The Peacock Spring

N. 02070/2011 REG.RIC.
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N. 01016/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02070/2011 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2070 del 2011 proposto da
Costantino Valenti e Giuseppe Valenti, rappresentati e difesi dagli avv.ti
Giovanni Immordino, Giuseppe Immordino e Giuseppe Nicastro ed
elettivamente domiciliati presso lo studio del primo, sito in Palermo, via
Libertà, n. 171;
contro
- l’Assessorato regionale delle Risorse Agricole ed Alimentari, in persona
dell’Assessore pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura
distrettuale dello Stato presso i cui uffici, siti in Palermo, via Alcide De
Gasperi, n. 81 è ex lege domiciliato;
- il Commissario per la Liquidazione degli Usi Civici della Sicilia,
rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura distrettuale dello Stato
presso i cui uffici, siti in Palermo, via Alcide De Gasperi, n. 81 è ex lege
domiciliato;
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nei confronti di
- Galioto Giusi, rappresentata e difesa dagli avv.ti Costantino Ciofalo e
Francesca Ciancimino, presso il cui studio, sito in Palermo, via E. Amari, n.
8, è elettivamente domiciliata;
- Galioto Daniele, La Rosa Andrea e Gambino Giuseppe n.q. di erede di
Galioto Giuseppa, rappresentati e difesi dagli avv.ti Salvatore Raimondi,
Costantino Ciofalo e Francesca Ciancimino, ed elettivamente domiciliati
presso lo studio del primo, sito in Palermo, via G. Abela, n. 10;
- Galioto Maria, Sottile Teresa, Galioto Pietro, La Rosa Maria Grazia e La
Rosa Pietro, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento:
- del provvedimento (Pos. 6-54) n. 37106 R.C. dell’11/8/2011, con il quale
il Commissario per la liquidazione degli usi civici della Sicilia ha rigettato
l'istanza dei Sigg.ri Valenti Costantino e Valenti Giuseppe per
l’annullamento in autotutela ex art. 21 nonies legge 241/90 dell'ordinanza
commissariale n. 32821 R.C. del 12/7/2006, disponendo l'archiviazione
della pratica;
- (ove occorra e per quanto di ragione):
- della relazione dell’istruttore demaniale del Comune di Palermo, Arch.
Francesca Friscia, assunta al prot. n. 3025 del 27/11/2009;
- della relazione dell’Assessore agli usi civici prot. n. 10744 del 28/4/2011,
richiamata nel provvedimento n. 37106 dell’11/8/2011 del Commissario;
- dell'ordinanza commissariale n. 32821 R.C. del 12/7/2006, approvata con
decreto del D.G. del Dipartimento regionale per gli Interventi
Infrastrutturali n. 679 del 24/7/2006;
Visto il ricorso introduttivo del giudizio, con i relativi allegati;
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Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti
impugnati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione regionale
intimata e di alcuni dei controinteressati;
Vista l’ordinanza n. 879/2011;
Visti i documenti e le memorie difensive depositate in giudizio dalle parti in
vista della discussione del ricorso nel merito;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore nella pubblica udienza del giorno 16 maggio 2012 il Cons. Federica
Cabrini;
Uditi i difensori delle parti, come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso - notificato in data 27/9/2011 e depositato in data
19/10/2011 – i ricorrenti, qualificatisi quali braccianti agricoli che
occupano e coltivano i fondi siti nel Comune di Palermo indicati in catasto
al foglio di mappa n. 25 p.lle nn. 2479, 2478, 2477, 2476, 353 e 378, hanno
impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati aventi ad oggetto il diniego
di annullamento in autotutela del provvedimento prot. n. 32821 del
12/7/2006, con il quale il Commissario per la liquidazione degli usi civici
della Sicilia ha accolto l’istanza presentata dai controinteressati per ottenere
la legittimazione dell’occupazione delle medesime terre, già di uso civico.
Avverso i provvedimenti impugnati deducono le seguenti censure:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 legge 16/6/1927, n. 1766, dell’art. 26,
cc. 1 e 2 l.r. 27/4/1999, n. 10, come modificata dall’art. 5 l.r. 23/12/2000, n. 28,
dell’art. 12 l.r. n. 4/2003, dell’art. 22, c. 2, l.r. n. 21/2003 e degli artt. 29, 30 e 31
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r.d. 232/1928 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 42, 97 e 101 Cost. –
Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 6 e 21 nonies l.r. 241/1990 e 3 e 6 –
Eccesso di potere per illogicità – Difetto di motivazione e di istruttoria – Erroneità dei
presupposti – Sviamento dalla causa tipica, atteso che:
- il Commissario per la liquidazione degli usi civici ha ritenuto insussistente
un interesse pubblico all’annullamento del provvedimento di legittimazione
prevalente sull’interesse privato dei controinteressati al mantenimento
dell’atto; ma l’unico interesse pubblico che avrebbe dovuto perseguire (n.q.
di giudice speciale della materia) era quello alla corretta applicazione della
legge e quindi al ripristino della legalità violata;
- la ratio dell’istituto della legittimazione è quello di convalidare coloro che
nel corso di svariati anni hanno avuto un rapporto materiale con
l’immobile, coltivandolo ed apportandogli migliorie e non quello di
premiare chiunque abbia un titolo per il possesso;
- il provvedimento risulta carente di motivazione in ordine alla giusta
comparazione tra le confliggenti posizioni dei privati; nessun legittimo
affidamento può peraltro essersi creato in capo ai controinteressati per il
tempo (peraltro non lungo) trascorso dal provvedimento di legittimazione,
in quanto essi non hanno ancora esercitato alcun tipo di possesso sui fondi
di cui trattasi;
- erroneamente è stata ritenuta regolare la verifica effettuata dall’istruttore
demaniale, secondo il quale i terreni di cui trattasi avrebbero perduto alla
data del 31/12/1997 la destinazione di terreni agrari; d’altra parte, per
come accertato in sede penale, l’istruttore demaniale ha errato nel ritenere
applicabile all’istanza di legittimazione presentata dai controinteressati l’art.
26, c. 1, l.r. n. 10/1999, che consente, per i terreni che hanno perduto alla
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data del 31/12/1997 la destinazione di terreni agrari, di prescindere dai
requisiti di cui all’art. 9, c. 1, lett. a) e c), l. 1766/1927 (e cioè dalle
circostanze che l’occupatore abbia apportato sostanziali e permanenti
migliorie – lett. a - e che l’occupazione duri da almeno dieci anni – lett. c);
invero, l’art. 26 l.r. n. 10/1999 si applica solo ai fabbricati ed ai terreni di
pertinenza degli stessi;
- a prescindere dalla questione dell’applicabilità o meno dell’art. 26 l.r. n.
10/1999, è oggettivamente insostenibile che i controinteressati possano
qualificarsi come “occupatori” dei terreni di cui trattasi;
- i chiarimenti forniti in data 27/11/2009 dall’istruttore demaniale in sede
di procedimento avviato a seguito dell’istanza di riesame sono stati redatti
senza effettuare alcuna istruttoria supplementare;
- l’ordinanza commissariale n. 32821 del 12/7/2006, cioè il provvedimento
di legittimazione, ha omesso di individuare nei ricorrenti gli effettivi
possessori del terreno oggetto di legittimazione; ove fosse stato eseguito il
sopralluogo previsto dall’ordinanza commissariale di incarico non avrebbe
potuto non essere rilevata la reale identità dei possessori dell’immobile e la
presenza delle coltivazioni realizzate dai ricorrenti; d’altra parte, l’intero
procedimento di legittimazione risulta incentrato sulla relazione di verifica; i
ricorrenti avrebbero quindi dovuto essere individuati quali controinteressati
e avrebbero dovuto partecipare al procedimento di legittimazione;
- l’art. 26 l.r. n. 10/1999 è inapplicabile atteso che le aree di cui trattasi non
hanno perso la destinazione agricola in quanto esse sono intensamente
coltivate proprio dai ricorrenti.
Concludono quindi per l’accoglimento del ricorso e della preliminare
istanza cautelare.
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Al fine di resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio le
Amministrazioni regionali intimate, e alcuni controinteressati, i quali hanno
spiegato ampie ed articolate difese eccependo altresì preliminarmente
l’inammissibilità del ricorso attesa la natura meramente confermativa del
provvedimento di rigetto dell’istanza di autotutela ed il decorso del termine
per l’impugnazione del provvedimento commissariale di accoglimento
dell’istanza di legittimazione dei controinteressati.
Con ordinanza n. 879/2011 è stata accolta l’istanza cautelare ed è stata
disposta la fissazione dell’udienza pubblica per la trattazione nel merito del
ricorso.
In vista della discussione del ricorso nel merito le parti hanno depositato
memorie difensive.
All’udienza pubblica del giorno 16 maggio 2012, uditi i difensori delle parti
presenti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Rileva in via preliminare il Collegio l’infondatezza dell’eccezione di
inammissibilità sollevata dalla difesa dei controinteressati.
Invero, costituisce ius receptum il principio secondo il quale: “soltanto se il
provvedimento della P.A. è meramente confermativo di una antecedente determinazione
non tempestivamente impugnata, del primo si deve escludere l'impugnabilità; viceversa,
quando l'antecedente determinazione della stessa Amministrazione non impugnata viene,
come nella fattispecie, successivamente sottoposta a riesame nell'ambito di una attività
istruttoria, seppure con esito sostanzialmente confermativo, non incorre nel termine
decadenziale l'interessato che promuove ricorso nei riguardi della determinazione finale
successiva” (cfr. ex multis, T.a.r. Sicilia – Catania, sez. IV, 8 aprile 2011, n. 868;
Cons. Stato 7 febbraio 2011, n. 813; Cons. Stato, sez. VI, 17 giugno 2010, n.
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3834).
La circostanza che l’Amministrazione abbia inteso porre in essere un nuova
attività istruttoria emerge chiaramente dalla lettura del provvedimento
impugnato ove si richiamano:
1) la relazione dell’istruttore demaniale del Comune di Palermo n.
3025/2009 inerente “chiarimenti in merito alle operazioni demaniali svolte
nel procedimento legittimazione di cui all’ordinanza commissariale n. 32821
R.C. del 12/7/2006”;
2) la relazione dell’Assessore agli usi civici prot. n. 10744 del 28/4/2011;
3) le memorie e gli atti prodotti dalle parti nel procedimento di riesame;
4) il verbale relativo alla comparizione personale delle parti.
Segue da ciò l’ammissibilità del ricorso.
2. Nel merito, ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato, sia pur nei limiti
di seguito specificati.
Ai sensi dell'art. 21 nonies, l. n. 241/1990 (di cui si lamenta la violazione),
l'esercizio del potere di autotutela, e quindi il concreto provvedimento di
ufficio adottato dall'Amministrazione (eventualmente in sede di riesame),
richiede che quest'ultima, oltre ad accertare entro un termine ragionevole
l'illegittimità dell'atto, debba altresì valutare la sussistenza di un interesse
pubblico all'annullamento, attuale e prevalente sulle posizioni giuridiche
private costituitesi e consolidatesi medio tempore, dovendosi in particolare
escludere che tale interesse pubblico possa consistere nel mero ripristino
della legalità violata, e dovendosi altresì valutare gli interessi degli eventuali
controinteressati (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2011, n.
4770; T.a.r. Calabria – Catanzaro, Sez. II, 7 luglio 2011, n. 973; Cons. Stato,
Sez. VI, 16 dicembre 2008, n. 6234).
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Il Collegio ritiene pertanto necessario procedere alla verifica della
sussistenza o meno, nel caso di specie, dei singoli presupposti indicati dalla
norma citata, sia pur nei limiti delle censure dedotte in ricorso.
2.1. Per quanto attiene alla illegittimità dell’atto (da intendersi quale
ordinanza commissariale n. 32821 R.C. del 12/7/2006), osserva il Collegio
che il procedimento di legittimazione è regolato dagli artt. 29 ss. r.d. 26
febbraio 1928, n. 332, a norma dei quali deve procedersi:
- alla verifica delle occupazioni, innanzitutto mediante la ricognizione dei
fondi e l’individuazione dei loro confini in base a documenti e piante;
- alla individuazione di tutti i possessori esistenti, da distinguersi in
possessori legittimi ed illegittimi;
- alla pubblicazione all’albo del Comune degli atti istruttori, giudicati
regolari dal Commissario, affinché i legittimi possessori possano presentare
domanda di legittimazione e gli eventuali controinteressati possano
presentare opposizione.
Dalla documentazione in atti (v. in particolare, dichiarazioni rese
dall’istruttore demaniale in sede di indagine penale) risulta essere stato
violato il procedimento di cui sopra sotto vari profili ed in particolare per
quanto attiene alla superficiale ricognizione dei luoghi (non avendo
l’istruttore accertato l’appartenenza delle coltivazioni esistenti) e alla
mancata
individuazione
dei
confini
e
soprattutto
alla
mancata
individuazione di tutti i possessori (e quindi, eventualmente, anche dei
ricorrenti).
Ma vi è di più: dalla documentazione in atti non si evince neppure sulla
base di quali elementi sia stata desunta l’occupazione delle terre di cui
trattasi da parte dei controinteressati.
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Sotto tale profilo ritiene il Collegio di condividere la prospettazione di parte
ricorrente secondo la quale a prescindere dalla normativa applicabile (art. 9,
c. 1, l. n. 1766/1927, in toto, o con le limitazioni di cui all’art. 26, c. 1, l.r. n.
10/99), in ogni caso, chi agisce per la legittimazione deve dimostrare,
nell’ambito del relativo procedimento, di aver occupato e di occupare le
aree per le quali ha proposto istanza di legittimazione, avendo esercitato ed
esercitando un potere sulla cosa che si sia manifestato in un'attività
corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale, non
bastando invece la mera titolarità di un titolo di provenienza.
Ritiene peraltro il Collegio che, contrariamente a quanto prospettato da
parte ricorrente, anche alle aree di cui si discute risulti applicabile l’art. 26, c.
1, l.r. n. 10/99.
Rileva, invero, il Collego che, di regola, presupposti per la legittimazione
sono tutti quelli previsti dall’art. 9 l. n. 1766/1927 (cioè a) che l’occupante
abbia apportato delle migliorie sostanziali e permanenti; b) che la zona
occupata non interrompa la continuità del demanio; c) che l’occupazione
duri da almeno dieci anni).
Recita però l’art. 26, c. 1, l.r. n. 10/1999: “Nel territorio della Regione siciliana le
legittimazioni delle occupazioni di terre di uso civico di cui all'articolo 9 della legge 16
giugno 1927, n. 1766, possono effettuarsi con le procedure previste dalla predetta legge e
dal regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332, e successive modifiche ed integrazioni, anche
qualora esse ricadano in zone che alla data del 31 dicembre 1997 abbiano perduto, per
effetto degli strumenti urbanistici o di edificazioni, la destinazione di terreni agrari,
boschivi ovvero pascolativi. In questi casi si prescinde dai requisiti di cui alle lettere a) e
c) dell'articolo 9 della legge 16 giugno 1927, n. 1766.”.
Tale previsione contiene una semplificazione del procedimento di
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legittimazione, applicabile ai soli terreni di uso civico in Sicilia che “alla data
del 31 dicembre 1997 abbiano perduto, per effetto degli strumenti urbanistici o di
edificazioni, la destinazione di terreni agrari, boschivi ovvero pascolativi”
(semplificazione che consiste nella possibilità di prescindere per
l’occupazione dai requisiti di cui alle lett. a) e c) dell’art. 9 l. n. 1766/1927).
Essa non distingue, sotto il profilo della semplificazione, tra terreni edificati
e non edificati, perché altrimenti avrebbe dovuto recitare “le legittimazioni
delle occupazioni di terre di uso civico … , anche qualora esse ricadano in zone che …
abbiano perduto, per effetto degli strumenti urbanistici e di edificazioni, la destinazione
di terreni agrari, boschivi ovvero pascolativi”.
In sostanza, ad avviso del Collegio, l’uso della disgiunzione “o” in luogo
della congiunzione “e” tra le locuzioni “strumenti urbanistici” e “edificazioni”
induce a ritenere preferibile l’opzione interpretativa secondo la quale l’art.
26, c. 1, l.r. n. 10/1999 si applica tanto ai terreni che ai fabbricati (e ai
terreni di loro pertinenza).
Né a diversa conclusione può giungersi sulla base delle disposizioni
contenute negli artt. 12, l.r. n. 4/2003 e 22 l.r. n. 21/2003, che attengono al
diverso istituto della legittimazione tacita di edificazioni, nel caso di specie
inapplicabile.
Semmai le conclusioni cui giunge il Collegio trovano conferma nell’art. 1 l.r.
n. 1/2009 a norma del quale per le “terre di demanio civico … che non abbiano
perduto, per effetto di strumenti urbanistici o di edificazioni, la destinazione di terreni
agrari, la legittimazione … può essere concessa nei confronti degli occupatori che, da
almeno dieci anni, risultino proprietari in virtù di atto pubblico di provenienza, anche
prescindendo dal requisito di cui alla lett. a) dell'articolo 9 della legge 16 giugno 1927,
n. 1766.”.
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Ancora una volta il legislatore siciliano dimostra di voler semplificare il
procedimento di legittimazione in Sicilia, in questo caso per i terreni che
non abbiano perso la destinazione agraria, prescindendo in tale ipotesi,
però, dal solo requisito che l’occupante abbia apportato delle migliorie
sostanziali e permanenti.
A maggior ragione, quindi, per i terreni che hanno perso la vocazione
agraria (per effetto di strumenti urbanistici – come nel caso di specie) si
giustifica un più elevato grado di semplificazione (cioè la possibilità di
prescindere non solo dal requisito di cui alla lett. a), ma anche c), del cit. art.
9 l. n. 1766/1927).
Osserva, infine, il Collegio che per i terreni non edificati la perdita della
destinazione agraria, boschiva o pascolativa deve necessariamente risultare
dagli strumenti urbanistici, essendo irrilevante la situazione di fatto (al
contrario, per quelli edificati, a prescindere dagli strumenti urbanistici, vale
la situazione di fatto della materiale edificazione).
Segue da ciò che, nonostante la correttezza dei presupposti normativi
applicati (art. 26, c. 1, l.r. n. 10/1999), il Commissario per la liquidazione
degli usi civici, ha deciso sulla base di una istruttoria incompleta sotto i vari
profili indicati (e cioè, in primo luogo, la mancanza della prova
dell’occupazione in capo ai controinteressati e la mancata verifica
dell’esistenza di altri occupatori).
Privo di pregio appare, infine, l’assunto dei controinteressati secondo i quali
al caso di specie sarebbe altresì applicabile l’art. 26, c. 2, l.r. n. 10/1999.
Invero, la norma citata (e così anche i commi successivi), si riferisce
chiaramente ai soli terreni sui quali insistono dei fabbricati, contenendo
riferimenti continui alla già avvenuta “edificazione”.
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Segue da ciò che, nel caso di specie, per “occupatore” non si può certo
intendere colui che “risulti proprietario in virtù di atto pubblico di
provenienza” (v. art. 26, c. 2, lett. a), l.r. n. 10/1999).
2.2. Per quanto attiene alla ragionevolezza del termine per l’esercizio del
potere di autotutela, il concetto individuato dal legislatore è volutamente
elastico ed adattabile al singolo caso di specie (v. T.a.r. Puglia – Bari, Sez.
III, 13 gennaio 2012, n. 184), per cui in materia di usi civici, a fronte della
necessaria verifica dell’esistenza di contrapposte situazioni di fatto
consolidatesi da lungo tempo, non si rinvengono ragioni ostative
all’eventuale riesame, laddove il rinnovo dell’istruttoria conduca a desumere
l’esistenza di una situazione di fatto diversa da quella inizialmente
prospettata.
2.3. Per quanto attiene alla questione dell’interesse pubblico, ritiene
preliminarmente il Collegio di riportare le condivisibili argomentazioni
espresse in materia di usi civici da questo T.a.r., sez. II, con sentenza 5
dicembre 2008, n. 1695, ove si legge testualmente: “Stante la finalizzazione
alla tutela di un interesse collettivo, gli usi civici sono caratterizzati da forti vincoli di
inalienabilità e imprescrittibilità. In materia, si è sviluppata, a partire dalla seconda
metà del secolo XIX, una tendenza alla soppressione degli stessi, nel senso di liquidare
gli usi gravanti su beni privati e di sciogliere le promiscuità, rispettando di contro ed,
anzi, incrementando gli usi sui beni comuni e su quelli delle comunità agrarie.
Significativa è, in tal senso, la disciplina generale di cui alla legge 1766/1927, le cui
disposizioni (vedi in particolare l’art. 9) consentono di qualificare il provvedimento di
concessione della legittimazione della occupazione quale atto facoltativo e non obbligatorio
(in tal senso T.a.r. Campania-Salerno, 23 marzo 2004, n. 214). Trattasi, infatti, di
determinazione caratterizzata da una forte discrezionalità, la quale, in presenza dei
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requisiti normativamente previsti può e non deve essere adottata, dovendosi riconoscere,
conseguentemente al richiedente una posizione di mera aspettativa. Tale qualificazione
trova, peraltro, una giustificazione nella circostanza che con la legittimazione viene meno
il regime di inalienabilità ed imprescrittibilità delle terre, che diventano private, gravate
da un canone affrancabile di natura enfiteutica.”.
Alla luce dei superiori principi, si desume che il primario interesse pubblico
che avrebbe dovuto essere perseguito dal Commissario per la liquidazione
degli usi civici nella sua funzione lato sensu giurisdizionale - nell’ambito del
procedimento avviatosi a seguito dell’istanza di legittimazione - e più
propriamente amministrativa - nell’ambito del procedimento avviatosi a
seguito dell’istanza di riesame presentata dai ricorrenti - avrebbe dovuto
essere quello alla verifica della sussistenza o meno dei presupposti per
riconoscere la legittimazione della presunta occupazione dei sig.ri Galioto e
La Rosa.
Questo interesse pubblico costituisce quindi un quid pluris rispetto a quello
del mero ripristino della legalità, di per sé non sufficiente per
l’accoglimento dell’istanza di riesame (cfr., ex multis, con riferimento, in
generale all’art. 21 nonies l. n. 241/90: Consiglio Stato, sez. IV, 4 marzo
2011, n. 1414; T.a.r. Lazio-Roma, sez. II, 7 luglio 2010, n. 23285; T.a.r.
Lazio-Roma, sez. II bis, 20/6/2008, n. 6078).
Di esso non si tiene conto nel provvedimento di rigetto dell’istanza di
riesame.
2.4. Per quanto attiene ai contrapposti interessi dei ricorrenti e dei
controinteressati non spetta all’adito giudice valutarli, ma spetterà al
Commissario liquidatore degli usi civici in sede di rinnovo del potere,
conformemente ai principi espressi in sentenza ed in particolare
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dell’obbligo di svolgere una adeguata istruttoria e di perseguire il superiore
interesse pubblico alla verifica della sussistenza o meno dei presupposti per
riconoscere la legittimazione della presunta occupazione dei sig.ri Galioto e
La Rosa.
3. Segue dalle considerazioni che precedono che il ricorso deve essere
accolto, nei limiti di cui in motivazione, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti
dell’amministrazione intimata.
Tenuto conto della complessità e parziale novità delle questioni trattate, e
della circostanza che le prospettazioni dei ricorrenti sono state ritenute
fondate solo in parte, ritiene il Collegio che sussistano le eccezionali ragioni
di cui all’art. 92, c. 2, c.p.c. per compensare le spese tra le parti costituite
(tranne per quanto attiene alla rifusione del contributo unificato da porsi a
carico delle Amministrazioni regionali resistenti le quali non hanno offerto
alcun apporto difensivo omettendo di spiegare difese scritte) e per
dichiararle irripetibili nei confronti delle parti non costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione terza,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie
nei sensi di cui in motivazione, per gli effetti annullando i provvedimenti
impugnati.
Spese compensate tra le parti costituite, tranne per quanto attiene alla
rifusione del contributo unificato, da porsi a carico, in solido,
dell’Assessorato regionale delle Risorse Agricole ed Alimentari e del
Commissario per la Liquidazione degli Usi Civici della Sicilia.
Spese irripetibili nei confronti delle parti non costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2012
con l'intervento dei magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente
Federica Cabrini, Consigliere, Estensore
Pier Luigi Tomaiuoli, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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