in spe fortitudo A cura dell’Ufficio Diocesano Comunicazioni Sociali Foto di Nilo Mascagni Un particolare ringraziamento a Foto Silvi di Pontedera Impaginazione Alessandro Paladini Stampa Bandecchi & Vivaldi srl., Pontedera Dieci anni del Vescovo Tardelli a San Miniato Nella speranza la fortezza Un pastore da dieci anni con noi di don Francesco Ricciarelli* Ripensare a questi dieci anni in cui mons. Tardelli ha guidato la Chiesa di San Miniato è anzitutto occasione di ringraziamento al Signore per il dono di un Pastore così pronto nel rispondere alle sfide del proprio tempo. Dal 2004 ad oggi il vescovo Fausto ha condotto la nostra diocesi attraverso vicissitudini non certo facili. La crisi economica, che si è manifestata in tutta la sua drammaticità, ha segnato profondamente le famiglie, il mondo del lavoro e la società intera. L’immigrazione ha cambiato il volto del nostro territorio sollecitando la Chiesa a una conversione pastorale e a un rinnovato impegno caritativo. L’esplosione dei social media ha aperto nuovi campi di evangelizzazione, specialmente tra i giovani, sempre più immersi in un ambiente interconnesso ma spesso anche sempre più soli. Mons. Tardelli non si è tirato indietro di fronte a queste sfide, promuovendo iniziative di solidarietà, invitando i parroci e gli operatori diocesani all’attenzione per le famiglie, specialmente per quelle in difficoltà, cogliendo ogni occasione per farsi vicino ai piccoli, agli ultimi, ai nuovi poveri. In questi dieci anni di episcopato mons. Tardelli ha portato avanti la riorganizzazione del territorio diocesano, ha fomentato in maniera instancabile la collaborazione tra i parroci, tra le comunità parrocchiali e tra le diverse espressioni del mondo ecclesiale. Ha inoltre sostenuto l’integrazione dei sacerdoti stranieri, una ricchezza troppo spesso sottovalutata ma preziosissima per uno slancio missionario della Chiesa locale. Importante è stato l’impulso dato da mons. Tardelli alla formazione del clero e dei fedeli laici - ricordiamo, fra l’altro, che il Vescovo ha tenuto di persona tre cicli di catechesi per il popolo - e si è impegnato nel rilanciare i servizi della comunicazione e della cultura in diocesi. Questi dieci anni hanno visto purtroppo un aumento dell’indifferenza religiosa e un allontanamento di molti, soprattutto giovani, dalla Chiesa. A questo problema il Vescovo ha dato risposta con un’attenzione particolare ai ragazzi e alle ragazze, che non sono mai stati dimenticati nelle lettere pastorali, nelle omelie, negli eventi diocesani e nelle azioni del Presule, a partire dal primo intervento dell’ottobre del 2004. 5 Mons. Tardelli è un Pastore che ama profondamente la sua gente. è riuscito a stabilire un dialogo familiare e un rapporto di fiducia con il clero, con il popolo cristiano, con il mondo delle associazioni e anche con le istituzioni, cercando di infondere in tutti quella speranza che è il leitmotiv della sua azione pastorale. Il motto In spe fortitudo sta lì a indicarlo. Esso esprime la passione infaticabile di un Pastore che, animato dalla speranza, si impegna a risollevare le pecore affaticate e oppresse, a ricercare quelle disperse, a nutrire tutto il gregge con il buon foraggio del Vangelo. * Direttore dell’Ufficio pastorale per le comunicazioni sociali e la cultura 6 Saluto del Vicario generale di mons. Morello Morelli “Come passa il tempo!” è una frase così ripetuta e comune da sembrare perfino banale. Non per questo è meno vera e meno espressiva di una autentica percezione interiore. Tuttavia, il tempo scorre, sì, velocemente, ma non è detto che debba necessariamente spazzare via dalla nostra memoria avvenimenti significativi e date importanti della vita e della storia. Un evento e una data, che non possiamo far passare in silenzio, ma vogliamo ricordare, sia pure con sobrietà, è il decennio di ordinazione episcopale del nostro Vescovo Fausto e del suo ingresso in diocesi. Desideriamo innanzi tutto ringraziare il Signore per averci donato un Pastore, che in questi dieci anni ci ha spronato a dare, nella nostra vita, il primato assoluto a Dio, a leggere e meditare la Sua Parola, ad avere fiducia e dedizione incondizionata alla santa Chiesa, a decifrare accuratamente i “segni tempi”, così da essere testimoni credibili e coraggiosi “della speranza che è in noi” in una società ,in fase di accentuata secolarizzazione, dove sembra sempre più dominare una cultura “relativista”, che esalta e propone una libertà senza regole e senza precisi riferimenti a valori assoluti e oggettivamente fondati. Vogliamo, poi, esprimere il nostro apprezzamento, la nostra stima e gratitudine al Vescovo Fausto, anche con la pubblicazione di questo “opuscolo”, nel quale sono riportati i passaggi salienti del suo magistero e nel quale vengono rievocati, attraverso un’accurata scelta di immagini, gli eventi più significativi della sua azione pastorale. Il Papa Paolo VI° descriveva così il suo ministero di Pastore della Chiesa universale: “Noi siamo semplicemente curatori di anime, siamo il vescovo di questa comunità urbana, che si chiama Roma, e abbiamo per essa il nostro particolare modo di amarla: il nostro è amore pastorale … Non crei malintesi il termine “pastorale”; non siamo nel regno dell’Arcadia, e nemmeno in quello del sentimentalismo, sebbene anche di sentimenti sia ricco l’amore pastorale. Siamo nel regno della carità, fondato da nostro Signore Gesù Cristo”. 7 Con queste parole il Paolo VI° indicava pure magnificamente la missione di ogni vescovo: amare in pienezza la propria chiesa. Si riallacciava, del resto, a Sant’Agostino, che nel commentare l’episodio di Gesù risorto che conferisce a Pietro l’incarico pastorale (Gv 21,15-19), aveva sottolineato come il Signore trasforma l’amatore in pastore (“amatorem facit pastorem”), proprio perché al pastore viene richiesto un amore più grande, più disinteressato, più vigilante, più generoso. Di un tale amore si è fatto araldo e testimone in mezzo a noi il Vescovo Fausto, in questi dieci anni. Per questo lo ringraziamo di cuore. Speriamo, infine, di poter proseguire, sotto la sua vigile e sapiente guida, nel cammino di una più incisiva e efficace azione di evangelizzazione e di promozione umana. Sotto: L’incontro con Benedetto XVI Pagine 9: Nelle foto traspare la gioia per l’ingresso di mons. Tardelli a San Miniato. In questi scatti si vedono l’abbraccio con la gente di San Miniato, il saluto degli scout di Lucca, l’abbraccio con il confratello e amico carissimo mons. Bianchi, la visita ai malati di San Miniato, l’incontro da giovanissimo sacerdote con San Giovanni Paolo II, con Benedetto XVI, l’ordinazione nella Basilica di San Frediano. 8 L’incontro con Papa Francesco 10 Breve nota biografica di mons. Fausto Tardelli Fausto Tardelli è nato a Lucca il 5 gennaio 1951. Entra nel Seminario diocesano nel 1964, seguendo tutti gli studi in preparazione al sacerdozio. Viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1974. Conseguita l’ordinazione sacerdotale, continua a Roma gli studi e fa parte per quattro anni come alunno dell’Almo Collegio Capranica. Consegue la licenza in teologia morale e il dottorato presso la Pontificia accademia alfonsiana, con una tesi dal titolo “Alterità e etica. La relazione con l’altro e l’impegno etico nelle opere di Emmanuel Levinas”. Sempre a Roma, nel biennio 1981-1982 frequenta alcuni corsi di diritto canonico presso la Pontificia università lateranense. Ritorna in diocesi nel 1978, e gli viene affidato l’incarico di docente di teologia morale dapprima presso il seminario di Lucca, poi presso lo “Studio Interdiocesano” di Camaiore, oggi affiliato alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale. Nel 1979 è stato nominato assistente di alcuni gruppi scouts di Lucca e dal 1978 al 1992 è stato assistente del Movimento studenti d’azione cattolica. Nel 1983 il suo ordinario lo ha nominato vice cancelliere prima e poi cancelliere della Curia fino al 1993. Ha ricoperto altresì l’incarico di assistente diocesano di Azione Cattolica dal 1984 al 1987 e assistente della FUCI fino al 1992. Nel frattempo, nel 1986 gli è stata affidata la parrocchia di San Concordio di Moriano e nel 1992 quella di Massarosa, un grande centro situato tra Lucca e Viareggio. Nel 1995 è stato chiamato a reggere un’importante parrocchia nel centro storico di Lucca, dedicata a san Pietro Somaldi e san Leonardo, dove è rimasto fino al 2001, quando è stato nominato pro-vicario generale dell’arcidiocesi e moderatore della curia. Nel 1994 gli è stata affidata l’organizzazione della preparazione del Sinodo diocesano, di cui nel 1996 è divenuto segretario. Terminato il Sinodo, è stato nominato vicario episcopale per l’attuazione dei decreti sinodali ed in particolare per la realizzazione delle unità pastorali, incarichi che ha ricoperto fino al 2001. Nominato vescovo di San Miniato il 6 marzo 2004, riceve l’ordinazione episcopale il 2 maggio dello stesso anno nella basilica di San Frediano a Lucca dalle mani dell’arcivescovo Bruno Tommasi. Il 30 maggio 2004 prende possesso canonico della diocesi di San Miniato. 11 12 La parola del Vescovo Nei suoi dieci anni di episcopato il vescovo Tardelli ha donato alla Diocesi 5 lettere pastorali, con le quali ha cercato di indicare alla Chiesa di San Miniato il sentiero da percorrere nel cammino nella fede in questi 10 anni. Fedele al suo motto, il file rouge dei documenti del vescovo è sempre stato ben evidente: la speranza. Una speranza che deve germogliare in noi perché: «È urgente che nella comunità cristiana ognuno percepisca la necessità di un proprio cammino permanente di formazione, fatto di docilità all’azione dello Spirito Santo, affinché sia formato l’uomo nuovo che giudica e vive secondo Dio, che testimonia ed annuncia Cristo Risorto» afferma il nostro vescovo nella lettera pastorale 2006/07 “La Speranza in noi”. Un indicazione chiara quella di Tardelli anche nelle sue esortazioni successive: «Vivere e comunicare la Speranza in famiglia e con le famiglie”; «Sacerdoti e famiglie alla sequela di Cristo per vivere e comunicare la Speranza» e «Pronti sempre a rispondere della speranza che è in voi; il piano pastorale 2005-2011». Gli ultimi due interventi di mons. Tardelli sono incentrati sulla tema della fede e, l’ultimo, dal titolo «Venite a me voi che siete stanchi e oppressi» tratta in rassegna le ferite del nostro tempo e ci parla dell’importanza fondamentale per questo tempo delle opere di misericordia. 13 Dalla Lettera pastorale «Discepoli del Signore» del 1 novembre 2004 «Da qualche mese sono in mezzo a voi ed abbiamo appena iniziato a conoscerci. Da quando sono venuto alla fine dello scorso maggio, ho visitato luoghi e incontrato persone, avvicinato gruppi, associazioni, movimenti. Sono stato accolto con grande affetto già in tante parrocchie, ho ascoltato problemi e speranze. Mi manca certo ancora molto per entrare dentro la vita di questa bella Chiesa di San Miniato, per conoscere e capire tante cose. All’inizio del nuovo anno pastorale, mi è parso però giusto comunicarvi almeno ciò che per il momento ritengo importante in ordine al cammino della nostra chiesa. Ho pensato allora di scrivervi questa lettera. Desidererei che fosse accolta con cuore aperto e piena disponibilità da parte di tutti e che diventasse occasione di riflessione personale e comunitaria, sperando che possa servire a riscoprirci, gioiosamente e riconoscenti, “discepoli del Signore” in ascolto di quanto egli ci dice, pronti e disponibili a lasciarci guidare dallo Spirito Santo di Dio. Questa infatti mi sembra l’urgenza del momento presente, per me e per voi. Nell’anno pastorale in corso vogliamo domandarci che cosa il Signore ci stia chiedendo: cosa si attenda da noi, dalla nostra chiesa. Queste domande non sono però relegabili a qualche periodo della vita o a qualche momento particolare. Esse esprimono l’attitudine stabile del vero credente, di chi cioè concepisce la vita come risposta d’amore a Dio e progetta la sua esistenza in un dialogo vivo con Lui. Fare il punto della situazione diocesana e comprendere gli appelli del Signore nell’ora presente vuol dire, in altre parole, riscoprire la nostra più immediata ed evidente identità, la più semplice, se vogliamo: quella cioè di discepoli del Signore Gesù. Di gente chiamata a seguirlo senza riserve credendo e sperando in Lui, vero Dio e vero uomo risorto da morte, che si chiede ogni giorno quale sia la volontà del Maestro, come possa percorrere con Lui la via che per primo Egli ha tracciato. Vuol dire mettersi ai piedi del Signore, fissarlo nuovamente negli occhi, o meglio lasciarsi finalmente fissare da Lui, senza sfuggire al suo sguardo che penetra nell’interiorità più profonda, ma che al tempo stesso è carico di dolcezza e tenerezza». 14 La Lettera Pastorale 2014 2015 «Venite a me voi che siete stanchi e oppressi» del 8 dicembre 2014 Questa Lettera Pastorale prende il titolo dal versetto 28 del capitolo 11 del vangelo di Matteo: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi”. Queste straordinarie parole di Gesù, ci dice il Vescovo nella lettera, esprimono essenzialmente “l’infinita misericordia di Dio per ogni uomo” di cui siamo chiamati ad essere autentici e concreti missionari. È infatti un’umanità affaticata e ferita, quella cui guarda il Vescovo in questa sua lettera e pertanto estremamente bisognosa della misericordia di Dio e di qualcuno che gliela faccia fattivamente sperimentare. Tante sono le ferite che piagano la nostra umanità: ferite del corpo, della mente, del cuore, della dignità, dell’anima. L’umanità è un po’ come quell’«uomo mezzo morto», della parabola evangelica del Buon Samaritano, che era incappato nei briganti. Di fronte a questa situazione, i discepoli del Signore, consapevoli che solo Gesù è il medico che può guarire veramente tutte le nostre infermità, sono chiamati a chinarsi senza paura sull’umanità ferita, per aiutare i fratelli a tornare fiduciosi a Lui. Sono cioè chiamati a farsi vicino al prossimo per mostrare il volto misericordioso del Padre e per trasformare le ferite in “feritoie” da cui far scorrere abbondante “l’olio della consolazione e il vino della speranza”. Per divenire gioiosi missionari della misericordia del Padre, occorre anzitutto sperimentare per primi questa misericordia. Ecco che il Vescovo ci sprona, nell’ultimo capitolo della lettera stessa, a rimanere nel suo amore, a fare continuamente esperienza di Lui nella frequentazione assidua della Sua Parola e dei sacramenti. 15 In dieci anni di episcopato il vescovo ha scritto 5 lettere pastorali con un chiaro filo conduttore: la virtù teologale della speranza. 16 Un commento teologico alle lettere pastorali di mons. Morello Morelli Campeggia in bella evidenza, nel suo stemma episcopale, il motto: “In spe Fortitudo”. Ed è proprio la speranza, che ha in Cristo morto e risorto il suo fondamento, il filo conduttore delle Lettere Pastorali inviate alla comunità diocesana dal nostro Vescovo in questi dieci anni. Lettere finalizzate a coinvolgere sacerdoti e fedeli in una approfondita riflessione su questa virtù teologale col preciso intento di far comprendere, nel migliore dei modi, l’unità di fede e di carità, che deve caratterizzare la vita cristiana. Illuminante, a questo proposito, quanto asseriva Charles Peguy: la speranza si mostra ai nostri occhi come la piccola tra le sorelle, ma è lei che prende per mano fede e carità e le spinge e le guida, tenendole insieme. Col porre al centro dell’attenzione ecclesiale il tema della speranza, il Vescovo ha inteso accogliere una grande sfida nei confronti di un tempo di “passioni tristi” e della società attuale, in fase di accentuata secolarizzazione, dove appare dominante una cultura “relativista”,esaltante una libertà senza regole e senza riferimenti a valori assoluti e oggettivamente fondati. Per questo, sia nella prima Lettera pastorale: “Discepoli del Signore” come nelle successive: “La speranza in noi”, “Annunciare il Vangelo della speranza nelle famiglie e tra i giovani”e “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi”, il Vescovo richiama l’impellente necessità di decifrare i “segni dei tempi”, ponendo costante attenzione all’evolversi del modo di pensare e di vivere, ai linguaggi e alle culture del mondo, senza lasciarsi abbattere dalle pur numerose e serie difficoltà di una scristianizzazione sempre più pronunciata. Purtroppo - osserva il Vescovo - di fronte alle tante sfide del tempo presente, “dobbiamo riconoscere che a volte nelle nostre parrocchie manca una proposta della Buona Notizia del Vangelo credibile, gioiosa e bella, accompagnata da quella di un cammino personale e comunitario di fede, che pur partendo dalle situazioni più disparate, permetta alle persone di crescere spiritualmente”. Per far risplendere la bellezza della speranza evangelica,oggi più che mai, è, perciò,richiesto alla Chiesa e ai singoli cristiani non solo di mostrarsi credibili, ma di essere soprattutto più credenti. In una parola, discepoli veri del Signore. 17 Riallacciandosi alla Prima Lettera di Pietro, un affascinante testo che dona un’immagine dei cristiani delle origini nella struggente condizione di “stranieri e pellegrini”, che sanno comunque con tanta franchezza rendere ragione della loro speranza e fedeltà a Cristo, Mons. Tardelli declina la speranza stessa dei credenti come responsabilità nei confronti di tutti gli uomini. Nell’itinerario pastorale per una chiesa missionaria, riprendendo la frase dell’Apostolo: “Pronti sempre a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in voi”, chiede ai fedeli il coraggio di farsi narratori della loro fiducia nel Cristo risorto in ambiti fondamentali della vita: le relazioni familiari; l’età della giovinezza; le vecchie e nuove povertà.Naturalmente specifica il Vescovo – prima ancora che in rapporto agli altri, la speranza è responsabilità di ogni credente in rapporto a Dio. è risposta al Signore che chiede di “tornare a Lui con tutto il cuore, di riporre in Lui un’assoluta fiducia e quindi testimoniarlo ed annunciarlo con coraggio come la Buona Notizia che dà speranza al mondo, amando fino in fondo ogni uomo o donna della terra come Egli ama … Ecco quanto credo il Signore stia attendendo da noi: che siamo forti nella fede, saldamente radicati nell’amore, ma fiduciosamente protesi all’annuncio. Gioiosamente consapevoli della nostra identità cristiana ma anche della responsabilità di evangelizzare”. Convinto che solo persone ben preparate possono attuare una vera ed efficace azione evangelizzatrice, nella Lettera “La Speranza in noi”, Mons. Tardelli si sofferma particolarmente sul tema dell’educazione cristiana per tutte le età, dall’infanzia alla giovinezza e alla stessa maturità, indicandone le caratteristiche fondamentali e auspicando che nelle parrocchie o nelle unità pastorali si realizzi un laboratorio vivo e permanente di formazione alla vita cristiana, al discepolato e alla missione. Una formazione cristiana che sia attenta allo sviluppo integrale della persona e incentrata sul “primo annuncio”, visto che la fede non si può dare per scontata, ma occorre sempre sapientemente risvegliarla, suscitando il desiderio di conoscere in tutta la sua bellezza e profondità il messaggio del Vangelo. Un’opera formativa che metta in chiara luce, nella coscienza e nella vita dei credenti, l’intimo nesso che salda insieme la verità cristiana con la sua realizzazione nella carità e nell’amore fraterno. Un’azione formativa, dunque, corretta e completa sotto il profilo dottrinale, alimentata da una fede genuinamente cattolica, così ben strutturata 18 sul piano culturale e pedagogico da fornire alle persone una visione della vita umana, del mondo e della storia in perfetta coerenza con la fede stessa. Nella Lettera pastorale per il triennio 2014-2017, “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi”, il Vescovo rivolge un ulteriore invito alla riflessione e alla revisione di vita per le parrocchie in chiave missionaria. E al tema della speranza fa seguire quello dell’annuncio e della testimonianza della misericordia di Dio. Prendendo, come punto di riferimento, la parabola del buon samaritano, che parla di un uomo ferito e lasciato mezzo morto sul ciglio della strada, traccia una lucida diagnosi delle “ferite” dell’uomo di oggi. “Analizzando un poco appena le nostre vite sbattute dai venti di questo tempo complesso e contraddittorio, mi pare – annota infatti il Vescovo - di poter riconoscere almeno cinque ferite che ci lasciano davvero mezzo morti”. Sono quelle del corpo: malattie, disagi dell’età senile, violenze. Quelle della mente, della ragione: disaffezione nei confronti della verità, sfiducia di poterla trovare, espansione di una ideologia tecnologica, che rischia di ridurre l’essere umano a materia manipolabile. Le tante offese alla dignità della persona umana: incapacità di relazioni affettive stabili e permanenti, naufragio di matrimoni e famiglie, solitudine, teorie del “genere” tendenti a confondere o addirittura a negare le identità sessuali naturali. Infine, quelle più devastanti e, purtroppo, le meno avvertite, le ferite che toccano l’anima: corruzione e assopimento della coscienza morale, trasgressione del decalogo, le idolatrie moderne del successo, della ricchezza sfrenata, del potere, i sette vizi capitali, gli scandali perfino nella stessa comunità cristiana. Tuttavia, stando al racconto evangelico, l’uomo, aggredito dai banditi, ha trovato chi si è preso cura di lui. Davanti a gente ferita è richiesta, perciò, anche a noi la stessa sollecitudine amorevole del buon samaritano. “La Chiesa – prosegue infatti Mons. Tardelli – ha indicato in modo sintetico ma molto efficace le opere capaci di esprimere insieme l’attitudine nei confronti degli altri che testimonia la misericordia di Dio e i molteplici ambiti di una cura adeguata … Le ha chiamate “opere di misericordia corporale spirituale”, raccomandando ai fedeli di svolgere il servizio al prossimo con la consapevolezza di essere soltanto umili strumenti nelle mani di Cristo, l’unico vero medico che guarisce e salva. Nella parte finale della Lettera, sulle orme di Papa Francesco che sprona i credenti a testimoniare il Vangelo “nelle periferie esistenziali”, il Vescovo chiede alla comunità diocesana di porsi in stato di missione e di orientarsi 19 decisamente all’annuncio della Misericordia e del perdono del Signore. Indica, come “campi di evangelizzazione”, dove gettare con abbondanza il seme fecondo della Parola del Signore, il mondo dei giovani, delle famiglie, dei lavoratori, degli immigrati e della cultura, avvertendo che “per essere missionari della misericordia di Dio, occorre sperimentarla e rimanere nell’amore del Signore, riconoscendo le proprie ferite personali e presentandole con cuore umile e fiducioso al Medico divino, perché le curi con l’olio della consolazione e il vino della speranza”. 20 Mons. Tardelli nella sua prima omelia da Vescovo. 21 22 La visita pastorale 2007-2010 di Alexander Di Bartolo Un momento di vitale importanza nella cura del gregge affidato a un vescovo, la visita pastorale. Quattro anni intensi, dal 2007 al 2010, nei quali in tutte le parrocchie è giunto l’abbraccio del vescovo, si è vista la gioiosa accoglienza delle comunità, è arrivata in molti casi la consolazione per le difficoltà. La visita del nostro vescovo Fausto ha rappresentato, nel decennio di guida pastorale della diocesi, il punto nodale per la comprensione di tutte le situazioni che vivono le chiese particolari, le difficoltà ma anche gli aspetti positivi, vitali, di un territorio che ancora è in grado di donare attraverso il popolo di Dio buoni esempi di umanità e di comunione fraterna. La visita è divenuta presto proprio un invito alla fraternità: «Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo» (Lc 1,68). Con queste parole il Benedictus di Zaccaria inneggia al Dio dei padri per la sua presenza premurosa e misericordiosa che si è fatta vicina al suo popolo venendo ad incontrarlo, a visitarlo. Nel sentire comune la parola “visita” ricorda l’idea dell’incontro umano e insieme dà il senso del vivere sociale, dinamico, trasmette il gusto dell’attesa, la cordialità dell’accoglienza e richiama l’usanza e il gesto di persone che lasciano il proprio ambiente e si recano presso parenti, amici o conoscenti con intenzioni benevole di conoscenza, di scambio, di comunione, comunque con interessi di un mutuo vantaggio e con la prospettiva di essere accolti, ricevuti, di essere o diventare ospiti graditi, almeno per un certo tempo. Si è visto tutto questo nella commozione delle persone: nei sacerdoti che hanno vestito le proprie chiese “a nozze”, nei fedeli che hanno potuto stringere la mano al pastore diocesano, nei bambini che a loro modo hanno portato esempi di partecipazione anche impaziente tra le panche delle chiese, agli operatori parrocchiali che hanno raccolto gli inviti a tenere viva la propria comunità principalmente con la preghiera e l’affidamento a Cristo. Quella delle visite pastorali è una tradizione antica della Chiesa Universale che affonda le sue radici nei decenni successivi alla morte di Cristo. Negli Atti (9,32) si legge che: «mentre Pietro andava a far visita a tutti, si recò 23 anche dai fedeli che dimoravano a Lidda». Alcuni esegeti ipotizzano che Pietro avesse conosciuto in visita “pastorale” tutte le comunità; anzi, è ipotizzabile che sarà proprio questo suo far visita alle comunità che più avanti conferirà al diacono, scelto per succedere all’apostolo, il titolo di epískopos, di vescovo, di visitatore. La presenza di Cristo, secondo la sua precisa promessa, continua anche mediante questi incontri, queste visite che i suoi inviati, i missionari, intrattengono con i credenti in un rapporto diretto da loro mediato. Dall’istituzione della nostra diocesi i vescovi hanno fatto propria questa antica tradizione riportata in auge dal Concilio di Trento visitando, a partire dal canonico Andrea Bonaparte nel 1623, il territorio multiforme della diocesi. Molto è cambiato dai primi anni del Seicento a oggi, e anche il momento della “visita” è diventato qualcosa di diverso rispetto al passato. L’attenzione alla Chiesa edificio (i suoi altari, i suoi paramenti, la conservazione del Santissimo Sacramento e degli oli santi, i libri liturgici e quelli parrocchiali, la preparazione del parroco e quella del popolo) si è spostata sempre più verso la Chiesa popolo di Dio, verso l’umanità che caratterizza ogni singola realtà. Dal 2007 al 2010 abbiamo visto il nostro vescovo Fausto Tardelli percorrere tutti i seicento chilometri quadrati di estensione del territorio diocesano, dal Valdarno alla periferia di Empoli giungendo sino alle porte di Pontedera. Un territorio ampio e senza soluzione di continuità, che dal castello di Larciano giunge sino a Fauglia, nel quale tutte le 88 chiese diocesane, i santuari, i monasteri, i conventi, le case religiose, sono state visitate. E’ stata una festa dell’ascolto, un abbraccio lungo quattro anni, dove particolare attenzione è stata riservata alla società civile. Le istituzioni – molti consigli comunali hanno accolto e salutato il vescovo durante l’itinerario –, le realtà lavorative, le scuole, le associazioni laicali e quelle di volontariato, gli immigrati e gli ammalati. In anni difficili per i nostri territori è giunta la speranza del pastore diocesano che è andato anche lì dove il disagio, la povertà, la solitudine, le ristrettezze economiche, avevano indurito i cuori. La visita è stata anche l’occasione per conoscere da vicino la vitalità dei movimenti giovanili, le associazioni sportive e ricreative, i gruppi culturali e tutti coloro che si adoperano nei rispettivi settori, per il bene della comunità. Per la prima volta nella storia delle visite il vescovo ha anche interagito con gli operai di un’azienda con sede all’estero, parlando con loro attraverso una webcam e portando – sino in Russia – il suo saluto e la sua benedizione. 24 Dalla visita sono emersi però anche dei risultati, delle conclusioni, dei consigli operativi. é difficile riassumerli in poche righe ma certamente tre sono i nuclei fondamentali del messaggio lasciato alle parrocchie: riporre attenzione alla formazione spirituale e al cammino dei sacramenti; continuare sul cammino di collaborazione tra parroci e parrocchie intrapreso con l’istituzione delle unità pastorali; valorizzare le energie positive che il laicato cattolico infonde e può ancora infondere nel tessuto sociale e umano. Una bambina accoglie il vescovo in parrocchia 25 Nel corso della visita pastorale il vescovo Tardelli è stato festosamente accolto nelle parrocchie, nelle aziende, nei supermercati, ha incontrato persone lungo la strada, ha visitato palestre e associazioni sportive, entrando in contatto con la vita quotidiana delle persone. Eccezionale accoglienza da parte dei consigli comunali che man mano ospitavano la visita pastorale. 26 Conclusione della visita pastorale di mons. Fausto Tardelli Ai presbiteri, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai laici tutti dell’amata Chiesa di San Miniato, un caro saluto con la benedizione del Signore. Rendo grazie assieme con voi al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, al Dio unico e santo, perchè il suo amore misericordioso mi ha permesso di poter felicemente portare a termine la mia prima Visita pastorale, apertasi solennemente la prima domenica di Quaresima, il 25 Febbraio 2007 nella Chiesa di Ponsacco. In questo tempo ho potuto incontrare tutte le comunità parrocchiali suddivise nei quattro vicariati di San Miniato, della Valdera, di Fucecchio e di Santa Croce, come pure le diverse associazioni e movimenti ecclesiali presenti in diocesi. Ho ascoltato persone, ho visitato famiglie, parlato con tanti ragazzi e genitori, mi sono avvicinato ad ammalati e anziani, incontrando il Signore in numerose situazioni di sofferenza ma anche di speranza. Nella serena amicizia e nella gioiosa condivisione delle fatiche apostoliche, ho sperimentato l’affettuosa vicinanza dei parroci e dei diversi sacerdoti e diaconi a servizio di questa chiesa, come pure dei religiosi e delle religiose. Oltre la comunità cristiana, il Signore mi ha dato la possibilità di incontrare molte realtà presenti ed operanti nel nostro territorio, dalle associazioni di volontariato di varia denominazione, alle associazioni culturali e sportive, ad alcuni gruppi di immigrati, fino a tutte le amministrazioni pubbliche. Particolarmente significativa è stata la conoscenza del mondo produttivo, maestranze, imprenditori, forze sociali. In questo modo mi è stato possibile, nel momento di crisi economica che stiamo attraversando, manifestare la vicinanza della Chiesa ai lavoratori. L’accoglienza premurosa e affettuosa, piena di rispetto e di attenzione ovunque ricevuta, è un’esperienza che porto con riconoscenza nel cuore e voglio vedervi un segno di stima non tanto alla mia persona, quanto all’operato di tutta la chiesa diocesana. La visita pastorale è stata un evento di Grazia che ha rinsaldato la nostra fede, fortificato la nostra speranza, rinvigorito l’impegno e la testimonianza della carità. Per me è stata occasione preziosa 27 di arricchimento spirituale e ne lodo il Signore. Giunti ora alla sua conclusione, insieme a voi intendo deporre le fatiche e le speranze, anche i nostri peccati e le nostre deficienze ai piedi del SS. Crocifissso, in Castelvecchio da secoli invocato quale speciale Signore e custode della città di San Miniato, perchè Egli tutto offra al Padre e lo Spirito Santo dia fecondità al nostro operato muovendo le nostre volontà a far fruttificare in una vita santa i doni speciali ricevuti con la Visita Pastorale. A Maria SS. Assunta in cielo, a cui è dedicata la nostra Cattedrale, chiedo di accompagnarci nel cammino come madre premurosa. In ricordo della Sacra Visita Pastorale, per implorare frutti abbondanti di rinnovamento della vita cristiana e per ringraziare il Signore di quanto ci ha permesso di fare, chiedo 3 cose: 1. che in ogni parrocchia, durante il prossimo mese di ottobre, mese missionario per eccellenza, si dedichi all’adorazione eucaristica una giornata intera o una nottata con questa unitaria intenzione di preghiera: “Perchè la nostra chiesa diocesana, in ogni sua componente, divenga tutta missionaria, ardente nell’annuncio del Signore morto e risorto, con una fede rinnovata, una vivida speranza ed un’operosa carità”; 2. che nei prossimi tempi liturgici dell’Avvento e del Natale, ogni parrocchia, associazione e movimento, aderisca con contributi generosi alla campagna della caritas diocesana per il fondo di solidarietà alla famiglie in difficoltà per la perdita del lavoro; 3. quale piccolo segno - ricordo della Sacra visita, chiedo infine che ogni parrocchia si doti di un “Evangeliario”, nelle forme che preferisce purché dignitose, e ne introduca l’uso nelle celebrazioni più solenni dell’Eucaristia nelle Domeniche nelle Feste liturgiche. In comunione con la Beata Vergine Maria e con tutti santi e beati della nostra Chiesa; in unione profonda di cuore tra di noi e nell’attesa fiduciosa del ritorno glorioso di Cristo alla fine dei tempi, sia resa lode alla Santissima ed individua Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo. Amen Dato a San Miniato, nella cattedrale di Maria Assunta e San Genesio, il giorno 19 di settembre dell’anno del Signore 2010, XXV Domenica del Tempo Ordinario. 28 29 Il vescovo Tardelli alla gmg di Madrid del 2011 30 Il vescovo e i giovani di mons. Fausto Tardelli Forse questa lettera ti meraviglierà un po’. Sono Fausto, il Vescovo della Diocesi i cui vivi. Ho deciso di scriverti per presentarmi ed iniziare un dialogo, se lo vorrai. Non intendo annoiarti con prediche per dirti di non fare questo o quello. Vorrei farti sapere la voglia che ho d’incontrarti, di stare un po’ assieme, ascoltarti e nello stesso tempo, se mi riuscisse, comunicarti quella gioia che mi porto dentro e che mi piacerebbe condividere con te. Sai chi è il Vescovo? Te lo spiego in breve, se ce la faccio. è uno che a un certo punto della sua vita ha fatto un incontro decisivo, di quelli che non t’aspetti e che ti scombussolano l’esistenza. L’hai mai provato? è un po’ come quando ti innamori. Te ne vai per la tua strada, le giornate scorrono tutte uguali, fai la tua vita, così e così. Poi all’improvviso c’è una persona che ti colpisce, ti entra nella testa nel cuore. Le giornate prendono un’altra dimensione, una luce diversa. C’è anche un po’ di tormento. Se poi quella persona ti viene incontro e ti manifesta il suo amore, allora è tutta un’altra storia. Tutto è nuovo e bello e luminoso. Beh, il Vescovo è uno che ha incontrato Gesù e gli è capitata più o meno la stessa cosa. O meglio, è il Signore Gesù che ha incontrato lui. Gli ha fatto balenare davanti agli occhi tutta la bellezza, la straordinaria grandezza del suo amore. E così il Vescovo ha lasciato la sua casa ed ha cominciato a camminare per condividere con gli altri la scoperta della bellezza, della grandezza, dello splendore di Gesù di Nazaret, figlio di Dio e vero uomo, via, verità e vita, vincitore della morte. Ecco perché ti scrivo e son qui col vivo desiderio di ascoltarti e di parlarti. 31 Mi piacerebbe conoscere i tuoi desideri e i tuoi tormenti. La molla che ti spinge a cercare l’emozione forte e intensa. Vorrei che mi parlassi del tuo desiderio di essere sempre allegro e spensierato, capace di affrontare ridendo ogni cosa; di incontrare amici veri e sinceri e un amore che ti appaghi completamente. Vorrei che mi raccontassi della tua voglia di divertirti, iniseme con gli altri, al di là di schemi e convenzioni, rompendo magari le regole. Vorrei pure ascoltare quei momenti neri di solitudine o quelli in cui la noia e la nausea ti prendono alla gola. Mi piacerebbe ascoltarti si, ma anche parlarti. Parlarti di Colui che ho incontrato nella mia vita: Gesù di Nazaret. Se già in qualche modo lo conosci e ne sei rimasto in certa misura attratto, ti faccio una proposta concreta: in quest’anno mettiti insieme con me ad ascoltarlo più intensamente attraverso la sua Parola. Ci saranno degli appuntamenti speciali proprio per questo. Se invece sei uno che ha lasciato ormai la chiesa e pensi che proprio non ti interessi, ti invito solamente ad ascoltarti dentro, per un po’ di tempo, nel più profondo di te stesso. Laddove non si va di frequente, ma dove invece abita il nostro io più autentico. Per un po’ prova a far tacere mille voci, i rumori, il frastuono, per ascoltare invece le profondità del tuo cuore, dove sono i tuoi desideri più veri, le aspirazioni più grandi, i sogni più belli. Prova a guardarti dentro, senza fuggire via, senza paura, anche se troverai qualche angolo di dolore, di solitudine, di scontentezza, d’infelicità. Ascolta, e ti accorgerai che Qualcuno che ti conosce bene, più di quanto t’immagini e che ti accetta esattamente così come sei, senza aspettare che tu sia il migliore per volerti bene. Ti saluto con affetto. San Miniato, 23 settembre 2004 32 Ecco i tanti momenti del vescovo Tardelli assieme ai giovani di San Miniato. Le gmg di Colonia nel 2005 e di Madrid nel 2011. 33 Dieci anni insieme a noi di Gabriella Guidi Sono già trascorsi dieci anni da quando un cinquantenne sacerdote lucchese, da poco ordinato vescovo, si affacciava guardingo alla Diocesi di San Miniato, molto legata per motivi storici e culturali al territorio della lucchesia. Mons. Fausto Tardelli, un vescovo nuovo, giovane che fin da subito ha cercato di conoscere, capire ed interagire con il gregge che era chiamato a condurre. Attento e sensibile alle varie problematiche parrocchiali e pastorali, uomo fermo e deciso nelle decisioni importanti, ma anche padre accogliente e capace di ascoltare. Anche con i giovani ha sempre avuto un ottimo rapporto: vicino, presente, sempre pronto a spronare ed incoraggiare per testimoniare la gioia dell’essere cristiani autentici. Molti noi, che all’epoca eravamo teenagers, sono cresciuti con i suoi insegnamenti, le sue catechesi ma anche con la sua umanità e il suo “fare” di pastore paterno che non rimprovera ma corregge. “In spe fortitudo” questo è il motto che ha scelto e che lo caratterizza pienamente: la forza e il coraggio, infatti, vengono dalla speranza, dall’amore di Dio padre misericordioso che muove i suoi figli verso il bene. Molte le esperienze vissute insieme, molti gli incontri a cui abbiamo partecipato, tra gli altri ricordiamo: il viaggio in visita alla Sacra Sindone a Torino, la visita a Sassello, città natale della Beata Chiara Luce, le gmg di Colonia e di Madrid, i viaggi ad Assisi e La Verna sulle orme di San Francesco e molti ancora… Vere occasioni per scoprire ed apprezzare la figura del vescovo, come uomo e pastore al servizio della Madre Chiesa, che sta in mezzo alla gente e si prende cura del gregge a lui affidato. Legati da grande affetto e da profonda riconoscenza auguriamo al nostro vescovo Fausto di continuare in questa direzione il suo episcopato nella nostra Diocesi secondo quanto dispongono i tempi del Signore. 34 Con il nostro Pastore di Emanuele Salassa Dieci anni fa, quando Mons. Fausto Tardelli fu nominato Vescovo della Diocesi di San Miniato, io avevo poco più di diciannove anni ed avevo cominciato da poco l’università. Posso quindi dire che Tardelli ha accompagnato tutta la mia gioventù. Sin dai primi vagiti del suo episcopato, vedemmo nel novello pastore della Diocesi la figura di un padre buono, di un pastore che con grinta ed un bel sorriso si accingeva a guidare, con pazienza e meticolosità, le nostre terre. Le strade da percorrere non sono state sempre libere da ostacoli, anzi molto spesso accidentate ed in salita ma non è mai mancata, in noi giovani, la certezza che tutta l’opera fosse guidata dallo Spirito Santo. Ricordo ancora come fosse ieri quando, il 2 luglio 2009, fui convocato dal nostro vescovo in Curia, insieme a Gabriella, Alessandra, Giovanni e Don Fabrizio. Fino a quel momento avevamo partecipato con assiduità agli incontri della pastorale giovanile, si era creato un bel clima tra noi giovani e non avevamo la minima idea del motivo della nostra convocazione. Ben presto Sua Eccellenza ci fece comprendere il perché della Sua chiamata: voleva affidare a noi giovani, in prima linea, la guida della Pastorale Giovanile Diocesana. Un fulmine a ciel sereno! Non sapevamo da che parte cominciare, dove mettere le mani. Il nostro Vescovo, da buon pastore, ci tranquillizzò, ci spronò e ci promise che non ci avrebbe lasciato soli. Decise di scommettere su di noi. E noi non ce la siamo proprio sentiti di rifiutare! Dal 13 ottobre di quello stesso anno abbiamo cominciato insieme un bellissimo cammino, fatto di tanti momenti forti, profondi, a anche di occasioni di convivialità e confronto. Storica è stata sicuramente la Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid nel 2011, che vide partire da San Miniato e dintorni più di 110 giovani. Rimarrà indelebile nei nostri cuori la Santa Messa celebrata con il nostro Vescovo nel luogo ove pernottavamo, in quello che i nostri ragazzi avevano chiamato “il campo profughi”. L’arrivo del nostro Vescovo rinfrancò tutti i nostri cuori e ci ricaricò. Tanta fu la gioia nel vederlo accanto a noi, come fosse veramente il nostro padre premuroso che non perde un istante i suoi figli. Ci siamo sentiti amati. 35 36 I pellegrinaggi I giovani in Terra Santa di Michael Cantarella L’ARRIVO - Se si guarda fuori dal finestrino, mentre ormai sono in corso le procedure di avvicinamento all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, si rimane da subito sorpresi. Dall’alto la terra promessa si rivela un miraggio, un punto d’approdo dopo un lungo viaggio. Si materializza all’orizzonte, oltre il mare, circondata da monti aridi e silenziosi. Uscendo dall’aeroporto già si respira l’aria di un paese perennemente in guerra, dove la paura è il pane quotidiano. L’autobus imbocca l’autostrada e si dirige subito al Nord verso la Galilea, verso Nazaret. A lato della strada si aprono le verdi colline di questa regione: al tramonto possiamo già scorgere Nazaret, oggi un paesone di 70.000 abitanti, appollaiato su una collina alla nostra sinistra. Così ha inizio il pellegrinaggio dei giovani in Terra Santa. Sei giorni, frenetici, stupendi, vissuti tutti d’un fiato, pieni d’emozioni e scoperte. LA SCOPERTA - Un pellegrinaggio in questi luoghi non solo offre momenti di raccoglimento e preghiera in luoghi santi, ma in questo caso è I giovani della Diocesi sulle sponde Mar Morto a Qumran 37 possibile vedere, scoprire e credere. Tutto sommato siamo uomini di poca fede, e camminare sulle orme di Cristo, nei luoghi dove egli è nato e vissuto, è davvero un balsamo per la nostra vita di cristiani. Perciò si rimane colpiti dalla sacralità intima e dolce che si respira alla grotta dell’annunciazione, oppure dalla bellezza del Mare di Galilea, il lago di Tiberiade, sulle cui sponde si è svolta gran parte della vita pubblica di Gesù. Nazaret non è lontano da qua, pochi chilometri più in alto, al di là delle colline. Oltre l’orizzonte il Libano, alla nostra destra, oltrepassato il lago, il monte Tabor, con la basilica della Trasfigurazione. Il vangelo si tocca con mano viaggiando per questi luoghi. Appena finito di attraversare il deserto di giuda, oltrepassato il check point Israeliano, appena dopo una lunga galleria ecco che appare come in un sogno l’inconfondibile paesaggio visto in mille foto, in mille servizi di telegiornale. La città santa è là, alla nostra destra: cantiamo e siamo felici mente Salim, la nostra guida esclama: «ecco la Città Santa, ben arrivati ragazzi!!». Dormiamo a Betlemme, non prima di aver attraversato il muro, che non separa solo i Territori Palestinesi da Israele, ma crea un confine tra due umanità dello stesso colore. I militari sono ragazzi come noi, a volte solo più giovani e con meno barba. Imbracciano mitra evidentemente di seconda mano, probabilmente scarti di magazzino provenuti da chissà dove. Un folto contingente militare ci accoglie oltre il muro, messo lì per la sicurezza del congresso di Al fatah, la formazione politica palestinese di stampo moderato. I cecchini sopra i tetti contribuiscono ad un senso collettivo d’angoscia che non pensavamo di trovare. Di fronte a noi la basilica della natività: un’oasi tra tanto odio e guerra. La fortuna ci assiste, ed anche se a seguito di una sveglia al cantar del muezzin, possiamo celebrare la messa nella grotta dell’annuciazione: un privilegio di pochi, dato che le regole della convivenza tra cattolici e ortodossi sono molto rigide, e suscitato un certo sconcerto. GERUSALEMME - Gerusalemme è un pellegrinaggio nel pellegrinaggio. In essa si concentrano misteri di fede e ferite livide della storia recente del mondo. Scendiamo dalla basilica del Padre Nostro verso il Getesemani; davanti, più in alto, le mura della Gerusalemme vecchia, dove spicca la cupola d’oro della moschea di Omar e le cupole grigiastre del Santo Sepolcro. E poi la via dolorosa, che si snoda lungo la parte araba della città, che 38 appare come un dedalo di strade pieno di negozi e mercatini, un esempio di come il Cristo anche oggi percorre con la sua croce le strade del mondo nell’indifferenza di tutti. Stanchi ma emozionati dalla visita al Santo Sepolcro ed al Calvario torniamo a Betlemme dove ci aspettano per una stupenda serata i giovani cattolici della vicina Beit Jala, un paesino contiguo alla città della Natività. Il mattino seguente sveglia ancora all’alba per visitare la Gerusalemme cosmopolita,con la salita sulla spianata delle moschee e la visita del muro occidentale, il cosiddetto muro del pianto. Tutto veloce, tutto d’un fiato: l’ultimo giorno salutiamo Gerusalemme e scendiamo verso Tele aviv, dopo una breve sosta ad Emmaus. Ormai siamo agli sgoccioli del pellegrinaggio, l’aeroporto si avvicina. Nel cuore rimangono scolpite le immagini di giorni bellissimi, passati all’ombra delle parole del Vangelo, delle meditazioni di Padre Francesco, delle parole del Vescovo. Rimane nel cuore questa terra così piccola e così centrale nella storia dell’uomo, e per noi cristiani, per la storia della nostra salvezza. Salim ce l’aveva detto «chi visita la terra santa deve farvi ritorno». Ha ragione Salim, ritorneremo. Pellegrinaggio diocesano a Lourdes 2008 Seicento pellegrini davanti alla grotta di Massabielle Giovedì 18 il vescovo Fausto, assieme ai vescovi Ricci e Bertelli e ai sacerdoti della diocesi presenti al pellegrinaggio, ha celebrato la messa alla grotta delle apparizioni. Il vescovo, nell’omelia, prendendo l’immagine della grotta, ha evidenziato, come “questa grotta – anche nella sua forma esteriore – non è chiusa, ma è aperta, come una valva di conchiglia che contiene per noi una perla luminosissima e preziosissima: proprio Lei, la Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra. Maria, l’Immacolata Concezione, da questa grotta aperta, ci invita a sperare, a confidare in Dio, a convertirci al Signore. Ci invita a credere alla potenza dell’amore di Dio, a credere che quella oscura grotta che spesso è la nostra vita, può essere aperta per l’amore di Cristo crocifisso e risorto, può essere spalancata e noi possiamo uscirne fuori”. 39 La suggestiva processione aux flambeaux, con il rosario celebrato in più lingue, e la processione eucaristica sono stati due momenti vissuti intensamente dai pellegrini. A entrambi hanno partecipato i nostri malati. Di grande suggestione anche la messa internazionale concelebrata in San Pio X. Il percorso giubilare ha portato i pellegrini a visitare, tra gli altri luoghi, la chiesa parrocchiale di Lourdes, la casa di Bernadette, e il mulino dove lavorava la sua famiglia. La catechesi del vescovo Fausto. La seconda catechesi, quella di chiusura del pellegrinaggio, ha permesso di tirare un po’ le conclusioni dei giorni trascorsi a Lourdes. “Sono stati giorni di grazia per tutta la Chiesa di San Miniato che si è mossa insieme, in unità per venire pellegrina a Lourdes”. Ha poi sottolineato tre belle esperienze vissute: il percorso giubilare, l’esperienza di Chiesa che è stata vissuta in questi giorni, l’incontro con la sofferenza e il dolore del mondo. “Noi non dobbiamo lamentarci ma alleviare le pene degli altri”- ha sottolineato mons. Tardelli. Con quale programma è necessario ripartire nella vita quotidiana dopo questa esperienza? Il vescovo ha dato alcune indicazioni concrete. Andare a messa tutte le domeniche e fare la comunione con fede, confessarsi una volta al mese con fiducia nella misericordia di Dio per mantenersi vigili in un cammino permanente di conversione, pregare molto, compiere le opere di misericordia sia corporali che spirituali. La diocesi ha anche offerto un grosso cero, con una preghiera di affidamento alla Madonna. La partenza da Lourdes è stata caratterizzata dal particolare saluto che ha voluto tributarci mons. Bertelli. Salito su un carrello ferroviario si è fatto trascinare lungo il treno cantando l’Ave Maria di Lourdes. 40 In seicento pellegrini da San Miniato alla grotta di Massabielle a Lourdes 41 da La Domenica dell’8 settembre 2013 In 2000 dal Santo Padre «Vedervi da quassù è davvero emozionante, siete una moltitudine che è unita nella lode a Cristo. Abbiamo avuto due giorni emozionanti, bellissimi, e di cui ora vivremo il culmine con la celebrazione eucaristica». Così si è espresso mons. Fausto Tardelli questa sera all’inizio della Santa Messa concelebrata assieme ai sacerdoti della diocesi nella basilica di San Giovanni in Laterano. Per tutti loro la giornata è cominciata molto presto: alle 7.30 infatti si sono aperti i varchi di piazza San Pietro sia per i pellegrini che hanno pernottato a Roma, sia per quelli arrivati all’alba. Si sono riversati nella piazza, riempita stamattina da circa 60.000 fedeli. Sul sagrato della basilica aveva un posto riservato il vescovo di San Miniato accompagnato da tutti i primi cittadini della diocesi e dal presidente della provincia di Pisa Andrea Pieroni. Papa Francesco si è presentato in piazza con anticipo, girando a lungo tra la folla e salutando quasi personalmente i fedeli presenti. Alle 9 l’udienza, durante la quale il pontefice ha voluto ricordare i giorni trascorsi a Rio de Janeiro per la Gmg lasciando alla folla tre parole su cui meditare: accoglienza, festa e missione. Il Papa si è poi rivolto in particolare ai giovani, invitandoli ad essere speranza per il mondo. Il vescovo Tardelli ha consegnato al Santo Padre l’invito ufficiale a visitare la diocesi di San Miniato, invito al quale è seguito quello del sindaco Gabbanini, a nome di tutti i sindaci della diocesi, e del presidente della provincia di Pisa Pieroni. Il vescovo ha dichiarato: «Sono molto contento: l’incontro con Papa Francesco ci ha rafforzato nella fede e nell’impegno di testimoniarla». In piazza erano presenti anche molti sindaci del territorio diocesano. La Messa in San Giovanni del pomeriggio è stata seguita da molti in diretta streaming sul sito della diocesi. Il vescovo, a proposito, si è detto contento del fatto che anche gli ammalati, gli anziani e i monasteri di clausura abbiano potuto essere in comunione con noi fisicamente presenti a Roma. Durante l’omelia Tardelli si è soffermato sulla situazione preoccupante della Siria, dicendo come “mentre soffiano venti di guerra nel mondo noi viviamo oggi la possibilità di un mondo nuovo, in cui l’amore vince su ogni avversità”. “La fede infatti – ha continuato il vescovo – non ci aliena mai dal mondo, ma ci incarna in esso. Il vescovo ha concluso poi 42 la sua omelia esprimendo ancora una volta la sua personale soddisfazione per l’esito del viaggio e ringraziando i fedeli per aver risposto all’invito con particolare entusiasmo e ha terminato dicendo: “la Chiesa di San Miniato oggi è tutta qui! È l’ora di tornare ai pullman per mettersi in viaggio; si va via con i piedi stanchi ma con il cuore contento”. 43 Neri Di Bicci, Madonna della Cintola, Giovanni Battista, Tommaso e Bartolomeo, 1470-1475, olio su tavola, 220x220 cm, Museo Diocesano d’Arte Sacra, San Miniato 44 A favore dei beni culturali ecclesiastici diocesani di Elisa Barani e don Bruno Meini In questi dieci anni, intenso è stato l’impegno di Sua Eccellenza a favore dei beni culturali ecclesiastici, sia nell’applicazione delle disposizioni della Conferenza Episcopale Italiana e dello Stato, sia nella regolamentazione interna diocesana, e di conseguenza nell’esercizio di tali direttive, per così dire “sul campo”, col restauro di chiese, canoniche e di opere d’arte. L’attenzione verso la salvaguardia e la promozione di questo patrimonio è stata sostenuta non solo dalla cultura e dalla sensibilità per la materia, ma anche dalla competenza giuridico-amministrativa applicata ai beni culturali, che non tutti conoscono e che emerge nella quotidiana collaborazione con Lui. Il nostro territorio è notoriamente caratterizzato dalla presenza di edifici ecclesiastici (solo le chiese sono 179) ricchi di opere d’arte, come quadri, statue, argenti, tessuti e arredi liturgici, che testimoniano la storia, la fede e la spiritualità delle nostre comunità e che trasmettono ancora oggi il messaggio evangelico attraverso una precisa simbologia architettonica ed iconografica, legata appunto alla storia vivente delle persone e alle vicende del territorio. Il concetto di arte sacra come “biblia pauperum”, risalente a San Gregorio Magno (VI sec.) mantiene intatta la propria validità. Tuttavia, conservare il patrimonio culturale ecclesiastico nel recupero di quello deteriorato dal tempo e dall’incuria, e nel valorizzarlo per renderlo fruibile oggi, ai fini della scoperta della solidità delle nostre radici, è diventato sempre più arduo, a causa della contingenza economica sfavorevole: i fondi destinati al recupero dei beni artistici sono tra i primi ad essere contratti. In questo contesto emerge l’impegno della CEI con i fondi dell’otto per mille e dei moderni mecenati, come le Fondazioni bancarie, in particolare quella della Cassa di Risparmio di San Miniato, che ci riguarda direttamente. Da quando Sua Eccellenza è con noi una delle Sue preoccupazioni in questo campo è stata quella di ridare vigore a tutte le attività del settore, rafforzando in primis la Commissione Diocesana d’Arte Sacra nel 2006 con la nomina del direttore nella persona del prof. Roberto P. Ciardi, professore emerito di Storia dell’Arte a Pisa ed Accademico dei Lincei, e co45 optandone i membri scelti tra ecclesiastici e laici. Alla Commissione sono state affidate competenze ben precise, come organo consultivo nella scelta delle operazioni più opportune nella valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici. Sono molti gli interventi favoriti dal nostro Vescovo, già realizzati od ancora in corso: si citano, ad esempio, il campanile della Cattedrale, Collemontanino, Pianezzoli, Sant’Angelo a Montorzo, Gavena, Cerreto Guidi, Bastia, il campanile di Ponsacco, Bassa, Santo Pietro Belvedere, Partino, Montebicchieri, Camugliano, Cecina di Larciano, Crespina, Torre, la Pieve di Corazzano, ecc. Ricordo che nella primavera del 2007 andai in Curia per proporgli un’idea che avevo maturato negli anni di lavoro al Sistema Museale di San Miniato: portare il Museo Diocesano nelle scuole, invece di aspettarne la visita. La Sua reazione a questa proposta, avanzata da una semisconosciuta laureanda in Conservazione dei Beni Culturali, fu un inaspettato e immediato: “Perché no?”. Gli effetti si sono visti nel lancio di una vasta opera di divulgazione culturale tra i ragazzi dalle materne alle superiori: la didattica e, nel contempo, il recupero della collezione e il restauro di importanti opere, come la Madonna con angeli e santi di Neri di Bicci inaugurato nel 2013, sono alla base della decisione con cui la Regione Toscana ha ufficialmente riconosciuto la qualità del Museo. L’offerta culturale diocesana si è ampliata con l’inaugurazione della Raccolta di opere d’arte liturgica al Conservatorio di Santa Marta a Montopoli in Valdarno nel 2011, progetto per tanto tempo conservato nel cassetto e finalmente messo in atto. Last but not least, l’idea, l’impulso e l’incoraggiamento dato da Sua Eccellenza ad uno degli eventi culturali più rilevanti del territorio nel 2013: l’ostensione di 7 crocifissi medievali in occasione dell’Anno della Fede e dell’anniversario dell’Editto di Costantino, allestita nel santuario del Santissimo Crocifisso di San Miniato. Copie del catalogo sono state richieste dalla sezione del Ministero dei Beni Culturali di Udine, da vari musei diocesani e da una libreria fiorentina. 46 I lavori di restauro alla torre campanaria del Duomo. La mostra dei Crocefissi medievali. 47 1 2 3 4 5 6 7 Nelle immagini alcuni momenti di vita della diocesi degli ultimi dieci anni: 1. Il Convegno Diocesano 2011. 2. A San Romano con le Misericordie e i gruppi Fratres. 3. A La Serra con i bambini del Catechismo 4. A Cerretti, accoglienza in occasione della visita pastorale. 5. Con il Card. Comastri per l’apertura del giubileo del Santuario, nel 2012 6. Celebrazione del Corpus Domini a San Miniato. 7. In preghiera davanti all’immagine 48 della Madonna di Fatima Una Chiesa in cammino di Riccardo Ceccatelli Quando Mons. Tardelli fu eletto Vescovo della diocesi di San Miniato, la Chiesa Sanminiatese aveva da pochi anni chiuso il XIII Sinodo Diocesano, il primo dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, che aveva impegnato tutte le componenti ecclesiali per ben quattro anni, affrontando molti problemi e lasciandone inevitabilmente molti altri aperti, come del resto si legge nel decreto di promulgazione del Sinodo stesso a firma di Mons. Edoardo Ricci, predecessore del Vescovo Fausto: “Sappiamo bene che mentre molti problemi sono stati trattati, proponendo poi orientamenti e norme per la loro risoluzione, altri invece non sono stati considerati o appena accennati. Non poteva essere diversamente. Questo nostro Sinodo è il primo e non l’ultimo passo di un cammino di rinnovamento personale ed ecclesiale che esige da parte di tutti un’attenta lettura dei segni dei tempi affinché la nostra Comunità diocesana possa impegnarsi con forza e soavità a testimoniare agli uomini del nostro tempo Gesù Cristo, Parola vivente del Padre, Verità che ci fa liberi, Vita che ci riempie di gioia, Via che ci guida”. Possiamo affermare che è esattamente da qui che è iniziata, dieci anni fa, l’azione pastorale di Mons. Tardelli nella nostra diocesi per una Chiesa unita e in costante “cammino” (“sinodale” appunto secondo l’etimologia della parola “sinodo” = “camminare insieme”), come ebbe subito a dire a Lucca, al termine dell’Ordinazione Episcopale, rivolgendosi ai numerosi Sanminiatesi presenti, sacerdoti, religiosi e laici: “Presto sarò da voi, per camminare insieme nel Signore”. Sì, evidentemente Mons. Tardelli, ancor prima di conoscerci, desiderava già nel suo cuore una Chiesa capace di camminare in unità e capace di compiere ogni sforzo per leggere i segni dei tempi, in un attento discernimento, in modo da poter testimoniare anche agli uomini del nostro tempo Gesù Cristo, Parola, Verità, Vita e Via. Queste dunque, a mio avviso, le parole chiave per comprendere il cammino pastorale compiuto dalla nostra comunità ecclesiale in questi anni: “camminare insieme nel Signore”, ovvero un cammino di comunione, irrobustito dalla meditazione della Parola di Dio e dalla preghiera costante. 49 E a proposito della preghiera e della meditazione della Parola di Dio va subito sottolineato il continuo richiamo alla lectio biblica in parrocchia, nei gruppi o nei movimenti e aggregazioni laicali, ma anche in famiglia, che ogni anno si è concretizzato nella proposta di approfondimento di brani biblici tratti da diversi libri del Vecchio o del Nuovo Testamento (a partire dall’Apocalisse per arrivare, quest’anno, alla meditazione dei Salmi della Domenica), sempre con opportuna e curata sussidiazione. La preghiera infatti ci pone in un atteggiamento corretto di ascolto del Signore e ci aiuta a discernere la Sua volontà, ciò che Lui vuole da noi, Chiesa di San Miniato, nel momento storico che stiamo vivendo. E questo è proprio quanto il Vescovo Tardelli chiese alla Diocesi con la sua prima Lettera Pastorale “Discepoli del Signore”, dopo pochi mesi dal suo arrivo. A partire da qui è iniziato un itinerario pastorale ininterrotto in cui, a piccoli passi, stiamo cercando di migliorarci per essere sempre più e meglio, come Chiesa, testimoni credibili “della speranza che è in noi”, speranza che nasce dalla fede nel Signore morto e risorto di cui siamo chiamati a rendere ragione in modo consapevole e convinto (cfr la Lettera Pastorale “La Speranza in noi” e le indicazioni per l’itinerario Pastorale 2005-2011 “Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi (1 Pt 3,15)”). In questo itinerario il Vescovo ha sempre voluto valorizzare tutte le componenti ecclesiali, cercando costantemente il confronto schietto e sincero coi laici, attraverso il Consiglio Pastorale Diocesano e la Consulta delle Aggregazioni Laicali, e ovviamente con i sacerdoti nel Consiglio Presbiterale e nelle periodiche Assemblee del Clero. Oltre a questo “confronto” che possiamo definire “ordinario” e costante, in questi 10 anni, il Vescovo Fausto ha ritenuto importante riunire a Convegno Sinodale tutta la Chiesa di San Miniato per ben 2 volte, nel giugno del 2008 e nell’ottobre del 2011. Il Convegno Sinodale del 2008 ebbe come titolo “Vivere e comunicare la Speranza” e vide la partecipazione, oltre ai sacerdoti, religiosi e diaconi, di 150 laici delegati da tutte le parrocchie e dai movimenti e aggregazioni laicali. Fu un vero evento ecclesiale, intensamente vissuto in due serate di discussioni e dibattiti sui vari argomenti proposti nello strumento di lavoro, che si concluse con l’intervento di Mons. Rino Fisichella, allora Vescovo ausiliare di Roma e rettore della Pontificia Università Lateranense, 50 sull’Enciclica sulla Speranza di Benedetto XVI, «Spe salvi». Fu un momento di riflessione e verifica nell’itinerario pastorale 2005-2011 che il Vescovo aveva proposto alla sua Chiesa. Il Convegno Sinodale del 2011 poi mise al centro la famiglia e i giovani. Il tema fu infatti: “Educare alla vita buona del Vangelo in famiglia e tra i giovani”. Oltre 300 i delegati e gli invitati che presero parte ai 10 gruppi di lavoro (suddivisi in cinque ambiti) e molte di più le persone che, da ogni parte della nostra diocesi, furono poi presenti alle conferenze dei due relatori, il prof. Davide Rondoni sul tema dei giovani, e don Paolo Gentili sul tema della famiglia. Questo Convegno segnò l’avvio del lavoro pastorale che si sarebbe concentrato appunto sul tema della famiglia e su quello dei giovani nel successivo anno pastorale. Oltre a questi “eventi” eccezionali che evidenziano anche visivamente come una Chiesa è chiamata, sotto la guida del proprio Pastore, a compiere una cammino di fede e di testimonianza comune, è importante sottolineare come poi, anche nella vita ordinaria, non si debba mai perdere la dimensione ecclesiale e il senso di appartenenza a quella porzione del gregge del Signore che fa capo al proprio Vescovo. Per sottolineare questo aspetto e per far crescere in tutto il popolo di Dio il senso della comunione e della corresponsabilità, sono stati istituiti, in questo ultimo anno, nelle Unità Pastorali della Diocesi, i Consigli Pastorali di Unità Pastorale, dove i laici sono chiamati a partecipare direttamente alla vita e alla missione della Chiesa e a collaborare coi propri parroci alla conduzione “pastorale” delle parrocchie dell’Unità, in stretta relazione con le indicazioni e con le proposte del Vescovo per tutta la Diocesi. Un’esperienza questa appena avviata e che ha ancora bisogno di essere sostenuta e consolidata nei prossimi anni, ma che sottolinea ancora una volta quanto il Vescovo ci tenga a far crescere “insieme” tutta la Chiesa, sacerdoti e laici, religiosi e religiose, dando a tutti voce in spirito di corresponsabilità. Sicuramente, in questi 10 anni, tante cose sono state fatte; ma non si tratta di fare bilanci, né consuntivi, né preventivi. Il Vescovo Fausto infatti ama spesso ripetere che la Chiesa non è una organizzazione, non è una azienda; la Chiesa è il corpo vivente di Cristo. E come corpo vivente cerca di progredire, lentamente, a piccoli ma robusti passi, che tutti devono compiere insieme. Come ha detto Papa Francesco nella sua prima omelia dopo l’elezione a Sommo Pontefice, l’azione pastorale della Chiesa si riassume in tre verbi 51 fondamentali: camminare, edificare, confessare. Camminare alla presenza del Signore; edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; confessare l’unica gloria, Cristo Crocifisso. Anche noi, chiesa di San Miniato, vogliamo allora proseguire con fiducia e speranza in questo cammino di edificazione e testimonianza, sotto la guida sapiente del nostro Vescovo Fausto, trovando conforto nelle parole del Salmo 22 che dice: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome”. A sisnitra in processione per le vie di Santa Maria a Monte per la festa della Beata Diana A destra Ordinazione episcopale di mons. Ciattini Sotto Con i Cavalieri del Santo Sepolcro 52 1 2 3 4 5 6 7 1. Con i giovani di San Miniato. 2. Con il presidente della fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato Antonio Guicciardini Salini e il presidente dell’Istituto Dramma Popolare Marzio Gabbanini. 3. In preghiera davanti al SS. Crocifisso di Castelvecchio. 4. Con i ragazzi di Casa Verde e Stella Maris. 5. I giovani di San Miniato. 6. Di fianco a mons. Mario Aurelio Poli, arcivescovo di 53 Buenos Aires. 7. I funerali del vescovo Ricci. 54 Indice Un pastore da dieci anni con noi di don Francesco Ricciarelli 5 Saluto del Vicario generale di mons. Morello Morelli 7 Breve nota biografica di mons. Fausto Tardelli 11 La parola del Vescovo 13 Dalla Lettera pastorale «Discepoli del Signore» 14 La Lettera Pastorale 2014 2015 «Venite a me voi che siete stanchi e oppressi» 15 Un commento teologico alle lettere pastorali di mons. Morello Morelli 17 La visita pastorale 2007-2010 di Alexander Di Bartolo 23 Conclusione della visita pastorale di mons. Fausto Tardelli 27 Il vescovo e i giovani di mons. Fausto Tardelli 31 Dieci anni insieme a noi di Gabriella Guidi 35 Con il nostro Pastore di Emanuele Salassa 36 I pellegrinaggi 37 A favore dei beni culturali ecclesiastici diocesani di Elisa Barani e don Bruno Meini 45 Una Chiesa in cammino di Riccardo Ceccatelli 49 Stampato Da Bandecchi & Vivaldi Pontedera Maggio 2014
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