La Pontremoli che abbiamo, la Pontremoli che vorrei Passeggiando per le vie del borgo di Pontremoli non si può non ritornare ai tempi che furono, al senso della fatica e dell’impegno che tanti hanno profuso perché noi oggi potessimo goderne i benefici. Mai come in questo momento di incertezze e di crisi Pontremoli si presenta nella sua veste più affascinante di testimone storica di comunità forte e volenterosa, desiderosa di raggiungere obiettivi spendibili e di mostrarne i risultati. La particolare posizione geografica, strategica fino alla metà del secolo scorso, vive in questo momento una fase di rilettura tendente al suo riposizionamento non più come luogo di passaggio “obbligato” ma come luogo da cercare e da scoprire, come meta di un cammino, come atmosfera da godere. Sorge allora spontanea la domanda di quali siano le possibili strade da seguire, di quali scelte si possano operare per offrire un avvenire più attraente alle future generazioni o alle tante persone desiderose di individuare dimensioni “a misura d’uomo” nelle quali riscoprire il senso della relazione umana. Pontremoli si contraddistingue per un fortissimo senso di solidarietà e di cooperazione, di disponibilità e di appartenenza, elementi testimoniati dalla corposa tradizione, sempre più affermata, del volontariato e dell’associazionismo. Troppo spesso invece la storia della nostra città è vista come testimonianza di litigiosità e di faziosità, naturale prosecuzione della contrapposizione storica fra Guelfi e Ghibellini. Non è quella, a mio avviso, la lettura giusta da dare al nostro passato, così come non deve essere l’approccio da usare per affrontare il presente e costruire il domani. Ogni pontremolese ha un forte senso di attaccamento alle radici, ha un forte amore per la propria pontremolesità: da questo forse bisogna partire per creare un sistema o ancor meglio una rete - come si ama dire in questi tempi - per far conoscere le tante verità di questa Città, spesso martoriata e colpita dal dolore, ma sempre risorta. La verità che si nasconde nelle tante pietre che costituiscono il borgo di origine medioevale, che evapora dalle acque della Magra e del Verde, percettibile però solo a chi la sa leggere. La verità fatta di fatica e di sforzi, testimonianza di attività commerciali e artigianali, di espressione artistica e culturale, di tipicità culinarie e di buoni vini. La Pontremoli che vorrei dovrebbe ricercare questo orizzonte: quella nascosta, affacciandosi fra le tante corse e gli affanni del terzo millennio; quella che si conserva in attesa che il cultore del bello la scopra e la riscopra, ponendosi nel ruolo di amplificatore di una verità. La fatica di leggere ciò che ci circonda ci deve spingere sempre di più a creare sinergia per far conoscere, per far sì che il nostro essere terra povera possa valorizzare la ricchezza di valori e di passato, di testimonianze e di colori. La Pontremoli del domani, che molti di noi vorrebbero, credo debba essere una Città capace di mettere da parte conflitti e marginalità, per mettere a frutto la propria ricchezza storico-cultura- le, superando anche la frattura decennale fra imprenditorialità e cultura. La cultura che crea impresa del resto è uno degli obiettivi verso il quale tende anche la Commissione Europea con l’istituzione di un nuovo programma, EUROPA CREATIVA (20142020), contenente tra l’altro agevolazioni per gli investimenti e per lo sviluppo delle competenze. Rispettare il mondo valoriale del passato, fra natura, arte e tradizioni, coniugandolo con l’innovazione; aprirsi al nuovo senza perdere la propria identità psichica e culturale; vivere l’altro da sé in termini propositivi e positivi; questa è la grande sfida che la nostra realtà territoriale si trova a dover vivere in un momento di grande transitorietà e di incertezze. La ripresa del nostro territorio e la vittoria sulla logica della marginalità – spesso limite nostro, oltre che condizione a cui ci vorrebbero costringere - è soprattutto nelle mani delle nuove generazioni, ma dipende in maniera molto forte dalla loro formazione, che invece è compito di tutti noi. Tanto più riusciremo a importare modelli da zone che hanno brillantemente saputo trasformare criticità in opportunità, che hanno saputo lavorare sulla motivazione e sulla crescita della resilienza, sulla competitività come paradigma comportamentale e sulla forza del knowhow tanto più sarà possibile invertire la inesorabile diminuzione numerica, foriera di chiusure e di tagli. Occorre quindi dare più spazio a istruzione, formazione, cultura e progettualità imprenditoriale. Molto è già stato fatto. Molto altro è da fare, per esempio interconnettendo sempre più e sempre meglio il mondo della natura con quello del turismo, della storia, dell’arte, all’insegna dei profumi e dei sapori delle nostre eccellenze enogastronomiche: è il must del domani. L’essere sistema in realtà come quella di Pontremoli dipende anche dal guardare con occhio collaborativo e sussidiario allo Stato, chiedendo che non venga tutto ridotto alla logica del taglio di istituzioni e servizi, ma anche dando l’unica cosa che ognuno di noi può dare: il proprio pensiero e la propria idea, la propria forza e il proprio impegno, certi che, il bene comune, oggi più che mai, sia frutto della condivisione dei percorsi e delle azioni, della mediazione e di intermediazioni fra i singoli diritti e quell’insieme, certamente superiore alla somme delle singole parti, che è il bene comune. Per tutto questo, l’Almanacco Pontremolese, nella sua edizione del 2014, vuole essere una carrellata - che comincia da qui di “scritti” che raccontano la Città di Pontremoli con foto, con storie, con toni, con tagli diversi, vecchi e nuovi, melanconici e speranzosi, quasi a voler fondere tutta la tradizione, tutta la potenzialità, tutta la verità della nostra amata Città, per spingerla, insieme e nel modo migliore, verso il futuro. Buon Natale e buon anno a ciascuno di voi. Lucia Baracchini Hanno collaborato a questo numero dell’Almanacco Pontremolese: Giulio Cesare Cipolletta, Giorgio Cristallini, Paolo Lapi, Giovanna Zanella, Claudio Giumelli, Angelina Mgnotta, Luciano Bertocchi, Luciano Preti e per le foto della “Pontremoli da scoprire” Walter Massari. Almanacco Pontremolese 2014 - Anno XXXVI - Edito e curato da: Centro Lunigianese di Studi Giuridici - Stampa: Tipografia Artigianelli Pontremoli Si ringraziano: oltre a tutti gli autori e gli amici sopra citati, Enrico Ferri, Laura Bertolini, Giuseppe Michelotti, Manuel Buttini, Lucia Boggi, Marino Trivelloni, Cosimo e Jacopo Ferri. 2 Almanacco 2014 La scelta di questa edizione 2014 è stata quella di affidare il compito di redigere l’Almanacco ad una serie di persone che, per motivi vari - di nascita, abitativi, di lavoro o di semplice passaggio nella città - vivono, frequentano o hanno frequentato Pontremoli. Sicuramente una scelta di un angolo visuale arbitrario, personale, per descrivere, ancora e per l’ennesima volta, Pontremoli e la Lunigiana, ma la vita è fatta anche di queste cose, non solo di uniformità o rispetto di canoni interpretativi unitari. Insomma, un Almanacco che parli di Pontremoli, vista con gli occhi di coloro che hanno eletto questa città a luogo di propria residenza o lavoro, ovvero che qui hanno legami di varia natura. A ciascuno, quindi, il compito di descrivere la "sua" Pontremoli personale. Ciò che, a mio parere è emerso da questo collage di descrizioni, da questo caleidoscopio di impressioni individuali, è una Pontremoli plurale, diversa, più complessa rispetto a quanto la singola visione possa indicare, ricca di sfaccettature e di spunti di riflessione; una serie di descrizioni dalle quali si può dissentire o concordare, anche operare critiche ma sempre con uno sguardo costruttivo, per una discussione comune su cosa sia o possa diventare 3 questa città. Anche le città, difatti, sono in continuo divenire, mutano i loro caratteri, la loro fisionomia, le sensazioni che possono offrire ai visitatori. E crediamo che ciascuno di noi possa contribuire, nel suo piccolo, vivendo la propria vita, impegnandosi nel lavoro e nelle attivita’ comuni, a determinare un percorso che trascenda gli aspetti meramente soggettivi per approdare in un ambito collettivo e, chissà, migliore. Come da tradizione, sinceri auguri di buona lettura e un felice anno. Giulio Cesare Cipolletta Il viaggiatore della Cisa di Giulio Cesare Cipolletta Fin da bambino la Cisa ha rappresentato per me la porta di accesso al mare, alla Liguria, con un sostanziale oblio di quel lembo di terra che è indubitabilmente Toscana. Ricordo ancora, con nostalgia, le partenze all’alba, da una livida Milano, ancora triste e ingrigita nonostante il calendario rivendi- casse l’esistenza di una stagione estiva, l’attraversamento della pianura, una piatta distesa di terra contrassegnata da effluvi misteriosi di sostanze organiche, il tentativo di continuare a dormire e di riacciuffare quei sogni notturni non ancora dissoltisi del tutto, bruscamente interrotti dall’esigenza di fare presto, di fare prima. Mi rivedo ancora, disteso sul sedile posteriore, stretto tra le mille cianfrusaglie e i viveri che ogni anno ci portavamo dietro, 4 non si sa mai, e che puntualmente ci riportavamo indietro alla fine dell’estate, avvolto nella copertina di lana, sbirciare il volto teso di mia madre, la cui funzione era sostanzialmente quella di controllare la guida di mio padre, attento a quello, vai piano, hai acceso le luci? Mio padre che, tra un rimbrotto e l’altro, cercava di superare i suoi personali record di anno in anno, intento a superare, ad almeno novanta chilometri all’ora, una Gennaio velocità pazzesca, da brividi, gli altri automobilisti che avevano avuto la stessa originale idea della partenza antelucana, all’insegna delle vacanze intelligenti. Il grigiore dei cieli plumbei, la sempre presente processione piovosa, immancabile compagna di viaggio lungo le strade della Lombardia e dell’Emilia, facevano da sfondo costante e immutabile alle lente ore di avvicinamento al sole, alle spiagge liguri, alle vacanze finalmente! Una gioia in qualche misura bilanciata dal costante timore che, una volta o l’altra, si avverasse la nefasta profezia che immancabilmente mio padre, circa a metà strada, cominciava ad esprimere con crescente preoccupazione “Giovanna, questa volta non ce la faremo!”, intendendosi riferire alla possibilità che terminasse la benzina prima di arrivare ad un distributore. Chissà perché, poi, non la facesse prima, era un mistero, uno di quei segreti familiari dei quali non si parla mai, neppure a distanza di anni e che restano avvolti in un insondabile alone di silenzi. “Se arriviamo alla Cisa è fatta”, per 5 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 Mercoledì Maria madre di Dio Giovedì S. Basilio Venerdì S. Genoveffa Sabato S. Ermete Domenica S. Amelia Lunedì Epifania del Signore Martedì S. Luciano Mercoledì s. Severino Giovedì S. Giuliano Venerdì S. Aldo Sabato S. Igino Domenica S. Modesto Lunedì Battesimo di Gesù Martedì S. Felice Mercoledì S. Mauro Giovedì S. Marcello Venerdì S. Antonio A. Sabato S. Liberata Domenica S. Mario Lunedi S. Sebastiano Martedi S. Agnese Mercoledì S. Vincenzo Giovedì S. Emerenziana Venerdì S. Francesco di Sales Sabato Conv. di S. Paolo Domenica SS. Tito e Timoteo Lunedì S. Angela Martedì S. Tommaso Mercoledì S. Costanzo Giovedì S. Martina Venerdì S. Geminiano Patrono di Pontremoli via della discesa, che ci avrebbe forse accompagnati fino al nostro arrivo!?! In quegli anni, quindi, per me la Cisa e Pontremoli erano la terra di mezzo, la fase di transizione tra i lunghi mesi invernali e i troppo brevi periodi di vacanza, quasi uno dei passaggi fondamentali in un rito iniziatico che, ogni anno, scandiva il tempo della mia infanzia. La Cisa, con il suo tunnel lungo 2054 metri, era il trampolino di lancio, lo scivolo verso il mare, la porta di accesso alla fase più felice dell’anno. Ci si arrivava lasciando dietro di noi il grigiore padano e si entrava in un mondo variopinto di colori, di profumi di boschi veri, si avvertiva - perlomeno nella mia fantasia infantile - già il salmastro, quasi si poteva ascoltare il frangersi delle onde sugli scogli bianchi, gli spruzzi di acqua marina sul volto, le promesse e lusinghe di interminabili giochi sulla spiaggia, sino a sera, sino a notte. Fantasie, certo, ma quanto vivide, quanto potentemente presenti e legate in modo indissolubile all’infanzia e, per ciò stesso, fortemente formative. Ancora adesso, nel percorrere il passo della Cisa, con ben altri modelli di autovetture rispetto a quelle di un tempo e per motivi non più legati solo alle vacanze, provo un brivido di infantile piacere nell’attraversare quella porta, nel verificare ancora una volta che sto per lasciarmi alle spalle il maltempo, il grigiore, per avviarmi 6 rapidamente verso il sole, la luce, la bellezza. Certo, non sempre funziona così, non ogni volta c’è un vero di qua e un di là, non è vero che la Cisa sia davvero uno spartiacque meteorico che separa nettamente l’Emilia e quel lembo della Toscana e, con essa, la Liguria. Ma tant’è, a volte le convinzioni infantili sono difficili da confutare anche se si scontrano con incontrovertibili dati di fatto. Con il tempo, poi, la stessa città di Pontremoli, da luogo di passaggio, di semplice attraversamento, è diventata un luogo di frequentazione, di prolungata sosta e accurate passeggiate alla ricerca di angoli visuali nuovi, di emozioni da riportare a casa, come la salita verso il Piagnaro che, ampliata e romanzata, può essere descritta come un racconto di draghi e castelli incantati. Una città di sensazioni, di piccoli indescrivibili piaceri, di affacci dal ponte della Crësa ai rintocchi delle campane che scandiscono lente il fluire della vita; dalle passeggiate alla ricerca degli esordi della primavera nella fioritura rosa del viale dei Chiosi alle pause all’ombra del Campanone, nella più riservata piazza del Duomo, dove sorseggiando un “bianco oro” si può lasciare che il tempo ci scivoli accanto; al piacere di ritornare verso casa portando in un pacchetto pieno di “amor” un pò di quella vivace atmosfera pontremolese delle mattine di mercato. Nella mia immaginazione, quella iniziale identificazione di Pontremoli come avanguardia territoriale della Liguria, intesa come luogo di vacanza mare e sole, talvolta persiste e si rafforza: a pranzo, ad esempio, laddove i tipici testaroli, un piatto decisamente lunigianese, si accompagnano al pesto, identificativo nel mondo della Liguria. Oppure, le torte d’erbi che, per quanto costituiscano l’espressione di un generico antico mondo rurale, nel quale vi era un sapiente utilizzo delle scarse risorse del territorio, richiamano molto da vicino le torte liguri, con il prevalente utilizzo delle verdure, uova, avvolte da una sottile pasta sfoglia. L’attraversamento della Cisa, la sosta a Pontremoli, quindi, come una immersione in un mondo antico, al centro della antica via Francigena e a cavallo della storia, generale e personale, collettiva e individuale, nel tempo e nello spazio. 7 Febbraio 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 Sabato S. Verdiana Domenica S. Sabatino Lunedì S. Biagio Martedì S. Gilberto Mercoledì S. Agata Giovedì S. Paolo Venerdì S. Teodoro Sabato S. Girolamo Domenica S. Apollonia Lunedì SS. Arnaldo e Scolastica Martedì S. Dante Mercoledì S. Eulalia Giovedì S. Simeone Venerdì S. Valentino Sabato S. Faustino Domenica S. Giuliana Lunedì S. Mesrop Martedi S. Simone Mercoledì S. Mansueto Giovedì S. Silvano Venerdì S. Pier Damiani Sabato Catt. di S. Pietro Domenica S. Renzo Lunedì S. Etelberto Martedì S. Cesario Mercoledì s. Faustiano Giovedì S. Leandro Venerdì S. Fortunato Gino Bartali a Pontremoli Per onorare tre Bancarella Sport: come faceva nelle gare, ogni volta in concorso ha sempre vinto di Giorgio Cristallini Da Ponte a Ema, dov’era nato nel luglio del 1914, riuscii a portarlo nella Città del Libro in occasione di alcune edizioni del Premio Bancarella Sport. La sua prima volta a Pontremoli avvenne per la partecipazione del grande campione al concorso con il volume dal titolo Tutto sbagliato, tutto da rifare, edito da Arnoldo Mondadori e curato dal giornalista Pino Ricci per quanto riguardava la forma, la grammatica e la sintassi per le quali il nostro Gino non aveva dimestichezza. Era il mese di giugno 1980. Con lui era in gara anche Jacques Yves Cousteau, autore di Salmoni, castori e lontre, pubblicato da Longanesi, Gianni Cancellieri e Cesare de Agostini, autori di Le leggendarie Auto Union (Zanini). Alcune settimane prima aveva presentato il suo libro alla Terrazza Martini di Genova, assieme agli altri finalisti, in occasione di una conviviale del Panathlon. Inutile dire che figurava come il personaggio di maggior rilievo della cinquina selezionata. Di lì a pochi giorni il notaio del Bancarella Sport avrebbe dato il via allo spoglio delle schede ed alla proclamazione del vincitore in Piazza della Repubblica. Gino non poteva mancare a quell’appuntamento, anche perché gli sportivi lunigianesi avevano programmato una serie di festeggiamenti in suo onore. Così, proprio a Genova programmò la giornata di Pontremoli. “Non posso mancare 8 – aveva detto – ma con me desidero che ci sia Pino Ricci, senza il quale il libro non avrebbe mai visto la luce”. Non posso dire se quella fosse stata la prima volta della sua presenza. Non ha importanza. Bastò che il nome di Bartali apparisse sui manifesti affissi dalla Fondazione Città del libro per celebrare con orgoglio la diciassettesima edizione del Bancarella Sport e per assicurare il tutto esaurito nella piazza dove si svolgeva la manifestazione. Il nostro Ginettaccio vinse alla grande e Bruno Raschi, che allora presiedeva la Commissione per la selezione, ricordò le più belle imprese compiute al Giro d’Italia e al Tour de France. Ancora oggi ricordano l’avvenimento Francesco Magnavacca e Carlo Lucii che figurano tra i fondatori del Bancarella Sport; tutti insieme, in chiusura, con Mario Mengoli e con Renzo Tolozzi, portarono il campione fiorentino alla “Manganella”, a gustare un piatto di testaroli per i quali andava matto. Di lì a due anni Bartali tornò a Pontremoli quale padrino di Buzzati al Giro d’Italia (Mondadori), a fianco della vedova del grande scrittore bellunese, per contrastare il successo di Gianni Brera, in concorso con Coppi e il diavolo (Rizzoli). Vinsero entrambi, un pari merito con trentotto voti ciascuno che è rimasto come la più bella testimonianza del più ambito premio letterario di narrativa sportiva. Bisogna attendere il 1993 per rivedere il “nostro” sul palco del Bancarella, in occasione del venticinquesimo del Premio. Bartali, anche in quella circostanza, concorreva per vincere, perché la Leggenda di Bartali ( Ponte alle Grazie) di Marcello Lazzerini e Romano Beghelli, era quanto di meglio si potesse leggere per avere una conoscenza diretta dei cento e più successi ottenuti in una carriera che ha soltanto in Fausto Coppi il concorrente che gli poteva tenere testa. Era venuto perfino a Cervia alla presentazione, assieme a Josefa Idem e ad Arrigo Sacchi e proprio nella cittadina termale aveva confermato la sua presenza a Pontremoli. Fu un terzo appuntamento coronato dal successo di Laz- zerini e Beghelli che dovevano tenere a bada diretti concorrenti come Stefano Pivato, Giorgio Evangelisti e Roberto Quercetani. Il nome di Bartali aveva fatto presa ancora una volta sui centoventi componenti della grande giuria: tutte le attenzioni dei Pontremolesi furono infatti per lui, chiamato a firmare non so quanti libri ai presenti. Per tutti una frase, perché si ricordassero del Bartali che non era più quello del Tutto sbagliato, tutto da rifare, ma l’amico di un’intera città che ancora una volta era accorsa in massa a salutarlo, ringraziarlo e applaudirlo, proprio come facciamo noi oggi, avendo di lui l’immagine più bella per aver ottenuto l’ennesima vittoria su un terreno assai difficile, sul quale ha rischiato la sua stessa vita, alla fine meritando di salire di nuovo, in solitario, in cima alla vetta a tagliare il traguardo di Giusto tra le Nazioni del mondo, il 23 settembre 2013, per aver collaborato alla salvezza di tante centinaia di innocenti perseguitati. E il riconoscimento tributatogli a Yad Vashem, Gerusalemme è partito da Pontremoli.. 9 Marzo 1 S.Sabato Albino 2 S.Domenica Basileo Lunedì 3 III di Quar.S. Cunegonda 4 s.Martedì Adriano Mercoledì 5 LE CENERI 6 S.Giovedì Giordano Venerdì 7 S. Felicita 8 S.Sabato Giovanni Domenica 9 I di Quar. S. Francesca 10 S.Lunedì Macario Martedì 11 s. Costantino 12 S.Mercoledì Massimiliano Giovedì 13 S. Arrigo 14 S.Venerdì Matilde Sabato 15 S. Longino 16 IIDomenica di Quar. S. Eriberto Lunedì 17 S. Patrizio 18 s.Martedì Cirillo 19 S.Mercoledì Giuseppe Giovedì 20 S. Alessandra 21 S.Venerdi Benedetto Sabato 22 S. Lea 23 IIIDomenica di Quar. S. Turibio Lunedì 24 Ss. Dionigi e C. mm. 25 s.Martedì Riccardo Mercoledì 26 S. Teodoro 27 S.Giovedì Augusto Venerdì 28 S. Sisto III 29 S.Sabato Secondo Domenica 30 IV di Quar. S. Amedeo 31 S.Lunedì Guido Pontremoli... di Paolo Lapi Puntremel, Pons Tremulus, Punt de Tremble, Pontresme,Pontremulus... Così nel corso dei secoli è menzionata Pontremoli, questo “ponte” posto in mezzo alle montagne alla confluenza di corsi d’acqua e lungo la più importante direttrice viaria tra il nord e il centro Italia, un “ponte” collocato in un luogo di confine e, nello stesso tempo, di intersecazione tra territori diversi: il territorio lombardo, quello ligure e quello toscano. Una “terra-ponte”, Pontremoli, di passaggio e di sosta breve, dove la cultura e le opere dell’uomo del passato hanno saputo amalgamarsi alla natura dei luoghi, corrispondere alla realtà diversamente da oggi dove si progetta senza considerarla e avendo di mira solo la realizzazione di proprie fantasie. Dal Comune medievale con le “altissime” torri alla Città barocca, Pontremoli è un intreccio e una sintesi di storia, di arte, di religione e di tradizione che la rendono unica per chi la ama. Le “fazioni” qui sono di casa ancora oggi e si svelano soprattutto nelle fredde sere di gennaio quando sui greti del fiume Magra e del torrente Verde vengono accesi i falò, lingue di fuoco che s’innalzano e guizzano verso il cielo dalle acque cristalline dei fiumi a riscaldare e ad illuminare le gelide notti invernali. Nel Cinquecento Michel de Montaigne, qui di passaggio, definiva Pontremoli “molto lunga e popolata d’antichi edifizi non molto belli”, poi nel Settecento Pietro Leopoldo, qui in visita, insisteva sul suo essere “formata di una sola strada lunga 2 terzi di 10 miglio”. E proprio la “strada” è “l’essenza” di Pontremoli: una strada di piagnoni che alzando gli occhi diventa una strada di cielo. Lungo quest’unica “interminabile” strada, ricordata anche dall’esule Campolonghi, continuano ad affacciarsi chiese, case e palazzi, testimoni di una capitale del passato, ricchi di storia ma sempre più vuoti della voce degli abitanti, i “burgenses”, e dei rumori degli artigiani di un tempo. Nelle silenziose notti invernali, quando il freddo è pungente e le stelle nel cielo brillano di un’intensità viva, questa lunga strada, secolare “colonna vertebrale” dell’antico borgo di pietra, si ripopola di ombre e di voci del passato dei tanti che qui hanno vissuto e lavorato e dei tanti che nel corso dei secoli l’hanno percorsa per i motivi più diversi, ricordando anche a noi, uomini del XXI secolo, come l’uomo sia essenzialmen- te un pellegrino, un “viator” come dicevano i medievali, uno che cammina spinto dalla ricerca di quel Senso che solo può colmare il desiderio d’infinito del cuore. Così trova un significato ancora più profondo la presenza qui del “labirinto”, pietra parlante, nel silenzio, al desiderio del cuore dell’uomo. Pontremoli però non è nulla, come non era nulla nel passato, senza il suo contado: le vallate, un tempo divise in quattro “Quartieri”, dove spuntano, in una sempre più “ricca” vegetazione, i suggestivi, ormai disabitati, paesi, le antiche “ville”, sedi dei tenaci “rurales”. Altra caratteristica di Pontremoli che si ricava dalla storia, una caratteristica sempre legata alla sua strategica posizione, è l’essere oppidum, borgo fortificato, luogo di difesa prima, luogo di mercato poi. A questo suo ruolo di “fortezza” si lega quel vigore dei Pontremolesi del passato, un vigore che è andato scemando dalla fine del Cinquecento. Sebbene, infatti, da allora le forme edilizie si siano abbellite, l’animo dei Pontremolesi è divenuto sempre più debole, borioso e superficiale, più attento all’apparenza che alla sostanza: non più pronto a difendere i diritti reali della propria Communitas, ma solo capace di attivarsi per interessi personali e per falsi e vuoti titoli. Da una descrizione del 1821, fatta per evitare che venisse attivata l’illuminazione pubblica notturna in Pontremoli perché “giudicata inutile”, si possono intravedere alcune caratteristiche della Pontremoli di ieri, che ritroviamo ancora nella Pontremoli di oggi: 1. La strada che percorre Pontremoli da cima a fondo non è mai che leggermente tortuosa e presenta per lo più anche una sufficiente larghezza, se si eccettuano pochissimi punti dei meno frequentati. 2. Il commercio esterno di Pontremoli trovasi per somma disgrazia ridotto ad una assoluta nullità, necessario, e lacrimevole effetto della separazione di questa sciagurata Provincia dalla Madre patria, e de rigorosi sistemi daziari adottati per parte de’ tre Governi esteri, dai cui territori il Pontremolese è circondato. [...] 6. In Pontremoli come piccola Città di Provincia anzi di Montagna il tenore di vita degli abitanti è in genere sommamente patriarcale. La massima parte si ritira nelle loro case costantemente verso le ore nove della sera. Da poche famiglie del primo e secondo ordine si protrae la conversazione fino alle 10 precise, nel qual punto si chiudono ancora le Bettole, le Locande, ed i due Caffè. Ognuno in allora va a cori- 11 Aprile 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Martedì s. Ugo Mercoledì S. Francesco Giovedì S. Riccardo Venerdì S. Isidoro Sabato S. Vincenzo Domenica V di Quar. S. Guglielmo Lunedì S. G. Battista Martedì s. Dionigi Mercoledì s. Maria di Cleofe Giovedì S. Terenzio Venerdì S. Stanislao Sabato S. Giulio Domenica LE PALME Lunedì S. Abbondio Martedì S. Annibale Mercoledì S. Lamberto Giovedì S. Aniceto Venerdì S. Galdino Sabato S. Ermogene Domenica PASQUA di RESUR. Lunedì dell’Angelo Martedì S. Caio Mercoledì S. Giorgio Giovedì S. Fedele Venerdì S. Marco Sabato S. Cleto Domenica S. Zita Lunedì S. Valeria Martedì S. Caterina Mercoledì S. Pio V carsi nella propria casa, e a meno di accidenti straordinari non ne sorte che alla mattina. Leggendo le carte antiche emerge sì una Pontremoli povera – un “paese sterile, montuoso e dove per la maggior parte se li vive di pan de castagni” come asserivano realisticamente i veraci Pontremolesi del Cinquecento – , ma viva e produttiva, contrastante con la Pontremoli di oggi che, da sede di giustizia, di ospedali, di scuole, di ordini religiosi, oltre che di piccoli artigiani e commercianti, sta diventando un luogo dove “per legge” si può solo morire, destino, tra l’altro, comune a tutta la Lunigiana. Amo Pontremoli e proprio perché la amo non la chiamo più “città” perché mi piace essere realista e non idealista, ma proprio così la realtà mi spinge a vederla per quella che davvero è da sempre e sarà per sempre: un “ponte” sospeso nella storia sotto cui scorre il fiume del tempo. E, proprio dal “ponte”, chi vive Pontremoli ama gettare lo sguardo e perdersi nello scorrere argentino delle acque della Magra e del Verde perché nelle loro secche, nelle loro piene, nel loro abbraccio e nel loro correre verso il mare vi vede rispecchiata la propria vita. Per meglio comprendere la mia visione di questo “ponte”, mi piace concludere con le parole che scrissi dieci anni orsono per la morte di un amico, Edoardo Maria Filipponi (1947–2003), con cui ho condiviso l’amore per Pontremoli e la sua storia: [...] Ci trovavamo qua e là, nei tanti luoghi a te cari: in biblioteca, a casa degli amici, in archivio, 12 sui ponti, nelle piazze, nelle chiese, all’ombra del Campanone… era come trovarsi d’incanto nei vecchi gradili, le regge dei nostri nonni, e la tua voce diventava lo scoppiettare del fuoco, un fuoco che riscalda e illumina: faville di storia, di religione, di tradizioni, di arte, di vita quotidiana, di cucina, di humour, di preziosi consigli, di sogni infiniti illuminati da stelle e da una luna sempre più grande e avvolgente… Serate passate a parlare… parlare di Pontremoli, la Pontremoli che ci scorre nelle Maggio vene… Tu l’amavi profondamente, come noi l’amiamo, con l’amarezza propria dell’amante vero, quell’amarezza che accompagna sempre l’amore più intenso; amavi questa nostra città abbracciata dai fiumi e incastonata tra i monti, ricca ma povera per le sue divisioni, le sue fazioni, le sue false e inutili nobili radici di cui qualcuno si gloria ma che in realtà non sono la sua vera nobiltà: questa si trova invece nelle silenziose e infinite gocce di sudore e di lacrime trasformatesi, con il sorriso della nostra gente – gente forte, pronta al sacrificio, capace di condividere gioia e dolore –, in quella nostra cultura variopinta che è l’eredità lasciataci e che costituisce il nostro vero tesoro. Se oggi la realtà di Pontremoli è negativa e difficile, ciò non deve indurre alla rassegnazione, perché la realtà è sempre provocazione a prendere posizione ridestando desiderio e domanda. Non bisogna, pertanto, chiudersi di fronte ad essa o far finta di non vederla (questa sarebbe la vera crisi), ma viverla come sfida per porre le premesse per continuare il cammino, un cammino radicato nel passato e proteso al futuro, proprio come un “ponte”. 13 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 Giovedì San Giuseppe Venerdì S. Cesare Sabato S. Filippo Domenica SS. Silvano e Nereo Lunedì S. Pellegrino Martedì S. Giuditta Mercoledì S. Flavia Giovedì S. Desiderato Venerdì S. Gregorio Sabato S. Alfio, Domenica S. Fabio Lunedì S. Rossana Martedì B.V.M. Fatima Mercoledì S. Mattia Giovedì S. Torquato Venerdì S. Ubaldo Sabato S. Pasquale Domenica S. Giovanni I Lunedì s. Celestino Martedì s. bernardino Mercoledi S. Vittorio Giovedì S. Rita da Cascia Venerdì S. Desiderio Sabato B. Vergine Maria aus. Domenica S. Beda Lunedì S. Filippo Martedì s. Agostino Mercoledì S. Emilio Giovedì S. Massimino Venerdì S. Felice Sabato S.Angela Pontremoli e il Vescovo Giovanni Sismondo di Giovanna Zanella Dato l’argomento scelto per l’anno 2014, il punto di vista su Pontremoli da parte di chi non vi è nato, appare cosa opportuna e di certo gradita ai pontremolesi, un ricordo del vescovo Sismondo e la ricostruzione del suo punto di vista sulla città e sui suoi cittadini che in poche parole si può riassumere nell’atteggiamento del Buon Pastore, dell’Agnello crocifero che si volge ad indicare la via di salvezza a chi rimane indietro, come sui segnacoli medioevali rivolti ai pellegrini. Un emblema che, non a caso, volle per il suo stemma e che sembra fatto apposta per Pontremoli, tappa di pellegrinaggio medioevale e oggetto della sua dedizione pastorale. Così ricorda la sua opera la pontremolese Maestra Giovanna Zanella che lo vide spesso, condotta in visita dal Vescovo, insieme alle sorelle, dal padre Eugenio che con il sant’uomo fu in familiarità e che ricevette, come ricordo, lo zucchetto e le fasce vescovili riprodotte nella foto, conservate con grande venerazione dalla famiglia. “Ho la fortuna di abitare in Piazza Italia, a Pontremoli, e dalla mia casa ogni mattina, aprendo le finestre, saluto l’immagine del pio Vescovo immortalata nel gruppo bronzeo, nell’atto di proteggere un fanciullo, il debole, come debole era stata Pontremoli durante l’oc- 14 cupazione tedesca e, come quel fanciullo inerme, da lui era stata protetta. La sua protezione toccò e ancora tocca l’animo di ognuno e Giugno non solo dei pontremolesi, perché fu un dono grande e veramente cristiano, rivolto a chiunque avesse bisogno, pontremolesi, massesi, perseguitati politici, partigiani e poi fascisti, ebrei e cattolici, senza riguardo al censo o al blasone familiare. La sua casa era aperta a tutti, nonostante qualcuno approfittasse non solo della sua generosità, ma persino della sua buona fede. Egli praticava il Vangelo vivo: bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato. E lui dava.. persino quello che aveva appena ricevuto per la sua sussistenza, nonostante le pratiche osservazioni del fedelissimo cameriere tuttofare, Felicino. La fame in tempo di guerra bussava alla porta di tutti; Pontremoli aveva subito bombardamenti e devastazioni, la chiesa di S.Pietro era stata bombardata, come il Cimitero e i Chiosi, Verdeno era sovraffollato per la presenza di duemila tedeschi che vi avevano stanziato la loro sede di comando. La mia famiglia, per tal motivo, aveva lasciato la casa in Verdeno, trasferendosi in Piazza Vittorio Emanuele III, come allora si chiamava l’attuale Piazza della Repubblica, dove ha sede il Comune. Il cibo era la merce più pregiata, ma qualche dono che ne riceveva di tanto in tanto, il Vescovo Sismondo subito lo dirottava verso i molti bisognosi che si presentavano e Felicino, alla rispettosa osservazione che così sarebbero rimasti senza mangiare, si sentiva rispondere che la Provvidenza non abbandona nessuno e avrebbe pensato anche a loro. Grazie al prestigio del quale godeva, era in amicizia col maggiore Gordon Lett, ma era rispettato anche dai tedeschi, cosa che salvò Pontremoli dalla distruzione. Infatti, all’appressarsi della ritirata dell’esercito, due giovani soldati tedeschi, prevedendo la disfatta, cercarono di fuggire e divennero disertori. Monsignor Sismondo fu accusato da un ufficiale tedesco di averli nascosti e fu arrestato in Vescovado assieme al segretario, don Oreste Boltri e al Prof. Don Marco Mori. Dopo concitate discussioni si decise che il Vescovo e don Marco andassero a rintracciare i disertori e li riportassero al comando tedesco, mentre don Boltri rimaneva ostaggio: se entro le 16 i due ecclesiastici non avessero riportato i disertori, don Boltri 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Domenica Ascensione di N.S.G.C. Lunedì Martedì Corpus Domini Mercoledì S. Carlo Giovedì S. Quirino Venerdì S. Bonifacio Sabato S. Norberto Domenica S. Roberto Lunedì PENTECOSTE Martedì S. Primo Mercoledì s. Asterio Giovedì S. Barnaba Venerdì S. Guido Sabato S. Antonio da Padova Domenica S. Eliseo Lunedì S. Germana Martedì S. Aureliano Mercoledì S. Gregorio Giovedì S. Marina Venerdi S. Gervasio Sabato S. Silverio Domenica S. Luigi Lunedì Corpus Domini Martedì S. Lanfranco Mercoledì Natività S. Giovanni Bat. Giovedì S. Guglielmo Venerdì Ss. Giov. e Paolo Sabato S. Cirillo Domenica S. Attilio Lunedì SS. Pietro e Paolo SS. Primi Martiri 15 sarebbe stato fucilato e Pontremoli messa a ferro e fuoco. Il povero Vescovo e don Marco quanto avranno patito in quei momenti! Il destino di Pontremoli era nelle loro mani! Dopo aver celebrato la S. Messa, si misero in viaggio col cuore in tumulto, con la preghiera sulle labbra e l’affidamento nelle mani del Signore. Grazie a Dio tutto si risolse nel migliore dei modi: i due disertori, rintracciati a Cervara con l’aiuto degli abitanti, appresa la difficile situazione venutasi a creare, miracolosamente convinti a presentarsi, scrissero su un foglio di carta, di pugno, le loro generalità, il numero di matricola, il comando di appartenenza, sì che i nostri due eroi poterono ripartire da Cervara, sempre a piedi come all’andata, coltivando la speranza nel cuore. Ma l’apprensione era ancora tanta..Erano trascorse delle ore e non si faceva in tempo ad essere per le 16 in Vescovado..Cosa sarebbe succes- so nel frattempo? Sperano e pregano, ma mentre sono in cammino devono fermarsi e nascondersi al suono terribile della mitraglia. Così l’arrivo a Pontremoli avvenne solo alle 19. Il tenente tedesco era lì ad aspettarli.. Letta la dichiarazione dei due tedeschi che liberava il Vescovo dall’accusa di complicità, don Boltri venne rimesso in libertà e Pontremoli fu salva! La notte precedente la liberazione della città, avvenuta il 27 aprile 1945, passò col batticuore per i continui cannoneggiamenti e mitragliamenti. La mattina seguente il Vescovo uscì e s’avviò verso la SS. Annunziata per incontrare le truppe liberatrici ed assicurare loro che non v’era più traccia dei tedeschi, fuggiti in nottata, molti dei quali rimasti sulla via della Cisa, nella piana di Mignegno coperta di cadaveri, uomini e cavalli. Jeep di inglesi e neri americani entravano nel frattempo in città, festosamente accolti da tutti, 16 specie dai bambini che ricevevano cioccolatini e cingomme. I pontremolesi, al suono festoso del Campanone, corsero in Duomo dove, al Te Deum intonato dal Vescovo Sismondo, tutti i fedeli inneggiarono alla Madonna del Popolo con tanta commozione e gratitudine. Il pensiero correva anche a chi non ce l’aveva fatta.. e accresceva la commozione. La sera del 31 gennaio 1955 fu l’ultimo S. Geminiano che il Vescovo festeggiava a Pontremoli, ma non fu una festa, fu un addio: il Vescovo ci lasciava, tornava nel suo Piemonte, stanco e amareggiato. Ovunque si vedevano visi tristi, molti nascondevano le lacrime, altri le lasciavano scorrere. Il nostro amato Pastore, il salvatore della nostra città, al mattino presto usciva dalla porticina del Vescovado col fedele Felicino, un ultimo saluto alla cattedrale e alla cara Madonna del Popolo e partiva. Alla “Casa della Divina Prov- vo, in segno di affetto, consegnò tre rose da portare ai pontremolesi. Erano le rose sorprendentemente sbocciate dalla zolla di terra di Pontremoli che il sindaco Serni gli aveva consegnato insieme con altri doni, al momento dell’addio. E’questo il motivo per il quale sul suo monumento in Piazza Italia si trovano rappresentate anche le rose.. Avevano fatto in tempo a fiorire prima della sua morte, avvenuta il 7 dicembre 1957. Giunta la notizia nello sgomento generale, memori della promessa fatta, alcuni pontremolesi, con la Ven.le Misericordia, si recarono a Torino e lo riportarono nell’amata terra di Pontremoli, dove non era nato, ma alla quale aveva dedicato la sua stessa vita. Ai funerali accorse gente da tutta la Lunigiana, da Massa e da La Spezia, in un tripudio di omaggi, di fiori, di lacrime, ma anche di consolazione per il fatto che il Vescovo era tornato. Da lassù, dove sei beato, proteggici ancora, amatissimo Pastore, guarda alla tua gente con lo stesso amore e la stessa bontà che le hai sempre dimostrato quando eri tra noi. Benedici ancora il tuo popolo che ne ha tanto bisogno. Grazie! videnza Cottolengo”, dove aveva formato la sua spiritualità da studente e dove era maturata la sua vocazione al Bene, al Bello e al Buono, lo accolsero con grande affetto. Trascorse gli ultimi due anni della sua vita tra preghiera e sofferenza, col pensiero fisso alla sua Pontremoli che aveva tanto amato. Molti pontremolesi, tra i quali anche i miei genitori, andarono a trovarlo per esprimere la loro riconoscenza e i loro sentimenti, rassicurandolo che lo avrebbero riportato a riposare per sempre nella nostra città, come chiedeva. Una delle ultime visite fu quella del sindaco Luigi Serni al quale il Vesco- 17 Luglio 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 Martedì S. Teobaldo Mercoledì Madonna del Popolo Giovedì S. Tommaso Venerdì S. Elisabetta Sabato S. Antonio Domenica S. Maria Lunedì S. Edda Martedì S. Adriano Mercoledì S. Armando Giovedì S. Felicita Venerdì S. Benedetto Sabato S. Fortunato Domenica S. Enrico Lunedì S. Camillo Martedì S. Bonaventura Mercoledì N. S. del Monte Carmelo Giovedì S. Alessio Venerdì S. Calogero Sabato S. Giusta Domenica S. Elia Lunedi S. Lorenzo Martedì S. Maria Maddalena Mercoledì S. Brigida Giovedì S. Cristina Venerdì S. Giacomo Sabato SS. Anna e Gioacchino Domenica S. Liliana Lunedì S. Nazario Martedì S. Marta Mercoledì S. Pietro Giovedì S. Ignazio Pontremoli, il castello, i borghi, la città di Claudio Giumelli Questo mio scritto risale agli iniziali anni ottanta del secolo scorso quando è apparso su un periodico locale, lo ripubblico con inevitabili aggiornamenti e necessarie riduzioni del testo, cedendo all’invito di Jacopo Ferri, convinto che possa essere un contributo al tema che affronta l’edizione 2014 dell’Almanacco, ma soprattutto un aiuto a guardare Pontremoli da un altro punto vista, magari alzando gli occhi lungo la linea dei cornicioni dei palazzi, oppure portandoli sopra le vetrine dei negozi, nelle quali annega sistematicamente il nostro potere visivo. Accade infatti a molti di vivere in un luogo e di restarne estranei, di non intendere cioè gli straordinari valori figurativi incisi sulle pietre della nostra quotidianità. Quelli della visibilità dell’ambiente urbano sono studi ai quali dedicavo le mie giovanili energie di architetto che ho del tutto abbandonati, ad essi ritorno occasionalmente ora in ragione dell’eccezionale qualità architettonica e monumentale del centro storico di Pontremoli con la presunzione, come ho detto sopra, che possano tuttora servire, ma ancor più con la volontà di concorrere a far conoscere meglio agli altri la città nella quale siamo nati e ad amarla come noi la amiamo. Il castello i borghi e la città, i momenti che esemplificano la vicenda urbanistica di Pontremoli, costituiscono anche i capisaldi della sua immagine visiva, quella che Kevin Lynch ha chiamato l’“immagine pubblica” di una città, sedimentata nella memoria dei suoi abitanti o dei visitatori, capace di destare ricordi vividi e intensamente presenti ai sensi. In altre parole la “figuratività” del suo ambiente materiale. Attestato sopra il colle del Piagnaro, splendidamente solo, il castello sovrasta l’abitato di Pontremoli; elemento d’immediata connotazione funzionale, si pone come riferimento ottico a largo raggio dimensionale. Fabbrica militarmente apparata, presenta possanza di volumi. Il colore grigio della pietra conferisce un’ulteriore notazione cromatica al luogo. Il ruolo urbanistico del castello è tuttavia venuto meno con il passare del tempo, fino a restare del tutto emarginato dal contesto insediativo. L’abitato ingrandisce al piede del colle, serra le proprie unità edilizie, configura una struttura che nel lungo percorso piano contiene la ricchezza e la varietà del compiuto ambiente urbano. Chiuso entro il circuito delle mura, il castello si isola e una fascia circostante di verde esalta la funzione di antica macchina bellica ora desueta. Per raggiungerlo occorre salire un’erta selciata tra case rinserrate e archi sospesi. Dall’alto dei bastioni si dispiega l’insediamento antico, lambito dalle acque dei fiumi convergenti. I borghi sono l’ulteriore elemento 18 della figurabilità di Pontremoli; una completa distinzione dalla città non è possibile, questa infatti si è sovrapposta all’impianto burgense in modo piano, l’ha qualificato con le sue nuove strutture edilizie e tuttavia ne è rimasta soggiogata; il forte telaio del borgo ha condizionato e guidato le successive risoluzioni urbanistiche e architettoniche. Pontremoli è infatti tuttora una lunga, ombrata, carraria burgi, compresa tra quinte edilizie continue. Occorre ripercorrere passo a passo questa via a partire da meridione, valicare il ponte sul Magra, procedere tra il profilarsi di ombre nette e luci improvvise fino alle due piazze contigue, guadagnare la porta di settentrione per intendere storia e valori della città. La moderna viabilità ha alterato il significato di questa sequenza urbanistica unica; oggi la via carrozzabile conduce ai due ponti consecutivi, Nuovo e Zambeccari, che rendono accessibile l’abitato nella sezione mediana annullando il senso fisico ed emozionale dello spazio. A Pontremoli è infatti l’organismo urbano che si esprime in termini di protagonismo visivo, cosicché continuità di strutture e complementarietà delle parti definiscono peculiari valori figurativi in ragione della loro unitarietà. Non difettano gli episodi caratterizzati da accento formale o le emergenze monumentali: piazze, palazzi, chiese, torri; ma le piazze sono defilate, i palazzi si fiancheggiano e rimandano ai più lontani, le chiese si collocano senza sconvolgere i secolari rapporti dello spazio insediativo. Muovendo da sud, trascorso il primo tratto viario, nei pressi del ponte sul Magra s’impongono i complessi monumentali adiacenti della chiesa di Agosto Nostra Donna e della torre di Castelnuovo: intonaco e pietra, barocco e romanico, inducono a rallentare il passo. Superato il ponte sul fiume, ricostruito a schiena pronunciata, emerge la torre dell’orologio. La piazza, defilata rispetto alla via, si scopre solo giunti in prossimità, contrassegnata peraltro da vividi accenti figurali. Oltre il varco angusto al piede della torre si apre una nuova area piana, nella quale il bianco prospetto del Duomo, allineato con il lato destro del fronte stradale, richiama l’interesse visivo e invita a sostare. Procedendo ancora innanzi lo sguardo guadagna uno slargo dove convergono tre solchi viari: due girano a gomito, il terzo sale fino al poggio dove siede il castello. La via centrale prosegue in piano, piega e raggiunge la porta di settentrione. Due piazzole la precedono: piccole pause che preludono, con il primo delinearsi del verde degli alberi, al termine fisico dell’abitato. Si è detto borghi e non borgo perché Pontremoli origina come due distinte entità insediative: il Sommoborgo e l’Imoborgo. Il primo, promosso dal castrum sorto a dominare le vie del Borgallo, del Bratello e di Montebardone, disteso lungo i versanti del colle del Piagnaro lambiti al piede dal Magra e dal Verde, delimitato a settentrione e a mezzogiorno da due porte; l’Imoborgo adagiato invece nella lingua di terra pianeggiante compresa tra i corsi d’acqua, chiuso anch’esso da archi terminali. Nel Sommo- borgo scale e brevi solchi aprono la densa cortina muraria, superano le quote topografiche, delimitano i settori insediativi. Il primitivo abitato disegnò un triangolo con il vertice sul vicolo del Voltone e i lati posti lungo il tratto superiore della via del Piagnaro e sul solco che confluisce nel borgo inferiore. Le modeste dimensioni delle unità immobiliari, le compatte cortine murarie, le rade aperture documentano l’antichità del luogo. Alle quote inferiori le case includono cortili e prospetti decorati, nei quali si aprono finestre ariose. L’Imoborgo identifica il tipico abitato viario di pianura. All’origine, nell’area dove sorse, esistevano un cenobio benedettino e una chiesa dedicata, come il cenobio, a S.Giovanni Battista, decaduto il monastero la chiesa divenne il centro religioso dell’insediamento posto nelle sue adiacenze; anche nel Sommoborgo sorgevano due chiese, quelle dei Santi Alessandro e Niccolò e di S. Geminiano. La prima ha volto l’orientamento liturgico a levante, verso la popolosa contrada che la affianca; la seconda, cappella privata in origine, era ubicata all’estremità meridionale del borgo. L’edificio comprende due vani sovrapposti, conformemente al processo costruttivo delle case sorte, per successive elevazioni, sulle rive dei fiumi. II Sommoborgo e l’Imoborgo, guelfo l’uno, ghibellino l’altro, a lungo si sono contesi il primato politico e amministrativo della comunità; la rivalità tra le fazioni con- 19 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 Venerdì S. Alfonso Sabato S. Eusebio Domenica S. Lidia Lunedì S. Nicodemo Martedì S. Giovanni Mercoledì S. Osvaldo Giovedì Trasfiguraz. N. S. Venerdì S. Gaetano Sabato S. Domenico Domenica S. Romano Lunedì S. Lorenzo Martedì S. Chiara Mercoledì S. Giuliano Giovedì S. Ippolito Venerdì Ass.e Maria Vergine Sabato S. Rocco Domenica S. Giacinto Lunedì S. Elena Martedì S. Ludovico Mercoledì S. Bernardo Giovedi S. Pio X Venerdì S. Maria regina Sabato S. Rosa Domenica S. Bartolomeo Lunedì S. Ludovico Martedì S. Alessandro Mercoledì S. Monica Giovedì S. Agostino Venerdì S. Faustina Sabato s. Maria ss. di Siponto Domenica S. Aristide trapposte ha presto assunto i toni di un vero e proprio conflitto etnico. Lo spazio urbano ha compreso in sé una tale inconciliabile situazione sociale, cosicché la divisione è stata anche materiale e un’area franca si è interposta tra le comunità nemiche, in essa Castruccio degli Antelminelli, signore di Pontremoli, ha elevato la fortezza augurale di Cacciaguerra: un baluardo cinto da fossato, munito di tre torri, con camminamento merlato sommitale. Il processo di unificazione burgense ha incluso questa zona con l’ufficio di piazze cittadine, espressione del potere civile e religioso. A ricordare il primitivo bastione restano oggi la mole venusta della torre campanaria e il setto trasversale di case nate sulla cortina muraria. Le torri, come testimoniano le antiche incisioni, hanno da sempre costituito l’elemento peculiare dell’immagine della città: circolari e quadrate, dotate di merlatura, situate ai lati della porta di S.Giorgio, nell’area del Casotto e lungo il borgo inferiore: a est e in forma di torrioni a occidente. Il borgo ghibellino, in successione di tempo, ha inglobato la parrocchia di S. Cristina e il piccolo abitato circostante, una torre e la cinta muraria ne garantivano la difesa. Con l’addizione della prioria di S. Pietro, Pontremoli ha raggiunto il limite inferiore abitato, protetto a sua volta da torri, mura e fossato con ponte levatoio. L’intera terra murata era così for- mata; lungo il suo perimetro si aprivano sette porte: a settentrione la porta del Sommoborgo o di S. Giorgio e la scomparsa porta del Castello o Planarii; ad occidente, prospiciente il Verde, la porta della Crèsa o de Bètula, tuttora esistente, dalla quale, superato il ponte, muovevano le vie del Borgallo e di Genova per Zeri; alla confluenza dei corsi d’acqua la porta di Imoborgo o del Casotto; sulla sponda sinistra del Magra la porta Castri Novi o di Nostra Signora; infine all’estremità meridionale la porta del Monastero o di S. Pietro. Il Castello garantiva la difesa dell’abitato superiore, mentre lungo il borgo inferiore vari fossati e torrioni affiancavano il fronte murato adiacente alla nuova via di Montebardone, aperta per ovviare alle distruzioni causate dai frequenti transiti degli eserci- 20 ti. I capisaldi del sistema difensivo erano però le fortezze di Castelnuovo e Cacciaguerra. La prima, un vero e proprio baluardo quadrato, torreggiava alla sinistra del Magra, la seconda, dotata di un’angusta porta, fossato e ponte levatoio con saracinesca di ferro, tagliava a metà l’abitato. Nel XIV secolo l’oppidum, creato dal comune, aveva chiuso e difendeva un tratto di strada ai piedi di Montebardone, includeva il poggio del Piagnaro, il terreno piano tra Magra e Verde, il ponte fortificato di Castelnuovo e l’adiacente sponda sinistra del fiume fino alla porta del Monastero di S. Pietro. Il borgo medievale riuniva in un disegno unitario, contrassegnato dal grigio del macigno locale, palazzi signorili e case del popolo. Ma la compiutezza dell’aggregato urbano è raggiunta con l’acquisizione dell’area circostante la chiesa di S. Francesco nel Verdeno e di quella dell’Annunziata a sud. Il borgo manterrà a lungo i tratti espressivi dell’edilizia romanico gotica. Una casa posta nelle vicinanze della chiesa dei Santi Alessandro e Niccolò testimonia tuttora le fabbriche di macigno squadrato, lavorato a faccia vista, della prima oligarchia comunale. Esemplari di gotico si trovano invece nel borgo ghibellino, dove pur s’imponeva il petrigno immobile dei Trincadini, come attestano le facciate dotate di trifore colonnate. Tipica costruzione oppidana è il Palazzo Pre- torio, ora Comunale, romanico e gotico nelle sue parti primitive, costruito intorno ad un cortile quadrangolare. Un muro merlato prospettava la piazza, concluso dal portico della Gabella. La città si sovrappone a questo ambiente figurativamente unitario, ma ne lascia integro il peculiare impianto urbanistico: lo ingentilisce e colora, qualifica le unità immobiliari con cornicioni e lesene angolari, rinnova i paramenti esterni, ostenta imponenti portali, stipiti alle finestre e aerei balconi. Esprime nuove tipologie abitative, dotate di vasti ambienti interni, scaloni e ricchi arredi. A Pontremoli la trasformazione in città, fenomeno sei-settecentesco, non produce i colonnati ariosi e le fughe viarie proprie di altri insediamenti contemporanei; tuttavia il rinnovamento si palesa: il palazzo gentilizio s’impone con varietà di apparati decorativi, nobilita la compagine insediativa, ne attesta l’acquisita dignità urbana. Le case medievali mutano in relazione alle nuove esigenze rappresentative. L’adeguamento in pianta si realizza con l’unione di più immobili adiacenti; al pianterreno si conservano le botteghe e androni voltati aprono giardini sul fiume, a partire dal primo piano si organizza la zona abitativa. Il piano nobile ospita un vasto salone disimpegnato da una galleria collegata ad una grande scala. Lesene in pietra, finestre a timpani, marcapiani di macigno, portali sovrastati da porte-finestra dotate di balcone sagomato, arricchito da ringhiere di ferro, costi- tuiscono il repertorio decorativo delle nuove facciate. Si afferma così il volto cittadino di Pontremoli, attestazione della favorevole congiuntura economica promossa dall’incremento delle attività del porto di Livorno, meta di un flusso commerciale proveniente dall’Emilia occidentale. Pontremoli seppe trarre profitto dalla nuova corrente di scambi e fu quello un momento di vera prosperità. L’Ottocento porta con sé condizioni economiche assai meno floride e interventi nel vivo della compagine urbanistica quali l’abbattimento della porta di Cacciaguerra e di altre porte borghigiane; nel 1844 viene costruito il ponte sul Magra e mezzo secolo dopo quello consecutivo di attraversamento del torrente Verde, eventi che sono origine della lamentata fruizione mediana dell’abitato storico. La via di Montebardone trova frattanto sede ampliata, in ragione del ruolo assunto di asse stradale di grande comunicazione, ad oriente, fuori del perimetro murato. L’antico aggregato urbano e il suo volto secolare resteranno tuttavia solo in parte compromessi dalle imposte mutazioni dei tempi moderni: una condizione topografica unica sarà la provvidenziale difesa contro gli sviluppi indiscriminati e casuali comuni, a partire dal secolo XX, a tanti insediamenti storici italiani. Semmai è il lento e strisciante degrado, tuttora in atto, delle strutture materiali pubbliche e non solo che deve avvertire e impensierire. 21 Settembre 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Lunedì S. Egidio Martedì S. Elpidio Mercoledì S. Gregorio Giovedì S. Rosalia Venerdì S. Vittorino Sabato S. Petronio Domenica S. Regina Lunedì Madonna della Villa Martedì S. Sergio Mercoledì S. Nicola Giovedì S. Diomede Venerdì SS Nome di Maria Sabato S. Maurilio Domenica Esaltazione S. Croce Lunedì B. V.. Maria Addolorata Martedì S. Cornelio Mercoledì S. Roberto Giovedì S. Sofia Venerdì S. Gennaro Sabato S. Eustachio Domenica S. Matteo Lunedì S. Maurizio Martedì S. Pio da Pietrelcina Mercoledì S. Pacifico Giovedì S. Aurelia Venerdì SS. Cosimo e Damiano Sabato S. Vincenzo de' Paoli Domenica S. Venceslao Lunedì S. Michele Martedì S. Girolamo Pontremoli o delle quattro stagioni di Angelina Magnotta Pontremoli, annunciata dalla sua storia soprattutto medioevale, coinvolge il visitatore attratto dal fascino delle tracce sopravvissute delle antiche mura che guidano l’attenzione e volgono lo sguardo al Castello del Piagnaro, congiunto alla Via Francigena che attraversa la città, dalla parte del fiume Magra attraverso lo sdrucciolo antico e, dalla parte opposta, dalla via basolata che, fiancheggiando dall’alto il fiume Verde, congiungeva (e ancora congiunge per chi sa vedere) sotto al Castello le vie francigene del Passo del Cirone, del Passo della Cisa e del Passo del Bratello, con quella prefrancigena e longobarda del Passo del Borgallo, tra la Bobbio di S. Colombano e la Via Maritima, dove ho scoperto, anni fa, la croce longobarda incisa sulla roccia, proprio sulla Bocchetta del Borgallo, come la chiamava Targioni Tozzetti. Pontremoli, penisola tra due fiumi, propaggine ultima del Monte Molinatico, snocciola le sue case medievali come i suoi palazzi cinquecenteschi e barocchi, tra Porta Parma e Porta Fiorentina, tra l’attuale chiesa di S. Nicolò e lo spedaletto dei Frati-Cavalieri di S. Giacomo d’Altopascio, vicino alla chiesa di S.Pietro de Conflentu, alla confluenza del Verde nella Magra, chiesa ricostruita non egregiamente, ma sede del simbolo in assoluto, ritengo, della Francigena: l’antico Labirinto con la scritta parenetica Sic currite ut comprehendatis. In mezzo, tra le due porte antiche della città, delle quali sopravvive solo Porta Parma a nord, si sviluppa il cen- tro urbano che trova il suo fulcro in due piazze, Piazza di Sopra o del Duomo che nel 1 nome qualifica la sua vocazione di centralità ecclesiale e la Piazza di Sotto o della Repubblica o del Comune, come correntemente vien chiamata, sede appunto del potere civico. In mezzo, il simbolo di Pontremoli: il Campanone, risalente alla cinta muraria che nel Trecento il lucchese Castruccio Castracani degli Antelminelli fece costruire per separare guelfi e ghibellini e dar tregua alle faide politiche e familiari. Al di là della sua lunga e celebre storia, l’impatto del visitatore con Pontremoli ha a che fare con la sua bellezza, immutabile col variare delle stagioni. A me che non ci sono nata, ma che ne rimasi affascinata nel 1996, quando fui preside per la prima volta, con regolare concorso vinto, fece impressione il fascino di Pontremoli, tanto che non mi pesò sobbarcarmi il duro lavoro istruttorio e di sensibilizzazione della popolazione, non solo pontremolese, per l’accoglienza del nuovo corso di studi, il Liceo Linguistico, senza il quale la scuola superiore statale d’area umanistica sarebbe definitivamente morta. Oggi ho la soddisfazione di aprire le finestre di casa mia e constatare ogni mattina che anche le finestre di quella scuola continuano, negli anni, ad aprirsi per accogliere cen2 tinaia di studenti che altrimenti avrebbero dovuto viaggiare per rag22 giungere sedi scolastiche altrove, con disagio proprio e delle famiglie. Per me Pontremoli è bella in ogni stagione e con qualsiasi tempo. Come una bella donna fa figura in ogni occasione e la natura, il suo salone da ricevimento, le fa da contorno, con l’esplosione dei freschi colori primaverili o con la canicola estiva, temperata dalla brezza fluviale e dai tuffi Al Palo o al Mulino La Serra, o temperata con maggiore decisione da una discesa nella gelida marmitta del gigante nell’alta valle del Verde. E’ bella anche con la bruma autunnale, attraverso la quale sbuca, imponente e minaccioso il dongione del Castello del Piagnaro, sede delle famose statue stele. Un paesaggio da favola poi, quando le nevi ricoprono con delicatezza, come uno scialle protettivo, le sue case e i suoi vicoli antichi, ovattando ogni rumore, fino al crepitare delle grida nelle battaglie a palle di neve dei ragazzini all’uscita da scuola. Pontremoli, antica tappa del pellegrinaggio medioevale e del viaggio a piedi, che è la forma più antica del viaggiare, si presta ancora oggi ad offrire l’opportunità del camminare filosofando, nel quale l’aspetto contemplativo si coniuga con quello attivo, fuori da ogni pretesa di voler 3 cambiare il mondo, ma contemplarlo senza fare salti, ubbidendo alla massima baconiana natura enim non nisi parendo vincitur, la natura infatti non si vince se non ubbi4 dendole. In tale contesto, una caratteristica importante, legata agli aspetti naturali e paesaggistici, è la varietà delle passeggiate pontremolesi, a partire da quella urbana, per dir così, che attraversa la città in direzione di S.Giorgio e, oltre Porta Parma, dopo aver ammirato i faccioni apotropaici e gli storici portali artistici, permette di apprezzare anche qualcosa di più umile, ma utile: la gradualità della piccola salita, in cima alla quale si accede agevolmente, grazie all’ergonomica pedata segnata dalle barrette di arenaria perpendicolari all’asse stradale, create con maestria da artigiani eccellenti. La passeggiata “classica” invece è quella che, straordinariamente fiorita in primavera e sul declinare dell’estate, dalla Crësa porta a Villa Dosi, alla chiesetta di S.Ilario e al Castello, permettendo di ammirare dall’alto il medioevale campanile di S.Francesco e la piana del Verdeno. Volendo “allungarsi” un po’ di più, la villa Et tu Serra, mea a qua est honorata domus, ove ebbe i natali il poeta in latino, amico dell’Ariosto, l’umanista Paolo Belmesseri, offre un rifugio di tranquillità e di pace, fra il verde e “la limpida onda”, in questo caso del Verde, uno dei flumina tanta duo, Et Macrae et Viridis, qui iuncti moenia lambunt . Oppure si può proseguire per la Pieve di Vignola, con la sua ara forse romana e i noti pipìn, con i ruderi della vicina Casa dei Frati sulla Via Vecchia di Morana che porta al Passo del Borgallo, come un tempo. E poi.. la passeggiata dal sentiero del Convento dei Cappuccini verso le soprastanti, profumate colline abbellite dalle spatolate blu di Prussia del merlot maturo e il rosso tiziano che i pampini della vite sprigionano, ultimo guizzo di vitalità prima di accartocciarsi. 5 Intensi colori autunnali che preludono all’aspro odore del mosto e si sposano con l’aroma del finocchietto selvatico e di quello delle rigogliose erbe commestibili che, col loro miscuglio, rendono gustosa e salutare la torta d’erbi delle massaie di Pontremoli. E se invece si vuol fare un tuffo nella storia meno nota, non resta che raggiungere Guinadi, col suo ritrovato spedaletto dell’Ordine dei Frati di S.Jacopo o del Tau d’Altopascio, dentro a quel che resta del Castello, oppure Cervara ed ammirarvi la straordinaria campanella bronzea proveniente dalla scomparsa chiesa di S.Bartolomeo del citato Passo del Borgallo, con le figure di S.Bartolomeo, appunto, da un lato e di S.Rocco pellegrino dall’altro, cimelio di quell’edificio di culto oggi esistente solo nelle carte d’archivio, ma che ha lasciato ai posteri, oltre alla campanella ora in Cervara, anche la campana del 1375 (l’unica muta e legata), nel campanile della chiesa di S.Lorenzo di Guinadi, sulla quale la scritta Petrus de Pontremulo me fecit, che ho decifrato da vicino, ricorda che un tempo l’alto artigianato artistico dimorava anche qui. Oltre il Passo del Borgallo, segnato dalla Croce Longobarda che ho rivelata da anni, nel mio cammino lento ho avuto la fortuna di recuperare un altro frammento di storia pontremolese: lo stemma guelfo ora nel borgo di Valdena, ricordo delle aspre e secolari scaramucce di contesa del confine tra pontremolesi e valdenesi che ebbero fine in parte con l’Unità d’Italia, ma soprattutto con l’abbandono della montagna. Purtroppo, almeno per l’ultima motivazione.. (I suddetti cimeli, scoperti da me, e il loro rendiconto sono nelle mie pubblicazioni, in particolare: La chiesa di S.Bartolomeo al Borgallo per la Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi, vol. LX, e Presenze monastiche altomedioevali e medievali tra il Taro e il Verde, vol LXII, sempre della Deputazione) Allegati: Foto 1- Stemma guelfo di Pontremoli, trovato a Valdena (a nord del Passo del Borgallo) Foto 2- Croce Longobarda del Passo del Borgallo Foto 3- Particolare della campanella del Borgallo con l’effigie di S.Bartolomeo (ora nella chiesa di S.Giorgio di Cervara) Foto 4- Particolare della campanella del Borgallo con l’effigie di S.Rocco pellegrino (ora nella chiesa di S.Giorgio di Cervara) Foto 5- Campana della Chiesa di S.Bartolomeo al Borgallo, ora nel campanile di S.Lorenzo di Guinadi 23 Ottobre 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 Mercoledì S. Teresa Giovedì SS. Angeli Custodi Venerdì S. Gerardo abate Sabato S. Francesco d'Assisi Domenica S. Placido martire Lunedì S. Bruno abate Martedì B. V. del Rosario Mercoledì S. Pelagia Giovedì S. Dionigi Venerdì S. Daniele Sabato S. Firmino Domenica S. Serafino Lunedì S. Edoardo Martedì S. Callisto I Mercoledì S. Teresa Giovedì S. Edvige Venerdì S. Ignazio Sabato S. Luca Domenica S. Isacco Lunedì S. Irene Martedi S. Orsola Mercoledi S. Donato Giovedì S. Giovanni Venerdì S. Antonio M. Claret Sabato S. Crispino Domenica S. Evaristo Lunedì S. Fiorenzo Martedì S. Simone Mercoledì S. Ermelinda Giovedì S. Germano Venerdì S. Lucilla Una città ancora tutta da scoprire di Luciano Bertocchi La recente inaugurazione della “Vetrina della città” di Pontremoli, realizzata nei locali sottostanti il Palazzo Comunale, per i pontremolesi e per i turisti che vorranno approfondire la conoscenza del luogo che hanno scelto di visitare, non sarà solo occasione per conoscere in maniera immediata le diverse realtà che caratterizzano il nostro territorio, ma permetterà di entrare in contatto con uno dei tanti misteri che sono nascosti nel nostro sottosuolo urbano. I locali in cui è stata allestita la grande mostra fotografica e virtuale danno, infatti, la possibilità di prendere visione di alcune strutture dell’antico “Palatium Comunis”, oggi visibili al piano di calpestio grazie all’affioramento arconi a sesto acuto e di enormi capitelli di pietra serena cui erano collegate le colonne del grande porticato altomedioevale del palazzo civico di Pontremoli che, al contrario di quanto avviene oggi, guardava verso il Fiume Magra. Reperti archeologici di grande interesse, sui quali si è soffermato con grande attenzione il Gen. Pietro Ferrari, per fare conoscere il valore della struttura nel contesto della storia più antica di Pontremoli in un momento del quale, soprattutto in chiave urbanistica, conosciamo pochissime cose, ma da cui possiamo elaborare alcune ipotesi sulla antica organizzazione del borgo che stava crescendo alle falde del Piagnaro fin dall’alto Medioevo. Se infatti la Pontremoli che vediamo oggi è solo in parte il frutto dell’impianto urbanistico impostato a partire dal XIV secolo, ben altra doveva essere la situazione nei secoli precedenti, quando il borgo originante, abbarbicato intorno al colle del Piagnaro, alle falde della struttura più antica del castello, scendeva sino a sfiorare i due fiumi che lo avvolgono, protetto da solide mura in cui si aprivano almeno quattro porte, ognuna rivolta verso le direzioni più naturali. A nord ovest, sottostante il castello, la porta che saliva al passo del Brattello; a nord est, proprio a ridosso della collina, la porta che sboccava sulla strada che andava al monastero benedettino di San Giorgio, verso la via di Monte Bardone o più verso est ai passi orientali dell’Appennino; a sud il varco che apriva al grande spiazzo esterno alle mura in cui si svolgevano probabilmente le attività commerciali e quindi al primo agglomerato extra meonia che si spingeva fino alla confluenza dei due fiumi, dove, varcato il Magra, si poteva scendere verso l’Italia centrale; a ovest, a ridosso della Bietola, la porta sul ponte che varcava Foto Massari il Torrente Verde e 24 apriva alla piana che portava con i suoi sentieri alle più diverse direzioni occidentali, sulla sponda più solida del piano alluvionale, quindi meno soggetta agli umori dei fiumi. Il borgo restava racchiuso tra possenti bastioni, che inglobavano anche l’antica chiesa di Sant’Alessandro, primo riferimento sacro per la popolazione, lungo i quali probabilmente scorreva la strada che portava alla piazza, fino appunto al porticato più antico del Palatium Comunis. Da lì, l’accesso al pristino portus, la grande spianata aperta tra Magra e Verde, sul quale, fin dal secolo VIII, insisteva la Chiesa di San Giovanni Battista con il suo Monastero, riferimento ineliminabile per i primi pellegrini cui le ombre della notte inibivano l’accesso alla zona abitata. Sarebbero occorsi altri secoli perché il borgo assumesse un’altra dimensione,di cui proprio il grande spazio antistante il palatium restava il punto di riferimento. Intanto, il primo spontaneo insediamento a sud si organizzava a luogo residenziale, con le sue mura e le sue torri, a dare l’idea di una forza e di un potere che dovevano fare il paio con il borgo appoggiato al castello. La differenziazione politica, tra guelfi nella zona più antica, e ghibellini nell’area nuova, darà una prima identificazione alla esigenza di gestire interessi diversi che troveranno una soluzione solo quando, finita la fase comunale, altri cercherà di sistemare le cose stravolgendo l’immagine nota e marcando profondamente la contrapposizione. Il borgo comunale, raramente in grado di gestire di comune accordo interessi certamente condivisi, vedrà cancellare l’antico fossato, “lo sbara- Foto Massari go” che scandiva lo spiazzo tra nord e sud per lasciare spazio alla fortezza di Cacciaguerra, emblema della fine di un’autonomia comunque pretesa, ma tramontata definitivamente quando le parti sentirono il bisogno di affidare ad altri la soluzione dei loro contrasti . L’agglomerato altomedioevale viene fagocitato dalle nuove esigenze e le strutture più antiche vengono affossate e nascoste prima dalla volontà degli uomini e poi dagli umori mai controllabili dei due fiumi che, in più di un’occasione, imposero la loro legge agli abitanti che cercavano di strappare pezzi di alveo per i loro insediamenti. Quanto cresciuto soprattutto agli albori del Mille e nei decenni a venire torna ora a proporsi nel momento in cui le mani dell’uomo cercano di scoprire il significato delle rare emergenze che la terra torna ad offrire. Così, a fianco delle fondamenta del Palatium, è possibile ritrovare le primitive strutture della duecentesca Chiesa di Santa Maria di Piazza, sopra le quali furono impostate le fondamenta della futura cattedrale, o l’impianto originario della Chiesa di San Geminiano, già nota nel XI secolo, che, troppo a ridosso dell’alveo del Magra, nel secondo Seicento dovette essere ricostruita e soprelevata, anche per appaiarla al piano stradale nel frattempo cresciuto assieme al borgo su livelli di sicurezza. Ma sono centinaia le testimonianze ancora esistenti nei fondi di tanti palazzi di un borgo oggi nascosto sottoterra, di cui un’altra testimonianza eclatante resta il biedale, il canale di spurgo che costeggia la sponda sinistra del Torrente Verde, oggi ad almeno quattro metri sotto strada, un tempo a livello di battuto e riferimento specifico per la salvaguardia dell’igiene dell’abitato, comunque intramoenia. Potessimo scavare, poi, saremmo in grado di ritrovare l’acciottolato della pristina via Francigena che, scendendo lungo il Magra all’altezza dei cortili attuali dei tanti palazzi costruiti sul fiume nei secoli, passava a fianco della Chiesa di Santa Maria di Piazza, disposta da nord a sud, per infrangersi contro la Cortina di Cacciaguerra, il cui passaggio era stato aperto qualche metro più a destra a ridosso della torre centrale, mentre il percorso originale scivolava sotto il porticato della Gabella dell’ampliato Palazzo Comunale fino di fronte alla Chiesa di San Giovanni e. quindi, comunque lungo i cortili di oggi, fino alla porta di Imoborgo. Una Pontremoli nascosta, oggi per molta parte solo immaginabile o deducibile dalla lettura delle poche persistenze, in alcuni casi però ancora godibile, tanto più quando le testimonianze aprono spazi imprevisti su ipotesi tutte da definire, sulle quale però ognuno può giocare per sbizzarrirsi senza freno per sognare la città di tanti secoli fa, forse meno imponente di quella di oggi, ma certo più consapevole di quanto il futuro avrebbe potute offrirle. Foto Massari 25 Novembre 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Sabato Tutti i santi Domenica Comm. dei Defunti Lunedì S. Martino Martedì S. Carlo Borromeo Mercoledì S. Zaccaria Giovedì S. Leonardo Venerdì S. Ernesto Sabato S. Goffredo Domenica S. Oreste Lunedì S. Leone Magno Martedì S. Martino di Tours Mercoledì S. Renato Giovedì S. Diego Venerdì S. Giocondo Sabato S. Alberto Domenica S. Margherita Lunedì S. Elisabetta Martedì S. Oddone Mercoledì S. Fausto Giovedi S. Benigno Venerdì Pres. B. V. Maria Sabato S. Cecilia Domenica Cristo re Lunedì S. Alberto Martedì S. Caterina Mercoledì S. Corrado Giovedì S. Massimo Venerdì S. Giacomo della Marca Sabato S. Saturnino Domenica I di Avv.S. Andrea Cuore di pietra di Luciano Preti “Senti come cresce il fiume...!”. Risuonò la mia voce come un'eco in quei cunicoli. Il sentiero misterioso scelto da me bambino, sembrava aprirsi nella storia di un passato di pietre e di roccia e man mano che avanzavo, il rumore del fiume si faceva sempre più fragoroso e gli spruzzi fangosi mi minacciavano trasformandosi in pareti di argilla umida e brillante. La Magra e il Verde il cui fondo terroso e ghiaioso imbavaglia l'impeto delle acque imponeva paura e timore affilandosi su un letto di fossili, pietre e menhir. I salti verso la pianura diventavano faraglioni e la corrente si trasformava in vortici rivestiti di tronchi. “Senti come cresce il fiume....!”. E più attento alla melma rallentavo la marcia e inciampavo con affanno nel buio degli anfratti misteriosi. L'acqua saliva melmosa in un rumore sempre più cupo e fragoroso, ero costretto a procedere a tentoni come un cieco al lume di una torcia di latta regalatami da mio padre. Davanti a me si apriva uno squallido corridoio che camminava in una strada grigia di pietre e penetrava in una stanza senza pareti murate, ma tagliate nella roccia; due scalini a salire ed un pavimento acciottolato con piagnoni. Il grande guerriero, che al buio, mi si presentò di fronte, forse come in un sogno, mi accompagnò a conoscere la storia e le tradizioni di quei luoghi. Il fanciullino che ho dentro mi aiutava a capire un territorio che ho sempre amato. Che cosa c'è di tanto importante in questi luoghi più che un “pit-stop” obbligato in una città e in una terra che univa l'Italia centrale al Nord? Su una delle colline che chiudono la valle, si staglia la roccia di arenaria estratta dalla montagna: grigia continuità cromatica che mostra risultati costruttivi a distanza di secoli nel segno dell'ingegno antico delle comunità agro-pastorali. Alla sommità di un pianoro roccioso detto Piagnaro, ricoperto di odori di rosmarino selvatico, mi si presentava un gruppo di soldati armati con arnesi rudimentali. Avevano costruito la rocca, che fu rifugio di quegli abitanti eredi dei Liguri Apuani, nella città più remota della Liguria antica, battuta dai venti di tramontana, ad un giorno di marcia dalle coste a picco sul mare di Luni romana. La storia di oggi parte da mura pericolanti e scrostate, dai sassi di arenaria macigno ancora intatti. E' un' antologia di documenti storici che partono dalla terra e dalla preistoria ed attendono solo di essere reinterpretati alla radice, raccontando tra grigie mura di un lontano pas- 26 sato che affronta i temi di un rapporto stretto tra intervento costruttivo, natura e ambiente, innovazione tecnologica del momento e cultura abitativa. Pontremoli, “architettura di pietra sotto i nostri piedi” non è solo una realtà del sottosuolo, ma anche una forza dell'anima che vive dentro di me dalla nascita. Una realtà oggi non visibile, ma nel prossimo futuro spero aperta al pubblico, visitabile e che suggerisca oggi il modo di abitare “in superficie”. Le scoperte fatte in questi anni non solo hanno il merito di aver scovato tesori di interesse storico ma hanno riportato alla luce testimonianze sotterranee che dovrebbero coinvolgere il contesto culturale. In questo scenario si snodano opere idrauliche come l'acquedotto storico, cisterne, pozzi, opere militari, fossi, mura, camminamenti di difesa e di fuga. Un' intera storia parallela estremamente affascinante che si sviluppa silenziosa e misteriosa sotto le piazze, i monasteri, le strade lastricate, le torri ed i palazzi. A Pontremoli la teoria del recupe- ro e del vero restauro è ancora molto lontana e il termine “ristrutturare” rimanda, invece, a tecniche in cui i materiali di costruzione (legno, pietra e piagne) rappresentavano accorgimenti ed elaborazioni in uso nelle metodologie delle costruzioni antiche. Conoscere le pietre vuol dire saper mettere il sasso giusto al posto giusto e curarne la conservazione nel tempo. La posa in opera di un materiale come l'arenaria macigno assume una valenza culturale proponendosi attraverso tecnologie lineari e tradizionali. Penso che una delle principali preoccupazioni di oggi nel campo dei vari interventi sia la cancellazione dei caratteri, infatti molte volte si interviene nella fase di restauro con materiali estranei e con lavorazioni irriconoscibili. Qualsiasi intervento realizzato per migliorare l' habitat di un luogo dovrebbe essere pensato e progettato in armonia con la storia, l'ambiente e i suoi materiali per non perdere la propria identità ed il senso di appartenenza. La pietra arenaria è materia prima della città e prende in esame l'intero ciclo dalla sua lavorazione sino alla posa in opera. Per incanto la materia è diventata viva, si è trasformata, respira, si è fatta forma nella sua gestazione. Nella mia ricerca mi sono sentito “archeologo”, pensando di tradurre in immagini il frutto di un lavoro che respira a pieni polmoni le trame dell' “antico” e che risponde ad emozioni di energia creativa. Uno slancio colmo di forza che porta con sé il segno di un tentativo di vivere svelando gli aspetti più segreti e le energie dell' arenaria. 27 Dicembre 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 Lunedì S. Eligio Martedì S. Bibiana Mercoledì S. Francesco Giovedì S. Barbara Venerdì S. Giulio Sabato S. Nicola Domenica II di Avv.S. Ambrogio Lunedì Immacolata Conc. Martedì s. Siro Mercoledì B. V. Maria di Loreto Giovedì S. Damaso Venerdì S. Giovanna Sabato S. Lucia Domenica III di Avv. S. Gio. della Croce Lunedì S. Valeriano Martedì S. Albina Mercoledì S. Lazzaro Giovedì S. Graziano Venerdì S. Fausta Sabato S. Liberato Domenica IV di Avv. S. Pietro Lunedì S. Francesca Cabrini Martedì S. Giovanni da Kety Mercoledì S. Delfino Giovedì Natale del Signore Venerdì S. Stefano Sabato S. Giovanni Domenica SS. Innocenti Martiri Lunedì S. Tommaso Becket Martedì S. Eugenio Mercoledì S. Silvestro
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