N. 00504/2015REG.PROV.COLL. N. 01060/2014 REG.RIC. R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1060 del 2014, proposto da: Comune di Gallipoli, rappresentato e difeso dall'avv.; contro , rappresentato e difeso dall'avv; per la riforma della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 02184/2013, resa tra le parti, concernente regolamento tassa per raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Pasquale Petrucelli; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2014 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Angelo Vantaggiato e Bartolo Ravenna; FATTO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce, Sez. I, con la sentenza 24 ottobre 2013, n. 2184 ha accolto il ricorso proposto dall’attuale appellato per l’annullamento del Regolamento Tassa per Raccolta e Smaltimento dei Rifiuti Solidi Urbani approvato con delibera del Commissario Straordinario del Comune di Gallipoli 20.3.2008, n. 96, pubblicata sull'albo pretorio in data 4.4.2008 sino al 18.4.2008 e, ove occorra, del parere 19.3.2008 con cui il Responsabile del servizio, Dr. , ha espresso parere favorevole sulla regolarità tecnica della proposta di regolamento nonché della delibera del Commissario Straordinario 20.3.2008, n. 101 con cui sono state determinate le tariffe Tarsu per l'anno 2008 e, ove occorra, del relativo parere tecnico di pari data reso dal medesimo responsabile del servizio. Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che la P.A. appellante, in violazione dell'art. 69 d.lgs. n. 507-93, ha omesso di indicare qualsivoglia criterio metodologico ai fini della determinazione tariffaria, essendosi limitata a riportare generiche classificazioni, senza indicare le differenziazioni prese in considerazione per le varie sottocategorie e le ragioni dell’attribuzione della tariffa da applicarsi, consentendo così di poter ripercorrere l’iter logico giuridico seguito. Al contrario, per il TAR, i criteri logici utilizzati debbono essere esposti con chiarezza nella norma regolamentare nell'obiettivo di indirizzare l'indagine e permettere, al soggetto alla quale essa è demandata, di addivenire a una corretta e coerente attività conoscitiva ai fini della concreta determinazione tariffaria in conformità con i criteri direttivi previamente esplicati. Inoltre, per il TAR, è illegittimo per violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione il provvedimento, come quello nella specie impugnato, con cui è stata determinata la tariffa per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nel caso in cui dal provvedimento medesimo non sia ricavabile alcun elemento idoneo a ricostruire i presupposti di fatto e di diritto in ordine all'aumento della tariffa ex art. 69, comma 2, d.lgs. n. 507-1993. L’appellante contestava la sentenza del TAR, deducendo che il provvedimento impugnato dava conto delle ragioni complessive che hanno determinato l’aumento generale delle tariffe, ai fini di una più adeguata copertura del costo del servizio, funzionale alla tendenza di procedere gradualmente verso la copertura totale o, meglio, verso l’eguaglianza fra entrata tributaria e costo effettivo del servizio; esplicitava puntualmente la scelta, conforme a normativa, di privilegiare l’utenza domestica rispetto alle attività produttive, specificamente individuando la quota di ripartizione dell’entrata tributaria; per ciò che concerne le utenze non domestiche, le varie categorie produttive venivano estrapolate specularmente dalle definizioni contenute nel regolamento, specificatamente destinato al calcolo normalizzato della tariffa; individuava le singole voci attraverso le operazioni riprese da quel regolamento espressamente richiamato nella delibera; al regolamento comunale infine, veniva affidato il compito di introdurre i correttivi e le riduzioni per la determinazione concreta dei tributo, effettivamente gravante sul singolo utente in rapporto all’estensione del proprio immobile ed alla sua idoneità a produrre rifiuti Con l’appello in esame, si chiedeva la reiezione del ricorso di primo grado. Si costituiva la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello e riproponendo i motivi assorbiti dal TAR. All’udienza pubblica del 18 novembre 2014 la causa veniva trattenuta in decisione. DIRITTO Ritiene il Collegio che l’appello sia meritevole di accoglimento. Preliminarmente, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per genericità e omessa censura della sentenza di primo grado, ovvero per integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato. Infatti, nell’appello all’odierno esame, il Comune appellante si limita a contestare la sentenza del TAR adducendo che la motivazione del provvedimento impugnato sussiste, evidenziando, senza alcuna integrazione motivazionale, i contenuti deliberativi e i loro allegati prodotti tutti in primo grado: dunque il vizio fatto valere con l’atto d’appello deve ritenersi specifico, circostanziato ed idoneo a sorreggere il gravame. Nel merito, si deve ritenere che l’Amministrazione abbia dato correttamente conto delle ragioni complessive che hanno determinato l’aumento generale delle tariffe, ai fini di una più adeguata copertura del costo del servizio, funzionale alla tendenza di procedere gradualmente verso la copertura totale o, meglio, verso l’eguaglianza fra entrata tributaria e costo effettivo del servizio; inoltre, l’Amministrazione ha esplicitato puntualmente la scelta di privilegiare l’utenza domestica rispetto alle attività produttive, specificamente individuando la quota di ripartizione dell’entrata tributaria. Sotto questo profilo, si deve rilevare che le disposizioni contenute nel D.lgs. n. 507-93 sono state successivamente integrate, in particolare, dal d.P.R. n. 158-99 e sono state oggetto di un’intensa attività di verifica e di vigilanza sui costi da parte dell’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti (all’epoca dei fatti in piena attività); tali elementi sono stati esplicitamente richiamati nel contenuto stesso degli atti deliberativi oggetto di gravame e, quindi, non solo costituiscono la base normativa per giungere all’effettiva determinazione delle tariffe, ma concretizzano anche una motivazione per relationem del tutto legittima ai sensi dell’art. 3 della l. n. 241-90. In particolare, con il citato d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 (Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani), aggiornato con le modifiche apportate dalla legge n. 488-99; dalla legge n. 289-2002; dalla legge n. 350-2003 e dalla legge n. 311-2004, è stato stabilito (art. 2) che la tariffa di riferimento a regime deve coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani e deve rispettare la equivalenza di cui al punto 1 dell'allegato 1 del d.P.R. Inoltre, detto decreto, all’art. 3, ha sancito che “Sulla base della tariffa di riferimento di cui all'art. 2, gli enti locali individuano il costo complessivo del servizio e determinano la tariffa, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio e tenuto conto degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato. La tariffa è composta da una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione. Le voci di costo da coprire rispettivamente attraverso la parte fissa e la parte variabile della tariffa sono indicate al punto 3 dell'allegato 1”. Come è evidente dalla mera lettura della suddetta norma, la “motivazione” dell’aumento della tariffa non costituisce una mera illustrazioni delle ragioni circa l’esercizio di un potere di carattere puramente discrezionale riconosciuto all’Ente Locale, bensì deriva dall’applicazione di precisi e specifici criteri di rango normativo e di natura prevalentemente tecnica che, sinteticamente, si possono riassumere: - nella copertura (a regime) di tutti i costi afferenti al servizio di gestione rifiuti; - nella determinazione della tariffa, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio; - nel fatto che deve essere tenuto conto degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato; - nel rapporto, per la parte variabile di detta tariffa, con le quantità di rifiuti conferiti, con il servizio fornito e con l'entità dei costi di gestione; - nell’indicazione specifica delle voci di costo da coprire rispettivamente attraverso la parte fissa e la parte variabile della tariffa. Tale quadro normativo rende evidente la considerazione che “i criteri logici utilizzati”, che secondo il TAR devono essere esposti con chiarezza nella norma regolamentare, non sono elementi che possono ritenersi sussistenti al fine di riconoscere la legittimità o mento dei provvedimenti di determinazione della tariffa, come quelli qui in contestazione, poiché i criteri a cui l’Amministrazione è tenuta ad uniformarsi, non sono criteri di mera logica e razionalità. ma sono specifici criteri tecnici indicati dalla normativa citata. Quindi, nel caso di specie, la motivazione degli atti impugnati può consistere in un mero rinvio ai criteri tecnici, indicati dalla normativa dei quali può contestarsi eventualmente l’erroneità in sede applicativa, ma non la sufficienza e l’idoneità, a maggior ragione nei casi, come quello di specie, dove tali atti normativi siano stati in specifico richiamati dai provvedimenti impugnati. In altri termini, il disposto del regolamento comunale, della sua delibera approvativa e della deliberazione di approvazione della tabella tariffaria, combinato con la disciplina normativa (espressamente richiamata in quegli atti) e con le elaborazioni dell’Osservatorio Nazionale dei rifiuti (pure richiamate) consentono di identificare in maniera immediata i criteri direttivi che hanno indotto la concreta determinazione tariffaria e che hanno determinato l’attribuzione delle singole voci della tariffa nonché le modalità di commisurazione delle superfici ai fini dell’imposizione. Esaminando più in dettaglio la deliberazione n. 96-08, istitutiva del Regolamento, si evince che, dalla stessa emerge la volontà del Comune di operare l’adeguamento del proprio sistema alle modifiche legislative intervenute, in particolare, per l’intervento del citato d.P.R. n. 158-99. In particolare, le classificazioni contenuto in detto Regolamento e nella tariffazione allegata alla delibera 101-08 (impugnata), costituiscono l’articolazione delle categorie contenute nell’art. 68, comma 2, d.lgs. n. 507-99, così come specificate nelle tabelle 3A e 3B d.P.R. n. 158-99. Inoltre, dall’esame del contenuto del citato atto n. 101/08, con cui il Commissario straordinario evidenziava la necessità per gli enti locali di procedere in modo da tendere ad assicurare, con il gettito della tassa, la completa copertura dei costi del servizio di raccolta e smaltimento, si evince che, dopo un’analisi dell’andamento del tasso di copertura e dei costi del servizio e dopo la constatazione della non modificazione delle tariffe dal 2001, l’organo deliberante ha deciso di portare il tasso di copertura al 75% e, conseguentemente, ha proceduto a rielaborare le tariffe al fine di incrementare il gettito. Nell’atto deliberativo di determinazione delle tariffe, inoltre, è stato specificato esattamente, a fronte dell’aumento complessivo del gettito, il grado di ripartizione di tale aumento fra l’utenza domestica e quella non domestica, indicando esplicitamente, quale parametro applicativo, gli aumenti relativi all’utenza non domestica alle classi di produzione di rifiuti elaborate dall’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti, preso peraltro a riferimento dal decreto legislativo 5 febbraio del 1997 n. 22 e dal decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999 n. 158. Inoltre, in relazione alle censure di fatto assorbite dal TAR, si deve ritenere che nessun vizio di legittimità della disciplina regolamentare può derivare dalla previsione che per “Cinematografi e teatri” sia applicabile una tariffa pari ad €. 2,95, superiore a quella prevista per i musei e le biblioteche, pari invece ad €. 2,30, considerato che essa è anche di poco inferiore a quella degli ospedali (€. 3,82 mq) e superiore a quella prevista per le utenze domestiche (€. 2,30). Per quanto riguarda le utenze domestiche, in primo luogo, si è già detto che è stato esattamente e correttamente indicato il grado di ripartizione del complessivo aumento della tariffa tra l’utenza domestica e quella non domestica, indicando esplicitamente, quale parametro applicativo, gli aumenti relativi all’utenza non domestica alle classi di produzione di rifiuti elaborate dall’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti, preso a riferimento dal decreto legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22 e dal decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158 Per quanto riguarda le altre categorie, tenuto presente, come si è già detto, che siamo di fronte ad apprezzamenti tecnici complessi, basati su specifici parametri normativi, non vengono in evidenza contestazioni circostanziate e idonee, sotto il profilo tecnico, ad evidenziare una manifesta e macroscopica sproporzione tra le tariffe e, quindi, ed evidenziarne l’erroneità dal punto di vista tecnico, tenuto anche conto che la tariffa si compone di una parte fissa e di una parte variabile e che, per far valere detta erroneità occorre che sia la parte variabile a manifestare detto vizio (manifesta e macroscopica sproporzione tra le tariffe). Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado in quanto infondato. Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi, connessi alla mancata costituzione del Comune in primo grado, che non ha consentito un compiuto esame della vicenda contesa. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado. Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati: Alessandro Pajno, Presidente Francesco Caringella, Consigliere Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore Antonio Bianchi, Consigliere Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 03/02/2015 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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