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APPUNTI E SEGNALAZIONI
Frate Nebridio miniatore e un inedito codice lodigiano
MONJA FARAONI
Nella biblioteca del collegio San Francesco di Lodi è custodito
un Antiphonale parvum decorato con una miniatura sola dell’Annunciazione (fig. 1, tav. 16), recentemente studiato dal punto di
vista codicologico da Lisa Longhi.
Appartenuto al direttore della biblioteca laudense Luigi Cremascoli, come da ex-libris, il codice proveniva da quella di Jacques Benigne Bossuet l’antigiansenista vescovo di Meaux
(1627-1704), come attestato dalla nota di appartenenza posta sul
risguardo anteriore del volume.
Nell’analisi della Longhi si accenna alla possibilità che il manoscritto possa essere stato confezionato nell’Italia settentrionale
con una datazione al terzo quarto del XV secolo1.
La carta mostra una cornice che profila il lato destro e quello
inferiore, definita da un sottile tratto a penna con pallini colorati
e dorati e fiori. Nel medaglione centrale un santo vescovo è stagliato su un fondo porpora profilato in oro, con lo sguardo rivolto
verso lo spettatore: occhi tondeggianti, palpebre pronunciate e
labbra piccole.
In alto, nell’intimità domestica della stanza le cui arcate sono
rette da un’esile colonnina, trovano posto l’arcangelo Gabriele
dalle ali colorate e l’intensa sfumatura blu sull’abito bianco, appena posatosi sul pavimento come suggerito dagli svolazzanti cordoni, mentre la colomba dello Spirito Santo, appoggiata ai raggi
dorati, plana verso la Vergine seduta su un seggio di legno intenta
a leggere il piccolo libro sul leggio in posizione quasi pericolante
per l’ardita prospettiva del piano ribassato verso lo spettatore. La
verde parete di fondo è alleggerita dalle monofore aperte su un
cielo blu con nubi bianche, mentre una tenda rossa discretamente
cela il resto della stanza.
La comparazione fra il codice lodigiano e due miniature ritagliate segnalate da Mirella Levi D’Ancona nel 1963 – la lettera E con Sant’Agostino (fig. 2), in cui compare l’iscrizione «Il
mio fil(io) fr(ate) Nebridio si me a depinto ad hono(rem) dei
L’autrice desidera ringraziare: padre Roberto Donghi, Davide Dozio, Tino Gipponi,
Mauro Magliani, padre Giorgio Rinaldi, Marco Pellegrini, Marco Tanzi.
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Per le indicazioni codicologiche si veda L. LONGHI, La biblioteca del collegio
San Francesco: cesura storica e continuità culturale, in Testimoni nella Città. 400
anni dei Barnabiti a Lodi, Castelseprio 2008, pp. 278-279.
2
M. LEVI D’ANCONA, Frate Nebridio. Il Maestro del Messale Mainardi, in «Arte
Lombarda», VIII (1963/2), pp. 87-92, con bibliografia precedente; la miniatura
1. Nebridio, Annunciazione. Lodi, collegio San Francesco, Antiphonale parvum, f. 1r.
et c(etera)», e la Resurrezione di Cristo firmata «Nebridius ME P»2
(fig. 3), quest’ultima ritrovata nel 1975 da Giordana Mariani Canova presso il Fogg Art Museum dell’Harvard University3 – permette di riferire il manoscritto del collegio San Francesco al
ritagliata con Sant’Agostino è conservata a Bologna, Museo Civico Medievale,
Palagi n. 130, mentre la Resurrezione di Cristo, insieme ad altri quindici frammenti della stessa mano, si trova a Cambridge (Mass.), Harvard University,
Houghton Library, pf. ms. Typ. 979.
3
G. MARIANI CANOVA, Manoscritti miniati veneti nelle biblioteche di Cambridge
e Boston (Mass.), in «Arte Veneta», 29 (1975), pp. 97-104. Le miniature vennero
conservate ad Harvard presso il Fogg Art Museum fino al 1990 per poi essere
spostate alla Houghton Library della stessa Università.
Frate Nebridio miniatore e un inedito codice lodigiano
2. Nebridio, Lettera E con Sant’Agostino. Bologna, Museo Civico Medievale,
Palagi n. 130.
3. Nebridio, Resurrezione. Cambridge (Mass.), Harvard University, Houghton
Library, pf. ms. Typ. 979, f. 5.
miniatore cremonese frate Nebridio, ultimo baluardo della cultura
tardogotica, la cui produzione rivela un evidente accostamento alla
pittura di Bonifacio Bembo, su cui si innestano soluzioni personali
quali l’invenzione di bordure dove fanno capolino gli angeli musici,
cifra distintiva della produzione pittorica dell’artista.
Confrontando le tre opere è possibile notare come alcuni elementi rimangano costanti nel suo modo di miniare: i tratti fluenti
e morbidi che definiscono la barba o i capelli, le mani lunghe ed
esili, troppo fragili per reggere qualsiasi cosa, i volti dagli occhi tondi,
la piccola bocca, la raffinatezza dei giochi cromatici che diventano
prevalenti sull’esatta costruzione prospettica dell’ambiente, caratteristiche stilistiche a ulteriore sostegno nell’attribuzione dell’Annunciazione proprio a Nebridio.
Se nel Sant’Agostino la posa di tre quarti individua una costruzione spazialmente più evoluta rispetto ai primi lavori attribuiti all’artista quali le miniature del Bellum Jugurtinum (fig. 4) e del
Bellum Catilinarium di Sallustio (fig. 5), miniato per Ludovico il
Moro nel 14674, nel Breviario per il convento di San Domenico a
Cremona scritto dal frate Andrea da Cremona nello stesso anno
(fig. 7), nel poco successivo Breviario Agostiniano di Oxford5 (fig.
6), che anticipa i ritagli di Harvard, e nello splendido Breviario donato dal protonotaro apostolico Francesco Corti al cardinale Ascanio Maria Sforza, che lo aveva investito del titolo onorifico nel
14856, si nota come le miniature divengano cromaticamente più
ricercate, con esiti di virtuosismo nelle trasparenze o nel delicato
chiaroscuro che richiamano uno dei frammenti più importanti di
Harvard7, la citata Resurrezione. Questa, ambientata in un ampio
paesaggio in cui si scalano in profondità le colline e gli alberi e si
apre fra le rocce frastagliate un piccolo fiume, mostra Cristo risorto
vestito con un candido drappeggio. Nell’esile figura di Gesù la maestria tardogotica del panneggio ricco di pieghe non viene mai meno
pur individuando, anche se superficialmente, un contatto sia con
la cultura di matrice rinascimentale di Antonio Cicognara, autore
nel 1480 dell’Antiphonarium proprium Sanctorum per la cattedrale
di Cremona, suddiviso tra il codice VIII e il IX8 – quest’ultimo decorato con quattro miniature da Nebridio – sia col più giovane Baldassarre Coldiradi, attivo tra il 1482 e il 1484 nei codici VI e X
sempre per il Duomo, da cui Nebridio mutua quel gusto per le
rocce verdi dai balzi viola che si elevano verso il cielo e che sono ben
raffigurate nel ritaglio preso in esame, in cui si nota una maggior
complessità nella definizione della lettera dalle foglie ampie e carnose che si avviluppano al roseo profilo; frammento che si pone
come immediato precedente al codice lodigiano, riferibile oramai
alla piena maturità del miniatore e da porre verso la fine degli anni
ottanta del Quattrocento, insieme al Messale Mainardi che ripropone nell’Annunciazione del foglio 191r (fig. 8) le stesse pose dei
sacri protagonisti del codice di Lodi anche se privi dell’ambientazione architettonica9. Recentemente il catalogo dell’artista si è
arricchito con l’attribuzione di alcune semplici decorazioni floreali e di un privilegio del consorzio di Sant’Omobono del
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Parigi, Bibliothèque Nationale de France, Lat. 18272.
Roma, Biblioteca Casanatense, Manoscritti, ms. 1182; Oxford, Bodleian
Library, ms. Canon. Liturg. 388. Per la ricostruzione storiografica si veda:
S. BANDERA, Persistenze tardogotiche a Cremona: frate Nebridio e altri episodi,
in «Paragone», 28, 323 (1977), pp. 35-72, con bibliografia precedente.
5
Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Gerli, 40.
Cambridge (Mass.), Harvard University, Houghton Library, pf. ms. Typ.
979.
8
Cremona, Archivio storico diocesano, Cattedrale, ms. IX.
9
Cremona, Biblioteca Statale, Governativo, ms. 18.
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Arte Lombarda | MONJA FARAONI
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4. Nebridio, «Bellum Jugurtinum». Parigi, Bibliothèque Nationale de France,
Latin 18272, f. 28r.
5. Nebridio, «Bellum Catilinarium». Parigi, Bibliothèque Nationale de France,
Latin 18272, f. 1r.
149510 in cui il tema del Cristo in pietà con alle spalle la croce si ricollega a quello raffigurante Tre croci, frammento ritagliato e conservato presso la British Library di Londra11.
L’ultima opera miniata con la quale il frate sembra concludere
la sua prolifica carriera è, per la scrivente, il Libro d’ore dedicato
alla Vergine scritto da Matteo de Renari per il convento di San
Domenico a Cremona, ritenuto invece da Sandrina Bandera
opera di bottega12.
L’intonazione è più domestica e meno raffinata, rimanendo
costante la bordura floreale con gli angeli musici, a cui si accostano inusuali piccole scene di vita quotidiana della Sacra Famiglia inserite nel bas de page13.
Entro il 1503 Nebridio concludeva la sua esistenza terrena, af-
fidando al nipote Marchino il completamento delle sue opere, come
suggerisce il pagamento a lui effettuato per terminare un graduale
riservato al monastero di San Sigismondo.
L’attività di miniatore del frate si è profusa, quindi, per i maggiori cenobi di Cremona, come già nel 1883 il Caffi sottolineava14,
ritenendo erroneamente che l’artista fosse un monaco olivetano
dapprima attivo per la chiesa di San Lorenzo a Cremona e poi nella
stessa città per le chiese di San Domenico e San Sigismondo.
In realtà Nebridio, che la miniatura ritagliata di Bologna porta
a sostenere possa essere agostiniano, non fu mai monaco olivetano, come confermato dal Liber Professorum e dal Necrologium
dell’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, ma con tutta probabilità benedettino. In un’inedita trascrizione senza data, con-
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11
Per le semplici decorazioni floreali si veda M. MARUBBI, Pittori, opere e committenze dall’apogeo dell’età viscontea alla fine della signoria sforzesca, in Storia di Cremona. Il Quattrocento. Cremona nel ducato di Milano (1395-1535), a cura di G.
Chittolini, Cremona 2008, p. 322-323; per il diploma del consorzio si veda C.
QUATTRINI, Frate Nebridio, in Devozione e carità. Il patrimonio artistico delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza di Cremona, a cura di L. Bellingeri, Cremona 2001, pp. 210-212.
Londra, British Library, Additional 60630, f. 3.
BANDERA, 1977, p. 57.
13
Cambridge (Mass.), Harvard Fine Arts Library, R149 AB 1990-42, in cui si
trova dal 1990 quale deposito della libreria antiquaria di H. Tenschert a Bibermühle, Ramsen (Switzerland).
14
M. CAFFI, Vincenzo Civerchio. Notizie e documenti, in «Archivio Storico Italiano», XI (1883), pp. 331-332.
12
Frate Nebridio miniatore e un inedito codice lodigiano
6. Nebridio, Breviario agostiniano. Oxford, Bodleyan Library, Canon. Liturg.
388, f. 7r.
7. Nebridio, Breviario dell’ordine dei predicatori. Roma, Biblioteca Casanatense, Manoscritti, ms. 1182, f. 7r.
servata nei registri del convento di San Domenico, infatti, è
riportato un pagamento del 7 dicembre 1499 a «don Nebridio
dell’ordine dei monaci di San Lorenzo di Cremona per lettere
otto de miniature de notturni, e lo minio delli hinni, li quali
lui ha miniato, e lo salterio notturno a £. 10 per cadauna lettera, eccetto il principio, del quale havvi £. 20»15; altri registri
di pagamento dello stesso convento, segnalati da Mario Marubbi16, rivelano che l’artista ebbe una lunga consuetudine sia
con i domenicani sia con gli agostiniani, a testimonianza della
bravura raggiunta dal miniatore.
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16
Milano, Archivio di Stato, Fondo Religione, cart. 4284.
MARUBBI, 2008, p. 323.
Referenze fotografiche
1: Collegio San Francesco, Lodi; 2: Museo Civico Medievale, Bologna; 3: Houghton Library, Harvard University, Cambridge (Mass.); 4-5: Bibliothèque Nationale de France, Parigi; 6: Bodleian Library, Oxford; 7: Biblioteca Casanatense,
Roma; 8: Biblioteca Statale, Cremona.
8. Nebridio, Annunciazione. Cremona, Biblioteca Statale, Governativo, Messale
Mainardi. ms. 18, f. 191r.
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