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L’abc della grappa
altoatesina
Grappa
Indice
Bolzano
Bozen
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Unica
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Grappa - il distillato italiano per antonomasia
8
La patria della grappa
9
Grappa - antica fonte di salute e piacere
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La storia della distillazione
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Distillerie e imbottigliatori
12
Un’eccellente materia prima
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Grappa di monovitigno
15
La distillazione
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Moderni metodi di distillazione
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Affinamento e invecchiamento
20
La classificazione della grappa
22
Il corretto consumo della grappa
25
Puro piacere
26
Dal neofita all’appassionato della grappa
28
La sequenza della degustazione
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Grapperie aperte
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La grappa altoatesina
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Protezione del Marchio
32
Salto di qualità del vino e della grappa
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Qualità inconfondibile
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Grappa dell’Alto Adige con marchio di qualità
39
Produttori
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Informazioni
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Unica
La grappa è un distillato singolare. Nessun altro
distillato al mondo, ottenuto dalle bucce degli
acini d’uva, può fregiarsi della denominazione
“Grappa”, se non è stato prodotto in Italia.
Distillati ricavati dalla stessa materia prima
vengono chiamati “Tresterbrand” in Germania,
mentre in Svizzera e Francia si utilizza il termine
“Marc”.
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Sono i vitigni con un corredo aromatico ricco e complesso
a essere prediletti dalle distillerie, poiché alcuni dei loro
aromi vengono esaltati soltanto durante il processo di
distillazione. Dagli acini maturi senza raspo (uva diraspata)
si può ricavare l’acquavite d’uva. Ma anche il vino si presta
alla distillazione e diventa il cosiddetto “brandy”. Le bucce
d’uva e i vinaccioli (o meglio le vinacce d’uva) rappresentano il residuo solido della pigiatura dell’uva e conferiscono
al prodotto finale, la grappa, un carattere più vigoroso
rispetto a quello dell’acquavite d’uva o del brandy.
Il termine “grappa” deriva da “grapo” o “graspa”, che
nell’italiano colloquiale corrisponde a grappolo. Mentre
gli italiani e gli abitanti bilingui dell’Alto Adige utilizzano
il genere femminile e cioè “la grappa”, nelle rimanenti aree
di lingua tedesca si è affermato il genere maschile “der
Grappa” e cioè “il grappa”. Vinacce fresche, profumate,
imbevute di vino proveniente da uva matura sono il pre­
supposto per la produzione di una buona grappa.
La conoscenza e l’esperienza del mastro distillatore, spesso abbinate a una grande sensibilità e a una caldaia ben
funzionante, permettono al prodotto finale di conservare i
piacevoli aromi dell’uva. »
Da 100 chilogrammi di vinacce umide e fresche
è possibile ricavare in media da nove a dodici
litri di grappa.
Grappa - il distillato italiano per antonomasia
La grappa è un‘acquavite tutta italiana – per cultura e tradizione, ma non solo. Il regolamento (CEE) n. 1576/89 del
Consiglio dell’Unione europea definisce le caratteristiche
tipiche del distillato riservando la denominazione “grappa”
unicamente all’acquavite di vinaccia prodotta in Italia. Il
regolamento n. 110/2008 aggiorna questi decreti.
Con il decreto 297/97 della Repubblica Italiana vengono
introdotte delle norme precise per la produzione e l’etichettatura di questo distillato.
La legge stabilisce, in generale, che la grappa può essere
ottenuta esclusivamente da vinacce provenienti da uve
prodotte e vinificate in Italia. Inoltre la distillazione deve
essere circoscritta al territorio nazionale.
»
Oggi in Italia 130 distillerie producono oltre 40
milioni di bottiglie di grappa.
“La ricchezza della grappa è costituita dalla
sua straordinaria varietà. Ogni grappa è unica,
rappresenta una regione diversa e interpreta le
uve dalle quali viene ottenuta. Il segreto sta nel
singolare connubio tra il metodo di distillazione
e la qualità delle vinacce”.
Cesare Mazzetti, Presidente dell’Istituto Nazionale Grappa
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La patria della grappa
La patria della grappa è l’odierna Italia settentrionale
o, meglio, alcune regioni meridionali dell’ex impero austroungarico: Alto Adige, Trentino, Friuli, Veneto, Lombardia e Piemonte. È da qui che, grazie ai monaci dei conventi
locali, si è diffusa tra il XVII e XVIII secolo l’arte della distillazione.
Tuttavia, il distillato prodotto allora, spesso definito con
disprezzo “acquavite dei poveri”, ha ben poco in comune
con il nobile superalcolico universalmente noto come grappa, che oggi è tornato di gran moda. I contadini del Tardo
Medioevo erano poveri e dovevano consegnare ai proprietari terrieri la maggior parte del loro raccolto. Si dovevano
accontentare degli avanzi, che nel caso delle uve erano le
vinacce, dai quali iniziarono presto a distillare la grappa.
Ai tempi di Maria Teresa d’Austria la distillazione dell’acquavite era un monopolio statale dell’Impero. I Tirolesi furono trattati con particolare benevolenza dall’imperatrice,
che concesse loro generosamente il cosiddetto “diritto dei
tre ettolitri”, ancora in vigore oggi nel nostro paese.
Grappa - antica fonte di salute e piacere
Nelle zone rurali dell’Italia settentrionale, ogni famiglia, ricca
o povera che fosse, conservava alcune bottiglie di questa
preziosa bevanda. Se ne facevano gli usi più svariati. Una
sorsata durante la stagione fredda e soprattutto dopo un
lauto pasto per favorire la digestione era sempre gradita.
Una miscela di erbe e grappa, per uso sia interno che esterno, era un ottimo rimedio per numerosi disturbi degli uomini
e perfino degli animali. Ancora oggi i contadini bevono volentieri il famoso bicchierino di grappa prima del riposo notturno,
ben consapevoli che il consumo deve essere moderato.
Spesso la grappa (l’aqua vitae ossia l’acqua della vita) viene
anche servita come drink di benvenuto. Infatti, in una tradizionale “Stube tirolese” (salotto) non manca mai il tipico
“Schnapskastl” (cassa di legno contenente la grappa), dove il
delizioso “Tröpfl” (goccino) attende pazientemente l’ospite.
»
Piccolo aneddoto
Un giorno, nei pressi di un bel maso altoatesino, un operaio stradale dovette svolgere il suo lavoro in condizioni
climatiche particolarmente avverse. Quando all’improvviso esclamò: “Presto, presto, un disinfettante!”, accorse
la contadina del maso con una bottiglia di
grappa per aiutarlo. L’operaio bevve un sorso poderoso
e ghignò. Di una ferita, nessuna traccia.
La storia della distillazione
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Le prime annotazioni sulla distillazione delle vinacce in
Italia risalgono all’anno Mille, quando la cosiddetta Scuola
Salernitana ne codificò alcune regole. Nel XV secolo abbiamo
un primo riferimento scritto alla grappa, che le attribuisce un
valore economico.
Nel XVII secolo troviamo le prime testimonianze scritte
dello studio sulla distillazione delle vinacce. I Gesuiti, tra i
quali spicca in particolar modo il bresciano Francesco Terzi
Lana, perfezionarono la tecnica con grande dedizione.
Successivamente apparvero i primi “grappaioli” professionisti, che con i loro carri e il loro distillatore giravano per le
campagne vendendo la grappa porta a porta. Erano chiamati “Störbrenner”, un termine altoatesino arcaico usato per
indicare gli artigiani ambulanti. Portavano con sé le proprie
attrezzature per svolgere la propria attività presso le case
dei datori di lavoro e cioè dei contadini. A volte il termine
“Störbrenner” viene collegato alla parola “Störung” ossia
disturbo, poiché gli artigiani ambulanti ricevevano vitto e
alloggio e spesso disturbavano l’ambiente famigliare dei
contadini.
Gli impianti e la conoscenza degli “Störbrenner” erano di
gran lunga superiori a quelli dei contadini, per i quali la
produzione della grappa rappresentava soltanto un hobby.
Non c’era paragone tra i loro distillati raffinati e le grappe
grezze e corroboranti dei contadini.
»
La distillazione è il processo di separazione di due sostanze
volatili (alcool e acqua) tramite ebollizione e successiva condensazione. La distillazione sfrutta, quindi, i differenti punti
di ebollizione dell’alcool etilico (78,3°C) e dell’acqua (100°C).
»
La peste e l’acquavite...
Sembra un paradosso, ma i produttori di acquavite o distillatori, partiti da modeste origini, devono la loro fortuna a
una delle più terrificanti catastrofi che il Medioevo abbia
mai conosciuto, ossia alla grande peste del 1348/49, passata alla storia con il nome di “morte nera”. Centinaia di
“trattati” dedicati alla peste, apparsi frettolosamente, ne
hanno illustrato i sintomi, la cura e la prevenzione. Uno dei
rimedi più indicati contro la peste era proprio l’aqua vitae,
ossia l’acqua della vita. Se il distillato abbia effettivamente
contribuito a salvare numerose vite umane grazie alle sue
proprietà antisettiche e antibatteriche rimane ancora oggi
un mistero. Certo è che i medici applicavano l’alcool sui
fazzoletti e sulle mascherine per proteggersi dal contagio
dell’epidemia. C’era inoltre l’abitudine di farsi il bagno letteralmente immersi in acquavite abbondantemente diluita e
si credeva che, bevendola, si potesse contribuire a rafforzare
l’organismo. Fu proprio grazie a questa elevata domanda di
acquavite che vennero introdotte ulteriori novità in campo
tecnologico nei successivi 150 anni, come dimostrano gli
stessi apparecchi e impianti per la distillazione, che in questo
periodo vennero notevolmente migliorati.
Già nel XIV secolo, in moltissime città medioevali i medici e i
farmacisti detenevano il monopolio della produzione dell’acquavite; ben presto nacquero tuttavia le corporazioni di
distillatori (i cosiddetti “Branntweiner”). Questi produttori
di acquavite, però, non si limitavano più a produrre soltanto
un medicinale o una bevanda dalle proprietà terapeutiche
bensì una vera e propria bevanda voluttuaria. L’utilizzo
di questo medicinale, che contribuì a migliorare in modo
considerevole la qualità della vita (basti pensare agli effetti
“benefici” sulle belle donne e sulle coppie innamorate...),
non rimase a lungo confinato ai soli malati. Prova ne sono le
ordinanze e le disposizioni emanate dalle autorità religiose
e laiche a partire dal 1330. All’interno di tali documenti
compaiono continui ammonimenti contro l’abuso dell’aqua
vitae. Questi rischi vennero tuttavia minimizzati in considerazione del fatto che nel Medioevo la dose giornaliera
consigliata dai medici era davvero piccola.
Da: Hans Gerold Kugler, „Elementares übers Fünfte
Element“, www.world-spirits.com
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Distillerie e imbottigliatori
12
Nel XIX secolo l’Italia contava oltre 2000 distillerie. Oggi
ne esistono circa 130 di diverse dimensioni, che usano la
denominazione “distilleria” non soltanto per dare pregio
alla loro azienda, ma perché possiedono realmente impianti
di distillazione funzionanti.
Inoltre, esistono circa 500 imbottigliatori, che acquistano la
grappa sfusa dalle distillerie, la miscelano secondo ricette
proprie e la immettono sul mercato.
La legge italiana permette all’imbottigliatore di figurare
anche come produttore, pur non essendo un distillatore,
per cui il consumatore finale, purtroppo, non è in grado di
riconoscere la qualità di una grappa.
Infine, numerose aziende vitivinicole, per completare la
gamma dei vini, commercializzano una o più grappe con
il loro logo aziendale.
Un’eccellente materia prima
La ricetta per una buona grappa è semplice: l’ingrediente
determinante è una vinaccia di qualità. È essenziale che
derivi da uve mature e sane e che venga distillata quando
ancora fresca e umida. Questo è l’unico modo per conservare
i profumi e i sapori unici che si vorrebbero poi ritrovare nel
distillato.
Normalmente per le uve bianche viene effettuata la cosiddetta diraspatura (separazione dei raspi dagli acini) prima
della fermentazione, seguita da una pigiatura soffice.
Ciò significa che il distillatore deve ritirare la vinaccia presso
la cantina immediatamente dopo la pigiatura, trasferirla
rapidamente in distilleria per inviarla quanto prima alla
fermentazione controllata, che durerà circa 14 giorni in
ambiente anaerobico. La vinaccia vergine è un bene altamente deperibile e perciò la permanenza in cantina deve
essere breve. La qualità diminuisce rapidamente a causa
dei fenomeni di ossidazione, acetificazione, ammuffimento
e di altri processi microbiologici.
Le vinacce di uve rosse invece arrivano usualmente già fermentate alla distilleria e quindi è opportuno procedere immediatamente alla distillazione. Le vinacce fresche, umide e
ricche di alcool sono particolarmente apprezzate dai produttori di grappa. Da loro si ottengono, infatti, grappe rotonde
e morbide, con meravigliosi sentori floreali e di frutta. Più
del vino, le vinacce umide ci regalano un ampio bouquet di
aromi che comprende il ribes, i frutti di bosco, le ciliegie, le
prugne, i fiori e il fieno, fino all’eucalipto e alla liquirizia.
Gli aromi più piacevoli dell’uva si trovano all’interno della
buccia. Essi dipendono dalle condizioni climatiche e dal tipo
di suolo, ma incide molto anche la varietà dell’uva.
La grappa distillata esclusivamente dalle bucce degli acini
presenta una varietà di aromi e una complessità insuperabile.
Nessun altro distillato prodotto con uve (come, per esempio,
il brandy d’uva o il brandy di vino) vanta un profilo organolettico simile. La vinaccia contiene alcool (quella di uve
bianche anche fruttosio), olii, sostanze aromatiche, tartaro,
minerali, polifenoli, sostanze attive e materiale organico.
»
“Dietro l’involucro dell’acino d’uva si nasconde
un tesoro prezioso: profumi e sapori incomparabili.”
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Grappa di monovitigno
14
Con la distillazione separata di singoli vitigni, la grappa ha iniziato la sua ascesa inarrestabile nel mondo dei distillati nobili,
aggiudicandosi ormai una posizione incontestabile nell’alta
gastronomia. La grappa ottenuta da una sola varietà d’uva è
stata battezzata “monovitigno”.
In base alle norme in materia di produzione del vino, la legge
italiana prevede che una grappa di monovitigno debba contenere almeno l‘85% di vinacce provenienti dal vitigno riportato
in etichetta.
Generalmente le uve bianche sono considerate più delicate
e il loro profilo organolettico è senza dubbio più ricco e complesso. I vitigni aromatici con un’accentuata acidità, come il
Moscato (comprese le varianti moscato giallo e moscato rosa),
il Traminer, il Sauvignon, il Riesling oppure il Müller-Thurgau
sono particolarmente apprezzati. Grappe ottenute da vitigni
rossi come il Cabernet, il Merlot o il Lagrein hanno un bouquet
piuttosto tenue e delicato, rivelando a volte delle spiccate
note varietali, mentre al palato mettono in mostra tutta la
loro complessità, pienezza e finezza.
»
”Che gioia trovarsi di fronte a una grappa fatta
come Dio comanda: pulita, con la tipica nota di
vinacce, più o meno intensa, ma mai invadente,
accompagnata dagli aromi varietali, al palato
esigente, ma in nessun caso pungente, aromatica
e tutt’al più attenuata da un velo di dolcezza”.
Stefan Keller, Vinum
La distillazione
I metodi di distillazione, originariamente basati su apparecchi piuttosto primitivi, semplici e spesso costruiti
artigianalmente dai distillatori stessi, oggi si sono evoluti
notevolmente grazie alle tecnologie più sofisticate.
La vinaccia fresca e umida viene caricata nelle apposite
caldaie e portata ad ebollizione generando vapore che,
dopo essere stato deviato e raffreddato, viene raccolto in
forma liquida in un collettore.
Il fatto che l’alcool, l’acqua e altre sostanze indesiderate
abbiano differenti punti di ebollizione permette di eliminare eventuali impurità.
Durante la prima fase della distillazione effettuata a bassa
temperatura e denominata “taglio della testa”, vengono
evaporate sostanze nocive come l’alcool etilico e altre
componenti sgradevoli dall’odore pungente. Quando il contenuto della caldaia raggiunge una temperatura intorno ai
78°C, vengono sprigionati vapori alcolici insieme a sostanze
nobili ed aromatiche. Questa parte pregiata del distillato
viene chiamata “cuore” ed è l’unica a essere destinata alla
produzione della grappa. Con il diminuire dell’alcool etilico
viene tagliata la parte finale del distillato, la cosiddetta
“coda”, la quale contiene sostanze grasse e oleose nonché
sgradevoli componenti aromatiche.
»
Un affare di cuore
L’arte del mastro distillatore consiste soprattutto nell’abilità di separare accuratamente
la “testa” e la “coda” dal “cuore”. Se l’esperto
taglia troppo, la grappa perde una parte del
suo bagaglio organolettico, se invece taglia
troppo poco, il prodotto finale viene danneggiato presentando al palato uno sgradevole
sapore. La qualità di una grappa dipende da
un’abile separazione. Più il processo di distillazione è pulito, delicato e lento, meglio verranno
alla luce le differenze tra i singoli vitigni di
provenienza.
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Moderni metodi di distillazione
Nella produzione della grappa si distinguono due fondamentali metodi di distillazione: il metodo continuo e il metodo discontinuo (vedi spiegazione a margine).
Il metodo tradizionale è quello discontinuo: esso richiede
lo scarico e la pulizia della caldaia dopo ogni processo di
distillazione e, successivamente, la ricarica della vinaccia.
Esistono vari modi per riscaldare la caldaia. Il riscaldamento
a fuoco diretto è ormai diventato raro, poiché non è facile
regolare l’intensità della fiamma e la preziosa vinaccia adagiata sul fondo della caldaia rischierebbe di bruciarsi e così
di compromettere la qualità del distillato. Metodi tradizionali
e artigianali si basano oggi sul principio della distillazione a
bagnomaria oppure su quello a vapore.
Il metodo a bagnomaria è tipico per la distillazione di
acquaviti di frutta. Tuttavia la cucurbita a bagnomaria si
presta benissimo anche alla produzione della grappa. Alla
vinaccia umida viene aggiunta una certa quantità di acqua,
che di seguito viene riscaldata lentamente. Questo metodo
richiede molto tempo e comporta costi elevati.
La distillazione a vapore non prevede un’aggiunta di liquidi
alla vinaccia. Nelle caldaiette viene immesso dal basso un
vapore caldo intorno a 100°C, che pervade la vinaccia e
l’arricchisce di alcool e di sostanze aromatiche. Il vapore
alcolico generato viene successivamente distillato nella
colonna di rettifica. Questa tecnica è anche utilizzata nel
metodo a bagnomaria per ottenere un distillato più puro.
La produzione della grappa richiede una distillazione diretta della vinaccia. Che sia migliore il metodo a bagnomaria
o quello a estrazione a vapore, rimane una questione controversa tra i sapienti mastri distillatori. Entrambe sono
lavorazioni discontinue e artigianali. Sta di fatto che oggi
i grappaioli altoatesini producono grappe di primissima
qualità con entrambi i sistemi. In Alto Adige è più diffuso
il metodo a bagnomaria, che viene spesso evidenziato in
etichetta come caratteristica di qualità con la dicitura
“distillazione a bagnomaria”.
Nel metodo continuo gli alambicchi lavorano ininterrot­
tamente: la vinaccia viene caricata e scaricata in continuazione. Ciò permette di lavorare una quantità consistente
di vinaccia in breve tempo. Dal punto di vista tecnico
questi metodi commerciali sono assolutamente affidabili
e permettono di ottenere grappe pulite dal gusto neutro;
non sono purtroppo indicati per la produzione di grappe
di qualità.
»
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La distillazione illegale e clandestina fiorì dove
veniva coltivata la vite. Tale pratica non fu
soltanto una tradizione: infatti, nei tempi di
penuria, l’acquavite distillata in casa costituiva
un’ottima merce di scambio e di contrabbando.
I soldati a cavallo, i carbonai, i filosofi, i medici,
i farmacisti, gli alchimisti, i profumieri, i monaci,
gli scienziati e gli esattori delle imposte:
tutti ebbero a modo loro una parte nella storia
dell’acquavite. Si racconta che in Val Venosta
chi riusciva a trasportare l’acquavite oltre il
confine, in Svizzera, poteva comprarsi un bue
in cambio del distillato. Chiaramente si trattava
di un’impresa audace, pericolosa e difficile, che
non sempre giungeva a buon fine.
»
Oggi anche le piccole distillerie artigianali sono
obbligate a possedere una licenza di distillazione.
Una volta si diceva: “Per fare la grappa bisogna
essere in due: uno distilla e l’altro fa il palo”.
Passaggio tratto dal libro “La grappa” di
Roberto Bosi
Affinamento e invecchiamento
Dopo la distillazione la grappa si presenta generalmente
incolore. L’affinamento in recipienti di vetro o acciaio non
comporta variazioni di colore.
Grazie alle tecniche sofisticate e al vasto know-how dei produttori di oggi, è possibile distillare delle grappe talmente
pulite, cioè con la testa e la coda separate perfettamente dal
cuore, da consentire un imbottigliamento immediato. È da
tener presente che le grappe ricavate da uve bianche sono
più indicate di quelle ottenute da uve rosse.
La maggior parte dei distillati viene affinata per un determinato periodo, preferibilmente in botti di legno, un metodo
questo che permette di ottenere il prodotto oggi più apprezzato dagli amanti e dagli esperti della grappa. Grazie alla respirazione del legno e al contatto con l’ossigeno, il distillato
subisce un affinamento. Acquista complessità e dolcezza. Gli
aromi leggermente affumicati, sottolineati da note delicate
che ricordano la vaniglia, creano una perfetta armonia con le
componenti della vinaccia (note di vinaccioli e di uva).
Oggi il mercato propone una vasta gamma di legni, ma in
Alto Adige vengono utilizzate prevalentemente botti di
rovere. I tannini presenti nel rovere sostengono la dolcezza
del distillato. Questo fenomeno è particolarmente evidente
quando viene affinato in barriques, normalmente da 225 l e
cioè la classica botte di rovere utilizzata anche per l’affinamento del vino.
Il passaggio in piccole o grandi botti di legno per un determinato periodo di tempo dà una decisiva impronta al profilo
organolettico della grappa. L’affinamento ha come obiettivo
la creazione di una perfetta armonia tra gli aromi fruttati già
presenti e quelli ceduti dal legno. Perciò è assolutamente indispensabile effettuare continui assaggi attraverso campioni
di botti durante il processo di affinamento.
Una grappa fresca e giovane raggiunge una gradazione alcolica compresa tra i 70 e gli 85 gradi. Al fine di permetterne
la consumazione, prima dell’imbottigliamento è necessario
abbassare il grado alcolico tramite diluizione. La diluizione è
quella fase che prevede l’aggiunta di acqua demineralizzata,
al fine di portare la grappa ad un grado alcolico compreso
tra il 38% e il 50% di volume.
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La classificazione della grappa
Le etichette forniscono informazioni sulla denominazione
geografica di origine (Alto Adige, Trentino, Friuli, Veneto,
Lombardia, Piemonte), sui vitigni e sul metodo di distillazione.
In base alle caratteristiche organolettiche del distillato,
si possono distinguere le seguenti tipologie di grappa:
>Grappa giovane: è vestita solo degli aromi derivati dal
vitigno, dal tipo di fermentazione e dal metodo di distillazione. Quindi la denominazione “grappa giovane” non ha
niente a che fare con la durata di affinamento della grappa.
>Grappa giovane aromatica: anch’essa è giovane ma ottenuta da un vitigno aromatico e semiaromatico come, per
esempio, il Moscato, il Traminer o il Sauvignon. Le note
varietali sono nette e facilmente riconoscibili.
>Grappa affinata in legno: il passaggio in botte di legno le
conferisce un tenue colore dorato o ambrato. Al palato si
avverte una delicata nota di legno.
>Grappa aromatica affinata in legno: anche in questo
caso la permanenza in legno le dona un colore giallo da
dorato ad ambrato intenso. In bocca note sfuggenti di
legno, che non dovrebbero predominare sulle componenti
aromatiche dell’uva.
>Grappa invecchiata: per legge può distinguersi con il
termine “Vecchia” o “Invecchiata” se viene conservata in
botti di legno per un periodo non inferiore a 12 mesi. Le
denominazioni “Riserva” o “Stravecchia” sono riservate
alla grappa maturata in legno per almeno 18 mesi.
>Grappa aromatizzata: il suo profilo organolettico è stato
arricchito di principi aromatizzanti vegetali ricavati da
frutta o piante, come la ruta o il mirtillo.
Il corretto consumo della grappa
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Conservare in posizione verticale e in luogo fresco
La conservazione della grappa e di altri superalcolici è di
per sé semplice, se si rispettano due regole fondamentali:
1. È consigliabile conservare la grappa e altri distillati in
posizione verticale, onde evitare un prolungato contatto
con il tappo di sughero e, quindi, il rischio che eventuali
particelle coloranti o altri componenti del tappo si dissolvano nella bevanda.
2. È preferibile conservare la grappa e altri superalcolici
in un luogo fresco, al riparo dalla luce solare e da fonti
di calore, poiché le sostanze aromatiche potrebbero
volatilizzarsi in caso di riscaldamento della bevanda.
La temperatura di servizio
Una vecchia regola d’oro dice che è preferibile servire i
distillati chiari, come la grappa bianca, a temperatura di
frigorifero e cioè tra i 6 e 7°C, mentre gli altri vanno gustati
a temperatura ambiente. Non dimentichiamoci però che
il termine “temperatura ambiente” risale a un periodo in
cui le stanze delle abitazioni non erano surriscaldate come
oggi a causa d’impianti di riscaldamento centralizzato. Con
temperatura ambiente si intende una temperatura tra i
16°C e 18°C.
(Vale comunque la pena assaggiare la grappa a diverse
temperature per scoprire le proprie preferenze). Per le
grappe e altri distillati di qualità, soprattutto quelli invecchiati, la temperatura di servizio si aggira intorno ai 17°C.
Sono da evitare temperature più elevate, poiché l’alcool
potrebbe assumere un tono pungente e coprire i delicati
aromi del distillato.
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»
Un consumo smisurato di grappa era diventato
in breve un male diffuso nelle comunità contadine italiane. Numerosi documenti dell’epoca, in
cui s’invitava all’astinenza dall’alcool, attestano
questo abuso. A cavallo tra i secoli XVI e XVII,
in un’epoca in cui le bevande alcoliche erano
particolarmente apprezzate dal popolo, il medico
italiano Ippolito Guarinoni condannò con tutte
le proprie forze le frequenti soste nelle osterie
degli artigiani, dei commercianti e dei cittadini
in generale. Il dott. Guarinoni svolgeva la sua
attività di medico in un convento austriaco e
inoltre possedeva un ambulatorio a Hall, in
Tirolo. Arrivò al punto da consigliare agli osti
della sua città di non fare più credito ai contadini
che affollavano le osterie nei giorni di mercato.
Le sue misure dovevano servire all’igiene dei suoi
concittadini, ma volevano essere anche un modo
per proteggere la popolazione. In effetti, i bevitori s’indebitavano e spesso perdevano l’intero
patrimonio. Un certo cavaliere von Wolkenstein
condannò i montanari della Val Gardena per il
loro consumo smisurato di grappa. A suo avviso,
“in questo modo non erano affatto in grado di
percepire i benefici della bevanda, bensì diventavano vittime dell’ebbrezza”.
Passaggio tratto dal libro “La grappa” di Roberto
Bosi
Puro piacere
La marcia trionfale della “cucina italiana” a livello mondiale ha
coinvolto anche la grappa, elevandola al ceto nobiliare della cultura enogastronomica. Oggi la grappa è considerata un distillato
pregiato ed è sinonimo di stile di vita, ospitalità e socievolezza.
Tuttavia, la grappa non è soltanto un ottimo digestivo servito
dopo un lauto pasto. Il caffè arricchito da un buon goccino di
grappa, anche noto come caffè corretto, è ormai una bevanda
nazionale in Italia. Infine, un’ultima considerazione riguardo al
consumo: la grappa è un antico rimedio naturale e popolare,
aiuta la digestione ed è la bevanda ideale per concludere in
bellezza qualsiasi serata. Ma non bisogna mai dimenticare la
regola principale: gustare con moderazione e con criterio.
»
Come si riconosce una buona grappa?
”La grappa colpisce anzitutto per il suo inconfondibile
bouquet aromatico, che tutti noi ben conosciamo.
All’olfatto non deve, tuttavia, presentare note verdi o
pungenti e tanto meno difetti olfattivi come, per esempio, sentori di muffa o di aceto. L’aggressività non ha
niente a che vedere con la tipicità. I profumi e la loro
intensità dipendono fortemente dai vitigni. Una grappa dovrebbe essere forte, ma mai pungente al palato.
Calore, morbidezza e sentori di frutta pronunciati sono
le sensazioni che caratterizzano una buona grappa”.
Andreas März, Merum
Dal neofita all’appassionato della grappa
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Se siete ancora alle prime armi in materia, ma sentite il
desiderio di approfondire le vostre conoscenze di questo
distillato ricco di sfaccettature, vi servono anzitutto il
tempo materiale e la calma necessaria. La degustazione di
una buona grappa è soprattutto un’esperienza sensoriale.
È l’olfatto che viene stimolato maggiormente dalla vasta
gamma di aromi che cambiano nel corso dell’assaggio. Una
volta ritrovate in bocca le sensazioni olfattive, l’assaggiatore allenato inizia a immaginare i vigneti che potrebbero
dare origine a questo distillato pregiato. A volte gli aromi di
una buona grappa, quando riempiono la stanza e sfiorano il
naso, riescono a esprimere le particolarità legate ai prodotti
di un determinato contadino o distillatore. Guidato da un
esperto durante la degustazione, che comprende il confronto di vari prodotti, perfino un neofita è in grado di scoprire
la magia di questo distillato versatile ed espressivo individuando la propria preferenza di gusto.
Sono tre le premesse necessarie per effettuare una degustazione coi fiocchi: un momento favorevole, una corretta
temperatura di servizio e un bicchiere adeguato. Un calice
di media grandezza a forma di tulipano è il recipiente ideale
per apprezzare appieno la qualità e l’aroma. La grappa deve
essere in grado di respirare ed è proprio il calice che le permette, nella sua parte superiore, di arricchirsi di ossigeno.
Il primo impatto è sempre visivo. I colori, che variano
dall’incolore (bianco cristallino) all’ambrato fino a tonalità di color rosso-dorato, ci svelano per primi i segreti
dell’eventuale affinamento.
Tuttavia, la fase olfattiva rimane la più importante. La prima
impressione si ottiene portando il bicchierino, senza roteazione, al naso. In questo modo possiamo percepire anzitutto
gli aromi delicati. Un sentore pungente che ricorda la colla
o lo smalto è considerato negativo. Si tratta del cosiddetto
“odore di teste” ed è il risultato dell’errata separazione della
prima parte della distillazione, detta testa. Ruotando il bic­
chiere lentamente su se stesso, la grappa sprigiona le sue
componenti meno volatili ed esibisce tutta la sua ricchezza
di aromi. Odori sgradevoli come la muffa, la cera o il sudore
sono spesso la causa di un errato taglio della coda, cioè la
parte finale del distillato.
La grappa va assaggiata a piccoli sorsi per scoprire se il
gusto mantiene ciò che l’olfatto ha promesso. Se il bouquet
provoca una sensazione gradevole al palato e se il retrogusto
è piacevole, normalmente ci troviamo davanti a una grappa
di alta qualità. Non dovremmo percepire il “sapore di teste”,
che si manifesta con una sensazione di pungente, soprattutto sulla punta della lingua. Neanche il “sapore di code”, riconoscibile sul fondo della lingua per una spiccata sensazione
di sapone oppure per note amare, che legano in bocca o
ricordano la crosta di pane, dovrebbe essere percepibile.
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La sequenza della degustazione
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Esistono vari modi per scoprire le numerose tipologie di grappe. Ci possiamo attenere alla semplice regola di iniziare con
le grappe più delicate di uve bianche per poi proseguire con
quelle più intense di uve rosse. Le grappe neutre dovrebbero
essere degustate prima di quelle aromatiche, iniziando sempre
dalla più bassa di grado alcolico per terminare con quella più
elevata in grado. Considerando che una grappa ha in media
una concentrazione alcolica di 45%, le nostre papille gustative
subiscono facilmente una saturazione. Un grado alcolico compreso fra i 40 e 42% di volume è ideale per far emergere tutti
gli aromi della grappa, siano essi positivi o negativi.
Tuttavia, per l’amante della grappa esiste anche un altro modo
per esplorare la vasta gamma di grappe altoatesine: si potrebbe cioè iniziare con un prodotto tipico molto diffuso di uve
rosse come, per esempio, la Schiava, che possiede delle caratteristiche inconfondibili e perciò facilmente memorizzabili. A
seguire le grappe di uve rosse ricavate dai vitigni Pinot Nero,
Lagrein o Cabernet. Vinacce di Chardonnay e di Traminer
Aromatico (Gewürztraminer) producono distillati più eleganti
e raffinati. È la chiarezza il filo conduttore che accompagna il
degustatore nella prossima tappa alla scoperta organolettica
delle grappe fruttate di uve rosse e di quelle più eleganti e
fini di uve bianche. Il viaggio sensoriale termina con l’assaggio
del Moscato Giallo, con la sua ricchezza aromatica senza pari.
Dopo la degustazione delle grappe giovani, il cerchio si chiude
con i distillati affinati in legno.
Grapperie aperte
La seconda domenica di ottobre di ogni anno le distillerie
italiane svelano al grande pubblico i segreti dei loro distillati nobili. È dal 2004 che l’Istituto Nazionale Grappa (I.N.G.)
organizza l’evento “Grapperie Aperte”, che si svolge nel
quadro della giornata nazionale delle grapperie aperte.
In questa occasione i mastri distillatori mettono in mostra
tutta la loro arte. Ogni distilleria si focalizza su un tema
preciso, che può spaziare dalle vinacce alla distillazione
fino alla corretta conservazione di una grappa. Certamente
il fulcro della manifestazione è soprattutto il piacere. Il
ricco programma offre al visitatore degustazioni alla cieca,
assaggi di specialità culinarie e notizie interessanti sulla
tradizione e sul consumo della grappa.
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La grappa
altoatesina
È stato un cammino lungo e arduo quello che
ha trasformato la tradizionale acquavite del
passato nella nobile grappa altoatesina di
oggi. Mentre fino a pochi decenni fa molti
contadini distillavano ancora artigianalmente
l’acquavite, oggi ciò può avvenire soltanto
con una licenza di distillazione e sotto la
vigilanza della Guardia di Finanza.
Protezione del Marchio
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Nel 1989 il Consiglio dell’Unione europea ha approvato il
nuovo regolamento (CEE) n. 1576/89 che “stabilisce le regole
generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione delle bevande spiritose”. In base al suddetto regolamento, la denominazione “acquavite di vinaccia” o “marc”
può essere sostituita dalla denominazione “grappa” e utilizzata per indicare unicamente la bevanda superalcolica prodotta
in Italia. Il regolamento n. 110/2008 aggiorna queste regole.
Nel 1990 all’Alto Adige è stata riconosciuta la denominazione
“Grappa dell’Alto Adige”, che è andata a sostituire la dicitura
precedente di “Acquavite dell’Alto Adige”. Inoltre, negli ultimi
anni il termine “Grappa” si è affermato nel linguaggio comune
di tutte le aree di lingua tedesca, indipendentemente dai
dettami legislativi.
Salto di qualità del vino e della grappa
Tra le grappe italiane quella altoatesina vanta uno status
speciale. La sua evoluzione ha uno stretto legame con la
viticoltura altoatesina. Sui ripidi pendii dove da millenni si
coltiva la vite cresce oggi una miriade di vitigni, come non si
era mai visto in passato. Le condizioni geografiche e climatiche legate all’ambiente montano, con i suoi notevoli sbalzi di
temperatura, sono particolarmente favorevoli per la coltivazione di vitigni aromatici. Di ciò beneficiano anche le grappe.
Un cambio di tendenza alla fine degli anni 1980 permise un
salto di qualità nella viticoltura dell’Alto Adige. Innanzitutto, furono ridotti nettamente le abbondanti rese delle uve.
Fino a quell’epoca la Schiava, un vitigno rosso autoctono,
era stata la varietà più diffusa in Alto Adige. Mentre in passato essa ricopriva il 70% della superficie vitata, oggi la sua
coltivazione raggiunge meno del 50%. Le cantine erano alla
ricerca di vitigni nuovi, richiesti dal mercato. Vitigni pregiati
come lo Chardonnay, il Müller-Thurgau, il Sauvignon oppure
il Kerner hanno trovato sempre più diffusione nelle vigne
dell’Alto Adige. In ogni caso, il terreno e il clima sono più
vocati per la produzione dei vini bianchi, sebbene in certe
zone vengano prodotti ottimi vini rossi di grande stoffa e
spessore. La maggioranza dei vini prodotti in Alto Adige
sono a Denominazione di Origine Controllata (DOC). Con
la modernizzazione della viticoltura, le nuove tecnologie
hanno fatto il loro ingresso anche in cantina. Gli straordinari successi riscossi a numerosi concorsi vinicoli nazionali
e internazionali sono una grande dimostrazione della qualità
dei vini altoatesini.
La grappa altoatesina ha beneficiato di questa evoluzione
positiva. Il fatto che le vinacce di vitigni autoctoni e innovativi subissero una pigiatura più soffice ha contribuito notevolmente alla crescita qualitativa della grappa. La grappa
dell’Alto Adige non è soltanto diventata un distillato ben
apprezzato dal consumatore medio, ma ha finito per soddisfare perfino le esigenze degli intenditori più raffinati.
Il vitigno più tipico della zona è senza dubbio l’autoctono
Gewürztraminer ossia il Traminer Aromatico, che dona alla
grappa il suo caratteristico e inconfondibile profumo di
rosa. L’Alto Adige è la patria di questo vitigno, che incontra
un numero sempre crescente di appassionati. Già in epoca
medievale le sue doti erano molto stimate. Tuttavia, il vitigno per eccellenza utilizzato per la produzione della grappa
rimane il Moscato Giallo, caratterizzato da aromi di frutta
matura e da un’intensa nota di noce moscata. La sua coltivazione è limitata a una superficie molto ridotta, che è in
grado di soddisfare le esigenze particolari di questo vitigno.
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Qualità inconfondibile
Per la produzione della grappa altoatesina vengono utilizzate
esclusivamente vinacce selezionate dell’Alto Adige. È il distillatore in persona a selezionare le vinacce per i suoi prodotti.
L’esame visivo e quello olfattivo rivelano immediatamente se
si tratta di una vinaccia perfetta. Anche l’Agenzia delle Dogane
tiene sotto controllo la vinaccia che arriva in distilleria, effettuando analisi presso il proprio laboratorio chimico.
L’imperativo assoluto nella produzione della grappa è la conservazione degli aromi forniti dalla natura. Per questo motivo
è indispensabile che la vinaccia non fermentata di uve bianche
venga trasferita immediatamente in distilleria. Lo stesso vale
per la vinaccia fermentata di uve rosse, che normalmente non
ha ancora subito una pigiatura quando arriva in distilleria e
perciò presenta un’alta percentuale di liquido. Al contrario delle grandi aziende, i viticoltori e i distillatori altoatesini utilizzano piccoli contenitori (botti) per il trasporto delle vinacce. Ciò
permette un immediato ritiro e una lavorazione rapida delle
vinacce fresche. Il punto focale nella continua ricerca della
qualità dei produttori altoatesini è la distillazione in alambicchi a bagnomaria. Questo metodo tradizionale utilizzato da
sempre per la produzione di acquaviti di frutta si è rivelato
anche il non plus ultra per la distillazione di grappe di altissima
qualità. L’ebollizione della vinaccia diluita con acqua che avviene nell’alambicco rappresenta un metodo di distillazione più
delicato rispetto all’immissione di vapore diretto, che provoca, a
causa dell’elevata temperatura, la perdita delle pregiate sostanze volatili presenti nella vinaccia. Le caratteristiche delle grappe
altoatesine prodotte con il metodo a bagnomaria ricordano
meno i vinaccioli e la buccia dell’uva. Grazie a un’ottima estrazione degli aromi pregiati, la grappa dell’Alto Adige si distingue
per il suo particolare carattere fruttato. Meno del 10% delle
grappe prodotte in Italia viene distillato con questo metodo.
La grappa altoatesina viene inoltre prodotta nel pieno rispetto
dell’ambiente. I viticoltori dell’Alto Adige fanno affidamento
sull’agricoltura integrata, riducendo al minimo l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi (pesticidi o fertilizzanti) e prediligendo i prodotti naturali. Inoltre, l’agricoltura biologica registra una
sempre maggior diffusione. Grazie a un trattamento delicato
dell’uva in cantina, gli aromi naturali del vino e successivamente
della grappa si conservano al meglio. Al fine di assicurare la tutela della natura, tutti i residui della distillazione subiscono un
riciclo completo: i rifiuti liquidi vengono smaltiti negli impianti
di depurazione, mentre quelli solidi vengono raccolti nelle isole
ecologiche autorizzate.
Grappa dell’Alto Adige con marchio di qualità
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Tutte le distillerie altoatesine che nel 1990 hanno aderito
all’Associazione Produttori Grappa dell’Alto Adige hanno
il diritto di produrre grappa altoatesina con il marchio di
qualità. Il numero di bottiglie prodotte annualmente con il
marchio di qualità si aggira intorno a 100.000.
La produzione della grappa altoatesina comprende norme
più severe rispetto a quelle previste a livello nazionale. Le
norme vietano l’aggiunta di additivi e di bonificanti, mentre
i dolcificanti sono consentiti. Tutti i prodotti che vantano il
marchio di qualità sono soggetti a controlli annuali. Tramite
analisi chimico-fisiche vengono verificati i valori limite
per i parametri stabiliti dalla legge. Le sostanze analizzate
comprendono alcol metilico (metanolo), 2-butanolo, alcoli
superiori o furfurolo, acetaldeide, acetato di etile, acido
acetico e rame.
La piacevolezza sensoriale viene invece verificata dall’A.N.A.G.
(Associazione Nazionale Assaggiatori Grappa). Secondo il
metodo di valutazione dell’Associazione Degustatori Italiani
Grappe e Distillati, una grappa prodotta in Alto Adige deve
raggiungere un punteggio di almeno 75/100 per ottenere il
marchio di qualità.
Esistono molte altre distillerie famose in Alto Adige, che
producono quantità significative di grappa. Tuttavia, esse
non recano il marchio di qualità Alto Adige.
La grappa dell’Alto Adige viene prodotta da distillerie a conduzione famigliare con una lunga tradizione nel settore. È un
prodotto cristallino e unico nel suo genere, che garantisce la
massima purezza e un’altissima qualità.
La grappa dell’Alto Adige con il marchio di qualità offre il
massimo piacere del palato. L’unico filo conduttore è la qualità.
Sono circa 70 i viticoltori altoatesini che ancora oggi possiedono la vecchia licenza di distillazione, anche nota come
“quota giornaliera”. Questa licenza autorizza il contadino a
produrre la propria acquavite dietro il pagamento di una tassa
forfettaria sull’alcool. La quantità è limitata a 300 litri di alcol
puro, che devono essere distillati entro 24 ore. Oltre 40 piccoli
distillatori artigianali si sono uniti per fondare l’associazione
“Südtiroler Hofbrennereien”, letteralmente “Distillerie del
maso”.
Grappa
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Produttori
38
Cantina Sociale Lagundo
Portici 218
39012 Merano (BZ)
Tel. 0473 237 147
Fax 0473 275 892
[email protected]
www.burggraefler.it
Distilleria L. Psenner
Via Stazione 1
39040 Termeno (BZ)
Tel. 0471 860 178
Fax 0471 860 616
[email protected]
www.psenner.com
Hofbrennerei Fischerhof
Colterenzio 12
39050 Cornaiano (BZ)
Tel. 0471 660 627
Fax 0471 673 756
[email protected]
www.fischerhof-mauracher.it
Hofbrennerei Zu Plun
Via Alpe di Siusi 19
39040 Castelrotto (BZ)
Tel. 0471 706 137
Fax 0471 707 505
[email protected]
Bauernbrennerei Lahnerhof
Via Brugger 2
39020 Marlengo
Tel. +39 0473 447256
Fax +39 0473 221690
[email protected]
www.lahnerhof.com
Informazioni
EOS - Organizzazione export
Alto Adige della Camera di
commercio di Bolzano
Via Alto Adige 60
39100 Bolzano
Tel. 0471 945 750
Fax 0471 945 770
[email protected]
www.grappaaltoadige.com
39
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Gargazzone
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Bolzano
S. Maurizio Gries
Bauernbrennerei Lahnerhof
Distilleria L. Psenner
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Bronzolo
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Hofbrennerei Fischerhof
Hofbrennerei Zu Plun
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Cantina Sociale Lagundo
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Santa Giustina
S. Maddalena
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Senale - S. Felice
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Ponte Gardena
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Lagundo Quarazze
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Tirolo
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Bozen
Bolzano
Vigneto
Centro abitato
Autostrada
Strada del Vino
Strada principale
Strada secondaria
Lago e corso d’acqua
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 km
Alpe di Sius
43
Editore
EOS - Organizzazione export Alto Adige della Camera di commercio di Bolzano
Testo: Herbert Taschler, Annette Gerhold
Traduzione: Elvira Ackermann, Bruno Ciola
Foto: Frieder Blickle, Archivio Camera di commercio di Bolzano (pag. 21)
Grafica: F&P, Bz
Stampa: La Commerciale - Borgogno
Fonti bibliografiche
Odello, Luigi: Grappa: tra assaggi e alambicchi, Centro studi e formazione
assaggiatori, 2002
März, Andreas: Merum – Dossier Grappa, 2/2006
LIPPMANN, O.v./SUDHOFF, K.: Thaddaeus Florentinus (Taddeo Alderotti)
über den Weingeist, 1914
MAURIZIO, Adam: Geschichte der gegorenen Getränke, 1933
RAU, Erich J.: Ärztliche Gutachten und Polizeivorschriften über den Branntwein
im Mittelalter, 1914
SUDHOFF, Karl: Weiteres zur Geschichte der Destillationstechnik, 1915
In: Archiv f. Geschichte d. naturwiss. Technik 5 (pagg. 282–288)
WASSON, Gordon R.: Distilled Alcohol Dissemination, 1984
In: Drinking and Drug Practices Surveyor 19 (pag. 6)
Regolamento per la tutela della Grappa dell’Alto Adige, 1990
Disciplinare per il settore produttivo della grappa a marchio “Qualità Alto
Adige”, 2006
Bosi, Roberto: La grappa, 1996
Bibliografia della grappa, Brescia, Centro studi e formazione assaggiatori, 1993
Per informazioni:
EOS - Organizzazione export Alto Adige
della Camera di commercio di Bolzano
Prodotti con il marcho di qualità Alto Adige
Via Alto Adige 60
39100 Bolzano
Grappa
315/1011/15000
[email protected]
www.grappaaltoadige.com