21 27 Roraima 1 PM LL giste MC articolo 12/09/14 15:31 Pagina 21 RORAIMA Testo e foto di PAOLO MOIOLA LUNGO IL RIO BRANCO. VIAGGIO A RORAIMA / 1 FORESTE, SAVANE Terra amazzonica di foreste e savane, Roraima è lo stato brasiliano con la maggiore percentuale di popolazione indigena. I cui diritti sono stati conquistati con una lotta quasi sempre cruenta (e tuttora non conclusa). A Boa Vista, capitale di Roraima, abbiamo visitato la Casa de Saúde Indigena (Casai), scoprendo che i «mondi indigeni» resistono nelle proprie diversità. E POPOLI INDIGENI M anaus. Il taxi passa accanto all’Arena Amazonas, uno dei tanti monumenti allo spreco dei mondiali di calcio organizzati dal Brasile. Se lo stadio è modernissimo, la stazione delle corriere è vecchia, sporca e molto triste. Da qui partono i bus per alcune città della regione. In verità, per andare a Boa Vista, capitale del confinante stato di Roraima, il mezzo di trasporto più comodo sarebbe l’aereo. Ma è anche quello più costoso. E poi abbiamo una curiosità, o forse uno sfizio: passare per la Br-174, la strada federale che unisce Manaus con Roraima e il confine venezuelano (Pacaraima), tagliando foresta e savana (lavrado). Peccato che il viaggio per raggiungere # Sotto: il corso del Rio Branco a Boa Vista, capitale di Roraima. Boa Vista - 800 km percorribili in circa 11 ore - sia in gran parte notturno. Nonostante ciò, lungo il nastro d’asfalto - ci sono voluti quasi 35 anni (dal 1965 al 1998) per completarlo - qualcosa riusciamo comunque a vedere. Come, ad esempio, il grande cartellone che indica l’attraversamento della terra indigena Waimiri-Atroari, nata nel 1989. Sono proprio i Waimiri-Atroari che hanno pagato con lo sterminio la costruzione della Br-174: da alcune migliaia di individui furono ridotti a poche centinaia. Sono sempre i Waimiri-Atroari a essere accusati, nel novembre del 1968, di aver massacrato la spedizione di pacificazione guidata da padre Giovanni Calleri, missionario della Consolata italiano1. 21 27 Roraima 1 PM LL giste MC articolo 12/09/14 15:31 Pagina 22 RORAIMA Null’altro si può vedere fino al mattino, quando il bus attraversa alcuni piccoli villaggi, poco prima dell’arrivo a Boa Vista, la capitale brasiliana situata più a Nord, l’unica oltre la linea dell’equatore. Già nel pomeriggio ci incontriamo con fratel Carlo Zacquini, missionario della Consolata. Sarà una delle nostre guide. Lo conosciamo come strenuo difensore della causa indigena e grande conoscitore del popolo yanomami, con cui ha condiviso una lunga parte della propria esistenza2. Lo stato di Roraima ospita la maggior percentuale di popolazione indigena tra gli stati brasiliani: l’11 per cento del totale3. Si contano (almeno) nove etnie diverse distribuite su 32 terre indigene: Makuxi, Wapischana, Taurepang, Ingarikó, Patamona, che vivono in savana; Wai-Wai, Waimiri-Atroari, Yekuana, Yanomami, che vivono in foresta. A Roraima, i Makuxi sono i più numerosi (oltre 20mila persone), seguiti dagli Yanomami, questi ultimi divenuti - per varie ragioni (alcune tragiche come l’invasione delle loro terre e la costruzione della Br-210) - uno dei popoli indigeni più conosciuti del mondo. Continua a pagina 25. Breve cronologia di RORAIMA • 1600 - 1700 - Dal Nord - Guyana britannica e Guyana olandese - giungono esploratori inglesi e olandesi. Quasi sempre in cerca di oro e di indigeni da schiavizzare (cfr. Nádia Farage, As Muralhas..., 1991). • 1725 - Arrivano i primi missionari. Sono Carmelitani. • 1750, gennaio - Ferdinando VI di Spagna e Giovanni V del Portogallo firmano il Trattato di Madrid per stabilire un confine tra le rispettive colonie in America meridionale. • 1755 - Viene creata la Capitania de São José do Rio Negro, comprendente gli attuali stati di Amazonas e Roraima. • 1904 - Con la mediazione di Vittorio Emanuele III, re d’Italia, viene risolta la diatriba territoriale tra il Brasile e la Guyana britannica. • 1943, settembre - Un decreto legge smembra lo stato di Amazonas, formando il Territorio federale del Rio Branco. 22 MC OTTOBRE 2014 • 1962 - Il nome viene cambiato in Territorio federale di Roraima. Con la nuova Costituzione del 1988 diventerà stato di Roraima. • 1964 - 1985 - Il Brasile diventa una dittatura militare. La «Dottrina della sicurezza nazionale» prevede un’attenzione particolare per le frontiere e l’Amazzonia. Durante il regime viene anche deliberata la costruzione della Br-174 e della Br-210 (Perimetral Norte). • 1970 - 1990 - La popolazione aumenta di 5 volte a causa dell’immigrazione da altri stati, in particolare da Maranhão, Pará e Amazonas. • 1992 - 2005 - Nel 1992 viene omologata (ratificata) la Terra indigena yanomami; nel 2005 la Terra indigena Raposa Serra do Sol. • 2014, 31 maggio - Gli Yanomami festeggiano l’uscita degli ultimi fazendeiros dalle proprie terre (regione dell’Ajarani), a distanza di 22 anni dall’omologazione. Il leader Davi Kopenawa riceve minacce di morte. • 2014, 5 ottobre - A Roraima e in tutto il Brasile si tengono le elezioni per il presidente federale e per i governatori statali. 21 27 Roraima 1 PM LL giste MC articolo 12/09/14 15:31 Pagina 23 MC ARTICOLI Storie di «progresso» e di genocidi Br-174 e Br-210: strade di sangue Le strade portano «progresso»? La risposta non è ovvia. Come dimostrano la Br-174 e la Br-210, due rodovias che hanno attraversato territori indigeni portando distruzione ambientale, violenza, malattie. E un numero tale di morti da far parlare di genocidio. oa Vista. La tomba di padre Giovanni Calleri, missionario della Consolata nativo di Carrù (Cuneo), è posta ai piedi dell’altare di Nossa Senhora do Carmo, la chiesa madre (Matriz) di Boa Vista costruita a duecento metri dal Rio Branco. Sotto l’altare sono conservate una parte delle ossa del missionario, recuperate nel novembre 1968 dagli uomini del Parasar, un corpo specializzato dell’Aeronautica militare brasiliana. In quegli anni il Brasile era governato dai militari. Il loro «Piano di integrazione nazionale» (Plano de Integração Nacional) prevedeva la costruzione di strade (rodovias) per favorire la colonizzazione dell’Amazzonia. Una di queste strade era la Br174. La spedizione di Giovanni Calleri - composta da 8 uomini e 2 donne (un evento in sé) - venne incaricata di trovare una mediazione con i Waimiri-Atroari, un’etnia indigena che si opponeva al passaggio della strada sul proprio territorio. Il gruppo fu massacrato (eccetto una guida, forse corresponsabile), cadendo in una trappola ordita in alto, da chi aveva interesse a chiudere la partita con un popolo orgoglioso e indomito. Ne è convinto padre Silvano Sabatini, che da allora oggi ha 92 anni - combatte una lunga e faticosa battaglia per ristabilire la verità di quella tragedia. «L’avevo abbracciato l’ultima volta il tredici ottobre (del 1968, ndr) - scrive Sabatini -. Era un giovane di trentaquattro anni, ora un mucchio di ossa dentro un sacco. Ero sconvolto e mi sentivo colpevole di quanto avvenuto, per aver appoggiato, come presidente della Coprind (Commissione pro-indio di Roraima, ndr), la spedizione e poi averla abbandonata nel momento cruciale, per quelle che erano considerate le altre - e più “alte” priorità della Missione, cui non mi ero potuto sottrarre. Con fredda lucidità mormorai: “Calleri, giuro che scoprirò la verità!”. Il mattino successivo, nell’Istituto di Medicina legale di Manaus, fu realizzato il riconoscimento delle salme. I sacchi furono disposti a © geopt org B © Archivio MC terra, accanto a nove piccole bare. Io stesso li aprii uno per uno, mentre il medico legale passava loro vicino, con uno sguardo disinteressato. Spettò a me trasferire le ossa dal sacco alla cassetta. Le osservai attentamente e constatai che molte erano scheggiate. In tutti i casi, il cranio era fratturato e, talvolta, completamente # A sinistra: i membri della spedizione di padre Giovanni Calleri © Archiv M (al centro con gli occhiali). Qui sopra: i resti mortali della spedizione. In alto: il cartellone lungo la Br-174 avverte che si sta entrando nella riserva indigena. Pagina precedente: Boa Vista, il monumento al garimpeiro, figura devastante per l’Amazzonia e i popoli indigeni. OTTOBRE 2014 MC 23 21 27 Roraima 1 PM LL giste MC articolo 12/09/14 15:31 Pagina 24 RORAIMA # A sinistra: la chiesa Nostra Signora del Carmine, a Boa Vista, dove si trovano i resti di padre Giovanni Calleri. Qui sotto: la scritta sulla lapide ai piedi dell’altare. triturato. Quello di Padre Calleri presentava un foro nell’occipite (...)»1. La popolazione dei Waimiri-Atroari conta attualmente circa 1.500 persone, ma negli anni Settanta-Ottanta era arrivata sull’orlo dell’estinzione. Oggi la Br-174 unisce Manaus, capitale di Amazonas, con Boa Vista, capitale di Roraima, e con il confine venezuelano, attraversando le riserve indigene dei Waimiri-Atroari e dei Taurepang-Wapischana-Makuxi (São Marcos). La terra indigena Raposa Serra do Sol - occupata da Makuxi, Wapischana, Taurepang, Patamona e Ingarikó - viene invece soltanto sfiorata dalla Br-174. el 1973, sempre il governo militare inizia la costruzione di un’altra rodovia: la Br-210, conosciuta come «Perimetral Norte», che dovrebbe unire gli stati di Amazonas, Roraima, Pará e Amapá. Il copione si ripete: i lavori si svolgono su territori indigeni e fanno strage tra le popolazioni. Gli Wajãpi di Amapá e soprattutto gli Yanomami di Roraima sono quelli che pagano le conseguenze del «progresso» deciso dai bianchi. I lavori di costruzione aprono la via a ogni genere di invasori: garimpeiros, fazendeiros2, cacciatori, boscaioli, avventurieri di ogni sorta. La violenza degli uomini si accompagna alle epidemie di morbillo (sarampo, in portoghese), che fanno centinaia di morti tra gli Yanomami. La costruzione della Br-210 viene sospesa nel 1977, ma ormai i danni sono fatti. Oggi la strada è ridotta a poche centinaia di chilometri, la gran parte impercorribili o sterrati. Dunque, se si analizza la storia con occhi il più possibile obiettivi, non si può negare che le rodovias Br174 e Br-210 siano state costruite sul sangue indigeno. Parlare di genocidio non costituisce un’esagerazione, ma il riconoscimento di una tragica realtà storica. Paolo Moiola NOTE 1 - Cfr. Silvano Sabatini, Il prete e l’antropologo. Tra gli indios dell’Amazzonia, Ediesse, Roma 2011, pag. 53. 2 - I garimpeiros sono i cercatori d’oro, i fazendeiros i grandi proprietari terrieri. N # Qui sopra: padre Sabatini (92 anni). A sinistra: le copertine dei suoi libri: Sangue nella foresta amazzonica e Il prete e l’antropologo. Tra gli indios dell’Amazzonia (scritto con l’antropologa Silvia Zaccaria), in cui il confratello di padre Calleri smonta la verità ufficiale sul massacro della spedizione. 24 MC OTTOBRE 2014 21 27 Roraima 1 PM LL giste MC articolo 12/09/14 15:31 Pagina 25 MC ARTICOLI Con fratel Carlo andremo a visitare la Casa de Apoio à Saúde do Índio (Casai) della capitale. La Casai è una struttura federale in cui vengono ospitati gli indigeni con problemi di salute. Non è un vero e proprio ospedale perché non ne ha tutte le caratteristiche. Ad esempio, non vengono eseguiti né esami strumentali né operazioni chirurgiche, che sono di pertinenza degli ospedali del Sistema Único de Saúde (Sus). Tanti soldi, poca efficienza La Casai di Boa Vista è nella zona dell’Università Federale e dell’aeroporto. L’accesso sarebbe limitato agli indigeni e al personale addetto, ma fratel Zacquini è conosciuto e con lui si riesce ad entrare. Ci ripromettiamo (pur a fatica) di non tirare fuori dallo zaino né videocamera né macchina fotografica: non è consentito, ma soprattutto non è corretto. Il complesso è grande e composto da numerosi padiglioni di un solo piano, tutti circondati da un porticato. Gli indigeni ospitati sono moltissimi: si parla di almeno 600 persone. «Tenete conto che qui ne arrivano non soltanto dagli stati di Roraima e Amazonas, ma in piccola parte anche dalla Guyana e dal Venezuela», ci spiega Carlo. Sono talmente tanti che, negli spazi tra una casa e l’altra, sono state erette delle tende (poco accoglienti, in verità) per poterli alloggiare tutti. Difficile dire quanti siano i malati e quanti gli accompagnatori. Insomma, l’impressione è che alla Casai di Boa Vista l’organizzazione sia carente. Tra l’altro non incontriamo personale medico, ma forse questo è un caso. Quelli che arrivano qui sono gli indigeni che non possono essere curati nei Pólos-base (o Postos de enfermagem, ambulatori) distribuiti nelle terre indigene e in cui lavorano (o dovrebbero lavorare) tecnici d’infermeria e, in numero minore, infermieri e medici. «Sono queste persone - spiega Carlo che decidono chi debba essere trasferito in città, ma poi sull’aereo salgono anche altri indigeni, spesso senza avere motivi validi». La gestione della salute indigena è responsabilità della Secretaria Especial de Saúde Indígena (Sesai), un organismo federale nato nel 2010 in sostituzione della Funasa4. La struttura organizzativa prevede 34 Distritos Sanitários Especiais Indígenas (Dsei)5, distretti territoriali costituiti in base alla distribuzione geografica delle comunità indigene. A sua volta ciascun distretto comprende Poli-base (Pólos-base, 346 in totale), strutture Casai e una serie di Posti di salute (Postos de saúde), che sono le unità sanitarie più piccole e più diffuse (751 a luglio 2011). La Sesai è dunque una struttura complessa che lavora con un budget molto consistente (pari a 1.093 milioni di reais nel 2014, circa 364 milioni di euro)6. Fratel Carlo conferma: «Molti soldi pubblici vengono spesi per la salute degli indigeni, ma vengono spesi male, come dimostrano le troppe medicine che nei posti di salute non si trovano o le malattie relativamente semplici che non si curano. Si sospetta che la causa principale del cattivo funzionamento sia la corruzione, ma anche l’incompetenza ha avuto un posto importante». A fine dicembre 2013 un gruppo di Yanomani, per protesta contro la Sesai, ha occupato la sede dell’organizzazione a Boa Vista e ha chie- # Sopra: schema di un «Distretto sanitario speciale indigeno» (Dsei). Il governo di Brasilia sta ora pensando a una nuova riforma, contestata dagli indigeni. sto le dimissioni della coordinatrice per l’area yanomami. Dopo quella protesta, molti funzionari sono stati rimossi ma i responsabili politici non sono stati toccati. Ci guardiamo intorno con molta curiosità cercando di raccogliere immagini e sensazioni, anche se non è la prima volta che visitiamo una struttura della Casai7. Nelle stanze o sotto le tende le persone hanno steso le tipiche amache. E poi fili con gli indumenti appesi ad asciugare, molte borse di plastica. C’è un numero notevole di bambini. In Brasile ogni 100 indigeni morti 40 sono bambini. Il coefficiente di mortalità infantile (minori di 5 anni) è di 45,9 ogni 1.000 indigeni nati contro una media nazionale di 19,68. Non tutti i piccoli ospitati alla Casai sono malati. Ci sono anche quelli venuti al seguito della mamma inferma. Tra gli indigeni le patologie più diffuse risultano essere: la malaria, le parassitosi (verminosi), le patologie intestinali (diarree, in primis), le infezioni delle vie aeree superiori (faringiti, sinusiti, otiti, polmoniti, bronchiti, OTTOBRE 2014 MC 25 21 27 Roraima 1 PM LL giste MC articolo 13/09/14 10:34 Pagina 26 RORAIMA © Carlo Zacquini © Carlo Zacquini yanomami alla riunione straordinaria indetta per discutere sul progetto di nuova sanità indigena (Boa Vista, 21-22 agosto 2014); un ausiliare d’infermeria presta assistenza nella comunità di Watorikɨ (si noti il segno fonetico in yanomae, ndr) nella regione Demini, Terra indigena yanomami; primo piano di un giovane yanomami. In basso a destra: Antonio Alves, segretario della Sesai, illustra il progetto del governo. ecc.), la tubercolosi, le epatiti virali, la lesmaniosi, la oncocercosi e non manca la denutrizione9, soprattutto infantile. Al riguardo, va ricordato che, da gennaio 2008 a gennaio 2014, sono morti (ufficialmente) per denutrizione 419 bambini indigeni10. Il 55% del totale con una popolazione indigena che però non raggiunge lo 0,5% della popolazione brasiliana. Ai nostri occhi gli ospiti della Casai di Boa Vista si notano anche per alcune peculiarità esteriori. Uomini e donne hanno capelli folti, lisci e neri, anche quelli più avanti con gli anni. «In quarantanove anni - racconta fratel Carlo - ho visto un solo Yanomami coi capelli bianchi, e forse una decina con tracce di calvizie». Un’altra caratteristica fisica che in moltissimi si nota sono le bocche 26 MC OTTOBRE 2014 con dentature in pessime condizioni. «La questione della carie dentaria è verament e molto grave. Ci sono varie teorie che la spiegano. Gli studiosi sembrano però concordare su un punto: il problema è scoppiato dopo il contatto con il mondo non-indigeno». Molte donne hanno bambini al collo, altre sono indaffarate a realizzare cesti, collanine e braccialetti, altre ancora a tessere qualche stoffa. A parte gli Yanomami, che sono più riconoscibili, difficile per noi distinguere un’etnia dall’altra. Gli indumenti non aiutano: magliette e pantaloncini sono occidentali. Complessità versus luoghi comuni Con sorpresa scopriamo che non soltanto le stanze sono divise per © Corrado Dalmonego # In senso orario: delegate etnia, ma addirittura i bagni. A sinistra - ad esempio - ci sono quelli per i Makuxi, a destra quelli per gli Yanomami. Fratel Zacquini è stupito del nostro stupore: «I motivi sono vari, ma soprattutto perché tanto per fare un esempio - anche giapponesi e coreani sono differenti come lingua e come usanze. Non solo, ma alcuni indigeni sono tradizionalmente “nemici” di altri. Così, nella situazione eccezionale della Casai, i responsabili hanno fatto in modo che la convivenza forzata non causasse maggiori tensioni e che ogni gruppo indigeno si sentisse più a suo agio. Per gli Yanomami, ma certamente non solo per essi, il trascorrere - a volte mesi - in un ambiente come questo, lontani dai propri cari e in una condizione totalmente differente, è una vera sofferenza». Appena si guarda attorno, fratel Zacquini incontra molti volti conosciuti. Ma non si ferma neppure davanti a chi non ha mai visto: dopo qualche attimo di reciproca esitazione, tra lo stupore delle persone, inizia a parlare in lingua yanomami. «Non proprio - ci corregge ancora una volta -, io parlo yanomae. Non esiste una lingua yanomami, ma una serie di lingue parlate da quella popolazione. Come: yanomamɨ, ninam, sanuma, yawari, yaroamë e yanomae, appunto quella che io ho imparato. Gli Yanomami si dividono 21 27 Roraima 1 PM LL giste MC articolo 12/09/14 15:31 Pagina 27 MC ARTICOLI È l’ennesima conferma dell’enorme complessità di quel mondo indigeno che noi bianchi, per ignoranza, pigrizia o presunzione, siamo soliti considerare come un tutt’uno, spesso dipingendolo attraverso luoghi comuni e stereotipi. Si avvicinano due giovani, parenti della donna. Non hanno un filo di barba, né un pelo sul torso nudo. Al contrario di altri, questi due sono curiosi almeno quanto noi. Cercano un dialogo che però è complicato, anche perché soltanto una minoranza degli indigeni parla portoghese. È la globalizzazione? (fine prima puntata - continua) © Carlo Zacquini in gruppi diversi (Vaiká, Yawari, Xiriana, Xirixana, Parafuri, Sanumá, Pakitai, Xamatari, oppure Yanomami in senso stretto), che possono avere costumi parzialmente differenti e soprattutto parlare lingue differenti». L’altoparlante chiama una lunga trafila di persone. Viene detto il nome seguito dal gruppo indigeno di appartenenza: Luis Wapichana, Moises Taurepang, João Makuxi, Mariana Yanomami, Barbado Yawari, Maranhão Xirixana, Joaquim Sanumá, Geraldo Ingarikó... Salutiamo una giovanissima mamma yanomami circondata da alcuni bimbi, tutti con il naso gocciolante. Proviamo a chiedere come si chiami. «I nomi personali non possono essere pronunciati ad alta voce - ci spiega fratel Carlo -. Quelli che sentite sono nomignoli affibbiati da non-indigeni». Nel libro The Falling Sky, lo sciamano yanomami Davi Kopenawa ne parla con toni severi fin dalle prime pagine: «Prima che i bianchi apparissero nella foresta e distribuissero i loro nomi senza ritegno, noi prendevamo i nomi che la gente ci attribuiva. Qui da noi mamme e papà non danno nomi ai bambini. (...) Non ci piace ascoltare i nostri nomi, anche se sono i soprannomi ricevuti da piccoli»11. Mentre sostiamo sotto una tenda, siamo avvicinati da due poliziotti che ci chiedono cosa stiamo facendo. «Stiamo soltanto salutando alcuni amici. Io sono un religioso», risponde fratel Carlo. I due uomini non sembrano convinti, ma se ne vanno senza fare ulteriori domande. Davanti alla tenda, c’è un campetto da calcio in terra battuta dove, nonostante il sole a picco, si sta svolgendo una partita. Molti altri ragazzi - quasi tutti Yanomami - sono ai bordi in attesa di entrare a giocare. Tanti indossano magliette di squadre brasiliane o internazionali. Alcuni hanno scarpini da calcio. Qualcuno potrebbe concludere che la globalizzazione occidentale ha cancellato le differenze anche con il mondo indigeno. Per fortuna non è (ancora) così. Paolo Moiola NOTE 1 - Sulla vicenda si legga: Silvano Sabatini, Sangue nella foresta amazzonica, Emi, Bologna 2001. 2 - Su fratel Carlo Zacquini si legga: Il bianco che si fece Yanomami, MC ottobre 2013. 3 - Dato Funasa del 2009, riportato da: Instituto Socioambiental (Isa), Diversidade Socioambiental de Roraima, São Paulo 2011, pag. 13. 4 - Ad agosto 2014 il governo ha fatto conoscere un progetto per privatizzare il sistema della salute indigena. Grande preoccupazione è stata espressa dalle organizzazioni indigene e dal Cimi. 5 - Fonte: http://portalsaude.saude.gov.br. 6 - Orçamento da Saúde Indígena 20082014, presentazione di Antonio Alves, segretario della Sesai, ai delegati indigeni, Boa Vista 22 agosto 2014. 7 - Si legga: La salute non passa dalla maloca, MC ottobre 2011 (sulla Casai di Atalaia do Norte, stato di Amazonas); La banalità del morire, MC novembre 2012 (sulla Casai di Rio Branco, stato di Acre). 8 - Roberto Antonio Liebgott, Atenção à saúde indígena no Brasil: uma realidade devastadora, in Cimi, Relatorio Violência contra os Povos Indígenas no Brasil. Dados de 2013, pag. 20. 9 - Irânia Ferreira Marques (Sesai), Subsistema de atenção à saúde indígena, relazione al 5.o Congresso brasiliano e internazionale di telemedicina e telesalute, novembre 2011. 10 - Fonte: João Fellet, BBC Brasil, su amazonia.org.br, 24 febbraio 2014. 11 - Davi Kopenawa - Bruce Albert, The Falling Sky. Words of a yanomami shaman, Harvard University Press, 2013, pag. 18. A Davi Kopenawa va la solidarietà nostra e della redazione davanti alle minacce di morte ricevute a partire da maggio 2014. In una prossima puntata di questa serie pubblicheremo un’intervista con il leader yanomami. OTTOBRE 2014 MC 27
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