IL GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA INVASIVA N. 1• 2014 CHIUSURA PERCUTANEA DEI DIFETTI INTERATRIALI Achille Gaspardone, Gregory A. Sgueglia U.O.C. di Cardiologia, Ospedale S. Eugenio, Roma Introduzione Il difetto interatriale (DIA) consiste in una soluzione di continuo del setto interatriale che può avere sede e dimensioni variabili. Il DIA isolato rappresenta circa il 10% di tutte le malformazioni cardiache presenti alla nascita e oltre il 40% di quelle diagnosticate dopo i 40 anni di età, costituendo la cardiopatia congenita di più frequente riscontro negli adulti(1). L’incidenza di tale cardiopatia congenita è circa tre volte più alta nelle donne che negli uomini. Talora il DIA si associa ad altre cardiopatie congenite influenzandone in quadro fisiopatologico e clinico. Da un punto di vista sintomatologico, il DIA è generalmente ben tollerato. I bambini, gli adolescenti e i giovani adulti con DIA sono spesso asintomatici o paucisintomatici e il riscontro della cardiopatia può essere del tutto occasionale. In assenza di trattamento, il DIA può tuttavia avere un rilevante impatto in termini di morbidità e mortalità come documentato dagli studi sulla storia naturale della patologia(2,3). Formazione del setto interatriale e considerazioni anatomiche La conformazione definitiva del setto interatriale deriva dall’incontro di più strutture embriologiche. Alla fine della quarta settimana di vita intrauterina si fondono i cuscinetti endocardici che costituiranno le valvole atrioventricolari e il pavimento degli atrii. In seguito, il septum primum si sviluppa in senso caudale verso i cuscinet- ti endocardici chiudendo la comunicazione tra i due atrii, chiamata ostium primum (Fig. 1A). In concomitanza con il completamento di questo processo, il suo tratto medioprossimale si riassorbe dando luogo a una nuova comunicazione tra gli atrii, chiamata ostium secundum, che assicura la comunicazione tra i due atrii, essenziale durante la vita fetale. Si forma quindi il septum secundum di tessuto muscolare alla destra del septum primum e si estende a forma di semiluna caudalmente (Fig. 1B). I due setti si sovrappongono nella zona centrale dando origine alla fossa ovale (Fig. 1C). Durante la vita fetale, la pressione del sangue in atrio destro è un po’ più alta di quella in atrio sinistro e il septum primum, sbandando proprio verso sinistra, funziona da valvola unidirezionale favorendo il passaggio nel circolo sistemico di sangue ossigenato placentare proveniente dalla vena cava inferiore. Nel caso più frequente in cui vi è un deficit di sviluppo del septum secundum si forma il DIA omonimo (Fig. 1D). Si distinguono, in effetti, quattro tipi di DIA (Fig. 2): (1) ostium secundum (70%) localizzato nella porzione medio-alta del setto interatriale (nella zona della fossa ovale), rappresenta circa i due terzi di tutti i DIA ed è dovuto a un incompleto sviluppo del septum secundum o a un eccessivo riassorbimento del septum primum; (2) ostium primum (20-30%) localizzato nella parte bassa del setto, appena al di sopra delle valvole atrioventricolari (generalmente associato ad altri difetti di sviluppo dei cuscinetti endocardici); (3) tipo seno venoso (5-10%), a sua volta distinto in tipo vena cava superiore, localizzato Indirizzo per la corrispondenza: Prof. Achille Gaspardone U.O.C. di Cardiologia - Ospedale S. Eugenio - P.le dell’Umanesimo, 10 - 00144 Roma E-mail: [email protected] 8 CHIUSURA PERCUTANEA A B C D Figura 1. Sviluppo del setto interatriale. Figura 2. Diversi tipi di difetto interatriale. Figura 3. Descrizione dei margini tissutali del difetto interatriale di tipo ostium secundum. DEI DIFETTI INTERATRIALI nella zona più alta del setto interatriale (spesso associato ad un ritorno venoso polmonare anomalo parziale) e tipo vena cava inferiore, assai più raro, situato posteroinferiormente alla fossa ovale; (4) tipo seno coronarico (1-2%) localizzato nella regione del seno coronarico e quasi sempre parte di cardiopatie più complesse. Il DIA tipo ostium secundum può essere chiuso per via percutanea mentre gli altri tipi sono di pertinenza cardiochirurgica e non verranno trattati in questa sede. Trattandosi di una vera soluzione di continuo del setto interatriale, la presenza di adeguati margini tissutali (rim) appare essenziale per una sua efficace e sicura chiusura percutanea (Fig. 3). La mancanza di margini tissutali predispone al prolasso e all’embolizzazione del dispositivo. Inoltre la dimensioni dell’atrio e del difetto stesso rivestono un ruolo importante poiché dispositivi molto grandi possono danneggiare la radice aortica, la valvola mitrale o la parete libera dell’atrio. Presentazione clinica e quadro emodinamico Generalmente i pazienti con DIA rimangono asintomatici fino alla quarta-quinta decade di vita. I reperti obiettivi sono spesso ambigui. Tipicamente un soffio sistolico sul focolaio polmonare o uno sdoppiamento fisso del secondo tono, riscontrati nel corso di una visita di routine, conducono a ulteriori indagini che portano alla diagnosi di DIA. Nei bambini il DIA si può manifestare clinicamente attraverso ritardo di sviluppo fisico, infezioni respiratorie ricorrenti, facile faticabilità, dispnea da sforzo. Negli adulti, la presenza di un DIA con significativo shunt dovuto alla riduzione della compliance ventricolare(4) può determinare aritmie atriali, ipertensione arteriosa polmonare e insufficienza cardiaca. La direzione e l’entità dello shunt attraverso il DIA dipendono dalla dimensione del difetto, dalle pressioni atriali destra e sinistra, dalla compliance ventricolare e dalle pressioni telediastoliche, dalle resistenze nel circolo polmonare e sistemico, dalla pressione intratoracica e dalla fase del respiro(5). Nella maggior parte dei pazienti con DIA di una certa dimensione, le pressioni nei due atrii si equilibrano e lo shunt è da sinistra a destra perché il ventricolo destro e il circolo polmonare presentano una minore resistenza 9 IL GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA INVASIVA all’efflusso. Nei pazienti con un DIA molto piccolo che non consente un’equalizzazione delle pressioni atriali, il gradiente pressorio attraverso gli atrii determinerà la direzione dello shunt. Uno shunt da sinistra a destra si verifica prevalentemente durante la telesistole e la protodiastole. Con il passare del tempo, il sovraccarico delle sezioni destre conduce all’ipertensione arteriosa polmonare che può determinare valori di pressione arteriosa polmonare superiore alla pressione arteriosa sistemica con conseguente inversione dello shunt. Inoltre anche nei DIA non complicati, un piccolo shunt da destra a sinistra tende a verificarsi durante la protosistole e si accentua durante l’inspirazione che determina una riduzione della pressione intratoracica. Diagnosi La diagnosi di DIA è oggigiorno appannaggio dell’ecocardiografia che consente la visualizzazione e la valutazione dello shunt mediante la modalità Doppler (specie nella finestra sottocostale) nonché del sovraccarico delle sezioni destre. Sebbene l’ecocardiogramma transtoracico abbia un elevato potere diagnostico, l’ecocardiogramma transesofageo consente una molto più accurata definizione dei margini del DIA e delle strutture adiacenti (aorta, vene cave, vene polmonari, valvole atrioventricolari, seno coronarico)(6,7). Le altre indagini di routine sono spesso aspecifiche. L’elettrocardiogramma solitamente mostra un normale ritmo sinusale, segni di ingrandimento dell’atrio e del ventricolo destro e, talora, un prolungamento della conduzione atrioventricolare. La radiografia del torace evidenzia ingrandimento delle cavità destre e dell’arco polmonare. Indicazioni alla chiusura Attualmente è raccomandata la chiusura di un DIA che determina un sovraccarico volumetrico ventricolare destro e/o che determina un rapporto tra la portata polmonare e sistemica ≥1,5 (con pressione arteriosa polmonare inferiore a 2/3 della pressione arteriosa sistemica)(8). Per tanti anni la chiusura chirurgica dei DIA è stata considerata la terapia standard in quanto sicura e gravata da una bassa incidenza di complicanze perioperatorie. La prognosi a lungo termine dei pazienti operati è eccellen10 N. 1• 2014 te con solo un rischio lievemente aumentato di aritmie sopraventricolari in età medio-avanzata, in genere a distanza di tempo dall’intervento(9-11). Tuttavia la terapia chirurgica presenta il rilevante limite costituito dall’impatto psico-fisico dell’atto chirurgico stesso che spesso deve essere effettuato in adolescenti o giovani adulti del tutto asintomatici o paucisintomatici. L’accesso chirurgico sterno-mediano, molto più usato per motivi di sicurezza del più estetico accesso sotto-mammario toraco-laterale e minitoracotomico, determina, infatti, cicatrici spesso evidenti che possono avere rilevanti conseguenze sulla sfera psico-relazionale dei pazienti operati. Infine, l’esperienza con tecniche chirurgiche mediante robotica risulta ancora limitata(12). Le attuali Linee Guida della Società Europea di Cardiologia sulla gestione delle cardiopatie congenite dell’adulto attribuiscono un’indicazione di classe I (livello di evidenza C) per l’approccio percutaneo transcatetere quale trattamento di scelta per la chiusura del DIA(8). Al momento attuale sono tecnicamente suscettibili di chiusura percutanea transcatetere i DIA tipo ostium secundum con diametro stretched inferiore o uguale a 40 mm e con margine tissutale di almeno 5 mm dallo sbocco delle vene cave, seno coronarico, valvole atrioventricolari e vena polmonare superiore destra. La mancanza di un rim aortico non è più considerata una controindicazione assoluta alla chiusura percutanea malgrado un aumentato rischio di erosione. Anche i difetti multifenestrati (DIA multipli) sono suscettibili di chiusura percutanea posto che vi siano sufficienti margini di appoggio. Sistemi di chiusura percutanea La prima esperienza di chiusura percutanea di DIA risale al 1976 con un dispositivo a doppio disco introdotto attraverso un voluminoso catetere transvenoso di 23 French (Fig. 4)(13). Negli anni successivi sono stati proposti numerosi altri dispositivi progressivamente perfezionati e sperimentati clinicamente portando un importante incremento della percentuale di successo(14). Attualmente sono disponibili in Europa 12 diversi dispositivi per la chiusura percutanea del DIA (Tab. I). L’Amplatzer™ Septal Occluder (St. Jude Medical, St. Paul, MN) è un dispositivo autoespansibile e autocentrante, con conformazione a doppio disco in maglia di CHIUSURA PERCUTANEA Figura 4. Primo dispositivo di chiusura percutanea di un difetto interatriale. Nitinol (Fig. 5A). I due dischi sono collegati da una parte centrale (waist) a sezione ristretta, il cui diametro corrisponde alla misura del difetto interatriale. Il disco atriale destro è più piccolo di quello sinistro. Per aumentare le proprietà di occlusione, il dispositivo contiene inserti di tessuto di poliestere, cuciti saldamente su cia- DEI DIFETTI INTERATRIALI scun disco con filo di poliestere. Le dimensioni del dispositivo identificano il diametro della parte centrale. La caratteristica principale di questo sistema che lo rende particolarmente sicuro è la sua completa recuperabilità anche dopo la sua totale aperture, fin quando non è avvenuto il distacco dalla guida. L’Amplatzer™ Multi-Fenestrated Septal Occluder (St. Jude Medical, St. Paul, MN) detto anche “cribriforme” è simile all’Amplatzer Septal Occluder dal quale si distingue per una parte centrale a sezione ristretta che permette il posizionamento attraverso un difetto centrale e per la stessa dimensione dei due dischi atriali che massimizzano la copertura delle fenestrazioni (Fig. 5B). Il Gore ® Septal Occluder (W.L. Gore & Associates, Flagstaff, AZ) è costituito da cinque fili di Nitinol avvol- TABELLA I Dispositivi per la chiusura percutanea del difetto interatriale attualmente disponibili in Europa Dispositivo Dimensioni parte centrale (mm) Dimensioni disco atriale sinistro (mm) Dimensioni catetere introduttore (French) 4-40 16-56 6-12 Amplatzer™ Multi-Fenestrated Septal Occluder (St. Jude Medical, St. Paul, MN, USA) - 18-40 8-10 Gore® Septal Occluder (W.L. Gore & Associates, Flagstaff, AZ, USA) - 15-30 12 Figulla® Flex II (Occlutech, Helsingborg, Svezia) 4-40 11-55 7-12 Figulla® Flex II UNI (Occlutech, Helsingborg, Svezia) - 17-40 7-12 Nit-Occlud® ASD-R (Pfm Medical, Cologna, Germania) 8-24 16-38 7-13 Ultrasept ASD (Cardia, Eagan, MN, USA) 6-34 20-48 9-11 Ultrasept Cribriform (Cardia, Eagan, MN, USA) - 25-35 10-12 Cardi-O-Fix ASD Occluder (Starway Medical Technology, Pechino, Cina) 4-40 - 7-14 CeraFlex™ ASD Occluder (Lifetech Scientific, Shenzhen, Cina) 6-42 18-58 8-14 - 18-40 8-14 MemoPart™ (Lepu Medical Technology, Pechino, Cina) 6-42 16-58 8-14 Hyperion (Comed B.V., Bolsward-Shangai, Olanda-Cina) 6-42 16-58 8-14 Amplatzer Septal Occluder (St. Jude Medical, St. Paul, MN, USA) Cera™ Multi-Fenestrated ASD Occluder (Lifetech Scientific, Shenzhen, Cina) 11 IL GIORNALE ITALIANO DI A CARDIOLOGIA INVASIVA B Amplatzer™ Septal Occluder D C Amplatzer™ Multi-Fenestrated Septal Occluder E F Figulla® Flex II G Cardi-O-Fix ASD Occluder Gore® Septal Occluder Nit-Occlud® ASD-R H CeraFlex™ ASD Occluder Ultrasept ASD I MemoPart ASD Figura 5. Dispositivi per la chiusura percutanea del difetto interatriale disponibili in Europa. ti da una membrana microporosa in politetrafluoroetilene espanso (Fig. 5C). Quando è completamente rilasciato il dispositivo assume una conformazione a doppio disco che stringe il setto interatriale grazie alla trazione esercitata dai cavi di Nitinol che disegnano un supporto circolare esterno e cinque piccoli cerchi interni a forma di petali. Il dispositivo può essere recuperato fin quando non è stato staccato il filo di recupero. Si tratta di un dispositivo morbido e flessibile che si conforma molto bene all’anatomia dell’atrio e causa soltanto una minima distorsione del setto interatriale. Esso rappresenta l’evoluzione tecnologica dell’Helex®, un dispositivo con il quale non è stato riportato nessun caso di erosione. Tuttavia esso non è autocentrante ed è riservato ai DIA di piccole dimensioni in quanto è raccomandato un rapporto di 2:1 tra il diametro del dispositivo e il diametro del DIA. Il Figulla® Flex II (Occlutech, Helsingborg, Svezia) è un dispositivo autoespandibile, autocentrante con conformazione a doppio disco (Fig. 5D). Il disco atriale sinistro è costituito da un unico filo di Nitinol intrecciato secondo un disegno brevettato che consente la riduzione della quantità di materiale e del profilo del dispositivo e l’assenza di un mozzo sul suo versante sinistro. Sono 12 N. 1• 2014 inoltre presente degli inserti in polietilene tereftalato. Per aumentare la biocompatibilità del dispositivo, la sua superficie è sottoposta a uno specifico processo di ossidazione che gli conferisce un tipico colore dorato. Il sistema di rilascio è a tipo biotomo e consente al dispositivo di angolarsi fino a 50° per adattarsi all’anatomia del setto interventricolare. Inoltre la punta del cavo di rilascio è orientabile manualmente per facilitare le diverse tecniche d’impianto. Il Figulla® Flex II UNI (Occlutech, Helsingborg, Svezia) è destinato alla chiusura dei DIA multifenestrati ed è caratterizzato dall’identica dimensione dei due dischi atriali e da una parte centrale più stretta. Il Nit-Occlud® ASD-R (Pfm Medical, Cologna, Germania) è un dispositivo a basso profilo realizzato da un unico filo di Nitinol intrecciato (Fig. 5E). Esso è costituito da due dischi con membrane di poliestere. Una caratteristica peculiare di questo dispositivo è di essere premontato sul suo sistema di rilascio. L’Ultrasept ASD (Cardia, Eagan, MN) è un dispositivo autoespandibile costituito da due vele circolari di alcol polivinilico montate su una struttura circolare sostenuta da petali interni di Nitinol (Fig. 5F). La parte centrale è progettata per consentire l’articolazione nelle tre dimensioni delle due vele in modo da assicurare un ottimo adattamento al setto interatriale. Il sistema di rilascio e a tipo biotomo. L’Ultrasept Cribriform (Cardia, Eagan, MN) è la versione dell’Ultrasept ASD destinata alla chiusura dei DIA multifenestrati. Infine sono presenti sul mercato europeo quattro produttori asiatici con dispositivi a doppio disco in Nitinol, molto simili all’Amplatzer Septal Occluder (Fig. 5G-I). Procedura e complicanze Le procedure d’impianto dei vari tipi di sistemi sono oramai ben standardizzate e in sintesi prevedono generalmente i seguenti tempi: (1) sedazione moderata-profonda in respiro spontaneo (attualmente nell’adulto l’anestesia generale con intubazione del paziente viene utilizzata in rari casi) e accesso venoso transfemorale; (2) monitoraggio ecocardiografico transesofageo o intracardiaco; (3) cateterismo cardiaco per la valutazione anatomica e funzionale del difetto secondo la procedura diagnostica standard; (4) misurazione stretched del difetto CHIUSURA PERCUTANEA DEI DIFETTI INTERATRIALI A B C D Figura 6. Chiusura percutanea di un difetto interatriale. mediante distensione dei suoi margini con catetere a palloncino precalibrato e conferma ecografica di assenza di flusso interatriale (Fig. 6A); (5) posizionamento della protesi sotto controllo ecografico e fluoroscopico; (6) rilascio della protesi durante monitoraggio ecografico e fluoroscopico (Fig. 6B,C); (7) controllo ecografico e fluoroscopico post-impianto del dispositivo (Fig. 6D). In tutte queste fasi è di estrema importanza mantenere il livello di anticoagulazione costantemente al di sopra del doppio del valore basale di ACT con controlli periodici (ogni 20-30 minuti circa) di quest’ultimo. Limitiamo un’eventuale coronarografia ai pazienti con età superiore ai 40 anni (uomini) o 50 (donne) e nei pazienti con storia clinica indicativa di coronaropatia. In questo caso il trattamento di eventuali lesioni coronariche significative deve precedere la chiusura del difetto al fine di prevenire 13 IL GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA INVASIVA l’improvviso sovraccarico del ventricolo sinistro. Variazioni procedurali sono costituite dal posizionamento esclusivamente fluoro-guidato proposto da alcuni Autori(15) e la valutazione ecocardiografica tridimesionale che in alcuni casi consente una migliore visualizzazione del difetto(16). La tecnica procedurale è relativamente semplice e ben standardizzata. Le maggiori criticità procedurali sono rappresentate dal controllo dello stato di anticoagulazione (mediante ACT) e il posizionamento del Mullins in atrio sinistro. In quest’ultimo caso, infatti, durante la retrazione del dilatatore e della guida superstiff, nei pazienti in respiro spontaneo, si può verificare l’aspirazione di grosse quantità di aria ambiente con conseguente embolia gassosa atriale sinistra e sistemica. Alcune accortezze aiutano a prevenire questa grave complicanza: chiusura immediata dell’estremo distale al momento di fuoriuscita del dilatato e della guida, mantenimento obbligato dell’estremo distale del Mullins al di sotto del livello tricuspidale per permettere un adeguato back flow, immergere l’estremo distale in soluzione fisiologica (per eventuale aspirazione di soluzione fisiologica e non di aria), riempire il Mullins di soluzione fisiologica o mezzo di contrasto diluito. In questo contesto comunque riteniamo estremamente importante limitare al massimo i tempi dell’inserimento del Mullins in atrio sinistro, caricamento, posizionamento e rilascio del dispositivo in quanto l’ampio lume del catetere di Mullins e le basse pressioni atriali possono causare la formazione di trombi che potrebbero essere poi sospinti in atrio sinistro al momento del caricamento del dispositivo. Una settimana prima della procedura viene instaurata una terapia antiaggregante con aspirina e clopidogrel idrogenosolfato. Prima della procedura, inoltre, nella nostra pratica, il paziente è sottoposto a profilassi antibiotica che viene protratta per 5 giorni dopo impianto della protesi. In assenza di complicanze, il paziente è dimesso il giorno dopo la procedura dopo controllo ecocardiografico transtoracico. Benché non esistano evidenze scientifiche, generalmente la terapia antiaggregante con aspirina viene protratta per sei mesi e con il clopidogrel idrogenosolfato per tre mesi. Sempre si raccomanda un’attenta profilassi dell’endocardite batterica(17,18). Per il follow-up la nostra pratica prevede un controllo clinico ed ecocardiografico transtoracico 14 N. 1• 2014 a uno, sei e 12 mesi. Eventuali controlli clinici e strumentali supplementari dipendono dal quadro clinico del paziente. Il successo della procedura di chiusura del DIA dipende fondamentalmente dall’accuratezza nella selezione dei pazienti e dall’esperienza degli operatori e raggiunge il 100% in alcune casistiche selezionate(19). La chiusura percutanea è fattibile dopo valutazione angiografica e ecocardiografica in circa l’80% dei pazienti con DIA tipo ostium secundum. Motivi di non fattibilità della procedura sono costituiti da difetti rivelatesi alla misurazione invasiva molto ampi e/o impossibilità di trovare un ancoraggio stabile della protesi per mancanza di un bordo tissutale sufficientemente ampio e robusto. Gli studi di confronto tra chiusura chirurgica e percutanea hanno riportato tassi di successo sovrapponibili con un numero significativamente più basso di complicanze post-procedurali in caso di chiusura transcatetere(20,21), come del resto evidenziato da una recente meta-analisi(19). La chiusura percutanea transcatetere del DIA è una procedura che, quando eseguita da operatori con esperienza, presenta un’elevata sicurezza. Sebbene non si possa assumere che la mortalità è dello 0%, diversi studi recenti non hanno riportato alcun decesso(20,22). In una recente analisi dei dati aggregati di 13.526 pazienti provenienti da 142 studi, in cui sono stati utilizzati 11 diversi dispositivi di chiusura, il tasso aggregato di complicanze maggiori e di complicanze minori è 1,6% cui tuttavia corrisponde un unico decesso. Le complicanze maggiori comprendono embolizzazione del dispositivo, tamponamento cardiaco, erosione di strutture cardiache dovuta al dispositivo, trombosi del dispositivo, ictus ed endocardite. Tra le complicanze minori si annoverano aritmie cardiache, reazioni infiammatorie eccessivamente intense probabilmente dovute all’allergia al nickel (peraltro molto discussa e di difficile prevenzione e dimostrazione) e complicanze legate al sito di accesso. L’embolizzazione del dispositivo è una potenziale complicanza di ogni tentativo di chiusura percutanea di un DIA e gli operatori che eseguono questo tipo di intervento devono essere preparati al recupero transcatetere del dispositivo embolizzato o quantomeno al suo riposizionamento in una sede poco rischiosa. La CHIUSURA PERCUTANEA trombosi del dispositivo è un evento che sembra dipendere dal tipo di dispositivo stesso essendo riportati i tassi più bassi per l’Amplatzer Septal Occluder e quelli più alti per un dispositivo non più in commercio (CardioSEAL/ STARflex). Altri fattori di rischio sono la fibrillazione atriale postprocedurale e difetti della coagulazione(23). L’erosione della parete libera dell’atrio o dell’aorta, una complicanza stimata nell’ordine dello 0,1%, è stata identificata dopo che il produttore dell’Amplatzer Septal Occluder chiese a un gruppo di esperti di analizzare 28 casi di compromissione emodinamica segnalati in seguito all’utilizzo del dispositivo(24). Il 68% dei pazienti aveva sviluppato sintomi entro 72 ore dall’impianto. Sebbene sia stata dimostrata un’elevata efficacia procedurale in caso di deficit di alcuni margini tissutali(25), nell’89% risultava assente il margine aortico o quello superiore. Inoltre, dal confronto con lo studio per l’approvazione del dispositivo negli Stati Uniti, durante il quale non si è verificata questa complicanza, è emerso l’utilizzo di dispositivi sovradimensionati nei casi con erosione (2 mm in più rispetto al diametro stretched del DIA rispetto a 0,5 mm). Le aritmie sopraventricolari (in particolare la fibrillazione atriale) sono di frequente riscontro nei pazienti con DIA con un prevalenza che varia dal 10% per i pazienti di 40 anni(26) fino al 50% per i sessantenni(27). Tali percentuali elevate possono dipendere da una predisposizione dei pazienti con DIA allo sviluppo di aritmie atriali o più semplicemente al sovraccarico atriale o all’ingombro meccanico del dispositivo. Anatomie complesse e tecniche avanzate Il deficit del margine anteriore del DIA si associa a un aumentato rischio di erosione aortica e di formazione di fistola aorto-atriali. La maggiore difficoltà tecnica nella chiusura percutanea in tale circostanza è rappresentata dalla tendenza del disco atriale sinistra a posizionarsi perpendicolarmente al setto interatriale con conseguente prolasso dello stesso nell’atrio destro. Sono state proposte diverse tecniche per evitare tale inconveniente tra cui il rilascio del disco sinistro in vena polmonare superiore sinistra o superiore destra (Fig. 7A) seguito dal rilascio della parte centrale e del disco destro simultaneamente DEI DIFETTI INTERATRIALI alla trazione del disco sinistro verso il setto interatriale (Fig. 7B-D)(25). In alternativa è stato proposto di utilizzare un catetere introduttore modificato (introduttore Hausdorf ) con doppia curva nel tratto distale per facilitare il corretto allineamento al setto interatriale(28) oppure un secondo catetere introduttore per evitare il prolasso del dispositivo in atrio destro(29). Quando è presente un deficit del margine posteriore, la tecnica di rilascio classica non risulta efficace perché la porzione posteriore del dispositivo prolassa nell’atrio destro (specialmente se l’atrio sinistro è piccolo). Per superare questa evenienza è possibile applicare una modifica della tecnica precedentemente descritta per il corretto posizionamento del dispositivo in caso di deficit del margine anteriore(30). È inoltre descritto di posizionare il catetere introduttore in vicinanza dello sbocco della vena polmonare superiore destra (ma non nel suo interno), il dispositivo è quindi rilasciato in corrispondenza del tetto dell’atrio sinistro, infine viene progressivamente rilasciato il disco destro esercitando contemporaneamente una trazione sul sistema per garantire l’apposizione del disco sinistro al setto interventricolare evitando contemporaneamente il suo prolasso nell’atrio destro(31). Infine, nei casi di mancanza del margine posteriore, una possibilità operativa è rappresentata dall’approccio transvenoso giugulare destro anziché femorale. Attraverso questo approccio, il disco sinistro è orientato verso il piano atriale della valvola mitralica e viene appoggiato sul margine inferiore del setto interatriale. La successiva retrazione stabilizza il disco ulteriormente permettendo l’apertura della parte centrale e del disco destro(30). I DIA multipli o multifenestrati presentano una maggiore complessità anatomica rispetto ai DIA singoli. Per un’efficace chiusura percutanea sono state proposte la septostomia percutanea per creare un unico grande DIA(32), speciali versioni multifenestrate dei dispositivi con una parte centrale ristretta e un disco atriale sinistro di uguale ampiezza a quello destro o l’impiego di due o più dispositivi di chiusura, nel qual caso è consigliato il rilascio sequenziale dal più piccolo al più grande(33). Nel caso di setti interatriali aneurismatici appaiono più efficaci dispositivi che non si basano su un meccanismo di autocentratura, quali ad esempio i dispositivi multifenestrati(34). 15 IL GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA INVASIVA A B C D N. 1• 2014 Figura 7. Tecnica di rilascio di dispositivo per chiusura percutanea del difetto interatriale con deficit del margine tissutale anteriore. Conclusioni Gli ultimi 20 anni hanno visto un incredibile sviluppo nell’ambito della chiusura percutanea del DIA. Oggi, tale procedura è sicura, presenta meno complicanze 16 rispetto all’intervento chirurgico, ha il vantaggio della brevità del ricovero, non ha conseguenze estetiche e pertanto costituisce l’opzione terapeutica di prima scelta nella maggior parte dei pazienti con DIA di tipo ostium secundum. CHIUSURA PERCUTANEA DEI DIFETTI INTERATRIALI Bibliografia 1. Lindsey JB, Hillis LD. Clinical update: atrial septal defect in adults. Lancet 2007;369(9569):1244-6. 2. Craig RJ, Selzer A. Natural history and prognosis of atrial septal defect. Circulation 1968;37(5):805-15. 3. Campbell M. Natural history of atrial septal defect. Br Heart J 1970;32(6):820-6. 4. Booth DC, Wisenbaugh T, Smith M, DeMaria AN. Left ventricular distensibility and passive elastic stiffness in atrial septal defect. J Am Coll Cardiol 1988;12(5):1231-6. 5. 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