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Incontro Medici
dell’Ospedale di Locri
(Episcopio di Locri 5 gennaio 2015)
L’incontro con Gesù,
Medico misericordioso
Orazione iniziale
Signore, non un ’erba, né un emolliente guariscono le ferite e le
malattie dell 'anima, ma la tua Parola, che tutto sostiene e tutto crea,
sempre nuovo, ogni giorno. Accostati a noi e stendi la tua mano
forte, affinché, afferrati ad essa, possiamo lasciarci rialzare, possiamo
risorgere e cominciare ad essere tuoi discepoli, tuoi servi. Gesù, Tu
sei la Porta delle pecore, la Porta aperta nel cielo: a Te noi ci
accostiamo, con tutto ciò che siamo e portiamo nel cuore. Portaci
con Te, nel silenzio, nel deserto fiorito della tua compagnia e lì
insegnaci a pregare, con la tua voce, la tua parola, affinché anche noi
diventiamo annunciatori del Regno. Manda ora su di noi il tuo
Spirito con abbondanza, perché ti ascoltiamo con tutto il cuore e
tutta la mente. Amen.
Salmo 29
Canto di ringraziamento per la liberazione da una grande prova
Rit. Alle tue mani, Signore, affido la mia vita.
Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato
e su di me non hai lasciato esultare i nemici.
Signore Dio mio, a te ho gridato e mi hai guarito.
Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi,
mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba. Rit.
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
rendete grazie al suo santo nome,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
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Alla sera sopraggiunge il pianto e al mattino, ecco la gioia.
Nella mia prosperità ho detto: «Nulla mi farà vacillare!».
Nella tua bontà, o Signore, mi hai posto su un monte sicuro;
ma quando hai nascosto il tuo volto, io sono stato turbato. Rit.
A te grido, Signore, chiedo aiuto al mio Dio.
Quale vantaggio dalla mia morte, dalla mia discesa nella tomba?
Ti potrà forse lodare la polvere e proclamare la tua fedeltà?
Ascolta, Signore, abbi misericordia,
Signore, vieni in mio aiuto.
Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia,
perché io possa cantare senza posa.
Signore, mio Dio, ti loderò per sempre. Rit.
Vangelo Lc 10, 25-37
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, un dottore della Legge
si alzò per mettere alla prova Gesù e
chiese: «Maestro, che cosa devo fare
per ereditare la vita eterna?». Gesù gli
disse: «Che cosa sta scritto nella Legge?
Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con
tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e
con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli
disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio
prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a
Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via
tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo
mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella
medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta,
giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano,
che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe
compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi
olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un
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albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due
denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò
che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi
tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani
dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui».
Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
Preghiera del medico
Dio mio, riempi la mia anima d’amore
per l’arte e per tutte le creature.
Non lasciare che la sete di guadagno e la ricerca della gloria
influenzino l’esercizio della mia arte
allontanandomi dal nobile dovere
di fare del bene a tutte le creature.
Fa’ che in colui che soffre io non veda altro che un uomo.
Fa’ che la mia mente sia limpida al letto del malato,
affinché io possa ricordare
ciò che l’intelletto e la scienza mi hanno insegnato.
Fa’, o Signore, che i miei pazienti abbiano fiducia
in me e nella mia arte.
Fa’ che essi seguano le mie prescrizioni e i miei consigli.
Allontana dal loro letto i ciarlatani,
la folla dei parenti sempre prodiga di consigli
e le comari che credono di sapere tutto d’ogni cosa,
poiché si tratta di gente pericolosa che riesce spesso,
per vanità e presunzione,
a far fallire anche le migliori cure dell’arte
e conduce non di rado la creatura alla morte.
Concedimi, o Signore, l’indulgenza e la pazienza
di fronte ai malati testardi e seccatori.
Fa’ che io sia moderato in ogni cosa,
ma che insaziabile sia il mio amore per la scienza.
Allontana dal mio cuore la presunzione
che nulla vi sia per me di inconoscibile.
Concedimi la forza, la volontà e le occasioni
di accrescere le mie conoscenze.
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Fa’ che in ogni momento io possa scorgere
la presenza di cose di cui non sospettavo neppure l’esistenza,
poiché l’arte nostra è vasta e lo spirito umano
mai finisce di percorrere la strada del sapere.
Signore Gesù, Medico Divino,
che nella tua vita terrena hai prediletto coloro che soffrono
ed hai affidato ai tuoi discepoli il ministero della guarigione,
rendici sempre pronti ad alleviare le pene dei nostri fratelli.
Fa che ciascuno di noi,
consapevole della grande missione che gli è affidata,
si sforzi di essere sempre, nel proprio quotidiano servizio,
strumento del tuo amore misericordioso.
Illumina la nostra mente, guida la nostra mano,
rendi attento e compassionevole il nostro cuore.
Fa’ che in ogni paziente
sappiamo scorgere i lineamenti del tuo Volto divino.
Tu che sei la Via, donaci di saperti imitare ogni giorno
come medici non soltanto del corpo ma dell’intera persona,
aiutando chi è malato a percorrere con fiducia
il proprio cammino terreno,
fino al momento dell’incontro con Te.
Tu che sei la Verità, donaci sapienza e scienza,
per penetrare nel mistero dell’uomo
e del suo trascendente destino,
mentre ci accostiamo a lui per scoprire le cause del male
e per trovarne gli opportuni rimedi.
Tu che sei la Vita, donaci di annunciare
e testimoniare nella nostra professione il “Vangelo della vita”,
impegnandoci a difenderla sempre,
dal concepimento al suo termine naturale,
e a rispettare la dignità di ogni essere umano,
specialmente dei più deboli e bisognosi.
Rendici, o Signore, buoni Samaritani,
pronti ad accogliere, curare e consolare
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quanti incontriamo nel nostro lavoro.
Sull’esempio dei santi medici che ci hanno preceduto,
aiutaci ad offrire il nostro generoso apporto
per rinnovare costantemente le strutture sanitarie.
Concedici infine che,
avendo costantemente amato e servito Te nei fratelli sofferenti,
al termine del nostro pellegrinaggio terreno
possiamo contemplare il tuo volto glorioso
e sperimentare la gioia dell’incontro con Te,
nel tuo Regno di gioia e di pace infinita. Amen
Orazione finale
Signore, desidero lodarti, benedirti e ringraziarti
con tutto il cuore per questa tua Parola, scritta per me, oggi,
pronunciata dal tuo Amore per me,
perché Tu veramente mi ami.
Grazie, perché sei venuto, sei sceso, sei entrato in casa mia
e mi hai raggiunto proprio là dove io stavo male,
dove mi bruciava una febbre nemica;
sei giunto là dove io ero lontano e solo. E mi hai preso.
Mi hai afferrato la mano e mi hai fatto rialzare,
ridandomi la vita piena e vera, quella che viene da Te,
quella che si vive accanto a Te.
Per questo adesso sono felice, mio Signore.
Grazie perché hai oltrepassato le mie oscurità,
hai sconfitto la notte con la tua preghiera
potente, solitaria, amorosa;
hai fatto risplendere la tua luce in me, nei miei occhi
e adesso anch’io ci vedo di nuovo, sono illuminato dentro.
Anch’io prego con te
e cresco proprio grazie a questa preghiera fatta insieme.
Signore, grazie perché mi spingi verso gli altri,
verso mondi nuovi, strade nuove, fuori dalla porta di casa.
Io non sono del mondo, lo so,
però sono e rimango dentro il mondo,
per continuare ad amarlo e ad evangelizzarlo.
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Signore, la tua Parola può rendere veramente il mondo più bello.
Grazie, Signore. Amen.
Benedizione finale
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXIII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 2015
Sapientia cordis.
«Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo»
(Gb 29,15)
Cari fratelli e sorelle,
in occasione della XXIII Giornata Mondiale del Malato, istituita da
san Giovanni Paolo II, mi rivolgo a tutti voi che portate il peso della
malattia e siete in diversi modi uniti alla carne di Cristo sofferente;
come pure a voi, professionisti e volontari nell’ambito sanitario.
Il tema di quest’anno ci invita a meditare un’espressione del Libro di
Giobbe: «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo»
(29,15). Vorrei farlo nella prospettiva della “sapientia cordis”, la
sapienza del cuore.
1. Questa sapienza non è una conoscenza teorica, astratta, frutto di
ragionamenti. Essa piuttosto, come la descrive san Giacomo nella sua
Lettera, è «pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di
misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera» (3,17). È dunque
un atteggiamento infuso dallo Spirito Santo nella mente e nel cuore
di chi sa aprirsi alla sofferenza dei fratelli e riconosce in essi
l’immagine di Dio. Facciamo nostra, pertanto, l’invocazione del
Salmo: «Insegnaci a contare i nostri giorni / e acquisteremo un cuore
saggio» (Sal 90,12). In questa sapientia cordis, che è dono di Dio,
possiamo riassumere i frutti della Giornata Mondiale del Malato.
2. Sapienza del cuore è servire il fratello. Nel discorso di Giobbe che
contiene le parole «io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo
zoppo», si evidenzia la dimensione di servizio ai bisognosi da parte
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di quest’uomo giusto, che gode di una certa autorità e ha un posto
di riguardo tra gli anziani della città. La sua statura morale si
manifesta nel servizio al povero che chiede aiuto, come pure nel
prendersi cura dell’orfano e della vedova (vv.12-13).
Quanti cristiani anche oggi testimoniano, non con le parole, ma con
la loro vita radicata in una fede genuina, di essere “occhi per il
cieco” e “piedi per lo zoppo”!
Persone che stanno vicino ai malati che hanno bisogno di
un’assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per
nutrirsi. Questo servizio, specialmente quando si prolunga nel
tempo, può diventare faticoso e pesante. È relativamente facile
servire per qualche giorno, ma è difficile accudire una persona per
mesi o addirittura per anni, anche quando essa non è più in grado di
ringraziare. E tuttavia, che grande cammino di santificazione è
questo! In quei momenti si può contare in modo particolare sulla
vicinanza del Signore, e si è anche di speciale sostegno alla missione
della Chiesa.
3. Sapienza del cuore è stare con il fratello. Il tempo passato accanto
al malato è un tempo santo. È lode a Dio, che ci conforma
all’immagine di suo Figlio, il quale «non è venuto per farsi servire,
ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt
20,28). Gesù stesso ha detto: «Io sto in mezzo a voi come colui che
serve» (Lc 22,27).
Chiediamo con viva fede allo Spirito Santo che ci doni la grazia di
comprendere il valore dell’accompagnamento, tante volte silenzioso,
che ci porta a dedicare tempo a queste sorelle e a questi fratelli, i
quali, grazie alla nostra vicinanza e al nostro affetto, si sentono più
amati e confortati. Quale grande menzogna invece si nasconde
dietro certe espressioni che insistono tanto sulla “qualità della vita”,
per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non
sarebbero degne di essere vissute!
4. Sapienza del cuore è uscire da sé verso il fratello. Il nostro mondo
dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto
del malato, perché si è assillati dalla fretta, dalla frenesia del fare, del
produrre, e si dimentica la dimensione della gratuità, del prendersi
cura, del farsi carico dell’altro. In fondo, dietro questo
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atteggiamento c’è spesso una fede tiepida, che ha dimenticato quella
parola del Signore che dice: «L’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Per questo, vorrei ricordare ancora una volta «l’assoluta priorità
dell’“uscita da sé verso il fratello” come uno dei due comandamenti
principali che fondano ogni norma morale e come il segno più
chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spirituale in
risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio» (Esort. ap.
Evangelii gaudium, 179).
Dalla stessa natura missionaria della Chiesa sgorgano «la carità
effettiva per il prossimo, la compassione che comprende, assiste e
promuove» (ibid.).
5. Sapienza del cuore è essere solidali col fratello senza giudicarlo. La
carità ha bisogno di tempo. Tempo per curare i malati e tempo per
visitarli. Tempo per stare accanto a loro come fecero gli amici di
Giobbe: «Poi sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette
notti. Nessuno gli rivolgeva una parola, perché vedevano che molto
grande era il suo dolore» (Gb 2,13). Ma gli amici di Giobbe
nascondevano dentro di sé un giudizio negativo su di lui: pensavano
che la sua sventura fosse la punizione di Dio per una sua colpa.
Invece la vera carità è condivisione che non giudica, che non
pretende di convertire l’altro; è libera da quella falsa umiltà che
sotto sotto cerca approvazione e si compiace del bene fatto.
L’esperienza di Giobbe trova la sua autentica risposta solo nella
Croce di Gesù, atto supremo di solidarietà di Dio con noi,
totalmente gratuito, totalmente misericordioso. E questa risposta
d’amore al dramma del dolore umano, specialmente del dolore
innocente, rimane per sempre impressa nel corpo di Cristo risorto, in
quelle sue piaghe gloriose, che sono scandalo per la fede ma sono
anche verifica della fede (cfr Omelia per la canonizzazione di Giovanni
XXIII e Giovanni Paolo II, 27 aprile 2014).
Anche quando la malattia, la solitudine e l’inabilità hanno il
sopravvento sulla nostra vita di donazione, l’esperienza del dolore
può diventare luogo privilegiato della trasmissione della grazia e
fonte per acquisire e rafforzare la sapientia cordis. Si comprende
perciò come Giobbe, alla fine della sua esperienza, rivolgendosi a
Dio possa affermare: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i
miei occhi ti hanno veduto» (42,5). Anche le persone immerse nel
mistero della sofferenza e del dolore, accolto nella fede, possono
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diventare testimoni viventi di una fede che permette di abitare la
stessa sofferenza, benché l’uomo con la propria intelligenza non sia
capace di comprenderla fino in fondo.
6. Affido questa Giornata Mondiale del Malato alla protezione
materna di Maria, che ha accolto nel grembo e generato la Sapienza
incarnata, Gesù Cristo, nostro Signore.
O Maria, Sede della Sapienza, intercedi quale nostra Madre per tutti
i malati e per coloro che se ne prendono cura. Fa’ che, nel servizio al
prossimo sofferente e attraverso la stessa esperienza del dolore,
possiamo accogliere e far crescere in noi la vera sapienza del cuore.
Accompagno questa supplica per tutti voi con la mia Benedizione
Apostolica.
Dal Vaticano, 3 dicembre 2014
Memoria di San Francesco Saverio
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