Schema di relazione per lo sviluppo di azioni prosociali fra le comunità gagè e rom-sinti Premessa l leader europei hanno sottoscritto nel 2011 (IP/11/789)un quadro comune per avviare un processo di coordinamento dell’azione a favore dell’integrazione dei Rom. Nel 2013 gli Stati membri hanno adottato all’unanimità il primo strumento giuridico a livello dell’UE sull’inclusione dei Rom e si sono impegnati ad attuare una serie di raccomandazioni della Commissione al fine di ridurre le diseguaglianze sociali tra i Rom e il resto della popolazione in quattro settori: l’istruzione, l’occupazione, la sanità e l’alloggio. La Commissione sottolinea che permangono sfide complesse da affrontare, ma i miglioramenti sono visibili: il numero di bambini Rom che frequenta la scuola materna è in crescita, così come sono sempre più numerosi i programmi di accompagnamento che aiutano i Rom a trovare lavoro o per garantire alloggio e accesso ai servizi sanitari. Grazie alla nuova normativa europea sull’uso dei fondi dell’UE, gli Stati membri sono tenuti a destinare il 20% della dotazione del Fondo sociale europeo all’inclusione sociale nel periodo 2014-20. Tuttavia, le comunità Rom continuano a vivere in condizioni di povertà, esclusione sociale e discriminazione. La relazione odierna illustra i progressi compiuti e i risultati conseguiti nei 28 Stati membri. L’integrazione dei Rom non è soltanto un problema di inclusione sociale, ma ha anche un impatto economico positivo, in particolare negli Stati membri con una vasta minoranza di Rom. In molti paesi i Rom rappresentano una quota significativa e crescente della popolazione in età scolare e della futura forza lavoro. Per consentire a queste popolazioni di mettere a frutto il loro capitale umano e di partecipare attivamente all’economia e alla società su un piede di parità, è fondamentale predisporre politiche di attivazione del lavoro e servizi personalizzati e accessibili di sostegno per i Rom in cerca di lavoro. L’inclusione sociale e l’integrazione delle comunità Rom sono una responsabilità comune degli Stati membri e dell’Unione europea. La Commissione, che segue i progressi compiuti dagli Stati membri attraverso il Quadro dell’UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom (IP/11/400, MEMO/11/216), riunisce regolarmente una rete di coordinatori provenienti da tutti i 28 paesi dell’UE, 2 responsabili di sorvegliare le strategie nazionali di integrazione dei Rom, allo scopo di discutere i progressi e le sfide future (MEMO/14/107). Nella relazione del 2013 la Commissione europea invitava gli Stati membri dell’UE ad attuare le loro strategie nazionali per progredire nell’integrazione socioeconomica dei Rom in Europa (IP/13/607). I risultati sono utilizzati anche nell’ambito del semestre europeo per il coordinamento annuale delle politiche socioeconomiche, traducendosi in raccomandazioni specifiche per paese relative alla questione dei Rom. Questo ciclo annuale contribuisce a garantire che l’integrazione dei Rom rimanga costantemente e saldamente nell’agenda europea e che le politiche di interesse generale non siano in contrasto con gli obiettivi di inclusione dei Rom. Nel 2013 cinque Stati membri hanno ricevuto raccomandazioni specifiche per paese sull’attuazione delle strategie nazionali di integrazione dei Rom e sull’integrazione di misure specifiche per i Rom (Bulgaria, Repubblica ceca, Ungheria, Romania, Slovacchia). Gli Stati membri possono utilizzare i fondi dell’UE per finanziare progetti volti, tra l’altro, a migliorare l’integrazione dei Rom in settori quali l’istruzione, l’occupazione, l’alloggio e la sanità. Complessivamente, dal 2007 al 2013 sono stati messi a disposizione circa 26,5 miliardi di euro per progetti di inclusione sociale. Per il nuovo periodo finanziario 2014-2020, tramite il Fondo sociale europeo, saranno destinati agli investimenti in capitale umano, occupazione e inclusione sociale almeno 80 miliardi di euro. Da quest’anno almeno il 20% della dotazione assegnata dal Fondo sociale europeo (circa 16 miliardi di euro) deve essere destinato all’inclusione sociale. L’obiettivo è garantire per l’integrazione dei Rom risorse finanziarie adeguate, della cui gestione sono responsabili gli Stati membri. La Commissione contribuisce offrendo agli Stati membri orientamenti su come strutturare i programmi operativi di spesa dei fondi dell’UE e i progetti di integrazione dei Rom al fine di assicurare un approccio inclusivo e di rispondere in modo più efficace alle esigenze delle comunità (MEMO/14/249). (Fonte: Commissione UE) 3 Rom/Sinti ed integrazione scolastica La comunità rom rappresenta la più grande minoranza etnica in Europa, con stime che vanno dai 10 ai 12 milioni di persone. I dati europei confermano la giovane età della popolazione rom: il 35,7% ha un’età inferiore a 15 anni. Per quanto riguarda l‘Italia, le stime attestano la presenza di un numero di appartenenti alla comunità rom tra 130.000 e 170.000 unità, di cui almeno la metà gode della cittadinanza italiana. Oltre il 60% della popolazione rom in Italia ha meno di 18 anni. La relazione presentata dalla Commissione Europea al vertice di Bruxelles sui progressi realizzati dal 2011 ad oggi ha evidenziato come nella realtà si sia fatto pochissimo e come rimangano ancora delle sfide da affrontare, nonostante i visibili miglioramenti: in tre anni, per esempio, è cresciuto il numero di bambini rom che frequenta la scuola materna, così come sono sempre più numerosi i programmi di accompagnamento per aiutare gli appartenenti alle comunità rom a trovare lavoro e i programmi di mediazione per colmare il divario tra rom e altre comunità in materia di alloggio e di accesso ai servizi sanitari. Va rilevato come fattore positivo l’aumento dell’interesse da parte dei genitori nei confronti dei percorsi educativi dei loro figli, mentre gli indicatori di frequenza e di continuità scolastica dipendono sempre di più da sottogruppi di appartenenza. Il Progetto SMILE SMILE – Supporting Motivations to Intervene on Learning and Experience è un progetto europeo, finanziato con il sostegno del Lifelong Learning Programme della Commissione Europea e realizzato in collaborazione con organizzazioni provenienti da Belgio, Bulgaria, Croazia, Italia e Regno Unito, che operano attivamente nel campo dell’educazione e forniscono supporto a gruppi socialmente emarginati al fine di sviluppare uguali opportunità per individui, famiglie e comunità. Tra gli obiettivi principali di SMILE vi è quello di favorire l’inclusione sociale dei rom e sostenere le scuole elementari nello sforzo di coinvolgere gli studenti rom creando un ambiente di apprendimento accogliente per i bambini e le famiglie tramite lo sviluppo di un senso di comunità basato sul concetto di prosocialità. L'idea di tutto il progetto è quello di affrontare tale prospettiva tramite la costituzione di una Comunità Educante che fornisca attivamente risposte e soluzioni concrete. Tra gli obiettivi del progetto SMILE vi è la realizzazione di un modello didattico (il modello di Inclusione Comunitaria 4 Prosociale - PCIM) che crei o rinforzi la percezione positiva della diversità degli studenti, l’instaurazione di regole prosociali di apprendimento e di insegnamento, al fine di sviluppare un modello pedagogico di riferimento, tutto ciò tenendo presente le criticità specifiche legate all’inclusione dei rom attraverso il rafforzamento delle competenze sociali. Il progetto SMILE intende anche instaurare una cooperazione formale tra le comunità in cui vivono gli studenti e le istituzioni o associazioni, sia rom che gagè, considerate come punti di riferimento nell’istruzione degli studenti. Significato e ambito di applicazione dello Schema Il presente schema ha lo scopo di attivare un processo di costruzione di una Comunità educante che possa rappresentare Rom-Sinti e Gagè. Partendo dalla Scuola e coinvolgendo anche settori della politica pubblica e della cultura, la Comunità ha l’opportunità di intraprendere un percorso di assunzione di impegni concreti nei settori chiave della socializzazione e della inclusione sociale dei rom-sinti: - Scolarizzazione - Abitazione - Sanità - Avviamento al lavoro L’approccio che lo schema propone è basato sui concetti di Comunità educante e di Prosocialità. Che cosa è la Prosocialità I comportamenti definiti prosociali sono generalmente riferiti al sentimento di empatia e sensibilità verso le esigenze degli altri membri della Comunità. Il comportamento prosociale è generalmente confuso con il termine altruismo, che si riferisce invece alla motivazione che sta dietro il comportamento piuttosto che al comportamento stesso. I comportamenti prosociali possono e devono essere sviluppati in contesti educativi, in quanto aiutano i bambini a interagire con gli altri in modo efficace e appropriato favorendo anche lo sviluppo del senso di Comunità e dell’autostima. 5 Nello sviluppo della dinamica prosociale in un contesto educativo emergono tre aspetti relativi a comportamenti prosociali con i quali un bambino dovrebbe confrontarsi e che gli educatori e gli adulti in genere dovrebbero proporre. 1 - Comportamento prosociale della condivisione I bambini sono posti di fronte alla necessità di condividere (cose e relazioni) come un atto naturale che è tuttavia indotto e generato anche dallo sviluppo della consapevolezza dell’importanza di dare agli altri nel momento del bisogno. Un bambino che è in grado di condividere i suoi giocattoli con gli altri è destinato a diventare un adulto generoso. La condivisione insegna al bambino che il mondo può offrire sempre qualcosa per lui nel caso viva momenti duri, a condizione che gli venga insegnato anche a restituire il favore, se e quando necessario. 2 - Comportamento prosociale del reciproco benessere L’aiuto e la condivisione vanno mano nella mano. Aiutare comprende atti di gentilezza, che servono ad alleviare i momenti di angoscia di una persona in difficoltà. Insegnare a un bimbo a rimuovere la sofferenza di un’altra persona permette di aumentare il suo senso di realizzazione e la consapevolezza di essere una brava persona. Inoltre, la capacità di far sentir bene un’altra persona, aiutandola ad eliminare la fonte del dolore, può aumentare l’autostima di un bambino. Insegnare ai bambini ad aiutare gli altri aumenta anche le possibilità che loro stessi cerchino aiuto nel momento in cui ne abbiano bisogno. 3 - Comportamento prosociale del fare insieme La cooperazione è un concetto chiave nella vita adulta. Gli adulti devono cooperare sotto molti aspetti, dal lavoro ai rapporti interpersonali più in generale. I bambini Rom e sinti sono per indole generosa, abituati a condividere: nella loro comunità gli atteggiamenti di generosità sono alla base dei rapporti all’interno della famiglia e tra i nuclei che appartengono allo stesso sottogruppo. Negli ambienti in cui si incontrano con comunità altre rispetto a quella di appartenenza gli atteggiamenti di generosità diminuiscono venendo superati nel momento in cui si riescono a creare rapporti fiduciari tra i bambini e tra loro e gli insegnanti; esistono casi in cui però non possiedano la capacità di cooperare in modo spiccato e fanno molta più fatica nel riuscire a lavorare efficacemente con gli altri, 6 durante i loro anni formativi. Inoltre, dalla cooperazione i bambini imparano a delegare le responsabilità, e imparano anche il concetto di affidabilità in quanto altri probabilmente dipendono da loro per qualche motivo. Lavorare insieme per un obiettivo comune può anche aumentare l’autostima di un bambino, proprio come nel caso si aiuti un’altra persona. Come e cosa fare per sviluppare i comportamenti prosociali. Educatori e genitori possono fare diverse cose per promuovere il comportamento prosociale. Essere un modello con un ruolo positivo: se il bambino vede che si agisce in modo positivo, è più propenso a seguire l’esempio. Incoraggiare il bambino a giocare con gli altri: il gioco è uno dei modi migliori e più comuni in cui i bambini imparano a interagire con gli altri. Non si dovrebbe mai smettere d’incoraggiare il proprio bimbo ad aiutare, condividere e cooperare. I tre comportamenti prosociali sopra descritti non dovrebbero mancare mai nell’educazione di un bambino. Cosa è la Comunità Educante Se l’aggettivo “educante” è accanto al nome “comunità” esso si riferisce ad un contesto di relazioni che coinvolgono bambini e ragazzi nella loro dimensione sociale e indica un gruppo di soggetti che in forme associate ed istituzionali si occupano di un percorso di apprendimento. La Comunità educante è volta a stabilire un coordinamento di compiti educativi, mettendo in trasparenza gli obiettivi comuni e i valori accettati da tutti i membri, attivando una dinamica di negoziato. La CE è un contesto di apprendimento, una relazione, che vede coinvolti soggetti adulti che si occupano del processo di crescita di giovani. In questo caso il contratto, il patto volto a determinare il percorso, appare squilibrato dalla differenza di status e di ruolo. Così considerata la CE è un sistema aperto: al suo interno, alla circolazione del conflitto e alla continua messa a punto delle dinamiche di deriva e di 7 arricchimento delle componenti relazionali-linguistiche, verso l’esterno nei confronti di agenzie educative tradizionali, famiglie e territorio. L’essere educatore nella CE è uno status trasparente: il processo di elaborazione delle relazioni comporta la creazione di uno spazio nel quale si attiva un processo di consapevolezza relativa al proprio effetto educativo. Tutti gli “educatori” informali e non formali (trainer sportivi, leader religiosi etc…) assumono un impegno a rispettare e a promuovere i valori della CE. La differenza fra società e comunità, fra Comunità e clan mette in luce come nella parola comunità non sia tanto importante, “vista la sua utilizzazione storica, la radice “com”, quanto, all’interno della sua costruzione etimologica, il senso ricoperto dalla parola “munus”. Imparare è “come” evolvere. La parentela, non solo metaforica fra apprendimento, evoluzione, coevoluzione, adattamento, frattura, è stata spesso segnalata e argomentata (Bateson). La CE è allora quel sistema complesso che si trasforma in continuo pur lavorando sempre al mantenimento della organizzazione adatta al suo compito. Essa è al tempo stesso protetta ed esposta alle maree politiche della moltitudine e alla forza necessitante dell’apparato di governo statale. Una cosa da evitare: il conflitto educativo. L’origine dei conflitti, nell’ambito educativo come negli altri, scaturisce dai messaggi veicolati dalla due diverse culture, quella dei Rom/Sinti e quella dei Gagé, che sono portatrici di due ‘idee’ di adulto/a molto diverse tra loro; la prima tende attraverso l’esempio e il trasferimento di comportamenti a costruire adulti rom che siano ‘rom d’onore’ mentre la seconda si riferisce ad un modello teso al raggiungimento dello stadio di ‘cittadino italiano’. Il bambino vive la sua storia, anche di mediazione culturale e di approccio al conflitto, in una prospettiva di crescita e maturazione. Se è coinvolto in una dinamica di educazione prosociale non cessa di vivere elementi di scontro tipici del processo di crescita verso l’adolescenza e l’adultità, come ricordato in precedenza. Un percorso di consapevolezza verso la Prosocialità incontra tuttavia un terreno di conflitto, qualora i genitori stessi o le organizzazioni che, anche involontariamente e inconsapevolmente prendono parte 8 alla sua storia educativa, promuovano valori non prosociali e non si riconoscano negli obiettivi della Comunità. Perché un percorso di sviluppo dei comportamenti prosociali sia effettivo, occorre che in una dinamica educativa aperta siano coinvolti, oltre alla Scuola, anche tutte le altre organizzazioni educative informali e non formali: quelle religiose, etniche, dello sport e della cultura. A che cosa serve lo schema per la creazione di una Comunità educativa inclusiva Lo schema è rivolto a promuovere politiche di inclusione e di cooperazione per la scolarizzazione dei bambini rom-sinti attraverso la cooperazione delle Comunità locali di Rom-Sinti e Gagè, con il coinvolgimento delle Istituzioni pubbliche, della Scuola e delle Organizzazioni della società civile. Lo schema è basato sui seguenti principi: Corresponsabilità: le due comunità locali si impegnano a promuovere iniziative di scolarizzazione; Coinvolgimento e partenariato della Comunità: lo schema deve essere esteso non sono alle Scuole del territorio ed alle comunità rom-sinti e gagè ma anche a tutte le organizzazioni dello sport, della religione e della cultura; Centralità e ruolo degli enti locali: La comunità locale deve essere rappresentata in modo formale dall’ente locale che si impegna ad inserire la scolarizzazione dei bambini rom-sinti all’interno delle politiche di sviluppo educativo Centralità e ruolo della Scuola: la scuola deve adottare e pubblicizzare iniziative di inclusione scolastica dei bambini rom-sinti. La Comunità educante intende fornire risposte concrete sia ai Rom-Sinti che ai Gagè identificando percorsi comuni e analizzando i problemi di ogni membro della Comunità, e in particolare dei bambini. I sottoscrittori dell’accordo individueranno entro un anno dalla sottoscrizione, un protocollo di intenti su almeno una delle seguenti aree sociali di impatto: 9 - relazioni fra famiglie rom-sinti, gagè e scuola - servizi per rendere più agevole la scolarizzazione dei bambini rom-sinti - miglioramento del monitoraggio socio-sanitario dei bambini rom-sinti - elaborazione di percorsi didattici speciali che favoriscano la promozione degli stili di apprendimento e dei bisogni educativi di ogni bambino, in particolare dei bambini rom-sinti Le aree sopra indicate sono da considerarsi un elenco non esaustivo. Le parti nella sottoscrizione dell’accordo potranno definire altri obiettivi e temi in armonia con le politiche europee per la scolarizzazione dei bambini rom-sinti. Elenco degli obiettivi concreti da raggiungere nell’attuazione dello schema Nell’attuazione dello schema le parti sottoscriventi dovranno verificare la possibilità e l’opportunità di elaborare un allegato all’accordo contenente obiettivi minimi da raggiungere nelle aree definite o nelle eventuali altre aree individuate. Pubblicità dello Schema e disseminazione dei risultati Lo schema di attuazione identificato nell’accordo allegato dovrà assicurare la massima trasparenza degli obiettivi e della comunicazione dei risultati. Uno specifico piano di comunicazione dovrà essere strutturato e sottoscritto per essere parte integrante dell’Accordo. 10
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