SPECIALE CAPITOLO SPECIALE CAPITOLO

ISTITUTO
DELLE SUORE MAESTRE
DI S. DOROTEA DI VENEZIA
Anno XLIII - Trimestrale - Poste Italiane Spa - Sped. in abb. postale - d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma
Via Raffaele Conforti, 25
00166 Roma • 06/6624041
E-mail: [email protected]
SPECIALE
CAPITOLO
1
PRIMA PAGINA
Vivificate dallo
Spirito
Antropos
ANTROPOS
Saper leggere
la storia con
simpatia
SOPHIA
Il Padre vi darà un
altro Paraclito
ORIZZONTI
In Italia e in
Europa crescono le
periferie della vita
PRIMA PAGINA
Vivificate dallo Spirito ............................................................... 3
PAROLA E ARTE
Rivestiti di Cristo ....................................................................... 4
ANTROPOS
Saper leggere la storia con simpatia ......................................... 7
Sommario
2
SOPHIA
Il Padre vi darà un altro Paraclito .............................................. 10
DOCUMENTI
Confronto fra carità e filantropia.
La forza dell’amore reciproco................................................... 13
KOINONIA
Due Patriarchi protettori dell’Istituto due Santi Pontefici .......... 16
FACCE DI SUORE
Le suore dalla ‘bella età’ ......................................................... 19
PASSI NELL’OPERA
La famiglia, la crisi, il futuro . ..................................................
Bolivia: L’invio dei Catechisti a Colomi ...................................
Brescia: Pensa, se non avessimo provato .................................
Peseggia: La gratitudine delle Cooperatrici ..............................
Brescia: Esperienza di volontariato ..........................................
21
22
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27
INSERTO - CAPITOLO GENERALE
Vivificate dalla Spirito portiamo frutti di vita nuova ................. 29
L’evento del Capitolo .............................................................. 30
Il diario della Sala capitolare . ................................................. 35
ORIZZONTI
In Italia e in Europa crescono sterminate periferie della vita...... 37
CRONACA
I fatti di casa nostra ................................................................. 41
POSTULAZIONE
In dialogo con il Beato Luca Passi ........................................... 55
CI HANNO LASCIATO............................................................ 57
INVITO ALLA LETTURA........................................................... 63
In copertina:
Battistero, Basilica Santa Maria Maggiore, Tuscania (Viterbo)
La rivista viene inviata gratuitamente.
Chi desidera contribuire alle spese può servirsi del c/c postale n. 82063009.
Vivificate
dallo Spirito
Suor Fernanda Barbiero
V
ivificate dallo Spirito portiamo frutti di vita nuova. È con questa
espressione che il 29° Capitolo Generale, ha invitato noi tutte a vivere
in pienezza la nostra vocazione. Questo numero della Rivista esce
un poco in ritardo, ma arricchito dall’inserto “Speciale Capitolo” che offre al
lettore l’opportunità di cogliere alcuni tratti dell’esperienza vissuta dalle Sorelle
capitolari e ora aperta a tutto l’Istituto. In tal modo ci sentiamo tutte invitate
a partecipare al processo di rigenerazione, di discernimento e di preghiera,
consapevoli che la vitalità dell’Istituto continua ad essere nelle nostre mani.
La ricerca della gloria di Dio, il maggior bene della Chiesa e del nostro Istituto,
sono l’orizzonte verso il quale desideriamo andare avanti con tutte le nostre
forze.
Collocato nel corpo centrale della Rivista, l’Inserto è preceduto dalle rubriche che
hanno caratterizzato l’intera annata con l’offerta di approfondimenti su temi della
Parola, dell’arte, della spiritualità, e della storia dell’Istituto e dell’esperienza di vita
consacrata.
Accompagnato da una sequenza fotografica, l’inserto consente di fissare alcuni
momenti dell’esperienza capitolare particolarmente incisiva per la vita dell’Istituto.
Sono flash piuttosto sintetici, che descrivono l’evento e il clima in cui l’Assemblea
ha svolto i lavori e che gli Atti del Capitolo svilupperanno più compiutamente.
Seguono altre rubriche che ci fanno partecipi del cammino dell’Opera di
S. Dorotea e della vita delle comunità. Non ultimi gli stralci biografici delle sorelle
che ci hanno lasciato e che non appartengono solo al passato, soprattutto per chi
le ha conosciute ed è stato attratto dall’esempio di una vita totalmente donata al
Signore e nell’amore dei fratelli. Sono piccole storie che arricchiscono la storia più
grande dell’Istituto, della Chiesa e dell’umanità.
“Portiamo – infatti – in noi il tesoro della vita eterna, la realtà di quella presenza
infinita che è il Dio vivente. Oggi e in tutti gli istanti della nostra vita siamo
chiamati a esprimere Dio. Dimentichiamo tutta la nostra negatività, tutta la nostra
pesantezza, tutta la nostra fatica, la nostra stanchezza, i nostri limiti e i limiti degli
altri. Che importa tutto ciò dal momento che Dio è in noi, che Dio è vivente, che
ci ha fatto dono del suo canto, della sua grazia e della sua bellezza, dal momento
che oggi dobbiamo entrare nella nube della Trasfigurazione per uscirne rivestiti di
Dio, portando sul nostro volto la gioia del suo amore e il sorriso della sua eterna
bontà?” (M. Zundel).
Auguro a tutti buona lettura delle pagine di questa nostra Rivista. Ardere per
Accendere è un semplice strumento di comunicazione, di formazione e soprattutto
di comunione. Serve a mettere in circolo il tesoro delle nostre vite. n
3
Rivestiti di Cristo
Natasa Govekar
parola e arte
4
“Come i pittori innanzi tutto tracciano con un solo colore
l’abbozzo del ritratto e poi, poco a poco, facendo fiorire un colore
sull’altro, portano il ritratto alla somiglianza del modello... così
anche la grazia di Dio comincia nel battesimo con il riportare
l’immagine a quello che era quando l’uomo venne all’esistenza.
Poi, quando ci vede aspirare con tutto il nostro animo alla bellezza
della somiglianza... lasciando fiorire virtù su virtù, elevando la
bellezza dell’anima di splendore in splendore, le aggiunge allora
l’impronta della somiglianza” (Diadoco di Fotica).
L’
icona della Vergine del Segno, che abbiamo osservato
già nel numero precedente, alle volte presenta l’abito di
Maria come se fosse un velo sul quale viene impressa
l’immagine del Figlio. Questo modulo iconografico, intrecciato con
la tradizione della Veronica, ha ispirato una nuova interpretazione
della “Vergine del Segno”, intitolata “Madre del Volto Santo”.
Grazie a Maria, infatti, il Logos eterno si è fatto Icona, grazie
a lei abbiamo potuto
contemplare il suo Volto.
Nell’Oriente cristiano è
conosciuta la leggenda del
re Abgar, che guarisce dalla
malattia da cui era affetto
venerando l’immagine di
Cristo che il Signore stesso
aveva miracolosamente
impressa in un panno. In
Occidente, dopo le varie
versioni sull’origine del
velo della Veronica, si
stabilisce e rimane a noi
familiare quella legata alla
Via Crucis. Senza entrare
in merito alla questione se
e come queste due storie
dipendano da due oggetti
reali – la Sindone di Torino e
il Volto santo di Manoppello
–, ci incuriosisce il fatto
che la tradizione cristiana
L’amore del Padre dipinge in noi
i tratti del Figlio, fino a farci diventare
una “nuova edizione” del Volto di
Cristo
5
parola e arte
abbia sempre custodito gelosamente
l’origine miracolosa del Volto di Cristo.
Nessun uomo sarebbe stato in grado di
dipingere questo Volto, e l’insistenza
sulla acheiropoiesis, sul suo “non
essere fatto da mano d’uomo”, ha un
profondo significato teologico, che
corrisponde a quella condiscendenza
divina che possiamo contemplare
sull’icona della Vergine del Segno. Per
amore dell’umanità, Dio scende e si
fa contenere da un piccolo grembo,
che diventerà il primo “velo” grazie
al quale conosceremo il suo Volto
divino-umano. Per lo stesso motivo,
per amore dell’umanità, lascerà il suo
Volto impresso su un altro “velo”, che la
tradizione riconoscerà come mandylion
o come vera-eikon (Veronica) e che poi
ogni iconografo stenderà simbolicamente
sulla tavola di legno prima di cominciare
a tracciare l’abbozzo dell’icona.
Nell’iconografia cristiana, Maria è sempre
anche immagine della Chiesa. Quel
Verbo della Vita che in lei si è fatto Volto
e che grazie a lei noi abbiamo potuto contemplare con i nostri
occhi (cf. 1Gv 1,1), continua a mostrarci il suo Volto nella Chiesa
e attraverso la Chiesa. “Infatti per quel medesimo Spirito per cui il
Figlio dell’uomo, nostro capo, è nato dal grembo della Vergine, noi
rinasciamo dal fonte battesimale figli di Dio, suo corpo” (Isacco
della Stella, Discorso 42).
C’è un divino Iconografo, lo Spirito Santo, che continua a
“dipingere” l’immagine del Figlio in ogni battezzato che collabora
con la sua grazia. E c’è una capacità verginale della nostra umanità
che diventa un altro “velo”, una tela che accoglierà i colori della
figliolanza. Per far emergere il Volto di Cristo c’è bisogno dunque
dell’incontro di due energie: quella del dono dello Spirito e quella
della nostra accoglienza.
Nella cripta di Padre Pio da Pietrelcina c’è un’altra immagine,
ispirata sempre allo stesso modulo della Vergine del Segno. È la
Veronica che si copre con il velo del Volto Santo e, così facendo,
A pagina 4:
Madre del
Volto Santo
(dipinto di p.
Marko I. Rupnik
realizzato nel
1996, coll.
privata)
Veronica, Cripta
della chiesa
di San Pio,
San Giovanni
Rotondo
(mosaico
realizzato da
Marko I. Rupnik
e l’Atelier del
Centro Aletti nel
2009)
parola e arte
6
diventa figura di ogni battezzato, visto che il nostro battesimo è
un rivestirsi di Cristo: Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete
rivestiti di Cristo (Gal 3,27). Vi siete spogliati dell’uomo vecchio e
avete rivestito il nuovo (Col 3,9).
Veronica è anche immagine di una donna che compie un gesto
compassionevole e, in quanto tale, ci aiuta a vedere il nesso tra
ogni nostro gesto misericordioso e la cristoformità che lo Spirito
dipinge in noi. “Cristo nasce e si forma in colui che crede per
mezzo della fede, esistente nell’uomo interiore; in colui che è mite
e umile di cuore, e che non si gloria della nullità dei suoi meriti e
delle sue opere; in colui che ascrive i suoi meriti al dono divino.
Costui si identifica con Cristo. Così colui che ha detto: ‘Ogni volta
che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l’avete fatte a me’ (Mt 25,40), chiama il vero credente il più
piccolo dei suoi, cioè un altro se stesso. Infatti Cristo viene formato
in chi riceve l’immagine di Cristo. Ma riceve l’immagine di Cristo
chi aderisce a Cristo con vero amore spirituale. Ne segue che egli
diventa copia di Cristo e, per quanto lo consente la sua condizione,
diventa Cristo stesso” (Agostino, Commento alla Lettera ai Galati,
37-38).
La carità vissuta giorno dopo giorno nei gesti concreti renderà
sempre più manifesto ciò che è successo con noi nel nostro
battesimo. La nostra umanità puramente “biologica”, senza Cristo,
era come una materia senza forma e senza nome. Il battesimo le ha
impresso “l’aspetto bello” di Cristo. “Siamo plasmati e modellati,
e la nostra vita senza forma e indefinita assume forma e aspetto”
(Nicola Cabasilas, La vita in
Cristo, 525A). Nel battesimo la
nostra esistenza informe riceve
una forma precisa, quella filiale.
Questo primo abbozzo della
filiazione divina è il punto di
partenza. Così, come lo Spirito
ha tessuto il Corpo di Cristo
nel grembo della Vergine,
comincia a fare con noi,
nella concretezza della nostra
carne, in modo che pian piano
tutto in noi – spirito, anima e
corpo – riceve sempre di più
un’impronta filiale. La vita
nuova, ricevuta nel battesimo,
fa agire l’amore del Padre che
lo Spirito Santo ha riversato
nei nostri cuori (cf. Rm 5,5) e
questo amore dipinge in noi
sempre di più i tratti del Figlio,
fino a far diventare ognuno di
noi una “nuova edizione” del
Volto di Cristo. n
Madre di Dio
del Segno
(retro-icona
di S. Nicola
Taumaturgo,
seconda
metà del XVI
sec., Ufficio
archeologico
presso
l’Accademia
teologica,
Mosca)
Saper leggere la storia
con simpatia
Andrea Toniolo
S
pesso infatti avviene, come abbiamo
sperimentato nell’adempiere il
quotidiano ministero apostolico,
che, non senza offesa per le nostre
orecchie, ci vengano riferite le voci di alcuni
che, sebbene accesi di zelo per la religione,
valutano però i fatti senza sufficiente
obiettività né prudente giudizio. Nelle
attuali condizioni della società umana essi
non sono capaci di vedere altro che rovine
e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se
si confrontano con i secoli passati, risultano
del tutto peggiori; e arrivano fino al punto
di comportarsi come se non avessero nulla
da imparare dalla storia, che è maestra di
vita, e come se ai tempi dei precedenti
Concili tutto procedesse felicemente quanto
alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta
libertà della Chiesa. A Noi sembra di dover
risolutamente dissentire da codesti profeti di
sventura, che annunziano sempre il peggio,
quasi incombesse la fine del mondo.
Sono alcuni passaggi del famoso discorso
di Giovanni XXIII, Gaudet Mater Ecclesia,
l’allocuzione di apertura del Concilio
Vaticano II, l’11 ottobre 1962. Qualche
storico ricorda come nel pronunciare
queste parole il pontefice alzasse di tanto
in tanto gli occhi per vedere le reazioni
di alcuni cardinali che lo circondavano.
Sapeva bene, il papa buono, che stava
inaugurando uno stile nuovo di Chiesa:
non più una Chiesa sospettosa nei confronti
della storia e del mondo, pronta a vedere
solo calamità e decadenza, “rovine e
guai”, ma una Chiesa capace di leggere la
storia degli uomini con simpatia, attenta a
cogliere i “segni dei tempi”, propensa alla
medicina della misericordia piuttosto che
alle armi del rigore e della condanna, come
evoca il seguito del discorso.
Come decifrare il libro della storia,
dentro cui si muove la comunità dei
L’uomo che prega
ha le mani
sul timone della storia
credenti, senza essere profeti di sventura
ma testimoni di speranza e annunciatori
della gioia del Vangelo? Riusciamo (come
cristiani, comunità parrocchiali, comunità
religiose, chiese locali) a vedere al di
là della superficie e cogliere quanto si
muove in profondità, senza indulgere né
in sentimenti di sterile rassegnazione né in
sentimenti di ingenuo ottimismo?
In vista e durante il Sinodo sulla nuova
evangelizzazione, celebrato nell’ottobre del
2012 – a cinquant’anni esatti dall’inizio del
Vaticano II – è stato in diverse occasioni
ribadito che ogni evangelizzazione esige un
7
8 8
previo discernimento della storia, domanda
«la capacità di leggere e decifrare i nuovi
scenari che in questi ultimi decenni sono
venuti creandosi nella storia degli uomini
per trasformarli in luoghi di annuncio
del Vangelo e di esperienza ecclesiale»
(Instrumentum Laboris, n. 51). In sintonia
con l’invito per nulla sdolcinato di Gesù
di Nazaret a non essere generazione
incredula: «Quando si fa sera, voi dite:
“Bel tempo, perché il cielo rosseggia”; e
al mattino: “Oggi burrasca, perché il cielo
è rosso cupo”. Sapete dunque interpretare
l’aspetto del cielo e non siete capaci di
interpretare i segni dei tempi?» (Mt 16,2-3).
Ci confrontiamo spesso con letture e
interpretazioni culturali e religiose poco
rassicuranti, che evidenziano lo stato di
crisi. Ma di fronte a queste analisi, che
cosa significa propriamente una lettura
nella fede della realtà, del tempo, degli
avvenimenti? Come
“Siate luce d
utilizzare i vari criteri o
è un invito non
fonti della fede per un
ma a lasciar
autentico discernimento
della storia e non essere
generazione incredula?
Leggiamo il libro della Bibbia o i tornanti
della tradizione cristiana non per essere
eruditi delle cose antiche ma per imparare a
leggere il libro della storia e far risuonare la
viva voce del Vangelo hic et nunc.
Si constata un indebolimento della Chiesa
in Europa rispetto al passato: il calo della
pratica religiosa ordinaria, la percezione
della distanza dalla Chiesa in quanto
istituzione (“apostasia silenziosa” o “scisma
sommerso”), la perdita della memoria
cristiana, il calo delle vocazioni sacerdotali
e religiose, la diffusa convinzione che
la fede sia una specie di corpo estraneo
rispetto alla cultura diffusa. Ora di fronte a
quanto sta avvenendo non mancano profeti
di sventura.
Un discernimento attento della storia,
invece, secondo lo spirito del Concilio
Vaticano II, impedisce una lettura strabica
della realtà, che vede solo quello che
scompare e non quello che affiora come
possibilità nuova anche per la fede. Non
possiamo non riconoscere il positivo
che emerge: una rinnovata domanda di
spiritualità, il desiderio in molti adulti
di riscoprire la fede, la testimonianza
di uomini e donne che raccolgono con
passione le sfide della fede a partire
dalle loro esperienze elementari di vita,
l’adesione del credente sempre meno come
un atto di conformismo sociale e sempre
più come scelta consapevole. Cogliere
segni di speranza e non solo indici di
calamità non significa ingenuo ottimismo.
Non significa nascondere le sofferenze, i
drammi, le ambivalenze, i mali di questo
nostro tempo. L’elenco è certamente lungo,
9 9
del mondo”:
a farsi vedere,
trasparire.
doloroso: ingiustizie,
negazioni di diritti, povertà
economiche, culturali,
morali. Ma di fronte ai
drammi della storia il
cristiano non cede né al
paradigma della contrapposizione né a
quello della condanna. Sceglie la via della
solidarietà e della testimonianza. L’incipit
della Gaudium et spes (il documento
del Concilio sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo) mostra chiaramente lo
stile della Chiesa nel mondo: «Le gioie e
le speranze, le tristezze e le angosce degli
uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di
tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie
e le speranze, le tristezze e le angosce dei
discepoli di Cristo». La solidarietà reale e
intima con l’umano permette alla Chiesa di
porre nel cuore del mondo la speranza che
salva ed essere così dall’interno antidoto
contro le “passioni tristi”, il vero male
che affligge le nuove generazioni (come
ricorda il volume firmato da due autori
francesi, Benasayag e Schmit, L’epoca
delle passioni tristi. La salvezza cristiana
non è la liberazione dal peccato intesa
come restauro di una rottura passata, ma
è principalmente dono della speranza
per il futuro, riconsegna di una speranza
affidabile, che permette di affrontare il
presente anche faticoso della nostra storia.
Ho ricordato il discorso di Giovanni
XXIII che prende le distanze dai profeti
di sventura. Non posso non concludere
ricordando le parole di Papa Francesco,
che certamente evoca nello stile e
nel linguaggio il papa buono del
Concilio. Nell’esortazione apostolica
Evangelii gaudium - il primo vero testo
programmatico del papa argentino - siamo
messi in guardia dalla tentazione del
pessimismo o della sterile rassegnazione:
non in virtù delle nostre abilità o strategie,
ma grazie alla gioia del Vangelo, «quella
che niente e nessuno ci potrà mai togliere»
(Evangelii gaudium, n. 84, dove papa
Francesco cita abbondantemente il discorso
Gaudet Mater Ecclesia). I mali del mondo e
della Chiesa non sono un alibi per rifugiarci
in comode e sicure nicchie (meglio lavorare
sul sicuro!), ma sono le sfide che fanno
crescere, perché con lo sguardo della fede
il credente «è capace di riconoscere la luce
che sempre lo Spirito Santo diffonde in
mezzo all’oscurità».
La lettura reale, cruda della realtà, la
percezione della “desertificazione”
spirituale possono ingenerare un senso di
sconfitta o un certo disorientamento nelle
nostre comunità cristiane. Tuttavia anche
il deserto – la storia delle religioni insegna
– può generare vita. «Si torna a scoprire il
valore di ciò che è essenziale per vivere;
così nel mondo contemporaneo sono
innumerevoli i segni, spesso manifestati
in forma implicita o negativa, della sete
di Dio, del senso ultimo della vita. E nel
deserto c’è bisogno soprattutto di persone
di fede» (Evangelii gaudium, n. 86) e di
speranza. n
Il Padre
vi darà un altro
Paraclito
Andrea Arvalli
10
A
credente possa andare un po’ in vacanza.
volte la cura del tempo quaresimale
Non dovrebbe essere così: il tempo
rischia di andare a detrimento
pasquale, fino alla Pentecoste, è il momento
dell’importanza di quello che,
più prezioso dell’anno per il rinnovamento
invece, dovrebbe essere il tempo liturgico
della nostra vita di fede. Quali sono i grandi
più importante dell’anno e cioè il Tempo
temi che possiamo mettere a frutto nella
Pasquale. A ben guardare, la Quaresima
nostra vita spirituale, dopo la celebrazione
ha un valore preparatorio, pedagogico
del tempo pasquale e della Pentecoste?
per giungere a vivere bene la preziosa
Attraverso la
cinquantina di
grazia offertaci nel
Pasqua, che conduce,
tempo liturgico
senza soluzione
Ama il soffio
pasquale, che ha
di continuità,
proposto alla nostra
alla Pentecoste.
dello Spirito Santo,
il
Tempo prezioso
ma non tentare di scandagliarlo contemplazione
memoriale rinnovato
di grazia, amore,
delle manifestazioni
e contemplazione
del Risorto, degli
dedicato dalla
Atti degli Apostoli e dell’Evangelo di
Chiesa alle manifestazioni del Risorto, alla
Giovanni, dovrebbe essersi rinnovata in noi
memoria dell’azione della chiesa postla consapevolezza della fede come evento
pasquale negli Atti degli Apostoli, ed al
che chiama ad essere ciò che il Signore
commovente discorso d’addio del Vangelo
ci domanda. Evento unico, intimamente
di Giovanni, che ci fa entrare quasi nella
personale, ma contemporaneamente
stanza del tesoro. A volte si ha invece
rinvio ad una dimensione comunitaria ed
la sensazione che, dopo la fatica spesa
ecclesiale. Questa duplice dimensione
nella Quaresima, l’impegno spirituale del
della fede, profondamente
intima, e nello stesso tempo
comunionale, individuale
e partecipata, personale
e comunitaria si ritrova in
modo peculiare nell’evento
pentecostale. La Pentecoste,
come è stato detto, non
fu un convegno di mistici
individualisti, ma evento
ecclesiale di Grazia in cui
l’individuazione diviene
comunione.
Cosa apprendere, per la
nostra vita di credenti,
da queste osservazioni?
La Pentecoste, fra gli altri
doni, dovrebbe rinnovare
11
in noi l’esperienza e la consapevolezza
dei fenomeni regressivi: ci si attacca a
che la fede c’inserisce in una tradizione
simboli, parole, ritualità, gestualità tipiche
vivente, che viene da lontano e che
di altre epoche, o viceversa si è punti dalla
continuerà dopo di noi, ma che richiede
smania d’anticipare un futuro che ancora
il nostro assenso. Nella Pentecoste
non conosciamo. Solo entrando nella
dovremmo sostanzialmente rinnovare la
Chiesa “dall’alto”, mossi dallo Spirito della
consapevolezza che si entra nella Chiesa
verità, siamo liberi dalla preoccupazione
rinascendo dall’alto, cioè avendo incontrato
di risuscitare nostalgicamente il passato,
il Risorto, come
o dall’ansia di
indicato nei racconti
precorrere il futuro.
pasquali, ed essendo
Chi entra dall’alto
Dio abita il frammento,
interiormente
nutre il desiderio di
purificati ed
attingere alle sorgenti
raccoglie i pezzi scartati,
illuminati dalla
(che non
non la nostra pretesa perfezione autentiche
grazia dello Spirito,
sono il passato!)
come ci lascia detto
ed ha uno sguardo
nel discorso d’addio
attento e rispettoso
il Vangelo di Giovanni. Non si entra nella
all’oggi di Dio. Se lo Spirito “aggiunge
Chiesa dal basso, come avviene nelle
alla Chiesa” (Atti 2,48) coloro che sono
pratiche religiose compiute per tradizione,
divenuti credenti, quest’azione avviene con
per appartenenza sociologica o per forza
dolcezza, pace ed umiltà, oltre che con
d’inerzia. L’ingresso e la vita nella Chiesa
fermezza e vigore.
rimane inefficace se non accompagnato
da un evento di grazia nel cuore. Nella
Pietro proclamava a Gerusalemme ciò
solennità di Pentecoste dovrebbe essere
che il Signore aveva detto, per bocca
richiamato come la fede provenga da Dio
del profeta Gioele: “Negli ultimi giorni
e non dalla Chiesa, e lo Spirito venga dato
su tutti effonderò il mio Spirito, i vostri
dal Padre, attraverso il Figlio, non dalla
figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri
comunità. Caso mai è lo Spirito che invia e
giovani avranno visioni e i vostri anziani
dona il credente alla Chiesa.
avranno sogni” (Atti 2,17). La Pentecoste
Quando si è nella Chiesa provenendo
realizza dunque la preghiera profetica di
“dal basso” (per tradizione o per mera
Mosè: “Fossero tutti profeti nel popolo
appartenenza sociologica) non si esprime
del Signore e volesse il Signore porre su
la novità, la freschezza, la profezia tipiche
di essi il suo Spirito!” (Numeri 11,29);
del Vangelo, e nelle comunità si vedono le
nella Chiesa scompare la classe di profeti,
stesse cose che si vedono anche altrove.
come ceto a parte, come invece c’erano
Il fatto è che manca la profezia, manca
nell’Antica Alleanza, perché tutti i suoi
l’olio, manca il vino nuovo e diviene
membri lo sono in virtù dello Spirito. Dopo
attuale la parola di Maria “non hanno
la Pentecoste il dono del Paraclito pone
più vino!”. Non c’è bisogno della Chiesa
fine al tempo dell’infanzia impertinente,
per fare un po’ di filantropia. Quando
delle ribellioni gratuite, del conformismo
l’aggregazione ecclesiale avviene dal basso,
esasperante, dell’ostinato e pervicace rifiuto
cioè per motivazioni umane, culturali,
di camminare, evolvere e maturare nella
sociologiche, e non spirituali, si verificano
storia. Con la Pentecoste il dono dello
12
Spirito ci libera dalle pretese infantili, dal
prendercela con gli altri per ciò che si è o
non si è, e inizia il tempo dell’assunzione
delle proprie responsabilità. Il dono dello
Spirito c’invita a camminare con la Chiesa
visibile d’oggi, confrontandoci francamente
con gli altri, e con la storia, uscendo dai
“bastioni” elevati nei tempi passati che,
anziché proteggere, ormai imprigionano,
senza peraltro fornire protezione.
Una preziosa pedagogia a questa logica
pentecostale è contenuta nel lungo discorso
di addio di Gesù, nel quarto Vangelo,
una delle linee guide della liturgia del
tempo di Pasqua. Ivi ritorna la promessa di
Gesù d’inviarci il Paraclito, che sostiene,
difende, protegge i discepoli nella lotta
contro il mondo ostile. Se i discepoli si
fermassero alle loro capacità umane, dice
Gesù, non sarebbero in grado di portare il
peso della manifestazione di Dio, ma se lo
Spirito viene loro dato saranno fortificati
interiormente, e lo Spirito li guiderà
gradualmente alla comprensione della
verità tutta intera.
La verità non è in S. Giovanni un concetto
astratto, ma la manifestazione dell’Amore,
che ha come esplicitazione concreta
il Cristo Crocifisso. Sostanzialmente il
discorso d’addio di S. Giovanni ci dice che
potremo entrare nel segreto dell’Amore del
Crocifisso quando lo Spirito ci guiderà a
questa verità, facendocene sperimentare il
valore. È lo Spirito che ci apre la strada al
mistero di Gesù di Nazareth, non parlerà da
se stesso, ma sintonizzerà i credenti con il
Figlio e con il Padre. Attraverso questa via
metterà in grado i discepoli di sostenere
le difficoltà davanti a loro, facendone
comprendere il senso ultimo, il segreto
nascosto.
La contemplazione pasquale delle
manifestazioni del Risorto apre alla
comprensione del discorso d’addio del
Signore che promette lo Spirito
Paraclito che introduce alla
pienezza della verità-amore.
Qui sta il segreto dell’azione
post-pasquale della Chiesa
(Atti degli Apostoli) che diviene
esemplare per noi.
Questo itinerario di fede,
luce e amore introduce
e prepara a vivere la
Pentecoste come evento di
Grazia e salvezza che fa
vivere ed entrare dall’alto
nella nostra vocazione, in
una più profonda, libera e
“responsabile nell’amore”
assunzione della nostra identità
e missione nella Chiesa. n
Confronto fra carità
e filantropia
La forza dell’amore reciproco
Emmarosa Trovò smsd
13
La traccia di predica di don Luca, che
porta il titolo “Confronto fra la carità e
la filantropia”, è contrassegnata con il
numero cinque ed è stata proposta a
Venezia nella Chiesa dei Carmini il 24
febbraio 1861 e nella Chiesa di S. Nicola
da Tolentino il 16 marzo 1862.
Potremmo definirla una traccia “dotta”,
i cui contenuti esplorano a grandi linee
le tappe più significative della “cultura
filantropica”, alla quale oppongono la
forza semplice del Vangelo di Gesù che
parla di amore di Dio e del prossimo,
cioè di carità come connotato del vero
discepolo, cioè del cristiano.
La cultura filantropica che ha radici
lontane nel pensiero classico ed
ellenistico, ha conosciuto un rilancio
nella seconda metà del secolo
diciottesimo ed ha ricevuto un notevole
impulso con gli ideali della rivoluzione
francese, imperniati nello slogan
“uguaglianza, libertà, fraternità” e
quindi con il pensiero illuministico che
rivendicava, in nome della ragione, diritti
uguali per tutti gli uomini. Con richiamo
alla fratellanza universale si diffusero
iniziative e interventi di promozione,
di assistenza, istruzione e cura per
diffondere la “felicità e il benessere
tra gli uomini”. Il movimento che ne
seguì coinvolse l’arte, la letteratura,
l’educazione, così che il filantropismo
si qualificò come corrente umanitaria,
orientata a generare progresso, a
vantaggio dell’uomo e per il trionfo
dell’umanità.
Don Luca esordisce nella sua proposta
con un’espressione del vangelo di
Giovanni: “Da questo tutti conosceranno
che siete miei discepoli, se avrete amore
gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). L’amore
è distintivo del discepolo e insieme
testimonianza della verità della parola
che Gesù ha donato e i suoi seguaci
annunciano. “Se teneramente vi amerete
l’un l’altro, se una carità vicendevole
infiammerà i vostri cuori più che alla
sublimità della dottrina, che al portentoso
operare dei miracoli sarete riconosciuti
per miei discepoli”, propone don Luca
(Predica n. 5, ASMSD, p. 3).
In forza di ciò, egli continua, il vangelo si
è diffuso fra i Gentili.
E i primi padri della Chiesa attestano
che la forza propulsiva del Vangelo, più
forte delle persecuzioni e delle ostilità,
è stata la carità: “Videte quomodo se
diligunt, vedete come si amano”, ha
affermato Tertulliano, riferendosi ai primi
cristiani. “E così la carità dei seguaci di
Cristo trionfò d’ogni ostacolo e il glorioso
vessillo dell’evangelo fu piantato sulle
rovine dell’idolatria e da questo carattere
la religione cristiana fu dal mondo intero
riconosciuta divina” (idem).
I fondamenti della carità
Don Luca afferma di voler illustrare i
fondamenti della carità che egli riconosce
in affermazioni di natura teologica e in
riferimenti biblici, in particolare desunti
dal vangelo di Gesù.
a. Verità teologiche
Il cristianesimo, ricorda don Luca,
chiama Dio “Padre” comune degli
uomini che, di conseguenza, sono
tutti fratelli, creati a immagine di Dio;
i discepoli di Gesù sono redenti dallo
stesso sangue, battezzati nell’unico nome,
confermati con la stessa unzione, nutriti
dalla stessa mensa. Tutti professano la
medesima fede, partecipano della stessa
14
grazia, sono destinati alla medesima
gloria. Gli apostoli poi, rivolgendosi
ai primi cristiani, usavano espressioni
come: “figliuoli carissimi, diletti fratelli,
moltitudine con un solo cuore” in cui
non c’è distinzione di persone: non
di gentile, giudeo, barbaro, cittadino,
servo, libero o schiavo, “sed omnia et
in omnibus Christus” (cfr Col 3, 11 ss.),
poiché nel codice cristiano la carità è
come il compendio della legge, ed ecco
che sta scritto che l’amore è l’insegna
ed il carattere onde essere riconosciuto
seguace di Gesù.
Gesù esemplare di carità
Per comprendere in che cosa consistano
la carità e l’amore per il prossimo è
fondamentale confrontarsi con Gesù,
esaminare le sue parole, le sue azioni,
contemplare la sua modalità di incontro
con gli uomini del suo tempo, parole
e gesti raccolti e offerti a noi dai suoi
discepoli e seguaci. Don Luca fa
riferimento a vari episodi del vangelo che
illustra con calore ai suoi uditori.
Ecco allora Gesù che ha compassione
della folla che, affascinata dalla
sua parola, “seguìto avealo, tratta
dall’amabilità sua, dimentica persino
del cibo per entro ad un deserto” (idem,
p. 6). Intenerito dal bisogno di questa
moltitudine egli prova compassione: “Se li
invio così digiuni cadranno in isfinimento
di forze per lo cammino”, e quindi
provvede il pane per tutti (cfr Mc 6, 30
ss.).
Oppure recandosi in una città chiamata
Nain incontra alle porte una madre
vedova che sta accompagnando alla
sepoltura il suo unico figlio e, “preso da
grande compassione per lei le disse: non
piangere!” (Lc 7, 13) e le ridonò il figlio
sano.
Ancora Gesù piange su Gerusalemme (Lc
19, 41 ss.; 13, 31 ss.) addolorato per la
durezza di cuore dei suoi abitanti e per il
destino che incombe su di essa e ancora
piange lacrime di tenera amicizia e di
dolore per la morte dell’amico Lazzaro
(Gv 11, 28 ss.), o ascolta e accondiscende
alla preghiera e alla richiesta del
centurione, desolato per la morte della
figlia e gliela restituisce viva (Mt 9, 18 ss.),
o all’altro centurione che lo prega per il
servo ammalato: “Veniam et curabo eum”
(Lc 7, 1 ss.). Così si muove a pietà per
la donna curva e la raddrizza in giorno
di sabato (Lc 13, 10-17), o per Zaccheo
(Lc 19, 1 ss.) presso il quale va ospite e
così accoglie la donna peccatrice come
ha accolto e incontrato la samaritana al
pozzo di Sicar (Gv 4, 1 ss.) restituendola
alla verità di se stessa, e come si pone di
fronte alla donna adultera che rimanda
libera, dopo aver messo in confusione i
suoi accusatori (Gv 8, 1-11).
Accoglie i fanciulli che i discepoli
infastiditi volevano allontanare (Mt 19,
14-15), ammira la fede della cananea
temeraria che non si arrende all’apparente
distacco di Gesù (Mt 15, 21-28). E infine
accoglie Giuda che lo tradisce con un
bacio e lo chiama amico (Mt 26, 49 ss.)
e nomina capo della chiesa Pietro che lo
rinnega (Mt 26, 69 ss.).
Nella notte in qua tradebatur (cfr Lc 22,
14 ss.) e poi appeso alla Croce “alzando
la moribonda sua voce: Padre mio - gli
dice - perdonate loro perché non sanno
quel che si facciano; [così che] carità
respirano le sue parole, carità le sue
azioni, la vita, i miracoli”. E don Luca
aggiunge: “Non finirei mai di sostare
in sì dolce e caro argomento” (idem p.
8), forte dell’esortazione dell’apostolo:
“Amatevi scambievolmente, beneficatevi
scambievolmente, sopportatevi
scambievolmente, non contenti di far
bene a chi vi fa bene, che ciò usano
ancora gli etnici [i pagani]; fate del bene
a chi vi fa del male come usa Dio che fa
spuntare il sole del pari sovra del giusto
che del peccatore. Dio è carità e chi ha
la carità amando il prossimo per amor di
Dio ha compiuta la legge. Perché la carità
è il vincolo della perfezione” (idem, p. 5).
Limiti della filantropia
Messi a confronto con le parole e le
azioni di Gesù, le massime e gli esempi
dei filosofi, sostenitori dei principi
filantropici non reggono il paragone,
anzi ne svelano i limiti sia dottrinali che
pratici. In fondo, secondo don Luca,
queste dottrine non sono in grado di
mettere gli uomini che le praticano, in
condizione di spendere se stessi per
gli altri, di lasciarsi commuovere dal
bisogno altrui, anzi “il saggio non dovea
aver compassione di nessuno e Diogene
Laerzio nella ‘Vita di Catone’ qualifica
leggero e sciocco l’uomo misericordioso.
Neminem misericordem esse nisi stultum
et levem” (idem, p. 9). Questo modo
di pensare ha poi ricadute sui costumi.
Né in Grecia, né a Roma, né presso i
moderni filantropi emergono esempi di
uomini capaci di un “vero amore per i
propri simili”, così da rinnovare la società
e liberarla di tutti gli orrori di cui anche la
rivoluzione francese ha dato saggio.
La forza testimoniale della carità dei
seguaci di Cristo
I primi apostoli: Giovanni, Giacomo,
Andrea e poi Paolo, nella loro
predicazione ma soprattutto con la
morte violenta, subita per il nome di
Gesù, hanno dimostrato come in forza
“dell’evangelo la carità divenisse degli
uomini la principale motrice, e un vero
amore dei simili formasse l’anima della
società” (idem, p. 14). Giacché non c’è
carità più grande di chi espone la propria
vita per i fratelli. A ragione quindi si
legge che, spinti dall’amore, gli apostoli,
seguendo e nel nome di Gesù Crocifisso
hanno introdotto e sollecitato i primi
cristiani a prendersi cura dei poveri e
dei bisognosi attraverso l’elemosina,
l’impegno a soccorrere le vedove, a
vincere la schiavitù, l’egoismo e la
superstizione.
Lungo la storia della chiesa poi,
numerosissime sono le istituzioni sorte
in nome della carità e dell’amore del
prossimo per alleviare le sofferenze delle
persone: fra i tanti, ‘i figlioli di Domenico,
di Francesco, di Ignazio’; non ultimo
Vincenzo De Paoli, San Carlo Borromeo,
e una folta schiera di missionari sparsi per
il mondo con l’impegno di annunciare
il vangelo e testimoniare l’amore di Dio
visibile nell’attenzione al prossimo,
generando una grande rete di carità e di
servizi per alleviare la condizione dei
poveri, sfidando anche la persecuzione,
la violenza e talora la stessa morte.
Conclusione
Il percorso seguito da don Luca per
illustrare l’originale profondità della carità
e le ricadute anche sociali e culturali,
espresse in iniziative e istituzioni varie,
che l’ispirazione caritativa ha prodotto
nei seguaci di Gesù e nei credenti lungo
le varie epoche, è molto ampio.
Egli ha messo a confronto l’originalità
dell’amore cristiano con filoni critici di
pensiero, oggi non più così attivi nella
forma e nella denominazione, ma ancora
carichi di incidenze nelle motivazioni
e negli atteggiamenti che alimentano
varie scelte anche di tipo umanitario,
sia individuali che collettive nel nostro
mondo.
Anche oggi, perciò, non sono sconfitti gli
egoismi, l’indifferenza, il perseguimento
degli interessi privati a scapito del bene
comune, accanto a numerose e ardite
forme di azione benefica che molti
cristiani, spinti dalla passione evangelica,
fanno sorgere in molte parti del mondo.
Poiché molto resta ancora da fare in
nome della carità, il messaggio di don
Luca si presenta attuale così come
sempre attuali sono l’esigenza e l’invito
a declinare l’amore del prossimo
nell’impegno di “procurare di confortare
gli affaticati, di stabilire [confermare] i
fermi, di sollevare i caduti, di animare i
pusillanimi, di conquistare i nemici” e
quindi possiamo sentire viva e cogente la
parola di San Giovanni Crisostomo che
egli cita: “In guisa che un ferro arroventito
diventa egli stesso fuoco, così l’apostolo è
sì acceso di carità che si può dire la stessa
carità personificata” (idem, p. 15).
Per questo torna pertinente il motto del
beato Luca: bisogna ardere di carità per
incendiare il mondo con l’amore di Dio,
senza stancarsi mai. n
15
Due Patriarchi protettori
dell’Istituto
due Santi Pontefici
Ritalberta Mazzoni smsd
KOINONIA
16
È
più che doveroso un grato ricordo
di due Patriarchi di Venezia,
che furono Cardinali Protettori
dell’Istituto delle Suore Maestre di
S. Dorotea: il Card. Giuseppe Sarto (18941903) e il Card. Angelo Giuseppe Roncalli
(1953-1958), i quali in questo anno 2014
sono, benché per diverso motivo, richiamati
all’attenzione universale. Infatti, il Patriarca
Roncalli, poi Papa Giovanni XXIII, il 27
aprile è stato proclamato “santo” assieme
a Giovanni Paolo II; mentre del Patriarca
Sarto, divenuto Papa col nome di Pio X, il
20 agosto ricorre il primo centenario della
morte: ricorrenza celebrata soprattutto dalla
Chiesa Veneta con numerosi appuntamenti.
Vissuti in contesti storici diversi, essi hanno
segnato profondamente la storia della
Chiesa e del mondo, secondo lo stile di
Gesù, buon Pastore mite e umile di cuore.
Parlare di entrambi dovremmo allungarci
troppo, perciò ci soffermiamo su Papa
Giovanni XXIII, la cui canonizzazione
ha fatto traboccare di gioia il cuore
dei bergamaschi, già esultanti per le
beatificazioni avvenute nello scorso anno,
di altri due loro conterranei: Don Luca Passi
e Fra Tommaso da Olera cappuccino.
Angelo Giuseppe Roncalli, proveniente dal
gruppo di illustri sacerdoti che costituirono
il Collegio Apostolico di Bergamo, di
cui fece parte pure Don Luca, del quale
auspicava la glorificazione, “stimava assai
l’opera dei fratelli Passi, di tutta la Famiglia
e ne conosceva le gloriose vicende”.
(Positio, SdD Luca Passi, I, pp. 189, 183).
Eletto il 15 gennaio 1953 Patriarca di
Venezia, il 15 marzo le campane di tutte
le chiese del Patriarcato dettero il festoso
annuncio del suo arrivo. Il 13 aprile
successivo, la Madre generale Marcellina
Antonioli e la Vicaria Alojsia Landriani gli
fecero la loro prima “visita d’omaggio”; ne
ebbero la benedizione per la Comunità e la
promessa d’una sua visita.
In un successivo incontro con la Madre
generale e la superiora di casa madre, “ben
volentieri accettò l’invito di onorarci con la
sua presenza il giorno di S. Dorotea”. Infatti
(leggiamo nella Cronaca) il 6 febbraio 1954
il Patriarca Roncalli “incede benedicente
nella nostra bella Cappella preceduto
da dodici chierichetti in cotta e guanti
bianchi; è accompagnato dal nostro Revmo
Cappellano, dal Revmo Parroco di
S. Geremia, da quello di S. Girolamo, da
Don Bruno Valentini e dal segretario Mons.
Loris Capovilla.
Al S. Vangelo l’Augusto Porporato,
rivolgendoci la Sua Paterna, calda parola,
intreccia qualche insegnamento pratico …
sacre… Ci benedisse con larghezza di
un cuor di Padre… Gradì poi l’omaggio
presentatogli da più di duecento bimbi dei
due Asili e delle cinque classi elementari…
L’ultima sosta, non meno significativa, fu
fra le ammalate dove egli passò, quasi
Gesù buon Pastore, di camera in camera
interessandosi, confortando, incoraggiando
e benedicendo…”.
Pio XII, il 27 febbraio 1958, lo nominò
“Patronum seu Protectorem” delle Suore
Maestre di S. Dorotea, e il 3 giugno
si svolse “la cerimonia della presa di
possesso del Patriarca, Cardinale Angelo
Giuseppe Roncalli, a Protettore del nostro
Istituto”. Nella cappella, parata a festa,
lo accompagnavano diversi parroci, il
rettore dei Salesiani e il cerimoniere mons.
Capovilla. All’atto di obbedienza, “la
Superiora Generale presentava su di un
vassoio i simbolici doni, cioè una copia
delle Costituzioni, una chiave dorata e
un campanello d’argento, a raffigurare
l’autorità dell’Augusto Protettore sulle
presenti” e gli rivolgeva un devoto
indirizzo: “In quest’ora lietissima per
noi, mentre Voi, Eminenza, con quella
magnanimità di cuore che vi distingue,
ossequiente al mandato di Roma, Vi
degnate accoglierci sotto la Vostra
protezione, ci sembra di sentire ancora lo
spirito del Passi, anima ardente della Vostra
terra bergamasca, che trepido e grato si
unisce al coro delle sue figlie presenti e
lontane, non solo per raccomandarci a
Voi, come già ai Venerati Presuli che vi
precedettero, ma anche per ringraziarvi…”.
Ma, il 28 ottobre seguente, il Card. Roncalli
saliva sulla Cattedra di Pietro, col nome
di Giovanni XXIII. “Tutte le campane si
distesero a festa annunziando il glorioso
avvenimento”. Grande fu l’esultanza di
tutti i veneziani, pur “offuscata solo dal
pensiero di perdere il buon Pastore che si
era conquistato il cuore dei figli”. Ma le
dorotee così si esprimono: “Padre Santo, la
stessa confidenza che ci animava quando
veniva tra noi, intrattenendoVi con quella
santa semplicità che ci faceva pensare
al Maestro Divino, ci incoraggia ora ad
avvicinarci alla Santità Vostra, elevata
dalla somma bontà del Signore, a tanta
altezza. La notizia. Veramente grande, ha
riempito di gaudio anche il cuore delle
piccole figlie di Santa Dorotea ancora
17
koinonia
con gli esempi eroici della nostra grande
patrona S. Dorotea. E soffermandosi sul
gentile episodio delle frutta e dei fiori
che un Angelo portò al rétore Teofilo
… vede nelle tre mele simboleggiate le
virtù teologali: fede, speranza, carità e
nelle tre rose: la verginità, la povertà,
l’obbedienza…”. Estende la benedizione
sull’intero Istituto, e lascia alle suore la
promessa d’un suo ritorno.
Sempre attento alle urgenze dell’Istituto,
non mancava di rendersi presente nei
momenti più importanti. Il 6 febbraio
1956, “non potendo sodisfare il nostro
desiderio di averlo fra noi a celebrare
la S. Messa in onore di S. Dorotea … è
venuto nel pomeriggio sfidando il gelo che
minacciava di bloccarlo in laguna. Dovette
infatti approdare ad una riva alquanto
lontana e fare il tragitto a piedi. Proveniva
da una visita all’Arsenale col motoscafo
dell’Ammiragliato… sotto la vigilanza di
un Capitano in grande tenuta che si tenne a
grande onore di accompagnarlo data la sera
buia e tempestosa.
L’Em.mo Presule, tanto desiderato, incedeva
nella nostra bella Cappella ornata a festa,
preceduto da quattordici chierichetti,
con a lato quattro Sacerdoti e il fedele
Segretario Don Loris Capovilla, mentre il
canto dell’Ecce Sacerdos l’accompagnava
all’altare”. Sua Eminenza “in tono familiare
ci rivolse l’augusta Sua parola che ci
spronava a sempre più e meglio servire
a Dio e alla Chiesa nell’operosità di un
apostolato circonfuso di purezza e di
carità, intessendo fra gli altri quello della
nostra grande Patrona S. Dorotea”, ma non
poté assistere alla solenne Benedizione a
motivo del tempo che gli consigliava un
sollecito ritorno al Palazzo Patriarcale. E
quasi a “conforto per la nostra delusione
d’averlo così poco fra noi, ci promise una
sua venuta in un mattino di temperatura più
mite”.
Ancora, nella visita del 20 marzo 1957,
“dagli esempi del Ven. nostro Fondatore…
trasse per noi il monito: ‘Servite Domino
in laetitia’. Sì, anche fra il pianto e le
spine inevitabili della vita, saper cantare
la gioia di amare e servire il Signore.
Poi, a conclusione delle Sue esortazioni,
aggiunse un elogio per il breve canto
gregoriano udito, esprimendo il desiderio
di vederlo ripristinato nelle funzioni
KOINONIA
18
inebriate di fresca letizia per la Vostra
presa di possesso come Protettore del loro
Istituto. Padre Santo, noi lo sentiamo, Voi
continuate ad esserci Protettore, mentre
noi, benché tanto piccole ed indegne
siamo pronte a protestare obbedienza ad
ogni Vostro cenno e desiderio. Il Signore
Vi ha prescelto ad una sofferenza pari
alla dignità, preponendoVi al governo
universale della Chiesa. Una grande
croce Vi è stata offerta da Voi abbracciata
con generosità e fiducia. Ebbene: noi
desideriamo di aiutarVi e confortarVi,
vivendo spiritualmente unite, offrendo
al Signore preghiere e sacrifici per le
Vostre intenzioni. E poi faremo pregare
i nostri bambini degli asili, delle scuole
perché le loro innocenti aspirazioni Vi
ottengano quanto desiderate per il bene
universale della Chiesa e perché presto
tutte le pecorelle ritornino alla Casa
del Padre. Uniamo alcune letterine dei
nostri scolaretti scritte con spontaneità e
devozione.
Umilmente prostrate ai Vostri piedi
chiediamo per l’intero Istituto e per le
nostre opere l’Apostolica Benedizione - Le
Suore di Santa Dorotea del Passi”.
In risposta, arriva dal Papa l’apostolica
benedizione. Altre sue benedizioni
“propiziatrice di copiosi favori celesti”
giungeranno in diverse occasioni, e non
manca di ricambiare i nostri omaggi anche
con doni, fra cui “un bellissimo cero
pasquale”.
Alle suore riunite in casa madre per gli
Esercizi (agosto 1962), Giovanni XXIII
“rivolge paterno pensiero in espressione
di compiacimento per testimonianza
sentimenti filiale devozione et
particolarmente per ferventi preghiere che
esse elevano et promettono continuare
a propiziazione dei celesti favori per
felice esito Concilio Ecumenico Vaticano
Secondo, mentre incoraggia a perseverare
con lieta generosità nel corrispondere
al sublime dono della loro vocazione
et invoca divina assistenza affinché
abbondanti frutti di santificazione et
apostolato maturino nella vita dell’Istituto
et dei singoli membri Santo Padre imparte
di cuore a coteste dilette figlie implorata
confortatrice benedizione” (telegramma
firmato dal Card. Cicognani).
Ed ora sentiamo che il nostro “Cardinale
Protettore”, San Giovanni XXIII, dal
Paradiso continua ad assisterci con la sua
benedizione. n
Le suore dalla ‘bella età’
Alberica Vitari smsd
Premessa
er allontanarci dai criteri standard
sulla vecchiaia, sia negativi
che positivi, privilegiamo la
convinzione che l’esistenza, tutta, fino alla
fine, è caratterizzata da una metamorfosi
incessante. Non ci sono modelli infallibili,
cui riferirci per invecchiare “bene”;
piuttosto rintracciamo molteplici opzioni
che indicano come affrontare tale fase della
vita, senza incorrere in forme stantie di
rimpianto.
P
La vecchiaia porta con sé aspetti
ambivalenti: dall’incertezza e inquietudine
alla volontà di tenere in mano la propria
vita; dalla sensazione che ormai i giochi
siano fatti ad una possibile ripresa di piccoli
spazi operativi; dal restringimento degli
affetti e delle relazioni alla nascita di gesti
nuovi di festa e di partecipazione; come
pure dalla percezione della personale
pochezza alla consapevolezza delle risorse
acquisite.
Si sta tra due poli. Importante è
intrecciarli senza rinnegarli.
Come? Riformulando una
comprensione diversa?
Tento un percorso attorno alle suore
anziane. Sarà un’impresa ardua,
tuttavia essa vuole essere una presa
di coscienza di tali “figure culturali”,
che fanno parte del nostro contesto
sociale, sono tante, e vivono con
noi. Le incontriamo in chiesa,
all’ufficio anagrafe, per strada, in
ospedale, ovunque. E il loro apparire
trasmette immediato un richiamo al
senso religioso della vita. Per questo
suscitano rispetto e venerazione.
Quindi, quello che riesco a
scrivere è soltanto un piccolo e fraterno
riconoscimento della loro significativa
presenza nella chiesa, nella società e nelle
comunità cui sono inviate.
Volti e nomi
Il bello di affidarsi a Dio
Era di casa a Brescia, Suor Miriam, ma
veniva da lontano. Si prendeva tempo per
curarsi per poi ritornare là, dove aveva il
cuore e i progetti da portare a termine. Non
tornò.
Casualmente la vidi in farmacia: pallida
e smagrita. Lo sguardo sempre profondo.
Non le chiesi nulla; parlava lei e, tra le
sue poche parole, sussurrò: che io viva
ancora, è Lui che vuol darmi vita, e io mi
sento dentro questa Sua volontà, anche
oggi, come quando lavoravo attivamente.
Sai? Si va e si torna. Ma tutti i nostri viaggi
sono un ritorno, sono il ritorno. E continuò:
Avevo capito presto che gli anni a nostra
disposizione sono pochi (anche se molti) e
svelti; da lì il dubbio se mi sarebbero bastati
per poter dare un segnale che testimoniasse
che l’ho vissuta e amata la mia vita, che
19
FACCE di suore
“Sono tra gli ottanta e i novanta
e mi dicono che ho una bella età”
(Pensiero corrente)
l’ho apprezzata e riempita di buone cose.
Durante la lunga degenza riuscì a comporre
una breve supplica dal bel titolo: “Il Canto
del Ritorno”. Era una leader, Suor Miriam,
schiva e riservata, ma che faceva i fatti.
“Può darsi che Dio abbia bisogno di me per
sistemare qualcosa lassù”, disse dal letto,
come per consolare chi restava.
facce di suore
20
Disponibilità ad una continua conversione
Al lago: Suor Victoria amava il lago e il suo
Istituto le concedeva soggiorni frequenti in
quella bella casa luminosa e profumata di
rosmarino. Là ritrovava la compagnia delle
consorelle della sua età. “Quella che tutti
dicono bella, esclamava argutamente, ma
l’età bella è quella dei vent’anni”. Faceva
dono volentieri del suo buon umore e
pregava tanto, in modo anche originale. Al
vederla così mora e rugosa, ti fermi senza
parole, ma lei subito: Nelle mie rughe è
scritta la mia storia! Non sapete quante
volte nella mia vita mi sono segnata nella
croce del Signore; e quante altre la mia
voce, così roca, si è unita alle voci della
Chiesa e del creato per lodare Dio? E
quant’altre ancora gli ho chiesto “fammi
sentire gioia e letizia”, “rinnova in me uno
spirito saldo?”. Ogni venerdì della mia
lunga esistenza. Brava lei, la ragioniera, che
fa i conti e su quei numeri ci conta! Sicura
quasi che davanti a Dio lei sarebbe stata in
credito. No, no! Sono stata una viandante
per vocazione, interiormente si capisce: ho
cercato, nell’inquietudine, risposte di verità;
ho vacillato nelle mie certezze, mi sono
buttata nell’abbraccio di Dio. Sono in pace.
La prova della fede
Temeva di invecchiare e di imbruttirsi,
Suor Romana. Si piaceva proprio, del resto
aveva un bel volto e oltre al corpo curava
la sua professionalità, che esprimeva in
un impegno incondizionato per il suo
lavoro. Che per noi è missione. Con il
fluire del tempo si appesantì e i segni del
logoramento fisico si accentuarono. Sentii
terribilmente la sua sofferenza e sentii
anche che le volevo un bene più forte. Tutto
il suo fare contrassegnato dalla ricerca di sé
si mutò in altruismo generoso, e questo non
fu un passaggio indolore, anzi maturò in lei
la disponibilità ad accogliersi: la vecchiaia è
parte naturale della vita, mi disse. Abbiamo
il diritto di invecchiare. Ma con dignità. E
viverla come offerta gradita a Chi continua
a donarcela.
Seppe sviluppare uno stretto rapporto
tra vecchiaia e preghiera e divenne una
convinta apostola della devozione della
Buona Morte, presso i malati.
Semplicità e fraternità
Vengono verso di me composte e
sorridenti, alcune col bastoncino, l’ultima
in carrozzella. Stanno entrando in salapranzo e mi fanno cenni di saluto. Sono
le ospiti di una Casa di Riposo dove ho
alcune amiche. Rispondo al saluto, certa
che qualcuna non mi riconosce: Ciao,
Suor Carla, Suor Marina, Suor Rosetta,
Suor Vincenzina, e tutte le altre. Vanno a
tavola e penso che quello sia senz’altro un
momento di intensa convivialità dentro le
loro giornate. Un buon pranzo costituisce
una piccola felicità. Anche la
Bibbia raccomanda di mangiare
lietamente il pane e di bere di
buon animo il vino (Qoelet). E
dopo il pranzo si fanno attorno
a me, simpatiche e contente
di avere visite, interessate alle
notizie della scuola, della mia
comunità, della mia famiglia.
Sono buone, vivaci, affettuose.
Ma, qual è la sorgente di
queste gioie minori? Risponde
l’Arcivescovo Cardinale di
Vienna, Schonborn: la bontà, il
dono di sé, un po’ di umorismo e
un intimo legame con il Signore.
Una lezione! n
La famiglia,
la crisi, il futuro
Lucia Tramonte
21
desiderio di altri di volerlo a tutti i costi
ricorrendo a tutte le possibilità che la
ricerca scientifica offre. La crisi dell’amore
e delle relazioni che spesso non vengono
vissute come accoglienza di un’alterità
che è dono per la nostra vita, ma come
ricerca di soddisfacimento personale o,
peggio ancora, come possesso dell’altra
persona che diventa uno dei tanti beni da
consumare e poi mettere da parte quando
non ci servono più (la cultura dello scarto,
direbbe Papa Francesco). Anche la fede
è in crisi nella vita familiare, relegata ai
margini della vita di coppia e di famiglia,
mortificata in tradizioni ormai svuotate del
loro significato e stancamente ripetute per
abitudine: il battesimo, il catechismo, la
prima comunione.
Superato il passaggio dalla famiglia
patriarcale alla famiglia nucleare, oggi
la maggior parte delle persone vivono
secondo modelli diversi, modelli che vanno
riconosciuti e tutelati dalle istituzioni.
Ciò non vuol dire però che la famiglia sia
diventata un reperto museale da mettere
in vetrina, un oggetto da studiare come
passi nell’opera
N
ell’annunciare il
tema del prossimo
Sinodo mondiale
sulla pastorale familiare
ai Cardinali riuniti in
Concistoro, Papa Francesco
così si è espresso riguardo
alla famiglia: realtà umana
così semplice e insieme
così ricca, fatta di gioie e
di speranze, di fatiche e di
sofferenze, come tutta la
vita! Sì, una realtà semplice
e complessa come la vita.
Ed oggi, più che mai, la
famiglia vive la fatica
della complessità del
nostro tempo e si trova
ad affrontare un momento difficile di
passaggio, di cambiamenti rapidi che
richiedono scelte e decisioni forti: un tempo
di crisi appunto.
Crisi, una parola che da qualche anno
ormai rimbalza frequentissima nella
nostra realtà quotidiana connotata sempre
di negatività e di pessimismo mentre,
a guardare bene la sua etimologia,
scopriamo che il termine “crisi” rimanda al
concetto di superamento di un problema,
di discernimento e di possibilità di
cambiamento. Resta il fatto che la famiglia
oggi vive un momento difficile per diversi
aspetti.
Se la crisi economica è quella più
appariscente e preoccupante perché
rimanda alla stessa idea di sopravvivenza,
alla possibilità di perdere il posto di lavoro
e quindi di non poter più soddisfare
nemmeno i bisogni primari, altre crisi più
subdole e penetranti mettono la famiglia
di fronte a scelte sempre più ardue. La
crisi della vita, per esempio, quando si
osserva la contraddizione tra la paura di
tanti di mettere al mondo un figlio e il
passi nell’opera
22
un fossile, essa rimane una insostituibile
palestra di umanità. In quell’intreccio
di relazioni che vi si sviluppano sia
verticalmente nel dialogo tra le generazioni,
sia orizzontalmente nei rapporti di
parentela, prendono corpo le gioie e le
speranze, le fatiche e le sofferenze cui
faceva riferimento Papa Francesco. Proprio
lì si impara la vita e la famiglia continua ad
essere il percorso fondamentale per entrare
nella comunità degli uomini e dei cittadini.
Una famiglia che diventa consapevole della
portata di questa responsabilità, che viene
riconosciuta in questo impegno, sostenuta
nel viverlo e che si apre al futuro con
fiducia, con speranza, può andare al di là
della crisi e tornare ad essere protagonista
dello sviluppo e del rinnovamento che tutti
desideriamo.
Se le nostre famiglie, le famiglie cristiane,
vivono pienamente immerse in queste
realtà, ne condividono le fatiche e le
contraddizioni, le conquiste e le gioie,
allora quale può essere il nostro ruolo?
Il pensiero corre subito all’immagine del
lievito così familiare a chi vive la Spiritualità
Dorotea. Le famiglie cristiane che vivono
la presenza di Dio nelle dimensioni della
fede, della speranza e della carità possono
essere testimoni di un modello di vita
familiare orientato al bene del singolo e
della comunità. La famiglia che vive la
gioia della fede e la sa comunicare negli
spazi del sociale è sale della terra e luce del
mondo, è lievito per tutta la società. Noi
famiglie di Cooperatori, educate alla scuola
del beato Luca Passi, possiamo essere
quel lievito di speranza che non attende
nell’inerzia ma costruisce il futuro. n
Bolivia: l’invio
dei Catechisti a Colomi
Suor Blanca Delgadillo
N
ei mesi di febbraio, marzo e aprile
ebbe inizio nella parrocchia di
S. Isidro in Colomi la preparazione
ai sacramenti della prima Comunione e
della Cresima; attività che ha coinvolto pure
le comunità più lontane di Toncoli, Aguirre,
Candelaria e altre. La domenica, 6 aprile,
32 catechisti volontari di Colomi, impegnati
nel servizio e con molto desiderio di
realizzarlo nella gratuità per la formazione
umana e cristiana dei giovani e bambini,
sono stati inviati per annunciare la Parola
di Dio. Ricevettero così il dono di
evangelizzare, quel dono che Gesù
sparse su coloro che furono chiamati a
diffondere il suo Amore.
L’Eucaristia fu presieduta da Don
Wilson Rodríguez (parroco di
S. Isidro), che presentò tutti i catechisti
alla stessa comunità.
Questi giovani rinnovarono davanti a
Dio e alla comunità il proprio impegno
di annunciare con la vita e le parole
che Gesù è risuscitato, facendosi
compagni di cammino dei bambini,
adolescenti e giovani e favorendo in
ciascuno di loro il lento maturare del
dono della fede in Dio Padre, Figlio e
Spirito Santo e l’amore per la Chiesa.
Cooperatori
dell’OSD
Lo scorso 8 aprile
abbiamo vissuto
l’incontro dei cooperatori
nella comunità di
Colomi sul tema:
Vogliamo riconoscere con gratitudine il
servizio disinteressato che alcuni catechisti
adulti realizzano nelle zone più lontane,
come in Candelaria il signor Roberto (da
27 anni catechista), la signora Enriqueta
(da 27 anni), la signora Lourdes (da 26
anni); in Tablas Monte il signor Antonio e la
signora Fructuosa (entrambi da 15 anni); in
Colomi il signor Andrés (da 20 anni). Tutti
continuano a dedicarsi con disponibilità e
dono.
Nella pastorale della parrocchia esistono
vari gruppi che collaborano generosamente:
i sacerdoti, le Suore Dorotee, il coro, gli
animatori del gruppo giovani, catechisti e
gli ‘amici di Gesù’. Tutti cerchiamo come
un’unica famiglia di comunicare il regno di
Dio.
Condividiamo con gratitudine il servizio e
l’amicizia tra i differenti gruppi parrocchiali.
L’esperienza della
Settimana santa
Durante il tempo quaresimale abbiamo
realizzato laboratori con i ragazzi
di prima Comunione e Cresima con
l’obiettivo di aiutarli a prendere coscienza
dell’importanza di questo tempo di grazia
che ci regala il Signore per prepararci alla
Pasqua.
Si invitarono i
cooperatori a prendere
coscienza dei differenti
sguardi che attraversano
la nostra esistenza.
Sguardi di amore
Sguardi di tenerezza
Sguardi di stima
Sguardi che mi infastidiscono
Sguardi di sospetto
Sguardi di fiducia
Sguardi che mi hanno suscitato paura/
terrore
Sguardi di sfiducia
Sguardi, Sguardi, Sguardi, Sguardi, ... n
23
passi nell’opera
Di sguardo in sguardo,
per illuminare
l’incertezza del futuro.
Siamo in tempi di
calamità e di gioia.
Brescia: “Pensa,
se non avessimo provato”
Suor Veritas e cooperatrici
passi nell’opera
24
A
bbiamo incominciato a parlarne a
ottobre: Ma, non so, chi vuoi che
venga, ci sono tante proposte.
È vero! Proporre a Brescia, Centro storico,
in una sala civica, un incontro sulle
problematiche dell’adolescenza, avendo
come prospettiva l’Opera, costituiva una
grossa scommessa.
Proviamo! Ha richiesto tempo, fatica,
fondi, contatti con i relatori, informazioni,
reperimento della sala, ricerca di uno
sponsor… È meglio che tanti facciano poco
piuttosto che pochi facciano molto diceva il
beato Luca Passi. Abbiamo rischiato!
La serata, svoltasi mercoledì 7 maggio
presso il Teatro S. Carlino di Corso
Matteotti, ha superato ogni attesa: gremito,
con tante persone in piedi o sedute per
terra, attente, soddisfatte, riconoscenti per i
relatori, la location, il pubblico.
I cooperatori hanno fatto gli onori di casa:
nessuno dei presenti si è sentito ignorato
o estraneo. Ogni persona era attesa da chi
l’aveva personalmente invitata. Le persone
non sono state attratte dalle 1500 brochures
dispensate in tutti gli ambienti possibili:
biblioteche, scuole, ospedali, oratori,
negozi, supermercati… ma dal passa parola
al vicino della porta accanto o al collega,
all’amica, a chiunque fosse interessato
all’argomento. Quali le solitudini o la
solitudine dell’adolescente?
Punti di vista diversi: il magistrato del
tribunale dei minori, la psicoterapeuta, il
sacerdote, sollecitati e moderati da Lorella
e da Vallì, cooperatrici. L’incontro ha avuto
inizio con una performance delle “Mele
Verdi”, un gruppetto di adolescenti che
avevano precedentemente lavorato sulla
solitudine. Ognuno sfilava in silenzio davanti
al pubblico con un cartello focalizzando
quando e perché si sentiva sola/solo.
I relatori hanno toccato un aspetto
specifico della multiforme espressione
25
passi nell’opera
della solitudine e delle sue conseguenze:
dal “sempre connesso e sempre più solo”,
alle forme esasperate di anoressia, bulimia,
tossicodipendenza, omosessualità, ai
maxi, quasi taciti raduni, presso i Centri
Commerciali o nella ricerca esasperata
del mi piace tramite i social network, fino
a toccare la solitudine come valore da
cercare e custodire. Il sacerdote, infatti,
ha portato in primo piano l’inevitabilità
e la necessità di essere soli, di difendere
la propria identità da tutto e da tutti.
L’uditorio ha avuto come un sussulto:
dall’attenzione è passato alla commozione
soprattutto ripercorrendo il brano dei due
discepoli di Emmaus: Gesù si è accostato
con discrezione, ha condiviso 11 miglia,
ascoltandoli, ha finto di non sapere nulla
per lasciarli esprimere il loro vissuto e,
arrivato a destinazione, ha detto di dover
procedere per indurli a chiedergli di
restare. E lo riconobbero. Le provocazioni,
forti e coinvolgenti, sono
risuonate nella sala:
Siamo disposti a camminare
accanto all’adolescente per
11 miglia, senza giudicare,
senza intervenire, senza
indossare la veste del
maestro?
Siamo disposti a rischiare
di perdere le persone, di
non legarle a noi, ma di
creare le condizioni per una
adesione?
Dalle 20,30 alle 22,30
senza interruzioni, senza il
solito via vai delle riunioni,
in silenzio. Le domande del
pubblico non si sono fatte
attendere, anzi si è dovuto
interrompere per rispetto e
discrezione di chi da due
ore era in piedi.
L’incontro aveva
come obiettivo quello
di richiamare ogni cooperatore alla
responsabilità personale verso gli
adolescenti; abbiamo avuto una piattaforma
da cui ripartire ogni giorno per raggiungere
alcune poche fanciulle, le più vicine alla
propria abitazione per orientarle a una
positività di vita, disposti a far 11 miglia
con loro perché si accorgano che offriamo
loro Colui che rischiara le tenebre e dissipa
le paure.
L’Opera di S. Dorotea, ha concluso
suor Veritas, è ancora oggi una strada
percorribile, non richiede altro che una
santa amicizia, capace di diventare guida
amorosa.
“Pensa, se non avessimo provato, quante
opportunità sarebbero svanite”.
Occorre sempre rischiare se si vuole
educare! n
Peseggia: La gratitudine
delle
Cooperatrici
Vally - Cooperatrice OSD
passi nell’opera
26
È
successo! Le nostre suore ci
lasciano dopo un secolo di
amorevole presenza a Peseggia!
Era inevitabile che accadesse perché non ci
sono più vocazioni e le nostre suore sono
sempre meno e sempre più anziane, ma
noi non lo abbiamo mai voluto prendere in
considerazione forse per non farci del male
o forse semplicemente perché abbiamo
voluto credere che, qui a Peseggia, non
potesse accadere mai… invece ora è
successo e l’annuncio della loro dipartita
ci ha trovati tutti impreparati ed incapaci di
accogliere l’evento.
Le domande si accavallano: chi ascolterà la
mia paura, il mio pianto, la mia delusione,
chi mi conforterà nella mia fatica. A chi
confiderò le mie lotte, chi visiterà i nostri
ammalati, chi si prenderà cura di quella
coppia in crisi, di quell’anziano, del mio
nipotino, chi si accorgerà che quella
mamma non ha cosa dar da mangiare ai
figli, chi metterà quella parola buona, chi
spronerà quei ragazzi. Insomma, sembra
d’un tratto che tutto ci venga tolto o peggio
ancora che, con loro, le nostre amate suore
portino via tanta parte del bene che ci
circonda.
E per noi, cooperatori dell’Opera di Santa
Dorotea, avrà ancora un senso il nostro
andare senza la presenza delle nostre
suore? Poi capiamo un po’ alla volta che
ora siamo chiamati noi ad essere coloro
che ascolteranno un pianto, conforteranno
chi è in fatica, visiteranno l’ammalato,
si prenderanno cura del bisognoso, che
gratuità, di giustizia, di verità e di amore,
senza mai dubitare, senza mai cedere,
senza mai stancarsi. L’onnipotenza di Dio
farà tutto il resto.
Ognuno di noi serberà gelosamente nel
suo cuore tanti momenti di vita vissuti
assieme a loro e che ci hanno legato da
un’indissolubile e profonda amicizia piena
di affetto e di gratitudine. Ora che un vento
nuovo le sta portando altrove, vediamo più
chiaramente il valore di quella fraternità
così semplice e quotidiana e non possiamo
che stringere fra le mani questa “piccola
perla preziosa” da consegnare, a nostra
volta, a nuovi volti e a nuove storie.
Ringraziamo suor Giacinta animatrice del
gruppo OSD di Peseggia, e con lei suor
Rosa, suor Imelda, e tutte le suore dorotee
che sono vissute qui con noi a Peseggia, per
quanto hanno fatto per la nostra comunità
e per quanto faranno ancora per il Signore.
Chiediamo per loro ogni benedizione
celeste. n
Brescia: Esperienza di volontariato
Federica Castana
Aspirate a cose grandi…
per vivere e non vivacchiare!
Q
uando c’è qualcosa che si muove
dentro, perché non ascoltarlo? Se
una voce ti chiama, perché non
rispondere?
È iniziato così il contatto con alcuni ex
alunni che hanno frequentato la Scuola
Santa Dorotea.
Sono dell’idea che spesso le cose belle
iniziano così… quasi per caso.
Siamo stati chiamati “gruppo promotore”,
ossia un insieme di persone volenterose che
hanno a cuore i rapporti significativi e sono
fermamente convinte che condividere con
altri ciò che credono sia importante, è la
chiave per aprire la porta della vera felicità.
Dopo tanti confronti, chiacchiere e
riflessioni abbiamo deciso di organizzare
un primo incontro per provare a
coinvolgere coloro che hanno trascorso
la loro infanzia presso la scuola delle
suore Dorotee. Convinti che un incontro
a tema sarebbe stato un buon inizio, ci
siamo a lungo confrontati su quale dovesse
essere questo fatidico tema. La parola
“volontariato” riecheggiava nelle mie
orecchie e nel mio cuore. Parlare agli altri
di volontariato poteva essere un modo per
trasmettere che se si vuole seguire Gesù
si deve avere un “cuore largo”, “vivere la
vita come un dono” da dare agli altri, “non
come un tesoro da conservare” per se stessi,
alla fine isolandosi nell’egoismo.
Papa Francesco ha detto ai giovani: «Non
siate spettatori ma protagonisti» nelle
«sfide» del mondo contemporaneo. Non
mediocri o annoiati, non omologati. «Non
si può vivere senza guardare le sfide», «non
27
passi nell’opera
sproneranno, che parleranno di Dio,
che fattivamente collaboreranno con il
volontariato parrocchiale, e via dicendo.
Ed allora cominciamo ad intravedere che
Dio, in tutta questa fatica, ci sta chiedendo
di diventare adulti nella fede. Anche in
questa scoperta ci hanno condotti sempre
le nostre care suore. Come una madre
che prepara il figlio perché non si abbia
a perdere nella vita, quasi incurante del
suo stesso male perché protesa a che il
figlio abbia a soffrirne il meno possibile, ci
hanno indicato una crescita, ci hanno fatto
intravedere una luce nuova e ci hanno
incoraggiato e dato fiducia. Nella fraternità
dei nostri incontri OSD siamo cresciuti
nella fede e, con don Luca Passi che è
stato per noi come un amorevolissimo
fratello maggiore, abbiamo fatto nostri,
se così si può dire, gli obiettivi di amore,
di giustizia, di bellezza di Dio. Abbiamo
compreso che è sempre nelle nostre
possibilità il potere di seminare semi di
passi nell’opera
28
state al balcone, lottate per dignità e contro
la povertà”. “Vivere, mai vivacchiare” ha
detto, e “non lasciatevi rubare l’entusiasmo
giovanile”.
L’incontro, quindi, si è svolto in un’aula
della scuola elementare di Via Capriolo
36 e solo l’atmosfera ci ha fatto tornare
bambini. Si sono susseguite una decina
di esperienze di volontariato a confronto
che spaziavano dal prestare servizio in
ambulanza (SERC per esempio), al dedicare
il proprio tempo a Bimbo Chiama Bimbo,
alla Caritas del Centro
Storico, all’essere aiutoeducatore presso l’Oratorio,
o di aiuto-compiti per
i bambini/ragazzi con
difficoltà, al dedicare del
tempo come clown terapia
presso l’ospedale.
Ognuno di loro dona del
tempo per fare volontariato
ricevendo sempre di più di
ciò che dà.
Coloro che hanno
partecipato a questo
incontro non sono stati
molti ragazzi, qualcuno ha
avuto contrattempi, altri non
potevano e altri ancora si
sono dimenticati. Io però
non mi scoraggio, è stato un
bellissimo incontro; nella
vita… non bisogna avere
fretta.
Sono fiera dell’esito
di questa giornata. Un
ringraziamento speciale
a tutti coloro che hanno
partecipato, a chi ha
raccontato la propria
esperienza, un grazie al
gruppo promotore che,
anche se è alle prime armi,
vuole crescere e con entusiasmo vuole
diventare sempre più coeso e pronto per
nuove esperienze e un grazie immenso
a Suor Veritas per le sue idee e per il suo
aiuto.
Tutto questo ti apre il cuore! E allora… alla
prossima!
Un augurio a tutti i giovani: “Non siate
indifferenti, ma siate contagiosi della gioia
che è in voi!”. n
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L’evento del Capitolo
30
Arrivo delle Capitolari
Chi in macchina, chi in treno, chi in aereo, il 25 giugno sono arrivate a Roma tutte le partecipanti al Capitolo. Le sorelle che vengono da più lontano
sono state le prime ad arrivare, così, prima che inizino i lavori, ognuna ha
il tempo per adattarsi al nuovo fuso orario, al clima, al ritmo di vita, alla
lingua italiana.
Ritiro spirituale: 26-28 giugno
guidato da Padre Marko I. Rupnik
Nelle meditazioni offerte da Padre Marko I. Rupnik, le Capitolari sono
invitate a recuperare una visione della vocazione a partire dal tema del
Capitolo.
Ognuno di noi è chiamato alla comunione con il Padre e con Dio Padre,
attraverso la vita del Figlio suo, Gesù. Il Vangelo di Giovanni, cap 14, è
un invito a sostare sulle ultime consegne di Gesù: Non sia turbato il vostro cuore... vado a prepararvi un posto... chi ha visto me ha visto il Padre.
La giornata trascorre nel silenzio e nella preghiera, alle ore 19.00, le capitolari si trovano in cappella per la celebrazione dei Primi Vespri del Sacro
Cuore di Gesù.
Ritiro spirituale
Festa del sacro Cuore di gesù
Nella festa del Sacro Cuore di Gesù a cui tutto l’Istituto è consacrato, continua il tempo della preghiera per invocare su tutte il dono dello Spirito.
Oggi ci fanno compagnia il Capitolo 10 di Giovanni che ci presenta Gesù come il pastore buono che è venuto a portare fuori dal recinto le sue
pecore, perché possano, in pascoli aperti, vivere dell’amore di Dio che
nel Figlio si estende ad ogni creatura; e il brano di Giovanni 4, offre alla
nostra attenzione la donna Samaritana e, in particolare, la parola di Gesù
che dice: Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato a compiere la sua opera.
La certezza che fare la volontà del Padre è il cibo che nutre la nostra fede e rivela quale considerazione abbiamo di Dio, sono i pensieri che vengono offerti a tutte per continuare, nella preghiera, a disporsi alla novità
dell’amore.
Ritiro spirituale
Festa del Cuore Immacolato di Maria
Il Vangelo di Luca si conclude con l’Ascensione di Gesù al cielo e gli Atti degli Apostoli riprendono il racconto proprio a partire da questa scena.
Gli Apostoli stanno a guardare in alto, non perdono di vista Gesù, come
Eliseo cercò di non perdere di vista Elia, perché desiderano che lo Spirito
di Gesù passi su di loro.
Occorrerà attendere, non muoversi fino a quando lo Spirito Santo non
scenderà su di loro.
Gesù estende sull’umanità una nuova esistenza, affinché noi e il Padre siamo una cosa sola. Il cuore della vita religiosa è far intuire, attraverso la nostra presenza, che c’è un’altra Presenza; la condizione di tutto è l’accoglienza docile dello Spirito.
La conversione è vedersi in una luce più profonda e più purificata.
Festa dei Santi Pietro e Paolo: 29 giugno
Apertura del Capitolo
Le Capitolari si trovano in cappella per l’apertura del Capitolo.
Il gesto dell’intronizzazione della Parola, si ripete ad ogni celebrazione
di Capitolo, come espressione di una liturgia di fede e di consegna al Signore.
Intronizzare significa mettere sul trono, cioè su un posto riservato a qualcuno di importante. Questo gesto diventa per le capitolari, un gesto sacerdotale di grande importanza. Scegliendo di mettere sul trono la Parola,
proprio nella sala dove si svolgeranno i lavori, ogni Capitolare esprime la
sua ferma volontà a lasciare che sia il Signore a governare la nostra vita.
Conoscenza della realtà: 30 giugno
Relazione della Superiora generale
La giornata si è aperta con la contemplazione dell’icona della Madre di
Dio “del segno”.
La “Tuttasanta” è una antica icona russa dei primi anni del Duecento.
La grande figura di Maria è ritratta in piedi, in posizione frontale, con le
braccia aperte al modo dell’orante. Il Bambino è raffigurato in un medaglione a fondo oro che sta proprio all’altezza del seno della Madre, con
le braccia aperte in segno di accoglienza.
Sotto il manto della Vergine, sotto la sua protezione abbiamo posto oggi in
modo particolare l’Istituto. La relazione di Madre Teresa Simionato, Superiora generale, ha aperto la prima fase dei lavori, quella della conoscenza
della realtà. Con sguardo spirituale è stata fatta memoria della nostra storia
come parte della Storia della Salvezza e ci siamo aperte a passi successivi.
Riflessioni, studio personale e di gruppo, incontri in assemblea si sono sus-
31
seguiti fino al 6 luglio: giornata caratterizzata dalla visita alla Basilica di
S. Clemente.
Il 7 luglio poi è stato un giorno di ritiro e di discernimento guidato da p.
Germano Marani Sj.
32
8 luglio
Elezione della Superiora generale
e del Consiglio
L’Assemblea capitolare ha eletto Superiora generale Madre Marialuisa
Bergomi Vicaria Generale Madre Maria Angela Ferronato, Consigliere Suor Julienne Bimpenda, Suor Giancarla Barbon e Suor Paola Grignani
Alla nuova Superiora generale e al nuovo Consiglio presentiamo i migliori auguri per il cammino che si apre, certe che il Signore cammina
davanti a noi. Vi accompagniamo e vi presentiamo con tutto il cuore al
Signore della vita.
10 luglio - Strumento di lavoro
Prosegue il lavoro di conoscenza della Realtà, a partire dallo Strumento
di lavoro elaborato con gli apporti di tutte le comunità dell’Istituto. Dopo
il primo capitolo “Il cammino spirituale carismatico”, e il secondo “Il dono della fraternità: una nuova profezia”, oggi le Capitolari si sono concentrate sul terzo, “Il servizio di governo spirituale in stile di discernimento”.
Attraverso lo studio personale, il confronto in Assemblea, gli approfondimenti nei gruppi, è continuata l’elaborazione delle indicazioni che contribuiranno a delineare gli orientamenti del prossimo sessennio.
11 luglio - Strumento di Lavoro
La giornata di lavoro si è aperta con la Celebrazione Eucaristica presieduta da padre Mario Aldegani, Superiore Generale dei padri Giuseppini
del Murialdo, che ha ricordato i cinque atteggiamenti positivi per una
“Chiesa in uscita” presentati da papa Francesco nella “Evangelii Gaudium” (n. 24): “prendere l’iniziativa (primear!), coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare”.
Nella mattinata e per tutto il pomeriggio, le Capitolari hanno poi continuato il lavoro di conoscenza della realtà e di individuazione di alcune
prospettive in merito al “servizio di governo spirituale in stile di discernimento”.
12 luglio - Strumento di Lavoro
Padre Rinaldo Paganelli ha presieduto la Celebrazione Eucaristica mattutina, invitando tutte a “non temere” guardando al futuro che attende l’Istituto. Fidandoci del Signore, ci ha spronato a scacciare la paura lasciandoci
avvolgere dal timore di Dio.
La giornata è stata interamente dedicata ad alcuni orientamenti relativi al
“servizio di governo spirituale in stile di discernimento”.
A questo capitolo terzo dello Strumento di Lavoro, l’Assemblea dedicherà
anche gli incontri e gli approfondimenti dei giorni successivi.
La Vicaria generale, Madre Maria Angela Ferronato, ha concluso il pomeriggio con un intervento circa il dialogo tra Istituti Dorotei che è stato avviato in questi anni. Un dono inatteso, che sta aprendo strade di incontro
e conoscenza.
13 luglio - Strumento di Lavoro
In tarda mattinata, mentre l’Assemblea capitolare era riunita per una sintesi sul dialogo avvenuto negli ultimi anni tra gli Istituti Dorotei, è giunta
la notizia della morte di Madre Vittorina Savoldi.
È spirata al momento dell’offertorio, mentre il fratello padre Enzo presiedeva l’Eucarestia nella sua stanza, presso l’infermeria di “Villa san Giuseppe” a Brescia.
Su noi tutte Capitolari è calato il silenzio e la commozione… un’invocazione carica di affetto e di fede ha trovato espressione nella preghiera a cui
ci ha invitate la Superiora generale Madre Marialuisa Bergomi.
Siamo certe della sua presenza lassù, dove la pensiamo avvolta dalla Misericordia del Padre e unita ai Fondatori e alle tante sorelle già in Cielo.
Il lavoro delle capitolari è continuato nel pomeriggio, riprendendo i passaggi che, in questi anni, hanno accompagnato il dialogo con gli Istituti
dorotei.
14 luglio - Strumento di Lavoro
Continuano i lavori, dedicati alla formazione iniziale e permanente, orientata dal Piano generale di Formazione dell’Istituto.
A fine giornata è stata inoltre valutata in Assemblea l’ultima revisione relativa alla configurazione degli ambiti di supporto di cui il Governo generale
potrà avvalersi per il prossimo sessennio.
Il metodo ormai consolidato di studio personale, scambio in gruppo, report in Assemblea e sintesi finale, consente di dare la parola a tutte le
Capitolari, di ottimizzare i tempi e di giungere ad intravvedere le linee
guida per il prossimo sessennio, che confluiranno nel Documento finale.
33
15 luglio 2014 - Strumento di Lavoro
34
L’Assemblea Capitolare ha iniziato l’analisi della parte dello Strumento di
Lavoro che riguarda l’amministrazione e l’economia, con particolare attenzione alla situazione delle diverse Nazioni in cui sono presenti le comunità dell’Istituto.
La Madre Vicaria, Madre Maria Angela Ferronato ha inoltre ripreso alcuni
elementi di fondo del Regolamento economico, che dopo 6 anni ad experimentum, necessita ora dell’approvazione.
L’Economa generale ha puntualizzato alcune aspetti che esigevano chiarimenti.
Anche questo strumento sarà utile alle comunità per una oculata e solidale gestione delle opere.
20 luglio - Conclusione del Capitolo
Il Capitolo è giunto all’ultima fase: l’approvazione del Documento Finale dopo aver individuato le priorità per il prossimo sessennio. La ricchezza degli apporti pervenuti dalle Comunità e dai Cooperatori OSD nei
mesi scorsi, il lavoro di ciascuna Capitolare in queste settimane intense,
i nuclei dei confronti in gruppo e in Assemblea hanno portato a delineare gli orientamenti per il prossimo futuro. L’ultima giornata, domenica 20
luglio, è stata dedicata ad individuare le modalità per la restituzione alle
comunità e alla verifica dell’esperienza capitolare.
Dopo l’Eucarestia nella Basilica di S. Maria Maggiore, celebrata alle ore
18.00 da Don Gianni Barbiero, la Superiora generale, Madre Marialuisa
Bergomi, richiamati i passaggi più significativi di questo mese, dichiara
concluso il 29° Capitolo generale.
Il diario della Sala
capitolare
Mi presento: sono uno dei banchi della sala capitolare e non nascondo di
essere orgoglioso di aver partecipato al 29° Capitolo Generale!
Il 26 giugno, nella sala dove vivo, si presentano 37 suore dorotee, in silenzio e in ascolto nei tre giorni di ritiro guidati da p. Marco Rupnik, con
i quali inizia l’esperienza. Sento risuonare parole come radice battesimale, vocazione, dimensione ecclesiale…
Domenica 29 c’è qualcosa di nuovo: le sorelle entrano solennemente in
sala, precedute dalla Parola, che illuminerà il lavoro di ogni giorno.
Al tavolo grande che mi sta di fronte si alternano varie persone: le moderatrici, tra cui spicca per competenza e raffinatezza suor Battistina
Capalbo. I primi giorni le Superiore Madre Teresa, Madre Angela e
Madre Assunta raccontano sei anni di cammino con il Signore e nelle
comunità, chiamate al servizio dei fratelli con il tocco carismatico di
don Luca Passi, proclamato Beato nello scorso aprile. Si capisce che, in
modo sapiente e provvidente, Dio le sta proprio accompagnando!
Il 7 luglio capisco che c’è più movimento del solito, anzi direi trepidazione… mah! …
Il giorno dopo si svela il mistero: è stato eletto il nuovo Governo: Madre
generale suor Marialuisa Bergomi e Vicaria suor Maria Angela Ferronato.
Per la prima volta, viene eletta come consigliera una suora burundese,
suor Julienne Bimpenda; al trio si aggiungono suor Giancarla Barbon e
suor Paola Grignani. La commozione, mista alla gioia per un nuovo inizio, spinge le capitolari a lasciare la sala per portarsi in Cappella a cantare il Te Deum e ad abbracciare, a nome di tutte le sorelle dell’Istituto,
Madre Marialuisa.
Ora è lei che guida i lavori. Cosa stanno facendo di preciso?
Bè, prima di tutto ogni mattina mi godo una bella preghiera con quadri
di autore, brani biblici e silenzi contemplativi. Poi, a partire da un libretto, che chiamano Strumento di lavoro, le suore si confrontano, correggono le espressioni, convergono felicemente su nuove sintesi, che
andranno a costituire il Documento Capitolare, che guiderà il cammino
delle mie suore fino al 2020.
Di cosa si ragiona? Ho sentito parlare di vita religiosa, di fraternità, di
carisma, di economia e qui gli interventi precisi, illuminanti e pertinenti
dell’Economa Generale suor Guidalba eliminano ogni dubbio. Le mie
suore prima lavorano in silenzio in sala; poi sento dire che si spostano
nei gruppi, da dove ritornano soddisfatte del loro scambio.
Ma lavoreranno sempre? Mi hanno abbandonato solo un paio di mattinate: domenica 6 mattina per visitare la Basilica di San Clemente e mercoledì 9 mattina per partecipare all’Eucarestia in San Pietro; nel pomeriggio,
però, le consorelle erano ancora in mia compagnia… a lavorare sodo.
In mattinata arriva in sala la notizia della morte di suor Vittorina: ai ricordi carissimi si accompagna una preghiera di suffragio legata a un grazie
35
36
sincero per la sua testimonianza preziosa di abbandono al Signore e di
passione per i fratelli.
Il 17 noto che c’è del movimento: vedo sorrisi, baci... e con il mio occhio
furbetto capisco che si tratta di un compleanno: della congolese suor
Valentina e il giorno dopo è la volta di suor Loredana delegata dell’America Latina. Ho scoperto cosa hanno ricevuto come regalo dall’assemblea! Un evidenziatore bello colorato, accompagnato dall’invito a continuare a colorare la loro vita e il mondo.
Ti ho raccontato tutto quello che ho visto in prima persona, perché vissuto in sala, però ci sono state tre sere in cui dalle finestre mi sono arrivati
suoni, risate e qualche schiamazzo. Allora mi sono informato dalla suora
che tutte le mattine viene ad aprire le finestre. Bene! Ci sono state delle
serate in cui le mie adorate suore, alcune vestite in costumi tradizionali o
in fogge a dir poco stravaganti hanno giocato… riso… danzato.
I giorni scorrono veloci; si moltiplicano i fogli delle sintesi finali… e un
giorno, dopo un grande applauso e abbracci calorosi, la sala si svuota.
Tornerò alla silenziosa compagnia degli altri banchi, ma farò proprio fatica a dimenticare i tesori che ho raccolto! n
In Italia e in Europa crescono
sterminate periferie della vita
Tino Bedin
“Nutrire il pianeta”: e l’Europa?
Prendiamo l’alimentazione. L’Italia si
appresta ad ospitare l’Expo 2015 che ha
per tema “Nutrire il pianeta”.
L’ambizione dei promotori è
di mostrare come realizzare
il diritto ad un’alimentazione
sana, sicura e sufficiente per
tutti gli abitanti della Terra,
partendo dai buoni risultati
dell’Italia e dell’Europa. Il
contenuto dell’Esposizione
universale di Milano non
cambierà, ma qualche visitatore che
verrà dall’altra parte del mondo potrebbe
chiederci ragione dei 18 milioni di europei
che ricevono aiuti alimentari finanziati
dall’Unione Europea. E sono solo una parte
minoritaria dei 43 milioni di europei (in
questa cifra i bambini sono moltissimi) che
non riescono a nutrirsi a sufficienza.
La borsa alimentare è diventata in Italia una
delle forme concrete e diffuse di sostegno.
Perfino nel piccolo e ricco Granducato del
Lussemburgo la Croce Rossa si sta facendo
carico di distribuire generi alimentari. La
“lotta alla fame nel mondo”, cui eravamo
tradizionalmente interpellati, ora riguarda
anche gli europei, tanto che in primavera
Parlamento e Consiglio dell’Unione
europea hanno approvato il “Fondo
europeo per gli aiuti agli indigenti”, che
ha una dotazione finanziaria di 3 miliardi
e mezzo di euro da qui al 2020; per
l’Italia sono destinanti poco meno di 600
milioni di euro. Serviranno proprio per
la distribuzione di cibo e per l’assistenza
materiale di base (vestiti e materiale
scolastico). Sembrano grandi cifre, ma
proprio gli studi fatti dal Parlamento
europeo in vista dell’approvazione del
Fondo evidenziano che di quei 3 miliardi
e mezzo di euro beneficeranno circa 4
milioni di persone, mentre sono circa 50
milioni gli europei che versano in gravi
condizioni di insufficienza alimentare e
materiale.
orizzonti
A
lcune persone che pochi anni fa
erano volontari della Caritas ora
sono in fila per chiedere aiuto,
persino cibo. Come loro, sono milioni in
Italia, in Europa, le persone che stanno
vivendo un imprevedibile cambio di ruolo,
che si ritrovano “dall’altra parte”, anzi “in
un’altra parte”. Non sono più il centro di
riferimento della propria vita e il centro di
attrazione di altre vite: sono periferia.
Un “luogo” ben conosciuto da Papa
Francesco che si è premurato di segnalarlo
nella mappa della Chiesa fin dalla
messa crismale del 28 marzo 2013 ed
ha continuato a farci costantemente da
“navigatore” perché non ci confondessimo,
perché non ci fermassimo alle periferie
urbane ma arrivassimo alle periferie
esistenziali: le famiglie ferite, il crollo della
speranza, il senso di inutilità, la solitudine
di chi non è cercato, l’inutilità di chi è
escluso dal lavoro, l’impotenza di chi è
diverso.
Sapevamo di queste persone, ma fino
ieri erano un tutt’uno con le periferie
geografiche: quelle del Sud del mondo,
quelle delle metropoli. Ora abitano tra di
noi; ora sono dei “nostri”. Ora sono così
numerose da connotare l’Italia e l’Europa
come “periferia”.
37
orizzonti
38
Il consumo non è la via d’uscita dalla crisi
La penuria alimentare è certamente uno
degli indicatori della recente periferia che si
sta sviluppando in Italia ed in Europa.
Sia chi ci si trova a vivere, sia i molti comunità cristiane, municipi, negozi,
istituzioni - che si stanno facendo loro
compagni di vita hanno ben chiaro che
accanto all’essenziale condivisione del
bisogno di cibo sarebbe decisiva la comune
ricerca esistenziale di un altro “centro”.
L’ultimo Rapporto della Caritas italiana
segnala che gli stranieri, pur soffrendo la
disoccupazione più degli italiani e pur
incontrando maggiori difficoltà abitative,
sentono meno la povertà economica e
hanno meno problemi familiari. La vita
degli italiani è ferita anche dalla durezza
della constatazione che è un modello
culturale che si è esaurito senza che nel
frattempo se ne sia non dico costruito, ma
nemmeno ideato, uno più adeguato. I tre
milioni di capifamiglia (uomini e donne)
che il Rapporto Istat 2014 ha catalogato
in condizioni di povertà hanno così la
certezza che i loro figli non studieranno,
non avranno abbastanza reddito, non
potranno acquistare beni e servizi. Questi
tre milioni di capifamiglia sono impoveriti e
spaventati.
E le guide della comunità (imprenditori,
sindacati, governanti) li sospingono sempre
più alla periferia dell’esistenza perché
continuano a indicare la via d’uscita dalla
crisi nella ripresa dei consumi. Il fortino
dentro il quale sono asserragliati è l’unico
che sembrano conoscere: se consumi
produci, se produci guadagni, se guadagni
consumi. E da qui ricominciano, perché i
consumi sono considerati il fine e non un
mezzo.
La lunghezza e la profondità della crisi ci
segnalano invece che questa strada ci ha
progressivamente allontanati dal “centro” e
ci ha condotti alla periferia della persona e
della vita.
Nel solitario crocevia della famiglia
Succede così che proprio la famiglia,
il “crocevia” dove persona e vita
s’incontrano, sia oggi una delle periferie più
solitarie.
Nel 2013 sono nati in Italia 515 mila
bambini: 12 mila in meno rispetto al
minimo storico delle nascite che si era
registrato nel 1995. Non è un “primato”
imprevisto: la diminuzione delle nascite è
incominciata proprio nel 2008, cioè con
l’esplosione della crisi economica; da allora
sono nati 64 mila bambini in meno. Se dai
numeri passiamo alle famiglie, c’è il rischio
concreto che meno lavoro, meno reddito,
meno prospettive generino un “debito
demografico” che aggraverà il debito
finanziario che già è stato addossato alle
generazioni future.
Mentre calano i bambini, cresce
all’anagrafe il numero di famiglie: sono
25 milioni in Italia. Anche in questo caso i
numeri raccontano difficoltà e solitudine:
mostrano infatti sempre più famiglie
composte da una sola persona, perché
per morte o separazione è venuta
meno la coppia.
Il tredicesimo Rapporto sulla povertà e
l’esclusione sociale in Italia realizzato
dalla Caritas italiana riporta anche
una sintesi dei risultati della prima
indagine nazionale sulla condizione
di vita dei genitori separati. Ne
emerge che la rottura del rapporto
coniugale determina forme di povertà
e di disagio socio-relazionale assai
severe: quasi metà è senza lavoro,
due su tre non riescono a provvedere
all’acquisto di beni di prima necessità,
uno su due ricorre ai servizi socioassistenziali.
Molti “tornano a casa”: ormai adulti,
vanno a coabitare con i genitori
Le persone diventano eccedenze di merce
Intanto negli ultimi cinque anni 100 mila
giovani italiani sono andati a lavorare
all’estero. Sarebbero una risorsa per
se stessi e le loro comunità, se nella
maggior parte non fossero “scappati” dalla
mancanza di speranza e di futuro, se non
si fossero sentiti messi alla periferia di
se stessi: delle loro capacità, della loro
formazione, dei sacrifici propri e dei loro
genitori.
Questi ragazzi (e i genitori che li
sostengono) stanno provando a reagire ad
un altro “decentramento” che si è realizzato
nell’ultimo ventennio con il prevalere di
quella che Papa Francesco stigmatizza
come “l’economia dell’esclusione”:
la riduzione del lavoro a costo di
produzione. Così concepito, il lavoro
può essere sostituito da organizzazione e
strumentazione; può essere sottovalutato,
perché l’unità di misura non è la persona
e il suo prodotto, ma il prezzo della merce
che se ne ricava. Il lessico si è prontamente
adattato: vocaboli come “licenziati” e
“disoccupati” (riferibili a persone) sono
stati sostituiti da “esuberi” (riferibili agli
strumenti di produzione). Le persone
diventano eccedenze di merce. Per questo
cresce inevitabilmente una sterminata
periferia del lavoro.
Qui “abitano” i disoccupati: oltre 12 italiani
ogni cento nel 2013, quasi mezzo milione
di persone in più in un solo anno.
Qui “abitano” - ed è una periferia
esistenziale che comprende tutta l’Europa
- milioni di persone che lavorano ma non
riescono a mantenere la famiglia con il
frutto del loro lavoro: un recente rapporto
della Croce Rossa internazionale ha
segnalato proprio in questa categoria di
lavoratori sottopagati la maggior parte dei
nuovi poveri, che trascinano nella povertà
anche generazioni non produttive, cioè
bambini e anziani che non possono contare
sul reddito del capofamiglia.
Qui “abitano” altri milioni di persone che
accettano occupazioni meno qualificate
rispetto al proprio titolo di studio. Il
Rapporto Istat 2014 le ha contate: sono
quattro milioni e 800 mila persone che
si sono rassegnate ad aver studiato per
niente. Il numero è enorme, tra chi ha tra
i 15 e i 34 anni interessa una persona su
tre, ma non ha fatto notizia. Ci si indigna
per gli “sprechi”, ma non si è detto niente
di questo spreco di persone, di sacrifici, di
impegno.
Ci si sta forse preparando anche al
“decentramento” della formazione dopo
quello del lavoro?
La Costituzione conservata come un
monumento
La domanda ci incammina verso un’altra
periferia, quella della democrazia. C’è
uno scarto sempre più ampio tra il
riconoscimento formale della cittadinanza,
cioè dei diritti che ci fanno cittadini, e la
loro effettiva fruizione da parte di quote
consistenti della popolazione italiana. Il
lavoro e la scuola sono essenziali ad una
democrazia effettiva. Attraverso questi
39
orizzonti
anziani. Rispetto all’inizio della crisi sono
quasi mezzo milione in più le situazioni
di questo tipo, nelle quali il contributo
finanziario del componente pensionato è
spesso l’unico. Anche perché l’Italia sta
vincendo la competizione per il primato di
Paese con il più alto indice di vecchiaia al
mondo: l’Istat ha registrato che nel 2013
ogni cento abitanti con meno di 15 anni
l’Italia aveva 151,4 abitanti dai 65 anni in
su.
Insomma anche nel caso della famiglia
– come per quello dell’economia – ci si
difende con quello che resta. E anche in
questo caso non sembra una resistenza che
possa durare a lungo.
orizzonti
40
diritti si consolida la cittadinanza e quindi
la consapevolezza di essere titolari della
sovranità e di essere i difensori della
democrazia. Da questi diritti si è partiti per
costruire la nostra democrazia.
Basta cominciare a leggere la Costituzione
italiana: “L’Italia è una Repubblica
democratica, fondata sul lavoro” (articolo
1); “È compito della Repubblica rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l’eguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all’organizzazione politica, economica e
sociale del Paese” (articolo 3).
Basta ripercorrere l’inizio dell’Europa Unita
con Robert Schuman, Alcide De Gasperi,
Konrad Adenauer per trovare solidarietà,
inclusione, stabilità sociale come muri
portanti della pacificazione permanente in
Europa: se ciascun cittadino è al centro non
avrà motivo di risentimento per altri popoli
e non sarà facile ingannarlo con la guerra.
Sono ancora questi i muri che sostengono
le nostre istituzioni nazionali ed europee?
O questi muri sono sempre più quelli di
“monumenti”, di luoghi della storia, che
si conservano per memoria: una specie di
“città vecchia” dove non si vive più perché
il “nuovo centro” è altrove?
Il “nuovo centro” che Jorge Nuño Mayer,
segretario generale di Caritas Europa, ha
recentemente provato a schematizzare è
questo?
“Il potere sta passando dalla politica
all’economia; la politica, in crisi di
rappresentazione, viene meno alle sue
responsabilità nei confronti dei cittadini,
mentre i mercati finanziari dettano legge;
possiamo dire che il consenso keynesiano,
cioè il patto tra capitale e forza lavoro
che ha portato ai diritti sociali, è finito; il
capitalismo industriale è stato superato
dal capitalismo finanziario o capitalismo
casinò; aree che precedentemente
erano chiuse ai mercati, perché erano
beni pubblici, sono ora
commercializzate; la vita
quotidiana è commercializzata, i
rapporti di lavoro hanno ripreso
forme feudali, il pensiero neoliberale è egemonico”.
Ciascuna di queste affermazioni
merita ovviamente un’analisi.
Ciascuna di esse comunque ci
segnala che è incombente il
rischio che un numero crescente
di persone provi a costruirsi una
sua periferia esistenziale, quella
della rivolta sociale diffusa, della
violenza, dell’antagonismo: una
periferia dove la stessa esistenza
perde valore. n
I fatti di Casa nostra
41
MADAGASCAR
Dice un proverbio libanese:
“Se vuoi un raccolto di un anno,
semina del grano;
se vuoi un raccolto di dieci anni, pianta
un albero;
se vuoi un raccolto di cento anni,
educa un popolo”.
E un altro proverbio continua:
“Se qualcuno ti chiede da mangiare,
non dargli sempre il pesce:
insegnagli a pescare!”
È in quest’ottica che stiamo operando
sull’Altopiano del Madagascar, nella
Diocesi di Miarinarivo. Il nostro impegno
di carità “spirituale” vuole aiutare questa
porzione di popolo malgascio a raggiungere
cronaca
Inaugurazione della
scuola “Santa Dorotea” di
Soamahamanina
la piena coscienza della sua dignità e
grandezza, attraverso l’educazione integrale
che offriamo nella nostra scuola “Santa
Dorotea” di Soamahamanina.
Sette anni sono passati da quel giorno
ormai lontano della prima inaugurazione
(12 maggio 2007), ma gli “attori” sono
sempre quelli: bambini, genitori, insegnanti,
autorità civili e religiose.
Il 10 maggio 2014, la Superiora generale,
Madre Teresa Simionato e l’economa, suor
Guidalba Bittante, sono tra i presenti, unite
alla nostra comunità locale, per inaugurare
con tanta soddisfazione e un pizzico
d’orgoglio, il piano rialzato della scuola
“S. Dorotea”, resosi necessario per ospitare
anche i 127 ragazzi della scuola media,
dislocati negli ambienti dell’Oratorio.
Il complesso magnifico e solido, venuto
alla luce in sette mesi, è frutto della
collaborazione e della generosità
dell’Istituto e di tanti e tanti benefattori,
cronaca
42
che ringraziamo di cuore anche attraverso
queste pagine di “Ardere per Accendere”.
Il raccolto auspicato di “cento anni” ha già
cominciato a germogliare: i 33 bambini
che nel 2003 avevano incominciato a
Soamahamanina la scuola materna faranno,
ormai adolescenti, verso la fine di luglio, gli
esami di Stato per conseguire il diploma di
terza media, che permetterà loro l’accesso
al Liceo. Li attornieranno altri 390 alunni,
fratellini, amici, vicini di casa, che nel
corso degli anni si sono aggiunti a loro.
È la prima promozione, ed è con
trepidazione che anche noi l’attendiamo:
il risultato sarà come quello dei bambini
di quinta elementare, che da qualche anno
realizzano il 100% di promozioni?
Non vogliamo fare pronostici, ma
ringraziamo il Signore che ci permette
ancora oggi di realizzare in pienezza il
nostro carisma di carità spirituale e di
essere delle “seconde madri” per questi
bambini, ragazzi e giovani, proprio come
ci voleva il nostro Fondatore, il Beato Luca
Passi.
La scuola, dotata di aule luminose e ben
arredate, di spazi per il gioco e per l’attività
sportiva, vuole offrire agli alunni e alle loro
famiglie una proposta formativa e didattica
qualificata.
Il nostro lavoro, supportato da quello dei
docenti, preparati e competenti, fanno di
questa Scuola un punto di riferimento per la
crescita di molti ragazzi (sono attualmente
425), ma anche un luogo formativo per le
loro famiglie.
Il Progetto, iniziato nel 2003, vuole
garantire la continuità e la qualità
dell’esperienza, ma per completare i 100
anni, richiesti dal proverbio, ha ancora
bisogno dell’aiuto di molti. n
VENEZIA
Tutto è cominciato da un contatto
telefonico con chi, negli anni della
nostra formazione iniziale, si era fatto
compagno di viaggio per contribuire alla
nostra crescita umano-spirituale. Così ci
siamo messe in cammino, sulle orme di
S. Francesco, e nello zaino la Parola che
si è fatta ancora pane e luce durante i
quattro giorni vissuti a Rivotorto, ai piedi
dell’affascinante Assisi, circondate
da un paesaggio naturale che,
silenziosamente, si dischiudeva ai
colori e profumi della primavera, nei
giorni 21-24 febbraio 2014.
È stata un’esperienza semplice e
profonda in cui erano coinvolti
i cinque sensi per fare memoria
di quello che, nei vari anni di
consacrazione religiosa, avevamo
visto, udito, toccato e assaporato.
È stato un momento di grazia per
rileggere con il salmista le orme
invisibili lasciate da Dio al suo
passaggio, certo e misterioso a
volte, dentro gli eventi vissuti; un
invito a riconoscere con Mosé
i momenti pasquali che hanno
marcato profondamente la nostra
relazione con Lui; un riappropriarci
della bellezza dei colori presenti
in ogni chiamata ed esperienza di
25° di Professione religiosa
Prima tappa
Chi si lascia guardare da Gesú crocifisso
viene ricreato dal suo amore, diventa una
“nuova creatura”
(Papa Francesco, Assisi 4 ottobre 2013)
La comunità di Soamahamanina
Seconda tappa
Una seconda tappa (4-6 aprile) ci
aspettava in un luogo di altrettanta
bellezza, ma più vicino a noi per
il vivo legame affettivo: Venezia. In
questo luogo siamo state convocate
da madre Teresa con una sua lettera
nella quale ci invitava a condividere un
appuntamento di vita per ricordare e
per guardare insieme avanti, sostenute
dalla vicinanza del caro don Luca
e dalle tante sorelle che ci hanno
preceduto. Inoltre Venezia è la città
della nostra Professione perpetua
celebrata nel 1996 nella Chiesa dei
Tolentini. Per questo era significativo
ritornare agli inizi, dove la nostra storia
di fede, cominciata in luoghi diversi,
si incontrava con quella di don Luca
e dell´Istituto e veniva consacrata
dalla Trinità per essere condivisa nella
fraternità e nella missione propria delle
Suore Maestre di S. Dorotea nella
Chiesa.
Grazie anche alla disponibilità di
tutte le sorelle di Casa madre che,
nonostante i lavori in corso, hanno
spalancato – come sempre – le porte e
reso realtà il nostro desiderio, abbiamo
ripercorso la nostra storia di figlie di
don Luca e guardato alla Famiglia
del nostro Istituto con le speranze e le
preoccupazioni di coloro che si sentono
parte viva e decidono di continuare il santo
viaggio.
Così la domenica mattina del 6 aprile,
abbiamo rinnovato i 4 Voti religiosi. Marta
e Maria, protagoniste del vangelo (in cui
Gesù opera la resurrezione di Lazzaro),
ci indicavano due colori propri di questa
alleanza rinnovata con il Signore della Vita:
il colore della fiducia e quello dell’amicizia
per continuare - dove Lui ci chiama a vivere
- ad accompagnare, a sostenere e a curare
la vita perché sia abbondante e piena per
tutti.
Un grazie di cuore a tante persone che,
come testimoni dell’Amore di Dio, hanno
tessuto con noi questa storia. E il grazie più
grande al Signore che continua a ricrearci
con il Suo amore con il desiderio di farci
sue nuove creature. n
Suor Carla Micheletti, suor Celina Zanetti
e suor Emma Scassola
43
cronaca
discepolato, come è stata la storia di Pietro
che si è lasciato guidare per imparare ad
amare Colui che lo ha coinvolto nel suo
Amore.
È stato un riascoltare che cosa il Signore
desiderava nuovamente da noi, attraverso
la parola forte del profeta Michea: praticare
la giustizia, amare la bontà e camminare
umilmente con il tuo Dio. E - mentre la
Parola alimentava la memoria e ravvivava in
noi la gratitudine e l’amore come risposta a
Colui che con fedeltà e creatività continua
ad amarci - contemplavamo questa stessa
Parola nell’esperienza di S. Francesco che,
poco a poco, si è fatto testimone dell’amore
di Dio fatto carne in lui.
Ripercorrere le sue orme da Rivotorto a
S. Maria degli Angeli, da S. Ruffino a S.
Damiano, da S. Chiara alla Basilica di Assisi
è stato un riscoprire il dono di compagni
di cammino testimoni dell’opera che il
Signore continua in noi solo se rimaniamo
aperte al suo futuro.
cronaca
44
BRESCIA, Villa San Giuseppe
CASTENEDOLO
Due stupendi concerti
Il fratello aiutato dal fratello
è come una città forte
Un afflato spirituale e artistico ha percorso
la cappella e le mura di “Villa S. Giuseppe”
ed è giunto al cuore di tutte le suore
ammalate e anziane della casa, in due
pomeriggi allietati da Concerti gentilmente
offerti in preparazione alla Pasqua:
• sabato 22 marzo la Corale “Paolo VI”,
diretta dal maestro Don Luigi Salvetti,
ha realizzato l’opera “Passione secondo
Luca” di Bach.
• Domenica 30 marzo il Coro polifonico
“Le voci di Zefiro”, diretto dal Maestro
Luca Campanale, ha offerto un Concerto
Quaresimale, in sintonia con il tempo
liturgico.
Due esperienze diversificate nel linguaggio
e nel contenuto, ma ugualmente
“bellissime”: la prima caratterizzata
dal racconto della Passione di Gesù
con musiche stupende e fortemente
appropriate al testo, che hanno creato un
clima di preghiera, di riflessione e molta
commozione in un reale e profondo
coinvolgimento di fede e di emozione; la
seconda ha percorso un cammino spirituale
e storico partendo da brani d’autore in
riferimento all’Ultima Cena, alla Passione
di Gesù, alla Storia del popolo d’Israele
liberato dall’Egitto e portatore della
Promessa divina della salvezza; l’Halleluja
di Haendel ha coronato il Concerto con la
gioia della Risurrezione.
I sentimenti di gratitudine, di gioia, di
bellezza profonda e coinvolgente sono stati
espressi da tutti i presenti e di questo hanno
gioito anche i coristi che, con loro sorpresa,
hanno ricevuto dalla comunità un semplice
omaggio di lavoretti realizzati dalle suore.
È pure stata gradita la dedica,
intenzionalmente fatta, del secondo
Concerto alle due sorelle più anziane
della comunità: suor Bonaventura Zani
che presto raggiungerà i 102 anni e suor
Venanzia Bonomini.
Eleviamo al Signore e alle due corali un
grazie sincero per la gioia di questi due
pomeriggi di spiritualità e di musica, che
hanno contribuito alla nostra preparazione
della Pasqua 2014. n
Suor Gerolama Fausti
Riproposto il Recital realizzato per la
Beatificazione di don Luca
Vorrei concludere l’anno di catechesi dei
genitori… con una bella testimonianza di
Chiesa! Questo il desiderio espresso da don
Gianni Manenti, curato della Parrocchia
di Castenedolo, che mi ha chiesto di
riproporre il recital In cantati Passi anche al
suo Oratorio.
Subito, regista, attori, cantanti, ballerine,
tecnici specialisti e “tuttofare” si sono resi
disponibili ad allestire la quarta replica
dello Spettacolo preparato lo scorso anno in
occasione della Beatificazione di don Luca.
Così il pomeriggio di domenica 11 maggio,
Festa della mamma e Giornata mondiale di
preghiera per le vocazioni, eravamo tutti sul
bel palco castenedolese!
Dedicata a tutte le mamme è stata
l’attenzione di don Luca alla donna, grande
forza di rigenerazione. In particolare, tra
le canzoni dello spettacolo, Il viaggio di
Fiorella Mannoia si prestava ad alcuni
FORGARIA
In offerta… lingua e cultura
italiana
Una significativa
presenza europea
a Forgaria. Cos’è?
Perché? Sono alcune
delle badanti che
assistono i nostri anziani
o le persone non
autosufficienti.
Certamente non hanno
lasciato i loro paesi
e la loro famiglia per
una possibile vacanza
o per una qualsiasi
avventura, ma solo per
stretta necessità, spinte
dal bisogno di sostenere
Suor Elena Palazzi
economicamente i loro figli, la loro
famiglia. Così la storia si ripete con questa
differenza però: mentre cinquant’anni fa
erano i nostri uomini a fare le valigie per
45
cronaca
riferimenti alle mamme che vedono i figli
crescere: Domani partirai; non ti posso
accompagnare. Sarai sola nel viaggio, io
non posso venire. Il tempo sarà lungo e la
tua strada incerta; il calore del mio amore
sarà la tua coperta.
Immediato dunque il passaggio
alla bellezza di tutte le vocazioni e
all’importanza della presenza di chi nella
Chiesa, attraverso l’Opera di S. Dorotea, sa
farsi compagno di viaggio nella vita.
I genitori, numerosi, erano accompagnati
dai loro bambini di 6/7 anni e hanno
gustato canzoni, danze, immagini studiate
con modalità contemporanee per dare voce
a espressioni scaturite dal cuore e dalla
mente di don Luca nel lontano 1800, ma
capaci ancora di suscitare grandi desideri:
il Bene dell’amicizia tra coetanei, quella
che riscalda il cuore; il Bene
dell’amicizia a favore dei più
piccoli per i quali diventare
guida amorosa; il Bene di chi sa
credere in Dio, nel suo amore
e nelle sue promesse; il Bene di
chi sa spendere tempo, cuore,
intuizioni per essere nella Chiesa
una presenza viva e operosa.
E i bambini? Con la loro vivacità
hanno reso un po’ difficile la
concentrazione di cantanti
ed attori, ma, presi per mano,
hanno attraversato il teatro in
catena con gli amici… simbolo della strada
condivisa con chi, nell’Opera di Santa
Dorotea, si fa guida e sostegno.
Davvero è necessario che gli adulti
siano di buon esempio, modello per chi
si sta affacciando alla vita e alle prime
responsabilità: è sempre vera e illuminante
l’espressione di don Luca: In Paradiso non
bisogna andarci da soli. Diamoci dunque
all’impegno.
Il motto ardere per accendere è stato
ripreso come mandato dal Curato, al
termine dello Spettacolo: è questo un invito
rivolto a tutti i cristiani: lasciarsi accendere
dall’Amore del Signore che riempie il cuore
e accettare di far traboccare questo bene
verso i fratelli, trasmettendo ad altri lo stesso
fuoco ricevuto in dono. n
cronaca
46
andare in cerca di lavoro per mantenere la
famiglia, dai paesi dell’est: Polonia, Ucraina
e Moldavia sono le donne che si spostano
per lo stesso motivo e possiamo solo
immaginare con quanto sacrificio.
Da qualche mese con Don Paolo e con le
Suore ci siamo posti questa domanda: come
noi, come parrocchia possiamo rendere più
agevole la loro presenza nel nostro paese?
La risposta è venuta da loro: “Avremo
bisogno di imparare l’italiano per rendere
più facile il nostro lavoro e più agevole la
comunicazione con i nostri anziani”.
Così da qualche mese, due volte alla
settimana, durante le ore assegnate come
tempo libero, suor Claudina è con loro
per aiutarle a capire ed a parlare la nostra
lingua.
È un gruppo molto fedele e fortemente
impegnato, e da loro è più quello che
si riceve di quanto si dà sia sul piano
dell’impegno che della riconoscenza.
In più, è un momento che permette loro
di ritrovarsi, di stare insieme, di uscire
momentaneamente da una situazione di
sofferenza e di disagio ben comprensibili.
Don Paolo ha messo a disposizione per
i nostri incontri sia la canonica che la
Sala Parrocchiale e siamo molto felici di
trascorre qualche ora insieme e, per questa
disponibilità, un sincero grazie da parte di
tutte. n
Suor Claudina Fantino
CAVASO
Un piccolo raggio di luce
sulla terra
C’è il convegno nazionale a Roma per i
referenti dei Cooperatori… Renata, la nostra
referente, proprio quest’anno non può
partecipare, chi va? Nessuno, diciamo noi!
Non siamo competenti.
Eh no, dice suor Piera; è un peccato, perché
ci sono sempre tante cose nuove e belle da
portare a casa per il gruppo, E così parte
Rita, ma solo per tenere aperta la porta
a Gianna De Paoli, perché quest’anno
sarebbe andata in pensione (insegnava nella
Scuola Media Statale di Castelcucco)
e avrebbe potuto dedicare le sue grandi
capacità al gruppo.
Ma le cose non sono andate così.
Il Signore, il 2 maggio, l’ha chiamata a sé
improvvisamente, lasciandoci attonite e
sgomenti.
Dopo quarant’anni di scuola, una vita spesa
in parrocchia con uno stile semplice, umile
sorridente e sempre positivo, Gianna lascia
a noi proprio l’immagine di quel volto che
don Luca cercava nei suoi Cooperatori;
impegnata con grande competenza in tutte
le attività delle Suore Dorotee, ora non c’è
più.
Lo comunichiamo perché, noi Cooperatori
di Cavaso, abbiamo una grande nostalgia
di lei.
La nostra speranza è di sentirci ancora con
Gianna, con don Luca e con voi, uniti nella
preghiera, come una grande famiglia. n
Le Cooperatrici di Cavaso
Ragazze di ieri…
donne di oggi
il quarto incontro ex allieve
In una serata d’autunno suona il telefono,
lasci il divano e il libro e vai a rispondere
pensando già che sia la solita proposta per
cambiare utenza telefonica, o il materasso
ultimo tipo che ti fa passare di botto il mal
di schiena, o …. Ma no! È suor Piera, la
nostra agenda vivente con un grande cuore
che ci ricorda l’ora X.
“Ragazze avete una sera libera? 2010-2014,
sono passati i 4 anni che ci siamo fissate
anche di conoscerne altre che prima non
conoscevamo.
Dopo l’accoglienza nel bellissimo giardino
dell’Istituto delle Suore, la giornata è
iniziata con la Messa nella Chiesa della
Madonna della Salute in Caniezza, per
affidarci a Dio e a Maria e condividere
con la Comunità questo nostro incontro.
Al ritorno ci aspettava il pranzo, nella sala
“caminetto” della casa delle suore, molto
allegra perché colorata dai segnaposto
creati dalla nostra infaticabile suor Piera.
Questo momento è stato condiviso con
noi dal nostro Sindaco, dal Parroco don
Pierangelo e due sacerdoti di Possagno.
Presenze poi preziose le cooperatrici di
S. Dorotea che hanno provveduto al
servizio ai tavoli, dedicandoci il loro tempo
e il loro grande aiuto.
Quanto bel chiacchierare: i ricordi non
finiscono mai, le esperienze di vita
sono una miniera inesauribile. È e resta
importante rispolverare le nostre radici,
ricordare le persone che sono state nostre
maestre di vita e ci hanno fatto essere ciò
che siamo oggi.
E per restare in tema di ricordi, dopo il
pranzo e le foto, ci gustiamo insieme il
video “i nostri incontri fanno storia” dove
rivediamo i visi e sorrisi del nostro primo
incontro e di quelli successivi.
Ma poiché non dobbiamo vivere solo
di ricordi e vecchie foto, altrimenti tutta
le esperienze accumulate andrebbero
sprecate, ecco che suor Giancarla, con
dolcezza e semplicità, ma anche con
profondità, ci catapulta dentro il nostro
essere “donne di speranza” iniziando con
l’ascolto di una canzone di Vecchioni e
poi coinvolgendoci in un gioco/riflessione:
dopo avere sparso per tutta la stanza delle
foto di tutti i tipi e colori, ci ha invitato a
sceglierne una che potesse dare l’idea di
speranza: chi un pane, chi un bambino,
chi un fiore, secondo la sensibilità di
ognuna, spiegando poi cosa ci ha indotto
a fare questa scelta; Suor Giancarla ha
commentato con noi le nostre risposte e ci
ha aiutato a capire quanto siamo importanti
e necessarie per non far spegnere la fiamma
della speranza nel vivere quotidiano. Prima
di salutarci si è distribuito un ricordino
con la scritta “lavoriamo al filo della
nostra vita ogni giorno un pezzetto” con
attaccato un bel maglioncino colorato
47
cronaca
fra un incontro e l’altro! È giunta l’ora di
ritrovarci, e dal momento che ci piace farlo
bene, bisogna iniziare a pensarci”… forse
non sono proprio queste le parole ma di
sicuro lo è il contenuto! E così lo Staff si dà
appuntamento dalle nostre Suore Maestre di
Santa Dorotea a Cavaso e fissa le basi della
prossima giornata, partendo dalla data che
sarà il giorno 8 Giugno 2014.
Ed eccoci ancora una volta ad elaborare
il programma del nostro 4° incontro di
ex allieve delle Suore Maestre di Santa
Dorotea. All’inizio abbiamo ricordato gli
incontri precedenti e riflettuto su quanto
diversa è oggi la situazione di tutti noi
rispetto al primo incontro avvenuto nel
2005, quante più difficoltà nel nostro vivere
quotidiano, quanti gli impegni familiari,
quanta precarietà economica a causa del
mancato lavoro, ma anche quanta più
precarietà e superficialità nei rapporti
umani. Si riuscirà a “rubare” del tempo ai
mille impegni che ci obbligano a vivere
sempre di corsa, per immergersi in una
atmosfera di allegre chiacchiere, di ricordi,
di riflessioni sul nostro futuro? Possiamo
provare… Detto e fatto.
C’è chi questo tempo lo ha voluto trovare,
chi avrebbe voluto trovarlo ma non gli è
stato proprio possibile. Noi che c’eravamo
ci siamo godute fino in fondo questo
quarto incontro di ex allieve e siamo
state felici di riabbracciare le nostre ex
compagne che non vedevamo da tempo, o
cronaca
48
in corso di lavorazione… colorato come
la nostra vita… in corso d’opera come
lo è sempre la nostra vita. La giornata è
scivolata via in un attimo, ma quello chi ci
ha lasciato non scivola mai via, ci resta. È
questa l’importanza del nostro incontrarci:
arricchirci l’un l’altra in uno scambio di
esperienze, di idee, di sorrisi e che sono
importanti per la nostra vita e per non
sentirci mai sole.
Grazie di cuore alla tenacia di suor Piera
nel coinvolgerci e spronarci con dolcezza,
alla disponibilità di suor Monica nel
“vegliare su di noi”, all’accoglienza di tutte
le suore che lasciano invadere la loro casa
e aiutano in quello che possono. E poi un
evviva a tutte noi che abbiamo partecipato
prima di tutto con il cuore, e ricordiamoci
alcune parole della bellissima poesia già
diffusa nel precedente incontro del 2010.
“Tieni sempre presente che la pelle fa le
rughe, i capelli diventano bianchi,
i giorni si trasformano in anni…
Però ciò che è importante non cambia:
la tua forza e la tua convinzione non hanno
età.
Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di
ragno.
Dietro ogni linea di arrivo c’è una linea di
partenza.
Dietro ogni successo c’è un’altra delusione.
Fino a quando sei viva, sentiti viva,
se ti manca ciò che facevi torna a farlo.
Non vivere di fotografie ingiallite…
insisti anche se tutti si aspettano che
abbandoni…”. n
Lo Staff
… festa di lunga vita
Grande gioia nella Comunità il 1 Agosto
20014. Festeggiamo i 100 anni di suor
Adalberta Melocchi. Un grande striscione
occupa quasi per intero una parete della
sua stanza:
“Da Calcinate a Cavaso; una storia inedita
di 100 anni – ai tuoi occhi sono come un
soffio” (Salmo 89).
Nel cuore della mattinata, la Madre
Superiora e le infermiere l’accompagnano
in Cappella, dove è accolta calorosamente
dal Parroco, Don Pierangelo, da Don
Rino Cunial, dal Sindaco e dall’Assessore
comunale, Sig.ra Karem, che le offrono un
grande e colorito mazzo di fiori.
Alla festa si uniscono la Vicaria provinciale
suor Annapaola, tante suore delle nostre
Comunità e tantissima gente di Cavaso,
comprese le nostre Cooperatrici.
La festeggiata accoglie, felice, gli auguri e
segue poi con attenzione la S. Messa.
Il Coro, guidato dal Maestro Luigi esegue
bellissimi canti di circostanza.
Dopo la Celebrazione Eucaristica, ci
ritroviamo tutti nella “sala del caminetto”
per un lauto rinfresco preparato da
Rody Restaurant e offerto dal Dottor
Franceschetto, Direttore della Casa
Prealpina.
Suor Adalberta, nonostante i suoi 100
anni, sembra non sentire la stanchezza e
partecipa allegramente alla festa gustandosi
auguri e pasticcini. Alle fine ringrazia tutti
cordialmente e, in particolare, rivolge la
sua lode al Dio della vita per quanto le ha
donato in questi suoi lunghi anni.
E noi Lo ringraziamo insieme a lei
e per lei. n
Suor Donatella Berto
FORLÌ
Il Beato Luca Passi, una
passione contagiosa per i
giovani
LUCCA
Un santo 25 anni dopo
Pomeriggio di preghiera con i malati
alla vigilia della canonizzazione di Papa
Giovanni Paolo II
È sabato, 26 aprile. La Comunità è raccolta
insieme a religiose di altre comunità e
laici nella Cappella per un pomeriggio
di preghiera con i malati. L’iniziativa è
dell’Associazione Onlus “Franco Baroni”
49
cronaca
Il volume mette in luce la formazione
del Beato, il contesto storico e culturale,
l’azione, e propone una riflessione
sull’insegnamento e sull’attualità della
sua azione educativa; è un prezioso
ausilio didattico e divulgativo sul tema
dell’educazione per riportare l’alunno al
centro del processo educativo. Il libro è a
cura di Alessandro Torroni,
Don Erio Castellucci ed Elena Valmori con
presentazione del Vescovo di Forlì Mons.
Lino Pizzi, prefazione di suor Emmarosa
Trovò e illustrazioni di Elisa Nardini.
È disponibile presso la Scuola Santa
Dorotea di Forlì 0543.32060. n
che ha come scopo l’assistenza ai malati
terminali a domicilio e che ha fatto inviti e
organizzato il tutto per ricordare l’unica e
breve visita che il Papa Giovanni Paolo II
fece, 25 anni fa, nella nostra diocesi e che,
per lo spazio di dieci ore, onorò le Suore
Dorotee, della sua presenza e benedizione.
Nel presbiterio, ai lati dell’altare, i nostri
occhi vedono tre immagini, ma i cuori
avvertono tre presenze invisibili.
Al centro il crocifisso con le mani allargate
ci invita ad abbracciare il mondo intero;
in questi momenti di intensa preghiera “è
l’immagine di Quegli che fortunatamente
chiamate col dolce nome di Sposo” (Don
Luca Passi). È il primo fondamentale dono:
figlie e sorelle per il mondo intero.
Più in là l’immagine del Papa col volto
sorridente, lo sguardo sereno e penetrante,
con la mano alzata per benedire il mondo
intero, perché, come vicario di Cristo, porta
in Sè e su di Sè il peso dell’orbe terrarum.
Le sue parole riemergono nella nostra
mente e nel nostro cuore: “seguite con
rinnovato impegno, con generosità, con
intelligenza, con responsabilità il cammino
tanto lodevolmente praticato dai santi
della vostra terra: donne del popolo, donne
educatrici, missionari, fondatori, religiosi,
che si sono esemplarmente espressi
nell’amore per Dio e l’amore del prossimo”.
Più in basso, di dimensioni più modeste
sorride l’immagine del nostro Padre
Fondatore Don Luca Passi, dichiarato beato
appena un anno fa, proprio nel mese di
aprile (13 aprile 2013). Ci guarda con uno
sguardo ed un sorriso di Paradiso. Così lo
leggiamo noi Dorotee di questa Chiesa
di Lucca, perché il mese di aprile è a noi
particolarmente caro in quanto il 24 aprile
1854 Don Luca Passi dà inizio alla prima
Comunità in lucchesia e vi tornerà più
volte, sia per predicare al popolo nella
Cattedrale, sia per sostenere ed aiutare la
Comunità nascente per la quale ha “fatto il
pitocco” per portare un aiuto economico.
Sull’onda di questi ricordi, ci sentiamo
rinnovate e con Don Luca Passi, Beato, ci
appelliamo a S. Zita, donna del popolo,
presso le cui spoglie Don Luca pregò per
tutte noi; alla Beata Brun Barbantini che in
mille modi aiutò Don Luca e le sue figlie.
I promotori di questa iniziativa, alternandosi
al microfono, hanno desiderato condividere
con i presenti i ricordi, le emozioni,
cronaca
50
l’incidenza nella loro vita,
di quelle parole del Papa
ai giovani di quell’anno.
Un giornalista: “Voi
avete un posto speciale
nel cuore del Papa. Egli
guarda a voi con fiducia...
Il Signore vi chiama a
qualcosa di nuovo e di
grande. Il Papa è con
voi, vi porta nel cuore, vi
benedice”.
Una mamma accarezza la
pianeta che il Papa lasciò
in dono, quasi a ripetere
sotto i nostri occhi quella
dolce carezza con cui il
Papa benedisse la creatura
che 25 anni fa portava nel
grembo e che adesso si
fa in quattro per l’intera
associazione.
Il capo della Polizia locale testimonia la sua
intuizione: “durante la veglia di quella notte
con i miei uomini intorno alla villetta dove
il Papa riposava, “più che protettore, mi
sentivo protetto”.
Gli applausi di tutti, le parole di
Alle suore Dorotee il premio
“La donna e la città”
Un centinaio di persone, tra soci ed ospiti,
hanno accolto, sabato 24 maggio, nella
splendida Villa Montecatini a Nocchi per
l’annuale “Cerimonia delle candele”, le
10 nuove socie dell’associazione Fidapa
ringraziamento, la benedizione del nostro
Arcivescovo e l’anima gloriosa del Papa
Giovanni Paolo II e del Beato Luca Passi ci
accompagnano nel cammino di ritorno al
nostro quotidiano, rinvigorite e rinnovate
da quanto abbiamo vissuto in queste ore di
preghiera ai piedi dell’altare. n
(Federazione italiana donne nelle arti,
professioni e affari) di Lucca.
Salgono così a 90 le iscritte alla sezione
lucchese dell’associazione nazionale ed
internazionale laica che ha lo scopo di
valorizzare la figura femminile nell’ambito
delle arti, delle professioni, dell’impegno
sociale e del volontariato, dopo che nei
mesi scorsi è nata anche la sezione di
Viareggio.
Nella serata, come da tradizione, la
presidente Katharine Mac Neil e la vice
Maria Del Carlo hanno consegnato i premi
annuali che la Fidapa Lucca consegna
a figure cittadine di spicco. Il premio
“Matilde di Canossa” una donna che ha
portato il nome di Lucca nel mondo è
andato all’egittologa Edda Bresciani. Il
premio “La donna e la città” è invece stato
assegnato alle suore Dorotee per l’impegno
nell’educazione dei bambini e dei giovani:
lo hanno ritirato suor Giulia e suor Piera. n
La comunità di Lucca
COMO MONTE OLIMPINO
140 anni di presenza delle
Suore Dorotee
È per noi tutti motivo di profonda gioia
celebrare in questa chiesa parrocchiale,
ai primi Vespri della Solennità
dell’Ascensione, il 140° anniversario
della presenza delle Suore Dorotee nella
Diocesi di Como, memoria a cui si unisce
in maniera non meno significativa il
rendimento di grazie al Signore nel primo
anniversario della Beatificazione di don
Luca Passi, Fondatore dell’Opera di S.
Dorotea e delI’Istituto, che egli volle come
anima permanente della stessa.
Desidero salutare anzitutto il vicario
generale Mons. Giuliano Zanotta che qui
rappresenta il Vescovo Sua Ecc. Mons.
Diego Coletti, il parroco don Tullio Salvetti
e il vicario don Valerio Livio, e don Roberto
Bartesaghi.
Con viva gratitudine rivolgo il mio pensiero
alle autorità civili, agli Istituti religiosi
presenti sul territorio, agli abitanti di Monte
Olimpino e dei paesi vicini. Sono molte
le persone che potrei chiamare per nome,
perché a noi legate da amicizia sincera. Il
tempo a disposizione non me lo permette,
ma i sentimenti che mi abitano esprimono
il dono della reciprocità che ci fa sentire
stasera particolarmente uniti. Grazie
davvero a tutti.
Permettetemi ora un saluto particolarmente
affettuoso alla comunità “il Bucaneve” che
ha promosso e costruito pazientemente e
tenacemente questo incontro. È, oggi, la
sola comunità rimasta sul territorio, nel
lungo elenco che da Azzio giunge fino
a noi, passando per il grosso anello di
congiunzione dell’Istituto Bonoli (1874
51
cronaca
A un anno dalla Beatificazione del
Fondatore don Luca Passi, la comunità
di Monte Olimpino ha ricordato il 140°
anniversario della presenza delle Suore
Maestre di S. Dorotea nella Diocesi.
Questa significativa ricorrenza è stata
condivisa con tante persone, in particolare
con le suore native di Como e con quelle
che hanno vissuto anni di servizio educativo
e apostolico in questa Diocesi. Riportiamo
l’intervento della Superiora Provinciale
Madre Assunta Tonini all’inizio della
Celebrazione.
- 1984). La chiusura del Bonoli vide la
nascita della comunità educativa di Ponte
Chiasso e in seguito di Cermenate.
Oggi siamo qui a Monte Olimpino. Una
comunità i cui membri si possono contare
con facilità, ma le cui dimensioni reali
hanno la misura della carità operosa e per
molti aspetti nascosta. La carità delle suore,
di Associazioni, esperti che prestano il loro
servizio, amici, famiglie adottive e non,
volontari, Cooperatori dell’OSD e tanti altri
a cui va tutta la nostra gratitudine.
Saluto, in particolare suor Silvia, superiora,
suor Clementina e suor Sonia; Teresa
Servello e altre Educatrici che si sono
alternate e si alternano nelle diverse
circostanze.
Un saluto particolare ai tre fratellini arrivati
in questi ultimi giorni e alle altre giovani
ospiti della comunità. Tutti, e ciascuno in
particolare, affido stasera alla protezione
di don Luca. Insieme al fratello don Marco,
egli ebbe molto a cuore questi luoghi. La
Diocesi di Como fu la prima, infatti, ad
accogliere la predicazione dei fratelli Passi.
Lo testimoniano i numerosi Documenti
raccolti nell’Archivio dell’Istituto.
Bellinzona, Menaggio, Como, Moltrasio,
Stabio, Montorfano… per citare solo alcuni
nomi; sono luoghi che videro fin dal 1815
l’espansione dell’Opera di S. Dorotea.
Su ogni evento, ma soprattutto su ogni
persona, veglia il volto sorridente di Don
Luca Passi che alle Suore Dorotee e ai laici
dell’Opera, affidò in particolare la cura
delle giovani generazioni. n
cronaca
52
CEMMO (BS)
Un incontro che apre il cuore
alla gioia
Lo scorso 11 maggio, Giornata Mondiale di
preghiera per le Vocazioni, il Consiglio della
Provincia Tirrenica è stato ospite delle Suore
Dorotee di Cemmo in occasione della festa
che annualmente celebrano nella memoria
liturgica della Beata Annunciata Cocchetti.
Durante l’incontro, è stata data parola a
Madre Assunta Tonini. Riportiamo di seguito
il suo intervento.
Esprimo anzitutto un grazie sincero,
anche a nome del mio Consiglio, per aver
accolto con viva cordialità la proposta di
condividere con voi questa Festa di famiglia
che, provvidenzialmente, coincide con la
giornata mondiale delle Vocazioni. Siamo
davvero contente di essere qui e grate
per lo spazio che ci avete riservato, per
raccontare “una vocazione” che viene da
lontano. Non mi è facile narrare una storia
che è diventata “carne” della mia carne e
che domanda di essere testimoniata più che
raccontata. Ci provo comunque, con pochi
tratti, prestando la mia voce alle parole
stesse di don Luca Passi.
Sul letto di morte, in quello che è stato
raccolto come suo testamento spirituale,
invita accoratamente le suore a promuovere
l’Opera di S. Dorotea e a fare l’ufficio di
seconde madri verso le fanciulle povere e
abbandonate. Avrebbe voluto dire di più,
ma la voce gli manca… invitato a non
affaticarsi pronuncia un’ultima parola che
è considerata il suo motto, la sua divisa
“Fa d’uopo dare la vita per la salvezza di
un’anima”.
Un uomo fatto preghiera, così lo definì P.
Cristoforo Bove, il relatore della Positio per
la causa di Beatificazione.
Il predicatore che accendeva e
conquistava… Evangelizzatore diurno e
notturno… così lo descrive nel suo recente
libro, Cristina Siccardi.
Per cinquant’anni, sotto il sole e la
neve, sotto il vento e la pioggia, per
pianure e mulattiere, instancabilmente e
ostinatamente don Luca spiegò al mondo
come salvare la propria vita. A questo
proposito mi piace citare testualmente,
un passaggio del libro che il Papasogli
scrisse su don Luca nel 1978: “Andare
all’apostolica, diramarsi, essere uno,
diventare molti. Trovarsi a Venezia ed essere
presenti a Brescia. Sostare a Vicenza e
non mancare a Lucca; moltiplicarsi: vivere
cento problemi di cento anime differenti, di
comunità ed ambienti contrastanti, e tutti in
una volta: addossarseli, portarli sul proprio
cuore, come le pietre dell’antico pettorale.
L’intensità e il dinamismo di queste
53
Don Luca, e i grandi fratelli e sorelle di
apostolato
“In Paradiso non bisogna andarvi da
soli”. Queste parole, colte a più riprese
sulle labbra di don Luca, aprono uno
squarcio sopra le modalità della sua azione
apostolica. In realtà, don Luca non è mai
solo. Egli ha sentito l’impegno apostolico
come irradiazione di un’attività corale.
La storia di non poche fondazioni dimostra
come don Luca rinunci, finché è possibile,
ad emergere, e lasci invece cadere il seme
della propria iniziativa entro il solco della
collaborazione degli altri Istituti.
Tra Veneto e Lombardia, nel terreno del suo
apostolato, troviamo un “mazzo” di figure
non comuni, figure di donne, soprattutto,
intorno alle quali è una fioritura di opere:
Maddalena di Canossa, S. Teresa Verzeri,
S. Maria Crocifissa di Rosa, S. Bartolomea
Capitanio e nella cornice che oggi ci
accomuna, la Beata Annunciata Cocchetti.
I santi maturano a grappoli nel campo del
Signore.
Ben si addicono a questo punto, sulle
labbra del Beato don Luca, della
Beata Annunciata Cocchetti, che oggi
festeggiamo, e dei grandi fratelli e sorelle di
apostolato, che ci hanno preceduti e sono
alle radici della nostra stessa vocazione,
le parole di Papa Francesco: “Io sono una
missione su questa terra, e per questo
mi trovo in questo mondo. Bisogna
riconoscere se stessi come marcati a
fuoco da tale missione di illuminare,
benedire, vivificare, sollevare, guarire,
liberare” (EG. n. 273). Marcati a fuoco e
portatori del fuoco dell’amore di Cristo: è
il fulcro della missione dei nostri Fondatori,
della missione di ciascuno di noi. Il tratto
specifico della vocazione dorotea.
La messe è molta, ci ricorda Papa
Francesco nel suo Messaggio per la
Giornata mondiale delle vocazioni. Oggi,
ci auguriamo che gli operai della messe
crescano, secondo la statura e il disegno
di Dio, perché nella Chiesa universale,
nelle comunità cristiane, in cui viviamo
e operiamo, nella famiglia Dorotea,
fioriscano giovani vocazioni laicali e
religiose. Lo chiediamo per intercessione
dei nostri santi Fondatori: il Beato Luca
Passi e la Beata Cocchetti che dal cielo ci
benedicono e sorridono. n
Suor Assunta Tonini
cronaca
espressioni, dicono l’esperienza infaticabile
dell’Apostolo che trascorse tutta la sua
vita ad annunciare sulle strade la Parola
che salva, e che nell’Opera di S. Dorotea,
nata dalle sue stesse mani e dal suo cuore,
risuona come annuncio di salvezza rivolto,
in particolare, alle giovani generazioni.
Permettetemi, infine, un accenno che dà
ragione anche del nostro essere qui, oggi,
a celebrare l’anniversario della Beata
Annunciata Cocchetti.
PESEGGIA
Il seme gettato, non andrà
perduto
cronaca
54
Quanti appuntamenti per dirsi addio!
Sabato 7 giugno la Mega Festa organizzata
dai genitori dei bambini della Scuola
Materna “Asilo Spangaro”; domenica 22
l’addio ufficiale a tutta la comunità con la
presenza del sindaco avv. Giovanni Battista
Mestriner e una rappresentanza della giunta
comunale e il grazie speciale del parroco
don Lino Bertollo; martedì 24 incontro
finale con i cooperatori OSD. Già, ma non
basta perché ogni volta che incontriamo
le nostre suore ci stringiamo intorno a
loro e con lo sguardo e le strette di mano
comunichiamo il nostro rammarico per
la loro partenza definitiva, che le porterà
lontano da questa comunità. Qui presenti
da quasi un secolo, nel succedersi degli
eventi, come afferma Suor Giacinta, si è
trattato di un’esperienza che ci ha offerto
l’opportunità di crescere insieme nella fede,
di testimoniare la
nostra sequela a
Gesù e di svolgere
la nostra missione
pastorale ed
educativa nelle
varie attività della
parrocchia e della
scuola, che grazie
all’interessamento
del presidente
Michele Maccari
e il suo Consiglio
continuerà a
mantenere uno
stretto legame
con l’Istituto delle
Suore Dorotee per
garantire l’educazione cristiana ai bambini,
secondo la volontà dei donatori, i sigg.
Spangaro.
E noi aggiungiamo che le suore pur in
numero così esiguo sono sempre state
pronte a dare una mano e a sostenere le
difficoltà: la loro casa era diventata un po’
la nostra casa.
Motivi per chiuderla sicuramente ce
ne sono, tuttavia il vuoto che rimane
non può lasciarci indifferenti. E noi non
vogliamo esserlo. Però non possiamo non
essere d’accordo nuovamente con Suor
Giacinta che durante il saluto ai genitori
dei piccoli ospiti della scuola dell’infanzia
afferma: “faccio mia un’espressione di
papa Francesco: per educare un bambino
occorre un villaggio e la nostra scuola ha
avuto questa capacità di coinvolgere molte
realtà del nostro paese e di diventare, nel
suo piccolo, un grande villaggio, l’affetto
e la stima che ci fate respirare oggi ci
dimostra come noi siamo entrate a far parte
della vita di questo villaggio e mi vien ora
da dire che partire non è morire, ma aprirsi
a vita nuova!
È un augurio che ci facciamo con tutto il
cuore, nella speranza che non venga del
tutto meno quel rapporto di fiducia e stima,
che ha fatto nascere il numeroso gruppo
di cooperatori, sostenuti e spinti da Suor
Giacinta, che ci ha passato il compito
di custodire quella fiammella di grazia e
d’amore, che il Beato Luca Passi ha affidato
alla famiglia Dorotea. Ma se rimaniamo
soli? Sicuramente il buon seme gettato non
andrà perduto…
Ma quando i riflettori si spegneranno sulle
nostre suore al centro dell’attenzione
ormai da mesi, noi speriamo che questo
non voglia significare dimenticarci della
loro presenza e insieme essere dimenticati
dalla famiglia dorotea, alla quale
dobbiamo molto, e che non ci può lasciare
completamente senza una guida.
E nel dirci addio ci siamo scambiati mille
volte grazie. n
Paola Pulese
[email protected]
In dialogo con il beato Luca Passi
55
Beato Luca, aiuta la mia famiglia e riempi
quei vuoti che ci sono: una casa senza
figli è vuota. Sicuro della tua intercessione
ti ringrazio, perché hai fatto che potessi
venire a visitarti in un giorno per me
speciale. (Remo) - 2014
Io sono Samuele e ti chiedo di aiutare la
mia famiglia, i miei amici e tutte le persone
in difficoltà.
Don Luca, ti chiedo un aiuto nel mio
cammino di ricerca vocazionale; aiutami
con il tuo sorriso e la tua gioia! Grazie.
(Maria A.)
Sono felice, nell’anno della tua
beatificazione, di essere in visita alla tua
tomba, presso la casa delle suore Dorotee
che hanno operato per la formazione mia e
dei miei figli. (Giuseppe)
Don Luca ti affido Alessandro e Nicola.
Aiutali a superare il primo la sua
depressione, il secondo a svolgere la sua
missione sacerdotale. Grazie. (Paolo)
Don Luca sei sempre dalla parte della
famiglia: ti affido anzitutto me, poi mio
genero e tutte le persone fragili. Grazie!
(Anna Maria)
Caro Luca Passi, assisti la famiglia di mio
fratello. Grazie! (Olivetta)
Carissimo don Luca, metto nelle tue mani
i miei figli: proteggili nel loro cammino in
tutte le circostanze che dovranno vivere.
(Attilio)
Affettuoso il tuo sorriso… bella la tua
speranza… è una meraviglia la tua
presenza! Grazie a Gesù per averti donato a
noi tutti. (Priscilla)
Nel silenzio davanti al Signore giunge la
pace. Fa’ don Luca che la mia famiglia,
nell’accoglienza dell’amore di Dio Padre,
trovi serenità. Iddio ci doni ciò di cui
abbiamo bisogno e nella vita di ogni giorno
possiamo vivere la pace del cuore. La
parola abiti in noi cosicché la volontà del
Padre si compia. Ogni giorno sia benedetto
dall’amore di Dio. Amen. (Cristina)
En ce jour de notre mois dorothée, je fais
silence devant ce tombe de don Luca et
je te prie, Seigneur, de bénir notre famille
religieuse, envoie de nouvelles vocations
pour continuer l’œuvre de S. Dorothée
que ton serviteur don Luca a commencé
dans l’Eglise. A mois fais moi grâce d’être
postulazione
Dal quaderno dei visitatori
parmi tes servantes toute ma vie. Pour cela
Seigneur je te prie et je te béni. Amen.
(Sœur Triphonie)
postulazione
56
P. Lucas esta es una semana especial,
estamos conociendo los lugares – la tierra
donde ha sembrado la semilla – el don
que te dio Dios. Aiudanos a cado una de
llevar adelante con sencillas y humildad la
obra que has comensado. Gracias por tu
intercesion. (Hna Carmen Rosa)
Come al solito ho qualcuno da affidarti:
Silvia e i suoi cari, Antonio nella
sua malattia e la sua famiglia. Vorrei
proprio, infine, che
recuperassero la
salute la mamma di
Viola e di Lucia: i
loro bambini sono
ancora troppo piccoli!
Un’occhiata di bene
non può mancare
per la famiglia di
Francesco: che
recuperi serenità e
concordia. Per questi
e gli altri che non ho
scritto: intercedi per
ciascuno, don Luca!
Grazie. (E. P.)
Ti affido Mic. E altre
situazioni che tu conosci. Invoco la grazia
della guarigione e della serenità. (A.)
Beato Luca proteggi e intercedi per i giovani
di questo tempo. Le famiglie mancano di
fede. Le coppie giovani hanno urgente
bisogno della tua intercessione presso il
Padre. Grazie! (S. F.)
Beato Luca Passi, aiutami e proteggimi nel
difficile cammino che sto intraprendendo.
Inoltre ti affido i miei cari e il mio gruppo
scout. Grazie! (Costanza)
Sono Giovanna Tramonte, referente
amministrativo dell’associazione laici OSD
(Chi mi legge, probabilmente mi
conosce). Ad un anno di distanza dalla
beatificazione di don Luca Passi, mi
sento di affidare quella che io e mio
marito abbiamo riconosciuto come una
Grazia concessa tramite l’intercessione
di don Luca. Nel 2012 mio marito iniziò
ad accusare violenti dolori alla gamba
destra, sempre più continui e resistenti
alle cure farmacologiche. La diagnosi fu
di forte artrosi di 2 vertebre lombari, con
conseguente schiacciamento del nervo
sciatico. Uomo assai mite e poco incline
alla lamentazione, cercava di sopportare
il dolore in silenzio, consapevole che i
farmaci potevano solo alleviarlo senza
produrre una guarigione. Ci preparavamo
per l’esperienza della beatificazione, e
lui con molto slancio chiese di volervi
partecipare, nonostante sapesse di non
poter stare in piedi per tanto tempo e
nonostante l’insistenza dei dolori. Arrivati
a Venezia cenammo e andammo a
dormire, la mattina dopo uscimmo per una
passeggiata e lui da quel momento non
ebbe più dolore. Alla partenza, lui mi disse
“don Luca mi ha fatto un miracolo”, gli
chiesi “tu lo hai chiesto?” e lui mi rispose
di no, ma aggiunse “se è vero che il tuo
caro don Luca si avvia alla Santità, lui
conosce le pene delle persone anche se
non chiedono nulla”. Avendo fatto tante
cure, ho voluto aspettare un anno per
comunicarlo ufficialmente, sebbene ne
avessi fatto racconto a suor Annapaola e
a madre Maria Angela. Ancora ieri lui ha
detto durante il pranzo pasquale: “don Luca
mi ha voluto guarire, io non ho più dolori
da un anno”. Con grande riconoscenza nei
confronti del Beato don Luca e dell’opera
santa che le suore dorotee hanno operato
nella mia vita da 16 anni a questa parte,
affido questa mia testimonianza. n
Ci hanno
lasciato…
57
Suor BRUNAMARIA (Amelia)
GHIDELLI
nata a Canneto sull’Oglio
(MN) il 3.5.1920
morta a Fiorenzuola d’Arda
(PC) il 6.5.2014
Suor Brunamaria ci ha lasciati in questo maggio che segna in
modo forte il cambio di stagione
dell’anno in corso 2014.
La sua lunga esistenza è particolarmente collegata con la storia
dell’Istituto e gli eventi che hanno
condotto alla beatificazione del
Fondatore Don Luca Passi, avvenuta a Venezia il 13 aprile 2013.
Era entrata in Istituto il 2 settembre 1941 ed ha emesso i primi
voti il 30 settembre 1944. Nel
1970 ha fatto l’esperienza della
malattia con una prognosi infausta che non lasciava, a parere dei
medici, adito a illusioni di possibilità di sopravvivenza.
Un cisto-carcinoma ovarico in
necrosi, al quale intervento chirurgico e successive terapie palliative non consentivano risoluzione, stava minando inesorabilmente la sua salute.
La fiducia e la preghiera, rivolta a Dio attraverso la mediazione
di Don Luca, quella sua personale, delle consorelle, degli alunni
e genitori della sua classe di insegnamento a Murano, hanno ottenuto la grazia della insperata guarigione, con assenza di recidive.
La salute recuperata fu riconosciuta come miracolo ufficialmente dalla Chiesa nel giugno
2012, dopo un lungo iter contrassegnato da necessarie inchieste e accertamenti medici e canonici. Ciò ha permesso alla Chiesa
di concedere il titolo di beato al
fondatore Don Luca Passi e di autorizzarne il culto e la venerazione nelle Case dell’Istituto.
Suor Brunamaria ha dedicato la
sua vita all’insegnamento nella
scuola elementare per lunghissimi
anni in varie sedi: Cremona, Asolo e particolarmente a Murano dal
1947 al 1970, educando e formando numerosissimi fanciulli. Era esigente, ma creativa e di buona relazione. Negli anni successivi alla malattia si è prestata per altre attività: di segreteria, di animazione missionaria e servizi vari. Per
lunghi anni visse a Collebeato assistendo il papà, accolto in quella
struttura fin dal 1987, poi nel 2005
passò nella comunità di Castell’Arquato, dove la colse la morte.
Poté partecipare al rito di beatificazione di Don Luca, avvenuta in
San Marco a Venezia il giorno 13
aprile 2013 e fu motivo di grande
gioia e conforto per lei che ogni
tanto diceva: “Spero di esserci ancora, quando ciò avverrà, se il Signore mi donerà di vivere qualche tempo”.
Il Signore fu prodigo con lei e le
concesse questa nuova grazia.
Noi confidiamo che Don Luca
l’abbia accompagnata, insieme
con la lunga schiera di suore Dorotee, nel Paradiso a lodare e a
ringraziare Dio per la sua benevolenza nei confronti di tutto l’Istituto.
Suor Emmarosa Trovò
Suor MARIAROSARIA (Anna
Maria) RAGGI
nata a Forlì il 9.8.1932
morta a Padova il 15.5.2014
Anna Maria nasce a Forlì nella
Parrocchia di Bussecchio, dove è
battezzata. Cresce bella e vispa;
adolescente ama far bella figura; è
di compagnia, ma ciò che l’attrae
in modo particolare è la musica e
con le amiche partecipa a semplici festine.
Il babbo lavora a Forlì, ma spesso si sposta a Petacciato (CB) dove
in seguito trasferirà la famiglia; è
conosciuto per persona intraprendente. Cinque figlie che crescono
hanno delle esigenze e i genitori si
prodigano perché possano avere il
necessario e, soprattutto, trasmettono loro quei sani principi e valo-
ri che formano la persona e danno
consistenza e unità alla famiglia.
Anna Maria ha solo sette anni quando un evento luttuoso lascia in grande smarrimento la famiglia con la morte della giovane mamma; farà allora l’esperienza del collegio dove sarà seguita con tenerezza da Suor Marzia
Mazzarolo della quale conserverà
58 sempre un ricordo affettuoso e riconoscente. Terminato il collegio,
sogna come ogni ragazza il matrimonio, una famiglia propria... Ma
il Signore la chiama e la Sua voce
è più penetrante di qualsiasi altra.
Il 9 ottobre 1957 varca a Venezia
la soglia di casa madre delle Suore Maestre di S. Dorotea.
L’anno seguente alla vestizione assume il nome di Mariarosaria in ricordo della cara mamma; prosegue la formazione religiosa e il
suo entusiasmo e amore al Signore crescono sempre più.
A fine anno 1959 è a Padova, Collegio Vanzo, per un servizio fra le
giovani; negli incontri occasionali esprime tutta la sua semplicità e
convinzione religiosa. Il 30 ottobre 1960 emette a Venezia la prima professione, poi ritorna al Vanzo dove l’obbedienza le affida il
servizio di cuoca, mansione che
svolgerà nelle varie comunità fino
a 82 anni.
Cuoca, servizio forse poco evidente, ma di grande sacrificio e
importanza, che impegna non solo tutto il giorno, ma tutto l’anno,
non conosce soste o feste, eppure
Suor Mariarosaria l’ha vissuto con
pienezza cercando di andare incontro ad ogni esigenza sia dei ragazzi che delle universitarie, delle
suore, degli ospiti di Bibione e di
Asolo-Casa di spiritualità: vivendo
così la sua consacrazione e il suo
amore pieno al Signore nel silenzio e nel sacrificio.
In seguito andrà a Thiene-Soggiorno, a Padova-S. Pietro poi a S. Rosa, Castelcucco, Chieti, quindi a
Forlì sua città natale, a S. Zenone
e infine a Pagnano, ultima tappa.
Pur impegnata nel servizio di cuoca, s’interessa della vita parroc-
chiale, delle famiglie, delle attività
della scuola materna. E accoglie
tutti con giovialità e il suo consueto sorriso.
È ancora in attività, quando i sintomi della malattia si fanno sentire; il ricovero all’ospedale è di solo 15 giorni e i referti medici sono
subito pesanti. Ma ella vive il suo
calvario con straordinaria capacità di accoglienza. Portata nell’infermeria di Padova, è attorniata
dalle premure e affetto dei Superiori, delle suore, della sorella e
dei nipoti.
A quanti si accostano al suo letto
ha per tutti un “grazie” e un sorriso. Le parole ormai sono limitate; mai ha manifestato un lamento, è entrata in quel tratto di mistero e di “Grazia” che solo il Signore
conosce. E all’alba del 13 maggio,
quando la Chiesa celebra l’apparizione di Maria ai tre fanciulli di
Fatima, accompagnata dalla Vergine entra nell’abbraccio del Signore suo Sposo, lasciando tutti
edificati.
Nella Messa esequiale, a PadovaS. Pietro, il celebrante ha messo in
evidenza non solo il nome “Anna
Maria - Mariarosaria”, ma anche
alcune circostanze significative:
mese di maggio dedicato a Maria;
il 13 apparizione a Fatima; alcuni
passaggi dei misteri del S. Rosario
che si possono intrecciare con la
sua vita quotidiana…
Dopo il funerale la salma è stata
accompagnata a Petacciato accolta dalla sorella Lina, dai nipoti e
alcune suore.
Nel cuore delle persone che l’hanno conosciuta è rimasto impresso
il suo tratto gioviale, l’accoglienza, il sorriso: elementi che nascono da una vita di comunione e di
fede nel Signore.
Suor Serena Tiranelli
Suor ELISABETTA SCREMIN
nata S. Zenone il 14.9.1930
morta a Cavaso il 15.5.2014
Colpita da un male incurabile,
Suor Elisabetta dopo una vita donata in un servizio intelligente e
responsabile in varie comunità
dell’Istituto, è stata chiamata a rispondere il suo “Eccomi” definitivo al Dio della vita.
Era nata in una famiglia profondamente cristiana. Lei stessa ne
dà testimonianza: “Grazie, Signore, per i miei Genitori, che hanno
accompagnato con l’esempio e la
parola la mia vocazione”.
Entrata il 24-10-1949, in Noviziato a Venezia, l’anno seguente è
ammessa alla vestizione ricevendo il nome di Filotea, ma in seguito riprenderà quello di Battesimo.
Il 1°-10-52 emette la prima Professione e nel ‘57 quella perpetua.
Nel 1951 è mandata a Udine, Pensionato Gabrieli, per gli studi di
cultura musicale.
Consegue poi l’Abilitazione all’insegnamento nelle scuole di grado
preparatorio e il Diploma di Infermiera, prima generica poi professionale. Dal ‘54 al ‘70 è ad Asolo
come insegnante e infermiera delle Educande.
Avrà poi il mandato di superiora nelle comunità di Forlì-Bussecchio, S. Agata Feltria, Maserada e
quello di economa a Padova-Vanzo, Forlì e Pagnano. Per diversi anni, nel periodo estivo, è direttrice nella Colonia di Igea Marina.
In tutti questi compiti si è distinta
per lodevole impegno finché il 17
nov. 2012, dalla comunità di Pagnano passa nell’infermeria di Cavaso, con un Alzaimer galoppante,
che incide terribilmente sulle sue
facoltà, costringendola a trascorrere i giorni fra letto e sedia a rotelle,
togliendole anche la parola, riducendola a una immobilità assoluta
e consumandola fino a renderla irriconoscibile.
Di lei ricordiamo una intensa vita interiore, espressa in un profondo spirito di preghiera. Troviamo
scritto nei suoi ricordi: “Voglio che
il mio cuore diventi una tenda per
Te Signore, uno spazio accogliente, bello, riservato a Te solo”; “Signore, guarda l’offerta della mia vita: accoglila...”. Un patto segreto
fra lei e il suo Signore?
La sua spiritualità sublimava anche l’affetto grande che nutriva per
i parenti. Sono edificanti i consigli
che inviava loro. Leggiamo in una
lettera: “Prego e pregherò sempre
perché tutti voi siate continuamente sotto lo sguardo di Dio e vi dia
la grazia e la forza perché in ciascuno di voi fioriscano le virtù della Fede, Speranza e Carità e che
Dio vi conceda anche la pace e la
serenità, perché dove esistono tali virtù esisterà e crescerà l’Amore da parte vostra a Dio e fra voi
tutti. Per questo io ho sempre pregato e continuerò a farlo fino alla fine dei miei giorni”. E dai parenti, in particolare dalle sorelle
e nipoti, era ricambiata con tenerezza. Per tutto il tempo della malattia, l’hanno accompagnata con
trepidazione affettuosa, esprimendo sempre tanta riconoscenza per
l’amore con cui era curata nella
nostra comunità. I nipoti, difatti,
durante le esequie, hanno pregato: “Signore, ti affidiamo la Comunità delle Suore Dorotee di Cavaso
e le Assistenti che là prestano il loro prezioso servizio. Ringraziamo
tutte per la dedizione e la competenza con cui si sono prese cura
della nostra Suor Elisabetta. Per la
loro presenza amorevole e delicata chiediamo su ciascuna una particolare benedizione e il sostegno
nelle loro fatiche quotidiane”.
Così la vedevano i nipoti: “Mani laboriose e delicate, abili nel
creare armonie di suoni e intrecci
di fili, occhi vispi e gioiosi, pronti a cogliere i sorrisi dei piccoli e
le fatiche dei grandi, cuore aperto e sensibile, capace di accogliere
ed amare ogni persona incontrata
lungo il cammino, assidua nel lodare il Signore e ringraziare sempre”.
Meritano di essere sottolineate la
diligenza, la dedizione e il senso
di responsabilità con cui si è donata in tutti i suoi impegni.
Così Suor Elisabetta è andata incontro al Signore per ricevere da
Lui il dono della misericordia e per
godere l’eterna beatitudine dopo
tanta sofferenza.
Per desiderio dei parenti, le esequie sono state celebrate nella
chiesa parrocchiale di S. Zenone,
nel cui cimitero riposano anche le
sue spoglie mortali.
La Comunità di Cavaso
Suor ZACCHEA (Maria)
GASTALDO
nata a Brugine (PD)
l’11.3.1926
morta a Maserada il
10.6.2014
Martedì 10 Giugno 2014 in punta di piedi, come ha sempre vissuto, Suor Zacchea lasciava questa terra per entrare nella vita del
cielo.
Giovanissima ha lasciato il suo
paese natale per entrare a Venezia
nell’Istituto delle Suore Maestre di
S. Dorotea e consacrarsi per sempre a Lui.
Una vita semplice la sua, ma spiritualmente e umanamente distinta, tanto che possiamo esclamare con le parole della scrittura: “Ti
benedico o Padre Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti
e agli intelligenti e le hai rivelate ai 59
piccoli” (Mt.11,25).
Vari sono stati i luoghi in cui ha
svolto il suo umile servizio: dagli orfanatrofi, al lavoro in colonia (dove per tantissime estati ha
prestato un lodevole e caritatevole servizio come guardarobiera),
dal seminario dei Padri Sacramentini di Casier alle comunità parrocchiali.
Aveva una predilezione speciale per i piccoli, per gli ammalati e
gli anziani. La sua sapienza di vita, frutto degli anni, ma ancor più
della sua totale apertura alla grazia di Dio, rimane un ricordo bello e significativo in coloro che
l’hanno conosciuta.
Aveva appena salutato nella gremita chiesa di Quinto la comunità dove per 24 anni era stata punto di riferimento, sapendo soprattutto nei momenti di dolore e malattia, ma non solo, dare conforto, speranza e amicizia con l’ascolto, la disponibilità ma anche
con piccolissimi segni di presenza. Essendo l’incaricata per la diffusione della stampa cattolica, e
non avendo ormai più le forze per
andare nelle case, scriveva piccoli messaggi, in piccoli pezzettini di carta e li appiccicava al
giornale in maniera da arrivare
all’interessata/o assicurando preghiere e amicizia. Questi messaggi, questi piccoli segni sono ancora oggi custoditi come tesori.
Grazie Suor Zacchea!
Suor Florisa e Suor Paola
Suor OSANNA (Albina)
BREDA
nata a Favaro Veneto (VE) il
26.1.1922
morta a Castell’Arquato (PC)
l’11.6.2014
60
Suor Osanna, a motivo della chiusura della comunità di Casola Valsenio (2006), è approdata a Castell’Arquato, dove si è inserita
bene ed è stata accolta con benevolenza.
La discreta salute, eccetto una
completa sordità, le ha consentito, con la fraterna compagnia di
suor Ottaviana, di dedicarsi negli intervalli liberi al lavoro di ricamo. Era bello vederla, serena e
soddisfatta, intenta a ricamare a
macchina, graziose tovagliette. In
varie occasioni della giornata, dava l’impressione di non subire la
grave memonazione dell’udito:
era facile allora pensare che quello che si vedeva in lei era il frutto
di buone abitudini acquisite.
Albina, entrata in Istituto a Venezia il 17 ottobre 1946, alla vestizione (27-9-1947) ricevette il nome di Osanna e nel 1948, ancora novizia, prestò servizio a Quinto. Fece la prima professione il
27 settembre 1949 e nello stesso
giorno del 1954 emise la Professione perpetua ben consapevole
dei doveri e degli impegni che assumeva come risposta totale d’amore a Dio nel servizio umile e
generoso alle consorelle, ai bambini della Scuola Materna e, particolarmente, verso le giovani della parrocchia, le quali ricambia-
vano stima e riconoscenza. Visse il tempo dello iuniorato a Udine, presso l’Istituto “Blanchini”, e
nel 1955 fu inserita nella comunità di Casola Valsenio, dove rimase ininterrottamente per oltre 50
anni, eccettuate due brevi soste di
qualche mese a Forlì (1979) e a S.
Agata Feltria (1980).
Una nuova viva luce di fede e
di fiducia in Dio si rivelò in suor
Osanna, allorché spinta dall’ardore e dallo spirito missionario che
caratterizza la suora di S. Dorotea, pensò ad una iniziativa che
contribuisse alla formazione umana e cristiana delle giovani di Casola e dintorni, prive, tra l’altro, di
risorse economiche. Con l’aiuto
di Dio e della superiora, suor Ermanna Doardi, organizzò e condusse un fiorente laboratorio di
indumenti e biancheria per donna. Partito con poche giovani, il
laboratorio raggiunse gradualmente il numero di 75 unità. I
prodotti venivano regolarmente
consegnati a ditte di Ravenna e
Bologna.
Per diversi anni questo laboratorio
offrì opportunità insperate a tante giovani. Successivamente, nuove tipologie di lavoro e di mercato portarono alla sua chiusura. Le
giovani però continuarono a frequentare le Suore, le loro iniziative e proposte formative, insieme
a quelle parrocchiali; memorabili
rimangono le “pesche” e le “bancarelle” allestite a scopo di beneficenza.
Negli ultimi anni della sua vita
suor Osanna, oltre all’udito, aveva perso anche la capacità di parlare, di esprimere i suoi pensieri,
ma le sue opere, insieme a quelle delle consorelle, vivono ancora
nella Parrocchia di Casola Valsenio, a lode e gloria di Dio, Padre
e autore di ogni bene.
La comunità di Castell’Arquato
Suor LIDUINA (Anna)
RAVERA
nata a Vobarno il 19.10.1930
morta a Brescia il 14.6.2014
All’alba di sabato 14 giugno, vigilia della Solennità della Trinità Santissima, suor Liduina prese
il suo bagaglio di sofferenze e di
meriti e, in compagnia della Madonna, partì per il paradiso, dopo
una vita tutta segnata da inguaribile malattia.
Era nata a Vobarno, da genitori cristiani convinti. Il padre lavorava
presso le Ferriere Falck; qui aveva
conosciuto la giovane operaia, che
in seguito avrebbe sposato. Mamma Pierina ebbe la gioia di dare
alla luce quattro figli: Margherita,
Carlo, Anna e Pierino e poiché essi avevano bisogno di cure lasciò il
lavoro e si dedicò completamente a loro e alla casa. Anna era una
bambina dal temperamento socievole, che sapeva farsi ben volere
da tutti perché sempre sorridente
e servizievole; frequentò la scuola
elementare in paese, dove insegnavano come maestre statali anche
due suore di S. Dorotea; ricevette
una buona formazione scolastica
e, dopo la quinta classe, incominciò a prestare alcune ore di servizio presso famiglie vobarnesi con
bambini piccoli, ai quali si dedicava con grande pazienza e amorevolezza. Ormai adolescente, si offrì per aiutare le suore nell’Oratorio femminile, allora molto numeroso, ma presto fu colpita da grave forma di nefrite. Guarita, trovò
modo di dare tempo alla preghiera e di coltivarsi spiritualmente;
così andò maturando la vocazione di dedicarsi totalmente a Dio e
ai fratelli.
A diciannove anni ottenne dai genitori il permesso di farsi religiosa entrando tra le Suore Maestre
di S. Dorotea con sede in Brescia.
Il 16 settembre 1949 la giovane
postulante fu affidata alla Madre
Maestra suor Beatrice Moro, donna intelligente, materna e spiritualmente ricca; ella la introdusse nella pratica regolare della preghiera e favorì il suo rapporto con
le altre novizie. Il 4 gennaio 1951
Anna vestì l’abito religioso e ricevette, quasi doloroso presagio, il
nome di Maria Liduina (Lidwina:
una santa tedesca del ’400, glorificata come prodigio di sofferenza
umana e di eroica pazienza, per
trentasette anni inchiodata a letto
da cronica infermità). Il 6 gennaio 1953 emise la prima Professione e il 25 settembre 1958 quella
perpetua. Dopo i primi Voti, fu inserita nella comunità di Magno di
Inzino come aiutante nella scuola
materna; vi rimase due anni, poi
fu trasferita a Calvagese dove la
permanenza durò sette anni, purtroppo turbati verso la fine (1962)
da vari disturbi che destarono la
preoccupazione delle Superiore. Fu affidata alle cure di medici
specialisti, che consigliarono, tra
l’altro, di trovare alla giovane suora una occupazione leggera a lei
consona e un luogo il cui clima le
potesse giovare per la ripresa: così passò vari paesi del bresciano
e del trentino. Nel 1971 ritornò a
Brescia, in via Marsala 30; nonostante le opportune cure e periodici ricoveri le condizioni di salute non migliorarono, motivo per
cui il 1° giugno 1974 entrò a far
parte della comunità di “Villa S.
Giuseppe”. Per quarant’anni suor
Liduina, sempre sofferente, prestandosi per piccole incombenze,
rimase tra le consorelle anziane,
pregando per la Chiesa e offrendo
a Dio, in unione con Cristo Crocifisso le sue persistenti pene fisi-
che e morali. Aveva brevi periodi
di lucidità, che favorivano la preghiera fatta con commovente fervore. Negli ultimi anni la malattia si aggravò con il morbo di Parkinson. Il 13 giugno 2014 fu ricoverata d’urgenza presso gli Spedali Civili di Brescia, con polmonite
bilaterale fulminante. La situazione apparve immediatamente molto critica; nonostante le premurose cure dei medici, alle ore 4.40
del 14 giugno suor Liduina decedeva, accompagnata dalla presenza e dalla preghiera della Superiora. Veramente l’esistenza di
suor Liduina, nel nascondimento,
nel silenzio della croce, divenuta ormai per lei compagna di vita, è stata esperienza di fede “luminosa”, perché riflesso della Passione di Cristo e della partecipa-
zione al suo mistero di salvezza.
Il corpo della consorella è ora sepolto nel cimitero di Vobarno accanto ai suoi familiari defunti, ma
lo spirito è in Dio, nella gioia e
nella pace dei Santi, tra i quali il
beato Luca Passi che in una lettera del 1851, indirizzata a una persona sofferente (Teresa Algarotti)
scriveva: “la rassegnazione ch’io
domando da lei è… che in Dio 61
solo s’appoggi e in Lui unicamente confidi; e persuadendosi di essere tutto diretto da una mente suprema con mire quanto giuste altrettanto occulte, si abbandoni alle sue sapientissime disposizioni,
e di cuore si sottometta al Volere
Suo”. Così ha fatto suor Liduina!
Madre Vincenza Polotti
PARENTI DEFUNTI
Piera Gamba
sorella di suor Sira (Brescia, via Marsala 30)
Mistica Bonomini
sorella di suor Venanzia (Brescia - “Villa San Giuseppe”)
Elsa Zaniol
sorella di suor Fiorangela (Venezia)
Silvano Zabeni
fratello di suor Marisa (Brescia, via Marsala 18)
Virginia Mirri
sorella di suor Carlina (Padova, via S. Pietro)
Gabriel Shimikiro
papà di suor Emilienne Mbonihankuye (Burhiba - RDCongo)
Agnese Pasini
sorella di suor Adriana (Lucca, Giardino Botanico 21)
Luigi Girardi
fratello di suor Rinalda (Maserada)
Adelia Dini
sorella di suor Sabina (Castell’Arquato)
Natoliya Hatungimana
sorella di suor Julienne Bimpenda (Roma, viale Vaticano)
Giovanni Botter
fratello di suor Angelica (Maserada) e suor Clementina (Pagnano)
Una sorella,
un’amica
Suor Gerolama Fausti
62
I
l messaggio inviatomi da suor
Vittorina Savoldi il 5 giugno
2014 nell’ultimo ricovero per la
chemioterapia ha caratterizzato il
tratto finale della strada sulla terra di
questa sorella, deceduta il 13 luglio
2014: “È passato il medico. Oggi
cambiano terapia da fare ogni 15
giorni. Fiat!…
Il Signore sa ciò che è meglio per me
e per tutti. Mi abbandono e continuo
a sperare nell’intervento di Don
Luca”.
A Roma si stava celebrando il 29°
Capitolo generale, che non ha
impedito alle Capitolari di farsi
presenti in vari modi, tra cui l’invio
di Madre Assunta Tonini per l’ultimo
saluto in rappresentanza della
Superiora generale Madre Marialuisa
Bergomi e tutte le sorelle riunite in
Assemblea. Nelle due Celebrazioni
Eucaristiche, quella di commiato
a Villa S. Giuseppe e al funerale a
Ciliverghe, hanno fatto emergere la
statura spirituale di suor Vittorina,
che si è rivelata in modo speciale nel
tempo della malattia: ella sempre,
ma soprattutto in questi ultimi tempi,
ha saputo accettare la Volontà di
Dio con piena consapevolezza,
adesione, serenità e generosità; ha
saputo offrire con amore la sua sofferenza per i grandi ideali di vita che le stavano a cuore: il
Signore, la Chiesa, l’Istituto. Sento in me tanta riconoscenza al Signore per il dono di questa
sorella e per la vicinanza di tutte in un momento “doloroso”, ma “bello e pregnante” che ha
coronato magnificamente il percorso vocazionale di suor Vittorina. Alcuni momenti intensi
rimangono nel cuore quali “grazie” del Signore per la sua sintesi di vita: la celebrazione
Eucaristica del 4 luglio nella quale con consapevolezza ha chiesto di poter ripetere il “Suscipe,
Domine…” dopo la comunione; la gioia di riascoltare con riconoscenza il “Veni, sponsa
Christi…” sul letto dell’agonia tre giorni prima dell’incontro con lo Sposo.
Io ho vissuto con lei gli ultimi passi verso l’incontro con il Signore e devo solo rendere lode a
Dio e ringraziare lei che ha accettato di condividere con me l’attesa. n
Invito alla lettura a cura di Suor Fernanda Barbiero
63
Matteo Armando
L’adulto che ci manca
Perché è diventato così difficile educare e
trasmettere la fede
Edizioni Cittadella 2014
Al centro della riflessione di queste pagine si
colloca la profonda mutazione avvenuta nella
generazione degli adulti di oggi, in coloro,
cioè, che sono nati tra il 1946 e il 1964.
Incantati e incatenati al mito del giovanilismo,
gli adulti sono sempre meno capaci del gesto
educativo fondamentale, che consiste nel
donare dei figli al mondo e un mondo ai figli,
e nel consegnare loro una pratica di pietà e di
devozione con cui accompagnare il difficile
mestiere di vivere. Davanti a questa «situazione
bloccata», il libro prova a fare i conti anche con
la risposta che emerge dall’universo giovanile,
ravvisandovi una grande nostalgia e un’inattesa
apertura verso quell’«adulto che manca» nei
loro padri e nelle loro madri: una nostalgia
e un’apertura che preludono a orizzonti di
speranza.
Armando Matteo (Catanzaro 1970) insegna
Teologia fondamentale alla Pontificia Università
Urbaniana. Autore di numerosi saggi, per
Cittadella ha pubblicato Presenza infranta.
Il disagio postmoderno del cristianesimo
(20113). n
Sabino Chialà
La perla dai molti riflessi
La lettura della Scrittura nei padri siriaci
Edizioni Qiqajon
Comunità di Bose 2014
La Bibbia è riferimento irrinunciabile nella vita
delle chiese, ma in quelle di tradizione siriaca
essa ha conosciuto un’attenzione persistente e
originale: le famose scuole teologiche siriache
ci hanno lasciato in eredità una ricca e plurale
testimonianza di creatività ermeneutica. Le
pagine di questo volume danno voce a questa
sinfonia di approcci – esegesi di scuola, lettura
spirituale e lettura omiletica –, che appaiono
come tre forme complementari in dialogo,
mantenendo ciascuna integro il rigore del
proprio metodo.
Sabino Chialà (Locorotondo 1968), monaco
di Bose e studioso di ebraico e siriaco, si è
dedicato in particolare alle ricerche sull’opera
di Isacco di Ninive, di cui ha recentemente
pubblicato l’edizione critica e la traduzione
italiana della Terza collezione dei discorsi
ascetici (Peeters 2011). Presso le nostre edizioni
ha curato tra l’altro Un’umile speranza (1999),
e Abramo di Kashkar e la sua comunità.
La rinascita del monachesimo siro-orientale
(2005). n
TAXE PERçUE
Roma - Italy
64
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Anno XLIII - n. 2 - Maggio/Agosto 2014
Finito di stampare nel mese di Agosto 2014
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DI S. DOROTEA DI VENEZIA
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