FESTIVAL FOTOGRAFICO EUROPEO 2014 Calendario EVENTI Giornaliero VENERDI 17 OTTOBRE 2014 ore 19 Sala Conferenze Museo del Tessile – Via Volta – Busto Arsizio (Va) INAUGURAZIONE FESTIVAL FOTOGRAFICO EUROPEO Alla presenza degli autori, degli ospiti stranieri, delle autorità, dei curatori, dei partner – SU INVITO A seguire: Apertura mostra fotografica DAMNATIO MEMORIAE di Nicola Bertellotti Sala del Ricamo Museo del Tessile Apertura mostre e aperitivo inaugurale Palazzo Marliani Cicogna – Piazza Vittorio Emanuele II – Busto Arsizio (Va) EVENTO SU INVITO SABATO 18 OTTOBRE 2014 – Vari appuntamenti Ore 10,30 Aula Magna Liceo Artistico Paolo Candiani – Via Luciano Manara,10 – Busto Arsizio (Va) LECTIO MAGISTRALIS CON LA FOTOGRAFA ELENA CHERNYSHOVA Ore 14,00 Palazzo Marliani Cicogna – Oiuazza Vittorio Emanuele II – Busto Arsizio (Va) LETTURA PORTFOLIO – Iscrizioni anticipate e in loco / posti rimasti permettendo Ore 18,30 Palazzo Marliani Cicogna – Oiuazza Vittorio Emanuele II – Busto Arsizio (Va) PREMIAZIONE MIGLIOR PORTFOLIO 2014 / Afi FOTOCult EPSON Digigraphie Nella giornata Bookshop by HF Libri Ore 19,30 Centro Giovanile STOA’ – Via Gaeta, 10 – Busto Arsizio (Va) Vernissage della mostra ONE DAY IN AFRICA – Ventiquattro ore nella vita del continente vero Ore 21,15 Chiesa OPAI e Teatrino di Villa Gonzaga – Via L. Greppi, 4 – Olgiate Olona (Va) Vernissage delle mostre di FRANCESCO CITO e MARCO FERRANDO A seguire: MULTIVISIONI SU GRANDE SCHERMO a cura di ALTO CONTRASTO by Luciano Laghi Benelli In chiusura light cocktail INGRESSO LIBERO A TUTTI GLI INCONTRI DOMENICA 19 OTTOBRE 2014 – Due appuntamenti Ore 11,00 Villa Pomini – Via Don Luigi Testori, 14 – Castellanza (Va) VERNISSAGE DELLE MOSTRE DI: JACOB BALZANI LööV, JEAN JANSSIS, MARIE PADLEWSKY, ELISA GAMBINO, MYLENE ZIZZO, FABIEN PIO. A seguire: Firma dell’accordo di partenariato con l’Associazione FONTAINE OBSCURE di Aix en Provence, in presenza della Presidente Brigitte Manoukian e di una delegazione di ospiti francesi. Light drink Ore 17,30 Fondazione Bandera per l’Arte – Via Andrea Costa, 29 – Busto Arsizio (Va) VERNISSAGE DELLE MOSTRE: PAESAGGI METAFISICI Studenti Istituto Italiano di Fotografia a cura di Erminio Annunzi OPUS VI – Rivelazioni di fotografia istantanea di: Silvia e Massimo Pedrina, Cristina Altieri, Alan Marcheselli, Franco Mammana, Matteo Rosso, Carmen Palermo Light drink INGRESSO LIBERO LUNEDI 20 OTTOBRE 2014 Ore 19: Galleria Libreria Boragno – Via Milano, 7 (centro storico pedonale) – Busto Arsizio (Va) Vernissage della mostra: PICCOLI SCHIAVI, L’INFANZIA NEGATA DEI LAVORATORI BAMBINI di Luca Catalano Gonzaga – Witness Image / Incontro con l’Autore INGRESSO LIBERO MARTEDI 21 OTTOBRE 2014 Ore 18 Biblioteca Nazionale Palazzo Sormani – Sala del Grechetto - Corso di Porta Vittoria, 6 – Milano Presentazione del libro: INCONTRANDO MILANO. Due sguardi, due autori, due epoche di Virgilio Carnisio e Claudio Argentiero – a cura di Roberto Mutti Apertura della mostra visitabile fino all’1 novembre 2014 INGRESSO LIBERO GIOVEDI 23 OTTOBRE 2014 Ore 18 Showroom Tante Cose – Via Rossini, 7 – Busto Arsizio (Va) VERNISSAGE DELLA MOSTRA: BUSTO, IMMAGINI DI UNA CITTA’ IMMAGINATA a cura di Claudio Argentiero Aperitivo INGRESSO LIBERO VENERDI 24 OTTOBRE 2014 Ore 19 Comunità Giovanile - Vicolo Carpi, 5 - Busto Arsizio (Va) Vernissage della mostra WINDOWSCONVISTA di SILVIA GALLO STAMPINO Aperitivo in musica INGRESSO LIBERO SABATO 25 OTTOBRE 2014 – Vari appuntamenti Ore 10 Aula Magna Liceo Scientifico A. Tosi – Via Grossi, 3 – Busto Arsizio (Va) LECTIO MAGISTRALIS CON IL FOTOGRAFO VALERIO BISPURI ENCERRADOS - Dieci anni di fotografia nelle carceri nel continente Sudamericano A SEGUIRE: UN SOGNO NELLA BRUGHIERA Presentazione del libro del giornalista CARLO COLOMBO Apertura della mostra fotografica realizzata con gli scatti di alcuni studenti pubblicati nel libro Ore 17 Villa Calcaterra – sala del camino – Via Magenta, 70 – Busto Arsizio (Va) Vernissage della mostra: ONE YEAR IN KABUL – Memory of a unique experience realizzata con gli scatti dei soldati in missione in Afghanistan Ore 18 Biblioteca Comunale – Via Marliani – Busto Arsizio (Va) Dialogando con la fotografa Chiara Ciccocioppo e alcune imprenditrici agricole In occasione della mostra: CON IL CUORE ALLA TERRA. DONNE E AGRICOLTURA A seguire light buffet di prodotti offerti da Aziende Agricole del territorio INGRESSO LIBERO A TUTTE LE INIZIATIVE DOMENICA 26 OTTOBRE 2014 Ore 11 Spazio Arte Carlo Farioli – Via Silvio Pellico, 15 – Busto Arsizio (Va) INCONTRO CON L’AUTORE: CLAUDIO RE CI PARLA DELLA SUA MOSTRA TRIGGER (Storia di uno sguardo) con la curatrice Manuela Ciriacono INGRESSO LIBERO DOMENICA 26 OTTOBRE 2014 Ore 16 Centro Parco Dogana Austroungarica – Via De Amicis – Tornavento di Lonate Pozzolo (Va) Vernissage della mostra: PAESAGGIO PERDUTO di Claudio Argentiero / incontro con l’Autore A SEGUIRE DEGUSTAZIONE DI PRODOTTI TIPICI DALLE AZIENDE DEL TERRITORIO DEL PARCO DEL TICINO INGRESSO LIBERO MERCOLEDI 29 OTTOBRE 2014 Ore 18,30 Spazio Cappellari – Via Cappellari (zona piazza Duomo) - Milano Incontro con Claudio Argentiero, autore della mostra MILANO, IMMAGINI DI UNA CITTA’ IMMAGINATA – Panoramiche urbane A SEGUIRE PRESENTAZIONE DEL LIBRO: INCONTRANDO MILANO . Due sguardi, due autori, due epoche di Claudio Argentiero e Virgilio Carnisio – testi di Roberto Mutti / booksigning INGRESSO LIBERO SABATO 1 NOVEMBRE 2014 Ore 15-18 Sala Conferenze Biblioteca Civica – Piazza Castegnate, 2bis – Castellanza (Va) BOOK DAY – Presentazione di libri di fotografia e incontro con gli autori Modera Claudio Argentiero Ore 18,15 Sala Conferenze Biblioteca Civica – Piazza Castegnate, 2bis – Castellanza (Va) Vernissage della mostra: RAPPORTO ITALIA di Virginio Bottaro, Domenico Cichetti, Ettore Colico, Gianni Firmani, Stefano Frascaro, Beatrice Cacace, Orazio Mascioli, Ennio Montani, Mario Rossetti, Sandro Rossi, Michele Saccani, Stefano Sbaccanti, Gianluca Uva, Lorenzo Vitali. INGRESSO LIBERO DOMENICA 2 NOVEMBRE 2014 Ore 17 Torre Colombera – Via Canton Lombardo – Gorla Maggiore (Va) Vernissage della mostra e presentazione del libro: FIGURE SILENTI TRA LUCE E MATERIA La luce di Claudio Argentiero interpreta le sculture di Odoardo Tabacchi INGRESSO LIBERO MERCOLEDI 5 NOVEMBRE 2014 Ore 18,30 Showroom Tante Cose – Via Rossini, 7 – Busto Arsizio (Va) PRESENTAZIONE DEL LIBRO: BUSTO, IMMAGINI DI UNA CITTA’ IMMAGINATA a cura di Claudio Argentiero in dialogo con il giornalista Carlo Colombo Book Signing - Aperitivo INGRESSO LIBERO GIOVEDI 6 NOVEMBRE 2014 Ore 21 Comunità Giovanile - Vicolo Carpi, 5 - Busto Arsizio (Va) Dibattito: IL RUOLO DELLA RUSSIA la questione Ucraina. Relatori: NICOLAI LILIN E MAX FERRARI INGRESSO LIBERO NEL XXI SECOLO: il rapporto con l’occidente e VENERDI 7 NOVEMBRE 2014 Ore 19: Centro Giovanile STOA’ – Via Gaeta, 10 – Busto Arsizio (Va) Vernissage della mostra: IL MIRACOLO DEGLI OCCHI Interverranno l'autrice del catalogo, la fotografa Monika Bulaj, il pittore Nebojsa Bogdanovic e Padre Andrj Sajc, prorettore del seminario dei SS.Cirillo e Metodio di Prizren. A seguire aperitivo INGRESSO LIBERO VENERDI 7 NOVEMBRE 2014 Ore 21: Galleria Libreria Boragno – Via Milano, 7 (centro storico pedonale) – Busto Arsizio (Va) INCONTRO CON FERDINANDO SCIANNA PAROLE DI FOTOGRAFIA Conversando di scrittura e fotografia tra FERDINANDO SCIANNA e ROBERTO MUTTI INGRESSO LIBERO SABATO 8 NOVEMBRE 2014 Ore 17,30 Palazzo Leone da Perego – Via Mons. E. Girardelli, 10 – Legnano (MI) Vernissage della mostra: ELIO CIOL: GLI ANNI DEL NEOREALISMO Alla presenza dell’autore INGRESSO LIBERO DOMENICA 9 NOVEMBRE 2014 Ore 17 Casa delle Culture del Mondo – Via Giulio Natta, 11 – Milano (M1 Lampugnano) Vernissage della mostra: I BERBERI – TERRE DI ALLAH del fotografo portoghese Rui Pires A seguire proiezioni di reportage e di viaggio – Afi INGRESSO LIBERO MERCOLEDI 19 NOVEMBRE 2014 ORE 21,15 Ore 21,15 Palazzo Marliani Cicogna – Sala Don Rossi - Piazza Vittorio Emanuele II – Busto Arsizio (Va) LA FOTOGRAFIA D’ARTE, COME DECIFRARLA Mercato in Italia e all’estero, gallerie, rapporto con gli artisti, intuizioni, scoperte Incontro con Claudio Composti – Direttore della Galleria mc2Gallery di Milano INGRESSO LIBERO SABATO 22 NOVEMBRE 2014 Ore 15 -18,30 Palazzo Marliani Cicogna – Piazza Vittorio Emanuele II – Busto Arsizio (Va) FATEVI RITRARRE COME UN TEMPO – Atelier d’epoca con fondale dipinto Famiglie, coppie e singoli in posa per una foto d’altri tempi – stampa fotografica in omaggio direttamente sul posto. PARTECIPAZIONE LIBERA – BASTA PRESENTARSI NEGLI ORARI INDICATI A SEGUIRE, A PALAZZO CICOGNA, DALLE ORE 21,30: MUSEO BY NIGHT PROIEZIONI D’AUTORE a ciclo continuo NELLE 3 SALE DEL MUSEO PROCLAMAZIONE VINCITORE PREMIO AUDIOVISIVI “MEMORIAL FRANCO PONTIGGIA” SALA 1: Proiezione dei migliori lavori pervenuti e scelti dalla Giuria – CONSEGNA PREMI ore 21,30 SALA 2: Proiezioni a cura di Giacomo Cicciotti – LANTERNA MAGICA MULTIVISIONI SALA 3: Proiezioni a cura PHOTO ANDREELLA Al termine pizza e dolce party – saluti per la chiusura del Festival INGRESSO LIBERO Comunicato Stampa FESTIVAL FOTOGRAFICO EUROPEO 2014 EUROPEAN PHOTOGRAPHIC FESTIVAL 2014 La fotografia d’autore per unire genti, culture e generazioni d’Europa. www.europhotofestival.it 18 ottobre 2014 – 23 novembre 2014 Inaugurazione - su invito: venerdì 17 ottobre 2014 ore 19 Catalogo in mostra Mostre-Proiezioni-Multivisioni-Lettura Portfolio-Seminari-Editoria-Concorsi-Workshop L’iniziativa, ideata dall’Afi-Archivio Fotografico Italiano, con il patrocinio dell’Amministrazione comunale di Busto Arsizio e dei comuni di Castellanza, Gorla Maggiore, Olgiate Olona, Samarate, Legnano della Provincia di Varese, dell’Agenzia del Turismo della Provincia di Varese, della Provincia di Milano – Casa delle Culture nel Mondo, Ester Produzioni, con il sostegno tecnologico di EPSON Italia, in collaborazione con la rivista FOTOCult e con un’estesa varietà di associazioni, scuole e realtà private, nasce con l’intento di porsi tra le realtà più rilevanti nel panorama fotografico nazionale, proponendo un percorso visivo articolato, che vuole essere un’opportunità riflessiva e interpretativa, con un approccio progettuale che abbraccia il territorio suggerendo itinerari costruttivi. Il Festival da quest’anno si allarga anche nel territorio di Milano, in spazi pubblici e privati, per allacciare un dialogo con la metropoli lombarda, innescando una sinergia di intenti che si manifestano nella scoperta di luoghi e preziosità, mettendo al centro la cultura e la creatività visiva, attraverso la fotografia d’autore. Una sorta di fabbrica culturale, che si apre all’Europa, dialogando con i popoli mediante l’arte dello sguardo, mettendo a fuoco le aspirazioni, i linguaggi e l’inventiva di artisti provenienti da diverse esperienze. Un progetto che vuole avvalorare come la cultura funga da catalizzatore di energie tra i popoli, agganciandosi a nuove prospettive di crescita e dialogo tra le generazioni che, salvati dalla bellezza, dall’impegno sociale, dallo studio e dalla voglia di abbattere le frontiere, si ritrovano in un percorso comune di crescita e di responsabilità collettiva. Grandi autori divengono il faro per i giovani emergenti, in un confronto dialettico teso a stimolare dibattiti e ragionamenti, attorno a temi d’attualità, di storia, d’arte e di ricerca. La fotografia torna protagonista a Busto Arsizio, nella valle Olona e lungo l’asse del Sempione, con un evento che prevede circa 40 mostre nel territorio, seminari, workshop, proiezioni, multivisioni, cinema e musica, letture dei portfolio, presentazione di libri, concorsi, lezioni magistrali. Una proposta ideata per attrarre un folto pubblico da diversi luoghi, anche dall’estero, proponendo un percorso visivo che si dirama dalla fotografia storica al reportage d’autore, dalla fotografia d’arte alle ricerche creative, al territorio, che merita considerazione. L’asse del Sempione, che mette in comunicazione Milano, la vicina Svizzera e la Francia, in un susseguirsi di paesaggi inebrianti, dalle Prealpi Varesine al Lago Maggiore, apprezzati da un turismo internazionale, e quindi occasione per un lieto soggiorno per quanti, partecipando all’evento si fermeranno più giorni nel territorio. Non la consueta rassegna, ma un progetto articolato che interesserà molti luoghi tra spazi pubblici e privati, gallerie, librerie, studi di architettura, atelier d’arte e ville. Per rendere maggiormente rilevante l’evento, si sono unite diverse realtà culturali e formative predisponendo progetti che interesseranno diverse fasce di età di studenti e cittadini. In sintesi, menzioniamo i comuni, i collaborator, i partner e le scuole che hanno aderito con interesse alla realizzazione dell’iniziativa: FOTO Cult, Fondazione Bandera per l’Arte, Istituto Italiano di Fotografia, Liceo Artistico “Paolo Candiani”, Liceo Scientifico “Arturo Tosi”, PigrecoLAB, Caccia Cornici, Centro Giovanile STOA’, Associazione Christian Onlus, Spazio Arte C. Farioli, Bubola e Naibo, Punto Marte Editore, mc2Gallery Milano, Malpensa Fiere, Fondazione Torre Colombera, Andreella Photo, Casa delle Culture del Mondo di Milano/Provincia di Milano, Showroom Tante Cose, Volpe Image, Ester Produzioni; Fondazione 3M, Camera di Commercio di Varese, Comunità Giovanile Busto Arsizio, Biblioteca Sormani Milano, Ass.ne Bianca Garavaglia, She Likes Winter, Malpensa Fiere, Prov di VA Turismo, NRDC-ITA, Hf Distribuzione, Il Cantuccio, Libreria Boragno, Parco del Ticino, Gobbo Allestimenti, Associazione Culturale Plana. Esposizioni a Busto Arsizio – vari spazi: 18 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 GIOVANNI VERGA SCRITTORE E FOTOGRAFO PALAZZO MARLIANI CICOGNA – P.ZZA VITTORIO EMANULE II – BUSTO ARSIZIO (VA) MOSTRA REALIZZATA GRAZIE AL CONTRIBUTO DELLA FONDAZIONE 3M – A CURA DI ROBERTO MUTTI ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO: 15-19 / DOMENICA 16-19 – INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI Potrà forse apparire sorprendente che lo scrittore Giovanni Verga, uno dei padri del Verismo, fosse anche un appassionato fotografo. Proprio come i suoi amici Capuana e De Roberto (e come Émile Zola in Francia o Jack London in Inghilterra), Verga ribadiva lo stretto rapporto che lega letteratura e fotografia. Per quanto la scoperta delle lastre su cui lo scrittore siciliano aveva impresso le sue immagini risalga al 1970, la conoscenza delle sue fotografie è poco nota presso il grande pubblico, una carenza che questa mostra tenta di colmare. Sono presentate più di venti immagini che provengono dall’archivio del Centro di documentazione 3M: non si tratta di fotografie originali perché queste sono inspiegabilmente andate perdute, ma di stampe recenti ricavate indirettamente dalle lastre verghiate che, date le loro precarie condizioni, sono troppo delicate per essere maneggiate. Erano infatti conservate in scatole abbandonate in un armadio e alcune di queste lastre (tutte in vetro) hanno subito danni alle emulsioni – che in qualche caso si sono addirittura parzialmente distaccate per colpa dell’umidità – o sono state addirittura accidentalmente rotte. Autore attivo a cavallo fra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, Verga non era sempre ineccepibile dal punto di vista tecnico, tanto da lamentarsi quando i risultati non gli apparivano soddisfacenti, ma è anche un fotografo efficace e immediato che si dedica con ugual interesse al paesaggio come al ritratto. La Sicilia è spesso presente nelle sue visioni delle campagne come in quelle urbane, con evidenti analogie letterarie con quanto lo stesso autore descriveva nelle pagine scritte. Ancora più ampia è la produzione di ritratti ed è curioso notare che, accanto ai numerosi parenti ed amici, compaiono spesso in queste immagini fattori, contadini, massari, cameriere e tutta una gran quantità di uomini e donne semplici che evidentemente non animavano solo i romanzi e le novelle di Giovanni Verga. Talvolta tutti costoro vengono ripresi nel loro ambiente, in altri casi in luoghi, come un terrazzino della sua casa catanese, che lo scrittore fotografo prediligeva per allestire i suoi set che, quando non utilizzavano i muri decorati, prevedevano come fondale un semplice telo. Le posture, gli abiti, lo stesso modo di ripresa sono ora per noi indizi importanti capaci di dirci molto dello stile di vita, dell’estetica e della storia del tempo. Roberto Mutti Nel 1966 nell'abitazione catanese di Giovanni Verga, in Via S. Anna 8, al centro di Catania, furono ritrovati ben 448 negativi fotografici - 327 lastre in vetro e 121 fotogrammi in celluloide - impressi dallo scrittore a partire dal 1878. I negativi, restaurati e sviluppati dal medesimo scopritore il Prof. Giovanni Garra Agosta in collaborazione con la società 3M, ritraggono in parte parenti, domestici, amici, molti dei quali esponenti culturali del suo tempo, quali Luigi Capuana, Federico De Roberto, Eleonora Duse, gli editori Emilio e Giuseppe Treves, e molti altri. Molti di essi tuttavia raffigurano anche paesaggi, scorci di case anche umili, e le vie di paesi come Vizzini, Scordia e Licodia Eubea completamente svuotate di gente, forse al lavoro nei campi, che rimandano a quel senso di mondo fermo e immutabile che si respira nei racconti verghiani. Ma ritraggono anche l'ambiente rurale delle sue proprietà fondiarie, con i suoi uomini di fiducia ed i suoi braccianti, dalla figura umile e col volto ruvido, segnato dal sole e dalla fatica. Emergono insomma da queste foto non solo quegli scenari naturali e domestici, ma anche quegli uomini e quelle donne che dovettero certamente servire da modelli ideali, perlomeno in alcuni loro tratti, per le sue opere letterarie appartenenti alla fase verista, dalla raccolta di novelle Vita dei campi, pubblicata nel 1880 - due anni dopo l'inizio ufficiale della sua attività di fotografo ai romanzi I Malavoglia e Mastro don Gesualdo. 18 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 PALAZZO MARLIANI CICOGNA – P.ZZA VITTORIO EMANULE II – BUSTO ARSIZIO (VA) VALERIO BISPURI ENCERRADOS - TRAVEL TO SOUTH AMERICAN JAILS ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO: 15-19 / DOMENICA 16-19 – BIGLIETTO CUMULATIVO € 6 ACCESSO FACILITATO AI DISABILI Per quasi dieci anni ho seguito la situazione delle carceri nel continente sudamericano. Un'immersione in un mondo che all'inizio sembrava "diverso", complicato, fatto spesso di violenze e soprusi. Con il tempo però ho scoperto invece come i detenuti tentino sempre di creare un loro spazio, molto simile a quello che avevano fuori le sbarre e fanno di tutto per mantenere una loro dignità. Le carceri sono un riflesso della società, uno specchio di quello che succede in un paese, nei piccoli drammi e nelle grandi crisi economiche e sociali. La prigione è una comunità, un non luogo in cui però si vive ogni giorno con ritmi e spazi precisi e per "difendersi" i detenuti sono costretti a tentare di ricostruire le proprie abitudini, anche in condizione spesso al limite dell'umano. Una realtà in molti casi estremamente difficile, soprattutto a causa del sovraffollamento e della violenza che ne consegue, della droga e della gestione del potere all'interno del carcere. In Brasile pur avendo i permessi per entrare a fotografare il direttore ha dovuto chiedere l'autorizzazione ha un gruppo di "comando" che gestiva completamente il carcere. In Venezuela c'era una parete di una prigione trivellata di proiettili e le guardie mi spiegavano che i detenuti sparavano per festeggiare uno di loro che usciva. Altri mostravano con aria di sfida i loro coltelli e chi non era armato diventava una sorta di schiavo. Nella Penitenceria di Santiago del Chile invece nell'ora d'aria i detenuti esasperati dal sovraffollamento e dalla condivisione spesso di un solo bagno per oltre 50 persone, scaricano l'energia accumulata facendo dei veri e propri duelli con spadoni ricavati dai vecchi tubi della struttura. Le regole dentro i carceri sono le stesse che fuori, chi ha più soldi gestisce, chi ha più potere comanda. A volte si formano bande che si scannano tra loro, ma nel quotidiano ci sono anche tanti momenti di pausa dove si gioca a pallone, si scherza, per le donne ci si trucca come per uscire... Il filo conduttore che ha legato tutto il lavoro è stato il desiderio di scoprire ogni paese del Sud america singolarmente e in un contesto globale. Sono voluto entrare nella profondità del contesto carcerario non tanto per denunciare una situazione spesso al limite della sopravvivenza, ma per raccontare cosa ancora unisce e divide oggi il Sud America. Ho girato per 74 carceri sudamericane, maschili e femminili (Ecuador, Perù, Bolivia, Argentina, Cile, Uruguay, Brasile, Colombia e Venezuela), sono entrato in contatto con denetuti e guardie, con la paura e la rabbia, con la speranza e la sfiducia. Alcuni detenuti mi hanno visto come una possibilità o semplicemente un diversivo, altri con invidia, altri ancora con disprezzo perchè pensavano che ero lì solo per vendere le foto della loro vita richiusa. Ogni carcere è stato un modo per raccontare un continente da “dentro” e da fuori, scoprendone anche luci lì dove tutto sembra spento e il riflesso della violenza e dalla vitalità si contrappongono in un unico segmento cha e’ poi la storia del Sud America. Valerio Bispuri è nato a Roma nel 1971. Laureato in lettere presso l'Università "La Sapienza" ha poi ho conseguito un Master in giornalismo presso "L'istituto di comunicazione" di Roma. Fotoreporter professionista dal 2001, collabora con numerose riviste italiane e straniere. Per dieci si è occupato di un lungo progetto sulle carceri del Sudamerica. Un viaggio che lo ha portato ha visitare 74 prigioni di tutti i paesi del continente sudamericano. Un reportage che è stato esposto al Visa pour l'Image a Perpignan nel 2011, al Palazzo delle Esposizioni a Roma, presso l'Università di Ginevra, al festival di fotografia di Berlino. Nel 2013 ha terminato un progetto durato 8 anni per denunciare la diffusione del consumo di Paco, una droga a basso costo che sta uccidendo migliaia di adolescenti e bambini nei sobborghi delle metropoli sudamericane. Numerosi sono i premi vinti: il Sony World Photography Awards 2013, il premio del pubblico al Days Japan Award 2013, il Poy Editing Magazine nel 2014 e il Poy latinoamericano 2011 (menzione speciale). In Italia è rappresentato da Echo Photo Agency 18 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 PIERGIORGIO BRANZI PARIS SIMILITUDE PALAZZO MARLIANI CICOGNA – P.ZZA VITTORIO EMANULE II – BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO: 15-19 / 16-19 – BIGLIETTO CUMULATIVO € 6 ACCESSO FACILITATO AI DISABILI C’è un verbo francese, “flaner”, che ci offre un consiglio prezioso per apprezzare una città. Il dizionarietto Collins precisa che indica andare zonzo, gironzolare, bighellonare, e chi pratica questo comportamento è da definirsi ozioso, perdigiorno, girandolone. Detto in termini benevoli, e più sinceri, sta ad indicare una delle condizioni esistenziali più gradevoli che si possa immaginare, e la più adatta e corretta per godersi la capitale di Francia. E’ tempo di riconoscere che anche le città hanno un sesso. Ci sono città” maschio” e altre “femmina”. Londra, ad esempio, appartiene alla prima categoria. Carattere severo, socialmente consolidata, gerarchicamente ordinata. Da secoli ha insegnato come rivestire i militari con abiti comodi ma eleganti, rutilanti per i gradi più alti; Esercito della Salvezza e <Boys Scout compresi (perfino l’impermeabile Burberry, nella sua immutabilità, lo si può considerare una divisa civile). Riconosciamolo, passeggiando per Londra si avverte un diffuso odore di caserma. Forse anche per questo è una città che piace molto alle donne, da sempre tutt’altro che refrattarie al fascino delle uniformi. Parigi , al contrario, è inequivocabilmente “femmina”. Volubile signora dalla dubbia età, ora bambina cresciuta, ora anziana dalle rughe stirate. Fa di tutto per piacere, per essere ammirata e rimirata, e assecondarti in quello che da lei puoi attendere e vorresti avere. Arte e letteratura ti accompagnano ad ogni passo, e rimangono i tratti somatici del suo volto. Piumaggi e orpelli, fronzoli e dorature, leggerezza ed effimera apparenza ne segnano l’inimitabile charme. Città senza tempo, dalle soglie degli antiquari agli innumerevoli mercatini periferici, rigurgita del più disparato campionario delle superflue scorie del decoro borghese; sillabe e lettere cadute dalle pagine del gran libro della sua “grandeur”. La risacca della storia si compiace di lasciare sulla battigia detriti e conchiglie. le meno importanti forse, ma più rivelatrici della corrente che le ha trascinate. Perenne il teatro dei Boulevards, dove sul palcoscenico dei Bistrò, di qua e al di là dei cristalli d’acquario, clienti e passanti si sbirciano distratti. Sguardi furtivi, ammiccanti o compiacenti, nobili o tragici che siano, riescono a non farci comunque capire chi sia attore e chi spettatore. Intercettare anche quegli sguardi fugaci, in un rapporto di repulsione o di empatia: una frazione di secondo che non si ripeterà più, è certo, ma che può rimanere trascritta, indelebile, nella memoria o sul supporto sensibile della pellicola. E strascicare i piedi lungo i marciapiedi di quella invenzione letteraria che si chiama Parigi, per un fotografo è pur sempre sentirsi vampiro in una macelleria. Ma Parigi in realtà non esiste, è tutto ed il contrario di tutto, un luogo comune sognato da lontano, una accattivante invenzione, un miraggio, un sortilegio, la “similitudine” di se stessa appunto. E’ da sempre come vuoi che sia, ci trovi quello che cercavi di trovare. La puoi rovistare come la tua tasca e non scoprirai mai come è, e qual’ è quella vera: come una “femmina” appunto, della quale ti resterà sempre il desiderio di conoscerne compiutamente la natura profonda, anche se al tuo fianco da tutta una vita. Colui che non seguisse il consiglio e l’attraversasse a passo veloce perderebbe tutto questo. Perderebbe il fascino eccitante di una costante sorpresa. Piergiorgio Branzi Piergiorgio Branzi, fiorentino (1928) comincia a fotografare negli anni cinquanta ottenendo immediata notorietà in Italia e all’estero. Delle diverse anime della fotografia italiana, incarna quella più colta, più europea. Tra i primi a cogliere la modernità dei grandi modelli stranieri, francesi e americani e a sperimentare l’uso del nero profondo nella stampa, Branzi diventa un innovatore dei codici linguistici della fotografia: le sue immagini aprono un capitolo nuovo nel panorama della fotografia italiana, identificato come “realismo-formalista”. Personaggi e volti colti con sottile sarcasmo segnato da una vena surreale, in equilibrio tra un lirismo sommesso e una vivida caratterizzazione psicologica. L’immagine definitiva, rigorosamente bilanciata nelle coordinate magiche della composizione è per Branzi il prodotto di previsioni, di riflessioni, di aggiustamenti di tono e di tagli in camera oscura, di equilibrio formale e momento decisivo nella ripresa. I volti dei personaggi, colti dal suo obiettivo con ironia o tragica delicatezza, tendono a raggiungere valenza esistenziale e simbolica, dove spesso lo stupore prevale sull’empatia: divengono icone, maschere di una umanità lontana, tragica e pagana, misera e ingenua. Partecipa alla intensa e innovativa esperienza dell’editoria giornalistica del dopoguerra, collabora attivamente all’esperienza de “Il Mondo” di Pannunzio, registrando con le sue immagini la nascita convulsa della società di massa, il formalismo nei comportamenti della nuova borghesia, il graduale processo di omologazione consumistica. Verso la fine degli anni cinquanta Piergiorgio Branzi, dopo aver abbandonato gli studi di giurisprudenza, rallenta l’attività fotografica cercando uno sbocco nel giornalismo scritto. All’inizio degli anni sessanta è assunto dalla RAI. Nel 1962 il Direttore del Telegiornale, Enzo Biagi, lo invia a Mosca, quale primo corrispondente televisivo occidentale nella capitale sovietica. Sono gli anni caldi della “guerra fredda”, la costruzione del muro a Berlino, la crisi di Cuba. Rimarrà a Mosca quattro anni, una lunga convivenza, resa possibile dal primo “disgelo” Kruscioviano, e che gli suggerisce di riprendere in mano la macchina fotografica per fermare e raccogliere situazioni, luoghi, volti, frammenti di quotidianità. Appunti di un diario visivo che apriranno uno spiraglio su atteggiamenti e comportamenti degli abitanti della capitale sovietica. Nel 1966 lascia Mosca per assumere l’incarico di corrispondente da Parigi. Dopo il maggio 1968, rientra a Roma come commentatore e inviato speciale del Telegiornale. Realizza inchieste e documentari in Europa, Asia, Africa. Dopo l’esperienza moscovita lascia la fotografia sperimentando la pittura e l’incisione. Riprende a fotografare a metà degli anni novanta per una rivisitazione dei luoghi pasoliniani. In questi ultimi tempi la città di Parigi, spogliata di miti artistici, letterari e filosofici, è al centro della ricerca di Branzi, che ne capta umori ed inquietudini, seguendo, come sempre, il proprio istinto e quella capacità di ascoltare ed essere in empatia con il personaggio che si trova di fronte al suo obiettivo. Dal 2007 sperimenta le possibilità della tecnica digitale, nella consapevolezza che attraverso la sua insita utopia di democratizzazione possa, e debba aprire un cambiamento epocale, un giro di boa e di rotta nella pratica e nel codice linguistico del fare fotografia. Numerose mostre personali delle sue immagini sono state ospitate in Gallerie private, Musei, Istituzioni pubbliche. 18 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 ELENA CHERNYSHOVA DAYS OF NIGHT – NIGHT OF DAY THE DAILY LIFE OF A CITY ON THE NORTH OF THE POLAR CIRCLE THE DOCUMENTARY WAS SUPPORTED BY THE LAGARDÈRE FOUNDATION GRANT FOR PHOTOGRAPHY. PALAZZO MARLIANI CICOGNA – P.ZZA VITTORIO EMANULE II – BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO: 15-19 / 16-19 – BIGLIETTO CUMULATIVO € 6 ACCESSO FACILITATO AI DISABILI "Giorni di notte e notti di giorno" La vita quotidiana di una città a nord del Circolo Polare Artico. Reportage fotografico patrocinato e sostenuto della fondazione Lagardère per la fotografia. Un reportage sulla vita quotidiana de gli abitanti di Norlisk, la più grande città mineraria situata a Nord del Circolo Polare, nella Russia settentrionale con una popolazione di più di 177.000 abitanti. Nessun' altra citta è più grande sopra il Circolo Polare Artico in tutto il mondo. Il progetto si propone di indagare sull'adattamento dell'uomo a delle condizioni climatiche estremamente disagiate, che significa isolamento, in un contesto difficile sotto il punto di vista ambientale, che costituisce un disastro ecologico. La città , le sue miniere e gli stabilimenti metallurgici sono stati costruiti dai prigionieri del Gulag che sono il 60% della popolazione attuale che è totalmente coinvolta nel processo industriale di questo enorme complesso. Norilsk è la settima città più "inquinata" del mondo. La temperatura media dell’anno varia dai 10 gradi in estate ai meno 55 gradi in inverno. E 'anche una delle dieci città più inquinate del mondo. 2 milioni di tonnellate di gas all' anno dispersi nell'atmosfera, 100.000 ettari di tundra morta nel raggio di 30 km, l'aspettativa di vita è di 10 anni inferiore rispetto alle altre regioni della Russia. Metalli preziosi, minerali e ingenti giacimenti, fanno della regione una fonte globale predominante di prodotti come nichel, cobalto, platino e palladio. Norlisk mantiene il più grande complesso metallurgico e minerario nel world Norlisk fondato nel 1935 e fino al 1956 è stato gestito come un Gulag sovietico. In 20 anni circa 500.000 prigionieri hanno lavorato in quei luoghi in condizioni di freddo intenso, soffrendo la fame, e costretti a costruire le miniere, le fabbriche e la città stessa. ! Una città praticamente sempre sotto zero e coperta di neve per 250-270 giorni l'anno. Sono frequenti terribili tempeste di neve molto violente e deve sopportare la notte polare da Novembre a metà Gennaio, quando il sole non sorge affatto sopra l'orizzonte e si resta nella notte buia per oltre due mesi l’anno. Elena Chernyshova è una fotografa documentarista Russa che vive in Francia. E 'nata nel 1981 a Mosca URSS ( Unione Sovietica ) E' un ' autodidatta fotografa che ha sviluppato una passione per questo linguaggio visivo durante i suoi studi in accademia di architettura . Dopo 2 anni di lavoro come architetto, Elena lascia il suo lavoro e pedala, con Gael de Cevoisier, da Tolosa a Vladivostok e viceversa : 30000 chilometri , 26 paesi , 1.004 giorni di esperienze culturali , umane molto impegnative e molto toccanti. Il viaggio l'ha portata a decidere di diventare una fotografa. La fotografia per lei è un modo per indagare la vita quotidiana di gruppi diversificati e svariate comunità nel contesto del loro ambiente, insieme ai loro cambiamenti politici ed economici . Il suo lavoro è mirato a visualizzare l'impatto di certe condizioni ambientali e sociali delle popolazioni, indagando adattamenti e stili di vita. Nel 2011, Elena ha ricevuto il patrocinio e la sovvenzione dalla Fondazione Lagardère per creare questo importante ricerca. Il lavoro di Elena è stato pubblicato dal National Geographic , da Le Monde, da International Days Japan , dal Magazine A / R , dal Newsweek Russia , e da Ecologia e Vita . Premi : World Press Photo 2014 , prestigiosi premi da parte delle autorita' Giapponesi e molti altri riconoscimenti. 18 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 SUSANNA MAJURI STATEMENT COURTESY MC2GALLERY PALAZZO MARLIANI CICOGNA – P.ZZA VITTORIO EMANULE II – ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO: 15-19 / DOMENICA ACCESSO FACILITATO AI DISABILI BUSTO ARSIZIO (VA) 16-19 – BIGLIETTO CUMULATIVO € 6 Susanna Majuri (Helsinki, 1978) è un’artista fotografa che fa parte di quel prolifico gruppo di artisti che va sotto il nome di Helsinki School, nata nell’ambito dell’Università di Art & Design di Helsinki e promossa dalla Gallery TAIK di Helsinki/Berlino. Quelle di Susanna Majuri sono immagini che rimandano alle fiabe del nord. Susanna rappresenta il suo mondo e la sua cultura completamente immersa in quelli che sono gli elementi naturali della sua terra: la luce e l’acqua. In Nord Europa, i paesaggi hanno atmosfere e colori unici e la Natura è una forza davvero presente e ancestrale, che domina tutto. Si capisce perché il paesaggio influenzi gli artisti nel loro fare arte, in modo diverso. Come scriveva Van Gogh nel suo periodo di Arles «… La natura di questo paesaggio meridionale non può essere resa con precisione con la tavolozza di un Mauve, per esempio, che appartiene al Nord e che è un maestro e rimane un maestro del grigio. La tavolozza di oggi è assolutamente colorata: celeste, arancione rosa, vermiglio, giallo vivissimo, verde chiaro, il rosso trasparente del vino, violetto. Ma, pur giocando con tutti questi colori, si finisce con il creare la calma, l'armonia ». Allo stesso modo, Susanna Majuri ci mostra attraverso gli elementi e i colori della sua “Homeland”, la sua Madre Patria, la sua Terra come un paesaggio onirico, in cui queste figure di donne immerse nell’acqua vivono mondi in bilico tra il sogno e l’incubo. Potremmo definirli degli “acquari umani dei sentimenti”, davanti ai quali ci troviamo come inermi spettatori. Donne che sembrano imprigionate in mondi dai quali è impossibile fuggire. L’effetto liquido, esalta il senso di ricordo o di finestra su mondi lontani o paralleli, così lontani eppure così vicini da poter essere sfiorati, se solo avessimo il coraggio di allungare una mano per infrangere quella sottile parete trasparente che sembra poterci inghiottire da un momento all’altro. Piacere e paura, angoscia e dolcezza si mescolano, eco di storie lontane che tuttavia appartengono al nostro immaginario e dal quale, per quanto resistiamo, siamo curiosi si sapere che fine faranno queste fanciulle, in armonia o in lotta con una natura selvaggia e famigliare allo stesso tempo, protagoniste o vittime di un ineluttabile Destino, proprio delle leggende. Vecchie storie da raccontare d’inverno, davanti ad un camino, che rimandano alla propria casa lontana, immaginata e desiderata ma ricca di quel mistero e di quella forza sovrannaturale che rende le storie di Susanna dei bellissimi e inquietanti sogni ad occhi aperti. 18 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 ERICA EVELIINA NYHOLM A ROOM OF ONE’S OWN COURTESY MC2GALLERY PALAZZO MARLIANI CICOGNA – P.ZZA VITTORIO EMANULE II – ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO: 15-19 / DOMENICA ACCESSO FACILITATO AI DISABILI BUSTO ARSIZIO (VA) 16-19 – BIGLIETTO CUMULATIVO € 6 I paesaggi e le luci tipiche del Nord Europa e gli scenari familiari incorniciano desideri di autoriflessione mettendo al centro del suo interesse il Tempo, inteso come periodo di crescita, di scoperte e di relazioni inter-familiari che si tramandano di generazione in generazione. Erica indaga Il concetto di Tempo che passa non solo in senso cronologico, bensì come concetto di “vivere”, in relazione con gli altri, creando idealmente un ponte generazionale tra passato e presente, tra ricordi, allusioni e storie personali che, forse, appartengono un po’ a tutti noi. Erica Nyholm, classe 1982, giovane fotografa finlandese già segnalata tra i “Jeune Talents” all'edizione di Paris Photo nel 2012 vive e lavora a Helsinki. Ha frequentato un master in fotografia all’University School of Art an Design di Helsinki e corsi post laurea in varie parti del mondo, tra cui Seoul e Turchia. Ha esposto i suoi lavori in diversi Paesi, ottenendo lusinghieri consensi, che l’hanno proiettata a livello internazionale. Sue immagini fanno parte di collezioni private e pubbliche. 18 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 ERMINIO ANNUNZI …DI ALBERI, DI TEMPO E DI SOGNI PALAZZO MARLIANI CICOGNA – P.ZZA VITTORIO EMANULE II – BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO: 15-19 / DOMENICA 16-19 – BIGLIETTO CUMULATIVO € 6 ACCESSO FACILITATO AI DISABILI Queste fotografie di Erminio Annunzi hanno molto in comune con gli alberi perché non solo li rappresentano ma, proprio come loro, hanno bisogno della luce e dell’aria per esistere e svilupparsi mostrando così di essere una materia non inerte ma, al contrario, dotata di una vitalità per molti insospettata. Non è facile arrivare a questa conclusione ma seguire il fotografo nel suo percorso espressivo consente di comprenderne intimamente lo spirito che lo caratterizza. Già la scelta di realizzare delle immagini in bianconero di piccole dimensioni indica una volontà in controtendenza rispetto alla generale abitudine e proporre gigantografie, ma è proprio in tal modo che Annunzi intende catturare l’attenzione dell’osservatore indotto a sentire la necessità di avvicinarsi alla fotografia per apprezzarne tutte le caratteristiche sentendosi così parte di un vero e proprio coinvolgimento emotivo. Ci si trova, infatti, immersi in un’atmosfera particolare ed è come se si ritornasse indietro nel tempo di fronte alla sensazione di meraviglia che nel passato i nostri avi provavano di fronte a un’immagine fotografica. Già perché queste sono stampe realizzate a contatto, le cui caratteristiche tonalità brune, sono il frutto di una lunga esposizione alla luce e all’aria prima del fissaggio impreziosito dal bagno al selenio. Il ricorso all’antica tecnica dell’annerimento non è un puro esercizio di stile ma corrisponde alla necessità di entrare in sintonia con i soggetti: per il fotografo, infatti, gli alberi sono testimoni del tempo e come tali non possono essere banalmente identificati solo con le loro forme ma per il moltissimo che sanno evocare. Erminio Annunzi alternando immagini singole ad altre in serie, giocando con le analogie e, più raramente, con i contrasti, crea una sequenza che della poesia possiede la delicatezza e soprattutto il ritmo. I pioppi con cui dà inizio al suo percorso sono custodi di una vera e proprio dimensione e l’invito a scoprirla conduce alle miniature di un paesaggio toscano dove, sulla linea netta di un orizzonte lontano, altri alberi si stagliano eleganti. Quando tutto si presenta fin troppo sereno, ecco che il fotografo ci ricorda quanto i suoi soggetti possono identificarsi con la complessità della vita: i tronchi sorgono dalla terra come se fossero spinti da una forza interiore (infatti l’immagine viene opportunamente intitolata “Pensieri”) mentre un albero viene ripreso dal basso e si innalza biforcandosi verso il cielo così evocando le tante dualità che ci si presentano e fra cui dobbiamo scegliere perché l’una esclude l’altra. Da quel punto, infatti, le immagini si presentano in un cammino ricco di sorprese: i gelsi innalzano i loro rami come braccia protese mentre ai loro piedi si estende un intero campo di girasoli, la sagoma di un salice si distingue appena nella nebbia in cui è immersa la campagna, alcune querce isolate punteggiano il paesaggio, un ciliegio in fiore lo abbellisce. La terra brulica di vita mentre lassù nel cielo le nuvole disegnano strane forme immaginifiche. A unire dialetticamente questi due mondi, quello materiale dove affondano le radici e quello etereo verso cui protendono i rami ci sono loro, gli alberi. Erminio Annunzi li pone al centro della sua e quindi nostra attenzione con un raffinato lavoro a togliere grazie al quale fa emergere la purezza, la distinzione, l’eleganza che caratterizzano i suoi soggetti ma anche queste bellissime fotografie nelle quali gli alberi, più che essere rappresentati, sembrano vivere. Roberto Mutti Erminio Annunzi, nato a San Benedetto Del Tronto (AP) il 31 Luglio 1960, vive ad Assago in provincia di Milano. Dal 1987 si occupa con grande impegno di fotografia: REPORTAGE, PAESAGGIO, NATURA. Nel 1981 viene assunto presso AGFA GEVAERT, dove segue corsi di fotografia professionale; è stato responsabile del DEMO e TRAINING CENTER e dal 1996 al 2000 ha ricoperto il ruolo di responsabile della galleria fotografica AGFA. Nel periodo 1985/1990 ha collaborato con varie riviste italiane ed estere di natura a carattere divulgativo e scientifico ( Picus, Ethos, Piemonte Parchi ). Sue immagini sono apparse su libri e guide di natura (Appenninia, Guida ai Fontanili del sud Milano, Rapaci diurni e notturni della provincia di Piacenza). Inizia nel 1992 una collaborazione con l’agenzia fotografica “Daily for Press” e per l’agenzia “Associated Press”, occupandosi di fotografia sportiva e reportage; è grazie a queste collaborazioni che pubblica fotografie sulle maggiori testate giornalistiche italiane(Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport, la Voce, IL Giornale, La Repubblica). Nel 1996 riceve l’incarico, da parte di AGFA e dell’associazione GRANDI GIARDINI ITALIANI, di fotografare 15 ville e giardini tra i più belli d’Italia; queste immagini hanno permesso di realizzare l’archivio fotografico “AGFA GRANDI GIARDINI ITALIANI”. Dalle fotografie dell’archivio è stata realizzata una mostra fotografica ed un libro dal titolo “QUATTROCENTO ANNI DI GRANDI GIARDINI ITALIANI”; la mostra ha avuto carattere itinerante ed è stata esposta a ROMA, MODENA, BRESCIA, LERICI (SP), S. MARGHERITA LIGURE (GE) E MILANO Palazzo Reale. Dal lavoro sui giardini, sono stati realizzati articoli pubblicati su varie riviste ( Specchio, magazine della STAMPA Maggio 97, ANNA Giugno 97, CASE & COUNTRY Settembre 97, PRIMO PIANO magazine de IL GIORNO, LA NAZIONE, IL RESTO DEL CARLINO Marzo 98, AMICA Giugno 98, Guida TOURING I GIARDINI PRIVATI ITALIANI Maggio99. Parallelamente al lavoro professionale di fotografia corporate e reportage, ha portato avanti personali progetti sul paesaggio naturale ed urbano e sul reportage, questi lavori, oltre ad essere stati utilizzati per mostre personali e collettive esposte in Itali ed all’estero sono stati utilizzati per articoli a carattere fotografico sui seguenti magazine: ZOOM Speciale FERRARI sett/ott 96, PROGRESSO FOTOGRAFICO ott. 96, dic/gen 96/97, Apr. 97, Feb. 98, Lug/Ago 98, GENTE di FOTOGRAFIA 98, Bell’ITALIA speciale Monza sett 98, ZOOM nov/dic 98, Bell’ITALIA speciale Chianti Gen 98, Bell’ITALIA Ago 99, Il FOTOAMATORE magazine della FIAF, TUTTI FOTOGRAFI speciale BN 2005, GEO Germany Mag 2005. Stampa personalmente tutte le immagini che realizza sia a colori che in bianco e nero, dal 2005 mette a disposizione le sue conoscenze sulla stampa fotografica per la realizzazione di stampe per i fotografi che necessitano di una elevata qualità finale. Dal 1999 è docente tecnica fotografica, fotografia di paesaggio e creatività presso ISTITUTO ITALIANO DI FOTOGRAFIA, ha all’attivo numerosi work shop fotografici e da circa otto anni è presente al Toscana photographic Workshop come docente. L’attività di insegnate si è estesa negli ultimi anni attraverso nuove collaborazioni con Spazio Forma e La Scuola di Contrasto. Da circa tre anni ha iniziato una intensa collaborazione con Canon Italia, seguendo i corsi di fotografia Canon Academy e seminari di fotografia digitale. Attualmente, parallelamente al lavoro di fotografo e docente, scrive articoli di carattere fotografico sulle testate TUTTI FOTOGRAFI e FOTONOTIZIARIO. Numerosi sono i premi e i riconoscimenti ottenuti in ambito fotografico, ultimo per evento, il premio professionale creatività fotografica della TAU Visual, dove ha ottenuto la menzione d’onore nella sezione ricerca personale. 18 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 CLAUDIO ARGENTIERO L’OMBRA COME LUCE PALAZZO MARLIANI CICOGNA – P.ZZA VITTORIO EMANULE II – BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO: 15-19 / DOMENICA 16-19 – INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI Siamo nel 1827 e Nicéphore Niepce riprende dalla finestra della sua tenuta “Le Gras” a SaintLoupe de Varenne su una lastra di peltro ricoperta di bitume di Giudea quella héliographie che risulta essere la prima fotografia mai realizzata giunta fino a noi. La guardiamo e qualcosa di strano subito ci colpisce: a causa dei lunghissimi tempi di posa, il sole è stato ripreso mentre attraversava tutto l’orizzonte e in tal modo ha cancellato ogni traccia di ombra. Per la storia è stato un attimo mai più ripetuto, perché da allora in poi la fotografia – che nasce in bianconero contrapponendosi orgogliosamente ai colori della quotidianità – si caratterizzerà per il contrasto dicotomico fra luce e ombra grazie al quale ogni immagine acquista una suggestiva tridimensionalità. Se questo aspetto si coglie in qualsiasi fotografia tradizionalmente descrittiva, è ancora più evidente quando l’autore intende proporre indagini creative cariche di forti suggestioni. E’ il caso di Claudio Argentiero le cui immagini sono attraversate da un magico cromatismo che ci conduce in una dimensione atemporale dove tutto sembra sospeso di fronte al nostro sguardo meravigliato. Attento conoscitore della stampa fotografica che realizza con competenza e raffinatezza, da autore domina il rapporto fra i contrasti ben consapevole che in tal modo potrà conferire alle sue immagini una intensa plasticità. Insegue le persone che si aggirano fra le strade affollate di Milano o fra i vicoli della suggestiva Arles (stabilendo così un preciso rapporto fra due città che molto amano la fotografia), gioca con il controluce, disegna strane geometrie sulle facciate dei palazzi, fa emergere dal buio delle ombre leggere macchie di colore, frammenti di gesti, espressioni comprese di uomini e donne che camminano inconsapevoli di essere stati trasformati in protagonisti di questo racconto fatto di immagini. Roberto Mutti Claudio Argentiero da oltre venticinque anni si occupa di fotografia. Il suo percorso si snoda tra lavori su committenza e ricerca personale. E’ da sempre interessato alla documentazione del territorio e dei suoi mutamenti, producendo immagini per mostre e libri, collaborando con enti pubblici e privati. Dal 1988 cura e organizza mostre ed eventi fotografici di rilievo. E’ ideatore e curatore del Festival Fotografico Italiano, dal 2013 Europeo, e di molte rassegne annuali, tra cui quelle organizzate presso la storica Villa Pomini di Castellanza (Va), sede operativa dell’archivio, da oltre quindici anni. Ama il b/n, sperimentando la fotografia infrarosso, le antiche tecniche e le più moderne tecnologie digitali fine art, in stretta collaborazione con EPSON. Ha esposto in importanti spazi in Italia e all’estero, e ad Arles (Francia), tempio della fotografia mondiale, in contemporanea ai RIP dal 2005 al 2013, realizzando, con altri autori, due libri sulla cittadina francese, capitale della fotografia internazionale. Ha al suo attivo svariati libri, e nuovi sono in fase di realizzazione. Suoi lavori sono stati pubblicati su diverse testate del settore e d’arte. Da qualche anno si dedica con particolare interesse anche al ritratto, alla ricerca di un proprio stile, lavorando in stretto contatto con diversi artisti. E’ ideatore, fondatore e Presidente dell’Archivio Fotografico Italiano, per il quale cura progetti a livello europeo, oltre ad essere photoeditor dei libri da collezione della collana Afi. Sue immagini fanno parte di collezioni pubbliche private, anche straniere. Sito: http://afifotoit.wix.com/claudioargentiero 18 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 FRANCIS LATREILLE ALLA SCOPERTA DI ANIMALI PREISTORICI COURTESY FRANCIS LATREILLE / AGENZIA VOLPE PALAZZO MARLIANI CICOGNA – P.ZZA VITTORIO EMANULE II – BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO: 15-19 / DOMENICA 16-19 – INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI Fin dall'alba dei tempi, le uniche immagini di fauna preistorica che ci hanno raggiunto sono le incisioni rupestri e disegni che i nostri scultori antenati hanno tracciato e disegnato nelle caverne. Per una dozzina di anni, sotto la guida e la direzione del francese Bernard Buigues, un "ricercatore, esploratore" mammut, con un team di scienziati associati del nord Europa, è iniziato il vasto inventario dei nostri animali preistorici. Così è nato "Mammuthus" il più grande piano di recupero di queste specie estinte da millenni, ancora oggi minacciate dai repentini cambiamenti climatici. A causa del riscaldamento globale, soprattutto nelle regioni del nord del mondo, si registrano gravi mutamenti climatici, che condizionano anche la vita quotidiana degli abitanti di quelle terre. Il suolo, fino a qualche tempo fa perennamene ghiacciato, sciogliendosi svela il sottosuolo, come un grande libro della nostra preistoria. Così sono stati rinvenuti diversi animali estinti, adulti e piccoli mammut, rinoceronti, cavalli, bisonti e alci, rimossi dal ghiaccio intatto della Siberia e messi a disposizione della comunità scientifica internazionale. Così, Jarkov, Lyuba, Khroma, Yukagir, Iomakom, Yuka, Cavallo Cherski sono i nomi delle nuove stelle di un mondo addormentato per millenni. Il noto fotografo Francis Latrelle, ha seguito le spedizioni, documentando le scoperte straordinarie, con intensa partecipazione emotiva, realizzando servizi pubblicati su importanti testate internazionali. Attraverso il suo lavoro avremo modo di ripercorre le origini della natura, con un approccio scientifico ma anche emozionale, chinandoci davanti a tale bellezza. Francis Latreille fotografo e pittore, è nato l’ 8 Gen 1948 a Poilly la Gien Loiret (Francia). Nel 1967 prende una decisione che cambierà la sua vita: lascia le rive della Loira e si trasferisce in Israele, per documentare la Guerra dei Sei Giorni. Nel 1995, con Jean Louis Etienne, parte per una esplorazione delle terre meridionali e boreali (Polo Nord, Antartide, Patagonia, Spitsbergen, Groenlandia, Siberia). Si appassiona sempre più al tema del riscaldamento globale, realizzando spedizioni e servizi in varie parti del mondo. Nel 1997, è stato premiato al World Press Photo. Dal 1998, ha partecipato in compagnia di "cacciatore di mammut" Bernard Buigues, al trasporto Mammuthusen Siberia (un mammut congelato da circa 20.000 anni) e pubblica i suoi servizi, foto e testi, sui giornali come Geo , Paris-Match, Figaro Magazine, Vita, Time, Newsweek, ... Nel 2000, ottiene il 1 ° premio al Festival Internazionale di Angers Scoop. Nel 2000 pubblica il libro "Mammoth", edito da Robert Laffont. Nel 2002 con Jean Louis Etienne pubblica il libro "Missione di ghiaccio" Editions du Seuil. Alla fine del 2003, scrive e pubblica sue immagini in un libro sul Sud Siberiano "Dolgan l'ultimo ghiaccio nomade", pubblicato da Esclusi Collezioni. Nel 2005, è l'autore di "Goletta Tara per il Pianeta", pubblicato da Guérin. Nel 2006, pubblica "Paradis Blanc, il regno del Polo Nord minacciato" edito da De La Martinière. Nel 2008, presenta "South Pole disse ai bambini", edito da De la Martinière giovani. 2008 "Tara-artica" Gallimard. Nel novembre 2006, è nominato Cavaliere dell'Ordine Nazionale del Merito da parte del Presidente della Repubblica, Jacques Chirac. Ha partecipato nel 2006-2008 alla spedizione Tara-Arctic, nave Tara come volontario di ghiaccio alla deriva nell'Oceano Artico. Nel 2008, ha prodotto per il National Geographic, una relazione sulla scoperta di "Lyuba" un piccolo di mammut congelato 36 mila anni fa, ritrovato nella penisola di Yamal in Siberia. Dal 2009-2011 ha partecipato alla Tara-Ocean, spedizione "Mammuthus", alla ricerca di animali estinti (mammut, rinoceronti, bisonti, ecc ..). 18 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 NICOLA BERTELLOTTI DAMNATIO MEMORIAE MUSEO DEL TESSILE – SALA RICAMO – VIA GALVANI -BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO: 15-19 / DOMENICA 16-19 INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI Quel che resta è la fine: la fine di un periodo di splendore, il termine di una epoca ricca e opulenta, la testimonianza della grandeur di luoghi intensamente vissuti e ora abbandonati. L'osservazione e la messa a fuoco di tale fine diventa in questi scatti il lirico leit motiv del percorso artistico del giovane fotografo Nicola Bertellotti. Cavalletto in spalla e google map per decidere dove andare: ville, teatri, sale cinematografiche, fabbriche dismesse o poco importa esattamente cosa, quel che importa è che quel luogo abbia vissuto di vita pulsante e vera e che le macerie ancora raccontino fenomenologicamente cosa fossero. Si muove così Nicola, con la voglia di scoprire e sentire, andare a respirare ciò che resta,immacolarlo in uno scatto che si nutre del suo stesso stupore e della sua stessa “maraviglia”. Se dalle crepe esce la luce, la partenza di una rinascita non prende forse vita dalla consapevolezza delle fine? Nicola Bertellotti osserva la fine come pretesto di una rinascita, documenta quei luoghi, li rivive, li calpesta e li rispetta, per restituirci tutta l'intensità ancora presente, non muove un sasso né una carta, non crea un set, non mette in scena, non sposta una foglia: quello che ci mostra è esattamente ciò che vede. Una serie di paradossi visivi e verbali Attraverso l'osservazione del reale e del fascino del “così com'era”, stanno ad indicare come il ricordo e la memoria possano essere l'unico modo per iniziare un nuovo percorso di senso verso ciò che non è più ed è già altro. Tematica di grande attualità quella affrontata da Bertellotti, ricca e carica e non sola punteggiatura nostalgica di un passato. Francesca Sensi Nicola Bertellotti nasce a Pietrasanta (LU) nel 1976. Fin da giovanissimo l’amore per i viaggi lo porta ad avvicinarsi alla fotografia, che diventa per lui un mezzo attraverso il quale trattenere la memoria della propria esperienza. La lettura de “L’usage du monde” di Nicolas Bouvier fa nascere in lui il desiderio di raccontare tutto ciò che incontra come un affresco, mettendo in risalto la nuda realtà dei luoghi che esplora e lasciandosi talvolta aggredire e spogliare da essi. Studia storia all’Università di Pisa, dove si avvicina alla filosofia di John Ruskin e dove il senso di caducità di ogni cosa si radica profondamente nella sua visione del mondo. La sua ricerca si orienta così verso l’estetica della decadenza, portandolo a sviluppare una poetica improntata alla bellezza dell’abbandono, ad una Fenomenologia della fine di luoghi dimenticati, riportati alla luce attraverso l’obiettivo fotografico. Questa rappresentazione di verità scaturisce da un lucido sguardo sulle rovine moderne, simbolo di un tempo perduto che si aspira a ritrovare. Ha tenuto diverse mostre personali in varie località italiane. Nel febbraio 2014 è uscito il catalogo “Nicola Bertellotti – Fenomenologia della fine”, Petrartedizioni 21 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 LUOGHI COMUNI RITRATTI FEMMINILI TRA PROTAGONISMO, CONDIZIONE FEMMINILE EARTE IN CITTA’ A CURA DI CINZIA BERUTTI E ISTITUTO DE AMICIS FOYER MUSEO DEL TESSILE– VIA GALVANI -BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO: 15-19 / DOMENICA 16-19 INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI La ricerca trae ispirazione da un’ analoga esposizione realizzata nella municipalità di Montmartre, a Parigi, nel corso del 2013. Gli obiettivi del progetto, che prevede la realizzazione di ritratti femminili, sono: favorire il protagonismo sociale delle donne nella città di Busto Arsizio, fornire alla cittadinanza un rimando circa la condizione della donna in città, promuovere la fruizione dell’arte. Le donne che partecipano al progetto raccontano di sé attraverso la propria immagine: la scelta di utilizzare il ritratto si fonda sulla ricchezza narrativa della pratica autobiografica che pone l’accento sulla consapevolezza di sé, affinché si possa essere “protagonisti attivi delle proprie esperienze di crescita e formazione e dei propri progetti” (M. Castiglioni). Ciascuno scatto è accompagnato da una frase, un commento, una “battuta di scena” con la quale ogni donna parla di sé. Il luogo comune cui si riferisce il titolo dell’evento rappresenta, da una parte, lo stereotipo e il pregiudizio e, dall’altra, il luogo concreto, “ordinario”, nel quale la donna si riconosce e si sente rappresentata. Luoghi comuni sono però anche gli spazi della città, che spesso viviamo ma non abitiamo, nei quali le persone si vedono ma non si guardano: la stazione, la piazza, il parco, il supermercato… Portare una mostra fotografica in questi contesti significa quindi sottolineare il valore sociale e umano della relazione, della “contaminazione”, dell’incontro. Il progetto Luoghi Comuni è promosso dall’Istituto Comprensivo E. De Amicis di Busto Arsizio, in collaborazione con: Coop. Soc. Il Villaggio in città; Ass. Culturale L’AllegraBrigata-Sinetema; Circolo Fotografico Bustese. 18 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 CHIARA CICCOCIOPPO CON IL CUORE ALLA TERRA. DONNE E AGRICOLTURA BIBLIOTECA COMUNALE – VIA MARLIANI - BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL LUNEDI AL VENERDI 10 – 18,30 / SABATO 10 – 17,30 - INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI La passione, l'amore per la campagna e il paesaggio, l'interesse per uno sviluppo più naturale, nel rispetto dell'ambiente e della salute, accomunano molte donne, che hanno fatto del lavoro agricolo una scelta di vita, non esclusivamente legata ad una tradizione familiare. Il loro modo di relazionarsi alla terra rivela una particolare capacità, una delicatezza, un rapporto quasi materno e sottolinea un modo unico di essere donna. Con viso aperto guardano oltre, guardano avanti e ci restituiscono un'immagine positiva e non scontata dell'universo femminile. La conversione al biologico, la riscoperta di antiche essenze, il rispetto dei cicli naturali, la collaborazione e l'aiuto reciproco indirizzano alla riscoperta di valori che spingono a porsi una domanda. Che cosa lega le donne alla terra? Esiste oggi, in agricoltura, la possibilità di una dimensione più "umana" che la rende a noi congeniale? Chiara Ciccocioppo nasce a Gallarate nel 1963 si è laureata in architettura presso il Politecnico di Milano. Da alcuni anni ha cominciato ad occuparsi di fotografia, mettendo a frutto una passione nata molti anni prima. Si è occupata della documentazione fotografica di eventi letterari, tra cui Scrittrici Insieme, festival di letteratura al femminile, manifestazione per cui ha realizzato anche il libro omonimo, racconto per immagini dell'edizione 2011. Ha realizzato alcuni lavori fotografici tra cui "La notte è silenziosa e nel suo silenzio si nascondono i sogni", un lavoro sulle tematiche del circo e del sogno, partendo dalla pittura di Chagall. Nell'affrontare una ricerca predilige temi che abbiano l'uomo come centro e in cui l'immagine sia in qualche modo spontanea e non costruita, considerando i rapporti che si creano con i propri soggetti parte importante e fondamentale di ogni lavoro. Socia dell’Afi, collabora a diversi progetti editoriali. 18-19 OTTOBRE 2014 ONE DAY IN AFRICA- VENTIQUATTRO ORE NELLA VITA DEL CONTINENTE VERO CENTRO GIOVANILE STOA’ – VIA GAETA, 10 - BUSTO ARSIZIO (VA) IN COLLABORAZIONE CON L’ASSOCIAZIONE CHRISTIAN VERNISSAGE SABATO 18/10 ORE 19,30 INFOTEL: 0331 627077 – E-MAIL:[email protected] LA MOSTRA PROSEGUIRÀ IL 25 E 26 OTTOBRE 2014 PRESSO IL BATTISTERO DELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI BATTISTA – PIAZZA SAN GIOVANNI – BUSTO ARSIZIO ORARI DI VISITA: SABATO 18/10 DALLE ORE 19,30 ALLE 21 E DOMENICA 19/10 DALLE ORE 17 ALLE 19,30 INGRESSO LIBERO Alle sette di mattina i viali di Luanda sono già paralizzati dal traffico e si trasformano in caotici bazar. A mezzogiorno gli uomini d’affari di Johannesburg si danno appuntamento al golf club. A quell’ora i Pigmei del Gabon stanno già banchettando con bruchi e falene catturati in piena foresta. Dopo pranzo i giovani di Kigali si ritrovano a chattare con gli amici negli internet café. Nel primo pomeriggio a Lusaka i predicatori evangelici tengono appassionati sermoni su marciapiedi gremiti di fedeli. Al crepuscolo la pista di ghiaccio di Nairobi si riempie di coppie di fidanzati. Dopo il tramonto, nei circoli letterari di Abidjan si leggono poesie d’autore. In serata a Lomé si svolgono le cerimonie segrete dei sacerdoti vudù, mentre nei rutilanti locali di Kinshasa si tengono sfilate di moda destinate a proseguire fino a tarda notte... In un solo giorno in Africa accadono un mondo di cose: rituali immutati da secoli, fatti nuovi e imprevedibili, eventi e situazioni che vedono protagonisti più di un miliardo di persone (con un’età media di 19 anni: la popolazione più giovane e dinamica del pianeta). La mostra One day in Africa raccoglie quarantacinque immagini realizzate da reporter di ogni nazionalità alle prese con la quotidianità di un continente in perenne fibrillazione. Le fotografie sono esposte secondo l’orario in cui sono state scattate - dalle prime luci dell’alba fino a notte fonda - per ricostruire idealmente una giornata densa di vita, trascorsa alla scoperta di località e genti distanti tra loro migliaia di chilometri, ma accomunati dalla stessa vibrante energia. I FOTOGRAFI Edoardo Agresti – Marco Casino – Luciana De Michele – Linda de’ Nobili – Alessandro Gandolfi – Marco Garofalo – Marco Gualazzini – Robin Hammond – Alexander Joe – Frans Lanting – Andrew McConnell – Pascal Meunier – Fernando Moleres – Baudouin Mouanda – George Osodi – Sergio Ramazzotti – Davide Scagliola – Daniele Tamagni – Sven Torfinn – Marco Trovato – Bruno Zanzottera – Tadej Znidarcic. Per dettagli vedere anche: http://www.missionaridafrica.org/primo-piano/ 7-16 NOVEMBRE 2014 MONIKA BULAJ CON I RAGAZZI DI VELIKA HOCA IL MIRACOLO DEGLI OCCHI CENTRO GIOVANILE STOA’ – VIA GAETA, 10 - BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: SABATO E DOMENICA 17-19,30 INGRESSO LIBERO INFOTEL: 0331 627077 – E-MAIL:[email protected] Se un giorno d’estate una fotografa … se ci si convince, che tutto quello che di più brutto abbiamo immaginato, non sia confinato nei terribili passati racconti, ma sia contemporaneo alle nostre esistenze, può accadere che un piccolo villaggio di Kosovo, diventi un enclave, un luogo dove una comunità viva segregata, senza lavoro, senza prospettiva, senza speranza. S e c i s i c o n v i n c e c h e l a discriminazione su base etnica e religiosa sia una pratica diffusa ad appena un’ora di volo da casa nostra., può accadere di trovarsi di fronte ad una umanità stanca, a cui è negato ogni misero appiglio per affrontare la quotidianità dell’esistenza. Se riuscissimo a comprendere tutto questo, sarebbe impossibile restare immobili, sottrarsi all’imperativo morale di “fare” qualcosa. Lo comprende bene, a seguito di uno dei suoi numerosi viaggi, la fotografa e antropologa Monika Bulaj, che decide di combattere l’orrore della disperazione, “il mostro” come lei lo chiama, proprio dov’è più forte. Insieme all’associazione da lei fondata, Amici di Decani, decide di tenere un corso di fotografia e trampolismo ai ragazzi di Velika Hoca una minuscola enclave serba nel Kosovo rurale. Le vicende, veri e propri aneddoti di resistenza della bellezza contro la disperazione dell’orrore, arricchiscono i testi d’un libro che principalmente è fotografico. I giovani con le fotocamere in mano ci restituiscono immagini che impressionano per la freschezza, la forza, l’elaborazione filologica e la perizia tecnica. Il miracolo invocato dall’autrice si materializza in una vertigine di colori, grigi, ombre, sapienti esposizioni, luci, sogni, gatti, aerei e speranze. La rigorosa prefazione di Cacciari, illustra la necessità di tutela di un mondo sulla soglia dell’estinzione e l’attestato di stima per la fotografa polacco triestina. Il messaggio solidale di speranza e d’aiuto che il volume ci offre, viene sostenuto anche dal ricavato, devoluto interamente ai progetti di promozione creativa dei giovani di Kosovo e Metohija. Sono dodici i fotografi di Velika Hoca, autori delle suggestive immagini de “Il miracolo degli occhi - ostinata ricerca di un istante”. Dodici ragazzi di età compresa tra i sette e i diciassette anni , che frequent ando i l workshop di Monika Bulaj hanno creato un fantastico lavoro: Luka Petrovic, Blazenka Drljevic, Dosta Cukaric, Nevena Dolasevic, Milena Petrovic, Aleksandar Maksimovic, Stana Petrovic, Ivana Maksimovic, Aleksandar Stolic, Slavko Petrovic, Zivka Savic, Milan Petrovic. (dalla recensione del libro a cura di Michele Monaco) 19 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 ISTITUTO ITALIANO FOTOGRAFIA PAESAGGI METAFISICI MOSTRA COLLETTIVA STUDENTI DEL 2° ANNO IIF - A CURA DI ERMINIO ANNUNZI – DOCENTE IIF FONDAZIONE BANDERA PER L’ARTE – VIA ANDREA COSTA, 29 – BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: VENERDI E SABATO: 15-19 / DOMENICA 10-12 / 15-19 – INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI Per molti, fotografare significa registrare la realtà colta con gli occhi, per altri, fotografare vuol dire utilizzare un mezzo tecnologico per creare realtà alternative suggerite dal pensiero. E’ in questa seconda ottica che si pone il lavoro svolto dagli studenti dell’Istituto Italiano di Fotografia: sviluppare un pensiero e “fotografarlo”. In fondo, la fotografia metafisica è proprio questo; fotografare il reale, per mostrare ciò che reale non è. Lo sforzo degli studenti nello svolgere questo progetto, si è concentrato sullo sviluppare accostamenti linguistici e mentali, di un sentire trascendentale, con la natura delle cose. Ecco spiegato perché una porta semi aperta che si trova inserita in un paesaggio mostrando un pertugio nero, l’osservatore potrà riconoscere il pensiero dell’incognito, di ciò che sta’ oltre, oppure l’immagine che mostra la sovrapposizione di positivo/negativo, rivela una epifania del doppio; palese richiamo alla duplicità del mondo; il bello e il brutto, il buono e il cattivo, il giusto e l’ingiusto. Sulla falsa riga di questa filosofia, tutti gli studenti hanno prodotto lavori pregevoli, in cui si denota un principio di maturazione, sia dialettica e di pensiero, sia nel padroneggiare lo strumento tecnologico ai fini espressivi. Siamo consci che il lavoro qui presentato, non sia di facile lettura ne di immediata interpretazione, in special modo da chi non ha particolare dimestichezza con la sottile arte della comunicazione per immagini; altresì, anche chi vede la fotografia come uno strumento atto alla riproduzione della realtà, potrebbe trovare difficoltà nel riconoscere questa espressione fotografica che si fonda poco sul dato oggettivo ma che si esprime per soggettività di pensiero. Pensiamo, ad ogni modo, che a tutte queste persone e non solo a loro, il progetto “Paesaggi Metafisici” possa essere un incentivo, per scoprire nuovi e differenti modi e mondi, dell’agire e del pensare fotografico. Con questo lavoro, proposto al termine del loro percorso didattico durato due anni, gli studenti, hanno affrontato e realizzato un’operazione in cui hanno proiettato, il loro io intimo ed interiore, dentro il frame dell’immagine; lo hanno fatto con tutto il carico di conoscenze, di aspettative e di sogni, in loro possesso. Hanno saputo proiettarsi sapientemente in un nuovo mondo… anzi, diverso 19 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 OPUS VI RIVELAZIONI DI FOTOGRAFIA ISTANTANEA IN MOSTRA: SILVIA E MASSIMO PEDRINA, CRISTINA ALTIERI, ALAN MARCHESELLI, FRANCO MAMMANA, MATTEO ROSSO, CARMEN PALERMO FONDAZIONE BANDERA PER L’ARTE – VIA ANDREA COSTA, 29 – BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: VENERDI E SABATO: 15-19 / DOMENICA 10-12 / 15-19 – INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI “Sei è un numero perfetto di per sé, e non perché il mondo è stato creato in sei giorni; piuttosto è vero il contrario. Il mondo è stato creato in sei giorni perché questo numero è perfetto, e rimarrebbe perfetto anche se l’opera dei sei giorni non fosse esistita”. (Sant’Agostino d’Ippona da la città di Dio) Sei autori diversi tra loro per poetica e tecnica utilizzata, offrono uno spaccato della fotografia a sviluppo istantaneo, della sua rinascita e della forte componente espressiva che riveste. 18 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 ANDREA BERTANI DI SOGNI E DI LUCE… SHOW ROOM CACCIA CORNICI - VIA MATTEOTTI, 10 - BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL VENERDI 16,30-19 / SABATO 10-12 / 15,30- 19 INGRESSO LIBERO INFOTEL: 0331 658460 Di sogni e di luce è intrisa la fotografia di Andrea Bertani che ci conduce in un viaggio visivo unico, non specificatamente nella Camargue, sebbene questa sia compiutamente la sua meta, ma in una dimensione senza tempo né spazio o, meglio, in una dimensione del percepire e dell'umano. La narrazione prende avvio da luoghi e terre i cui confini si perdono a vista d'occhio, luoghi che hanno accolto voci, passi, pensieri, incontrando "l'altro" che trasforma, riscoprendo ricordi personali ed emozioni raccolte durante il cammino di conoscenza che il viaggiatore fotografo compie instancabilmente da anni. Il percepire interminate distese, diventa un evento unico e irripetibile, regala libertà, quella stessa che accompagna il vento, l'idea del viaggio, legata alla presenza dei caravan, e lo stupore di fronte alla bellezza della luce saputa interpretare con la passione di chi ha un vissuto senza pregiudizi, né privilegi. La presenza dell'uomo è qui suggerita attraverso oggetti fuori dal tempo, costruttori di identità, testimonianze, simboli ed echi di quella libertà che è bisogno esistente. Scenari semplici ma grandiosi nello stesso tempo, una canna da pesca, tracce d'uomo, dei caravan scrollati dall'era del consumismo ed immersi nella rete delle affinità elettive, segni da ascoltare con il mirino e da decifrare con la luce, E' una preziosa occasione per riconciliarci con il sentimento di leggerezza, oggi perlopiù disconosciuto, non un viaggio sul delta del Rodano, ma una ricerca nella quale l'uomo si incontra non vedendolo, avvertendone la presenza con i sensi, l'immaginario e il sogno. Qui l'esistenza dell'altro diviene dialettica che riconduce all'io nella propria potenzialità di scelta di vita. E il colore, dai toni pastello, è una scelta stilista precisa, quasi a voler enfatizzare l'assenza del concetto di tempo, l'essenzialità che appaga il gusto estetico sollevando dei perché, una chiave interpretativa che rasenta l'astratto pur mettendo in scena, paradossalmente, l'uomo che non c'è. (Alfiuccia Musumeci) Andrea Bertani inizia a fotografare a 20 anni, scoprendo il linguaggio visivo attraverso la frequentazione di gruppi fotografici ed interessandosi ad eventi di rilievo nell’hinterland milanese. Autodidatta, partecipa a diversi corsi e workshop, dove affina le proprie conoscenze tecniche e visuali. Non predilige un aspetto fotografico, in quanto la sua è una ricerca continua che sta perfezionando individuando un proprio stile, con particolare attenzione al territorio e alle trasformazioni in atto. La fotocamera è per lui un mezzo per esplorare il mondo, ma anche espressione di un intimo sentire, che traduce in luce e colore, con particolare attrattiva per le tonalità lievi. Ama il bianco e nero che stampa da anni, non disdegnando il colore, che utilizza in modo personale, intento a graduare le sfumature cromatiche per trasformare la luce in nuance delicate. Dal 2011 fa parte dell’Archivio Fotografico Italiano con cui collabora attivamente, sia in termini organizzativi che partecipando a ricerche e progetti editoriali. Alcuni libri della collezione d'autore AFI custodiscono alcune sue pregiate visioni, tra i quali: Il Tempo della Valle (2012), Varese una provincia da amare (2013) L’Ame d’Arles (2013) Vision (2014). Questi ultimi progetti gli hanno permesso di svelarsi in un contesto europeo, presentando i libro e la sue immagini nel prestigioso Palais de L’Archevèchè e nella Galleria riservata all’Afi annualmente nel contesto dei RIP di Arles (FR). Sue opere sono fanno parte di collezioni pubbliche e private. 17 OTTOBRE – NOVEMBRE 2014 SEI…NEL PARCO DEL TICINO SEI FOTOGRAFI IN ASCOLTO DELLA NATURA FRANCO SALA, ROSALINO TORRETTA, CLAUDIO TORRESANI, DAMIANO VILLA, MAURIZIO POL, NORINO CANOVI FOYER CENTRO FIERISTICO MALPENSAFIERE – VIA XI SETTEMBRE,16 -BUSTO ARSIZIO VA ORARI DI VISITA: SABATO E DOMENICA 10-19 - INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI “Sei…nel Parco del Ticino”, è una mostra pensata in occasione del 40° anniversario del Parco del Ticino da sei fotografi naturalisti che, attraverso le loro testimonianze fotografiche e video, raccontano le bellezze del Parco Lombardo della Valle del Ticino riconosciuto Riserva della Biosfera dall’Unesco. Un patrimonio di natura, di arte e di storia, che ancora lascia trasparire la bellezza di un paesaggio che sembra scorrere su ritmi e tempi passati, che nulla hanno a che fare con la frenesia della nostre metropoli. Nel lento volo di un airone bianco, nell’imprevedibile virata di un falco pellegrino, nel rincorrersi frenetico di un gruppo di caprioli, si può cogliere l’essenza di questo Parco che, come un Parco di frontiera, è chiamato a difendere e ad offrire al visitatore il tesoro che custodisce. Nel suo correre nervoso verso valle, il Ticino è ancora libero di divagare, di creare nuovi ambienti e di alimentare gli ecosistemi dove proliferano specie animali e vegetali estinte nel resto della Pianura Padana. Con questo spirito, i sei autori ci offrono vedute inconsuete in cui regnano atmosfere appassionanti, paesaggi che celano una natura dalle gradazioni multiformi, una vita animale che ha serbato la purezza dell’ecosistema, pur convivendo con ampie aree cementificate, e un mondo di microcosmi descritti minuziosamente con scatti sapienti, che rivelano forme inimmaginabili. In definitiva, una susseguirsi di fotografie emozionali che sapranno conquistare il visitatore attraverso la bellezza. 18 OTTOBRE – 15 NOVEMBRE 2014 CLAUDIO ARGENTIERO OMAGGIO A ALDO ALBERTI (DAL PROGETTO RITRARTISTI) CENTRO CULTURALE MARTELLI PIERA – VIAFRANCESCO CRISPI, 18 - BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL SABATO 10-12 / 16-19 - INGRESSO LIBERO INFOTEL: 348 7230588 Ad Aldo. Mi hai concesso i tuoi spazi, le ombre e chiarori. Sottili intuiti pronunciano una vita giocata, ricordi perenni affiorano tra opere ammassate e fragranze di vernice, che forti eclissano i miei sensi. Mi giro e scorgo forme e profili, nuance e intagli che enunciano vissuti, e il ventre dipinto si appropria dei miei impulsi. Mi seduce. Poemi visivi e anime scoperte da offrire agli sguardi, come gli ardenti baci che un tempo donavi. Nei pensieri la tua silhouette, che vaga nello spazio tra sapienti gesti e inventive, a guarnire le vergini tele che nivee attendevano il tuo segno creativo. Figure eteree e muri rauchi. Cerco la notte, ma il mattino giunge con scaglie di luce. Il buio svanisce e eclissa i suoi artigli, follie e solitudini, sfumature e passioni, impronte indelebili. Un sogno, il buio, la vita è un abbaglio. Chiudo gli occhi e vedo la tua ombra vagare, immerso tra la materia e i segni che hai abbozzato, che non svaniscono, ma si fanno presenza infinita. Ti ricordo così, con la stessa passione che hai messo nel dipingere il tuo mondo. Claudio Argentiero da oltre venticinque anni si occupa di fotografia. Il suo percorso si snoda tra lavori su committenza e ricerca personale. E’ da sempre interessato alla documentazione del territorio e dei suoi mutamenti, producendo immagini per mostre e libri, collaborando con enti pubblici e privati. Dal 1988 cura e organizza mostre ed eventi fotografici di rilievo. E’ ideatore e curatore del Festival Fotografico Italiano, dal 2013 Europeo, e di molte rassegne annuali, tra cui quelle organizzate presso la storica Villa Pomini di Castellanza (Va), sede operativa dell’archivio, da oltre quindici anni. Ama il b/n, sperimentando la fotografia infrarosso, le antiche tecniche e le più moderne tecnologie digitali fine art, in stretta collaborazione con EPSON. Ha esposto in importanti spazi in Italia e all’estero, e ad Arles (Francia), tempio della fotografia mondiale, in contemporanea ai RIP dal 2005 al 2013, realizzando, con altri autori, due libri sulla cittadina francese, capitale della fotografia internazionale. Ha al suo attivo svariati libri, e nuovi sono in fase di realizzazione. Suoi lavori sono stati pubblicati su diverse testate del settore e d’arte. Da qualche anno si dedica con particolare interesse anche al ritratto, alla ricerca di un proprio stile, lavorando in stretto contatto con diversi artisti. E’ ideatore, fondatore e Presidente dell’Archivio Fotografico Italiano, per il quale cura progetti a livello europeo, oltre ad essere photoeditor dei libri da collezione della collana Afi. Sue immagini fanno parte di collezioni pubbliche private, anche straniere. Sito: http://afifotoit.wix.com/claudioargentiero 18 OTTOBRE – 2 NOVEMBRE 2014 CLAUDIO RE TRIGGER (STORIA DI UNO SGUARDO) A CURA DI MANUELA CIRIACONO SPAZIO ARTE CARLO FARIOLI – VIA SILVIO PELLICO, 15 - BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: GIOVEDI, VENERDI E SABATO ORE 16,30-19 / DOMENICA ORE 10-12 / 16,30-19 - INGRESSO LIBERO La mostra “Trigger (Storia di uno sguardo)” è il frutto di un lavoro portato avanti negli ultimi due anni ed affonda le sue radici nello studio dell’autore intorno alla “psicologia della paura”. In tale ambito, infatti, si definisce “trigger” (letteralmente “grilletto”) il meccanismo mentale atto a risvegliare il ricordo di un evento traumatico vissuto nel passato e celato abilmente dalla mente per allontanarne ogni emozione negaiva ad esso collegato. Ecco allora che la soggettività di uno sguardo si concretizza in tutta la sua nuda realtà, ponendo l’individuo di fronte ad un nuovo piano della vita, tutto da affrontare, in cui il conscio sposa l'inconscio e dove a volte solo i sogni si avventurano. Con questa mostra l’Associazione Carlo Farioli, intende avvalorare la volontà di promuovere giovani e talentuosi autori. Claudio Re, anno 1983, è nato e risiede a Verbania. Chimico di professione, studia da diversi anni il potente mezzo comunicativo della fotografia. Nella sua ricerca artistica si dimostra profondamente attratto dal tema della psiche umana, nel difficile intento di raccontare, attraverso le immagini, i profondi stati d'animo dell'uomo. 25 OTTOBRE – 16 NOVEMBRE 2014 ONE YEAR IN KABUL- MEMORY OF A UNIQUE EXPERIENCE VILLA CALCATERRA – VIA MAGENTA, 70 – BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL MARTEDÌ AL SABATO: 15/19 INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI "One Year in Kabul – Memory of a unique experience", una mostra fotografica realizzata per testimoniare e valorizzare l’impegno di NRDC-Italy in Afghanistan nel corso del 2013. Immagini rivolte e ispirate ai nostri militari in missione, al loro impegno, alle loro storie e alle loro emozioni, ma anche all’Afghanistan, con il suo immane sforzo verso un futuro migliore, merita di essere raccontato! E raccontare tutto ciò – compreso l’impegno dei militari per renderlo migliore – affidandosi al solo linguaggio verbale è difficile: si rischia di non rendere compiutamente l’idea della cultura, della storia, delle tradizioni, dei paesaggi, delle contraddizioni e delle speranze di questo lontano e misterioso Paese, così come di quanto i soldati di NRDC-Italy abbiano “fatto la differenza”. Le immagini in mostra sono state realizzate dai militari impegnati nella missione. 23 OTTOBRE – 15 NOVEMBRE 2014 CARLO TANCREDI, ANONIMI D’ARCHIVIO, CLAUDIO ARGENTIERO BUSTO, IMMAGINI DI UNA CITTA’ IMMAGINATA NUOVO LIBRO INEDITO IN MOSTRA – A CURA DI CLAUDIO ARGENTIERO SHOWROOM TANTE COSE – VIA ROSSINI, 7 - BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL MARTEDÌ AL SABATO 15-19 – INGRESSO LIBERO INFOTEL: 331 7234943 – E-MAIL: [email protected] Questo nuovo libro si potrebbe definire come un transito visivo, poiché raccoglie delle testimonianze fotografiche che, oltre al valore storico, rivestono una parte rilevante di conoscenze, utili a dare forma ai cambiamenti della città negli ultimi quarant’anni. La scelta non è casuale, ma si basa su una raccolta di immagini scattate da tre autori in epoche diverse, capaci di dare forma un mosaico di esperienze che si fondono nelle prospettive paesaggistiche, tra le vie del centro, nelle linee architettoniche, negli scorci più intimi e dentro le abitazioni in disuso, nei segni persistenti delle fabbriche abbattute, nelle testimonianze del recente passato, nella vita dei cortili e della piazza. Quello che accomuna i tre autori è la discrezione nello scatto, l’attenzione severa alla composizione, la scelta della prospettiva, che tende a favorire una lettura positiva dei luoghi, anche nel mutamento della fisionomia della città. Evitando immagini d’effetto, che mal si coniugano con la finalità culturale dell’opera, questo progetto editoriale ci riporta dentro la tradizione, che solo pochi decenni fa era considerata consuetudine, oggi forse desueta, per giungere a una più dinamica visione contemporanea che ostenta i cambiamenti, distaccandosi dai classici confini a cui siamo abituati, per evocare tacite testimonianze, senza rimpianti o sterili polemiche. Un tentativo di collezionare frammenti in un rapporto complesso tra l’atto di ricordare, che si pone tra passato, presente e futuro, e il bisogno di trovare un orientamento, non riferibile unicamente all’istantaneità del momento. Una preziosa rappresentazione dello sguardo, che negli scatti in bianco e nero di Carlo Tancredi si ritrova nella genuina cortesia dell’abitare in comune nelle corti a ringhiera, dove scorge dettagli semplici ma di assoluto fascino. Con perizia torna molte volte per documentare i luoghi, che nel loro divenire si mostrano sempre nuovi alla scoperta, poiché è la luce a suggerire le differenti inquadrature. Con metodo e cavalletto impressiona pellicole in bianco e nero, che uscite da poco dai cassetti privati, svelano i dettagli di una città apparentemente distante, che lo sguardo di Tancredi non solo nobilita ma recupera, senza malinconie. Oppure troviamo negli scatti più urbani di un autore, per ora anonimo, la vita cittadina, le persone che popolano le piazza, che fanno acquisti, che parlano e si incontrano, tra insegne e réclame che paiono così lontane. Ad alimentare fantasie filmiche, è il colore sbiadito delle stampe, recuperate con grande soddisfazione e ammirazione, che ci conducono in una città senza tempo, così seducente da rendere gradevole anche i luoghi meno noti. E’ una città in movimento quella rappresentata da un fotografo per ora anonimo, che offre l’opportunità di viaggiare nel tempo, con la leggerezza di chi non ha mai perso la curiosità della scoperta. Infine gli scatti di Claudio Argentiero, artefice anche di questo breve testo introduttivo, per il quale fotografare Busto e i mutamenti avvenuti non è stato unicamente un vezzo tecnico ed estetico, ma piuttosto un impegno personale che dura da anni, forse decenni, chiamato più volte dagli stessi luoghi con luci diverse, con la finalità di racchiudere negli scatti all’argento gli aspetti più reconditi che compongono il paesaggio urbano. Attento alle trasformazioni, documenta e interpreta vecchi e nuovi edifici, formando nel tempo una collezione di immagini che dialogano tra loro, nel godere di un patrimonio che assimila identità e memoria, prospettive e segmentate connotazioni, che ci lasciano divagare su una città desiderata, o forse solo immaginata. L’idea di un archivio e la conservazione della memoria stanno alla base del lavoro dell’autore, poiché le immagini sono quelle che perdurano nella nostra mente, scomparsi i luoghi e i manufatti che abbiamo vissuto e anche fotografato. (C.A.) 24 OTTOBRE 2014 – 16 NOVEMBRE 2014 SILVIA GALLO STAMPINO WINDOWSCONVISTA COMUNITA’ GIOVANILE – VICOLO CARPI, 5 – BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DA MERCOLEDI A DOMENICA DALLE ORE 20 ALLE 24 – INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI All’occhio di Silvia Gallo Stampino, attenta fotografa urbana e del quotidiano, le finestre non sono semplici trasparenze che connettono spazi interni ed esterni e neppure passano inosservate come mere componenti architettoniche. Sono anzi motivo di grande interesse, fonti luminose che trascendono il reale, sorgenti di una luce virtuale che sembrano trasmettere quello che succede oltre il confine del visibile. Le finestre generano autonomamente luci ed e energie che trascendono le leggi dell’ottica e comunicano persino una sorta di leggera inquietudine, come se da loro venissero “cose dell’altro mondo”. Nello spazio aperto e luminoso delle strade, dove si esaltano gli allineamenti e le prospettive dei palazzi fiamminghi di Bruxelles, la luce trova nuove sorgenti e il suo irraggiarsi crea differenti linee prospettiche, di una prospettiva ribaltata, che contrasta con le regole della veduta. Per ottenere questi effetti, Silvia Gallo Stampino, usa il tempo di esposizione lungo, come strumento creativo e di sperimentazione. Con questa tecnica e ben bilanciando chiari e scuri, supera l’immagine fotografica e si avvicina piuttosto alla pittura, arrivando a “dipingere” opere fortemente dinamiche e realtà sovrapposte al reale. In questa prospettiva ribaltata le forme non tendono a chiudersi, ma piuttosto a dilatarsi e proiettare nella loro espansione la convinzione che dietro le finestre esista un mondo che uscendone si esprime. E alla fine questi filamenti di luce e queste linee dinamiche, .sembrano quasi rimandare a presenze di fantasmi e danno l’impressione a chi guarda che anche il tempo sia annullato e che quelle immagini vengano da una lontananza che è rimasta sospesa e con cui solo un occhio attento e senza pregiudizi può entrare in contatto. Gaia Prandoni Silvia Gallo Stampino nasce e vive a Busto Arsizio. Fotografa per necessità: esigenza d'espressione. Non ha frequentato nessuna scuola o corso di fotografia. Nell'estate del 2005, un amico le ha prestato una Reflex. Così, per caso, ha scoperto la fotografia. Le sue foto sono una ricerca sulla quotidianità. Quella colta all'improvviso, senza maschere o riflettori. Scatti rubati, attimi di vita trattenuti. Si definisce "Incontenibile e Incontentabile". E finché avrà spazio, lei continuerà a scattare. 25 OTTOBRE 2014 – 8 NOVEMBRE 2014 UN SOGNO NELLA BRUGHIERA DAL LIBRO DI CARLO COLOMBO FOTOGRAFIE DI: ANDREA PARIANI, MATTIA ABADINI, FEDERICA FUMAGALLI, LORENA GALVAGNO, STEFANO RAIMONDI, MARIANNA PRIMI, CAMILLA FABRIS, DIEGO BANDERA, MARTINA ROBBA LICEO SCIENTIFICO A. TOSI – VIA GROSSI, 3 – BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: IN ORARI SCOLASTICI DAL LUNEDÌ AL SABATO MATTINA – INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI Il volume “Un sogno nella brughiera” nasce per celebrare i trent’anni del nuovo liceo scientifico Arturo Tosi e del centenario dalla nascita del suo architetto Enrico, detto Richino Castiglioni. Compilato da Carlo Colombo, trentenne giornalista ed ex studente, corredato da immagini di archivio e scatti del gruppo fotografico, interno al liceo, il libro ripercorre le tappe più importanti di un’istituzione scolastica, nata durante la guerra e traslocata nel 1984 in via Grossi, a Sacconago. Lo fa attraverso gli annali, le immagini di archivio e due figure emblematiche: l’architetto e il pittore, di cui il liceo ha preso il nome. “Un sogno nella brughiera” suggerisce anche un percorso, o trait d’union, tra i capitoli e tra i personaggi che in essi trovano spazio, per trarne un insegnamento, una lezione di vita: la perseveranza nel raggiungere un obbiettivo, un’ambizione, una visione, si scontra necessariamente con l’inerzia della realtà, la grigia brughiera che da sempre circonda il borgo di Busto. Eppure, come scrive l’autore nella prefazione: “Tra questi due poli, o assi di un ipotetico piano cartesiano, oscilla la vita umana”. Ognuno ha il compito di trovare la formula giusta, per conciliare due elementi, egualmente irrinunciabili. Proprio l’attuale sede del liceo Tosi diventa così teatro di una mostra fotografica, che propone immagini di repertorio e di architettura, affiancate ai progetti originali della struttura, depositati in Provincia, a Varese. Alcune foto di classi dagli anni Quaranta ai Settanta, insieme a competizioni sportive immortalate tra gli anni Ottanta e Novanta, raccontano il valore della fotografia come testimonianza memoriale; le più vicine opere di Castiglioni, come lo stesso liceo, il rione Sant’Anna, l’Itis Cipriano Facchinetti, o la chiesa di Prospiano, sono interpretate dai ragazzi, per parlare di bellezza, nelle forme dell’architettura moderna. 20 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 LUCA CATALANO GONZAGA PICCOLI SCHIAVI: L’INFANZIA NEGATA DEI BAMBINI LAVORATORI WITNESS IMAGE GALLERIA LIBRERIA BORAGNO – VIA MILANO, 7/CENTRO STORICO PEDONALE - BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL LUNEDI AL VENERDI 16-19,30 / SABATO E DOMANICA 10/13/15-19,30 – INGRESSO IN COLLABORAZIONE CON LIBERO Può sembrare un neologismo ma non lo è. Di fatto in tutto il mondo i bambini sono da sempre la forza lavoro più docile, più ricattabile e più economica a disposizione di datori di lavoro senza scrupoli. Stando alle cifre delle organizzazioni internazionali oggi nel mondo ci sono 150 milioni di bambini che fanno lavori che mettono a rischio la loro salute mentale e fisica, condannati a una vita senza svaghi né istruzione. Tra le categorie più a rischio ci sono i bambini lavoratori nelle fornaci. In molti paesi, la produzione dei mattoni viene ancora realizzata a mano. I bambini lavoratori, dopo avere mescolato l'argilla con l'acqua ed aver ottenuto la consistenza adeguata, utilizzano stampi in legno per dare forma ai mattoni. Quando i mattoni sono asciutti, vengono trasportati prima nei forni per la cottura e poi, una volta cotti, vengono caricati sui camion che li distribuiscono alle imprese edili. Ogni mattone può pesare fino a 4 kg, ed un bambino arriva a trasportare, sulle spalle o sulla testa, dai 1.000 ai 2.000 mattoni al giorno, per un totale di 12 ore lavorative. Il salario quotidiano varia in base al numero di mattoni trasportati. La retribuzione può raggiungere livelli molto bassi, fino ad un dollaro per mille mattoni. L'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) stima che 2.6 milioni di bambini Nepalesi (40% della popolazione) tra i 5 ed i 14 svolgono un’attività lavorativa, di questi circa 60.000 lavorano nei forni per la cottura dei mattoni. In Nepal sono presenti 900 forni, di cui 500 solo nella valle di Kathmandu. Ed è stato calcolato che le fornaci rilasciano circa 837.000 tonnellate di diossina. Luca Catalano Gonzaga , dopo la laurea in Economia, ha lavorato per anni in aziende di comunicazione occupandosi del settore commerciale. Nel 2008 decide di seguire la sua passione e diventa fotografo professionista. Nel 2009 vince il Grand Prix Care du Reportage Humanitarie per il suo reportage sui bambini lavoratori in Nepal che viene presentato al “The International Festival of Photojournalism: Visa Pour l’Image” a Perpignan. Nel 2010, fonda assieme alla giornalista Susanna Bucci, Witness Image , associazione non-profit di fotogironalismo sui diritti umani. Nel 2011 grazie al finanziamento ricevuto dalla Nando Peretti Foundation realizza il progetto “Child Survival in a Changing Climate”, sugli effetti dei cambiamenti climati sulla vita dei bambini. Nel 2013 In collaborazione con l' UNPO (Unrepresented Nations and Peoples Organization), realizza il progetto “Invisible People” sulle condizioni di vita delle popolazioni indigene nel mondo. Susanna Bucci, dopo la laurea in Lettere, lavora come ricercatrice storica dedicandosi agli studi sulla condizione delle donne nel XVIII secolo e lavorando per i beni culturali e ambientali. Giornalista professionista inizia a lavorare per agenzie umanitarie fino a diventare direttore della Comunicazione dell'UNICEF Italia dove si è occupata anche di fund raising per le emergenze. Ha segutio programmi di sviluppo, vaccinazione, riunificazione familaire e istruzione per I bambini lavoratori in numerosi paesi dell'Africa e dell'Asia. 12 NOVEMBRE – 21 NOVEMBRE 2014 ENZO CEI FIORI. LA VITA CHE VINCE. 14 STORIE DI FIGLI MOSTRA A CURA DELLA ASSOCIAZIONE BIANCA GARAVAGLIA – LIBRO IN MOSTRA GALLERIA LIBRERIA BORAGNO – VIA MILANO, 7/CENTRO STORICO PEDONALE - BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL LUNEDI AL VENERDI 16-19,30 / SABATO E DOMANICA 10/13/15-19,30 – INGRESSO LIBERO Le foto in mostra ritraggono 14 storie di bambini, madri e padri la cui realtà è imperniata dalla speranza di vincere il tumore infantile. Non ci sono giudizi, solo lo sguardo lucido e coraggioso di chi guarda dall’interno la propria verità. Senza pietismi né clamori, l’opera mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’oncologia pediatrica per reperire fondi utili ad assistere le famiglie dei bambini e adolescenti ammalati e a sostenere la ricerca medicoscientifica in questo campo. L’autore Enzo Cei, nato a Pisa nel 1949, ha iniziato a fotografare negli anni ’70. A oggi ha pubblicato 12 libri, documentando temi sociali e umanitari per informare e sensibilizzare su questioni vive e aperte. Lavoro, costume, vissuti sociali e sanità gli offrono idee e risorse utili alla pubblicazione dei suoi libri, curati affinché rispettino fino in fondo le loro finalità di informare documentando. L’Associazione Bianca Garavaglia ONLUS nasce nell’aprile 1987 per iniziativa dei genitori di Bianca, una bambina colpita all’età di cinque anni da una rara forma di neoplasia. Scopo dell’Associazione è di raccogliere fondi per promuovere studi scientifici e cure mediche in materia di tumori dell’età infantile (www.abianca.org). Il ricavato delle vendite del volume “Fiori. La vita che vince. 14 storie di figli” (Pacini editore) sarà devoluto interamente all'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. 23 NOVEMBRE – 9 DICEMBRE 2014 MATTEO COLOMBO DE MULIERIBUS: BELLEZZA DI UNO SGUARDO GALLERIA LIBRERIA BORAGNO – VIA MILANO, 7/CENTRO STORICO PEDONALE - BUSTO ARSIZIO (VA) ORARI DI VISITA: DAL LUNEDI AL VENERDI 16-19,30 / SABATO E DOMANICA 10/13/15-19,30 – INGRESSO LIBERO “La guardò. Ma d’uno sguardo per cui guardare già è una parola troppo forte. Sguardo meraviglioso che è vedere senza chiedersi nulla, vedere e basta. Qualcosa come due cose che si toccano – gli occhi e l’immagine– uno sguardo che non prende ma riceve, nel silenzio più assoluto della mente, l’unico sguardo che davvero ci potrebbe salvare – vergine di qualsiasi domanda, ancora non sfregiato dal vizio del sapere – sola innocenza che potrebbe prevenire le ferite delle cose quando da fuori entrano nel cerchio del nostro sentire-vedere-sentire– perché sarebbe nulla di più che un meraviglioso stare davanti, noi e le cose, e negli occhi ricevere il mondo – ricevere – senza domande, perfino senza meraviglia – ricevere–solo– ricevere– negli occhi – il mondo” (Alessandro Baricco, “Oceanomare”) Un articolato percorso fotografico inserito nell'ambito del Festival Fotografico Europeo, in occasione delle iniziative celebrative della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), istituita dall’ONU. Un contributo per la diffusione di una cultura del rispetto delle donne, strumento fondamentale dell’attività di porre fine alla violenza perpetrata nei confronti di donne e ragazze. Sebbene ci siano stati notevoli progressi nelle politiche nazionali volte a ridurre la violenza sulle donne, molto rimane ancora da fare. Più di cento paesi sono privi di una legislazione specifica contro la violenza domestica e più del 70 % delle donne nel mondo sono state vittime nel corso della loro vita di violenza fisica o sessuale da parte di uomini. Violenza che, influendo negativamente sui risultati scolastici delle donne, sulle loro capacità di successo lavorativo e sulla loro vita pubblica, allontana progressivamente le società dal conseguimento di dell’obiettivo dell’uguaglianza di genere. Tuttavia, anche considerazioni di carattere pratico hanno contribuito a ostacolare ulteriore progresso: senza forti forme di collaborazione e finanziamenti sufficienti non si potranno fare passi in avanti per combattere la violenza. Nel mondo “occorrono cambiamenti culturali per smettere di guardare alle donne come ‘cittadine di seconda classe’”. Matteo Colombo, nato a Busto Arsizio nel 1973, è un fotografo freelance, specializzato in fotografia di viaggio. Seguendo la sua passione per la scoperta di nuovi luoghi e la conoscenza di culture diverse, viaggia di frequente in varie parti del mondo, spesso in solitaria, che considera il modo migliore per entrare in contatto con le popolazioni locali e comprenderne usi e costumi. Alla costante ricerca delle immagini che meglio interpretano l'esperienza di ogni viaggio, attraverso l'obiettivo cerca di raccontare più che semplicemente di illustrare. Predilige uno stile semplice ed efficace, caratterizzato da colori vibranti e da scene luminose , in grado di esaltare il soggetto in chiave positiva e ottimistica. Le sue fotografie sono rappresentate dalla prestigiosa agenzia Getty Images e sono costantemente utilizzate in riviste, guide, campagne pubblicitarie, siti web. Sul sito web www.matteocolombo.com si trovano maggiori informazioni sul fotografo, sui suoi viaggi e alcuni dei suoi lavori. COMUNE DI CASTELLANZA 19 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 JACOB BALZANI LÖÖV UCRAINA, IL DIRITTO DI ESSERE ACOLTATI IN COLLABORAZIONE CON COMUNITÀ GIOVANILE VILLA POMINI – VIA DON L. TESTORI, 14 - CASTELLANZA (VA) ORARI DI VISITA: GIOVEDI, VENERDI E SABATO 15-19 / DOMENICA 10-12 / 15-19 INGRESSO LIBERO Dalla fine di novembre 2013 a gennaio 2014, la piazza principale di Kiev, Majdan Nezaležnosti o piazza dell’Indipendenza, è stata pacificamente occupata: Si richiedeva al presidente Viktor Janukovyč di non abbandonare la procedura di integrazione dell’Ucraina nel Unione Europea. La posta in gioco è il sogno di appartenere a un’Europa garante di libertà e diritti umani, per fermare l’enorme corruzione e i privilegi degli oligarchi. Durante questi due mesi gli occupanti della piazza sono stati sistematicamente ignorati dal governo e presentati come un fenomeno da circo sui canali nazionali. I giovani, che in gran parte compongono la piazza, sono la prima generazione nata dopo il collasso dell’Unione Sovietica e l’indipendenza dell’Ucraina più di vent’anni prima. Molti si definiscono nazionalisti e vogliono un’Ucraina realmente sovrana e indipendente poiché, avvicinarsi all’Europa, significa anche allontanarsi dall’ingerenza della Russia di Putin nella politica nazionale. Molte sono anche le persone più anziane che decidono di portare il loro aiuto e la loro esperienza dopo aver assistito ai violenti tentativi di sgombero di Majdan, per loro, nonostante l’indipendenza e la Rivoluzione d’Arancio del 2004, le condizioni di vita non sono migliorate e la disparità economica è solamente aumentata. Col passare dei giorni, mentre il governo rinforza i legami con Mosca accettando un regalo di 15 miliardi di dollari e un forte sconto sul prezzo del gas, i manifestanti chiedono ormai nuove elezioni, una diminuzione costituzionale dei poteri del presidente e le sue dimissioni. In risposta all’approvazione di nuove leggi che trasformano in criminali tutti gli occupanti di Majdan, il 18 gennaio la protesta diventa violenta e gruppi di hooligans di tutto il paese si affiancano ai dimostranti in un crescente clima di tensione che terminerà con più di cento morti in piazza e la fuga di Janukovyč. La sua tenuta, simbolo di corruzione, viene successivamente occupata. Mentre il governo ad interim cerca a fatica di riorganizzarsi e organizzare nuove elezioni la Crimea viene invasa, numerosi manifestanti si iscrivono all’esercito e, la risoluzione dei problemi per cui si era tanto lottato viene posticipata a più tardi, a guerra finita… “Se rifarei Majdan?”, si chiede ad Aprile, Olesja Goryainova, 19 anni, una studentessa che ha vissuto in piazza sin dagli inizi, “Sì, certo. E’ stata molto più che una rivoluzione. Se fossi stata uccisa anch’io, sono convinta che non sarebbe stato inutile. Penso che le persone torneranno in piazza ogni volta che ci saranno nuovi problemi. Siamo pronti e abbiamo visto che uniti possiamo davvero cambiare le cose.” Jacob Balzani Lööv, nato a Milano nel 1977, considera il suo lavoro giornalistico come una forma di attivismo in cui cerca di informare in modo bilanciato e autentico. Nel 2012 ha conseguito un Master in Fotogiornalismo e Fotografia Documentaria al London College of Communication. Curioso dei processi e dei legami tra diversi sistemi, nel 2003 si è laureato in Scienze Ambientali. Il suo amore per la montagna l’ha spinto a lavorare con il Politecnico Federale di Zurigo sullo Jungrauoch (3580m), la più alta stazione di ricerca delle Alpi Svizzere. Nel 2007, grazie ai dati raccolti sul trasporto d’inquinanti a livello globale, ha conseguito un dottorato. Profondamente attratto dagli eventi mondiali, dopo aver osservato, durante numerosi viaggi, quanto velocemente e drammaticamente il mondo stia cambiando, ha deciso di abbandonare il suo lavoro scientifico e di impegnarsi a tempo pieno nella fotografia. Jacob Balzani Lööv, lavora nel mondo per Greenpeace e diverse ONG. Esperto di Est Europa e Caucaso collabora regolarmente con Al Jazeera English e Eurasianet. Il suo lavoro è stato pubblicato da numerose testate come Newsweek, The Guardian, The Wall Street Journal, CBS News e Vice. 19 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 JEAN JANSSIS ENTREINTES DE TERRE VILLA POMINI – VIA DON L. TESTORI, 14 - CASTELLANZA (VA) ORARI DI VISITA: GIOVEDI, VENERDI E SABATO 15-19 / DOMENICA 10-12 / 15-19 INGRESSO LIBERO Utilizzando la stampa la gomma bicromatata, il fotografo-artista di Liegi fa ben più che ricorrere ad un procedimento antico. egli reinventa il corpo a corpo tra l'immagine e la materia in una prospettiva d'eternità. inizio questa breve presentazione con una citazione che spiega chiaramente il lavoro di janssis. il mio lavoro di gallerista con Jean è un atto d'amore incondizionato: adoro tutte le sue immagini e finalmente, dopo aver pubblicato due anni fa il suo primo libro, posso esporre tutta la sua produzione realizzata sino ad oggi. in mostra oltre cento gomme di grande formato che ci permettono di capire tutto l'iter creativo di questo autore. immagini che io conservo gelosamente, che ho acquisito per primo agli incontri di Arles e che continuo a collezionare nelle prime copie di tiratura. non è un particolare di secondo piano; man mano che jean riprende i suoi giganteschi negativi, 70x100 cm su carta da disegno 78x110, per tirare con rara abilità le copie successive, qualcosa di diverso succede sempre come in tutti i lavori manuali non standardizzati dalla tecnologia. l'occasione di una visione dal vero di tutte le gomme più importanti di Janssis, le riproduzioni migliori e la stampa tipografica più accurata non possono comunque mai rendere giustizia alla "materialità" dei suoi manufatti artistici. (ken damy) La fotografia si sta sempre più automatizzando e fotografare è sempre più semplice. Lo scarto d' errore è quasi insignificante: macchine incredibili fanno tutto da sole e "usa e getta" che compri per poche lire danno risultati eccellenti, con pellicole sensibilissime e duttili, sviluppo e stampa in 30 minuti. E forse proprio per reazione alla "volgarizzazione tecnica" della fotografia, molti autori hanno recuperato antichi processi, laboriosi e di incerto risultato. La manualità , quindi, della fotografia degli esordi, diventa ribellione alla contemporanea tecnologia. Il belga Jean Janssis è esempio di un atteggiamento che, divenuto insinuante oramai da qualche anno, serpeggia per il mondo. Uomo colto e accurato studioso, si è laureato in lettere nel 1975. Nel 1986 supera l' esame di Stato come fotografo e incomincia a insegnare semiologia e fotografia all' Institut des Beaux Arts di Liegi. Nel 1987, dopo la visita ad una mostra, al Museo della Fotografia di Anversa, sedotto da quegli antichi processi di stampa, folgorato dalla magnificenza del procedimento e immergendosi nella storia e nelle sorgenti primordiali, inizia a produrre le sue prime stampe alla gomma bicromata. La gomma bicromata è il processo che Janssis ha eletto per le sue stampe espressive di grande formato, divenendo nel tempo uno dei massimi esperti a livello internazionale. Sfogliando i manuali pare una tecnica piuttosto semplice, ma la complessità sta nel mettere a punto delle formule in grado di restituire una immagine compiuta, sia sotto il punto di vista tecnico che espressivo. "Mi misi al lavoro con una febbrilità , una freschezza che molti anni in camera oscura avevano spento. Mi ci vollero tre mesi per produrre una stampa accettabile. A quell' epoca, i miei studi umanistici riaffiorarono. Mi sono rimesso a leggere quegli autori che avevo detestato durante l' università e ho ritrovato un gusto nuovo per la pittura, la musica, l' opera. Shakespeare, Racine, tutta l' Italia e soprattutto Leonardo... mi hanno ispirato i grandi temi della mia fotografia: l' Uomo, l' Amore e la Morte". Le immagini di Jean Janssis sono di forte tensione sensuale: l' emulsione stesa su carta da disegno a grana grossa trasmette una sensazione di carnale tattilità. Sue immagini fanno parte di prestigiose collezioni private e pubbliche, in varie parti del mondo. Insegna tecnica e linguaggio della fotografia, contagiando passionalmente, con le sue esperienze in campo visivo, studenti e artisti, fotografi e appassionati, stimolandoli a creare ascoltando le proprie percezioni. 19 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 MYLENE ZIZZO EFFACES DU MONDE VILLA POMINI – VIA DON L. TESTORI, 14 - CASTELLANZA (VA) ORARI DI VISITA: GIOVEDI, VENERDI E SABATO 15-19 / DOMENICA 10-12 / 15-19 INGRESSO LIBERO La mostra è il risultato un progetto fotografico di Mylene Zizzo, e si concentra su una patologia correlata alla malnutrizione e la povertà estrema. Una condizione che colpisce soprattutto i bambini di età compresa tra 0-6 anni ad un tasso di circa 400 bambini al giorno, e il cui fisico e le conseguenze psicologiche sono disastrose. Ancora tabù oggi in Europa, Noma, che significa "mangiare" in greco, uccide il 80% delle sue vittime nelle prime settimane, se non sono curate in fretta. L’impegno e la finalità dell’autrice è quello di accrescere la consapevolezza dei danni della malattia, rendendo partecipi le persone colpite da questa disastrosa patologia. Nata nel 1981 a La Ciotat (FR), dove vive e lavora, dopo aver studiato lingue e etnologia, decide di viaggiare e scoprire nuove culture. La fotografia diventa il mezzo privilegiato per condividere storie e avvenimenti, documentando i fatti con un proprio stile interpretativo, non tralasciando la pittura e il disegno, che pratica con interesse. Ha una formazione di fotogiornalismo (London College of Art di Londra, EMI-CFD-Parigi) che l’ha convinta a proseguire nelle sue indagini, con nuovi progetti. I problemi della salute e le cause sociali sono al centro della sua ricerca, che indaga con un approccio raffinato, inquadrature spesso frontali, poiché sostiene convintamente che la scelta estetica rafforza il punto di interesse, stimolando un costruttivo rapporto con il fruitore. 19 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 MARIE PADLEWSKY SPLENDIDE OPERAIE – INDIAN’S SONG VILLA POMINI – VIA DON L. TESTORI, 14 - CASTELLANZA (VA) ORARI DI VISITA: GIOVEDI, VENERDI E SABATO 15-19 / DOMENICA 10-12 / 15-19 INGRESSO LIBERO In India le donne che lavorano nell’edilizia stanno costruendo i loro diritti… Sono donne che lavorano a giornata e si battono quotidianamente per riuscire a nutrire la famiglia. Lavorano in maniera irregolare, un giorno sì e uno no, e ogni volta per una ditta diversa. « Nei giorni in cui non c’è lavoro, non c’è niente da mettere sui fornelli» Per circa 100 rupie al giorno, l’equivalente di appena 1euro e 50, trasportano in cima al capo, dalla mattina alla sera, dei materiali da costruzione. Gli incidenti sul lavoro sono frequenti, per non parlare delle patologie respiratorie. E ogni volta che queste donne si ritrovano nell’impossibilità di lavorare, è la famiglia che rischia di non poter mangiare. Nel giugno del 2013, Akhila, assieme ad alcune vicine, crea un gruppo di donne che lavorano nel settore edile affinché si aiutino reciprocamente e facciano pressione perché vengano applicate le leggi. Ogni quindici giorni, una trentina di donne si riunisce sotto l’egida di Namah, una giovane animatrice, che le spalleggia nella difesa dei loro diritti. « All’inizio ognuna di loro parlava delle proprie difficoltà, e tutte ne avevano a iosa! Ma a forza di ascoltare le altre ci siamo rese conto che ciascuna di noi, per vivere, deve far fronte allo stesso genere di ostacoli. Allora, abbiamo deciso di unirci. » Indian’s Song Se all’inizio può suscitare rifiuto o quantomeno risultare sconcertante, non c’è dubbio che sottilmente, insidiosamente, l’India attira e suscita meraviglia… I punti di riferimento si invertono e si spostano su un altro piano temporale, gli schemi socioculturali trovano il tempo che trovano, ma a lasciarsi andare, ad abbandonarsi mollemente e senza timore all’universo che sfila davanti ai nostri occhi, ci si lascia invadere pienamente da tutte le sensazioni contraddittorie che provoca l’India : fascino e ripulsione, serenità e fastidio, piacere e dolore… L’India aggredisce brutalmente tutti i nostri sensi e li induce a svegliarsi e a risvegliarsi senza sosta…. Il palato si infiamma a contatto con i suoi sapori speziati…l’odorato si inebria inalando il fumo dell’incenso che brucia all’ingresso di ogni tempio, di ogni negozio e su ogni risciò, l’udito non ne ha mai abbastanza di accogliere nuove sonorità, nuovi canti…lo sguardo si impregna della bellezza delle donne indiane elegantemente drappeggiate nei loro sari di seta… è allora che il vagare e divagare dei sensi diventa godimento… L’India dai mille volti, vero e proprio caleidoscopio culturale, religioso, etnico, sociale, coltiva il paradosso in maniera insolente. L’India può vantarsi di maneggiare con la medesima abilità l’ambivalenza e le sue innegabili contraddizioni. Miscuglio di fascino e frustrazione, l’India, nello stesso tempo, seduce e disgusta, conquista e imbarazza. « La veggenza del fotografo non consiste nel vedere ma nel trovarsi là dove si trova» Roland Barthes Marie Padlewsky. In parallelo con l’attività d’architetto d’interni che ho svolto, sia in Francia che all’estero, per una decina d’anni mi sono dedicata alla mia passione, (il mettere faccia a faccia la musica medievale e la musica contemporanea, la musica occidentale e quella orientale) creando due Festival. Grazie all’incontro con queste due grandi arti ho affinato una particolare poetica dello sguardo, fatta di ritmi, di vibrazioni, di colori e di forme, senza dover scegliere tra armonia e dissonanza, composizione e improvvisazione. La fotografia, la realizzazione di ritratti e di cronache filmate, mi si sono imposti come degli sbocchi naturali e per questo sono ritornata a studiare…. Belle Arti. Gli occhi mi si aprono di fronte a ciò che si inventa e si disfa senza sosta, nel tentativo di cogliere un momento cha faccia senso addirittura nella sua fuggevolezza. Non mi interessa guardare, bensì vedere, riuscire a far parte improvvisamente delle cose… e come avviene quando si respira, vivere delle sensazioni al di là della loro percezione. È a partire da questo modo di procedere che nascono quelle coincidenze significative, quegli incontri casuali tra le mie immagini imperfette che invitano all’interpretazione. 19 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 FABIEN PIO LES COULEURS TROUBLES DES JOURS PASSÉS VILLA POMINI – VIA DON L. TESTORI, 14 – CASTELLANZA (VA) ORARI DI VISITA: GIOVEDI, VENERDI E SABATO:15-19 / DOMENICA 10-12 / 15-19 – INGRESSO LIBERO ACCESSO FACILITATO AI DISABILI Fabien Pio, nato nel 1988 ad Avignone, è un fotografo francese, diplomatosi alla scuola di Belle Arti di Montpellier in Francia. Le sue immagini sono il frutto di di peregrinazioni quotidiane, al fine di utilizzare il mezzo fotografico come un modo di scrivere le cose più semplici della vita, come un diario, un quaderno di tutti i giorni. Attraverso le sue ricerche si richiama al linguaggio letterario e cinematografico, trovando un codice personale per narrare attraverso le rappresentazioni visive che identificano il suo lavoro. E’ come una autobiografia che si sviluppa in semplici spazi di vita, che traducono in sensazioni gli istanti colti con discrezione, i volti e gli scenari minimalisti, per raccontare se stesso attraverso gli altri, con uno sguardo denso di intime percezioni. Un lavoro che si pone tra sogno e realtà, suggerendo una sorta di ambiguità eterna tra assenza e presenza. 19 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 ELISA GAMBINO FIGLI DEL VENTO & SURREALISTIC PILLOW VILLA POMINI – VIA DON L. TESTORI, 14 - CASTELLANZA (VA) ORARI DI VISITA: GIOVEDI, VENERDI E SABATO 15-19 / DOMENICA 10-12 / 15-19 INGRESSO LIBERO Quello che per prima cosa colpisce nelle fotografie di Elisa Gambino non è mai il racconto che pure sa costruire con pregevole ritmo, ma semmai la forte personalità del suo stile. Questo si esprime con originalità nell’ambito di un bianconero dalle tonalità espressioniste: invece di sfruttarne tutte sfumature, la fotografa esalta la dialettica che divide e insieme unisce quelle scure che tendono al nero e quelle lievi che sfociano nei casi estremi in una vera e propria sfocatura dei toni alti. Sono aspetti che da sempre caratterizzano le opere di Elisa Gambino che nei meandri della sua Venezia ha fin dagli esordi conosciuto il senso dei contrasti che la luce sa creare in quella città più che in qualsiasi altra. Quando poi ha spostato la sua attenzione verso l’esterno, come nel caso di “Figli del vento” il reportage ambientato nella Provenza di Les Santes Maries de la Mer, non ha abbandonato il suo stile ma anzi ne ha sfruttato tutte le potenzialità. Così è riuscita ad andare oltre la realtà del rituale su cui indagava (la famosa riunione annuale del popolo Rom dove si mescolano aspetti religiosi e pagani) per far emergere il mistero che circonda questa popolazione che del nomadismo ha fatto una filosofia. Così, in una bellissima immagine che ben riassume tutto il senso di questo suo lavoro, coglie un bambino che corre lungo un sentiero in discesa sotto un cielo che il vento ha riempito di nuvole. Quando poi Elisa Gambino va alla ricerca di un rapporto più insolito con la realtà, il suo linguaggio diventa flessibile fino a diventare, in “Surrealistic Pillow”, esso stesso surrealista. Coglie in tal modo persone che sembrano abitare nelle bolle di sapone sospinte dal soffio di un bambino, ci sorprende di quel grande occhio che ci osserva come se fosse emerso dalla terra e non dipinto in un murale, ci lascia incerti se credere che quello che decora il muro di una casa abbandonata sia una cornice contenente una fotografia sopravvissuta al degrado o il riquadro di una finestra oltre la quale un albero getta al cielo i suoi rami. Roberto Mutti 1 NOVEMBRE – 23 NOVEMBRE 2014 RAPPORTO ITALIA 2013 – AUTORI: DI VIRGINIO BOTTARO, DOMENICO CICHETTI, ETTORE COLICO, GIANNI FIRMANI, STEFANO FRASCARO, BEATRICE CACACE, ORAZIO MASCIOLI, ENNIO MONTANI, MARIO ROSSETTI, SANDRO ROSSI, MICHELE SACCANI, STEFANO SBACCANTI, GIANLUCA UVA, LORENZO VITALI SALA CONFERENZE BIBLIOTECA CIVICA – PIAZZA CASTEGNATE - CASTELLANZA (VA) ORARI DI VISITA: SABATO E DOMENICA 15-19 INGRESSO LIBERO Cosa sta accadendo in Italia in questi anni? Come si manifesta nel nostro Paese l’onda lunga di una crisi economica, che molti esperti dicono essere ormai superata, ma che ai nostri occhi di cittadini appare ancora gravissima, in tutta l’Europa? Come si sta evolvendo, per esempio, il mondo del lavoro? La realizzazione di progetti di grande respiro, come l’Expo 2015, servirà a dare impulso? Sarà leva per un cambiamento in positivo? E come modificherà le dinamiche legate allo sviluppo urbanistico di una città come Milano? Quale contributo a leggere e comprendere il presente italiano può dare la laboriosa Brianza? Ha davvero superato indenne la crisi? Un vero laboratorio sociale che non può non essere studiato. E ancora, altri apporti di grande interesse: il problema della natura che si ribella all’uomo e le conseguenze dell’impatto ambientale legato allo smaltimento delle scorie; la questione della Sanità e il sempre più rilevante e fondamentale fenomeno del volontariato; la missione italiana e le opere di pace realizzate dai nostri militari in Afghanistan, perché c’è Italia dovunque ci siano Italiani. Diversi frammenti di realtà e tanti documenti nuovi, dunque, con due eccezioni: l’Aquila violata, uno scandalo italiano che non deve essere dimenticato, e i “nuovi italiani”, un fenomeno in vorticoso sviluppo. Su questi interrogativi, su questi temi Rapporto Italia 2013, nella scia del precedente, edito nel 2012, presenta tracce di realtà italiane, uno spaccato frammentato, disorganizzato e fluido, attraverso gli scatti di diversi fotografi, che con autonomia e sensibilità hanno inteso fissare in immagini lo scorrere del tempo e le modificazioni in essere, offrendoli al Lettore in tutta la loro nudità, lasciando a Lui letture e interpretazioni. Quest’anno la composizione del gruppo è variata: qualcuno è uscito, qualcuno è entrato, alcuni si sono riconfermati. Ma lo spirito è rimasto lo stesso: una registrazione “in diretta” da vari “angoli” d’Italia. Sappiamo che non è storia, ma pensiamo che lo diventerà. Lorenzo Vitali, coordinatore di Rapporto Italia 2013 Virginio Bottaro, Domenico Cichetti, Ettore Colico, Gianni Firmani, Stefano Frascaro, Beatrice Cacace, Orazio Mascioli, Ennio Montani, Mario Rosseti, Sandro Rossi, Michele Saccani, Stefano Sbaccanti, Gianluca Uva, Lorenzo Vitali. Legnano (MI) 8 NOVEMBRE – 30 NOVEMBRE 2014 ELIO CIOL GLI ANNI DEL NEOREALISMO CON IL CONTRIBUTO E IL PATROCINIO DEL COMUNE DI LEGNANO PALAZZO LEONE DA PEREGO – VIA MONS. E. GILARDELLI, 10 – LEGNANO (MI) ORARI DI VISITA: SABATO 15 – 18,30 E DOMENICA 10-12 / 15-18,30 – INGRESSO LIBERO INFOTEL – UFFICIO CULTURA: 0331- 545726 E’ uno sguardo acuto quello di Elio Ciol, che sa andare oltre l’apparenza restituendo brani di grande umanità. Il fotografo friulano, conosciuto soprattutto per la sua peculiare interpretazione del paesaggio italiano e per il lavoro di documentazione della grande temperie di ricostruzione che investiva i nostro Paese negli anni del primo Dopoguerra, racconta in queste foto in bianco e nero tutta la sofferenza degli animi ancora provati dal conflitto e, nel contempo, anche la grande forza rigeneratrice che si stava ergendo dalle macerie grazie anche all’incipiente industrializzazione. Ecco che colpisce lo scatto del Giorno di sagra, San Salvatore di Maiano (1960) dove nella piazza affollata del paese si raccolgono contadini vestiti a festa ma anche piccoli borghesi che si affacciano alla modernità – protagonisti del nuovo miracolo economico italiano – mentre in strada i ragazzi proseguono i tradizionali giochi di biglie e le bambine chiacchierano allegramente. Interessanti anche gli scatti del backstage del film Gli Ultimi (Elio Ciol era fotografo di scena), ideato da Padre Maria Turoldo e diretto nel 1962 da Vito Pandolfi: in Sul set del Film Gli Ultimi, nella finzione cinematografica si cerca di ricostruire il Friuli degli anni Trenta, terra ancora intonsa sebbene grondante di povertà, che permette però al regista e agli scenografi di illustrare, nella concretezza della vita contadina, i valori di una società che stava girando troppo vorticosamente con il rischio di perdere la propria identità. Vita ed estetica si intrecciano invece nelle straordinarie immagini scattate poche ore dopo la tragedia del Vajont: nella serie di istantanee Disastro del Vajont lo sguardo di Ciol diviene quasi implacabile nel descrivere il dolore di chi è rimasto, nelle croci tutte uguali piantate, disposte ad uguale distanza le une dalle altre, in una terra che non può che accogliere solo miseri resti e che lascia intravedere una speranza solo nei fiori deposti candidamente da un bambino inginocchiato. Comune a tutte le fotografie in mostra è la volontà di Elio Ciol di cogliere gli aspetti più sinceri, distinguendo però molto bene, nel suo procedere, il ruolo della fotografia da quello del cinema che rimane solo “fiction”. Il fotografo non può far altro che raccontare quanto ha di fronte regalandoci una genuinità senza paragoni. Elio Ciol nasce a Casarsa della Delizia (Pordenone) nel 1929. Inizia giovanissimo a lavorare nel laboratorio del padre, acquisisce esperienza tecnica ed elabora un personale modo di esprimersi attraverso la fotografia, soprattutto riguardo al paesaggio. È sempre alla ricerca di nuove dimensioni espressive. Dal 1955 al 1960 è attivo nel circolo fotografico “La Gondola” di Venezia. Nel 1962 partecipa come fotografo di scena al film Gli Ultimi di Vito Pandolfi e Padre David Maria Turoldo. L'anno dopo, 1963, a Milano, collabora con Luigi Crocenzi alla realizzazione della Fondazione Arnaldo e Fernando Altimani per lo studio e il linguaggio delle immagini. Ha esposto in mostre personali e collettive, in Italia e all'estero. Sue fotografie sono presenti in collezioni private e in istituzioni pubbliche, in Italia e all'estero. Molti i premi e i riconoscimenti ricevuti nella sua lunga attività. Nel dicembre 2001 il New York Times gli ha dedicato uno spazio nella sezione Arts and Leisure. Collabora con importanti case editrici. Ha contribuito alla realizzazione di oltre duecento volumi. Da sessant'anni Elio Ciol scrive con la luce, tracciando un lungo e affascinante itinerario fotografico. È autore di numerosi libri fotografici. Alcuni dei riconoscimenti più recenti: 1992, Londra, Premio Kraszna Krausz per il fotolibro Assisi, a pari merito con i libri di Sebastio Salgado, Paul Strand e Irving Penn; 1995, Spilimbergo, Premio Speciale Friuli Venezia Giulia Fotografia; 1996, Londra, Premio Kaszna Krausz per il fotolibro Venezia a pari merito con Robert Doisneau, Eric Hartmann e Naomi Rosemblum; 1997, Amsterdam, World Press Photo, terzo premio nella categoria Natura e Ambiente; Padova 2003 per il miglior fotolibro con il volume Ascoltare la luce. Sue fotografie sono state acquisite da importanti Musei, trai quali: Metropolitan Museum of Art, New York,Center for Creative Photography Tucson, Arizona, Centre Canadien d’Architecture, Montréal, Canada, The Art Institute of Chicago, Victoria & Albert Museum, Londra, RosPhoto, San Pietroburgo, Musée de la Photographie, Charleroi. Vive e risiede tuttora nella cittadina friulana di Casarsa. 8 NOVEMBRE – 30 NOVEMBRE 2014 LUCA CAPUANO IL PAESAGGIO DESCRITTO SITI ITALIANI DEL PATRIMONIO UNESCO PALAZZO LEONE DA PEREGO – VIA MONS. E. GILARDELLI, 10 – LEGNANO (MI) ORARI DI VISITA: SABATO 15 – 18,30 E DOMENICA 10-12 / 15-18,30 – INGRESSO LIBERO INFOTEL – UFFICIO CULTURA: 0331- 545726 L’Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale Unesco, nata nel 1997, ha commissionato a un unico autore un grande progetto di documentazione di questi luoghi, in una riproposizione in chiave contemporanea del Grand Tour. Luca Capuano, fotografo di architettura, indagatore dell'attuale, rigoroso nelle prospettive e nella ricerca sugli spazi, ha svolto questa indagine particolare, a metà tra la necessità di una filologia di un Patrimonio e il rapporto espressivo che esso oggi ha con il presente. Lo sguardo dell’autore si è adattato ai diversi ambienti, in un processo di scoperta dei luoghi su cui si sovrappone la sua poetica personale, determinata da scelte estetiche ben precise. Scrive l’autore nell’introduzione al libro: Senza la sovrapposizione di ostacoli visivi, delle segnaletiche, della spesso ingombrante presenza del turismo e del traffico, ho cercato di restituire delle immagini puramente evocative, in grado di stabilire un rapporto possibilmente autentico con l’osservatore. Con uno sguardo selettivo, ho scelto di eliminare i segni eccessivi del contemporaneo e ho fotografato quel che rimaneva, a volte, soltanto viste laterali, dettagli, spazi interstiziali(…)La presenza umana è quasi scomparsa dalle mie immagini(…) La figura umana è invece presente nelle opere d’arte, è in questo modo integrata all’ambiente e rivela una condizione di ‘naturalità’ dell’esistere e dell’essere visti in uno spazio…. Questo monumentale progetto fotografico è divenuto un libro, che raccoglie circa 500 fotografie, e una mostra presentata in diverse parti del mondo. La più imponente indagine fotografica sui 44 siti che costituiscono il Patrimonio Mondiale dell’UNESCO in Italia mai realizzata prima d’ora. Una ricerca che nasce, da un lato, dalla necessità di produrre una documentazione accurata sullo stato dell’arte dei luoghi UNESCO in Italia e, dall’altro, dalla volontà di proporre al pubblico una visione complessiva dello straordinario paesaggio che abbiamo la responsabilità di preservare. Realizzato in collaborazione con il Ministero per i Beni Artistici e Culturali e l'Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale UNESCO. LUCA CAPUANO, nato a Bologna nel 1974, dove vive e lavora, è fotografo professionista, specializzato nella fotografia di architettura ed operatore nel campo dell’arte. Ha realizzato numerosi progetti di documentazione e di analisi interpretativa dell'architettura storica e contemporanea per aziende private, architetti, case editrici, musei, fondazioni ed enti pubblici. Le sue immagini sono pubblicate sulle maggiori riviste nazionali e internazionali di settore. Si è confrontato, su committenza di case editrici e riviste di settore, con le opere dei più grandi architetti internazionali e con le opere dei maestri del design. Al suo attivo molti lavori di documentazione del patrimonio storico, artistico e culturale italiano su committenza di case editrici e istituzioni pubbliche e private. Le sue ricerche sullo spazio lo hanno portato a confrontarsi con una committenza non solo legata al mondo dell’architettura e del design ma anche al settore pubblicitario. E’ presente nel mondo dell’arte grazie a lavori di ricerca e rappresentazione del territorio esposti in diverse gallerie private, musei d’arte contemporanea, fondazioni private, case editrici, istituti di cultura all’astero e ambasciate italiane. Insegna “Fotografia” all’Isia di Urbino nel Triennio di Grafica e Comunicazione e nel 2° anno del Biennio specialistico di Fotografia, insegna “Fotografia di architettura” allo IED di Roma, “Storia e linguaggio della fotografia” allo Spazio Labò di Bologna, tiene work-shop e laboratori in collaborazione con istituzioni e associazioni culturali. Ha esposto in prestigiosi spazi a livello internazionale. 8 NOVEMBRE – 30 NOVEMBRE 2014 AUTORI VARI ISTANTANEE ITALIANE PALAZZO LEONE DA PEREGO – VIA MONS. E. GILARDELLI, 10 – LEGNANO (MI) ORARI DI VISITA: SABATO 15 – 18,30 E DOMENICA 10-12 / 15-18,30 – INGRESSO LIBERO INFOTEL – UFFICIO CULTURA: 0331- 545726 Lo sappiamo perché la conosciamo bene, l’Italia è incredibilmente varia nei suoi paesaggi, nel suo alternarsi di monti e valli, coste e pianure, nel suo confronto fra la campagna e lo spazio urbano, fra il nord e il sud, fra le poche grandi città e le molte cittadine di provincia, una caratteristica che gli economisti chiamano dualismo. Eppure tutto si può anche vedere in una prospettiva completamente diversa, cioè come se, al di là di tutto quanto detto, esistesse una “italianità” che lo sguardo più sensibili è in grado di cogliere e di mostrare. Un tempo si diceva, ed è sicuramente un buon punto di partenza, che questo era il paese delle cento città perché così ha voluto la sua storia. Se l’Inghilterra ha città abitate da una borghesia innovatrice e una campagna caratterizzata dal latifondo affidato a una gentry dallo spirito imprenditoriale, se la Francia ha un territorio spezzato in molte piccole proprietà ben curate che circondano città non troppo grandi (con l’eccezione di Parigi), l’Italia deve fare i conti con un passato diverso. Qui le realtà urbane si sono moltiplicate come le aristocrazie locali, mai troppo deboli perché siano cancellate definitivamente da altre, mai così forti da imporsi una volta per sempre su tutte. Il territorio è figlio di questa storia e lascia qua e là, per chi le voglia vedere, le sue tracce: non si tratta che di raccoglierle. Non è un caso che gli autori di questa mostra si soffermano sulle piazze, sui portici, sui cortili delle case dove sono più visibili i segni del passato. Una ragnatela di analogie che collega il nord e il sud, i paesi alle cittadine, le zone agricole a quelle industriali, ma poi, qua e là, emergono le differenze perché ci si trova di fronte a città che sembrano e sono uniche anche se non rappresentate da aspetti più conosciuti e prevedibili, come le chiese e le cattedrali, i monumenti e le vie centrali, ponendosi in una prospettiva insolita più letteraria e intrigante che geografica e descrittiva. (Roberto Mutti) Le immagini percorrono vari luoghi della penisola, raccontandoci attraverso frammenti visivi una realtà sociale e culturale differente e allo stesso tempo curiosa e intrigante. Una narrazione per immagini che si trasforma in un taccuino personale e intimo, da cui emergono storie di uomini, stili di vita, architetture e paesaggi che formano un variegato itinerario che inizia con alcuni scatti del passato per penetrare il contemporaneo. COMUNI DELLA VALLE OLONA 18 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 FRANCESCO CITO COMA – VITE SOSPESE CHIESA (O.P.A.I.) SANTI INNOCENTI VILLA GONZAGA-VIA LUIGIA GREPPI, 4 - OLGIATE OLONA (VA) ORARI DI VISITA: VENERDI E SABATO 15-19 DOMENICA 10-12,30 / 15-19 - INGRESSO LIBERO I loro occhi ti guardano, sembrano scrutarti attentamente, sembrano volerti chiedere chi sei, sembrano... ma il loro, è solo buio. La scienza dice che la loro corteccia celebrale è morta. Sono figli, sono mariti, sono padri, madri, sono i tanti, vittime di incidenti stradali, di cadute dal motorino, o investiti da un pirata della strada. E ancora, pazienti che non si sono più̀ ripresi dall'anestesia durante un intervento chirurgico, o ancora, figli vittime di una dose eccessiva di ecstasy. Sono tanti. Le stime dicono che le persone in stato vegetativo in Italia sono oltre tremila. Probabilmente sono molte di più, dal momento che non esiste un vero censimento. Molto spesso la loro esistenza è quasi totalmente a carico delle famiglie, lasciate sole a vivere un calvario nella speranza di un miracolo di una guarigione. Dopo centottanta giorni di tentativi di riabilitazione di chi entra in coma, le probabilità̀ di recupero dallo stato vegetativo tendono a ridursi, e dopo il primo ricovero il cinquantacinque per cento dei pazienti torna a casa, il dodici per cento viene ricoverato in una struttura protetta. Solo il tre per cento viene accolto in una struttura di lunga degenza. Dopo un anno i numeri si perdono, ma di certo quasi tutti lasciati a se stessi, a carico delle famiglie. Davide, figlio unico, aveva quindici anni quando fu sbalzato dal motorino. Dal coma allo stato vegetativo, è sempre stato accudito dai genitori. Una fatica morale e fisica durata venti anni, con viaggi negli Stati Uniti dal guru di turno nella speranza di una terapia che riportasse il loro figlio alla vita normale. Poi la rassegnazione ma senza mai perdere la speranza, e Davide continuamente assistito, con l'aiuto di volontari, per lavarlo, accudirlo, spostarlo per evitare le piaghe da decubito. La vita intorno a Davide ha ripreso a girare, un figlio resta un figlio sempre, e così, nonostante le condizioni, si sono festeggiati i suoi compleanni, i lunghi trasporti in un ospedale lontano per un controllo o un piccolo intervento, o la visita dal Papa. Sempre con il sorriso sulle labbra, mamma Paola ha continuato imperterrita ad accudire il suo figliolo fino alla suo trentacinquesimo anno di vita non vita, poi un'improvvisa polmonite l'ha portato via dopo vent'anni in stato vegetativo. Cristina aveva 14 anni quando a Bologna venne falciata sulle strisce pedonali all'uscita da scuola. Da trenta vive in stato vegetativo, con il padre anziano rimasto ormai solo, il suo tempo dedicato a lei. “Vorrei poter morire mezz'ora prima che accade a lei” ripete Romano, anche quando con alcuni amici festeggia il suo settantaduesimo compleanno, e Cristina, posta nella sua sedia a rotelle, sembra osservare a questa ricorrenza, questa quasi festa, a che la vita continui. Federico è entrato in coma a seguito di un infarto, il sangue non è più̀ arrivato al cervello undici anni fa. Ora vive in una struttura protetta insieme ad altri quaranta nel suo stesso stato. Sonia la madre, ogni giorno viene a trovarlo per restare con lui tutto il tempo e gli legge “Il piccolo principe.” Lei gli parla, non importa se lui non mi risponde. Una volta ha dato segno di vita, ascoltando Samarcanda, la sua canzone preferita, una lacrima gli ha solcato il viso. Max, trentotto anni, si è risvegliato dal coma dopo otto anni, mentre un giorno la mamma Lucrezia, in un attimo di stizza mentre lo accudiva, verbalmente lo mandò a quel paese. Allora la mano di lui le cinse il fianco ed è ritornato alla vita. I medici non hanno saputo dare una spiegazione scientifica, è più̀ un miracolo che il frutto della scienza dicono. La sua mente nonostante il lungo periodo al buio, è lucida, ricorda la sua vita, e gli amici che non l'hanno mai abbandonato lo portano con loro, anche se non parla, se non riesce a reggere la testa. La sua muscolatura è inesistente e con la fisioterapia si tenta di ristrutturarlo, fargli riacquistare l'uso delle gambe, ma il processo è lento e non è certo. Di storie come queste è pieno il paese, molte finiscono tragicamente, come il medico di Bologna Mario Migliori, il quale sapeva bene come fare. Non ne poteva più̀, aveva perso le speranze e dopo aver scoperto di avere un tumore e poco tempo da vivere, ha dato la morte alla moglie e al figlio in coma da cinque anni, e a se stesso. Quel figlio era diventato la ragione di vita per i genitori, la madre Isa per accudirlo aveva abbandonato la carriera di pianista. Li hanno trovati insieme sul letto con le flebo attaccate, in esse era stato inserito il veleno. Sul biglietto era scritto: “Me ne vado con tutta la famiglia, perché́ non ce la facciamo più̀.” I riflettori, in questi casi, si accendono solo per ragioni di parte, come durante il caso Eluana Englaro, mentre in Parlamento è fermo il progetto di legge sul testamento biologico. Francesco Cito Francesco Cito è nato a Napoli nel 1949, ora vive e lavora a Milano. La sua carriera ha inizio nel 1972 a Londra, dove inizia a dedicarsi alla fotografia. Dal 1975 diventa foto-giornalista freelance, collabora per il Sunday Time Magazine, ottenendo la sua prima copertina col servizio “La mattanza, sull’antico modo di pescare i tonni in Sicilia”. Nel 1980, dopo l'invasione sovietica, è uno dei primi fotoreporter che raggiunge clandestinamente l'Afghanistan, viaggiando a piedi per 1200 chilometri con vari gruppi di guerriglieri. Qui ritornerà nel febbraio 1989 come corrispondente de Il Venerdì di Repubblica per documentare il ritiro dell’esercito sovietico. Tra la fine del 1982 e l'inizio dell’anno successivo è a Napoli per un servizio sulla camorra, pubblicato in tutto il mondo. Dal 1983 al 1989 è, in varie riprese, sul fronte libanese come corrispondente del giornale Epoca. Nello stesso periodo inizia a recarsi anche in Palestina per riportare le condizioni del popolo palestinese all'interno dei territori occupati. La sua presenza nei "luoghi caldi" prosegue in occasione della Guerra del Golfo: sulle pagine de Il Venerdì di Repubblicadocumenta nell’agosto del 1990 l'arrivo dei soldati americani in Arabia Saudita dopo l'invasione del Kuwait, nonché le fasi successive della guerra. In Italia alterna reportage sulla mafia e su fatti di attualità con lavori su eventi particolari quali il Palio di Siena. Nel 1995 e nel 1996 il World Press Photo Contest gli conferisce il Primo premio per i servizi Matrimoni napoletani (1995) eSiena, il Palio (1996). Nel 1997 la Città di Atri gli conferisce il premio per l’impegno sulla Palestina. Oltre che su Il Venerdì di Repubblica, le sue immagini sono apparse in Sette, Corriere della Sera, Epoca, Specchio supplemento della Stampa, Sunday Time Magazine, Observer Magazine, Stern, Bunte, Zeit Magazine, F**aro Magazine, Paris Match, Life, etc... Numerosissime le mostre in Italia e all'estero. Francesco Cito, secondo Ferdinando Scianna, "è forse uno dei migliori fotogiornalisti italiani, ha l'istinto del fatto, la passione del racconto, la capacità di far passare attraverso le immagini con forza di sintesi e rigore visivo l'essenziale delle cose". 18 OTTOBRE – 9 NOVEMBRE 2014 MARCO FERRANDO LA PRIMA LUCE DEL MATTINO TEATRINO DI VILLA GONZAGA– VIA L. GREPPI, 4 - OLGIATE OLONA (VA) ORARI DI VISITA: VENERDI E SABATO 15-19 DOMENICA 10-12,30 / 15-19 - INGRESSO LIBERO La prima luce del mattino......quella che dopo uno sfogo violento della natura ne rivela, la mattina successiva, tutta potenza con il dolore che si fa prepotentemente strada negli angoli più reconditi del l'anima. Vernazza, Domenica 13 novembre 2011 “ Il rumore delle ruspe, l'odore di fango che sa di marcio, sudore, sorrisi di persone strette le une alle altre, amalgamante dalla comune gioia di vivere....di amare” Queste le prime parole del mio diario scritto nei giorni del reportage fotografico nella zona delle Cinque Terre Val di Vara, teatro il 25 ottobre della tremenda calamità naturale che alcuni giornali definirono “strage nel fango” la cui reale portata fu chiara solo nei giorni a venire. Da tempo avevo capito, partecipando a varie attività di volontariato nella Protezione Civile, che nelle gravi calamità naturali a livello emozionale sussistono nelle persone che vi sono coinvolte dapprima lo sgomento, la rabbia e il dolore, per fare gradualmente posto alla volontà di ripresa, il forte senso di appartenenza ad una comunità locale come nazionale ed anche oltre, la capacità di provare immensa gioia dai piccoli gesti; tutti sentimenti che si allargano anche a quanti accorrono in aiuto lasciando loro ricordi indelebili. Due facce della stessa medaglia, paura e fiducia, dolore e gioia, solitudine e vicinanza tutte emozioni che convivono delle quali però solitamente si racconta calcando i toni sulle prime. Avevo ben chiara la storia che volevo raccontare sicuro come mai prima di riuscire nell'intento, ero anche persuaso che difficilmente altri avrebbero affrontato la narrazione con lo stesso spirito. Ho voluto raccontare il dramma certamente, ma soprattutto la capacità di reazione delle popolazioni colpite unito all'enorme potenziale di amore e altruismo che risiede comunque in tutti noi rappresentato dall'impegno dei corpi dello stato come dei volontari . La mia esperienza nelle Cinque Terre ha prodotto innanzi tutto rapporti splendidi con tantissime persone con alcune delle quali si è instaurato un legame davvero molto forte. Nel lavoro sul campo, pur sfiancato dalla fatica fisica oltre che dal turbinio di emozioni ho provato gioie che non ritenevo possibili, percependo chiaramente il fiume della vita scorrere fluido dentro di me senza più ostacoli. Marco Ferrando nasce nel 1964 a Cogoleto (GE), vive a Celle Ligure (SV) Nel 1986 inizia a lavorare come Geometra presso lo studio del padre, nel 1989 consegue il diploma di abilitazione per l'esercizio della libera professione che mantiene ininterrottamente per 24 anni. Parallelamente al lavoro di Geometra svolge a livelli amatoriali sempre più evoluti l'attività di fotografo, inserendosi concretamente in vari ambiti riguardanti attività sportive, sociali e di volontariato. Già dall'inizio emerge un chiaro stile fotografico con una particolare predisposizione per il racconto con immagini, nel 2003 partecipa quindi al Workshop su “Fotografia di Reportage” tenuto dal celebre reportagista italiano Giovanni Marozzini presso il Centro Fotografia d'Autore di Bibbiena (LU) esperienza che definirà chiaramente il cammino di evoluzione artistica. Da molti anni frequenta l'ambiente del “FotoClub Celle” dove, confrontandosi con altri autori, riesce a sperimentare vari generi fotografici e partecipare a varie mostre collettive. Nel 2008 completa un progetto intitolato “un omaggio di bellezza” riguardante l'ex Ospedale Psichiatrico di Pratozanino nel Comune di Cogoleto (GE) dal quale ne deriva una mostra allestita in varie occasioni oltre la pubblicazione di un catalogo. Nel 2011 svolge un delicato lavoro con gli ospiti della comunità Gian Soldi ospitata presso l'ex presidio di Cogoleto. Nel 2010 e nel 2011 collabora con un importante azienda multinazionale con lo scopo di produrre materiale fotografico che ne descriva processo produttivo e distribuzione dei prodotti considerati nel contesto della salvaguardia dell'ambiente e dell'attenzione a problemi legati al sociale. Nel 2011 su iniziativa personale svolge un complesso lavoro di reportage nelle zone alluvionate delle Cinque Terre Val di Vara (SP), esperienza che ne segnerà fortemente il carattere oltre a condizionare le future scelte in campo professionale e non. Nel 2012 partecipa come fotografo di scena e backstage alla produzione del lungometraggio “Writing” progetto Associazione Cine Indipendente – Media Free Lance – distribuito da Liguria Cinema, rimanendo successivamente legato all'associazione. Nel 2013 a seguito di una selezione internazionale partecipa al workshop tenuto a Celle Ligure dal fotografo Stefano De Luigi. Nel 2013 viene segnalato al premio EPSON di lettura portfolio nel contesto della Rassegna Europea di Fotografia svoltasi nel mese di ottobre a Busto Arsizio (VA) per una selezione d'immagini riguardante il lavoro sull'alluvione delle Cinque Terre Val di Vara. Chiusa l'attività di Geometra nel dicembre 2012, sta occupandosi attualmente di fotografia in ambito professionale nel settore del reportage o racconto fotografico con l'intento di rivolgersi a coloro che intendano trasformare in immagini la passione per la propria attività siano essi titolari di aziende quanto soggetti privati, professionisti o realtà associative, enti o istituzioni. 2 NOVEMBRE – 23 NOVEMBRE 2014 CLAUDIO ARGENTIERO FIGURE SILENTI TRA LUCE E MATERIA LA LUCE DI CLAUDIO ARGENTIERO INTERPRETA LE SCULTURE DI ODOARDO TABACCHI TORRE COLOMBERA – VIA CANTON LOMBARDO - GORLA MAGGIORE (VA) ORARI DI VISITA: VENERDI E SABATO 16-19 / DOMENICA 10-12/16-19 - INGRESSO LIBERO Il perfetto equilibrio tra luce e materia, tra forme ed ombre sono il trait d’union che alimenta il dialogo artistico di Claudio Argentiero e Odoardo Tabacchi, se non fosse che i loro sguardi sono davvero distanti, ma nel tempo. Acuto interprete della luce e del nero come luogo dell'essenza del percepito il primo, appassionato demiurgo di volti e pose romantiche ma altresì realistiche e testimone di battaglie risorgimentali, il secondo. Dalla capacità di saper dare voce all'abbandono, alla transitività della materia, al mutismo di preziosi calchi in gesso, nasce la ricerca fotografica di Claudio Argentiero che indaga la simultaneità delle possibilità espressive date dalla luce e dalle forme, a volte morbide a volte rigorose. Il silenzio assume un volto, la luce diviene linguaggio e le ombre svelano presenze dal temperamento raffinato e vivido, scardinando i concetti di spazio e di tempo. La fotografia è il luogo dell'alchimia dei sentimenti, delle geniali intuizioni e degli incontri. Un esercizio meditativo sulla possibilità di leggere la sacralità gestuale dello scultore, regalando pienezza alle forme che, nella loro apparente immobilità, rivivono manifestando malinconie e misteri. Personaggi ottocenteschi e busti dalla minuta descrizione dei dettagli di gusto neoclassico, sembrano chiedere riscatto ribandendo l'orgoglio sopito, il tumultuoso impeto patriottico e la potenza plastica della materia che diviene esistenza. Claudio Argentiero ha deciso di dare luce alla lacunosa frammentarietà della memoria orchestrando una danza onirica di contro all'imperfetto divenire, solcandone i vuoti, dominando magistralmente i binomi luce/ ombra, figura/spazio e bianco/nero. Le sensibilità artistiche dei due autori convergono in quella che potremmo definire l'energia creativa, poiché il rapporto mimetico tra realtà e fotografia è solo apparente, così come tra la materia e l'idea. L'atto creativo è fusione, irruzione nella materia, tensione che fa dell'oscurità l'altro volto della luce. Il rapporto quindi tra realtà e dimensione immaginata diviene corrispondenza di amorosi sensi e l'artista il cantore dell'animo umano. (Alfiuccia Musumeci) FIGURE SILENTI (Omaggio allo scultore Odoardo Tabacchi 1831-1905) Sei Divinità di luce, sgorghi chiarori muovendo le ali dal bianco lucente, con soffici gesti che divengono canto, melodia, felici sussurri. In punta di piedi ti ergi tra statue perenni, cogliendo silenzi nell’ombra celati. Tutto è immobile, indugi ricami di vita, che rischiari tra volti perpetui e quieti, sognando orizzonti e solitudini assorte. Ti vesti di luce sorgendo dal buio, mentre i respiri vagano liberi tra corpi e pensieri. Malinconie e gioie si fondono in un abbraccio che conforta le anime, tra canti e palpiti smarriti, che i chiarori cullano. Claudio Argentiero Claudio Argentiero (1962) da oltre venticinque anni si occupa di fotografia. Il suo percorso si snoda tra lavori su committenza e ricerca personale. E’ da sempre interessato alla documentazione del territorio e dei suoi mutamenti, producendo immagini per mostre e libri, collaborando con enti pubblici e privati. Dal 1988 cura e organizza mostre ed eventi fotografici di rilievo. E’ ideatore e curatore del Festival Fotografico Italiano, dal 2013 Europeo, e di molte rassegne annuali, tra cui quelle organizzate presso la storica Villa Pomini di Castellanza, da oltre quindici anni. Ama il b/n, che ha sempre stampato personalmente, sperimentando la fotografia infrarosso, le antiche tecniche e le più moderne tecnologie digitali fine art, in stretta collaborazione con EPSON. Ha esposto in importanti spazi in Italia e all’estero, e ad Arles (Francia), tempio della fotografia mondiale, in contemporanea ai RIP dal 2005 al 2013, realizzando, con altri autori, due libri sulla cittadina francese, capitale della fotografia internazionale. Ha al suo attivo svariati libri, e nuovi sono in fase di realizzazione, di cui tre della collana A.F.I. in uscita nel 2014. Suoi lavori sono stati pubblicati su diverse testate del settore e d’arte. Da qualche anno si dedica con particolare interesse anche al ritratto, alla ricerca di un proprio stile, lavorando in stretto contatto con diversi artisti. E’ ideatore e Presidente dall’origine dell’Archivio Fotografico Italiano, per il quale cura progetti a livello europeo, oltre ad essere photoeditor dei libri da collezione della collana A.F.I. Sue immagini fanno parte di collezioni pubbliche private, anche straniere. Odoardo Tabacchi, nato in Valganna in provincia di Varese nel 1831 e morto a Milano nel 1905. La sua prima formazione artistica e' avvenuta a Brera per poi completarla a Firenze. Dopo essere ritornato a Milano lavoro' come aiuto per Tandardini e piu' tardi per Magni. Intorno al 1870 Tabacchi sviluppo' uno stile autonomo parallelo alle ricerche pittoriche della scapigliatura. Esempo della sua opera e' il monumento ad Arnaldo da Brescia. Le sue opere appartengono a gallerie e case d’asta di Londra, Ginevra, Milano, New York, Parigi e Bruxelles Tornavento di Lonate Pozzolo (Va) 26 OTTOBRE – 23 NOVEMBRE 2014 CLAUDIO ARGENTIERO PAESAGGIO PERDUTO CENTRO PARCO DOGANA AUSTROUNGARICA – VIA DE AMICIS S.N. TORNAVENTO – LONATE POZZOLO (VA) ORARI DI VISITA: SABATO,DOMENICA E FESTIVI DALLE ORE 10 ALLE ORE 18 – INGRESSO LIBERO L’INIZIATIVA È PROMOSSA DA ESTER PRODUZIONI, CON IL PATROCINIO DI PARCO LOMBARDO DELLA VALLE DEL TICINO E L’ENTE DI GESTIONE DELLE AREE PROTETTE DEL TICINO E DEL LAGO MAGGIORE. INFO: [email protected] – TEL. 338 5828569 Il paesaggio va considerato oltre la classica rappresentazione idealistica alla quale siamo abituati, poiché a volte fissa una natura rigogliosa o pittoresca, in altri casi diviene testimone dei cambiamenti in atto, anche a livello sociale. La terra, prima fonte di alimento per la vita, in alcune zone del Paese sembra sia divenuta unicamente un suolo per edificare, dando vita a un sistema urbanistico che allarga le periferie creando smarrimenti e sradicamenti identitari. Senza abdicare a memorie recondite, il mio lavoro si contrappone a questa idea distruttiva, per cercare le tracce nel paesaggio che incontro, affidandomi a questioni culturali e sociali che hanno segnato la nostra storia, senza nostalgie imposte. Qui la fotografia ha un duplice scopo: quello di raccogliere i frammenti rimasti di edifici del recente passato, e quello di tessere un mosaico di esperienza che riconducono al concetto di luoghi provvisori, che ci appartengono, ma che non riusciamo a valorizzare, lasciando al tempo la volontà di divellere la primitiva bellezza, di cui si nutre il nostro sguardo. E’ dalla bellezza che bisogna ripartire, pur consci che l’uomo muta la propria mentalità vivendo i giorni di un progresso che ha soffocato le tradizioni, mentre l’agio dei tempi moderni, viziato dalle battenti pressioni pubblicitarie, ha ceduto il passo ad una sempre più diffusa concezione della vita, che non è certo fatta di silenzi e semplicità. Queste immagini non hanno certo la pretesa di sostituirsi alle dinamiche attuali, ma vogliono ridare valore a stili di vita che si basavano su ritmi naturali, fondendosi con l’ambiente, per meditare. (C.A.) Claudio Argentiero (1962) da oltre venticinque anni si occupa di fotografia. Il suo percorso si snoda tra lavori su committenza e ricerca personale. E’ da sempre interessato alla documentazione del territorio e dei suoi mutamenti, producendo immagini per mostre e libri, collaborando con enti pubblici e privati. Dal 1988 cura e organizza mostre ed eventi fotografici di rilievo. E’ ideatore e curatore del Festival Fotografico Italiano, dal 2013 Europeo, e di molte rassegne annuali, tra cui quelle organizzate presso la storica Villa Pomini di Castellanza, da oltre quindici anni. Ama il b/n, che ha sempre stampato personalmente, sperimentando la fotografia infrarosso, le antiche tecniche e le più moderne tecnologie digitali fine art, in stretta collaborazione con EPSON. Ha esposto in importanti spazi in Italia e all’estero, e ad Arles (Francia), tempio della fotografia mondiale, in contemporanea ai RIP dal 2005 al 2013, realizzando, con altri autori, due libri sulla cittadina francese, capitale della fotografia internazionale. Ha al suo attivo svariati libri, e nuovi sono in fase di realizzazione, di cui tre della collana A.F.I. in uscita nel 2014. Suoi lavori sono stati pubblicati su diverse testate del settore e d’arte. Da qualche anno si dedica con particolare interesse anche al ritratto, alla ricerca di un proprio stile, lavorando in stretto contatto con diversi artisti. E’ ideatore e Presidente dall’origine dell’Archivio Fotografico Italiano, per il quale cura progetti a livello europeo, oltre ad essere photoeditor dei libri da collezione della collana A.F.I. Sue immagini fanno parte di collezioni pubbliche private, anche straniere. MILANO 18 OTTOBRE – 7 NOVEMBRE 2014 TIFFANY CHUNG SOLO SHOW HOMES, HOMS, WHERE ART THOU? CURATED BY CLAUDIO COMPOSTI MC2 GALLERY – VIA MALAGA, 4 (CITOFONO 72) – MILANO ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL VENERDI 14-20 / SABATO 15-20 – INGRESSO LIBERO INFOTEL: 39 0287280910/11 In occasione della sua prima mostra italiana, Homes, Homs, Where Art Thou? Tiffany Chung (Vietnam, Da-Nang 1969) ha progettato un site specific per mc2gallery: si tratta di una serie di 31 foto stampate su plexiglass e presentati in 31 scatole artigianali in mogano. L’illuminazione prevede LED installati con trasformatore all'interno di ogni scatola (dimensioni di scatole variabile). Le immagini rappresentano la città di Homs, antica città della Siria, distrutta dopo la recente guerra civile siriana. Dopo aver fatto ricerche da prospettive storiche e umanitarie, affianca all’installazione due cartografie della città che disegna alla sua maniera, con fiorescenze di colore, in alcuni punti precisi : nella prima mappa, ha disegnato il numero di scontri che si è verificato in diverse parti di Homs per un periodo di 31 giorni [prima che la città fosse conquistata dal regime.] Su una seconda Mappa, traccia il numero dei campi profughi / rifugiati nei paesi vicini paesi, nonché dei IDP (gli sfollati interni). Proprio con il suo lavoro delle mappe disegnate, ha partecipato anni fa alla mostra del MoMA di San Francisco, Six Lines of Flight, (2012) ed è stata tra i vincitori della sezione Re:emerge - Towards a New Cultural Cartography alla Sharjah Biennial 11, presso la Sharjah Art Foundation nel 2013. Tiffany Chung è una delle artiste contemporanee Vietnamite più importanti. Da sempre la sua attenzione si concentra sulle popolazioni e sulla relazione tra Città, Storia e Memoria delle città che abitano, distrutte dalla guerra o fortemente danneggiate da calamità naturali (Tokyo, Berlino, Saigon, Fukushima), di cui indaga i diversi destini e sviluppi conseguenti. Quello che alimenta la sua ricerca deriva dalla sua tradizione di vietnamita, figlia di una generazione dilaniata dalla guerra e dall’esilio post bellico dopo la caduta di Saigon nel 1975 ed ora devastata culturalmente e geograficamente dall’esplodere dell’urbanizzazione e della globalizzazione che hanno stravolto le città dell’Asia negli ultimi decenni, a ritmi vertiginosi. Tiffany Chung utilizza diversi media per esplorare le trasformazioni territoriali e socio-politiche che s'intrecciano con le risonanze persistenti dei traumi storici subiti dalle popolazioni e generazioni a venire: mappe, sculture, video, fotografie e spettacoli teatrali. Offuscando la distinzione tra arte, antropologia e sociologia Tiffany Chung crea fantasie allegoriche. Torna costante l’uso dell’ironia e del colore, sia nella scultura (pensiamo ai megafoni, simbolo della propaganda, ricamati come cuscini o peluche) sia nelle performance pop/cosplay (in cui il popolo operaio sembra trasformarsi in personaggi dei fumetti o dei videogiochi, di rimando giapponese) sia nell’uso di fiorescenze di colore per indicare nelle mappe i vari punti in cui avvennero disastri e distruzione. Ironia e colore servono, per poco, a traslare il significato e il peso drammatico degli eventi. Già presente in gallerie e Musei di tutto il mondo, ha conseguito un MFA presso la University of California, Santa Barbara (2000) e un BFA dalla California State University, Long Beach (1998). Ha partecipato a numerose mostre nei Musei e Biennali di tutto il mondo, tra cui la Biennale di Sharjah (2013), la Asia-Pacific Triennal, Brisbane Australia (2012) e alla mostra al MoMA San Francisco “ Six lines of Flight”, USA (2012) e alla mostra “Map as Art”, Kemper Museum of Contemporary Art, Kansas City, USA (2012). Da 10 anni è tornata a vivere inViet Nam, a Ho Chi Minh City (Saigon). 21 OTTOBRE – 3 NOVEMBRE 2014 INCONTRANDO MILANO – DUE AUTORI, DUE EPOCHE, DUE SGUARDI VIRGILIO CARNISIO E CLAUDIO ARGENTIERO SPAZIO MOSTRE BIBLIOTECA CENTRALE – PALAZZO SORMANI – CORSO DI ORARI DI VISITA: DAL LUNEDI AL SABATO 9-19,30 – INGRESSO LIBERO MEZZI PUBBLICI: BUS PORTA VITTORIA, 6 - MILANO 54, 60, 73, 84, 94 / TRAM 12,23,27 / MM1 SAN BABILA – MM3 MISSORI Milano lontana dal cielo / tra la vita e la morte / continua il tuo mistero Lucio Dalla Che strana città è Milano. Se ci arrivi da fuori per la prima volta fa sentire subito un retrogusto un po’ asprigno, nasconde le sue bellezze che pure sono molte, preferisce mostrarsi più sbrigativa che accogliente e lascia che la sua fama resti legata ai fasti relativamente recenti della moda. Certo, le cose cambiano quando la si conosce meglio ma per farlo occorre non solo una buona dose di pazienza ma anche la capacità di comprendere la psicologia di una città che, a dispetto della sua vivacità esteriore, sa essere molto riservata. E’ un po’ come quelle compagne di classe che magari non colpiscono di primo acchito perché sono poco vistose e ancor meno espansive anche se poi con uno sguardo, con una notazione intelligente, con un gesto elegante sanno definitivamente conquistarti. Se Roma mostra subito in modo quasi sfacciato nelle vie e nelle piazze la sua innegabile bellezza che circonda il visitatore, Milano gli chiede invece di andarla a cercare per scoprirla nella strade laterali, nei cortili protetti da austere cancellate, negli angoli di verde che appaiono improvvisi e inaspettati. Per questa ragione chi voglia conoscere davvero questa città deve adattarsi a scegliere punti di visuale originali, di volta in volta adeguandoli alle situazioni con cui vuole confrontarsi. E’ un atteggiamento forse relativamente più facile per uno scrittore se è vero che alla memoria vengono con immediatezza, per citarne solo alcuni, gli scorci realistici e nebbiosi di Giorgio Scerbanenco in “I milanesi ammazzano il sabato” e le stilettate vibrate da Luciano Bianciardi ne “La vita agra”, la città borghese disegnata da Dino Buzzati in “Un amore” e quella popolare evocata da Giovanni Testori ne “La Gilda del Mac Mahon”. Per un fotografo la questione si fa più difficile perché i suoi strumenti devono pur sempre fare i conti più con la realtà che con l’immaginazione ma, siccome Milano si è sempre caratterizzata per la sua passione per le novità tecnologiche, ecco che la fotografia qui ha da subito trovato casa. Infatti, l’11 novembre 1839 (ad appena tre mesi dall’annuncio della scoperta di quella che fu definita “invenzione fatale”) il Chiostro di Santa Maria dei Servi ospitò la prima mostra fotografica italiana realizzata con un bel dagherrotipo, ora perduto, che riproduceva il Louvre. Era stato portato da Parigi da Alessandro Duroni che fu il primo ad allargare il suo negozio di ottica situato in galleria de Cristoforis per fare spazio alla vendita di apparecchi e accessori fotografici. Ben presto a Milano aprono officine per la produzione di macchine fotografiche (Lamperti & Garbagnati, Duroni, Mürer, Salmoiraghi) e industrie capaci di produrre lastre, pellicole e carte fotosensibili (Cappelli, Tensi, Ganzini), si sviluppa anche un’interessante editoria. Se l’editore Ulrico Hoepli furoreggiava con “Come dipinge il sole”, celebre manuale di Giuseppe Muffone destinato ai dilettanti, nel 1894 nasce “Il progresso fotografico”, rivista che si rivolgeva invece agli ormai numerosi professionisti attivi in città. Oggi i nomi di Luigi Sacchi che riprese molti monumenti cittadini, di Luca Comerio cui si deve un dinamico reportage sui moti del 1898, di Alessandro Pavia autore di un album con i ritratti di tutti i 1087 componenti della spedizione dei Mille, di Icinio Calzolari che più di tutti documentò i tanti aspetti della città sono quasi dimenticati se non dagli studiosi. Ma è grazie a loro che possiamo far rivivere le atmosfere del passato con il costante accostamento fra il nuovo e l’antico: le grida nelle piazze del centro dei venditori di frutta, verdura e gamber pescaà in del Lamber quando nel Lambro i gamberi d’acqua dolce potevano ancora vivere e lo sferragliare dei tram così efficienti da far abbandonare l’idea della costruzione di una metropolitana. E poi ancora il fascino dei Navigli e della Darsena dove attraccavano le chiatte trainate dai cavalli e la monumentale bellezza della avveniristica Galleria Vittorio Emanuele le cui luci venivano accese dal rattin il topolino, minuscola locomotiva dotata di acciarino che correva su un binario alla base della cupola centrale. Questo per quanto riguarda il passato. Le cose un poco cambiano quando ci avviciniamo ai nostri giorni perché, pur continuando ad essere una vera e propria capitale delle fotografia con i suoi studi, i suoi laboratori, la sua editoria, Milano non può davvero contare su una sua immagine contemporanea forte. Lo confermano, testimoni umili ma decisamente attendibili, perfino le cartoline che troppo spesso non trovano molti soggetti oltre il Duomo, la Scala e il Castello Sforzesco. Quasi come fosse un destino legato alla sua riservatezza, la città non è mai stata una città oggetto di costanti attenzioni come Parigi, New York o, in Italia, Roma e Venezia. Certo non sono mancate le eccezioni di importanti professionisti: Mario De Biasi che più di altri ne ha rivelato i tanti aspetti, Gabriele Basilico che l’ha genialmente letta dal punto di vista architettonico, Enrico Cattaneo che ne ha fatto emergere la vivacità artistica, Mario Monti, Ugo Mulas, Cesare Colombo, Uliano Lucas, Carla Cerati, Gianni Berengo Gardin che l’hanno più volte rivisitata, Mario Carrieri e Carlo Orsi che l’hanno saputa interpretare a cavallo fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta con due libri di assoluta originalità. Oggi, tuttavia, a fronte e forse anche a causa dei tanti cambiamenti che ne stanno ulteriormente modificando l’aspetto, Milano non offre un articolato libro fotografico che sappia accostare passato e presente rivolgendosi così alla riflessione dei suoi abitanti come alla curiosità dei suoi turisti proprio nel momento in cui un avvenimento importante come Expo 2015 fa convergere sulla città lo sguardo curioso dei molti che non la conoscono e che ne ignorano la storia. Pubblicare un volume come questo è diventato, quindi, quasi un’esigenza inderogabile sospinta dalla determinazione dei due autori Virgilio Carnisio e Claudio Argentiero appartenenti a due generazioni differenti, necessariamente lontani per formazione ed esperienza, diversamente orientati nelle scelte tecniche (l’uno essendo legato alla pellicola tradizionale in bianconero, l’altro aperto alle nuove suggestioni del digitale) ma, questo è sì davvero importante, accomunati profondamente da una passione profonda per la fotografia. Per realizzare una ricerca a quattro mani occorre dar vita a un’armonia frutto del rapporto fra l’autonomia di cui ogni autore deve usufruire per far emergere le caratteristiche del suo stile e le direttrici interpretative dei luoghi che devono necessariamente rimanere comuni. Questo è stato il punto di partenza condiviso dai due fotografi ben consapevoli che Milano è una città dalle mille sfaccettature. La puoi girare a piedi fra le tante vie intricate e i pochi grandi viali, le piazze monumentali o quelle raccolte e ti può sfuggire il senso della sua struttura urbanistica a cerchi concentrici (come Parigi, chi lo direbbe?) che, invece, dall’alto apparirebbe chiarissima se non fosse per la quasi assoluta mancanza di luoghi davvero sopraelevati da cui rilevarla. D’altra parte Carnisio e Argentiero non avevano l’intenzione di realizzare una ricerca di stampo architettonico o urbanistico e per questa ragione hanno dato evidenza a questa circolarità trasformandola in metodo: ciascuno di loro è partito dal suo personalissimo approccio per girare dentro e attorno alla città facendo in modo di arrivare a un comune punto di incontro. La struttura stessa del libro ribadisce l’armonia di questo scambio estetico e culturale perché questo non è un volume da sfogliare con sguardo distaccato ma da maneggiare facendosene coinvolgere emotivamente. Non ci sono, infatti né un vero inizio né un plausibile fine in questo percorso che ogni lettore potrà di conseguenza crearsi a piacimento non solo cominciando con un autore per proseguire con l’altro ma anche aprendo a caso una qualsiasi pagina per considerarla un punto di partenza da cui proseguire sia in direzione tradizionale in avanti che in quella contraria tornando all’indietro. Volendo, ci si potrebbe semmai far guidare dalla storia, partire dalla Milano della fine degli anni Sessanta di cui Virgilio Carnisio è un autentico cantore asciutto nel suo rigoroso bianconero per arrivare a quella della contemporaneità colta da Claudio Argentiero con colori saturi dotati di un fascino insinuante. Ma poi ci si accorge presto di quanto sia più affascinante mescolare le carte, non gettare subito l’occhio alle date e immaginarsi che tutto sia semplicemente destinato a convivere nel tempo e nello spazio perché questa è una città dotata di una straordinaria capacità di mutamento ma nel contempo di una forte memoria storica che sembra emergere dai luoghi stessi. Così, certi cortili dove oggi si notano appartamenti elegantemente ristrutturati conservano la struttura che un tempo ospitava al piano terra i laboratori dei formaggiai e al primo piano le loro abitazioni mentre ci sono bar accanto alle cui porte gli avventori sostano con la stessa indolenza usata dai loro padri come se fossero quelle vecchie, gloriose insegne ancora sopravvissute alla modernità a indurre gli identici comportamenti. Sta di fatto che la Milano dei due fotografi è intensamente abitata. Gli uomini, le donne e i ragazzini di Carnisio sono colti nei momenti di una quieta quotidianità mentre entrano in un bar, liberano dalla neve un marciapiede, giocano in cortile sotto l’occhio vigile della portinaia, posano per un ritratto davanti alla loro bottega sospendendo per un attimo il lavoro. Sono fotografie di una rigorosità classica che hanno il grande merito di evocare il passato recente senza cadere nelle trappole della retorica e di parlare del presente con una essenzialità pregevolissima. I personaggi di Argentiero, invece, trasmettono quel senso di costante dinamismo che caratterizza la città, la animano di giorno e di notte lasciando talvolta di sé solo la scia di un passaggio veloce, danno l’impressione di occuparne gli spazi con spontanea sicurezza. Se certi paesaggi urbani realizzati in bianconero all’infrarosso trasmettono atmosfere inaspettatamente poetiche, le ombre nette che caratterizzano molte delle immagini a colori evocano una sottile inquietudine ed è come se volessero sottolineare le contraddizioni di una città in cui possono convivere un romantico ponte sui Navigli con l’allestimento postmoderno di una stazione della metropolitana e dove perfino i giacigli di fortuna dei senzatetto sono così ben allestiti da sembrare progettati da un designer. Roberto Mutti 27 OTTOBRE – 01 NOVEMBRE 2014 CLAUDIO ARGENTIERO MILANO, IMMAGINI DI UNA CITTA’ IMMAGINATA – PANORAMICHE URBANE SPAZIO CAPPELLARI – VIA CAPPELLARI (ZONA PIAZZA DUOMO) – MILANO ORARI DI VISITA: DAL LUNEDÌ AL SABATO 15-19 – INGRESSO LIBERO La città è una mescolanza di forme, colori, contrasti, vizi, movimento, alterazioni, integrazioni, bellezza, sintonia, brutture e discordanze. Sono diversi i modi di guardare il paesaggio urbano e la vita che brulica incessantemente. La si può osservare sotto il punto di vista architettonico, rimarcando come il passato si fondi coerentemente con il presente, oppure rilevando le chiare dissonanze, che hanno contribuito a disegnare una città altalenante, o sotto il punto di vista sociale, scovando storie ai margini, e nelle periferie, che meritano di essere ascoltate, oppure la moda, l’eleganza formale del commercio, l’arte e la Milano interna, ai più sconosciuta. Insomma, le mille sfaccettature di una metropoli che mira all’Expo, e si presenta ai nostri occhi che la scrutano. La città fotografata da Claudio Argentiero, non ci propone un tema ben definito, ma piuttosto una sorta di itinerario che nelle ampie vedute ingloba le esperienze sopra citate, senza volerne fare un baluardo concettuale. Utilizzando una macchina fotografica a obiettivo rotante, a pellicola, riprende scene cittadine seguendo il proprio istinto e senza meta, passando dal centro alla periferia, alla ricerca di un legame tra le due realtà. 8 NOVEMBRE – 30 NOVEMBRE 2014 RUI PIRES I BERBERI – TERRE DI ALLAH LA CASA DELLE CULTURE DEL MONDO – VIA GIULIO NATTA, 11 – MILANO / M1 LAMPUGNANO ORARI DI VISITA: DAL MARTEDI AL VENERDI 10-18,30 / SABATO E DOMENICA 14-20 – INGRESSO LIBERO INFOTEL: 02 7740.631/6359 "I Berberes" è progetto a lungo termine di Rui Pires, strutturato come un documentario sociale sulle tribù Berbere del Nord Africa, iniziato nel 2009. I Berberi sono il gruppo etnico indigeno del Nord Africa, ad ovest della Valle del Nilo in Marocco. Storicamente parlano la lingua berbera ma anche lingue straniere come il francese e lo spagnolo, ereditate dall'occupazione europea, in particolare dalle persone scolarizzate formatesi in Marocco, Tunisia e Algeria La lingua araba e dialetti sono dovuti alla diffusione dell'Islam e l'immigrazione di alcune tribù arabe nella regione secoli fa. L'identità berbera si identifica in etnie, che parlano anche lingue diverse, e comprende tutta la storia e la geografia del Nord Africa, comprendendo anche i Tuareg. Le immagini di Rui Pires indagano con particolare attenzione la vita sociale e quotidiana dei popoli dell’area desertica, entrando in sintonia con le genti che lo accolgono nelle proprie abitazioni. Volti, vita e paesaggi racchiusi in una luce affascinante, che attraverso il concetto di luogo per inoltrarsi in visioni più umanistiche e spirituali. Rui Pires è un fotografo portoghese nato nel 1968. La passione per la fotografia inizia nel 1983, identificandosi come fotografo di stile classico, desideroso di raccontare storie di vita, unendo la fotografia geografica al reportage sociale. Nel 2006 avvia un progetto che mira a documentare la vita agreste in Portogallo, nei villaggi rurali in via di scomparsa. Un ampio lavoro, ancora in corso, esposto in varie parti d’Europa, di grande forza espressiva, poiché documenta una vita semplici e dura di anziani che sopravvivono alla globalizzazione. Nel 2009 inizia la ricerca dal titolo "Terre di Allah". Un documentario sulla vita delle tribù nomadi Berbere-Touareg nel nord Africa e nel deserto del Sahara. Ha pubblicato suoi lavori su numerose riviste e pubblicazioni in vari Paesi, vincendo prestigiosi Premi e ottenendo importanti riconoscimenti. L’influenza di alcuni noti fotografi come Doisneau, Eisenstaedt, Adams e Salgado, gli hanno consentito di trovare un proprio stile, riconoscibile nella documentazione classica. Fotografa principalmente in pellicola utilizzando fotocamere di medio formato, curando personalmente tutto il processo di sviluppo e stampa. Produce da tempo stampe a tiratura limitata fine art, per gallerie e collezionisti di varie parti del mondo, interessati alle sue immagini. E’ membro della Photographic Society of America, insegna fotografia, collabora con ONG e Governi ed è laureato in Fotografia Professionale presso il New York Institute of Photography.
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