Afghanistan: quando la cultura può creare la pace Uno skatepark a Kabul Intervista a Khaled Arman cult Il mensile culturale RSI marzo 2014 1 1 L’Afghanistan Diana Segantini Capo Dipartimento Cultura RSI SGUARDI DUETTO 4 22 Afghanistan: quando la cultura può creare la pace Care amiche e cari amici della cultura, benvenuti sulle pagine della nuova rivista culturale della RSI – CULT! Con CULT vogliamo perseguire e sviluppare un’idea di cultura senza frontiere, generosa e inclusiva. Cominciamo a farlo dalla nostra realtà aziendale aprendoci a tutti i dipartimenti della RSI che abbiano delle proposte culturali, ma ci impegniamo anche a dare voce al territorio, a lanciare lo sguardo al di là del Gottardo, al di là delle nostre frontiere geografiche e linguistiche. Questa rivista vuole essere un serbatoio di contenuti cui attingere, uno strumento di servizio che vi accompagni in un personale percorso di scoperta e arricchimento: dai consigli cinematografici alle pagine di storia nazionale e locale, dalle avventure della drammaturgia radiofonica alle recensioni librarie o discografiche. E, a tal fine, ogni mese sceglieremo delle tematiche da approfondire, mostrando come la nostra offerta culturale sia ampia e articolata sui tre vettori RSI: radio, TV e multimedia. Per questa nostra prima edizione la scelta tematica è caduta sull’Afghanistan. L’attualità ci sollecita in questo senso: a breve si concluderà infatti la fase storica iniziata all’indomani degli attentati dell’11 settembre con l’intervento americano e la cacciata del regime dei talebani. L’offerta culturale della RSI su questo fronte fa vedere come, in una realtà così complessa e di guerra, la cultura abbia un ruolo significativo offrendo non solo la possibilità di distogliere l’attenzione dalle atrocità della guerra: ha una indiscussa funzione costruttiva e ricostruttiva, può farsi ponte tra le culture e le religioni. In questo primo numero di CULT troverete il contributo e le foto di Niccolò Castelli dall'Afghanistan, dove ha girato due servizi per CultTV e un documentario speciale sui centri ortopedici della Croce Rossa che andrà in onda come uno speciale per i 150 anni del CICR questa primavera. E poi, Roberto Antonini, a sua volta coinvolto in una serie di reportages, questa volta radiofonici, ci illustra come la cultura possa contribuire alla pace. Non mancheranno le note della musica orientale, con un’intervista a Khaled Arman, l’esponente più importante della musica classica afghana, e la prosa che ci racconta di quando a essere in guerra era l’Europa e di due coraggiose donne svizzere che in auto raggiungono Kabul. Un invito, quindi, a tuffarsi nella ricchezza della cultura orientale che ci fa ancora sognare come nelle fiabe delle mille e una notte… Buona lettura! Intervista a Khaled Arman RENDEZ-VOUS ONAIR 8 Annemarie Schwarzenbach 10 I concerti dell’Auditorio 12 Uno skatepark a Kabul 28 L’agenda di marzo NOTA BENE 30 Recensioni 31 Proposte Club 14 Vandana Shiva 18 La nuova stagione Jazz 20 La metamorfosi di Biancaneve In copertina: presente e futuro in cammino per le vie di Mazar-E Sharif ACCENTO Afghanistan: quando la cultura può creare la pace Roberto Antonini Il 2014 sarà l’anno del disimpegno delle forze internazionali presenti in Afghanistan e delle elezioni presidenziali che segneranno il dopo Karzai. L’attuale capo dello Stato non può in effetti ricandidarsi per le presidenziali del 5 aprile, mentre il paese dovrà fare i conti con una situazione gravida di incertezze e incognite. SGUARDI Il ritiro delle truppe della NATO (ISAF) conclude la fase iniziata all’indomani degli attentati dell’11 settembre del 2001 con l’intervento americano e la cacciata del regime dei talebani. Con le forze militari se ne andranno anche molti diplomatici e molte ONG che hanno contribuito ad aiutare un paese estremamente fragile. Una fase delicata e importante non solo dal profilo politico. La società e la cultura afghane sono state scombussolate, scosse in modo estremo e a volte devastante negli ultimi 50 anni: si è passati, con una serie di colpi di stato, dalla monarchia a una repubblica autocratica al regime filo-russo fino nel 1996 al totalitarismo talebano passando prima, per 4 anni, attraverso una guerra civile devastante che ha messo in ginocchio il paese e le cui ferite sono tuttora visibili ad esempio nel paesaggio urbano in parte semi-distrutto. Nei sei anni di potere dei Taleb (studenti delle scuole coraniche) è stato raggiunto l’apice della repressione e del soffocamento dei principali diritti umani, dalle lapidazioni pubbliche alla messa al bando della musica, del cinema, del teatro ma anche degli aquiloni (sport e passatem- po nazionali) fino alla segregazione delle donne escluse dall’educazione e dalla vita sociale. Un periodo tetro contrassegnato dal terrore estremo e dalla cancellazione di qualsiasi attività culturale: la distruzione dei giganteschi Buddha fatti esplodere a Bamiyan nel 2001 rimane impressa nella ‹ Un passato menomato: un paese senza musica, teatro, poesia… › memoria collettiva ed è assurta a simbolo della barbarie dei fanatici di Allah. Ecco allora che la rinascita del paese passa in buona parte proprio attraverso la cultura, oltre naturalmente all’economia e alla sicurezza. Rete Due coglie l’occasione che fornisce il particolare contesto storico, per indagare sulle dinamiche culturali messe in relazione a quelle più ampie e che riguardano tutte le sfere della vita del paese. In un paese che ha tanto sofferto e che vive una frammentazione etnico-linguistica molto pronunciata (tra la maggioranza pashtun - alla quale appartengono i tale4 5 bani ma anche il presidente Karzai - i tagiki che hanno condotto la resistenza con il loro comandante Massoud ucciso alla vigilia dell’11 settembre 2001, gli hazara poveri tra i poveri emarginati e sciiti, gli uzbeki o i baluchi) la cultura sembra essere ‹ La musica e la poesia rifioriscono dalla strada: la cultura come ponte per la pace. › uno dei pochi strumenti in grado di creare una certa armonia e di ridare dignità a una nazione che sembra maledetta dalla storia, povera, violenta, dal paesaggio arido, una nazione creata in buona parte dal colonialismo britannico, che vive ai margini dello sviluppo ma che risulta decisiva per la stabilità mondiale. Lo sguardo sulla cultura consente di andare oltre quella patina superficiale che spesso è costituita dalla cronaca o dalla politica. Uno sguardo in profondità ad esempio al seguito di una scuola di musica (ANIM) della quale fanno parte decine di ragazzi di strada che sfidando le minacce SGUARDI degli insorti talebani si esibiscono ormai con la loro orchestra nelle sale da concerto. Un microcosmo, una piccola forma di resistenza ma che come afferma il suo direttore Ahmad Sarmast “è un messaggio di pace che rivolgiamo alla comunità internazionale per mostrare che qualcosa sta cambiando in senso positivo”. Piccole grandi storie come quella di Matiullah Turab, un fabbro che malgrado un’educazione limitata scrive poesie molto popolari. E le poesie, a volte straordinariamente sensuali, le scrivono e recitano, a loro grande rischio, le donne dell’associazione letteraria Mirman Baheer che conta oltre 100 iscritte, tra giornaliste, politiche, docenti. Alcune operano a viso scoperto, altre nella segretezza. Ma sono poesie che vengono diffuse via radio e potenzialmente ascoltabili da tutti. Una vera e propria rivoluzione nei costumi. Perché anche i media, in parte hanno conosciuto un processo di emancipazione. A tal punto che (e sarà il tema di uno dei reportage che vi proporremo in Laser) il giornalismo investigativo comincia a dare i suoi frutti indagando sulle malefatte, la corruzione, i soprusi, la speculazione che nel dopo- talebani hanno purtroppo caratterizzato la vita politica ed economica. Le piaghe di una società in transizione dove accanto alla speranza, sono esplosi problemi di difficile soluzione, in primis quello della tossicodipendenza. L’Afghanistan è di gran lunga il primo produttore di oppio e eroina al mondo. Un quasi monopolio che non riguarda solo il consumo nei paesi importatori di droga. La percentuale di tossicodipendenti è tra le più alte al mondo (oltre il 5% della ‹ L’oppio del popolo e un paese in ricostruzione. › popolazione) e la droga sta pesantemente condizionando la gioventù, già confrontata all’insicurezza e molto spesso alla fame e alla miseria. Con la guerra e la cultura bellica si è rafforzata la cultura clanica dei “signori della guerra” e il loro controllo sul territorio e sulle straredditizie coltivazioni di papaveri. Colori cupi in un quadro dove, come detto, vi sono elementi di speranza portati dall’emancipazione sociale e culturale. Lo scrittore Khaled Hosseini, che sarà ospite della nostra “operazione Afghanistan” in onda a fine marzo, considera ad esempio che i progressi superano di gran lunga le aspettative: l’alfabetizzazione, ancorché molto limitata, procede e fra una decina di anni dovrebbe raggiungere la soglia del 60%, le donne che vivono nelle città sono tornate a lavorare e occupano il 27% dei seggi alla Camera Bassa del Parlamento, milioni di rifugiati sono rientrati nelle loro case. Un ottimismo che non fa comunque l’unanimità, considerando che la guerra non è conclusa, che la partenza delle forze straniere è attesa con impazienza dai talebani. Cercheremo dunque di “fotografare” nel modo più esauriente possibile la realtà di un paese ricco di incognite e incertezze ponendo l’accento proprio sul ruolo che la cultura è in grado di svolgere contro la barbarie, per la riconciliazione nazionale e la rinascita nazionale. Fotografie di Roberto Antonini 6 7 Rete Due / Colpo di scena da lunedì 3 a venerdì 21 marzo alle ore 13.30 rsi.ch/dramaradio Annemarie Schwarzenbach: dall’Engadina a Kabul in automobile Francesca Giorzi Annemarie Schwarzenbach fotografata da Marianne Breslauer Lo sceneggiato radiofonico “Dall’Engadina verso Oriente”, scritto nel 2003 da Luciana Luppi, per la regia di Adalberto Andreani, si propone di presentare e far conoscere due affascinanti donne svizzere che, nel giugno del 1939, partono a bordo di una Ford, verso l’Afghanistan. Le protagoniste sono Ella Maillart (1903–1997), scrittrice e giornalista ginevrina considerata una delle più straordinarie viaggiatrici del secolo scorso e la sua amica Annemarie Schwarzenbach (1908–1942). In giovane età, abbandonano le amate montagne della Svizzera e un’Europa sull’orlo della guerra per dirigersi in Oriente alla ricerca di se stesse. Creatura eterea e fragile con forti tendenze autodistruttive, anche Annemarie Schwarzenbach è scrittrice, moglie di un diplomatico francese a Teheran, ma insofferente alla vita di rappresentanza, tenta con la sua compagna una strada che potrebbe dare un senso alla sua vita tormentata. Le due donne raggiungono in auto il continente indiano attraversando tra gli altri l’Iran ONAIR e l’Afghanistan e incontrando una serie di situazioni interessanti arrivano a Kabul proprio mentre in Europa scoppia la seconda guerra mondiale. Accanto al percorso geografico e avventuroso, le due donne ne seguono un altro, più intimo, alla ricerca di nuove consapevolezze e nuovi equilibri. Un cammino parallelo, dunque, segnato dal contrasto fra due personalità profondamente diverse. Annemarie Schwarzenbach ha intrapreso numerosi viaggi tra il 1933 e il 1942 i cui documenti (fotografie, articoli, lettere) sono oggi depositati alla Biblioteca nazionale svizzera di Berna. Al termine del viaggio Ella Maillart, ha scritto un libro tradotto in italiano nel 2001 ed edito da EDT (Torino) dal titolo “Due donne in viaggio dall’Europa a Kabul”. Ad interpretare le due scrittici svizzere nello sceneggiato in 15 puntate sono Adele Pellegatta e Paola Roscioli dirette da Adalberto Andreani. Un’occasione per riflettere sull’Afghanistan da un’altra angolazione. 8 9 In diretta Rete Due e Streaming venerdì 14, 21 e 28 marzo alle ore 20.30 rsi.ch/concertiauditorio orchestradellasvizzeraitaliana.ch Occasioni musicali ai concerti dell’Auditorio casione dell’incoronazione, nel 1791 a Praga, di Leopoldo II d’Asburgo a re di Boemia. E a Praga è per altro intitolata la Sinfonia n. 38 di Mozart che completa la serata. Di circostanza storica, più che di occasione, si dovrebbe invece parlare quando si perlustra il programma di venerdì 28 marzo che vedrà protagonisti Howard Griffiths e l’Istanbul Oriental Ensemble del percussionista turco Burhan Öcal: l’assedio giannizzero a Vienna del 1683, con tutto il relativo apparato musicale al seguito (tamburi, triangoli, timpani…) cui si ispirò Fux per la sua “Turcaria”, lascerà tracce durature in tutta Europa su ritmi, sonorità e melodie dell’epoca, irradiandosi ancora un secolo dopo nella musica di Haydn e nella sua celebre “Sinfonia militare”. Alissa Nembrini Da tempi immemorabili i compositori si sono prestati a scrivere musica d’occasione, specificamente legata ad avvenimenti di rilevanza sociale – celebrazioni, matrimoni, funerali, ecc. – e sovente stimolata per diretta richiesta di un committente. Nei tre concerti che questo mese arricchiscono la stagione sinfonica invernale di Rete Due ne ritroviamo alcuni fulgidi esempi. Ad una richiesta niente meno che di Federico Guglielmo IV, re di Prussia, dobbiamo la giovanile ouverture che apre una delle pagine più popolari di Felix Mendelssohn, il “Sogno di una notte di mezz’estate”, proposta nel programma del 14 marzo (insieme alla “Serenata per archi” di Cajkovskij e alla “Bachiana brasileira” n. 5 per soprano e otto violoncelli di Villa-Lobos) con Roman Brogli-Sacher per la prima volta alla direzione dell’OSI. La paginetta fu scritta celermente da un diciassettenne Mendelssohn nel 1826, eseguita in due occasioni private prima di essere presentata al pubblico, e poi completata diciassette anni più tardi con le musiche di scena per l’omonima commedia shakespeariana. A una più significativa e ufficiale circostanza celebrativa dobbiamo invece tanto la curiosa “Sinfonia concertante per mandolino, tromba, contrabbasso, fortepiano e orchestra” del boemo Leopold Antonin Kozeluch quanto l’arcinota “Clemenza di Tito” del rivale Mozart, inserite nel programma del 21 marzo diretto da Damian Iorio: entrambi furono ingaggiati per scrivere musica in ocONAIR In senso orario i direttori Roman Brogli-Sacher, Damian Iorio e Howard Griffiths 10 11 LA 1 / CultTV domenica 16 marzo alle ore 20.30 rsi.ch/culttv facebook.com/rsiculttv I ragazzi di Kabul con la tavola sotto i piedi Niccolò Castelli / Regista I ragazzini di Kabul sono svelti, grazie alle nuove tecnologie possono vedere i loro coetanei sparsi nel mondo intenti a divertirsi, sfidarsi in prodezze sportive, raccogliere successi sociali ed economici e tanto altro. Testimonianze dal mondo “fuori” che possono far male a chi tutto questo non lo può vivere. Essere un ragazzino cresciuto nella trappola della guerra, con un nemico invisibile in una qualsiasi delle città del paese, è difficile non solo perché istruzione, scuola o sanità sono precarie, ma anche perché si rischia di crescere nella vergogna e nell’umiliazione, nella sensazione di non avere prospettiva, benché il popolo afghano rimanga fiero e pieno di dignità. Difficile da accettare, finché non ti imbatti in una delle numerose e incredibili realtà entusiasmanti di questo paese e non credi ai tuoi occhi. Come Skateistan, ad esempio. “Uno skatepark comprensivo di scuola nel bel mezzo di una zona in guerra ha senso in un mondo senza senso, giusto?”. È con questa domanda che lo skater australiano Craig Stecky III notando la curiosità di tanti ragazzini per la tavola che utilizzava per spostarsi fra le macerie di Kabul ha dato vita a questo progetto. Oggi, sette anni dopo, Skateistan non è solo un manipolo di giovani con una vita “urbana-afghana” simile a quella dei loro omologhi californiani. Oggi Skateistan è uno skatepark attrezzato al meglio; è una scuola gratuita; è giovani che mendicavano per strada e che ora, dopo aver imparato a skatare, leggere e scrivere, hanno iniziato a insegnare a loro volta ad altri giovanissimi. Skateistan è arte e creatività in tavole, magliette, fotografia, video e tutto ciò che contraddistingue la filosofia skate, un’espressione ed elaborazione dei traumi della guerra. Anche per le ragazze, quelle ragazze coraggiose che su di una tavola si emancipano e ridanno speranza ad altre donne ancora troppo impaurite per vivere i loro diritti. Quando ho visitato questa “terra dello skateboard” ho visto giovani fieri che almeno per quell’oretta con l’asse di legno sotto ai piedi sapevano di poter essere liberi, di poter essere come tutti i loro coetanei nel resto del mondo. Sapevano che esiste un’alternativa, che si può vivere una sensazione chiamata libertà. In fondo, non chiedono di più. Lui è Farid. Va in skatboard da due anni. Prima saltuariamente lavorava in un negozio e studiava per conto suo. Non conosceva lo skateboard finché un amico gli ha parlato di Skateistan. Ha provato e gli è piaciuto molto. All’interno di Skateistan ha imparato questo sport ed è andato a scuola. Oggi è maestro di skate per i ragazzini più giovani di lui e continua la scuola. Fotografia di Niccolò Castelli ONAIR http://skateistan.org 12 13 Rete Due / Laser giovedì 20 e venerdì 21 marzo alle ore 9.00 a cura di Farian Sabahi rsi.ch/laser Vandana Shiva militante anti globalizzazione, attivista ambientalista Roberto Antonini Vandana Shiva è diventata una delle più importanti testimonial delle lotte per la difesa dell’ecosistema contro il saccheggio delle risorse naturali che le grandi corporation perseguono, troppo spesso senza rispettare le popolazioni e la natura. Contro questa logica drammatica, Vandava Shiva e tanti altri attivisti si oppongono usando un sapere antico, connesso alla natura e ai suoi cicli. Per queste sue attività, Vandana Shiva ha ottenuto (nel 1993) il Right Livelihood Award, un riconoscimento assegnato a chi si distingue per promuovere una società migliore e un’economia più giusta. Al microfono di Farian Sabahi, la fisica indiana affronta quelle tematiche legate all’ambiente sulle quali ha incentrato il suo ultimo libro “La banca dei semi” scritto per i bambini. Ma racconterà anche del suo percorso, delle sue idee: i luoghi dove è cresciuta, la famiglia e le scuole frequentate da bambina e da ragazza, le letture e i personaggi che l’hanno segnata, il proseguimento degli studi universitari in Canada. Parlerà di globalizzazione ma anche di femminismo. Un incontro con una delle personalità intellettuali più influenti su scala globale. ONAIR Vandana Shiva (Dehra Dunh, 5 novembre 1952) è un’attivista e ambientalista indiana. Nel 1993 ha ricevuto il cosiddetto Premio Nobel alternativo, cioè il Right Livelihood Award. 14 15 Assadullah ha 35 anni e vive con i suoi due figli a Mazar-E Sharif. È rimasto paralizzato cadendo da un ponteggio mentre lavorava come operaio edile al confine con l’Iran. Ora vive in questa stanza. I suoi due figli si occupano di lui. La sua casa è in una zona della città impossibile da praticare con la sedia a rotelle. Fotografia di Niccolò Castelli del jazz statunitense contemporaneo – poi insieme al quartetto del bassista Michael Formanek dove spicca pure la presenza di un genio del pianoforte Craig Taborn. Non mancherà la presenza femminile a caratterizzare questa seconda parte di rassegna. Da un canto una vocalista di ampia esperienza, una vera signora del jazz la statunitense ma ormai svizzera d’adozione Sandy Patton, dall’altro – e qui si esula dalla scena USA per ritornare in Europa centrale – la grande performer, violinista e cantante Iva Bittovà. Rete Due e serate pubbliche Studio 2 RSI, Lugano-Besso giovedì 20 marzo alle ore 21.00 Studio Foce, Lugano giovedì 27 marzo alle ore 21.00 rsi.ch/jazz Tra jazz e nuove musiche stagione 2013/14 seconda parte Paolo Keller Saranno soprattutto puntati sulla scena statunitense i riflettori della seconda parte della stagione di concerti Tra jazz e nuove musiche in quest’inizio di 2014. A partire da uno dei progettifaro del chitarrista Brandon Ross che con il suo trio Harriet Tubman (in omaggio a una delle attiviste storiche nella lotta per i diritti civili negli USA) accoglierà come ospite il grande trombettista Leo “Wadada” Smith. Il leggendario collaboratore di James Brown, il trombonista Fred Wesley – sempre sulla breccia – torna in Ticino con la sua entusiasmante band e il suo sound a base di jazz, funk & blues. Tra i protagonisti del jazz contemporaneo made in Usa va annoverato senz’altro il trio Medeski, Martin & Wood che presenta il nuovo progetto con ospite il chitarrista cult Nels Cline, soprattutto noto con la band Wilco ma anche con Charlie Haden e Tim Berne. Quest’ultimo, dopo la sua apparizione lo scorso anno nel progetto Sounds of Love dedicato a Mingus, ritornerà in scena per ben due volte. Dapprima in seno al progetto These Arches del battersita Ches Smith – uno dei gruppi di grande levatura ONAIR Leo “Wadada” Smith Tra jazz e nuove musiche si svolgerà non solo negli studi RSI ma in altre sale di Lugano e del Canton Ticino. Organizzazione RSI Rete Due con il sostegno di Migros Ticino Percento Culturale e in collaborazione con Dicastero Giovani & Eventi di Lugano, Jazz Cat Club e Teatro San Materno entrambi di Ascona. 18 19 Rete Due / Colpo di scena da lunedì 24 marzo a martedì 8 aprile alle ore 13.30 rsi.ch/dramaradio La metamorfosi di Biancaneve Ugo Leonzio / Autore Se volete sapere la vera storia di Alan Turing, “l’uomo che ha inventato il (nostro) futuro” e l’intelligenza artificiale, ascoltate Rete Due. Per farlo ricorreremo a un mito del cinema e a uno della letteratura. Il primo, “2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick è la preistoria del futuro che stiamo vivendo. Ricordate Hal, il computer che guida l’Enterprise? Ricordate la scena in cui muore? Morendo, Hal regredisce, perde la sua divina memoria, ha paura e canta una canzoncina infantile “Giro, giro tondo... casca il mondo, casca la terra”. Questo non è il cuore perturbante della fantascienza ma della matematica. Il secondo mito lo dobbiamo a uno dei più grandi geni della letteratura moderna, Philip Dick e al romanzo che ha ispirato un film di culto come “Blade Runner”: il presente da cui ci stiamo allontanando per andare verso un innominabile ignoto. Infine, Turing, ci ha permesso di entrare nel labirinto della sua mente, attraverso un terzo mito, il capolavoro di Walt Disney “Biancaneve e i sette nani”. Andava a vederlo tutti i giorni. È stata la Regina Grimilde, a suggerire al più geniale e visionario matematico del secolo il modo per lasciare il mondo? La replica della morte di Biancaneve avvenne puntualmente, come sempre nelle cose di Alan Turing, nel suo appartamento di Cambridge, nella notte tra il 7 e l’8 giugno 1954. Alan aveva 41 anni e molti progetti che forse avrebbero cambiato il mondo ancor più degli esseri artificiali (esseri viventi, non macchine) che stava per costruire, del codice Enigma, gioiello del Fuhrer che aveva ridicolizzato facendogli perdere la Guerra, della bomba atomica di cui conosceva gli sviluppi più indicibili e dei paradisi luminosi che aveva cominciato a vedere il giorno della ONAIR Alan Mathison Turing (Londra, 23 giugno 1912 - Wilmslow, 7 giugno 1954) è stato un matematico, logico e crittografo britannico, considerato uno dei padri dell'informatica e uno dei più grandi matematici del XX secolo. morte del suo amico del cuore, Christopher Morcom e che aveva giurato di ritrovare in un mondo nuovo con l’aiuto della sua amata matematica. Subito dopo quell’8 giugno, qualcuno cominciò a pensare che i Servizi segreti di Sua Maestà, il celebre “Circus” raccontato da Le Carrè in “La talpa”, avessero generosamente contribuito alla sua scomparsa ma la verità, ammesso che ce ne sia una, è molto più affascinante e misteriosa. Ovviamente... a cominciare dal logo della Apple, l’inquietante mela morsicata... 20 21 Intervista a cura di Zeno Gabaglio Khaled Arman L’altra musica di un virtuoso (felicemente) ibrido Nato nel 1965 a Kabul, è uno dei massimi virtuosi del rûbab, il liuto afghano. Khaled Arman ha saputo riscattare questo strumento dalla sua dimensione strettamente legata al folklore per aprirlo al repertorio colto persiano, indiano ed europeo (musica antica, classica e contemporanea). Ha inciso numerosi album, sia come solista, sia con il gruppo “Ensemble”. Diplomato all’Accademia di Praga in chitarra classica, primo premio al Concorso internazionale di Radio France, mette la sua doppia cultura musicale al servizio degli studenti di vari conservatori europei. Autore di un metodo per il rûbab, è impegnato per la sopravvivenza di questo strumento nel suo paese. DUETTO Si è tenuto lo scorso 10 febbraio presso lo Studio 2 della RSI a Lugano Besso il secondo e ultimo appuntamento con la principale novità dei Concerti dell’Auditorio 2014 (per rivedere questo e altri concerti: rsi.ch/concertiauditorio). Con il titolo “Altre musiche” si è infatti voluto introdurre – nel cartellone tradizionalmente classico della stagione – due incursioni in ambiti musicali ai confini tra musica colta e tradizioni popolari di varie culture del mondo. Con la prima ci si è addentrati nella tradizione emiliana delle orchestre di ocarine, con la seconda si è aperta una finestra sulla cultura musicale dell’Afghanistan, attraverso l’arte di uno dei suoi musicisti che meglio ha saputo interfacciarsi con la secolare musica colta europea. Khaled Arman – figlio musicale di un apprendistato tradizionale così come dello studio classico conservatoriale, che lo ha portato a collaborare con artisti quali Jordi Savall e Vittorio Ghielmi – si è esibito a Lugano con il proprio ensemble e a margine del concerto ha voluto illustrarci il suo cosmo sonoro. Lei è nato in una famiglia di tradizioni musicali: quale importanza aveva la musica nella sua dinamica domestica e a che età ha cominciato a suonare? La mia famiglia è musicale per metà: mio padre e mio zio erano infatti musicisti professionisti. Non mi ricordo esattamente a che età ho cominciato a suonare, di sicuro molto presto – tra i due o tre anni di età – e partendo dalle percussioni. In casa la musica aveva una rilevanza enor22 23 me, perché mio padre e mio zio rivestivano un ruolo musicale importante alla radio nazionale, e così vedevo spesso passare per casa i migliori musicisti del paese, oppure andavo a vederli mentre registravano alla radio. Così a volte mi aggiungevo a loro accompagnandoli, con mio padre che da lontano guardava e correggeva con gli occhi il mio stare o meno nel giusto ritmo. Come è poi avvenuto il passaggio dalle percussioni agli strumenti a corda? Mio padre aveva una doppia formazione: quella di musicista e cantante tradizionale nell’Afghanistan popolare, ma anche interprete-chitarrista in un senso classico occidentale. È stato anzi il primo musicista afgano ad aver studiato chitarra in Europa ed essere poi tornato a Kabul, dove ha fondato la scuola chitarristica afgana. Io sono stato uno dei suoi primi allievi ed ho cominciato a suonare la chitarra all’età di undici anni, a diciassette sono poi partito per portare a termine gli studi in modo serio e rigoroso al conservatorio nazionale di Praga. Nel 1986, a ventidue anni, ho vinto il Concorso chitarristico di DUETTO Radio France, iniziando contestualmente la carriera di concertista classico a livello europeo. Anni di carriera durante i quali ho progressivamente recuperato il rapporto con la musica e gli strumenti del mio paese d’origine. Lei suona appunto il principale strumento a corda dell’Afghanistan, il rûbab. Siccome vengono spesso presentati come strumenti simili, quali sono invece le principali differenze tra il rûbab afgano e l’oud, ovvero il liuto della tradizione araba? Entrambi appartengono alla grande famiglia dei liuti a plettro di origine persiana, ma tra i due ci sono significative differenze. Innanzitutto la tavola armonica, che nel rûbab è fatta di pelle in tensione e non di legno; secondariamente il numero delle corde, che nel rûbab sono quattro con l’aggiunta di quindici corde che vibrano simpateticamente, a differenza delle cinque-sei doppie corde dell’oud; infine il manico, che nel rûbab è “tastato” mentre nell’oud è liscio. Tutti elementi che portano a due sonorità piuttosto diverse. In che modo cambia il suo atteggiamento musicale dovendo affrontare (quindi leggere e rispettare) una partitura di musica classica oppure trovandosi a suonare in un contesto di musiche tradizionali? Con il tempo sono diventato un musicista ibrido, nel senso che quando affronto i due diversi tipi di musica è come se fossi due persone diverse. Ci sono senz’altro dei punti comuni, degli elementi che ap- parentano il mondo classico e quello tradizionale, però alla base si tratta di espressioni artistiche ed umane differenti, e anche i sistemi e le leggi strettamente musicali che ne sono alla base sono significativamente diversi. Nel concerto di Lugano c’è peraltro stato un momento di sintesi tra questi due mondi, quando con il mio gruppo – formato di soli strumenti tradizionali – abbiamo dato la prima esecuzione di un’opera classico-contemporanea del compositore ginevrino Nicolas Bolens. È per questo che sul palco c’erano anche leggii e partiture? Nel corso di tutto il concerto abbiamo comunque usato delle specie di partiture, anche per la parte tradizionale. Non si è trattato di partiture in cui la musica è scritta nota per nota, ma di schemi riportanti la struttura dei brani che fungono da riferimento per i musicisti di tutto il gruppo, rispetto a melodie che ognuno di noi conosce comunque a memoria. come renderla suono – e che ha quindi una funzione strettamente pratica, di trasmissione. Questo fenomeno, lungi dall’essere esclusivamente mediorientale, è quello che capita nella musica classica occidentale: sia nell’apprendimento di uno strumento (che è una questione ancora oggi strettamente orale) sia nella decodifica della maggior parte della musica del passato meno recente, dove nelle partiture venivano riportate assai poche indicazioni vincolanti per l’interprete, chiamato ad aggiungere di persona tutto quello che serve ad un’esecuzione completa. Bisognerebbe quindi mettere un vero ordine nelle nostre idee attuali su ciò che significa davvero “oralità” o “scrittura”. In che senso? Questo non sfata forse il mito delle musiche tradizionali come musiche esclusivamente orali, refrattarie ad ogni riduzione a partitura? A proposito dell’oralità nella musica orientale si è detto tutto e il contrario di tutto. In realtà le musiche tradizionali dell’Afghanistan hanno sì una trasmissione orale, che è imprescindibile soprattutto per comprendere il modo in cui suonare certe note, ma non è assolutamente impossibile fissarne certi parametri per iscritto. Una scrittura musicale ad hoc che serve ai musicisti – perché loro soli sanno Nel senso che l’insegnamento musicale è per definizione un fenomeno orale, ovunque esso avvenga, ma nella musica orientale è diversa la prospettiva che lo accompagna. Una prospettiva per cui la musica è una questione molto più legata all’orecchio che non all’occhio. Questa credo sia la differenza maggiore, e non signi24 25 fica che verso oriente non si sappia o non si voglia scrivere la musica: esistono molti documenti della musica turca, di quella iraniana, della musica indiana. Però anziché la lettura in tempo reale a essere sollecitato presso il musicista è soprattutto l’ascolto, la memoria e la concentrazione. Questa polarizzazione di prospettive crede sia attuale ancora oggi, dopo decenni di scambi culturali tra i continenti e nella condizione ormai globale che ogni musicista si trova a vivere Assai meno, perché nel mio gruppo suonano anche due musicisti armeni – siccome la nostra musica è molto simile alla loro – che hanno pure seguito una formazione occidentale. Ormai siamo tutti musicisti del XXI secolo, e ciò che facciamo non e più considerabile come musica etnica – d’interesse quindi soprattutto etnografico – come poteva accadere cent’anni fa. La nostra musica ha radici colte – in un senso soprattutto europeo – e in parte somma le diversissime esperienze che ciascuno di noi ha potuto incontrare lungo la propria via. vasione e la presenza degli americani hanno portato una relativa tranquillità nella capitale e tantissimo denaro, che ha sì alimentato una spirale di corruzione ma che è anche servito a fin di bene. Per esempio l’arte e la musica ne hanno beneficiato in un senso di nuove possibilità di incontro, di apprendimento e di pratica, soprattutto per i giovani che in questi anni hanno imparato a credere nella possibilità di migliorare il sistema battendosi tenacemente per poter avere una vita “normale”. La situazione ora – con la possibile prossima partenza dei contingenti NATO – è però assai poco chiara, infida e forse pericolosa: tra poco tempo si rischia di dover assistere a eventi che non si sarebbe mai voluto rivedere. Nel corso degli anni lei si è guadagnato la posizione, indubbiamente prestigiosa, di ambasciatore della cultura musicale afgana nel mondo. Che rapporto ha oggi con la sua patria e come legge i rivolgimenti politici, sociali e culturali che l’hanno riguardata negli ultimi anni? Ho e ho sempre avuto un rapporto molto stretto con l’Afghanistan: ci sono stato diverse volte, anche per insegnare nel principale istituto musicale di Kabul. L’inDUETTO Fotografie di Gianni Bardelli Ve 14 ore 18.30 allo Sudio 2 RSI, Lugano-Besso CULT Dietro le quinte CULT, mensile culturale RSI, invita lettori, telespettatori, radioascoltatori e soprattutto curiosi alla presentazione del nuovo progetto editoriale. Dietro una rivista, piccola o grande che sia, ci sono mesi di analisi, riflessioni e prospettive. Dietro le sue pagine c’è il lavoro di tante persone. Dietro ogni storia che racconta ce ne sono tante altre. Scopriremo un po’ di ciò che sta dietro alle vicende narrate in questo primo numero con immagini, estratti audio e musicali. Lo faremo con le testimonianze e i contributi di Roberto Antonini, Niccolò Castelli, Francesca Giorzi, Olivier Bosia e Sandra Sain. Un’occasione di incontro, approfondimento e confronto che avremo il piacere di concludere con un rinfresco. 3. 2014 Sa 8 Ve 14 Showcase di Rete Uno Eugenio Finardi sarà ospite a Lugano per presentare il suo ultimo atteso album e iniziare proprio da qui il nuovo tour italiano Concerti dell'Auditorio Orchestra della Svizzera italiana con la direzione di Roman Brogli-Sacher e le musiche di Cajkovskij, Villa-Lobos e Mendelssohn ore 20.00 allo Studio 2 RSI, LuganoBesso Informazioni rsi.ch/reteuno Do 9 ore 18.00 Oper Köln, Colonia (D) Artaserse Concerto Köln con la direzione di Diego Fasolis e le musiche di Leonardo Vinci Informazioni parnassus.at Ve 14 Ore 18.30 Allo Studio 2 RSI, LuganoBesso CULT Dietro le quinte I dettagli a pagina 27 ore 20.30 all’Auditorio RSI, LuganoBesso Informazioni rsi.ch/concertiauditorio Lu 17 ore 20.15 Cinema Teatro Blenio di Acquarossa “Désalpe – Lo scarico” Serata d’ascolto del radiodramma di Antoine Jaccoud con proiezione d’immagini d’archivio RSI e tavola rotonda, moderata da Daniel Bilenko, con Eliane Jemini (segretaria Associazione Donne Contadine Blenio e coordinatrice “Amici del Nara”) e Luigi Pedrazzini (Presidente della CORSI). Su iniziativa della Rete Due, organizzata dalla CORSI Società cooperativa per la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana in collaborazione con ALPA - Alleanza Patriziale Ticinese. Me 19 Ve 21 Do 23 ore 19.30 (do ore 15.00) Opera Royal de Versailles, Versailles (F) Artaserse Concerto Köln con la direzione di Diego Fasolis e le musiche di Leonardo Vinci Informazioni parnassus.at Gio 20 ore 21.00 allo Sudio 2 RSI, LuganoBesso Harriet Tubman & Leo “Wadada” Smith con Brandon Ross alla chitarra e banjo, Melvin Gibbs al basso elettrico, JT Lewis alla batteria e alla tromba l’ospite Leo “Wadada” Smith Ve 21 Ve 28 Concerti dell'Auditorio Orchestra della Svizzera italiana con la direzione di Damian Iorio e le musiche di Mozart e Kozeluch Concerti dell'Auditorio Orchestra della Svizzera italiana Burhan Öcal, Istanbul Oriental Ensemble percussioni con la direzione di Howard Griffiths e le musiche di Haydn, Lully, Fux, Sultan Selim III, Burhan Öcal ore 20.30 all’Auditorio RSI, LuganoBesso Informazioni rsi.ch/concertiauditorio Gio 27 ore 21.00 allo Studio Foce di Lugano Fred Wesley & the new JBs con Fred Wesley trombone e voce, Gary Winters alla tromba, Philip Whack al sax, Reggie Ward alla chitarra, Bamey McAll alle tastiere, Dwayne Dolphin al basso, Bruce Cox alla batteria ore 20.30 all’Auditorio RSI, LuganoBesso Informazioni rsi.ch/concertiauditorio Do 30 ore 17.00 nella Chiesa St. Peter, Zurigo Concerto dei Barocchisti con la direzione di Diego Fasolis e le musiche di Palestrina Una collaborazione RSI Rete Due Dicastero Giovani & Eventi, Lugano Informazioni rsi.ch/jazz Entrata libera. È gradita la riservazione: [email protected] oppure 091 803 65 09 rsi.ch/dramaradio RENDEZ-VOUS 28 29 club Spazzacamini Dickensiani “I fratelli neri” di Xavier Koller (Svizzera/Germania 2013) Marco Zucchi Emmanuelle de Villepin “La vita che scorre” Longanesi Laura Forti In “La vita che scorre” di Emmanuelle de Villepin Antoine è un sopravvissuto. Dopo essere rimasto orfano, si costruisce una famiglia, rimane però improvvisamente vedovo con una figlia costretta in sedia a rotelle. Senza pietismo e con consapevolezza, i personaggi trovano il coraggio di rialzarsi attingendo la loro forza dai legami affettivi. Lo sguardo di Antoine sulla sua vita diventa così l’occasione per riflettere sulla resilienza dell’animo umano e su cosa dia senso e dignità al cammino e al tempo. Contadinelli ticinesi ottocenteschi venduti a sfruttatori senza scrupoli per pulire le canne fumarie di Milano: è il contesto in cui prende corpo la rivincita quasi dickensiana dei “fratelli neri”. In area germanofona “Die schwarzen Brüder” di Lisa Tentzner (1941) è considerato un classico letterario per l’infanzia e nella trasposizione cinematografica Xavier Koller mira deciso al medesimo pubblico di riferimento, incoraggiando un overacting caricaturale che accentua cadenze favolistiche e toni orgogliosamente retrò. Il film, frutto di una coproduzione tra RSI e Dschoint Ventschr, è uscito nelle sale della Svizzera italiana il 27 febbraio. Norma di Vincenzo Bellini Cecilia Bartoli, Sumi Jo, John Osborn, Michele Pertusi, Orchestra La Scintilla, direttore Giovanni Antonini Giuseppe Clericetti La rivoluzione di Norma. Sono sufficienti pochi minuti di ascolto per capire la novità di questa nuova registrazione di Norma: il fronte d’onda dell’atteggiamento storicamente informato, inizia ora a toccare il mondo del melodramma, con risultati di grande valore. Voci leggere e trasparenti, orchestra raffinata e dal vibrato estremamente controllato, partitura ripristinata filologicamente, strumenti storici, sono gli ingredienti di questa registrazione che, ci auguriamo, fungerà da apripista per un nuovo approccio dell'opera dell'Ottocento. Norma sarà protagonista di “Accordi & Disaccordi” del 3 marzo, alle ore 16.00, su Rete Due. Care socie e cari soci del Club Rete Due, è mio piacere salutarvi da queste pagine per noi importanti, frutto di un nuovo progetto in cui crediamo molto e che speriamo incontri il vostro favore, per presentarvi la prossima iniziativa del Club. CULT, la rivista del Dipartimento Cultura che avete tra le mani, vuole essere un luogo di scambio e confronto col territorio e la nostra proposta per questo mese di marzo ha proprio l’ambizione di realizzare concretamente questo incontro. Mercoledì 19 marzo vorremmo infatti invitarvi a visitare con noi gli studi RSI di Comano. Si comincerà alle 15.30 con un’esplorazione della sede accompagnati da una simpatica e preparatissima guida per approdare poi nello studio in cui si starà registrando una puntata di Paganini, il settimanale musicale in onda tutte le domeniche su LA 1, uno dei programmi più amati e seguiti dal nostro pubblico. Lì assisteremo alla lavorazione e potremo curiosare, con discrezione, dietro le quinte. Al termine, verso le 17.30, avremo modo di condividere un aperitivo con la nostra Capo Dipartimento Diana Segantini, con Giada Marsadri, colei che da quest’anno e con successo conduce Paganini, nonché con altre voci note di Rete Due e che da ascoltatrici e ascoltatori fedeli ben conoscete. Questa la prima delle proposte del Club ma vi ricordo che siete ancora in tempo per iscrivervi al concerto al KKL di Lucerna per la Missa Solemnis di Beethoven il prossimo 9 di aprile e che tutte le informazioni dettagliate su questa come sulle altre iniziative le potete sempre trovare sul sito retedue.rsi.ch. Non mi resta quindi che ringraziarvi ancora una volta per l’attenzione, e spesso per l’affetto, col quale ci seguite e augurarmi di incontravi presto. Sandra Sain NOTA BENE 30 31 DAB E-mail [email protected] Redazione Cult Fosca Vezzoli Internet retedue.rsi.ch Art Director RSI Gianni Bardelli Fotolito Prestampa Taiana Stampa Duplicazione RSI © RSI tutti i diritti riservati K12 Produttrice Rete Due Sandra Sain Satellite Hotbird 3 Posizione 13° Est Frequenza 12.398 GHz Ccp 69-235-4 SATELLITE Club Rete Due casella postale 6903 Lugano T +41 (0)91 803 56 60 F +41 (0)91 803 90 85 retedue.rsi.ch Progetto grafico Ackermann Dal Ben Frequenze di Rete Due Fm Bellinzonese 93.5 Biasca e Riviera 90.0 97.9 93.5 Blenio 90.0 Calanca 90.2 Leventina 90.0 93.6 96.0 Locarnese 97.8 93.5 92.9 Luganese 91.5 94.0 91.0 Bregaglia 97.9 99.6 96.1 Malcantone 97.6 91.5 Mendrisiotto 98.8 Mesolcina 90.9 91.8 92.6 Maggia-Onsernone 97.8 93.9 91.6 Val Poschiavo 94.5 100.9 Verzasca 92.3 92.7 Galleria Mappo-Morettina 93.5 Rivera-Taverne 97.3 92.8 INTERNET 14 n.1
© Copyright 2024 Paperzz