ISTITUTO DELLE SUORE MAESTRE DI S. DOROTEA DI VENEZIA Anno XLIII - Trimestrale - Poste Italiane Spa - Sped. in abb. postale - d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma Via Raffaele Conforti, 25 00166 Roma • 06/6624041 E-mail: [email protected] SPECIALE CAPITOLO 1 PRIMA PAGINA Vivificate dallo Spirito Antropos ANTROPOS Saper leggere la storia con simpatia SOPHIA Il Padre vi darà un altro Paraclito ORIZZONTI In Italia e in Europa crescono le periferie della vita PRIMA PAGINA Vivificate dallo Spirito ............................................................... 3 PAROLA E ARTE Rivestiti di Cristo ....................................................................... 4 ANTROPOS Saper leggere la storia con simpatia ......................................... 7 Sommario 2 SOPHIA Il Padre vi darà un altro Paraclito .............................................. 10 DOCUMENTI Confronto fra carità e filantropia. La forza dell’amore reciproco................................................... 13 KOINONIA Due Patriarchi protettori dell’Istituto due Santi Pontefici .......... 16 FACCE DI SUORE Le suore dalla ‘bella età’ ......................................................... 19 PASSI NELL’OPERA La famiglia, la crisi, il futuro . .................................................. Bolivia: L’invio dei Catechisti a Colomi ................................... Brescia: Pensa, se non avessimo provato ................................. Peseggia: La gratitudine delle Cooperatrici .............................. Brescia: Esperienza di volontariato .......................................... 21 22 24 26 27 INSERTO - CAPITOLO GENERALE Vivificate dalla Spirito portiamo frutti di vita nuova ................. 29 L’evento del Capitolo .............................................................. 30 Il diario della Sala capitolare . ................................................. 35 ORIZZONTI In Italia e in Europa crescono sterminate periferie della vita...... 37 CRONACA I fatti di casa nostra ................................................................. 41 POSTULAZIONE In dialogo con il Beato Luca Passi ........................................... 55 CI HANNO LASCIATO............................................................ 57 INVITO ALLA LETTURA........................................................... 63 In copertina: Battistero, Basilica Santa Maria Maggiore, Tuscania (Viterbo) La rivista viene inviata gratuitamente. Chi desidera contribuire alle spese può servirsi del c/c postale n. 82063009. Vivificate dallo Spirito Suor Fernanda Barbiero V ivificate dallo Spirito portiamo frutti di vita nuova. È con questa espressione che il 29° Capitolo Generale, ha invitato noi tutte a vivere in pienezza la nostra vocazione. Questo numero della Rivista esce un poco in ritardo, ma arricchito dall’inserto “Speciale Capitolo” che offre al lettore l’opportunità di cogliere alcuni tratti dell’esperienza vissuta dalle Sorelle capitolari e ora aperta a tutto l’Istituto. In tal modo ci sentiamo tutte invitate a partecipare al processo di rigenerazione, di discernimento e di preghiera, consapevoli che la vitalità dell’Istituto continua ad essere nelle nostre mani. La ricerca della gloria di Dio, il maggior bene della Chiesa e del nostro Istituto, sono l’orizzonte verso il quale desideriamo andare avanti con tutte le nostre forze. Collocato nel corpo centrale della Rivista, l’Inserto è preceduto dalle rubriche che hanno caratterizzato l’intera annata con l’offerta di approfondimenti su temi della Parola, dell’arte, della spiritualità, e della storia dell’Istituto e dell’esperienza di vita consacrata. Accompagnato da una sequenza fotografica, l’inserto consente di fissare alcuni momenti dell’esperienza capitolare particolarmente incisiva per la vita dell’Istituto. Sono flash piuttosto sintetici, che descrivono l’evento e il clima in cui l’Assemblea ha svolto i lavori e che gli Atti del Capitolo svilupperanno più compiutamente. Seguono altre rubriche che ci fanno partecipi del cammino dell’Opera di S. Dorotea e della vita delle comunità. Non ultimi gli stralci biografici delle sorelle che ci hanno lasciato e che non appartengono solo al passato, soprattutto per chi le ha conosciute ed è stato attratto dall’esempio di una vita totalmente donata al Signore e nell’amore dei fratelli. Sono piccole storie che arricchiscono la storia più grande dell’Istituto, della Chiesa e dell’umanità. “Portiamo – infatti – in noi il tesoro della vita eterna, la realtà di quella presenza infinita che è il Dio vivente. Oggi e in tutti gli istanti della nostra vita siamo chiamati a esprimere Dio. Dimentichiamo tutta la nostra negatività, tutta la nostra pesantezza, tutta la nostra fatica, la nostra stanchezza, i nostri limiti e i limiti degli altri. Che importa tutto ciò dal momento che Dio è in noi, che Dio è vivente, che ci ha fatto dono del suo canto, della sua grazia e della sua bellezza, dal momento che oggi dobbiamo entrare nella nube della Trasfigurazione per uscirne rivestiti di Dio, portando sul nostro volto la gioia del suo amore e il sorriso della sua eterna bontà?” (M. Zundel). Auguro a tutti buona lettura delle pagine di questa nostra Rivista. Ardere per Accendere è un semplice strumento di comunicazione, di formazione e soprattutto di comunione. Serve a mettere in circolo il tesoro delle nostre vite. n 3 Rivestiti di Cristo Natasa Govekar parola e arte 4 “Come i pittori innanzi tutto tracciano con un solo colore l’abbozzo del ritratto e poi, poco a poco, facendo fiorire un colore sull’altro, portano il ritratto alla somiglianza del modello... così anche la grazia di Dio comincia nel battesimo con il riportare l’immagine a quello che era quando l’uomo venne all’esistenza. Poi, quando ci vede aspirare con tutto il nostro animo alla bellezza della somiglianza... lasciando fiorire virtù su virtù, elevando la bellezza dell’anima di splendore in splendore, le aggiunge allora l’impronta della somiglianza” (Diadoco di Fotica). L’ icona della Vergine del Segno, che abbiamo osservato già nel numero precedente, alle volte presenta l’abito di Maria come se fosse un velo sul quale viene impressa l’immagine del Figlio. Questo modulo iconografico, intrecciato con la tradizione della Veronica, ha ispirato una nuova interpretazione della “Vergine del Segno”, intitolata “Madre del Volto Santo”. Grazie a Maria, infatti, il Logos eterno si è fatto Icona, grazie a lei abbiamo potuto contemplare il suo Volto. Nell’Oriente cristiano è conosciuta la leggenda del re Abgar, che guarisce dalla malattia da cui era affetto venerando l’immagine di Cristo che il Signore stesso aveva miracolosamente impressa in un panno. In Occidente, dopo le varie versioni sull’origine del velo della Veronica, si stabilisce e rimane a noi familiare quella legata alla Via Crucis. Senza entrare in merito alla questione se e come queste due storie dipendano da due oggetti reali – la Sindone di Torino e il Volto santo di Manoppello –, ci incuriosisce il fatto che la tradizione cristiana L’amore del Padre dipinge in noi i tratti del Figlio, fino a farci diventare una “nuova edizione” del Volto di Cristo 5 parola e arte abbia sempre custodito gelosamente l’origine miracolosa del Volto di Cristo. Nessun uomo sarebbe stato in grado di dipingere questo Volto, e l’insistenza sulla acheiropoiesis, sul suo “non essere fatto da mano d’uomo”, ha un profondo significato teologico, che corrisponde a quella condiscendenza divina che possiamo contemplare sull’icona della Vergine del Segno. Per amore dell’umanità, Dio scende e si fa contenere da un piccolo grembo, che diventerà il primo “velo” grazie al quale conosceremo il suo Volto divino-umano. Per lo stesso motivo, per amore dell’umanità, lascerà il suo Volto impresso su un altro “velo”, che la tradizione riconoscerà come mandylion o come vera-eikon (Veronica) e che poi ogni iconografo stenderà simbolicamente sulla tavola di legno prima di cominciare a tracciare l’abbozzo dell’icona. Nell’iconografia cristiana, Maria è sempre anche immagine della Chiesa. Quel Verbo della Vita che in lei si è fatto Volto e che grazie a lei noi abbiamo potuto contemplare con i nostri occhi (cf. 1Gv 1,1), continua a mostrarci il suo Volto nella Chiesa e attraverso la Chiesa. “Infatti per quel medesimo Spirito per cui il Figlio dell’uomo, nostro capo, è nato dal grembo della Vergine, noi rinasciamo dal fonte battesimale figli di Dio, suo corpo” (Isacco della Stella, Discorso 42). C’è un divino Iconografo, lo Spirito Santo, che continua a “dipingere” l’immagine del Figlio in ogni battezzato che collabora con la sua grazia. E c’è una capacità verginale della nostra umanità che diventa un altro “velo”, una tela che accoglierà i colori della figliolanza. Per far emergere il Volto di Cristo c’è bisogno dunque dell’incontro di due energie: quella del dono dello Spirito e quella della nostra accoglienza. Nella cripta di Padre Pio da Pietrelcina c’è un’altra immagine, ispirata sempre allo stesso modulo della Vergine del Segno. È la Veronica che si copre con il velo del Volto Santo e, così facendo, A pagina 4: Madre del Volto Santo (dipinto di p. Marko I. Rupnik realizzato nel 1996, coll. privata) Veronica, Cripta della chiesa di San Pio, San Giovanni Rotondo (mosaico realizzato da Marko I. Rupnik e l’Atelier del Centro Aletti nel 2009) parola e arte 6 diventa figura di ogni battezzato, visto che il nostro battesimo è un rivestirsi di Cristo: Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo (Gal 3,27). Vi siete spogliati dell’uomo vecchio e avete rivestito il nuovo (Col 3,9). Veronica è anche immagine di una donna che compie un gesto compassionevole e, in quanto tale, ci aiuta a vedere il nesso tra ogni nostro gesto misericordioso e la cristoformità che lo Spirito dipinge in noi. “Cristo nasce e si forma in colui che crede per mezzo della fede, esistente nell’uomo interiore; in colui che è mite e umile di cuore, e che non si gloria della nullità dei suoi meriti e delle sue opere; in colui che ascrive i suoi meriti al dono divino. Costui si identifica con Cristo. Così colui che ha detto: ‘Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatte a me’ (Mt 25,40), chiama il vero credente il più piccolo dei suoi, cioè un altro se stesso. Infatti Cristo viene formato in chi riceve l’immagine di Cristo. Ma riceve l’immagine di Cristo chi aderisce a Cristo con vero amore spirituale. Ne segue che egli diventa copia di Cristo e, per quanto lo consente la sua condizione, diventa Cristo stesso” (Agostino, Commento alla Lettera ai Galati, 37-38). La carità vissuta giorno dopo giorno nei gesti concreti renderà sempre più manifesto ciò che è successo con noi nel nostro battesimo. La nostra umanità puramente “biologica”, senza Cristo, era come una materia senza forma e senza nome. Il battesimo le ha impresso “l’aspetto bello” di Cristo. “Siamo plasmati e modellati, e la nostra vita senza forma e indefinita assume forma e aspetto” (Nicola Cabasilas, La vita in Cristo, 525A). Nel battesimo la nostra esistenza informe riceve una forma precisa, quella filiale. Questo primo abbozzo della filiazione divina è il punto di partenza. Così, come lo Spirito ha tessuto il Corpo di Cristo nel grembo della Vergine, comincia a fare con noi, nella concretezza della nostra carne, in modo che pian piano tutto in noi – spirito, anima e corpo – riceve sempre di più un’impronta filiale. La vita nuova, ricevuta nel battesimo, fa agire l’amore del Padre che lo Spirito Santo ha riversato nei nostri cuori (cf. Rm 5,5) e questo amore dipinge in noi sempre di più i tratti del Figlio, fino a far diventare ognuno di noi una “nuova edizione” del Volto di Cristo. n Madre di Dio del Segno (retro-icona di S. Nicola Taumaturgo, seconda metà del XVI sec., Ufficio archeologico presso l’Accademia teologica, Mosca) Saper leggere la storia con simpatia Andrea Toniolo S pesso infatti avviene, come abbiamo sperimentato nell’adempiere il quotidiano ministero apostolico, che, non senza offesa per le nostre orecchie, ci vengano riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi di zelo per la religione, valutano però i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio. Nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa. A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo. Sono alcuni passaggi del famoso discorso di Giovanni XXIII, Gaudet Mater Ecclesia, l’allocuzione di apertura del Concilio Vaticano II, l’11 ottobre 1962. Qualche storico ricorda come nel pronunciare queste parole il pontefice alzasse di tanto in tanto gli occhi per vedere le reazioni di alcuni cardinali che lo circondavano. Sapeva bene, il papa buono, che stava inaugurando uno stile nuovo di Chiesa: non più una Chiesa sospettosa nei confronti della storia e del mondo, pronta a vedere solo calamità e decadenza, “rovine e guai”, ma una Chiesa capace di leggere la storia degli uomini con simpatia, attenta a cogliere i “segni dei tempi”, propensa alla medicina della misericordia piuttosto che alle armi del rigore e della condanna, come evoca il seguito del discorso. Come decifrare il libro della storia, dentro cui si muove la comunità dei L’uomo che prega ha le mani sul timone della storia credenti, senza essere profeti di sventura ma testimoni di speranza e annunciatori della gioia del Vangelo? Riusciamo (come cristiani, comunità parrocchiali, comunità religiose, chiese locali) a vedere al di là della superficie e cogliere quanto si muove in profondità, senza indulgere né in sentimenti di sterile rassegnazione né in sentimenti di ingenuo ottimismo? In vista e durante il Sinodo sulla nuova evangelizzazione, celebrato nell’ottobre del 2012 – a cinquant’anni esatti dall’inizio del Vaticano II – è stato in diverse occasioni ribadito che ogni evangelizzazione esige un 7 8 8 previo discernimento della storia, domanda «la capacità di leggere e decifrare i nuovi scenari che in questi ultimi decenni sono venuti creandosi nella storia degli uomini per trasformarli in luoghi di annuncio del Vangelo e di esperienza ecclesiale» (Instrumentum Laboris, n. 51). In sintonia con l’invito per nulla sdolcinato di Gesù di Nazaret a non essere generazione incredula: «Quando si fa sera, voi dite: “Bel tempo, perché il cielo rosseggia”; e al mattino: “Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo”. Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi?» (Mt 16,2-3). Ci confrontiamo spesso con letture e interpretazioni culturali e religiose poco rassicuranti, che evidenziano lo stato di crisi. Ma di fronte a queste analisi, che cosa significa propriamente una lettura nella fede della realtà, del tempo, degli avvenimenti? Come “Siate luce d utilizzare i vari criteri o è un invito non fonti della fede per un ma a lasciar autentico discernimento della storia e non essere generazione incredula? Leggiamo il libro della Bibbia o i tornanti della tradizione cristiana non per essere eruditi delle cose antiche ma per imparare a leggere il libro della storia e far risuonare la viva voce del Vangelo hic et nunc. Si constata un indebolimento della Chiesa in Europa rispetto al passato: il calo della pratica religiosa ordinaria, la percezione della distanza dalla Chiesa in quanto istituzione (“apostasia silenziosa” o “scisma sommerso”), la perdita della memoria cristiana, il calo delle vocazioni sacerdotali e religiose, la diffusa convinzione che la fede sia una specie di corpo estraneo rispetto alla cultura diffusa. Ora di fronte a quanto sta avvenendo non mancano profeti di sventura. Un discernimento attento della storia, invece, secondo lo spirito del Concilio Vaticano II, impedisce una lettura strabica della realtà, che vede solo quello che scompare e non quello che affiora come possibilità nuova anche per la fede. Non possiamo non riconoscere il positivo che emerge: una rinnovata domanda di spiritualità, il desiderio in molti adulti di riscoprire la fede, la testimonianza di uomini e donne che raccolgono con passione le sfide della fede a partire dalle loro esperienze elementari di vita, l’adesione del credente sempre meno come un atto di conformismo sociale e sempre più come scelta consapevole. Cogliere segni di speranza e non solo indici di calamità non significa ingenuo ottimismo. Non significa nascondere le sofferenze, i drammi, le ambivalenze, i mali di questo nostro tempo. L’elenco è certamente lungo, 9 9 del mondo”: a farsi vedere, trasparire. doloroso: ingiustizie, negazioni di diritti, povertà economiche, culturali, morali. Ma di fronte ai drammi della storia il cristiano non cede né al paradigma della contrapposizione né a quello della condanna. Sceglie la via della solidarietà e della testimonianza. L’incipit della Gaudium et spes (il documento del Concilio sulla Chiesa nel mondo contemporaneo) mostra chiaramente lo stile della Chiesa nel mondo: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo». La solidarietà reale e intima con l’umano permette alla Chiesa di porre nel cuore del mondo la speranza che salva ed essere così dall’interno antidoto contro le “passioni tristi”, il vero male che affligge le nuove generazioni (come ricorda il volume firmato da due autori francesi, Benasayag e Schmit, L’epoca delle passioni tristi. La salvezza cristiana non è la liberazione dal peccato intesa come restauro di una rottura passata, ma è principalmente dono della speranza per il futuro, riconsegna di una speranza affidabile, che permette di affrontare il presente anche faticoso della nostra storia. Ho ricordato il discorso di Giovanni XXIII che prende le distanze dai profeti di sventura. Non posso non concludere ricordando le parole di Papa Francesco, che certamente evoca nello stile e nel linguaggio il papa buono del Concilio. Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium - il primo vero testo programmatico del papa argentino - siamo messi in guardia dalla tentazione del pessimismo o della sterile rassegnazione: non in virtù delle nostre abilità o strategie, ma grazie alla gioia del Vangelo, «quella che niente e nessuno ci potrà mai togliere» (Evangelii gaudium, n. 84, dove papa Francesco cita abbondantemente il discorso Gaudet Mater Ecclesia). I mali del mondo e della Chiesa non sono un alibi per rifugiarci in comode e sicure nicchie (meglio lavorare sul sicuro!), ma sono le sfide che fanno crescere, perché con lo sguardo della fede il credente «è capace di riconoscere la luce che sempre lo Spirito Santo diffonde in mezzo all’oscurità». La lettura reale, cruda della realtà, la percezione della “desertificazione” spirituale possono ingenerare un senso di sconfitta o un certo disorientamento nelle nostre comunità cristiane. Tuttavia anche il deserto – la storia delle religioni insegna – può generare vita. «Si torna a scoprire il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso manifestati in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede» (Evangelii gaudium, n. 86) e di speranza. n Il Padre vi darà un altro Paraclito Andrea Arvalli 10 A credente possa andare un po’ in vacanza. volte la cura del tempo quaresimale Non dovrebbe essere così: il tempo rischia di andare a detrimento pasquale, fino alla Pentecoste, è il momento dell’importanza di quello che, più prezioso dell’anno per il rinnovamento invece, dovrebbe essere il tempo liturgico della nostra vita di fede. Quali sono i grandi più importante dell’anno e cioè il Tempo temi che possiamo mettere a frutto nella Pasquale. A ben guardare, la Quaresima nostra vita spirituale, dopo la celebrazione ha un valore preparatorio, pedagogico del tempo pasquale e della Pentecoste? per giungere a vivere bene la preziosa Attraverso la cinquantina di grazia offertaci nel Pasqua, che conduce, tempo liturgico senza soluzione Ama il soffio pasquale, che ha di continuità, proposto alla nostra alla Pentecoste. dello Spirito Santo, il Tempo prezioso ma non tentare di scandagliarlo contemplazione memoriale rinnovato di grazia, amore, delle manifestazioni e contemplazione del Risorto, degli dedicato dalla Atti degli Apostoli e dell’Evangelo di Chiesa alle manifestazioni del Risorto, alla Giovanni, dovrebbe essersi rinnovata in noi memoria dell’azione della chiesa postla consapevolezza della fede come evento pasquale negli Atti degli Apostoli, ed al che chiama ad essere ciò che il Signore commovente discorso d’addio del Vangelo ci domanda. Evento unico, intimamente di Giovanni, che ci fa entrare quasi nella personale, ma contemporaneamente stanza del tesoro. A volte si ha invece rinvio ad una dimensione comunitaria ed la sensazione che, dopo la fatica spesa ecclesiale. Questa duplice dimensione nella Quaresima, l’impegno spirituale del della fede, profondamente intima, e nello stesso tempo comunionale, individuale e partecipata, personale e comunitaria si ritrova in modo peculiare nell’evento pentecostale. La Pentecoste, come è stato detto, non fu un convegno di mistici individualisti, ma evento ecclesiale di Grazia in cui l’individuazione diviene comunione. Cosa apprendere, per la nostra vita di credenti, da queste osservazioni? La Pentecoste, fra gli altri doni, dovrebbe rinnovare 11 in noi l’esperienza e la consapevolezza dei fenomeni regressivi: ci si attacca a che la fede c’inserisce in una tradizione simboli, parole, ritualità, gestualità tipiche vivente, che viene da lontano e che di altre epoche, o viceversa si è punti dalla continuerà dopo di noi, ma che richiede smania d’anticipare un futuro che ancora il nostro assenso. Nella Pentecoste non conosciamo. Solo entrando nella dovremmo sostanzialmente rinnovare la Chiesa “dall’alto”, mossi dallo Spirito della consapevolezza che si entra nella Chiesa verità, siamo liberi dalla preoccupazione rinascendo dall’alto, cioè avendo incontrato di risuscitare nostalgicamente il passato, il Risorto, come o dall’ansia di indicato nei racconti precorrere il futuro. pasquali, ed essendo Chi entra dall’alto Dio abita il frammento, interiormente nutre il desiderio di purificati ed attingere alle sorgenti raccoglie i pezzi scartati, illuminati dalla (che non non la nostra pretesa perfezione autentiche grazia dello Spirito, sono il passato!) come ci lascia detto ed ha uno sguardo nel discorso d’addio attento e rispettoso il Vangelo di Giovanni. Non si entra nella all’oggi di Dio. Se lo Spirito “aggiunge Chiesa dal basso, come avviene nelle alla Chiesa” (Atti 2,48) coloro che sono pratiche religiose compiute per tradizione, divenuti credenti, quest’azione avviene con per appartenenza sociologica o per forza dolcezza, pace ed umiltà, oltre che con d’inerzia. L’ingresso e la vita nella Chiesa fermezza e vigore. rimane inefficace se non accompagnato da un evento di grazia nel cuore. Nella Pietro proclamava a Gerusalemme ciò solennità di Pentecoste dovrebbe essere che il Signore aveva detto, per bocca richiamato come la fede provenga da Dio del profeta Gioele: “Negli ultimi giorni e non dalla Chiesa, e lo Spirito venga dato su tutti effonderò il mio Spirito, i vostri dal Padre, attraverso il Figlio, non dalla figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri comunità. Caso mai è lo Spirito che invia e giovani avranno visioni e i vostri anziani dona il credente alla Chiesa. avranno sogni” (Atti 2,17). La Pentecoste Quando si è nella Chiesa provenendo realizza dunque la preghiera profetica di “dal basso” (per tradizione o per mera Mosè: “Fossero tutti profeti nel popolo appartenenza sociologica) non si esprime del Signore e volesse il Signore porre su la novità, la freschezza, la profezia tipiche di essi il suo Spirito!” (Numeri 11,29); del Vangelo, e nelle comunità si vedono le nella Chiesa scompare la classe di profeti, stesse cose che si vedono anche altrove. come ceto a parte, come invece c’erano Il fatto è che manca la profezia, manca nell’Antica Alleanza, perché tutti i suoi l’olio, manca il vino nuovo e diviene membri lo sono in virtù dello Spirito. Dopo attuale la parola di Maria “non hanno la Pentecoste il dono del Paraclito pone più vino!”. Non c’è bisogno della Chiesa fine al tempo dell’infanzia impertinente, per fare un po’ di filantropia. Quando delle ribellioni gratuite, del conformismo l’aggregazione ecclesiale avviene dal basso, esasperante, dell’ostinato e pervicace rifiuto cioè per motivazioni umane, culturali, di camminare, evolvere e maturare nella sociologiche, e non spirituali, si verificano storia. Con la Pentecoste il dono dello 12 Spirito ci libera dalle pretese infantili, dal prendercela con gli altri per ciò che si è o non si è, e inizia il tempo dell’assunzione delle proprie responsabilità. Il dono dello Spirito c’invita a camminare con la Chiesa visibile d’oggi, confrontandoci francamente con gli altri, e con la storia, uscendo dai “bastioni” elevati nei tempi passati che, anziché proteggere, ormai imprigionano, senza peraltro fornire protezione. Una preziosa pedagogia a questa logica pentecostale è contenuta nel lungo discorso di addio di Gesù, nel quarto Vangelo, una delle linee guide della liturgia del tempo di Pasqua. Ivi ritorna la promessa di Gesù d’inviarci il Paraclito, che sostiene, difende, protegge i discepoli nella lotta contro il mondo ostile. Se i discepoli si fermassero alle loro capacità umane, dice Gesù, non sarebbero in grado di portare il peso della manifestazione di Dio, ma se lo Spirito viene loro dato saranno fortificati interiormente, e lo Spirito li guiderà gradualmente alla comprensione della verità tutta intera. La verità non è in S. Giovanni un concetto astratto, ma la manifestazione dell’Amore, che ha come esplicitazione concreta il Cristo Crocifisso. Sostanzialmente il discorso d’addio di S. Giovanni ci dice che potremo entrare nel segreto dell’Amore del Crocifisso quando lo Spirito ci guiderà a questa verità, facendocene sperimentare il valore. È lo Spirito che ci apre la strada al mistero di Gesù di Nazareth, non parlerà da se stesso, ma sintonizzerà i credenti con il Figlio e con il Padre. Attraverso questa via metterà in grado i discepoli di sostenere le difficoltà davanti a loro, facendone comprendere il senso ultimo, il segreto nascosto. La contemplazione pasquale delle manifestazioni del Risorto apre alla comprensione del discorso d’addio del Signore che promette lo Spirito Paraclito che introduce alla pienezza della verità-amore. Qui sta il segreto dell’azione post-pasquale della Chiesa (Atti degli Apostoli) che diviene esemplare per noi. Questo itinerario di fede, luce e amore introduce e prepara a vivere la Pentecoste come evento di Grazia e salvezza che fa vivere ed entrare dall’alto nella nostra vocazione, in una più profonda, libera e “responsabile nell’amore” assunzione della nostra identità e missione nella Chiesa. n Confronto fra carità e filantropia La forza dell’amore reciproco Emmarosa Trovò smsd 13 La traccia di predica di don Luca, che porta il titolo “Confronto fra la carità e la filantropia”, è contrassegnata con il numero cinque ed è stata proposta a Venezia nella Chiesa dei Carmini il 24 febbraio 1861 e nella Chiesa di S. Nicola da Tolentino il 16 marzo 1862. Potremmo definirla una traccia “dotta”, i cui contenuti esplorano a grandi linee le tappe più significative della “cultura filantropica”, alla quale oppongono la forza semplice del Vangelo di Gesù che parla di amore di Dio e del prossimo, cioè di carità come connotato del vero discepolo, cioè del cristiano. La cultura filantropica che ha radici lontane nel pensiero classico ed ellenistico, ha conosciuto un rilancio nella seconda metà del secolo diciottesimo ed ha ricevuto un notevole impulso con gli ideali della rivoluzione francese, imperniati nello slogan “uguaglianza, libertà, fraternità” e quindi con il pensiero illuministico che rivendicava, in nome della ragione, diritti uguali per tutti gli uomini. Con richiamo alla fratellanza universale si diffusero iniziative e interventi di promozione, di assistenza, istruzione e cura per diffondere la “felicità e il benessere tra gli uomini”. Il movimento che ne seguì coinvolse l’arte, la letteratura, l’educazione, così che il filantropismo si qualificò come corrente umanitaria, orientata a generare progresso, a vantaggio dell’uomo e per il trionfo dell’umanità. Don Luca esordisce nella sua proposta con un’espressione del vangelo di Giovanni: “Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). L’amore è distintivo del discepolo e insieme testimonianza della verità della parola che Gesù ha donato e i suoi seguaci annunciano. “Se teneramente vi amerete l’un l’altro, se una carità vicendevole infiammerà i vostri cuori più che alla sublimità della dottrina, che al portentoso operare dei miracoli sarete riconosciuti per miei discepoli”, propone don Luca (Predica n. 5, ASMSD, p. 3). In forza di ciò, egli continua, il vangelo si è diffuso fra i Gentili. E i primi padri della Chiesa attestano che la forza propulsiva del Vangelo, più forte delle persecuzioni e delle ostilità, è stata la carità: “Videte quomodo se diligunt, vedete come si amano”, ha affermato Tertulliano, riferendosi ai primi cristiani. “E così la carità dei seguaci di Cristo trionfò d’ogni ostacolo e il glorioso vessillo dell’evangelo fu piantato sulle rovine dell’idolatria e da questo carattere la religione cristiana fu dal mondo intero riconosciuta divina” (idem). I fondamenti della carità Don Luca afferma di voler illustrare i fondamenti della carità che egli riconosce in affermazioni di natura teologica e in riferimenti biblici, in particolare desunti dal vangelo di Gesù. a. Verità teologiche Il cristianesimo, ricorda don Luca, chiama Dio “Padre” comune degli uomini che, di conseguenza, sono tutti fratelli, creati a immagine di Dio; i discepoli di Gesù sono redenti dallo stesso sangue, battezzati nell’unico nome, confermati con la stessa unzione, nutriti dalla stessa mensa. Tutti professano la medesima fede, partecipano della stessa 14 grazia, sono destinati alla medesima gloria. Gli apostoli poi, rivolgendosi ai primi cristiani, usavano espressioni come: “figliuoli carissimi, diletti fratelli, moltitudine con un solo cuore” in cui non c’è distinzione di persone: non di gentile, giudeo, barbaro, cittadino, servo, libero o schiavo, “sed omnia et in omnibus Christus” (cfr Col 3, 11 ss.), poiché nel codice cristiano la carità è come il compendio della legge, ed ecco che sta scritto che l’amore è l’insegna ed il carattere onde essere riconosciuto seguace di Gesù. Gesù esemplare di carità Per comprendere in che cosa consistano la carità e l’amore per il prossimo è fondamentale confrontarsi con Gesù, esaminare le sue parole, le sue azioni, contemplare la sua modalità di incontro con gli uomini del suo tempo, parole e gesti raccolti e offerti a noi dai suoi discepoli e seguaci. Don Luca fa riferimento a vari episodi del vangelo che illustra con calore ai suoi uditori. Ecco allora Gesù che ha compassione della folla che, affascinata dalla sua parola, “seguìto avealo, tratta dall’amabilità sua, dimentica persino del cibo per entro ad un deserto” (idem, p. 6). Intenerito dal bisogno di questa moltitudine egli prova compassione: “Se li invio così digiuni cadranno in isfinimento di forze per lo cammino”, e quindi provvede il pane per tutti (cfr Mc 6, 30 ss.). Oppure recandosi in una città chiamata Nain incontra alle porte una madre vedova che sta accompagnando alla sepoltura il suo unico figlio e, “preso da grande compassione per lei le disse: non piangere!” (Lc 7, 13) e le ridonò il figlio sano. Ancora Gesù piange su Gerusalemme (Lc 19, 41 ss.; 13, 31 ss.) addolorato per la durezza di cuore dei suoi abitanti e per il destino che incombe su di essa e ancora piange lacrime di tenera amicizia e di dolore per la morte dell’amico Lazzaro (Gv 11, 28 ss.), o ascolta e accondiscende alla preghiera e alla richiesta del centurione, desolato per la morte della figlia e gliela restituisce viva (Mt 9, 18 ss.), o all’altro centurione che lo prega per il servo ammalato: “Veniam et curabo eum” (Lc 7, 1 ss.). Così si muove a pietà per la donna curva e la raddrizza in giorno di sabato (Lc 13, 10-17), o per Zaccheo (Lc 19, 1 ss.) presso il quale va ospite e così accoglie la donna peccatrice come ha accolto e incontrato la samaritana al pozzo di Sicar (Gv 4, 1 ss.) restituendola alla verità di se stessa, e come si pone di fronte alla donna adultera che rimanda libera, dopo aver messo in confusione i suoi accusatori (Gv 8, 1-11). Accoglie i fanciulli che i discepoli infastiditi volevano allontanare (Mt 19, 14-15), ammira la fede della cananea temeraria che non si arrende all’apparente distacco di Gesù (Mt 15, 21-28). E infine accoglie Giuda che lo tradisce con un bacio e lo chiama amico (Mt 26, 49 ss.) e nomina capo della chiesa Pietro che lo rinnega (Mt 26, 69 ss.). Nella notte in qua tradebatur (cfr Lc 22, 14 ss.) e poi appeso alla Croce “alzando la moribonda sua voce: Padre mio - gli dice - perdonate loro perché non sanno quel che si facciano; [così che] carità respirano le sue parole, carità le sue azioni, la vita, i miracoli”. E don Luca aggiunge: “Non finirei mai di sostare in sì dolce e caro argomento” (idem p. 8), forte dell’esortazione dell’apostolo: “Amatevi scambievolmente, beneficatevi scambievolmente, sopportatevi scambievolmente, non contenti di far bene a chi vi fa bene, che ciò usano ancora gli etnici [i pagani]; fate del bene a chi vi fa del male come usa Dio che fa spuntare il sole del pari sovra del giusto che del peccatore. Dio è carità e chi ha la carità amando il prossimo per amor di Dio ha compiuta la legge. Perché la carità è il vincolo della perfezione” (idem, p. 5). Limiti della filantropia Messi a confronto con le parole e le azioni di Gesù, le massime e gli esempi dei filosofi, sostenitori dei principi filantropici non reggono il paragone, anzi ne svelano i limiti sia dottrinali che pratici. In fondo, secondo don Luca, queste dottrine non sono in grado di mettere gli uomini che le praticano, in condizione di spendere se stessi per gli altri, di lasciarsi commuovere dal bisogno altrui, anzi “il saggio non dovea aver compassione di nessuno e Diogene Laerzio nella ‘Vita di Catone’ qualifica leggero e sciocco l’uomo misericordioso. Neminem misericordem esse nisi stultum et levem” (idem, p. 9). Questo modo di pensare ha poi ricadute sui costumi. Né in Grecia, né a Roma, né presso i moderni filantropi emergono esempi di uomini capaci di un “vero amore per i propri simili”, così da rinnovare la società e liberarla di tutti gli orrori di cui anche la rivoluzione francese ha dato saggio. La forza testimoniale della carità dei seguaci di Cristo I primi apostoli: Giovanni, Giacomo, Andrea e poi Paolo, nella loro predicazione ma soprattutto con la morte violenta, subita per il nome di Gesù, hanno dimostrato come in forza “dell’evangelo la carità divenisse degli uomini la principale motrice, e un vero amore dei simili formasse l’anima della società” (idem, p. 14). Giacché non c’è carità più grande di chi espone la propria vita per i fratelli. A ragione quindi si legge che, spinti dall’amore, gli apostoli, seguendo e nel nome di Gesù Crocifisso hanno introdotto e sollecitato i primi cristiani a prendersi cura dei poveri e dei bisognosi attraverso l’elemosina, l’impegno a soccorrere le vedove, a vincere la schiavitù, l’egoismo e la superstizione. Lungo la storia della chiesa poi, numerosissime sono le istituzioni sorte in nome della carità e dell’amore del prossimo per alleviare le sofferenze delle persone: fra i tanti, ‘i figlioli di Domenico, di Francesco, di Ignazio’; non ultimo Vincenzo De Paoli, San Carlo Borromeo, e una folta schiera di missionari sparsi per il mondo con l’impegno di annunciare il vangelo e testimoniare l’amore di Dio visibile nell’attenzione al prossimo, generando una grande rete di carità e di servizi per alleviare la condizione dei poveri, sfidando anche la persecuzione, la violenza e talora la stessa morte. Conclusione Il percorso seguito da don Luca per illustrare l’originale profondità della carità e le ricadute anche sociali e culturali, espresse in iniziative e istituzioni varie, che l’ispirazione caritativa ha prodotto nei seguaci di Gesù e nei credenti lungo le varie epoche, è molto ampio. Egli ha messo a confronto l’originalità dell’amore cristiano con filoni critici di pensiero, oggi non più così attivi nella forma e nella denominazione, ma ancora carichi di incidenze nelle motivazioni e negli atteggiamenti che alimentano varie scelte anche di tipo umanitario, sia individuali che collettive nel nostro mondo. Anche oggi, perciò, non sono sconfitti gli egoismi, l’indifferenza, il perseguimento degli interessi privati a scapito del bene comune, accanto a numerose e ardite forme di azione benefica che molti cristiani, spinti dalla passione evangelica, fanno sorgere in molte parti del mondo. Poiché molto resta ancora da fare in nome della carità, il messaggio di don Luca si presenta attuale così come sempre attuali sono l’esigenza e l’invito a declinare l’amore del prossimo nell’impegno di “procurare di confortare gli affaticati, di stabilire [confermare] i fermi, di sollevare i caduti, di animare i pusillanimi, di conquistare i nemici” e quindi possiamo sentire viva e cogente la parola di San Giovanni Crisostomo che egli cita: “In guisa che un ferro arroventito diventa egli stesso fuoco, così l’apostolo è sì acceso di carità che si può dire la stessa carità personificata” (idem, p. 15). Per questo torna pertinente il motto del beato Luca: bisogna ardere di carità per incendiare il mondo con l’amore di Dio, senza stancarsi mai. n 15 Due Patriarchi protettori dell’Istituto due Santi Pontefici Ritalberta Mazzoni smsd KOINONIA 16 È più che doveroso un grato ricordo di due Patriarchi di Venezia, che furono Cardinali Protettori dell’Istituto delle Suore Maestre di S. Dorotea: il Card. Giuseppe Sarto (18941903) e il Card. Angelo Giuseppe Roncalli (1953-1958), i quali in questo anno 2014 sono, benché per diverso motivo, richiamati all’attenzione universale. Infatti, il Patriarca Roncalli, poi Papa Giovanni XXIII, il 27 aprile è stato proclamato “santo” assieme a Giovanni Paolo II; mentre del Patriarca Sarto, divenuto Papa col nome di Pio X, il 20 agosto ricorre il primo centenario della morte: ricorrenza celebrata soprattutto dalla Chiesa Veneta con numerosi appuntamenti. Vissuti in contesti storici diversi, essi hanno segnato profondamente la storia della Chiesa e del mondo, secondo lo stile di Gesù, buon Pastore mite e umile di cuore. Parlare di entrambi dovremmo allungarci troppo, perciò ci soffermiamo su Papa Giovanni XXIII, la cui canonizzazione ha fatto traboccare di gioia il cuore dei bergamaschi, già esultanti per le beatificazioni avvenute nello scorso anno, di altri due loro conterranei: Don Luca Passi e Fra Tommaso da Olera cappuccino. Angelo Giuseppe Roncalli, proveniente dal gruppo di illustri sacerdoti che costituirono il Collegio Apostolico di Bergamo, di cui fece parte pure Don Luca, del quale auspicava la glorificazione, “stimava assai l’opera dei fratelli Passi, di tutta la Famiglia e ne conosceva le gloriose vicende”. (Positio, SdD Luca Passi, I, pp. 189, 183). Eletto il 15 gennaio 1953 Patriarca di Venezia, il 15 marzo le campane di tutte le chiese del Patriarcato dettero il festoso annuncio del suo arrivo. Il 13 aprile successivo, la Madre generale Marcellina Antonioli e la Vicaria Alojsia Landriani gli fecero la loro prima “visita d’omaggio”; ne ebbero la benedizione per la Comunità e la promessa d’una sua visita. In un successivo incontro con la Madre generale e la superiora di casa madre, “ben volentieri accettò l’invito di onorarci con la sua presenza il giorno di S. Dorotea”. Infatti (leggiamo nella Cronaca) il 6 febbraio 1954 il Patriarca Roncalli “incede benedicente nella nostra bella Cappella preceduto da dodici chierichetti in cotta e guanti bianchi; è accompagnato dal nostro Revmo Cappellano, dal Revmo Parroco di S. Geremia, da quello di S. Girolamo, da Don Bruno Valentini e dal segretario Mons. Loris Capovilla. Al S. Vangelo l’Augusto Porporato, rivolgendoci la Sua Paterna, calda parola, intreccia qualche insegnamento pratico … sacre… Ci benedisse con larghezza di un cuor di Padre… Gradì poi l’omaggio presentatogli da più di duecento bimbi dei due Asili e delle cinque classi elementari… L’ultima sosta, non meno significativa, fu fra le ammalate dove egli passò, quasi Gesù buon Pastore, di camera in camera interessandosi, confortando, incoraggiando e benedicendo…”. Pio XII, il 27 febbraio 1958, lo nominò “Patronum seu Protectorem” delle Suore Maestre di S. Dorotea, e il 3 giugno si svolse “la cerimonia della presa di possesso del Patriarca, Cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, a Protettore del nostro Istituto”. Nella cappella, parata a festa, lo accompagnavano diversi parroci, il rettore dei Salesiani e il cerimoniere mons. Capovilla. All’atto di obbedienza, “la Superiora Generale presentava su di un vassoio i simbolici doni, cioè una copia delle Costituzioni, una chiave dorata e un campanello d’argento, a raffigurare l’autorità dell’Augusto Protettore sulle presenti” e gli rivolgeva un devoto indirizzo: “In quest’ora lietissima per noi, mentre Voi, Eminenza, con quella magnanimità di cuore che vi distingue, ossequiente al mandato di Roma, Vi degnate accoglierci sotto la Vostra protezione, ci sembra di sentire ancora lo spirito del Passi, anima ardente della Vostra terra bergamasca, che trepido e grato si unisce al coro delle sue figlie presenti e lontane, non solo per raccomandarci a Voi, come già ai Venerati Presuli che vi precedettero, ma anche per ringraziarvi…”. Ma, il 28 ottobre seguente, il Card. Roncalli saliva sulla Cattedra di Pietro, col nome di Giovanni XXIII. “Tutte le campane si distesero a festa annunziando il glorioso avvenimento”. Grande fu l’esultanza di tutti i veneziani, pur “offuscata solo dal pensiero di perdere il buon Pastore che si era conquistato il cuore dei figli”. Ma le dorotee così si esprimono: “Padre Santo, la stessa confidenza che ci animava quando veniva tra noi, intrattenendoVi con quella santa semplicità che ci faceva pensare al Maestro Divino, ci incoraggia ora ad avvicinarci alla Santità Vostra, elevata dalla somma bontà del Signore, a tanta altezza. La notizia. Veramente grande, ha riempito di gaudio anche il cuore delle piccole figlie di Santa Dorotea ancora 17 koinonia con gli esempi eroici della nostra grande patrona S. Dorotea. E soffermandosi sul gentile episodio delle frutta e dei fiori che un Angelo portò al rétore Teofilo … vede nelle tre mele simboleggiate le virtù teologali: fede, speranza, carità e nelle tre rose: la verginità, la povertà, l’obbedienza…”. Estende la benedizione sull’intero Istituto, e lascia alle suore la promessa d’un suo ritorno. Sempre attento alle urgenze dell’Istituto, non mancava di rendersi presente nei momenti più importanti. Il 6 febbraio 1956, “non potendo sodisfare il nostro desiderio di averlo fra noi a celebrare la S. Messa in onore di S. Dorotea … è venuto nel pomeriggio sfidando il gelo che minacciava di bloccarlo in laguna. Dovette infatti approdare ad una riva alquanto lontana e fare il tragitto a piedi. Proveniva da una visita all’Arsenale col motoscafo dell’Ammiragliato… sotto la vigilanza di un Capitano in grande tenuta che si tenne a grande onore di accompagnarlo data la sera buia e tempestosa. L’Em.mo Presule, tanto desiderato, incedeva nella nostra bella Cappella ornata a festa, preceduto da quattordici chierichetti, con a lato quattro Sacerdoti e il fedele Segretario Don Loris Capovilla, mentre il canto dell’Ecce Sacerdos l’accompagnava all’altare”. Sua Eminenza “in tono familiare ci rivolse l’augusta Sua parola che ci spronava a sempre più e meglio servire a Dio e alla Chiesa nell’operosità di un apostolato circonfuso di purezza e di carità, intessendo fra gli altri quello della nostra grande Patrona S. Dorotea”, ma non poté assistere alla solenne Benedizione a motivo del tempo che gli consigliava un sollecito ritorno al Palazzo Patriarcale. E quasi a “conforto per la nostra delusione d’averlo così poco fra noi, ci promise una sua venuta in un mattino di temperatura più mite”. Ancora, nella visita del 20 marzo 1957, “dagli esempi del Ven. nostro Fondatore… trasse per noi il monito: ‘Servite Domino in laetitia’. Sì, anche fra il pianto e le spine inevitabili della vita, saper cantare la gioia di amare e servire il Signore. Poi, a conclusione delle Sue esortazioni, aggiunse un elogio per il breve canto gregoriano udito, esprimendo il desiderio di vederlo ripristinato nelle funzioni KOINONIA 18 inebriate di fresca letizia per la Vostra presa di possesso come Protettore del loro Istituto. Padre Santo, noi lo sentiamo, Voi continuate ad esserci Protettore, mentre noi, benché tanto piccole ed indegne siamo pronte a protestare obbedienza ad ogni Vostro cenno e desiderio. Il Signore Vi ha prescelto ad una sofferenza pari alla dignità, preponendoVi al governo universale della Chiesa. Una grande croce Vi è stata offerta da Voi abbracciata con generosità e fiducia. Ebbene: noi desideriamo di aiutarVi e confortarVi, vivendo spiritualmente unite, offrendo al Signore preghiere e sacrifici per le Vostre intenzioni. E poi faremo pregare i nostri bambini degli asili, delle scuole perché le loro innocenti aspirazioni Vi ottengano quanto desiderate per il bene universale della Chiesa e perché presto tutte le pecorelle ritornino alla Casa del Padre. Uniamo alcune letterine dei nostri scolaretti scritte con spontaneità e devozione. Umilmente prostrate ai Vostri piedi chiediamo per l’intero Istituto e per le nostre opere l’Apostolica Benedizione - Le Suore di Santa Dorotea del Passi”. In risposta, arriva dal Papa l’apostolica benedizione. Altre sue benedizioni “propiziatrice di copiosi favori celesti” giungeranno in diverse occasioni, e non manca di ricambiare i nostri omaggi anche con doni, fra cui “un bellissimo cero pasquale”. Alle suore riunite in casa madre per gli Esercizi (agosto 1962), Giovanni XXIII “rivolge paterno pensiero in espressione di compiacimento per testimonianza sentimenti filiale devozione et particolarmente per ferventi preghiere che esse elevano et promettono continuare a propiziazione dei celesti favori per felice esito Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, mentre incoraggia a perseverare con lieta generosità nel corrispondere al sublime dono della loro vocazione et invoca divina assistenza affinché abbondanti frutti di santificazione et apostolato maturino nella vita dell’Istituto et dei singoli membri Santo Padre imparte di cuore a coteste dilette figlie implorata confortatrice benedizione” (telegramma firmato dal Card. Cicognani). Ed ora sentiamo che il nostro “Cardinale Protettore”, San Giovanni XXIII, dal Paradiso continua ad assisterci con la sua benedizione. n Le suore dalla ‘bella età’ Alberica Vitari smsd Premessa er allontanarci dai criteri standard sulla vecchiaia, sia negativi che positivi, privilegiamo la convinzione che l’esistenza, tutta, fino alla fine, è caratterizzata da una metamorfosi incessante. Non ci sono modelli infallibili, cui riferirci per invecchiare “bene”; piuttosto rintracciamo molteplici opzioni che indicano come affrontare tale fase della vita, senza incorrere in forme stantie di rimpianto. P La vecchiaia porta con sé aspetti ambivalenti: dall’incertezza e inquietudine alla volontà di tenere in mano la propria vita; dalla sensazione che ormai i giochi siano fatti ad una possibile ripresa di piccoli spazi operativi; dal restringimento degli affetti e delle relazioni alla nascita di gesti nuovi di festa e di partecipazione; come pure dalla percezione della personale pochezza alla consapevolezza delle risorse acquisite. Si sta tra due poli. Importante è intrecciarli senza rinnegarli. Come? Riformulando una comprensione diversa? Tento un percorso attorno alle suore anziane. Sarà un’impresa ardua, tuttavia essa vuole essere una presa di coscienza di tali “figure culturali”, che fanno parte del nostro contesto sociale, sono tante, e vivono con noi. Le incontriamo in chiesa, all’ufficio anagrafe, per strada, in ospedale, ovunque. E il loro apparire trasmette immediato un richiamo al senso religioso della vita. Per questo suscitano rispetto e venerazione. Quindi, quello che riesco a scrivere è soltanto un piccolo e fraterno riconoscimento della loro significativa presenza nella chiesa, nella società e nelle comunità cui sono inviate. Volti e nomi Il bello di affidarsi a Dio Era di casa a Brescia, Suor Miriam, ma veniva da lontano. Si prendeva tempo per curarsi per poi ritornare là, dove aveva il cuore e i progetti da portare a termine. Non tornò. Casualmente la vidi in farmacia: pallida e smagrita. Lo sguardo sempre profondo. Non le chiesi nulla; parlava lei e, tra le sue poche parole, sussurrò: che io viva ancora, è Lui che vuol darmi vita, e io mi sento dentro questa Sua volontà, anche oggi, come quando lavoravo attivamente. Sai? Si va e si torna. Ma tutti i nostri viaggi sono un ritorno, sono il ritorno. E continuò: Avevo capito presto che gli anni a nostra disposizione sono pochi (anche se molti) e svelti; da lì il dubbio se mi sarebbero bastati per poter dare un segnale che testimoniasse che l’ho vissuta e amata la mia vita, che 19 FACCE di suore “Sono tra gli ottanta e i novanta e mi dicono che ho una bella età” (Pensiero corrente) l’ho apprezzata e riempita di buone cose. Durante la lunga degenza riuscì a comporre una breve supplica dal bel titolo: “Il Canto del Ritorno”. Era una leader, Suor Miriam, schiva e riservata, ma che faceva i fatti. “Può darsi che Dio abbia bisogno di me per sistemare qualcosa lassù”, disse dal letto, come per consolare chi restava. facce di suore 20 Disponibilità ad una continua conversione Al lago: Suor Victoria amava il lago e il suo Istituto le concedeva soggiorni frequenti in quella bella casa luminosa e profumata di rosmarino. Là ritrovava la compagnia delle consorelle della sua età. “Quella che tutti dicono bella, esclamava argutamente, ma l’età bella è quella dei vent’anni”. Faceva dono volentieri del suo buon umore e pregava tanto, in modo anche originale. Al vederla così mora e rugosa, ti fermi senza parole, ma lei subito: Nelle mie rughe è scritta la mia storia! Non sapete quante volte nella mia vita mi sono segnata nella croce del Signore; e quante altre la mia voce, così roca, si è unita alle voci della Chiesa e del creato per lodare Dio? E quant’altre ancora gli ho chiesto “fammi sentire gioia e letizia”, “rinnova in me uno spirito saldo?”. Ogni venerdì della mia lunga esistenza. Brava lei, la ragioniera, che fa i conti e su quei numeri ci conta! Sicura quasi che davanti a Dio lei sarebbe stata in credito. No, no! Sono stata una viandante per vocazione, interiormente si capisce: ho cercato, nell’inquietudine, risposte di verità; ho vacillato nelle mie certezze, mi sono buttata nell’abbraccio di Dio. Sono in pace. La prova della fede Temeva di invecchiare e di imbruttirsi, Suor Romana. Si piaceva proprio, del resto aveva un bel volto e oltre al corpo curava la sua professionalità, che esprimeva in un impegno incondizionato per il suo lavoro. Che per noi è missione. Con il fluire del tempo si appesantì e i segni del logoramento fisico si accentuarono. Sentii terribilmente la sua sofferenza e sentii anche che le volevo un bene più forte. Tutto il suo fare contrassegnato dalla ricerca di sé si mutò in altruismo generoso, e questo non fu un passaggio indolore, anzi maturò in lei la disponibilità ad accogliersi: la vecchiaia è parte naturale della vita, mi disse. Abbiamo il diritto di invecchiare. Ma con dignità. E viverla come offerta gradita a Chi continua a donarcela. Seppe sviluppare uno stretto rapporto tra vecchiaia e preghiera e divenne una convinta apostola della devozione della Buona Morte, presso i malati. Semplicità e fraternità Vengono verso di me composte e sorridenti, alcune col bastoncino, l’ultima in carrozzella. Stanno entrando in salapranzo e mi fanno cenni di saluto. Sono le ospiti di una Casa di Riposo dove ho alcune amiche. Rispondo al saluto, certa che qualcuna non mi riconosce: Ciao, Suor Carla, Suor Marina, Suor Rosetta, Suor Vincenzina, e tutte le altre. Vanno a tavola e penso che quello sia senz’altro un momento di intensa convivialità dentro le loro giornate. Un buon pranzo costituisce una piccola felicità. Anche la Bibbia raccomanda di mangiare lietamente il pane e di bere di buon animo il vino (Qoelet). E dopo il pranzo si fanno attorno a me, simpatiche e contente di avere visite, interessate alle notizie della scuola, della mia comunità, della mia famiglia. Sono buone, vivaci, affettuose. Ma, qual è la sorgente di queste gioie minori? Risponde l’Arcivescovo Cardinale di Vienna, Schonborn: la bontà, il dono di sé, un po’ di umorismo e un intimo legame con il Signore. Una lezione! n La famiglia, la crisi, il futuro Lucia Tramonte 21 desiderio di altri di volerlo a tutti i costi ricorrendo a tutte le possibilità che la ricerca scientifica offre. La crisi dell’amore e delle relazioni che spesso non vengono vissute come accoglienza di un’alterità che è dono per la nostra vita, ma come ricerca di soddisfacimento personale o, peggio ancora, come possesso dell’altra persona che diventa uno dei tanti beni da consumare e poi mettere da parte quando non ci servono più (la cultura dello scarto, direbbe Papa Francesco). Anche la fede è in crisi nella vita familiare, relegata ai margini della vita di coppia e di famiglia, mortificata in tradizioni ormai svuotate del loro significato e stancamente ripetute per abitudine: il battesimo, il catechismo, la prima comunione. Superato il passaggio dalla famiglia patriarcale alla famiglia nucleare, oggi la maggior parte delle persone vivono secondo modelli diversi, modelli che vanno riconosciuti e tutelati dalle istituzioni. Ciò non vuol dire però che la famiglia sia diventata un reperto museale da mettere in vetrina, un oggetto da studiare come passi nell’opera N ell’annunciare il tema del prossimo Sinodo mondiale sulla pastorale familiare ai Cardinali riuniti in Concistoro, Papa Francesco così si è espresso riguardo alla famiglia: realtà umana così semplice e insieme così ricca, fatta di gioie e di speranze, di fatiche e di sofferenze, come tutta la vita! Sì, una realtà semplice e complessa come la vita. Ed oggi, più che mai, la famiglia vive la fatica della complessità del nostro tempo e si trova ad affrontare un momento difficile di passaggio, di cambiamenti rapidi che richiedono scelte e decisioni forti: un tempo di crisi appunto. Crisi, una parola che da qualche anno ormai rimbalza frequentissima nella nostra realtà quotidiana connotata sempre di negatività e di pessimismo mentre, a guardare bene la sua etimologia, scopriamo che il termine “crisi” rimanda al concetto di superamento di un problema, di discernimento e di possibilità di cambiamento. Resta il fatto che la famiglia oggi vive un momento difficile per diversi aspetti. Se la crisi economica è quella più appariscente e preoccupante perché rimanda alla stessa idea di sopravvivenza, alla possibilità di perdere il posto di lavoro e quindi di non poter più soddisfare nemmeno i bisogni primari, altre crisi più subdole e penetranti mettono la famiglia di fronte a scelte sempre più ardue. La crisi della vita, per esempio, quando si osserva la contraddizione tra la paura di tanti di mettere al mondo un figlio e il passi nell’opera 22 un fossile, essa rimane una insostituibile palestra di umanità. In quell’intreccio di relazioni che vi si sviluppano sia verticalmente nel dialogo tra le generazioni, sia orizzontalmente nei rapporti di parentela, prendono corpo le gioie e le speranze, le fatiche e le sofferenze cui faceva riferimento Papa Francesco. Proprio lì si impara la vita e la famiglia continua ad essere il percorso fondamentale per entrare nella comunità degli uomini e dei cittadini. Una famiglia che diventa consapevole della portata di questa responsabilità, che viene riconosciuta in questo impegno, sostenuta nel viverlo e che si apre al futuro con fiducia, con speranza, può andare al di là della crisi e tornare ad essere protagonista dello sviluppo e del rinnovamento che tutti desideriamo. Se le nostre famiglie, le famiglie cristiane, vivono pienamente immerse in queste realtà, ne condividono le fatiche e le contraddizioni, le conquiste e le gioie, allora quale può essere il nostro ruolo? Il pensiero corre subito all’immagine del lievito così familiare a chi vive la Spiritualità Dorotea. Le famiglie cristiane che vivono la presenza di Dio nelle dimensioni della fede, della speranza e della carità possono essere testimoni di un modello di vita familiare orientato al bene del singolo e della comunità. La famiglia che vive la gioia della fede e la sa comunicare negli spazi del sociale è sale della terra e luce del mondo, è lievito per tutta la società. Noi famiglie di Cooperatori, educate alla scuola del beato Luca Passi, possiamo essere quel lievito di speranza che non attende nell’inerzia ma costruisce il futuro. n Bolivia: l’invio dei Catechisti a Colomi Suor Blanca Delgadillo N ei mesi di febbraio, marzo e aprile ebbe inizio nella parrocchia di S. Isidro in Colomi la preparazione ai sacramenti della prima Comunione e della Cresima; attività che ha coinvolto pure le comunità più lontane di Toncoli, Aguirre, Candelaria e altre. La domenica, 6 aprile, 32 catechisti volontari di Colomi, impegnati nel servizio e con molto desiderio di realizzarlo nella gratuità per la formazione umana e cristiana dei giovani e bambini, sono stati inviati per annunciare la Parola di Dio. Ricevettero così il dono di evangelizzare, quel dono che Gesù sparse su coloro che furono chiamati a diffondere il suo Amore. L’Eucaristia fu presieduta da Don Wilson Rodríguez (parroco di S. Isidro), che presentò tutti i catechisti alla stessa comunità. Questi giovani rinnovarono davanti a Dio e alla comunità il proprio impegno di annunciare con la vita e le parole che Gesù è risuscitato, facendosi compagni di cammino dei bambini, adolescenti e giovani e favorendo in ciascuno di loro il lento maturare del dono della fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo e l’amore per la Chiesa. Cooperatori dell’OSD Lo scorso 8 aprile abbiamo vissuto l’incontro dei cooperatori nella comunità di Colomi sul tema: Vogliamo riconoscere con gratitudine il servizio disinteressato che alcuni catechisti adulti realizzano nelle zone più lontane, come in Candelaria il signor Roberto (da 27 anni catechista), la signora Enriqueta (da 27 anni), la signora Lourdes (da 26 anni); in Tablas Monte il signor Antonio e la signora Fructuosa (entrambi da 15 anni); in Colomi il signor Andrés (da 20 anni). Tutti continuano a dedicarsi con disponibilità e dono. Nella pastorale della parrocchia esistono vari gruppi che collaborano generosamente: i sacerdoti, le Suore Dorotee, il coro, gli animatori del gruppo giovani, catechisti e gli ‘amici di Gesù’. Tutti cerchiamo come un’unica famiglia di comunicare il regno di Dio. Condividiamo con gratitudine il servizio e l’amicizia tra i differenti gruppi parrocchiali. L’esperienza della Settimana santa Durante il tempo quaresimale abbiamo realizzato laboratori con i ragazzi di prima Comunione e Cresima con l’obiettivo di aiutarli a prendere coscienza dell’importanza di questo tempo di grazia che ci regala il Signore per prepararci alla Pasqua. Si invitarono i cooperatori a prendere coscienza dei differenti sguardi che attraversano la nostra esistenza. Sguardi di amore Sguardi di tenerezza Sguardi di stima Sguardi che mi infastidiscono Sguardi di sospetto Sguardi di fiducia Sguardi che mi hanno suscitato paura/ terrore Sguardi di sfiducia Sguardi, Sguardi, Sguardi, Sguardi, ... n 23 passi nell’opera Di sguardo in sguardo, per illuminare l’incertezza del futuro. Siamo in tempi di calamità e di gioia. Brescia: “Pensa, se non avessimo provato” Suor Veritas e cooperatrici passi nell’opera 24 A bbiamo incominciato a parlarne a ottobre: Ma, non so, chi vuoi che venga, ci sono tante proposte. È vero! Proporre a Brescia, Centro storico, in una sala civica, un incontro sulle problematiche dell’adolescenza, avendo come prospettiva l’Opera, costituiva una grossa scommessa. Proviamo! Ha richiesto tempo, fatica, fondi, contatti con i relatori, informazioni, reperimento della sala, ricerca di uno sponsor… È meglio che tanti facciano poco piuttosto che pochi facciano molto diceva il beato Luca Passi. Abbiamo rischiato! La serata, svoltasi mercoledì 7 maggio presso il Teatro S. Carlino di Corso Matteotti, ha superato ogni attesa: gremito, con tante persone in piedi o sedute per terra, attente, soddisfatte, riconoscenti per i relatori, la location, il pubblico. I cooperatori hanno fatto gli onori di casa: nessuno dei presenti si è sentito ignorato o estraneo. Ogni persona era attesa da chi l’aveva personalmente invitata. Le persone non sono state attratte dalle 1500 brochures dispensate in tutti gli ambienti possibili: biblioteche, scuole, ospedali, oratori, negozi, supermercati… ma dal passa parola al vicino della porta accanto o al collega, all’amica, a chiunque fosse interessato all’argomento. Quali le solitudini o la solitudine dell’adolescente? Punti di vista diversi: il magistrato del tribunale dei minori, la psicoterapeuta, il sacerdote, sollecitati e moderati da Lorella e da Vallì, cooperatrici. L’incontro ha avuto inizio con una performance delle “Mele Verdi”, un gruppetto di adolescenti che avevano precedentemente lavorato sulla solitudine. Ognuno sfilava in silenzio davanti al pubblico con un cartello focalizzando quando e perché si sentiva sola/solo. I relatori hanno toccato un aspetto specifico della multiforme espressione 25 passi nell’opera della solitudine e delle sue conseguenze: dal “sempre connesso e sempre più solo”, alle forme esasperate di anoressia, bulimia, tossicodipendenza, omosessualità, ai maxi, quasi taciti raduni, presso i Centri Commerciali o nella ricerca esasperata del mi piace tramite i social network, fino a toccare la solitudine come valore da cercare e custodire. Il sacerdote, infatti, ha portato in primo piano l’inevitabilità e la necessità di essere soli, di difendere la propria identità da tutto e da tutti. L’uditorio ha avuto come un sussulto: dall’attenzione è passato alla commozione soprattutto ripercorrendo il brano dei due discepoli di Emmaus: Gesù si è accostato con discrezione, ha condiviso 11 miglia, ascoltandoli, ha finto di non sapere nulla per lasciarli esprimere il loro vissuto e, arrivato a destinazione, ha detto di dover procedere per indurli a chiedergli di restare. E lo riconobbero. Le provocazioni, forti e coinvolgenti, sono risuonate nella sala: Siamo disposti a camminare accanto all’adolescente per 11 miglia, senza giudicare, senza intervenire, senza indossare la veste del maestro? Siamo disposti a rischiare di perdere le persone, di non legarle a noi, ma di creare le condizioni per una adesione? Dalle 20,30 alle 22,30 senza interruzioni, senza il solito via vai delle riunioni, in silenzio. Le domande del pubblico non si sono fatte attendere, anzi si è dovuto interrompere per rispetto e discrezione di chi da due ore era in piedi. L’incontro aveva come obiettivo quello di richiamare ogni cooperatore alla responsabilità personale verso gli adolescenti; abbiamo avuto una piattaforma da cui ripartire ogni giorno per raggiungere alcune poche fanciulle, le più vicine alla propria abitazione per orientarle a una positività di vita, disposti a far 11 miglia con loro perché si accorgano che offriamo loro Colui che rischiara le tenebre e dissipa le paure. L’Opera di S. Dorotea, ha concluso suor Veritas, è ancora oggi una strada percorribile, non richiede altro che una santa amicizia, capace di diventare guida amorosa. “Pensa, se non avessimo provato, quante opportunità sarebbero svanite”. Occorre sempre rischiare se si vuole educare! n Peseggia: La gratitudine delle Cooperatrici Vally - Cooperatrice OSD passi nell’opera 26 È successo! Le nostre suore ci lasciano dopo un secolo di amorevole presenza a Peseggia! Era inevitabile che accadesse perché non ci sono più vocazioni e le nostre suore sono sempre meno e sempre più anziane, ma noi non lo abbiamo mai voluto prendere in considerazione forse per non farci del male o forse semplicemente perché abbiamo voluto credere che, qui a Peseggia, non potesse accadere mai… invece ora è successo e l’annuncio della loro dipartita ci ha trovati tutti impreparati ed incapaci di accogliere l’evento. Le domande si accavallano: chi ascolterà la mia paura, il mio pianto, la mia delusione, chi mi conforterà nella mia fatica. A chi confiderò le mie lotte, chi visiterà i nostri ammalati, chi si prenderà cura di quella coppia in crisi, di quell’anziano, del mio nipotino, chi si accorgerà che quella mamma non ha cosa dar da mangiare ai figli, chi metterà quella parola buona, chi spronerà quei ragazzi. Insomma, sembra d’un tratto che tutto ci venga tolto o peggio ancora che, con loro, le nostre amate suore portino via tanta parte del bene che ci circonda. E per noi, cooperatori dell’Opera di Santa Dorotea, avrà ancora un senso il nostro andare senza la presenza delle nostre suore? Poi capiamo un po’ alla volta che ora siamo chiamati noi ad essere coloro che ascolteranno un pianto, conforteranno chi è in fatica, visiteranno l’ammalato, si prenderanno cura del bisognoso, che gratuità, di giustizia, di verità e di amore, senza mai dubitare, senza mai cedere, senza mai stancarsi. L’onnipotenza di Dio farà tutto il resto. Ognuno di noi serberà gelosamente nel suo cuore tanti momenti di vita vissuti assieme a loro e che ci hanno legato da un’indissolubile e profonda amicizia piena di affetto e di gratitudine. Ora che un vento nuovo le sta portando altrove, vediamo più chiaramente il valore di quella fraternità così semplice e quotidiana e non possiamo che stringere fra le mani questa “piccola perla preziosa” da consegnare, a nostra volta, a nuovi volti e a nuove storie. Ringraziamo suor Giacinta animatrice del gruppo OSD di Peseggia, e con lei suor Rosa, suor Imelda, e tutte le suore dorotee che sono vissute qui con noi a Peseggia, per quanto hanno fatto per la nostra comunità e per quanto faranno ancora per il Signore. Chiediamo per loro ogni benedizione celeste. n Brescia: Esperienza di volontariato Federica Castana Aspirate a cose grandi… per vivere e non vivacchiare! Q uando c’è qualcosa che si muove dentro, perché non ascoltarlo? Se una voce ti chiama, perché non rispondere? È iniziato così il contatto con alcuni ex alunni che hanno frequentato la Scuola Santa Dorotea. Sono dell’idea che spesso le cose belle iniziano così… quasi per caso. Siamo stati chiamati “gruppo promotore”, ossia un insieme di persone volenterose che hanno a cuore i rapporti significativi e sono fermamente convinte che condividere con altri ciò che credono sia importante, è la chiave per aprire la porta della vera felicità. Dopo tanti confronti, chiacchiere e riflessioni abbiamo deciso di organizzare un primo incontro per provare a coinvolgere coloro che hanno trascorso la loro infanzia presso la scuola delle suore Dorotee. Convinti che un incontro a tema sarebbe stato un buon inizio, ci siamo a lungo confrontati su quale dovesse essere questo fatidico tema. La parola “volontariato” riecheggiava nelle mie orecchie e nel mio cuore. Parlare agli altri di volontariato poteva essere un modo per trasmettere che se si vuole seguire Gesù si deve avere un “cuore largo”, “vivere la vita come un dono” da dare agli altri, “non come un tesoro da conservare” per se stessi, alla fine isolandosi nell’egoismo. Papa Francesco ha detto ai giovani: «Non siate spettatori ma protagonisti» nelle «sfide» del mondo contemporaneo. Non mediocri o annoiati, non omologati. «Non si può vivere senza guardare le sfide», «non 27 passi nell’opera sproneranno, che parleranno di Dio, che fattivamente collaboreranno con il volontariato parrocchiale, e via dicendo. Ed allora cominciamo ad intravedere che Dio, in tutta questa fatica, ci sta chiedendo di diventare adulti nella fede. Anche in questa scoperta ci hanno condotti sempre le nostre care suore. Come una madre che prepara il figlio perché non si abbia a perdere nella vita, quasi incurante del suo stesso male perché protesa a che il figlio abbia a soffrirne il meno possibile, ci hanno indicato una crescita, ci hanno fatto intravedere una luce nuova e ci hanno incoraggiato e dato fiducia. Nella fraternità dei nostri incontri OSD siamo cresciuti nella fede e, con don Luca Passi che è stato per noi come un amorevolissimo fratello maggiore, abbiamo fatto nostri, se così si può dire, gli obiettivi di amore, di giustizia, di bellezza di Dio. Abbiamo compreso che è sempre nelle nostre possibilità il potere di seminare semi di passi nell’opera 28 state al balcone, lottate per dignità e contro la povertà”. “Vivere, mai vivacchiare” ha detto, e “non lasciatevi rubare l’entusiasmo giovanile”. L’incontro, quindi, si è svolto in un’aula della scuola elementare di Via Capriolo 36 e solo l’atmosfera ci ha fatto tornare bambini. Si sono susseguite una decina di esperienze di volontariato a confronto che spaziavano dal prestare servizio in ambulanza (SERC per esempio), al dedicare il proprio tempo a Bimbo Chiama Bimbo, alla Caritas del Centro Storico, all’essere aiutoeducatore presso l’Oratorio, o di aiuto-compiti per i bambini/ragazzi con difficoltà, al dedicare del tempo come clown terapia presso l’ospedale. Ognuno di loro dona del tempo per fare volontariato ricevendo sempre di più di ciò che dà. Coloro che hanno partecipato a questo incontro non sono stati molti ragazzi, qualcuno ha avuto contrattempi, altri non potevano e altri ancora si sono dimenticati. Io però non mi scoraggio, è stato un bellissimo incontro; nella vita… non bisogna avere fretta. Sono fiera dell’esito di questa giornata. Un ringraziamento speciale a tutti coloro che hanno partecipato, a chi ha raccontato la propria esperienza, un grazie al gruppo promotore che, anche se è alle prime armi, vuole crescere e con entusiasmo vuole diventare sempre più coeso e pronto per nuove esperienze e un grazie immenso a Suor Veritas per le sue idee e per il suo aiuto. Tutto questo ti apre il cuore! E allora… alla prossima! Un augurio a tutti i giovani: “Non siate indifferenti, ma siate contagiosi della gioia che è in voi!”. n 29 irito p S o l l da e ova t u a n c i f a i t v i i v V ti di t u r f o portiam L’evento del Capitolo 30 Arrivo delle Capitolari Chi in macchina, chi in treno, chi in aereo, il 25 giugno sono arrivate a Roma tutte le partecipanti al Capitolo. Le sorelle che vengono da più lontano sono state le prime ad arrivare, così, prima che inizino i lavori, ognuna ha il tempo per adattarsi al nuovo fuso orario, al clima, al ritmo di vita, alla lingua italiana. Ritiro spirituale: 26-28 giugno guidato da Padre Marko I. Rupnik Nelle meditazioni offerte da Padre Marko I. Rupnik, le Capitolari sono invitate a recuperare una visione della vocazione a partire dal tema del Capitolo. Ognuno di noi è chiamato alla comunione con il Padre e con Dio Padre, attraverso la vita del Figlio suo, Gesù. Il Vangelo di Giovanni, cap 14, è un invito a sostare sulle ultime consegne di Gesù: Non sia turbato il vostro cuore... vado a prepararvi un posto... chi ha visto me ha visto il Padre. La giornata trascorre nel silenzio e nella preghiera, alle ore 19.00, le capitolari si trovano in cappella per la celebrazione dei Primi Vespri del Sacro Cuore di Gesù. Ritiro spirituale Festa del sacro Cuore di gesù Nella festa del Sacro Cuore di Gesù a cui tutto l’Istituto è consacrato, continua il tempo della preghiera per invocare su tutte il dono dello Spirito. Oggi ci fanno compagnia il Capitolo 10 di Giovanni che ci presenta Gesù come il pastore buono che è venuto a portare fuori dal recinto le sue pecore, perché possano, in pascoli aperti, vivere dell’amore di Dio che nel Figlio si estende ad ogni creatura; e il brano di Giovanni 4, offre alla nostra attenzione la donna Samaritana e, in particolare, la parola di Gesù che dice: Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato a compiere la sua opera. La certezza che fare la volontà del Padre è il cibo che nutre la nostra fede e rivela quale considerazione abbiamo di Dio, sono i pensieri che vengono offerti a tutte per continuare, nella preghiera, a disporsi alla novità dell’amore. Ritiro spirituale Festa del Cuore Immacolato di Maria Il Vangelo di Luca si conclude con l’Ascensione di Gesù al cielo e gli Atti degli Apostoli riprendono il racconto proprio a partire da questa scena. Gli Apostoli stanno a guardare in alto, non perdono di vista Gesù, come Eliseo cercò di non perdere di vista Elia, perché desiderano che lo Spirito di Gesù passi su di loro. Occorrerà attendere, non muoversi fino a quando lo Spirito Santo non scenderà su di loro. Gesù estende sull’umanità una nuova esistenza, affinché noi e il Padre siamo una cosa sola. Il cuore della vita religiosa è far intuire, attraverso la nostra presenza, che c’è un’altra Presenza; la condizione di tutto è l’accoglienza docile dello Spirito. La conversione è vedersi in una luce più profonda e più purificata. Festa dei Santi Pietro e Paolo: 29 giugno Apertura del Capitolo Le Capitolari si trovano in cappella per l’apertura del Capitolo. Il gesto dell’intronizzazione della Parola, si ripete ad ogni celebrazione di Capitolo, come espressione di una liturgia di fede e di consegna al Signore. Intronizzare significa mettere sul trono, cioè su un posto riservato a qualcuno di importante. Questo gesto diventa per le capitolari, un gesto sacerdotale di grande importanza. Scegliendo di mettere sul trono la Parola, proprio nella sala dove si svolgeranno i lavori, ogni Capitolare esprime la sua ferma volontà a lasciare che sia il Signore a governare la nostra vita. Conoscenza della realtà: 30 giugno Relazione della Superiora generale La giornata si è aperta con la contemplazione dell’icona della Madre di Dio “del segno”. La “Tuttasanta” è una antica icona russa dei primi anni del Duecento. La grande figura di Maria è ritratta in piedi, in posizione frontale, con le braccia aperte al modo dell’orante. Il Bambino è raffigurato in un medaglione a fondo oro che sta proprio all’altezza del seno della Madre, con le braccia aperte in segno di accoglienza. Sotto il manto della Vergine, sotto la sua protezione abbiamo posto oggi in modo particolare l’Istituto. La relazione di Madre Teresa Simionato, Superiora generale, ha aperto la prima fase dei lavori, quella della conoscenza della realtà. Con sguardo spirituale è stata fatta memoria della nostra storia come parte della Storia della Salvezza e ci siamo aperte a passi successivi. Riflessioni, studio personale e di gruppo, incontri in assemblea si sono sus- 31 seguiti fino al 6 luglio: giornata caratterizzata dalla visita alla Basilica di S. Clemente. Il 7 luglio poi è stato un giorno di ritiro e di discernimento guidato da p. Germano Marani Sj. 32 8 luglio Elezione della Superiora generale e del Consiglio L’Assemblea capitolare ha eletto Superiora generale Madre Marialuisa Bergomi Vicaria Generale Madre Maria Angela Ferronato, Consigliere Suor Julienne Bimpenda, Suor Giancarla Barbon e Suor Paola Grignani Alla nuova Superiora generale e al nuovo Consiglio presentiamo i migliori auguri per il cammino che si apre, certe che il Signore cammina davanti a noi. Vi accompagniamo e vi presentiamo con tutto il cuore al Signore della vita. 10 luglio - Strumento di lavoro Prosegue il lavoro di conoscenza della Realtà, a partire dallo Strumento di lavoro elaborato con gli apporti di tutte le comunità dell’Istituto. Dopo il primo capitolo “Il cammino spirituale carismatico”, e il secondo “Il dono della fraternità: una nuova profezia”, oggi le Capitolari si sono concentrate sul terzo, “Il servizio di governo spirituale in stile di discernimento”. Attraverso lo studio personale, il confronto in Assemblea, gli approfondimenti nei gruppi, è continuata l’elaborazione delle indicazioni che contribuiranno a delineare gli orientamenti del prossimo sessennio. 11 luglio - Strumento di Lavoro La giornata di lavoro si è aperta con la Celebrazione Eucaristica presieduta da padre Mario Aldegani, Superiore Generale dei padri Giuseppini del Murialdo, che ha ricordato i cinque atteggiamenti positivi per una “Chiesa in uscita” presentati da papa Francesco nella “Evangelii Gaudium” (n. 24): “prendere l’iniziativa (primear!), coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare”. Nella mattinata e per tutto il pomeriggio, le Capitolari hanno poi continuato il lavoro di conoscenza della realtà e di individuazione di alcune prospettive in merito al “servizio di governo spirituale in stile di discernimento”. 12 luglio - Strumento di Lavoro Padre Rinaldo Paganelli ha presieduto la Celebrazione Eucaristica mattutina, invitando tutte a “non temere” guardando al futuro che attende l’Istituto. Fidandoci del Signore, ci ha spronato a scacciare la paura lasciandoci avvolgere dal timore di Dio. La giornata è stata interamente dedicata ad alcuni orientamenti relativi al “servizio di governo spirituale in stile di discernimento”. A questo capitolo terzo dello Strumento di Lavoro, l’Assemblea dedicherà anche gli incontri e gli approfondimenti dei giorni successivi. La Vicaria generale, Madre Maria Angela Ferronato, ha concluso il pomeriggio con un intervento circa il dialogo tra Istituti Dorotei che è stato avviato in questi anni. Un dono inatteso, che sta aprendo strade di incontro e conoscenza. 13 luglio - Strumento di Lavoro In tarda mattinata, mentre l’Assemblea capitolare era riunita per una sintesi sul dialogo avvenuto negli ultimi anni tra gli Istituti Dorotei, è giunta la notizia della morte di Madre Vittorina Savoldi. È spirata al momento dell’offertorio, mentre il fratello padre Enzo presiedeva l’Eucarestia nella sua stanza, presso l’infermeria di “Villa san Giuseppe” a Brescia. Su noi tutte Capitolari è calato il silenzio e la commozione… un’invocazione carica di affetto e di fede ha trovato espressione nella preghiera a cui ci ha invitate la Superiora generale Madre Marialuisa Bergomi. Siamo certe della sua presenza lassù, dove la pensiamo avvolta dalla Misericordia del Padre e unita ai Fondatori e alle tante sorelle già in Cielo. Il lavoro delle capitolari è continuato nel pomeriggio, riprendendo i passaggi che, in questi anni, hanno accompagnato il dialogo con gli Istituti dorotei. 14 luglio - Strumento di Lavoro Continuano i lavori, dedicati alla formazione iniziale e permanente, orientata dal Piano generale di Formazione dell’Istituto. A fine giornata è stata inoltre valutata in Assemblea l’ultima revisione relativa alla configurazione degli ambiti di supporto di cui il Governo generale potrà avvalersi per il prossimo sessennio. Il metodo ormai consolidato di studio personale, scambio in gruppo, report in Assemblea e sintesi finale, consente di dare la parola a tutte le Capitolari, di ottimizzare i tempi e di giungere ad intravvedere le linee guida per il prossimo sessennio, che confluiranno nel Documento finale. 33 15 luglio 2014 - Strumento di Lavoro 34 L’Assemblea Capitolare ha iniziato l’analisi della parte dello Strumento di Lavoro che riguarda l’amministrazione e l’economia, con particolare attenzione alla situazione delle diverse Nazioni in cui sono presenti le comunità dell’Istituto. La Madre Vicaria, Madre Maria Angela Ferronato ha inoltre ripreso alcuni elementi di fondo del Regolamento economico, che dopo 6 anni ad experimentum, necessita ora dell’approvazione. L’Economa generale ha puntualizzato alcune aspetti che esigevano chiarimenti. Anche questo strumento sarà utile alle comunità per una oculata e solidale gestione delle opere. 20 luglio - Conclusione del Capitolo Il Capitolo è giunto all’ultima fase: l’approvazione del Documento Finale dopo aver individuato le priorità per il prossimo sessennio. La ricchezza degli apporti pervenuti dalle Comunità e dai Cooperatori OSD nei mesi scorsi, il lavoro di ciascuna Capitolare in queste settimane intense, i nuclei dei confronti in gruppo e in Assemblea hanno portato a delineare gli orientamenti per il prossimo futuro. L’ultima giornata, domenica 20 luglio, è stata dedicata ad individuare le modalità per la restituzione alle comunità e alla verifica dell’esperienza capitolare. Dopo l’Eucarestia nella Basilica di S. Maria Maggiore, celebrata alle ore 18.00 da Don Gianni Barbiero, la Superiora generale, Madre Marialuisa Bergomi, richiamati i passaggi più significativi di questo mese, dichiara concluso il 29° Capitolo generale. Il diario della Sala capitolare Mi presento: sono uno dei banchi della sala capitolare e non nascondo di essere orgoglioso di aver partecipato al 29° Capitolo Generale! Il 26 giugno, nella sala dove vivo, si presentano 37 suore dorotee, in silenzio e in ascolto nei tre giorni di ritiro guidati da p. Marco Rupnik, con i quali inizia l’esperienza. Sento risuonare parole come radice battesimale, vocazione, dimensione ecclesiale… Domenica 29 c’è qualcosa di nuovo: le sorelle entrano solennemente in sala, precedute dalla Parola, che illuminerà il lavoro di ogni giorno. Al tavolo grande che mi sta di fronte si alternano varie persone: le moderatrici, tra cui spicca per competenza e raffinatezza suor Battistina Capalbo. I primi giorni le Superiore Madre Teresa, Madre Angela e Madre Assunta raccontano sei anni di cammino con il Signore e nelle comunità, chiamate al servizio dei fratelli con il tocco carismatico di don Luca Passi, proclamato Beato nello scorso aprile. Si capisce che, in modo sapiente e provvidente, Dio le sta proprio accompagnando! Il 7 luglio capisco che c’è più movimento del solito, anzi direi trepidazione… mah! … Il giorno dopo si svela il mistero: è stato eletto il nuovo Governo: Madre generale suor Marialuisa Bergomi e Vicaria suor Maria Angela Ferronato. Per la prima volta, viene eletta come consigliera una suora burundese, suor Julienne Bimpenda; al trio si aggiungono suor Giancarla Barbon e suor Paola Grignani. La commozione, mista alla gioia per un nuovo inizio, spinge le capitolari a lasciare la sala per portarsi in Cappella a cantare il Te Deum e ad abbracciare, a nome di tutte le sorelle dell’Istituto, Madre Marialuisa. Ora è lei che guida i lavori. Cosa stanno facendo di preciso? Bè, prima di tutto ogni mattina mi godo una bella preghiera con quadri di autore, brani biblici e silenzi contemplativi. Poi, a partire da un libretto, che chiamano Strumento di lavoro, le suore si confrontano, correggono le espressioni, convergono felicemente su nuove sintesi, che andranno a costituire il Documento Capitolare, che guiderà il cammino delle mie suore fino al 2020. Di cosa si ragiona? Ho sentito parlare di vita religiosa, di fraternità, di carisma, di economia e qui gli interventi precisi, illuminanti e pertinenti dell’Economa Generale suor Guidalba eliminano ogni dubbio. Le mie suore prima lavorano in silenzio in sala; poi sento dire che si spostano nei gruppi, da dove ritornano soddisfatte del loro scambio. Ma lavoreranno sempre? Mi hanno abbandonato solo un paio di mattinate: domenica 6 mattina per visitare la Basilica di San Clemente e mercoledì 9 mattina per partecipare all’Eucarestia in San Pietro; nel pomeriggio, però, le consorelle erano ancora in mia compagnia… a lavorare sodo. In mattinata arriva in sala la notizia della morte di suor Vittorina: ai ricordi carissimi si accompagna una preghiera di suffragio legata a un grazie 35 36 sincero per la sua testimonianza preziosa di abbandono al Signore e di passione per i fratelli. Il 17 noto che c’è del movimento: vedo sorrisi, baci... e con il mio occhio furbetto capisco che si tratta di un compleanno: della congolese suor Valentina e il giorno dopo è la volta di suor Loredana delegata dell’America Latina. Ho scoperto cosa hanno ricevuto come regalo dall’assemblea! Un evidenziatore bello colorato, accompagnato dall’invito a continuare a colorare la loro vita e il mondo. Ti ho raccontato tutto quello che ho visto in prima persona, perché vissuto in sala, però ci sono state tre sere in cui dalle finestre mi sono arrivati suoni, risate e qualche schiamazzo. Allora mi sono informato dalla suora che tutte le mattine viene ad aprire le finestre. Bene! Ci sono state delle serate in cui le mie adorate suore, alcune vestite in costumi tradizionali o in fogge a dir poco stravaganti hanno giocato… riso… danzato. I giorni scorrono veloci; si moltiplicano i fogli delle sintesi finali… e un giorno, dopo un grande applauso e abbracci calorosi, la sala si svuota. Tornerò alla silenziosa compagnia degli altri banchi, ma farò proprio fatica a dimenticare i tesori che ho raccolto! n In Italia e in Europa crescono sterminate periferie della vita Tino Bedin “Nutrire il pianeta”: e l’Europa? Prendiamo l’alimentazione. L’Italia si appresta ad ospitare l’Expo 2015 che ha per tema “Nutrire il pianeta”. L’ambizione dei promotori è di mostrare come realizzare il diritto ad un’alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abitanti della Terra, partendo dai buoni risultati dell’Italia e dell’Europa. Il contenuto dell’Esposizione universale di Milano non cambierà, ma qualche visitatore che verrà dall’altra parte del mondo potrebbe chiederci ragione dei 18 milioni di europei che ricevono aiuti alimentari finanziati dall’Unione Europea. E sono solo una parte minoritaria dei 43 milioni di europei (in questa cifra i bambini sono moltissimi) che non riescono a nutrirsi a sufficienza. La borsa alimentare è diventata in Italia una delle forme concrete e diffuse di sostegno. Perfino nel piccolo e ricco Granducato del Lussemburgo la Croce Rossa si sta facendo carico di distribuire generi alimentari. La “lotta alla fame nel mondo”, cui eravamo tradizionalmente interpellati, ora riguarda anche gli europei, tanto che in primavera Parlamento e Consiglio dell’Unione europea hanno approvato il “Fondo europeo per gli aiuti agli indigenti”, che ha una dotazione finanziaria di 3 miliardi e mezzo di euro da qui al 2020; per l’Italia sono destinanti poco meno di 600 milioni di euro. Serviranno proprio per la distribuzione di cibo e per l’assistenza materiale di base (vestiti e materiale scolastico). Sembrano grandi cifre, ma proprio gli studi fatti dal Parlamento europeo in vista dell’approvazione del Fondo evidenziano che di quei 3 miliardi e mezzo di euro beneficeranno circa 4 milioni di persone, mentre sono circa 50 milioni gli europei che versano in gravi condizioni di insufficienza alimentare e materiale. orizzonti A lcune persone che pochi anni fa erano volontari della Caritas ora sono in fila per chiedere aiuto, persino cibo. Come loro, sono milioni in Italia, in Europa, le persone che stanno vivendo un imprevedibile cambio di ruolo, che si ritrovano “dall’altra parte”, anzi “in un’altra parte”. Non sono più il centro di riferimento della propria vita e il centro di attrazione di altre vite: sono periferia. Un “luogo” ben conosciuto da Papa Francesco che si è premurato di segnalarlo nella mappa della Chiesa fin dalla messa crismale del 28 marzo 2013 ed ha continuato a farci costantemente da “navigatore” perché non ci confondessimo, perché non ci fermassimo alle periferie urbane ma arrivassimo alle periferie esistenziali: le famiglie ferite, il crollo della speranza, il senso di inutilità, la solitudine di chi non è cercato, l’inutilità di chi è escluso dal lavoro, l’impotenza di chi è diverso. Sapevamo di queste persone, ma fino ieri erano un tutt’uno con le periferie geografiche: quelle del Sud del mondo, quelle delle metropoli. Ora abitano tra di noi; ora sono dei “nostri”. Ora sono così numerose da connotare l’Italia e l’Europa come “periferia”. 37 orizzonti 38 Il consumo non è la via d’uscita dalla crisi La penuria alimentare è certamente uno degli indicatori della recente periferia che si sta sviluppando in Italia ed in Europa. Sia chi ci si trova a vivere, sia i molti comunità cristiane, municipi, negozi, istituzioni - che si stanno facendo loro compagni di vita hanno ben chiaro che accanto all’essenziale condivisione del bisogno di cibo sarebbe decisiva la comune ricerca esistenziale di un altro “centro”. L’ultimo Rapporto della Caritas italiana segnala che gli stranieri, pur soffrendo la disoccupazione più degli italiani e pur incontrando maggiori difficoltà abitative, sentono meno la povertà economica e hanno meno problemi familiari. La vita degli italiani è ferita anche dalla durezza della constatazione che è un modello culturale che si è esaurito senza che nel frattempo se ne sia non dico costruito, ma nemmeno ideato, uno più adeguato. I tre milioni di capifamiglia (uomini e donne) che il Rapporto Istat 2014 ha catalogato in condizioni di povertà hanno così la certezza che i loro figli non studieranno, non avranno abbastanza reddito, non potranno acquistare beni e servizi. Questi tre milioni di capifamiglia sono impoveriti e spaventati. E le guide della comunità (imprenditori, sindacati, governanti) li sospingono sempre più alla periferia dell’esistenza perché continuano a indicare la via d’uscita dalla crisi nella ripresa dei consumi. Il fortino dentro il quale sono asserragliati è l’unico che sembrano conoscere: se consumi produci, se produci guadagni, se guadagni consumi. E da qui ricominciano, perché i consumi sono considerati il fine e non un mezzo. La lunghezza e la profondità della crisi ci segnalano invece che questa strada ci ha progressivamente allontanati dal “centro” e ci ha condotti alla periferia della persona e della vita. Nel solitario crocevia della famiglia Succede così che proprio la famiglia, il “crocevia” dove persona e vita s’incontrano, sia oggi una delle periferie più solitarie. Nel 2013 sono nati in Italia 515 mila bambini: 12 mila in meno rispetto al minimo storico delle nascite che si era registrato nel 1995. Non è un “primato” imprevisto: la diminuzione delle nascite è incominciata proprio nel 2008, cioè con l’esplosione della crisi economica; da allora sono nati 64 mila bambini in meno. Se dai numeri passiamo alle famiglie, c’è il rischio concreto che meno lavoro, meno reddito, meno prospettive generino un “debito demografico” che aggraverà il debito finanziario che già è stato addossato alle generazioni future. Mentre calano i bambini, cresce all’anagrafe il numero di famiglie: sono 25 milioni in Italia. Anche in questo caso i numeri raccontano difficoltà e solitudine: mostrano infatti sempre più famiglie composte da una sola persona, perché per morte o separazione è venuta meno la coppia. Il tredicesimo Rapporto sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia realizzato dalla Caritas italiana riporta anche una sintesi dei risultati della prima indagine nazionale sulla condizione di vita dei genitori separati. Ne emerge che la rottura del rapporto coniugale determina forme di povertà e di disagio socio-relazionale assai severe: quasi metà è senza lavoro, due su tre non riescono a provvedere all’acquisto di beni di prima necessità, uno su due ricorre ai servizi socioassistenziali. Molti “tornano a casa”: ormai adulti, vanno a coabitare con i genitori Le persone diventano eccedenze di merce Intanto negli ultimi cinque anni 100 mila giovani italiani sono andati a lavorare all’estero. Sarebbero una risorsa per se stessi e le loro comunità, se nella maggior parte non fossero “scappati” dalla mancanza di speranza e di futuro, se non si fossero sentiti messi alla periferia di se stessi: delle loro capacità, della loro formazione, dei sacrifici propri e dei loro genitori. Questi ragazzi (e i genitori che li sostengono) stanno provando a reagire ad un altro “decentramento” che si è realizzato nell’ultimo ventennio con il prevalere di quella che Papa Francesco stigmatizza come “l’economia dell’esclusione”: la riduzione del lavoro a costo di produzione. Così concepito, il lavoro può essere sostituito da organizzazione e strumentazione; può essere sottovalutato, perché l’unità di misura non è la persona e il suo prodotto, ma il prezzo della merce che se ne ricava. Il lessico si è prontamente adattato: vocaboli come “licenziati” e “disoccupati” (riferibili a persone) sono stati sostituiti da “esuberi” (riferibili agli strumenti di produzione). Le persone diventano eccedenze di merce. Per questo cresce inevitabilmente una sterminata periferia del lavoro. Qui “abitano” i disoccupati: oltre 12 italiani ogni cento nel 2013, quasi mezzo milione di persone in più in un solo anno. Qui “abitano” - ed è una periferia esistenziale che comprende tutta l’Europa - milioni di persone che lavorano ma non riescono a mantenere la famiglia con il frutto del loro lavoro: un recente rapporto della Croce Rossa internazionale ha segnalato proprio in questa categoria di lavoratori sottopagati la maggior parte dei nuovi poveri, che trascinano nella povertà anche generazioni non produttive, cioè bambini e anziani che non possono contare sul reddito del capofamiglia. Qui “abitano” altri milioni di persone che accettano occupazioni meno qualificate rispetto al proprio titolo di studio. Il Rapporto Istat 2014 le ha contate: sono quattro milioni e 800 mila persone che si sono rassegnate ad aver studiato per niente. Il numero è enorme, tra chi ha tra i 15 e i 34 anni interessa una persona su tre, ma non ha fatto notizia. Ci si indigna per gli “sprechi”, ma non si è detto niente di questo spreco di persone, di sacrifici, di impegno. Ci si sta forse preparando anche al “decentramento” della formazione dopo quello del lavoro? La Costituzione conservata come un monumento La domanda ci incammina verso un’altra periferia, quella della democrazia. C’è uno scarto sempre più ampio tra il riconoscimento formale della cittadinanza, cioè dei diritti che ci fanno cittadini, e la loro effettiva fruizione da parte di quote consistenti della popolazione italiana. Il lavoro e la scuola sono essenziali ad una democrazia effettiva. Attraverso questi 39 orizzonti anziani. Rispetto all’inizio della crisi sono quasi mezzo milione in più le situazioni di questo tipo, nelle quali il contributo finanziario del componente pensionato è spesso l’unico. Anche perché l’Italia sta vincendo la competizione per il primato di Paese con il più alto indice di vecchiaia al mondo: l’Istat ha registrato che nel 2013 ogni cento abitanti con meno di 15 anni l’Italia aveva 151,4 abitanti dai 65 anni in su. Insomma anche nel caso della famiglia – come per quello dell’economia – ci si difende con quello che resta. E anche in questo caso non sembra una resistenza che possa durare a lungo. orizzonti 40 diritti si consolida la cittadinanza e quindi la consapevolezza di essere titolari della sovranità e di essere i difensori della democrazia. Da questi diritti si è partiti per costruire la nostra democrazia. Basta cominciare a leggere la Costituzione italiana: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (articolo 1); “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (articolo 3). Basta ripercorrere l’inizio dell’Europa Unita con Robert Schuman, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer per trovare solidarietà, inclusione, stabilità sociale come muri portanti della pacificazione permanente in Europa: se ciascun cittadino è al centro non avrà motivo di risentimento per altri popoli e non sarà facile ingannarlo con la guerra. Sono ancora questi i muri che sostengono le nostre istituzioni nazionali ed europee? O questi muri sono sempre più quelli di “monumenti”, di luoghi della storia, che si conservano per memoria: una specie di “città vecchia” dove non si vive più perché il “nuovo centro” è altrove? Il “nuovo centro” che Jorge Nuño Mayer, segretario generale di Caritas Europa, ha recentemente provato a schematizzare è questo? “Il potere sta passando dalla politica all’economia; la politica, in crisi di rappresentazione, viene meno alle sue responsabilità nei confronti dei cittadini, mentre i mercati finanziari dettano legge; possiamo dire che il consenso keynesiano, cioè il patto tra capitale e forza lavoro che ha portato ai diritti sociali, è finito; il capitalismo industriale è stato superato dal capitalismo finanziario o capitalismo casinò; aree che precedentemente erano chiuse ai mercati, perché erano beni pubblici, sono ora commercializzate; la vita quotidiana è commercializzata, i rapporti di lavoro hanno ripreso forme feudali, il pensiero neoliberale è egemonico”. Ciascuna di queste affermazioni merita ovviamente un’analisi. Ciascuna di esse comunque ci segnala che è incombente il rischio che un numero crescente di persone provi a costruirsi una sua periferia esistenziale, quella della rivolta sociale diffusa, della violenza, dell’antagonismo: una periferia dove la stessa esistenza perde valore. n I fatti di Casa nostra 41 MADAGASCAR Dice un proverbio libanese: “Se vuoi un raccolto di un anno, semina del grano; se vuoi un raccolto di dieci anni, pianta un albero; se vuoi un raccolto di cento anni, educa un popolo”. E un altro proverbio continua: “Se qualcuno ti chiede da mangiare, non dargli sempre il pesce: insegnagli a pescare!” È in quest’ottica che stiamo operando sull’Altopiano del Madagascar, nella Diocesi di Miarinarivo. Il nostro impegno di carità “spirituale” vuole aiutare questa porzione di popolo malgascio a raggiungere cronaca Inaugurazione della scuola “Santa Dorotea” di Soamahamanina la piena coscienza della sua dignità e grandezza, attraverso l’educazione integrale che offriamo nella nostra scuola “Santa Dorotea” di Soamahamanina. Sette anni sono passati da quel giorno ormai lontano della prima inaugurazione (12 maggio 2007), ma gli “attori” sono sempre quelli: bambini, genitori, insegnanti, autorità civili e religiose. Il 10 maggio 2014, la Superiora generale, Madre Teresa Simionato e l’economa, suor Guidalba Bittante, sono tra i presenti, unite alla nostra comunità locale, per inaugurare con tanta soddisfazione e un pizzico d’orgoglio, il piano rialzato della scuola “S. Dorotea”, resosi necessario per ospitare anche i 127 ragazzi della scuola media, dislocati negli ambienti dell’Oratorio. Il complesso magnifico e solido, venuto alla luce in sette mesi, è frutto della collaborazione e della generosità dell’Istituto e di tanti e tanti benefattori, cronaca 42 che ringraziamo di cuore anche attraverso queste pagine di “Ardere per Accendere”. Il raccolto auspicato di “cento anni” ha già cominciato a germogliare: i 33 bambini che nel 2003 avevano incominciato a Soamahamanina la scuola materna faranno, ormai adolescenti, verso la fine di luglio, gli esami di Stato per conseguire il diploma di terza media, che permetterà loro l’accesso al Liceo. Li attornieranno altri 390 alunni, fratellini, amici, vicini di casa, che nel corso degli anni si sono aggiunti a loro. È la prima promozione, ed è con trepidazione che anche noi l’attendiamo: il risultato sarà come quello dei bambini di quinta elementare, che da qualche anno realizzano il 100% di promozioni? Non vogliamo fare pronostici, ma ringraziamo il Signore che ci permette ancora oggi di realizzare in pienezza il nostro carisma di carità spirituale e di essere delle “seconde madri” per questi bambini, ragazzi e giovani, proprio come ci voleva il nostro Fondatore, il Beato Luca Passi. La scuola, dotata di aule luminose e ben arredate, di spazi per il gioco e per l’attività sportiva, vuole offrire agli alunni e alle loro famiglie una proposta formativa e didattica qualificata. Il nostro lavoro, supportato da quello dei docenti, preparati e competenti, fanno di questa Scuola un punto di riferimento per la crescita di molti ragazzi (sono attualmente 425), ma anche un luogo formativo per le loro famiglie. Il Progetto, iniziato nel 2003, vuole garantire la continuità e la qualità dell’esperienza, ma per completare i 100 anni, richiesti dal proverbio, ha ancora bisogno dell’aiuto di molti. n VENEZIA Tutto è cominciato da un contatto telefonico con chi, negli anni della nostra formazione iniziale, si era fatto compagno di viaggio per contribuire alla nostra crescita umano-spirituale. Così ci siamo messe in cammino, sulle orme di S. Francesco, e nello zaino la Parola che si è fatta ancora pane e luce durante i quattro giorni vissuti a Rivotorto, ai piedi dell’affascinante Assisi, circondate da un paesaggio naturale che, silenziosamente, si dischiudeva ai colori e profumi della primavera, nei giorni 21-24 febbraio 2014. È stata un’esperienza semplice e profonda in cui erano coinvolti i cinque sensi per fare memoria di quello che, nei vari anni di consacrazione religiosa, avevamo visto, udito, toccato e assaporato. È stato un momento di grazia per rileggere con il salmista le orme invisibili lasciate da Dio al suo passaggio, certo e misterioso a volte, dentro gli eventi vissuti; un invito a riconoscere con Mosé i momenti pasquali che hanno marcato profondamente la nostra relazione con Lui; un riappropriarci della bellezza dei colori presenti in ogni chiamata ed esperienza di 25° di Professione religiosa Prima tappa Chi si lascia guardare da Gesú crocifisso viene ricreato dal suo amore, diventa una “nuova creatura” (Papa Francesco, Assisi 4 ottobre 2013) La comunità di Soamahamanina Seconda tappa Una seconda tappa (4-6 aprile) ci aspettava in un luogo di altrettanta bellezza, ma più vicino a noi per il vivo legame affettivo: Venezia. In questo luogo siamo state convocate da madre Teresa con una sua lettera nella quale ci invitava a condividere un appuntamento di vita per ricordare e per guardare insieme avanti, sostenute dalla vicinanza del caro don Luca e dalle tante sorelle che ci hanno preceduto. Inoltre Venezia è la città della nostra Professione perpetua celebrata nel 1996 nella Chiesa dei Tolentini. Per questo era significativo ritornare agli inizi, dove la nostra storia di fede, cominciata in luoghi diversi, si incontrava con quella di don Luca e dell´Istituto e veniva consacrata dalla Trinità per essere condivisa nella fraternità e nella missione propria delle Suore Maestre di S. Dorotea nella Chiesa. Grazie anche alla disponibilità di tutte le sorelle di Casa madre che, nonostante i lavori in corso, hanno spalancato – come sempre – le porte e reso realtà il nostro desiderio, abbiamo ripercorso la nostra storia di figlie di don Luca e guardato alla Famiglia del nostro Istituto con le speranze e le preoccupazioni di coloro che si sentono parte viva e decidono di continuare il santo viaggio. Così la domenica mattina del 6 aprile, abbiamo rinnovato i 4 Voti religiosi. Marta e Maria, protagoniste del vangelo (in cui Gesù opera la resurrezione di Lazzaro), ci indicavano due colori propri di questa alleanza rinnovata con il Signore della Vita: il colore della fiducia e quello dell’amicizia per continuare - dove Lui ci chiama a vivere - ad accompagnare, a sostenere e a curare la vita perché sia abbondante e piena per tutti. Un grazie di cuore a tante persone che, come testimoni dell’Amore di Dio, hanno tessuto con noi questa storia. E il grazie più grande al Signore che continua a ricrearci con il Suo amore con il desiderio di farci sue nuove creature. n Suor Carla Micheletti, suor Celina Zanetti e suor Emma Scassola 43 cronaca discepolato, come è stata la storia di Pietro che si è lasciato guidare per imparare ad amare Colui che lo ha coinvolto nel suo Amore. È stato un riascoltare che cosa il Signore desiderava nuovamente da noi, attraverso la parola forte del profeta Michea: praticare la giustizia, amare la bontà e camminare umilmente con il tuo Dio. E - mentre la Parola alimentava la memoria e ravvivava in noi la gratitudine e l’amore come risposta a Colui che con fedeltà e creatività continua ad amarci - contemplavamo questa stessa Parola nell’esperienza di S. Francesco che, poco a poco, si è fatto testimone dell’amore di Dio fatto carne in lui. Ripercorrere le sue orme da Rivotorto a S. Maria degli Angeli, da S. Ruffino a S. Damiano, da S. Chiara alla Basilica di Assisi è stato un riscoprire il dono di compagni di cammino testimoni dell’opera che il Signore continua in noi solo se rimaniamo aperte al suo futuro. cronaca 44 BRESCIA, Villa San Giuseppe CASTENEDOLO Due stupendi concerti Il fratello aiutato dal fratello è come una città forte Un afflato spirituale e artistico ha percorso la cappella e le mura di “Villa S. Giuseppe” ed è giunto al cuore di tutte le suore ammalate e anziane della casa, in due pomeriggi allietati da Concerti gentilmente offerti in preparazione alla Pasqua: • sabato 22 marzo la Corale “Paolo VI”, diretta dal maestro Don Luigi Salvetti, ha realizzato l’opera “Passione secondo Luca” di Bach. • Domenica 30 marzo il Coro polifonico “Le voci di Zefiro”, diretto dal Maestro Luca Campanale, ha offerto un Concerto Quaresimale, in sintonia con il tempo liturgico. Due esperienze diversificate nel linguaggio e nel contenuto, ma ugualmente “bellissime”: la prima caratterizzata dal racconto della Passione di Gesù con musiche stupende e fortemente appropriate al testo, che hanno creato un clima di preghiera, di riflessione e molta commozione in un reale e profondo coinvolgimento di fede e di emozione; la seconda ha percorso un cammino spirituale e storico partendo da brani d’autore in riferimento all’Ultima Cena, alla Passione di Gesù, alla Storia del popolo d’Israele liberato dall’Egitto e portatore della Promessa divina della salvezza; l’Halleluja di Haendel ha coronato il Concerto con la gioia della Risurrezione. I sentimenti di gratitudine, di gioia, di bellezza profonda e coinvolgente sono stati espressi da tutti i presenti e di questo hanno gioito anche i coristi che, con loro sorpresa, hanno ricevuto dalla comunità un semplice omaggio di lavoretti realizzati dalle suore. È pure stata gradita la dedica, intenzionalmente fatta, del secondo Concerto alle due sorelle più anziane della comunità: suor Bonaventura Zani che presto raggiungerà i 102 anni e suor Venanzia Bonomini. Eleviamo al Signore e alle due corali un grazie sincero per la gioia di questi due pomeriggi di spiritualità e di musica, che hanno contribuito alla nostra preparazione della Pasqua 2014. n Suor Gerolama Fausti Riproposto il Recital realizzato per la Beatificazione di don Luca Vorrei concludere l’anno di catechesi dei genitori… con una bella testimonianza di Chiesa! Questo il desiderio espresso da don Gianni Manenti, curato della Parrocchia di Castenedolo, che mi ha chiesto di riproporre il recital In cantati Passi anche al suo Oratorio. Subito, regista, attori, cantanti, ballerine, tecnici specialisti e “tuttofare” si sono resi disponibili ad allestire la quarta replica dello Spettacolo preparato lo scorso anno in occasione della Beatificazione di don Luca. Così il pomeriggio di domenica 11 maggio, Festa della mamma e Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, eravamo tutti sul bel palco castenedolese! Dedicata a tutte le mamme è stata l’attenzione di don Luca alla donna, grande forza di rigenerazione. In particolare, tra le canzoni dello spettacolo, Il viaggio di Fiorella Mannoia si prestava ad alcuni FORGARIA In offerta… lingua e cultura italiana Una significativa presenza europea a Forgaria. Cos’è? Perché? Sono alcune delle badanti che assistono i nostri anziani o le persone non autosufficienti. Certamente non hanno lasciato i loro paesi e la loro famiglia per una possibile vacanza o per una qualsiasi avventura, ma solo per stretta necessità, spinte dal bisogno di sostenere Suor Elena Palazzi economicamente i loro figli, la loro famiglia. Così la storia si ripete con questa differenza però: mentre cinquant’anni fa erano i nostri uomini a fare le valigie per 45 cronaca riferimenti alle mamme che vedono i figli crescere: Domani partirai; non ti posso accompagnare. Sarai sola nel viaggio, io non posso venire. Il tempo sarà lungo e la tua strada incerta; il calore del mio amore sarà la tua coperta. Immediato dunque il passaggio alla bellezza di tutte le vocazioni e all’importanza della presenza di chi nella Chiesa, attraverso l’Opera di S. Dorotea, sa farsi compagno di viaggio nella vita. I genitori, numerosi, erano accompagnati dai loro bambini di 6/7 anni e hanno gustato canzoni, danze, immagini studiate con modalità contemporanee per dare voce a espressioni scaturite dal cuore e dalla mente di don Luca nel lontano 1800, ma capaci ancora di suscitare grandi desideri: il Bene dell’amicizia tra coetanei, quella che riscalda il cuore; il Bene dell’amicizia a favore dei più piccoli per i quali diventare guida amorosa; il Bene di chi sa credere in Dio, nel suo amore e nelle sue promesse; il Bene di chi sa spendere tempo, cuore, intuizioni per essere nella Chiesa una presenza viva e operosa. E i bambini? Con la loro vivacità hanno reso un po’ difficile la concentrazione di cantanti ed attori, ma, presi per mano, hanno attraversato il teatro in catena con gli amici… simbolo della strada condivisa con chi, nell’Opera di Santa Dorotea, si fa guida e sostegno. Davvero è necessario che gli adulti siano di buon esempio, modello per chi si sta affacciando alla vita e alle prime responsabilità: è sempre vera e illuminante l’espressione di don Luca: In Paradiso non bisogna andarci da soli. Diamoci dunque all’impegno. Il motto ardere per accendere è stato ripreso come mandato dal Curato, al termine dello Spettacolo: è questo un invito rivolto a tutti i cristiani: lasciarsi accendere dall’Amore del Signore che riempie il cuore e accettare di far traboccare questo bene verso i fratelli, trasmettendo ad altri lo stesso fuoco ricevuto in dono. n cronaca 46 andare in cerca di lavoro per mantenere la famiglia, dai paesi dell’est: Polonia, Ucraina e Moldavia sono le donne che si spostano per lo stesso motivo e possiamo solo immaginare con quanto sacrificio. Da qualche mese con Don Paolo e con le Suore ci siamo posti questa domanda: come noi, come parrocchia possiamo rendere più agevole la loro presenza nel nostro paese? La risposta è venuta da loro: “Avremo bisogno di imparare l’italiano per rendere più facile il nostro lavoro e più agevole la comunicazione con i nostri anziani”. Così da qualche mese, due volte alla settimana, durante le ore assegnate come tempo libero, suor Claudina è con loro per aiutarle a capire ed a parlare la nostra lingua. È un gruppo molto fedele e fortemente impegnato, e da loro è più quello che si riceve di quanto si dà sia sul piano dell’impegno che della riconoscenza. In più, è un momento che permette loro di ritrovarsi, di stare insieme, di uscire momentaneamente da una situazione di sofferenza e di disagio ben comprensibili. Don Paolo ha messo a disposizione per i nostri incontri sia la canonica che la Sala Parrocchiale e siamo molto felici di trascorre qualche ora insieme e, per questa disponibilità, un sincero grazie da parte di tutte. n Suor Claudina Fantino CAVASO Un piccolo raggio di luce sulla terra C’è il convegno nazionale a Roma per i referenti dei Cooperatori… Renata, la nostra referente, proprio quest’anno non può partecipare, chi va? Nessuno, diciamo noi! Non siamo competenti. Eh no, dice suor Piera; è un peccato, perché ci sono sempre tante cose nuove e belle da portare a casa per il gruppo, E così parte Rita, ma solo per tenere aperta la porta a Gianna De Paoli, perché quest’anno sarebbe andata in pensione (insegnava nella Scuola Media Statale di Castelcucco) e avrebbe potuto dedicare le sue grandi capacità al gruppo. Ma le cose non sono andate così. Il Signore, il 2 maggio, l’ha chiamata a sé improvvisamente, lasciandoci attonite e sgomenti. Dopo quarant’anni di scuola, una vita spesa in parrocchia con uno stile semplice, umile sorridente e sempre positivo, Gianna lascia a noi proprio l’immagine di quel volto che don Luca cercava nei suoi Cooperatori; impegnata con grande competenza in tutte le attività delle Suore Dorotee, ora non c’è più. Lo comunichiamo perché, noi Cooperatori di Cavaso, abbiamo una grande nostalgia di lei. La nostra speranza è di sentirci ancora con Gianna, con don Luca e con voi, uniti nella preghiera, come una grande famiglia. n Le Cooperatrici di Cavaso Ragazze di ieri… donne di oggi il quarto incontro ex allieve In una serata d’autunno suona il telefono, lasci il divano e il libro e vai a rispondere pensando già che sia la solita proposta per cambiare utenza telefonica, o il materasso ultimo tipo che ti fa passare di botto il mal di schiena, o …. Ma no! È suor Piera, la nostra agenda vivente con un grande cuore che ci ricorda l’ora X. “Ragazze avete una sera libera? 2010-2014, sono passati i 4 anni che ci siamo fissate anche di conoscerne altre che prima non conoscevamo. Dopo l’accoglienza nel bellissimo giardino dell’Istituto delle Suore, la giornata è iniziata con la Messa nella Chiesa della Madonna della Salute in Caniezza, per affidarci a Dio e a Maria e condividere con la Comunità questo nostro incontro. Al ritorno ci aspettava il pranzo, nella sala “caminetto” della casa delle suore, molto allegra perché colorata dai segnaposto creati dalla nostra infaticabile suor Piera. Questo momento è stato condiviso con noi dal nostro Sindaco, dal Parroco don Pierangelo e due sacerdoti di Possagno. Presenze poi preziose le cooperatrici di S. Dorotea che hanno provveduto al servizio ai tavoli, dedicandoci il loro tempo e il loro grande aiuto. Quanto bel chiacchierare: i ricordi non finiscono mai, le esperienze di vita sono una miniera inesauribile. È e resta importante rispolverare le nostre radici, ricordare le persone che sono state nostre maestre di vita e ci hanno fatto essere ciò che siamo oggi. E per restare in tema di ricordi, dopo il pranzo e le foto, ci gustiamo insieme il video “i nostri incontri fanno storia” dove rivediamo i visi e sorrisi del nostro primo incontro e di quelli successivi. Ma poiché non dobbiamo vivere solo di ricordi e vecchie foto, altrimenti tutta le esperienze accumulate andrebbero sprecate, ecco che suor Giancarla, con dolcezza e semplicità, ma anche con profondità, ci catapulta dentro il nostro essere “donne di speranza” iniziando con l’ascolto di una canzone di Vecchioni e poi coinvolgendoci in un gioco/riflessione: dopo avere sparso per tutta la stanza delle foto di tutti i tipi e colori, ci ha invitato a sceglierne una che potesse dare l’idea di speranza: chi un pane, chi un bambino, chi un fiore, secondo la sensibilità di ognuna, spiegando poi cosa ci ha indotto a fare questa scelta; Suor Giancarla ha commentato con noi le nostre risposte e ci ha aiutato a capire quanto siamo importanti e necessarie per non far spegnere la fiamma della speranza nel vivere quotidiano. Prima di salutarci si è distribuito un ricordino con la scritta “lavoriamo al filo della nostra vita ogni giorno un pezzetto” con attaccato un bel maglioncino colorato 47 cronaca fra un incontro e l’altro! È giunta l’ora di ritrovarci, e dal momento che ci piace farlo bene, bisogna iniziare a pensarci”… forse non sono proprio queste le parole ma di sicuro lo è il contenuto! E così lo Staff si dà appuntamento dalle nostre Suore Maestre di Santa Dorotea a Cavaso e fissa le basi della prossima giornata, partendo dalla data che sarà il giorno 8 Giugno 2014. Ed eccoci ancora una volta ad elaborare il programma del nostro 4° incontro di ex allieve delle Suore Maestre di Santa Dorotea. All’inizio abbiamo ricordato gli incontri precedenti e riflettuto su quanto diversa è oggi la situazione di tutti noi rispetto al primo incontro avvenuto nel 2005, quante più difficoltà nel nostro vivere quotidiano, quanti gli impegni familiari, quanta precarietà economica a causa del mancato lavoro, ma anche quanta più precarietà e superficialità nei rapporti umani. Si riuscirà a “rubare” del tempo ai mille impegni che ci obbligano a vivere sempre di corsa, per immergersi in una atmosfera di allegre chiacchiere, di ricordi, di riflessioni sul nostro futuro? Possiamo provare… Detto e fatto. C’è chi questo tempo lo ha voluto trovare, chi avrebbe voluto trovarlo ma non gli è stato proprio possibile. Noi che c’eravamo ci siamo godute fino in fondo questo quarto incontro di ex allieve e siamo state felici di riabbracciare le nostre ex compagne che non vedevamo da tempo, o cronaca 48 in corso di lavorazione… colorato come la nostra vita… in corso d’opera come lo è sempre la nostra vita. La giornata è scivolata via in un attimo, ma quello chi ci ha lasciato non scivola mai via, ci resta. È questa l’importanza del nostro incontrarci: arricchirci l’un l’altra in uno scambio di esperienze, di idee, di sorrisi e che sono importanti per la nostra vita e per non sentirci mai sole. Grazie di cuore alla tenacia di suor Piera nel coinvolgerci e spronarci con dolcezza, alla disponibilità di suor Monica nel “vegliare su di noi”, all’accoglienza di tutte le suore che lasciano invadere la loro casa e aiutano in quello che possono. E poi un evviva a tutte noi che abbiamo partecipato prima di tutto con il cuore, e ricordiamoci alcune parole della bellissima poesia già diffusa nel precedente incontro del 2010. “Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe, i capelli diventano bianchi, i giorni si trasformano in anni… Però ciò che è importante non cambia: la tua forza e la tua convinzione non hanno età. Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno. Dietro ogni linea di arrivo c’è una linea di partenza. Dietro ogni successo c’è un’altra delusione. Fino a quando sei viva, sentiti viva, se ti manca ciò che facevi torna a farlo. Non vivere di fotografie ingiallite… insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni…”. n Lo Staff … festa di lunga vita Grande gioia nella Comunità il 1 Agosto 20014. Festeggiamo i 100 anni di suor Adalberta Melocchi. Un grande striscione occupa quasi per intero una parete della sua stanza: “Da Calcinate a Cavaso; una storia inedita di 100 anni – ai tuoi occhi sono come un soffio” (Salmo 89). Nel cuore della mattinata, la Madre Superiora e le infermiere l’accompagnano in Cappella, dove è accolta calorosamente dal Parroco, Don Pierangelo, da Don Rino Cunial, dal Sindaco e dall’Assessore comunale, Sig.ra Karem, che le offrono un grande e colorito mazzo di fiori. Alla festa si uniscono la Vicaria provinciale suor Annapaola, tante suore delle nostre Comunità e tantissima gente di Cavaso, comprese le nostre Cooperatrici. La festeggiata accoglie, felice, gli auguri e segue poi con attenzione la S. Messa. Il Coro, guidato dal Maestro Luigi esegue bellissimi canti di circostanza. Dopo la Celebrazione Eucaristica, ci ritroviamo tutti nella “sala del caminetto” per un lauto rinfresco preparato da Rody Restaurant e offerto dal Dottor Franceschetto, Direttore della Casa Prealpina. Suor Adalberta, nonostante i suoi 100 anni, sembra non sentire la stanchezza e partecipa allegramente alla festa gustandosi auguri e pasticcini. Alle fine ringrazia tutti cordialmente e, in particolare, rivolge la sua lode al Dio della vita per quanto le ha donato in questi suoi lunghi anni. E noi Lo ringraziamo insieme a lei e per lei. n Suor Donatella Berto FORLÌ Il Beato Luca Passi, una passione contagiosa per i giovani LUCCA Un santo 25 anni dopo Pomeriggio di preghiera con i malati alla vigilia della canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II È sabato, 26 aprile. La Comunità è raccolta insieme a religiose di altre comunità e laici nella Cappella per un pomeriggio di preghiera con i malati. L’iniziativa è dell’Associazione Onlus “Franco Baroni” 49 cronaca Il volume mette in luce la formazione del Beato, il contesto storico e culturale, l’azione, e propone una riflessione sull’insegnamento e sull’attualità della sua azione educativa; è un prezioso ausilio didattico e divulgativo sul tema dell’educazione per riportare l’alunno al centro del processo educativo. Il libro è a cura di Alessandro Torroni, Don Erio Castellucci ed Elena Valmori con presentazione del Vescovo di Forlì Mons. Lino Pizzi, prefazione di suor Emmarosa Trovò e illustrazioni di Elisa Nardini. È disponibile presso la Scuola Santa Dorotea di Forlì 0543.32060. n che ha come scopo l’assistenza ai malati terminali a domicilio e che ha fatto inviti e organizzato il tutto per ricordare l’unica e breve visita che il Papa Giovanni Paolo II fece, 25 anni fa, nella nostra diocesi e che, per lo spazio di dieci ore, onorò le Suore Dorotee, della sua presenza e benedizione. Nel presbiterio, ai lati dell’altare, i nostri occhi vedono tre immagini, ma i cuori avvertono tre presenze invisibili. Al centro il crocifisso con le mani allargate ci invita ad abbracciare il mondo intero; in questi momenti di intensa preghiera “è l’immagine di Quegli che fortunatamente chiamate col dolce nome di Sposo” (Don Luca Passi). È il primo fondamentale dono: figlie e sorelle per il mondo intero. Più in là l’immagine del Papa col volto sorridente, lo sguardo sereno e penetrante, con la mano alzata per benedire il mondo intero, perché, come vicario di Cristo, porta in Sè e su di Sè il peso dell’orbe terrarum. Le sue parole riemergono nella nostra mente e nel nostro cuore: “seguite con rinnovato impegno, con generosità, con intelligenza, con responsabilità il cammino tanto lodevolmente praticato dai santi della vostra terra: donne del popolo, donne educatrici, missionari, fondatori, religiosi, che si sono esemplarmente espressi nell’amore per Dio e l’amore del prossimo”. Più in basso, di dimensioni più modeste sorride l’immagine del nostro Padre Fondatore Don Luca Passi, dichiarato beato appena un anno fa, proprio nel mese di aprile (13 aprile 2013). Ci guarda con uno sguardo ed un sorriso di Paradiso. Così lo leggiamo noi Dorotee di questa Chiesa di Lucca, perché il mese di aprile è a noi particolarmente caro in quanto il 24 aprile 1854 Don Luca Passi dà inizio alla prima Comunità in lucchesia e vi tornerà più volte, sia per predicare al popolo nella Cattedrale, sia per sostenere ed aiutare la Comunità nascente per la quale ha “fatto il pitocco” per portare un aiuto economico. Sull’onda di questi ricordi, ci sentiamo rinnovate e con Don Luca Passi, Beato, ci appelliamo a S. Zita, donna del popolo, presso le cui spoglie Don Luca pregò per tutte noi; alla Beata Brun Barbantini che in mille modi aiutò Don Luca e le sue figlie. I promotori di questa iniziativa, alternandosi al microfono, hanno desiderato condividere con i presenti i ricordi, le emozioni, cronaca 50 l’incidenza nella loro vita, di quelle parole del Papa ai giovani di quell’anno. Un giornalista: “Voi avete un posto speciale nel cuore del Papa. Egli guarda a voi con fiducia... Il Signore vi chiama a qualcosa di nuovo e di grande. Il Papa è con voi, vi porta nel cuore, vi benedice”. Una mamma accarezza la pianeta che il Papa lasciò in dono, quasi a ripetere sotto i nostri occhi quella dolce carezza con cui il Papa benedisse la creatura che 25 anni fa portava nel grembo e che adesso si fa in quattro per l’intera associazione. Il capo della Polizia locale testimonia la sua intuizione: “durante la veglia di quella notte con i miei uomini intorno alla villetta dove il Papa riposava, “più che protettore, mi sentivo protetto”. Gli applausi di tutti, le parole di Alle suore Dorotee il premio “La donna e la città” Un centinaio di persone, tra soci ed ospiti, hanno accolto, sabato 24 maggio, nella splendida Villa Montecatini a Nocchi per l’annuale “Cerimonia delle candele”, le 10 nuove socie dell’associazione Fidapa ringraziamento, la benedizione del nostro Arcivescovo e l’anima gloriosa del Papa Giovanni Paolo II e del Beato Luca Passi ci accompagnano nel cammino di ritorno al nostro quotidiano, rinvigorite e rinnovate da quanto abbiamo vissuto in queste ore di preghiera ai piedi dell’altare. n (Federazione italiana donne nelle arti, professioni e affari) di Lucca. Salgono così a 90 le iscritte alla sezione lucchese dell’associazione nazionale ed internazionale laica che ha lo scopo di valorizzare la figura femminile nell’ambito delle arti, delle professioni, dell’impegno sociale e del volontariato, dopo che nei mesi scorsi è nata anche la sezione di Viareggio. Nella serata, come da tradizione, la presidente Katharine Mac Neil e la vice Maria Del Carlo hanno consegnato i premi annuali che la Fidapa Lucca consegna a figure cittadine di spicco. Il premio “Matilde di Canossa” una donna che ha portato il nome di Lucca nel mondo è andato all’egittologa Edda Bresciani. Il premio “La donna e la città” è invece stato assegnato alle suore Dorotee per l’impegno nell’educazione dei bambini e dei giovani: lo hanno ritirato suor Giulia e suor Piera. n La comunità di Lucca COMO MONTE OLIMPINO 140 anni di presenza delle Suore Dorotee È per noi tutti motivo di profonda gioia celebrare in questa chiesa parrocchiale, ai primi Vespri della Solennità dell’Ascensione, il 140° anniversario della presenza delle Suore Dorotee nella Diocesi di Como, memoria a cui si unisce in maniera non meno significativa il rendimento di grazie al Signore nel primo anniversario della Beatificazione di don Luca Passi, Fondatore dell’Opera di S. Dorotea e delI’Istituto, che egli volle come anima permanente della stessa. Desidero salutare anzitutto il vicario generale Mons. Giuliano Zanotta che qui rappresenta il Vescovo Sua Ecc. Mons. Diego Coletti, il parroco don Tullio Salvetti e il vicario don Valerio Livio, e don Roberto Bartesaghi. Con viva gratitudine rivolgo il mio pensiero alle autorità civili, agli Istituti religiosi presenti sul territorio, agli abitanti di Monte Olimpino e dei paesi vicini. Sono molte le persone che potrei chiamare per nome, perché a noi legate da amicizia sincera. Il tempo a disposizione non me lo permette, ma i sentimenti che mi abitano esprimono il dono della reciprocità che ci fa sentire stasera particolarmente uniti. Grazie davvero a tutti. Permettetemi ora un saluto particolarmente affettuoso alla comunità “il Bucaneve” che ha promosso e costruito pazientemente e tenacemente questo incontro. È, oggi, la sola comunità rimasta sul territorio, nel lungo elenco che da Azzio giunge fino a noi, passando per il grosso anello di congiunzione dell’Istituto Bonoli (1874 51 cronaca A un anno dalla Beatificazione del Fondatore don Luca Passi, la comunità di Monte Olimpino ha ricordato il 140° anniversario della presenza delle Suore Maestre di S. Dorotea nella Diocesi. Questa significativa ricorrenza è stata condivisa con tante persone, in particolare con le suore native di Como e con quelle che hanno vissuto anni di servizio educativo e apostolico in questa Diocesi. Riportiamo l’intervento della Superiora Provinciale Madre Assunta Tonini all’inizio della Celebrazione. - 1984). La chiusura del Bonoli vide la nascita della comunità educativa di Ponte Chiasso e in seguito di Cermenate. Oggi siamo qui a Monte Olimpino. Una comunità i cui membri si possono contare con facilità, ma le cui dimensioni reali hanno la misura della carità operosa e per molti aspetti nascosta. La carità delle suore, di Associazioni, esperti che prestano il loro servizio, amici, famiglie adottive e non, volontari, Cooperatori dell’OSD e tanti altri a cui va tutta la nostra gratitudine. Saluto, in particolare suor Silvia, superiora, suor Clementina e suor Sonia; Teresa Servello e altre Educatrici che si sono alternate e si alternano nelle diverse circostanze. Un saluto particolare ai tre fratellini arrivati in questi ultimi giorni e alle altre giovani ospiti della comunità. Tutti, e ciascuno in particolare, affido stasera alla protezione di don Luca. Insieme al fratello don Marco, egli ebbe molto a cuore questi luoghi. La Diocesi di Como fu la prima, infatti, ad accogliere la predicazione dei fratelli Passi. Lo testimoniano i numerosi Documenti raccolti nell’Archivio dell’Istituto. Bellinzona, Menaggio, Como, Moltrasio, Stabio, Montorfano… per citare solo alcuni nomi; sono luoghi che videro fin dal 1815 l’espansione dell’Opera di S. Dorotea. Su ogni evento, ma soprattutto su ogni persona, veglia il volto sorridente di Don Luca Passi che alle Suore Dorotee e ai laici dell’Opera, affidò in particolare la cura delle giovani generazioni. n cronaca 52 CEMMO (BS) Un incontro che apre il cuore alla gioia Lo scorso 11 maggio, Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni, il Consiglio della Provincia Tirrenica è stato ospite delle Suore Dorotee di Cemmo in occasione della festa che annualmente celebrano nella memoria liturgica della Beata Annunciata Cocchetti. Durante l’incontro, è stata data parola a Madre Assunta Tonini. Riportiamo di seguito il suo intervento. Esprimo anzitutto un grazie sincero, anche a nome del mio Consiglio, per aver accolto con viva cordialità la proposta di condividere con voi questa Festa di famiglia che, provvidenzialmente, coincide con la giornata mondiale delle Vocazioni. Siamo davvero contente di essere qui e grate per lo spazio che ci avete riservato, per raccontare “una vocazione” che viene da lontano. Non mi è facile narrare una storia che è diventata “carne” della mia carne e che domanda di essere testimoniata più che raccontata. Ci provo comunque, con pochi tratti, prestando la mia voce alle parole stesse di don Luca Passi. Sul letto di morte, in quello che è stato raccolto come suo testamento spirituale, invita accoratamente le suore a promuovere l’Opera di S. Dorotea e a fare l’ufficio di seconde madri verso le fanciulle povere e abbandonate. Avrebbe voluto dire di più, ma la voce gli manca… invitato a non affaticarsi pronuncia un’ultima parola che è considerata il suo motto, la sua divisa “Fa d’uopo dare la vita per la salvezza di un’anima”. Un uomo fatto preghiera, così lo definì P. Cristoforo Bove, il relatore della Positio per la causa di Beatificazione. Il predicatore che accendeva e conquistava… Evangelizzatore diurno e notturno… così lo descrive nel suo recente libro, Cristina Siccardi. Per cinquant’anni, sotto il sole e la neve, sotto il vento e la pioggia, per pianure e mulattiere, instancabilmente e ostinatamente don Luca spiegò al mondo come salvare la propria vita. A questo proposito mi piace citare testualmente, un passaggio del libro che il Papasogli scrisse su don Luca nel 1978: “Andare all’apostolica, diramarsi, essere uno, diventare molti. Trovarsi a Venezia ed essere presenti a Brescia. Sostare a Vicenza e non mancare a Lucca; moltiplicarsi: vivere cento problemi di cento anime differenti, di comunità ed ambienti contrastanti, e tutti in una volta: addossarseli, portarli sul proprio cuore, come le pietre dell’antico pettorale. L’intensità e il dinamismo di queste 53 Don Luca, e i grandi fratelli e sorelle di apostolato “In Paradiso non bisogna andarvi da soli”. Queste parole, colte a più riprese sulle labbra di don Luca, aprono uno squarcio sopra le modalità della sua azione apostolica. In realtà, don Luca non è mai solo. Egli ha sentito l’impegno apostolico come irradiazione di un’attività corale. La storia di non poche fondazioni dimostra come don Luca rinunci, finché è possibile, ad emergere, e lasci invece cadere il seme della propria iniziativa entro il solco della collaborazione degli altri Istituti. Tra Veneto e Lombardia, nel terreno del suo apostolato, troviamo un “mazzo” di figure non comuni, figure di donne, soprattutto, intorno alle quali è una fioritura di opere: Maddalena di Canossa, S. Teresa Verzeri, S. Maria Crocifissa di Rosa, S. Bartolomea Capitanio e nella cornice che oggi ci accomuna, la Beata Annunciata Cocchetti. I santi maturano a grappoli nel campo del Signore. Ben si addicono a questo punto, sulle labbra del Beato don Luca, della Beata Annunciata Cocchetti, che oggi festeggiamo, e dei grandi fratelli e sorelle di apostolato, che ci hanno preceduti e sono alle radici della nostra stessa vocazione, le parole di Papa Francesco: “Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere se stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare” (EG. n. 273). Marcati a fuoco e portatori del fuoco dell’amore di Cristo: è il fulcro della missione dei nostri Fondatori, della missione di ciascuno di noi. Il tratto specifico della vocazione dorotea. La messe è molta, ci ricorda Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata mondiale delle vocazioni. Oggi, ci auguriamo che gli operai della messe crescano, secondo la statura e il disegno di Dio, perché nella Chiesa universale, nelle comunità cristiane, in cui viviamo e operiamo, nella famiglia Dorotea, fioriscano giovani vocazioni laicali e religiose. Lo chiediamo per intercessione dei nostri santi Fondatori: il Beato Luca Passi e la Beata Cocchetti che dal cielo ci benedicono e sorridono. n Suor Assunta Tonini cronaca espressioni, dicono l’esperienza infaticabile dell’Apostolo che trascorse tutta la sua vita ad annunciare sulle strade la Parola che salva, e che nell’Opera di S. Dorotea, nata dalle sue stesse mani e dal suo cuore, risuona come annuncio di salvezza rivolto, in particolare, alle giovani generazioni. Permettetemi, infine, un accenno che dà ragione anche del nostro essere qui, oggi, a celebrare l’anniversario della Beata Annunciata Cocchetti. PESEGGIA Il seme gettato, non andrà perduto cronaca 54 Quanti appuntamenti per dirsi addio! Sabato 7 giugno la Mega Festa organizzata dai genitori dei bambini della Scuola Materna “Asilo Spangaro”; domenica 22 l’addio ufficiale a tutta la comunità con la presenza del sindaco avv. Giovanni Battista Mestriner e una rappresentanza della giunta comunale e il grazie speciale del parroco don Lino Bertollo; martedì 24 incontro finale con i cooperatori OSD. Già, ma non basta perché ogni volta che incontriamo le nostre suore ci stringiamo intorno a loro e con lo sguardo e le strette di mano comunichiamo il nostro rammarico per la loro partenza definitiva, che le porterà lontano da questa comunità. Qui presenti da quasi un secolo, nel succedersi degli eventi, come afferma Suor Giacinta, si è trattato di un’esperienza che ci ha offerto l’opportunità di crescere insieme nella fede, di testimoniare la nostra sequela a Gesù e di svolgere la nostra missione pastorale ed educativa nelle varie attività della parrocchia e della scuola, che grazie all’interessamento del presidente Michele Maccari e il suo Consiglio continuerà a mantenere uno stretto legame con l’Istituto delle Suore Dorotee per garantire l’educazione cristiana ai bambini, secondo la volontà dei donatori, i sigg. Spangaro. E noi aggiungiamo che le suore pur in numero così esiguo sono sempre state pronte a dare una mano e a sostenere le difficoltà: la loro casa era diventata un po’ la nostra casa. Motivi per chiuderla sicuramente ce ne sono, tuttavia il vuoto che rimane non può lasciarci indifferenti. E noi non vogliamo esserlo. Però non possiamo non essere d’accordo nuovamente con Suor Giacinta che durante il saluto ai genitori dei piccoli ospiti della scuola dell’infanzia afferma: “faccio mia un’espressione di papa Francesco: per educare un bambino occorre un villaggio e la nostra scuola ha avuto questa capacità di coinvolgere molte realtà del nostro paese e di diventare, nel suo piccolo, un grande villaggio, l’affetto e la stima che ci fate respirare oggi ci dimostra come noi siamo entrate a far parte della vita di questo villaggio e mi vien ora da dire che partire non è morire, ma aprirsi a vita nuova! È un augurio che ci facciamo con tutto il cuore, nella speranza che non venga del tutto meno quel rapporto di fiducia e stima, che ha fatto nascere il numeroso gruppo di cooperatori, sostenuti e spinti da Suor Giacinta, che ci ha passato il compito di custodire quella fiammella di grazia e d’amore, che il Beato Luca Passi ha affidato alla famiglia Dorotea. Ma se rimaniamo soli? Sicuramente il buon seme gettato non andrà perduto… Ma quando i riflettori si spegneranno sulle nostre suore al centro dell’attenzione ormai da mesi, noi speriamo che questo non voglia significare dimenticarci della loro presenza e insieme essere dimenticati dalla famiglia dorotea, alla quale dobbiamo molto, e che non ci può lasciare completamente senza una guida. E nel dirci addio ci siamo scambiati mille volte grazie. n Paola Pulese [email protected] In dialogo con il beato Luca Passi 55 Beato Luca, aiuta la mia famiglia e riempi quei vuoti che ci sono: una casa senza figli è vuota. Sicuro della tua intercessione ti ringrazio, perché hai fatto che potessi venire a visitarti in un giorno per me speciale. (Remo) - 2014 Io sono Samuele e ti chiedo di aiutare la mia famiglia, i miei amici e tutte le persone in difficoltà. Don Luca, ti chiedo un aiuto nel mio cammino di ricerca vocazionale; aiutami con il tuo sorriso e la tua gioia! Grazie. (Maria A.) Sono felice, nell’anno della tua beatificazione, di essere in visita alla tua tomba, presso la casa delle suore Dorotee che hanno operato per la formazione mia e dei miei figli. (Giuseppe) Don Luca ti affido Alessandro e Nicola. Aiutali a superare il primo la sua depressione, il secondo a svolgere la sua missione sacerdotale. Grazie. (Paolo) Don Luca sei sempre dalla parte della famiglia: ti affido anzitutto me, poi mio genero e tutte le persone fragili. Grazie! (Anna Maria) Caro Luca Passi, assisti la famiglia di mio fratello. Grazie! (Olivetta) Carissimo don Luca, metto nelle tue mani i miei figli: proteggili nel loro cammino in tutte le circostanze che dovranno vivere. (Attilio) Affettuoso il tuo sorriso… bella la tua speranza… è una meraviglia la tua presenza! Grazie a Gesù per averti donato a noi tutti. (Priscilla) Nel silenzio davanti al Signore giunge la pace. Fa’ don Luca che la mia famiglia, nell’accoglienza dell’amore di Dio Padre, trovi serenità. Iddio ci doni ciò di cui abbiamo bisogno e nella vita di ogni giorno possiamo vivere la pace del cuore. La parola abiti in noi cosicché la volontà del Padre si compia. Ogni giorno sia benedetto dall’amore di Dio. Amen. (Cristina) En ce jour de notre mois dorothée, je fais silence devant ce tombe de don Luca et je te prie, Seigneur, de bénir notre famille religieuse, envoie de nouvelles vocations pour continuer l’œuvre de S. Dorothée que ton serviteur don Luca a commencé dans l’Eglise. A mois fais moi grâce d’être postulazione Dal quaderno dei visitatori parmi tes servantes toute ma vie. Pour cela Seigneur je te prie et je te béni. Amen. (Sœur Triphonie) postulazione 56 P. Lucas esta es una semana especial, estamos conociendo los lugares – la tierra donde ha sembrado la semilla – el don que te dio Dios. Aiudanos a cado una de llevar adelante con sencillas y humildad la obra que has comensado. Gracias por tu intercesion. (Hna Carmen Rosa) Come al solito ho qualcuno da affidarti: Silvia e i suoi cari, Antonio nella sua malattia e la sua famiglia. Vorrei proprio, infine, che recuperassero la salute la mamma di Viola e di Lucia: i loro bambini sono ancora troppo piccoli! Un’occhiata di bene non può mancare per la famiglia di Francesco: che recuperi serenità e concordia. Per questi e gli altri che non ho scritto: intercedi per ciascuno, don Luca! Grazie. (E. P.) Ti affido Mic. E altre situazioni che tu conosci. Invoco la grazia della guarigione e della serenità. (A.) Beato Luca proteggi e intercedi per i giovani di questo tempo. Le famiglie mancano di fede. Le coppie giovani hanno urgente bisogno della tua intercessione presso il Padre. Grazie! (S. F.) Beato Luca Passi, aiutami e proteggimi nel difficile cammino che sto intraprendendo. Inoltre ti affido i miei cari e il mio gruppo scout. Grazie! (Costanza) Sono Giovanna Tramonte, referente amministrativo dell’associazione laici OSD (Chi mi legge, probabilmente mi conosce). Ad un anno di distanza dalla beatificazione di don Luca Passi, mi sento di affidare quella che io e mio marito abbiamo riconosciuto come una Grazia concessa tramite l’intercessione di don Luca. Nel 2012 mio marito iniziò ad accusare violenti dolori alla gamba destra, sempre più continui e resistenti alle cure farmacologiche. La diagnosi fu di forte artrosi di 2 vertebre lombari, con conseguente schiacciamento del nervo sciatico. Uomo assai mite e poco incline alla lamentazione, cercava di sopportare il dolore in silenzio, consapevole che i farmaci potevano solo alleviarlo senza produrre una guarigione. Ci preparavamo per l’esperienza della beatificazione, e lui con molto slancio chiese di volervi partecipare, nonostante sapesse di non poter stare in piedi per tanto tempo e nonostante l’insistenza dei dolori. Arrivati a Venezia cenammo e andammo a dormire, la mattina dopo uscimmo per una passeggiata e lui da quel momento non ebbe più dolore. Alla partenza, lui mi disse “don Luca mi ha fatto un miracolo”, gli chiesi “tu lo hai chiesto?” e lui mi rispose di no, ma aggiunse “se è vero che il tuo caro don Luca si avvia alla Santità, lui conosce le pene delle persone anche se non chiedono nulla”. Avendo fatto tante cure, ho voluto aspettare un anno per comunicarlo ufficialmente, sebbene ne avessi fatto racconto a suor Annapaola e a madre Maria Angela. Ancora ieri lui ha detto durante il pranzo pasquale: “don Luca mi ha voluto guarire, io non ho più dolori da un anno”. Con grande riconoscenza nei confronti del Beato don Luca e dell’opera santa che le suore dorotee hanno operato nella mia vita da 16 anni a questa parte, affido questa mia testimonianza. n Ci hanno lasciato… 57 Suor BRUNAMARIA (Amelia) GHIDELLI nata a Canneto sull’Oglio (MN) il 3.5.1920 morta a Fiorenzuola d’Arda (PC) il 6.5.2014 Suor Brunamaria ci ha lasciati in questo maggio che segna in modo forte il cambio di stagione dell’anno in corso 2014. La sua lunga esistenza è particolarmente collegata con la storia dell’Istituto e gli eventi che hanno condotto alla beatificazione del Fondatore Don Luca Passi, avvenuta a Venezia il 13 aprile 2013. Era entrata in Istituto il 2 settembre 1941 ed ha emesso i primi voti il 30 settembre 1944. Nel 1970 ha fatto l’esperienza della malattia con una prognosi infausta che non lasciava, a parere dei medici, adito a illusioni di possibilità di sopravvivenza. Un cisto-carcinoma ovarico in necrosi, al quale intervento chirurgico e successive terapie palliative non consentivano risoluzione, stava minando inesorabilmente la sua salute. La fiducia e la preghiera, rivolta a Dio attraverso la mediazione di Don Luca, quella sua personale, delle consorelle, degli alunni e genitori della sua classe di insegnamento a Murano, hanno ottenuto la grazia della insperata guarigione, con assenza di recidive. La salute recuperata fu riconosciuta come miracolo ufficialmente dalla Chiesa nel giugno 2012, dopo un lungo iter contrassegnato da necessarie inchieste e accertamenti medici e canonici. Ciò ha permesso alla Chiesa di concedere il titolo di beato al fondatore Don Luca Passi e di autorizzarne il culto e la venerazione nelle Case dell’Istituto. Suor Brunamaria ha dedicato la sua vita all’insegnamento nella scuola elementare per lunghissimi anni in varie sedi: Cremona, Asolo e particolarmente a Murano dal 1947 al 1970, educando e formando numerosissimi fanciulli. Era esigente, ma creativa e di buona relazione. Negli anni successivi alla malattia si è prestata per altre attività: di segreteria, di animazione missionaria e servizi vari. Per lunghi anni visse a Collebeato assistendo il papà, accolto in quella struttura fin dal 1987, poi nel 2005 passò nella comunità di Castell’Arquato, dove la colse la morte. Poté partecipare al rito di beatificazione di Don Luca, avvenuta in San Marco a Venezia il giorno 13 aprile 2013 e fu motivo di grande gioia e conforto per lei che ogni tanto diceva: “Spero di esserci ancora, quando ciò avverrà, se il Signore mi donerà di vivere qualche tempo”. Il Signore fu prodigo con lei e le concesse questa nuova grazia. Noi confidiamo che Don Luca l’abbia accompagnata, insieme con la lunga schiera di suore Dorotee, nel Paradiso a lodare e a ringraziare Dio per la sua benevolenza nei confronti di tutto l’Istituto. Suor Emmarosa Trovò Suor MARIAROSARIA (Anna Maria) RAGGI nata a Forlì il 9.8.1932 morta a Padova il 15.5.2014 Anna Maria nasce a Forlì nella Parrocchia di Bussecchio, dove è battezzata. Cresce bella e vispa; adolescente ama far bella figura; è di compagnia, ma ciò che l’attrae in modo particolare è la musica e con le amiche partecipa a semplici festine. Il babbo lavora a Forlì, ma spesso si sposta a Petacciato (CB) dove in seguito trasferirà la famiglia; è conosciuto per persona intraprendente. Cinque figlie che crescono hanno delle esigenze e i genitori si prodigano perché possano avere il necessario e, soprattutto, trasmettono loro quei sani principi e valo- ri che formano la persona e danno consistenza e unità alla famiglia. Anna Maria ha solo sette anni quando un evento luttuoso lascia in grande smarrimento la famiglia con la morte della giovane mamma; farà allora l’esperienza del collegio dove sarà seguita con tenerezza da Suor Marzia Mazzarolo della quale conserverà 58 sempre un ricordo affettuoso e riconoscente. Terminato il collegio, sogna come ogni ragazza il matrimonio, una famiglia propria... Ma il Signore la chiama e la Sua voce è più penetrante di qualsiasi altra. Il 9 ottobre 1957 varca a Venezia la soglia di casa madre delle Suore Maestre di S. Dorotea. L’anno seguente alla vestizione assume il nome di Mariarosaria in ricordo della cara mamma; prosegue la formazione religiosa e il suo entusiasmo e amore al Signore crescono sempre più. A fine anno 1959 è a Padova, Collegio Vanzo, per un servizio fra le giovani; negli incontri occasionali esprime tutta la sua semplicità e convinzione religiosa. Il 30 ottobre 1960 emette a Venezia la prima professione, poi ritorna al Vanzo dove l’obbedienza le affida il servizio di cuoca, mansione che svolgerà nelle varie comunità fino a 82 anni. Cuoca, servizio forse poco evidente, ma di grande sacrificio e importanza, che impegna non solo tutto il giorno, ma tutto l’anno, non conosce soste o feste, eppure Suor Mariarosaria l’ha vissuto con pienezza cercando di andare incontro ad ogni esigenza sia dei ragazzi che delle universitarie, delle suore, degli ospiti di Bibione e di Asolo-Casa di spiritualità: vivendo così la sua consacrazione e il suo amore pieno al Signore nel silenzio e nel sacrificio. In seguito andrà a Thiene-Soggiorno, a Padova-S. Pietro poi a S. Rosa, Castelcucco, Chieti, quindi a Forlì sua città natale, a S. Zenone e infine a Pagnano, ultima tappa. Pur impegnata nel servizio di cuoca, s’interessa della vita parroc- chiale, delle famiglie, delle attività della scuola materna. E accoglie tutti con giovialità e il suo consueto sorriso. È ancora in attività, quando i sintomi della malattia si fanno sentire; il ricovero all’ospedale è di solo 15 giorni e i referti medici sono subito pesanti. Ma ella vive il suo calvario con straordinaria capacità di accoglienza. Portata nell’infermeria di Padova, è attorniata dalle premure e affetto dei Superiori, delle suore, della sorella e dei nipoti. A quanti si accostano al suo letto ha per tutti un “grazie” e un sorriso. Le parole ormai sono limitate; mai ha manifestato un lamento, è entrata in quel tratto di mistero e di “Grazia” che solo il Signore conosce. E all’alba del 13 maggio, quando la Chiesa celebra l’apparizione di Maria ai tre fanciulli di Fatima, accompagnata dalla Vergine entra nell’abbraccio del Signore suo Sposo, lasciando tutti edificati. Nella Messa esequiale, a PadovaS. Pietro, il celebrante ha messo in evidenza non solo il nome “Anna Maria - Mariarosaria”, ma anche alcune circostanze significative: mese di maggio dedicato a Maria; il 13 apparizione a Fatima; alcuni passaggi dei misteri del S. Rosario che si possono intrecciare con la sua vita quotidiana… Dopo il funerale la salma è stata accompagnata a Petacciato accolta dalla sorella Lina, dai nipoti e alcune suore. Nel cuore delle persone che l’hanno conosciuta è rimasto impresso il suo tratto gioviale, l’accoglienza, il sorriso: elementi che nascono da una vita di comunione e di fede nel Signore. Suor Serena Tiranelli Suor ELISABETTA SCREMIN nata S. Zenone il 14.9.1930 morta a Cavaso il 15.5.2014 Colpita da un male incurabile, Suor Elisabetta dopo una vita donata in un servizio intelligente e responsabile in varie comunità dell’Istituto, è stata chiamata a rispondere il suo “Eccomi” definitivo al Dio della vita. Era nata in una famiglia profondamente cristiana. Lei stessa ne dà testimonianza: “Grazie, Signore, per i miei Genitori, che hanno accompagnato con l’esempio e la parola la mia vocazione”. Entrata il 24-10-1949, in Noviziato a Venezia, l’anno seguente è ammessa alla vestizione ricevendo il nome di Filotea, ma in seguito riprenderà quello di Battesimo. Il 1°-10-52 emette la prima Professione e nel ‘57 quella perpetua. Nel 1951 è mandata a Udine, Pensionato Gabrieli, per gli studi di cultura musicale. Consegue poi l’Abilitazione all’insegnamento nelle scuole di grado preparatorio e il Diploma di Infermiera, prima generica poi professionale. Dal ‘54 al ‘70 è ad Asolo come insegnante e infermiera delle Educande. Avrà poi il mandato di superiora nelle comunità di Forlì-Bussecchio, S. Agata Feltria, Maserada e quello di economa a Padova-Vanzo, Forlì e Pagnano. Per diversi anni, nel periodo estivo, è direttrice nella Colonia di Igea Marina. In tutti questi compiti si è distinta per lodevole impegno finché il 17 nov. 2012, dalla comunità di Pagnano passa nell’infermeria di Cavaso, con un Alzaimer galoppante, che incide terribilmente sulle sue facoltà, costringendola a trascorrere i giorni fra letto e sedia a rotelle, togliendole anche la parola, riducendola a una immobilità assoluta e consumandola fino a renderla irriconoscibile. Di lei ricordiamo una intensa vita interiore, espressa in un profondo spirito di preghiera. Troviamo scritto nei suoi ricordi: “Voglio che il mio cuore diventi una tenda per Te Signore, uno spazio accogliente, bello, riservato a Te solo”; “Signore, guarda l’offerta della mia vita: accoglila...”. Un patto segreto fra lei e il suo Signore? La sua spiritualità sublimava anche l’affetto grande che nutriva per i parenti. Sono edificanti i consigli che inviava loro. Leggiamo in una lettera: “Prego e pregherò sempre perché tutti voi siate continuamente sotto lo sguardo di Dio e vi dia la grazia e la forza perché in ciascuno di voi fioriscano le virtù della Fede, Speranza e Carità e che Dio vi conceda anche la pace e la serenità, perché dove esistono tali virtù esisterà e crescerà l’Amore da parte vostra a Dio e fra voi tutti. Per questo io ho sempre pregato e continuerò a farlo fino alla fine dei miei giorni”. E dai parenti, in particolare dalle sorelle e nipoti, era ricambiata con tenerezza. Per tutto il tempo della malattia, l’hanno accompagnata con trepidazione affettuosa, esprimendo sempre tanta riconoscenza per l’amore con cui era curata nella nostra comunità. I nipoti, difatti, durante le esequie, hanno pregato: “Signore, ti affidiamo la Comunità delle Suore Dorotee di Cavaso e le Assistenti che là prestano il loro prezioso servizio. Ringraziamo tutte per la dedizione e la competenza con cui si sono prese cura della nostra Suor Elisabetta. Per la loro presenza amorevole e delicata chiediamo su ciascuna una particolare benedizione e il sostegno nelle loro fatiche quotidiane”. Così la vedevano i nipoti: “Mani laboriose e delicate, abili nel creare armonie di suoni e intrecci di fili, occhi vispi e gioiosi, pronti a cogliere i sorrisi dei piccoli e le fatiche dei grandi, cuore aperto e sensibile, capace di accogliere ed amare ogni persona incontrata lungo il cammino, assidua nel lodare il Signore e ringraziare sempre”. Meritano di essere sottolineate la diligenza, la dedizione e il senso di responsabilità con cui si è donata in tutti i suoi impegni. Così Suor Elisabetta è andata incontro al Signore per ricevere da Lui il dono della misericordia e per godere l’eterna beatitudine dopo tanta sofferenza. Per desiderio dei parenti, le esequie sono state celebrate nella chiesa parrocchiale di S. Zenone, nel cui cimitero riposano anche le sue spoglie mortali. La Comunità di Cavaso Suor ZACCHEA (Maria) GASTALDO nata a Brugine (PD) l’11.3.1926 morta a Maserada il 10.6.2014 Martedì 10 Giugno 2014 in punta di piedi, come ha sempre vissuto, Suor Zacchea lasciava questa terra per entrare nella vita del cielo. Giovanissima ha lasciato il suo paese natale per entrare a Venezia nell’Istituto delle Suore Maestre di S. Dorotea e consacrarsi per sempre a Lui. Una vita semplice la sua, ma spiritualmente e umanamente distinta, tanto che possiamo esclamare con le parole della scrittura: “Ti benedico o Padre Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai 59 piccoli” (Mt.11,25). Vari sono stati i luoghi in cui ha svolto il suo umile servizio: dagli orfanatrofi, al lavoro in colonia (dove per tantissime estati ha prestato un lodevole e caritatevole servizio come guardarobiera), dal seminario dei Padri Sacramentini di Casier alle comunità parrocchiali. Aveva una predilezione speciale per i piccoli, per gli ammalati e gli anziani. La sua sapienza di vita, frutto degli anni, ma ancor più della sua totale apertura alla grazia di Dio, rimane un ricordo bello e significativo in coloro che l’hanno conosciuta. Aveva appena salutato nella gremita chiesa di Quinto la comunità dove per 24 anni era stata punto di riferimento, sapendo soprattutto nei momenti di dolore e malattia, ma non solo, dare conforto, speranza e amicizia con l’ascolto, la disponibilità ma anche con piccolissimi segni di presenza. Essendo l’incaricata per la diffusione della stampa cattolica, e non avendo ormai più le forze per andare nelle case, scriveva piccoli messaggi, in piccoli pezzettini di carta e li appiccicava al giornale in maniera da arrivare all’interessata/o assicurando preghiere e amicizia. Questi messaggi, questi piccoli segni sono ancora oggi custoditi come tesori. Grazie Suor Zacchea! Suor Florisa e Suor Paola Suor OSANNA (Albina) BREDA nata a Favaro Veneto (VE) il 26.1.1922 morta a Castell’Arquato (PC) l’11.6.2014 60 Suor Osanna, a motivo della chiusura della comunità di Casola Valsenio (2006), è approdata a Castell’Arquato, dove si è inserita bene ed è stata accolta con benevolenza. La discreta salute, eccetto una completa sordità, le ha consentito, con la fraterna compagnia di suor Ottaviana, di dedicarsi negli intervalli liberi al lavoro di ricamo. Era bello vederla, serena e soddisfatta, intenta a ricamare a macchina, graziose tovagliette. In varie occasioni della giornata, dava l’impressione di non subire la grave memonazione dell’udito: era facile allora pensare che quello che si vedeva in lei era il frutto di buone abitudini acquisite. Albina, entrata in Istituto a Venezia il 17 ottobre 1946, alla vestizione (27-9-1947) ricevette il nome di Osanna e nel 1948, ancora novizia, prestò servizio a Quinto. Fece la prima professione il 27 settembre 1949 e nello stesso giorno del 1954 emise la Professione perpetua ben consapevole dei doveri e degli impegni che assumeva come risposta totale d’amore a Dio nel servizio umile e generoso alle consorelle, ai bambini della Scuola Materna e, particolarmente, verso le giovani della parrocchia, le quali ricambia- vano stima e riconoscenza. Visse il tempo dello iuniorato a Udine, presso l’Istituto “Blanchini”, e nel 1955 fu inserita nella comunità di Casola Valsenio, dove rimase ininterrottamente per oltre 50 anni, eccettuate due brevi soste di qualche mese a Forlì (1979) e a S. Agata Feltria (1980). Una nuova viva luce di fede e di fiducia in Dio si rivelò in suor Osanna, allorché spinta dall’ardore e dallo spirito missionario che caratterizza la suora di S. Dorotea, pensò ad una iniziativa che contribuisse alla formazione umana e cristiana delle giovani di Casola e dintorni, prive, tra l’altro, di risorse economiche. Con l’aiuto di Dio e della superiora, suor Ermanna Doardi, organizzò e condusse un fiorente laboratorio di indumenti e biancheria per donna. Partito con poche giovani, il laboratorio raggiunse gradualmente il numero di 75 unità. I prodotti venivano regolarmente consegnati a ditte di Ravenna e Bologna. Per diversi anni questo laboratorio offrì opportunità insperate a tante giovani. Successivamente, nuove tipologie di lavoro e di mercato portarono alla sua chiusura. Le giovani però continuarono a frequentare le Suore, le loro iniziative e proposte formative, insieme a quelle parrocchiali; memorabili rimangono le “pesche” e le “bancarelle” allestite a scopo di beneficenza. Negli ultimi anni della sua vita suor Osanna, oltre all’udito, aveva perso anche la capacità di parlare, di esprimere i suoi pensieri, ma le sue opere, insieme a quelle delle consorelle, vivono ancora nella Parrocchia di Casola Valsenio, a lode e gloria di Dio, Padre e autore di ogni bene. La comunità di Castell’Arquato Suor LIDUINA (Anna) RAVERA nata a Vobarno il 19.10.1930 morta a Brescia il 14.6.2014 All’alba di sabato 14 giugno, vigilia della Solennità della Trinità Santissima, suor Liduina prese il suo bagaglio di sofferenze e di meriti e, in compagnia della Madonna, partì per il paradiso, dopo una vita tutta segnata da inguaribile malattia. Era nata a Vobarno, da genitori cristiani convinti. Il padre lavorava presso le Ferriere Falck; qui aveva conosciuto la giovane operaia, che in seguito avrebbe sposato. Mamma Pierina ebbe la gioia di dare alla luce quattro figli: Margherita, Carlo, Anna e Pierino e poiché essi avevano bisogno di cure lasciò il lavoro e si dedicò completamente a loro e alla casa. Anna era una bambina dal temperamento socievole, che sapeva farsi ben volere da tutti perché sempre sorridente e servizievole; frequentò la scuola elementare in paese, dove insegnavano come maestre statali anche due suore di S. Dorotea; ricevette una buona formazione scolastica e, dopo la quinta classe, incominciò a prestare alcune ore di servizio presso famiglie vobarnesi con bambini piccoli, ai quali si dedicava con grande pazienza e amorevolezza. Ormai adolescente, si offrì per aiutare le suore nell’Oratorio femminile, allora molto numeroso, ma presto fu colpita da grave forma di nefrite. Guarita, trovò modo di dare tempo alla preghiera e di coltivarsi spiritualmente; così andò maturando la vocazione di dedicarsi totalmente a Dio e ai fratelli. A diciannove anni ottenne dai genitori il permesso di farsi religiosa entrando tra le Suore Maestre di S. Dorotea con sede in Brescia. Il 16 settembre 1949 la giovane postulante fu affidata alla Madre Maestra suor Beatrice Moro, donna intelligente, materna e spiritualmente ricca; ella la introdusse nella pratica regolare della preghiera e favorì il suo rapporto con le altre novizie. Il 4 gennaio 1951 Anna vestì l’abito religioso e ricevette, quasi doloroso presagio, il nome di Maria Liduina (Lidwina: una santa tedesca del ’400, glorificata come prodigio di sofferenza umana e di eroica pazienza, per trentasette anni inchiodata a letto da cronica infermità). Il 6 gennaio 1953 emise la prima Professione e il 25 settembre 1958 quella perpetua. Dopo i primi Voti, fu inserita nella comunità di Magno di Inzino come aiutante nella scuola materna; vi rimase due anni, poi fu trasferita a Calvagese dove la permanenza durò sette anni, purtroppo turbati verso la fine (1962) da vari disturbi che destarono la preoccupazione delle Superiore. Fu affidata alle cure di medici specialisti, che consigliarono, tra l’altro, di trovare alla giovane suora una occupazione leggera a lei consona e un luogo il cui clima le potesse giovare per la ripresa: così passò vari paesi del bresciano e del trentino. Nel 1971 ritornò a Brescia, in via Marsala 30; nonostante le opportune cure e periodici ricoveri le condizioni di salute non migliorarono, motivo per cui il 1° giugno 1974 entrò a far parte della comunità di “Villa S. Giuseppe”. Per quarant’anni suor Liduina, sempre sofferente, prestandosi per piccole incombenze, rimase tra le consorelle anziane, pregando per la Chiesa e offrendo a Dio, in unione con Cristo Crocifisso le sue persistenti pene fisi- che e morali. Aveva brevi periodi di lucidità, che favorivano la preghiera fatta con commovente fervore. Negli ultimi anni la malattia si aggravò con il morbo di Parkinson. Il 13 giugno 2014 fu ricoverata d’urgenza presso gli Spedali Civili di Brescia, con polmonite bilaterale fulminante. La situazione apparve immediatamente molto critica; nonostante le premurose cure dei medici, alle ore 4.40 del 14 giugno suor Liduina decedeva, accompagnata dalla presenza e dalla preghiera della Superiora. Veramente l’esistenza di suor Liduina, nel nascondimento, nel silenzio della croce, divenuta ormai per lei compagna di vita, è stata esperienza di fede “luminosa”, perché riflesso della Passione di Cristo e della partecipa- zione al suo mistero di salvezza. Il corpo della consorella è ora sepolto nel cimitero di Vobarno accanto ai suoi familiari defunti, ma lo spirito è in Dio, nella gioia e nella pace dei Santi, tra i quali il beato Luca Passi che in una lettera del 1851, indirizzata a una persona sofferente (Teresa Algarotti) scriveva: “la rassegnazione ch’io domando da lei è… che in Dio 61 solo s’appoggi e in Lui unicamente confidi; e persuadendosi di essere tutto diretto da una mente suprema con mire quanto giuste altrettanto occulte, si abbandoni alle sue sapientissime disposizioni, e di cuore si sottometta al Volere Suo”. Così ha fatto suor Liduina! Madre Vincenza Polotti PARENTI DEFUNTI Piera Gamba sorella di suor Sira (Brescia, via Marsala 30) Mistica Bonomini sorella di suor Venanzia (Brescia - “Villa San Giuseppe”) Elsa Zaniol sorella di suor Fiorangela (Venezia) Silvano Zabeni fratello di suor Marisa (Brescia, via Marsala 18) Virginia Mirri sorella di suor Carlina (Padova, via S. Pietro) Gabriel Shimikiro papà di suor Emilienne Mbonihankuye (Burhiba - RDCongo) Agnese Pasini sorella di suor Adriana (Lucca, Giardino Botanico 21) Luigi Girardi fratello di suor Rinalda (Maserada) Adelia Dini sorella di suor Sabina (Castell’Arquato) Natoliya Hatungimana sorella di suor Julienne Bimpenda (Roma, viale Vaticano) Giovanni Botter fratello di suor Angelica (Maserada) e suor Clementina (Pagnano) Una sorella, un’amica Suor Gerolama Fausti 62 I l messaggio inviatomi da suor Vittorina Savoldi il 5 giugno 2014 nell’ultimo ricovero per la chemioterapia ha caratterizzato il tratto finale della strada sulla terra di questa sorella, deceduta il 13 luglio 2014: “È passato il medico. Oggi cambiano terapia da fare ogni 15 giorni. Fiat!… Il Signore sa ciò che è meglio per me e per tutti. Mi abbandono e continuo a sperare nell’intervento di Don Luca”. A Roma si stava celebrando il 29° Capitolo generale, che non ha impedito alle Capitolari di farsi presenti in vari modi, tra cui l’invio di Madre Assunta Tonini per l’ultimo saluto in rappresentanza della Superiora generale Madre Marialuisa Bergomi e tutte le sorelle riunite in Assemblea. Nelle due Celebrazioni Eucaristiche, quella di commiato a Villa S. Giuseppe e al funerale a Ciliverghe, hanno fatto emergere la statura spirituale di suor Vittorina, che si è rivelata in modo speciale nel tempo della malattia: ella sempre, ma soprattutto in questi ultimi tempi, ha saputo accettare la Volontà di Dio con piena consapevolezza, adesione, serenità e generosità; ha saputo offrire con amore la sua sofferenza per i grandi ideali di vita che le stavano a cuore: il Signore, la Chiesa, l’Istituto. Sento in me tanta riconoscenza al Signore per il dono di questa sorella e per la vicinanza di tutte in un momento “doloroso”, ma “bello e pregnante” che ha coronato magnificamente il percorso vocazionale di suor Vittorina. Alcuni momenti intensi rimangono nel cuore quali “grazie” del Signore per la sua sintesi di vita: la celebrazione Eucaristica del 4 luglio nella quale con consapevolezza ha chiesto di poter ripetere il “Suscipe, Domine…” dopo la comunione; la gioia di riascoltare con riconoscenza il “Veni, sponsa Christi…” sul letto dell’agonia tre giorni prima dell’incontro con lo Sposo. Io ho vissuto con lei gli ultimi passi verso l’incontro con il Signore e devo solo rendere lode a Dio e ringraziare lei che ha accettato di condividere con me l’attesa. n Invito alla lettura a cura di Suor Fernanda Barbiero 63 Matteo Armando L’adulto che ci manca Perché è diventato così difficile educare e trasmettere la fede Edizioni Cittadella 2014 Al centro della riflessione di queste pagine si colloca la profonda mutazione avvenuta nella generazione degli adulti di oggi, in coloro, cioè, che sono nati tra il 1946 e il 1964. Incantati e incatenati al mito del giovanilismo, gli adulti sono sempre meno capaci del gesto educativo fondamentale, che consiste nel donare dei figli al mondo e un mondo ai figli, e nel consegnare loro una pratica di pietà e di devozione con cui accompagnare il difficile mestiere di vivere. Davanti a questa «situazione bloccata», il libro prova a fare i conti anche con la risposta che emerge dall’universo giovanile, ravvisandovi una grande nostalgia e un’inattesa apertura verso quell’«adulto che manca» nei loro padri e nelle loro madri: una nostalgia e un’apertura che preludono a orizzonti di speranza. Armando Matteo (Catanzaro 1970) insegna Teologia fondamentale alla Pontificia Università Urbaniana. Autore di numerosi saggi, per Cittadella ha pubblicato Presenza infranta. Il disagio postmoderno del cristianesimo (20113). n Sabino Chialà La perla dai molti riflessi La lettura della Scrittura nei padri siriaci Edizioni Qiqajon Comunità di Bose 2014 La Bibbia è riferimento irrinunciabile nella vita delle chiese, ma in quelle di tradizione siriaca essa ha conosciuto un’attenzione persistente e originale: le famose scuole teologiche siriache ci hanno lasciato in eredità una ricca e plurale testimonianza di creatività ermeneutica. Le pagine di questo volume danno voce a questa sinfonia di approcci – esegesi di scuola, lettura spirituale e lettura omiletica –, che appaiono come tre forme complementari in dialogo, mantenendo ciascuna integro il rigore del proprio metodo. Sabino Chialà (Locorotondo 1968), monaco di Bose e studioso di ebraico e siriaco, si è dedicato in particolare alle ricerche sull’opera di Isacco di Ninive, di cui ha recentemente pubblicato l’edizione critica e la traduzione italiana della Terza collezione dei discorsi ascetici (Peeters 2011). Presso le nostre edizioni ha curato tra l’altro Un’umile speranza (1999), e Abramo di Kashkar e la sua comunità. La rinascita del monachesimo siro-orientale (2005). n TAXE PERçUE Roma - Italy 64 Ardere per Accendere Anno XLIII - n. 2 - Maggio/Agosto 2014 Finito di stampare nel mese di Agosto 2014 PERIODICO TRIMESTRALE DELLE SUORE MAESTRE DI S. DOROTEA DI VENEZIA Iscritto sul Registro della stampa del Tribunale di Roma al N. 367/’82 del 9.11.1982 Direttore Paola Galetti (Suor Eliana) Coordinatrice Suor Fernanda Barbiero Gruppo redazionale Andrea Ballarin - Fernanda Barbiero Nicola Chiarot - Eliana Galetti Maria Elisa Perinasso - Emmarosa Trovò Foto a cura della Redazione Stampa Tipografia “Città Nuova” della PAMOM Via Pieve Torina, 55 - 00156 Roma Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.
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