DUCATI MULTISTRADA 1200

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Numero 193
07 Aprile 2015
75 Pagine
Prove
Kawasaki Vulcan S
Una moto per tutti, che
punta ai nuovi biker
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Novità
Triumph Speed 94
e Speed 94R, a 21 anni
dalla prima
Speed Triple
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MotoGP e MXGP
Tutte le foto più belle,
dentro e fuori la pista,
dei due Gran Premi
| PROVA SU STRADA |
DUCATI
MULTISTRADA
1200
da Pag. 2 a Pag. 17
All’Interno
NEWS: Suzuki brevetta la sua tecnologia turbo | Bimota BB3 TTrofeo | Mercato a marzo | N. Cereghini E io vorrei
sentire Preziosi | MOTOGP: DopoGP GP del Qatar, trionfo tricolore | Pedrosa fuori Arriva Hiroshi Aoyama
Ducati Multistrada 1200
PREGI
Qualità, erogazione e frenata
DIFETTI
Forcella morbida su versione standard
Prezzo da 19.900 €
PROVA SU STRADA
DUCATI
MULTISTRADA
1200
La maxi di Borgo Panigale è tutta nuova nell’estetica,
nella ciclistica e soprattutto nel motore desmo.
E’ più potente (160 cavalli), ma soprattutto più
regolare ai bassi regimi. Su strada svetta la S con
sospensioni semi attive, più ordinaria la base.
Entrambe costano care, ma sono costruite con cura
di Andrea Perfetti
Foto Milagro
2
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prove
Media
D
ucati ha rifatto da capo a piedi la Multistrada 1200, che è
a tutti gli effetti l’ammiraglia
della Casa italiana nel segmento oggi di riferimento
per tutti i costruttori. Le maxi
enduro vendono ovunque e fanno registrare numeri importanti al di qua e al di là dell’oceano.
Per questo a Bologna gli ingegneri hanno lavorato sodo sia a livello meccanico che elettronico
per affinare la loro sport tourer. La Multistrada
1200, sin dal suo lancio nel 2010, si è ritagliata
una posizione di nicchia nel mercato, posizionandosi come alternativa più sportiva alle note
endurone tedesche, austriache, giapponesi,
inglesi e italiane. Già cinque anni fa ci stupì, arrivando nei concessionari con la sua mostruosa
dotazione di 150 cavalli – non si era visto mai nulla del genere prima su una moto di questo tipo.
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Nel 2013 la Multi ricevette il primo affinamento
volto a migliorarne la trattabilità, con l’adozione
delle sospensioni semi attive Skyhook (sviluppate con Sachs), capaci di adattarsi come un
camaleonte sia alla guida sportiva sia a quella
turistica sulle strade più rovinate. Nel 2015, sulla
moto che stiamo provando, il salto è generazionale. Da un lato la Multistrada è davvero tutta
nuova. Cambiano infatti il design, l’ergonomia e
la ciclistica. Dall’altro debutta l’Inertial Measurement Unit (IMU) Bosch (che migliora la stabilità
della moto), mentre il propulsore è stravolto nel
suo carattere dall’adozione della doppia fasatura variabile DVT, che lo rende trattabile ai bassi
regimi come mai lo era stato un motore Ducati
(siamo ora davvero vicini alla regolarità di funzionamento di un boxer BMW; si può scendere fino
a meno di 30 km/h in terza senza che ci sia un
solo strappo alla trasmissione).
In più la versione
S ha una dotazione spettacolare, che comprende i fari a LED adattivi, il cruise control, l’evoluzione delle sospensioni semi attive Skyhook e la
nuova strumentazione TFT. La S costa 19.540
euro franco concessionario (in rosso, la versione bianca ha invece un prezzo di 19.740 euro),
contro i 17.240 euro della Multistrada standard.
Nel complesso la Multistrada 1200 S ha il rapporto qualità/prezzo migliore tra le due, e anche su
strada sarà quella da noi preferita in modo netto
alla fine della prova. Scopriamo com’è fatta nel
dettaglio la nuova Ducati, ripassando quanto vi
abbiamo descritto in occasione della presentazione a EICMA 2014.
Il motore con la fasatura variabile
DVT
La Ducati Multistrada 1200 2015 (standard e S)
riceve il nuovo propulsore Testastretta DVT con
distribuzione desmodromica a fasatura variabile di cui vi abbiamo già detto tutto nel nostro
articolo introduttivo. Mantiene le caratteristiche
principali del propulsore precedente; troviamo
però un innovativo comando della distribuzione
a doppia fasatura variabile che migliora radicalmente le caratteristiche di erogazione, determinando un aumento della potenza (ora 160 cavalli
a 9.500 giri) e della coppia (136 Nm a 7.500 giri,
con una curva particolarmente piatta che resta
superiore ai 100 Nm fra i 5.750 e i 9.500 giri). I
consumi sono ridotti dell’8%, mentre gli intervalli di manutenzione prevedono i tagliandi ordinari
a 15.000 km e gli interventi di registrazione del
gioco valvole ogni 30.000. La nuova Multistrada
rispetta già la normativa Euro 4 e risulta più silenziosa e garbata a livello acustico. Lo scarico
fa un bel rumore, inequivocabilmente Ducati. Ma
- passateci il termine - non fa più il casino (per
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dello smartphone. E’ infatti possibile, con il Ducati Multimedia System (DMS), collegare il telefono via Bluetooth e utilizzarlo per ascoltare
musica o telefonare e, tramite un’apposita APP,
per condividere itinerari e dati di viaggio sui social network.
Il telaio a traliccio, i freni Brembo e
i nuovi pneumatici Pirelli Scorpion
Il lato sinistro della Multistrada sfoggia lo scultoreo forcellone monobraccio, totalmente rivisto
rispetto al passato. Il telaio non rinuncia al marchio di fabbrica del traliccio con tubi di grosso
diametro che si unisce ai due telaietti laterali,
chiusi a loro volta da un elemento portante posteriore realizzato in tecnopolimero caricato in
fibra di vetro per la massima rigidezza torsionale. I cerchi confermano le misure del modello
precedente (120-70 e 190-55/17”) e calzano i
nuovissimi pneumatici Pirelli Scorpion Trail II.
qualcuno addirittura eccessivo) di prima. L’altra
gustosa novità del modello 2015 è l’introduzione
della piattaforma inerziale (IMU, Inertial Measurement Unit) che rende più raffinato il funzionamento delle sospensioni Skyhook e del controllo
di trazione DTC (su 8 livelli). Permette anche di
implementare diverse altre funzioni che rendono
la Multistrada più completa. Ci riferiamo al sistema anti-impennata DWC (Ducati Wheelie Control) regolabile su 8 livelli (di derivazione Panigale), alla gestione della frenata con ABS in curva
e alla regolazione dei fari adattivi che illuminano
l’interno della traiettoria al meglio.
Ergonomia: più comoda per
il pilota e per il passeggero
Migliora parecchio la posizione in sella grazie ad
una nuova correlazione pedane/manubrio/sella.
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Prove
L’impianto frenante impiega dischi Brembo da
320 mm e pinze radiali monoblocco a 4 pistoncini da 32 mm (rispettivamente da 330 mm e
con pinze M50 sulla versione S, che ha la stessa
dotazione della Panigale). Svetta su entrambe
le versioni la presenza del sistema Bosch 9.1ME
Cornering, capace di offrire la frenata combinata
e il funzionamento dell’ABS anche a centro curva, pur comportandosi in maniera coerente con il
riding mode selezionato. Restano infatti naturalmente presenti i quattro riding mode dei modelli
precedenti (Sport, Touring da 160 cavalli, Urban
ed Enduro con potenza limitata a 100 cavalli),
configurabili a piacere dall’utente. Le sospensioni elettroniche semi attive DSS Evolution della S,
grazie ai dati raccolti dalla piattaforma inerziale,
sono più efficaci e veloci nel reagire; integrano
tutti i dati ricevuti da controllo di trazione, ABS
e altri sensori posti sul telaio con la IMU, e impostano di conseguenza le tarature più opportune
Quest’ultima è regolabile su due altezze di 820 e
840 mm (ma esiste anche optional a 800/820
mm da terra). Soprattutto è più lunga di 20 mm
e più rastremata di 40 nella zona anteriore; il
risultato è una posizione meno obbligata per il
pilota, che si può spostare in sella con facilità.
Il manubrio a sezione variabile ha una nuova
piega ed è montato su silent-block per ridurre
le vibrazioni. Le pedane sono riposizionate per
agevolare la guida in piedi, con il rivestimento in
gomma antivibrazioni rimovibile per l’uso offroad. La sella del passeggero è più ampia e meno
rialzata e i maniglioni sono inediti, più grandi e
più semplici da impugnare. Il parabrezza resta
regolabile in altezza con una mano sola (ed è più
largo di 4 cm) e sotto la sella si trovano una presa 12v (una seconda è disponibile in zona anteriore) e un connettore USB per il collegamento
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per le funzioni idrauliche delle sospensioni (in
questo caso una forcella rovesciata con steli da
48 mm e un monoammortizzatore, entrambi Sachs con un’escursione di 170 mm). Il peso cresce
di poco nonostante la maggior complessità del
propulsore e delle componenti tecniche: il valore
a secco si attesta fra i 209 e i 213 kg a seconda
dell’allestimento, mentre i pesi in ordine di marcia oscillano fra i 232 della Multistrada 1200 e i
236 della 1200S D-Air (che dispone del sistema
integrato wireless collegato alle giacche con airbag, sviluppato insieme a Dainese). Sono offerti
come optional il cavalletto centrale, le valige integrate e le manopole riscaldate.
Le luci a LED e la
strumentazione TFT
Il DCL (Ducati Cornering Lights), presente sulla
S, capisce quando la moto è inclinata e regola il
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faro full LED per migliorare l’illuminazione all’interno della curva. Sulla S l’elettronica di bordo
viene gestita attraverso lo splendido cruscotto
TFT da 5”, derivato direttamente da quello della
1199 Panigale (sulla base troviamo invece il cruscotto LCD). Resta naturalmente presente l’avviamento keyless, che debuttò proprio su Multistrada quattro anni fa.
I pacchetti Sport, Enduro,
Touring e Urban
La Multistrada 1200 è disponibile in Rosso Ducati, la versione S (esclusa la D|air) è a listino anche con la colorazione Iceberg White. Per tutte i
cerchi sono neri. La nuova Multistrada 1200 può
essere personalizzata con pacchetti che offrono
combinazioni di optional: il Touring Pack comprende le manopole riscaldate, le valige laterali
e il cavalletto centrale; lo Sport Pack include lo
scarico omologato Termignoni e il parafango
anteriore in fibra di carbonio, i tappi dei serbatoi di freno e frizione al manubrio in alluminio
dal pieno; l’Urban Pack ha il top case, la borsa
da serbatoio con il tank lock con USB hub per la
ricarica; l’Enduro Pack offre i fari supplementari
a LED e diversi componenti Ducati Performance
by Touratech (barre di protezione del motore,
protezione per il radiatore, paracoppa di 4 mm di
spessore, base del cavalletto laterale ampliata e
pedane del pilota dalla presa migliore).
La nostra prova su strada
Partiamo dalle conclusioni e vi diciamo subito cos’è rimasto uguale e cos’è cambiato tra la
vecchia e la nuova Multistrada 1200. Uguale è la
furia del Testastretta, che scala il contagiri come
una tempesta. Nessun’altra maxi enduro (o
crossover, chiamatela come vi pare, che ormai
Prove
anche noi facciamo fatica a classificare l’offerta)
vanta un allungo così bestiale agli alti regimi. Di
diverso c’è tutto il resto. Non è un modo di dire,
la Multistrada si svela immediatamente con una
migliore accoglienza del pilota e del passeggero,
che hanno più spazio a disposizione. Purtroppo
Ducati non ha risolto il fastidio dell’interferenza
del piede sinistro col cavalletto centrale, avvertibile se avete le zampe lunghe. La protezione
dall’aria del cupolino (6 cm la sua escursione)
è eccellente anche alle velocità supersoniche di
cui è capace la Multi. Le vibrazioni compaiono
sul manubrio solo ai regimi più alti, dove però
ci si avventura di rado. Ci vogliono infatti spazi
molto aperti per far giocare insieme tutti i 160 i
cavalli della Ducatona. Il motore è ottimamente schermato e non scalda assolutamente le
gambe del pilota. I comandi sono molto morbidi e sono ben fatti i nuovi blocchetti elettrici.
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Permettono di gestire, con pochi tasti, le numerose funzioni di bordo e sono dotati - caso forse
unico - di retro illuminazione bianca. Le plastiche
e le finiture complessive sono curate; si potrebbe migliorare solamente il sistema di regolazione del cupolino, che è sì semplicissimo da usare,
ma presenta una fattura un po’ economica. Sono
belli i comandi del cambio, del freno e le pedane
del passeggero, tutti realizzati in lega leggera. Le
strumentazioni LCD della Multistrada e TFT della
Multistrada S sono ricche di informazioni e ben
leggibili. La seconda in particolare è anche molto
bella, grazie a una grafica elaborata che ricorda i
display da corsa (d’altra parte è la stessa impiegata dalla Panigale). Passiamo ora al motore, che
è condiviso dalle due versioni della Multistrada
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1200. Ha una rumorosità meccanica molto ridotta, mentre il rumore di scarico è rimasto cupo,
ma meno arrogante di prima. La vera sorpresa
arriva in movimento. Il Testastretta è senza ombra di dubbio il bicilindrico desmo più regolare ai
bassi mai prodotto a Borgo Panigale. La doppia
fasatura variabile DVT non ha tolto smalto agli
alti, ma ha reso fluida e dolce la risposta anche
con le marce lunghe nella zona bassa del contagiri. E’ ora possibile affrontare le rotonde anche
in terza o in quarta marcia tra i 1.500 e i 2.000
giri senza che ci siano gli strappi e le irregolarità tipiche del desmo italiano, quando lo si forza
nei sotto-coppia più spinti. Il risultato conseguito
dagli ingegneri della Ducati è semplicemente ottimo; la nuova Multistrada si presta ora alla guida
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Prove
disimpegnata col passeggero con un’andatura
fluida e gentile. Anche i tornanti stretti vengono
affrontati con un ridotto impegno fisico.
Il bicilindrico desmo fino a 4.000 giri è regolare, pur non
vantando la pienezza di certi rivali (BMW e KTM
in particolare). A questo regime avviene però
un cambio di carattere che porta rapidamente
all’accensione di tutte le barre del contagiri elettronico. Seguono 3.000 giri gagliardi, preludio
dell’esplosione di potenza che accompagna il
Testastretta dai 7 ai 10.000 giri. L’allungo della
Multistrada 1200 è incontenibile, qui non ce n’è
davvero per nessuno. Il riding mode Touring è
quello adatto a tutte le occasioni; se si vuole una
risposta brutale basta pigiare il pulsante Sport.
Urban addomestica invece parecchio (forse
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Prove
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troppo) la Multistrada, mentre il mode Enduro
(che esclude l’ABS sulla ruota posteriore) semplifica la vita quando si abbandona l’asfalto.
Sui
percorsi misto-veloci la Ducati procede spedita
e non rende la percezione della velocità a cui sa
spingersi con una facilità e una sicurezza disarmanti. Le Pirelli Scorpion Trail II hanno una resa
perfetta e lavorano in sintonia con i sistemi di
bordo; in particolare abbiamo apprezzato il controllo di stabilità sviluppato con Bosch che permette di dosare la frenata anche a moto in piega.
La nuova ciclistica non ha stravolto la Multi, ma
ne ha affinato il comportamento. L’avantreno regala ora un inserimento ancora più semplice in
curva, ha perso quella reattività che si avvertiva
nella guida più sportiva. Sembra di guidare una
moto col cerchio da 19”, meno brusca nello scendere in piega, ma sempre velocissima nei cambi
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di direzione. Il cambio è leggero e preciso negli
azionamenti, vanta una rapportatura lunga; a 90
km/h il motore gira in sesta a meno di 3.000 giri,
mentre a 130 si è a soli 4.500 giri circa. Nell’extraurbano, anche spingendo forte, si possono
facilmente percorrere oltre 19 km/l.
La frenata
è potente e resistente alla fatica su entrambe
le versioni; l’impianto della S si fa apprezzare
per una migliore modulabilità nella prima parte
di intervento della leva. La Multistrada 1200 S
fa davvero la differenza (tanta, tantissima) nel
comportamento dinamico. Il merito va tutto alle
sospensioni elettroniche semi attive DDS Evolution. Il beccheggio della moto cala drasticamente
nella guida spedita, quando si frena forte in ingresso di curva. In questi frangenti la Multistrada
standard lamenta un affondamento importante
della forcella, mentre la S reagisce con un effetto
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Casco Airoh S5
Giacca Alpinestars Bogotà
Pantaloni Alpinestars
Guanti OJ
Stivali TCX Infinity
SCHEDA TECNICA
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ABBIGLIAMENTO
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Prove
Ducati Multistrada 1200 19.900 euro
Cilindrata 1.198,4 cc
Cilindri 2, V di 90
Disposizione cilindri longitudinale
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alimentazione iniezione
Frizione multidisco
Ride by Wire Sì
Controllo trazione Sì
Mappe motore Sì
Potenza 150 cv - 110 kw - 9.250 rpm
Coppia 13 kgm - 125 nm - 7.500 rpm
Numero marce 6
Capacità serbatoio carburante 20 lt
Telaio Traliccio in tubi di acciaio
Misura cerchio anteriore 17 pollici
Pneumatico anteriore 120/70 17’’
Misura cerchio posteriore 17 pollici
Pneumatico posteriore 190/55 17’’
Peso a secco 212 Kg
anti-dive immediato. Si può così frenare forte sin
dentro la curva; a questo punto il DDS ammorbidisce l’idraulica, restituendo al pilota un fantastico feeling con il terreno. L’assetto della moto
resta imperturbabile anche quando si scaricano
tutti i cavalli. La Multistrada S non si accuccia
sulla sospensione, ma resta ferma come su un
binario. E’ fatta per divertire tra le curve, e ci riesce benissimo. Il nuovo modello ha studiato anche le buone maniere: digerisce le buche e - chi
l’avrebbe mai detto? - se ne va a zonzo a regimi
da diesel senza battere un colpo. Allarga di fatto
il suo range di utilizzo, che spazia dalla guida da
single sui passi di montagna ai viaggi in coppia
con la voglia di gustarsi il panorama.
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Kawasaki Vulcan S
PREGI
Facilità, peso e motore
DIFETTI
Freno posteriore e strumentazione
Prezzo 6.890 €
PROVA SU STRADA
KAWASAKI
VULCAN S
La Casa di Akashi presenta la sua cruiser entry-level,
forte di un bel motore da 650 cc e diverse regolazioni
“per mettersi comodi”. Una moto per tutti, che punta
ai nuovi biker e a chi vuole una custom poco
impegnativa. Interessanti i prezzi, che giustificano
qualche lieve lacuna estetica: 6.890 euro per la
versione base, 7.290 per quella con ABS
di Cristina Bacchetti
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Prove
Media
D
urante la progettazione della
nuova Vulcan S, i tecnici giapponesi hanno pensato per prima cosa a mettere a proprio
agio il guidatore. Non hanno
solo creato quindi una moto
dall’ergonomia facile e confortevole, ma addirittura personalizzabile. La posizione delle pedane,
ad esempio, è regolabile su tre opzioni: standard,
25 mm avanti per i più alti o per chi preferisce
una guida più rilassata, 25 mm indietro per sentirsi più sicuri stringendo meglio il serbatoio tra
le gambe o semplicemente per chi non è dotato
di gamba particolarmente lunga. Due centimetri
e mezzo che fanno decisamente la differenza
(chi scrive sfiora il metro e settanta e la regolazione standard è decisamente azzeccata) così
come la brillante idea di personalizzazione della
seduta. La sella, posta a soli 705 mm da terra,
e il peso piuma (225 kg in ordine di marcia per
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la base, 228 con ABS) completano il pacchetto
“ facilità di guida”. E anche per sella e manubrio
non mancano le possibilità di customizzazione:
tra i tanti accessori proposti troviamo anche una
seduta più bassa e un manubrio che si avvicina
di 44 mm al conducente, optional da tenere in
considerazione se non si è proprio dei Watussi, in
quanto quello standard potrebbe effettivamente
risultare un po’ distante. Anche le leve di freno e
frizione sono regolabili su cinque posizioni.
Il motore, pronto e dolce
Il propulsore che spinge la Vulcan S è il collaudatissimo bicilindrico parallelo da 649 cc che
già equipaggia Er-6n e Versys: otto valvole, raffreddato a liquido, ovviamente rivisto e messo
a punto per risultare facile e complice in ogni situazione. Spunto e ripresa sono brillanti ad ogni
regime, l’erogazione lineare ma sempre pronta;
anche in sesta marcia e a basso numero di giri
ruotando la manopola del gas si può costantemente contare su una risposta immediata del bicilindrico. Tutto a favore di una guida sicura, ma
al contempo divertente. Dimostrazione che non
sempre servono enne-mila cavalli per godersi la
strada, tant’è che il claim proposto da Kawasaki
per questa moto è No-speed-fun bike. Claim veritiero per metà dato che, da placida e sorniona
easy bike, la Vulcan non esita a tirar fuori un bel
po’ di grinta se si strapazza a dovere la manopola
del gas. Sono 61 i cavalli disponibili a 7.000 giri,
63 i Nm a 6.600 giri; pochi per gli smanettoni più
incalliti che di sicuro storceranno il naso, più che
sufficienti e godibili per chi ama questo genere di
moto dalla bassa seduta e velocità.
Il telaio, tutto nuovo
A racchiudere il già conosciuto bicilindrico troviamo un telaio tutto nuovo, pensato e progettato su misura per la Vulcan e per la sua linea
dal baricentro decisamente low. Si tratta di un
perimetrale in acciaio ad alta resistenza con posteriore monoscocca, che favorisce il posizionamento centrale di tutti i componenti della moto.
Azzecatissimi altresì il mono disassato e lo scarico sottopancia, altre linee fondamentali che vanno a contribuire alla riuscita del design compatto
e robusto della Vulcan.
Diamo i numeri
Per quanto riguarda le sospensioni troviamo,
all’anteriore, una forcella telescopica dal diametro di 41 mm e, al posteriore, un mono laterale
regolabile su sette posizioni. L’impianto frenante
si affida a due dischi singoli, da 300 mm all’anteriore – doppio pistoncino - e 250 mm – un solo
pistoncino - al posteriore. L’ABS Bosch è disponibile come optional. I cerchi in lega, a cinque
razze doppie, misurano rispettivamente 18 e 17
pollici e calzano pneumatici da 120/70 e 160/60.
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Il serbatoio ha una capacità di 14 litri; i consumi
non sono stati dichiarati, ma Kawasaki assicura
un risparmio di carburante del 5% rispetto alla
Er-6n model year 2014. La strumentazione visualizza su un piccolo display LCD l’indicatore
del livello carburante, tachimetro digitale, orologio, contachilometri, doppio parziale, indicatore
dell’autonomia, indicatore dei consumi istantaneo e medio e indicatore di guida economica. Il
contagiri è di tipo analogico e posto al di sopra
del display.
Come va su strada la
nuova custom
Bando ai numeri e alle finezze tecniche, che non
si addicono granché ad una moto che si propone anzitutto come piacevole compagna di guida. Saltiamo in sella per raccontarvi come va.
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E purtroppo lo facciamo sotto a un bell’acquazzone che non ci ha abbandonati per tutta la giornata di prova, condizione non ottima per godersi
la moto, ma sicuramente perfetta per metterla a
dura prova tra le sinuose strade dell’Andalusia.
Analizziamo quindi il tanto decantato comfort e
dobbiamo subito ammettere che ad Akashi hanno fatto davvero un gran lavoro: la sella è bella imbottita, comoda, scavata ed ergonomica; un po’
più sacrificata la porzione riservata al passeggero, quindi se volete ospitare la donzella è consigliato l’acquisto del poggiaschiena proposto tra
gli accessori disponibili. Anche un bel parabrezza, visti freddo e pioggia, l’avremmo montato volentieri. Kawasaki ne offre due come optional, di
diverse dimensioni. La moto che proviamo è in
configurazione “corta”, ovvero con le pedane più
vicine, ma sella e manubrio sono quelli di serie;
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durante le poche ore di sole concesse il giorno
seguente dal meteo andaluso abbiamo avuto
modo di provare anche la versione standard,
con le pedane quindi posizionate al centro e ci
è sembrata di certo il giusto compromesso per i
guidatori di media statura. In ogni caso la Vulcan
mette subito a proprio agio chi la guida anche
se, a dirla tutta, ci saremmo aspettati una mole
meno importante per una seiemmezzo. Ma in
Kawasaki volevano darle un’aria da “moto vera”
e non da piccola entry-level, pur mantenendo un
peso contenuto e una grande semplicità di guida.
Beh, missione compiuta: anche le finiture non
tradiscono il suo posizionamento di entry-level,
solo non ci sono piaciute le pedane un po’ troppo
grezze e la forse eccessiva semplicità di blocchetti al manubrio e strumentazione, che la rendono al primo colpo d’occhio “poco accogliente”.
Prove
Per il resto la linea può piacere o meno; noi l’abbiamo trovata assolutamente piacevole, moderna e ben fatta. Il rombo del motore non è quello
delle concorrenti americane, il vocione del bicilindrico si fa più importante solo attorno ai 6.000
giri, ma con un bello scarico aftermarket siamo
certi che si risolverebbero anche le esigenze degli amanti del sound più “cattivo”. Il primo tratto
del nostro test si svolge sulle splendide alture
che svettano a picco sulla costa andalusa, quindi
un bel percorso montano, fatto di ampi tornanti e curve veloci. Non il terreno ideale per una
piccola custom che si propone, tra l’altro, principalmente per un utilizzo urbano. Anche la lunghezza dell’interasse non è dalla sua e ci fa pensare che non sarà così semplice farle disegnare
a dovere le curve (bagnate!) della strada che ci
para dinnanzi. Niente di più sbagliato: anche in
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questo caso la Vulcan ci stupisce per la maneggevolezza e per la disinvoltura con cui affronta
saliscendi tortuosi, con una buona luce a terra e
forte di una gommatura che ben si comporta anche sull’asfalto scivoloso. Non ci stanchiamo di
dirlo: sempre gradito l’ABS, per nulla invadente
ma utile tanto in città quanto in situazioni meno
urban come quella teatro della nostra prova. A
proposito dell’impianto frenante, da segnalare
la perfetta modulabilità dell’anteriore contro un
posteriore un po’ spugnoso e blando nel primo
tratto di corsa del pedale. Altra lode doverosa va
alla leva della frizione, regolabile e morbidissima,
complice di un cambio per nulla rumoroso, dolce e preciso negli innesti. Le sospensioni hanno
un settaggio soft votato al comfort e al viaggio,
ma non si scompongono nemmeno se si azzarda
una guida più briosa e ricalcano perfettamente
ogni asperità del terreno senza quindi mettere
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Prove
a repentaglio la beatitudine del fondoschiena
del guidatore, cosa invece abbastanza comune
su moto di questo segmento. Anche il propulsore si comporta alla grande e non teme errori
di innesto della marcia o difficoltà di ripresa in
salita: il bicilindrico è sempre pronto e scattante, senza mai diventare nervoso o difficile da gestire. Per terminare al meglio la giornata fatta di
centinaia di chilometri sotto al diluvio portiamo
la nostra Vulcan a farsi un bel giretto (sempre
bagnato) in autostrada, dove abbiamo avuto
modo di apprezzarne anche la stabilità a velocità più sostenute, la totale assenza di vibrazioni
sia la manubrio che sulle pedane e la posizione in
sella che affatica solo dopo molti chilometri. Chi
non ama le pedane avanzate potrebbe a lungo
andare risentirne e ricorrere quindi al classico
trucchetto dell’utilizzo di quelle del passeggero!
Con le borse disponibili come optional e un bel
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Casco Suomy
Giacca Spidi Cafè Race
Jeans tecnici Spidi Furious
Guanti Spidi Lady
Scarpe TCX X-Street
SCHEDA TECNICA
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Prove
Kawasaki Vulcan S 6.890 euro
Cilindrata 649 cc
Cilindri 2
Disposizione cilindri trasversale
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alimentazione iniezione
Frizione multidisco
Potenza 61 cv - 45 kw - 7.500 rpm
Coppia 6 kgm - 63 nm - 6.600 rpm
Numero marce 6
Capacità serbatoio carburante 14 lt
Telaio Perimetrale, acciaio ad alta resistenza
Misura cerchio anteriore 18 pollici
Pneumatico anteriore 120/70R18M/C 59H
Misura cerchio posteriore 17 pollici
Pneumatico posteriore 160/60R17M/C 69H
Peso a secco 225 Kg
parabrezza la Vulcan può senza dubbio essere presa in considerazione per gite e weekend
fuoriporta. In città, tra frequenti stop&go e nel
traffico, si destreggia disinvolta e si presta quindi
anche per il semplice tragitto casa ufficio, con un
buon raggio di sterzata e senza la possibilità di
ritrovarsi con lo sterzo che chiude - e spiacevoli
conseguenze - o in difficoltà durante le manovre
di parcheggio. La Vulcan S ci è piaciuta, e molto:
è una moto ben pensata e ben realizzata, dove
i difetti vanno davvero ricercati col lanternino e
che promuoviamo dunque a pieni voti. Anche il
prezzo è allettante e in linea con le concorrenti:
6.890 euro, 400 euro in più per l’ABS. La Kawasaki Vulcan S è già nelle concessionarie in tre
colorazioni disponibili: il classico nero opaco con
richiami verde Kawa su serbatoio e cerchi, il modaiolo bianco e un originale viola metallizzato.
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Media
non manca la targhetta celebrativa, applicata sul
serbatoio, che sottolinea l’edizione speciale. Arrivata nel 1994 con la sigla T309, la Speed è stata
la prima a fondere linee roadster con spirito sportivo. Nel 1997 la rivoluzionata versione T509 si distingueva per il telaio d’alluminio dall’inconsueto
disegno, per il forcellone monobraccio e che per
i due fari rotondi che sarebbero diventati la firma
stilistica della Speed. Le nuove Speed vanno in
vendita ad aprile al prezzo di 12.390 euro franco
concessionario, la versione 94, e di 14.300 euro
News
per la 94R. Fortunatamente per noi si tratta di
prezzi inferiori a quelli praticati da Triumph nel
Regno Unito.
Disponibile fra gli accessori dedicati, i silenziatori
slip-on e lo scarico completo tre in uno “low-boy”,
sviluppato in collaborazione con Arrow, i sensori
di pressione dei pneumatici con l’apposita spia
inclusa nel quadro, una gamma di borse morbide
e le selle in gel.
Non mancano anche capi d’abbigliamento firmati Speed Triple Limited Edition.
TRIUMPH SPEED 94 E SPEED 94R
21 ANNI DOPO
Due nuove versioni anniversario della Speed Triple, che quest’anno
compie 21 anni. Versioni speciali che si distinguono dai modelli
standard nei colori e nelle finiture. Arrivo e prezzi
R
isale al 1994 la prima Speed Triple, la
streetfighter inglese siglata T309 che
ha dato un nuovo volto alla categoria
naked. Triumph ha annunciato oggi
che arriveranno a breve in vendita due edizioni
speciali dell’attuale Speed Triple, due versioni
anniversario che si chiamano Speed 94 e Speed
94R. Le novità sulla Speed 94 riguardano le colorazioni (Racing Yellow oppure Jet Black), il telaietto posteriore con finitura grafite, i silenziatori
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rivestiti di nero, copriradiatore e coprisella posteriore in tinta, tappo rifornimento, cupolino e
puntale sottomotore neri. La colorazione yellow
prevede i filetti in giallo sui cerchi. La Speed 94R
riceve le stesse variazioni cromatiche della “94”
ma ha sospensioni Ohlins (forcella NIX30 da 43
mm e mono TTX36) totalmente regolabili, pinze
radiali Brembo monoblocco anteriori e pneumatici Pirelli Supercorsa SP. Nessuna novità per il tre
cilindri in linea da 135 cv. Su entrambe le versioni
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posizionamento del compressore davanti al
motore, sotto al radiatore, per contenere il più
possibile la distanza dalle turbine e collocare
quest’ultime più a monte possibile nell’impianto di scarico e ridurre al minimo il Turbo-lag.
Proprio il ritardo nella risposta (che non affligge
soluzioni come il compressore centrifugo impiegato ad esempio da Kawasaki su H2/H2R)
è stato il problema più sentito nella precedente
generazione di propulsori sovralimentati; il problema dovrebbe venire attenuato se non risolto
da questo schema tecnico unito, ovviamente, ad
News
una sofisticata gestione elettronica.
Curiosamente, i disegni mostrano sovrastrutture molto diverse da quelle del concept e che ricordano invece in qualche modo le linee delle TL
di fine anni 90.
Come sempre la cosa non è indicativa: i brevetti
solitamente puntano espressamente a confondere le acque. Considerando anche il recente
deposito dei marchi Katana e Gamma da parte
della Casa di Hamamatsu ci aspettiamo una linea
sì ispirata al passato di Suzuki, ma un po’ più remoto…
SUZUKI
BREVETTA LA SUA TECNOLOGIA TURBO
di Edoardo Licciardello | Sempre più vicino a sbocchi nella produzione
di serie il concept Recursion visto al salone di Tokyo 2013
C’
è fermento in quel di Hamamatsu. Dopo un certo immobilismo negli ultimi anni, Suzuki
sta lavorando duro a diverse
novità che potrebbero rivelarsi piuttosto entusiasmanti: qualche giorno fa vi abbiamo parlato
della distribuzione a fasatura variabile applicata
al bicilindrico della V-Strom, stavolta è il turno
della sovralimentazione proposta sul concept
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Recursion presentato al Salone di Tokyo 2013.
Un brevetto recentemente depositato conferma
come Suzuki stia lavorando in ottica di trasformare il concept in un modello di serie, anche
se ancora piuttosto lontano dalla produzione: i
disegni mostrano infatti diverse possibili soluzioni per il posizionamento di componenti come
l’intercooler o il disegno dell’airbox. Quello che
invece dovrebbe essere ormai consolidato è il
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News
BIMOTA
PRESENTA LA BB3 TTROFEO
In occasione della partecipazione al TT la Casa romagnola
presenta un’edizione speciale con livrea tricolore
P
er sottolineare l’importanza della partecipazione di Ben Wyle (importatore
Bimota per il Regno Unito) al TT la
Casa romagnola ha annunciato una
versione speciale della BB3, la TTrofeo. La moto
avrà una livrea con i colori del tricolore italiano
e il logo del Tourist Trophy. Ovviamente sulla
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fiancata sarà in bella mostra anche il fregio
“TTrofeo” che la distinguerà dalle altre versioni
della punta di diamante della gamma Bimota. Il
debutto ufficiale è avvenuto lo scorso fine settimana al Manchester Bike Show, non è ancora
stato precisato quando sarà disponibile per il
pubblico.
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MERCATO A MARZO
MOTO IN ATTIVO, MA SCOOTER GIÙ
LE TOP 100
di Maurizio Gissi | Le immatricolazioni di marzo hanno visto le moto a
+6,2%, mentre gli scooter hanno peggiorato il dato negativo di febbraio
portando le vendite totali a -8,5%. Il primo trimestre chiude a -2,1%,
sempre per la sofferenza degli scooter. Yamaha Tracer moto più venduta
L
e immatricolazioni di marzo hanno
raggiunto le 16.508 unità, peggiorando il dato di dodici mesi prima con un
-8,5%. Va però osservato che marzo
2014 aveva ottenuto un eccellente incremento
sullo stesso mese del 2013: +28%, con le moto a
+14,7% e gli scooter addirittura a +39,6% e marzo del 2013 aveva a sua volta accusato una per34
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dita del 47,8%. Insomma, il mese di marzo sembrerebbe risentire più di altri periodi l’influenza
di fattori incostanti, come la disponibilità di nuovi
modelli, la presenza di promozioni e le stesse
condizioni climatiche. Sta comunque di fatto che
il mese di marzo appena concluso ha confermato
la ripresa del segmento moto e il calo di quello
scooter che si erano visti a inizio anno. Con 7.774
Attualità
unità, le moto sono a +6,2% rispetto a marzo
2014; gli scooter sono invece passati da 10.633 a
8.734 unità accusando un -18,5%. La somma di
moto e scooter dà quindi un risultato di -8,5%. Se
si aggiungono i cinquantini, appena 1.824 nuove registrazioni e una perdita del 25,4%, il dato
peggiora ulteriormente. Marzo pesa circa l’11%
sulle vendite dell’anno A febbraio di quest’anno
le moto erano cresciute del 7,3%, mentre gli scooter erano calati del 3,5%, con un saldo mensile
di +1,4%. Gennaio, per chiudere il quadro, aveva
registrato un totale di +10,2%. Corrado Capelli,
presidente Ancma, sollecita alcuni interventi di
sostegno: «Oggi più che mai diventano urgenti
tutti gli interventi necessari per ridurre i costi di
gestione che per le due ruote significano prima
di tutto una riduzione significativa delle tariffe
assicurative . A questo si possono aggiungere
esenzioni dalla tassa di proprietà per i primi 3
anni, considerando che le due ruote presentano
mediamente livelli di emissione di CO2 molto ridotte».
La Top 50 Scooter a febbraio
La Top 50 Moto di marzo 2015
La Top 100 Moto del
primo trimestre
La New entry Yamaha Tracer strappa a marzo la
prima posizione in classifica alla BMW 1200 GS,
la moto che deteneva il primato della più venduta
non da mesi ma da anni. E per scalzare un’icona
così forte come la boxer tedesca serviva un mezzo altrettanto importante in termini di contenuti
e, fatto non secondario, con una quotazione notevolmente inferiore. La Tracer ha di fatto rubato
spazio alla Honda NC-X, che ha nel mese di marzo ha venduto quanto la MT-07 – altro successo
targato tre diapason – e poco più della costosa
1200 GS Adventure. La Ducati Scrambler è la prima italiana in classifica e si piazza al sesto posto
davanti a un’altra Yamaha, la MT-09. La top ten
è chiusa dalla Kawasaki Z800 e dalla nuova Versys 650, seguita dall’altra novità BMW R 1200
R. Poiché le super sportive si vendono bene già
all’inizio della stagione, la Ducati 1299 agguanta
l’undicesima posizione in generale, precedendo
la nuova Multistrada.
Nessuna sorpresa nella classifica mensile degli
scooter, a parte l’inserimento del nuovo T-Max
nel solito terzetto Honda SH. Anche se è probabile che con l’arrivo del rinnovato SH 300 il terzo
posto in classifica sarà più incerto. Per il resto si
conferma il monopolio dei modelli a ruote alte
nelle prime 15 posizioni in classifica.
La Top 100 assoluta del trimestre
La chiusura del primo trimestre vede l’immatricolato totale a 35.638 unità (erano state 36.250
un anno fa), con una calo pari a -2,1%. Le moto
sono in realtà aumentate passando da 15.245
a 16.366 unità, registrando un +7%, mentre gli
scooter sono calati passando da 21.005 a 19.272
con un decremento pari a -8,7%. Il dato trimestrale per i ciclomotori è sempre negativo con
4.497 registrazioni pari al -20,9%. Il primo trimestre del 2014 aveva visto le moto a +12,4% e
gli scooter a +13,2% rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente.
Da gennaio a marzo la classifica vede ritornare
al primo posto la BMW 1200 GS, che è arrivata in
vendita prima della Tracer anche se quest’ultima
ha potuto beneficiare delle immatricolazioni fatte per i mezzi demo delle concessionarie.
Da rilevare anche il terzo posto della GS Adventure che è stata rinnovata per la stagione 2014 e
continua a vendere molto bene.
Segue il podio, da vicino, la Honda NC-X che
a sua volta precede MT-07 e la nuova arrivata
Scrambler targata Ducati.
Altre tre novità 2015, Versys 650, Crossrunner e
R 1200 R, chiudono la prima decina.
La H-D 883 è la prima custom il classifica e la
Panigale è prima fra le sportive. Per conoscere
il successo di altre novità 2015 bisognerà aspettare ancora un po’ di tempo perché in alcuni casi
sono arrivate da poco in vendita.
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Attualità
le preferenze si polverizzano. Il maxi scooter Yamaha T-Max occupa la terza posizione, mentre
Honda Integra, altra grossa cilindrata per il segmento, è all’ottava piazza: segno che il pubblico è
disposto a pagare la qualità e l’unicità. Passando
alle classi di cilindrata si nota la tenuta dei modelli 125: sono 6.467 unità per un -0,3% sopra la
media del comparto. Perdono terreno i 150-250
(5.098 pezzi e -12,2%) e i 300-500 (5.754 unità
e -18,5%). I maxi-scooter, con 2.023 immatricolazioni - pari ad un incremento del 10,4% rispetto all’anno scorso - sono gli unici a crescere. Ma
l’anno scorso avevano conosciuto una decisa
contrazione delle vendite.
Guarda tutte le classifiche
Le naked sempre più su
Ferma restando la classificazione dei modelli per
tipologia non sempre coerente, ma raffrontabile
comunque mese per mese., va notato il superamento patito dalle enduro stradali dalle naked. A
marzo, con 5.800 unità e un +28,6%, le naked
hanno superato le enduro stradali che si sono
fermate a 5.545 unità, pari al -4%. Seguono a
distanza le custom con 1.757 vendite, e un buon
+10%, le moto da turismo con 1.357 moto e un
-3,5%. Più significativo il recupero per le sportive
con 1.072 pezzi e un +23,1% e infine le supermotard in flessione pesante con 452 moto e un
-32,5%.
Piacciono sempre grosse
ma anche un po’ meno
Nella suddivisione per fasce di cilindrata, sono
ancora le moto oltre il litro – grazie alle enduro
stradali essenzialmente – le più gettonate, ma
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le medie si avvicinano sulla spinta di alcune novità come l’inedita Tracer di Yamaha. I maggiori
volumi sono appannaggio delle moto superiori ai
1000 cc con 5.271 unità (con una leggera flessione dell’1% però), seguono i modelli tra gli 800 e
1000, che sono in forte aumento con 4.634 unità
e un +30,4%. Le medie cilindrate, da 600 fino
a 750, con 3.097 moto mostrano un consolidamento pari al +4,7%. Flessione delle cilindrate
tra i 200 e i 500 cc con 2.418 pezzi e un -6,8%.
In leggera ripresa le ottavo di litro con 883 moto
vendute che valgono un +7,7%.
La Top 100 Scooter del
primo trimestre
Le posizioni in classifica dei primi tre mesi del
2015 sono del tutto simili alla classifica di marzo.
Da rilevare che i modelli più venduti occupano
le prime quindici posizioni, con il ripetersi delle
marche Honda, Piaggio, Yamaha e Kymco, poi
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I SEMI-MANUBRI
A TUTTI I COSTI
di Alberto Capra | Quando le mode impongono sacrifici
davvero disumani, solo i veri fighetti entrano in gioco
I
l motociclista fighetto, come abbiamo visto, è del tutto insensibile al variare delle
temperature – cosa che gli consente di
indossare come nulla fosse il suo amato
giubbotto di pelle tutto l’anno. Questa, tuttavia,
non è l’unica cosa che lo contraddistingue. Il vero
motociclista fighetto, ad esempio, è pure disposto a sacrificare qualsivoglia conquista tecnica,
raggiunta in anni e anni di sviluppo motociclistico, sull’altare dell’estetica. Così, se da decenni
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oramai neanche il più integralista dei costruttori
si sognerebbe di realizzare una moto con un telaio rigido, per conquistare i galloni di duro e puro
sembra non sia davvero possibile esimersi dallo
spaccarsi il fondoschiena a bordo di un hardtail
come una volta. Volete mettere una bella sparata
su una Bonneville a telaio rigido? Non vi sembra
perfetta per il pavé di Milano? Un irrefrenabile maschismo che pare aver contagiato anche
gli amanti delle café racer e, con loro, i grandi
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marchi che al traino stanno cercando di assecondare le richieste delle nicchie di mercato
venutesi a creare negli ultimi anni. Il feticcio, in
questo caso, sono i semi-manubri. Non esiste infatti moto, appartenente a tutto un certo mondo
del fighismo motociclistico contemporaneo, che
non pretenda il suo tributo di bestemmie con l’adozione di una coppia di inclinatissimi, spioventissimi e scomodissimi semi-manubri. Certo, le
café racer li utilizzavano davvero e, se ci si vuole
ispirare a quel mondo, si tratta di un elemento
imprescindibile, dal punto di vista estetico. Tuttavia dagli anni ’60 ne è passata di acqua sotto i
ponti, e fra le varie cose che abbiamo capito c’è
anche che, forse, la moto è più bello guidarla con
un manubrio che dia veramente la possibilità di
controllare a dovere ciò che si sta facendo. Eppure i semi-manubri non sono scelti soltanto quale
omaggio stilistico ad un determinato periodo,
ma sono spesso utilizzati – come spesso accade
quando qualcosa diviene di moda – in maniera
del tutto inopportuna, greve, esagerata, esibizionista. Selle lontane lontane, un serbatoio lungo
così, un motorino magari di poco conto, velocità modeste, e due manubrini, là in fondo, che
Costume
neanche un giocatore di basket ci arriverebbe
tranquillamente. Belle, per carità, le moto così,
ma ogni volta che ne vedo una non posso fare a
meno di domandarmi: e con questa chi è che ci
va in giro? Eravamo riusciti a liberarci delle sedute da fachiro persino sulle ipersportive – ricordate? per quanti anni abbiamo letto che le nuove
moto da pista avevano posizioni più raccolte,
manubri meno spioventi? – e ora i ci rientrano
dalla finestra con gli interessi. Già perché le tendenze dettate dal mondo special stanno influenzando anche i prodotti destinati alla grande serie, col risultato che i semi-manubri sono tornati
a fare capolino, nelle vetrine dei concessionari,
anche fra moto che nulla hanno a che vedere con
la pista – l’unico contesto in grado di giustificarne l’adozione. Un noto costruttore, ad esempio,
ha proposto di recente una versione café racer
di una stradale ispirata agli anni ’70. Vero è che
il motociclista fighetto è per definizione bello e
pure alto ma, a me, per guidarla, servirebbero un
paio di prolunghe. Possibile non vadano mai di
moda le cose comode? Tutti con un bel C1, pensate che bello! Qui chiuderemmo la rubrica, ma
poi sai quanta strada senza sbattimenti?
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clienti. Dopo aver scelto il compromesso migliore
tra prezzo, condizioni e tipo di trasporto (volevo un carrello chiuso) e feedback, ho accettato
l’offerta di una piccola ditta dell’Oregon. Il pagamento avviene immediatamente ma non direttamente al fornitore bensì al sito, che in cambio
ti rilascia un codice: questo codice va poi dato
al fornitore dopo che ti ha consegnato la moto
e dopo aver verificato che tutto è in ordine. C’è
anche una app per iPhone e Android sulla quale
seguire quotidianamente con il GPS dove si trova la tua spedizione, perfetto! La “Valorosa” mi
è stata consegnata in una settimana, da quella
che ho poi scoperto essere una coppia di simpaticissimi ed attempati ex hippie, i quali passano
On the road
l’anno in giro per gli USA trasportando ogni genere di prodotti destinati a privati.
Quando mi hanno scaricato la moto avevano sul
carrello due canoe ed altre due moto, ma mi hanno detto che spesso trasportano automobili, jet
ski, piccole barche, biciclette, tavoli da bigliardo
e un sacco di altre cose che la gente compra in
giro. Ma insomma, vi chiederete, alla fine quanto
ho speso?
La bellezza di 539 dollari incluse le fee (commissioni) del sito… tanto che con parte del denaro
risparmiato ho deciso di regalare alla mia bella
una nuova serie di dischi frizione, un piatto spingidisco con molle rinforzate, un cambio d’olio e
un nuovo filtro dell’aria.
RIDE IN THE USA
VUOI SPEDIRE LA MOTO? FAI UN’ASTA!
di Pietro Ambrosioni | Un ingegnoso sistema di selezione
dei trasportatori oltreoceano per spedire di tutto
D
opo aver cercato ancora per un po’
la moto ideale da tenere qui in California ho capito che c’erano poche
speranze: le alternative erano spendere un sacco di soldi per un usato seminuovo
oppure comprare qualche rottame arrugginito
per una cifra attorno ai 1000 dollari. A questo
punto mi sono chiesto quanto sarebbe costato
spedire la mia Honda PC800, che per me rimane
la “moto perfetta”, da Atlanta e come avrei potuto
trovare chi me la portasse qui. La risposta è stata
40
semplicissima: un sito che si chiama uShip.com.
Ho messo il mio annuncio specificando marca
e moto della moto e il periodo in cui volevo che
mi venisse consegnata e in meno di un’ora sono
iniziate ad arrivare le offerte da vari trasportatori. Il sito funziona un po’ come una casa d’aste,
nel senso che ti vengono fatte varie offerte e tu
accetti quella migliore in base non solo al prezzo
ma al tipo di pagamento e alla reputazione del
fornitore, che viene rigorosamente determinata in base al feedback (recensioni) lasciato dai
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I RACCONTI DI MOTO.IT
“MOTOCICLISTI TRAUMATIZZATI”
di Antonio Privitera | È sentire comune che si possa paragonare la
motocicletta a una bella donna. Una compagna per la quale si è pronti
a fare follie
«
Gentili signori, buongiorno». Piccolo colpo di tosse, Centro Congressi
Milano, settembre 2016.Lascio tre
secondi di silenzio, una semibreve,
poi continuo:
«È sentire comune che si possa paragonare la motocicletta ad una bella donna. E come
una donna il motociclista la immagina e la
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desidera slatentizzando tutte le voglie annidate nella propria immaginazione fin dagli anni
dell’adolescenza, rivelatrici dei caratteri della
sua partner ideale o comunque dell’oggetto dei
suoi desideri: una bella donna spesso capricciosa, talvolta, mi si perdoni il termine da galera, un
po’ puttana e trasgressiva. Una compagna per la
quale si è pronti a fare follie; una femmina di cui il
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motociclista sogna di svelare ogni grazia e con la
quale fantastica di intraprendere una reciproca e
intima conoscenza che evolve, talvolta, persino
in ossessione.
«Fin dal giorno dell’acquisto la motocicletta subisce una serie di trasformazioni, materiali e immateriali, agli occhi del suo padrone per poi perdere
ogni connotato passionale nel momento in cui lo
stesso centauro avvertirà l’esigenza di cambiarla e lì, a giustificazione del gesto niente affatto in
linea con tutti gli amorevoli comportamenti che
hanno sostenuto anni di convivenza, subentrerebbero presunte cause razionali autoingannanti
a motivare lo sbocciare di una seconda passione
ancora più capricciosa e insostenibile per un’altra motocicletta. Nel caso in esame, la vecchia
moto della quale fino a pochi mesi addietro si
magnificava ogni aspetto viene sostituita con
un’altra anche radicalmente diversa, arrivando a dichiarare pubblicamente non solo essere
quest’ultima proprio quella sempre desiderata
ma pure che il processo di acquisto della nuova
cavalcatura è sorto da una riflessione matura e
consapevole frutto dell’esperienza stratificata.
Bugie, solo menzogne. In questo caso la passione per la motocicletta e il desiderio di appagamento hanno spinto verso un comportamento d’acquisto quasi compulsivo. «Il paragone
moto-donna è talmente banale, direi scontato,
da non scandalizzare o sorprendere più nessuno: ciò giustifica agli occhi dell’opinione comune
tutti quegli atteggiamenti radenti la maniacalità
che il motociclista mette in opera: pensiamo al
rito domenicale del lavaggio spugna in una mano
e WD-40 nell’altra, per esempio; e della muta
contemplazione nella penombra del garage, ne
vogliamo parlare? Vogliamo, in questa sede,
tralasciare per pudore il fatto che i fuoristradisti
godono nel vedere la propria moto sporca di fango dopo una domenica passata tra le colline e i
guadi, mentre i velocisti farebbero le fusa sulle
spalle degli pneumatici scabrose e piene dei riccioli di gomma accumulati dopo quattro turni in
pista? No, non si può. Sono atteggiamenti comu-
La lettura
ni, comportamenti rivelatori di una passione e di
un intimo piacere che, tuttavia, se fossero rivolti
verso lo strumento del proprio lavoro come una
zappa o una cassa, un bancone da ferramenta,
oppure verso i libri dai quali gli studenti traggono
gli insegnamenti necessari alla loro affermazione
futura, sarebbero giudicati o folli o insani.
«Come sappiamo, i luoghi comuni si sprecano
quando si ha la presunzione di indagare sul perché il motociclista ami e desideri la propria motocicletta. Ma non dobbiamo, signori colleghi, fare
l’errore di confondere la causa con il sintomo; la
passione per la moto ha radici molto meno banali
di quanto si pensi e considerare l’attaccamento
verso il concetto di motocicletta causato dalla
passione verso la stessa, lungi dall’essere vero,
non ci consente di considerare le cose obbiettivamente: la passione è una malattia scatenata
da qualcos’altro; la passione per la motocicletta
compensa e sostituisce alcuni bisogni primari
dell’uomo ed è dovuta a traumi più o meno radicati nell’io più profondo di ogni motociclista.
Ed è su questo che mi voglio concentrare oggi:
sulle cause della passione. Non c’è passione senza trauma». Continuo così per altri cinquanta minuti, regalo le mie perle di saggezza a questo auditorio di progettisti e di dirigenti, di uomini che
cercano di intercettare le aspirazioni e i desideri
di altri uomini pensando che da questo dipenda il
futuro della loro azienda e il loro personale successo di manager, di progettista o di designer.
Tutti vogliono la mia opinione sul perché la moto
sia un oggetto emozionale e su come fare per instillare la passione per la motocicletta e su come
rinnovarla con sempre nuove declinazioni del
medesimo concetto.
Li accontento svelando loro che il mezzo che permette di trasferire la passione è il trauma percepito come privazione di qualcosa. Te lo porti dietro tutta la vita, cerchi sempre di colmare quella
mancanza, nella vana ricerca di un obiettivo di
serenità e dolcezza che si sposta sempre un po’
oltre ma non ne comprendi le cause e continui a
pensare che le tue passioni ti porteranno oltre il
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tuo mondo e verso la felicità, magari momentanea ma sempre meglio che niente, sempre meglio che non desiderare niente.
Finita la conferenza metto il cappotto ed esco
a piedi, da solo. Non riaccendo il telefono, ceno
in solitudine nel ristorante all’angolo della strada, poi torno al mio albergo che dista solo poche
centinaia di metri.
- Il dottor Schaub? – chiede il receptionist.
- Sono io.
- C’è un biglietto per lei.
Un altro. È il quinto oggi, sono esasperato. Prendo la busta; spesso ricevo delle minacce di morte.
Il giovane receptionist mi chiede se va tutto
bene, deve avere notato un mio moto di disperazione. No, grazie, non ho bisogno di aiuto. Metto
un’altra semibreve di silenzio, poi crollo, ho bisogno di sfogarmi.
- Lei non lo sa chi sono…
- Lei si chiama Schaub, mi sembra…
- Ha ragione, il mio nome può anche non dirle
nulla. C’è gente, invece, che mi conosce e odia
per il frutto delle mie ricerche tra medicina e
marketing relazionale. Sono un medico, genetista nella fattispecie.
- Posso aiutarla? Vuole sedersi?
È sera e l’albergo non è particolarmente affollato,
con molta gentilezza il receptionist mi accompagna nella hall, fino ad una poltrona. Mi siedo e lo
incalzo.
- Ha mai sentito parlare del Progetto Genoma
Umano? Beh, è la completa mappatura dei geni
dell’uomo ed è stata pubblicata nel 2003, da
quella data i miei studi hanno preso una direzione inaspettata: lavorando ad una proteina ho,
quasi per caso, scoperto il gene che governa la
capacità di provare impeti emozionali fortissimi. L’ho chiamato “HR37” ed ho scoperto anche
come controllarlo per dare lo stimolo alla nascita
di qualsiasi passione, qualsiasi. A piacimento.
- Interessante, dottor Schaub…
- Si, certo, ma nel 2014 le banche iniziano a chiedere indietro alla società di ricerca per la quale
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lavoro i miliardi di dollari che hanno investito nel
Progetto Genoma Umano; io all’epoca lavoravo
alla mia proteina ed ebbi l’incarico di costituire
dei progetti per recuperare gli investimenti e renderli produttivi, nello stesso momento il mercato
motociclistico in Europa era in crisi, me ne parlava sempre un collega di laboratorio che sapeva
tutto di tutte le motociclette.
Mi venne un’idea e contattai i miei capi, loro fecero lo stesso con i dirigenti dell’industria europea
della motocicletta e con alcune grandi banche
d’affari e ci riunimmo nel mio laboratorio: promisi a tutti che in capo ad un anno avrei fatto diventare almeno il 75% della popolazione europea
degli appassionati motociclisti, chiesi appoggi
importanti, mano libera e una somma di denaro
adeguata: loro accettarono.
Posi la condizione che non avrebbero mai chiesto né i risultati dei miei studi né come avrei ottenuto tali risultati, loro accettarono pure questo
accecati dalla possibilità di smisurati guadagni.
Li avvertii inoltre che per molta gente cambiare
motocicletta o solo averne una sarebbe diventata un’esigenza inspiegabile e questo avrebbe
potuto provocare cambiamenti sociali inaspettati non predicibili dei quali volevo l’assicurazione
che non sarei mai stato ritenuto responsabile e
la garanzia del più totale anonimato.
Ottenni tutto e il contratto è custodito in una cassetta di sicurezza a Ginevra. Non le dirò come si
attiva il gene HR37 e non le spiegherò come si indirizza sulla motocicletta, le dico solo che è facile. Ed è pure possibile il processo inverso: si può
disattivare a piacimento questo gene. L’ho fatto
su di me e da molti anni sono assolutamente impermeabile alle emozioni violente e chimicamente refrattario ad ogni passione. Ma, ogni tanto,
briciole di verità sfuggono e diventano leggende
e da un po’ di tempo sul web si parla di me e delle
mie scoperte. La gente ha iniziato ad accusarmi di essere un manipolatore ed era necessaria
una copertura per rendere ridicole queste accuse. Così, tengo queste conferenze su cos’è e
come nasce la passione per la motocicletta, dove
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ovviamente non dico quasi nulla in merito alle
mie scoperte sul gene HR37 se non che per la
genesi di una passione è necessario un trauma:
fa sempre una profonda impressione sull’auditorio e in ogni caso la mia attività di relatore mette
i complottisti sul binario sbagliato, almeno quelli
più stupidi.
-Ma perché mi racconta…
-Lei assomiglia a mio figlio, ispira fiducia. Le posso offrire una sigaretta? Avrei bisogno di fumare.
- Prego, venga da questa parte nella sala fumatori. Io non fumo.
- Mi faccia compagnia, solo un tiro, poi la può anche buttare. Vedrà che non le farà male.
- Va bene, dottor Schaub. – il receptionist estrae
la sigaretta dal pacchetto e la porta alle labbra.
Schaub l‘accende, subito dopo prende per sé un
sigaro e accende pure quello.
- Io preferisco i sigari, spero che l’odore non sia
troppo pungente per lei.
- No, faccia pure. Si rilassi, la vedo molto teso.
- Lo sarebbe pure lei se ricevesse biglietti anonimi di motociclisti che non riescono a guarire
dalla passione per la moto e la invitano a morire
prima possibile.
- Capisco, ma non comprendo perché non li denuncia.
- Darei troppo clamore alla cosa, stimolerei
un’inchiesta e sarebbe tutto a mio svantaggio.
Confido invece nel fatto che i motociclisti sono,
in genere, brutte facce ma brava gente. Lei si
chiama Valerio? – Schaub lesse il badge sul vestito del receptionist.
- Si, Valerio Arnaud. Mio padre è francese ed è
un motard.
- Ah. Capisco. Io non ho mai guidato una moto.
- Attivi il gene HR37. – sorrise.
- Non dica corbellerie, io me lo sono disattivato
permanentemente!
- …scusi… - Valerio posò la sigaretta fumata a
metà.
- Niente, non fa niente. Bene giovanotto, ora prima di salutarci… lei ha una passione?
La lettura
- No, una volta mi piaceva il calcio ma da quando
l’Inter… mi spieghi una cosa, dottor Schaub! La
sua storia, non doveva essere un segreto? Cosa
le garantisce che io non la rivelerò a nessuno?
- Il gene AP70. È la migliore garanzia.
- AP70? – Valerio era confuso, sentiva le gambe
deboli e tremava.
- È il gene dell’oblio. Hai appena introdotto la proteina che lo attiva poggiando le labbra sulla sigaretta che ti ho offerto, tra pochi secondi perderai
definitivamente la memoria degli ultimi giorni.
Io per te non sarò mai esistito e di me non avrai
nessun racconto da fare a nessuno. Grazie comunque, Valerio. Sei stato gentile ad ascoltarmi.
Valerio sviene sul divano e il dottor Schaub chiama subito aiuto.
Poi sale nella sua camera. Il biglietto che Valerio
gli aveva consegnato è ancora dentro la busta e
dopo essersi messo in vestaglia, Schaub lo apre.
“sei fottuto, bastardo. Firmato Motociclisti Traumatizzati”. Alzando gli occhi al cielo si domanda
per quanto tempo ancora sarebbe potuto sfuggire, prima o poi lo avrebbero certamente fatto
fuori.
Schaub tenta di chiamare suo figlio al telefono
ma Udo non risponde. Non risponde nemmeno
sua moglie. Albert Schaub non è capace di disperarsi perché il suo gene HR37 è inattivo. Non è
capace di provare spinte propulsive verso i suoi
cari, né debolezze.
Dà un’occhiata al suo tablet dove, sotto crittografia, sono schedulati i prossimi traumi collettivi. Ce n’è uno tra pochi giorni, un treno affollato
verrà fatto esplodere mentre attraverserà il ponte di Mungsten, in Renania. Un bel trauma per i
parenti e per l’opinione pubblica. E il trauma attiva le passioni.
Albert Schaub compra un biglietto per quel treno
con la sua carta di credito, roso dal rimorso per
non avere mai provato una motocicletta; tuttavia la sua rabbia viene placata pochi secondi più
tardi dalla soddisfazione di sapere che quei fottuti motociclisti non riusciranno mai a prenderlo
vivo.
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NICO CEREGHINI
E IO VORREI
SENTIRE PREZIOSI
Oggi la nuova Ducati è vincente
e molti si chiedono: ma allora
Filippo Preziosi era davvero così
bravo? La storia non si cambia,
ma credo che Gigi Dall’Igna abbia
avuto un enorme vantaggio,
negato a Filippo
Media
C
iao a tutti!
Vi
faccio
una confidenza
sincera:
domenica
sera ho tifato per il Dovi. Anche se sono un cultore di Rossi, anche se ero amico di suo
padre Graziano e conosco Valentino da quando sua madre
Stefania lo aspettava e veniva
alle corse col pancione, io alle
20 di domenica tifavo Dovizioso: perché vedere la nuova
Ducati già vincente è troppo
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bello. Così, le prime parole di
Gigi Dall’Igna, solo un pochino
deluso, mi sono suonate familiari. Io con lui mi intendo da
sempre, e siamo anche nati lo
stesso giorno. E subito dopo
mi sono chiesto: come vivrà
questa serata Filippo Preziosi?
Ne sarà felice oppure si sentirà
disturbato dal successo di colui
che lo ha sostituito alla guida
del progetto Desmosedici? Se
Filippo accettasse un’intervista, prima di tutto sarei contento di vederlo e secondariamente sono sicuro che vedrei
confermata la mia teoria. Il
segreto di Dall’Igna si spiega
con una semplice parola: autonomia. Dall’Igna è bravissimo e su questo non ci piove,
ma credo che sia importante
stabilire la verità: Gigi ha accettato la proposta Ducati,
nell’autunno 2013, soltanto
quando ha ottenuto in cambio
la totale autonomia sulle linee
del nuovo progetto. L’autonomia che a Preziosi non è mai
stata concessa. Ricorderete le
discussioni sul telaio a traliccio, sul motore portante, sulla
configurazione ad “elle” e via
dicendo; anche sul sito se ne
parlò tanto e appassionatamente perché si scontravano
due posizioni: i difensori della
tradizione Ducati e i “nuovisti”
che avrebbero preferito un foglio bianco. Ebbene, io credo
che anche in Ducati sia stata
la stessa cosa. Non si voleva
tradire lo spirito di marca, si
credeva che si potesse vincere
anche senza seguire la strada
dei giapponesi su ciclistica e
motore e fare tabula rasa del
passato. E del resto il successo di Stoner nel 2007 aveva
dato fiato ai tradizionalisti. Non
ho mai assistito alle riunioni
in Ducati, naturalmente, ma
faccio due più due. Filippo Preziosi era amatissimo da Casey
Stoner e sicuramente aperto a
ogni soluzione, per cominciare
volle il telaio in fibra di carbonio
al posto del classico traliccio in
tubi, ma le resistenze interne,
e certamente anche il budget
limitato, gli impedirono di rivoluzionare la moto come avrebbe voluto e come appare oggi:
telaio perimetrale d’alluminio,
motore molto più compatto
perché non più portante, e ruotato all’indietro fino a diventare
una classica V di 90 gradi. La
moto cambiò un po’ alla volta ma senza poter cambiare
comportamento, il naufragio
dell’esperienza Rossi diede
la spallata definitiva ai vecchi
schemi, l’ingresso del gruppo
VW portò nuovi mezzi e infine
la rivoluzione. Ci volle Dall’Igna
al posto di Preziosi perché si fa
Editoriale
così: quando si cambia rotta si
cambia anche il responsabile.
Ma voglio rendere onore a quello che oggi potrebbe sembrare
uno sconfitto: con l’autonomia,
Filippo Preziosi sarebbe arrivato in alto già tre o quattro anni
fa. Questa, almeno, la mia personale opinione. Ciao Filippo!
Se ti va, sono pronto per un’intervista.
CON L’AUTONOMIA, FILIPPO
PREZIOSI SAREBBE ARRIVATO
IN ALTO GIÀ TRE O QUATTRO
ANNI FA
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MotoGP
sostituire Pedrosa ad Austin e in Argentina, ma
per qualche ragione la HRC abbia risposto no.
Decisione assolutamente comprensibile: il ritorno del campione del mondo australiano avrebbe
un’attenzione mediatica pazzesca e, in qualche
modo, potrebbe infastidire Marc Marquez, reduce, oltretutto, da un risultato tutt’altro che esaltante in Qatar. L’obiettivo primario della Honda è
conquistare il mondiale con Marc, non dare una
moto a Casey, specie alla seconda gara: se fosse
andata veramente così, la HRC avrebbe preso la
decisione giusta. Anche se per gli appassionati,
naturalmente, sarebbe stato fantastico rivedere
Stoner contro Rossi, Marquez, Lorenzo, Dovizioso e Iannone.
STONER
AVREBBE VOLUTO CORRERE AD AUSTIN
Il campione australiano si sarebbe proposto a Honda
per sostituire Pedrosa. HRC ha preferito rifiutare
U
fficialmente è un collaudatore, un
pilota in pensione e un pescatore seriale. Stoner è felice e le gare le guarda in TV. Ma se troppo relax si fosse
trasformato in noia e la voglia di schierarsi in griglia tornasse come un prurito al polso? Con Pedrosa fuori gioco, in tanti hanno pensato al fuoriclasse australiano come sostituto e, da quello
che abbiamo saputo, anche allo stesso Stoner
l’idea non sarebbe dispiaciuta. Segnale della
48
voglia di correre di Casey è la sua partecipazione,
a fine luglio, alla Otto ore di Suzuka e poi, appena poche ore fa, ha lanciato un Tweet con diversi
sottintesi. “Mi dispiace, ma non parteciperò al
GP di Austin il prossimo weekend, sarebbe stato
un onore correre al posto di Dani Pedrosa” Quello che è scritto come un omaggio a Pedrosa si
può leggere anche come un “peccato mi sarebbe
piaciuto...”. Insomma, è assolutamente plausibile che Stoner abbia chiesto alla Honda di poter
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DOPOGP CON NICO E ZAM
GP DEL QATAR, TRIONFO TRICOLORE
Un podio tutto italiano: Rossi fenomenale e le Ducati rivelazione della
stagione. Honda in difficoltà? Cosa farà Pedrosa? Tanta tecnica con
l’ingegnere Bernardelle
T
anti i temi affrontati nella puntata di
DopoGP dedicata al primo GP della
stagione. Si inizia dalla vittoria di Valentino, che in un’intervista ci spiega come mai le più belle battaglie sono sempre
quelle combattute contro la Ducati. E la Yamaha? A Losail ha sorpreso soprattutto dopo prove
e qualifiche non esaltanti, ci spiega come mai
l’Ing. Bernardelle. Sempre con il nostro esperto
di tecnica scopriamo le nuove Ducati GP15 che
fin dall’inizio hanno dato buoni risultati, ma addirittura entrambe sul podio nessuno poteva
50
prevederlo. La velocità in rettilineo, solo merito
dei litri in più nel serbatoio? Alle Honda invece
cosa è successo? Rimangono le moto favorite,
ma ci si aspettava Marquez e Pedrosa più avanti
in classifica.
La notizia del week end in casa Honda però è il
possibile ritiro (temporaneo) di Dani. Cosa c’è
dietro all’annuncio del pilota spagnolo. Questi e
tanti altri argomenti trattati da Nico Cereghini,
Giovanni Zamagni e l’ing. Berbardelle, ma anche
tanto spazio ai commenti e alle domande dei lettori.
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MotoGP
voler risolvere il problema mettendo in dubbio la
sua partecipazione alle prossime gare di campionato per sottoporsi a nuovi trattamenti medici.
«Questa sera la situazione si è ripresentata ed è
ormai chiaro che non posso continuare a correre
in questo modo. Non so esattamente cosa farò,
perché i medici non sono sicuri. Non ho quindi risposte in questo momento, tutto è incerto, spero di avere presto buone notizie». Livio Suppo,
Team Principal HRC, nel caso in cui Pedrosa non
potesse correre il 12 aprile ad Austin ha già fatto
il nome di Hiroshi Aoyama. Il pilota giapponese è
collaudatore HRC, conosce la moto e lo scorso
anno ha corso nel team Aspar sulla Honda open
(due ottavi posti come miglior risultato).
PEDROSA FUORI
ARRIVA HIROSHI AOYAMA
Pedrosa potrebbe prendersi uno stop per curare il
braccio destro. Al suo posto in HRC si fa il nome di Hiroshi Aoyama
D
opo il GP del Qatar Pedrosa ha svelato un grave problema che lo affligge al braccio destro da un anno. «I
problemi sono iniziati proprio qui un
anno fa. Nel corso della passata stagione non ho
potuto esprimermi al mio livello per questo motivo. Ho cercato di risolvere questo problema, ma
nessuno finora mi ha dato delle risposte concrete. Ho subito un intervento chirurgico, ho cercato di non parlarne in pubblico perché si tratta di
52
una cosa delicata, ma la Honda ha sempre saputo. Questo inverno ho viaggiato per il mondo
facendomi visitare da molti dottori, cercando
di capire se scoprire se un nuovo intervento mi
avrebbe permesso di essere pronto per il campionato». Il pilota spagnolo ha deciso di correre
il GP del Qatar come ultima verifica del suo stato
di forma. Purtoppo il risultato è stato al di sotto
delle sue aspettative «Non riesco a correre come
so di poter fare». Dani ha allora comunicato di
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MotoGP
OPERAZIONE RIUSCITA
PER DANI PEDROSA
Intervento di due ore a Madrid per il pilota Honda.
La prognosi è di 4-6 settimane
D
ani Pedrosa è stato operato questa
mattina a Madrid dal Dr. Angel Villamor. Il chirurgo ortopedico ha confermato la perfetta riuscita dell’intervento per risolvere i problemi al braccio del
pilota HRC.
Nelle due ore in sala operatoria è stata aperta
la parte della guaina che dà forma e contiene il
muscolo e ne sono state rimosse alcune fasce.
Pedrosa sarà dimesso nelle prossime ore, appena verificato che nel decorso operatorio ci siano
problemi. La prognosi è di 4-6 settimane durante
le quali sarà frequentemente monitorato dal Dr.
Villamor.
54
Dr. Angelo Villamor
«L’intervento è stato complicato, abbiamo utilizzando una tecnica microchirurgica con l’impiego
di lenti microscopiche. Abbiamo esaminato la
fascia muscolare, che era ipertrofica e doveva
essere aperta e liberata. Parte della fascia muscolare è stata sezionata e rimossa dall’avambraccio. Questo aumento di volume del muscolo
all’interno della fascia inelastica con conseguente aumento della pressione all’interno del vano
provocava una condizione di privazione di ossigeno, causando intenso dolore all’avambraccio.
Visiteremo Dani nel corso delle prossime settimane per misurare la riuscita dell’intervento».
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La gestione elettronica verrà infatti congelata su
centralina e software unici (quelli attualmente in
uso sulle Open) dopo il Gran Premio di Assen,
ma qualora Ducati, Honda e Yamaha – curiosamente non si è parlato di Suzuki – desiderassero
apportare variazioni al software “basterà” l’unanimità perché il software venga modificato.
Tutti i costi verranno sopportati dai Costruttori.
Al contrario, qualora sia Dorna a desiderare un
aggiornamento del software unico, saranno le
Case a dover concedere il loro benestare all’unanimità. Cambia anche – più nella forma che nella sostanza – il sistema di attribuzione o revoca
delle concessioni Open per le Case che non abbiano vinto gare asciutte nel triennio 2013-2015.
Il sistema ora si basa su una tabella di punti che
MotoGP
vengono attribuiti alle Case sulla base dei piazzamenti. Sull’asciutto una vittoria frutterà tre
punti, un secondo posto due e un terzo uno. Nel
2015, raggiungere tre punti comporterà l’obbligo
per la Casa di rinunciare a due litri nel serbatoio
arrivando a 22. Serviranno invece tre vittorie per
la perdita dei privilegi delle gommature Open e
dei test con i piloti ufficiali. Dal 2016, invece, basterà accumulare sei punti (anche sul bagnato)
per perdere tutti i privilegi nella stagione successiva e, già da subito, la possibilità di provare con
i piloti ufficiali. Allo stesso tempo, ogni Costruttore che non dovesse conquistare alcun punto in
una stagione – ovvero non riuscisse mai a salire
sul podio – acquisterà automaticamente tutti i
privilegi per la stagione successiva.
REGOLAMENTO 2016
SETTE MOTORI E 22 LITRI PER TUTTI
di Edoardo Licciardello | Più propulsori e due litri in più, elettronica
congelata ma con modifiche possibili se all’unanimità e ulteriore calo
di peso per la MotoGP del 2016
F
inalmente ufficializzate le modifiche al
regolamento MotoGP per la prossima
stagione. Nessuna grossa sorpresa:
tutte le variazioni vanno grossomodo
nella direzione attesa, ovvero quella di un allargamento delle maglie tecniche per la normativa
Factory che dovrebbe semplificare la vita ai nuovi partecipanti. Il numero massimo di propulsori
56
utilizzabili in una stagione sale a sette dai cinque
di quest’anno – ma lo sviluppo resta bloccato – e il carburante imbarcabile a 22 litri contro
i 20 attuali. Scende invece il peso minimo, che
dopo la diminuzione di 2kg per il 2014 scende
ulteriormente di un chilo attestandosi a 157kg.
Qualche dettaglio in più anche per l’unificazione
dell’elettronica prevista a partire da luglio 2015.
57
LE FOTO PIÙ
SPETTACOLARI
DEL GP
DEL QATAR
Uno spettacolo nello spettacolo. Il GP di Losail
raccontato dentro e fuori dalla pista attraverso
gli scatti più emozionanti
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LE FOTO PIÙ
BELLE DEL GP
D’ARGENTINA
Gli scatti più emozionanti dentro e fuori dalla pista
per raccontare il week end di gare in Patagonia
di M. Zanzani
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Media
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RESPONSABILE EDITORIALE
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CAPO REDATTORE
Andrea Perfetti
REDAZIONE
Maurizio Gissi
Maurizio Tanca
Cristina Bacchetti
Marco Berti
Francesco Paolillo
Aimone dal Pozzo
Edoardo Licciardello
GRAFICA
Thomas Bressani
COLLABORATORI
Nico Cereghini
Massimo Clarke
Giovanni Zamagni
Carlo Baldi
Massimo Zanzani
Enrico De Vita
Ottorino Piccinato
Antonio Privitera
Antonio Gola
Alfonso Rago
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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