16 Martedì 4 Marzo 2014 Corriere del Mezzogiorno BA La storia Uno dei primi missili lanciati dal gruppo di Labsa negli anni Settanta Cutrufiano, mini-missili per sognare lo spazio di FRANCESCA MANDESE I l 20 luglio del 1969 non avevano ancora dieci anni, ma le immagini di quegli uomini coraggiosi, che sollevando una nuvola di polvere leggera come talco posavano per primi, nella storia dell’umanità, i piedi sul suolo lunare, sono rimaste impresse per sempre nella loro mente e nella loro immaginazione. Qualcuno avrà sognato di emularne le gesta, qualche altro di essere uno dei direttori di volo che, dalla sala controllo di Cape Canaveral, in Florida, dirigeva le difficili fasi dell’allunaggio dell’Apollo 11. La vita, si sa, spesso non consente di esaudire tutti i desideri, ma la fantasia e la tenacia possono aiutare a «volare» ugualmente, magari non così in alto, non così lontano, non verso territori alieni. Così, un gruppo di ragazzini di Cutrofiano, che nel 1969 seguirono con il fiato sospeso la diretta televisiva di Tito Stagno e Ruggero Orlando, i loro missili li hanno lanciati comunque. Più piccoli, certo, poco oltre i mille metri di altezza, ma con la stessa «piuma luminosa di gas combusti» che tante volte abbiamo visto accompagnare i veri missili nel loro volo verso lo spazio. Nasce così, dalla fantasia e dalla tenacia di quei ragazzini oggi cinquantenni, l’avventura di Labsa, Laboratorio di Studi AeroSpaziali, il cui motore è l’ingegnere Livio Calò, accompagnato dalla moglie, Anna De Fabrizio, e da un amico, Luigi Pellegrino. Si sono messi insieme, Anna coinvolta in questa passione dal marito, per realizzare missili in scala ridotta che fanno volare in basi di lancio lontane dai centri abitati. Ma le radici di Labsa sono proprio in quei lontani anni Settanta. «Con un gruppo di amici - racconta Calò -, tentavano di rivivere l’emozione dell’Apollo 11 costruendo razzi a propellente solido zinco-zolfo sfreccianti verso il cielo. La disponibilità di informazioni tecniche e scientifiche di allora era scarsa, e dovevamo documentarci scavando negli archivi polverosi delle biblioteche. In quegli anni, riesumando il libro “I razzi” di Willy Ley, prendendo spunto dagli articoli della vecchia rivista “Sistema Pratico” e consultando le enciclopedie, ci cimentavamo nella sfida contro la forza di gravità. Oggi siamo persone adulte che però non hanno perso la capacità di emozionarsi ancora una volta alla vista di un missile che orgogliosamente abbandona la Terra. Ci siamo allora ritrovati a costruire nuovi razzi, sfruttando la impressionante possibilità di documentazione che viene offerta da Internet, con la nuova consapevolezza di far parte di una comunità mondiale che condivide con noi le stesse sensazioni, emozioni e ambizioni». Uno degli ultimi lanci, il 14 febbraio scorso, ha avuto un testimonial d’eccezione, Paolo Nespoli, l’astronauta italiano con il maggior numero di giorni 174 - di permanenza sulla stazione internazionale, che ha premuto il pulsante di avvio. Il lancio è avvenuto nel campo di volo di Masseria Macrì, a circa quattro chilometri da Supersano. Il missile ha raggiunto i 600 metri d’altezza e una piccola telecamera agganciata al missile ha fatto vivere ai presenti le emozioni del volo in diretta, proprio mentre avveniva. Poi, un paracadute, che si aziona automaticamente, ne ha rallentato la discesa, esattamente come accade nei rientri dalle missioni spaziali. Negli ultimi quattro anni, il Labsa ha organizzato una ventina di lanci. Per Calò, la cui professione è quella di ingegnere civile, rimane un grande rammarico. «Nonostante l’enorme progresso tecnologico successivo alle passeggiate lunari del progetto Apollo - dice -, l’esplorazione umana dello spazio, incredibilmente non ha più avuto un seguito. Infatti, dal 1972, nessun essere umano ha più varcato il limite dell’orbita terrestre e anzi, nel settore dell’astronautica (più americana che europea), negli ultimi 40 anni sono state fatte scelte strategicamente ed economicamente sbagliate. Eppure, oggi le tecnologie spaziali sono ovunque: pensiamo al gps, alla meteorologia satellitare, alle trasmissioni globali, alla tv via satellite. Negli ultimi quattro anni, però, è nato un interesse privato per le imprese spaziali, soprattutto negli Usa, con la crea- Chi sono A Cutrofiano, un gruppo di amici cinquantenni costruisce e fa volare dei piccoli razzi che raggiungono fino a 100 metri di altezza e poi atterrano dolcemente L’attività didattica «Insegniamo ai bambini e ai ragazzi l’amore per il volo spaziale», racconta l’ingegnere Livio Calò, che con la moglie e un amico ha fondato il Laboratorio zione di piccole imprese che stanno cercando la via dello spazio per scopi civili. Noi siamo per la diffusione dell’astronautica da mettere il più possibile a disposizione dei privati cittadini». E Labsa ha deciso di cominciare dai cittadini più giovani, quelli che in un futuro non troppo remoto potrebbero dare nuovo impulso alla ricerca e ai viaggi nello spazio. «Quello che per noi cinquantenni rimane un sogno, qualcosa che ancora ci procura dei brividi di emozione - spiega Calò -, ai nostri figli appare abbastanza scontato. Sono nati nell’era della tecnologia e i viaggi spaziali non li impressionano più di tanto. Lo vedo dai miei tre figli, che hanno età che vanno dai 12 ai 18 anni, che osservano me e mia moglie praticare un hobby che, per loro, non è molto diverso da tanti altri. Abbiamo deciso, allora, di organizzare incontri nelle scuole e lanci alla presenza dei ragazzi, spiegando lo- ro il fascino dell’astronautica e le opportunità che potrebbero derivarne anche in campo professionale». Le ambizioni di Calò e compagni, naturalmente non hanno limiti. Già pensano a nuove mete da raggiungere, ad altri record da conquistare. «Vogliamo costruire vettori più grandi - dice Calò -, in grado di raggiungere i 100mila metri, varcando la linea di Kármán, che si trova 100 km sopra il livello del mare e segna il confine convenzionale tra l’atmosfera terrestre e lo spazio esterno. Oggi, mi sembra sia trascorso un secolo dal nostro primo lancio, nel 2001, quando il missile non aveva ancora il radiofaro che consente di rintracciarlo con facilità al momento dell’atterraggio. Perché, per quanti calcoli si possano fare, non sempre il missile cade proprio dove pensavamo che cadesse». @fmandese © RIPRODUZIONE RISERVATA
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