Anno II • Num. 43 (94) Settimanale del 25 ottobre 2014 • Rivista € 1,90 Num. 94 - 25 ottobre 2014 Settimanale ITALIANI NEL MONDO Quando i migranti siamo noi Per scelta o per necessità, in tanti decidono di trasferirsi all’estero. Nel 2013 sono stati il doppio rispetto agli stranieri arrivati nel nostro Paese ELENA SOFIA RICCI SI CONFESSA Un convento mi ha cambiato la vita La protagonista della fiction “Che Dio ci aiuti” ci racconta il suo straordinario percorso spirituale LE PAROLE DI PAPA FRANCESCO “Il Regno di In cammino Dio non è la per Alessandra chiesetta” Verso il Santuario Bergoglio ci chiede di non aver paura dei cambiamenti di Santiago di Compostela per un’amica scomparsa “Fede e sport sono i miei traguardi” Il viaggio sulle orme di Gesù di Mauro Berruto, allenatore della nazionale di pallavolo PRIMA PAGINA Editoriale Visto da me Migranti italiani La Chiesa per una nuova sensibilità sociale L’ emigrante moderno italiano è ben diverso da quello che descrive Gian Antonio Stella nel libro L’orda. Parte in aereo con la valigia corredata di rotelle, più facile da trascinare; ha al seguito il portatile con Skype installato per salutare ogni sera mamma e papà e riceve, una volta ogni tanto, un pacco dall’Italia contenente caffè, pasta e parmigiano. Sembrerebbe, tutto sommato, un’esperienza non traumatica quella che i nostri ragazzi – non sempre tali per la verità – fanno quando lasciano la propria casa e partono alla ricerca di una prospettiva di lavoro che in Italia non trovano. Sono abituati a viaggiare, lo fanno sin dalle scuole medie quando vanno in Inghilterra a studiare l’inglese. Sono figli della globalizzazione, vivono in internet – dove non ci sono frontiere – e consumano cibi internazionali con frequenza e disinvoltura. Ma partire è sempre partire. Non è in vacanza che vanno quando stanno anni fuori dai confini nazionali, e vedere Boston via web non è come andarci a vivere. Nonostante tutto, nonostante i tempi, l’esterofilia, l’intercultura e la rete, emigrare – o meglio doverlo fare – crea sempre un disagio profondo, anche se il portafogli non è totalmente vuoto come quello Sacerdote dei nonni che 70 anni fa partivano rogazionista, alla ricerca di fortuna. Abitudini, ritmi e culture diversi pesano comunque, giornalista e regista anche sui giovani che non fanno fatica della Santa Messa a definirsi cittadini del mondo. Figudi RaiUno rarsi sui pensionati, altra categoria di migranti in crescita, per necessità. Non dico nulla di nuovo; in Italia c’è poco lavoro e le pensioni sono spesso insufficienti. La società che abbiamo creato non ci fa onore e come Chiesa abbiamo una parte di responsabilità in questo. È vero che i problemi del lavoro e delle condizioni di vita nel nostro Paese non sono connessi alla fede, che è l’ambito di “competenza” della religione. Ma, come ha spiegato papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium “nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini”. In tal senso sia di stimolo l’intervento di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, all’Assemblea generale dei vescovi dello scorso settembre, che ha chiesto alla politica – con intento costruttivo e finalità di supporto – risposte ai problemi del lavoro. Un invito non a creare polemiche o scontri, ma ad avere il coraggio che Papa Francesco ha chiesto a tutti i cristiani, e ai Pastori in particolare, di “preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore”. “Il pensiero sociale della Chiesa – ha spiegato – è in primo luogo positivo e propositivo, orienta un’azione trasformatrice, e in questo senso non cessa di essere un segno di speranza che sgorga dal cuore pieno d’amore di Gesù Cristo”. Tra nostalgia e integrazione ono 94mila gli italiani che nel 2013 hanno lasciato S il nostro paese. E quanto emerge dall’ultimo rapporto Italiani nel mondo curato dalla Fondazione Migrantes della Cei. Si tratta del 16 per cento in più rispetto al 2012. Crisi economica, disoccupazione, sono tante le motivazioni che spingono gli italiani a lasciare la loro terra d’origine. Una vera e propria fuga di cervelli e di risorse umane che cerca, proprio in un paese straniero, la possibilità di poter ricominciare a sognare. Perché è proprio questo uno dei delitti provocati dal nostro sistema: l’impossibilità del desiderio, accompagnato da quell’amarezza tipica di chi si sente rifiutato e non valorizzato nel contesto in cui è cresciuto e si è formato. Proprio la scorsa settimana mi è capitato di parlare al telefono con un italiano che vive a Parigi ormai da dieci anni. Quando gli ho specificato che vivevo a Roma la sua voce è cambiata, si è come irrigidita dicendomi che non mi invidiava. Ho capito che dietro c’era qualche ferita non rimarginata, ma l’accoglienza, l’eleganza, il decoro e la gentilezza che si respira nella città francese in effetti è spesso lontana dal contesto caotico e rassegnato nel quale si vive nella Capitale. Per carità, Roma è una città meravigliosa ma non sempre sa essere esempio di educazione, di civiltà o anche prospettiva di futuro, specialmente per le giovani generazioni. Al di là di questo episodio recente però, grazie alla mia esperienza a Rai International, ho potuto vedere quanti sono gli italiani sparsi nel mondo. Lavorai per quella rete, all’epoca diretta da Renzo Arbore, per tre anni durante i quali feci proprio il giro del mondo, anche se solo attraverso il video. Ricordo che una volta mi scrisse una famiglia italiana dalla Foresta Amazzonica! Molti mi seguivano dall’Argentina, tanti altri dagli Stati Uniti e quando andai per la prima volta a New York ricordo l’accoglienza calorosa che ebbi a Little Italy: una vera sorpresa che mi fece rendere conto di quanto quelle persone continuassero, nonostante avessero creato ormai una loro vita lì, ad essere legati alle proprie radici, cercando il contatto quotidiano attraverso la nostra trasmissione. Speciale Rai International aveva come missione proprio quella di raccontare ai nostri connazionali all’estero i cambiamenti e le tendenze che si avvicendavano in Italia e il riscontro che avevamo da quella gente dava senso al nostro lavoro. La tenerezza, la curiosità che respiravo dai loro scritti inoltre, mi faceva sentire la difficoltà che quella gente aveva potuto vivere nel lasciare i propri affetti, i propri ambienti e quel bel paese che è vero, sanguina ed è sordo alle necessità della gente ma che rimane comunque, un angolo di sole e bellezza artistica. Lorena Bianchetti Giornalista e conduttrice della trasmissione A Sua Immagine Gianni Epifani A Sua Immagine 3 Il Vangelo della settimana DA SABATO 25 A VENERDÌ 31 OTTOBRE 2014 La liturgia della Parola domenicale è commentata da padre Ermes Ronchi e Marina Marcolini Le ragioni della speranza DOMENICA 26 OTTOBRE 2014 Prima lettura Se maltratterete la vedova e l’orfano, la mia ira si accenderà contro di voi Dal libro dell’Èsodo (Es 22,20-26) Così dice il Signore: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da Salmo responsoriale me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani. Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Al- (Sal 17) trimenti, quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso». Seconda lettura Vi siete convertiti dagli idoli, per servire Dio e attendere il suo Figlio A cura di monsignor Antonio Parisi Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi (1Ts 1,5-10) Per guardare e ascoltare l’esecuzione del salmo vai su www.musicasacra-bari.it Fratelli, ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedònia e dell’Acàia. Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene. A Sua Immagine Il Vangelo della settimana DA SABATO 25 A VENERDÌ 31 OTTOBRE 2014 Vangelo Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso Dal Vangelo secondo Matteo (Capitolo 22, versetti 34-40) In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Commento Uno di quei vangeli che fanno tremaA Sua Immagine re, davanti ai quali vorrei portare la mano alla bocca e tacere, perché ogni parola può velarlo, mentre l’unica cosa che non lo impoverisce è l’innocenza del silenzio. Domandano a Gesù qual è il comandamento grande e Lui invece di un comandamento solo ne elenca due: amerai Dio, amerai il prossimo. Gesù non aggiunge nulla di nuovo: il primo e il secondo comandamento sono già scritti nella Bibbia. Eppure dirà che il suo è un comando nuovo. Dove sta la novità? Sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l’unico comandamento. E dice: il secondo è simile al primo. Amerai l’uomo è simile ad amerai Dio. Il prossimo è simile a Dio. Questa è la rivoluzione di Gesù: il prossimo ha volto e voce e cuore simili a Dio, e nella sua fame è Dio che ha fame: a me avete dato da mangiare! Il volto del prossimo è da leggere come un libro sacro, il suo grido è da ascoltare come fosse Parola di Dio. Amerai il tuo prossimo come ami te stesso. È quasi un terzo comandamento sempre dimenticato: Ama te stesso perché sei un prodigio, impronta della mano di Dio; perché se non ami te stesso, non sarai capace di amare nessuno, saprai solo prendere e possedere, fuggire o violare, senza gioia né gratitudine. Amerai Dio con tutto, con tutto, con tutto. Per tre volte Gesù ripete che l’unica misura dell’amore è amare senza misura. Ama Dio con tutto il cuore. Non significa ama Dio soltanto, riservando a lui tutto il cuore, ma amalo senza mezze misure. E vedrai che resta del cuore, anzi cresce, per amare il marito, il figlio, la moglie, l’amico, te stesso. Dio non è geloso, non ruba il cuore: lo moltiplica. Ama con tutta la mente. Amare rende intelligenti: capisci prima, vai più a fondo e più lontano. Ama con tutte le forze. L’amore arma e disarma, ti fa debole danti al tuo amato, ma poi capace di spostare le montagne. Ma perché amare con tutto me stesso? Perché portare il cuore a queste vertigini? L’amore è senza perché, fiorisce perché fiorisce (Silesio), perché è lui stesso la risposta al mistero dell’esserci. Amare è fare ciò che Dio fa. ‘Una scheggia di Dio infuocata è l’amore’ (Cantico 8,6), una scintilla, una energia che riaccende ogni volta il motore della vita, un miracolo che fa rifiorire ad ogni alba la rosa del mondo. Santi del giorno S. Cedda, B. Celina Chludzinska Borzecka, B. Damiano da Finale, S. Eata di Hexham, S. Eliavo, S. Folco Scotti di Piacenza e Pavia, S. Gaudioso (Gaudino) di Salerno, S. Luciano e Marciano, S. Orsa, S. Rogaziano e Felicissimo, S. Rustico di Narbonne, S. Sigebaldo di Metz, S. Witta (o Vitta o Albino) Santi Rogaziano e Felicissimo Rogaziano era un sacerdote al quale San Cipriano affida l’amministrazione della Chiesa di Cartagine durante la persecuzione dell’imperatore Decio. È perseguitato a causa della fede, soffre tribolazioni e carcere per il nome di Cristo.
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