Download - INCONTRI DI SCIENZA E VARIA UMANITA

Dott. Renzo Balugani.
Psicologo, Neuropsicologo, Psicoterapeuta.
Iscrizione 3169 Ordine Psicologi Emilia Romagna
Ve de r e l ipnosi
Trance, psicofisiologia e neuroimmagine
INDICE
Pag 1: Premessa e definizioni
Pag 4: I metodi psicofisiologici
Pag 5: L elet t roEncefalogram m a
Pag 7: I Potenziali Evocati
Pag 10: I metodi di neuroimmagine
Pag 10: TAC e RM: anatomia del cervello
Pag 13: TEP e RMf: la fisiologia del cervello
Pag 16: Bibliografia
L idea di una localizzazione corticale di funzioni specifiche doveva
trovare il modo di essere riconosciuta contro la nozione prevalente
alla fine del secolo scorso che la corteccia fosse funzionalmente
uniforme. Nella scienza le più accese discussioni, come questa, non
finiscono con la vittoria assoluta di una delle due parti. In questo
caso il nostro pensiero ha acquistato nuove sfumature dalle tecniche
moderne basate sull elettronica, la scienza responsabile dell uso dei
microelettrodi e del microscopio elettronico. Oggi noi ci rendiamo
conto che ci sono funzioni altamente localizzate, stratagemmi
se
così si può dire
che solo certi aggregati di cellule possono mettere
in atto, come funzioni che richiedono l attivazione di molte aree
corticali ampiamente separate.
[R. Granit, Le finalità del cervello, 1977]
Premessa e definizioni
Scopo di questo lavoro è quello di illustrare i principali metodi di indagine
psicofiologica e di neuroimmagine ed il loro contributo allo studio dell ipnosi: a
tal fine, dopo una descrizione degli stessi, verranno riportati esempi di
applicazioni pratiche tratte dalla letteratura scientifica.
Nello sfogliare la cardinale opera del Granone
Trattato di Ipnosi , ci viene
proposta una prima lettura della cifra psicofisiologica, ed è esattamente da
questa lettura che questo lavoro vuol prendere le mosse per avvicinarsi al
delicato tema che può così essere sintetizzato: Cosa succede durante quel
particolare
stato
modificato
di
coscienza
chiamato
ipnosi?
Cosa
lo
contraddistingue e lo differenzia da altri stati, ad esso apparentemente simili,
dal punto di vista del funzionamento cerebrale?
Preliminarmente
al
nostro
interesse
per
il
funzionamento
dell apparato
cerebrale, abbracciamo la definizione che Granone ci offre dell ipnotismo,
identificando con esso la possibilit à di indurre in un sogget t o un part icolare
st at o psicofisico che perm et t e di influire sulle condizioni psichiche, som at iche e
viscerali del sogget t o st esso, per m ezzo del rapport o creat osi fra quest i e
l ipnot izzat ore . Già la genericità della definizione tradisce una cautela motivata
dall estrema
varietà
della
fenomenologia
ipno
tica che, almeno dal punto di vista comportamentale, può in effetti contemplare
fenomeni di natura e grado molto dissimili tra loro. Difatti, raro è che il termine
ipnosi campeggi senza ulteriori specificazioni, per lo più sottoforma di
aggettivazioni che ne specifichino il grado: la distinzione di un ipnosi profonda
da una leggera è divenuta peraltro oggetto di una diffusissima scala di misura,
la Stanford Scale of Hypnotic Susceptibility, utilizzata per lo più in studi
sperimentali come tentativo di offrire la misurazione puntuale e standardizzata
di un fenomeno che ha molto dello sfuggente e del qualitativo - se una cosa ha
insegnato Milton Erickson, vale la pena ricordarlo, è che la capacità di produrre
tale o talaltro fenomeno ipnotico, lungi dall indurci a catalogare il soggetto come
buon soggetto ipnotico, è una caratteristica individuale che attiene più al campo
delle differenze individuali che non a quello delle abilità.
Tra le varie ipotesi esplicative del fenomeno ipnotico che l autore offre nella sua
opera, scegliamo di riportare le interpretazioni fisiologiche, in linea con
l argomento di questa trattazione. Questo indirizzo fu iniziato da Pavlov che in
Lezioni sull attività degli emisferi cerebrali del 1927 assimila l ipnosi ad un
riflesso condizionato. La suggestione non sarebbe altro che uno dei possibili
riflessi
condizionati,
evocato
dalla
parola
come
stimolo.
Attraverso
il
condizionamento, quindi, non ci sarebbe alcuna funzione che non possa essere
facilitata, inibita o cambiata mediante mezzi verbali. In questo il fisiologo russo
riprenderebbe il pensiero di Brown-Sequard, Liébeault e Beaunis del sonno
parziale, secondo i quali nello stato ipnotico si manifesterebbe una parziale
inibizione del funzionamento corticale, con la persistenza, però, di punti vigili
che permetterebbero il rapporto del soggetto con l ipnotista. Analoga la
posizione di Das, che vede l ipnosi come uno stato di inibizione corticale parziale
e condizionata.
Nel tentativo di individuare le strutture cerebrali che sottendono al fenomeno
ipnotico, Granone propone due zone di importanza predominante: la corteccia
cerebrale e la zona diencefalo-mesencefalica. Rifacendosi a Carlo Ceni,
sottolinea come determinate aree corticali possano fungere da centri per
l accesso alle regolazioni somato-viscerali; tra esse spiccherebbero in particolare
i lobi frontali. E
sempre in chiave di riflessi condizionati, poi, che si
spiegherebbe l assuefazione all ipnosi, ossia la crescente facilità con cui essa si
possa indurre successivamente, in funzione cioè di uno nesso associativo
sempre più facilitato tra lo stimolo ipnogeno e la risposta congrua del soggetto.
Nonostante la ricerca di conferme sperimentali sulla funzione di tali centri non
abbia dato fino a tempi piuttosto recenti gli esiti sperati, il Granone conclude Ci
pare quindi abbastanza verosimile affermare, in base a quanto è stato esposto
fin qui, che uno dei substrati anatomo-fisiologici, per cui in ipnosi la psiche
influisce sul soma, è quello della corteccia cerebrale e delle vie da essa
efferenti . I secondi possibili candidati a presiedere ai processi ipnotici (ed agli
innumerevoli intrecci psico-somatici che durante tale condizione hanno luogo)
sarebbero l ipotalamo ed il diencefalo: la loro centralità risiederebbe nella vasta
messe di dati sperimentali che attribuisce ad essi una centralità assoluta nella
genesi, pecezione e regolazione delle emozioni, con tutte le loro connotazioni
somatiche e viscerali. L emozione assurgerebbe a paradigma esemplare per
indagare la fenomenologia ipnotica, essendo essa la risultante integrata delle
dimensioni cognitiva, somatica e viscerale.
Nel prossimo paragrafo vedremo quanto di queste ipotesi sia verificato, e
quanto rimanga ancora insondabile.
All impegno di quegli studiosi interessati a fondare il fenomeno degli stati
modificati di coscienza dal punto di vista neurofisiologico, va riconosciuto il
merito di aver raffinato la speculazione teorica e averla tradotta in percorribili
ipotesi
di
ricerca
da verificare (o
meglio, popperianamente,
falsificare)
avvalendosi dei più potenti e avanzati metodi di neuroimmagine.
I metodi psicofisiologici
Negli ultimi cento anni sono stati condotti molti studi con l intento di registrare
le modificazioni indotte dall ipnosi su una serie di parametri psicofisiologici. Tra
questi i più utilizzati sono stati la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, il
tono muscolare, la conduttanza cutanea, il tono simpatico/parasimpatico, la
frequenza respiratoria, ed il loro impiego ha messo in evidenza l efficacia
dell ipnosi nell interferire nella direzione voluta (in senso, cioè, eccitatorio o
inibitorio) su queste funzioni fisiologiche di base. Ma è con l interesse a
registrare qualità e quantità delle modificazioni dell attività cerebrale che si sono
compiuti i passi più sorprendenti e illuminanti, quelli cioè che ci hanno
avvicinato
ad
una
comprensione
sempre
maggiore
dei
meccansimi
neurofisiologici che sottostanno al fenomeno ipnotico.
In particolare, questo filone di ricerca si è avvalso della registrazione dell attività
elettrica dell encefalo, attraverso i metodi dell Elettroencefalogramma (EEG),
scoperto da Berger nel 1929, e dei Potenziali Evocati (PE) evento relati, una
derivazione dell EEG individuata da P.A. Davis nel 1939 e sviluppata nella sua
forma definitiva a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta. Se le prime
applicazioni di queste metodiche ebbero il grande merito di individuare i
correlati elettrici della veglia e del sonno (permettendone altresì la distinzione
nelle sue sottofasi), in un secondo momento hanno anche permesso ai
ricercatori di distinguere qualitativamente e quantitativamente gli stati di
coscienza che differiscono sia dalla veglia che dal sonno (rilassamento, trance,
meditazione, etc.).
L Ele t t r oEnce fa loGr a m m a
L EEG è una registrazione che si compie a mezzo di elettrodi posti sul cuoio
cappelluto secondo una disposizione codificata da un sistema standard
internazionale: è caratterizzato da onde sincronizzate dovute alle modificazioni
del potenziale di membrana dei neuroni e delle loro espansioni dendritiche. Esso
permette di identificare la condizione di veglia, dominata da un ritmo di base di
circa 10 cicli al secondo, sul quale si sovrappongono piccole onde irregolari; già
Berger fu in grado di osservare che queste onde diventano più piccole e
raggiungono la frequenza maggiore qualora venga impegnata l attenzione del
soggetto. Diversamente dalla veglia a riposo, lo stato di sonno profondo è
contraddistinto
da
onde
lente
di
grande
ampiezza.
La
differenza
più
macroscopica tra il sonno e la trance ipnotica sarebbe che mentre nel primo
l inibizione della sost anza ret icolare ascendent e porta all addormentamento e ad
un interruzione del flusso degli stimoli ambientali dalla periferia al centro, nella
seconda tale inibizione non sarebbe totale, e verrebbe mantenuta una certa
permeabilità delle stimolazioni esterne (la voce dell ipnotista), oltre che un
restringimento del campo di coscienza e non una sua perdita definitiva. Il punto
di contatto più importante tra sonno e trance è quello che assimila quest ultima
ad
uno
stato
ipnoide,
crepuscolare,
molto
simile
allo
stadio
dell addormentamento. In essa, ad alcuni fenomeni tipici del sonno (aumentata
sincronizzazione
con
comparsa di ritmo
aumenti
dell attività
,
diminuzione
dell attività
,
) se ne assocerebbero altri comunque propri dello stato di
veglia (mantenimento delle onde , assenza di complessi K e di fusi del sonno);
questi reperti suggerirebbero una volta di più la specificità della trance ipnotica
ed il suo trovarsi a confine, a cavallo tra il sonno e la veglia.
L EEG e le diffe r e nze e m isfe r iche in ipnosi
A titolo di esempio riportiamo i risultati della spesso citata ricerca della studiosa
ungherese Eva Banyai dal titolo Interaction between hypnotist and subject: a
social psychophysiological approach . Nel tentativo di mettere a confronto
l accoppiamento dell attività elettrica cerebrale di ipnotista e soggetto, la
studiosa ha effettuato registrazioni elettroencefalografiche (oltre ad altre
fisiologiche) nei due partecipanti ed ha riscontrato differenze tra di essi
nell attività dei due emisferi, oltre che differenze nel soggetto in stato di ipnosi
profonda o leggera. L indicazione è che la dominanza dell attività nell emisfero
destro possa essere caratteristica dello stato di ipnosi profonda, mentre l attività
dell emisfero sinistro deporrebbe per un mantenimento del controllo sulla
situazione, come riscontrabile nell EEG dell ipnotista e del soggetto in trance
leggera. Altri risultati sovrapponibili, per quel che concerne la differenza
nell attività elettrica dei due emisferi cerebrali, sono stati riportati in letteratura
più recentemente (Gruzelier, 1990; Meszaros e Szabo, 1999); questi dati
confermano che nei soggetti altamente ipnotizzabili un attività elettrica più
marcata si riscontra nelle regioni parieto-temporali dell emisfero destro rispetto
a quelle controlaterali, mentre soggetti con bassa suscettibilità mostrano un
pattern di attivazione invertito, o tutt al più bilanciato.
Ciò riceverebbe inoltre conferma dalle risultanze della neuropsicologia e della
neurologia clinica, secondo le quali l emisfero destro sarebbe deputato ad una
modalità di pensiero immaginativa, automatica, analogica, emotiva e olistica.
I Potenziali Evocati
L avvento dei calcolatori e la possibilità di operare computazioni via via più
potenti e complesse, ha permesso di registrare l attività elettrica generata in
risposta a stimolazioni esterne: questa attività prende il nome di Potenziali
Evocati (PE) evento relati. Il metodo consente, attraverso una serie di
registrazioni, di estrarre il segnale puntuale generato da una stimolazione
(tattile, ad esempio) operando una media tra tutte le registrazioni, ed
annullando così il disturbo generato dal rumore di fondo (che altro non è se non
l attività elettrica di fondo del cervello). Questo calcolo si chiama averaging:
esso ha estrae le caratteristiche (latenza, ampiezza, frequenza) delle onde
generate dalla stimolazione ambientale. Tipicamente, in seguito ad uno stimolo
discernibile dal paziente si registrano una serie di pot enziali di cam pi rem ot i,
piccole onde che si presentano dopo una latenza di pochi millisecondi ed
invarianti rispetto allo stimolo: questi potenziali rappresentano la risposta
generata dalle strutture del tronco dell encefalo; in seguito abbiamo la
comparsa della P300, un onda positiva che si verifica sempre, solitamente dopo
circa 300 millisecondi da uno stimolo significativo per il soggetto.
Per quanto riguarda il fenomeno dell ipnosi, numerosi studi sono stati condotti
per verificare l eventuale influenza di questa condizione della coscienza sulle
onde caratteristiche; in particolare, riferiremo dei risultati ottenuti utilizzando il
paradigma dell allucinazione negativa.
I PE e l a llucina zione ne ga t iva
Secondo il quale ai sogetti viene suggerito, in stato di trance, di escludere
sistematicamente dalla coscienza certi stimoli presentati, o certe caratteristiche
degli stimoli presentati. L ipotesi di fondo, testata fin dagli anni ottanta, è che
qualora la procedura ipnotica funzioni, e il soggetto riesca autenticamente ad
ignorare ciò che gli è stato indotto di ignorare, differenze devono essere
documentabili a carico delle caratteristiche dei Potenziali Evocati. I risultati sono
stati contraddittori: Bauer et al. (1980), Zakrzewski e Szelenberger (1981),
Spiegel et al. (1985, 1989), Arendt-Nielsen et al. (1990) e De Pascalis (1994)
hanno riportato un decremento nell ampiezza delle componenti tardive dei PE in
fase allucinatoria; Barabasz e Lonsdale (1983) hanno riscontrato invece un
aumento dell ampiezza della P300; Halliday e Mason (1964), Beck e Barolin
(1965), Beck et al. (1966), Amadeo e Yanovski (1975), Andreassi et al. (1976)
e Meier et al. (1993), infine, non hanno rilevato nessun cambiamento nei PE.
Uno studio più recente, condotto da Lamas e Valle-Inclàn (1998) ha messo in
evidenza
come
tutti
i
precedenti
fossero
criticabili
dal
punto
di
vista
metodologico, e le loro conclusioni fossero equivocabili. Infatti, ad eccezione
degli studi che prevedevano l impiego di stimoli dolorosi, per gli altri sono leciti i
dubbi di una compliance esplicita, intenzionale, da parte del soggetto e che quel
che si intendeva misurare non fosse l effetto della condizione di trance: una
disattenzione nei confronti del compito potrebbe così aver generato quelle
alterazioni a carico della P300 (diminuzione dell ampiezza e aumento della
latenza). Questa incongruenza è stata eliminata tramite una suggestione non
per lo stimolo target, ma per un altro stimolo (o per un attributo irrilevante
dello stimolo target) il processamento del quale è noto influenzare le risposte.
La
separazione
di
effetti
non
specifici
da
cambiamenti
specifici
nel
processamento dello stimolo allucinato può quindi essere attribuita utilizzando
una combinazione di due fenomeni sperimentali, di cui solo uno è correlato alla
suggestione. Quindi, cambiamenti nel fenomeno rilevante possono essere
interpretati come specifici solo se occorrono indipendentemente da cambiamenti
nel
fenomeno
irrilevante.
Gli
studiosi
hanno
utilizzato,
come
fenomeni
sperimentali, l effet t o di incom pat ibilit à col dist urbo e l effetto Simon. Il primo
consiste nell allungamento dei tempi di reazione ad uno stimolo quando questo
è accompagnato da stimoli irrilevanti ed incompatibili con la risposta che siano
presentati a non più di 2° di angolo visivo di distanza dallo stimolo saliente. Il
secondo prevede che i tempi di reazione siano più lunghi quando la
localizzazione spaziale dello stimolo sia incompatibile con quella della risposte
richieste.
Il disegno dello studio prevedeva che al soggetto fossero mostrati stimoli rossi
sul lato sinistro o destro dello schermo e che dovesse rispondere ad essi con la
mano sinistra o destra. Contestualmente a essi, venivano presentati anche
stimoli verdi, a non più di 2° di distanza: l allucinazione negativa oggetto della
suggestione riguardava proprio questi stimoli. La tesi sottostante è che qualora
la suggestione ipnotica fosse stata efficace e specifica, avrebbe dovuto
contribuire a diminuire l effetto di incompatibilità col disturbo, ma non l effetto
Simon. Ovvero, il soggetto non avrebbe mostrato aumentate latenze di risposta
causate dal disturbo degli stimoli verdi (perché l allucinazione negativa gli
permetteva di escluderli), ma avrebbe mostrato aumentate latenze in presenza
delle condizioni dell effetto Simon, ossia dovendo rispondere con la mano
sinistra a stimoli presentati a destra dello schermo e viceversa. Inoltre, in caso
di inefficacia, sarebbero stati registrati tempi di reazione molto ritardati, poichè
è noto che i due fenomeni hanno effetto cumulativo.
Quando gli elementi distrattori (stimoli verdi e inversione di lato per stimolo e
risposta) venivano presentati in stato vigile, essi causavano gli effetti attesi
nell aumentare le latenze. Lo stesso non si verificava in ipnosi, che mostrava di
avere un effetto aspecifico nel provocare aumento della velocità di reazione, con
picchi nell uso della mano sinistra (vedi la discussione dello studio di E. Banyai
circa la facilitazione dell emisfero destro in ipnosi). Inoltre veniva suffragata
l ipotesi della specificità dell ipnosi: i tempi di reazione e le caratteristiche di
latenza e ampiezza dell onda P300 deponevano per una influenza nulla
dell effetto di incompatibilità col disturbo, mentre i previsti allungamenti di
risposta e cambiamenti della P300 si registravano per l effetto Simon, non
oggetto di suggestione.
Effetto di incompatibilità col
disturbo (stimoli verdi
attigui a stimoli target rossi)
Effetto Simon (inversione di
sinistra e destra tra
presentazione dello stimolo
e risposta richiesta)
Figura 1: Esperimento di Lamas e Valle-Inclàn
Questi risultati sono stati interpretati, quindi, come l effetto dell allucinazione
negativa, che ha influito selettivamente ed unicamente sull oggetto della
suggestione, mostrandosi assolutamente ininfluente sugli esiti dell effetto
Simon.
I metodi di neuroimmagine
Gli ulteriori sviluppi della tecnologia applicata alla medicina, ed in particolare la
radiodiagnostica prima e le tecniche di Risonanza Magnetica poi, ci hanno
permesso di approfondire ulteriormente lo sguardo sul cervello, sia dal punto di
vista anatomico che da quello funzionale.
TAC e RM: anatomia del cervello
La tomografia assiale computerizzata (TAC) è la madre di queste tecniche di
neuroimmagine:
consente
la
essa
è
una
visualizzazione
procedura
radiografica
tridimensionale
del
computerizzata
cervello;
che
attraverso
un apparecchiatura che compie radiografie a raggi X successive, fornisce una
serie di immagini di sezioni orizzontali di un cervello vivente che, viste in
sequenza ne rivelano la conformazione. Tuttavia, le scansioni TAC non possono
competere con la risoluzione e la precisione delle immagini ottenute tramite
Risonanza Magnetica (RM). Questa non si basa su una tecnica radiografica: le
immagini vengono infatti costruite a partire dalla misurazione delle onde
emesse dagli atomi di idrogeno attivati da onde di radiofrequenza all interno di
un campo magnetico. La grande risoluzione di queste immagini è resa possibile
dal fatto che le diverse strutture cerebrali hanno composizione chimica diversa,
e
quindi
percentuali
diverse
di
idrogeno
al
loro
interno:
osservando
un immagine di RM è così possibile distinguere, ad esempio, la sostanza bianca,
quella grigia e gli spazi ventricolari, ognuno con colorazioni differenti.
Il callo del virtuoso: uso della RM
A questo punto ci si potrebbe chiedere in che cosa mai queste tecniche di
immagine anatomica possano essere di aiuto nell approfondimento delle
conoscenze nel campo dell ipnosi. Ebbene, la curiosità verrà soddisfatta
illustrando i risultati di un recentissimo studio che si è avvalso della RM per
investigare le possibili differenze anatomiche in soggetti con un grande talento
ipnotico rispetto a soggetti con capacità ipnotiche più modeste. James E. Horton
e collaboratori (Horton et al., 2004), partendo da un analisi dei dati di
letteratura, hanno rilevato che i soggetti altamente ipnotizzabili (secondo una
valutazione con scala Stanford) dimostrano di possedere un sistema di controllo
attentivo frontale più efficiente rispetto a soggetti normali: hanno tempi di
reazione più veloci in compiti complessi di decision-making (Acosta e Crawford,
1985; Mészàros et al., 1989; Crawford et al, 1995) e tempi di latenza inferiori
in alcune componenti dei potenziali evocati acustici, visivi e somatosensoriali
(DePascalis, 1994; Crawford et al., 1998; Nordby et al., 1999). Inoltre questi
soggetti sono quelli che, attraverso registrazioni EEG, mostrano le più ampie
asimmetrie emisferiche e la maggiore specializzazione emisferica per alcuni
compiti attentivi (MacLeod-Morgan e Lack, 1982; Meszaros et al., 1989;
Crawford, 1990; Sabourin et al., 1990; Crawford et al., 1996).
Le abilità cognitive di monitoraggio e controllo del processamento delle
informazioni sono implementate principalmente nei lobi frontali: la corteccia
prefrontale dorsolaterale presiede al controllo esecutivo diretto allo scopo
(eccitazione, inibizione, flessibilità cognitiva, monitoraggio delle performances e
dei segnali in ingresso, selezione delle informazioni che devono accedere alla
corteccia e divenire consapevoli), mentre la corteccia orbitofrontale è supposta
essere implicata nel controllo esecutivo delle risposte emotive codificate
primariamente in altre regioni dell encefalo.
Un altro filone di ricerche, quello che indaga il funzionamento del cervello in
vivo attraverso metodiche di Risonanza Magnetica funzionale e TEP (per una
descrizione
vedere
prossimo
paragrafo)
ha
utilizzando
il
paradigma
dell analgesia ipnotica per osservare le modificazioni dell attività cerebrale in
soggetti altamente ipnotizzabili che riescono ad eliminare la percezione
dolorifica e lo stress causato da stimoli nocicettivi: la regione frontale di questi
soggetti mostrava, in tutti gli studi invariabilmente, un aumentata attivazione.
Per questa ragione Horton e collaboratori hanno utilizzato l abilità a ridurre gli
stimoli dolorosi per distinguere un campione di soggetti altamente ipnotizzabili
(AI) da quelli scarsamente ipnotizzabili (SI). Essi hanno incluso nel primo
gruppo quelli che precedentemente avevano dimostrato capacità di controllo
inibitorio nel senso della completa eliminazione dalla consapevolezza della
percezione di dolore e stress in risposta ad uno stimolo dolorifico sperimentale,
e nel secondo gruppo i soggetti che non mostravano questa capacità.
Ebbene, attuando scansioni di RM e ponendo a confronto le dimensioni medie
dei cervelli dei due gruppi (essenzialmente delle strutture ritenute implicate nel
controllo delle informazioni nocicettive), è stato possibile rilevare una differenza
anatomica di entità statisticamente significativa tra i soggetti AI e quelli SI. Il
gruppo dei primi, infatti, mostrava dimensioni maggiori nel Rostro del Corpo
Calloso, la porzione anteriore del più importante fascio di fibre di connessione
interemisferica (vedi Figura 2).
M
4
5
3
6
2
7
1
M
Figura 2: Schema del corpo calloso. Il rostro corrisponde al settore 2.
I risultati suggeriscono che il rostro, in concerto con le cortecce frontali, possa
giocare un ruolo cruciale nel dispiegamento del controllo attentivo ed inibitorio:
l interazione interemisferica, infatti, potrebbe essere utilizzata come strategia
generale per facilitare la flessibilità cognitiva ed il controllo esecutivo. questa
sezione del corpo calloso, infatti è nota per racchiudere fibre di comunicazione
tra le cortecce orbitofrontali e dorsolaterali dei due emisferi. Un recente modello
di filtraggio dinamico propone che la corteccia orbitofrontale controlli il filtraggio
e l accesso dell attività neurale associata con eventi attivanti (Rule et al., 2002),
mentre la corteccia dorsolaterale eserciterebbe un monitoraggio per ottenere un
controllo efficiente della cognizione in presenza di stimoli interferenti.
Ecco che l utilizzo di tecniche di indagine anatomica ha permesso di ipotizzare
che il talento ipnotico sia biologicamente determinato.
TEP e RMf: la fisiologia del cervello
Rispetto alle immagini TAC, le scansioni TEP (Tomografia ad Emissione di
Positroni) sono assimilabili a radiografie in fieri: esse informano sull attività
metabolica del cervello. Al paziente viene iniettato del 2-deossiglucosio
radioattivo, che a causa della sua somiglianza col glucosio, alimento primario
del metabolismo cerebrale, viene assorbito più rapidamente dai neuroni più
attivi, che consumano più energia. Speciali detettori rilevano la maggiore o
minore presenza di questo isotopo radioattivo nei vari distretti cerebrali,
informandoci del loro stato di attività. Così, se una TEP viene eseguita mentre
un paziente è impegnato nella lettura, l immagine evidenzierà le aree del
cervello più attive durante quella particolare attività. Viene da sé il grande
interesse che questo metodo di neuroimmagine ha suscitato rispetto ai più
attuali temi di ricerca sulla cognizione in generale e, nel nostro caso, sul
funzionamento cerebrale in stato ipnotico.
Dolore e analgesia ipnotica: uno studio TEP
Wik e collaboratori hanno proposto ad un gruppo di pazienti affetti da
fibromialgia (una patologia cronica ad eziologia ignota che comporta la
percezione di dolore localizzato in tessuto muscoloscheletrico normale) di
sottoporsi a scansioni TEP in stato di veglia ed in stato di trance per misurare le
eventuali differenze osservabili nel metabolismo cerebrale in rapporto alla
suggestione di analgesia. Lo scopo era raccogliere evidenze a favore di uno dei
possibili modelli esplicativi dell analgesia ipnotica, sostanzialmente riconducibili
ai seguenti tre: 1) vie di controllo nocicettivo discendenti talamo-spinali mediate
da oppiati endogeni (Jessel e Kely, 1991); 2) riduzione della consapevolezza del
dolore, una volta che la nocicezione ha raggiunto i livelli di processamento più
alti (Hilgard e Hilgard, 1983); 3) attivazione di un sistema di controllo
gerarchico del dolore che utilizza i due meccanismi sopra descritti: attività
antinocicettiva
operata da meccanismi spinali e processi che limitano la
consapevolezza del dolore una volta che questo sia giunto a livello corticale
(Kiernan et al., 1995).
I
pazienti
sottoposti
alla
registrazione
TEP
hanno
dichiarato
di
aver
sperimentato meno dolore durante lo stato di trance rispetto allo stato di veglia.
Il flusso ematico cerebrale era aumentato bilateralmente nella corteccia
orbitofrontale e nella corteccia subcallosale del cingolo, nel talamo destro, e
nella corteccia parietale inferiore sinistra; era inoltre diminuito bilateralmente
nella corteccia cingolata. I risultati sono in linea con quelli di un precedente
studio di Crawford et al. (1993), e sono coerenti con il modello integrato
esposto al punto 3, proposto da Kiernan et al.. Infatti, tutti gli incrementi di
metabolismo erano correlati all attività delle strutture del sistema limbico; la
maggiore
attivazione
del
talamo
durante
l analgesia
ipnotica,
poi,
ne
confermerebbe il ruolo di interruttore dei segnali nocicettivi: esso sarebbe
deputato a bloccare questo flusso sotto l influenza del sistema antinocicettivo
discendente descritto sopra. In concomitanza, l ipoattività della corteccia
cingolata confermerebbe il suo ruolo nell integrare stimoli afferenti da diverse
vie sensoriali per poi dare loro delle connotazioni emotive ed attentive. Un dato
clinico concorda con questo risultato: pazienti sottoposti ad ablazione della
corteccia cingolata continuavano a percepire il dolore, ma lo stress collegato era
notevolmente ridotto. Infine, l attivazione della corteccia parietale posteriore è
già stata segnalata da altri studi TEP, oltre che da considerazioni cliniche circa
pazienti che conseguentemente ad infarto in quest area iniziavano a provare
dolore. Queste risultanze, nel loro insieme, supporterebbero la teoria neodissociativa (Hilgard e Hilgard, 1983): in quest area corticale risiederebbero i
meccanismi che servono a limitare la consapevolezza del dolore, una volta che il
segnale abbia raggiunto i centri più alti di elaborazione.
RM f: st a t o de ll a r t e e pr ospe t t ive
La Risonanza Magnetica funzionale, infine, è la più recente e sofisticata
metodica di neuroimmagine funzionale: essa ci permette di analizzare lo stato
di attività dell encefalo con un potere di risoluzione molto maggiore a quello
permesso dalla metodica TEP, e con una rapidità di acquisizione che rende
meglio intelligibili i processi cognitivi nel loro svolgersi. A tutt oggi, tuttavia, non
sono noti a chi scrive studi che abbiano impiegato questa metodica nell indagine
del fenomeno dell ipnosi: un elegante articolo di Dietrich del 2003 che esamina
la letteratura (aggiornata al 2002) alla ricerca di prove o confutazioni della
ipotesi dell ipofrontalità transitoria a spiegazione degli stati alterati di coscienza,
non cita studi di RMf condotti con soggetti in stato di trance. Alcuni studi di RMf
sono invece stati condotti per investigare le specificità della meditazione,
trovando che durante questo stato alterato di coscienza si attivano aree corticali
che presiedono al dispiegamento dell attenzione ed al controllo del sistema
nervoso autonomo (Lazar, 2000; Barinaga, 2003).
La tecnica, di recente messa a punto e di ancora parziale diffusione, è costosa,
ed è comprensibile che attorno ad essa ruotino interessi ben più decisivi rispetto
al desiderio di conoscere e capire; questo desiderio, va da sé, non ha da offrire
tornaconti economici immediati in grado di ripagarne il prezzo meramente
economico. Certo, questa lacuna verrà colmata, e presto l impiego delle
tecniche di neuroimmagine potrà gettare nuova luce su un mondo ancora da
esplorare e poco compreso.
Qualche riga per un ultima considerazione: chi scrive auspicherebbe che
all interno dei paradigmi di studio nel campo dell ipnosi, e soprattutto in
previsione dell utilizzo diffuso della Risonanza Magnetica funzionale, tornasse ad
affacciarsi la dimensione relazionale dell ipnosi: essa, infatti, è la sola che già a
livello fenomenologico la distingue da altri stati modificati di coscienza, ed in
seconda battuta ne fonda e giustifica la natura intrinsecamente terapeutica.
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