Relazione - Magistratura Democratica

MAGISTRATURA DEMOCRATICA
E LA SFIDA RIFORMATRICE
Relazione del Segretario generale Anna Canepa
1. Perché il Congresso: oltre la ritualità, l’importanza
della riflessione politica e delle linee di un gruppo
Cinquant’anni, e venti congressi: un’età matura, un percorso
lungo e ricchissimo, la storia di un’eresia dirompente e tutt’ora
necessaria.
Il congresso è sempre un momento di bilanci e progetti,
ugualmente impegnativi. Alla capacità di analisi, anche
autocritica, propria dei primi, si somma la difficoltà di
un’interpretazione del presente e di quel futuro - non a caso
evocato nello stesso titolo di questo congresso - che ci appare
incerto come cittadini e come magistrati. È nella essenza di Md,
nella sua stessa ragion d’essere, la vocazione irrinunciabile a
guardare al mondo che ci circonda, alla complessità dei
fenomeni sociali e politici, alle implicazioni che da essi
derivano. L’elemento, che ancora oggi crediamo distintivo della
nostra storia, è racchiuso in queste parole di Carlo Verardi:
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
«Sento l’orgoglio di stare dentro Md soprattutto quando il
gruppo riesce ad uscire fuori dallo steccato della giurisdizione.
Le richieste di trasformazione in senso democratico della
società saranno forti, però, solo nella misura in cui Md saprà
continuare a produrre trasformazioni nella magistratura»
Se questa è stata la ragion d’essere di Md, e della sua eresia,
allora dobbiamo chiederci se questa è ancora la strada,
necessaria e possibile. Siamo ancora in grado di guardare al
“mondo di fuori” e pensare la giurisdizione come strumento
fondamentale di democrazia? L’analisi che impone oggi questo
sguardo all’esterno appare difficile, tutt’altro che rassicurante:
la crisi economica, con i suoi drammatici effetti sociali;
l’immigrazione, fenomeno di dimensioni e complessità
inestricabili, con il suo fardello di dolore e disperazione; la crisi
profondissima della politica, il crollo di fiducia nella
rappresentanza e nelle istituzioni. Ne derivano conseguenze
drammatiche sul piano dei diritti e della giustizia, con nuove
forme di esclusione e povertà; contraddizioni e ferite profonde
che segnano un tessuto sociale già lacerato. Per noi, che della
“giustizia” siamo protagonisti, si pone, con urgenza, la necessità
di aggiornare tanto le elaborazioni teoriche, quanto, e
soprattutto, di verificare la concreta capacità di fornire risposte
a domande di giustizia sempre crescenti. Idee nuove e strumenti
diversi per realizzare forme più incisive di tutela che hanno
inevitabilmente a che fare con la qualità e l’effettività della
democrazia. A questo crediamo che sia sempre servita Md. Per
dirla con le parole di Nello Rossi «Md, nata nel punto di
intersezione tra la crescente insoddisfazione per la condizione
servente ed asfittica del diritto e la nascente passione civile per
un’idea più ricca di democrazia, non è rimasta confinata al
rango di eresia, ma ha cercato di divenire, e per molti versi è
divenuta, riforma».
Ecco, dunque, la grande sfida per il nostro futuro: continuare
a capire che quel punto di intersezione è ancora,
fisiologicamente, critico; che la democrazia esige una costante
capacità di verifica; che l’idea stessa della riforma non può
procedere senza spinte e aggiornamenti incessanti.
Il senso di questo congresso, che non vuole essere soltanto
occasione di nostalgiche rievocazioni o, peggio, di rimpianti e
recriminazioni è proprio questo: un franco interrogarsi sui
2
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
modelli possibili di magistratura e giurisdizione. Una riflessione
aperta e schietta su come Md può ancora contribuire alla
realizzazione di questi modelli e, parallelamente, sulle sue forze,
le sue capacità, sulle scelte già compiute, sul mondo dentro e
fuori la giurisdizione. Evitando il rischio - presente, nella nostra
lunga e bellissima storia - di confondere la realtà che è con
quella che vorremmo.
Il congresso di Md si tiene in un momento cruciale sia in
relazione ai rapporti tra giurisdizione e politica sia nella
delineazione del ruolo e della stessa identità di Md. I due temi
sembrano e sono strettamente collegati, se si pensa alla storica
ambizione di Md di elaborare ed inverare idee che hanno
obiettivamente connotato la giurisdizione, i suoi rapporti con la
politica e i suoi assetti e i modelli di magistrato coerenti con le
elaborazioni.
Gli argomenti sono moltissimi, un po’ suggeriti dalla agenda
politica e da alcuni passaggi persino inquietanti della
comunicazione politica: tra essi, la enunciazione chiara dal
versante della maggioranza governativa, non più solo della
sfiducia verso la giurisdizione ma persino della sua dannosità in
relazione agli interessi - superiori - dell’economia, delle
imprese, del lavoro, evidentemente considerato dal solo lato di
chi lo organizza e non anche di chi lo presta. I temi sono tanti e
la loro pluralità e insieme complessità ha suggerito l’idea di un
congresso che ne sappia focalizzare alcuni, incentrando una
specifica analisi e discussione attorno ad alcune sessioni
tematiche con ad oggetto il ruolo e la attualità della
giurisdizione civile e penale, l’Europa ed il senso
dell’associazionismo; nel contempo si è avvertita l’esigenza irrinunciabile per un congresso che cade in un momento
cruciale nella storia di Md - di dedicare il necessario spazio alla
discussione sul suo futuro, sulla sua identità e ruolo nell’ambito
del progetto politico di Area.
Diritti, giurisdizione e futuro. Il ruolo dei giudici nell’epoca
dell’incertezza. Un titolo che vuole esprimere la problematicità
dell’idea attuale di magistrato e dello stesso concetto di
giurisdizione - carica di dilemmi e profonde diversità, anche
dentro Area - e l’estrema incertezza della stessa esistenza dei
diritti, progressivamente erosi sia da riforme legislative sia da
3
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
una crisi che, alibi delle prime, li rende sempre più deboli,
quando di fatto addirittura inesistenti.
2. Perché Reggio Calabria
La scelta di Reggio Calabria non è stata certo casuale: vi sono
luoghi che hanno una forte valenza simbolica, abbiamo
ritenuto, prima di tutto, che fosse importante testimoniare una
vicinanza non rituale a colleghe e colleghi impegnati a rendere
giustizia tra gravi difficoltà e, non di rado, autentici pericoli. Ma
anche una testimonianza per tutta la società civile, la comunità
politica, le forze dell’ordine, che quotidianamente qui lavorano
e si impegnano strenuamente per la tutela della legalità.
L’entusiasmo con il quale la sezione di Md di Reggio Calabria
ha accolto la nostra proposta ed ha contribuito a organizzare
questo congresso è stata la migliore conferma del senso della
nostra scelta. Siamo consapevoli che l’esercizio della
giurisdizione nel nostro Paese presenta criticità e difficoltà
diverse, endogene ed esogene, e talvolta quasi insormontabili,
in ragione dei luoghi e delle specificità dei territori. Difficoltà
che influenzano anche aspetti essenziali, come la fiducia nella
“legge” e in quello Stato che si rappresenta quotidianamente
anche a rischio della propria stessa vita. Lo testimoniano,
drammaticamente, episodi anche recenti di gravi intimidazioni
a colleghi in servizio in quella città e in quella Regione ed in altri
territori difficili.
Come si legge nel volume Giudici a Sud: «Ci sono magistrati,
e non solo negli uffici più appariscenti, che si assumono fino in
fondo le loro responsabilità e, per adempiere al loro ruolo
istituzionale, corrono talora rischi gravissimi. Altri settori
della magistratura hanno invece accettato di convivere con
l’esistente, e cioè con un sistema di potere che non intende
estirpare la mafia dal suo seno o, quantomeno, contrastarla
efficacemente».
Non sfugge poi che qui in Calabria, come in altre regioni del
Sud, la giurisdizione è esercitata - per effetto del convergere di
ragioni, e di scelte del nostro stesso autogoverno - da magistrati
giovani e giovanissimi, moltissimi di prima nomina, carichi di
entusiasmo, di vitalità, di senso del dovere ma non di rado
affidati a se stessi, chiamati a compiti di straordinaria difficoltà
4
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
sotto il profilo umano e professionale, molto spesso non
adeguatamente aiutati, da chi ha responsabilità di guida ed
organizzazione degli uffici (basta vedere l’elenco delle sedi
assegnate ai magistrati in tirocinio dell’ultimo concorso. Lo
diciamo senza facili demagogie perché questo è proprio uno di
quei problemi che imporrebbero analisi genuinamente
autocritiche, che riguardano tutta la magistratura. Ma Reggio
Calabria è anche sede di concreta sperimentazione e verifica dei
diversi modi di esercitare e coordinare le azioni giudiziarie di
contrasto alla più pericolosa e subdola tra le organizzazioni
criminali del Paese e dell’intera Europa. Ed è insieme, luogo di
sperimentazione e verifica dei diversi modi di esercitare quella
che viene definita l’antimafia sociale. C’è stato un tempo in cui
era coraggioso anche solo affermare che la mafia, la ‘ndrangheta
esistessero ed avessero pervaso e corrotto le istituzioni. C’è stato
un tempo in cui la distinzione era tra chi individuava con
straordinaria lucidità il fenomeno e, perciò, promuoveva e
proponeva azioni e strategie di contrasto idonee ad affrontarlo e
chi, invece, lo sminuiva dolosamente o per una sorta di
colpevole pigrizia lo voleva marginalizzato a fenomeno
criminale tipico di poche regioni del meridione. C’è stato un
tempo, insomma, in cui era più facile capire da che parte stare,
definire i contorni delle vicende, comprendere le posizioni
personali di ciascuno degli attori sul palcoscenico. Da un po’ di
tempo non è più così. Siamo stati spettatori di vicende confuse,
di gestioni personalistiche di indagini, di carriere costruite su
queste dentro la magistratura ed a partire da questa nella
politica. Le dinamiche interne alle Dda, i criteri di selezione dei
magistrati che la compongono, le relazioni interne ai gruppi di
lavoro, il ruolo della Dna, sono temi che stanno al centro di una
serie di recenti vicende che ci hanno, spesso, travolto e stordito.
Perché ciò non accada ancora, Md deve riprendere ad
interrogarsi sui temi centrali che stanno alla base di quelle
vicende e che coinvolgono l’interpretazione del modo di essere
del magistrato nei procedimenti di criminalità organizzata;
tornare ad essere intellettuale collettivo critico, capace di
denunciare con forza quello che al nostro interno non funziona,
abbandonando troppi diplomatismi, capace di coltivare il gusto
del confronto e dell’elaborazione collettiva alla luce di alcuni
parametri che stanno alla base delle ragioni del nostro stare
5
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
assieme. In primo luogo la tutela dei diritti dell’indagato, non
sempre facile da praticare e tuttavia valore essenziale, antidoto
ad un pericolo mortale per la giurisdizione, il populismo
giudiziario. Ancora, il rigore professionale ed etico del
magistrato e la capacità di quello inquirente di non cedere a
protagonismi, di non rinunciare mai ad un estremo rigore
nell’accertamento dei fatti, a non pensare alla indagine penale
in funzione della sua rilevanza mediatica, e dunque della
propria carriera, non di rado su di essa costruita.
E fa un gran bene ad Md iniziare questo percorso da Reggio
Calabria; in questa terra in cui le promiscuità ed equivocità
relazionali, insieme all’infiltrazione pervasiva della ‘ndrangheta,
rendono difficile comprendere bene chi sia davvero
l’interlocutore con cui ci si confronta e ci si relaziona. Non
vogliamo nasconderci che abbiamo avuto un nostro dirigente
coinvolto in gravi vicende di criminalità organizzata. Questa
vicenda che ci ha profondamente ferito, ci ricorda la necessità di
approcciare al tema con umiltà, ma anche con il coraggio e la
fiducia con cui la sezione reggina di Md ha continuato a operare
collettivamente.
3. “Il mondo fuori”
Se il senso profondo dell’essere Md sta nella capacità di
uscire dallo steccato della giurisdizione, proprio perché questa
al “mondo fuori” necessariamente guarda, allora è da qui che
dobbiamo partire: la drammatica e ormai quasi decennale crisi
economica che ci attraversa ha profondamente lacerato il
tessuto sociale e prodotto danni che solo con grande ottimismo
possiamo sperare non essere irreversibili. Troppo difficile, e
certamente fuori dalle nostre dirette conoscenze e capacità, la
comprensione delle cause di una crisi che ha scosso e scuote il
nostro mondo, principalmente l’Europa, dalla fondamenta. Più
facile constatarne oggi gli effetti e le conseguenze. Conseguenze
che certamente ci interessano come cittadini di un Paese in
visibile declino, ci riguardano ancor più da vicino perché quegli
“effetti” sono sempre di più sulle nostre scrivanie, nelle
molteplici forme in cui la crisi si materializza nelle vite di
ognuno: la perdita del lavoro, la perdita della casa, la perdita o
6
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
la grave riduzione delle sicurezze sociali faticosamente
conquistate; e, per drammatico effetto a catena, l’inasprimento
dei conflitti, la radicalizzazione degli stessi, una nuova
“composizione sociale” con categorie che sprofondano perdendo
sicurezze ormai acquisite e vedono frantumarsi vite
faticosamente costruite. Si materializzano conflitti tra nuove e
diverse povertà, conflitti tra cittadini e immigrati, conflitti
“religiosi” ma forse più propriamente culturali, che quando si
manifestano come negli episodi drammatici di violenza e morte
che hanno scosso di recente Parigi e l’Europa tutta, mostrano
una straordinaria impreparazione, culturale prima ancora che
“militare”, a comprenderne il senso vero, e scuotono dalle
fondamenta convincimenti di libertà che ormai la cultura
europea credeva sedimentati nella sua stessa identità, prima
ancora che nelle Costituzioni e nei principi dei singoli Paesi e
della stessa Europa unita.
Tutto questo produce effetti politici di straordinaria
rilevanza, che attraversano l’Europa tutta - le sue istituzioni, la
sua cultura - e l’Italia. È qui difficile sintetizzare e descrivere, a
misura dell’analisi qui incidentalmente necessaria, la portata
delle trasformazioni della politica, mutazioni della stessa idea di
politica, del suo linguaggio.
Ancora più difficile sintetizzare il nuovo corso della politica,
sia nelle “direzioni di fondo” che la caratterizzano - che
interessano il versante degli equilibri politici, delle alleanze,
insomma il senso stesso della rappresentanza - sia nelle scelte
che ne sono il precipitato diretto.
La “grande stagione” riformatrice ha già dato molti risultati:
ma, a meno di non volerci accodare - e non sarà certo il nostro
metodo - a quanti trovano nelle riforme in sé il senso positivo
del cambiamento, in una sorta di mistica del riformismo cui si
assegna un’impossibile funzione palingenetica, si impone
un’analisi del senso e direzione di quelle riforme, che investono
l’architettura costituzionale, il meccanismo elettorale e dunque
la stessa idea di rappresentanza politica; e ancora diritti
fondamentali, quali il lavoro e le sue tutele, i diritti sociali. Le
riforme necessariamente coinvolgono gli strumenti di tutela, e
dunque a loro volta nodi fondamentali di rilevanza
costituzionale: la giurisdizione, i giudici, sotto l’etichetta ormai
abusata di “riforma della giustizia”, ciclicamente annunciata, e
7
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
oggi con ancora più vigore e slogan, ma sempre declinata con
contenuti che la connotano come riforma dei giudici e del loro
status piuttosto che della giustizia come organizzazione che non
funziona adeguatamente.
4. Gli scenari politici nell’epoca del “nuovo”
I recenti e drammatici avvenimenti di cronaca, l’evolversi del
quadro politico interno e internazionale e i suoi riflessi anche
sulla magistratura e la giurisdizione, non possono essere
tralasciati da una seria analisi del momento e dalla riflessione
che si deve fare insieme. I lavori dell’ultimo congresso si erano
svolti in un clima affatto diverso, di attesa per l’esito delle
elezioni politiche che si sarebbero tenute a breve. La speranza
era quella di lasciare alle spalle il ventennio berlusconiano e
l’esperienza del governo tecnico, fondato sulle grande intese,
promosse in Parlamento da un Presidente della Repubblica
consapevole
della
drammaticità,
direi
addirittura
emergenzialità, della congiuntura storica e dagli auspici della
comunità internazionale. La speranza era quella di una nuova
stagione politica e morale che mettesse al centro dei suoi
interessi i diritti, e riconoscesse la giurisdizione come
promotrice dei diritti. Così ancora non è stato.
Il 31 gennaio è stato eletto il nuovo Presidente della
Repubblica dopo le dimissioni del Presidente eletto due volte,
caso unico nella storia repubblicana, a conferma della
eccezionalità della fase politico-istituzionale che abbiamo
appena vissuto. Quella rielezione ha rappresentato il culmine
dell’emarginazione della massima assise democratica dalla vita
politica ed istituzionale. L’emarginazione del Parlamento,
peraltro eletto con un sistema elettorale, il cd Porcellum, come
noto poi dichiarato incostituzionale, è plasticamente evidenziata
dai protagonisti della scena politica di questo biennio: Matteo
Renzi, Matteo Salvini, Beppe Grillo: nessuno di loro è
parlamentare. Non è in Parlamento Silvio Berlusconi, come
effetto delle note vicende giudiziarie, eppure rimane al centro
della vita politica, a metà tra governo ed opposizione. Come non
siedono in Parlamento alcune voci critiche e ne è fuori buona
parte dell’antagonismo sociale. Si assiste dunque ad un
8
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
fenomeno politico di enorme portata, la legittimazione politica
che non trova consacrazione parlamentare, ma trova la propria
legittimazione in un consenso diretto, di tipo personalistico.
Va subito detto che Matteo Renzi ha giocato, e per ora
stravinto, una battaglia per l’affermazione della propria
leadership, connotata da elementi di assoluta novità, di
dichiarata rottura, nella rappresentazione di sé, del proprio
“mandato politico” e nel linguaggio stesso. Tra i successi,
rivendicabili anche per l’obiettiva positività della scelta, nel
metodo e nel merito, si deve senz’altro indicare l’elezione del
nuovo Presidente della Repubblica, avvenuta senza le
lacerazioni di due anni fa, e con la scelta di una persona di alto
profilo e di storia personale tragicamente simbolica: l’augurio è
che interpreti l’alto mandato con quella sobrietà e rigore che
hanno caratterizzato la sua precedente storia istituzionale, e che
questo contribuisca - coerentemente del resto con l’auspicio che
lo stesso Presidente ha rivolto al Paese con le sue prime parole
pubbliche - a riavvicinare le istituzioni repubblicane al Paese
reale, a “ricucire” gli strappi causati da decenni di deriva della
politica e di molte istituzioni.
Da ultimo viene alla memoria la triste, avvilente, per chi
crede alle istituzioni di garanzia, vicenda delle trattative per
l’elezione dei giudici costituzionali e dei componenti laici del
Csm, che ha plasticamente confermato lo svilimento del
Parlamento.
Ed a proposito di stagione riformatrice, e di genuinità di essa,
nel corso di questi ultimi mesi abbiamo assistito al varo di
riforme che si sono sostanziate in interventi sull’architettura
costituzionale con l’obiettivo dichiarato di “semplificare” i
meccanismi istituzionali, ovviamente in sé condivisibile: in
controluce, tuttavia, sembra di poter scorgere l’evidente
insofferenza del riformatore per il circuito dei controlli e
dell’equilibrio dei poteri. Si dirà che le riforme questo esigono: il
cambiamento, imperativo che rischia però di essere tautologico,
dato che impone - perché l’analisi non scivoli nella retorica
riformatrice del cambiare comunque pur di cambiare - l’analisi
della direzione di questo cambiamento, dei suoi metodi, dei suoi
approdi, dei reali nuovi equilibri (o squilibri) costituzionali che
si andranno a delineare.
9
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
Nel frattempo, il Paese non ferma il suo declino, ormai
decennale, che investe l’economia, ma anche la cultura, e
consentitemi di gridarlo, la stessa etica pubblica e sembra
travolgere “il sistema Paese”. Ma dove la nuova politica appare
largamente deludente è nella sua incapacità di incentrare
l’analisi sulle ragioni profonde di una grave crisi politica e
sociale e sulle profonde, e sempre più gravi, disuguaglianze che
essa genera.
Anche l’ennesima stagione delle riforme costituzionali ed
elettorali ha visto fino ad oggi il Parlamento fortemente
ridimensionato. Sembra che l’unico obiettivo sia la
governabilità mediante semplificazione, ma non intesa come
legittima necessità di predisporre gli strumenti per dare un
indirizzo politico coerente alla vita nazionale, bensì come
riduzione degli spazi del confronto, della critica, del
ripensamento, come adozione di un modello fortemente
maggioritario fondato tutto sul carisma personale e mediatico
del vincitore di turno.
Il ridimensionamento non poteva non toccare anche la
giurisdizione.
Non più attacchi frontali; non più accuse di volere sovvertire
l’ordinamento democratico; non più macchina del fango contro
chi ha osato fare processi che non sarebbe stato opportuno fare.
Ci si è resi conto che, in tempi di crisi economica profonda, il
popolo italiano non tollera più corruzione e spreco e che
sarebbe poco saggio aggredire i giudici che contro la corruzione
lavorano. E allora, si sono “arruolati” i magistrati che erano stati
rappresentati come gli eroi della lotta alla criminalità, a
dimostrare la serietà del Governo nell’affrontare certi temi.
Mentre si esaltavano le figure di alcuni si irrideva l’Associazione
nazionale dei magistrati, che tutti rappresenta; si disegnava
anche grazie alla ingenuità di molti di noi, la categoria come
casta; si sono avallati, anche con martellanti campagne di
stampa, i luoghi comuni sugli stipendi milionari ed i privilegi
ingiustificati; si sono confuse le prerogative costituzionali, a
difesa di tutti i cittadini, con le pretese di impunità; si è negata
l’oggettiva produttività dei magistrati italiani, certificata dai dati
del Rapporto Cepei e li si è fatti diventare la causa della
lunghezza dei processi. Nel volgere di una stagione, si è spostata
l’attenzione dell’opinione pubblica dalla “casta” dei politici a
10
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
quella dei magistrati. Anche qui, in altre parole, si sta
assistendo passivamente - e grazie anche alle nostre debolezze
ed errori - ad una variante del “rovescismo” della realtà che è
quel fenomeno che gli storici più seri individuano come esito
intollerabile del revisionismo che negli ultimi tempi ha cercato
di ribaltare la storia della nostra democrazia, dei suoi valori
fondanti e della Costituzione repubblicana ed antifascista.
Dopo questa operazione è stato facile procedere alla
progressiva erosione della giurisdizione.
È stato facile fare attecchire gli slogan come quello per il
quale il giudice non deve più “entrare” in fabbrica o come
quello, che sembra quasi una barzelletta, per cui il controllo
giurisdizionale sui licenziamenti è il motivo della crisi
dell’industria nazionale e ciò che tiene lontani gli investimenti
stranieri.
È stato facile fare passare la teorizzazione del sacrificio dei
diritti agli interessi (anche, quando non solo, economici), la
postulata subordinazione della giurisdizione ai secondi, la
rappresentazione della giurisdizione come un intralcio alla
libertà dell’impresa.
È stato poi altrettanto facile offrire quotidianamente ricette
fondate sul dato quantitativo delle risposte di giustizia. Ancora
più facile perché tanti magistrati sono stati nel frattempo,
proprio da chi siede in questo Governo, illusi che la fissazione di
un numero massimo di processi da fare fosse la soluzione
all’oggettiva e intollerabile mole di lavoro che ci grava sulle
spalle. Ma sappiamo tutti che non sono solo i numeri a
descrivere la giurisdizione e non solo attraverso i numeri si
possono dare risposte di giustizia efficaci e possibilmente giuste.
La dichiarata sfiducia nella giurisdizione, quando non l’irridente
disprezzo, non sono messaggi casuali: pensiamo siano un
sapiente calcolo insieme politico e comunicativo, con una
evidente rivendicazione alla politica di quel famoso ‘primato’
rispetto alla “garanzia giuridica” che, potrà anche essere
condivisibile nelle sue enunciazioni teoriche laddove intende
assegnare alla politica il ruolo di unico “governo” del Paese, ma
che in realtà si è venuto a caricare nella nostra storia politica di
contenuti inaccettabili fatti di insofferenza alle regole, disprezzo
per gli organi e procedure di garanzia, obliterazione del fatto
che nel nostro sistema costituzionale non esiste soltanto la
11
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
legittimazione di chi è stato “unto” dal voto popolare. Spetta
ancora a noi, in primo luogo a noi magistrati di Md, riportare la
giurisdizione a quello che è secondo la Costituzione. Ricordare
che affermare diritti, riconoscere garanzie, sanzionare condotte
illegali non è un vincolo per la crescita del Paese ma un volano
per il suo sviluppo prima morale, poi sociale, poi sicuramente
anche economico. Secondo Luigi Ferrajoli: «Una società di
disuguali, in cui la diseguaglianza cresce è una società in cui la
politica non ottempera al progetto della Costituzione, anzi
sotto certi aspetti lo viola, perché i diritti non sono opzioni
politiche, ma sono dei vincoli. Sono mancanze, lacune che
vanno criticate come vere e proprie inadempienze giuridiche».
In questa ottica non possiamo qui non richiamare anche la
funzione di magistrato europeo, che applica il diritto italiano
integrato con il diritto dell’Unione, nel quadro del dialogo tra le
Corti e della tutela multilivello dei diritti fondamentali, come
obiettivo della nostra visione e del nostro impegno
professionale.
Gli stimoli e la supplenza che arrivano dalla giurisprudenza
di Lussemburgo e Strasburgo, ad esempio in materia di diritto
di famiglia, lavoro precario, diritto dell’immigrazione, devono
continuare nella nostra esperienza ad arricchire il panorama
delle tutele dei diritti.
L’impegno associativo, anche in Medel, deve porre Md nella
rete del costante confronto con i colleghi europei. Mai come in
questo periodo sentiamo il bisogno di un cambio di passo
nell’integrazione europea e nell’integrazione dei sistemi
giuridici e giudiziari europei.
La crisi economica ha spesso rivelato solo un’Europa delle
banche, dei capitali e della difesa degli interessi nazionali, che
non fa certo sognare i suoi cittadini, e che rischia di frenare il
processo di integrazione come motore dei diritti per il quale ci
siano impegnati e del quale restiamo convinti assertori.
Su questo, per la costruzione dell’Europa dei diritti e, nel
nostro campo d’azione, per l’armonizzazione delle norme e dei
sistemi oltre e non solo per la cooperazione giudiziaria, Md è
chiamata a rinnovare il suo impegno.
12
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
5. Le sfide nuove, le domande di giustizia, la capacità
riformatrice
La nostra rivendicata vocazione identitaria a guardar fuori
dallo steccato della giurisdizione - la «passione civile per
un’idea più ricca di democrazia» - non solo deve rimanere a
questo punto ancora più alta, ma trova in questo difficilissimo
passaggio storico ragioni urgenti per essere rinnovata. La
qualità della democrazia si misura nella sua capacità di rendere
pieni ed effettivi i diritti; di presidiare le libertà, garantendole
da ogni forma di abuso; di favorire la piena partecipazione alla
vita politica e sociale; di garantire l’accesso all’istruzione fino ai
suoi livelli più alti. Noi lo sappiamo da sempre, l’art. 3 della
Costituzione è lì ad indicare obblighi fondamentali della
Repubblica, ed è uno strumento di emancipazione
fondamentale, capace di esplicare una straordinaria forza di
regola la cui applicazione è affidata anche, e talvolta
soprattutto, a noi. Le nostre idee, quell’enorme patrimonio di
idee e di strumenti che abbiamo elaborato nel corso della nostra
ormai lunga storia richiedono oggi un necessario
aggiornamento, ma rimangono intatte le intuizioni di fondo, la
consapevole teorizzazione di un ruolo intrinsecamente politico
della giurisdizione, perché l’interpretazione e l’applicazione del
diritto sono operazioni complesse dove pesa, eccome, la cultura
di ognuno, la sua storia, la sua formazione, la sua visione del
mondo. Tale intuizione - con tutta la sua portata rivoluzionaria
e, questa si, consapevolmente eretica - ci pare ancora oggi di
straordinaria validità. Ed anzi, in ragione di una crescente
complessità sociale, di nuove e più insidiose disuguaglianze; di
uno straordinario moltiplicarsi di regole e princìpi, per
l’irrompere prepotente di ordinamenti sovranazionali, alle
rinnovate difficoltà della “tecnica” del giudice si unisce, la
necessaria consapevolezza di esercitare un ruolo fondamentale,
al centro stesso della democrazia, là dove la Repubblica affida
ad una parte dei suoi organi - gli unici tra i Poteri fondamentali
di legittimazione non elettiva - il momento fondamentale
dell’affermazione dei diritti che regola, delle libertà che
presidia, degli obblighi che sanziona.
Ciò esige una consapevolezza che non si deve ridurre alla
peculiarità tecnica della funzione, ma postula un’idea alta di
13
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
servizio, che è stata un’altra delle idee centrali dell’elaborazione
di Magistratura democratica; richiede uno sforzo di lettura oltre
le norme, quando esse apparentemente non esistono a regolare
e risolvere i conflitti, (ma perché in realtà sono ricavabili da
princìpi generali interpretati in modo costituzionalmente
orientato) come può ben insegnarci il caso Englaro, esempio
paradigmatico di come il giudice possa, e insieme debba, farsi
carico di soluzioni individuate nella tavola dei valori,
affermando diritti lungamente negati, come se esistesse un
“vuoto” e non un “pieno” di norme, valori e principi, come da
anni insegna Stefano Rodotà.
E
per
contro
si
possono
indicare
qui,
solo
esemplificativamente, molti casi in cui la giurisdizione ha svolto
un ruolo essenziale in ambiti dove l’intervento legislativo è stato
contrassegnato da scelte marcatamente ideologiche, ciò in cui
consiste, ovviamente, l’esercizio della discrezionalità del
legislatore, sempre che tale esercizio rispetti princìpi
costituzionali sia di forma che di sostanza: dalla disciplina degli
stupefacenti a quella dell’immigrazione, da quella in materia di
fecondazione assistita a non poche riforme dell’ordinamento
penale.
L’attività
d’interpretazione,
le
censure
di
costituzionalità, la “rilettura” da parte dei giudici delle norme
attraverso il parametro di princìpi sovranazionali ha condotto
ad esiti fondamentali, di giustizia, ma sovente del tutto opposti,
in una sorta di eterogenesi dei fini, a certi obiettivi meramente
ideologici o propagandistici sbandierati da un legislatore a dir
poco approssimativo.
Penso quindi alla intensa attività culturale che ha portato
Magistratura democratica nel maggio 2014 ad organizzare
insieme ad altri un convegno intitolato «La Costituzione e la
discriminazione matrimoniale delle persone gay e lesbiche e
delle loro famiglie». Un’importante occasione di riflessione a
testimonianza del rinnovato impegno di Md in materia di diritti
civili, sul concetto e sull’ampiezza dell’omolegame, inteso come
famiglia e formazione sociale, e sul tema del “diritto alla vita
familiare”, sancito dall’art. 14 della Cedu, un “macrodiritto” che
contiene in se una serie di posizioni, aspettative, facoltà e
desideri legittimi che rappresentano niente di più che la sua
necessaria realizzazione concreta. Su questi temi, il tempo della
politica si è ormai lentamente e colpevolmente consumato e
14
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
forse oggi è già scaduto. Sappiamo bene che ogni qualvolta la
giurisdizione esercita fino in fondo le proprie prerogative e
dunque non si conforma alle aspettative di questa o quella
maggioranza è accusata di fare politica; e sappiamo anche - e
noi di Md lo sappiamo ancora meglio di altri, se pensiamo ai
continui attacchi che ci sono stati rivolti, ancora di più in
quest’ultimo ventennio… - che «tra le tante sofferenze che
attendono il giudice giusto, vi è anche quella di sentirsi
accusare, quando non è disposto a servire una fazione, di
essere al servizio della fazione contraria», come scriveva
Calamandrei a proposito di una toga accusata di essere “rossa”,
monito che mai avremmo pensato conservasse ancora oggi
intatta la sua forza lucidamente premonitrice.
Noi pensiamo che le idee fondamentali di Magistratura
democratica abbiano profondamente cambiato la giurisdizione
e costretto comunque anche coloro che non solo non si
riconoscevano in tale elaborazione, ma persino ferocemente
l’avversavano, a un positivo confronto continuo con essa. Non
conta tanto avere una riconoscibilità dell’essere le idee “di Md”,
quanto la loro forza contaminatrice, l’essere le idee patrimonio
comune, per potersi poi affermare, come l’esperienza di questi
ultimi decenni mostra, nei tanti ambiti in cui Md si è assunta
responsabilità di “gestione”, oltre che di elaborazione.
Mai come oggi una delle idee fondamentali di Md - la
teorizzazione della giurisdizione come servizio, prima che come
istituzione o potere - richiede una rinnovata consapevolezza e
postula una declinazione concreta in ragione di domande di
giustizia che non solo si moltiplicano nei numeri, ma esigono
una diversa qualità delle risposte, in termini di rapidità ed
effettività. Certo, sappiamo bene che nessun “servizio” può
essere reso, e ogni sforzo può essere vano, se le condizioni in cui
si esercita tale servizio, i mezzi a disposizione, gli strumenti
normativi stessi, non creano le condizioni obiettive almeno
minime; se, in altre parole, la politica non assolve ai propri
compiti e non mostra di pensare alla giustizia come un
fondamentale elemento della vita dello Stato, una vera grande
risorsa. Qui non soltanto non c’è nessuno che si oppone ai
processi riformatori: il punto è la loro qualità, la loro direzione,
la loro coerenza.
15
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
Magistratura democratica ha sempre fatto la sua parte nella
proposta riformatrice: ed anche di recente, proprio mentre il
Governo ha identificato nel lavoro dei magistrati, e nella sua
pretesa insufficienza, il principale problema ha messo a
disposizione un’articolata serie di proposte che costituiscono la
sintesi di una lunga elaborazione, che tocca aspetti essenziali
della giurisdizione civile e penale e dell’innovazione, nella
direzione della razionalizzazione dei mezzi, della qualità
dell’intervento giurisdizionale, della sua stessa utilità, spesso
frustrata dalla irrazionale e a tratti assurda disciplina della
prescrizione.
Seppur fortemente critici nei confronti della “politica degli
annunci”, che mai trovano concretezza, abbiamo seguito con
attenzione il dibattito sulle riforme ed i passi fatti dal Ministro
per la giustizia offrendo supporto e critiche sempre in una ottica
costruttiva e di collaborazione. Fra le tante riforme annunciate
abbiamo pubblicamente condiviso la proposta governativa della
non punibilità per alcuni reati, nei casi di “particolare tenuità
del fatto”. Questa soluzione è stata apprezzata perché realizza
l’idea di “diritto penale minimo”, una idea essenziale nella
nostra teorizzazione del diritto penale e della sua funzione. È
una riforma che risponde al principio fondante della civiltà
giuridica secondo il quale se non vi è offesa non vi deve neppure
essere sanzione e, nel contempo, produce effetti deflattivi
permettendo di concentrare maggiori risorse su processi e reati
che effettivamente ledono in modo più rilevante beni individuali
e collettivi. Una simile riforma richiede grande attenzione
applicativa da parte dei magistrati, capace di evitare una
surrettizia ed arbitraria discrezionalità, che minerebbe dalle
fondamenta i tratti essenziali del sistema in cui abbiamo
creduto.
Ma di ben altre riforme organiche c’è grande bisogno sia nel
settore civile sia nel settore penale, tenendo sempre presente la
necessita di coniugare la velocità del decidere con la qualità
delle decisioni e quindi la tutela effettiva dei diritti “esistenti”.
Deve essere quindi senz’altro apprezzata la centralità che ha
assunto finalmente il problema organizzativo con l’avvio del Pct,
l’introduzione dell’ufficio per il processo e l’attenzione al
reperimento di nuove risorse (es. tramite la mobilità del
personale) che incrementino in primo luogo un personale
16
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
amministrativo sempre più ridotto numericamente e bisognoso
di riqualificazione così come di una giusta considerazione da
parte della politica per l’eccezionale contributo che offre, pur in
condizioni precarie, al funzionamento complessivo della
macchina.
Anche se fare le riforme a costo zero è praticamente
impossibile e le difficoltà incontrate nella applicazione
quotidiana lo dimostrano.
Sul versante della giustizia civile, finalmente messa al centro
della Agenda di governo come una priorità per il funzionamento
del Paese, vanno apprezzate le iniziative legislative tendenti a
risolvere il problema dell’arretrato civile, vera zavorra per il
funzionamento del servizio. Siamo preoccupati, con riferimento
allo smaltimento dell’arretrato e all’aumento progressivo dei
costi del processo civile, alla parola d’ordine della
degiurisdizionalizzazione, che tende ancora troppo ad esaurirsi
in una indiscriminata “privatizzazione” del processo civile,
senza che ci sia a monte una precisa selezione di ciò che deve
restare gestito da una magistratura pubblica e ciò che può
essere trasferito all’esterno ad altri organi. Ci fa preoccupare
perché non vorremmo che il recupero di funzionalità della
giustizia civile debba passare attraverso un eccessivo
indebolimento della componente pubblico\statale della
giurisdizione, che deve assolutamente restare al centro del
sistema, e conseguente abdicazione del compito prioritario dello
Stato con penalizzazione dei ceti più deboli e meno protetti. È
infatti incoraggiante l’idea di “sperimentare” mezzi alternativi al
processo con un ruolo “integrativo” che dobbiamo accettare e
condividere dell’avvocatura, anche se grande attenzione deve
aversi al profilo del costo perché in tempi di crisi economica e di
evidenti diseguaglianze sociali, i “lodi privati” espongono
moltissimo i soggetti deboli delle controversie. Per ogni forma
di soluzione alternativa che si intenda introdurre resta per noi
indefettibile (detto in modo molto schietto) la sua utilità sociale
e convenienza economica. Va scongiurato infatti il pericolo di
una giurisdizione inghiottita da logiche di mercato che
premierebbe sempre e solo le parti “più forti”. La riforma del
processo civile per decreto-legge ribadiscono un trend
decennale di misure frammentarie. I tribunali ce lo dicono.
Tutto questo può produrre improprie interferenze tra diversi
17
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
istituti e quindi difficoltà ermeneutiche, anche sotto il profilo
della successione delle leggi del tempo. Fattori in grado di
generare ulteriore contenzioso e ritardi nella definizione dei
procedimenti a danno dei cittadini-utenti. In questo senso si
deve fermare la inarrestabile bulimia legislativa di questi anni
sul piano delle continue riforme processuali dette “a costo zero”
e procedere ad una più seria degiurisdizionalizzazione che
riguardi, ad esempio, il settore della volontaria giurisdizione e
lo stesso contenzioso alimentato dai procedimenti della legge
Pinto
che
ben
potrebbe
essere
addirittura
“amministrativizzato”, per finire ai ricorsi per l’indennizzo da
detenzione inumana.
Parallelamente, sempre sul piano delle necessarie riforme
attinenti all’organizzazione, urgente appare il riordino della
magistratura onoraria, risorsa sempre più preziosa ed
indispensabile per il funzionamento complessivo della
giurisdizione, che non può essere ancora confinata ad una
disciplina disorganica capace solo di favorire la creazione e
l’incancrenirsi di una sacca di precariato, indegno di un Paese
civile. Qui la linea riformatrice da perseguire dovrebbe essere
quella incentrata attorno al progetto elaborato dall’attuale
ministero e che affida, sostanzialmente, anche se con doverosi e
rigorosi paletti, il “monopolio” delle funzioni onorarie
all’avvocatura. Scelta coraggiosa, non scevra forse di qualche
criticità, ma almeno netta e condivisibile posto che
l’affidamento delle soluzione di certi conflitti a soggetti diversi
dai giudici ordinari deve sempre avvenire a favore di persone
tecnicamente affidabili, abbandonandosi soluzioni confuse e
ideologicamente velleitarie (come fu quella fatta per i giudici di
pace).
A proposito di avvocatura: Md non può assolutamente
ignorare e neppure distrattamente seguire le importanti
dinamiche in corso che la attraversano, con le loro criticità e
travagli, perché si tratta di vicende non prive di rilevanti
ricadute sulla giurisdizione. Fondamentale è stato il varo della
nuova legge professionale attesa da tanti anni, così come
altrettanto importanti sono i decreti delegati in corso di
approvazione, dai minimi tariffari da stabilire alla disciplina
delle specializzazioni. È interesse di tutti, e quindi anche per la
giurisdizione avere un avvocato libero e indipendente,
18
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
professionalmente
all’altezza
dei
suoi
compiti,
deontologicamente e disciplinarmente corretto. È altrettanto
rilevante avere un’avvocatura che non sia in balia di logiche
puramente liberiste e mercantili, insensibile al problema del
reclutamento e del progressivo esponenziale aumento degli
iscritti agli ordini, ma impegnata nella soluzione di questi
problemi ed in grado di difendere ed esprimere ancora valori e
principi professionali. Sono del resto, specularmente, i nostri
stessi valori e solo dal reciproco loro concorso la giurisdizione
può trarre quotidiano alimento e linfa vitale.
Ecco perché con l’avvocatura occorre sempre più dialogare e
cercare il più possibile raccordi e condivisione di percorsi (ad
esempio sul varo e gestione di certe riforme, a cominciare da
quelle in materia di giustizia civile). E qui il pensiero corre
immediatamente alla straordinaria novità di questi ultimi anni
rappresentata dai tanti Osservatori sulla giustizia civile sorti in
diverse realtà giudiziarie del Paese che ci indicano anche quanto
sia fecondo un metodo di lavoro comune (tra magistrati,
avvocati, giudici onorari, personale amministrativo) fatto di
prassi condivise, elaborazione di protocolli, momenti di
autoriforma, tutti tesi al miglior funzionamento della giustizia
civile nella concretezza di singoli uffici. Esperienza che merita
solo un’ulteriore estensione e, laddove le condizioni ambientali
lo consentissero, anche una sperimentazione nel settore penale
dove, notoriamente, i rapporti sono oggettivamente più
problematici. Ma noi ci crediamo.
Sul fronte della giustizia penale, ci sono stati negli ultimi
mesi alcuni segnali positivi, anche dal punto di vista culturale e
di sistema. Penso alle misure contro il sovraffollamento
carcerario. Uscire da una logica “carcero-centrica” sia sulle pene
che sulle misure cautelari, dopo anni di pacchetti sicurezza che
si muovevano in direzione opposta è un segnale importante. In
carcere bisogna andarci solo per i reati più gravi, anche per
rendere le strutture penitenziarie più umane, come ci
impongono le sentenze della Cedu. Il risultato passa anche per
sanzioni e misure alternative che coinvolgono il privato sociale e
le P.a.. Su tale versante sarà decisivo l’impulso, da parte del
Ministero, nel coinvolgimento effettivo delle P.a. alla riforma
del sistema. Perché una “messa alla prova” estesa ai
maggiorenni funziona solo se può contare su una effettiva
19
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
collaborazione degli enti preposti al controllo nella realizzazione
della “prova”.
Ma le spinte riformatrici devono soprattutto combattere
quelli che sono stati definiti “sfregi alla giustizia” che si
consumano nei processi per corruzione, frode fiscale,
criminalità economica. Più che i proclami dopo qualche
eclatante assoluzione, occorre approvare OGGI una riforma
credibile della prescrizione. Dopo la sentenza di primo grado, il
reato non si deve più prescrivere. Perché in un Paese civile è
intollerabile che un processo per furto nel supermercato si
definisca in otto mesi mentre si prescrive una corruzione in atti
giudiziari, mettendo nel nulla anni di duro impegno di
magistrati e polizia giudiziaria. E tutti sappiamo che le vigenti
norme sulla prescrizione sono un invito a condotte meramente
dilatorie per non pervenire ad una decisione nel merito. E poi
bisogna rispettare le convenzioni internazionali sottoscritte
anche dall’Italia. Penso alla estensione della disciplina dei
collaboratori di giustizia e al cosiddetto test di integrità ai reati
contro la P.a. (Strasburgo, 1999). Certe misure possono
spezzare le alleanze omertose su cui si reggono sistemi criminali
come recenti indagini hanno ben dimostrato.
Come abbiamo sopra ricordato, viviamo una stagione di
riforme che hanno programmaticamente l’ambizione di
modificare la Costituzione, ridisegnando la fisionomia dei
rapporti tra le istituzioni, in questo contesto non possiamo non
domandarci quale ruolo avrà la magistratura in quello che sarà
il futuro assetto dell’equilibrio dei rapporti tra i diversi organi
costituzionali. Anche per questo motivo c’è particolare
sensibilità verso temi quali il nuovo sistema elettorale del Csm,
o il disciplinare dei magistrati. O ancora verso il Ddl sulla
responsabilità civile, oggetto di decennali progetti di riforme ,
non di rado presentati come imposti dall’Europa.
Chiarissimo che l’insieme di tali riforme e le soluzioni che
verranno adottate finiranno per delineare in concreto lo statuto
del magistrato e peseranno, eccome, sull’assetto della
giurisdizione. Particolarmente insidiose appaiono alcune
proposte di riforma della responsabilità civile, quando i suoi
elementi fondamentali sono costituiti dal principio della azione
diretta nei confronti del magistrato, che rischia di travolgere
dalle fondamenta l’idea di giurisdizione per come fino ad oggi
20
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
l’abbiamo conosciuta. Ogni proposta neppure nasconde un
intento punitivo ed intimidatorio nei confronti della
magistratura.
In questo senso abbiamo apprezzato la chiara posizione del
Ministro sul tema dell’azione diretta in materia di
responsabilità civile. Ma il testo, eliminando il filtro, rischia
comunque di intimorire i magistrati e spingerli ad un
atteggiamento difensivo, presenta ancora “pesanti ombre” che
riguardano aspetti essenziali della giurisdizione e del mestiere
stesso del giudice, quali l’esercizio della attività interpretativa cardine dell’idea moderna di giurisdizione di matrice
costituzionale - e la valutazione del fatto e delle prove. L’effetto
indiretto è intuibilmente il rischio di indurre timidezze e
conformismi interpretativi, che possono avere effetti diversi in
relazione al tipo di reati e di ‘rango sociale’ dei possibili
destinatari della decisione. Su questo tema, la magistratura
deve mettere in campo tutta la propria forza e capacità per
contrastare disegni di estrema pericolosità non tanto per i
magistrati quanto per gli stessi cittadini, cui non sarà facile
spiegare, ma deve essere spiegato, che un giudice citabile da una
parte del processo è un giudice che rischia di non rendere più
giustizia.
Non ci sfugge, ovviamente, che il sistema esige cambiamenti.
Noi per primi li chiediamo e lo facciamo da tempo. Dobbiamo e
vogliamo insomma essere parte del cambiamento e crediamo
anzi che proprio nella direzione necessaria delle riforme sia
compito dell’area progressista della magistratura di cui siamo
storicamente i propulsori formulare proposte innovative,
coraggiose, capaci anche di ridiscutere assetti esistenti, quando
tali assetti non rispondano più a finalità razionali ed anzi si
trovino in contraddizione con il sistema per come esso si è
evoluto: si pensi, ad esempio, alle Procure generali presso le
Corti d’appello, da ripensare secondo un modello di unico
ufficio del Pm in una logica di maggiore razionalità e di
coerenza con il modello accusatorio; si pensi alla distinzione tra
giurisdizione ordinaria ed amministrativa, accolta dalla
Costituzione riproducendo un modello storicamente affermatosi
sul presupposto del binomio diritti - interessi legittimi,
distinzione che tuttavia oggi mostra proprio sul terreno
21
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
sostanziale tutta la sua discutibile utilità, e suggerisce una
radicale riforma nel senso dell’unità della giurisdizione
6.
La giurisdizione, i giudici: quali giudici per quale
giurisdizione
Noi sappiamo bene che, mentre pensiamo alla giurisdizione
nella sua unità, e coltiviamo un’idea alta e centrale di essa, la
magistratura - cui il suo esercizio è affidato - appare oggi
attraversata da profonde divisioni, che peraltro si manifestano
anche
nei
momenti
essenziali
dell’autogoverno
e
dell’associazionismo giudiziario. Spesso la risposta alla
domanda di giustizia è del tutto insoddisfacente e determina
molto spesso anche un senso di smarrimento e scollamento a
causa della distonia tra le grandi aspettative di una giustizia
“emozionale” e i meccanismi e le garanzie, per forza diversi, del
processo. Il tema, però, al netto delle ineliminabili divaricazioni
tra le regole del sistema e la loro comprensibilità da parte dei
cittadini, coinvolge anche la capacità di ‘saper comunicare’ della
giustizia e dei suoi protagonisti, alle prese con una sfida
difficilissima che riguarda il linguaggio, i tempi, i modi: una
sfida che ci ha colto impreparati ed alla quale bisogna
rispondere in fretta.
Noi magistrati per primi vorremmo una giustizia in grado di
fornire riposte alle tante e diverse domande: sappiamo molto
bene che in ogni decisione vi sono parti soccombenti e che vi
sono risposte insoddisfacenti. E tuttavia ci sono stati casi
eclatanti, anche recenti , dove vari fattori segnano ed hanno
segnato una sconfitta per lo Stato. Ciò avviene sempre quando
beni essenziali sono in gioco ed il processo assume la
dimensione tragica di luogo riparatore: al di là di inappagabili
aspettative, spesso alimentate da non sempre “proprie”
iniziative giudiziarie, il processo assume per sua natura questa
funzione, almeno per le vittime. Quando tale esito non si
verifica, e non si verifica per meccanismi propri della legge e del
processo, la sconfitta della Stato è netta ed ha costi enormi in
termini di fiducia.
22
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
Mentre trova unanime enunciazione l’astratta declamazione
di questa finalità di tutela che tutti vorremmo, ben diverse sono
le idee sul modo concreto di rendere giustizia.
Nel modo di vivere la giurisdizione si contrappongono infatti
idee fondamentali sul senso stesso della funzione
giurisdizionale, sul rapporto tra potere e servizio,
sull’interpretazione del diritto, sul senso dell’autonomia e
dell’indipendenza, sull’idea di qualità del servizio e del rapporto
tra essa e l’efficienza; sull’autogoverno, sull’associazionismo
giudiziario e sul suo rapporto con una crescente domanda di
“sindacalismo”; sul rapporto con la politica della magistratura e
dei singoli magistrati, tanto per indicare i temi sui quali si
registrano divisioni nette, opinioni radicalmente diverse e
lacerazioni che appaiono talvolta insuperabili, plasticamente
rappresentate nelle ormai interminabili discussioni nelle varie
mailing list anche da linguaggi, a volte sorprendenti per tratti di
rozzezza, e per una crescente idea di separatezza e di
autoreferenzialità.
Nell’affrontare questi temi e nel sottolineare queste modalità
non dobbiamo però mai dimenticare che i presupposti del
malcontento dei colleghi ci sono tutti, le condizioni di lavoro dei
magistrati italiani sono pesanti. Lo sono per il carico di lavoro,
per le carenze di organico del personale amministrativo, sempre
più ridotto di numero, più anziano, dequalificato, demotivato,
per il condizionamento degli ambienti esterni, per l’incapacità
di ancora troppi dirigenti, per la mancata cura dei locali in cui si
lavora, per la mancanza delle minime regole di sicurezza degli
uffici giudiziari. Nel rivendicare la nostra funzione ”alta” non
possiamo permetterci il lusso di dimenticare questi fattori, che
del resto condizionano il nostro quotidiano. Certamente la
risposta non può essere quella di eccitare gli animi dei colleghi o
promettere soluzioni che difficilmente arriveranno, ma
affrontare
ragionevolmente
i
nodi
reali.
Si
deve
necessariamente percorrere questa strada, perché le riforme
vanno necessariamente in una direzione opposta a quella che
una seria analisi imporrebbe; e perché si rischia un
cortocircuito istituzionale, con la tendenza della magistratura a
chiudersi e a farsi corporazione.
Il rischio è una trasformazione definitiva della magistratura,
realizzata anche per via di una reazione di difesa, pur
23
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
comprensibile, ma altro sono le reazioni anche umane
soggettivamente comprensibili, altro sono le iniziative
politicamente sostenibili. Come al solito è fondamentale il
nostro lavoro, la tenuta di una linea di equilibrio e
responsabilità ha i suoi costi.
In questo magma vi sono idee di fondo e declinazioni di
modelli di giudice e giurisdizione, tra di loro inconciliabili.
Nessuna sintesi appare possibile a fronte di così radicali
diversità. Nessuna parentela è rinvenibile con quel fisiologico
pluralismo culturale che è il prodotto astrattamente più
democratico del meccanismo di selezione ed accesso della
magistratura scelto dalla nostra Costituzione. Qui siamo fuori
da quel circuito tradizionale. E tuttavia impegna ad un continuo
sforzo di confronto ed impegna in plurime direzioni, se si vuole
che tali ideali diversità possano ancora avere una composizione
e non rimangano astratta declamazione, marcando una sorta di
distinzione politica che rischia di tradursi in orgogliosa ma
sterile affermazione della propria diversità.
Impegna ad una costante verifica critica, tutta interna a noi
stessi, sia sulla persistente attualità delle diverse elaborazioni,
sia sulla coerenza tra le enunciazioni e la loro pratica, che ci
riguarda nel quotidiano esercizio delle nostre funzioni,
dovendosi necessariamente notare che nel frattempo molti di
noi sono diventati “grandi”, molto spesso anche “capi”, e non
sempre ciò che Md aveva ereticamente teorizzato ha trovato e
trova reale inveramento. Impegna ad una verifica del come le
idee possano circolare, come possano essere “contagiose”,
diventare patrimonio diffuso se non comune. Tutto ciò richiede
una realistica capacità di analisi non soltanto del modello di
magistrato che noi coltiviamo, ma di quello che i processi
culturali e generazionali ci consegnano, ed ai quali bisogna
rivolgersi ben sapendo che il loro mondo, la loro magistratura,
le loro esperienze, la loro visione “politica” sono profondamente
diversi.
Ci impegna ad una verifica dell’utilità e possibilità del nostro
modo di essere gruppo, se ancora vogliamo esserlo. La verifica
questa più difficile perché deve resistere a comprensibili
nostalgie e insieme volgere al futuro, rinunciando a sterili
contrapposizioni tra pretese diverse identità, perché se una cosa
è certa è che nessuno può vantare la titolarità di una sorta di
24
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
marchio intellettuale, mentre tutti siamo portatori di un pezzo
di quelle idee che hanno fatto crescere Md e, ciò che più conta,
la Magistratura. Impegna, fuori da “noi”, ad una verifica dei
metodi e dei contenuti nei luoghi di necessaria “sintesi politica”,
laddove il “governo” , sia esso nell’associazione nazionale
magistrati, sia esso nel Csm - implica necessariamente
“compromesso”, una sorta di contaminazione fisiologica che,
nell’accezione più alta, e al netto di intollerabili demagogie,
costituisce l’essenza della responsabilità di governo.
In questo, per tornare alle lucidissime parole di Nello Rossi,
Md è stata “riforma”. Certo, non necessariamente e non sempre
positiva. Ma “riforma” perché le sue idee hanno potuto farsi
proposte, e poi diventare talora “decisioni” o “linee politiche”
(penso in questo al fondamentale apporto di Md in seno
all’Anm) che hanno cambiato anche radicalmente assetti prima
assai diversi; e ciò ha potuto essere quando Md è stata capace di
mettersi a disposizione, di tentare ed operare una sintesi tra
alcuni propri princìpi irrinunciabili e sensibilità politiche e
culturali diverse, talora profondamente diverse.
L’esito dell’assemblea della Associazione del 9 novembre
2014, nonostante le premesse, è stato certamente positivo. Il
dato politico più rilevante è che l’assemblea ha visto la netta
sconfitta di chi voleva annullare quella cultura associativa che
vuole mantenere all’Anm un profilo istituzionale e ricondurre
ogni questione anche ordinamentale o di natura “sindacale”,
nella prospettiva costituzionale di una giurisdizione al servizio
non dei giudici ma dei cittadini. Sul documento politico
espressione della maggioranza sono confluiti anche i voti di una
minoranza, un gesto politico di rilievo, che ha portato alcuni
colleghi fuoriusciti da Mi a fondare una ancora non ben definita
realtà associativo\sindacale nuova. Gli eventi vanno seguiti con
attenzione e calma. L’esperienza associativa di questi ultimi
dieci anni porta a ritenere che non vi sono interlocutori credibili
per definizione ma la specificità della sede in cui dobbiamo
operare (che richiede capacità di strategia e di sintesi politica) e
il particolare ed insidioso momento politico esterno che
viviamo, richiedono la nostra massima attenzione nella
valutazione dei movimenti che registriamo nel panorama
associativo.
25
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
Su un punto è però necessario essere chiari e decisi: abbiamo
il dovere di fermare la deriva corporativo\burocratica della
magistratura ed il dovere di confrontarci con l’avanzare del
populismo giudiziario che negli ultimi anni ha visto protagonisti
pubblici ministeri, poi passati alla politica e che non possiamo e
non dobbiamo nascondere, ha allignato anche in casa nostra. In
nessun Paese come nel nostro la magistratura e in particolare la
magistratura penale è così sovraesposta. Basta qui richiamare le
parole di Luigi Ferraioli, pronunciate al 19° congresso, sul
protagonismo
giudiziario,
sull’esibizionismo
e
sulla
strumentalizzazione del proprio ruolo istituzionale: «Abbiamo
assistito in questi mesi a trasmissioni televisive desolanti, nelle
quali dei pubblici ministeri parlavano dei processi da loro
stessi istruiti, sostenevano le loro accuse, lamentavano gli
ostacoli o il mancato sostegno politico alle loro indagini,
addirittura discutevano e polemizzavano con un loro imputato
e, peggio ancora, formulavano pesanti insinuazioni senza
contraddittorio».
Parole chiare che avrebbero trovato desolanti conferme in
sorprendenti avventure politiche, anche tra le nostre fila, e
inducono ad un’urgente ripensamento di un approccio forse
troppo indulgente al tema del rapporto tra i magistrati e la
politica, del tutto impropriamente catalogato sotto la ben ampia
è affatto diversa categoria della “politicità della giurisdizione”,
quando invece il titolo sembra più modesto e certo meno nobile,
e fa rima con “politica ambizione”.
7. Md e Area, il futuro di Md
Se l’analisi sulla profonda trasformazione della magistratura
di oggi è corretta, e se è possibile tentare una lettura in parallelo
tra le trasformazioni dei magistrati e quelle della società e della
politica, dobbiamo necessariamente concludere che sia le nostre
elaborazioni teoriche che le forme dell’organizzazione e
dell’impegno che noi abbiamo praticato richiedono urgenti
aggiornamenti. Ci impongono un rapido ripensamento a misura
di una diversa disponibilità anche culturale delle colleghe e
colleghi cui ci rivolgiamo, dai quali non giungono tanto segnali
di indifferenza ai temi che coltiviamo come prioritari, quanto di
26
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
insofferenza per le modalità con le quali i gruppi si sono
atteggiati negli anni, tale da esigerne profonde trasformazioni.
Questo ci sembra un punto politico insuperabile: crediamo
che Md l’avesse già colto da tempo, promuovendo un
progressivo avvicinamento al gruppo del Movimento per la
Giustizia/Art. 3 per poi avviare una collaborazione politica che
da alleanza elettorale aveva la dichiarata ambizione e finalità di
costituire un nuovo progetto politico. Dove la novità non era e
non può essere data dalla somma di organi e rispettive
rappresentatività, ciò che ovviamente non solo non risolverebbe
i limiti degli attuali gruppi ma paradossalmente li
ingigantirebbe; quanto “l’apertura”, una postulata liquidità
della sua struttura e dunque di alterità rispetto all’idea di
apparato e in qualche modo di “potere”. Tutto ciò oggi richiede
uno sforzo enorme di comprensione e definizione del suo
“popolo”, per identificarne i reali valori, le sensibilità comuni e
“identitarie”, decifrarne le istanze vere se non si vuole che la
liquidità sia evanescenza e indistinto politico. Se non si vuole in
altre parole che al processo quasi fisiologico di disgregazione
dell’apparato-corrente si sostituisca un’idea di potentato,
fondata sul consenso del singolo, su una idea territoriale
quando non amicale di consenso in cui certo non intravediamo
esiti politici soddisfacenti. Mai nella storia hanno avuto esiti
positivi fenomeni politici costruiti sulle capacità dei singoli,
senza una visione ideale, un progetto politico visibile e
riconoscibile, idee di fondo che costituiscano la trama
fondamentale su cui confrontarsi, per poi proporla e sulla quale
costruire un consenso che non si riduca a scambio voto-favore.
Noi crediamo che questa sia stata e sia la sfida di Area:
diciamo subito che essa parte da lontano, nata quando diverso
era il gruppo dirigente di Md, ha trovato consacrazione politica
anche formale in diversi congressi di questo gruppo, e dunque
possiamo dire che costituisca progetto politico largamente
condiviso nella sua genesi, anche se ovviamente molte e talvolta
molto diverse sono state e sono le idee sugli sviluppi e le
dinamiche di questo processo, che richiede ancora grande
generosità e un contributo di tutti, sottolineo di tutti.
Su un punto vogliamo essere fermi: nessuno vuole o ha mai
pensato di volere liquidare Md, perché Md era, e rimane, un
comune immenso patrimonio ideale peraltro assai meno
27
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
monolitico di quanto non si sia voluto credere, o talvolta
maliziosamente far credere, come mostrano al suo interno
visioni politiche e ideali a loro volta assai diverse. Così è da
considerare radicalmente errata, politicamente e storicamente,
l’idea - che si avverte anche di là di un dibattito politico interno
per il vero assai deludente, nell’ultimo periodo - che si sia decisa
l’estinzione di quella Md in cui molti di noi si sono
orgogliosamente formati, come se non si volesse cogliere
l’ineluttabilità di certe trasformazioni che vanno oltre noi e la
nostra stessa volontà; e, in parallelo, non meno errata l’idea che
Area sia un fenomeno politico subìto, e subìto male per essere la
causa della fine di un’idea politica, di un grande progetto
politico in cui tutti, qui, ci siamo orgogliosamente riconosciuti.
Se dovessimo utilizzare lo stesso metro di analisi - che ha il
sapore dell’operazione nostalgica piuttosto che dell’analisi
politica - dovremmo piuttosto dire che proprio la vistosa
assenza di un pezzo del nostro gruppo nel dibattito nei momenti
e nei luoghi politici di confronto, ove le idee e anche le critiche
sono di vitale importanza, ha indebolito l’essenza e la vitalità del
progetto: il quale vive, e vivrà, per come tutto il gruppo lo ha
concepito solo con la capacità di esserci, di esserci nei momenti
che contano, nei luoghi di elaborazione che non sono più,
necessariamente, i luoghi storici in cui ci siamo sempre
confrontati, ma quelli in cui troveremo la capacità di farci
ascoltare e anche di ascoltare. Ciò postula una rivoluzione di
metodo e di sensibilità politica, di cui un certo orgoglioso
isolazionismo è la negazione più evidente destinata a risolversi
nell’irrilevanza politica.
Certo, i percorsi sono difficili, gli equilibri precari, le sintesi
molto complesse: le esperienze politiche dell’Area che già c’è nell’autogoverno locale e nazionale, nell’Associazione
magistrati, locale e nazionale - ci consegnano risultati alterni,
non tanto in relazione agli “equilibri numerici” individuabili
all’esito delle varie competizioni, quanto alla leggibilità e
coerenza delle scelte politiche compiute. Un’analisi dei percorsi
finora compiuti conduce a giudizi alterni.
Possiamo dire che la linea politica tenuta in seno all’Anm è in
netta continuità con idee di responsabilità “istituzionale” , che
hanno reso la nostra Associazione prestigiosa e credibile in
passaggi politici anche drammatici, e che oggi riesce a renderla
28
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
ancora presidio forte, capace di difesa intransigente di valori
fondamentali e di difesa intelligente e non biecamente
corporativa di prerogative e diritti dei magistrati, pur in mezzo a
un attacco insidiosissimo per provenire - come ormai da oltre
20 anni - dalla politica e, insieme, da una parte della
magistratura.
Più difficili gli equilibri e le scelte nell’autogoverno, anche
perché le questioni, sia tecniche che “politiche”, sono più
complesse, e l’elaborazione di fondo tutt’altro che pacifica: si è
scontato forse, e ancora si rischia di scontare, proprio l’assenza
di una forte e matura elaborazione su temi fondamentali, che a
sua volta rimanda da un lato all’esigenza fondamentale di un
vero gruppo dirigente “capace di” e “legittimato a” compiere
scelte politiche di fondo, e , dall’altro, proprio perché ciò riesca,
alla necessità che questa elaborazione sia compiuta insieme, in
luoghi di confronto sui temi e valori fondamentali, ove ognuno
di noi, a prescindere dalla propria storia e appartenenza, non
tanto conterà quanto farà contare le proprie idee.
Questo non soltanto richiede un impegno come nella nostra
lunga tradizione: ne postula uno diverso, perché è una sfida
continua, per certi aspetti anche più affascinante. Ed esige
l’opposto di quanto è avvenuto in questo biennio, o persino da
più tempo, ove a fronte della contestazione, e correlata
delusione, per una sorta di “ritiro di Md” - forse in coerenza con
la risalente formula politica che si voleva caratterizzare le scelte
di fondo, espressa nelle parole “più Md” - è mancato l’apporto
importante di pezzi interi del gruppo, che hanno fatto venir
meno linfa vitale, pur magari nella logica della polemica,
anch’essa dote storica del nostro gruppo. Con l’assenza, visibile
e sorprendente una implicita delegittimazione politica che
contraddice elementari regole di democrazia e mina alle
fondamenta la vitalità di un gruppo, quella che è stata una
risorsa straordinaria della storia di Md.
Questo gruppo dirigente ha inteso dare esecuzione a un
mandato politico chiaro, compiendo scelte che come sempre
possono essere opinabili ma che rispondono ad una finalità di
riforma profonda: di noi stessi per contribuire a riformare il
mondo della giustizia.
Vi hanno contribuito molte persone che hanno
generosamente creduto nella centralità del progetto di Area,
29
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
progetto da governare, non da subire. Che hanno reso possibile
l’ammodernamento delle nostre conoscenze e dei nostri stessi
strumenti, come “Innovazione per Area”; realizzato momenti di
confronto politico e cominciato percorsi di elaborazione e
decisione, come chi ha reso possibile la realizzazione di
Assemblee locali e nazionali, e lavorato con molta fatica nel
Coordinamento, che si è fatto carico di momenti organizzativi
complessi e difficili, che crediamo costituiscano, dal punto di
vista del metodo politico, la più visibile ed apprezzata tra le
innovazioni che Area ha introdotto nel panorama politico della
magistratura, contaminandola tutta, obbligando tutti gli altri
gruppi a confrontarsi con un diverso processo di selezione delle
candidature. Ovviamente, non sfugge e non può sfuggire che c’è
ancora molto, moltissimo lavoro da fare, e che vi sono cruciali
passaggi culturali da compiere.
Abbiamo detto e ribadiamo con orgoglio che Md è nata da
una tensione ideale fortissima, ponendo valori fondamentali
come costitutivi della sua stessa identità politica; l’idea
essenziale della magistratura come “servizio”, la distanza dal
potere come condizione per rafforzare un’idea di indipendenza
ed autonomia che la Costituzione aveva scolpito e aspettava di
essere attuata nella realtà di una giurisdizione non di rado pigra
e conformista. Questa tensione ideale sembra via via essersi
sbiadita, anche per l’evidente emergere di ambizioni personali in sé certo non illegittime - e per via di un progressivo
indebolimento di una capacità autenticamente autocritica, il
nostro gruppo prima, e certo Area poi, rischiano di correre un
pericolo mortale, reso più concreto dalla parallela
trasformazione dei contenuti politici di riferimento: il prevalere
delle istanze di potere, che in un gruppo a vocazione
maggioritaria - con qualche brivido si colgono parallelismi
terminologici con il mondo della politica… - rischia di voler
assecondare.
Per questo l’appello politico sarebbe monco senza un
richiamo a ciascuno: a un’idea della responsabilità individuale,
ad un’idea alta del lavoro di ogni singolo magistrato, ad una
capacità - che trova nell’etica politica le proprie ragioni - di non
porre le ambizioni ed aspettative individuali al centro e come
obiettivo del proprio “riconoscersi” in un gruppo, che è la sola
cosa che spiega e dà un credibile contenuto politico ad un
30
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
progetto che si dichiara costruito sul valore fondante della “non
appartenenza”, come del resto la carta dei Valori di Area
solennemente postula.
Qui si verificherà la capacità di Area di marcare una
differenza politica fondamentale, in un momento nel quale
“correntismo” ed “associazionismo” sono accomunate nell’opinione pubblica e, purtroppo, nella stessa comunità dei
magistrati - da una diffuso stigma che, mettendo a nudo gli
indiscutibili vizi che ne hanno accompagnato la storia, ha
rischiato e rischia di travolgere anche i prodotti migliori, i
successi indiscutibili, le idee e le donne e gli uomini che le
hanno elaborate, espresse, attuate. Una capacità che richiede
l’impegno di tutti noi, ancora più forte e consapevole, ma nello
stesso tempo ispirato ad apertura, disponibilità al dialogo,
all’ascolto prima ancora che all’affermazione.
8. Quale Area, quale MD?
Siamo arrivati ad un punto cruciale del percorso, e
finalmente puramente “politico”.
Deve necessariamente aprirsi ora per Area una nuova fase,
dove la soggettività politica dovrà decollare definitivamente e gli
organi destinati a rappresentarla dovranno ricevere una
investitura più completa. Diverse sono le possibili soluzioni
organizzative e diverse sono le conseguenze, che vanno
attentamente vagliate. Confido che se ne discuta in termini
concreti e propositivi. Certamente la fase cui siamo arrivati e i
fortissimi progressi che Area ha fatto impongono un salto di
qualità e molto coraggio. Tutti, i colleghi che partecipano ad
Area, ma in primis i gruppi fondatori, devono guardarsi allo
specchio e decidere dove andare con la consapevolezza che un
processo irreversibile è stato messo in moto e che nulla sarà più
come prima. Lo sbocco non può essere neppure quello più
semplice della fusione dei due gruppi, sia perché tradirebbe
storia e differenze, nonostante tutto ancora esistenti, ma
soprattutto perché replicheremmo uno schema datato, dando
vita ad una corrente più ampia, ma identica alle attuali. Quando
uno dei pregi di Area, che ha garantito anche l’attenzione dei
più giovani, è la sua liquidità e flessibilità.
31
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
Il problema oggi è garantire questa liquidità con la
permanenza di una struttura organizzativa e di canali di
espressione politica, evitando che la liquidità trovi sfogo nella
disorganizzazione o nel leaderismo. Deve esserci un chiaro
riparto di competenze. Area deve essere l’unico soggetto che
interviene e interloquisce sui temi ordinamentali e associativi; i
gruppi ed Md in particolare devono diventare uno dei motori
propulsivi di Area sul piano culturale, concentrando le proprie
energie sulla individuazione di alcuni temi specifici e
qualificanti riorganizzando la propria presenza intorno ad un
rinnovato investimento sulla Rivista. Per questo ritengo che sia
necessario creare luoghi di Area dove confrontare stabilmente le
idee e credo che questo non possa avvenire senza il contributo
attivo dei gruppi, della loro esperienza culturale, della loro
abitudine alla discussione e alla ricerca di sintesi. È questa la
fondamentale sfida che dobbiamo affrontare.
Area nel prossimo mese di giugno prevede una propria nuova
Assemblea generale, che - programmata dopo i congressi di Md
e del Movimento/Art. 3 - dovrà a sua volta decidere passi
ulteriori.
Md deve sapere quindi guardare al futuro, come evoca il
titolo di questo congresso. Battersi per gli ideali, ma essere
concreta e ottenere risultati. E dobbiamo guardare al futuro non
paralizzati dalla inevitabile nostalgia del passato: il presente di
Md ci dice che è il nostro stesso gruppo a essere profondamente
cambiato, come ci dicono dati chiari sulle nuove iscrizioni, sulla
partecipazione alla vita politica del gruppo, dalle assemblee
sezionali ai Consigli nazionali ai cui lavori non si vedono da
molto persone che pure hanno avuto o hanno responsabilità
istituzionali, politiche, culturali; alla stessa vita dei gruppi di
lavoro, la cui importanza abbiamo più volte ribadito, invitando
inascoltati ad una loro rivitalizzazione.
Ha ragione chi ci ricorda che siamo entrati in una nuova era:
l’era della velocità, della deideologizzazione spinta. Può piacerci
o meno, ma questa è la realtà in cui viviamo e alla quale non
dobbiamo adeguarci e necessariamente omologarci, ma
dobbiamo partire da essa per conviverci criticamente. La forza
dei contenuti comuni è a ben vedere la premessa necessaria
anche per la struttura di Area. Non dobbiamo nasconderci che
una delle più ampie perplessità che esistono per giungere ad
32
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
una struttura ristretta ed agile di direzione è il timore di avere
persone non sufficientemente rappresentative o che comunque
non possano adeguatamente tener conto delle variegate
sensibilità esistenti.
Il rafforzamento ulteriore di Area o meglio la sua definitiva
consacrazione a soggetto autonomo pensante necessita di alcuni
passaggi.
La domanda di fondo è quale spazio rimane allora ad Md? Le
difficoltà fino ad ora incontrate non sono riconducibili alla
mancanza di spazi, per l’incombenza di Md/Movimento/Art.3,
ma alla mancanza di luoghi di elaborazione nei vari settori e, a
monte, dal silenzio inerte di una base, la cui “fluidità” rischia di
sfociare, al di fuori dai periodi elettorali, in evanescenza e che
rende impossibile ai cd “organismi dirigenti” di farsi interprete
di orientamenti e posizioni che non si sa quali siano. In altre
parole, come sottolineato bene da chi ha fatto parte del
coordinamento, il problema è che non sappiamo davvero cosa
pensa il cd “popolo” di Area, anche perché non sappiamo
neppure da chi è composto.
D’altra parte anche la tripartizione “tradizionale” delle
provenienze, certamente utile nei primi passi di Area, non riesce
più a fotografarne la realtà attuale: da alcuni anni, infatti, sono
marcate le differenze interne su temi fondamentali degli iscritti
di Md tra loro e degli iscritti ai Movimento/Art. 3 tra loro, come
spesso forti sono le assonanze tra aderenti ad Area provenienti
da percorsi pregressi diversi (Movimento/Art. 3, Md, nessuna
esperienza); i terzi iscritti sono un popolo indistinto e variabile.
Peraltro, il perpetuarsi di questa tripartizione rappresenta una
zavorra che impedisce ad Area di camminare con gambe proprie
e di diventare un unico soggetto. Inoltre non ha alcun senso che
un soggetto, Area, che elegge tutti gli organismi rappresentativi,
cioè gli organi che sono chiamati a dare concretezza ad una
linea politico-giudiziaria, non sia investita della elaborazione di
quella linea.
Il rafforzamento ulteriore di Area o meglio la sua definitiva
consacrazione a soggetto autonomo pensante dovrebbe dunque
passare attraverso alcuni passaggi.
Il superamento della “tradizionale” ripartizione, attraverso
l’introduzione di un meccanismo elementare: in Area si
partecipa, si elabora, si discute, si conta, si pesa e si vota come
33
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
singoli, ciascuno con le proprie idee, e non in ragione della
propria provenienza/appartenenza, pregressa o meno, da Md,
Movimento/Art. 3 o nessuna; questo implica che tutti gli organi
di Area (referenti, coordinamento ecc.) devono essere
interamente elettivi, in competizioni elettorali in cui ciascuno si
propone non per la sua provenienza ma per le sue idee: peraltro
questo non impedirà eventuali candidature di dirigenti politici
per assicurare quel raccordo nella divisione del lavoro tra Md e
Area. Solo così Area potrà diventare soggetto realmente
autonomo in cui ognuno sceglierà il “proprio” candidato non
sulla base dell’indicazione di Md e Movimenti/Art. 3 ma perché
trova convincenti le sue proposte; l’introduzione di una
distinzione tra i meri simpatizzanti/votanti (quelli che si
limitano a votare Area, cioè, di volta in volta, decidono di votare
Area perché si riconoscono o meno nel programma proposto o
nel candidato scelto da Area) e gli “aderenti”, cioè che coloro
che quel programma contribuiscono ad elaborare e quelle scelte
contribuiscono a compiere. Il coinvolgimento di tutti gli
aderenti, a prescindere dallo loro iscrizione o meno a Md e
Movimenti/Art. 3, al finanziamento di Area1; la creazione di
luoghi e momenti di confronto periodici, ulteriori rispetto
all’Assemblea nazionale, tra la base di Area, il coordinamento e i
1 Il Consiglio Nazionale di Md il 31 gennaio 2015 ha deliberato: «I progressi di Area
nella costruzione della propria identità l'hanno portata in questi anni ad affermarsi
come punto di riferimento nell'autogoverno e nella politica associativa: la
costituzione di un gruppo unico sia al Csm sia in Anm, il riconoscimento del
Coordinamento nazionale come interlocutore nell'elaborazione delle linee politiche e
delle scelte di principio che ispirano l'azione delle rappresentanze di Area ne sono la
più evidente dimostrazione.
Magistratura democratica, che ha appoggiato e sostenuto questo percorso, sente la
necessità di un ulteriore passo in avanti.
La possibilità di Area di ampliare la propria sfera di azione e la propria capacità di
elaborazione ed interlocuzione passa attraverso un potenziamento delle sue strutture
e della loro autonomia.
Ciò presuppone l’individuazione concreta degli aderenti ad Area, passo essenziale per
comprendere quali davvero siano le idee e le sensibilità prevalenti; la scelta dei
rappresentanti a livello locale e nazionale attraverso elezioni in cui ci si confronti
sulle idee e non per schieramenti precostituiti in ragione della provenienza; la
creazione di occasioni periodiche di confronto tra rappresentanti e rappresentati; la
previsione di forme di finanziamento.
A tal fine Magistratura democratica riserva alle assemblee distrettuali di Area l'individuazione
delle soluzioni per realizzare questi obiettivi, ma si impegna sin d'ora a contribuire
all'autonomia finanziaria di Area, mettendo a disposizione dei suoi organi una percentuale
delle somme ottenute grazie alle iscrizioni.»
34
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
rappresentanti di Area negli organi di autogoverno e nell’Anm
affinché gli eletti possano, da un lato, rendere conto degli
indirizzi seguiti nella loro attività e, dall’altro, conoscere
indicazioni ed umori dei loro elettori.
Md e Movimenti/Art. 3 hanno già ceduto sovranità ad Area
nel senso che hanno ceduto ad Area i settori dell’autogoverno e
dell’Anm: devono continuare non solo a esistere ma a parlare, a
elaborare, ad intervenire fungendo da pungolo, coscienza
critica, fucina di elaborazione culturale e politica che aiuti Area
ad interpretare al meglio il proprio ruolo, eventualmente
impedendogli di diventare una federazione di interessi
particolari e potentati locali.
Questo percorso, lungo e difficile, non può essere imposto
con operazioni dall’alto ma deve venire dal basso, dalle
assemblee locali, dalle prese di posizione sui contenuti
controversi, dalle elezioni “trasversali”: e ciò in molti distretti
sta già avvenendo.
9. Un tentativo di bilancio
Se un congresso - come abbiamo detto all’esordio - è anche
un momento di bilanci politici, e dunque di giudizi, è necessario
dare conto del lavoro che si è fatto, che si è cercato di fare,
soprattutto per indicare la direzione che si è cercato di seguire.
Questo gruppo dirigente ha cercato di lavorare in una
direzione di apertura e di innovazione, di cui il rapporto con
Area e i momenti di elaborazione politica sopra sintetizzati sono
stati, ovviamente, una parte fondamentale. Ma aver creduto e
credere nell’idea che un patrimonio politico e culturale vive solo
grazie alla sua forza di contaminazione, alla sua capacità di
“circolazione”, ha suggerito e diremmo quasi imposto una
profonda innovazione degli stessi strumenti di comunicazione e,
soprattutto, allo strumento culturale storico di Md, Questione
Giustizia. Nella prima direzione, va lo sviluppo costante del
nostro sito (attraverso la realizzazione di speciali tematici) e
l’utilizzo dei social network, pensiamo a Facebook, Twitter e
Youtube, dove Md è approdata per prima - rispetto alle altre
realtà dell’associazionismo giudiziario - ed è presente anche con
il profilo del suo segretario.
35
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
Nella seconda, la rivoluzione della nostra Rivista prima
attraverso la nascita di Questione Giustizia online. Una finestra
quotidiana di aggiornamento, ma anche un tentativo di lanciare
nella comunità dei giuristi temi nuovi e che vadano oltre il
dibattito delle mailing list. Il successo è stato travolgente, come
dimostrano le decine di migliaia di lettori che ogni mese
accedono al nostro sito. Proprio la capacità del mezzo
telematico di raggiungere una platea di gran lunga superiore a
quella della rivista cartacea e le sue enormi potenzialità
tecniche, ci hanno indotto a programmare, dal 2015, il
passaggio dell’intera Rivista trimestrale al digitale, sotto la
nuova direzione di Renato Rordorf. Una trasformazione che
non è solo un adeguamento alla modernità tecnologica: è
coerente con un’idea di fruibilità diversa, di apertura e
accessibilità, senza rinunciare a una riflessione organica e
approfondita.
Guardare al futuro ed aprirsi al nuovo non ha significato però
dimenticare il nostro passato, ed anzi è attraverso la forza del
passato (invero straordinario) che troviamo la forza di
impegnarci per il futuro, a questo proposito nel bilancio positivo
di questo biennio va annoverata la creazione dell’Archivio
storico. L’idea di creare un archivio pubblico era necessitata per
due motivi principali: preservare documenti preziosi che
rischiavano di disperdersi e consentire l’accesso e la possibilità
di consultazione a più utenti possibile. Il progetto seguito ha
richiesto più di un anno di lavoro, gode del finanziamento della
Fondazione Compagnia di San Paolo, senza il quale nulla di
organizzato sarebbe stato possibile, e ha consentito di
individuare una istituzione come l’Istituto piemontese per la
storia della resistenza e della società contemporanea (Istoreto)
disponibile a ricevere e archiviare i materiali secondo criteri e
metodologie professionali. Il progetto con determinazione
perseguito è partito. Già adesso nel sistema archivistico
nazionale vi è traccia dei primi documenti sotto la sigla
“Magistratura democratica” e con l’avanzare del lavoro di
analisi, digitalizzazione e catalogazione dei materiali
l’informazione pubblica si arricchirà ancora di più. Questo
sistema consentirà agli studiosi, ai ricercatori e a tutti gli
interessati di consultare e analizzare un materiale complessivo
che anche gli esperti di Istoreto considerano di primissima
36
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
importanza per capire la magistratura e la stessa storia d’Italia
dagli anni ‘60 in poi.
Conclusioni
Siamo al centro di un passaggio storico di un cambiamento
che ha rotto gli equilibri della società e della magistratura che
della società è espressione. Nulla di più difficile, ma anche di
più stimolante. Abbiamo la consapevolezza della impossibilità
di fermare il cambiamento e della necessità di farne parte e
governarlo, ma ancora non abbiamo trovato soddisfacenti
risposte. Dobbiamo avere la forza di superare la stanchezza, la
frustrazione, lo smarrimento. Dobbiamo non rassegnarci e
trovare la forza, dentro e fuori di noi di guardare al futuro.
Dobbiamo ridare forza e vitalità ai principi non negoziabili della
legalità, della eguaglianza davanti alla legge, della giustizia
senza i quali non è possibile costruire il futuro.
Certo, il rinnovamento del Paese si fonda anche su una
giurisdizione rinnovata, in un più ampio processo di recupero di
credibilità delle istituzioni, che sollecita nel suo insieme uno
sforzo immenso al quale sono chiamati a concorrere tutti coloro
che a diverso titolo, secondo le più diverse responsabilità,
esercitano funzioni pubbliche. Magistratura, avvocatura,
pubblici funzionari impegnati nel servizio giustizia, istituzioni
dell’autogoverno, organi politici, non possono considerarsi
segmenti distinti, separati dalla società, inconsapevoli della sua
attuale evoluzione. C’è un’eccezionalità storica da affrontare,
che impone un supplemento di passione civile, di impegno, di
disponibilità, anche a confrontarsi con le ragioni altrui, e a farsi
carico di un comune destino. Essere protagonisti del
cambiamento per reagire alla crisi, che non è soltanto
economica, ma soprattutto istituzionale e civile, che è di
dimensioni tali da poter compromettere conquiste storiche di
civiltà.
La magistratura deve una volta di più essere pronta insieme a
reagire e proporre: uscire dal recinto dell’autodifesa in cui è
stata costretta in questi anni e insieme avere la capacità, in ogni
sua articolazione, di proporre idee forti e qualificanti per le
riforme ormai irrinunciabili. La nostra capacità di elaborazione
37
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
e proposta è quindi fondamentale. Dobbiamo e vogliamo essere
protagonisti del cambiamento aperti alle istanze della società.
Pronti ad offrire ai cittadini un servizio che assicuri una più
efficace garanzia dei diritti.
Da questo confronto congressuale dobbiamo essere capaci di
fare emergere ancora la voglia, la nostra passione, la spinta
coraggiosa al cambiamento anche di noi stessi; affermare
ancora una volta e oggi ancora di più la necessità di resistere ad
una crescente idea burocratica e minimale della nostra
funzione, offrendo alle nuove generazioni di magistrati un
modello di magistrato e di giurisdizione moderni, capace di
coniugare efficienza e qualità della riposta di giustizia.
Sulla strada di questo cambiamento saper anche trovare un
linguaggio nuovo, modalità di aggregazione diverse per
coinvolgere chi non vuole “appartenere” ma che vuole
“condividere” una visione della funzione e della giurisdizione
che coincide con quello che la nostra. Md ha storicamente
privilegiato: l’elaborazione collettiva e la risposta collettiva,
deve essere capace di rinnovare questo suo fondamentale
impegno oggi davanti ad istanze nuove.
Questa la sfida che presenta tuttavia un passaggio ancora più
complesso: per essere credibili agli occhi di chi ci osserva come
possibili punti di riferimento, ed in primo luogo dei tanti
giovani che stanno cambiando il volto della magistratura,
abbiamo il dovere di una continua verifica della nostra capacità
di attuare i valori che ascriviamo al nostro patrimonio ideale,
nel continuo sforzo di non incorrere in contraddizione tra
elaborazioni politiche e culturali ed il modo concreto di essere.
Pericolo mortale per chi postula modelli di alta idealità.
In questo sforzo Md deve farsi carico in Area di quella spinta
alla critica, anche feroce, che forse in questi anni è scemata.
Criticare, nel suo significato primo di analizzare, le tensioni che
negli uffici, nei luoghi dell’amministrazione della giustizia anche e soprattutto se diretti da magistrati che nei nostri valori
dicono di riconoscersi - si manifestano e riguardano elementi
essenziali e qualificanti del servizio che siamo chiamati a
rendere. Recuperando la capacità di denunciare anche
pubblicamente ciò che è inaccettabile sul piano etico e
deontologico.
38
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa
MAGISTRATURA DEMOCRATICA E LA SFIDA RIFORMATRICE
Per una società democraticamente organizzata è peraltro di
vitale importanza che la collettività creda nella giustizia
amministrata in suo nome. Per la tenuta sociale di un Paese,
credere nel modo con cui si rende giustizia è forse addirittura
più importante del contenuto della giustizia stessa. Una società
non può sopravvivere democraticamente se non è in grado di
consegnare con fiducia ad un soggetto imparziale il potere di
emettere una decisione che è poi disposta a rispettare come
verità. Un popolo che non crede nella propria giustizia si
rassegna fatalmente ad accettare quella del più forte.
In queste condizioni il miglior servizio che la magistratura
può oggi rendere alla collettività - oltre a denunciare le
manchevolezze e sollecitare soluzioni - è compiere il proprio
dovere nonostante difficoltà che paiono insormontabili,
amministrando con compostezza, refrattaria a suggestioni e
pressioni, la giustizia possibile nelle condizioni date,
consapevole che, per usare le parole di uno scrittore nato non
lontano da qui, Corrado Alvaro «la disperazione più grave che
possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere
onestamente sia inutile».
8 febbraio 2015
Anna Canepa
39
Relazione per il XX congresso di Md
del Segretario generale Anna Canepa