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Afghanistan:
quando la cultura
può creare la pace
Uno skatepark
a Kabul
Intervista
a Khaled Arman
cult
Il mensile culturale RSI
marzo 2014
1
1
L’Afghanistan
Diana Segantini
Capo Dipartimento
Cultura RSI
SGUARDI
DUETTO
4
22
Afghanistan:
quando la cultura
può creare la pace
Care amiche e cari amici della cultura,
benvenuti sulle pagine della nuova rivista culturale della RSI – CULT!
Con CULT vogliamo perseguire e sviluppare un’idea di cultura senza
frontiere, generosa e inclusiva. Cominciamo a farlo dalla nostra realtà
aziendale aprendoci a tutti i dipartimenti della RSI che abbiano delle
proposte culturali, ma ci impegniamo anche a dare voce al territorio,
a lanciare lo sguardo al di là del Gottardo, al di là delle nostre frontiere
geografiche e linguistiche. Questa rivista vuole essere un serbatoio
di contenuti cui attingere, uno strumento di servizio che vi accompagni
in un personale percorso di scoperta e arricchimento: dai consigli cinematografici alle pagine di storia nazionale e locale, dalle avventure della
drammaturgia radiofonica alle recensioni librarie o discografiche.
E, a tal fine, ogni mese sceglieremo delle tematiche da approfondire,
mostrando come la nostra offerta culturale sia ampia e articolata sui tre
vettori RSI: radio, TV e multimedia.
Per questa nostra prima edizione la scelta tematica è caduta sull’Afghanistan. L’attualità ci sollecita in questo senso: a breve si concluderà
infatti la fase storica iniziata all’indomani degli attentati dell’11 settembre con l’intervento americano e la cacciata del regime dei talebani.
L’offerta culturale della RSI su questo fronte fa vedere come, in una
realtà così complessa e di guerra, la cultura abbia un ruolo significativo
offrendo non solo la possibilità di distogliere l’attenzione dalle atrocità
della guerra: ha una indiscussa funzione costruttiva e ricostruttiva,
può farsi ponte tra le culture e le religioni.
In questo primo numero di CULT troverete il contributo e le foto di
Niccolò Castelli dall'Afghanistan, dove ha girato due servizi per CultTV
e un documentario speciale sui centri ortopedici della Croce Rossa che
andrà in onda come uno speciale per i 150 anni del CICR questa primavera.
E poi, Roberto Antonini, a sua volta coinvolto in una serie di reportages,
questa volta radiofonici, ci illustra come la cultura possa contribuire alla
pace. Non mancheranno le note della musica orientale, con un’intervista
a Khaled Arman, l’esponente più importante della musica classica afghana,
e la prosa che ci racconta di quando a essere in guerra era l’Europa e di
due coraggiose donne svizzere che in auto raggiungono Kabul.
Un invito, quindi, a tuffarsi nella ricchezza della cultura orientale che ci fa
ancora sognare come nelle fiabe delle mille e una notte… Buona lettura!
Intervista
a Khaled Arman
RENDEZ-VOUS
ONAIR
8
Annemarie
Schwarzenbach
10
I concerti
dell’Auditorio
12
Uno skatepark
a Kabul
28
L’agenda
di marzo
NOTA BENE
30
Recensioni
31
Proposte Club
14
Vandana Shiva
18
La nuova
stagione Jazz
20
La metamorfosi
di Biancaneve
In copertina: presente e futuro in cammino per le vie di Mazar-E Sharif
ACCENTO
Afghanistan:
quando la
cultura può
creare la pace
Roberto Antonini
Il 2014 sarà l’anno del disimpegno delle
forze internazionali presenti in Afghanistan
e delle elezioni presidenziali che segneranno
il dopo Karzai. L’attuale capo dello Stato
non può in effetti ricandidarsi per le presidenziali del 5 aprile, mentre il paese dovrà
fare i conti con una situazione gravida di
incertezze e incognite.
SGUARDI
Il ritiro delle truppe della NATO (ISAF)
conclude la fase iniziata all’indomani degli attentati dell’11 settembre del 2001
con l’intervento americano e la cacciata
del regime dei talebani. Con le forze militari se ne andranno anche molti diplomatici e molte ONG che hanno contribuito
ad aiutare un paese estremamente fragile.
Una fase delicata e importante non solo
dal profilo politico. La società e la cultura
afghane sono state scombussolate, scosse
in modo estremo e a volte devastante negli
ultimi 50 anni: si è passati, con una serie
di colpi di stato, dalla monarchia a una repubblica autocratica al regime filo-russo
fino nel 1996 al totalitarismo talebano
passando prima, per 4 anni, attraverso una
guerra civile devastante che ha messo in ginocchio il paese e le cui ferite sono tuttora
visibili ad esempio nel paesaggio urbano
in parte semi-distrutto.
Nei sei anni di potere dei Taleb (studenti delle scuole coraniche) è stato raggiunto l’apice della repressione e del soffocamento dei principali diritti umani,
dalle lapidazioni pubbliche alla messa al
bando della musica, del cinema, del teatro
ma anche degli aquiloni (sport e passatem-
po nazionali) fino alla segregazione delle
donne escluse dall’educazione e dalla vita
sociale. Un periodo tetro contrassegnato
dal terrore estremo e dalla cancellazione di
qualsiasi attività culturale: la distruzione
dei giganteschi Buddha fatti esplodere a
Bamiyan nel 2001 rimane impressa nella
‹ Un passato menomato:
un paese senza
musica, teatro, poesia… ›
memoria collettiva ed è assurta a simbolo
della barbarie dei fanatici di Allah. Ecco
allora che la rinascita del paese passa in
buona parte proprio attraverso la cultura,
oltre naturalmente all’economia e alla sicurezza.
Rete Due coglie l’occasione che fornisce il particolare contesto storico, per indagare sulle dinamiche culturali messe in
relazione a quelle più ampie e che riguardano tutte le sfere della vita del paese. In
un paese che ha tanto sofferto e che vive
una frammentazione etnico-linguistica
molto pronunciata (tra la maggioranza
pashtun - alla quale appartengono i tale4
5
bani ma anche il presidente Karzai - i tagiki che hanno condotto la resistenza con
il loro comandante Massoud ucciso alla
vigilia dell’11 settembre 2001, gli hazara
poveri tra i poveri emarginati e sciiti, gli
uzbeki o i baluchi) la cultura sembra essere
‹ La musica e la poesia
rifioriscono dalla strada:
la cultura come
ponte per la pace. ›
uno dei pochi strumenti in grado di creare
una certa armonia e di ridare dignità a una
nazione che sembra maledetta dalla storia,
povera, violenta, dal paesaggio arido, una
nazione creata in buona parte dal colonialismo britannico, che vive ai margini dello
sviluppo ma che risulta decisiva per la stabilità mondiale.
Lo sguardo sulla cultura consente di
andare oltre quella patina superficiale che
spesso è costituita dalla cronaca o dalla
politica. Uno sguardo in profondità ad
esempio al seguito di una scuola di musica
(ANIM) della quale fanno parte decine di
ragazzi di strada che sfidando le minacce
SGUARDI
degli insorti talebani si esibiscono ormai
con la loro orchestra nelle sale da concerto. Un microcosmo, una piccola forma
di resistenza ma che come afferma il suo
direttore Ahmad Sarmast “è un messaggio di pace che rivolgiamo alla comunità
internazionale per mostrare che qualcosa
sta cambiando in senso positivo”.
Piccole grandi storie come quella di
Matiullah Turab, un fabbro che malgrado
un’educazione limitata scrive poesie molto popolari. E le poesie, a volte straordinariamente sensuali, le scrivono e recitano,
a loro grande rischio, le donne dell’associazione letteraria Mirman Baheer che
conta oltre 100 iscritte, tra giornaliste,
politiche, docenti. Alcune operano a viso
scoperto, altre nella segretezza. Ma sono
poesie che vengono diffuse via radio e potenzialmente ascoltabili da tutti. Una vera
e propria rivoluzione nei costumi. Perché
anche i media, in parte hanno conosciuto
un processo di emancipazione. A tal punto che (e sarà il tema di uno dei reportage
che vi proporremo in Laser) il giornalismo
investigativo comincia a dare i suoi frutti
indagando sulle malefatte, la corruzione,
i soprusi, la speculazione che nel dopo-
talebani hanno purtroppo caratterizzato
la vita politica ed economica. Le piaghe
di una società in transizione dove accanto alla speranza, sono esplosi problemi di
difficile soluzione, in primis quello della
tossicodipendenza.
L’Afghanistan è di gran lunga il primo produttore di oppio e eroina al mondo. Un quasi monopolio che non riguarda
solo il consumo nei paesi importatori di
droga. La percentuale di tossicodipendenti è tra le più alte al mondo (oltre il 5% della
‹ L’oppio del popolo
e un paese
in ricostruzione. ›
popolazione) e la droga sta pesantemente
condizionando la gioventù, già confrontata all’insicurezza e molto spesso alla fame
e alla miseria. Con la guerra e la cultura
bellica si è rafforzata la cultura clanica dei
“signori della guerra” e il loro controllo sul
territorio e sulle straredditizie coltivazioni
di papaveri.
Colori cupi in un quadro dove, come
detto, vi sono elementi di speranza portati
dall’emancipazione sociale e culturale. Lo
scrittore Khaled Hosseini, che sarà ospite
della nostra “operazione Afghanistan” in
onda a fine marzo, considera ad esempio
che i progressi superano di gran lunga le
aspettative: l’alfabetizzazione, ancorché
molto limitata, procede e fra una decina
di anni dovrebbe raggiungere la soglia del
60%, le donne che vivono nelle città sono
tornate a lavorare e occupano il 27% dei
seggi alla Camera Bassa del Parlamento,
milioni di rifugiati sono rientrati nelle
loro case. Un ottimismo che non fa comunque l’unanimità, considerando che la
guerra non è conclusa, che la partenza delle forze straniere è attesa con impazienza
dai talebani.
Cercheremo dunque di “fotografare”
nel modo più esauriente possibile la realtà
di un paese ricco di incognite e incertezze
ponendo l’accento proprio sul ruolo che
la cultura è in grado di svolgere contro la
barbarie, per la riconciliazione nazionale e
la rinascita nazionale.
Fotografie di Roberto Antonini
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Rete Due / Colpo di scena
da lunedì 3 a venerdì 21 marzo
alle ore 13.30
rsi.ch/dramaradio
Annemarie
Schwarzenbach:
dall’Engadina
a Kabul in automobile
Francesca Giorzi
Annemarie Schwarzenbach fotografata da Marianne Breslauer
Lo sceneggiato radiofonico “Dall’Engadina verso Oriente”,
scritto nel 2003 da Luciana Luppi, per la regia di Adalberto
Andreani, si propone di presentare e far conoscere due
affascinanti donne svizzere che, nel giugno del 1939, partono
a bordo di una Ford, verso l’Afghanistan. Le protagoniste
sono Ella Maillart (1903–1997), scrittrice e giornalista ginevrina considerata una delle più straordinarie viaggiatrici
del secolo scorso e la sua amica Annemarie Schwarzenbach
(1908–1942). In giovane età, abbandonano le amate montagne
della Svizzera e un’Europa sull’orlo della guerra per dirigersi
in Oriente alla ricerca di se stesse. Creatura eterea e fragile
con forti tendenze autodistruttive, anche Annemarie Schwarzenbach è scrittrice, moglie di un diplomatico francese a
Teheran, ma insofferente alla vita di rappresentanza, tenta
con la sua compagna una strada che potrebbe dare un senso
alla sua vita tormentata. Le due donne raggiungono in
auto il continente indiano attraversando tra gli altri l’Iran
ONAIR
e l’Afghanistan e incontrando una serie di situazioni interessanti arrivano a Kabul proprio mentre in Europa scoppia
la seconda guerra mondiale. Accanto al percorso geografico
e avventuroso, le due donne ne seguono un altro, più intimo,
alla ricerca di nuove consapevolezze e nuovi equilibri.
Un cammino parallelo, dunque, segnato dal contrasto fra due
personalità profondamente diverse. Annemarie Schwarzenbach ha intrapreso numerosi viaggi tra il 1933 e il 1942 i cui
documenti (fotografie, articoli, lettere) sono oggi depositati
alla Biblioteca nazionale svizzera di Berna. Al termine del
viaggio Ella Maillart, ha scritto un libro tradotto in italiano
nel 2001 ed edito da EDT (Torino) dal titolo “Due donne
in viaggio dall’Europa a Kabul”. Ad interpretare le due scrittici
svizzere nello sceneggiato in 15 puntate sono Adele Pellegatta
e Paola Roscioli dirette da Adalberto Andreani.
Un’occasione per riflettere sull’Afghanistan da un’altra
angolazione.
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In diretta Rete Due e Streaming
venerdì 14, 21 e 28 marzo
alle ore 20.30
rsi.ch/concertiauditorio
orchestradellasvizzeraitaliana.ch
Occasioni musicali
ai concerti
dell’Auditorio
casione dell’incoronazione, nel 1791 a Praga, di Leopoldo II
d’Asburgo a re di Boemia. E a Praga è per altro intitolata la
Sinfonia n. 38 di Mozart che completa la serata. Di circostanza
storica, più che di occasione, si dovrebbe invece parlare quando si perlustra il programma di venerdì 28 marzo che vedrà
protagonisti Howard Griffiths e l’Istanbul Oriental Ensemble
del percussionista turco Burhan Öcal: l’assedio giannizzero
a Vienna del 1683, con tutto il relativo apparato musicale
al seguito (tamburi, triangoli, timpani…) cui si ispirò Fux per
la sua “Turcaria”, lascerà tracce durature in tutta Europa
su ritmi, sonorità e melodie dell’epoca, irradiandosi ancora
un secolo dopo nella musica di Haydn e nella sua celebre
“Sinfonia militare”.
Alissa Nembrini
Da tempi immemorabili i compositori si sono prestati a scrivere musica d’occasione, specificamente legata ad avvenimenti
di rilevanza sociale – celebrazioni, matrimoni, funerali, ecc. –
e sovente stimolata per diretta richiesta di un committente.
Nei tre concerti che questo mese arricchiscono la stagione
sinfonica invernale di Rete Due ne ritroviamo alcuni fulgidi
esempi. Ad una richiesta niente meno che di Federico Guglielmo IV, re di Prussia, dobbiamo la giovanile ouverture che apre
una delle pagine più popolari di Felix Mendelssohn, il “Sogno
di una notte di mezz’estate”, proposta nel programma del
14 marzo (insieme alla “Serenata per archi” di Cajkovskij e alla
“Bachiana brasileira” n. 5 per soprano e otto violoncelli di
Villa-Lobos) con Roman Brogli-Sacher per la prima volta alla
direzione dell’OSI. La paginetta fu scritta celermente da un
diciassettenne Mendelssohn nel 1826, eseguita in due occasioni private prima di essere presentata al pubblico, e poi completata diciassette anni più tardi con le musiche di scena per
l’omonima commedia shakespeariana. A una più significativa
e ufficiale circostanza celebrativa dobbiamo invece tanto la
curiosa “Sinfonia concertante per mandolino, tromba, contrabbasso, fortepiano e orchestra” del boemo Leopold Antonin
Kozeluch quanto l’arcinota “Clemenza di Tito” del rivale Mozart, inserite nel programma del 21 marzo diretto da Damian
Iorio: entrambi furono ingaggiati per scrivere musica in ocONAIR
In senso orario i direttori
Roman Brogli-Sacher, Damian Iorio
e Howard Griffiths
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LA 1 / CultTV
domenica 16 marzo
alle ore 20.30
rsi.ch/culttv
facebook.com/rsiculttv
I ragazzi di Kabul
con la tavola
sotto i piedi
Niccolò Castelli / Regista
I ragazzini di Kabul sono svelti, grazie alle nuove tecnologie
possono vedere i loro coetanei sparsi nel mondo intenti
a divertirsi, sfidarsi in prodezze sportive, raccogliere successi
sociali ed economici e tanto altro. Testimonianze dal mondo
“fuori” che possono far male a chi tutto questo non lo può
vivere. Essere un ragazzino cresciuto nella trappola della
guerra, con un nemico invisibile in una qualsiasi delle città
del paese, è difficile non solo perché istruzione, scuola o sanità
sono precarie, ma anche perché si rischia di crescere nella
vergogna e nell’umiliazione, nella sensazione di non avere
prospettiva, benché il popolo afghano rimanga fiero e pieno
di dignità. Difficile da accettare, finché non ti imbatti in una
delle numerose e incredibili realtà entusiasmanti di questo
paese e non credi ai tuoi occhi. Come Skateistan, ad esempio.
“Uno skatepark comprensivo di scuola nel bel mezzo di una
zona in guerra ha senso in un mondo senza senso, giusto?”.
È con questa domanda che lo skater australiano Craig
Stecky III notando la curiosità di tanti ragazzini per la tavola
che utilizzava per spostarsi fra le macerie di Kabul ha dato
vita a questo progetto. Oggi, sette anni dopo, Skateistan non
è solo un manipolo di giovani con una vita “urbana-afghana”
simile a quella dei loro omologhi californiani. Oggi Skateistan
è uno skatepark attrezzato al meglio; è una scuola gratuita;
è giovani che mendicavano per strada e che ora, dopo aver
imparato a skatare, leggere e scrivere, hanno iniziato a insegnare a loro volta ad altri giovanissimi. Skateistan è arte e creatività in tavole, magliette, fotografia, video e tutto ciò che
contraddistingue la filosofia skate, un’espressione ed elaborazione dei traumi della guerra. Anche per le ragazze, quelle
ragazze coraggiose che su di una tavola si emancipano e
ridanno speranza ad altre donne ancora troppo impaurite per
vivere i loro diritti. Quando ho visitato questa “terra dello
skateboard” ho visto giovani fieri che almeno per quell’oretta
con l’asse di legno sotto ai piedi sapevano di poter essere liberi,
di poter essere come tutti i loro coetanei nel resto del mondo.
Sapevano che esiste un’alternativa, che si può vivere una
sensazione chiamata libertà. In fondo, non chiedono di più.
Lui è Farid. Va in skatboard da due anni. Prima saltuariamente lavorava in un negozio e studiava per conto suo.
Non conosceva lo skateboard finché un amico gli ha parlato di Skateistan. Ha provato e gli è piaciuto molto.
All’interno di Skateistan ha imparato questo sport ed è andato a scuola. Oggi è maestro di skate per i ragazzini
più giovani di lui e continua la scuola. Fotografia di Niccolò Castelli
ONAIR
http://skateistan.org
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Rete Due / Laser
giovedì 20 e venerdì 21 marzo
alle ore 9.00
a cura di Farian Sabahi
rsi.ch/laser
Vandana Shiva
militante anti
globalizzazione,
attivista
ambientalista
Roberto Antonini
Vandana Shiva è diventata una delle più importanti testimonial delle lotte per la difesa dell’ecosistema contro il saccheggio
delle risorse naturali che le grandi corporation perseguono,
troppo spesso senza rispettare le popolazioni e la natura.
Contro questa logica drammatica, Vandava Shiva e tanti altri
attivisti si oppongono usando un sapere antico, connesso
alla natura e ai suoi cicli. Per queste sue attività, Vandana Shiva
ha ottenuto (nel 1993) il Right Livelihood Award, un riconoscimento assegnato a chi si distingue per promuovere una
società migliore e un’economia più giusta. Al microfono
di Farian Sabahi, la fisica indiana affronta quelle tematiche
legate all’ambiente sulle quali ha incentrato il suo ultimo libro
“La banca dei semi” scritto per i bambini. Ma racconterà
anche del suo percorso, delle sue idee: i luoghi dove è cresciuta,
la famiglia e le scuole frequentate da bambina e da ragazza,
le letture e i personaggi che l’hanno segnata, il proseguimento
degli studi universitari in Canada. Parlerà di globalizzazione ma anche di femminismo. Un incontro con una delle personalità intellettuali più influenti su scala globale.
ONAIR
Vandana Shiva (Dehra Dunh, 5 novembre 1952) è un’attivista e ambientalista indiana.
Nel 1993 ha ricevuto il cosiddetto Premio Nobel alternativo, cioè il Right Livelihood Award.
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Assadullah ha 35 anni e vive con i suoi due figli a Mazar-E Sharif. È rimasto paralizzato cadendo da un ponteggio
mentre lavorava come operaio edile al confine con l’Iran. Ora vive in questa stanza. I suoi due figli si occupano di lui.
La sua casa è in una zona della città impossibile da praticare con la sedia a rotelle. Fotografia di Niccolò Castelli
del jazz statunitense contemporaneo – poi insieme al quartetto
del bassista Michael Formanek dove spicca pure la presenza
di un genio del pianoforte Craig Taborn.
Non mancherà la presenza femminile a caratterizzare questa
seconda parte di rassegna. Da un canto una vocalista di ampia
esperienza, una vera signora del jazz la statunitense ma ormai
svizzera d’adozione Sandy Patton, dall’altro – e qui si esula
dalla scena USA per ritornare in Europa centrale – la grande
performer, violinista e cantante Iva Bittovà.
Rete Due e serate pubbliche
Studio 2 RSI, Lugano-Besso
giovedì 20 marzo alle ore 21.00
Studio Foce, Lugano
giovedì 27 marzo alle ore 21.00
rsi.ch/jazz
Tra jazz
e nuove musiche
stagione 2013/14
seconda parte
Paolo Keller
Saranno soprattutto puntati sulla scena statunitense i riflettori della seconda parte della stagione di concerti Tra jazz e nuove
musiche in quest’inizio di 2014. A partire da uno dei progettifaro del chitarrista Brandon Ross che con il suo trio Harriet
Tubman (in omaggio a una delle attiviste storiche nella lotta
per i diritti civili negli USA) accoglierà come ospite il grande
trombettista Leo “Wadada” Smith. Il leggendario collaboratore
di James Brown, il trombonista Fred Wesley – sempre sulla
breccia – torna in Ticino con la sua entusiasmante band e il suo
sound a base di jazz, funk & blues. Tra i protagonisti del jazz
contemporaneo made in Usa va annoverato senz’altro il trio
Medeski, Martin & Wood che presenta il nuovo progetto con
ospite il chitarrista cult Nels Cline, soprattutto noto con la
band Wilco ma anche con Charlie Haden e Tim Berne.
Quest’ultimo, dopo la sua apparizione lo scorso anno nel
progetto Sounds of Love dedicato a Mingus, ritornerà in scena
per ben due volte. Dapprima in seno al progetto These Arches
del battersita Ches Smith – uno dei gruppi di grande levatura
ONAIR
Leo “Wadada” Smith
Tra jazz e nuove musiche si svolgerà non solo
negli studi RSI ma in altre sale di Lugano
e del Canton Ticino.
Organizzazione RSI Rete Due con il sostegno
di Migros Ticino Percento Culturale e in collaborazione con Dicastero Giovani & Eventi di
Lugano, Jazz Cat Club e Teatro San Materno
entrambi di Ascona.
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Rete Due / Colpo di scena
da lunedì 24 marzo a martedì 8 aprile
alle ore 13.30
rsi.ch/dramaradio
La metamorfosi
di Biancaneve
Ugo Leonzio / Autore
Se volete sapere la vera storia di Alan Turing, “l’uomo che ha
inventato il (nostro) futuro” e l’intelligenza artificiale, ascoltate
Rete Due. Per farlo ricorreremo a un mito del cinema e a uno
della letteratura. Il primo, “2001 Odissea nello spazio” di
Stanley Kubrick è la preistoria del futuro che stiamo vivendo.
Ricordate Hal, il computer che guida l’Enterprise? Ricordate la
scena in cui muore? Morendo, Hal regredisce, perde la sua
divina memoria, ha paura e canta una canzoncina infantile
“Giro, giro tondo... casca il mondo, casca la terra”. Questo non
è il cuore perturbante della fantascienza ma della matematica.
Il secondo mito lo dobbiamo a uno dei più grandi geni della
letteratura moderna, Philip Dick e al romanzo che ha ispirato
un film di culto come “Blade Runner”: il presente da cui ci
stiamo allontanando per andare verso un innominabile ignoto.
Infine, Turing, ci ha permesso di entrare nel labirinto della sua
mente, attraverso un terzo mito, il capolavoro di Walt Disney
“Biancaneve e i sette nani”. Andava a vederlo tutti i giorni.
È stata la Regina Grimilde, a suggerire al più geniale e visionario matematico del secolo il modo per lasciare il mondo?
La replica della morte di Biancaneve avvenne puntualmente,
come sempre nelle cose di Alan Turing, nel suo appartamento
di Cambridge, nella notte tra il 7 e l’8 giugno 1954. Alan aveva
41 anni e molti progetti che forse avrebbero cambiato il mondo ancor più degli esseri artificiali (esseri viventi, non macchine)
che stava per costruire, del codice Enigma, gioiello del Fuhrer
che aveva ridicolizzato facendogli perdere la Guerra, della bomba atomica di cui conosceva gli sviluppi più indicibili e dei
paradisi luminosi che aveva cominciato a vedere il giorno della
ONAIR
Alan Mathison Turing (Londra, 23 giugno 1912 - Wilmslow, 7 giugno 1954) è stato un
matematico, logico e crittografo britannico, considerato uno dei padri dell'informatica
e uno dei più grandi matematici del XX secolo.
morte del suo amico del cuore, Christopher Morcom e che
aveva giurato di ritrovare in un mondo nuovo con l’aiuto della
sua amata matematica. Subito dopo quell’8 giugno, qualcuno
cominciò a pensare che i Servizi segreti di Sua Maestà, il celebre
“Circus” raccontato da Le Carrè in “La talpa”, avessero generosamente contribuito alla sua scomparsa ma la verità, ammesso che ce ne sia una, è molto più affascinante e misteriosa.
Ovviamente... a cominciare dal logo della Apple, l’inquietante
mela morsicata...
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Intervista a cura
di Zeno Gabaglio
Khaled Arman
L’altra musica
di un virtuoso
(felicemente) ibrido
Nato nel 1965 a Kabul, è uno dei massimi virtuosi del rûbab, il liuto afghano.
Khaled Arman ha saputo riscattare questo strumento dalla sua dimensione
strettamente legata al folklore per aprirlo al repertorio colto persiano,
indiano ed europeo (musica antica, classica e contemporanea).
Ha inciso numerosi album, sia come solista, sia con il gruppo “Ensemble”.
Diplomato all’Accademia di Praga in chitarra classica, primo premio
al Concorso internazionale di Radio France, mette la sua doppia cultura
musicale al servizio degli studenti di vari conservatori europei.
Autore di un metodo per il rûbab, è impegnato per la sopravvivenza
di questo strumento nel suo paese.
DUETTO
Si è tenuto lo scorso 10 febbraio presso
lo Studio 2 della RSI a Lugano Besso il
secondo e ultimo appuntamento con la
principale novità dei Concerti dell’Auditorio 2014 (per rivedere questo e altri concerti: rsi.ch/concertiauditorio).
Con il titolo “Altre musiche” si è infatti voluto introdurre – nel cartellone
tradizionalmente classico della stagione – due incursioni in ambiti musicali
ai confini tra musica colta e tradizioni
popolari di varie culture del mondo.
Con la prima ci si è addentrati nella
tradizione emiliana delle orchestre di
ocarine, con la seconda si è aperta una
finestra sulla cultura musicale dell’Afghanistan, attraverso l’arte di uno dei
suoi musicisti che meglio ha saputo interfacciarsi con la secolare musica colta
europea. Khaled Arman – figlio musicale di un apprendistato tradizionale così
come dello studio classico conservatoriale, che lo ha portato a collaborare
con artisti quali Jordi Savall e Vittorio
Ghielmi – si è esibito a Lugano con il
proprio ensemble e a margine del concerto ha voluto illustrarci il suo cosmo
sonoro.
Lei è nato in una famiglia di tradizioni
musicali: quale importanza aveva
la musica nella sua dinamica domestica
e a che età ha cominciato a suonare?
La mia famiglia è musicale per metà:
mio padre e mio zio erano infatti musicisti
professionisti. Non mi ricordo esattamente a che età ho cominciato a suonare, di
sicuro molto presto – tra i due o tre anni
di età – e partendo dalle percussioni. In
casa la musica aveva una rilevanza enor22
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me, perché mio padre e mio zio rivestivano
un ruolo musicale importante alla radio
nazionale, e così vedevo spesso passare per
casa i migliori musicisti del paese, oppure
andavo a vederli mentre registravano alla
radio. Così a volte mi aggiungevo a loro
accompagnandoli, con mio padre che da
lontano guardava e correggeva con gli occhi il mio stare o meno nel giusto ritmo.
Come è poi avvenuto il passaggio dalle
percussioni agli strumenti a corda?
Mio padre aveva una doppia formazione: quella di musicista e cantante tradizionale nell’Afghanistan popolare, ma
anche interprete-chitarrista in un senso
classico occidentale. È stato anzi il primo
musicista afgano ad aver studiato chitarra
in Europa ed essere poi tornato a Kabul,
dove ha fondato la scuola chitarristica afgana. Io sono stato uno dei suoi primi allievi ed ho cominciato a suonare la chitarra all’età di undici anni, a diciassette sono
poi partito per portare a termine gli studi
in modo serio e rigoroso al conservatorio
nazionale di Praga. Nel 1986, a ventidue
anni, ho vinto il Concorso chitarristico di
DUETTO
Radio France, iniziando contestualmente
la carriera di concertista classico a livello
europeo. Anni di carriera durante i quali
ho progressivamente recuperato il rapporto con la musica e gli strumenti del mio
paese d’origine.
Lei suona appunto il principale strumento
a corda dell’Afghanistan, il rûbab.
Siccome vengono spesso presentati
come strumenti simili, quali sono invece
le principali differenze tra il rûbab afgano
e l’oud, ovvero il liuto della tradizione
araba?
Entrambi appartengono alla grande
famiglia dei liuti a plettro di origine persiana, ma tra i due ci sono significative differenze. Innanzitutto la tavola armonica,
che nel rûbab è fatta di pelle in tensione
e non di legno; secondariamente il numero delle corde, che nel rûbab sono quattro
con l’aggiunta di quindici corde che vibrano simpateticamente, a differenza delle
cinque-sei doppie corde dell’oud; infine il
manico, che nel rûbab è “tastato” mentre
nell’oud è liscio. Tutti elementi che portano a due sonorità piuttosto diverse.
In che modo cambia il suo atteggiamento musicale dovendo affrontare (quindi
leggere e rispettare) una partitura
di musica classica oppure trovandosi
a suonare in un contesto di musiche
tradizionali?
Con il tempo sono diventato un musicista ibrido, nel senso che quando affronto i due diversi tipi di musica è come se fossi due persone diverse. Ci sono senz’altro
dei punti comuni, degli elementi che ap-
parentano il mondo classico e quello tradizionale, però alla base si tratta di espressioni artistiche ed umane differenti, e anche
i sistemi e le leggi strettamente musicali
che ne sono alla base sono significativamente diversi. Nel concerto di Lugano
c’è peraltro stato un momento di sintesi
tra questi due mondi, quando con il mio
gruppo – formato di soli strumenti tradizionali – abbiamo dato la prima esecuzione di un’opera classico-contemporanea
del compositore ginevrino Nicolas Bolens.
È per questo che sul palco c’erano
anche leggii e partiture?
Nel corso di tutto il concerto abbiamo comunque usato delle specie di partiture, anche per la parte tradizionale. Non
si è trattato di partiture in cui la musica è
scritta nota per nota, ma di schemi riportanti la struttura dei brani che fungono da
riferimento per i musicisti di tutto il gruppo, rispetto a melodie che ognuno di noi
conosce comunque a memoria.
come renderla suono – e che ha quindi una
funzione strettamente pratica, di trasmissione. Questo fenomeno, lungi dall’essere
esclusivamente mediorientale, è quello che
capita nella musica classica occidentale:
sia nell’apprendimento di uno strumento
(che è una questione ancora oggi strettamente orale) sia nella decodifica della maggior parte della musica del passato meno
recente, dove nelle partiture venivano riportate assai poche indicazioni vincolanti
per l’interprete, chiamato ad aggiungere di
persona tutto quello che serve ad un’esecuzione completa. Bisognerebbe quindi
mettere un vero ordine nelle nostre idee
attuali su ciò che significa davvero “oralità” o “scrittura”.
In che senso?
Questo non sfata forse il mito delle
musiche tradizionali come musiche
esclusivamente orali, refrattarie
ad ogni riduzione a partitura?
A proposito dell’oralità nella musica orientale si è detto tutto e il contrario
di tutto. In realtà le musiche tradizionali
dell’Afghanistan hanno sì una trasmissione orale, che è imprescindibile soprattutto per comprendere il modo in cui suonare certe note, ma non è assolutamente
impossibile fissarne certi parametri per
iscritto. Una scrittura musicale ad hoc che
serve ai musicisti – perché loro soli sanno
Nel senso che l’insegnamento musicale è per definizione un fenomeno orale,
ovunque esso avvenga, ma nella musica
orientale è diversa la prospettiva che lo
accompagna. Una prospettiva per cui la
musica è una questione molto più legata
all’orecchio che non all’occhio. Questa credo sia la differenza maggiore, e non signi24
25
fica che verso oriente non si sappia o non
si voglia scrivere la musica: esistono molti
documenti della musica turca, di quella
iraniana, della musica indiana. Però anziché la lettura in tempo reale a essere sollecitato presso il musicista è soprattutto
l’ascolto, la memoria e la concentrazione.
Questa polarizzazione di prospettive
crede sia attuale ancora oggi, dopo
decenni di scambi culturali tra i continenti
e nella condizione ormai globale che
ogni musicista si trova a vivere
Assai meno, perché nel mio gruppo
suonano anche due musicisti armeni –
siccome la nostra musica è molto simile
alla loro – che hanno pure seguito una formazione occidentale. Ormai siamo tutti
musicisti del XXI secolo, e ciò che facciamo non e più considerabile come musica
etnica – d’interesse quindi soprattutto etnografico – come poteva accadere cent’anni fa. La nostra musica ha radici colte – in
un senso soprattutto europeo – e in parte
somma le diversissime esperienze che ciascuno di noi ha potuto incontrare lungo la
propria via.
vasione e la presenza degli americani hanno portato una relativa tranquillità nella
capitale e tantissimo denaro, che ha sì alimentato una spirale di corruzione ma che
è anche servito a fin di bene. Per esempio
l’arte e la musica ne hanno beneficiato in
un senso di nuove possibilità di incontro,
di apprendimento e di pratica, soprattutto per i giovani che in questi anni hanno
imparato a credere nella possibilità di migliorare il sistema battendosi tenacemente per poter avere una vita “normale”. La
situazione ora – con la possibile prossima
partenza dei contingenti NATO – è però
assai poco chiara, infida e forse pericolosa:
tra poco tempo si rischia di dover assistere a eventi che non si sarebbe mai voluto
rivedere.
Nel corso degli anni lei si è guadagnato
la posizione, indubbiamente prestigiosa,
di ambasciatore della cultura musicale
afgana nel mondo. Che rapporto ha oggi
con la sua patria e come legge i rivolgimenti politici, sociali e culturali che
l’hanno riguardata negli ultimi anni?
Ho e ho sempre avuto un rapporto
molto stretto con l’Afghanistan: ci sono
stato diverse volte, anche per insegnare nel
principale istituto musicale di Kabul. L’inDUETTO
Fotografie di Gianni Bardelli
Ve 14
ore 18.30
allo Sudio 2 RSI, Lugano-Besso
CULT
Dietro le quinte
CULT, mensile culturale RSI, invita lettori, telespettatori, radioascoltatori e soprattutto curiosi
alla presentazione del nuovo progetto
editoriale.
Dietro una rivista, piccola o grande che sia,
ci sono mesi di analisi, riflessioni e prospettive.
Dietro le sue pagine c’è il lavoro di tante
persone. Dietro ogni storia che racconta ce ne
sono tante altre.
Scopriremo un po’ di ciò che sta dietro alle
vicende narrate in questo primo numero
con immagini, estratti audio e musicali.
Lo faremo con le testimonianze e i contributi
di Roberto Antonini, Niccolò Castelli, Francesca
Giorzi, Olivier Bosia e Sandra Sain.
Un’occasione di incontro, approfondimento
e confronto che avremo il piacere di concludere con un rinfresco.
3.
2014
Sa 8
Ve 14
Showcase di Rete Uno
Eugenio Finardi sarà ospite
a Lugano per presentare
il suo ultimo atteso album
e iniziare proprio da qui
il nuovo tour italiano
Concerti dell'Auditorio
Orchestra della Svizzera
italiana
con la direzione di Roman
Brogli-Sacher e le musiche
di Cajkovskij, Villa-Lobos
e Mendelssohn
ore 20.00
allo Studio 2 RSI, LuganoBesso
Informazioni
rsi.ch/reteuno
Do 9
ore 18.00
Oper Köln, Colonia (D)
Artaserse
Concerto Köln
con la direzione di Diego
Fasolis e le musiche
di Leonardo Vinci
Informazioni
parnassus.at
Ve 14
Ore 18.30
Allo Studio 2 RSI, LuganoBesso
CULT
Dietro le quinte
I dettagli a pagina 27
ore 20.30
all’Auditorio RSI, LuganoBesso
Informazioni
rsi.ch/concertiauditorio
Lu 17
ore 20.15
Cinema Teatro Blenio
di Acquarossa
“Désalpe – Lo scarico”
Serata d’ascolto del radiodramma di Antoine Jaccoud
con proiezione d’immagini
d’archivio RSI e tavola rotonda, moderata da Daniel
Bilenko, con Eliane Jemini
(segretaria Associazione
Donne Contadine Blenio
e coordinatrice “Amici del
Nara”) e Luigi Pedrazzini
(Presidente della CORSI).
Su iniziativa della Rete Due,
organizzata dalla CORSI Società cooperativa per
la Radiotelevisione svizzera
di lingua italiana in collaborazione con ALPA - Alleanza
Patriziale Ticinese.
Me 19
Ve 21
Do 23
ore 19.30 (do ore 15.00)
Opera Royal de Versailles,
Versailles (F)
Artaserse
Concerto Köln
con la direzione di Diego
Fasolis e le musiche
di Leonardo Vinci
Informazioni
parnassus.at
Gio 20
ore 21.00
allo Sudio 2 RSI, LuganoBesso
Harriet Tubman
& Leo “Wadada” Smith
con Brandon Ross alla chitarra
e banjo, Melvin Gibbs al basso
elettrico, JT Lewis alla batteria
e alla tromba l’ospite Leo
“Wadada” Smith
Ve 21
Ve 28
Concerti dell'Auditorio
Orchestra della Svizzera
italiana
con la direzione di Damian
Iorio e le musiche
di Mozart e Kozeluch
Concerti dell'Auditorio
Orchestra della Svizzera
italiana
Burhan Öcal, Istanbul Oriental
Ensemble percussioni
con la direzione di Howard
Griffiths e le musiche
di Haydn, Lully, Fux, Sultan
Selim III, Burhan Öcal
ore 20.30
all’Auditorio RSI, LuganoBesso
Informazioni
rsi.ch/concertiauditorio
Gio 27
ore 21.00
allo Studio Foce di Lugano
Fred Wesley
& the new JBs
con Fred Wesley trombone
e voce, Gary Winters alla
tromba, Philip Whack al sax,
Reggie Ward alla chitarra,
Bamey McAll alle tastiere,
Dwayne Dolphin al basso,
Bruce Cox alla batteria
ore 20.30
all’Auditorio RSI, LuganoBesso
Informazioni
rsi.ch/concertiauditorio
Do 30
ore 17.00
nella Chiesa St. Peter,
Zurigo
Concerto dei Barocchisti
con la direzione di Diego
Fasolis e le musiche
di Palestrina
Una collaborazione
RSI Rete Due
Dicastero Giovani & Eventi,
Lugano
Informazioni
rsi.ch/jazz
Entrata libera.
È gradita la riservazione:
[email protected]
oppure 091 803 65 09
rsi.ch/dramaradio
RENDEZ-VOUS
28
29
club
Spazzacamini
Dickensiani
“I fratelli neri” di Xavier Koller
(Svizzera/Germania 2013)
Marco Zucchi
Emmanuelle
de Villepin
“La vita che scorre”
Longanesi
Laura Forti
In “La vita che scorre” di Emmanuelle de Villepin Antoine
è un sopravvissuto.
Dopo essere rimasto orfano,
si costruisce una famiglia,
rimane però improvvisamente
vedovo con una figlia costretta
in sedia a rotelle.
Senza pietismo e con consapevolezza, i personaggi
trovano il coraggio di rialzarsi
attingendo la loro forza dai
legami affettivi.
Lo sguardo di Antoine sulla
sua vita diventa così l’occasione per riflettere sulla resilienza
dell’animo umano e su cosa
dia senso e dignità al cammino e al tempo.
Contadinelli ticinesi ottocenteschi venduti a sfruttatori senza
scrupoli per pulire le canne
fumarie di Milano: è il contesto
in cui prende corpo la rivincita
quasi dickensiana dei “fratelli
neri”. In area germanofona
“Die schwarzen Brüder” di Lisa
Tentzner (1941) è considerato
un classico letterario per
l’infanzia e nella trasposizione
cinematografica Xavier Koller
mira deciso al medesimo
pubblico di riferimento, incoraggiando un overacting
caricaturale che accentua
cadenze favolistiche e toni
orgogliosamente retrò.
Il film, frutto di una coproduzione tra RSI e Dschoint
Ventschr, è uscito nelle sale
della Svizzera italiana il 27
febbraio.
Norma
di Vincenzo
Bellini
Cecilia Bartoli, Sumi Jo,
John Osborn, Michele Pertusi,
Orchestra La Scintilla,
direttore Giovanni Antonini
Giuseppe Clericetti
La rivoluzione di Norma.
Sono sufficienti pochi minuti
di ascolto per capire la novità
di questa nuova registrazione
di Norma: il fronte d’onda
dell’atteggiamento storicamente informato, inizia ora a toccare il mondo del melodramma, con risultati di grande
valore. Voci leggere e trasparenti, orchestra raffinata
e dal vibrato estremamente
controllato, partitura ripristinata filologicamente, strumenti
storici, sono gli ingredienti
di questa registrazione che,
ci auguriamo, fungerà da apripista per un nuovo approccio
dell'opera dell'Ottocento.
Norma sarà protagonista
di “Accordi & Disaccordi”
del 3 marzo, alle ore 16.00,
su Rete Due.
Care socie e cari soci del Club Rete Due,
è mio piacere salutarvi da queste pagine per noi importanti,
frutto di un nuovo progetto in cui crediamo molto e che speriamo
incontri il vostro favore, per presentarvi la prossima iniziativa del
Club. CULT, la rivista del Dipartimento Cultura che avete tra le
mani, vuole essere un luogo di scambio e confronto col territorio
e la nostra proposta per questo mese di marzo ha proprio l’ambizione di realizzare concretamente questo incontro.
Mercoledì 19 marzo vorremmo infatti invitarvi a visitare con
noi gli studi RSI di Comano. Si comincerà alle 15.30 con
un’esplorazione della sede accompagnati da una simpatica
e preparatissima guida per approdare poi nello studio
in cui si starà registrando una puntata di Paganini, il settimanale musicale in onda tutte le domeniche su LA 1,
uno dei programmi più amati e seguiti dal nostro pubblico.
Lì assisteremo alla lavorazione e potremo curiosare, con
discrezione, dietro le quinte.
Al termine, verso le 17.30, avremo modo di condividere
un aperitivo con la nostra Capo Dipartimento Diana Segantini,
con Giada Marsadri, colei che da quest’anno e con successo
conduce Paganini, nonché con altre voci note di Rete Due
e che da ascoltatrici e ascoltatori fedeli ben conoscete.
Questa la prima delle proposte del Club ma vi ricordo che siete
ancora in tempo per iscrivervi al concerto al KKL di Lucerna per
la Missa Solemnis di Beethoven il prossimo 9 di aprile e che tutte
le informazioni dettagliate su questa come sulle altre iniziative
le potete sempre trovare sul sito retedue.rsi.ch.
Non mi resta quindi che ringraziarvi ancora una volta per l’attenzione, e spesso per l’affetto, col quale ci seguite e augurarmi
di incontravi presto.
Sandra Sain
NOTA BENE
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Bellinzonese 93.5
Biasca e Riviera 90.0 97.9 93.5
Blenio 90.0
Calanca 90.2
Leventina 90.0 93.6 96.0
Locarnese 97.8 93.5 92.9
Luganese 91.5 94.0 91.0
Bregaglia 97.9 99.6 96.1
Malcantone 97.6 91.5
Mendrisiotto 98.8
Mesolcina 90.9 91.8 92.6
Maggia-Onsernone 97.8 93.9 91.6
Val Poschiavo 94.5 100.9
Verzasca 92.3 92.7
Galleria Mappo-Morettina 93.5
Rivera-Taverne 97.3 92.8
INTERNET
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