Dott. Renzo Balugani. Psicologo, Neuropsicologo, Psicoterapeuta. Iscrizione 3169 Ordine Psicologi Emilia Romagna Ve de r e l ipnosi Trance, psicofisiologia e neuroimmagine INDICE Pag 1: Premessa e definizioni Pag 4: I metodi psicofisiologici Pag 5: L elet t roEncefalogram m a Pag 7: I Potenziali Evocati Pag 10: I metodi di neuroimmagine Pag 10: TAC e RM: anatomia del cervello Pag 13: TEP e RMf: la fisiologia del cervello Pag 16: Bibliografia L idea di una localizzazione corticale di funzioni specifiche doveva trovare il modo di essere riconosciuta contro la nozione prevalente alla fine del secolo scorso che la corteccia fosse funzionalmente uniforme. Nella scienza le più accese discussioni, come questa, non finiscono con la vittoria assoluta di una delle due parti. In questo caso il nostro pensiero ha acquistato nuove sfumature dalle tecniche moderne basate sull elettronica, la scienza responsabile dell uso dei microelettrodi e del microscopio elettronico. Oggi noi ci rendiamo conto che ci sono funzioni altamente localizzate, stratagemmi se così si può dire che solo certi aggregati di cellule possono mettere in atto, come funzioni che richiedono l attivazione di molte aree corticali ampiamente separate. [R. Granit, Le finalità del cervello, 1977] Premessa e definizioni Scopo di questo lavoro è quello di illustrare i principali metodi di indagine psicofiologica e di neuroimmagine ed il loro contributo allo studio dell ipnosi: a tal fine, dopo una descrizione degli stessi, verranno riportati esempi di applicazioni pratiche tratte dalla letteratura scientifica. Nello sfogliare la cardinale opera del Granone Trattato di Ipnosi , ci viene proposta una prima lettura della cifra psicofisiologica, ed è esattamente da questa lettura che questo lavoro vuol prendere le mosse per avvicinarsi al delicato tema che può così essere sintetizzato: Cosa succede durante quel particolare stato modificato di coscienza chiamato ipnosi? Cosa lo contraddistingue e lo differenzia da altri stati, ad esso apparentemente simili, dal punto di vista del funzionamento cerebrale? Preliminarmente al nostro interesse per il funzionamento dell apparato cerebrale, abbracciamo la definizione che Granone ci offre dell ipnotismo, identificando con esso la possibilit à di indurre in un sogget t o un part icolare st at o psicofisico che perm et t e di influire sulle condizioni psichiche, som at iche e viscerali del sogget t o st esso, per m ezzo del rapport o creat osi fra quest i e l ipnot izzat ore . Già la genericità della definizione tradisce una cautela motivata dall estrema varietà della fenomenologia ipno tica che, almeno dal punto di vista comportamentale, può in effetti contemplare fenomeni di natura e grado molto dissimili tra loro. Difatti, raro è che il termine ipnosi campeggi senza ulteriori specificazioni, per lo più sottoforma di aggettivazioni che ne specifichino il grado: la distinzione di un ipnosi profonda da una leggera è divenuta peraltro oggetto di una diffusissima scala di misura, la Stanford Scale of Hypnotic Susceptibility, utilizzata per lo più in studi sperimentali come tentativo di offrire la misurazione puntuale e standardizzata di un fenomeno che ha molto dello sfuggente e del qualitativo - se una cosa ha insegnato Milton Erickson, vale la pena ricordarlo, è che la capacità di produrre tale o talaltro fenomeno ipnotico, lungi dall indurci a catalogare il soggetto come buon soggetto ipnotico, è una caratteristica individuale che attiene più al campo delle differenze individuali che non a quello delle abilità. Tra le varie ipotesi esplicative del fenomeno ipnotico che l autore offre nella sua opera, scegliamo di riportare le interpretazioni fisiologiche, in linea con l argomento di questa trattazione. Questo indirizzo fu iniziato da Pavlov che in Lezioni sull attività degli emisferi cerebrali del 1927 assimila l ipnosi ad un riflesso condizionato. La suggestione non sarebbe altro che uno dei possibili riflessi condizionati, evocato dalla parola come stimolo. Attraverso il condizionamento, quindi, non ci sarebbe alcuna funzione che non possa essere facilitata, inibita o cambiata mediante mezzi verbali. In questo il fisiologo russo riprenderebbe il pensiero di Brown-Sequard, Liébeault e Beaunis del sonno parziale, secondo i quali nello stato ipnotico si manifesterebbe una parziale inibizione del funzionamento corticale, con la persistenza, però, di punti vigili che permetterebbero il rapporto del soggetto con l ipnotista. Analoga la posizione di Das, che vede l ipnosi come uno stato di inibizione corticale parziale e condizionata. Nel tentativo di individuare le strutture cerebrali che sottendono al fenomeno ipnotico, Granone propone due zone di importanza predominante: la corteccia cerebrale e la zona diencefalo-mesencefalica. Rifacendosi a Carlo Ceni, sottolinea come determinate aree corticali possano fungere da centri per l accesso alle regolazioni somato-viscerali; tra esse spiccherebbero in particolare i lobi frontali. E sempre in chiave di riflessi condizionati, poi, che si spiegherebbe l assuefazione all ipnosi, ossia la crescente facilità con cui essa si possa indurre successivamente, in funzione cioè di uno nesso associativo sempre più facilitato tra lo stimolo ipnogeno e la risposta congrua del soggetto. Nonostante la ricerca di conferme sperimentali sulla funzione di tali centri non abbia dato fino a tempi piuttosto recenti gli esiti sperati, il Granone conclude Ci pare quindi abbastanza verosimile affermare, in base a quanto è stato esposto fin qui, che uno dei substrati anatomo-fisiologici, per cui in ipnosi la psiche influisce sul soma, è quello della corteccia cerebrale e delle vie da essa efferenti . I secondi possibili candidati a presiedere ai processi ipnotici (ed agli innumerevoli intrecci psico-somatici che durante tale condizione hanno luogo) sarebbero l ipotalamo ed il diencefalo: la loro centralità risiederebbe nella vasta messe di dati sperimentali che attribuisce ad essi una centralità assoluta nella genesi, pecezione e regolazione delle emozioni, con tutte le loro connotazioni somatiche e viscerali. L emozione assurgerebbe a paradigma esemplare per indagare la fenomenologia ipnotica, essendo essa la risultante integrata delle dimensioni cognitiva, somatica e viscerale. Nel prossimo paragrafo vedremo quanto di queste ipotesi sia verificato, e quanto rimanga ancora insondabile. All impegno di quegli studiosi interessati a fondare il fenomeno degli stati modificati di coscienza dal punto di vista neurofisiologico, va riconosciuto il merito di aver raffinato la speculazione teorica e averla tradotta in percorribili ipotesi di ricerca da verificare (o meglio, popperianamente, falsificare) avvalendosi dei più potenti e avanzati metodi di neuroimmagine. I metodi psicofisiologici Negli ultimi cento anni sono stati condotti molti studi con l intento di registrare le modificazioni indotte dall ipnosi su una serie di parametri psicofisiologici. Tra questi i più utilizzati sono stati la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, il tono muscolare, la conduttanza cutanea, il tono simpatico/parasimpatico, la frequenza respiratoria, ed il loro impiego ha messo in evidenza l efficacia dell ipnosi nell interferire nella direzione voluta (in senso, cioè, eccitatorio o inibitorio) su queste funzioni fisiologiche di base. Ma è con l interesse a registrare qualità e quantità delle modificazioni dell attività cerebrale che si sono compiuti i passi più sorprendenti e illuminanti, quelli cioè che ci hanno avvicinato ad una comprensione sempre maggiore dei meccansimi neurofisiologici che sottostanno al fenomeno ipnotico. In particolare, questo filone di ricerca si è avvalso della registrazione dell attività elettrica dell encefalo, attraverso i metodi dell Elettroencefalogramma (EEG), scoperto da Berger nel 1929, e dei Potenziali Evocati (PE) evento relati, una derivazione dell EEG individuata da P.A. Davis nel 1939 e sviluppata nella sua forma definitiva a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta. Se le prime applicazioni di queste metodiche ebbero il grande merito di individuare i correlati elettrici della veglia e del sonno (permettendone altresì la distinzione nelle sue sottofasi), in un secondo momento hanno anche permesso ai ricercatori di distinguere qualitativamente e quantitativamente gli stati di coscienza che differiscono sia dalla veglia che dal sonno (rilassamento, trance, meditazione, etc.). L Ele t t r oEnce fa loGr a m m a L EEG è una registrazione che si compie a mezzo di elettrodi posti sul cuoio cappelluto secondo una disposizione codificata da un sistema standard internazionale: è caratterizzato da onde sincronizzate dovute alle modificazioni del potenziale di membrana dei neuroni e delle loro espansioni dendritiche. Esso permette di identificare la condizione di veglia, dominata da un ritmo di base di circa 10 cicli al secondo, sul quale si sovrappongono piccole onde irregolari; già Berger fu in grado di osservare che queste onde diventano più piccole e raggiungono la frequenza maggiore qualora venga impegnata l attenzione del soggetto. Diversamente dalla veglia a riposo, lo stato di sonno profondo è contraddistinto da onde lente di grande ampiezza. La differenza più macroscopica tra il sonno e la trance ipnotica sarebbe che mentre nel primo l inibizione della sost anza ret icolare ascendent e porta all addormentamento e ad un interruzione del flusso degli stimoli ambientali dalla periferia al centro, nella seconda tale inibizione non sarebbe totale, e verrebbe mantenuta una certa permeabilità delle stimolazioni esterne (la voce dell ipnotista), oltre che un restringimento del campo di coscienza e non una sua perdita definitiva. Il punto di contatto più importante tra sonno e trance è quello che assimila quest ultima ad uno stato ipnoide, crepuscolare, molto simile allo stadio dell addormentamento. In essa, ad alcuni fenomeni tipici del sonno (aumentata sincronizzazione con comparsa di ritmo aumenti dell attività , diminuzione dell attività , ) se ne assocerebbero altri comunque propri dello stato di veglia (mantenimento delle onde , assenza di complessi K e di fusi del sonno); questi reperti suggerirebbero una volta di più la specificità della trance ipnotica ed il suo trovarsi a confine, a cavallo tra il sonno e la veglia. L EEG e le diffe r e nze e m isfe r iche in ipnosi A titolo di esempio riportiamo i risultati della spesso citata ricerca della studiosa ungherese Eva Banyai dal titolo Interaction between hypnotist and subject: a social psychophysiological approach . Nel tentativo di mettere a confronto l accoppiamento dell attività elettrica cerebrale di ipnotista e soggetto, la studiosa ha effettuato registrazioni elettroencefalografiche (oltre ad altre fisiologiche) nei due partecipanti ed ha riscontrato differenze tra di essi nell attività dei due emisferi, oltre che differenze nel soggetto in stato di ipnosi profonda o leggera. L indicazione è che la dominanza dell attività nell emisfero destro possa essere caratteristica dello stato di ipnosi profonda, mentre l attività dell emisfero sinistro deporrebbe per un mantenimento del controllo sulla situazione, come riscontrabile nell EEG dell ipnotista e del soggetto in trance leggera. Altri risultati sovrapponibili, per quel che concerne la differenza nell attività elettrica dei due emisferi cerebrali, sono stati riportati in letteratura più recentemente (Gruzelier, 1990; Meszaros e Szabo, 1999); questi dati confermano che nei soggetti altamente ipnotizzabili un attività elettrica più marcata si riscontra nelle regioni parieto-temporali dell emisfero destro rispetto a quelle controlaterali, mentre soggetti con bassa suscettibilità mostrano un pattern di attivazione invertito, o tutt al più bilanciato. Ciò riceverebbe inoltre conferma dalle risultanze della neuropsicologia e della neurologia clinica, secondo le quali l emisfero destro sarebbe deputato ad una modalità di pensiero immaginativa, automatica, analogica, emotiva e olistica. I Potenziali Evocati L avvento dei calcolatori e la possibilità di operare computazioni via via più potenti e complesse, ha permesso di registrare l attività elettrica generata in risposta a stimolazioni esterne: questa attività prende il nome di Potenziali Evocati (PE) evento relati. Il metodo consente, attraverso una serie di registrazioni, di estrarre il segnale puntuale generato da una stimolazione (tattile, ad esempio) operando una media tra tutte le registrazioni, ed annullando così il disturbo generato dal rumore di fondo (che altro non è se non l attività elettrica di fondo del cervello). Questo calcolo si chiama averaging: esso ha estrae le caratteristiche (latenza, ampiezza, frequenza) delle onde generate dalla stimolazione ambientale. Tipicamente, in seguito ad uno stimolo discernibile dal paziente si registrano una serie di pot enziali di cam pi rem ot i, piccole onde che si presentano dopo una latenza di pochi millisecondi ed invarianti rispetto allo stimolo: questi potenziali rappresentano la risposta generata dalle strutture del tronco dell encefalo; in seguito abbiamo la comparsa della P300, un onda positiva che si verifica sempre, solitamente dopo circa 300 millisecondi da uno stimolo significativo per il soggetto. Per quanto riguarda il fenomeno dell ipnosi, numerosi studi sono stati condotti per verificare l eventuale influenza di questa condizione della coscienza sulle onde caratteristiche; in particolare, riferiremo dei risultati ottenuti utilizzando il paradigma dell allucinazione negativa. I PE e l a llucina zione ne ga t iva Secondo il quale ai sogetti viene suggerito, in stato di trance, di escludere sistematicamente dalla coscienza certi stimoli presentati, o certe caratteristiche degli stimoli presentati. L ipotesi di fondo, testata fin dagli anni ottanta, è che qualora la procedura ipnotica funzioni, e il soggetto riesca autenticamente ad ignorare ciò che gli è stato indotto di ignorare, differenze devono essere documentabili a carico delle caratteristiche dei Potenziali Evocati. I risultati sono stati contraddittori: Bauer et al. (1980), Zakrzewski e Szelenberger (1981), Spiegel et al. (1985, 1989), Arendt-Nielsen et al. (1990) e De Pascalis (1994) hanno riportato un decremento nell ampiezza delle componenti tardive dei PE in fase allucinatoria; Barabasz e Lonsdale (1983) hanno riscontrato invece un aumento dell ampiezza della P300; Halliday e Mason (1964), Beck e Barolin (1965), Beck et al. (1966), Amadeo e Yanovski (1975), Andreassi et al. (1976) e Meier et al. (1993), infine, non hanno rilevato nessun cambiamento nei PE. Uno studio più recente, condotto da Lamas e Valle-Inclàn (1998) ha messo in evidenza come tutti i precedenti fossero criticabili dal punto di vista metodologico, e le loro conclusioni fossero equivocabili. Infatti, ad eccezione degli studi che prevedevano l impiego di stimoli dolorosi, per gli altri sono leciti i dubbi di una compliance esplicita, intenzionale, da parte del soggetto e che quel che si intendeva misurare non fosse l effetto della condizione di trance: una disattenzione nei confronti del compito potrebbe così aver generato quelle alterazioni a carico della P300 (diminuzione dell ampiezza e aumento della latenza). Questa incongruenza è stata eliminata tramite una suggestione non per lo stimolo target, ma per un altro stimolo (o per un attributo irrilevante dello stimolo target) il processamento del quale è noto influenzare le risposte. La separazione di effetti non specifici da cambiamenti specifici nel processamento dello stimolo allucinato può quindi essere attribuita utilizzando una combinazione di due fenomeni sperimentali, di cui solo uno è correlato alla suggestione. Quindi, cambiamenti nel fenomeno rilevante possono essere interpretati come specifici solo se occorrono indipendentemente da cambiamenti nel fenomeno irrilevante. Gli studiosi hanno utilizzato, come fenomeni sperimentali, l effet t o di incom pat ibilit à col dist urbo e l effetto Simon. Il primo consiste nell allungamento dei tempi di reazione ad uno stimolo quando questo è accompagnato da stimoli irrilevanti ed incompatibili con la risposta che siano presentati a non più di 2° di angolo visivo di distanza dallo stimolo saliente. Il secondo prevede che i tempi di reazione siano più lunghi quando la localizzazione spaziale dello stimolo sia incompatibile con quella della risposte richieste. Il disegno dello studio prevedeva che al soggetto fossero mostrati stimoli rossi sul lato sinistro o destro dello schermo e che dovesse rispondere ad essi con la mano sinistra o destra. Contestualmente a essi, venivano presentati anche stimoli verdi, a non più di 2° di distanza: l allucinazione negativa oggetto della suggestione riguardava proprio questi stimoli. La tesi sottostante è che qualora la suggestione ipnotica fosse stata efficace e specifica, avrebbe dovuto contribuire a diminuire l effetto di incompatibilità col disturbo, ma non l effetto Simon. Ovvero, il soggetto non avrebbe mostrato aumentate latenze di risposta causate dal disturbo degli stimoli verdi (perché l allucinazione negativa gli permetteva di escluderli), ma avrebbe mostrato aumentate latenze in presenza delle condizioni dell effetto Simon, ossia dovendo rispondere con la mano sinistra a stimoli presentati a destra dello schermo e viceversa. Inoltre, in caso di inefficacia, sarebbero stati registrati tempi di reazione molto ritardati, poichè è noto che i due fenomeni hanno effetto cumulativo. Quando gli elementi distrattori (stimoli verdi e inversione di lato per stimolo e risposta) venivano presentati in stato vigile, essi causavano gli effetti attesi nell aumentare le latenze. Lo stesso non si verificava in ipnosi, che mostrava di avere un effetto aspecifico nel provocare aumento della velocità di reazione, con picchi nell uso della mano sinistra (vedi la discussione dello studio di E. Banyai circa la facilitazione dell emisfero destro in ipnosi). Inoltre veniva suffragata l ipotesi della specificità dell ipnosi: i tempi di reazione e le caratteristiche di latenza e ampiezza dell onda P300 deponevano per una influenza nulla dell effetto di incompatibilità col disturbo, mentre i previsti allungamenti di risposta e cambiamenti della P300 si registravano per l effetto Simon, non oggetto di suggestione. Effetto di incompatibilità col disturbo (stimoli verdi attigui a stimoli target rossi) Effetto Simon (inversione di sinistra e destra tra presentazione dello stimolo e risposta richiesta) Figura 1: Esperimento di Lamas e Valle-Inclàn Questi risultati sono stati interpretati, quindi, come l effetto dell allucinazione negativa, che ha influito selettivamente ed unicamente sull oggetto della suggestione, mostrandosi assolutamente ininfluente sugli esiti dell effetto Simon. I metodi di neuroimmagine Gli ulteriori sviluppi della tecnologia applicata alla medicina, ed in particolare la radiodiagnostica prima e le tecniche di Risonanza Magnetica poi, ci hanno permesso di approfondire ulteriormente lo sguardo sul cervello, sia dal punto di vista anatomico che da quello funzionale. TAC e RM: anatomia del cervello La tomografia assiale computerizzata (TAC) è la madre di queste tecniche di neuroimmagine: consente la essa è una visualizzazione procedura radiografica tridimensionale del computerizzata cervello; che attraverso un apparecchiatura che compie radiografie a raggi X successive, fornisce una serie di immagini di sezioni orizzontali di un cervello vivente che, viste in sequenza ne rivelano la conformazione. Tuttavia, le scansioni TAC non possono competere con la risoluzione e la precisione delle immagini ottenute tramite Risonanza Magnetica (RM). Questa non si basa su una tecnica radiografica: le immagini vengono infatti costruite a partire dalla misurazione delle onde emesse dagli atomi di idrogeno attivati da onde di radiofrequenza all interno di un campo magnetico. La grande risoluzione di queste immagini è resa possibile dal fatto che le diverse strutture cerebrali hanno composizione chimica diversa, e quindi percentuali diverse di idrogeno al loro interno: osservando un immagine di RM è così possibile distinguere, ad esempio, la sostanza bianca, quella grigia e gli spazi ventricolari, ognuno con colorazioni differenti. Il callo del virtuoso: uso della RM A questo punto ci si potrebbe chiedere in che cosa mai queste tecniche di immagine anatomica possano essere di aiuto nell approfondimento delle conoscenze nel campo dell ipnosi. Ebbene, la curiosità verrà soddisfatta illustrando i risultati di un recentissimo studio che si è avvalso della RM per investigare le possibili differenze anatomiche in soggetti con un grande talento ipnotico rispetto a soggetti con capacità ipnotiche più modeste. James E. Horton e collaboratori (Horton et al., 2004), partendo da un analisi dei dati di letteratura, hanno rilevato che i soggetti altamente ipnotizzabili (secondo una valutazione con scala Stanford) dimostrano di possedere un sistema di controllo attentivo frontale più efficiente rispetto a soggetti normali: hanno tempi di reazione più veloci in compiti complessi di decision-making (Acosta e Crawford, 1985; Mészàros et al., 1989; Crawford et al, 1995) e tempi di latenza inferiori in alcune componenti dei potenziali evocati acustici, visivi e somatosensoriali (DePascalis, 1994; Crawford et al., 1998; Nordby et al., 1999). Inoltre questi soggetti sono quelli che, attraverso registrazioni EEG, mostrano le più ampie asimmetrie emisferiche e la maggiore specializzazione emisferica per alcuni compiti attentivi (MacLeod-Morgan e Lack, 1982; Meszaros et al., 1989; Crawford, 1990; Sabourin et al., 1990; Crawford et al., 1996). Le abilità cognitive di monitoraggio e controllo del processamento delle informazioni sono implementate principalmente nei lobi frontali: la corteccia prefrontale dorsolaterale presiede al controllo esecutivo diretto allo scopo (eccitazione, inibizione, flessibilità cognitiva, monitoraggio delle performances e dei segnali in ingresso, selezione delle informazioni che devono accedere alla corteccia e divenire consapevoli), mentre la corteccia orbitofrontale è supposta essere implicata nel controllo esecutivo delle risposte emotive codificate primariamente in altre regioni dell encefalo. Un altro filone di ricerche, quello che indaga il funzionamento del cervello in vivo attraverso metodiche di Risonanza Magnetica funzionale e TEP (per una descrizione vedere prossimo paragrafo) ha utilizzando il paradigma dell analgesia ipnotica per osservare le modificazioni dell attività cerebrale in soggetti altamente ipnotizzabili che riescono ad eliminare la percezione dolorifica e lo stress causato da stimoli nocicettivi: la regione frontale di questi soggetti mostrava, in tutti gli studi invariabilmente, un aumentata attivazione. Per questa ragione Horton e collaboratori hanno utilizzato l abilità a ridurre gli stimoli dolorosi per distinguere un campione di soggetti altamente ipnotizzabili (AI) da quelli scarsamente ipnotizzabili (SI). Essi hanno incluso nel primo gruppo quelli che precedentemente avevano dimostrato capacità di controllo inibitorio nel senso della completa eliminazione dalla consapevolezza della percezione di dolore e stress in risposta ad uno stimolo dolorifico sperimentale, e nel secondo gruppo i soggetti che non mostravano questa capacità. Ebbene, attuando scansioni di RM e ponendo a confronto le dimensioni medie dei cervelli dei due gruppi (essenzialmente delle strutture ritenute implicate nel controllo delle informazioni nocicettive), è stato possibile rilevare una differenza anatomica di entità statisticamente significativa tra i soggetti AI e quelli SI. Il gruppo dei primi, infatti, mostrava dimensioni maggiori nel Rostro del Corpo Calloso, la porzione anteriore del più importante fascio di fibre di connessione interemisferica (vedi Figura 2). M 4 5 3 6 2 7 1 M Figura 2: Schema del corpo calloso. Il rostro corrisponde al settore 2. I risultati suggeriscono che il rostro, in concerto con le cortecce frontali, possa giocare un ruolo cruciale nel dispiegamento del controllo attentivo ed inibitorio: l interazione interemisferica, infatti, potrebbe essere utilizzata come strategia generale per facilitare la flessibilità cognitiva ed il controllo esecutivo. questa sezione del corpo calloso, infatti è nota per racchiudere fibre di comunicazione tra le cortecce orbitofrontali e dorsolaterali dei due emisferi. Un recente modello di filtraggio dinamico propone che la corteccia orbitofrontale controlli il filtraggio e l accesso dell attività neurale associata con eventi attivanti (Rule et al., 2002), mentre la corteccia dorsolaterale eserciterebbe un monitoraggio per ottenere un controllo efficiente della cognizione in presenza di stimoli interferenti. Ecco che l utilizzo di tecniche di indagine anatomica ha permesso di ipotizzare che il talento ipnotico sia biologicamente determinato. TEP e RMf: la fisiologia del cervello Rispetto alle immagini TAC, le scansioni TEP (Tomografia ad Emissione di Positroni) sono assimilabili a radiografie in fieri: esse informano sull attività metabolica del cervello. Al paziente viene iniettato del 2-deossiglucosio radioattivo, che a causa della sua somiglianza col glucosio, alimento primario del metabolismo cerebrale, viene assorbito più rapidamente dai neuroni più attivi, che consumano più energia. Speciali detettori rilevano la maggiore o minore presenza di questo isotopo radioattivo nei vari distretti cerebrali, informandoci del loro stato di attività. Così, se una TEP viene eseguita mentre un paziente è impegnato nella lettura, l immagine evidenzierà le aree del cervello più attive durante quella particolare attività. Viene da sé il grande interesse che questo metodo di neuroimmagine ha suscitato rispetto ai più attuali temi di ricerca sulla cognizione in generale e, nel nostro caso, sul funzionamento cerebrale in stato ipnotico. Dolore e analgesia ipnotica: uno studio TEP Wik e collaboratori hanno proposto ad un gruppo di pazienti affetti da fibromialgia (una patologia cronica ad eziologia ignota che comporta la percezione di dolore localizzato in tessuto muscoloscheletrico normale) di sottoporsi a scansioni TEP in stato di veglia ed in stato di trance per misurare le eventuali differenze osservabili nel metabolismo cerebrale in rapporto alla suggestione di analgesia. Lo scopo era raccogliere evidenze a favore di uno dei possibili modelli esplicativi dell analgesia ipnotica, sostanzialmente riconducibili ai seguenti tre: 1) vie di controllo nocicettivo discendenti talamo-spinali mediate da oppiati endogeni (Jessel e Kely, 1991); 2) riduzione della consapevolezza del dolore, una volta che la nocicezione ha raggiunto i livelli di processamento più alti (Hilgard e Hilgard, 1983); 3) attivazione di un sistema di controllo gerarchico del dolore che utilizza i due meccanismi sopra descritti: attività antinocicettiva operata da meccanismi spinali e processi che limitano la consapevolezza del dolore una volta che questo sia giunto a livello corticale (Kiernan et al., 1995). I pazienti sottoposti alla registrazione TEP hanno dichiarato di aver sperimentato meno dolore durante lo stato di trance rispetto allo stato di veglia. Il flusso ematico cerebrale era aumentato bilateralmente nella corteccia orbitofrontale e nella corteccia subcallosale del cingolo, nel talamo destro, e nella corteccia parietale inferiore sinistra; era inoltre diminuito bilateralmente nella corteccia cingolata. I risultati sono in linea con quelli di un precedente studio di Crawford et al. (1993), e sono coerenti con il modello integrato esposto al punto 3, proposto da Kiernan et al.. Infatti, tutti gli incrementi di metabolismo erano correlati all attività delle strutture del sistema limbico; la maggiore attivazione del talamo durante l analgesia ipnotica, poi, ne confermerebbe il ruolo di interruttore dei segnali nocicettivi: esso sarebbe deputato a bloccare questo flusso sotto l influenza del sistema antinocicettivo discendente descritto sopra. In concomitanza, l ipoattività della corteccia cingolata confermerebbe il suo ruolo nell integrare stimoli afferenti da diverse vie sensoriali per poi dare loro delle connotazioni emotive ed attentive. Un dato clinico concorda con questo risultato: pazienti sottoposti ad ablazione della corteccia cingolata continuavano a percepire il dolore, ma lo stress collegato era notevolmente ridotto. Infine, l attivazione della corteccia parietale posteriore è già stata segnalata da altri studi TEP, oltre che da considerazioni cliniche circa pazienti che conseguentemente ad infarto in quest area iniziavano a provare dolore. Queste risultanze, nel loro insieme, supporterebbero la teoria neodissociativa (Hilgard e Hilgard, 1983): in quest area corticale risiederebbero i meccanismi che servono a limitare la consapevolezza del dolore, una volta che il segnale abbia raggiunto i centri più alti di elaborazione. RM f: st a t o de ll a r t e e pr ospe t t ive La Risonanza Magnetica funzionale, infine, è la più recente e sofisticata metodica di neuroimmagine funzionale: essa ci permette di analizzare lo stato di attività dell encefalo con un potere di risoluzione molto maggiore a quello permesso dalla metodica TEP, e con una rapidità di acquisizione che rende meglio intelligibili i processi cognitivi nel loro svolgersi. A tutt oggi, tuttavia, non sono noti a chi scrive studi che abbiano impiegato questa metodica nell indagine del fenomeno dell ipnosi: un elegante articolo di Dietrich del 2003 che esamina la letteratura (aggiornata al 2002) alla ricerca di prove o confutazioni della ipotesi dell ipofrontalità transitoria a spiegazione degli stati alterati di coscienza, non cita studi di RMf condotti con soggetti in stato di trance. Alcuni studi di RMf sono invece stati condotti per investigare le specificità della meditazione, trovando che durante questo stato alterato di coscienza si attivano aree corticali che presiedono al dispiegamento dell attenzione ed al controllo del sistema nervoso autonomo (Lazar, 2000; Barinaga, 2003). La tecnica, di recente messa a punto e di ancora parziale diffusione, è costosa, ed è comprensibile che attorno ad essa ruotino interessi ben più decisivi rispetto al desiderio di conoscere e capire; questo desiderio, va da sé, non ha da offrire tornaconti economici immediati in grado di ripagarne il prezzo meramente economico. Certo, questa lacuna verrà colmata, e presto l impiego delle tecniche di neuroimmagine potrà gettare nuova luce su un mondo ancora da esplorare e poco compreso. Qualche riga per un ultima considerazione: chi scrive auspicherebbe che all interno dei paradigmi di studio nel campo dell ipnosi, e soprattutto in previsione dell utilizzo diffuso della Risonanza Magnetica funzionale, tornasse ad affacciarsi la dimensione relazionale dell ipnosi: essa, infatti, è la sola che già a livello fenomenologico la distingue da altri stati modificati di coscienza, ed in seconda battuta ne fonda e giustifica la natura intrinsecamente terapeutica. Bibliografia Acosta EJr, Crawford HJ. Iconic memory and hypnotizability: processing speed, skill or strategy differences? Int. J. Clin. Exp. Hypn. (1985) 33: 236-245. Amadeo M, Yanovski A. Evoked potentials and selective attention in subject capable of hypnotic analgesia. Int. J. Clin. Exp. Hypn. (1975) 23: 200-210. Andreassi JL, Balinsky B, Gallichio JA, DeSimone JJ, Mellers BW. Hypnotic suggestion of stimulus change and viual cortical evoked potential. Percept. Mot. Skills (1976) 42: 371-378. 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