Honda nC750X dCT

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Numero 139
11 Febbraio 2014
89 Pagine
Novità
Honda CX-01,
dall’India una
proposta
trasversale
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Nico Cereghini
Tino Brambilla,
l’aquila sul serbatoio
e le sfide epiche che
ritornano
Internazionali
d’Italia a Cairoli
L’ufficiale KTM non
sbaglia un colpo e si
aggiudica le due gare
| prova crossover |
Honda
NC750X DCT
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: Le marche e le moto più vendute in Italia | M. Clarke Nuova sovralimentazione innovativa per Kawasaki?
MOTOGP: Marquez domina la tre giorni di test a Sepang | SBK: Test Jerez, inizia la sfida Melandri-Sykes
Honda NC750X DCT
PREGI
Comfort e facilità di guida
DIFETTI
Protezione dall’aria e gomme su strada
Prezzo 7.990 €
Prova crossover
Come prima,
più di prima!
La media più venduta in Italia cresce
nella cilindrata, da 670 a 745 cc,
cresce nella coppia, nella potenza
e nelle prestazioni. Ma il look
non cambia. Sale di poco anche
il prezzo che è di 7.990
euro. 6.990 per la versione
con cambio manuale
di Cristina Bacchetti
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
motore e lo si gusta ancor più durante la marcia,
ha decisamente tirato fuori un bel vocione. Novità anche per quanto riguarda l’elemento distintivo del modello: il cambio a doppia frizione Dual
Clutch Transmission, che debuttò nel 2010 sulla
VFR1200F per poi perfezionarsi l’anno seguente
con la sua seconda generazione, proprio sui modelli NC e Integra. Ad oggi il 7 delle moto Honda
a listino propone una versione DCT e, per la NCX
2014, è da segnalare un upgrade del software
di gestione, che va a migliorare la risposta del
sistema in fase di scalata. Ricordiamo che le tre
modalità di cambiata proposte dal DCT sono: la
manuale (MT) che consente di cambiare marcia
agendo sulla paletta che si trova sul lato sinistro
del manubrio, senza perdere quindi il gusto proprio della guida. E la modalità automatica (AT),
che propone due differenti impostazioni selezionabili attraverso l’apposito pulsante posto sul
lato destro del manubrio, ma nella parte anteriore del blocchetto. Selezionando la modalità Drive
Media
I
n primis la potenza del propulsore bicilindrico: rispetto alla prima versione,
lanciata nel 2011, la cilindrata sale di
75 cc grazie all’alesaggio aumentato di
4 mm mantenendo invariata la corsa:
da 73x80 mm a 77x80 mm. Invariato
anche il rapporto di compressione, pari a 10,7:1.
Aumenta la potenza massima, che passa da 35
kW (48 cv) a 40,3 kW (55 cv) a 6.250 giri al minuto; e salgono i valori della coppia massima, che
passa da 60 a 68 Nm a 4.750 giri al minuto. La
nuova configurazione del motore prevede inoltre
l’introduzione di un secondo contralbero di bilanciamento, per evitare vibrazioni agli alti regimi. Con l’incremento dei numeri relativi a coppia
e potenza si è resa necessaria una rapportatura
del cambio più lunga del 6%, che va ad aumentare di 12 km/h la velocità massima della NCX,
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Prova
(D) si avrà una risposta più dolce del motore e, di
conseguenza, un minor consumo di carburante.
La modalità Sport (S)punta invece al divertimento e lascia il motore libero di salire per qualche
giro prima della cambiata. In qualunque momento, durante l’utilizzo del cambio automatico sia in
modalità D che S, è possibile intervenire manualmente, agendo sulle palette al manubrio dedicate alla modalità MT. Il mode automatico rientrerà
in funzione autonomamente. Nulla di invariato
quanto riguarda il telaio in tubi di acciaio: ritroviamo la struttura a diamante che caratterizza la
famiglia NC (sigla che sta per “New Concept”),
l’interasse è sempre di 1.450 mm e l’inclinazione
del cannotto di sterzo di 27°. Al comparto sospensioni ritroviamo la forcella telescopica con
steli da 41 mm ed escursione di 153,5 mm, così
come il mono regolabile nel precarico molla, che
lavora per interposizione di leveraggi progressivi
secondo lo schema Pro-Link, con un’escursione di 150 mm. Di serie sulla NC750X l’impianto
pecca lamentata da alcuni sulla versione da 670
cc. Nello specifico, i rapporti della versione 750
con cambio a doppia frizione DCT sono stati allungati del 6% nelle marce dalla prima alla quinta
e del 3% per la sesta marcia. Queste accortezze
dedicate alla nuova configurazione del propulsore hanno altresì puntato a diminuire i consumi
già parsimoniosi della NCX: Honda dichiara ora
una percorrenza di 28,9 chilometri con un litro di
carburante rispetto ai precedenti 27,9, che si traducono in quasi 400 chilometri di autonomia con
un pieno del serbatoio da 14,1 litri. Ovvio, molto
dipende dall’uso che si fa della manopola del gas:
sta di fatto che per scendere sotto i 25 chilometri per litro la NC ha bisogno di essere “maltrattata” un bel po’. E’ di nuova concezione anche
l’impianto di scarico, più nello specifico il silenziatore che, ce ne si accorge al primo avvio del
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frenante con ABS a due canali che si avvale di
due dischi wave: anteriore da 320 mm e pinza
a due pistoncini, posteriore da 240 mm e pinza a singolo pistoncino. La versione da 700 era
invece equipaggiata di serie con in sistema CABS a frenata combinata, stessi dischi e stesse
misure. Invariato il layout della strumentazione
digitale con tachimetro numerico, contagiri a
barre, orologio, indicatore del livello carburante e due contachilometri parziali. Arrivano però
sulla settemezzo il sempre gradito contamarce
(anche sul modello con cambio manuale) e il comodo computerino di bordo che ci informa sul
consumo medio e istantaneo e sull’autonomia di
carburante residua. Ultimo ma non ultimo: nessuna modifica all’estetica. L’evidente successo
del modello (a gennaio 2014 NC è già in testa alla
classifica delle vendite) ha probabilmente invogliato gli uomini Honda a tenere a riposo i designer. Qualcuno tra gli utenti, magari ingolosito
dal cambio di cilindrata e dall’aumento di potenza, potrebbe però rinunciare all’acquisto proprio
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per via del mancato restyling estetico. Ritroviamo con piacere il capiente vano portacasco nello
spazio usualmente riservato al serbatoio, che sui
modelli NC è invece alloggiato nella parte posteriore della moto e raggiungibile dal sottosella del
passeggero. Il prezzo sale ma, come la cilindrata,
non di molto: dai 7.590 Euro della versione 700 si
arriva ora ai 7.990 della 750.
Come va
Saliamo dunque in sella alla rinnovata NCX con
l’intento di cogliere a pieno le novità offerte dal
“pimpato” propulsore, ma i numeri riguardanti l’incremento di potenza e coppia sono poco
percettibili alla guida; la NCX è sì più briosa, ma
quello che rileviamo più chiaramente - e che va a
colmare come già accennato una lacuna del precedente modello - è la sensazione di un allungo
più deciso e presente: se con la 700 agli alti regimi si avvertiva un calo dell’erogazione, la 750 si
dimostra invece più lineare e costante, oltre che
più veloce. Anche l’upgrade riservato al cambio
La NCX è sì più briosa, ma quello che
rileviamo più chiaramente - e che va
a colmare come già accennato una
lacuna del precedente modello - è
la sensazione di un allungo più
deciso e presente
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Prova
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DCT si fa sentire: quella sensazione di una scalata a volte un po’ lenta o inopportuna (ad esempio
durante una curva) presente sulla versione precedente è stata debellata con un aggiornamento
del software e risulta ora più precisa, oltre che
dolce negli innesti. In modalità automatica Drive
il sistema va inoltre a riconoscere lo stile di guida
del pilota e, in caso di necessità, si autoregola per
reagire in maniera più brillante, per poi tornare
alla sua erogazione più blanda. Un accorgimento quasi impercettibile alla guida, ma indubbiamente utile così come la possibilità di intervenire
manualmente sulla scalata quando si ha bisogno
di uno sprint di potenza, ad esempio per effettuare un sorpasso o per affrontare un tornante. Nuovamente promosso a pieni voti quindi
il cambio DCT, che fa storcere il naso ai bikers
più navigati, ma che è indubbiamente un ottimo
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compromesso per chi fa della moto un uso quotidiano, senza doversi negare il piacere di un cambio manuale quando la porta fuori città. Positivo
il feeling di guida: la NCX è una Honda a tutti gli
effetti, con la proverbiale facilità di utilizzo che
caratterizza le moto della Casa alata, la confidenza immediata e il relativo divertimento; e positiva
la sensazione di comfort in sella: gli 830 mm che
separano il guidatore da terra non sono pochi,
ma non mettono in crisi neanche i piloti meno
alti, grazie alla seduta stretta e al peso della moto
contenuto (229 chili in ordine di marcia, uno in
meno rispetto alla 700). L’ergonomia alla guida
è da vera tourer: si ha una piacevole sensazione
di controllo grazie al manubrio alto e al serbatoio che si lascia stringere tra le ginocchia, visto il
posizionamento rialzato delle pedane. La posizione eretta e il cupolino minimal lasciano però il
guidatore esposto alle intemperie e, sulle lunghe
percorrenze ad alte velocità, potrebbe tornare
utile un parabrezza maggiorato, ovviamente disponibile come optional. Da sottolineare che, anche negli spostamenti in coppia, la NC750X mette
comodi entrambi i suoi ospiti: lo spazio riservato
al passeggero è ampio e confortevole, con due
maniglioni di sicurezza ai quali tenersi. Le doti
ciclistiche si confermano buone sia per quanto
riguarda l’agilità che la stabilità: nonostante il
forte vento che ha accompagnato tutta la nostra
prova e le velocità elevate tenute in alcuni tratti,
la NC non si è mai scomposta: anche nei curvoni
veloci – situazione in cui è semplice mettere in
crisi motorette della sua stazza - il feeling con
la piccola crossover è ottimo, sbacchettamenti e vibrazioni sono da ritenersi decisamente…
non pervenuti! L’impianto frenante è dotato del
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Colorazioni, prezzi e accessori
Le colorazioni disponibili sono quattro: Sword
Silver Metallic, Graphite Black, Mat Pearl Cool
White e Candy Arcadian Red. Come già segnalato in precedenza il prezzo f.c. della NC750X è di
7.990 Euro. Se preferite la versione con cambio
manuale la spesa scende di 1.000 Euro. Honda propone inoltre una lunga lista di accessori
pensati per personalizzare e migliorare la NC:
bauletto portaoggetti da 35 o 45 litri con borse
interne, kit borse laterali da 29 litri con relativo
pannello decorativo e borse interne, per chi ne
vuole fare una piccola viaggiatrice. E poi l’utile
parabrezza alto, i pannelli laterali per il cupolino,
i deflettori per gambe e piedi, kit fendinebbia a
LED e protezioni tubolari. Non mancano manopole riscaldabili, cavalletto centrale e antifurto
con allarme.
ABBIGLIAMENTO
sempre gradito ABS a due canali che interviene –
in maniera molto discreta – al fine di evitare spiacevoli bloccaggi in caso di frenate improvvise. La
leva del freno è regolabile su 6 posizioni e a chi
si stesse chiedendo se non sarebbe opportuno
aggiungere un secondo disco anteriore, giriamo
direttamente la risposta che i Signori di Honda
ci hanno dato in merito: «Su una moto di questo
tipo un buon disco di grandi dimensioni è sufficiente e, a nostro avviso, è meglio di due dischi,
magari di dimensioni minori». E, aggiungiamo
noi, visto il peso contenuto della moto e la sicurezza offerta dall’ABS, la frenata è da considerarsi assolutamente buona. Unica modifica che
abbiamo poco gradito riguarda la nuova gommatura: pensata per migliorare la moto nell’utilizzo offroad (che si suppone ben pochi faranno
della NC), toglie un po’ di feeling su strada. Un
appunto però, a seguito di quest’affermazione, è
da fare: il nostro test si è svolto in Grecia dove
in quanto a salsedine, asfalto “a specchio” e meteo avverso non ci siamo fatti mancare proprio
nulla. Ci proponiamo quindi di mettere di nuovo
alla prova le coperture della NC in condizioni più
clementi, sia per noi che per la moto.
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SCHEDA TECNICA
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Prova
Casco GIVI X.01 Tourer
Giacca Ixon Fulgura
Jeans Spidi Furious
Guanti Spidi Lady
Scarpe Forma Urban Touch Hi-Dry
Honda NC750X DCT ABS € 7.990
Tempi: 4
Cilindri: 2
Cilindrata: 745 cc
Disposizione cilindri: paralleli
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Potenza: 55 cv (40.3 kW) / 6250 giri
Coppia: 68 Nm / 4750 giri
Marce: 6 Cambio Automatico
Freni: D-D
Misure freni: 320-240 mm
Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 215.9 kg
Lunghezza: 2210 mm
Larghezza: 830 mm
Altezza sella: 830 mm
Capacità serbatoio: 14.1 l
Segmento: Turismo
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News
Costantino Paolacci
“Le NC ora sono delle
settemezzo a tutti gli effetti”
di Cristina Bacchetti | Costantino Paolacci, Responsabile
comunicazione di Honda Italia, in occasione del test stampa della
Honda NC750X DCT, ci spiega la scelta dell’incremento di cilindrata
e ci svela una piccola curiosità sulla prossima Africa Twin
C
ome mai la scelta
di un incremento
di cilindrata contenuto, dopo così
poco tempo dal lancio della
versione da 670 cc?
«E’ stata una scelta dettata
dalla volontà di portare la serie NC, compreso l’Integra, al
livello della patente A3 e quindi
di poterla proporre come una
maximoto, ma abbordabile: ora
sono delle settemezzo a tutti
gli effetti, una cilindrata che
”suona” anche da maxi. Sono
comunque passati due anni dal
lancio, quindi un tempo normale per lo sviluppo di un modello
di successo e l’incremento di
cilindrata non è eccessivo, ma
nemmeno contenuto: si passa da 670 a 745 cc, ci sono 7
cavalli e 8 Nm di coppia in più.
Le moto sono più veloci sia per
quanto riguarda la ripresa che
la velocità massima e comunque i consumi si sono abbassati: nel ciclo medio siamo passati da 27,9 a 28,9 chilometri
con un litro di carburante. Lo
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sviluppo è stato più tecnico che
estetico, proprio per cercare
di migliorare notevolmente un
modello già di successo».
A proposito di successo del
modello, la NC è stata per il
2013 una delle regine indiscusse per quanto riguarda
le vendite in Italia. Come si
pone, invece, a livello europeo?
«La NC è la seconda moto più
venduta in Italia nel 2013 e nel
2014, a gennaio, la NC750X
è già la prima moto più venduta. Anche a livello europeo
si posiziona nelle prime file: il
segmento delle crossover sta
avendo un grande successo in
tutta Europa. Inoltre il 30% dei
clienti NC, quindi un motociclista su 3, sceglie la versione
DCT; se non ci fossero i 1.000
Euro di differenza nel prezzo di
listino sicuramente la percentuale sarebbe destinata a salire. Siamo molto soddisfatti, e
speriamo di fare ancora meglio
in questo 2014».
E’ in previsione una versione
più turistica della NC750X?
«No perché, già dal debutto dei
modelli NC, Honda Italia e Honda Europe mettono a punto dei
pacchetti di optional come, nello specifico per la 750X, il Touring Pack che prevede l’allestimento con parabrezza e valigie
ad un prezzo più basso rispetto
a quello di acquisto dei singoli
accessori».
Quali sono stati i feedback
dagli acquirenti della NC700?
E avete preso spunto da eventuali appunti dei clienti per
questi nuovi modelli?
«Nessun feedback negativo,
ma ora la moto ha 55 cavalli e
invoglia all’acquisto anche chi
fino ad ora non ci si era avvicinato per via dei 48 cavalli,
che portavano il motociclista
con patente A3 ad associarla
ad un mezzo da “utente A2”. Il
feedback è decisamente positivo, visti i numeri di vendita della
moto».
La prossima Africa Twin, che
sappiamo essere in cantiere
in Casa Honda, adotterà alcune delle soluzioni della famiglia NC?
«Dell’Africa Twin, di cui ha
parlato in alcune occasioni il
nostro Direttore, al momento
in realtà non sappiamo nulla.
Soluzioni della NC? Non credo,
con un nome così altisonante
posso dire che sarà sicuramente una moto eccezionale sotto
tutti i punti di vista!».
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News
Mattia Dodi (BMW)
“La Adventure ha sospensioni che
reagiscono in base alla guida”
di Andrea Perfetti | Il responsabile Service di BMW Motorrad Italia ci
spiega per filo e per segno come cambia la nuova Adventure. Rivista
nel motore, ha le sospensioni semi attive che reagiscono in base alle
condizioni di guida
I
l responsabile Service di BMW Motorrad
Italia, l’ingegnere Mattia Dodi, ci spiega per filo e per segno come cambia la
nuova R1200GS Adventure. Rivista nel
motore, ha le sospensioni semi attive e un serbatoione da 30 litri in alluminio. Fedele ai concetti che l’hanno portata al successo dai tempi
della prima 1150, la nuova Adventure parte dalla
base della R1200GS 2013, che viene rivista innanzitutto a partire dall’estetica. Sulla Adventure
troviamo un parabrezza più grande, il serbatoio
maggiorato, le protezioni tubolari del motore,
pedane dedicate alla guida offroad. Ma cambia pure il motore; è sempre il 1170cc boxer con
raffreddamento misto (l’olio è stato sostituito
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dall’acqua nella funzione di refrigerante per le teste), ha 125 cv a 7.750 girie una coppia massima
di 125 Nm a 6.500 giri.
Il peso in ordine di marcia è alto (260 kg con 30
litri di benzina), ma non crediate per questo che
la Adventure sia un lento pachiderma: passa da 0
a 100 in 3,75 secondi e supera agevolmente i 210
km/h. Completamente identica alla R1200GS
2014 la dotazione elettronica, con ABS, ASC nonché due modalità di guida (road e rain) offerte di
serie. nLe tre modalità supplementari fanno parte della sconfinata offerta di optional, così come
le sospensioni a controllo elettronico semi-attive
Dynamic ESA.
Leggi la prova completa dell’Adventure
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News
dichiarazioni Honda - è quella di una moto che
mescoli prestazioni stradali a un pizzico di gusto
per l’avventura, qualcosa in grado di conquistare
un pubblico giovane e urbano. Ha telaio diagonale in acciaio, ruote da 17 pollici, freni a disco
a margherita, forcella rovesciata e luci a led. Il
design utilizza linee divenute ormai trasversali
e adatte anche al Vecchio Continente, linee che
già si sono viste su recenti modelli di cilindrata
maggiore e su moto non soltanto costruite dalla Honda. Vuoi perché i gusti giovanili si stanno
avvicinando nel linguaggio stilistico, grazie anche alle diffusione di altri prodotti globali, e vuoi
per la possibilità di esportare fuori dal continente
asiatico certi modelli di cilindrata media e mediobassa, e di prezzo contenuto, che si dimostrano
appetibili ai tradizionali mercati occidentali. Prepariamoci a vederne sempre di più di moto come
questa. Se costeranno poco magari potranno
conquistare anche i giovani nostrani.
Honda CX-01
una proposta trasversale
Media
All’Indian Auto Expo Show, Honda ha presentato un concept ideato per
il mercato interno, ma che ha le carte in regola per sbarcare anche fuori
dall’Asia com’è già accaduto per la MSX 125. Si chiama CX-01
A
ll’Indian Auto Expo Show, Honda ha
presentato la CBR 650F, che sarà
la Honda di maggiore cilindrata assemblata in India, oltre ad alcuni
modelli di punta già visti all’Eicma (vedi la Fireblade 1000) e la RC 213V iridata con Marquez.
Poi lo scooter Activa 125, denominato “King
of Scooter”, e infine il concept-quasi modello
18
finito CX-01. Quest’ultimo prefigura una crossover monocilindrica, di cui Honda non ha comunicato la cilindrata esatta e nemmeno i tempi
di produzione, che è stata sviluppata dalla R&D
Honda di Manesar, India. La sigla CX, già utilizzata per la famosa bicilindrica a V di fine Anni
Settanta, questa volta sta per Concept Cross
mentre 01 è il codice del progetto, l’idea – nelle
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La top 50 HONDA
Sommando la produzione di Honda Italia (23.265
unità, di cui 21.371 scooter) e le importazioni con
lo stesso marchio (12.595 in totale, di cui 6.331
moto) la Casa dell’Ala conserva il primato delle
vendite nel nostro Paese: 35.860 nuove immatricolazioni nel corso del 2013 e di queste le moto
sono state 8.225. Lo scooter a ruote alte SH, nelle sue tre versioni di cilindrata, totalizza 21.306
registrazioni: ovvero il 60% delle vendite totali di
Honda sono totalizzate da appena due modelli
(125 e 150, più il 300). La prime tre moto Honda
sono medie cilindrate a manubrio alto: NC 700X,
al quarto posto, Transalp 700 al decimo e CB
500 X al dodicesimo.
Mercato
La Top 50 PIAGGIO
La marca di Pondetera chiude al secondo posto. Liberty e Beverly sono gli scooter Piaggio
che vanno per la maggiore, mentre la Vespa più
venduta è anche la più grande di cilindrata, la
GTS 300 Super e non la più economica LX 125
come si potrebbe invece pensare. Gli MP3 sono i
tre ruote largamente più venduti, ma la versione
Hybrid ha venduto bel 2013 soltanto dieci esemplari.
La Top 50 YAMAHA
Yamaha è al terzo posto nella classifica delle
marche con 18.316 immatricolazioni. Il grosso
è rappresentato dagli scooter che, con 14.617
Le classifica delle marche
e delle moto più vendute in Italia
di Maurizio Gissi | Quali sono le marche che vendono di più in Italia?
E quali sono i modelli più venduti da ciascuna marca? Prosegue la
nostra analisi del mercato con i dati dell’anno da poco concluso.
Gli aspetti interessanti non mancano
Q
uali sono le marche che vendono di
più in Italia? E quali sono i modelli più venduti di ciascuna marca?
Dopo aver scritto della chiusura del
mercato 2013, e aver pubblicato le
classifiche per tipologia (naked, enduro, sportive
e così via), questa volta approfondiamo l’analisi
per quando riguarda le vendite delle marche. Cominciamo con le prime cento marche che compaiono nel registro delle immatricolazioni del
Ministero dei Trasporti alla voce moto e scooter.
Per quanto riguarda le sole moto, l’ordine è differente rispetto all’elenco che trovate qui sotto. Ad
esempio, cinque delle prime sei posizioni sono
20
sono controllate da marche non giapponesi. Si
tratta di BMW, Ducati, KTM e Harley-Davidson.
Fra queste, al secondo posto, si inserisce il colosso Honda. Le posizioni dal sesto al decimo posto
sono occupate, nell’ordine, da Kawasaki, Yamaha, Triumph, Suzuki e MV Agusta. Quelli che seguono sono invece gli elenchi delle moto e degli
scooter venduti in Italia l’anno scorso dalle prime
20 marche. Da queste classifiche sono esclusi i
ciclomotori, categoria che nel 2013 ha ottenuto
31.648 nuove registrazioni. Il “targato” preso qui
in esame, ovvero gli oltre 50 cc, è stato nel 2013
di 153.863: 101.109 scooter e 52.724 moto.
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Mercato
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esemplari, valgono circa l’80% del totale. Tanto
che se si conteggiano solamente le moto, Yamaha si trova al settimo posto della graduatoria con
3.699 unità. Ecco spiegato perché la prima moto
che si nota fra i modelli Yamaha più venduti è
all’ottavo posto: la XJ6-N, seguita dall’altra nuda
più venduta che è la FZ8. Poi arrivano la SuperTénéré 1200 e la nuova MT-09, appena arrivata
nelle concessionarie.
La Top 30 KYMCO
I ruote alte Agility, e i redivivi People, sono globalmente i modelli di maggiore successo per la
Kymco che si conferma come la quarta marca
per diffusione in Italia. E, a parte l’Agility 125 che
si trova largamente al primo posto, i modelli con
cilindrata oltre 250 vanno molto bene. Fatica invece il bicilindrico 700 Myroad.
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La Top 30 BMW
Nella graduatoria di vendita di moto, per la prima
volta la marca tedesca ha conquistato la prima
posizione scalzando la Honda: 8.582 moto contro 8.225 . Grazie a questa prestazioni, la BMW
conquista la posizione numero cinque. Del resto,
il 2013 è stato l’anno record per le vendite mondiali della Casa tedesca e un ruolo importante
l’ha svolto la 1200 GS che proprio con il model
year 2013 ha conosciuto una importante evoluzione e si è riconfermata come la moto preferita
in Italia. Alle spalle della GS 1200 c’è il maxi scooter sportivo 600, che non arriva alle mille unità
e che viene preferito alla variante GT. Al terzo
posto un’altra GS, la 800, seguita dalla due roadster 800 e 1200 e dalla GS Adventure. L’allestimento Adventure non convince allo stesso moto
per quanto riguarda la bicilindrica parallela 800
che, in termini volum, fa peggio della singlora sei
cilindri K 1600 GT. In frenata anche la S 1000 RR
dopo alcune annate decisamente migliori, anche
se in linea con il calo delle super sportive.
La Top 30 DUCATI
La nuova serie Hypermotard 821 ha saputo fare
meglio della Multistrada che nel 2013 ha perso
il primato di marca, insieme raggiungono il 52%
dell’immatricolato Ducati. La Panigale, che per
motivi di classificazione è scorporata con codici diversi indipendentemente dalle tre versioni,
assomma alla fine a 576 immatricolazioni, che le
bastano per salire al terzo posto fra le bolognesi
e per diventare la sportiva più venduta in Italia e
largamente fra le maxi. Buona annata anche per
la Streetfighter 848, mentre le Monster hanno
rallentato il passo. Ducati è al sesto posto, ma è
la terza -dopo BMW e Honda - se si considera la
sola vendita di moto.
La Top 30 KTM
In casa KTM, la marca è salita al settimo posto e
al quarto fra chi non produce anche scooter, ci
sono buoni motivi per sorridere. Sono sue le due
125 più vendute, una stradale e una specialistica,
e sono molti i modelli che contribuiscono alla fetta importante delle vendite con 14 moto vendute
in tripla cifra.
La Top 50 HARLEY-DAVIDSON
Una particolarità della marca statunitense, alla
posizione numero otto generale e alla quinta
per ciò che concerne le moto, è che le sue custom non solo mopolizzano il segmento (ci sono
35 moto H-D fra le prime 50 più vendute), ma
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piacciono in maniera universale. Se si escludono
le prime due posizioni, che sono appannaggio di
due Sportster 883 e 1200, il resto della classifica vede davvero molti modelli con unn lovello di
apprezzamento molto simile. Se non è questa la
forza della tradizione e della fedeltà alla propria
storia...
La Top 25 KAWASAKI
Kawasaki si piazza al nono posto nella classifica
per marche. Le verdone preferite sono quelle
che appartengono alla famiglia naked, con cinque modelli nei primi sette posti. La ZX-10R non
va oltre le 145 unità, nonostante i risultati nel
mondiale SBK, a conferma della sofferenza del
segmento super sport. Le prime tre moto totalizzano il 46% del venduto Kawasaki.
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La Top 25 SUZUKI
I maxi scooter Burgman sono i modelli Suzuki
di maggiore successo, il 650 bicilindrico e il 400
mono precedono la prima moto della marca, la
V-Strom 650. La Suzuki è al decimo posto per
marche e al nono se si considerano soltanto le
moto. Fra queste ultime, dopo la V-Strom ci sono
in graduatoria la Inazuma 250 e le naked GSR
750 e Gladius 650. Poi la tripletta delle storiche
GSX-R: 600, 750 e 1000.
La Top 25 APRILIA
Per la Casa di Noale il 2013 si è chiuso con poco
meno di quattromila unità fra scooter e moto. La
serie Scarabeo da 100 a 200 occupa le prime tre
posizioni, poi il 300 SR e ancora uno Scarabeo
ma stavolta con motore 300. Prima moto è la
Caponord 1200, novità 2013, che conquista la
sesta posizione di marca con 205 unità vendute;
seguono Dorsoduro 750 e Shiver 750. Stentano
invece le sportive V4.
La Top 30 SYM
La gamma scooter della Casa coreana vede il
ruote alte Symphony ai primi due posti, nelle
cilindrate 125 e 151 cc. La SYM è in dodicesima
posizione nella graduatoria per marche.
Le immatricolazioni LML
La gamma degli scooter LML, di produzione indiana, nel 2013 si è articolata su cinque modelli,
ma tanto è bastato per arrivare al tredicesimo
posto nella lista delle marche. Il modello NV 125
e lo Star 200 guidano la classifica interna.
Mercato
La Top 20 PEUGEOT
Il segmeno degli scooter a ruote alte è ben presidiato dalla Peugeot con le versioni dei modelli
Tweet, Geopolis e LXR che si trovano ai primi
cinque posti delle vendite di marca. Seguono i
più confortevoli e protettivi Satelis e Citystar. Il
nuovo tre ruote Metropolis 400 è stato probabilmente penalizzato dal tardo arrivo.
La Top 15 TRIUMPH
Al quindicesimo posto fra le marche più vendute c’è la Triumph, un’altra marca che non vede
gli scooter nel proprio listino. In cima all’elenco
c’è la Bonneville, la classica più venduta in Italia.
Alle sue spalle le tre cilindri della famiglia naked,
Street e Speed, ed enduro stradali: le Tiger e Tiger Explorer.
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La Top 20 MV AGUSTA
Per la marca varesina le maggiori soddisfazioni
stanno arrivando dalla neonata gamma a tre cilindri, specie nelle versioni 800, grazie alle quali
MV è risalita al sedicesimo posto in classifica per
quanto riguarda le marche, al decimo se si considerano solamente le vendite di moto. Oltre la
metà dell’immatricolato MV Agusta si deve alla
Brutale in versione 800 e 675.
La Top 25 BETAMOTOR
La fiorentina Beta è leader fra le moto da trial e
da motoalpinismo. Fra i sui modelli più venduti
le preferenze vanno alla trial Evo 300 a due tempi, all’enduro RR 300, sempre a due tempi, e alle
tuttofare Alp 4.0 e Alp 200 con motore a quattro
tempi.
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Mercato
La Top 15 BENELLI
Chiudiamo la lista delle prime 20 Case con la
marca di Pesaro. Anche la Benelli Q.J. deve le sue
migliori vendite agli scooter a ruote alte, come
Caffè Nero e Zenzero. La componente moto
segna il passo rispetto ad alcuni anni fa, con la
nuova BN600 come moto più venduta e con soli
6 esemplari (Tornado 650 e Leoncino che compaiono a fine elenco sono re-immatricolazioni di
veicoli ormai storici).
Guarda tutte le classifiche
Le 100 marche più vendute in Italia
La top 50 HONDA
La Top 50 PIAGGIO
La Top 50 YAMAHA
La Top 30 KYMCO
La Top 30 BMW
La Top 30 DUCATI
La Top 30 KTM
La Top 50 HARLEY-DAVIDSON
La Top 25 KAWASAKI
La Top 25 SUZUKI
La Top 25 APRILIA
La Top 30 SYM
Le immatricolazioni LML
La Top 20 PEUGEOT
La Top 15 TRIUMPH
La Top 20 MV AGUSTA
La Top 25 BETAMOTOR
La Top 20 MOTO GUZZI
La Top 20 HUSQVARNA
La Top 15 BENELLI
La Top 20 MOTO GUZZI
Da Mandello sono le moto simbolo a continuare
a trainare il buon nome del marchio che si trova
al 18esimo posto nella graduatori per marche. La
V7 (poco meno di seicento unità vendute nelle
diverse versioni) guida il gruppo, poi c’è la nuova
California 1400: 264 pezzi per i due allestimenti
Torung e Custom. Segue la Stelvio 1200.
La Top 20 HUSQVARNA
Aspettando la futura gamma di modelli frutto
della nuova proprietà austriaca, le immatricolazioni del 2013 hanno visto la moto realizzate a
Cassinetta sotto la precedente gestione BMW.
Delle 1.049 Husky vendute l’anno scorso, 200
sono Nuda 900R. Segue un plotoncino di modelli
off road interrotti dalle monocilindriche TR 650.
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Mercato
le vendite
a gennaio
Moto in positivo,
scooter
ancora giù
di Maurizio Gissi | I primi dati di
vendita a fine gennaio vedono il
segno positivo per le moto, con
saldo attivo del 4%, ma in generale
si registra un calo dell’8,4% rispetto a un anno fa. Va bene la Honda
I
l mese di gennaio pesa generalmente per
il 5-6% sul totale annuo e quindi è relativamente significativo nel prevedere l’andamento dell’anno con una buona approssimazione. Inoltre, in questo periodo, ci sono stati
alcuni modelli che sono stati immatricolati come
demo e questo può falsare i conteggi del venduto
quando i volumi sono ancora cos’ piccoli. In ogni
caso ci sono segnali migliori rispetto a un anno fa,
i numeri sono meno cupi, e questo è già un modo
per vedere il bicchiere mezzo pieno. Complessivamente le immatricolazioni di gennaio sono state di 8.586 unità, vale a dire l’8,4% in meno nei
confronti di gennaio dell’anno scorso. Le moto
hanno però visto il segno positivo (+4%) grazie
a 3.517 nuove registrazioni. Gli scooter – che
sono stati 5.069 – hanno invece accusato una
flessione del 15,4%. Un anno fa, però, la perdita
era stata del 25% per gli scooter e del 20% per le
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
(quest’ultimo in posizione più alta perché nel
2013 è stato penalizzato dall’essere arrivato a
stagione iniziata) e poi i diffusi modelli a ruote
alte di Piaggio, Yamaha e Kymco. Per quanto
concerne la divisione per segmenti di cilindrata,
c’è da registrare la conferma del gruppo da 300
a 500 cc, con gli stessi volumi dell’anno scorso
pari a 1.687 unità e un +0,4%, seguono i 125 con
1.615 veicoli e un -12,9%. In decisa flessione gli
scooter che vanno dai 150 ai 250 cc: 1.463 pezzi
e un -27,4%. In calo sensibile anche i maxiscooter oltre 500, con 304 vendite pari al -31,5%.
Mercato
Guarda tutte le classifiche
La top 100 Moto a gennaio
La Top 100 Scooter a gennaio
Top 100 assoluta a gennaio 2013
La Top 30 dei Ciclomotori a gennaio
La Top 30 della Marche per il segmento Moto...
...e la Top 20 Marche del segmento scooter
Top 100 assoluta a gennaio 2013
La graduatoria che comprende scooter e moto
premia la Honda, grazie agli SH e alla nuova NC
750X (oltre a qualche modello 700 di produzione 2013) che si piazza come prima moto al sesto
posto nella classifica assoluta. Fra Honda e Yamaha si inseriscono i modelli di Piaggio e BMW.
moto: la caduta ha quindi rallentato com’era accaduto anche negli ultimi mesi del 2013. Sempre
a gennaio dell’anno scorso i cinquantini avevano
accusato una caduta del 30%, mentre all’inizio
di quest’anno, con 1.666 consegne, la perdita è
stata del 19%.
La top 100 Moto a gennaio
La classifica delle moto più vendute vede cinque novità 2014 (come tali vanno considerate
anche la MT-09 e la V-Strom lanciate alla fine
dell’anno scorso) nei primi sei posti. La “vecchia” 1200GS è - forse solo momentaneamente
- al terzo posto. Scorrendo la classifica verso
il basso le quantità scendono e si livellano, per
cui ogni graduatoria va presa appunto come
passibile di facili cambiamenti. E’ come sempre
interessante notare l’andamento dei segmenti. Le enduro stradali con 1.473 vendite pari al
+40,1%, guidano il gruppo, seguono le naked
con 806 unità e un -9,4%, le custom con 368
pezzi e un -6,1%, le moto da turismo con 311
30
immatricolazioni e un -11,9%. Chiudono le sportive con 207 moto e un -39,3% mentre sono
esattamente in linea con l’anno scorso le supermotard con 177 veicoli. Passando alle fasce di
cilindrata, si nota una forte crescita delle maxi
oltre i 1000 cc con 1.012 immatricolazioni e un
+25,6%. Seguono quindi le 800-1000 con volumi analoghi all’anno scorso (pari a 780 pezzi e
un -0,7%), mentre perdono colpi le 650-750 con
499 unità e un -8,1%. A soffrire sono però le 600,
che totalizzano 65 vendite e un -43%. Bene invece le medie cilindrate – quelle far i 300 e 500
i cc - con 641 pezzi e un +13,9%, e anche quelle
che vanno da 150 a 250: 245 pezzi e un +8,9% .
Purtroppo arretrano ancora le 125 (ragazzi dove
siete?) con 275 moto e un -20%.
La Top 100 Scooter a gennaio
Classifica quasi fotocopia del 2013 per quanto riguarda gli scooter, una classifica che vede
sempre il trio degli SH Honda al primo posto. Poi i classici Beverly 300, T-Max, X-Max
La Top 30 dei Ciclomotori
a gennaio
La Piaggio, con la Aprilia, si prende cinque delle
prime sei posizioni nella classifica delle registrazioni relative ai cinquantini. La presenza delle prime moto di 50 cc si deve invece al Derapage HM,
che si trova al quattordicesimo posto, e al Beta
RR al diciasettesimo.
La Top 30 della Marche
per il segmento Moto...
Honda guida la classifica delle vendite di moto,
seguita sul podio da KTM e BMW. Yamaha risale
al quarto posto e Harley-Davidson chiude la cinquina.
...e la Top 20 Marche
del segmento scooter
In questa graduatoria la Honda si piazza al primo
posto, e se si sommano gli scooter importati con
quelli prodotti ad Atessa il vantaggio sulla seconda posizione detenuta da Piaggio aumenta.
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Compressore Yamaha
Massimo Clarke
“Nuova sovralimentazione
innovativa per Kawasaki?”
Che succede quando un colosso industriale che produce anche motori
d’aviazione decide di realizzare un compressore per moto? La proposta
tecnica può anche essere molto avveniristica
32
Tecnica
Motore Kawasaki compressore jet sky
S
ul fronte della sovralimentazione
sembra proprio che qualcosa si
stia muovendo. Forse sta per essere adottata anche sulle moto della
prossima generazione, e la cosa appare logica,
considerando che negli altri settori del motorismo questa soluzione tecnica viene adottata largamente. Sulle auto diesel e sui veicoli industriali
il turbo domina incontrastato, e sulle vetture a
benzina ha una diffusione straordinaria e via via
crescente; di questo si è resa conto anche la FIA,
che ha varato un nuovo regolamento per le monoposto di F1, imponendo da quest’anno l’uso
di motori dotati tale tipo di sovralimentazione. E
non mancano neanche le automobili di serie dotate di compressori azionati meccanicamente. Le
grandi case motociclistiche giapponesi sono impegnate anche in altri settori, nei quali utilizzano
motori sovralimentati. Addirittura straordinarie
sono le recenti moto d’acqua della Yamaha e della Kawasaki con motori quadricilindrici bialbero
a sedici valvole dotati di compressori comandati
meccanicamente. Quelli centrifughi, che per lungo tempo hanno dominato la scena in campo aeronautico, non sembrano adatti all’impiego sulle
auto, anche se in passato sono stati adottati su
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Compressore centrifugo Yamaha
alcuni modelli prodotti dalla Duesenberg e dalla
Studebaker, celebri case americane. Il fatto è che
i compressori centrifughi hanno una portata che
cresce con legge esponenziale. Per fornire una
apprezzabile sovralimentazione devono girare
forte, ma ai bassi regimi è quasi come se non ci
fossero. Nei motori d’aviazione le variazioni della
velocità di rotazione sono di entità relativamente
modesta e comunque non sono certo repentine
e frequenti. Qualcosa di abbastanza analogo si
può dire per le moto d’acqua. Per le automobili, e
34
più ancora per le moto, le cose però stanno assai
diversamente. Tranne che nelle strade libere e in
autostrada, le rapide e forti variazioni di carico
e di regime si susseguono di continuo, accompagnate da un frequente uso del cambio. Negli
USA le vetture correvano sugli ovali o comunque
su circuiti tutt’altro che tortuosi, al contrario di
quanto avveniva in Europa. Per questa ragione quando si è affermata la sovralimentazione,
negli anni Venti del secolo scorso, in America
hanno potuto essere impiegati i compressori
centrifughi mentre da noi si sono affermati quelli
volumetrici (a lobi e a palette). Dopo la seconda guerra mondiale a offrire come prodotto aftermarket un compressore centrifugo azionato meccanicamente è stata la Paxton che, per
renderlo in grado di essere impiegato con buoni
risultati sulle automobili destinate a impiego
stradale, lo ha abbinato a un sistema di comando incorporante un variatore. L’unica casa che
lo ha utilizzato su un suo motore di serie è stata
la Studebaker. Oggi questi dispositivi vengono
Tecnica
commercializzati da alcune ditte altamente specializzate nel settore specifico (Vortech, Paxton,
Procharger…). I turbocompressori sono dotati di
un compressore centrifugo, di dimensioni contenute, che può raggiungere velocità di rotazione
impressionanti (oltre 120.000 giri/min sono la
norma) in quanto azionato da una turbina mossa
dai gas di scarico. Se abbiamo parlato dei compressori centrifughi azionati meccanicamente,
non è per caso. Un legame con i costruttori di
moto esiste, eccome. Il motore a quattro cilindri
di 1,8 litri che equipaggia le più performanti moto
d’acqua della serie WaveRunner prodotta dalla
Yamaha è sovralimentato da un compressore di
questo tipo. La potenza erogata è dell’ordine di
oltre 250 cavalli. La Kawasaki ha scelto un’altra
strada, abbinando al motore di 1,5 litri (anche in
questo caso bialbero a sedici valvole) dei suoi Jet
Ski più potenti un compressore a lobi, comandato meccanicamente. Prodotto dalla Eaton, è della evolutissima serie TVS, con rotori elicoidali a
quattro lobi, caratterizzati da una torsione di ben
160°. La potenza di questi motori raggiunge i 310
CV all’albero. Il rendimento dei moderni compressori centrifughi e di questi Eaton di ultima
generazione è elevatissimo; in entrambi i casi si
va addirittura oltre il 70%. Nell’ambito delle piccole imbarcazioni da diporto, non si possono non
ricordare i fuoribordo Mercury della serie Verado, dotati di uno splendido compressore a flusso assiale, a doppia vite (Lysholm). Nel settore
nautico i motori sovralimentati possono giovarsi
del vigoroso raffreddamento fornito dall’acqua
prelevata dall’ambiente esterno (mare, lago, fiume). Ciò consente anche di realizzare intercoolers molto compatti, con ovvi vantaggi in termini
di ingombro complessivo delle parti meccaniche.
A questo punto, passiamo alle moto. Al Salone di
Tokio la Suzuki ha presentato una bicilindrica turbo, della quale ci siamo già occupati. La Kawasaki invece per la sua quadricilindrica sovralimentata ha deciso di fare ricorso a un compressore
azionato meccanicamente. Quando è stato pubblicato un disegno relativo al brevetto della casa
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Tecnica
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Suzuki Recursion Turbo
giapponese, si è pensato a un volumetrico a lobi
o a doppia vite. La vista era laterale e il comando
meccanico (schematicamente veniva mostrata
una coppia di ingranaggi più una corta catena)
era chiaramente visibile. Osservando con attenzione si poteva vedere l’uscita dal compressore
che ricordava il tratto finale della chiocciola di un
compressore centrifugo, ma questo non significava automaticamente che il dispositivo fosse di
tale tipo. A pensarci, la cosa appariva altamente improbabile. E invece, una volta disponibili le
altre immagini del brevetto è stato chiaro che si
tratta effettivamente di un compressore centrifugo, di diametro contenuto e quindi destinato
a girare fortissimo. In un paio di disegni viene
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Kawasaki compressore presentato al Tokyo Motor Show 2013
mostrato chiaramente il sistema di collegamento al motore, per il quale si fa ricorso a una prima
coppia di ingranaggi (quello conduttore è lo stesso che aziona l’albero ausiliario di equilibratura)
e quindi a un compatto gruppo di moltiplicazione
a due rapporti. Quest’ultimo in pratica è un vero
e proprio cambio, con il passaggio da un rapporto all’altro che avviene in maniera automatica in
funzione della velocità di rotazione del motore.
La catena cinematica è completata da un gruppo epicicloidale che aziona l’albero della girante
(che può essere cavo). La trasmissione a due
rapporti consente di adeguare il funzionamento
del compressore rispettivamente ai medi e agli
alti regimi del motore. Pure le curve di coppia e di
potenza allegate sono assai chiare in proposito.
Alla presentazione del motore, la Kawasaki ha
parlato esplicitamente della propria esperienza
nel campo delle turbine e dei compressori, tanto
assiali quanto centrifughi.
Dunque, non ci sono dubbi e anche l’unica foto
disponibile del motore consente di vedere chiaramente la parte terminale della chiocciola di
uscita.
È interessante osservare che i motori d’aviazione più evoluti degli anni Quaranta impiegavano
spesso compressori a due velocità; in tal caso
però la soluzione veniva adottata per compensare la rarefazione dell’aria alle alte quote. La
scelta da parte dei tecnici della casa giapponese
lascia un poco perplessi. Tanto per cominciare,
perché per i loro Jet Ski impiegano un volumetrico e per la moto hanno pensato a un centrifugo?
Sembrerebbe più logico il contrario. Può anche
darsi che un gruppo di lavoro non sappia cosa fa
l’altro (nelle grandi aziende succede…). In quanto a dimensioni, il compressore appare solo un
poco più grande di quello di un turbo, al quale
assomiglia con l’unica differenza del gruppo epicicloidale piazzato al posto della turbina. Resta
da chiedersi se non sarebbe stato meglio adottare un variatore, al posto del gruppo di moltiplicazione a due rapporti. In quanto agli eventuali
sbocchi nella produzione di serie, non ci resta
che attendere…
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riuscirò a portare a termine. Solitamente sono
una persona abbastanza disorganizzata e confusa, soprattutto nelle faccende che richiedono un
certo ordine metodico e una buona schematicità
di pensiero, ma questo paesaggio innevato che
scorre al di la del vetro della carrozza numero 11
mi rilassa e mi aiuta a risistemare le idee. “Già, innevato”- penso tra me e me, quasi con aria orgogliosa - “non è sicuramente il momento migliore
per viaggiare in moto, e sicuramente questo curioso signorotto di mezza età seduto di fianco mi
prenderebbe per pazzo se scoprisse quali sono i
miei impegni per il fine settimana”. La sua matita
scrive su un foglio bianco formule e calcoli matematici, penso sia un professore universitario
o qualcosa di simile. Le mie dita invece battono
veloci sulla tastiera del tablet un elenco di oggetti
ed attrezzi che domani saranno miei compagni di
Raduno
viaggio, ogni tanto il professore butta un occhio
e senza molta discrezione lascia trapelare una
certa curiosità sulla quale possa essere l’utilità
di tutti questi strati di tessuti sovrastati da tute
termiche, elencate sul mio schermo. I paesaggi
scorrono, l’orizzonte sembra infinito e freddo,
la neve e la pioggia fanno da padrone su questo
territorio dominato dall’inverno, io nel frattempo
sorrido e penso alla sfida, alla missione che inizia
domani mattina presto, sono pronto! Se penso a
queste parole sorrido, tutto questo mi piace, mi
fa sentire vivo.
Dopo il rientro a casa
Sono sulla sella della mia moto ormai da dieci ore
su queste strade bagnate e trafficate, da Milano
a casa, ancora poco più di cento chilometri e potrò dire di averlo fatto di nuovo. Guido e ripenso
Elefantentreffen 2014
Viaggio dell’anima
di Marco Delmastro | Marco racconta con passione il suo Elefanten.
Lo fa con uno stile personale che sposa la cronaca del viaggio con
riflessioni scritte a posteriori che descrivono lo stato d’animo che
ha accompagnato questa gelida avventura
M
arco ci racconta con tanta passione per la moto e per i viaggi il
suo Elefantentreffen. Lo fa con
uno stile personale, che sposa la
cronaca del viaggio con riflessioni scritte a posteriori che descrivono lo stato d’animo che ha
accompagnato questa gelida avventura.
Il mio viaggio.Quello col corpo
e quello con la mente
Prima di partire
Giovedì mattina presto, in treno direzione Roma:
il lavoro mi porta spesso a viaggiare, ma oggi è
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diverso, il corpo viaggia e la mente si muove in
direzione opposta, non pensa sicuramente alla
riunione di oggi pomeriggio. Le faccende di lavoro aumentano ringraziando il cielo e forse è
proprio questo che mi porta ad amare cosi incondizionatamente la mia passione. Se potessi
oggi non andrei in giro per l’Italia, domani sarà
sicuramente una giornata di quelle intense, qualcosa mi aspetta. Guardo fuori e pensieri profondi
mi portano a tutto quello che ho già fatto e a tutto ciò che ancora devo fare, penso alle cose che
cambiano, a quelle che vanno e a quelle che arrivano inaspettatamente, a cosa forse un giorno
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a questi tre giorni, a tutto quello che è successo durante questo avventuroso viaggio, come il
primo giorno, quando a fine giornata dopo 750
chilometri eravamo solamente ad Innsbruck, in
ritardo di cinque ore sulla tabella di marcia.
Il viaggio
Quella mattina l’idea era di passare da Lecco,
per poi salire la Val Chiavenna ed arrivare fino
all’Austria passando da St.Morritz ed il passo
del Maloja. Abbiamo sempre pensato che sia
l’avventura la base di ogni viaggio ben riuscito,
e l’itinerario di questo elefante sembrava proprio
promettere bene. L’appuntamento con i miei
compagni di avventure era a Monza, qualche
minuto di ritardo, ma non appena Marco e Ale
arrivano inforchiamo le moto e ci incamminiamo
salendo lentamente verso le montagne. Il tempo
non sembra poterci infastidire e senza nessun
intoppo arriviamo alla frontiera che separa l’Italia dalla Svizzera. Giusto il tempo di cogliere
l’occasione e fermarsi per dare una controllata
generale dopo i primi chilometri, che veniamo
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raggiunti da un finanziere italiano.
-“Ragazzi andate all’Elefante?”-“Direi di si, vorremmo fare il passo del Maloja,
siamo diretti la”-“Mi spiace, è chiuso, pericolo valanghe. L’anno scorso una macchina è stata travolta da una
slavina e adesso chiudono la strada nelle ore più
calde della giornata per motivi di sicurezza. La
strada sarebbe anche percorribile, ma fino alle
quattro di oggi pomeriggio dovete aspettare qui,
oppure tornate in dietro”Ecco come svegliarsi da un bel sogno scoprendo
pure che le coperte sono corte e hai i piedi freddi.
Cosa facciamo? Non ci sono molte alternative,
aspettare fino alle quattro del pomeriggio vorrebbe dire fare il passo di notte, probabilmente
con la strada ghiacciata e da soli. Forse questa
volta il nostro saggio angelo custode è riuscito
nel suo faticoso lavoro, fatto è che riprendiamo
le moto e ci rimettiamo in viaggio, questa volta in
direzione Milano – Verona - Brennero. L’autostrada non è mai piaciuta a nessuno, me compreso e questo viaggio è riuscito a servircela su
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un piatto d’argento. I chilometri che separano il
finanziere italiano che ci ha salutato dal passo
che lentamente stava arrivando sembrano infiniti ed i numerini che si aggiungono lenti al contachilometri della mia moto non fanno altro che ricordarmelo. Verso l’imbrunire siamo riusciti a
raggiungere l’ultima area di sosta prima del passo, dopo aver posato le moto siamo entrati per
prendere qualcosa di caldo. Alla televisione stanno trasmettendo le notizie meteo e traffico aggiornate, ma più le guardiamo e più ci rendiamo
conto che quello che ci aspetta non promette
nulla di buono. Rifornimento di benzina alle nostre amiche a due ruote e riprendiamo la marcia
portandoci dietro un’ombra di apprensione, pensando a quali possano effettivamente essere le
condizioni critiche appena accennate alla TV.
Per fortuna però le notizie sono pessimistiche,
difatti riusciamo a valicare abbastanza tranquillamente con solo pochi centimetri di neve a terra
che, pensandoci bene, ci ha fatto anche piacere,
rispetto alla nostra giornata di monotona autostrada. Pensare che il programma era quello di
News
arrivare alla buca entro sera per sistemare la tenda e riposarci sembra una simpatica barzelletta,
sono le nove e mezza e ancora non siamo nemmeno arrivati ad Innsbruck. Abbandoniamo la
pazza idea di tentare l’arrivo al raduno in nottata
e frustrati ci intrufoliamo in città in cerca di un
hotel, che riusciamo a trovare dopo due tentativi
mancati. Sistemiamo le moto, scarichiamo i bagagli e terminiamo la nostra prima giornata con
una cena di fortuna da un paninaro sulla strada,
una birretta in un locale russo con tanto di karaoke in lingua madre ed un letto pagato una follia. Il
viaggio del mio ritorno a casa continua, ho appena oltrepassato il traffico caotico della tangenziale nord milanese, che attraversata alle sette di
sera può essere forse paragonata ad un muro di
auto in movimento verso ovest. Imbocco la A4
Milano-Torino con la pioggia, oramai è scesa la
notte e le condizioni di sicurezza iniziano a diminuire, da lontano infatti vedo dei lampeggianti
arancioni, sono le luci di emergenza delle macchine ferme in coda, deve essere capitato qualcosa, rallento anche io fino praticamente a
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fermarmi. Carico come sono, con le borse laterali e la tenda legata sopra, sono troppo ingombrante e faccio fatica a passare tra le auto ferme,
allora mi accodo e ricomincio a pensare. È la
mattina della seconda giornata, il tempo sembra
volgere al bello ed il risveglio è stato in certi versi
migliore di quello che ci potevamo aspettare. Sicuramente sarebbe molto più apprezzabile la
sveglia al raduno, in tenda con un bello strato di
neve ad aspettarci appena fiori, però diciamolo,
un letto pulito aiuta parecchio ad ingranare la
prima ed iniziare la giornata. Dopo una bella colazione siamo di nuovo in sella, ora non c’è più
nulla che può fermarci, difatti alle prime ore del
pomeriggio eccoci alla vista della centrale nucleare che preannuncia l’imminente arrivo, ancora
pochi chilometri ed arriviamo a Solla, siamo di
nuovo all’Elefante. Subito la foto di rito, l’adesivo
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e l’anno da attaccare alla giacca. Mentre siamo in
coda davanti al bancone in attesa del braccialetto per l’ingresso però mi viene un pensiero: “peccato che quella strada chiusa ci abbia fermato,
eravamo pronti per la notte in tenda, pronti per
vivere al completo questa esperienza ed invece
un passo calcolato male ha fatto tramontare tutti i nostri programmi”. Ora la tenda è attaccata
alla moto, parcheggiata sulla strada, con il sacco
a pelo chiuso ermeticamente dal coperchio del
bauletto, anche questa volta non si sarebbe
aperta, ormai i programmi per il rientro sono fatti e non si può trasgredire. Scendiamo comunque la strada di accesso alla “fossa” imbracciando la macchina fotografica ed iniziando ad
immortalare attimi unici. Durante la discesa troviamo ogni tipo di mezzo di locomozione derivante da una motocicletta, davanti ai nostri occhi
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bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
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si presentano personaggi vestiti di pelli animali e
motociclisti infangati alle prese con attrezzi più
simili a rottami, che a vere motociclette. Ad un
certo punto ci imbattiamo in un gruppo di persone riunite attorno ad un colosso adagiato su un
lato, coperto di fango: era una Honda Goldwing
caduta a terra nella melma e tutte quelle persone
erano impegnate ad aiutare il povero pilota alle
prese con il rialzo del gigante, scene uniche.
Dopo poco arriviamo sul fondo di questo luogo
mistico e, come tanto desiderato, ci avventuriamo verso la coda del bancone dei panini. Una
vera prelibatezza culinaria! Alcune ore di permanenza in quel posto incredibile ed alcune foto
scattate durante la gara di hill clinb improvvisata
lungo la salita infangata che porta verso la parte
alta del raduno, e siamo però obbligati al rientro
verso casa per almeno un paio di ore di viaggio.
Purtroppo la domenica è troppo corta per il rientro da Solla a casa e fare tardi non è consigliabile.
Un vero peccato, questa volta patiamo la sconfitta della notte. All’improvviso una brusca frenata
della macchina che mi precede riporta la mia
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News
testa saldamente ancorata alle spalle. Nel bel
mezzo della coda tutte le macchine tentano di
immettersi dalla corsia di destra in quella di sorpasso. Lo faccio anche io e finalmente diventa
chiaro il motivo di questi 6 chilometri di incolonnamento: un ragazzo deve aver perso il controllo
della macchina e dopo aver carambolato tra un
guard-rail e l’altro si è schiantato contro le protezioni della corsia di emergenza. Nulla di grave
per fortuna, è in piedi vicino alla macchina e si
mette una giacca mentre un poliziotto compie gli
accertamenti del caso. Oltrepassato l’incidente
le macchine si sgranano e si ricomincia a viaggiare sotto alla pioggia con il tiro sordo e monotono
del motore nelle orecchie. Bastano pochi chilometri e la mia testa torna alla giornata appena
trascorsa, quella del ritorno. Siamo partiti da
Monaco verso le nove della mattina tenendo una
buona media, che solo le autostrade tedesche
permettono. Tra una sosta e l’altra, scandite dalla spia della riserva dell’800 di Marco, arriviamo
al Brennero, ripercorrendo passo passo la medesima strada che due giorni prima ci ha condotto,
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nel senso opposto, al raduno. Non appena oltrepassato il casello ci fermiamo un secondo per
sistemare guanti e biglietti vari quando vediamo
un ragazzo alle prese con un TT600 tutt’altro
che invogliato a riportare a casa il suo biker. Io e
Marco ci avviciniamo per chiedere se è necessario qualche aiuto, il ragazzo accetta chiedendo
una spinta. Convinti di sentire ad un certo punto
la seconda entrare ed il motore partire singhiozzando, iniziamo a spingere ma del rumore atteso
nulla. Il problema è di gran lunga peggiore di un
semplice ingolfamento, gli amici del nostro sfortunato viaggiatore sono ormai fermi parecchi
chilometri più avanti e lui sta cercando di raggiungerli. Proseguire nel nostro viaggio ed abbandonarlo sarebbe impensabile, allora decido
di dare una mano al nostro nuovo amico facendolo arrivare fino al primo autogrill. Scopriamo
qui altri due ragazzi in attesa del nostro arrivo,
che appena mi vedono mi riempiono di ringraziamenti chiedendo immediatamente il prezzo per
sdebitarsi. Due dolcetti saltati fuori da una piccolo contenitore sono più che sufficienti, buonissimi! Ne nasce una bellissima chiacchierata amichevole, peccato che non sono riuscito a sapere
il loro nome, voglio pensare che dopo al nostro
saluto si siano rimessi in marcia senza altri intoppi. Ancora 25 chilometri e sono a casa, è il casello
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Raduno
di Chivasso Est che me lo dice. Ecco ora lo vedo il
mio paesino! È la, illuminato in cima alla collina.
Ora le strade si fanno famigliari, tutto odora di
profumi ben conosciuti, le curve sono un susseguirsi di ricordi indelebili delle mie giornate passate sulle due ruote. Salgo verso la collina più
alta del Monferrato, direzione Albugnano, direzione casa! Siamo stati un’altra volta all’elefante,
ci siamo riusciti. Alti e bassi, qualche delusione e
tante soddisfazioni, tanta strada, tanta strada
aggiunta ad un viaggio già lungo, qualche sofferenza e tanto divertimento. Ci rivediamo nel
2015!
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USA
Pochi motociclisti forse,
ma tanto amore per le moto
di Pietro Ambrosioni | Le moto in USA sono in proporzione molto meno
di quante ce ne siano in Italia. Eppure la cultura della moto, sebbene
molto legata al tema Harley-Davidson, è decisamente radicata. Perché?
C
ome dicevo in un mio precedente articolo, le moto in USA sono in
proporzione molto meno di quante
ce ne siano in Italia o in altri Paesi
europei. Parlo di densità, ovvero numero di moto
rispetto al numero di abitanti. Eppure la cultura
della moto, sebbene molto legata al tema HarleyDavidson, è decisamente radicata. Uno stemma
Harley è appeso in qualsiasi stazione di servizio
o officina, e anche nelle contee più remote si
trova, invariabilmente una mega concessionaria
del marchio di Milwaukee. Non solo: in zone super turistiche come il Fisherman’s Wharf di San
Francisco, South Beach Miami, Key West e moltissimi aeroporti americani sono piazzati strategicamente dei bellissimi merchandise store HD,
sempre pieni di appassionati o semplici curiosi.
Un cappellino o una maglietta sono spesso il primo passo che avvicina un “uomo qualunque” al
nostro magico mondo, per cui personalmente
sono un grande supporter di questo tipo di diffusione del “verbo”. L’apoteosi di un simile, colossale piano di marketing è ovviamente rappresentata dal mega Harley-Davidson Bar & Grill sullo
Strip di Las Vegas, dove sopra l’entrata incombe
il gigantesco avantreno di una Fat Boy e all’interno ci sono numerose bicilindriche appese un
po’ dappertutto. Sì, appese! Ma la faccenda non
si limita al mito delle custom... L’altro giorno ero
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da Hobby Lobby, un mega store che si potrebbe
paragonare ad un nostro Brico Center, e tra fiori
finti, pennelli e cartoncino per lo scrapbooking
ho trovato modellini di moto, cartelli ed emblemi
di ogni tipo, poster e quant’altro. Nei grandi magazzini tipo Walmart o Target è sempre una bella
esperienza passare per il reparto giocattoli, dove
si trova veramente di tutto: mini custom, stradali,
fuoristrada e persino le miniature dei piloti e le
repliche dei TIR delle mega squadre impegnate
nel Supercross. Che dire poi delle varie Monster
Energy e Rockstar Energy, che promuovono il
loro prodotto nelle vetrine dei benzinai e mettono
in palio moto ed ATV? In alcuni casi, piuttosto rari
direi, si trovano segnali di un particolare apprezzamento delle due ruote anche in città che normalmente non si tende ad associare alle moto
Perché ovviamente è facile aspettarsi grandi
accoglienze in posti come Sturgis o Daytona, oppure Laguna Seca o Austin nella settimana della
MotoGP. Diverso è il discorso di Orlando, in Florida. Sebbene sia ora la sede della fiera AIMExpo
- il nuovo riferimento per il settore americano - la
maggior parte di noi la associa a Disney World e
agli Universal Studios, no? Eppure, in modo del
tutto random, ho visto parcheggi espressamente dedicati alle moto davanti ad alcuni locali, con
tanto di avvertimento per gli automobilisti di stare alla larga. Sono cose belle...
Media
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MotoGP
100 secondi su Moto.it
Migliori le Moto2 delle vecchie 250?
Lo spunto arriva da una dichiarazione di Carmelo Ezpeleta, Dorna,
secondo il quale le Moto2 sarebbero migliori delle 250 a due tempi.
Il nostro Giovanni Zamagni dice la sua sull’argomento. E voi che
cosa ne pensate?
“
Amici di Moto.it e appassionati di corse
- attacca il nostro inviato ai GP Giovanni Zamagni - vorremmo commentare
con voi una dichiarazione di Carmelo
Ezpeleta. Il capo della Dorna ha fatto sua le parole pronunciate da Marc Marquez e Stefan Bradl,
entrambi hanno detto che la Moto2, dalla quale
provengono, è migliore della precedente categoria delle 250. E’ giusto ricordare che quando
nacque la Moto2, voluta proprio da Ezpeleta, la
classe 250 era diventata un monopolio di Aprilia.
L’alternativa fu la nuova categoria con motore
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unico: il quattro cilindri in linea Honda 600. Ma
questa caratteristica rappresenta anche il limite
della Moto2, perché viene a mancare l’interesse
delle Case produttrici”. La categoria è comunque
spettacolare e anche formativa, ma - secondo
Zamagni - la vecchia 250 era un’altra cosa e gli
esempi di campioni venuti da quella classe e poi
vincenti in quella superiore sono stati molti e significativi: Cadalora, Capirossi, Biaggi, Rossi, Pedrosa, Stoner, per citarne alcuni. E voi che cosa
ne pensate?
Fatecelo sapere con i vostri commenti.
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Nico Cereghini
Tino Brambilla
e l’aquila sul
serbatoio
Gli ottant’anni di un pilota famoso
che a fine carriera si buttò di
nuovo nella mischia come un
ragazzino, con la Guzzi V7 Sport.
Una storia attualissima: gli anni
delle sfide epiche tra le grandi
Case stanno tornando
Media
C
iao a tutti! Giovedì
scorso, 30
gennaio,
Tino Brambilla ha fatto gli ottant’anni festeggiato
da un mucchio di amici. Avrei
voluto esserci anch’io ma ero
lontano da Monza. Tino è stato un grande campione degli
anni Cinquanta e Sessanta,
prima con le moto (MV Agusta
e Bianchi soprattutto) e poi con
le auto di Formula sfiorando addirittura la F1. Nel ’69 avrebbe
dovuto schierarsi con la Ferrari
al GP d’Italia a Monza, era già
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iscritto, ma qualche giorno prima della gara cadde al curvone
con la moto e si scarnificò tutto
il lato B. Oggi Tino dice che rinunciò perché la monoposto di
Enzo Ferrari era poco competitiva, tanto che Rodriguez finì
sesto a due giri. Ma a suo tempo
me la raccontò diversamente.
C’era suo fratello Vittorio che
provava la Paton 500, lui volle
farci un giretto e così com’era,
in pantaloni e maglietta, si fece
prestare il casco e via. Cadde
al curvone, strisciò sulla schiena per un centinaio di metri, e
quando si rialzò non aveva più
i calzoni. «Cercavo di coprirmi
-disse ridendo- ma sotto la cintura non c’era più la stoffa. Solo
dopo un po’ mi sono reso conto
che anche il sedere e la schiena
erano consumati». Di entrare
nell’abitacolo della F1 non se ne
parlò. Tino Brambilla e il fratello
Vittorio erano una cosa sola. La
passione e il gusto della sfida
li hanno resi leggendari. Così
nessuno si stupì quando, a fine
carriera, si buttarono sulle prime gare delle derivate di serie:
insieme, con la Guzzi V7 Sport.
Io correvo con la Laverda SFC,
tra le squadre c’era una profonda rivalità, una volta Vittorio mi
corse dietro con una chiave del
36 per una parola di troppo, nei
box e in pista ce le davamo di
santa ragione, ma poi alla sera
si scherzava tutti insieme. La
più bella frase di Tino Brambilla descrive la gran piega che si
faceva nel curvone: «In mezzo
alla curva ho dato un’occhiata
all’aquila sul serbatoio, piegavo
così tanto che lei, per la paura,
aveva tirato dentro le ali». Poi
ci furono i disastri del maggio
e del luglio 1973, cinque morti,
e tutto cambiò. Ma quei tempi e quell’atmosfera stanno
tornando, ed è questa la bella
notizia. Penso alla Superbike.
Sta per partire una stagione
che pare ritagliata dalle riviste
degli anni Settanta, due grandi
case a confronto, Ducati contro Aprilia, Gigi Dall’Igna contro
Romano Albesiano, due reparti
corse impegnati a fondo per
vincere una sfida che potrebbe
diventare epica. Ci sono tutti gli
ingredienti per divertirci davvero: due formule tecniche a confronto, il bicilindrico contro il
V4, e poi i piloti, anche italiani, e
appunto i due ingegneri, Dall’Igna che dall’Aprilia è passato in
Ducati, Albesiano che ha preso
il suo posto. Qualche frecciata tra i due schieramenti è già
partita, e magari i nostri eroi si
scambieranno un mucchio di
complimenti nelle prime interviste perché è così che bisogna
fare. Ma in realtà si giocano tutto: competenza, storia e credibilità. Vinceranno lo sport, lo
spettacolo e forse vincerà anche il migliore.
Editoriale
Brambilla: In mezzo alla
curva ho dato un’occhiata
all’aquila sul serbatoio,
piegavo così tanto che
lei, per la paura, aveva
tirato dentro le ali
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Marquez domina la tre giorni di test
a Sepang. Rossi molto vicino
di Giovanni Zamagni | Nuovo record della pista per Marquez, ma le
Yamaha di Rossi e Lorenzo accorciano il distacco, meno di due decimi
per Valentino. Meglio anche la Ducati, a 8 decimi con Dovizioso
Q
uattro piloti – Marquez, Rossi,
Lorenzo ed Espargaro – sotto il
muro dei 2’00” racchiusi in 0”465,
frantumato il record dei record di
Sepang (Stoner, 2012) da un Marquez stratosferico, le Ducati più vicine, polemica tra Honda e Yamaha, alcuni piloti già contro
le nuove Bridgestone: sono sole le prime prove
invernali, ma la stagione 2014 si annuncia molto
“calda”. Marquez permettendo, naturalmente. Il
nuovo fenomeno del motociclismo mondiale ha
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nuovamente impresso il suo marchio sulla MotoGP, firmando il miglior tempo in ogni giorno
dei tre di prove di Sepang. In quello conclusivo,
si è assistito a un’ora di “qualificazione” con tutti
i piloti che hanno sfruttato le migliori condizioni climatiche per fare un paio di giri tirati con la
gomma più morbida, poi, nel proseguo di una
giornata caldissima, con punte di 60 °C sull’asfalto, in molti hanno provato una simulazione
sulla distanza.
MARQUEZ: IL PIU’ VELOCE E IL
PIU’ COSTANTE
Con 1’59”533 – secondo passaggio di una serie di tre da pelle d’oca: 1’59”780, 1’59”533,
1’59”752 – Marquez è riuscito anche a battere il
miglior tempo assoluto (precedente) di Sepang,
l’1’59”607 di Stoner del 2012. Il bambino prodigio si è poi riposato una cinquantina di minuti ed
è ripartito per una simulazione gara se è possibile ancora più impressionante della prestazione record: due soli giri, partenza a parte, sopra
i 2’00” (2’01”64 e 2’01”059), uno sotto i 2’00”
(1’59”991 al quinto passaggio) e tutti gli altri sulla
media di 2’00”5. Come dire, che se il GP si fosse
disputato oggi, avrebbe vinto per distacco.
ROSSI: BUONE SENSAZIONI,
MA…
Per Valentino Rossi un secondo posto assoluto a soli 0”194 da Marquez che la dice lunga
sull’entusiasmo e sulla voglia di riscatto del
MotoGP
campionissimo della Yamaha. Valentino, come
Marquez, è sempre stato davanti al compagno di
squadra, sempre primo dei piloti in sella alla M1:
un risultato più che positivo, oltre ogni aspettativa. La nuova Yamaha piace di più a Rossi, ora
più efficace in frenata e non troppo penalizzato
dall’erogazione poco lineare, che tanto fastidio
dà a Lorenzo, del quattro cilindri in versione 20
litri. Poi, nel pomeriggio, anche Valentino ha provato una simulazione gara, con risultati indubbiamente incoraggianti, anche se lontani rispetto a quelli del campione in carica: le condizioni
climatiche differenti (sfavorevoli per Rossi) non
permettono un paragone, ma sulla distanza il
nove volte iridato deve ancora crescere. Ma l’inizio è decisamente promettente.
LORENZO: UN PO’ IN AFFANNO
Terzo Jorge Lorenzo, a 0”333 da Marquez e a
0”139 da Rossi. Un risultato non troppo negativo, anche considerando il passo gara, migliore di
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DUCATI: FINALMENTE UN PO’
DI OTTIMISMO
quello del compagno di squadra, anche se Jorge
ha interrotto la simulazione al settimo giro, ma
che non serve per nascondere un certo disagio
del fuoriclasse spagnolo, per nulla soddisfatto
(per usare un eufemismo) dello sviluppo imboccato dalla Yamaha per la M1 in versione 2014.
ESPARGARO: UNA CONFERMA
PIU’ CHE UNA SORPRESA
Al quarto posto, la sorpresa dei test (ma per
quanto mi riguarda è più giusto parlare di conferma): Aleix Espargaro porta la Yamaha “Open”
a soli 0”465 da Marquez e a 0”132 da Lorenzo.
Una prestazione così buona da far venire voglia a
Jorge di provare questa versione della M1 con 24
litri, gomma più morbida e centralina unica. Questa Yamaha è sicuramente buona, ma è stato
soprattutto il pilota a fare una grande differenza,
come conferma l’1”8 rifilato a Colin Edwards in
sella alla stessa moto. Se poi si va ad analizzare
il cronologico, si vede che Espargaro è in realtà
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meno competitivo (come è normale che sia),
ma soprattutto in qualifica potrà togliersi grandi
soddisfazioni.
Dopo che per due giorni il più veloce in Casa Ducati era stato Andrea Iannone, la sessione di Sepang si è chiusa con Andrea Dovizioso buon settimo a 0”837 dalla pole. Il pilota di Forlì si è detto
«impressionato dai progressi fatti dalla GP14 in
così poco tempo», anche se «naturalmente, c’è
ancora molto da lavorare: sul passo gara ci siamo avvicinati, ma Honda e Yamaha rimangono
lontanissimi». Il Dovi – così come Iannone, nono
oggi a 1”192 da Marquez, quindi a poco più di due
decimi dal compagno di Marca – sembra rinfrancato dall’arrivo dell’ingegner Gigi Dall’Igna e
vede il futuro un po’ meno “nero” rispetto all’inizio dei test. Entro il 28 febbraio – quindi dopo i
prossimi tre giorni di test in Malesia (26, 27 e 28
febbraio) – la Ducati, così come tutti gli altri costruttori, dovrà decidere se utilizzare la “factory”
o la “open” (questa la scelta più probabile), ma
sembrano esserci le possibilità di una stagione
meno disastrosa della precedente. In difficoltà,
invece, Cal Crutchlow, solo 12esimo a 1”524:
anche questa, però, non può essere considerata
una sorpresa…
MotoGP
SCONTRO SULLE GOMME
Nei tre giorni sono state provate le nuove gomme
Bridgestone (sia morbide sia dure), con riscontri opposti: soddisfatti i piloti Honda, indiavolati
quelli Yamaha, soprattutto Lorenzo. Tra l’altro,
stando a indiscrezioni provenienti da Sepang,
pare che sia Valentino sia Jorge abbiano realizzato i migliori tempi con la Bridgestone morbida
del 2013: se così fosse, per la Honda sarebbe un
ulteriore vantaggio.
OPEN E SUZUKI
Per la “Open” Honda si può parlare di delusione,
anche se Nicky Hayden – 13esimo a 1”981 – ha
finito in crescendo e non mancano le “scusanti”,
ma dopo i tempi dichiarati a Valencia da Nakamoto (peraltro “ritrattati” in una conferenza
stampa tenuta oggi a Sepang, con Stoner che, in
realtà, avrebbe girato 1”2 più lento rispetto alla
factory) era lecito aspettarsi qualcosa in più. La
Suzuki con Randy De Puniet ha chiuso 17esima a
2”953 con la centralina unica anche nel software: la MotoGP è una brutta “bestia”, tenere il passo di Honda e Yamaha è difficilissimo.
Guarda tutte le classifiche dei test
PEDROSA: DIFFICILE
DA DECIFRARE
Solo sesto – a 0”690 dal compagno di squadra
– Daniel Pedrosa, tra i pochissimi a non sfruttare i primi minuti per fare il “tempone”, tanto da
realizzare il miglior crono al pomeriggio. Come
Marquez,
Pedrosa ha fatto parecchie prove comparative
tra telaio nuovo e vecchio, non arrivando a una
decisione finale: da lontano, la sensazione è che
Dani non si sia per nulla preoccupato della singola prestazione, ma si sia concentrato solo sullo
sviluppo in funzione della gara. Certo che, psicologicamente, non è il massimo prendere paga
tre giorni su tre dal compagno di squadra: per lui
non sarà facile ribaltare le gerarchie all’interno
del box.
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MotoGP
I commenti dei piloti
dopo il terzo giorno
di Test a Sepang
Soddisfatti i piloti Honda, mentre Lorenzo e Rossi non la pensano
esattamente allo stesso modo sullo sviluppo 2014 della Yamaha.
Molto contenti i piloti Ducati che non si aspettavano progressi
così veloci
Yamaha
Valentino Rossi
« Il test è andato molto bene,
sono molto soddisfatto, soprattutto per la seconda posizione e ancora di più per il tempo sul giro che è il migliore della
mia carriera qui a Sepang. E’ la
prima volta che scendo sotto
2’00 per me e solo un decimo
di Marc e il record assoluto
della pista. Ho trovato un buon
feeling con la moto, abbiamo
trovato alcune buone soluzioni
ed è stato molto positivo. Abbiamo provato una simulazione
nel pomeriggio un test molto
utile per evidenziare eventuali
problemi. Abbiamo sofferto un
po’ per tenere un buon ritmo
ma non era così male. Per la
prima prova il bilanciamento è
stato buono».
Jorge Lorenzo
«Abbiamo migliorato molto il
tempo sul giro rispetto a ieri ma
non ho fatto un giro perfetto.
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Magari con gomme più morbide potremmo fare un 1’59”5 o
un 1’59”6. L’obiettivo non era
quello di migliorare il tempo sul
giro, ma per migliorare il passo
di gara. Quando abbiamo provato una simulazione di gara in
condizioni di caldo abbiamo riscontrato alcuni problemi dove
non ci aspettavamo, quindi il
ritmo non era buono come volevamo. Abbiamo provato solo
su una pista ma una pista che
storicamente non è favorevole
alla Yamaha. L’evoluzione e il
miglioramento sono notevoli
quindi sono abbastanza soddisfatto».
Honda
Marc Marquez
«Sono abbastanza contento
dei tre giorni qui a Sepang, abbiamo iniziato bene la pre-season. E’ vero che questo è solo
il primo test e abbiamo ancora
del lavoro da fare, ma abbiamo
già potuto fare una simulazione
di gara ed è andato tutto bene.
Abbiamo provato molti setting e abbiamo raccolto molti
dati, quindi dovremmo essere
ben preparati per il prossimo
test qui. Fisicamente mi sento
bene, ero un po’ debole quando
sono arrivato, perché ho avuto
l’influenza la scorsa settimana,
ma alla fine mi sentivo bene,
che è la cosa più importante.
Possiamo sempre migliorare e
questo test aiuterà la mia forma fisica».
Dani Pedrosa
«In questo terzo giorno ci siamo concentrati sul telaio, cercando di guadagnare più grip
posteriore e credo che abbiamo fatto un sacco di progressi
qui. Questa mattina abbiamo
avuto un problema con i freni
su entrambe le moto e ho perso un sacco di tempo, proprio
nella parte della giornata in cui
si può provare il giro veloce.
Comunque, sono contento che
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MotoGP
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siamo stati in grado di migliorare il setup e , in generale, oggi
è stata una giornata positiva.
Al prossimo test spero che
possiamo continuare da dove
abbiamo lasciato oggi, e continuare a migliorare prima di
passare a Phillip Island».
Ducati
Andrea Dovizioso
«Sono davvero contento di
questi tre giorni di test perché
siamo riusciti a fare un buon
lavoro e a migliorare molto.
Possiamo frenare più forte,
entrare più facilmente e con
più velocità in curva e accelerare un po’ prima e quindi usare
più potenza nella prima parte
dell’accelerazione. Poi siamo
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riusciti ad ottenere anche degli ottimi tempi a livello di giro
veloce. Infatti ho ottenuto un
tempo che non ero mai riuscito
a fare qui in Malesia su qualsiasi moto, e quindi questo mi rende felice. Abbiamo migliorato
anche il nostro passo e quindi
questo test è stato davvero positivo. Non mi aspettavo di poter migliorare così tanto, però
dobbiamo restare con i piedi
per terra perché il gap rimane
ancora alto per gli obiettivi che
vogliamo ottenere».
Cal Crutchlow
«So che la posizione in classifica non è tra le migliori, ma
devo ammettere che sono
soddisfatto. Sono ancora
abbastanza lontano da Dovi,
ma tutto sommato oggi sono
stato piuttosto costante e più
veloce di ieri. Abbiamo trovato alcune cose positive sulla
moto, ma purtroppo ho fatto il
mio migliore tempo nella parte
meno favorevole della giornata – a mezzogiorno quando la
temperatura era 15 gradi più
calda di quando gli altri hanno
segnato i loro migliori tempi.
Non sono troppo preoccupato
del mio tempo sul giro, perché
mi sembra che si possa spingere di più con la GP14, ed è una
cosa positiva.
I miei tempi non sono tanto lontani da quelli dello scorso anno,
ma gli altri hanno davvero migliorato molto».
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MotoGP
gigi Dall’Igna (Ducati)
“Abbiamo invertito la direzione”
di Giovanni Zamagni | Il direttore generale di Ducati Corse fa il punto
dopo i test di Sepang: “Abbiamo lavorato bene. Sceglieremo se correre
con la “factory” o con la “open”, ma il regolamento è a favore di
quest’ultima”
I
Ingegnere Gigi Dall’Igna, per
certi versi si può dire che la Ducati sia stata la sorpresa positiva dei primi test di Sepang.
«Complessivamente sono soddisfatto del lavoro svolto nei tre
giorni di test: per me era importante provare a invertire la spirale negativa degli ultimi tempi
e credo che l’obiettivo sia stato
raggiunto. Era importante riuscirci, perché la motivazione di
tutti gli uomini che si occupano
dello sviluppo, ma anche – e
soprattutto – dei piloti è una
delle chiavi per riuscire a fare
bene».
Come hai fatto a invertire
questa spirale negativa?
«Tanto dipende dall’organizzazione che ci siamo dati negli ultimi mesi, cercando poi di capire qual era la migliore soluzione
possibile con il materiale che
avevamo a disposizione per
cercare di migliorare la situazione. Devo dire che abbiamo
fatto un buon lavoro».
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Ci puoi dire che Ducati c’erano in pista?
«Il programma era già stato
stabilito a Valencia, con Hernandez che sta portando avanti
il progetto “Open”, importante
per tanti ragioni, perché nelle
intenzioni dell’organizzatore
(la Dorna, NDA) questo dovrebbe essere il futuro della
MotoGP ed è fondamentale
partire con un certo anticipo con questo programma,
come peraltro hanno fatto più
o meno tutti i costruttori. Le
altre tre moto erano in versione “factory”: per noi in questo
momento è importante riuscire
a fare dei progressi sulla moto,
cercando di migliorare la sua
competitività. (Dall’Igna non
l’ha specificato, ma a Sepang
c’era l’ultima versione della
GP13 vista a Valencia e la GP14,
visibilmente diversa nel telaio e
in altri particolari, con una distribuzione dei pesi modificata,
che ha portato al miglioramento in ingresso curva, NDA)».
C’è tempo fino al 28 febbraio
per decidere se utilizzare la
“factory” o la “open”; so che
non mi dirai mai quale sarà
la scelta, ma l’avete già fatta
o servono i prossimi test per
decidere?
«Noi già a Valencia avevamo
deciso per tre “factory” e una
“open”. E’ però vero che il regolamento “factory” per noi è un
po’ restrittivo, perché per Ducati è fondamentale sviluppare
la moto e trovare delle soluzioni
differenti rispetto alle attuali: il
“congelamento”, alla prima
gara, dei cinque motori dal
punto di vista tecnico ci limita
molto sotto questo aspetto e
per noi diventa difficile introdurre quelle modifiche necessarie per rendere il motore più
competitivo. Nelle settimane
che rimangono prima dei prossimi test (26, 27 e 28 febbraio,
NDA) faremo delle analisi e poi
la nostra scelta (Dall’Igna non
risponde chiaramente alla domanda, ma la sua valutazione,
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MotoGP
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devo capire questa moto,
diversa dai miei concetti:
devo analizzare il
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bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
positivo e il negativo
di questo progetto
a mio modo di vedere, è chiarissima: per la Ducati è meglio la
“Open”)».
Quando vedremo la prima Ducati realizzata completamente dall’ingegnere Dall’Igna?
«Il programma che mi sono
dato è quello, prima di tutto,
di conoscere le persone all’interno del reparto corse. Poi,
evidentemente, devo capire
questa moto, diversa dai miei
concetti: devo analizzare il positivo e il negativo di questo
progetto. Mi sono dato come
scadenza la terza gara (GP
Argentina, 27 aprile, NDA) per
raccogliere tutte le informazioni che mi servono per poter poi
pensare a qualcosa di diverso.
Soltanto allora è ragionevole
pensare di poter programmare
la fase successiva e quindi iniziare a disegnare qualcosa di
diverso».
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del feeling necessario per sfruttare tutto il potenziale della sua RSV4 e si è detto fiducioso per i
test e le gare australiane. «Nei due giorni di prove
a Phillip Island dovremo solo affinare il setting –
ha dichiarato Marco – in vista della prima gara.
Parto per l’Australia convinto e soddisfatto, in
quanto abbiamo sicuramente raggiunto un buon
livello». Guintoli lascia la Spagna con il sorriso
sulle labbra. La spalla che lo ha tormentato per
tutto lo scorso finale di stagione e durante l’inverno, sembra finalmente a posto ed ha risposto
positivamente anche ad una caduta, rivelatasi
senza conseguenze. Dopo quattro mesi senza
salire in moto e due interventi chirurgici, Sylvain
non sapeva come avrebbe reagito la spalla una
volta salito in moto, ma nella due giorni spagnola
tutto è andato per il verso giusto. «Non ho ancora la necessaria tonicità e forza nel braccio – ha
commentato il francese dell’Aprilia – ma non avverto dolore e mi sono trovato subito bene sulla
Superbike
moto». Guintoli ha percorso il suo miglior giro in
1’42”605. Tutto pronto in casa Kawasaki che a
Jerez ha schierato al completo il suo squadrone composto da due piloti SBK e tre piloti Evo.
A Sykes e Baz hanno infatti fatto compagnia in
pista l’ufficiale Evo David Salom ed i due Evo privati Alessandro Andreozzi e Jeremy Guarnoni.
Mancava solo Luca Scassa, che salirà sulla sua
Ninja solo nei test di Phillip Island. I piloti delle
verdone hanno potuto svolgere solo parte del lavoro che si erano prefissati. Queste due giornate
spagnole sono servite a Sykes e Baz per testare
alcuni nuovi componenti mentre i piloti Evo hanno preso maggior confidenza con le loro nuove
moto. «Nel complesso abbiamo svolto un buon
lavoro – ha affermato Tom Sykes – nonostante
un meteo variabile ed una pista mai completamente asciutta se non nelle fasi finali. Abbiamo
provato tante piccole cose e posso dire che le
modifiche al set-up che abbiamo fatto durante
Conclusi i test SBK a Jerez
Inizia la sfida Melandri-Sykes
di Carlo Baldi | Due giornate di prove ostacolate dal meteo per i piloti
Kawasaki SBK Sykes e Baz e Kawasaki Evo Salom, Guarnoni e
Andreozzi. In pista anche i piloti Aprilia, Melandri e Guintoli,
e i due Honda Rea ed Haslam
S
olo nel finale della seconda delle
due giornate di prove la pista di Jerez de la Frontera si è asciugata ed
ha permesso ai piloti ed ai team di
svolgere, almeno in parte, il lavoro che si erano
prefissati, anche se la pioggia aveva lasciato il
posto ad un forte e fastidioso vento. E’ stato l’ultimo appuntamento in pista, prima di chiudere
le moto nelle casse e spedirle in Australia per i
test del 17 e 18 ed il primo round mondiale del
64
23 Febbraio. I più veloci, Sykes, Melandri e Rea,
hanno fermato i cronometri sul 1’42 basso, ma
ovviamente nessuno ha voluto rischiare più di
tanto, per non compromettere il primo appuntamento di Phillip Island. Melandri ci è andato
vicino il primo giorno, con una caduta ad alta
velocità alla penultima curva, ma per sua fortuna
nessuna conseguenza fisica. Il pilota dell’Aprilia,
il suo miglior crono è stato 1’42”308, ha compiuto un altro passo avanti verso il raggiungimento
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Superbike
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l’inverno hanno migliorato la nostra moto. Siamo
pronti per l’Australia. L’atmosfera nella nostra
squadra è serena e non vediamo l’ora di vedere come inizierà questa stagione». Per quanto
riguarda il team Pedercini, oltre ad Andreozzi
hanno provato a Jerez anche tutti e quattro i suoi
piloti del team Stock 1000 : Lanusse, Savadori,
Alviz e Nemeth, quest’ultimo autore di un’innocua scivolata proprio nel finale dell’ultima giornata. Rea e Haslam hanno continuato il lavoro di
messa a punto della nuova elettronica, che sembra funzionare a dovere, ma necessita ancora di
qualche prova per una messa a punto ottimale.
Saranno utilissimi i test ufficiali Dorna di lunedì
66
17 e martedì 18 a Phillip Island, dove potremo
avere finalmente un confronto cronometrico tra
tutti i partecipanti al mondiale SBK 2014 e si potranno delineare i valori in campo sia in SBK che
nella Evo.
Sarà regolarmente al via dei test anche lo spagnolo Toni Elias che non ha preso parte ai test,
ma si è infortunato ad un ginocchio mentre si
divertiva con una pit bike. Il pilota del team Red
Devils ha urtato il ginocchio a terra in una curva ed ha avvertito molto dolore. I medici però gli
hanno fortunatamente diagnosticato solo una
contusione e basterà una settimana di riposo a
Toni per tornare in perfetta forma.
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Ernesto Marinelli
“Siamo sulla strada giusta”
di Carlo Baldi | Abbiamo incontrato Marinelli, Direttore del Progetto
Ducati SBK, alla presentazione del team Althea e con lui abbiamo
parlato di Evo, Superbike e regolamenti
E
Ernesto Marinelli Direttore del
Progetto Ducati SBK era presente a Civita Castella a sancire
la rinnovata alleanza tra Ducati
e team Althea Racing, squadra
sulla quale Ducati punta molto
per sviluppare la 1199 Panigale
nella versione Evo, in vista di un
2015 nel quale solo questo tipo
di moto potrà partecipare al
mondiale Superbike.
Senza tralasciare la Superbike vera e propria.
«Quest’anno saremo impegnati ufficialmente nel mondiale
Superbike ed abbiamo ricostituito una squadra per Davies
e Giugliano. I test svolti sino ad
ora ci hanno portato risultati
dei quali siamo molto contenti
e pensiamo di essere sulla strada giusta».
hanno confermato sia il campionato Stock 1000 che molti
campionati nazionali, dove la
Panigale è risultata vincente.
La base è buona ed abbiamo
corretto molte cose e cambiato
molto anche nella parte gestionale per cui il lavoro ora viene
portato avanti molto meglio e i
test invernali ce lo hanno confermato».
Il team Althea Racing è il team
di riferimento per Ducati nella
Evo.
«Sì, la squadra di Genesio Bevilacqua sarà il nostro riferimento in Evo, una squadra che conosciamo molto bene e con la
quale abbiamo vinto solo pochi
anni or sono un titolo mondiale
ed un titolo Stock. Il rientro del
team Althea in ambito Ducati
non ci può fare che piacere. Conosciamo bene anche Canepa
e quindi un connubio perfetto
per noi che puntiamo molto
sulla Evo che rappresenta la
Superbike del futuro».
E la prima gara del mondiale
si corre in Australia su di una
pista da sempre favorevole
alle bicilindriche di Borgo Panigale.
«L’anno scorso avevamo iniziato bene il campionato in
Australia, ma in seguito le cose
non sono andate bene a causa di una serie di coincidenze
sfortunate e di alcune difficoltà.
La pista di Phillip Island è tra
quelle che preferiamo e quindi speriamo di far bene anche
quest’anno. Siamo consapevoli di avere una moto con un
potenziale molto alto e ce lo
Ma anche le altre Case non
hanno dormito sugli allori.
«Sicuramente no.
Sappiamo che la concorrenza sarà molto forte e abbiamo
a che fare con team ufficiali
e Case che si impegnano al
100%. Il lavoro da fare è ancora molto, ma non ci spaventa di
certo. Ci siamo sempre impegnati al massimo e continueremo a farlo. In Ducati ci sono
molte persone che lavorano
con capacità e con tanta passione e che non ci hanno mai
fatto mancare il loro appoggio».
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Non esiste ancora un regolamento definitivo riguardante
la classe Evo del 2015. Ducati
come si augura che sia?
«Il mondo delle competizioni
sta vivendo una crisi generalizzata, in quanto risente della
crisi economica mondiale. Purtroppo il mercato delle moto da
qualche anno soffre e le corse
soffrono in pari misura. Da qui
deriva il preciso input di Dorna
di ridurre i costi ed ovviamente
da parte nostra non possiamo
che essere d’accordo. La classe Evo va in questa direzione,
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Superbike
I test svolti sino ad ora ci
hanno portato risultati dei
quali siamo molto contenti
e pensiamo di essere sulla
strada giusta
per cui auspichiamo che le
moto siano il più vicine possibile alle moto di serie in modo
da diminuire i costi e garantire
una buona competitività per
tutti i team che vorranno partecipare al mondiale. Ovviamente
ci sarà un acceso dibattito per
mettere tutti d’accordo, ma la
strada intrapresa non si può
cambiare e quindi mi auguro
che vi sia una discussione positiva e costruttiva tra tutte le
parti in causa: team, case produttrici ed organizzatori. Per il
bene della Superbike».
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Motocross
125
Contesa come al solito la 125, che questa volta
ha registrato la prova di forza di Joakin Furbetta
che l’ha spuntata sullo sfortunato Thomas Marini, che dopo aver vinto la prima manche nella
seconda ha accusato problemi meccanici, su
Morgan Lesiardo e su Tommaso Isdraele rimasto al comando del campionato.
Guarda tutte le classifiche
Internazionali d’Italia
Bis di Cairoli in Sicilia
di Massimo Zanzani | Osannato dal calorosissimo pubblico di casa
l’ufficiale KTM non sbaglia un colpo e si aggiudica le due gare;
a Tixier la MX2 e a Furbetta la 125
S
econdo centro consecutivo per Antonio Cairoli che dopo anni di assenza da una pista siciliana ha fatto
gioire i suoi numerosissimi tifosi
che hanno finalmente potuto apprezzare sia la
disponibilità nel paddock che la sua competitività in pista a pochi chilometri da casa. La corsa del sette volte iridato è stata simile a quella
trionfale di sette giorni prima sulla sabbia sarda;
l’unica differenza è stato il fondo di gara, questa
volta compatto, che Tony ha saputo gestire così
bene da non aver il benché minimo problema a
far sua prima la MX1 e successivamente anche
la Elite. In tutte e due le manche il pupillo di Claudio De Carli ha tagliato il traguardo con buon
margine sul consistente Jeremy Van Horebeek,
soddisfatto del suo attuale stato di forma e della
72
messa a punto della sua moto, e sull’australiano
della Husqvarna Todd Waters che nella MX1 si è
lasciato alle spalle il compagno di squadra Tyla
Rattray, David Philippaerts limitato da un setting
non ideale, e Davide Guarneri scivolato a causa
di un sasso rotolato in pista dopo essere rimasto
a lungo nelle prime posizioni. Il “Pota” si è rifatto
nella Elite terminando quarto davanti a Rattray,
Philippaerts e Tixier. Quest’ultimo ha segnato il
miglior risultato 250, dopo essersi imposto con
autorevolezza nella manche MX2 sul connazionale Christophe Charlier il quale è passato al comando del campionato. Sfortunato Alex Lupino,
terzo nonostante i problemi agli avambracci, che
nella prova conclusiva si è ritirato all’ultimo giro
per noie tecniche; in evidenza Michele Cervellin,
quarto davanti a Ivo Monticelli.
Media
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I Tasselli del GP
Internazionali d’Italia a Riola
di Massimo Zanzani | Dopo il via stagionale aspettative e commenti
di piloti e team manager che nella sabbia sarda hanno avuto il primo
assaggio del campionato 2014
D
opo mesi di preparazione il cancello
di partenza della nuova stagione di
motocross è sceso sulla sabbia della
prova d’apertura degli Internazionali d’Italia che anticipa di un solo mese l’avvio
dell’attesissima serie di GP targati Youthstream.
Un avvio che da una parte ha appagato la voglia
74
di vedere in azione le squadre con i colori 2014,
dall’altra segnato un campanello d’allarme per il
limitato numero di piloti che si sono presentati a
Riola Sardo. 12 piloti nella 125, 18 nella MX1 e 29
nella MX2 è un quantitativo decisamente troppo basso per quella che è, dopo il Gran Premio
d’Italia, la massima espressione del motocross
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tricolore. Tony Cairoli, e chi altri, è l’unico partito
decisamente in scioltezza. Ha vinto entrambe le
manche, e questo non stupisce, ma sconcerta
come lo abbia fatto senza neppure sudare. Il risultato di un inverno passato ad allenarsi e a preparare la sua sempre più perfetta KTM, con uno
stacco ludico di pochi giorni. Per il resto una dura
(ma per lui sarà così?) preparazione, per arrivare a Doha bello pronto per giocarsi l’ottavo titolo iridato. La 350 l’ha scelta anche Tyla Rattray,
raggiante per il suo rientro nel giro dei GP, che
ha portato al debutto l’Husqvarna ufficiale assieme al compagno di squadra australiano Todd
Waters il quale ha però puntato sul propulsore di
450 cc. «Non è andata male come prima uscita
– ha commentato il team manager IceOne Antti
Pyrhonen - perché entrambe si sono dimostrati
Motocross
ben preparati. Peccato che la partenza nella prima gara non è stata buona per nessuno dei due,
la pista era praticamente con una sola traiettoria, e quindi hanno dovuto lottare nelle retrovie.
Todd è caduto quando era quarto e ha perso
diverse posizioni, Tyla ha è riuscito a tenere un
buon ritmo anche se non come Van Horebeek o
Bobryshev. Ci sono delle piccole cose ancora da
sistemare ma è stato un buon allenamento. Soprattutto per Todd che era alla sua prima esperienza su una pista europea e con questo tipo di
pubblico, ha fatto qualche errore, ma la sua velocità non è male».
Anche lui manager Husqvarna, ma della squadra schierata nella MX2, anche Jacky Martens
ci ha raccontato del debutto stagionale con i
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colori giallo/blu della Casa nativa svedese e
ora austriaca.
«La partenza della manche MX2 è andata molto
bene in quanto sono entrambi partiti nelle prime
posizioni, Febvre è però caduto alla prima curva
ma ha recuperato da ultimo fino al quarto posto
arrivando alle spalle di Tonkov col quale si è scontrato nel tentativo di sorpassarlo. Sono caduti
insieme finendo sesto e settimo. Tonkov era rimasto in testa per trenta minuti, ma poi ha avuto
problemi alle braccia e ha mollato, ma è normale
nella prima gara di stagione dove tutti erano un
po’ nervosi e si studiavano a vicenda. Nella seconda manche Alexsandr è spuntato quinto, ha
guidato bene all’inizio ma ha avuto di nuovo male
agli avambracci ed è caduto in un salto perché gli
è andata la moto in folle recuperando poi fino al
sesto posto, mentre Romain da decimo è finito
appena dietro Tonus. E’ stata una bella giornata,
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sono soddisfatto anche delle moto che ci hanno
dato una buona impressione». Nella 250 ha invece stupito Arnaud Tonus, brillante protagonista
sia della sua manche che di quella corsa assieme
alle MX1, che ha vinto entrambe (la seconda considerando la classifica di categoria) esternando
non solo il suo talento ma soprattutto quella voglia di emergere soffocata negli ultimi anni dai
ripetuti incidenti a cui ha dovuto malgrado far
fronte. E ha convinto anche la prima apparizione di David Philippaerts nel suo ruolo di pilota/
manager che ha ricordato il cross dei bei tempi
quando il pilota si faceva persino da meccanico,
mentre la sfortunata rottura dell’ammortizzatore in Gara 1 della TM di Davide Guarneri non gli
ha permesso di avere un responso reale del suo
grado di competitività in sella alla moto pesarese
visto oltretutto il poco efficace posto al cancello
di partenza che si è ritrovato per la manche Elite.
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Paolo Martin, team director della
Honda World Motocross
Paolo Martin, team director della Honda World
Motocross, ci ha infine fatto il bilancio di Riola
Sardo.
«E’ positivo, anche se è una gara che abbiamo
fatto solo perché eravamo già in Sardegna per
la messa a punto della moto. Noi però siamo
già concentrati sul Qatar, il nostro obiettivo è il
Mondiale e in questa settimana abbiamo fatto
test molto intensi su piste dal fondo compatto.
Per questo per i nostri piloti la gara di oggi è stata un po’ difficile perché avevamo tutti i setup da
duro e non abbiamo assolutamente lavorato per
la sabbia. E’ stata comunque una buona esperienza in previsione del GP di Valkenswaard, ma
prima di oggi ci siamo concentrati sul sistemare
la moto per il terreno medio/duro e quello siamo
riusciti a farlo. Il nostro impegno quindi è stato
al settanta per cento in quanto non volevamo
prendere nessun rischio, anche perché abbiamo
il brutto ricordo dell’infortunio a Mantova di Nagl
dello scorso anno. Nella finale infatti partono in
quaranta ma i piloti della 450 hanno paura di
saltare dove non si vede dopo l’ostacolo perché
non sai mai se la pista è libera, d’altronde basta
pensare che già al secondo giro Cairoli ha cominciato i doppiaggi. L’ordine di scuderia quindi era
di stare molto attenti, di usare la testa, e di non
fare assolutamente errori».
Motocross
Honda Europa, tutto transitava da loro e poi andava in Giappone, dalla parte economica alla logistica passava tutta tramite l’Inghilterra. Adesso invece è tutto gestito direttamente dalla HRC,
così si ragiona di racing puro, c’è una linea più
diretta, e le cose vengono fatte molto più velocemente perché prima la triangolazione rendevano
un po’ più lunghe le reazioni. E l’arrivo della HRC
sottolinea come vogliono prendere le misure per
vincere. Ci sono tutti i presupposti per farlo, perché stiamo lavorando veramente bene insieme,
a dispetto della loro immensa esperienza loro
sono umili, vogliono imparare, vogliono fare, c’è
un ottimo interscambio di informazioni e una
bella collaborazione. Il referente del progetto si
chiama Inomoto, e coordina per conto di HRC
tutta la situazione dei GP ed ha molta esperienza sulla gestione delle corse in Europa perché è
stato il meccanico di Frederic Bolley. Poi ci sono i
tecnici elettronici, quello della Showa ed un altro
supervisore, in totale lavorano con noi dai cinque
ai sette giapponesi che verranno a tutti i GP».
Per quanto riguarda la MX2 invece?
«L’unico team ufficiale Honda è quello schierato
nella MXGP, nella 250 c’è il team Gariboldi che è
supportato dalla Honda Europa dove è coinvolta
la HRC in parte minima».
Dei due Max è quello che ha fatto peggio.
«Max è quello che ci ha rimesso le penne allo
Starcross, quindi è stato il più prudente. D’altronde in questa gara il livello medio dei piloti non
è alto, visto che molti dopo metà o tre quarti di
gara sono cotti, e quindi prima di dare il gas prendi le misure. Lui le ha prese, proprio perchè era
un ordine nostro di scuderia di non rischiare».
Ci sono consistenti novità nella vostra squadra
per il 2014.
«Per noi è un anno di grandi cambiamenti, ad
iniziare dalla la gestione. Prima il referente era
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Supercross a San Diego
Vittoria di Stewart, Reed out
San Diego è stato il teatro della vittoria di James Stewart che si
aggiudica il primo oro stagionale dopo sei gare. Incidente
all’ultimo giro per Reed costretto al ritiro
I
l Qualcomm Stadium di San Diego, California, patria del Motocross a stelle e strisce, era gremito di spettatori. Uno spettacolo mozzafiato che fino all’ultimo giro ha
regalato emozioni, anche se purtroppo non tutte
positive. Proprio all’ultimo giro infatti Chad Reed,
tentando un sorpasso su Roczen è stato catapultato in aria dalla sua moto e ricadendo ha battuto
violentemente la spalla ed è stato costretto al ritiro. Il MainEvent era iniziato all’insegna di Short
che ha conquistato la holeshot prima di cedere
la leadership a Villopoto e Stewart che alla fine
del secondo giro è già in testa. Con un ritmo impressionante non cederà la testa della gara fino
alla bandiera a scacchi. Alle sue spalle lotta tra
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Supercross
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Short e Dungey, con Reed che compie una rimonta esaltante. Roczen va all’assalto del podio
e le posizioni di testa si alternano fino all’ultimo
giro. Reed tenta l’ultimo assalto sulle whoops e
con la ruota anteriore tampona quella posteriore di Roczen. nella caduta urta violentemente
la spalla destra e rischia di essere investito da
Dungey. Mentre viene portato fuori dalla pista
dall’assistenza medica, Stewart taglia il traguardo con la moto perfettamente parallela al suolo
e conquista la sua prima vittoria stagionale. Secondo posto per Villopoto e terzo per Roczen. Un
argento che è sufficiente al pilota Kawasaki per
rimanere in vetta alla classifica generale con un
distacco però di soli 9 punti da Roczen.
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Sport
Intervista a Gio Sala
L’ultimo italiano
a salire sul podio
di Andrea Perfetti | Il campione bergamasco
è stato l’ultimo italiano a salire sul podio della
mitica corsa a tappe. Correva l’anno 2006 e
la Dakar era ancora africana. Il Gio ci racconta
la sua impresa otto anni dopo
L
L’edizione 2014 della Dakar si
è conclusa con la bella vittoria
dello spagnolo Marc Coma.
All’arrivo sono giunti anche due
italiani, a cui vanno ancora i nostri complimenti: si tratta dei
bravissimi Paolo Ceci e Luca
Viglio. Tosti e caparbi a finire
la corsa, ma comunque lontani
dal podio. Un podio che da otto
anni non vede protagonista un
motociclista del nostro Paese.
L’ultimo è stato il pilota di enduro che più allori ha regalato
all’Italia (ben 6 i titoli conquistati). Parliamo di Giovanni
Sala, il mitico Gio. Il campione
bergamasco è stato l’ultimo
italiano a salire sul podio della
mitica corsa a tappe. Correva
l’anno 2006 e la Dakar era ancora africana. Gio ci racconta
la sua impresa otto anni dopo
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e i tanti aneddoti che lo hanno
accompagnato.
L’Africa era una terra difficile,
dove perdersi per un errore di
navigazione poteva avere conseguenze drammatiche.
L’intervista
Giovanni, ripercorriamo la tua
carriera, quante Dakar hai
corso?
«Ho corso 10 Dakar, dal 1998
al 2007. Nella prima ricevetti
i complimenti da Peterhansel
per come guidavo e per averla finita, è stato bello vederlo
guidare nel deserto. Però devo
aggiungere che a un chilometro
dal Lago Rosa ebbi una caduta
fortissima, la più brutta della
mia vita, ma comunque terminai. Le ho corse tutte in Africa.
Delle 10 ne ho terminate 7, le
Profilo di
Gio sala
Dal 2000 si impegna
sempre più nei rally africani
collaudando e correndo con
la nuova KTM LC8, e nel
frattempo corre nell’enduro
riuscendo nell’International
Six Days Enduro in Spagna
ad aggiudicarsi la sua
quarta vittoria nel Mondiale
a squadre. Nel 2002 arriva
sesto con Fabrizio Meoni
come compagno di squadra, e nel 2006 terzo.
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altre 3 a casa in “barella”».
potessero dirlo al mondo!».
Qual è stato il miglior risultato? Eri un portatore d’acqua,
ti lasciavano correre anche
per la vittoria personale tua?
«La Dakar mi affascinava molto, quindi chiesi io a KTM di poter partecipare, ovviamente ero
un pilota nel team dell’enduro e
loro avevano già i piloti di punta per correre i rally, quindi mi
coinvolsero per lo sviluppo sin
dal debutto della 660. Poi con
Fabrizio Meoni abbiamo avuto
l’opportunità di sviluppare la
LC 8 bicilindrica e poi di correrci. Così in gara ho sempre avuto il ruolo di portatore d’acqua,
con il dovere di aspettare e in
caso intervenire, se i piloti di
punta avessero avuto bisogno.
Solo quando partivo alle spalle
potevo fare la mia gara, e infatti
ho vinto anche qualche tappa,
ma il giorno dopo, che poi partivo per primo, sapevo già che
avrei dovuto rallentare, quindi
le motivazioni per il risultato
erano quelle che erano. In ogni
caso nel 2006 ero d’aiuto a
Coma, e lui vinse. Poi visto che
non ha avuto nessun problema
ed era sempre tra i primi, feci la
mia gara e terminai sul podio in
terza posizione».
Nel 2007 hai fatto un incidente tremendo. L’Africa era forse troppo pericolosa?
«Alla Dakar ho avuto le più
brutte cadute della mia carriera
motociclistica. Nel 2007 fu una
caduta in velocità, venni lanciato dalla sella, rotolai per decine
di metri, ma fortunatamente,
a parte diverse contusioni, mi
lussai solo una spalla. L’Africa
potrebbe risultare più pericolosa del Sud America per diversi
fattori, ad esempio la lunghezza delle tappe, delle speciali e
della gara stessa, poi già i trasferimenti erano su piste accidentate e non su asfalto. Le
tende nei bivacchi erano meno
confortevoli, specialmente nei
giorni con tempesta di sabbia,
dei camper che si usano nelle
Dakar di oggi. Non dimentichiamo poi che ora si corre con le
450, che se pure raggiungono
forti velocità, hanno un peso
nettamente minore, e questo è
un fattore importantissimo per
la sicurezza».
Sei l’ultimo italiano salito sul
podio. Che ricordo hai?
«Ero talmente contento che,
per farlo sapere a tutti, scrissi
su un foglio “SONO FELICISSIMO” e lo mostrai sul podio in
modo che fotografi e televisioni
82
Ti mancano quelle corse?
«Ovviamente decidere di non
correre più la Dakar è molto
dura, ma nel 2008 ci rimandarono tutti a casa e così fu più
facile il distacco dai rally».
Come facevi a adattarti a
quelle moto pesanti e veloci?
Tu sei abituato alla mulattiera.
«Infatti la prima parte della
Dakar
Dakar per me era tremenda,
la moto aveva reazioni a cui
ero poco abituato o che avevo dimenticato. Immagina di
prendere una buca a oltre 100
Km/h con una moto pesantissima: reagiva in maniera diversa da quella d’enduro, per non
parlare degli spazi di frenata».
“Immagina di prendere una
buca a oltre 100 Km/h con una
bicilindrica: reagiva in maniera
diversa da una 450, per non
parlare degli spazi di frenata!”
La navigazione era difficile? Ti
sei mai perso o hai avuto paura? Raccontaci un episodio
particolare.
«In Africa le piste sono tantissime e spesso difficili da vedere
perché sono percorse principalmente da animali, e quindi
poco marcate, poi il vento le
cancella e se si deteriorano,
e naturalmente non vengono
ripristinate, ma ne vengono
aperte di nuove parallele alle
vecchie, che poi si ricongiungono, si intrecciano o si accavallano, e in questa “matassa” di
tracce ci sono anche quelle che
vanno in altri posti, e interpretare quella giusta quando vai di
fretta in gara, non è facile. Sì,
mi sono perso, ma poi quando la nota seguente non corrispondeva, non ho mai preso
iniziative e sono ritornato esattamente a dove sapevo che era
il percorso giusto. Il problema è
che in spazi come nel Sahara,
ti può non tornare la nota dopo
30 minuti che stai guidando,
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Dakar
L’Africa ti lascia un’esperienza
incredibile nel cuore e al ritorno
ti fa apprezzare tutto quello che hai
e ritornare indietro non è così
facile perché spesso il vento,
sempre presente, cancella le
tracce. Solo una volta mi preoccupai, ero alla prima Dakar e
mi infilai giù per un canyon dal
quale non riuscivo più a uscire
per la pendenza. Credo di essere l’unico che ha spinto la moto
alla Dakar come se fossi su una
mulattiera Bergamasca!».
Gio, hai seguito la Dakar?
Come ti è sembrata questa
edizione?
«Sì, la seguo proprio su Moto.
it grazie a Piero Battini che con
la sua esperienza riesce a carpirne le sfumature, poi la seguo
in TV per le immagini (anche se
propongono troppa “Francia”,
tralasciando spesso piloti di altri paesi nonostante meritino).
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Dai commenti di alcuni piloti sembra sia stata piuttosto
dura, anche se sento che le difficoltà spesso vengono dall’altitudine o in alcuni tratti per la
presenza di Fesh Fesh».
I piloti hanno lamentato l’eccessiva durezza delle prime
tappe. Eppure i primi non
sembravano così provati,
mentre gli amatori sono stati
decimati. Credi ci siano privati che si presentano al via
senza la giusta preparazione?
«Consideriamo che nella lista
dei partenti troviamo una bassissima percentuale di professionisti e tantissimi che durante l’anno fanno tutt’altro che
guidare una moto, a parte nei
week end. Nei mesi precedenti
fanno un allenamento dedicato
ma, per quanto intenso, non
è sufficiente a essere pronti a
guidare per 13 giorni su percorsi insidiosi. Quindi ecco che diventa facile vedere tanti ritiri».
Cos’è successo a Despres?
Quest’anno non è mai stato in
partita.
«Sicuramente il cambio di casacca non ha giovato, infatti
sviluppare una moto nuova
nel giro di un anno non è facile, poi credo che anche per lui
gli anni inizino a farsi sentire.
Non sulla preparazione ma sul
ritmo che alcune volte porta a
prendere rischi, e con la caduta
del secondo giorno, la cosa si è
accentuata».
Barreda e la Honda sono stati una bella sorpresa, ma poi
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sponsor è perché hanno già
fatto qualcosa in carriera, e ciò
vuol dire che non sono più giovanissimi.
Qualche giovane c’è, però non
vengono indirizzati ai grandi
rally, ma tenuti a correre in
Italia, a parte qualcuno che fa
qualche sporadica apparizione.
Ma sostanzialmente il motorally ha poco a che vedere con i
grandi rally. In Italia la navigazione si sviluppa in spazzi ristrettissimi e si passa il tempo
più a leggere che non a guidare.
Ad esempio il rally di Sardegna,
che è il più grande rally italiano,
si sviluppa su spazzi che quasi
non equivalgono a una tappa
della Dakar. Poi non si usa il
CAP, cosa fondamentale nei
rally, e i percorsi sono completamente diversi, infatti ottimi
piloti di motorally li ho visti annaspare nei rally, sia per i terreni, per la velocità e perfino anche per il tipo di navigazione».
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hanno perso consistenza.
Cosa ne pensi del pilota e della moto?
«Barreda è da anni che si fa notare per la sua velocità, anche
se spesso è condizionato da
cadute che gli hanno compromesso la gara. Ultimamente
è migliorato molto e non cade
tanto come prima e sopratutto sta migliorando la sua
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abilità nel navigare, quindi più
che chiamarla “una sorpresa”
la considero la maturazione di
un ottimo pilota. La moto ha
bruciato le tappe per arrivare
a essere così competitiva in un
paio di stagioni, certo quando
parli del più grande costruttore
di motociclette e con un reparto corse come la HRC, non poteva che essere così, comun-
que è bella e va bene, quindi
non si può che apprezzare».
Perché gli italiani non vincono
più? Eppure nel motorally ci
sono tanti giovani che corrono.
«Accade questo perché in Italia team e sponsor non hanno
un grande interesse alla specialità dei rally per investire
concretamente su qualche giovane e farlo maturare in questo
tipo di gare. Infatti le partecipazioni degli italiani sono fatte
di piloti che devono fare i salti
mortali per procurarsi il budget per correre. I soldi dei loro
sponsor vengono investiti per
il team o per la moto. Così vai
avanti 3 o 4 anni, ma poi abbandoni, e quelli che hanno degli
Come mai gli spagnoli sono
così forti? Dove si allenano?
«Gli spagnoli sono così forti
perché fanno l’esatto contrario
di noi, sponsor e team investono sui giovani per farli correre
nei grandi rally e solo qualche
apparizione nei rally nazionali,
che in ogni caso si sviluppano
in aree decisamente più vaste
che da noi. Per gli allenamenti
quando correvo per gli spagnoli
nel Team Repsol, ci si spostava
in Marocco, visto che è molto comodo per loro, oppure in
Andalusia che offre aree molto
Dakar
grandi e percorsi semi desertici».
Picco e altri big sono tornati
in sella. Tu lo rifaresti?
«Sinceramente no, anche
nell’enduro dove ho più abilità
che non nei rally ho deciso di
chiudere con le gare, perché
quando hai la testa per andare
forte ma non sei più assecondato dai riflessi, credo sia meglio smettere, poi ora che ho
mio figlio Raùl e non riuscirei a
stargli tanti giorni lontano!».
Però di’ la verità, un po’ ti
manca l’Africa.
«Una sostanziale differenza
tra partecipare a una Dakar in
Sud America o in Africa è che
indipendentemente da come
è andata la gara o il risultato,
l’Africa ti lascia un’esperienza
incredibile nel cuore e al ritorno ti fa apprezzare tutto quello
che hai.
Quante volte mi dicevo: pensa,
posso far scendere l’acqua direttamente in casa e come non
bastasse decidere se calda, tiepida o fredda.
Oltre alle altre tantissime comodità che abbiamo in un paese evoluto come il nostro e che
tutto sommato è molto simile
al Sud America, quindi non ti
lascia alcuna sfumatura e tutto si riduce al risultato in gara.
Questo lo dico perché nel 2011
ho partecipato come team manager di Coma e quindi so cosa
lascia questa esperienza quando rientri in Italia».
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