno falsi positivi e verranno inviati ai centri di riferimento anche in presenza di una lesione benigna, mentre altri casi saranno falsi negativi e verranno trattati in ospedali periferici, con il rischio di un trattamento non adeguato. È necessario seguire algoritmi che possano minimizzare il rischio facendo però un accurato bilancio costo/beneficio, in termini economici, di utilizzo delle risorse e di salute della paziente, tenendo presente che il rischio zero non esiste, e che una sensibilità del 100% probabilmente comporta una specificità molto bassa, con troppe donne inviate a chirurgia maggiore inutilmente. In ogni caso, quando si pone diagnosi di una lesione benigna, deve essere assicurato un adeguato follow-up al fine di evidenziare il manifestarsi di una lesione maligna misconosciuta ed in caso di chirurgia deve essere fatto ogni sforzo per non disseminare materiale proveniente dalla massa annessiale all’interno della cavità addominale. 27 28 CLaolposcopia in Italia SICPCV Bibliografia 1. Sopracordevole F. Diagnosi precoce e screening nei tumori epiteliali dell’ovaio. La Colposcopia in Italia 2010;XXIII(2):7-13 2. Goff BA et al. Development of an ovarian cancer symptom index. Cancer 2007;109:221-7 3. 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STUDIO MULTICENTRICO SULLE VaIN 2-3 È in atto uno studio multicentrico retrospettivo osservazionale con il patrocinio della SICPCV sulle VaIN2-3, con Centro di coordinamento presso la SOC di Ginecologia Oncologica del CRO di Aviano; coloro che vogliono partecipare allo studio possono farlo contribuendo con un numero minimo di 20 casi, arruolati dal 1995 in poi, contattando il Dr Francesco Sopracordevole via mail: [email protected] per ottenere tutte le informazioni necessarie. I dati dovranno pervenire entro il 30/06/2014. RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE: MECLON® “20% + 4% crema vaginale” MECLON® “200 mg/10 ml + 1 g/130 ml soluzione vaginale” 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA: Crema vaginale. 100 g contengono: Principi attivi: Metronidazolo 20 g; Clotrimazolo 4 g. Eccipienti: contiene sodio metil p-idrossibenzoato e sodio propil p-idrossibenzoato. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. Soluzione vaginale. Flacone da 10 ml. 10 ml contengono: Principio attivo: Clotrimazolo 200 mg. Flacone da 130 ml. 130 ml contengono: Principio attivo: Metronidazolo 1 g. Eccipienti: contiene sodio metil p-idrossibenzoato e sodio propil p-idrossibenzoato. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA: Crema vaginale. Soluzione vaginale. 4. INFORMAZIONI CLINICHE: 4.1 Indicazioni terapeutiche: Crema vaginale. Cervico-vaginiti e vulvo-vaginiti causate da Trichomonas vaginalis anche se associato a Candida albicans, Gardnerella vaginalis ed altra flora batterica sensibile. MECLON® crema vaginale può essere impiegato anche nel partner a scopo profilattico. Soluzione vaginale. Coadiuvante nella terapia di cervico-vaginiti, vulvo-vaginiti causate da Trichomonas vaginalis anche se associato a Candida albicans, Gardnerella vaginalis ed altra flora batterica sensibile. MECLON® soluzione vaginale può essere impiegato anche dopo altra terapia topica od orale, allo scopo di ridurre il rischio di recidive. 4.2 Posologia e modo di somministrazione: Crema vaginale. Somministrare profondamente in vagina il contenuto di un applicatore una volta al giorno per almeno sei giorni consecutivi, preferibilmente alla sera prima di coricarsi, oppure secondo prescrizione medica. Nelle trichomoniasi, maggior sicurezza di risultato terapeutico si verifica con il contemporaneo uso di Metronidazolo per via orale sia nella donna non gestante che nel partner maschile. Per un’ottimale somministrazione si consiglia una posizione supina, con le gambe leggermente piegate ad angolo. Per ottenere una migliore sterilizzazione è preferibile spalmare un pò di MECLON® crema vaginale anche esternamente, a livello perivulvare e perianale. Se il medico prescrive il trattamento del partner a scopo profilattico, la crema deve essere applicata sul glande e sul prepuzio per almeno sei giorni. Istruzioni per l’uso: Dopo aver riempito di crema un applicatore, somministrare la crema in vagina mediante pressione sul pistone, fino a completo svuotamento. Soluzione vaginale. Somministrare la soluzione vaginale pronta una volta al giorno, preferibilmente al mattino, oppure secondo prescrizione medica. Nella fase di attacco l’uso della soluzione vaginale deve essere associato ad adeguata terapia topica e/o orale. L’irrigazione va eseguita preferibilmente in posizione supina. Un lento svuotamento del flacone favorirà una più prolungata permanenza in vagina dei principi attivi e quindi una più efficace azione antimicrobica e detergente. Istruzioni per l’uso: Dopo aver versato il contenuto del flaconcino nel flacone, inserire la cannula vaginale sul collo del flacone stesso. Introdurre la cannula in vagina e somministrare l’intero contenuto. 4.3 Controindicazioni: Ipersensibilità verso i principi attivi od uno qualsiasi degli eccipienti. 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego: Evitare il contatto con gli occhi. Il consigliato impiego contemporaneo di Metronidazolo per via orale è soggetto alle controindicazioni, effetti collaterali ed avvertenze descritte per il prodotto summenzionato.Evitare il trattamento durante il periodo mestruale. Tenere il medicinale fuori dalla portata e dalla vista dei bambini. 4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione: Nessuna. 4.6 Gravidanza e allattamento: In gravidanza il prodotto deve essere impiegato solo in caso di effettiva necessità e sotto il diretto controllo del medico. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari: MECLON® non altera la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati: Dato lo scarso assorbimento per applicazione locale dei principi attivi Metronidazolo e Clotrimazolo, le reazioni avverse riscontrate con le formulazioni topiche sono limitate a: Disturbi del sistema immunitario: Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili): reazioni di ipersensibilità. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo: Molto rari (frequenza <1/10.000): fenomeni irritativi locali quale prurito, dermatite allergica da contatto, eruzioni cutanee. L’eventuale manifestarsi di effetti indesiderati comporta l’interruzione del trattamento. 4.9 Sovradosaggio: Non sono stati descritti sintomi di sovradosaggio. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE: 5.1 Proprietà farmacodinamiche: Categoria farmacoterapeutica: Antinfettivi ed antisettici ginecologici/Associazioni di derivati imidazolici - Codice ATC: G01AF20. Meccanismo d’azione/ effetti farmacodinamici: Il MECLON® è una associazione tra Metronidazolo (M) e Clotrimazolo (C). Il (M) è un derivato nitroimidazolico ad ampio spettro di azione antiprotozoaria e antimicrobica. Ha effetto trichomonicida diretto ed è attivo su cocchi Gram-positivi anaerobi, bacilli sporigeni, anaerobi Gram-negativi. Presenta attività spiccata sulla Gardnerella vaginalis. Non è attivo sulla flora acidofila vaginale. Il (C) è un imidazolico con spettro antifungino molto ampio (Candida, etc.). È attivo anche su Trichomonas vaginalis, cocchi Gram-positivi, Toxoplasmi, etc. È stato documentato che l’associazione Clotrimazolo-Metronidazolo dà luogo ad effetti di tipo additivo, pertanto essa è in grado di conseguire tre vantaggi terapeutici principali: 1) Ampliamento dello spettro d’azione antimicrobica, per sommazione degli effetti dei due principi attivi; 2) Potenziamento dell’attività antimicotica, antiprotozoaria ed antibatterica; 3) Abolizione o ritardo della comparsa dei fenomeni di resistenza. Studi microbiologici in vitro hanno dimostrato che l’attività trichomonicida e antimicotica risulta potenziata quando il (M) e il (C) sono associati nelle stesse proporzioni che sono presenti nel MECLON®. Anche l’attività antibatterica esaminata su diversi ceppi di microorganismi è risultata elevata ed è emerso un potenziamento di essa quando i due principi attivi del MECLON® vengono associati. 5.2 Proprietà farmacocinetiche: Dalle indagini farmacocinetiche sui conigli, cani e ratti risulta che dopo ripetute applicazioni topiche di MECLON® non si rilevano concentrazioni apprezzabili di Clotrimazolo e Metronidazolo nel sangue. Per applicazione vaginale nella donna il (M) e il (C) vengono assorbiti in una percentuale che varia tra il 10% e il 20% circa. 5.3 Dati preclinici di sicurezza: La tossicità acuta del MECLON® nel topo e nel ratto (os) è risultata molto bassa, con una mortalità di appena il 20% dopo 7 giorni, a dosi molto elevate (600 mg/Kg di (C) e 3000 mg/Kg di (M), sia da soli che associati). Nelle prove di tossicità subacuta (30 giorni) il MECLON®, somministrato per via locale (genitale) nel cane e nel coniglio, non ha determinato alcun tipo di lesione nè locale nè sistemica anche per dosi molte volte superiori a quelle comunemente impiegate in terapia umana (3-10 Dtd nel cane e 100-200 Dtd nel coniglio; 1 Dtd = dose terapeutica/die per l’uomo = ca. 3,33 mg/Kg di (C) e ca. 16,66 mg/Kg di (M)). Il MECLON® somministrato durante il periodo di gravidanza per via topica vaginale nel coniglio e nel ratto non ha fatto evidenziare alcun segno di sofferenza fetale per dosi die di 100 Dtd, nè influssi negativi sullo stato gestazionale. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE: 6.1 Elenco degli eccipienti: Crema vaginale. Eccipienti: Stearato di glicole e polietilenglicole; Paraffina liquida; Sodio metile p-idrossibenzoato; Sodio propile p-idrossibenzoato; Acqua depurata. Soluzione vaginale. Flacone da 10 ml. Eccipienti: Alcool ricinoleilico; Etanolo; Acqua depurata. Flacone da 130 ml. Eccipienti: Sodio metile p-idrossibenzoato; Sodio propile p-idrossibenzoato; Acqua depurata. 6.2 Incompatibilità: Non sono note incompatibilità con altri farmaci. 6.3 Periodo di validità: Crema vaginale: 3 anni. Soluzione vaginale: 3 anni. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione: Questo medicinale non richiede alcuna particolare condizione per la conservazione. 6.5 Natura e contenuto del contenitore: MECLON® crema vaginale. Tubo in alluminio verniciato internamente con resine epossidiche e fenoliche. Gli applicatori monouso sono di polietilene. Tubo da 30 g + 6 applicatori monouso. MECLON® soluzione vaginale. Flaconi di polietilene a bassa densità; flaconcini di polietilene; cannule vaginali di polietilene. 5 flaconi da 10 ml + 5 flaconi da 130 ml + 5 cannule vaginali monouso. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione: Nessuna istruzione particolare. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO: ALFA WASSERMANN S.p.A. - Sede legale: Via E. Fermi, n. 1 - Alanno (PE). Sede amministrativa: Via Ragazzi del ‘99, n. 5 - Bologna. 8. NUMERI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO: MECLON crema vaginale: A.I.C. n. 023703046. MECLON soluzione vaginale: A.I.C. n. 023703059. 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE: 11.05.1991 (GU 07.10.1991) / 01.06.2010. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO: Determinazione AIFA del 27 Ottobre 2010. 20% + 4% crema vaginale, tubo da 30 g + 6 applicatori Prezzo: € 11,50 200 mg/10 ml + 1 g/130 ml soluzione vaginale, 5 flac. 10 ml + 5 flac. 130 ml + 5 cannule Prezzo: € 13,80 Medicinale non soggetto a prescrizione medica (SOP) CLASSE C RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE: MECLON® “100 mg + 500 mg ovuli”. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA: Un ovulo da 2,4 g contiene: Principi attivi: Metronidazolo 500 mg; Clotrimazolo 100 mg. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1 3. FORMA FARMACEUTICA: Ovuli. 4. INFORMAZIONI CLINICHE: 4.1 Indicazioni terapeutiche: Cerviciti, cervico-vaginiti, vaginiti e vulvo-vaginiti da Trichomonas vaginalis anche se associato a Candida o con componente batterica. 4.2 Posologia e modo di somministrazione: Lo schema terapeutico ottimale risulta il seguente: 1 ovulo di MECLON® in vagina, 1 volta al dì. 4.3 Controindicazioni: Ipersensibilità verso i principi attivi od uno qualsiasi degli eccipienti. 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego: Evitare il contatto con gli occhi. Il consigliato impiego contemporaneo di Metronidazolo per via orale è soggetto alle controindicazioni, effetti collaterali ed avvertenze descritte per il prodotto summenzionato. MECLON® ovuli va impiegato nella prima infanzia sotto il diretto controllo del medico e solo nei casi di effettiva necessità. Tenere il medicinale fuori dalla portata e dalla vista dei bambini. 4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione: Nessuna. 4.6 Gravidanza e allattamento: In gravidanza il prodotto deve essere impiegato solo in caso di effettiva necessità e sotto il diretto controllo del medico. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari: MECLON® non altera la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati: Dato lo scarso assorbimento per applicazione locale dei principi attivi Metronidazolo e Clotrimazolo, le reazioni avverse riscontrate con le formulazioni topiche sono limitate a: Disturbi del sistema immunitario: Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili): reazioni di ipersensibilità. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo: Molto rari (frequenza <1/10.000): fenomeni irritativi locali quale prurito, dermatite allergica da contatto, eruzioni cutanee. L’eventuale manifestarsi di effetti indesiderati comporta l’interruzione del trattamento. 4.9 Sovradosaggio: Non sono stati descritti sintomi di sovradosaggio. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE: 5.1 Proprietà farmacodinamiche: Categoria farmacoterapeutica: Antinfettivi ed antisettici ginecologici Associazioni di derivati imidazolici - Codice ATC: G01AF20. Meccanismo d’azione/effetti codinamici: Il MECLON® è una associazione tra metronidazolo (M) e clotrimazolo (C). Il (M) è un derivato nitroimidazolico ad ampio spettro di azione antiprotozoaria e antimicrobica. Ha effetto trichomonicida diretto ed è attivo su cocchi Gram-positivi anaerobi, bacilli sporigeni, anaerobi Gram-negativi. Presenta attività spiccata sulla Gardnerella vaginalis. Non è attivo sulla flora acidofila vaginale. Il (C) è un imidazolico con spettro antifungino molto ampio (Candida, etc.). È attivo anche su Trichomonas vaginalis, cocchi Gram-positivi, Toxoplasmi, etc. È stato documentato che l’associazione Clotrimazolo-Metronidazolo dà luogo ad effetti di tipo additivo, pertanto essa è in grado di conseguire tre vantaggi terapeutici principali: 1) Ampliamento dello spettro d’azione antimicrobica, per sommazione degli effetti dei due principi attivi; 2) Potenziamento dell’attività antimicotica, antiprotozoaria ed antibatterica; 3) Abolizione o ritardo della comparsa dei fenomeni di resistenza. Studi microbiologici in vitro hanno dimostrato che l’attività trichomonicida e antimicotica risulta potenziata quando il (M) e il (C) sono associati nelle stesse proporzioni che sono presenti nel MECLON®. Anche l’attività antibatterica esaminata su diversi ceppi di microorganismi è risultata elevata ed è emerso un potenziamento di essa quando i due principi attivi del MECLON® vengono associati. 5.2 Proprietà farmacocinetiche: Dalle indagini farmacocinetiche sui conigli, cani e ratti risulta che dopo ripetute applicazioni topiche di MECLON® non si rilevano concentrazioni apprezzabili di Clotrimazolo e Metronidazolo nel sangue. Per applicazione vaginale nella donna il (M) e il (C) vengono assorbiti in una percentuale che varia tra il 10% e il 20% circa. 5.3 Dati preclinici di sicurezza: La tossicità acuta del MECLON® nel topo e nel ratto (os) è risultata molto bassa, con una mortalità di appena il 20% dopo 7 giorni, a dosi molto elevate (600 mg/Kg di (C) e 3000 mg/Kg di (M), sia da soli che associati). Nelle prove di tossicità subacuta (30 giorni) il MECLON®, somministrato per via locale (genitale) nel cane e nel coniglio, non ha determinato alcun tipo di lesione nè locale nè sistemica anche per dosi molte volte superiori a quelle comunemente impiegate in terapia umana (3-10 Dtd nel cane e 100-200 Dtd nel coniglio; 1 Dtd = dose terapeutica/die per l’uomo = ca. 3,33 mg/Kg di (C) e ca. 16,66 mg/Kg di (M)). Il MECLON® somministrato durante il periodo di gravidanza per via topica vaginale nel coniglio e nel ratto non ha fatto evidenziare alcun segno di sofferenza fetale per dosi die di 100 Dtd, nè influssi negativi sullo stato gestazionale. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE: 6.1 Elenco degli eccipienti: Eccipienti: Miscela idrofila di mono, di, tri-gliceridi di acidi grassi saturi. 6.2 Incompatibilità: Non sono note incompatibilità con altri farmaci. 6.3 Periodo di validità: 3 anni. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione: Questo medicinale non richiede alcuna particolare condizione per la conservazione. 6.5 Natura e contenuto del contenitore: 10 ovuli in valve in PVC, racchiusi in scatola di cartone. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione: Nessuna istruzione particolare. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO: ALFA WASSERMANN S.p.A. - Sede legale: Via E. Fermi, n. 1 - Alanno (PE). Sede amministrativa: Via Ragazzi del ‘99, n. 5 - Bologna. 8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO: A.I.C. n. 023703010. 9.DATA DELLA PRIMAAUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE: 27.11.1978 (GU 16.01.1979) / 01.06.2010. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO: Determinazione AIFA del 27 Ottobre 2010. 100 mg + 500 mg ovuli, 10 ovuli Prezzo: € 11,50 Medicinale non soggetto a prescrizione medica (SOP) CLASSE C Accreditamento professionale in colposcopia e fisiopatologia del tratto genitale inferiore a cura della SICPCV Prosegue la positiva esperienza della Società Italiana di Colposcopia e patologia cervico vaginale (SICPCV) per l’accreditamento professionale in colposcopia e fisiopatologia del tratto genitale inferiore. Coloro che vorranno sottoporsi a questo test di autovalutazione potranno farlo in occasione del corso di Corsi o Congressi che ne daranno informazione. L’esame è indipendente dallo svolgimento e dalla partecipazione al corso. Vi potranno partecipare, volontariamente e gratuitamente, tutti i soci in regola ed in possesso dei requisiti di idoneità. Le modalità di iscrizione e di autocertificazione sono indicate nella scheda, scaricabile dal sito www.colposcopiaitaliana.it. Con l’Educazione Continua in Medicina (ECM) lo specialista soddisfa i criteri obbligatori per l’aggiornamento dal punto di vista istituzionale. Le Società Scientifiche possono attribuire l’accreditamento in materie specialistiche. Quest’ultimo aspetto, contrariamente al primo, è facoltativo, ma dovrebbe in futuro, diventare una caratteristica fondamentale per garantire ottimali standard di lavoro. Con queste finalità si è impegnata la SICPCV, riuscendo così ad organizzare, come precedentemente riportato, la prima sessione d’esame per l’accreditamento. Nel corso dell’anno, date e sedi verranno annunciate al fine di soddisfare le esigenze di tutti i soci che ne faranno richiesta. Come modalità di valutazione della preparazione del candidato è stato scelto il metodo dei quiz. È stato realizzato un programma computerizzato con 500 test. Il candidato dovrà rispondere a 50 di questi test, che il computer sceglierà casualmente. Naturalmente i testi delle domande sono protetti da una serie di password che ne impediscono la lettura e la modifica. Per ogni domanda sono previste 3 risposte, di cui una sola sarà esatta. La domanda può essere formulata anche su un’immagine colposcopica. Per superare il test e quindi ottenere il diploma di accreditamento, bisogna rispondere ad almeno 40 quesiti sui 50 presenti. Se le risposte esatte sono inferiori a 30 il test non è stato superato. Se le risposte esatte sono fra le 30 e le 39, il candidato verrà sottoposto immediatamente ad un’ulteriore verifica condotta su 30 domande. In questa ultima evenienza il test sarà superato se le risposte esatte saranno almeno 25. A giudicare i candidati sarà un’apposita commissione formata da 4 membri nominati per ogni sessione d’esame dal consiglio direttivo della SICPCV. Allo specialista che avrà superato la prova l’esame la SICPCV rilascerà un diploma di accreditamento che avrà la validità di 3 anni. Il candidato che non supera l’esame dovrà attendere almeno 6 mesi prima di ripresentarsi. Dopo 2 esami consecutivi non superati, dovranno trascorrere almeno 12 mesi per ripresentarsi. Si consiglia inoltre a tutti i soci di consultare regolarmente il nostro sito web www.colposcopiaitaliana.it. È possibile avere ulteriori chiarimenti inviando una email a [email protected] o un fax al numero 059/5160097. CLaolposcopia in Italia SICPCV Notiziario della Società a cura del dr. Fausto Boselli Le notizie e gli aggiornamenti di Corsi e Convegni saranno disponibili nel nostro sito: www.colposcopiaitaliana.it Per contattare la Segreteria della SICPCV potete scrivere a [email protected] Infine vi ricordo le modalità di iscrizione o di rinnovo della quota associativa. La Quota Associativa Annuale è di € 55,00. Essa da diritto a: • diventare Socio effettivo della S.I.C.P.C.V.; • ricevere la rivista “La Colposcopia in Italia”; • partecipare gratuitamente al Congresso Nazionale annuale della Società. Rinnovo Quota Annuale (per chi è già Socio): • ritagliare il bollettino stampato a fianco; • compilare, in modo leggibile, il frontespizio con i propri dati anagrafici; • barrare la casella che indica: Rinnovo quota sociale; • effettuare il versamento presso l’Ufficio Postale; • conservare la Ricevuta. Iscrizione alla Società (per diventare Socio): • ritagliare il bollettino stampato a fianco; • compilare, in modo leggibile, il frontespizio con i propri dati anagrafici; • barrare la casella che indica: Nuovo Socio, Prima iscrizione; • effettuare il versamento presso l’Ufficio Postale; • conservare la Ricevuta; • inviare alla Sede della Società la domanda di iscrizione, allegando copia del versamento; • la domanda e copia del versamento devono essere inviate al seguente indirizzo: S.I.C.P.C.V. Via dei Soldati, 25 – 00186 Roma • la domanda deve essere scritta su carta intestata o ricettario, occorre specificare: titolo di studio, specializzazione, telefono, attività svolta, luogo di lavoro, recapito per la corrispondenza. Variazioni di Indirizzo Si ricorda a tutti i Soci di comunicare tempestivamente le variazioni di indirizzo. La comunicazione deve essere inviata sia alla sede di Roma, sia alla Redazione della Rivista: • S.I.C.P.C.V. Via dei Soldati, 25 – 00186 Roma tel. e fax 06/6868142; • dr. Boselli Fausto Redazione “La Colposcopia in Italia” Via Brescia, 5 – 41041 Casinalbo MO – tel. 059/551685 – fax 059/5160097 – email: [email protected] (indirizzo da utilizzare anche per la corrispondenza che riguarda la Rivista). Cod. MC-11-002 meclon crema vaginale O meclon ovuli O meclon soluzione vaginale O Depositato presso l’AIFA in data 08/02/2011 Confezioni
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