Avviso Pubblico Realizzazione Workshop “Promotion Of Natural Heritage” nell’ambito del Progetto “Caves Virtual Environment”- Programma Europeo di Cooperazione Territoriale Interreg Grecia- Italia 2007-2013 Organismo Attuatore: Titolo del Corso “Promotion Of Natural Heritage” Titolo del modulo: “Analisi della vegetazione spontanea” Dott. Ciciriello Pierangelo Cosimo AREA DI STUDIO Il Parco naturale regionale Terra delle Gravine Istituito in Puglia nel 2005 per tutelarne il patrimonio paesaggistico e faunistico. Si estende nelle province di Brindisi e di Taranto, nella zona delle Murge. Elenco dei comuni del parco naturale delle Gravine: Provincia di Brindisi: Villa Castelli Provincia di Taranto: Crispiano, Castellaneta, Ginosa, Grottaglie, Laterza, Martina Franca, Massafra, Montemesola, Mottola, Palagiano, Palagianello, San Marzano di San Giuseppe, Statte. Il Parco Naturale Regionale Terra delle Gravine, è la terza area protetta pugliese dopo il Parco Naturale del Gargano e quello dell'Alta Murgia. Protegge un'estesa area che si snoda per quasi tutto il territorio provinciale da Ovest ad Est e che presenta importanti valori storici, antropologici, culturali, paesaggistici e naturalistici: gli agroecosistemi a colture estensive come gli uliveti secolari, i seminativi, i pascoli, gli habitat steppici, le foreste a fragno, roverella e leccio, la macchia mediterranea, la gariga, gli ambienti rupicoli, le aree umide. CENNI VEGETAZIONALI Nonostante le comunità vegetali della biosfera presentino una continuità spaziale senza un preciso principio gerarchico di distribuzione, risultano utili e indispensabili una tipizzazione e un raggruppamento delle comunità vegetali in una sistematica della vegetazione. Per quanto è possibile rilevare, si constata che comunità adiacenti presentano spesso zone di contatto chiaramente delimitate. L’analisi statistica di associazioni concrete dimostra che solo determinate combinazioni di specie si ripetono con frequenza, mentre altre sono rare o mancano del tutto. Questi gruppi di specie più frequenti e caratteristici possono essere definiti come tipi astratti di vegetazione. Le zone di passaggio tra fitocenosi si chiamano ecotoni; sono chiaramente condizionate da ‘modificazioni scalari’ dei fattori ambientali. In ambito locale in condizioni macroclimatiche omogenee la diversità della vegetazione permette di trarre le prime conclusioni sulle variazioni locali dell’ambiente (ecotopo) e sui rapporti che intercorrono fra suoli, disponibilità idrica, ecc. da una parte e le forme d’uso, la rigenerazione e le successioni vegetazionali dall’altra. Anche nei piani altitudinali (= piani di vegetazione) delle montagne vi sono complessi di vegetazione riferibili ad associazioni o formazioni climax di volta in volta dominanti. Queste associazioni rispecchiano al meglio le variazioni altitudinali delle condizioni climatiche (in particolare il calo di temperatura). L’altopiano delle Murge è caratterizzato in modo assai diverso nella sua porzione orientale rispetto a quella occidentale. Le Murge di Nord-Ovest, certo più brulle ed aspre nell’aspetto, ospitano gli ultimi grandi boschi di Roverella meridionale (Quercus virgiliana Ten.), mentre la più verde Murgia di Sud-Est presenta sulla scarpata formazioni sempreverdi in cui domina il Leccio (Q. ilex L.) e alle quote più elevate rappresenta la patria del Fragno (Q. trojana Webb). Il territorio delle Murge Sud-orientali, infatti, è occupato, nelle frammentarie residue aree boschive, soprattutto nelle zone più pianeggianti e più elevate, da lembi di querceti a Quercus trojana Webb, puri o talora misti a Quercus ilex e/o Q. virgiliana, o più raramente a Q. cerris L. e Q. calliprinos Webb. I pochi ettari boscosi e cespugliati, circondati dalle fitte colture, specialmente di olivi, che popolano tutto il fianco della Murgia, costituiscono oramai minuscoli frammenti, evidentemente residui dell’antico rivestimento forestale, ma la cui constatazione dà comunque la possibilità di ricostruire la fisionomia del mantello vegetale pugliese, e soprattutto di stabilire le proporzioni e i rapporti tra i boschi di Quercus trojana, caratteristici del dolce altopiano della bassa Murgia pugliese e che rappresentano un estremo avamposto sud-occidentale dell’areale del Fragno, e dei boschi di Quercus ilex, che dominano la costa Adriatica e Tirrenica ed il Salento. La vegetazione potenziale di questo territorio, intendendo per vegetazione naturale potenziale quella che ci sarebbe in un determinato ambiente, a partire dalle condizioni attuali, se l'azione esercitata dall'uomo sul manto vegetale venisse a cessare, è costituita da formazioni prevalentemente di latifolie eliofile decidue e dominanza di querce. Un aspetto molto interessante della Murgia di Sud-Est, e quindi anche del territorio di Villa Castelli, è la ricchissima presenza di specie di origine balcanica: oltre al Fragno, vanno ricordate Asyneuma limonifolium, Salvia triloba, Phlomis fruticosa, Campanula versicolor. La situazione attuale della vegetazione naturale è molto distante sia dal quadro emerso dall'analisi della vegetazione potenziale sia da quanto deducibile da numerose fonti storiche, anche relativamente recenti, che descrivevano un paesaggio strutturato da vasti e intricati boschi. La trasformazione dei caratteri originari del paesaggio è legata in primo luogo alle attività antropiche: l'ampliamento della superficie destinata alle colture agrarie, il pascolo eccessivo e spesso irrazionale, gli incendi, l'aumento e la diffusione delle aree urbanizzate, la perdita del valore sociale e collettivo del bosco. Lo strato arbustivo dei querceti è caratterizzato dalla presenza di piante tipiche della macchia mediterranea, quali il Lentisco, la Fillirea, il Terebinto, il Biancospino, il Perastro, le Rose selvatiche, i Cisti, associati a numerose piante rampicanti e lianose (Smilax, Vitalba, Lonicera, etc.). Nelle aree in cui incidono maggiormente le cause di degrado si assiste ad una progressiva trasformazione, ad una regressione quindi, dallo strato arboreo allo stadio di macchia mediterranea o di pascolo arborato. In queste situazioni prevalgono le specie maggiormente termofile, a carattere sempreverde. La macchia mediterranea La macchia mediterranea è una formazione vegetale caratterizzata da un fitto ed intricato strato arbustivo, in cui le singole piante perdono la loro individualità per fondersi l'una con l'altra. Nella macchia mediterranea manca un vero strato arboreo ed esiste anche poco spazio per le piante erbacee. Ambienti a macchia mediterranea o a pseudo-macchia (con la presenza sparsa di querce allo stato arboreo) sono diffusi in numerose zone del territorio comunale. La macchia mediterranea è presente in modo diffuso lungo le zone di confine e nelle ampie zone marginali dove si è sviluppata indisturbata. E’ una formazione vegetale più evoluta rispetto alla gariga ed è caratterizzata da un denso strato intricato arbustivo, per lo più sempreverde, in cui si perde l’individualità di ogni singola pianta, che lascia poco spazio persino alle piante erbacee, manca un vero strato arboreo. Anche le specie che normalmente hanno un tale portamento assumono in questo ambiente un aspetto cespuglioso. Gli arbusti che vi troviamo sono: Lentisco (Pistacia lentiscus) Ginestra spinosa (Calicotome infesta) Filliree (Phillyrea sp.) Erba corsa (Daphne gnidium) Cisto di Montpellier (Cistus monspeliensis) Cisto Rosso (Cistus incanus) Olivastro (Olea europaea var oleaster) Perastro (Pyrus amygdaliformis) Alaterno (Rhamnus alaternus) La gariga Nelle aree in cui i fenomeni di degrado si protraggono per lungo tempo, in maniera continuativa o con maggiore intensità, si assiste ad un’ulteriore involuzione delle associazioni vegetali che dà origine alla cosiddetta gariga, caratterizzata dalla presenza di arbusti bassi e specie annuali, con una forte discontinuità della vegetazione arbustiva. Le aree a gariga sono presenti per esempio nelle aree marginali dei boschi, nelle aree percorse dal fuoco o in quelle degradate dal pascolo eccessivo. Si segnale la presenza di interessanti specie arbustive ed erbacee perenni con proprietà aromatiche ed officinali,: domina il Cisto di Montpellier (Cistus monspeliensis); sono anche presenti il Cisto rosso, Ginestra spinosa, Timo, Issopo, Euforbia spinosa, Santoreggia pugliese, etc. La pseudo-steppa L'ultimo stadio di degrado della vegetazione spontanea è rappresentata dalla pseudo-steppa mediterranea, caratterizzata dall'aspetto quasi desertico, dalla presenza quasi esclusiva di specie erbacee, dalla presenza di specie indicatrici (per esempio Stipa, da cui il termine steppa). Le specie vegetali presenti sono capaci di sopravvivere in condizioni estreme: piante annuali o perenni con organi di riserva sotterranei, con ciclo biologico breve, concentrato nelle stagioni più favorevoli. La ricchezza biologica (biodiversità) è notevole: In pochi centimetri quadrati di terreno convivono decine di specie vegetali, e nelle diverse stagioni si alternano essenze diverse. Il primo stadio della colonizzazione vegetale in quest’ambiente è sicuramente espresso da alcune specie di Licheni incrostanti capaci di insediarsi sulla roccia nuda affiorante. La pseudo-steppa trae origine dall'azione millenaria dell'uomo, essendo il risultato dell'azione combinata del disboscamento, del successivo dilavamento meteorico del substrato, della forte siccità estiva e della scarsa capacità di ritenzione idrica di un substrato fortemente fessurato in seguito ai fenomeni carsici. Le piante delle steppe si adattano a condizioni di vita spesso estreme, determinate dallo scarso apporto idrico e dalla forte insolazione (praterie xerofile). La famiglia di piante più diffusa è senza dubbio quella delle graminacee, alcune delle quali risultano rare e di elevato valore scientifico. Il querceto misto Il genere Quercus L., facente parte della famiglia delle Fagaceae, è caratterizzato da specie a portamento arboreo, con fiori unisessuali monoici riuniti in infiorescenze ad amento, e dall’avere il frutto a noce, la ghianda, solitaria nella cupola squamata e caliciforme. In Italia sono presenti 15 specie, di cui 12 riscontrabili in Puglia: Quercus calliprinos, Q. ilex, Q. suber, Q. trojana, Q. macrolepis, Q. cerris, Q. petraea, Q. dalechampii, Q. robur, Q. virgiliana, Q. pubescens, Q. frainetto. Il querceto misto è tra i gruppi forestali italiani quello che presenta la maggiore differenziazione e quindi la più elevata biodiversità, sia al livello della flora che a quello delle comunità vegetali. Tre punti vanno particolarmente messi in evidenza: i processi evolutivi in atto, le componenti biogeografiche e le forme biologiche. Quanto ai processi evolutivi, un’analisi attenta di questa flora mette in evidenza come essa presenti con particolare frequenza gruppi altamente polimorfi: questo è una conseguenza di una scarsa o incompleta speciazione, e si ha spesso sensazione di trovarsi di fronte a gruppi recenti, ancora in evoluzione, che potrebbero essersi originati verosimilmente in connessioni con le glaciazioni. Le querce caducifoglie sembrano avere una possibilità quasi illimitata di ibridarsi tra loro, ed è abbastanza probabile che anche l’uomo abbia in qualche modo favorito questi processi, modificando la consistenza delle popolazioni con interventi distruttivi (taglio, ceduazione, incendio) così da favorire la migrazione di popolazioni contigue e successiva ibridazione. In conseguenza, le querce mostrano spesso un’ecologia abbastanza flessibile e possono presentarsi in combinazioni molto diverse. Il bosco di Fragno Querceto semi-sempreverde xerofilo diffuso sul tavolato calcareo delle Murge in Puglia a 300-450 m di quota, con dominanza di Quercus trojana (= Q. macedonica, Fragno) nello strato arboreo e sottobosco fortemente degradato da tagli, pascolo ed incendio; non ne conosciamo esempi che abbiano mantenuto assetto naturale. Quercus trojana, localmente indicata come “Fragno” è uno degli elementi più caratteristici del paesaggio pugliese delle Murge; vive sul tavolato calcareo, generalmente formando piccoli boschetti, in ambiente più o meno pianeggiante, a clima mediterraneo molto caldo, arido e elevato Ph del suolo. Le sue stazioni naturali sono state ora in gran parte trasformate in colture di cereali, oliveti e vigneti. Il suolo si forma su terra rossa analoga a quella del Carso triestino (e che è largamente diffusa nelle zone calcaree della Croazia e della Bosnia), cioè si tratta di un suolo fossile, in generale soggetto a intensi processi erosivi, ma talora anche con una certa tendenza alla brunificazione. I boschi di Fragno sono per lo più il risultato di uno sfruttamento secolare o forse millenario, effettuato mediante tagli distruttivi, ceduazioni ripetute, pascolo ed incendi frequenti; ancora oggi questi boschetti sono frequentemente utilizzati come ricovero per il bestiame durante i mesi estivi. Nelle condizioni attuali i nuclei di Fragno non sono veri boschi; essi tuttavia costituiscono verosimilmente l’associazione finale stabile per questa zona, in qualche modo è coerente con la millenaria tradizione di scambi etnici e culturali tra le due sponde dell’Adriatico. Il fattore limitante la diffusione del Fragno nelle Murge settentrionali sembra essere la sua scarsa capacità di superare il periodo di siccità estiva. Dunque il Fragno occupa le aree murgiane dove le particolari condizioni morfologiche-strutturali del calcare cretaceo permettono una certa permanenza delle acque negli strati superiori. LA GRAVINA Le gravine, in particolare, hanno assunto una grande importanza fitogeografica e zoogeografica che si aggiunge a quella floro-faunistica, proprio perché dotate di particolari condizioni fisiche, geomorfologiche e bioclimatiche, con innumerevoli "nicchie ecologiche" in cui si sono insediate, addirittura relitte, flore e faune preziosissime rivenienti, come abbiamo visto, dai più disparati scacchieri geografici. È infatti estremamente interessante assistere alla coesistenza, anche in pochi metri, di ambienti tanto diversi, come greppi rocciosi ed assolati, rupi umide e stillicidiose, boschi, prati aridi, siepi, pantani ed effimeri torrenti, aree a macchia e pietraie, cavità e grotte più o meno umide ed ombrose, antichi orti e giardini abbandonati, prati fioriti e ruderi. Altra rilevante caratteristica è data dal fatto che le gravine possono fare da "canale di penetrazione" nell'entroterra di specie floristiche ad areale generalmente paralitoraneo, che possono così ritrovarsi sin nel cuore della Murgia, e comunque costituire sicuro ostello per specie floro-faunistiche ormai scomparse nelle aree circostanti. Notevole, infine, il ritrovamento sul fondo delle gravine di specie mesofile che di norma vivono a quote superiori ai 500 metri (per il ben noto fenomeno dell'"inversione termica"), come il Carpino nero (Ostrya carpinifolia), il Carpino orientale (Carpinus orientalis) a gravitazione transadriatica, l'Acero minore (Acer monspessulanum). L'inversione termica e di umidità è un fenomeno geoclimatico riscontrabile solo nelle valli strette e nelle gole calcaree, quali sono per esempio le gravine. In base a tale fenomeno, per la minore insolazione del fondo rispetto agli spalti, si ha un clima più fresco ed umido in basso e più caldo e secco in alto. All'inversione termica è di conseguenza legata un'inversione altimetrica della vegetazione, il che spiega la presenza di specie tipiche delle zone ombrose dell'Alta Murgia sul fondo delle gravine, a quote molto più basse. L'area delle Gravine dell'arco ionico conserva ancora discrete estensioni boschive dominate dal fragno (Quercus trojana) e, nelle stazioni più calde e secche, dal leccio (Quercus ilex). Marginalmente sono presenti i querceti a roverella sensu latu (Quercus pubescens, Quercus virgiliana, Quercus dalechampii, Quercus amplifolia) e le pinete a pino d'Aleppo (Pinus halepensis). Le aree pseudosteppiche hanno una notevole estensione, anche se minore rispetto alla vicina Alta Murgia, e si rinvengono soprattutto nell'intervallo altitudinale compreso tra 300 e 400 m s.l.m. La presenza di uno spiccato gradiente termico all'interno delle gravine fa sì che, procedendo dal margine superiore verso il fondo, si susseguano comunità vegetali che necessitano di un maggiore grado di umidità, il che da luogo alla base alla formazione di una vegetazione tipicamente mesofila. Qui la vegetazione spontanea d'interesse forestale è rappresentata da: praterie termo-xerofile; macchie e macchie-foreste termo-xerofile e termo-xerotolleranti, dominate dal Leccio cui sono associati l'Acero minore, l'Orniello e la Roverella; macchie e macchie-foreste mesofile, dominate dal Fragno e dalla Roverella; foreste termo-xerofile, di Pino d'Aleppo (Pinus halepensis Mill.), con denso sottobosco dominato dal Lentisco (Pistacia lentiscus L.). Le entità vegetali mediterraneo-orientali presenti permettono di confermare l'ipotesi paleogeografica e fitogeografica avanzata per la Puglia meridionale, con riferimento all'ampio collegamento terrestre che si creò nel Miocene medio tra quest'area pugliese e la parte meridionale delle terre dell'Egeo. Tale collegamento avrebbe permesso infatti la migrazione di numerose specie con esigenze ecologiche diverse, alcune delle quali avrebbero trovato nelle gravine, grazie ai numerosi microambienti che le caratterizza, importanti stazioni di rifugio. Tali specie, propriamente definite come "Paleoegeiche transoniche meridionali" presentano oggi un areale più o meno esteso a seconda di come hanno potuto superare le vicende climatiche quaternarie, che hanno segnato il progressivo restringimento del loro areale. Tra queste entità sono da ricordare Campanula versicolor, orofila mediterranea orientale, con areale principale nella parte meridionale della Penisola Balcanica. Altre specie interessanti sono: Carum multiflorum, specie rara nota in Italia solo per la Puglia e per la gravina di Matera in Basilicata; Asyneuma limonifolium, specie anfi-adriatica, con un areale che abbraccia gran parte della Penisola Balcanica e trova l'estrema propaggine occidentale del suo areale, nella Puglia centro-meridionale ed il Materano.; Quercus trojana, elemento mediterraneo orientale il cui areale italiano comprende solamente le Murge pugliesi e materane; Phlomis fruticosa, frequente nei luoghi più aridi della penisola salentina, è stata rinvenuta nella gravine di Petruscio a Mottola, Palagianello e Laterza; Triticum uniaristatum, specie molto rara, nota in Italia in sole quattro stazioni pugliesi, nelle Murge, tra Laterza e Martina Franca e nel Salento, tra Spongano e Surano e ai margini del Bosco Rauccio. Sono inoltre degne di nota anche altre specie a diffusione mediterraneo orientale: • Scrophularia lucida, • Lomelosia brachiata, • Allium atroviolaceum, • Asphodeline liburnica, • Stachys germanica L. subsp. Salviifolia, • Thymbra capitata, • Convolvulus elegantissimus, • Cistus creticus L. subsp. creticus, • Malope malacoides, • Eryngium amethystinum, • Cardopatium corymbosum, • Euphorbia apios, • Hypericum triquetrifolium, • Onobrychis aequidentata, • Iris lorea, • Helictotrichon convolutum. BIBLIOGRAFIA BIANCO P., 1958 - Querceti a Qurcus trojana Webb nel territorio di San Michele di Bari. Nuovo Giorn. Bot. Ital., n.s., 65: 43-100. BIANCO P., 1990 – Fiori spontanei di Murgia. Regione Puglia. Assessorato alla Cultura e P. I, C. R. S. E. C. BA/7. Altamura Gravina – Poggiorsini. BIONDI E., BLASI C., BURRASCANO S., CASAVECCHIA S., COPIZ R., DEL VICO E., GALDENZI D., GIGANTE D., LASEN C., SPAMPINATO G., VENANZONI R., ZIVKOVIC L., 2009 – Manuale Italiano di interpretazione degli habitat della Direttiva 92/43/CEE. sito internet: vnr.unipg.it/habitat. BORTOLOTTI L., PIERANTONI M.A., 1992 - Puglia. In: BORTOLOTTI L., PIERANTONI M.A. “I boschi d’Italia”, vol. 1: pag. 163. CIARANFI N., PIERI P., RICCHETTI G., 1988 - Note alla carta geologica delle Murge e del Salento (Puglia centro-meridionale). Mem. Soc. Geol. It., 1: 449-460. COLAMONICO C, 1923 - La Geografia della Puglia. Profilo monografico regionale. Tip. Cressati, Bari. D’AMATO F., 1949 – Sull’areale pugliese di Quercus trojana Webb. Atti Soc. Tosc. Sc. Nat., Mem., Serie B., 56: 98-114. GENTILE S., 1990 – Mediterraneità climatica e vegetazione mediterranea. Atti 3° Colloquio su “Approcci metodologici per la definizione dell’ambiente fisico e biologico mediterraneo”, Lecce, 20-22 novembre 1990: 123-144. MACCHIA F., VITA F., 1982 – Il fitoclima dell’areale pugliese di Quercus trojana Webb. Giorn. Bot. Ital., 116 (1): 45-46. MELE C., 2004 – Il fitoclima della Puglia. Tesi di dottorato, XV ciclo. Università degli studi di Lecce, pp. 148. PIGNATTI S., 1982 – Flora d’Italia. Edagricole, Bologna, 3 voll.. PIGNATTI S., 1998a - Introduzione. In: PIGNATTI S. “I boschi d’Italia”, UTET: pag. 1. PIGNATTI S., 1998b - Il querceto misto. VIII.3. Biodiversità. In: PIGNATTI S. “I boschi d’Italia”, UTET: 264-265. PIGNATTI S., 1998c - 83. Bosco di Fragno. In: Pignatti S. “I boschi d’Italia”, UTET: pag. 374. SIGISMONDI A., TEDESCO N., 1990 – Natura in Puglia. Flora Fauna e Ambienti Naturali. Mario Adda Editore, Bari. STRASBURGER, 1995 – 4.2.2. Ordine: Fagales. In: Trattato di botanica. Parte sistematica. Antonio Delfino Editore: 770-772. TREWARTHA G. J., 1961 – The earth’s problem climate. The Univ. Press. Of Wisconsin, Madison. ZITO G., MACCHIA F., VITA F. 1977 – L’evapotraspirazione potenziale e la distribuzione del genere Quercus nelle Murge e nella penisola Salentina (Puglia). In L. SCALERA LIACI – Atti V Simp. Naz. Conserv. Natura, Bari 22 27 aprile 1975. Vol. 1. Cacucci Editore, Bari. 135-177. ZITO G., RUGGIERO L., ZUANNI F., 1989 - Aspetti meteorologici e climatici della Puglia. Collana del Progetto Strategico “Clima Ambiente e Territorio nel Mezzogiorno”, C.N.R.: 43-73. Taormina.
© Copyright 2024 Paperzz