una nuova prospettiva tra politica coloniale e realtà locale

Dot. Luca Castglioni
Ciclo XXVIII
Università degli Studi di Pavia
L'insediamento di Assab:
una nuova prospettiva tra politica coloniale e realtà locale
Oggeto e fnalità della ricerca:
L’oggeto della mia ricerca è l’insediamento di Assab, nel periodo che va dal primo stanziarsi di personale
italiano nel 1879 alla sua defnitva decadenza negli anni ’90 del XIX secolo. Ho deciso di concentrarmi su
questo argomento perché Assab è collocato in un contesto geografco ricco di intrecci storici e demografci
di portata ‘globale’, fno ad ora poco rappresentat nella storiografa italiana di interesse coloniale e
desumibili dalla ricostruzione della realtà locale atraverso l’analisi della prospetva degli amministratori
italiani ed inglesi operant nella regione e dei loro rapport con l’élite locale. Sto quindi utlizzando un
approccio comparatvo a livello documentario e storiografco, secondo un modello che deve tanto alla
microstoria1 ed alla ricerca del ‘globale nel locale’, quanto alla storia delle relazioni e delle ret dell’area
dell’Oceano Indiano ed agli studi di area incentrat sul Mar Rosso.
Assab fu un insediamento ‘artfciale’, nato per volontà di una minoranza di fautori entusiast, mal informat
sulle reali potenzialità e sulla situazione geopolitca della regione e mantenuto giocoforza da un governo
italiano in una fase politcamente debole.
Assab fu un parto della mente del Professor Giuseppe Sapeto, che intercetò una serie di ‘sentment’
comuni fra alcune diverse personalità legate sin dagli anni ’50 dell’800 al mondo dell’esplorazione
geografca ed alle missioni religiose in Etopia. A fanco di quest si posero le fantasie di un’altra minoranza
legata al mondo commerciale, che sognava le potenzialità dell’apertura del mercato dell’altopiano etopico
ai prodot italiani, cui si afancarono negli anni ‘80 alcuni politci, sostenitori della necessità di creare una
colonia penale oppure una colonia di popolamento dove far ripiegare la massiccia emigrazione nazionale. Il
coronamento del progeto però si deve al modesto investmento fnanziario di Rafaele Rubatno, che vide
nell’apertura del Canale di Suez la possibilità di creare una linea di vapori che collegasse l’Italia all’India e
che quindi avrebbe necessitato di una stazione di carbonamento e di una fabbrica commerciale allo sbocco
del Mar Rosso.2 L’idea in sé poteva sembrare tuto sommato logica, ma sarebbe bastato un resoconto meno
entusiasta di quello di Sapeto per far comprendere a Rubatno che le potenzialità di Assab erano state
oggetvamente esagerate. Il periodo di ‘proprietà privata’ della baia ebbe inizio all’ato dell’acquisto nel
1869 e dovrebbe ritenersi formalmente concluso all’arrivo del primo commissario civile dell’insediamento
nel 1881. È sufciente una letura della documentazione inglese ed egiziana per constatare che questa
1TRIVELLATO Francesca, Is There a Future for Italian Microhistory in the Age of Global History?, Californian Italian Studies 2/1, 2011
2DORIA Giorgio, Debit e navi: la compagnia Rubatno 1839-1881, Genova, Mariet, 1990
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proprietà durò giusto il tempo necessario perché alcuni soldat egiziani abbatessero il cartello ‘Proprietà
della Società Rubatno’, dopo aver ricordato a suon di randello la sovranità otomano-khedievale ai ‘sultani’.
Nel corso degli anni 1865-79 giunsero al governo italiano alcune proposte di espansione in Africa Orientale.
È d’altronde il periodo che Del Boca, mutuando una espressione di padre Giovanni Stella, defnisce delle
‘colonie immaginarie’3. Al neto di alcune proposte molto fantasiose, il Corno d’Africa fu seriamente
considerato. Ovviamente, non bisogna intendere vi fossero dei piani organici, le forze della diplomazia
italiana erano divise prima nell’acquietare la questone romana e poi nel progeto dell’annessione della
Tunisia.
Verso la fne degli anni ’70 le potenzialità del commercio con l’Oriente divennero abbastanza evident. Da
qui nacque allora l’iniziatva di cercare una stazione di appoggio presso lo sbocco meridionale del Mar
Rosso, così da evitare di incorrere nei cost di rifornire i vapori di carbone ai prezzi di Suez o di pagare
lautamente la compagnia del canale per il carico extra di carburante fossile. 4 Al governo italiano giunse la
proposta di acquisire la baia di Ras Filuk, nell’atuale Somalia Setentrionale, poco più ad est di Zeila. 5 Ma ad
essa fu preferita la baia di Assab, giudicata un miglior approdo naturale e già di proprietà di una società
italiana.
È da queste premesse che ha origine la spedizione del comandante De Amezaga e del professor Sapeto per
il ‘ritorno ad Assab’ nel dicembre 1879.
Si erano fat molt proget per Assab. Si voleva che fosse il porto nuovo e ‘civilizzato’ che avrebbe
appoggiato i vapori diret ai mercat dell’Oriente, ora a portata di mano, magari ‘rubando’ clientela ad
Aden.
Si voleva che intercetasse il fusso commerciale dell’altopiano abissino e diventasse il porto dell’Impero
Etopico, bloccato dal mancato controllo di una fascia costera e costreto a servirsi del porto di Zeila e, più
marginalmente, di Massawa, entrambi da secoli nelle mani degli otomani ed egiziani e che ricaricavano
sulle merci provenient dall’interno una tassazione molto elevata.
Assab avrebbe potuto essere un investmento economico per lo sfrutamento delle saline e la creazione di
una rete di monopolio commerciale nella regione, una base di appoggio ed espansione per la ‘classe
commerciale’ italiana.
3DEL BOCA Angelo, Gli italiani in africa orientale: Vol. 1 Dall’Unità alla Marcia su Roma, Milano, Mondadori, 2009 p.19
4HUBER Valeska, Channeling Mobilites, Cambridge, Cambridge University Press, 2013
5RAINERO Romain, Carlo Guarmani e la Questone di Assab, Firenze, La Nuova Italia, 1976
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Il governo italiano esplicitò molte volte il conceto che Assab non sarebbe mai stato un porto militare, cosa
che aveva preoccupato non poco le autorità inglesi di Aden e l’autorità khedievale. Ma Assab fu
sostanzialmente una colonia ‘militare’ perché il commissario civile non poteva materialmente operare senza
il supporto della marina militare. Questa diede ovviamente la priorità a materie di sicurezza e navigazione
rispeto a questoni commerciali.
Partendo da quest proget per Assab e ricostruendone la storia, dimostrerò come l’insediamento fu un
fallimento secondo i proget italiani ed un innesto infrutuoso nel contesto del Mar Rosso, proprio per la
ignoranza da parte del governo della realtà locale e per l’assunto che Assab fosse stato calato dall’alto in un
luogo vuoto. L’insediamento fallì come scalo per il commercio internazionale e come polo di atrazione per il
commercio interregionale di prodot locali o per lo smercio di prodot europei. Questo progeto fallito può
evidenziare spunt di ricerca interessant, con ramifcazioni su tuta l’esperienza coloniale italiana in Eritrea e
sulla posizione dell’Italia nell’ambito macroregionale del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano. È mia intenzione
ricostruire come gli agent coloniali occidentali, italiani ed inglesi, percepissero la medesima realtà in cui
lavoravano, le sue dinamiche, le sue ret e come vi interagirono, se riuscirono ad usarle ai loro scopi o se vi si
trovarono invischiat e sostanzialmente dovetero adatarvisi. Sfrutando così Assab come case study,
porterò anche alla luce uno spaccato, a mio avviso inedito per l’area in questone, sia per quanto riguarda i
rapport tra occidentali nel contesto coloniale sia per quanto riguarda le relazioni tra gli occidentali e gli
stessi ‘locali’, che tanto locali non erano in fondo, dato che una buona parte di essi erano commerciant
Bayani e Hadrami.
L’approccio comparatvo con la documentazione britannica delinea come gli inglesi interpretarono l’arrivo
degli italiani in Africa, non solo da una prospetva legata alla diplomazia del governo centrale, ma anche da
quella ‘direta’ degli agent ‘on the spot’ di Aden, Jeddah, Suakin, Massawa. Le osservazioni di quest agent
vennero generalmente poco valutate a livello centrale, in quanto spesso giungevano con un notevole ritardo
rispeto ai dibatt che si svolgevano a riguardo fra Italia e Gran Bretagna. Da quest rapport ho potuto
delineare come, in una fase di politca centrale tuto sommato in feri, sia per la Gran Bretagna che passava
da Disraeli a Gladstone, che a maggior ragione per l’Italia di Cairoli e Deprets, la ‘direzione’ del policy
making venisse dal basso, come vuole la teoria di Schölch dei ‘men on the spot’. 6 Anzi, furono spesso le
condizioni in loco a costringere i governi centrali a prendere ato dell’esistenza di problemi nella regione ed
ad agire spesso in modo male informato o senza diretve chiare, come nel caso dell’eccidio Giuliet o della
crisi di Rahaita.
6SCHÖLCH Alexander, The 'Men on the Spot' and the English Occupaton of Egypt in 1882, “The Historical Journal”, Vol. 19, No. 3
(Sep., 1976), pp. 773-785
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Per quanto concerne la ‘percezione’ degli agent coloniali in loco della realtà che li circondava e di come
eseguire i propri ordini all’interno del contesto geopolitco in cui si trovavano, posso delineare le difcoltà
che sia gli italiani che gli inglesi riscontravano nel gestre e plasmare l’area ai loro bisogni. Gli italiani, in
quanto nuovi arrivat, ebbero delle serie difcoltà a farsi identfcare come un interlocutore ‘credibile’ da
parte delle autorità locali. D’altra parte ebbero anche molte difcoltà a capire quali fossero realmente le
autorità locali, onde non ripetere l’errore di Sapeto con i ‘sultani di Assab’. Gli inglesi d’altra parte godevano
di una ‘credibilità’ nell’area radicata dal lungo periodo passato in Aden e dal fato che il network dell’Oceano
Indiano coincideva o toccava località di proprietà o forte infuenza britannica, bast pensare a Zanzibar,
Mumbai, Karachi o Cape Town, senza contare l’enorme importanza che la navigazione del Mar Rosso aveva
per la Gran Bretagna da un punto di vista politco e commerciale. Eppure il politcal resident Hunter di Aden,
in contemporanea con l’arrivo degli italiani ad Assab, ebbe le stesse tratatve e le stesse difcoltà con i capi
gli stessi capi dancali da una parte e con i capi locali dell’entroterra di Aden.
L’interesse quindi di Assab e della sua amministrazione dal punto di vista storiografco è quello di ricostruire,
atraverso un esempio geografcamente e cronologicamente ben defnito, come un elemento esogeno
venne percepito ed ‘integrato’ in un sistema preesistente, di cui gli italiani erano pratcamente senza
conoscenza. È per questo che credo che questo studio possa collocarsi sia nel flone della storia
dell’imperialismo occidentale, impostato secondo le linee guida della ‘new imperial history’7 e della
‘transregional history’8, sia contribuire al flone della storia delle cità del Mar Rosso e dei suoi networks che
si è venuto delineando nel corso degli ultmi anni. 9
Metodologia ed impianto storiografco:
Il mio approccio metodologico vuole cogliere da diverse impostazioni e scuole di pensiero.
Sarebbe molto invitante partre dal conceto che Assab, in quanto insediamento ‘artfciale’ e costruito dal
nulla in uno spazio geografco poco abitato ed inospitale, possa essere studiato senza tenere conto della
realtà locale preesistente l’arrivo degli italiani. Una prospetva stretamente di storia diplomatca
occidentale potrebbe facilmente portare a dei risultat di ricerca senza indagare questoni locali, rimanendo
sul livello delle discussioni dei governi centrali. Ma questa impostazione, oltre ad essere già stata
ampiamente utlizzata come sostanziale fondamento della storiografa ‘imperiale’ occidentale, è monca di
7Per un efcace quadro dello stato dell’arte della ‘new imperial history’ rimando a THOMPSON James, Modern Britain and the New
Imperial History, History Compass 5/2 (2007): 455–462 ed a LESTER Alan, Imperial Circuits and Networks: Geographies of the Britsh
Empire, History Compass 4/1 (2006): 124–141
8ZIMMERMAN Andrew, Africa In Imperial And Transnatonal History: Multsited Historiography And The Necessity Of Theory , The
Journal of African History, 54, pp 331-340
9MIRAN Jonathan, Mapping Space and Mobility in the Red Sea Region, c.1500–1950, History Compass 12/2 (2014): 197–216
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tuta la complicata e ricca rete della realtà del Mar Rosso, fondamentale per capire davvero le dinamiche
geopolitche dell’insediamento e dello stabilirsi di una colonia italiana in Africa Orientale.
L’allontanarmi così da una impostazione stretamente di storia delle relazioni internazionali mi ha portato ad
interessarmi ad una serie di diverse storiografe che hanno il Mar Rosso al centro della loro tratazione.
Condivido il recente suggerimento metodologico proposto da Zimmerman nel Journal of African Studies per
quanto riguarda l’approccio storiografco alla transregional history, ovvero di utlizzare un metodo
multdisciplinare e mult prospetco per studiare le connessioni tra regioni legate da un dominio imperiale.
Esistono due ‘categorie’ fondamentali nella storiografa che è alla base della mia ricerca, che sto tentando di
confrontare e da cui ho trato il quadro del contesto storico e geopolitco. La prima è quella degli studi
incentrat sul colonialismo italiano, la seconda è quella degli studi ‘di area’.
La prima parte dall’apogeo degli studi ‘imperiali’ del periodo fascista, passando poi per la fase di
rivalutazione e ricostruzione degli anni ’50, fno alla sostanziale rotura degli anni ’70 da parte di autori di
grandissimo rilievo come Rochat e Del Boca. Questa storiografa, per quanto importante per la ‘memoria
condivisa’ degli italiani in materia coloniale, deve essere ormai considerata più come un punto di partenza
per una indagine storica che non come una pietra di paragone.
Per quanto concerne l’epoca fascista, sono ancora riportat come test di fondamentale importanza quelli di
autori come De Leone 10, Zaghi11, Ciasca12, Sertoli Salis13 e Luchini14, assieme a quelle di Botarelli 15. In quel
periodo la storia politca, diplomatca e militare si mischiò con la retorica di regime, assecondando
l’inappellabile giudizio negatvo dell’esperienza coloniale dell’Italia liberale. Le font di questa storiografa
erano unicamente italiane, e non avrebbe potuto essere altriment. Lo studioso Sertoli Salis merita però la
menzione di essere stato sostanzialmente l’unico fra i suoi contemporanei a dedicare alcuni studi
all’imperialismo britannico.16 A fanco della ricostruzione storica ha avuto grande fortuna la produzione
legata all’amministrazione coloniale ed al dirito coloniale. 17 Un flone questo che sarebbe perdurato anche
10DE LEONE Enrico, Studi di dirito coloniale, Roma, Ed. Cremonese, 1935
11ZAGHI Carlo, L'ultma spedizione africana di Gustavo Bianchi : diari, relazioni, letere e document edit ed inedit, Milano, Alpes,
1930; Id. La conquista di Kassala, Roma, La Nuova antologia, 1934; Id., Carlo Le origini della colonia Eritrea, Bologna, Cappelli, 1934
12CIASCA Rafaele, Storia coloniale dell’Italia contemporanea, da Assab all’Impero, Milano, Hoepli, 1938
13SERTOLI SALIS Renzo, Storia e politca coloniale italiana, Messina, Principato, 1936
14LUCHINI Alberto, Popolarità dell’Africa in Italia, Roma, Isttuto Nazionale di Cultura Fascista, 1942
15BOTARELLI Alberto, Compendio di Storia Coloniale Italiana, Roma, Biblioteca del Collegio di Scienze Politche e coloniali, 1914
16SERTOLI SALIS Le colonie della Corona britannica, Pavia, Treves, 1933 e Id. Le colonie africane della Gran Bretagna, Napoli, La
rivista d’Oriente, 1936
17Arnaldo Bertola, Gennaro Mondaini, Rolando Quadri, Umberto Borsi erano fra i più not giurist italiani con esperienza coloniale.
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dopo la perdita della colonie, visto che alcuni ex amministratori coloniali si riproposero come storici e
parteciparono all’opera di riorganizzazione, edizione e ‘rivalutazione’ della documentazione inerente
all’Africa Italiana. Il culmine di questo tpo di atvità è l’ ’Opera dell’Italia in Africa’ di Carlo Giglio. 18 La
produzione del ‘Comitato per la documentazione dell’Opera italiana in Africa’ portò avant una edizione
seletva della documentazione del Ministero dell’Africa Italiana, resa così disponibile ad un maggior numero
di studiosi. Questa divenne la base di molte opere storiografche successive, alcune delle quali di grande
rotura con il passato flone della ‘storia coloniale’. Gli studiosi ritornarono a dedicarsi allo studio
dell’imperialismo italiano del XIX secolo, grazie alla ritrovata disponibilità di document d’archivio, da
afancare alla documentazione parlamentare e memoriale e non perseguendo più l’obietvo di critcare od
incensare alcuni partcolari personaggi, fare dell’apologia od opera d’esaltazione nazionale. L’opera simbolo
di questa rinnovata sensibilità e spirito critco è sicuramente quella di Roberto Bataglia. 19 Si trata di
un’opera dotata di una prospetva critca che non si perse in agiografe sterili e poté permetersi di
analizzare con una prospetva veramente ‘storica’ un periodo lontano sia cronologicamente che
mentalmente da quello dell’autore. Studiosi di epoca successiva, molto più critci di Bataglia verso il
colonialismo italiano, trovarono nel suo volume una auctoritas solida su cui far poggiare le proprie
argomentazioni documentate, al punto da non andare metere più in discussione le sue scelte
documentarie. L’opera di Bataglia, per quanto fondamentale, aveva alcuni inevitabili difet. L’impostazione
rimaneva pur sempre quella storico-politca o storico-militare della scuola precedente, così come la
selezione dei document. L’otca è integralmente italocentrica, sia nella scelta documentaria che nella
prospetva della narrazione. L’autore lascerà quest element in eredità a molt studiosi successivi.
Ci sono due autori che non è possibile esimersi dal citare quando si vuole inquadrare un discorso relatvo al
colonialismo italiano, Giorgio Rochat 20 e Angelo Del Boca 21. Le loro opere possono essere poste alla base del
canone storiografco che ha rimesso in discussione mit ed apologie riguardo l’esperienza coloniale italiana,
specialmente per quanto riguarda l’invasione dell’Etopia e la politca razziale del regime. Lo scopo di queste
opere era quindi di muovere una critca ad un intero campo storiografco ed ataccare una rimozione
generalizzata del passato razzista e violenta dalla ‘memoria condivisa’. Non deve quindi sorprendere che
18Comitato per la documentazione dell’opera italiana in Africa, L’Italia in Africa, Serie Storica Roma, Isttuto Poligrafco e Zecca di
Stato, 1959; GIGLIO Carlo, La confraternita senussita dalle sue origini ad oggi, Padova, Cedam, 1932, che poteva vantare una
prefazione di Rodolfo Graziani; Id. Partto e Impero, Roma, Società anonima tpografca Castaldi, 1938 e Id. Storia dell'imperialismo
britannico : dalle origini al 1783 (il primo impero), Roma, Isttuto fascista dell’Africa Italiana, 1940 per la collana di Studi di Storia
politca e coloniale. Nel periodo repubblicano pubblicò studi come Id. Colonizzazione e decolonizzazione, Cremona, Mangiarot,
1964 e Id. Cenni storici sui rapport tra l'Italia e l'Africa a sud del Sahara da Roma Antca al 1920 , Zug, Inter Documentaton
Company, 1973. Dedicato allo studioso è il testo a cura di CALCHI NOVATI, Giampaolo Il colonialismo e l’Africa, Roma, Carocci, 2004
19BATTAGLIA Roberto, La Prima guerra d’Africa, Torino, Einaudi, 1958
20ROCHAT Giorgio, Il colonialismo italiano, Torino, Loescher, 1973
21DEL BOCA Angelo, La guerra d’Abissinia 1935-1941, Milano, Feltrinelli, 1965; Id. Gli Italiani in Africa Orientale, Bari, Laterza. Vol. I
1976, Vol. II 1979, Vol. III 1982, Vol. IV 1984
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l’atenzione verso il periodo liberale sia stata minore, per quanto Del Boca vi dedichi il primo volume del suo
magnum opus. Dedicando ampio spazio al periodo precedente l’acquisto di Assab, facendo un catalogo
delle personalità che si interessarono sostanzialmente al mondo etopico, Del Boca espresse forse il
desiderio di ancorare il fl rouge del suo discorso atorno alla dimensione pretamente abissina piutosto che
non del Mar Rosso. Inoltre, a causa della documentazione a sua disposizione e con bel altri scopi in mente,
ha dato alcune interpretazioni sostanzialmente proletche della politca razziale fascista.
Nel corso degli ultmi vent anni in Italia c’è stata una proliferazione degli studi sull’imperialismo italiano, che
hanno lentamente superato l’argine della impostazione politco-diplomatca-militare, afrontando la
problematca della individuazione di nuovi font su cui basare nuovi studi storici. Fra gli studiosi capofla
della ‘nuova generazione’ si può porre il professor Nicola Labanca 22, che ha organizzato una serie di
pubblicazioni che hanno ampliato il dibatto sull’imperialismo italiano. Il percorso delineato è
estremamente prometente, nel senso di un progressivo ampliamento ed incrocio del campo della
storiografa dell’imperialismo in un lavoro complessivo in sintonia con gli altri campi della ricerca, come la
storia economica, l’etnografa, la storia locale, con contribut di storici africanist che si interessano delle
aree e popolazioni sogget alla dominazione occidentale e che stanno così aprendo la materia ad una molto
necessaria multdisciplinarietà.23
La questone dell’acquisto di Assab ha avuto ben poca fortuna al di fuori della storiografa italiana. La
storiografa classica di produzione anglosassone inizia a riconoscere un ruolo alla presenza italiana nel Mar
Rosso solo in seguito al passaggio di Massawa agli italiani. Una posizione che, nell’otca della storia delle
relazioni internazionali del XIX secolo, è perfetamente legitma, ma che sotolineerebbe come la politca
verso l’Abissinia prese il sopravvento, rispeto ad uno scemare della politca italiana verso il Mar Rosso,
raforzando l’idea di una divisione dei destni delle due sponde del mare. Ciò non terrebbe conto delle
politche poi intavolate dal governo dell’Eritrea verso lo Yemen.
L’unica eccezione nell’ambito della storiografa inglese che voglio evidenziare è quella di Agatha Ramm, che
dedicò un lavoro specifco sull’insediamento italiano nell’area della Dancalia. Questo studio germinò dal suo
flone principale di ricerca, che era legato ancora una volta alla storia politca, nella fatspecie alla fgura di
22LABANCA Nicola, In marcia verso Adua, Torino, Einaudi, 1993; Id. Oltremare. Storia dell'espansione coloniale italiana, Bologna, il
Mulino, 2002 per citare solo le opere legate all’Africa Orientale.
23PODESTA’ Gianluca, Sviluppo industriale e colonialismo: gli investment italiani in Africa Orientale 1869-1897 , Milano, Giufrè,
1996; Id. Il mito dell'impero : economia, politca e lavoro nelle colonie italiane dell'Africa orientale, 1898-1941, Torino, Giappichelli,
2004; CASTELLI Enrico e LAURENZI David, Permanenze e metamorfosi dell’immaginario coloniale in Italia, Napoli, Edizioni
scientfche italiane, 2000; DEL BOCA Angelo, Le guerre coloniali del fascismo, Roma/Bari, Laterza, 1991 che vede i contribut di
studiosi come Al-Hesnawi e not africanist come Pankhurst; GUAZZINI Federica, Le ragioni di un confne coloniale: Eritrea
1898/1908, Torino, L’Harmatan Italia, 2004; GIORGI Chiara, L’Africa come carriera: funzioni e funzionari del colonialismo italiano,
Roma, Carocci, 2012; TOMASELLO Giovanna, L’Africa tra mito e realtà: storia della leteratura coloniale italiana, Palermo, Sellerio,
2004. TADDIA Irma, Autobiografe africane: il colonialismo nelle memorie orali, Milano, Franco Angeli, 1996 e Id. L’Eritrea colonia
1890-1952: paesaggi, struture e uomini del colonialismo, Milano, Franco Angeli, 1986; MARONGIU BONAIUTI Cesare, Politca e
religioni nel colonialismo italiano (1882-1941), Varese, Giufrè, 1982
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Gladstone. Una parte della documentazione legata alla foreign policy del secondo governo Gladstone era
infat incentrata sulla questone di Assab in relazione alla crisi egiziana, il che portò la Ramm a dedicarvi
uno studio specifco.24
In sintonia con l’evoluzione che stanno subendo gli studi sull’imperialismo, ho allora esteso l’impalcatura
storiografca della mia ricerca agli studi defnit ‘di area’ ed ‘africanistci’. 25
Il Mar Rosso era già nel XIX secolo una realtà geopolitca e dinamica estremamente atva e complicata,
infuenzata dalle condizioni geografche poco favorevoli all’insediamento, un punto di incontro però di una
serie di ret commerciali ed umane che si intrecciano partendo dal Mediterraneo, dall’Oceano Indiano e dal
‘mondo arabo’. Ciò rese – e ancora rende – lo spazio delle due sponde di questo mare un ambito speciale, di
incontro, scambio e scontro fra la parte ‘africana’ e la parte ‘araba’. Questa ricchezza ha giustfcato la
nascita di una storiografa incentrata sulla regione e che molto recentemente si sta teorizzando ed
inquadrando non più come la periferia povera delle ret dell’Oceano Indiano o come un non spazio che
divide la fascia sub-sahariana del mondo arabo. Questa nuova ‘dignità storiografca’ è fruto delle rifessioni
di un gruppo di studiosi d’area. Il nome di riferimento è sicuramente quello Jonathan Miran. 26 Egli si è
impegnato nello studio degli insediament urbani sul Mar Rosso 27 e nella ricerca della specifcità delle
connessioni talassologiche della regione, forte di una prolungata ricerca sul campo. Miran ha recentemente
delineato delle linee guida e dei quesit ancora irrisolt per quanto riguarda la regione del Mar Rosso nel
periodo di mio interesse. Ha posto il problema del rapporto costa-interno, del rapporto fra locali ‘natvi’ e le
migrazioni a breve raggio ed i rapport translocali. In tal merito la scuola pioniera è quella di Urlike Freitag e
d e l Zentrum Moderner Orient di Berlino28, che ha curato gli studi guida sul conceto di translocality,
utlizzando proprio l’esempio delle popolazione dell’Hadramaut come di una enttà etnica caraterizzata da
24RAMM Agatha, Great Britain and the Plantng of Italian Power in the Red Sea, 1868-1885, “The English Historical Review”, Vol.
59, No. 234 (May, 1944), pp. 211-236
25Per un inquadramento generale gli autori di mio riferimento sono stat, solo per citarne alcuni, Richard Pankurst, Sven Rubenson,
Gahda Talhami e Jonhatan Miran.
26MIRAN Jonathan, Red sea citzens : cosmopolitan society and cultural change in Massawa, Bloomington, Indianapolis, Indiana
University Press, 2009; Id. From Bondage to Freedom on the Red Sea Coast: Manumited Slaves in Egyptan Massawa, 1873–1885, in
Slavery & Aboliton: A Journal of Slave and Post-Slave Studies, 34:1, 2013, 135-157; Id., Space, Mobility, and Translocal Connectons
across the Red Sea Area since 1500, Northeast African Studies, Volume 12, Number 1, 2012 (New Series), pp. ix-xxvi e Id., Red Sea
Translocals: Hadrami Migraton, Entrepreneurship, and Strategies of Integraton in Eritrea, 1840s–1970s, Ivi, pp. 129–168; Id.
Mapping Space and Mobility in the Red Sea Region, c.1500–1950, History Compass 12/2 (2014): 197–216
27 MARGARITI Eleni Roxani, Aden and the Indian Ocean Trade: 150 Years in the Life of a Medieval Arabian Port , Chapel Hill,
University of North Carolina Press, 2007 e UM Nancy, The Merchant Houses of Mocha: Trade and Architecture in an Indian Ocean
Port, Seatle, University of Washington Press 2009
28FREITAG Ulrike e CLARENCE-SMITH William G., Hadhrami traders, scholars and statesmen in the Indian Ocean, 1750s-1960s,
Leiden, Brill, 1997. FREITAG U., Indian Ocean migrants and state formaton in Hadhramaut: reforming the homeland, Leiden Boston,
Brill, 2003. FREITAG U. e VON OPPEN Achim (a cura di), Translocality: the study of globalising processes from a southern perspectve,
Leiden Boston, Brill, 2010. Edited by FREITAG, U., The city in the Otoman empire: migraton and the making of urban modernity,
London New York, Routledge, 2011
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uno spostamento migratorio che però manteneva fortssimi legami con i luoghi d’origine. 29 L’altro grande
gruppo etnico oggeto di studio di una vasta bibliografa è quello degli indiani, che dominavano il
commercio a lungo raggio dell’Oceano Indiano e del Mar Rosso. A questa bibliografa va ad afancarsi tuta
quella relatva al mondo etopico, che è un campo molto sondato e la cui produzione storiografca è ricca
anche della prospetva degli studiosi amhara. 30 La bibliografa inerente invece ai popoli e sogget politci
più diretamente interessat della politca italiana in Assab, ovvero gli Afar ed i sultani di Rahaita e dell’Aussa
è molto più limitata.31
Infne non si possono escludere gli apport storiografci per la storia di ampio respiro della regione, legat al
controllo otomano ed egiziano della costa 32 in relazione ai rapport con l’interno abissino ed alla trata degli
schiavi.
Font documentarie:
I due archivi di maggior importanza per la mia ricerca sono atualmente l’Archivio Storico Diplomatco del
Ministero degli Afari Esteri (ASMAE) a Roma ed i Natonal Archives di Londra (TNA).
Presso l’ASMAE mi sono concentrato sulla documentazione contenuta nell’Archivio Eritrea, che raccoglie le
carte prodote e conservate in colonia. Questo fondo è l’unico archivio coloniale locale sopravissuto al
secondo confito mondiale, ma subì manomissioni nel corso dell’amministrazione inglese dell’Eritrea. La
documentazione fu rimpatriata ed inserita nell’archivio dopo la fne del confito, presa in carico dall’ancora
operante Ministero dell’Africa Italiana (MAI) e messa a disposizione del Comitato guidato da Giglio, assieme
a quelle del MAI. La ‘mano’ del Comitato è molto evidente nelle carte del MAI. La stessa atenzione non
pare essere stata riservata alle carte dell’Archivio Eritrea, probabilmente perché le condizioni del fondo
erano meno fruibili rispeto a quelle del MAI e le questoni di importanza per il ‘centro’ risultavano
annacquate da altre materie troppo locali. Ed è in queste che io ho trovato il maggior interesse ed utlità per
la mia tesi, proprio leggendoli secondo una prospetva diversa rispeto al passato.
29MANGER Leif, The Hadrami diaspora: community-building on the Indian Ocean rim, New York Oxford, Berghahn Books, 2010 e
PÉTRIAT Philippe, Notables et rebelles. Les grands marchands hadramis de Djedda au milieu du XIXe siècle, Revue internatonale
d'archéologie et de sciences sociales sur la péninsule Arabique 1| 2013
30IMBERT-VIER Simon, Tracer des frontères à Djibout : Des territoires et des hommes aux XIXe et XXe siècles , Karthala, 2011;
DONHAM Donald L., Southern Marches Of Imperial Ethiopia: Essays In History & Social Anthropology, Colubus, Ohio University
Press, 2002; HAGGAI Erlich, Ethiopia and the Middle East, Boulder, Reinner, 1994; Id., Islam and Christanity in the Horn of Africa:
Somalia, Ethiopia, Sudan, Boulder London, Rienner, 2010; GABRESELASSIE Zewde, Johannes IV of Ethiopia, a politcal biography,
Oxford, Clarendon Press, 1975
31HASSEN Mohammed, Indigenous Governance among the Southern Afar (ca. 1815-1974), Ethiopia, Ethiopian Journal of the Social
Sciences and Humanites Vol 7, No 1-2 (2011) pp. 1-26; YASIN Mohammed, Politcal history of the Afar in Ethiopia and Eritrea, Afrika
Spectrum 42 (2008) 1: 39-65
32TALHAMI Ghada, Suakim and Massawa under Egyptan Rule 1865-1885, Washington, University Press of America, 1979
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Nell’Archivio Eritrea ho consultato parte della documentazione inerente al periodo 1879-1890, 33 che
coprono il periodo di amministrazione ‘militare’ dell’insediamento soto i comandant De Amezaga e
Frigerio ed il periodo di amministrazione ‘civile’ soto i commissari Branchi, Pestalozza e De Simone. In essa
sono contenut i rapport ufciali redat dai commissari e comandant diret al Ministero degli Afari Esteri.
È questa la documentazione che necessita di essere comparata con quella prodota dalle altre potenze
compettrici nell’area, ovvero la Gran Bretagna, l’Egito e marginalmente la Francia. La documentazione
conservata in questo fondo archivistco resttuisce l’intricata realtà dei rapport con i ben insediat ed
abilmente equivoci ‘poteri locali’. Emergono così i document che evidenziano come il sultano di Rahaita
contnuasse ad intratenere rapport con i rappresentant delle altre potenze occidentali, secondo modi
tpici di molt altri leader locali nei rapport con le potenze coloniali, malgrado le numerose dichiarazioni di
protetorato da parte italiana. Mi sono anche posto l’obietvo di utlizzare alcune tpologie di document che
raramente hanno visto la luce nelle opere storiografche inerent ad Assab, come i bilanci mensili della
colonia, i detagli delle paghe ai locali che lavoravano nell’insediamento ed alcuni rapport inerent alla vita
‘minuta’ di Assab, così da ricostruire, per quanto possibile, la mobilità locale indota dall’arrivo degli italiani
e per determinare se l’insediamento si trovasse efetvamente all’interno del grande fusso di migrazioni
translocali degli Hadhrami e se rientrasse e quanto nelle ret commerciali dei Banyan. Dinamiche locali che
sono state riportate anche dalla documentazione inglese prodota ad Aden e solo una comparazione fra le
due font può resttuire una immagine più accurata della realtà. Oltre alla documentazione prodota in
Assab, ho cercato di ricostruire quella prodota nello stesso periodo in Aden da Bienenfeld, il facoltoso
commerciante e console italiano ad Aden, il quale dovete lavorare a streto contato sia con le autorità
britanniche sia con le famiglie locali, che gestvano il commercio fra le due sponde del Mar Rosso. Ho infne
cercato di leggere la documentazione da me raccolta fnora per ricostruire il soggeto più ovvio, cioè le
difcoltà della costruzione del primo insediamento coloniale del Regno d’Italia, che già in sé per sé è stato
un argomento non estensivamente indagato. A mio avviso alcuni moment ‘comunitari’, come la costruzione
della prima chiesa di Assab, possono resttuire interessant element di studio, come per esempio
individuare quali fondi furono utlizzat per la costruzione, quale messaggio si voleva far passare alla
popolazione ed ai notabili locali. Con lo stesso principio si possono studiare i molteplici tentatvi di
impiantare infrastruture volte a stabilire linee di comunicazione con l’interno dancalo o con altre località
della costa, come i centri di potere locale del Sultano dell’Aussa e del Sultano di Rahaita.
I problemi che emergevano ad Assab con gli inglesi o con i locali si risolvevano ad un livello locale, altriment
venivano portat presso i rispetvi agent consolari del Cairo, dove la questone di Assab veniva ad
invischiarsi nella complicata matassa della crisi egiziana degli anni ’80 e della atuale sovranità del Khedivè
sui suoi domini nel Mar Rosso, alla luce dell’indebitamento e della progressiva dipendenza fnanziaria dello
33Buste 1; 2; 4; 5; 6; 7; 10; 11; 12; 16; 17; 18; 24; 25; 27; 34; 35; 37; 232; 501; 561bis; 1026
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stato egiziano dagli occidentali. Ciò non deve far pensare che Assab fosse solo una questone fra occidentali.
In realtà il ministro degli esteri egiziano interveniva molto spesso a riguardo presso i rappresentant italiani
al Cairo, sostenuto fno ad un certo punto dalle garanzie inglesi. Uno dei punt interessant che emerge da
questa documentazione di livello ‘intermedio’ coincide con l’occasione in cui il governo egiziano, nel mezzo
della spinta ‘rivoluzionaria’ militare di Arabi Pasha, prende la decisione di riafermare la propria autorità con
la forza contro il sultano di Rahaita e, indiretamente, contro gli italiani. È a questo livello ed a quello della
documentazione prodota dalle due part ad Assab ed Aden che emergono le difcoltà degli inglesi di
sostenere il proprio ‘alleato’ ormai allo stremo contro un intruso che sino a quel momento si era rivelato un
partner sostanzialmente afdabile. Ma questa afdabilità e credibilità non era discesa dalle politche del
governo italiano, ma dalle azioni degli uomini in loco e dalla loro capacità di interagire positvamente con le
contropart occidentali e le autorità locali.
La documentazione a livello di Ministero e Consiglio dei Ministri è stata già ampiamente studiata. Ho
ritenuto opportuno consultare le carte depositate nell’Archivio Centrale dello Stato dei gabinet Cairoli e De
Prets, che però toccano davvero troppo tangenzialmente le questoni di mio interesse per portare dat
nuovi. Le carte invece conservate presso ASMAE del Gabineto Mancini sono già state studiate da Bataglia,
specialmente per quanto riguarda le questoni di Alessandria e di Massawa.
Parallelamente alla documentazione italiana, ho sondato la documentazione inerente ad Assab presso i
Natonal Archives di Londra.34 Vi sono tre ordini di document, quasi tut conservat nella sezione
dell’archivio riservata al Foreign Ofce. Innanzituto i document prodot a Londra, legat al dibatto
diplomatco sulla sovranità egiziana sulla costa del Mar Rosso e quindi relatvi all’impato che l’arrivo degli
italiani ebbe a livelli di politca internazionale. Questa documentazione è stata raccolta ed organizzata, con
l’aggiunta di alcuni confdental prints, nei Cromer Papers.35 È solo da un confronto tra i document italiani ed
inglesi di questo ordine che emergono le difcoltà interne ai due corrispetvi ministeri su come dirimere,
sostanzialmente senza interpellare i diret interessat, la faccenda della contestata sovranità egiziana. Il
secondo ordine documentario è quello prodoto al Cairo dai rappresentant inglesi, in contato direto sia
con i rappresentant italiani che con il governo egiziano. Un collegamento che non può essere analizzato
senza tenere conto che proprio il rappresentante inglese Edward Malet portava avant una politca ambigua,
che da una parte sembrava pungolare le sensibilità egiziane in merito ai rapport con le altre potenze
occidentali e dall’altra rappresentava nei propri dispacci a Londra una situazione egiziana più concitata e
drammatca di quanto non fosse realmente. È proprio sulla fgura di Malet che Schölch delinea la sua teoria
34Buste ADM 53 11658; ADM 53 11659; ADM 53 11660; ADM 53 11661; ADM 53 11791; FO 78 3131; FO 78 3158; FO 78 3192; FO
78 3364; FO 78 3365; FO 78 3366; FO 79 3193; FO 141 139; FO 141 140; FO 633 48; FO 633 55; FO 81 4099; FO 881 4231; FO 881
4310; FO 881 4429; FO 881 4501; FO 881 4531; FO 881 4590; FO 881 4619; FO 881 4627; FO 881 4796; FO 881 4940; FO 881 5057;
FO 881 5149; FO 881 6574X; FO 881 6825X
35FO 633
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che le politche imperiali fossero direte dai ‘men on the spot’. Va anche fato notare che Mr. Malet pubblicò
una autobiografa proprio per scagionarsi dall’accusa di essere stato una specie di agente provocatore. 36 È
interessante notare che non vi è menzione della questone di Assab in questa memoria, malgrado le
molteplici prove di anche concitate consultazioni con Mr. Malet del ministro degli esteri egiziano in merito.
Il terzo ordine di document è quello prodoto a livello locale da parte dei rappresentant ed ‘espert’ inglesi
present ad Aden, Jeddah, Suakin e Massawa. La documentazione di Aden è quella che maggiormente si
interessa di Assab, per la vicinanza geografca e per il sovrapporsi di interlocutori comuni. Gli agent di Aden
avevano contat con gli stessi sultani che gli italiani ed avevano sot’occhio la stessa rete di commerciant
indiani e hadramit. Aden era un nodo importante per la rete commerciale e di relazioni esistente
nell’Oceano Indiano, oltre che da un punto di vista militare, ed il rafronto della documentazione ivi
prodota in merito di questoni diplomatche, militari e commerciali può farmi capire se e quanto Assab
fosse parte di queste ret. Il confronto di questa documentazione e di quella omologa italiana è frutuoso,
ma mi porterebbe a concludere che la proposta di Miran del Mar Rosso come unicum concetuale potrebbe
non essere perfetamente funzionale in questo caso, in quanto le carte prodote a Jeddah raramente si
occupavano di Assab, pur essendo il residente di Jeddah stato nominato console per la baia. La prospetva
di Jeddah è forse troppo rivolta verso la Mecca e l’Hedjaz per resttuire dat sufcient sulla regione del Babel-Mandeb.
A fanco della documentazione diplomatca ordinata su quest tre livelli, ho ritenuto opportuno consultare e
confrontare i diari di bordo ed i rapport prodot dai comandant delle navi italiane ed inglesi che
incrociavano regolarmente nella regione. I diari di bordo inglesi sono facilmente accessibili presso TNA nella
sezione ADM, e contengono interessant dat sulla circolazione di merci e persone nella regione del Mar
Rosso meridionale e sulle linee di connessione con la costa somala e Zanzibar da una parte e con il golfo
persico e l’India dall’altro. La documentazione italiana è meno facilmente accessibile e depositata presso
l’archivio della Marina Militare.
Una fonte di produzione inglese estremamente importante è quella prodota dal governo di Bombay in
relazione alla regione di Aden, alla luce della rete dei Bayniani nell’Oceano Indiano ed alla presenza di
indiani ad Assab. Questa documentazione, conservata presso gli Archivi della Britsh Library assieme alle
carte della East India Company è sorprendentemente non molto studiata, forse una fonte troppo laterale e
periferica per gli interessi della storia del dominio britannico in India.
Un’altra fonte interessante è conservata presso l’Archivio dell’Arma dei Carabinieri. Fra la documentazione
‘locale’ che potrebbe servire all’inquadramento di Assab nelle connessioni regionali, potrebbero rientrare i
rapport della stazione dei Carabinieri, stabilita in Assab nel 1882. Ho trovato presso l’ASMAE pochi e mal
36MALET Edward, Egypt, 1879-1883, London, John Murray, 1909
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conservat fogli redat dalla stazione, ma hanno tut resttuito interessant intrecci locali e ‘translocali’ che
difcilmente avrebbero meritato una citazione nei document del commissario civile. Purtroppo l’accesso
all’Archivio dell’Arma è notoriamente macchinoso.
Un’ulteriore fonte da utlizzare è quella della corrispondenza dell’archivio corrente della Società Geografca
Italiana, che contene le missive non solo di famosi esploratori, ma anche di altre persone di minore fama
che hanno però vissuto e lavorato a lungo nell’insediamento di Assab.
Un’ultma fonte che ritengo sarebbe di interesse è quella delle carte di Pietro Felter, personalità dalla
carriera originale che ricoprì per lungo tempo il ruolo di commissario civile di Assab al volgere del secolo,
dopo una lunga carriera commerciale nell’area. Le carte di Felter dovrebbero essere conservate presso il
Museo del Risorgimento di Milano e costtuirebbero una ricca e sostanzialmente inedita fonte primaria,
data la prospetva privilegiata dell’autore un po’ avventuriero ed un po’ vitma delle circostanze.
L’archivio extraeuropeo di maggior interessere per la mia ricerca sarebbe quello del Cairo, a cui mi è stato
ancora impossibile accedere e che presenterebbe il problema della interpretazione del test in arabo.
Osservazioni e comment emersi alla discussione del paper:
Il prof. Nicola Melis, discussant di questo paper al seminario nazionale dotorandi SISSCO di Milano del
giugno 2014, ha apprezzato in linea di massima l’impostazione del mio lavoro secondo un approccio
comparatvo e multdisciplinare ed ha riconosciuto la mancanza di studi focalizzat su Assab e sull’alto
colonialismo italiano secondo quest criteri.
Le osservazioni del prof. Melis hanno evidenziato tre aspet che meriterebbero di essere inclusi nella mia
tesi per dare un quadro più completo della realtà dell’area.
Innanzituto l’inserire nella mia bibliografa di riferimento la produzione storiografca turca che si è
interessata all’area del Mar Rosso. Quest studi sono focalizzat sia sulla questone del pellegrinaggio alla
Mecca, posta soto l’alta protezione dell’Impero Otomano dei Sultani Calif, sia su quella della
contnuazione nominale dell’esistenza della provincia di ‘Abissinia’. Il potere dei Naib di Massawa discendeva
da una investtura otomana ed il ritorno sull’isola di Massawa di un rappresentate otomano nella seconda
metà del XIX secolo ha un peso simbolico importate, rappresentatvo dell’interesse dell’Impero Otomano
per l’area del Mar Rosso, malgrado l’assenza di un controllo direto.
Il secondo elemento che mi è stato suggerito di approfondire e di cui tener conto per il contesto della mia
tesi è la rete creata dalle scuole sufte insediatesi nelle numerose cità portuali dell’area. Queste
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organizzazioni mistche, guidate da un maestro, hanno avuto una enorme infuenza nella creazione di ret di
contat non solo fra le località del Mar Rosso, ma fra tuto il mondo musulmano. Una via preferenziale per il
passaggio di informazioni e per la creazione di legami. La più importante scuola sufta nella regione oggeto
di questo studio è quella della Khatmiyya, e vi sono studi dedicat all’impato di queste turuq nel contesto
del Mar Rosso.37
Infne mi è stato suggerito di inserire, per quanto possibile, font ufciali di produzione francese, secondo lo
stesso impianto metodologico utlizzato per la documentazione italiana ed inglese. Ciò vuol dire cercare di
estrapolare alcuni dat ‘locali’ dalla documentazione francese inerente al Mar Rosso e cercare di capire se vi
fu un intreccio fra le dinamiche d’insediamento italiane nell’area di Assab e l’interessamento francese
nell’area del Gibut.
Ho personalmente molto apprezzato le osservazioni del prof. Melis e farò del mio meglio per arricchire la
mia tesi con i suoi spunt e suggeriment.
37MIRAN, A Historical Overview Of Islam In Eritrea, Die Welt des Islams, New Series, Vol. 45, Issue 2 (2005), pp. 177-215
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