ALL’INTERNO SPECIALE STORIE&IMPRESE SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI distribuzione gratuita Graphic designer Tony Baldini Anno IX - numero 1/2 - febbraio/marzo 2014 LA GRANDE TRISTEZZA Disse: «Abbiamo liberato Napoli». Oggi è la città che desidera liberarsi di lui www.chiaiamagazine.it IUPPITER EDIZIONI OBLÒ IL RACCONTO Chi tocca le «cajotole» si rompe un osso Gentile redazione, ecco il racconto della mia caduta. ...Dopo una passeggiata con i miei amici, raggiungo la stazione metro più vicina, annullo il biglietto e mi appresto a scendere le scale fisse. Giunto in cima alle scale, mi trovai la strada sbarrata da quattro “cajotole chiattone” che disposte in orizzontale occupavano tutto lo spazio. Ebbi allora la stupidissima idea di fendere il muro di grasso, passando in una delle fessure lasciate fra una rotondità e l’altra; dapprima, l’idea sembrò buona, entrai nell’ostacolo, ma, nell’uscire, il piedino di una “smilza” mi fece il più classico degli sgambetti. Volai a faccia in avanti e, dopo sette scalini, atterrai sul pianerottolo. L’istinto di conservazione mi fece mettere in avanti la spalla destra sulla quale piombarono i miei oltre novanta chili. L’addetto della metro, subito accorso, gridò: «Non si muova! Abbiamo chiamato il 118. Ce l’ha il biglietto?”. Accennai di sì, glielo porsi e restai steso sul pavimento per oltre un’ora. In ospedale la lastra chiarì tutto: “Frattura del trochite e del collo chirurgico dell’omero destro”. Seguirono 11 settimane terribili, 7 di immobilizzazione - prima fasciatura, poi tutore - e 4 di riabilitazione in “acqua calda”, come disse il ‘luminarissimo’ che mi visitò otto giorni dopo la caduta (sto facendo lo spiritoso, ma R. è veramente il più bravo ortopedico della città). Sin dal primo momento capii che per tre mesi sarei andato fuori uso: non potevo scrivere né guidare l’auto, a tavola mi dovevano tagliare pane, carne e qualunque alimento avesse una minima consistenza, di notte dovevo dormire seduto su poltrona o divano (meno male non in piedi, come il fenicottero rosa che riposa su una sola gamba!). Dell’igiene, preferisco tacere. Una tragedia se non fossi stato assistito in modo commovente da mia moglie Ines. Durante il periodo in cui portai il braccio appeso al collo, i commenti furono (riporto solo le gemme più “preziose”): “Che fortuna hai avuto, in faccia nemmeno un graffio!” o ancora, un sms sentenziò: “Meglio così, ti riposi, servito e riverito”. Un mio caro amico, che telefonava un paio di volte l’anno, cominciò ad inviarmi un sms di saluti quasi ogni giorno. Commosso feci un proponimento: “Appena guarisco, pur di continuare a ricevere tanta solidarietà, cercherò di rompermi l’altro braccio”. Crepi l’astrologo! FRANCESCO IODICE (2) Crisi del terziario e vie senza negozi Gentile direttore, nel numero scorso di Chiaia Magazine ho letto con molto interesse l’inchiesta sulla crisi del terziario a Napoli e sul fenomeno - non solo della nostra città - delle vie senza più negozi. Credo che sia giusto che le istituzioni intervengano per non far morire le città. Credo che sia necessario prendere provvedimenti urgenti per evitare, soprattutto se si vuole puntare sul turismo, di passeggiare tra saracinesche chiuse. Bisognerebbe far capire ai proprietari dei locali che, per pretese fuori mercato preferiscono non fittare l’immobile a prezzi più competitivi, che un negozio chiuso e sfitto è un buco nero in una via e non è un bene per la comunità. Le amministrazioni dovrebbero, sempre nel rispetto della legge, intervenire per far fronte a questo problema che è sotto gli occhi di tutti. Si potrebbe pensare, ad esempio, di far pagare più tasse a quei proprietari che tengono negozi fronte strada sfitti per un tempo superiore ai 24 mesi MARCO SANTINI Il conto del nullatenente BASSOLINO Povero Bassolino! Mentre pazientemente stava ricostruendo il suo percorso politico, attraversato e turbato da troppe inchieste, da cui è venuto fuori o per assoluzione o per qualche prescrizione, nonostante il casco protettivo di rocciatore-narratore, non ha potuto, nei giorni scorsi, schivare una nuova brutta tegola giudiziaria. Stavolta con la magistratura contabile. Nel pieno del “tour” promozionale del suo libro: «Le Dolomiti di Napoli» - che non abbiamo ancora letto ma che ci ripromettiamo di fare presto, anche se intuiamo che sia stato scritto per illustrare le sue immani scalate di amministratore di Napoli e della Campania, di cui noi stiamo scontando errori e sprechi in ogni settore - l’ex governatore a tutto pensava, tranne che a dover rendere conto alla Corte dei Conti di qualche conto, ancora in sospeso, circa il crack Hydrogest e la depurazione tarocca delle acque. Stavolta non si scherza. Il conto è molto salato: il danno erariale ipotizzato tocca vette, quote proibitive, per dirla con il più corretto linguaggio: circa 52 milioni di euro. Pensate: neanche se vendesse una pila di libri, alta quanto l’Everest e il Monte Bianco, messi insieme, riuscirebbe a raggranellare la somma necessaria per saldare il danno. Naturale e comprensibile il suo stupore, espresso in un comunicato stampa, che è anche il nostro, non tanto per la notizia ma per una significativa e colorita discussione, cui abbiamo assistito per caso in metropolitana. Una discussione che riguardava l’ex governatore e il sequestro preventivo del suo conto in banca per il caso Hydrogest. Una signora, molto vivace, nel trarre le conclusioni, ha chiesto a noi tutti : «Scusate, ma Bassolino non è nullatenente? E allora quale cunto e cunto vo’ truvà ’a Corte de’ Cunti!». L’editoriale Dalla grande speranza alla grande tristezza: Napoli dopo 3 anni di de Magistris pagina 3 Il paginone 30 maggio 2011: amarcord della rivoluzione arancione tra proclami, verdetti e speranze pagine 4-5 Primo Piano Associazionismo civico, occhi puntati sulle delibere dello scandalo pagina 7 Il personaggio Francesco Silvestre, presidente Forum della Gioventù: «Ecco la mia politica giovane» pagina 11 Sollecitazioni Stati generali della musica: magie e miti di Cantanapoli pagina 12 Ricordi Mizzi il luciano e il terrazzo dei sogni: tributo ad Alvaro Mirabelli pagina 15 Divinazione Il sacrificio dei Gemelli e il mito di Castore e Polluce. Il mago dell’iniziazione pagina 19 Saper Vivere Le grandi leggende della boxe raccontate da Franco Esposito e Dario Torromeo pagina 27 n u m q u a m SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI Anno IX n. 1/2- Febbraio/Marzo 2014 Direttore responsabile Max De Francesco Redazione Laura Cocozza Progetto e realizzazione grafica Fly&Fly h o r u m l u x c e d e t Società editrice IUPPITER GROUP S.C.G. Sede legale e redazione: via dei Mille, 59 - 80121 Napoli Tel. 081.19361500 - Fax 081.2140666 www.iuppitergroup.it Presidente: Laura Cocozza Stampa Centro Offset Meridionale srl - Caserta SOS CITY Reg. Tribunale di Napoli n° 93 del 27 dicembre 2005 Iscrizione al Roc n°18263 © Copyright Iuppiter Group s.c.g. Tutti i diritti sono riservati Per comunicati e informazioni: [email protected] Responsabile area web Massimiliano Tomasetta Pubblicità (Tel. 081.19361500) Michele Tempesta (392.1803608) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 Si ringraziano Tony Baldini per cover e fotomontaggi, e l’archivio Ruggieri per le fotografie Lancia il tuo Sos, indica disservizi e problemi del tuo quartiere e proponi soluzioni per rendere più vivibile la città. Contiamo su di te. Le lettere, firmate con nome e cognome, vanno inviate a «Chiaia Magazine» - via dei mille, 59 80121 Napoli, oppure alla e-mail [email protected] L’EDITORIALE LA GRANDE TRISTEZZA Max De Francesco Un anno fa servì il crollo di un palazzo per svegliare le istituzioni sulla preoccupante situazione del sottosuolo della Riviera di Chiaia. Cambiano i sindaci ma l’incuria di Napoli non subisce mutamenti. Anzi, il declino di Napoli sta bruciando le tappe. Iervolino e de Magistris: così lontani, così vicini. Non c’è dubbio che il sindaco arancione sia riuscito a superare l’ex primo cittadino nello sport del pianto magnagreco. Amante del vintage style, de Magistris ha scelto i Righeira come suoi bardi tutelari: la canzone che ormai intona in ogni confronto pubblico è “non tengo dinero”, che non è una canzone mononota ma monocorde. Il recente provvedimento “Salva Roma” del premier Renzi per Napoli non è una soluzione, ma il prolungamento di un’agonia che consegnerà al prossimo sindaco una città definitivamente, per usare una terminologia cara all’uomo con la bandana, «scassata e arrevotata». Le «opacità» individuate dai giudici della Corte dei Conti, che hanno bocciato il piano di riequilibrio finanziario architettato a Palazzo San Giacomo, sottolineano senza pietà l’impossibilità dell’attuale amministrazione di dare un domani alla città. «De Magistris non ha avuto il coraggio di cambiare. I problemi erano noti sin dall'inizio, ma è mancata la volontà politica di affrontarli». Così ha detto di recente l’economista Riccardo Realfonzo, assessore al Bilancio della giunta de Magistris prima di uscirne per dissidi insanabili. Non può esservi giustificazione per chi è divenuto sindaco di una città, già disincantata e brutalmente sfiduciata, mostrando un piglio gradasso e una predisposizione strategicamente mediatica alla rivoluzione, ma dimostrando poi sul campo un’inconsistenza amministrativa disarmante e una fasulla apertura allo stile democratico. Fu chiaro e preveggente su quell’ammuina orange Biagio De Giovanni che, nel giorno del trionfo dell’ex magistrato, non inserì alcun gettone nel juke-box degli osanna e disse: «A parte il mio pessimismo cosmico, de Magistris è un caso anomalo e costituisce un rischio in sé per Napoli con la sua demagogia populista. Non faccio previsioni chiuse, però preoccupa anche il suo isolamento dagli altri, considerando che non ha la minima competenza amministrativa. Insomma, sono più preoccupato di prima». Non si chiedono miracoli a un sindaco ma si pretendono azioni concrete per la messa in sicurezza della città. Se si scorrono le promesse di de Magistris candidato, e di quello dei primi fatidici 100 giorni, c’è da rabbrividire per il fallimento di ogni passo, giustificato ora con il penoso refrain delle casse vuote, ora con la malainformazione dei giornali locali, ora con lo spauracchio di un complottismo «nemico del rinnovamento» ora con le onnipresenti mani della camorra e della politica deviata. Un anno fa un palazzo venne giù e per l’intervento prodigioso di qualche angelo caduto dal cielo, sotto le macerie non ci capitò nessuno. Eppure quel crollo poteva essere evitato se, prima la Iervolino e poi de Magistris, come primi cittadini interessati alla salvaguardia e alla manutenzione di Napoli, avessero ascoltato gli “avvisi” dei comitati civici, avessero letto le inchieste dei giornalisti conoscitori del territorio, avessero convocato i commercianti della Riviera costretti, dopo ogni pioggia, a remare nei loro negozi, avessero dato retta a esperti come il geologo Riccardo Caniparoli che dal 2009 annunciava proprio su Chiaia Magazine i pericoli del cantiere della linea 6 della metropolitana. Niente. “Avvisi” finiti nelle fogne, avvertimenti civici sistematicamente ignorati, nonostante la Iervolino, di tanto in tanto lanciasse fantomatiche “campagne d’ascolto” e de Magistris professi ancora oggi il credo delle “assemblee di popolo”. Lo scempio della Riviera era già scritto, documentato e ampia- mente segnalato alle istituzioni. Ma c’erano altre urgenze mediaticamente spendibili (Lungomare “liberato” in primis, l’attesa per il vanesio luna park della Coppa America) che hanno accelerato il decadimento della Riviera con il dirottamento del traffico su una strada soffocata dall’invadenza dei cantieri e con il sottosuolo costantemente sollecitato dalle scavatrici. L’economia della Riviera è crollata quel 4 marzo 2013: il valore degli immobili è precipitato, i commercianti vivono tra segnaletiche e trivelle, le piogge spaventano più di prima e, un anno dopo, esistono ancora famiglie di sfollati, quelli del palazzo crollato e quelli del civico 66. Presto la via, in barba ai tanti problemi che già ha, per la Coppa Davis sarà interessata da un traffico straordinario. Ma de Magistris ha altre visioni da coccolare. Dà ormai l’impressione di non vivere a Napoli. Della città non conosce né la bellezza estrema né la spietatezza improvvisa. Come i trenini di Jep Gambardella, le sue azioni non portano da nessuna parte. O meglio, in questi tre anni sono riuscite, in tempo record, a tramutare una grande speranza in grande tristezza. In questa decadenza de Magistris, c’è da dire, è riuscito a conservare il senso della platea e l’ebbrezza di aggiustarsi i capelli in diretta tv. Alla fine, però, i crolli vengono al pettine. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (3) IL PAGINONE C’ERA UNA VOLTA LA RIVOLUZIONE ARANCIONE Momenti di gloria Il 30 maggio 2011 de Magistris diventa sindaco di Napoli. Una vittoria clamorosa che riaccese le speranze in città. Le parole e le promesse di quel giorno di festa Pino Fermento 30 maggio 2011: Luigi de Magistris stravince il ballottaggio contro Gianni Lettieri e diventa sindaco di Napoli con il 65,37% di voti, ovvero 264.730 napoletani che credono nella rivoluzione arancione. Il suo avversario racimola il 34,62%, equivalente a 140.203 voti. L’altro vincitore della tornata elettorale è l’astensionismo: degli 812.450 napoletani aventi diritto, solo 410.907 hanno votato per eleggere il nuovo inquilino di Palazzo San Giacomo, ovvero il 50,58%. Dai giornali del 31 maggio 2011 riportiamo non solo proclami, sentenze, previsioni e promesse del sindaco ma anche le parole di chi, allora, fu chiamato a dire la sua sulla clamorosa e imprevista (4) CHIAIA MAGAZINE •FEBBRAIO/MARZO 2014 IERVOLINO «Siamo sicuri che de Magistris saprà essere per la città una guida ferma e positiva verso ulteriori mete di sviluppo e democrazia partecipata. Prendiamo atto che la città, a larga maggioranza, resta in mano al centrosinistra, confermando anche per Napoli una tendenza ferma e radicale contro il centrodestra che ormai si profila su tutto il territorio nazionale» (R.R. Iervolino, 31 maggio 2011) vittoria. A quasi tre anni da quel giorno di delirio “orange” e di grandi speranze (non nostre) molte di quelle parole oggi appaiono ancora più vuote e inutili. un mandato popolare davvero significativo al di là dei partiti che mi hanno sostenuto. (de Magistris sul palco) Liberiamo Napoli dalla “monnezza” morale ed etica in cui è stata buttata per troppo tempo. (A. Di Pietro, leader Italia dei Valori) Faccio a de Magistris i miei auguri e un in bocca al lupo. Soprattutto per la città, ne ha bisogno. Abbiamo perso forse perché non siamo stati troppo bravi a spiegarci, a far capire chi era davvero de Magistris, a far capire cosa avremmo potuto fare noi. (Gianni Lettieri, imprenditore e candidato a sindaco per il centrodestra) Ora è il tempo della festa. Questa città se lo merita perché è stata liberata. L’Italia è unita non più solo nel malaffare. È unita sui temi dell’uguaglianza e della libertà. È stata chiusa la pagina politica del bassolinismo, durata vent’anni. I giovani sono i protagonisti di una rivoluzione pacifica. Sono commosso, abbiamo scritto una pagina senza precedenti nel modo di fare politica. Abbiamo scassato davvero. Sento forte il peso della responsabilità perché ho ricevuto Il mio non è un voto di protesta. Non è antipolitica. I napoletani hanno dimostrato cuore e cervello. Il messaggio che viene da qui è una partecipazione straordinaria che viene dal basso: protesta contro il sistema e proposta verso chi, come me, dà un segnale di cambiamento della politica facendo politica. Questa è l’occasione straordinaria anche per la nascita di una nuova classe dirigente del Mezzogiorno. (de Magistris ai giornalisti) Amm’scassato malamente e amm’ pure arrevotato (de Magistris con la bandana) Ho chiamato il presidente della Repubblica. Una telefonata dovuta, del resto lui è un napoletano e gli ho dovuto trasmettere l’entusiasmo dei giovani di questa città. Il presidente mi ha detto che fare il sindaco qui è una delle cose più difficili, ma si è detto contento, mi ha fatto i complimenti e mi ha rivolto gli auguri. Ho ribadito il mio impegno nel dare dignità a questa città. (de Magistris ai giornalisti) Apriremo le finestre per fare uscire il puzzo del compromesso morale e fare entrare il profumo di legalità. La nostra sarà una nuova politica. (de magistris a piazza Municipio) La giunta sarà composta da metà donne e metà uomini, tanti giovani. I partiti li ascolterò ma non mi daranno indicazioni. Io e l’amministrazione non dovremo dare conto a nessuno nei cinque anni che ci attendono se non alle proprie competenze e ai propri ideali. Sarà la giunta più partecipata possibile, composta da persone oneste, coraggiose, credibili, dalle mani pulite. Sarò il sindaco di tutti, anche di quelli che hanno votato Lettieri o gli altri candidati, mi auguro che i consiglieri di opposizione siano concreti ad abbandonare ogni tentativo di “metodo Boffo”, estraneo alla cultura democratica della nostra città. (de Magistris ai giornalisti) Creerò le condizioni perché Roberto Saviano torni a Napoli. Abbiamo liberato la città anche per lui. Mi auguro di poter camminare con lui già nei prossimi giorni in una strada di Napoli. (de Magistris tra i suoi fedelissimi) Non ci saranno problemi con il presidente della Regione, Caldoro. Noi abbiamo idee concrete, ci confronteremo e riusciremo a fargli cambiare idea sul termovalorizzatore. Per quanto riguarda i rifiuti, faremo decollare subito la raccolta porta a porta, togliendo anche i cassonetti dalla strada. E per farlo impiegheremo personale dell’Asìa e chiunque sia addestrato a farlo. (de Magistris ai giornalisti) So bene che troverò tante trappole, ma Napoli non è una città forcaiola. Ho detto fin dall’inizio che avrei rotto il patto tra camorra e politica. Avrei voluto essere magistrato per tutta la vita. Non lo sono più, ma dentro lo sarò per sempre. (de Magistris sul palco) Non mi interessa nemmeno essere ricordata. Voglio solo che la gente di Napoli viva meglio e se accadrà un po’ lo deve anche a me. Vado via arricchita interiormente perché fare il sindaco è stato duro e difficile. A Napoli c’è una cattiveria che non ho visto da nessuna parte al mondo. Così torno al volontariato che è stata anche la cifra del mio mandato: ho lavorato per aiutare i più deboli. Hanno raccontato che porto via con me il casco giallo degli operai dell’Italsider. Se volevano fare uno sfottò, hanno sbagliato. È vero, vado via con tanti ricordi, ma certamente non con due ville a Capri, perché non ho mai fatto piaceri a nessuno. (Rosa Russo Iervolino, ex sindaco di Napoli) Fino a questo momento a Napoli c’è stata tolleranza totale con l’anarchia che ha regnato sovrana. Dopo troppi anni di malgoverno la città ha bisogno di regole certe che siano rispettate. Il compito di de Magistris sarà quello di adottare decisioni impopolari, altrimenti tutta questa “ammuina” non è servita a niente. Chiediamo normalità che non siamo riusciti ad avere in tutti questi anni. (Maurizio Marinella, imprenditore) Per Napoli la vittoria di de Magistris è un sogno che si realizza. Il mio augurio è che sappia scegliere una giunta capace, senza pecore zoppe, di patrioti e non di opportunisti. Un politico si giudica per la sua resistenza alle lusinghe, all’assalto del blocco sociale, al coacervo di politici corrotti, di mafia e camorra. Se de Magistris lo saprà fare si potrà costruire una politica nuova. (Gerardo Marotta, presidente dell’Istituto Italiano per gli studi filosofici) Povera Napoli! Spero che de Magistris come sindaco sia diverso giuridicamente e moralmente da come è stato magistrato. Nelle sue inchieste Toghe lucane, Why not e Poseidone ha registrato sempre innumerevoli fallimenti, nonostante avesse disposto atti coercitivi reali quali perquisizioni e sequestri che non hanno portato a nulla, ma hanno leso l’onorabilità e la dignità delle persone, poi alla fine uscite del tutto pulite. Una delle patologie più rilevanti della sua attività è stata la costituzione della cosiddetta banca dati-Genchi sulla quale è stato apposto il segreto di Stato e che non ha precedenti nella storia delle indagini dei pubblici ministeri in Italia. Se personaggi, come l’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato, lo hanno votato è perché non lo conoscono e non sanno quello che ha fatto. (Enzo Iannelli, ex Procuratore generale di Catanzaro, consigliere di Cassazione) Chi l’avrebbe mai detto che io avrei seguito un magistrato dal pugno di ferro e che lui mi avrebbe fatto sedere a Palazzo? (Pietro Rinaldi, eletto consigliere comunale ed esponente dei centri sociali) Gli unici a fare concorrenza all’entusiasmo del vincitore sono i ragazzi di Insurgencia. Il sindaco gratifica anche loro: «Mi accusano sempre di farmela con i centri sociali, ma che c’è di male?». Ne porta uno anche in consiglio comunale, e per loro è una festa inedita: Combattino, ‘O Ciatto e tutti gli altri con i soprannomi più improbabili hanno portato pure i fuochi d’artificio. Sembra la scena finale del mitico “Angeli con la pistola” di Frank Capra, quando tutti i poveri di Brooklyn fanno da scorta al governatore dello Stato di New York. «Stiamo tutti con il governatore», dicono loro. E i terribili dei centri sociali a Napoli possono dire altrettanto «Stiamo tutti con il sindaco». (Fulvio Bufi, giornalista, dall’ articolo pubblicato sul Corriere della Sera) Ho condiviso la scelta, ma all’inizio l’avevo pregato di non farlo. Rimani a Bruxelles, gli dicevo. Ma lui “Lo faccio per Napoli”. E come lo fermi se ti dice così? Farà bene. Ma spero che i napoletani gli siano vicino e non l’abbandonino. (Marzia Russo, mamma di de Magistris) Mi complimento con de Magistris: ha dimostrato di essere un bomber. Sicuramente sarà molto meglio della Iervolino. (Matteo Renzi) «Con de Magistris dissesto annunciato» Dal nostro archivio abbiamo recuperato un pagina di propaganda elettorale, che uscì due giorni prima del voto del ballottaggio su alcuni quotidiani locali, a firma dell’onorevole del Popolo della Libertà Paolo Russo. Il testo, seppur dal tono elettoralistico, lancia l’allarme sul pericolo dissesto, spiegandone origini e cause. «A poche ore dal voto, dopo una campagna elettorale in cui l’avversario del candidato del centrodestra Gianni Lettieri, cedendo a un vizio antico della sinistra estremista, si è preoccupato più di denigrare che di programmare un futuro per Napoli, desidero con forza richiamare tutto l’elettorato partenopeo e avverto il dovere morale di mettere in guardia la cittadinanza: i cittadini devono sapere come stanno realmente le cose. Napoli è sull’orlo del baratro: dopo 17 anni di forsennata gestione delle risorse pubbliche da parte del duo BassolinoIervolino, il Comune si ritrova immerso fino al collo nel crac finanziario. Si tratta del famigerato «dissesto contabile» sul quale da tempo il centrodestra ha acceso i riflettori: è un dato di fatto, finito persino sul tavolo della Corte dei Conti. La voragine debitoria del Comune nasce innanzitutto da un buco di oltre due miliardi di euro, rappresentato da multe e fitti non riscossi: in teoria si tratta di entrate, cioè voci attive, che però non sono mai arrivate nelle casse comunali. La gestione Iervolino, però, le ha fatte figurare come entrate effettive per costruire un bilancio in pareggio: insomma un trucco contabile. In secondo luogo ci sono gli enormi debiti delle società partecipate: vale a dire un miliardo di euro di perdite, distribuite tra Anm e Metronapoli, Arin, Asia, Napoli Sociale e Napoli Servizi che, non ricevendo da tempo finanziamenti dal Comune, si sono indebitate con le banche. Il Comune stesso, infine, si è a sua volta indebitato con gli Istituti di credito i quali adesso non concedono più prestiti né al Comune né alle partecipate. Un dramma che ha tra le sue conseguenze un ritardo di tre/quattro anni nel pagamento ai fornitori e alle imprese, con relativo blocco di servizi e di opere pubbliche. Di fronte a questo scenario apocalittico, De Magistris, come ha dimostrato clamorosamente negli ultimi faccia a faccia televisivi, affidandosi a un’urlata demagogia, ha confermato una disarmante ignoranza sulla situazione reale dei conti del Comune e ha parlato vagamente di una lotta agli sprechi. L’unica via d’uscita, invece, seria, concreta e immediata, è la soluzione di Gianni Lettieri: chiedere al Governo la legge Obiettivo per Napoli, cioè un provvedimento capace di sbloccare immediatamente fondi e procedure amministrative, scavalcando la burocrazia. Senza questa legge straordinaria e l’appoggio di Governo e Regione, nel giro di 6 mesi al futuro sindaco non resterebbe che dichiarare il dissesto finanziario perché il Comune non garantirebbe più le funzioni e i servizi indispensabili. Per legge, allora, ogni centesimo sarà bloccato per pagare i debitori e potrebbe durare anni e anni; migliaia di dipendenti comunali rischieranno di essere licenziati; imposte e tasse locali saranno portate al massimo; scatterà la svendita colossale dei beni immobiliari del Comune; tra le ricadute dirette, poi, il fallimento dei creditori non in grado di resistere. Infine: la catastrofe politica in quanto il Consiglio Comunale verrebbe sciolto con paralisi delle attività amministrative e di spesa e si ritornerebbe tristemente al voto. Vogliamo tutto questo? Vogliamo perderci dietro ai furori giustizialisti e antipolitici invece di pensare a ridare un senso e una salvezza alla città? Lettieri è già al lavoro per costruire con il governo nazionale un ponte “salva Napoli” attraverso la legge Obiettivo, strumento fondamentale per ridare slancio e possibilità di rinascita a una città a rischio dissesto. Credo, dunque, che non sia una questione di destra o sinistra, ma di puro buonsenso e di realismo amministrativo, qualità che un imprenditore come Lettieri ha nel suo Dna e che un ex magistrato come de Magistris, tutto codici e proclami, mostra di non possedere. Votare de Magistris significa chiudere Napoli, avviandola a un dissesto annunciato». CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (5) (6) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 PRIMO PIANO ASSOCIAZIONISMO CIVICO, LA DENUNCIA Riflettori sulle delibere dello scandalo Laura Cocozza La casa di vetro promessa da Luigi de Magistris nel giugno del 2011, poco dopo essere diventato sindaco di Napoli, si è opacizzata. A dirlo a gran voce, i rappresentanti di tre associazioni civiche partenopee: Bona Mustilli e Antonella Pane per Progetto Napoli, Manfredi Nappi per Alpi (Associazione lotta alle piccole illegalità), e Lucio Mauro per Cittadinanza attiva in difesa di Napoli. Le ragioni della mancata trasparenza vanno ricercate nel cospicuo dossier presentato alla stampa dalle associazioni, in cui si fa luce su una serie di delibere, approvate dal Comune di Napoli durante il 2013 e mai rese veramente pubbliche, riguardanti azioni amministrative che poi avrebbero avuto un peso rilevante sulla cittadinanza. Solo con una panziente opera di indagine, che è passata attraverso la richiesta di documenti e atti al Comune e alla Soprintendenza, le associazioni civiche sono riuscite a “pulire” il vetro di Palazzo San Giacomo e sbirciarvi dentro. Ed hanno scoperto, ad esempio, che il 13 agosto 2013, in un periodo in cui l’attenzione della stampa si allenta e la città si svuota, il sindaco e la giunta, lavorando al pari di uno sciame di api laboriose, emanavano ben 28 delibere, sui più svariati soggetti. Tra queste, la delibera 637 che ha sùbito attratto l’attenzione dell’architetto Antonella Pane. Con essa si approvava uno studio di fattibilità per il restyling del tratto di costa da largo Sermoneta al Molosi- glio, allo scopo di pedonalizzare tutta via Caracciolo. Lo studio era stato presentato a marzo dall’architetto Carmine Piscopo, allora direttore del Dipartimento di Progettazione urbanistica della Facoltà di Architettura dell’Università Federico II, che nel frattempo era divenuto assessore alle Politiche urbane del Comune stesso. «Una coincidenza certamente» ironizza la Pane. Ma c’è di più. La delibera viene trasmessa alla Soprintendenza per i Beni architettonici la quale, a sua volta, la trasmette alla Direzione regionale del Ministero dei Beni culturali, che il 14 febbraio scorso non solo esprime parere negativo sulla prospettata pedonalizzazione, ma bacchetta il Comune, invitandolo non solo a ripristinare la scogliera e rimuovere i “baffi”costruiti per la Coppa America ma anche a intervenire sul degrado e sui monumenti della Villa comunale. A proposito di queste ultime due questioni, l’investigazione dei cittadini ha portato alla luce anche una lettera risalente al 24 settembre 2012 in cui il dirigente della Direzione centrale infrastrutture del Comune segnalava la richiesta di 3 miloni e 389mila euro che l’Ansaldo avanzava a causa del ritardo dei lavori e degli oneri sostenuti per l’attuazione del dispositivo di viabilità richiesto dal sindaco per la Coppa America. «Sono quegli stessi lavori - precisa l’archietto Pane - che hanno sventrato la Villa Comunale per realizzare una strada costruita senza caditoie perchè doveva avere carattere temporaneo. Ci chiediamo allora: siamo sicuri che non ci siano legami di causa effetto tra il protrarsi della Ztl e gli allagamenti dell’autunno 2012? Sulla Ztl l’avvocato Nappi rincara la dose presentando un articolato ricorso al Tar da parte di 35 cittadini contro il piano traffico. «Il lungomare è inserito tra le vie di fuga della Protezione Civile ed è dunque impensabile la sua pedonalizzazione» sottolinea tra l’altro. Pedonalizzazione che dal 16 giugno, ricorda ancora Nappi, potrebbe entrare di nuovo in vigore. Anche Lucio Mauro ha compiuto indagini e spulciando l’Albo pretorio del 17 febbraio scorso ha trovato la determina n.21 del 31 dicembre 2013 con cui il capo di gabinetto Attilio Auricchio autorizzava la spesa di mezzo milione di euro per la non meglio precisata “definizione dei rapporti tra gli organizzatori della Grande partenza del Giro d’Italia”. «500mila euro sottolinea Mauro - alla Rcs organizzatrice dell’evento, per un Comune in dissesto ci sembra una cifra scandalosa su cui si dovrebbe indagare». Contro la crisi meglio unirsi Aderisci al CONSORZIO DEI MILLE PERCHÉ CONSORZIARSI? 1) Perché dà l’opportunità di partecipare ai bandi regionali e comunali. 2) Perché dà la possibilità di accedere ai fondi per l’innovazione e la tecnologia. 3) Perché serve a sostenere le nostre imprese attraverso alcuni vantaggi fiscali 4) Perché determina l’apertura a concrete progettualità di inclusione turistica. Chi è interessato ad aderire può telefonare ai numeri 081.404349 - 392.1803608 o inviare una mail a [email protected] CHIAIA MAGAZINE •FEBBRAIO/MARZO 2014 (7) (8) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 PRIMO PIANO CRISI E LUDOPATIA, LA DENUNCIA Usura, un giro da 15 miliardi all’anno Carmine Zamprotta Il vertiginoso aumento di sale per scommesse e bingo ha posto in evidenza un dato sconcertante che coinvolge il capoluogo partenopeo: sono tantissimi i napoletani indebitatisi non solo per la crisi economica, ma anche per tanti e assurdi debiti di gioco. Di conseguenza, una parte della città rischia di essere strozzata dall’usura. L’economia napoletana è malata, nessuno investe in città, mentre sono in continuo aumento i dati sulla disoccupazione, non solo giovanile. E così, per far fronte a necessità reali e non, in tanti ricorrono agli usurai per ottenere prestiti. Chi si rivolge ad uno strozzino, imbocca una strada senza ritorno. Nell’ultimo decennio l’usura è in forte ascesa, soprattutto tra i vicoli della Napoli vecchia e popolare, e in particolare ai Quartieri Spagnoli, dove non pochi definiscono “benefattori” personaggi che concedono prestiti che raggiungono facilmente il 150 per cento di interessi. Gli inquirenti li definiscono “finanziarie della camorra”, proprio perché praticano prestiti a tassi usurai abilmente maggiorati rispetto a quanto pattuito all’inizio. Dati recenti confermano che tra Napoli e provincia sono migliaia le casalinghe, i pensionati e i lavoratori finiti in questa pericolosa morsa. Solo nello scorso anno sono stati segnalati oltre 637 casi, con un giro d’indagine che coinvolge migliaia di persone. La Campania accoglie il dodici per cento di questo fenomeno a livello nazionale, e ogni anno il fatturato dei cravattari aumenta: si parla di un giro di affari superiore ai quindici miliardi. Dunque, nonostante sia in atto una vera e propria battaglia per la legalità da parte degli inquirenti, il fenomeno continua a crescere, e sono in aumento le fasce di popolazione a rischio usura. Oggi la camorra non taglieggia solo gli imprenditori in difficoltà, pronti a cedere le proprie attività commerciali per pagare i debiti accumulati, ma anche i cittadini che si ritrovano con l’acqua alla gola. E infatti recenti indagini hanno confermato che il 55 per cento di richieste di prestito è di operai, casalinghe e impiegati. In questi casi, non potendo ottenere bani di valore, gli usurai hanno adottato nuove tecniche di pres- sione, come le molestie o gli abusi sessuali nei confronti delle donne debitrici o mogli di debitori. Non sono immuni dal fenomeno, poi, le imprese che trovano le porte chiuse da parte delle banche. Associazioni di consumatori e commercianti hanno lanciato l’allarme, e una risposta concreta non è mancata da parte degli organi inquirenti, mobilitati con un apposito pool di magistrati. Intanto, sono in aumento denunce e segnalazioni, grazie all’impegno di associazioni antiusura, istituzioni e commissariato antiracket. Stando ai dati forniti dalla Dda sul fenome- no usura, e grazie alle recenti inchieste, è stato accertato che i reati economici a Napoli si sono trasformati in una pericolosa piaga sociale, e non è un caso che gli inquirenti rivolgano continui appelli ai cittadini, contattando le vittime in modo anonimo. Si tratta di un delicato impegno teso a convincere chi è sfruttato a denunciare questi reati. Purtroppo, la collaborazione delle vittime è difficile da ottenere, mentre tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli l’omertà fa da scudo nei confronti di questi “benefattori”. L’impegno delle Forze dell’ordine è massiccio nei confronti di questa nuova categoria di taglieggiatori, la cui matrice di appartenenza a un clan è ben nota. E non è un caso che rifioriscano diverse finanziarie che, grazie a una pubblicità ingannevole, attirano sempre più clienti, per poi praticare, in seguito, tassi altissimi. L’unica alternativa per combattere questa piaga sociale sta nel rendere e facilitare l’accesso al credito per le imprese piccole e medie, mentre resta fondamentale l’affidamento alle associazioni antiracket delle vittime dell’usura. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (9) (10) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 IL PERSONAGGIO FRANCESCO SILVESTRE, PRESIDENTE FORUM REGIONALE DELLA GIOVENTÙ Idee e territorio, la mia politica giovane Livia Iannotta «Tanto sono tutti uguali». Ci si blinda dietro frasi stereotipate come questa quando c’è da scommettere sulla politica. Per la gente, i Palazzi sono covo di venditori di fumo e illusioni, giochetti sulla scacchiera del potere, inciuci, corruzione. Poi incontri giovani come Francesco Silvestre (nella foto), nuove leve della politica che si fanno largo tra nepotismi e malaffare sventolando la bandiera dell’entusiasmo. E un po’ torni a credere anche tu nell’inversione di marcia. Silvestre ha 29 anni, una laurea in giurisprudenza e un curriculum nutrito, a dispetto dell’anagrafe. Si avvicina alla politica ad appena 15 anni, ricoprendo il ruolo di coordinatore del movimento giovanile della Margherita, per il collegio di Casandrino-Grumo Nevano-Sant’Antimo. Oggi, membro del Nuovo Centrodestra di Alfano, è presidente del Forum regionale della Gioventù della Campania, organo del Consiglio regionale che ha il compito di promuovere sul territorio iniziative per i giovani. «Amo la politica perché la politica ha scelto me ed io la faccio con pas- sione», ripete spesso durante l’intervista. E basta questo a far capire che non tutti sono disposti a sporcarsi nella “palude”. Che c’è ancora chi concepisce la politica come ascolto, vicinanza, vocazione. «Si fa politica perché si vuole cambiare qualcosa rispetto a quello che si è ereditato. Io la faccio a contatto col territorio, di tasca mia, raccogliendo dal basso le vere esigenze. È una passione che viene da dentro. Non ha orari, è disponibilità verso il prossimo, lotta al malaffare Quello che hanno perso di vista i partiti, di destra come di sinistra o di centro, è che il politico rappresenta l’istituzione, la collettività». Come a dire: seppelliamo la politica traballante, sul costante filo del paradosso del passato. «Quella che ci hanno insegnato è una politica non vincente, che non ha ottenuto risultati: in Campania il tasso di disoccupazione è al 41%, la sanità non funziona, le imprese partecipate della Regione sono al 70% in regime di cassa integrazione, i privati soffrono». Che la svolta sia possibile, lo dicono i fatti. Da ottobre 2013 quando, dopo aver ricoperto il ruolo prima di tesoriere e poi di consigliere dell’Ufficio di Presidenza, Francesco Silvestre è stato eletto al vertice del Forum grazie al sostegno del centrodestra e di larga parte delle associazioni, ha già incassato risultati importanti. Il primo: sei borse di studio, per un totale di 5100 euro, da destinare, grazie ad un protocollo d’intesa con la Federico II, a giovani meritevoli in condizione economica disagiata. «Non è giusto che possano formarsi professionalmente soltanto coloro che possiedono una posizione agiata. Tutti i giovani sono prioritari, perché portatori di innovazione, nuove idee e nuove formule», commenta. L’impegno di Silvestre su questo fronte è stato soprattutto pungolo per le istituzioni. A inizio febbraio, infatti, la giunta regionale ha approvato una delibera che stanzia 50 milioni di euro da investire nel sistema universitario campano, a favore dei giovani laureati. Della somma, 30 milioni sono destinati ai dottorati di ricerca, 10 milioni a borse di studio per le specializzazioni in materia sa- nitaria, 8 milioni agli assegni di ricerca da attuare a cura degli organismi di ricerca; 2 milioni, sotto forma di voucher, ai laureati che intendono frequentare master di secondo livello. «Sono vicino ai giovani perché lo sono io in primis, per cui ho un approccio più moderno rispetto alla visione dei politici vecchio stampo». E il Forum, da questo punto di vista, è un vero e proprio incubatore di idee: «Le proposte dei giovani non devono morire. Chi ha un progetto su qualsiasi tematica può portarlo al vaglio del Forum. Se lo riteniamo valido, possiamo concedere un patrocinio sia morale che finanziario». Tra i progetti in cantiere, poi, una quattro giorni su Napoli, i cosiddetti “Stati Generali delle politiche giovanili in Campania”, a cui parteciperanno 305 Forum del territorio. «Al termine dei lavori verrà fuori una proposta di legge regionale sulle politiche giovanili da portare sui tavoli istituzionali - spiega - Saranno i giovani a dire la loro sul progetto di legge. È questo il mio obiettivo, farmi portavoce delle esigenze dei giovani in materia di imprenditoria, politiche sociali, pari opportunità, ambiente». CONSULENZA IN MATERIA CONDOMINIALE E IMMOBILIARE - Servizi di gestione condominiale ordinaria e straordinaria - Servizi di natura fiscale e aziendale - Servizi di iscrizione a ruolo presso il Tribunale - Servizi di consultazione e ricerca presso la Conservatoria Per Info: tel/Fax 081.19804242 www.studiopasqualemarigliano.it Via Chiaia n° 160 - 80121 Napoli CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (11) SOLLECITAZIONI COSÌ FANNO MORIRE IL MIO CILENTO Il Cilento muore ogni giorno. Strade chiuse, frane, smottamenti, terremoti e alluvioni. Il mio Cilento sta naufragando come le promesse mancate di politicanti di terz'ordine che promettono l'Eden ma poi lasciano la palude. Da anni sotto scacco dei soliti potentati locali, una sorta di feudalesimo barocco che ormai è penetrato nel dna degli stessi cilentani. Le aree interne, diceva Manlio Rossi Doria, sono quelle che andrebbero maggiormente tutelate e protette, sono lo scheletro vero del paese. Definì alcune aree interne della Campania e dell'Appennino proprio «la terra dell'osso». La nostra «terra dell'osso» della provincia di Salerno è l'area a Sud di Eboli. Dove Cristo si è fermato, ma non è più ripartito. Dove per ottenere i propri diritti bisogna urlare in uno spazio vuoto. Dove si chiudono gli ospedali, dove si cercano di insediare discariche, dove si chiudono gli uffici postali, dove i servizi essenziali di sopravvivenza vengono barattati come patate o funghi. Dove, ancora oggi, anno del Signore 2014, si muore sulle strade, bagnate dal sangue di chi le percorre alla ricerca della vita e di un futuro spezzato. Così è morta Emma, giovane ambientalista che tornava da Pollica. Da un paese che pochi anni fa è stato bagnato dal sangue di un uomo perbene. Dove c'è un parco del Cilento che dovrebbe maggiormente tutelare il territorio e non essere una gabbia in cui lottare per ottenere un posto da presidente. Chi vive nei paesi interni si sente come un cittadino di serie B, lasciato solo, come se non fosse Campania, come se non fosse Italia. Ognuno è migrante nella propria terra, vivendo su un barcone come i naufraghi che dalla Libia partono per credere ancora che valga la pena di provare a vivere. Il nostro barcone è l'inedia, l'apatia in un mare di attese. Io amo il Cilento, amo il paese in cui sono nato, Roccadaspide, il mio posto dell'anima, il luogo della memoria e degli affetti, molti dei quali non ci sono più. “Un paese abbarbicato sulla montagna come una rana gigante”, lo avrebbe definito Maria Teresa di Lascia, poetessa e attivista radicale morta prematuramente e nata in un piccolo paese della Puglia. Ho una profonda rabbia per l'abbandono del territorio, per luoghi piccoli ma indifesi come bambini al freddo. Il Cilento interno è ricco di storia, di luoghi ameni e meravigliosi, ma è in uno stato di totale abbandono. Ci si ricorda solo d'estate della bellezza dei luoghi, quando anche i padroni di questa regione vanno a bagnare le loro natiche nel mare trasparente di Acciaroli o di Castellabate. Se girassero come ho girato io questi paesi, si renderebbero conto della profonda dignità di contadini e gente di montagna che Nuto Revelli definisce in un suo bellissimo romanzo "I vinti". In quella terra c'è il sangue dei braccianti che hanno lottato per il loro pane, c'è il grido muto di generazioni di donne abbandonate dai mariti che con la valigia di cartone partivano per le fabbriche del nord. Si sente ancora e si respira in alcune case quell'odore, quel senso di sacrificio e di amore. Peppino ormai ha più di 80 anni e ogni mattina con la sua vespa va a pascolare i propri animali in montagna. Schiena diritta, sigaretta sulle labbra, come in un quadro impressionista, non si piega mai. Lavora e ama la sua terra. Il Cilento è questo. Un vecchio che non si stanca mai. Perché la terra lo nutre. Quella stessa terra che gli ha dato la vita. ANDREA D’AMBROSIO, regista (12) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 STATI GENERALI DELLA MUSICA Magie e miti di Cantanapoli Umberto Franzese La canzone napoletana non invecchia, ma neppure gode ottima salute. Malata perché piuttosto priva di valori, di sentimenti, di essenze vive, perché si regge sul giovanilismo piazzaiolo e su temi evanescenti ed inconsistenti. Se non invecchia è perché al suo attivo conta giovani e agguerriti cantori. Avrebbe, però, bisogno di dare spazio e fiato alle nuove promesse, ma fin quando sulla scena vengono proposte vecchie cariatidi passate di moda, inefficaci, c’è poco da stare allegri. “Largo ai giovani!” è una bestemmia. “Fare squadra” è più che peggio, è pura finzione. La fortuna e la grandezza della canzone napoletana e dei suoi interpreti nasce alla scuola di grandi maestri se non addirittura fra le mura dei Conservatori. A quelli che hanno la fortuna di passare una o più volte in TV, il successo è assicurato. E se si tiene conto che per lo più in TV passa il peggio del peggio, cosa c’è da sperare? I migliori non sono quelli che possono contare più presenze in Tv e cavalcare le piazze. Sono, viceversa, al di fuori delle operazioni affaristiche. Vengono forgiati attraverso i recital, le atmosfere di laboratorio, le sperimentazioni, le proposte colte e raffinate delle composizioni d’autore. La canzone napoletana ha avuto modo d’imporsi e durare nonostante il mutare di mode e l’evolversi della lingua e degli schemi musicali. Quando si è stati tentati di esprimersi cambiando le radici e i contorni del suo sviluppo e ciò, in parte è avvenuto, si è dovuto risciacquare i propri panni nelle bollenti acque ai piedi del Vesuvio. Le soluzioni trovate non affondano più nel classicismo ottocentesco, bensì in categorie innovatrici, irregolari e persino imprevedibili. Irregolari ma non estranee e lontane dalla matrice di ceppo antico. Ciò che appartiene al patrimonio comune può trovare appigli diversi, reti più ampie, ma non improprie, snaturate. Buon gusto, sensibilità artistica, diversità stilistiche, costituiscono la forza di una maggiore nitidezza espressiva. La lingua napoletana è altro oggi, perché provvista di varietà autonome. Tutto il contesto è cambiato per una serie di ragioni storiche e culturali. Meno passato e più presente prossimo. Per certi versi la lingua, originale per purezza, è meticcia per costruzione, meticcia da restarne talvolta sofisticata. E i suoni, grazie ad una esplicita compensazione, hanno subito un rigoroso imprimatur. Esiste un filtro che genera un uso strutturato e netto. Viene respinta l’immobilità e la cristallizzazione e neppure vanno favoriti l’imbastardimento e la semplificazione. Dalla canzone popolare alla canzone più vasta di significati attraverso processi rivalutativi e senza per- dere di vista la matrice identitaria. Poesia e musica, musica e poesia, l’intento è, con libertà e proprietà di linguaggio competere degnamente con tutte le altre arti. Napoli era come Parigi, come Vienna, come New Orleans. Napoli è mediterranea, Napoli in rosa, Napoli ai piedi del Monte. Come Parigi e Vienna città di grandi tradizioni musicali. Da Parigi e come Parigi, con l’Ottocento il Café Chantant e sale di concerto, sale da ballo e caffè Concerto. La villanella e l’opera buffa o più verosimilmente la melocommedia, come sostiene Gennaro Borrelli. Non da archiviare, sono la posteggia e i canti di devozione, i canti a figliola, i mottetti, i riboboli, gli intermezzi, ritorno di moda dell’opera seria e semiseria. Catalogate seppure congelate, dopo transitorie iniezioni, le Piedigrotte, ricordo di una canzone di un tempo rigogliosissimo. Il dialetto napoletano come lingua ufficiale del Regno sin dal periodo aragonese, fonte di vitalità artistica. Napoli dei grandi poeti e musicisti: Goethe , Lamartine, Stendhal, Metastasio, Auber, Haydn, Bellini, Rossini, Donizetti. Napoli città d’arte scelta come terra d’elezione. Napoli come New Orleans, città del Sud, città portuale, spagnola e francese, calda e musicalmente apparecchiata. Napoli mediterranea, araba, sanguigna, popolare, senza controllo, estemporanea. Napoli ai piedi del Monte, tra tradizione e innovazione, con l’autorità dei migliori compositori ed esecutori: Girolamo De Simone, Max Fuschetto, Vincenzo Romaniello, sacerdoti di moderni misteri. Napoli in rosa, tra il nascere della notte e del giorno, con motivazioni e alternanze altrettanto vere e diverse: Fiorenza Calogero, Francesca Bellofatto, Consiglia Licciardi, Antonella Morea, pervicaci, esigenti nella ricerca e nella sperimentazione. I canti a figliola di zì Giannino, la posteggia di Mastro Masiello, le assonanze e dissonanze di Ciccio Papasso, Napule antica di Fernando Galano, Gio’ Di Sarno. Realtà diverse, accadimenti diversi. Taluni copiutamente e straordinariamente venuti fuori nelle Prime di microConcerti, di commedie musicali o al Premio Masaniello e, come è accaduto di recente, nel Convegno Spettacolo “La Canzone napoletana e sue contaminazioni” nel corso degli Stati Generali della Musica al Trianon – Viviani. SOLLECITAZIONI la vignetta di Malatesta IL SUDISTA Mimmo Della Corte RC AUTO, UN SALASSO IGNOBILE Colmo di fulmine Diario stupendo LA GRANDE BELLEZZA La vita secondo Jap Gambardella Il «Diario stupendo» di questo numero è dedicato al film «La grande bellezza» di Paolo Sorrentino, vincitore del premio Oscar 2014 come miglior film straniero. Di seguito alcune tra le più significative e pungenti citazioni di Jap Gambardella, lo scrittore antieroico interpretato da Toni Servillo. «È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l'emozione e la paura… Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile». «Quando, da giovane, mi chiedevano: cosa c'è di più bello nella vita? E tutti rispondevano: "la fessa!", io solo rispondevo: "l'odore delle case dei vecchi". Ero condannato alla sensibilità!» «So' belli i trenini delle feste, so' belli perchè non vanno da nessuna parte!» «La più grande ambizione di Flaubert era scrivere un romanzo sul niente, se ti avesse conosciuta avrebbe avuto un grande spunto». «È così triste essere bravi, si rischia di diventare abili». «Io berrò molti drink, ma non molti da diventare molesto e poi, quando voi vi alzerete, io me ne andrò a dormire!» «La tua vocazione civile ai tempi dell'università non se la ricorda nessuno. Molti invece ricordano personalmente un'altra tua vocazione che si esprimeva a quei tempi ma che si consumava nei bagni dell'Università...» «La più sorprendente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare!» «Sull'orlo della disperazione, non ci resta che farci compagnia, prenderci un po' in giro!» «Diamo sempre il meglio di noi agli sconosciuti». di RENATO ROCCO L’europeo vive, l’italiano sopravvive. La vita è come uno spettatore a una partita di tennis: è preferibile il posto all’ombra. La devozione è una sceneggiata per la divinità. Il pessimista è uno informato su tutte le cose, l’ottimista è uno informato su Dio. Il tempo passa, ma non mi trova. Le parole sono le foglie di fico del pensiero. L’amore delle galline viene sempre a gallo. Una discriminazione assurda ed assolutamente inaccettabile, che va cancellata nel più breve tempo possibile. Oggi, però, prima di domani. Noi meridionali, e soprattutto campani e napoletani, visto che è proprio qui che si paga di più, siamo già stati costretti a sopportare troppo a lungo la beffa di accollarci il più alto onere nazionale ed europeo per il pagamento della Rc auto, per continuare a reggerne il peso e l’iniquità ancora oltre. Ci pensino il governo e la lobby delle assicurazioni, siamo pazienti, ma non troppo e la nostra ira - per dirla con l’indimenticato principe del sorriso, Totò - sta già raggiungendo l’eccedenza e, quindi, non siamo più disponibili a lasciarci prendere per i fondelli, con sconti orizzontali utili a ridurre i costi per tutti, dalle Alpi al Capo Passero, lasciando, però, inalterata l’enorme sperequazione a tutto danno di Napoli e del Mezzogiorno ed a vantaggio dei “fichi” nordisti. Un’ingiustizia che è cominciata tantissimi anni addietro e che è cresciuta, anno dopo anno, sempre di più senza soluzione di continuità ed al punto che, attualmente, a Napoli per assicurarsi, si paga ben il 400 per cento in più di quanto si paga nelle altre grandi città italiane. E poiché, la forchetta fra quello che si paga in Campania e nel Mezzogiorno e quanto si paga nel resto del Paese ed in Europa - è arrivata a livelli parossistici ed insopportabili, la stessa Antitrust che, fino all’anno scorso, è rimasta in religioso, ma così assordante silenzio, da far pensare che tacesse, per non inimicarsi la potente lobby delle assicurazioni, alla fine è stata costretta a ren- dersene conto ed a rimarcarla in un recente dossier sull’argomento. La giustificazione che le compagnie pongono da sempre a fondamento della loro pretesa, è – teoricamente – ineccepibile, ma non regge. Perché, se è vero, com’è vero, che vanno puniti quelli che denunciano falsi sinistri, non è assolutamente accettabile che i signori delle assicurazioni sparino nel mucchio, finendo, così, per colpire tutti gli automobilisti meridionali, anche quelli che si assicurano per la prima volta e quelli virtuosi che gli incidenti non solo non li denunciano ma nemmeno li fanno, che sono la stragrande maggioranza anche a Napoli. Sappiano i lombrosiani di ritorno del terzo millennio: Governo, parlamentari del Nord e lobby delle compagnie, che l’Italia del tacco ha le scatole piene di passare per la banda del buco dei bilanci dei loro “protetti”. Certo, non si può negare che al Sud si facciano più incidenti (e con le strade che ci ritroviamo non potrebbe essere che così), ma quelli più pesanti per le casse delle assicurazioni – come conferma il dossier “Rcauto quanto ci costi?” realizzato da “Cittadinanzattiva” – si registrano in Padania. Insomma, anche sul fronte assicurativo (ricordate la vicenda delle quote latte, sforate dai “purissimi” ed “onestissimi” allevatori amici di Bossi e Salvini e risarcite con i Fas destinati allo sviluppo del Sud?) il Nord fa i propri comodi ed il Mezzogiorno ne paga le conseguenze. A questo punto, visto che da questo orecchio “lorsignori” sembrano non volerci sentire, delle due l’una: o la disobbedienza civile, rifiutandoci di pagare, oppure un trasferimento massivo di residenza al di là del Garigliano. «Cosi è se vi pare», ma anche se non vi pare. CHIAIA MAGAZINE •FEBBRAIO/MARZO 2014 (13) (14) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 RICORDI QUEL TERRAZZO DEI SOGNI IL MESTIERE DI SCRIVERE MIZZI, IL LUCIANO I suoi articoli erano precisi come lame Nel mese di ottobre è venuto a mancare Alvaro Mirabelli, cofondatore della Iuppiter Group, direttore di Chiaia Magazine dal 2006 al 2009, giornalista di razza sempre controcorrente, artefice di meravigliose inchieste e memorabili ritratti. A dicembre abbiamo pubblicato una bacheca di pensieri scritti dai suoi amici più cari. Continuano ad arrivare in redazione testimonianze d’affetto e ricordi del nostro formidabile “Mizzi”. In questa pagina pubblichiamo i contributi di Francesco de Notaris e di Paolo D’Angelo. Francesco de Notaris «N’ata vota? È sempe ‘o figlio e’ l’avvocato». Nel vecchio palazzo di via Santa Lucia 34, ora abbattuto e ricostruito, all’angolo del vico Storto al Pallonetto, in un grande cortile affacciavano un garage certamente non con le ‘carte a posto’ ma tollerato dal condominio perché utile ai condomini, al custode, al garagista e a qualche ‘raccomandato’, al quale veniva custodita l’auto, e poi un elettrauto, un meccanico, un’agenzia immobiliare, il retro di un bar, l’alloggio del portiere. All’ultimo piano, al IV di quel fabbricato, oggi di sei con sopraelevazione, abitavano l’avvocato, la moglie nobile, e Alvaro, detto Mizzi, con il fratellino Massimo. Il grande terrazzo della casa Mirabelli era la meta preferita dei ragazzi di Santa Lucia, di quelli che abitavano nei palazzi prospicienti la strada e dei tanti amici del vico, del Pallonetto e strade adiacenti. Il terrazzo era una sorta di ‘crocevia’ di più culture, ma era considerato il campo di calcio preferito. L’altro era sul terrazzino di copertura della Canottieri Napoli e qualche mini partita si faceva anche sui giardinetti della Litoranea o in via Generale Orsini dietro l’Excelsior. Si narra che qui il Re Juan Carlos I di Spagna, nato a Roma, residente da piccolo anche all’Excelsior, vi abbia giocato in incognito. Il terrazzo di Mizzi era ‘zona franca’, inaccessibile ai vigili urbani e ai camerieri del Circolo nautico impegnati in azione di sequestro di palloni, ai numerosi aspiranti giocatori o competitori che ciondolavano o che occupavano gli spazi a livello strada denominati ‘campetti’. Il terrazzo di Mizzi era il campo privato e per giocare bisognava essere amici ed invitati, e alle partite non mancava l’arbitro, se si era complessivamente in numero dispari. Dalla strada si sentivano urla, imprecazioni, qualche cattiva parola di uso comune e nessuno cadeva in volgarità estreme, visto che la mamma di Mizzi era in casa, spesso con indosso un’elegante vestaglia, e bisognava essere educati e poi tutti noi aspettavamo il bicchiere di coca cola. L’acqua di mummara la compravamo alla ‘banca dell’acqua’ all’angolo. Spesso il pallone cadeva o dal lato della strada o nell’interno del cortile. Mentre nel primo caso il recupero non era assicurato in quanto gli abitanti del vico lo aspettavano come una manna, nel secondo la restituzione era certa. La vittima, perché il pallone gli cadeva sulla testa o su quella di un cliente o precipitava su una macchina in sosta, non potendo dire no al figlio dell’avvocato, restituendo il pallone, minacciava bonariamente il ragazzino che aveva calciato ‘alto’ ed incaricato dalla comunità ludica a riprendere il vecchio e leggero superflex: “v’o buco sto pallone!”, poi borbottava con gli amici e ne parlava con rispetto all’avvocato, in presenza del custode dello stabile, garante dell’ordine auspicato. Le competizioni calcistiche patrocinate da Alvaro non tenevano conto dei compiti assegnati dalla scuola per il giorno dopo ed avevano una ricaduta anche sull’andamento degli incontri programmati per i giovani da Padre Filippo Luciani, amato vice-Parroco di Santa Lucia. Molto spesso per iniziare qualche riunione si aspettava che Enzo il coinquilino ed ora professore, e Franco, Luciano, Guido, Mario, Salvatore, Michele, Tommi, Giovanni, Enrico, Geppino, Pietro, Salvatore, Antonio, Piero, Luciano, Alfredo e compagni terminassero le partite o addirittura si telefonava a casa Mirabelli e la mamma mandava tutti via perché il gruppo dei ragazzi dell’Azione Cattolica doveva fare l’adunanza e non potevano mancare quei piccoli calciatori che arrivavano in Parrocchia sudati e impegnati in commenti sulle partite appena terminate. Alvaro era un protagonista, un leader naturale, entusiasta, determinato, combattivo, intelligente, caparbio, accanito e polemista fin da ragazzino, giocatore bravo, velocissimo e tenace. È stato sempre un vero luciano e da giornalista tornava nel suo quartiere e rivedeva il mondo dell’infanzia e della prima giovinezza. Teneva molto a Tonino, amico ed ottimo barbiere di via Marino Turchi che fin da ragazzo era ed è ancora in quel negozio. Oggi Tonino, Antonio Montella, dal 1989 è Cavaliere della Repubblica, rattristato per la morte di Mizzi, al quale negli ultimi tempi andava a tagliare i capelli a casa. Non è da tutti farsi radere da un Cavaliere! Sempre Mizzi per noi di Santa Lucia. Una volta mi disse che non conosceva il giorno del suo onomastico. Infatti pare che un santo Alvaro non esista. C’è qualche Alvaro beato. Ci mettemmo d’accordo per il giorno di tutti i Santi, il primo novembre e non tutti gli anni gli telefonavo per gli auguri. Quando ci vedevamo gli chiedevo della figlia e di Massimo. Massimo era il fratellino che non giocava. Era il piccolo! Della figlia mi parlò da quando lei nacque. Era orgoglioso e manifestava con riservatezza e discrezione interesse e amore per Sveva. Conservo le sue parole. Appena nato fu Alvaro, poi sempre Mizzi. Tornò Alvaro da grande, da giornalista, da appassionato cronista che batteva il marciapiedi ed era capace di indagare e capire perché aveva gli strumenti culturali adeguati celati da un’espressione un po’ birichina e poi via, sempre di fretta, come chi ha…la neve in tasca. Noi di Santa Lucia abbiamo voluto bene a Mizzi e quel terrazzo è stato palestra, scuola di vita, luogo di incontro e confronto. Un terrazzo, libero docente in antropologia culturale. Esperienze di un tempo, momenti associativi, di condivisione e di arricchimento che non ci sono più. Queste sono nostre radici e storia. Ora il palazzo, il terrazzo e Mizzi non ci sono più. Resta il ricordo di quanti hanno conosciuto, apprezzato quel ragazzo di Santa Lucia dal carattere dolcemente spigoloso, fortunato, sfortunato, scomparso troppo presto, meritevole, estroverso, introverso, capace e sincero sempre. Merita un posto nel cuore di ognuno di noi. Paolo D’Angelo Quando passeggio per il centro della mia città, piazza del Gesù, Spaccanapoli, piazza dei Martiri, via Filangieri, via Chiaia, via della Cavallerizza, vico Alabardieri, via Posillipo, ogni angolo mi fa pensare a quante volte queste strade hanno ispirato i miei articoli ed è inevitabile pensare a tutti gli amici che insieme a me hanno dato voce a questo giornale, “Chiaia Magazine”, che mi piace definire un giornale di strada,un giornale dei vicoli. Ricordo i miei incontri, spesso casuali, con Max De Francesco, Laura Cocozza, Nino De Nicola e Alvaro Mirabelli, una redazione a cielo aperto come solo a Napoli si può fare. Si parlava prima del malessere o della bellezza delle cose della nostra città e poi si finiva nel dettaglio di un articolo da scrivere. Spesso Max, passando al volo, mi diceva tra un clacson e un rombo di motore «Paolo questo mese parliamo dell’immondizia, fai un articolo...» e cosi io scrivevo, scrivevo. Pensate alla bellezza di quei momenti, eravamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda: l’amore per Napoli, la passione di scrivere per lei, solo per lei, senza chiedere nulla in cambio. Ed ecco pronta una nuova edizione carica di verità, una verità da regalare a chi voleva risposte, approfondimenti sui temi più caldi della nostra città. In particolare ricordo le mie lunghe chiacchierate con Alvaro, “Mizzi” per gli amici, discorsi lunghi e carichi di passione, tutti ispirati dai rumori, dai suoni, dalle gioie, dai dolori, dalle difficoltà, dalle emozioni che Napoli ci regalava semplicemente ogni giorno. Per scrivere in un giornale nato per strada devi essere innanzitutto un uomo di strada, un Alvaro era un uomo semplice, un giornalista di talento e di strada. I suoi scritti erano chiari come la luce del sole della sua amata città. Era carico di passioni e voglia di verità. uomo esperto, sensibile, passionale, che conosce i segreti più oscuri e sa come muoversi e cosa fare in ogni situazione. Un giornalista di strada deve con maestrìa saper approfondire, secondo la propria sensibilità e coscienza, gli argomenti che la strada propone. Alvaro era tutto questo, un uomo semplice ma solo nell’aspetto, perché per il resto era un vero uomo di strada ed un giornalista di talento. I suoi articoli, sempre precisi e diretti, erano come lame che trafiggevano nel centro il cuore delle storie che raccontava. I suoi scritti erano diretti e documentati, chiari come la luce del sole della sua città, che tanto amava. Mizzi era il figlio nato dalla bellezza della nostra Napoli e per me è stato un onore e un piacere avere avuto la possibilità di collaborare con lui in questi ultimi anni della sua vita. Ciò che Alvaro Mirabelli ha fatto e ha scritto per noi napoletani è inciso nella storia del nostro bel paese e nel cuore di tutti quelli che lo hanno conosciuto. Alvaro mi ha lasciato un pensiero: «Sii un uomo semplice ma pensa alla grande». Questo pensiero lo giro a voi lettori di Chiaia Magazine come riferimento da ricordare ogni giorno della vostra vita e per continuare a sperare in ciò in cui Alvaro ha sempre sperato: una società migliore. Mizzi, so che non ci incontreremo più nelle “nostre” strade, ma quelle strade continueranno a parlarmi anche di te. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (15) (16) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 STORIE&TERRITORI pagina a cura di NewMediaPress POZZUOLI, IL DEGRADO Recuperare via Antiniana La mappa dei siti abbandonati tra incuria e rifiuti Trasporti pubblici al palo e assenza di progetti Rosario Scavetta V ia Antiniana (nella foto), zone di confine tra le città di Napoli e Pozzuoli, ultimamente, sembra essere stata abbandonata dalle istituzioni. Nel luogo in questione, oggi, il degrado dilaga e i servizi principali mancano, così come i collegamenti di trasporto pubblico che sono, per così dire, “rallentati”. Eppure la zona, in passato, ha rappresentato un luogo di particolare importanza per gli scambi commerciali. L'antica via Antiniana, infatti, conduceva in età romana da Neapolis a Puteolim e fu utilizzata a lungo anche dopo la costruzione della Crypta Neapolitana. Quest’ultima, è vero, abbreviava il cammino, ma era decisamente più disagevole e pericolosa. La parte napoletana di via Antiniana confina con il quartiere Agnano, lontano dal centro della città di Napoli, spoglio, triste e talvolta pericoloso in termini di sicurezza personale. Un quartiere dove dispersione edilizia ed abusivismo connotano fortemente la struttura insediativa tipica delle periferie di molte grandi città. Un quartiere, ricordiamo, fortemente caratterizzato dalla presenza della base Nato (aree per lo più dismesse ora) e dalle concessionarie di auto che qui hanno stabilito le loro attività commerciali. Una zona nascosta, principale sito di sversamento illegale dell’area flegrea, dove spesso si scoprono vaste aree di terreno nelle quali vengono riversati e stoccati abusivamente rifiuti di ogni genere. Proprio per far fronte all'emergenza ambientale, nel 2007, nacque in via Antiniana un nuovo Centro regionale per monitorare i siti contaminati. Il centro di Pozzuoli attualmente presente è suddiviso in due aree. Un'area tecnica, che si occupa di presidiare le attività connesse con le bonifiche dei siti contaminati, attraverso analisi del rischio, progettazione di messa in sicurezza e bonifica, censimento di siti inquinati, potenzialmente inquinati e sistema informativo territoriale. Ed un'altra dove vengono effettuate le analisi di laboratorio: contaminazioni del suolo, dei rifiuti, delle acque, delle diossine e dei micro inquinanti. Ma nonostante tutto, nel bailamme dell’emergenza rifiuti di qualche anno fa, qualcuno lanciò la proposta di costruire un termovalorizzatore in zona. E questo dovrebbe far capire come questa “appendice” al confine tra Napoli e Pozzuoli, a molti politici non dice nulla. Siti come il vicino Ippodromo, le famose Terme, la riserva WWF degli Astroni e il Parco della Solfatara furono “azzerati” in un istante. Fortunatamente qualcuno di buon senso si rese conto che il luogo non risultava proprio idoneo ad ospitare un termovalorizzatore. E grazie anche all’esito dei rilievi effettuati dalla Commissione nominata ad hoc da Guido Bertolaso (all'epoca sottosegretario all'emergenza rifiuti in Campania) che individuò un forte elemento di criticità che avrebbe prodotto l'impianto, sotto il profilo della dispersione delle emissioni e del rischio industriale, il progetto sfumò. Bertolaso, preso atto, confermò la disponibilità ad esaminare possibili alternative per l'individuazione di altre aree dove poter far sorgere il termovalorizzatore. E da allora, fortunatamente, di termovalorizzatore nell’area flegrea non se n’è più parlato, ma Agnano e la via Antiniana hanno perso l’attenzione delle istituzioni, ritornando nel degrado e nel dimenticatoio. Appuntamenti liturgici per il beato Don Giustino Don Giustino Russolillo, beatificato il 7 maggio 2011, ritorna al centro dell’attenzione grazie all’avvio delle celebrazioni per i 100 anni del suo sacerdozio e della fondazione del Vocazionario, il centro studi, sito nel quartiere Pianura di Napoli che ricade nella diocesi di Pozzuoli. Padre Giustino Russolillo fu ordinato sacerdote il 20 settembre 1913, divenne Parroco di Pianura il 20 settembre 1920 e cominciò subito a lavorare per realizzare il suo sogno: fondare la Società delle Divine Vocazioni, comunemente chiamata dei Padri Vocazionisti. Ed è proprio intorno al termine “vocazione” che ruota la vita del Beato Don Giustino Russolillo. Fin dai primi anni della sua vita sente forte e chiara la chiamata di Dio al sacerdozio. A 10 anni entra nel seminario di Pozzuoli, ma più di una volta ha temuto di non poter seguire la vocazione a causa della povertà della sua numerosa famiglia e delle malattie che lo accompagneranno per tutta la vita. Superati i problemi economici e raggiunto il sacerdozio, comincia a dare lezioni di catechismo ai giovani, formando due gruppi, i “Volontari di Gesù” e i “Fedelissimi”, con i quali organizza veri e propri oratori con attività di formazione umano – sociale. Quando in seguito gli fu chiesto come era nata la Congregazione dei Vocazionisti, rispose: «La Società Divine Vocazioni è nata da un seminarista che faceva catechismo tutti i giorni e a volte tutto il giorno». La Società ricevette la prima approvazione Diocesana il 26 maggio 1927, e divenne Congregazione di Diritto Pontificio il 24 maggio 1947. Nel 1950 i Padri Vocazionisti aprirono la prima missione fuori Italia, e cioè a Salvador Bahia, Brasile. Oggi sono presenti, oltre in Italia, in Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Colombia, Ecuador, Cile, Argentina, Nigeria, India, Madagascar, Filippine, Indonesia e Sud Africa. Padre Giustino fondò i Padri Vocazionisti con questo speciale carisma di cercare, coltivare e promuovere le vocazioni al Sacerdozio e allo stato religioso, e portare alla santità tutto il popolo di Dio. Per questo lavoro, ideò il Centro Studi di Pianura (maggiormente conosciuto come Vocazionario), una speciale casa di formazione, per preparare e offrire vocazioni agli ordini religiosi e ai seminari diocesani. E proprio presso la sala conferenze del Vocazionario di Pianura, sono state illustrate le iniziative che coinvolgeranno l’intera comunità nei prossimi mesi. Per l’occasione era presente anche il Rev. Antonio Rafael Do Nascimento, Padre generale dei Padri Vocazionisti. Le iniziative dell’anno Giustiniano (20 settembre 2013 – 20 settembre 2014) sono state esposte da Don Salvatore Musella, presidente del Centro Studi (nella foto), il quale ha evidenziato gli appuntamenti più significativi, ovvero, la commemorazione del primo centenario della fondazione del Vocazionario, in programma per il 30 aprile 2014 alla Pagliarella (la “porziuncola” dei Vocazionisti) di Villa Simpatia a Pianura. Il 7 maggio 2014, poi, in occasione del III anniversario della Beatificazione di Don Giustino, la comunità Vocazionista sarà in udienza a Roma dal Santo Padre. E infine, il 20 settembre 2014, per la conclusione dell’Anno Giustiniano, è prevista l’ordinazione presbiteriale dei Diaconi provenienti dai quattro continenti. ROSARIO SCAVETTA CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (17) (18) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 DIVINAZIONE IL MITO E I GIORNI Il sacrificio dei Gemelli La storia di Castore e Polluce che rappresentano l’archetipo della scissione tra anima e corpo Rosamaria Lentini F in da epoca antichissima, quando l’equinozio di primavera cadeva sotto questa costellazione, ai Gemelli furono attribuite due stelle alle quali i Greci, millenni dopo, imposero il nome di Dioscuri. Polluce è il divino, nato dal connubio di Leda con Giove; Castore è il mortale, figlio di Leda e Tindaro. Quando Castore viene ferito a morte, Polluce invoca Giove affinché conceda l’immortalità al fratello. Il padre acconsente a patto che i due vivano alternativamente sei mesi sull’Olimpo e altrettanti nell’Ade. I Dioscuri erano abili conduttori di cavalli e di carri, erano combattivi e sportivi, così tanto bravi da essere designati patroni dei Giochi Olimpici. I Gemelli sono il primo Segno doppio dello Zodiaco. Il numero due è un antichissimo simbolo di polarità o di separazione: la luce e il buio, il giorno e la notte, il maschile e il femminile, l’alto e il basso, sono solo alcuni esempi, fra i tanti, che illustrano il significato di questo numero. Alternanza, contrapposizione, separazione, polari- tà sono i motivi principali che permettono il movimento, quel movimento indispensabile a formare la vita e soprattutto a farla progredire. Tutto ciò è molto visibile anche in natura, quando a giugno la nuova vegetazione ha bisogno di svilupparsi, di muoversi, di crescere per portare a maturazione i suoi frutti e diventare in tal modo un reale nutrimento. I primi germogli nati in Ariete e poi moltiplicatisi in Toro, devono crescere, alzarsi ed iniziare il graduale allontanamento dal contatto con la terra. La pianta e il frutto sono una diversificazione della materia, perché il getto del grano non è il seme ma neppure la spiga, è un inizio che deve compiere un ulteriore passo in avanti, maturare e fornire il nuovo seme. La separazione, il due che si forma dall’Uno, pure essendo all’origine della vita - per esempio il neonato che nell’atto della nascita si separa dalla madre, formando un Io e un Tu - spaventa molto e tutte, o quasi tutte le religioni, esprimono la tensione alla riunificazione, perché nel due si realizza la divisione fra l’umano e il divino, fra il finito e l’infinito. Molto frequenti sono le rappresentazioni grafiche o scultoree dei gemelli. A volte vengono raffigurati perfettamente identici altre solo somiglianti. I rispettivi significati simbolici sono stati oggetto di studio: nell’identi- tà è racchiusa la pacificazione dei contrasti e, con un’espressione moderna, la raggiunta integrazione di una personalità equilibrata ed armoniosa; nella somiglianza è evidenziata la dualità, con le sue opposizioni e la lotta che l’individuo deve compiere per risolvere i suoi conflitti interni. Molto esplicita è quella raffigurazione che vede un gemello bianco ed uno nero, simbolo evidente delle tendenze spirituali e materiali presenti nell’uomo, ovvero la sua parte immortale e quella mortale. Secondo la psicologia junghiana, nei Gemelli risiede l’archetipo della scissione umana: la dualità fra anima e corpo, fra ciò che resta di noi e ciò che muore. Il semidivino Polluce spinge all’interiorità, mentre il terreno Castore si tiene ben saldo alla materia e al suo possesso, onde evitare qualsiasi turbamento. Nessuno dei due può avere mai del tutto partita vinta e, per quanto uno possa prendere il sopravvento sull’altro, la vittoria non sarà mai totale e definitiva. Periodi di euforia e di depressione si alternano nell’animo dei Gemelli, perché l’esteriorità verso cui inclina Castore, comprime le esigenze di Polluce, che, a sua volta, nel momento della sua supremazia tende a schiacciare Castore. Il sacrificio che devono compiere i Gemelli nasce esattamente da questo conflitto che si palesa come un voler rimanere giovane a tutti i costi, e può risolversi, innanzi tutto, con il divenirne consapevoli e poi con l’accettare che il puer deve crescere e che la giovinezza dello spirito è l’unica che a noi mortali è dato conservare. Quest’adulta consapevolezza rende il nativo del Segno molto più pacato e in armonia con se stesso e gli elimina la dipendenza che inevitabilmente, a causa della scissione, crea con l’esterno, in quanto le sue due metà, se non si uniscono, hanno bisogno di un fuori che dia quel sostegno che manca all’interno. [email protected] LE CARTE DEL DESTINO Il Bagatto IL MAGO DELL’INIZIAZIONE Se, come si è detto, Le Mat rappresenta il viandante, il Bagatto, arcano numero uno, è colui che deve decidere se mettersi in viaggio per avviare il percorso di individuazione che i tarocchi raccontano per immagini. Ha tutto con sé: ori, coppe, bastoni e spade. È l’artigiano che plasma la materia composta dai quattro aspetti da integrare: il fuoco – intuito; la terra – sensazione; l’acqua – sentimento; l’aria – pensiero. Due si trovano già nelle sue mani, gli altri appaiono sul tavolo. Infatti, il Bagatto nella mano destra regge una bacchetta, simbolo dell’iniziazione: è il fuoco sacro che lo muove. Nella mano sinistra mantiene una moneta, segno dell’importanza degli aspetti materiali. Ha a disposizione pensiero e sentimenti. Il suo compito è organizzare tutto ciò in modo da dargli una forma definita. È l’Uno, ma non ricomincia da zero, poichè il viaggio ha come simbolo una spirale: tante volte bisogna ritornare al punto di partenza e ripartire per un nuovo cammino, senza dimenticare ciò che siamo e siamo diventati in virtù delle nostre passate esperienze. Infatti il nostro personaggio volge lo sguardo a sinistra e in basso, quindi orienta il suo pensiero al passato e guarda verso la terra, dove ha i piedi piantati a forma di squadra, in segno di concretezza. Dal punto di vista simbolico ciò sottolinea proprio la consapevolezza del bagaglio di esperienze acquisito e l’attenta valutazione delle proprie reali possibilità. In primo piano c’è il banco di un artigiano che produce il nuovo e l’ignoto, come sottolinea il lemnisco - il cappello a forma di infinito - e come indica la rappresentazione dei piedi del tavolo di cui uno è nascosto. Siamo, appunto, ancora nel mondo dell’attività creativa, non della realizzazione, a voler sottolineare che in questa fase non possiamo ancora sapere come evolverà la nostra creazione. Ma se davvero si decide di iniziare il proprio cammino, chi si svela davanti a noi? Qual è il suo reale compito? Qual è il grande Viaggio della vita che si appresta a compiere? Il segreto è nascosto nel nome francese - Le Bateleur - che probabilmente proviene da batelier che significa conducente della barca. Il Bagatto è colui che trasporta l’anima del morto - Le Mat - in modo che possa iniziare il viaggio della propria identificazione. E se il Matto rappresenta l’anima, il Bagatto riproduce la personalità, composta di quattro elementi, enfatizzando l’aspetto duale dei Tarocchi che permea tutta la struttura degli arcani, sia quelli maggiori che quelli minori. Il grande traghettatore non ha, dunque, un tavolo, ma la barca stessa che, per poter essere efficacemente condotta, necessita di una grande fiducia in se stessi. Quindi, volontà di andare, ma nella convinzione di poter conseguire la propria meta. È tutto in potenza. In sostanza deve operare un esercizio di volontà. Questo è il senso più profondo di questa lama. Chi è nella posizione del Bagatto deve innanzitutto decidere se intraprendere il Viaggio. Ne ha la possibilità, ma deve stabilire se desidera compiere questo grande investimento e, una volta determinata la necessità, deve esercitarsi nella perseveranza. [email protected] CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (19) STORIE DI MEDICI ILLUSTRI Testo Antonio Biancospino / Illustrazione Paola Del Prete / Pagina realizzata in collaborazione con SHEDIRPHARMA D’Esposito, l’occhio della scienza A Piano di Sorrento c’è una strada intitolata alla memoria dell’oculista Mario D’Esposito e una lapide sulla casa nella quale ha vissuto e lavorato. Il freddo marmo che onora questo straordinario medico, raro nel panorama scientifico italiano, dice: «Oculista insigne, coniugò cultura, scienza umanità, portò la luce del suo sapere anche fuori dei confini nazionali». La sua città ha onorato così la memoria di un celebre scienziato, che davvero ha conferito lustro e gloria non solo ai suoi concittadini, ma all’Italia intera, sperimentando e ricercando nel campo della chirurgia oculare in tempi in cui l’innovazione scientifica era ancora una frontiera inesplorata. Per questo scienziato la Società Italiana di Oftalmologia Pediatrica assegna, ogni anno, un premio a suo nome (per il miglior contributo scientifico presentato al congresso della società). A lui la Società Italiana di Oftalmologia ha conferito, nel 2001, la medaglia d’oro come “Maestro di oftalmologia” e l’Ordine dei Medici ha conferito, nel 2002, la medaglia d’oro alla carriera. Non poteva fare da meno l’Ateneo Federico II di Napoli, che gli ha intitolato un Plesso Didattico, gratificandone postumo la sua intensa e strabiliante carriera scientifica. Mario D’Esposito, tuttavia, è stato soprattutto l’oculista di generazioni di carottesi (si chiamano così gli abitanti di Piano) e sorrentini e, per tutti i suoi pazienti, un medico di grandissimo valore e spessore umano, oltreché professionale. Eppure quest’uomo, nato a Piano di Sorrento nel 1926, ha sviluppato la sua passione professionale in un territorio considerato da sempre ai margini della (20) ricerca scientifica. Nonostante questo evidente svantaggio, con coraggio e tenacia è riuscito, invece, a raggiungere i massimi vertici e riconoscimenti internazionali. I suoi successi sono stati tanto numerosi da consentirgli, in quegli anni, persino una discreta presenza televisiva (come, ad esempio, nel programma scientifico “Check-up”). Non molti scienziati italiani possono vantare i suoi meriti scientifici. Tra i grandi successi, si ricorda quando, all’inizio degli anni ’80, si recò a San Francisco, allo Smith-Kettlewell Institute of Visual Sciences, presso il prof. Alan Scott, il quale gli affidò la sperimentazione, per primo in Europa, dell’uso della tossina botulinica, oggi botox, nei disturbi della motilità oculare. D’Esposito non ebbe incertezze nell’applicare, da precursore, la tossina alla cd. tecnica degli "aggiustamenti in giornata" dello strabismo, riducendo i problemi di sterilità ed evitando il ricovero al paziente (in tempi in cui neppure era ancora nato il concetto, oggi abusato, di Day Hospital). Questa tecnica, combinata con l’uso della tossina, per anni è stata applicata presso la Clinica Oculistica dell'Università Federico II di Napoli. Un pregio che va tutto a Mario D’Esposito che, per molti anni, attirò un flusso “anomalo” di pazienti, anche dal Centro e Nord d’Italia, verso Napoli, oltreché da tutto il Meridione. Un primato mai più eguagliato da uno scienziato meridionale, che apportò continui miglioramenti e innovazioni in itinere a questa tecnica, sino a far durare gli interventi poco meno di mezz’ora, sbendare il paziente e, trascorsa un' ora, consentirgli di tornare a casa! Ma i suoi traguardi non si fermano qui: CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 nel 1982 è a Marsiglia, insieme ai maggiori strabologi europei, con i quali mette a punto il programma del “Symposium International de Strabisme” che si terrà a Parigi l’anno seguente. Nel 1986 a Nantes (Francia) illustra in video-conferenza l’intervento di trocleotomia da lui messo a punto per i casi di Sindrome di Brown. In quegli anni le sue partecipazioni a congressi internazionali non si contano più: Tel Aviv, Tokyo, Madrid, Vienna, Washington, ovunque la sua presenza è richiestissima. Al 5th International Congress of Orthoptics di Cannes presenta il cosiddetto Oftalmotropo, un modello di simulatore di movimenti oculari elaborato insieme con il prof F. Cennamo. A D’Esposito si deve l’istituzione della Scuola superiore per Ortottisti assistenti di Oftalmologia. Cosicché quando, nel 1998, si ritira, il meritatissimo titolo di professore emerito dell’Ateneo federiciano a molti sembra addirittura poco per un uomo della sua reputazione internazionale! La brillante carriera, il suo talento da innovatore, sono state coltivate fin dall’inizio, in famiglia. Un uomo così ha sempre un contorno familiare stimolante alle spalle. Lo erano i suoi genitori, Ester e Adolfo, e lo è stata sua moglie, Amhara Daniele, medico oculista anch’essa. Di rilievo la tradizione familiare di navigatori: iI padre era primo ufficiale sul “Rex”, allorché vinse il Nastro Azzurro, e comandante, tra le altre navi della società Italia, del “Conte di Savoia”. Questa tradizione a viaggiare, conoscere nuovi orizzonti, lo porterà, dopo la laurea in medicina, nel 1951, ad imbarcarsi per alcuni viaggi sulla “Giulio Ce- sare” come medico di bordo. Ciò gli servirà anche per affrontare, senza timori, i fondamentali studi all’estero, dopo la sua specializzazione in oculistica nel 1954. Si recherà, infatti, in Svizzera (Institute Of Pleoptics and Orthoptics di St.Gallen), Inghilterra (Moorfields Eye Hospital di Londra), Francia (Hôpital J. Courmont di Lione e Fondation A. de Rothschild di Parigi) e USA (Smith-Kettlewell Institute Of Visual Sciences di San Francisco). L’esperienza e le competenze apprese all’estero gli permetteranno di creare, nel 1959, presso la Clinica oculistica dell’Università di Napoli, il reparto di motilità oculare che, in seguito, diventerà, per numero, la terza “scuola speciale per ortottisti” d’Italia (attualmente corso di laurea breve). Nel frattempo acquisisce una specifica competenza in strabologia e prende due libere docenze: in Clinica oculistica (1960) e Ottica fisiopatologica (1967), divenendo poi, nel 1978, Direttore della cattedra di Oculistica dell’Università di Napoli Federico II. Nel 1964, tuttavia, l’evento più importante della sua vita è il matrimonio con la sua prima collaboratrice e la successiva nascita di Daniela, oggi architetto, e Fabiana, che ha seguito le orme del padre. La sua morte, il 22 giugno 2007, privò sicuramente la famiglia di un affetto insostituibile e il paese di uno scienziato di stampo antico, che avrebbe avuto ancora tanto da dire e proporre in tempi di medicina transfrontaliera e di tecnologie trasversali. Un uomo così, tuttavia, non muore mai: rimane per sempre nella memoria dei colleghi, che l’hanno conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, e dei suoi pazienti, che per sempre lo ricorderanno con riconoscenza ed affetto. CHIAIA MAGAZINE •FEBBRAIO/MARZO 2014 (21) STORIE&IMPRESE “PROFESSIONISTI E CREATIVI”, L’IDEA DI ENRICO PALAZZI E DANIELA PASQUALI Così vestiamo su misura il tuo business Napoli pullula di creatività. Ma spesso idee e progetti d’impresa si bloccano. Un po’ per nodi burocratici, un po’ perché mancano guide che possano indirizzare, consigliare. E se pure dalla teoria si passa alla pratica, si partoriscono marchi copia e incolla, idee già viste e riciclate, con buona pace di originalità e fantasia. Perché allora non creare una squadra che accompagni i nuovi progetti step by step, dall’ideazione alla realizzazione? È quello a cui hanno pensato Enrico Palazzi e Daniela Pasquali (nella foto). Napoletani, il primo dottore commercialista, l’altra avvocato, hanno dato vita a “Professionisti e creativi” (www.professionistiecreativi.it), marchio che contraddistingue una giovane e dinamica realtà che offre servizi innovativi per le aziende. Il progetto nasce dalla volontà dei due professionisti di creare a Napoli uno studio di consulenza legale e commerciale in materia di diritto industriale, per assistere aziende e privati nella fase di ideazione di un marchio, un logo o un progetto, ma soprattutto nella tutela legale del patrimonio industriale e intellettuale. Da lì, al fine di (22) risolvere le problematiche connesse alla vita di un’azienda, si è allargato ad un networking di professionisti e di creativi specializzati in diversi settori: tutela del diritto industriale, marchi, brevetti, diritto d’autore, tutela dell’immagine, privacy, plagio, contraffazione, o ancora esperti in CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 campo giuridico, economico e finanziario, ed infine creativi quali artisti contemporanei, pittori, scultori, comunicatori. La mission? Trovare soluzioni per ogni business: «Siamo in grado di supportare la creazione di una nuova azienda, di un marchio, la realizzazione di una idea, di un progetto, di un piano industriale, nonché di individuare e risolvere tutte le problematiche di un’azienda», spiega Daniela Pasquali. Un prodotto sartoriale, cucito su misura a seconda delle esigenze del cliente, con l’obiettivo di raggiungere un alto livello di business aziendale. «Il nostro obiettivo - spiegano - è creare una coesione tra due realtà, quella creativa e quella professionale, che oggi riteniamo fondamentale». In che senso? «Se un’azienda intende lanciare un prodotto sul mercato deve avvalersi di professionisti non solo tecnici ma anche creativi: oggi la pubblicità si fa attraverso la grafica e il web. È quindi fondamentale avere una buona comunicazione, un buon appeal commerciale, perché è l’abito ad attrarre. Noi curiamo l’ideazione del logo, del marchio, lo slogan, il sito internet, la scelta del nome». Più che semplice agenzia di servizi, “Professionisti e Creativi” è una vera e propria casa dei progetti, un luogo in cui sviluppare tutte le attività necessarie all’avvio della start-up. Da zero, mattone dopo mattone, il singolo o le aziende possono essere accompagnate da figure professionali specializzate, tutto “in house”. «Non vogliamo vendere un servizio finito, confezionato che una volta fornito ci separa totalmente dall’azienda. Quello che ci differenzia è che puntiamo a seguire il cliente, continuando ad assisterlo con la nostra consulenza per tutto l’iter di realizzazione». Dunque, anche nello step finale, quello della promozione e del marketing. Con un occhio di riguardo al marchio, vetrina dell’azienda, e alla sua tutela. «A Napoli manca la cultura del brand. I nuovi marchi si ricollegano a qualcosa di già visto, perché così si pensa di poter avere successo. Noi invece vogliamo che ogni realtà sia diversa, che nasca ex novo, dall’ideazione del marchio, del logo, fino allo sviluppo», dice Enrico Palazzi. “Professionisti e creativi” è una realtà dinamica che può crescere e creare sempre nuovi progetti e sinergie con partner. «La nostra intenzione è di espanderci al Sud, organizzando anche eventi in cui ci sia un rapporto stretto tra professionisti e creativi. Nel nostro team ci sono anche giovani artisti, fotografi, persone che vogliono promuovere la loro attività. Da qui possono nascere nuove collaborazioni». CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (23) STORIE&IMPRESE PASQUALE MARIGLIANO, AMMINISTRATORE CONDOMINIALE Il mio lavoro? Essere un “problem solver” Vita di condominio, croce e delizia. In quello che forse è il settore più litigioso della convivenza civile, all’ordine del giorno ci sono dissapori tra vicini, screzi e lamentele. Al centro del “ring”, l’amministratore condominiale. Bersaglio di sfoghi e frustrazioni di vita comunitaria, incubatore di lamentele e arbitro di sfibranti discussioni tra condomini. Nell’immaginario comune, dipinto spesso come un approfittatore, scorbutico e “infedele”. Eppure non tutti sono della stessa pasta. Pasquale Marigliano (nella foto), amministratore condominiale dal 1998, da oltre dieci anni opera nel quartiere di Chiaia, dove ha uno studio di consulenza in materia condominiale (www.studiopasqualemarigliano.it, tel. 0819804242), e dallo stereotipo del comune amministratore si allontana decisamente. Disponibile, simpatico, giovanile, ama stare in mezzo alla gente: per i rapporti sociali ci è tagliato. Per uno sportivo come lui, poi, (che può vantare la partecipazione alle Olimpiadi di Seul 1988 e Atlanta 1996, 8 medaglie, e insegnamento di canottaggio al Circolo Nautico di Posilli- po), la tensione della “vita di palazzo” non è un problema. «Ho iniziato per caso - racconta - Il primo fabbricato che ho gestito era quello in cui abitavo. Venne a mancare l’amministrazione precedente e io fui scelto come nuovo. Da là è diventata la mia professione. Si può dire che sono un “self made”, mi sono costruito da solo». All’interno del condominio a gestire tutto o quasi, è chiamato l’amministratore. «È un’attività molto interessante – spiega – perché spazia dal campo giuridico all’edilizia, via via si acquista una competenza sui materiali, sulle ristrutturazioni, sul- VIA ROMA (adz) in buon fabbricato ottimo stato 100 mq ingresso 4 camere cucina bagno veranda termo condizionato € 290.000,00 l’infortunistica. Facendo questo lavoro entri anche a contatto con la storia architettonica di Napoli, con le problematiche del sottosuolo e delle fondamenta». Le regole però sono dettate dal Codice che, dopo la riforma del condominio datata 2012, ha ampliato le responsabilità a suo carico, sia per quanto riguarda il rendiconto che la gestione della cosa comune. «Per definizione - chiarisce Marigliano - l’amministratore è delegato alla risoluzione di tutti i problemi inerenti al fabbricato, alla manutenzione generale e deve curare ogni aspetto economico. Bisogna perciò essere scrupolosi». Marigliano è soprattutto un “problem solver”, ovvero un risolutore di problemi, che per svolgere al meglio il suo lavoro punta su flessibilità e comprensione. «Ho scelto questa professione perché è molto concreta - racconta - e mi piace il rapporto con le persone, capire chi c’è dall’altro lato, le sue esigenze, i problemi che eventualmente sta affrontando. È per questo che propongo anche una tariffa molto economica. Il che, in questo momento di crisi, è un vantaggio notevo- le». Al di là dell’aspetto tecnico, il nodo più intricato è proprio la gestione dei rapporti con gli altri. «Il problema è che si confonde spesso l’attività con la persona, sfociando nel personale. Non si guarda tanto alla professione, quanto piuttosto all’aspetto emozionale». Un lavoro non per tutti insomma, in cui bisogna armarsi di pazienza, morbidezza caratteriale e piglio risolutore. «Sono una persona che ascolta - confessa Marigliano - è il mio punto di forza. Tendo ad instaurare un rapporto amichevole con i condomini». Questo soprattutto perché «il condominio è conflittuale. È come una lotta di uno contro tutti, in cui l’amministratore ha il ruolo di “conciliatore”. Dirime le questioni e trova la giusta soluzione. Una figura improntata a quella del buon pater familias, che gestisce la famiglia assorbendone i problemi». E, in fondo, è proprio questo il bello dell’attività: «Mentre al Nord si riduce ad un lavoro di mera scrittura, qui è concepito come un contatto diretto con la gente, basato sulla fiducia e sulla comprensione. Io per questo sono portato». SPECIALE MONTAGNA villette in pronta consegna in parchi con piscina e club house a partire da € 49.000,00 , € 5.000,00 in contanti saldo con dilazioni personalizzate e/o mutuo. Visite in loco in giorni festivi. VIA PETRARCA vendiamo in palazzo prestigioso appartamento al secondo piano con ascensore e portierato di 200 mq composto da doppio ingresso , salone quadruplo, cucina/ soggiorno, cameretta di servizio, 2 camere da letto, 3 bagni, terrazzo panoramico di 200 mq con piscina, ripostigli, box auto + posto auto scoperto. 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Oggi è una make-up artist affermata, gestisce un centro estetico (centro estetico Koinè, via Posillipo, 276) e di rimpianti, neanche l’ombra: «Ho fatto la scelta giusta - confessa - Dopo aver studiato per dovere materie per me sterili, finalmente posso lasciare carta bianca al mio estro artistico». Di solito si dice che chi non risica non rosica. Ovvero, che chi non rischia non mette nulla sotto ai denti. E lei, sognatrice e spirito creativo, quella buona dose di coraggio l’ha avuta, tanto da diventare una piccola imprenditrice di se stessa. Ha tirato fuori dal cassetto il sogno che si stava impolverando, ridotto a semplice hobby negli anni universitari, e l’ha trasformato in una professione. «Oggi si preferisce andare alla conquista del posto fisso - dice sacrificando i sogni e nascondendoli sotto al tappeto. È stata una decisione che ho preso forse con un po’ di incoscienza, ma è stato un bene non rimuginarci troppo su. Mi sono buttata e ho fatto la scelta giusta». Una passione che bussava talmente forte, da spingerla a rifiutare l’offerta di lavoro avanzata da una nota banca londinese. Da allora, la posillipina si è data da fare: due stage alle spalle con Pablo, truccatore romano, Accademia con Alessandra Amabile, tanta gavetta e corsi di aggiornamento con Make- up For Ever, azienda di Parigi. Tra le varie specializzazioni, anche un corso di extension ciglia, servizio di lusso che richiede un lavoro certosino, seguito a Padova con una make-up artist tedesca quando nello Stivale era un’arte ancora poco diffusa. «Mi sono messa in gioco anche in quell’occasione e infatti sono la prima certificata in Italia come operatrice del settore», spiega. Un’inversione di marcia coraggiosa la sua, dettata dalla passione per la bellezza e l’arte del creare: «Truccare è giocare sapientemente con i colori per tirar fuori da ciascun viso il bello che a volte è nascosto da look sbagliati, colori inappropriati, trucchi che peggiorano i lineamenti invece di migliorarli. Per questo organizzo anche corsi di make-up. Il mio obiettivo è quello di curare la cliente a 360 gradi, con una consulenza personalizzata sui prodotti, i trattamenti migliori in base alle esigenze. Scegliere un trucco adatto alla persona, all’età, ai gusti, significa immedesimarsi in chi hai di fronte». Il segreto? «Mai esagerare, trucchi naturali che non alterino troppo i tratti somatici e valorizzazre i punti di forza». Insomma, sentire il maquillage come un vestito cucito apposta su di sé. Affettuosa, spontanea, Francesca Esposito gioca con nuances e sfumature con la naturalezza di chi fa quello che ama. E, per una romantica come lei, non c’è gioia più grande di illuminare il viso di una donna nel giorno delle nozze. «È la parte che più mi piace del mio lavoro - spiega - Riesco a creare un clima confidenziale con la sposa, cerco di rilassarla. È bellissmo condividere i momenti dell’attesa in un giorno così speciale». Passione e business si incrociano in un incastro che soddisfa anche le clienti più esigenti. «In occasione del matrimonio Francesca è stata estremamente professionale, molto concentrata e la sua dolcezza mi ha aiutato a rilassarmi racconta Chiara Sabino Grazie al suo lavoro il mio viso, nonostante non avessi dormito e fossi dimagrita, era fresco ed elegante». Promozione a pieni voti anche da Monica De Felice: «Il trucco di Francesca è personalizzato, studiato per dare forma e correggere, armonizza con semplicità senza stravolgere i lineamenti. Il mio voto? 10!» CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (25) STORIE&IMPRESE A NAPOLI NASCE “OFFICE AD OK” Con un clic ufficio rifornito e “rigenerato” Un “supermarket” per uffici e aziende, improntato ad un modello “global service”. Un unico fornitore per un servizio “all inclusive”, che garantisca convenienza e professionalità. È la nuova idea di business che sta prendendo piede in campo imprenditoriale. Avere più fornitori, a seconda dei settori di intervento, infatti, può comportare per l’azienda un dispendio di risorse e, spesso, anche di tempo. Per importare a Napoli quella che si appresta a diventare una vera e propria tendenza, nasce il marchio “Office ad ok” (www.officeadok.it), ideato da due imprenditori (nella foto): Riccardo Sanges, napoletano con esperienza decennale nella gestione dei servizi per le imprese, che ha aperto nel 2002 un centro di rigenerazione cartucce per la stampa, e Marco Maniaci, laureato in economia aziendale, che ha investito nel settore della rigenerazione con una linea di produzione tra le più evolute esistenti in commercio. Di proprietà della Toner Ink Lab (la società da loro messa in piedi, che vanta esperienza pluriennale nella fornitura di materiali per uffici), “Office ad ok” ha l’obiettivo di diffondere, tramite punti vendita dislocati sul territorio, (26) servizi e prodotti necessari alle aziende e agli uffici, tramite rivenditori diretti (negozi di proprietà) e indiretti (affiliati): dai consumabili per la stampa, cancelleria e arredo per l’ufficio, ad hardware, software, web agency, print agency, fino all’assistenza tecnica. «Dopo aver creato nel 2007 la Toner Ink Lab - spiegano - ci siamo resi conto, da responsabili commerciali dell’azienda, che l’ufficio non necessitava solo dei toner, ma c’era altro da vendere: la cancelleria, l’informatica, i servizi». Nasce così “Office ad ok”, mar- CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 chio con cui Sanges e Maniaci, insieme ad uno staff che lavora da mesi attivamente al progetto, intendono inculcare nelle aziende una nuova mentalità: con unico fornitore è possibile risparmiare. «Un po’ prima degli altri - continuano - ci proponiamo come unico fornitore per uffici, puntando a seguire i clienti nel medio e lungo termine, creando un rapporto diretto con l’azienda e facendo consulenza. La possibilità che fino a ieri non era neppure paventata nelle menti degli imprenditori, di avere cioè un uni- co fornitore che potesse servire tutta la logistica per l’ufficio, oggi è realtà. In passato se ne avevano diversi, specializzati per categorie, e nel momento in cui c’era da acquistare prodotti nuovi si indiceva una gara interna. La migliore offerta in termini di qualità-prezzo si aggiudicava la fornitura». Oggi tutto questo non è più necessario: il fornitore unico, avendo competenza su una gamma più ampia di prodotti e servizi rispetto alla concorrenza, riesce, nell’ottica di una fornitura consolidata, a garantire un risparmio reale al cliente. Con il web, poi, basta un clic per sapere se il fornitore sta proponendo una cifra gonfiata. «Sul portale internet è possibile visionare l’intera offerta “Office ad ok”. C’è la trasparenza: il cliente può selezionare i prodotti di cui ha bisogno e comparare il costo totale dei prodotti acquistati separatamente, con il risparmio che invece si ha acquistandoli in una sola volta, tramite un’unica azienda, con una sola consegna». Un business innovativo per la metodologia, che combacia perfettamente con l’evoluzione in senso moderno dell’ufficio. «Quello che i grandi colossi del settore non hanno capito - spiegano - è che tecnicamente l’ufficio è cambiato nelle sue esigenze e nella sua organizzazione. Per essere competitivi bisogna innovare. Noi abbiamo cercato di assicurarci i migliori partner nei singoli settori». Due le figure in azienda: i partner ovvero i fornitori, e gli affiliati, cioè i punti vendita, che grazie alle partnership instaurate hanno allargato la propria offerta di vendita. Oltre che sul portale, i clienti potranno quindi rifornirsi direttamente dall’unico grande magazzino sempre disponibile in tutti i punti vendita affiliati. saper vivere CULTURA • COSTUME • RELAX • MOVIDA • EVENTI • CURIOSITÀ Mitologia del pugilato Aldo de Francesco D a tempo, per una serie di sfavorevoli ragioni, il mondo del pugilato sta vivendo una lunga eclissi, notti senza riflettori, senza quel fascino magico attrattivo - sportivo e mondano - che significò sangue, sudore e gloria. Molte di esse sono sicuramente imputabili a un business interessato di più a spettacoli estremizzanti, diciamo anche violenti ma di cospicui incassi; molte altre, forse in misura maggiore, alla mancanza di palestre di naturali vocazioni, di passioni e di riscatti: una volta fonte e vivaio di talenti, di campioni, di mitiche scuderie. Negli anni della mia adolescenza, parlo degli anni Cinquanta, affascinati dai miti dell’Iliade e dell’Odissea, ribalte di scontri e duelli corruschi tra eroi mortali e intriganti divinità, il mondo della boxe suscitò in molti di noi - piccoli e incuriositi alunni dei tempi - una tale suggestione epica da farci comparare i lottatori dei ring con quelli dell’antica Grecia, patria dell’Olimpiade, dello sport come educazione del corpo e dell’anima. «È l’unico sport - ci diceva sempre un vecchio professore, citando la scrittrice statunitense Carol Aotes in cui la rabbia è accolta, nobilitata: la sola attività umana in cui il furore può essere mutato in arte». Furore e Arte, due parole immense, legate a questo sport straordinario, la cui Franco Esposito e Dario Torromeo con il libro «I pugni degli eroi» raccontano, da Robinson a Pacquiao, le grandi leggende della boxe grande storia è spesso specchio speculare della vita, intrisa di indicibili emozioni, di vittorie e sconfitte, di polvere e di stelle; comunque alterna ribalta di una lotta leale e senza sconti. Lascio quindi immaginare il piacere che ho provato nel ritrovare questo mondo, in ogni suo più intimistico o esteriore risvolto, nel libro appena uscito «I pugni degli eroi», sottotitolo «Robinson, Cerdan, Alì, Chavez... Con loro saliva sul ring una nazione» (Absolutely Free Editore) di Franco Esposito e Dario Torromeo, fondamentale non solo per chi ama questo sport ma anche per chi cerca le buone letture. Una narrazione avvincente che muove dalle imprese di tanti eroi per poi addentrarsi nei contesti che le fecondano e ne alimentano i miti e le cadute. Grazie ai due autorevoli e prestigiosi giornalisti, la cui storia professionale di giramondo, di inviati ha saputo cogliere e raccontare nel fumo scintillante dei “parterre” di tutto il mondo, emozioni straordinarie, le imprese di campioni unici, la stessa età dell’oro di questo sport, oggi abbiamo un vero grande romanzo del pugilato. Nel leggerlo si ha la sensazione di sedere a bordo ring e di rivivere, minuto per minuto, i match che ne hanno fatto la leggenda e la storia. Difatti è cosi forte il coinvolgimento di questa lettura, che non trovo modo migliore per farlo intendere riportando pari pari alcuni frammenti, significativi di un affascinante mondo di eroi, cui a ciascuno è dato un titolo quale inconfondibile sigillo di speciali personalità. Prendiamo, ad esempio, Robinson, lo zucchero di Harlem. «Dolce come lo zucchero. Il re dei ring principe di Harlem, Ray Robinson emozionava i bianchi e i neri degli Stati Uniti. Aveva amanti in entrambi gli schieramenti...una postura da manuale…Tecnica sublime, Ray Robinson era un cesellatore di Kappaò…Un eccitatore di folle, generoso distributore di emozioni, boxava con il libro in mano, aveva la folgore nei pugno. Sugar non era irresistibile solo sul ring ma lo era anche con le donne, collezionò cinque mogli. Sposo a sedici anni, padre di un figlio, divorziava a diciannove». Passando poi da Robinson a Georges Carpentier, l’idolo di una nazione, anche se cambia il tipo di boxe, il timbro del racconto ha sempre un intenso calore descrittivo: «Bello, gentile, il cocco di Francia. Amore e passione di una nazione. Il nome di un fiore per dirlo. Georges Carpentier era l'orchidea di Francia. Un modello di eleganza all'interno delle dodici corde. Il tipico viveur parigino quando scendeva dal ring o era in pausa allenamento. Frequentava artisti, cantanti, pittori, scrittori. Maurice Chevalier, lo chansonnier più popolare d'Europa, era un suo sodale. Amico della scrittrice Colette, aveva frequentazioni con Mistinguette, la stella del varietà. Tutta Parigi, in piena belle epoque. La Francia ai suoi piedi, l'orchidea profumava di gloria. Oui, era idolo ed eroe… Gambe da ballerino e diretti che erano fucilate, con il destro dritto disegnava traiettorie invisibili e kappaò spettacolari». Che dire poi di Primo Carnera, del gigante buono? Che è stato da sempre una leggenda, da poter dire davvero che, con lui, saliva sul ring una nazione. Quel 22 ottobre del 1933 erano in 70.000 a piazza di Siena per assistere alla difesa del titolo mondiale dei pesi massimi sotto gli occhi scintillanti del Duce. Il capitolo così comincia: «Il gigante si faceva largo tra la gente. Le luci illuminavano il quadrato, tutto attorno c'era solo buio. Ma quell’omone che a busto eretto attraversava la folla non poteva passare inosservato. Indossava un accappatoio verde, aveva i capelli impomatati e lo sguardo fisso verso il ring. Saliva lentamente quei quattro gradini che lo separavano dal centro dell’azione, lì dove tutto si sarebbe consumato. Si toglieva la vestaglia e rimaneva in pantaloncini e camicia nera. Era stato il suo ultimo manager, Luigi Soresi, a dirgli di indossarla. E non era l’unico consiglio che gli aveva dato. Il gigante si era girato guardando le prime file e aveva steso il braccio destro in un saluto romano verso il Duce che sedeva lì, assieme ai tre figli Vittorio, Bruno e Romano….». CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (27) ARTE ROCK! Tempo Timoney Sara Giuseppina D’Ambrosio U n ambiente in combustione apparente. È questo lo scenario che accoglie nella prima fra le sale destinate alla personale di Pádraig Timoney “A lu tiempo de…”, visitabile al Madre dall’8 febbraio al 12 maggio. Il rosso intenso della pavimentazione, l’argento delle pareti schizzate d’oro e, soprattutto, la vistosa presenza degli estintori proiettano nel mezzo di un incendio, che potremmo usare come parabola della cifra stilistica dell’artista e dell’intera esposizione. Timoney, che con questa mostra è alla sua prima retrospettiva in un ambiente pubblico, è come il fuoco che di tutto si nutre, non per la finale epifania di una peculiarità sua che sia facilmente riconoscibile, ma per un irrefrenabile desiderio di sondare e sperimentare le innumerevoli forme dell’arte. Ritroviamo, pertanto, oli su tela, fotografie, sculture, immobili (“Bowed for glue”, di ceramica, metallo e gomma) o mobili (“Spinning Sign”, in cui un’immagine c-print, montata su una struttura in metallo e legno, è in moto perpetuo grazie ad un motore elettrico), e molto altro. Questo confrontarsi con molteplici tecniche e materiali è intimamente legato ai numerosi echi delle poeti- (28) che di altri artisti che arrivano a completare il quadro di un uomo fedelmente onnivoro nella ricerca di ispirazioni. Ad esempio, nella sala dedicata alle tre tele olio, acrilico e rilevatura fotografica, con “MeepMeep Popup”, l’universo dei cartoon, dal sentore pop alla pari dei fumetti tanto ben rappresentati da Lichtenstein ed esplorati anche da Warhol, mescola chiare influenze dal New Dada americano di Johns e Rauschenberg. Reminescenze tutte italiane quelle che si avvertono nella stanza che potremmo battezzare “degli specchi”. In un gioco di superfici riflettenti vere, per esempio “Jovial Mirror”, e simulate, come“Broken Gold Mirror”, (le prime ottenute con vetro dipinto con specchiatura rame, argento oppure oro, le seconde con colla di coniglio e inchiostro, o pigmento, su tela) il fruitore vede la propria e le altrui immagini trasmesse sull’opera che, dunque, non è mai uguale a se stessa, ma eternamente variabile ed in questo non può che rimandare al piemontese Pistoletto, che già negli anni ’60 aveva sfruttato la casualità della riflettenza in numerosi quadri. Fortemente eterogenea, questa mostra per certi versi confonde quel visitatore che voglia riconoscere una caratteristica distintiva o quanto meno il filo rosso che leghi una così violenta pluralità espressiva. Lo stesso curatore riconosce la possibilità che si avverta la sensazione di trovarsi ad una collettiva. Eppure, è in questo modo che l’artista irlandese si apre a convincere un pubblico piuttosto variegato. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 Fino al 6 aprile torna negli spazi del PAN la mostra ROCK!, giunta alla sua quarta edizione, ideata e diretta dai giornalisti Carmine Aymone e Michelangelo Iossa. In esposizione migliaia di oggetti tra memorabilia, gadget, vinili, audiovisivi, fotografie, manifesti d'epoca, strumenti musicali (e molto altro) provenienti da alcune tra le più importanti collezioni private italiane ed europee. Le rockstar più celebri e la musica che ha fatto la storia degli ultimi decenni in una full immersion coinvolgente per riassaporare il linguaggio che, più di ogni altro, ha cambiato il volto della musica contemporanea. ROCK! ospiterà un'ampia serie di live, workshop, presentazioni di libri, di CD e incontri sulla storia del rock. Occhio di riguardo Collezione russa Trenta icone russe a Napoli. Sarà il Museo Diocesano di Largo Donnaregina ad ospitare, fino al prossimo 5 aprile, la collezione di opere realizzate in Russia tra il 1700 e il 1800, di proprietà di “Intesa Sanpaolo”. Di queste, dodici sono dedicate alle grandi feste della Chiesa ortodossa per Maria, e diciotto alle più tradizionali rappresentazioni della Vergine e testimoniano la forza del culto mariano in terra russa. Si tratta di una tra le più importanti collezioni in Occidente, sia per il numero di opere contenute, sia per la presenza di rarissimi capolavori. Opere che erano, fino a poco tempo fa, conservate a Vicenza, a palazzo Leoni Montanari, altra sede delle “Gallerie d’Italia” della Banca. Ad apprezzare la collezione anche il cardinale Crescenzio Sepe. «L’icona in sé - ha detto il porporato - è un simbolo di cultura ed umanità. Queste, in particolare, mostrano l'intercessione della Vergine e rappresentano Maria come fonte di vita. Davanti a tali espressioni di fede chi visita la mostra è chiamato a elevare il proprio animo a un livello di spiritualità maggiore». L’esposizione è stata promossa dall'Arcidiocesi di Napoli e dall'Associazione "Amici dei Musei di Napoli", in collaborazione con Intesa Sanpaolo. In più, oltre alla mostra, sono previste altre attività, sempre legate alla Russia e alla spiritualità, come seminari sulla cultura e la tradizione religiosa russa, concerti di musica slava e incontri di spiritualità tra arte, letteratura e musica. ANTONIO BIANCOSPINO ARTE Cuba e mostre Senegal, sensi e azioni A CASTEL NUOVO SUCCESSO DELLA MOSTRA DEI FOTOGRAFI IHOSVANY PLASENCIA PASCUAL E UMBERTO ASTARITA Livia Iannotta A separare Cuba dal Senegal ci sono 6304 chilometri, 5 ore di fuso e un pezzo di oceano Atlantico. La prima è una Repubblica socialista, in cui soffia da sempre vento di rivoluzione, l’altra ha puntato al semi-presidenziale, eretto su una società per molti versi contraddittoria. Eppure affiancare le due realtà, metterle in parallelo, capirne punti di contatto e differenze, è un esperimento dai risultati inaspettati. La mostra “Sensi&Azioni. Da Cuba al Senegal”, rimasta in esposizione fino al 27 febbraio nella sala Carlo V di Castel Nuovo, ha mischiato azioni e sensazioni di due popoli lontani ma complementari. Quaranta scatti, a firma di Ihosvany Plasencia Pascual, fotografo emergente nato a Matanzas e forma- Magìe L’estro di Vettor Pisani AL MUSEO DONNAREGINA, FINO AL 25 MARZO, RETROSPETTIVA DEDICATA ALL’ARTISTA BARESE tosi all’Avana, e Umberto Astarita, sorrentino che da anni porta avanti, attraverso la fotografia, progetti umanitari in Senegal con l’Associazione Onlus Energia per i Diritti Umani. Immagini che catturano sulla carta frammenti dell’isola cubana e del “continente nero”, nella lettura di un Sud del mondo che si affaccia alla modernità, ma che ha radici ancora profonde nelle difficoltà e negli stenti. Organizzata dall’Associazione Cryteria Project e patrocinata dal Comune di Napoli, “Sensi&Azioni” nasce come mostra itinerante. Approda a Napoli, dove ha riscosso grande successo, dopo essere stata già esposta in alcuni ambienti di Villa Fondi De Sangro a Piano di Sorrento e al Chiostro di San Francesco a Sorrento, ogni volta arricchendosi di nuovi scatti. Sullo sfondo, la vita di due popoli: quello cubano, ancora legato a ideologie del passato ma proiettato a modelli di grande modernità, e quello senegalese che con dignità e vitalismo affronta le difficoltà di ogni giorno, in un percorso che intende trasmettere “sensazioni”, come chiarisce il titolo dell’esposizione, mettendo in luce stati d’animo (i sensi intesi come sentimenti) e gesti (le azioni) di due popoli molto simili. Si vedono i simboli che identificano Cuba nell’immaginario comune: la bandiera con la stella che sventola, il sigaro, l’erma di Che Guevara, ripresi però in maniera mai scontata con inquadrature d’effetto. E ancora, donne avvolte in vestiti coloratissimi e bambini che circondano monumenti e resti della zona antica. Negli scatti di Astarita, un Senegal che sorride e la voglia di vivere che si specchia Figure geometriche, specchi, labirinti e ancora violini, pianoforti accostati ad immagini di angeli, Cristo o Edipo. Le opere di Vettor Pisani, artista nato a Bari ma di origini ischitane, classe 1934, scomparso nel 2011, sono un frullato di elementi più vari, veri e propri teatri immaginari della memoria e della conoscenza. In esposizione fino al 24 marzo al Museo d’Arte contemporanea Donnaregina, la mostra “Vettor Pisani- Eroica/Antieroica: una retrospettiva”, organizzata in collaborazione fra Fondazione Donnaregina, Napoli, e Comune di Bari, riunirà opere e documentazioni degli anni ’70 alla produzione più recente di uno degli artisti più rappresentativi dell’arte contemporanea, in LA MOTTA IL DUETTO Brillante pittore napoletano, Paolo La Motta rende omaggio al Museo Archeologico Nazionale esponendo fino al 30 giugno 2014, nella sala conferenze, le tele e le tavole a olio realizzate negli ultimi cinque anni. Opere che raffigurano, con luce vibrante e tagli inattesi, le sale del Museo napoletano, senza soffermarsi sui capolavori che custodisce, ma immortalandone gli scenari con i suoi interni, i giardini, gli oggetti, l’illuminazione, i muri, i pavimenti e i visitatori, Christian Ludwig e Hermann Nitsch sono due artisti austriaci. In comune non hanno solo la loro origine. A renderli simili, artisticamente, è la passione per Napoli. Il primo, in arte Attersee, ha a lungo frequentato e ammirato il territorio partenopeo, il secondo ha qui trovato la sede ideale per il suo museo. Le opere dei due pittori sono state in esposizione nella mostra dal titolo “Duetto per Napoli”, ospitata nella straordinaria location di Castel dell’Ovo fino al 1 marzo e organizzata e esaltati da giochi di luce e colore. I lavori dell’artista, inoltre, accompagneranno la XIX edizione degli “Incontri di Archeologia”. È possibile visitare la mostra dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 15,30 e in tutte le occasioni di apertura al pubblico della Sala Conferenze del Museo. negli occhi grandi dei bambini e nei volti delle donne, colte nel lavoro di tutti i giorni. Ritornano i colori vivaci dei panneggi che brillano sulla pelle scura, ma il paesaggio è diverso: si passa dalla città al villaggio e i colori sono quelli caldi della terra. La strada per la conquista dei diritti civili, in realtà come queste, è ancora in salita. È per questo che Astarita, insieme all’Associazione Energia per i Diritti Umani e al suo amico e collaboratore Claudio Celentano, è impegnato attivamente su questo fronte. «Ogni anno con mostre e vendite di fotografie e calendari portiamo il nostro aiuto in Senegal – spiega il fotografo – Attualmente stiamo costruendo un edificio di tre piani per i diritti dei bambini e delle donne nella periferia di Dakar. Avrà il nome di una bimba morta per l’assenza di assistenza da parte delle istituzioni locali. Raccogliamo piano piano i frutti di questo impegno. Nei villaggi che abbiamo costruito la popolazione ha avuto modo di evolversi. Abbiamo scavato i pozzi per l’acqua, e dato luce grazie ai pannelli solari. E incentiviamo il lavoro delle donne, portando attrezzature per creare microimprese». Quando tocchi con mano una realtà così lontana eppure vitale, dinamica, non puoi che restarne affascinato: «Sono capitato per caso in Senegal ed è diventata la mia seconda casa. Con le fotografie cerco di trasmettere le sensazioni, le impressioni che quella terra mi regala. È il modo più immediato per fermare il tempo in un’immagine». cui l’elemento della messa in scena sarà il filo conduttore. Come si evince dal titolo dell’esposizione, nelle opere di Pisani costante è il miscuglio tra stati o entità opposte: eroe e antieroe, umano e divino, uomo e donna, vita e morte. Antitesi che diventano il fil rouge di un allestimento che, ripercorrendo i principali snodi della biografia di Vettor Pisani, tocca i temi più disparati: le dimensioni della storia e del mito, i generi sessuali, le differenti tradizioni culturali e l’identità dell’artista, per fondersi in un unicum di storia, psicologia, politica, indefinibile e sublime. promossa dalla Fondazione Morra, insieme all’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, con la curatela di Achille Bonito Oliva. Entrambi hanno reso omaggio alla città attraverso le sessanta opere in esposizione. La mostra è stata dunque frutto di un sodalizio culturale fra due artisti storici dell’arte austriaca che dialogano tra loro attraverso una complementarietà di linguaggi (la pittura e i suoi sconfinamenti) con una evidente differenza ANTONIO BIANCOSPINO iconografica, che oscilla perennemente tra formale e informale. Hermann Nitsch teso a valorizzare i sensi attraverso il corpo e la pittura, Attersee operando nell’ambito pittorico ma sconfinando poi in altri linguaggi, come quello musicale, e in felici visioni. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (29) LIBRI&LIBRERIE LIBRIDINE Aurora Cacopardo Novità Terro(m)nia, il romanzo del ritorno LE SORPRESE DI GARZYA COME SI VIVE AL NORD PENSANDO A UNA POSSIBILE RINASCITA DEL SUD: GERARDO MAGLIACANO RACCONTA SOGNI E IDEALI DI UN MERIDIONALE movimento politico che lotta per garantire, Mentre il Vesuvio continua ad essere il campione più acclamato negli stadi e le città e i partendo dal Meridione, un futuro all’Italia e alla vecchia e decadente Europa. Come? Con un paesi del Meridione continuano a sacrificare il ritorno alla terra: «Pensai che i giovani, invece proprio capitale umano, impegnato a seminare di emigrare o cercare fortuna nelle grandi città ad alt(r)e latitudini, il salernitano Gerardo del Nord, avrebbero dovuto unirsi, trasferirsi in Magliacano, docente di storia e letteratura, quei piccoli centri abitati e ripopolarli, racconta un percorso inverso, il suo, con rianimarli, ristrutturarli, farli rinascere, Terro(m)nia – Ritorno alla mia terra (Iuppiter strappare la terra dallo Edizioni). Trasferitosi, dopo la straripante mare di cemento che laurea, nelle “fertili” terre del tutto stava sommergendo (...). Nord con la speranza di rifarsi Avrebbero dovuto fondare una una vita dignitosa, Gerardo a società su dinamiche un certo punto ci ripensa. comunitarie. Avrebbero dovuto Intanto sono passati dieci vivere in piena armonia con la anni, e il suo lavoro da Natura. Fare in modo che la insegnante resta precario. I Cultura si riconciliasse con la suoi semi possono Coltura. I giovani dovrebbero germogliare solo nella sua riscattare quelle piccole terra. Così inizia ad indagare comunità, quei paesi-fantasma la realtà quotidiana della del Meridione, andare lì a vivere Questione Meridionale e a fare l’amore, a fecondare la partendo dai ricordi, dalle terra e una nuova umanità. Se i domande a cui l’infanzia non giovani riscrivessero quel passato poteva rispondere, svelando a che bella pagina di futuro se stesso la dispersione e leggeremmo». L’autore, esteta l’altrui appropriazione di della musica con precedenti un’economia e dei suoi frutti, TERRO(M)NIA pubblicazioni di settore, alterna ma soprattutto dei suoi semi, convinzione e disillusione, del suo popolo, raccontando Gerardo Magliacano esperienza e riflessione, una parabola d’orgoglio e Iuppiter Edizioni discorsività e considerazioni rivendicazione per una parte 204 pagine facendo vivere il proprio d’Italia da riscattare. percorso di riappropriazione Gli incontri con alcune delle radici, la sua personale vecchie conoscenze - la mela rivoluzione, una battaglia che annurca, l’aglianico, conduce all’utopia, ovvero all’eu-topos (al buon un’Alfasud targata SA, un album Panini luogo): un futuro, una terra che deve rinascere, dell’ottantasette, i libri di Silone, il vinile “Terra insieme alle pagine della sua autentica mia” di Pino Daniele ed altri autorevoli amici letteratura, una battaglia che si affronta lo convincono a tornare per tentare di impugnando falce e zappa. risollevare le sorti del suo piccolo paese San Mango Piemonte, arrivando a fondare un IGNAZIO SORIANO La perfezionista e lo scippatore Un concentrato di dicotomie. Questo è in estrema sintesi «La perfezionista e lo scippatore di Rolex» (Europa Edizioni, 2013 - collana «Edificare universi»), romanzo di Luigi Romano ambientato nella Napoli contemporanea. O, in un certo senso, in due differenti Napoli contemporanee. La città-bene di Posillipo e degli studi professionali più importanti e quella, stereotipata, della piccola e grande malavita. A questo primo netto contrasto, filo conduttore di (30) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 tutto il romanzo, si intrecciano molte altre ramificazioni, degne della più classica teoria eraclitea dell’unità dei contrari. A cominciare dal rapporto tra l’avvocato Aurelio e sua moglie, nato dalla passione di un “colpo di fulmine” ma trasformatosi, una volta svanito il trasporto e smarrita la passione, in un conflitto esasperato tra le manie di ordine e perfezionismo della signora e l’insofferenza del suo consorte. La storia si complica e si divide, ancora una volta in Il nuovo saggio di poesie di Giacomo Garzya ci dà modo di apprezzare la capacità con cui ci racconta una serie di sensazioni uniche dell’ansia metafisica e di una inquietudine che lo sorprende di continuo. Garzya ci offre con il suo “corpus poetico” (“Maree”, “Solaria”, “Passato e Presente”, “Il mare dentro”, “Il viaggio della vita”, “L’amour et le violon”, ed ora “Un anno”) una compiuta immagine di sé, della sua visione del mondo non felice, non idillica ma rischiarata da lampi di spiritualità che gli offrono la possibilità di fulminee intuizioni nell’indagare il mistero della vita e della morte attraverso felici sintesi poetiche: «...il buio è impenetrabile/ nella grotta di Pertosa/o sotto Sant’Anna di Palazzo/ quando spengono le lampade... così dev’essere dentro una bara/ quando si spengono gli occhi/ per sempre». «...uscire dal dolore/ quando le frazioni di un minuto/ sono come ore.../ e ti sei svegliato e non riesci più a dormire/ e tu vorresti sbattere i pugni contro il muro/ perché arrivi l’aurora e l’alba e il giorno/ perché la luce ridia senso alla realtà delle cose...». Dai lavori di Garzya viene fuori la figura del poeta e dell’uomo di lettere, dalla complessa perso- due, quando Aurelio sventa il furto di un prezioso orologio di proprietà di un importante membro del consolato tedesco. Un gesto coraggioso, che però sconvolgerà non poco la vita dell’avvocato. Il giovane artefice dello scippo decide infatti di far pagare l’affronto della sventata rapina, dando vita ad una vicenda che, per una serie di incredibili coincidenze, porterà il lettore a conoscere episodi lontani nel tempo che getteranno ombre su coloro che inizialmente apparivano come vittime e che non si riveleranno poi così innocenti. nalità come si arguisce da liriche quali: “Saudade”, “Amici miei”, “Homo patiens”, testi di profonda meditazione, di armonia; ed ancora: “Masada”, “Eingedi”, “Kubbet al Sakhra”, miti riletti e reinterpretati alla luce della sua sensibilità storica e consegnati nelle loro multiformi valenze all’uomo d’oggi. Leggendo le quarantasei poesie del saggio, emerge chiaro come l’essenza e la qualità emozionale delle immagini siano il risultato di una interiorizzazione dell’ambiente e del paesaggio, sia esso Lisbona, Gerusalemme, Tivoli, Roma, Capri, Napoli, Salina e Lipari sentito sempre come parte dell’anima. Il poeta è affascinato dall’azzurro del mar Tirreno, del Mediterraneo, accarezzato dal lieve vento evocatore di memorie. Tuttavia i luoghi, senza la magia della parola, sarebbero nulli. E’ la parola, la fisicità della scrittura, a dare alla poesia di Garzya vitalità, energia, sicurezza, proprio attraverso il suo immergersi nella natura. Immagini oniriche, che tuttavia non sempre alleviano la sofferenza del poeta. Apparenze misteriose che si rincorrono, frammenti di ricordi e di volti, di raggi di luna e mormorio di vento colti e fermati dalla parola magica della poesia, unica a scorgere “la divinità che è dentro il paesaggio”. Il racconto è leggero, sapientemente ironico, con qualche spunto interessante ed una licenziosità sullo sfondo che, talvolta, indugia su un’intimità più prettamente morbosa che esplicitamente erotica. L’intreccio delle varie storie corre veloce, parallelo allo scontrarsi delle rispettive tematiche che ciascun personaggio rappresenta nella storia. Ne viene fuori una Napoli dalle mille sfaccettature, dipinte nei suoi stereotipi classici con un tratto più tipico del dadaismo francese che del realismo partenopeo. ARMANDO YARI SIPORSO LIBRI&LIBRERIE Rosa Amato riscopre Personal Player, la principessa Costanza il juke-box dell’anima GIANLUCA BLADIER CONSIGLIA UNA CANZONE DEL CUORE PER OGNI GIORNO DELL’ANNO. L’IDENTIKIT DI 365 BRANI INTRAMONTABILI. mio cammino». E così ha fatto, con 105 pezzi «La canzone è una vecchia fidanzata con cui italiani e 260 in lingua straniera. Tutti ripescati in passerei ancora volentieri buona parte della mia un arco di tempo che va dal 1944 con “I’ll be vita», confessava De Andrè in una storica seeing you” della straordinaria voce di Billie intervista. E anche per chi non ne ha fatto il suo Holiday, fino a disturbare la mestiere, quella “vecchia musica contemporanea con fidanzata” più che semplice “Same Love” di Macklemore, successione di note e accordi, è datata 2013. Pezzi che vanno al di un serbatoio dell’anima. Dentro là dei gusti personali dell’autore, ci rovesciamo emozioni, ricordi, per spaziare dal jazz di Ella pezzetti (belli o brutti) di noi. Fitzgerald, al blues di John Lee Brani che non sono scritti per Hooker, dal rock dei Led nessuno, ma che in qualche Zeppelin al rap di Eminem. modo parlano di ognuno. Così Sfogliando le pagine si numerosi che si potrebbe incontrano brani intramontabili pensare di raccoglierli in una come “Let it be” e “Hey Jude” dei playlist personale. Ed è proprio Beatles o “No woman no cry” di quello che ha fatto Gianluca Bob Marley. Tra gli artisti italiani, Bladier nel suo libro “Personal in testa alla classifica: Lucio Player. Una canzone per ogni Battisti, Ivano Fossati, Mina, giorno dell’anno”, pubblicato con Fabrizio De Andrè. E, da ilmiolibro.it. Una raccolta di 365 napoletano, non poteva mancare canzoni a cui ha affidato il un omaggio alla sua città con la compito di raccontare una vita, malinconica “Napul è” di Pino la sua, dipingendone un anno Daniele. Perché «Napul è ‘na tipo, musicalmente e non. Dietro PERSONAL PLAYER carta sporca» e Bladier sa bene note e melodie, l’autore che sotto al Vesuvio la bellezza nasconde infatti attimi, Gianluca Bladier mozzafiato e il degrado, la sensazioni, memorie. Di ogni ilmiolibro.it signorilità e la criminalità, il pezzo scelto, Bladier appunta 386 pagine folclore e la disperazione, la una breve “carta d’identità”. Ce storia e l’ignoranza camminano ne ricorda l’autore, l’anno di insieme in uno spietato pubblicazione, l’album da cui è abbraccio. Il trecentosessantaquattresimo giorno tratta. Ma soprattutto ogni brano è lo spunto per la scelta cade sui The Doors con “The end”, brano appuntare riflessioni, ricordi, motivazioni intime. del 1967. “This is the end” cantava quell’anno Jim «Mi sono reso conto – scrive l’autore Morrison, ma per la band si trattava soltanto nell’introduzione – che tutti i momenti della mia vita, dai più insignificanti a quelli fondamentali, si dell’inizio. E forse anche per Bladier non esistono punti fermi a tutto se a quel “The end” fa seguire sono inconsapevolmente abbinati a canzoni. un pezzo come “Senza fine”, duetto di Gino Paoli Tanto che ad un certo punto ho realizzato che se, come Pollicino, avessi raccolto le molliche di pane e Ornella Vanoni. Alla pagina successiva, bianca, un nuovo anno, nuovi sogni. E nuove note. fatte a forma di canzoni seminate nel corso del tempo avrei ricostruito a suon di musica tutto il LIVIA IANNOTTA FRANZESE-BUFANO, IL RACCONTO DELLE FESTE Un’antica, concreta religiosità quella celebrata in ”Feste e Festicciole”, libro scritto a quattro mani da Umberto Franzese e Laura Bufano (Edizioni Savarese). Sentimento religioso che si esplicava in credenze, immagini, canti, preghiere, a volte anche simili a riti pagani, ma che oggi corre un grande, serio pericolo: l’intromissione di religioni che non ci appartengono. E così, in un futuro prossimo, corriamo il rischio di abbandonare ’A festa d’o Munacone, ’A Festa d’’o Carmene, ’A festa ’e S. Gennaro, arrivando a diventare estranei in casa nostra e vedendo negate tradizioni, feste, affetti. Il libro fa parte della collana di tascabili Savarese, diretta da Umberto Franzese, nata per scoprire le nostre radici, interpretare il nostro passato, ma anche con l’intento di diffondersi tra gli amanti di libri preziosi, che ricordano l’antica Napoli. Si compone dei filoni: Del celiare e del cantare (il teatro d’opera, la musica, la canzone napoletana); Redeamus ad Neapolitanum (la parlata e la poesia napoletana); L’arte del vivere (tradizioni e costumi); Luoghi e persone (il colore locale, miti e magie, sacro e profano); De coquinaria (il buon mangiare); Le arti belle (Napoli, da greca urbs a moderna fucina artistica). (a.b.) Chi l’ha detto che una donna di cinquecento anni fa non potesse essere una buona economista, capace di destreggiarsi da sola tra conti e denaro? Partiamo da un presupposto: che la nobiltà d’altri tempi non brillasse nella gestione del denaro, lo testimonia la storia, costellata com’è di episodi di principi e conti che sperperano ricchezza. Società di “grandseigneur” d’apparenza e d’alto rango che si coprono di seta e di sfarzo, indorando ville e castelli, ma che poi si rovinano miseramente. Eppure la principessa Costanza del Carretto Doria, vissuta a Napoli nel XVI secolo ma di antenati genovesi, sfugge a questa regola. Per due motivi. Il primo: la capacità di gestire senza alcun aiuto il patrimonio di famiglia, facendolo addirittura lievitare. Il secondo: l’essere una donna. Il che, se si considera la società infarcita di maschilismo nella quale era inserita, appare un’eccezione ancora più insolita. Di questo personaggio poco conosciuto, ma affascinante e poliedrico, e della sua vita, spesa tra due città apparentemente lontane e diverse, Napoli e Genova, dipinge un ritratto accurato Rosa Amato, aversana, docente presso l’istituto superiore “Rita Levi Montalcini” di Acqui Terme, in provincia di Alessandria, da anni appassionata per la ricerca storica. Nelle pagine di “Costanza del Carretto Doria: un’aristocratica napoletana dall’intraprendenza economica genovese” (edito da ImpressioniGrafiche), l’autrice, al suo primo libro, erige un profilo biografico inedito e prezioso. E lo fa con scrupolosa minuziosità storica, scavando tra testamenti e inventari cinquecenteschi, redatti da notai napoletani dell’epoca. Rosa Amato ce la descrive come una donna colta e raffinata, perfettamente radicata nella tradizione dell’aristocrazia borbonica, ma allo stesso tempo intraprendente, perspicace, volitiva. Costanza del Carretto Doria, nipote del noto ammiraglio Andrea Doria, rimasta vedova dopo appena cinque anni di matrimonio, seppe prendere in mano le redini della famiglia e gestire da sola le ricchezze, adoperando con consapevolezza e dinamicità gli strumenti finanziari del tempo. E per gli affari doveva avere fiuto, dato che fu in grado di consegnare ai suoi eredi un patrimonio notevolmente accresciuto. A suo modo, un’eroina cinquecentesca che seppe anche proiettarsi all’assistenza dei più deboli e al riscatto sociale di chi viveva di stenti e disperazione, proprio mentre i suoi contemporanei si cullavano nel lusso vano e vuoto. Il lavoro di Rosa Amato si articola in tre sezioni. Nel primo capitolo l’autrice traccia il ritratto biografico e caratteriale della protagonista. Nella seconda parte passa ad un’analisi accurata degli inventari dei beni di Costanza, con una elegante descrizione del palazzo della principessa. Per poi terminare, nell’ultimo capitolo, con il parallelo tra i beni posseduti al momento del matrimonio e il patrimonio che le sue capacità di investimento fecero fruttare. Un viaggio che, passando per castelli e dimore nobiliari, chiese e palazzi cinquecenteschi, disseminati tra le colline del Monferrato e delle Langhe a Genova, prosegue discendendo la penisola e approdando a Napoli, nei fasti dell’assolutismo dei Borbone. LIVIA IANNOTTA CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (31) LIBRI&LIBRERIE Eventi Napoli: luoghi letterari AURORA CACOPARDO E FRANCESCO D’EPISCOPO SULLE TRACCE DI REA, BERNARI, INCORONATO E DE LUCA IN UN SAGGIO DI IUPPITER EDIZIONI Giacomo Garzya Venerdì 28 febbraio si è tenuta a Napoli, presso la sede della Fondazione Humaniter, una giornata di studi dedicata al libro di Aurora Cacopardo e Francesco D’Episcopo «Napoli: luoghi letterari» (Iuppiter Edizioni). In questa pagina pubblichiamo un ampio stralcio della relazione del professore e poeta Giacomo Garzya, intervenuto alla presentazione insieme all’autrice e a Pino Cotarelli. «Aurora Cacopardo è stata una valente docente di materie letterarie nei Licei ed è una colta, sensibile, acuta critica letteraria napoletana, che ho avuto modo di apprezzare personalmente negli ultimi anni leggendo le sue recensioni agli ultimi miei libri di poesie. Ella ha infatti dato ottima prova di sé collaborando con riviste e giornali come il Roma, Il Cerchio e Chiaia Magazine, un periodico questo di grande importanza civile, sociale e culturale non solo per il quartiere Chiaia, ma per Napoli tutta. Francesco D’Episcopo, autore di numerosi volumi e saggi sulla Letteratura italiana, insegna questa materia alla Federico II ed è un critico letterario, con al suo attivo vari riconoscimenti ufficiali alla sua pluridecennale attività. Il libro che si presenta ora, riguarda quattro autori, che hanno lasciato una traccia profonda nella cultura napoletana, pur con esiti diversi: Carlo Bernari, Luigi Incoronato, Domenico Starnone ed Erri De Luca (nella foto), i primi due, avendo avuto una fortuna non proporzionata al loro effettivo valore. Gli ultimi due, a noi contemporanei, depositari di numerosi riconoscimenti sia da parte della critica che dal pubblico di lettori. La scelta di Cacopardo e D’Episcopo di analizzare l’opera di questi quattro autori, tuttavia non prescinde dal voler mettere in evidenza i luoghi i cui si svolgono le storie e lo stesso narrare: via Speranzella, Scala a San Potito, via Gemito, Monte di Dio. La Napoli, qui raccontata, è una Napoli fatta di eroi e antieroi, penso, in particolare, da una parte, al ragazzino protagonista in “Montedidio”, dall’altra, all’anonimo protagonista, con Giovanni, in “Scala a San Potito”, ma anche una Napoli disperata nella sua miseria, lontana anni luce dalle rappresentazioni festose di certa ben nota letteratura. Il colore della miseria, della solitudine, che prevale in molti passi di queste opere e nei suoi personaggi è il grigio, un grigio che dà poco spazio alla speranza, se si esclu- (32) dono le avventure salvifiche nel racconto di Erri De Luca. In “Napoli: luoghi letterari” Aurora Cacopardo tratta in primis della figura letteraria e artistica di Carlo Bernari, un autore di spessore, che Domenico Rea non esitava a proclamare, nel 1958, come “l’unico scrittore napoletano degno di questo nome” e che avrà una vita spesa tra giornalismo, riviste letterarie e sceneggiature cinematografiche. Ebbene Carlo Bernari, autodidatta, come non pochi scrittori negli anni ’20 e ’30, antifascista, frequentatore delle idee crociane, nonché, durante un breve soggiorno a Parigi, di André Breton, padre del Surrealismo, produsse nel 1934 il suo primo romanzo “Tre operai” in una collana diretta da Cesare Zavattini, che non ebbe che poco pubblico, anche se una buona critica. “Tre operai” rappresenta il manifesto sociale dello scrittore, che preannuncia un lavoro di scavo ventennale sulla sua città, che si condenserà in due volumi, la “Bibbia napoletana” - considerato uno dei libri più affascinanti non solo su Napoli ma “di Napoli” - e “Speranzella”, il suo capolavoro, uscito nel 1949 e vincitore ex aequo del Premio CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 Viareggio, con buon successo, questa volta, di lettori e di critica. La Cacopardo, dopo aver ben disegnato la biografia di Bernari senza nascondere l’astio che nei suoi confronti aveva avuto Elio Vittorini, come è noto, intellettuale organico del Partito comunista e quindi diffidente nei confronti di chi conservava una propria libertà di scelta e di giudizio, si ferma a parlare a lungo del romanzo “Speranzella”, ambientato nella Napoli a cavallo del ben noto Referendum Monarchia-Repubblica. Questa disamina critica si sofferma sui punti principali dello spirito narrativo di Bernari, nonché sulla sua tecnica narrativa e sull’uso del dialetto, sulla scia dell’esperienza di Verga e di Alvaro, senza dimenticare la lezione di Di Giacomo, Viviani, Murolo, per non parlare del Cortese, del Basile, del Velardiniello. Importante è la considerazione della Cacopardo, quando dice che “i personaggi di Bernari…non cadono mai nel bozzetto, perché lo scrittore vi trasferisce con naturalezza l’elemento storico-documentario”, cioè fa un lavoro di scandaglio di natura storicistica, nella migliore tradizione crociana. L’analisi di Carlo Bernari di Aurora Cacopardo si conclude, in modo analogo, con analogo metodo, nella trattazione della vita e dell’opera di Erri De Luca, alla luce, in particolare del racconto “Montedidio”, dove, anche se in modo molto diverso, lo scrittore mette in luce la sua visione di Napoli rapportata al sogno salvifico del volo a Gerusalemme di Rafaniello, ebreo errante, che trova rifugio nella Napoli devastata dalla guerra, dalla fame e dalla miseria, una Napoli europea nella sofferenza per dirla con Curzio Malaparte. Aurora Cacopardo felicemente conclude il suo itinerario critico dicendo che Erri De Luca “riesce, spesso, a scavare in profondità con risoluta delicatezza”, trattando “così il comico, il tragico, la ricerca del sacro”, senza perdere, aggiungo io, la sua vena poetica e fantastica. Francesco D’Episcopo, da parte sua, analizza l’opera di Domenico Starnone e del meno fortunato Luigi Incoronato. Meno fortunato se si considera il tragico epilogo della sua vita, che, leggendo il suo racconto “Scala a San Potito”, può dirsi già in nuce tanti anni prima. Studioso di Incoronato, D’Episcopo ne tratteggia pienamente la biografia, elemento primo di ogni analisi successiva, sottolineando l’anno 1960, in cui non solo vince il Premio Napoli con il romanzo “Il Governatore”, ma fonda la rivista “Le ragioni narrative”, insieme a scrittori come Compagnone, Pomilio, Prisco e Rea, nonché accademici come Battaglia e Pacini Savoj. La notorietà di Incoronato nasce, tuttavia, nel 1950 con “Scala a San Potito”, edito da Mondadori, emblema della precarietà, delle gravi difficoltà di sopravvivenza che il popolo napoletano incontrò nel dopoguerra. D’Episcopo, analizzando “Scala a San Potito” nota acutamente che l’anonimo protagonista del racconto si identifica, nella sostanza, con l’autore stesso, il quale “sente… lo strano bisogno di tornare…sulle scale, che avevano ospitato una stagione straordinaria della sua vita, legata all’amicizia con l’altro personaggio centrale…Giovanni”, tragicamente ucciso da se stesso e dalla sua disgraziata vita. Non è il caso di entrare nella trama del racconto e la stessa cosa vale per “Via Gemito” di Starnone, per invitarvi alla lettura di “Napoli: luoghi letterari” che fa una lucida sintesi e invoglia a leggere questi autori, di cui si possono ora reperire i titoli in libreria. Tale sorte non è quella di Bernari, che costringe i lettori a recarsi in Biblioteca, il che farebbe pensare come ottima cosa la ristampa da parte di qualche buon editore almeno di “Speranzella”». SOCIETÀ&COSTUME Fuschetto, il sogno in musica Laura Bufano Quando avverti nella musica la “raffinatezza” ne rimani incantato e senza volerlo ti estranei dallo spazio e dal tempo. Ho sentito Massimiliano Fuschetto, Max, esibirsi in due sue composizioni: “Fase Rem” con il sax soprano e “Portami con te” con l’oboe, accompagnato in entrambi i pezzi dalla chitarra elettrica di Pasquale Capobianco. E sono bastate a catturarmi. Max è nato a San Marco dei Cavoti (BN). Mi parla del suo rapporto con la natura e di come essa abbia determinato il suo approdo alla musica, quando a soli sette anni imparava a suonare il pianoforte. Da allora, la musica, non l’ha lasciata più. Si diploma in oboe con il massimo dei voti presso il Conservatorio Nicola Sala di Benevento e prosegue con il perfezionamento presso la Scuola di Musica di Fiesole. Dal 2000 vive a Napoli dove svolge un’attività di compositore, concertista ed insegnante di musica. Com’è il tuo rapporto con Napoli? Positivo. Napoli è una città aperta che mi ha permesso di fare un sacco di cose. Agli inizi degli anni 2000 sono stato ospite di “Musica Millemondi”, sotto la direzione artistica del Maestro Girolamo De Simone, dove ho potuto realizzare numerosi lavori. C’è però da dire che la città nel tempo ha vissuto un’espropriazione della produzione musicale che negli anni ’60 ’70 la caratterizzava. Come ti definisci? Un inguaribile sognatore, che ama l’avventura e l’esplorazione. Le esperienze con l’ensemble di musica d’avanguardia le “Percussioni Ketoniche” e con il gruppo Pop-Rock “Ansiria” cosa hanno portato nelle tue composizioni? La capacità critica e di confronto: con gli Ansiria ho sperimentato una scrittura semplice e comunicativa tipica della popular music o Pop. Con Giulio Costanzo, invece, ho conosciuto le possibilità combinatorie e costruttive della musica africana. Un interesse che poi si è spostato ad altre culture nel mondo. Sei un compositore che si lascia ispirare dalle immagini, hai mai fatto musica per film? Ho realizzato le musiche per un cortometraggio di Monica Mazzitelli dal titolo “Midsommar”, girato a Stoccolma, con la parte pianistica a cura di Girolamo De Simone. Mi piacerebbe continuare a farlo. Max Fuschetto, compositore, nato a San Marco dei Cavoti, si definisce «un inguaribile sognatore. Fra qualche mese esce il suo nuovo disco realizzato con i contributi artistici di Pelilli, Chimenti e Capobianco. Hai partecipato al Festival del Mondo Arabo a Tunisi. E’ stato uno scambio interessante di esperienze? Scambio fenomenale per i suoni, i colori della città antica, le voci della Kasba, gli occhi nascosti delle donne mediorientali; il tutto l’ho riproposto in un brano del prossimo disco. Parliamo di “Popular Games”, tuo lavoro del 2009. L’uso dell’elettronica quale esigenza soddisfa nella realizzazione di un brano? E l’uso di lingua balcanica? Soddisfa quell’esigenza del compositore di avere a disposizione tutte le combinazioni di colori e di muovere i suoni e le linee in maniera inusuale e plastica. Per quanto riguarda l’uso della lingua Arberesch è stato un caso in quanto, grazie a Giulio Costanzo, ho conosciuto Antonella Pelilli di Montecilfoni e così ho trovato una lingua adatta alla mia musica che è risultata una commissione misteriosa. Il prossimo progetto? Fra qualche mese esce il nuovo disco che vede dei contributi importanti: la cantante Antonella Pelilli, il cantante toscano Andrea Chimenti e il chitarrista Capobianco. Insieme all’arberesh userò il francese, l’inglese e addirittura l’africano. Sfide letterarie con «Strane coppie» Incontri con grandi autori, critici e storici dell’arte. La felice formula di sfida fra romanzi europei, narrati al pubblico da scrittori, si allarga alla grande pittura: uno scrittore e un pittore, maestri in arti diverse eppure consonanti, saranno avvicinati per tematiche, per similitudine o per opposte scelte. Il raggio d’azione di "Strane Coppie" si estende quest’anno, in occasione della sesta edizione, ai linguaggi non verbali, per esplorarne consonanze e affinità con la Alla galleria Le 4 pareti i baretti diventano arte La vita notturna a Chiaia ruota intorno a loro: non solo bar ma anche vinerie, pub, pizzetterie, sushi point. All’interno si celebra il rito dell’happy hour, all’esterno la liturgia tutta partenopea della conversazione en plein air. Molteplici piccoli luoghi d’incontro situati l’uno affianco all’altro che il gergo quotidiano, con semplicità e efficacia, ha identificato in un’unica voce: i baretti. Uno svago divenuto consuetidine al punto da caratterizzare una intera zona, rientrata anche nelle guide turistiche. Ma cosa succede letteratura, stili, tecniche, risposte alle diverse esigenze di rappresentazione del nostro mondo. «Quest’anno la rassegna punta sul rapporto fra romanzi e pittura cercando di esplorare i due diversi modi di narrare le storie e cogliere la visione del mondo», spiega Antonella Cilento (nella foto), fondatrice del laboratorio di scrittura. Il programma della rassegna, inaugurata il 15 gennaio, prevede due incontri nel mese di marzo. Il giorno 6, presso l’Istituto Cervantes, si “incontreranno” la pittura di Giorgio De Chirico e la letteratura di Silvina Ocampo sul dopo, quando la folla chiassosa torna a casa? Ce lo dicono le foto di Peppe Di Benedetto, ultimo performer ospitato da Maria Giovanna Villari nella sua galleria “Le 4 pareti” di via Fiorelli. Nelle foto di Di Benedetto c’è tutta l’attesa di un mondo sospeso tra l’ultimo happy hour e il prossimo, tra insegne accese e luci spente, tavoli deserti e bicchieri vuoti, strade solitarie, bagnate di pioggia ed ultimi avventori randagi. Poetici scorci intimistici di luoghi che si riappropriano di sé. LAURA COCOZZA tema “Fantastico vs Metafisico”. Mentre il 20 marzo, al Goethe Institut, presso la Biblioteca Nazionale di Piazza Plebiscito, sarà la volta del binomio composto dal pittore Hackett, messo a confronto con lo scrittore Vincenzo Consolo. «Le coppie sono strane nel momento in cui si formano ma alla fine di ogni incontro diventano perfette perché convergono nell’obiettivo di suscitare emozioni». Così Mauro Giancaspro, direttore della Biblioteca nazionale di Napoli, ha commentato l’iniziativa. ARMANDO YARI SIPORSO CHIAIA MAGAZINE • GENNAIO/FEBBRAIO 2014 (33) MOVIDA&RELAX NIGHT STORM Fabio Tempesta WIN LUXURY, COLLEZIONE ARCOBALENO Maurizio Esposito (nella foto con Jade Albany Pietrantonio), imprenditore e stilista del noto brand Win Luxury Beachwear, ha ideato e realizzato creazioni di successo nell’ambito del beachwear. Dopo essersi dedicato ad altre attività, l’amore per il “fashion”, ereditato da bambino e mai sopito, è riesploso con energia negli ultimi anni. Grandi i successi ottenuti: da ModaMare di Firenze a Porto Cervo l’estate scorsa, dalle passerelle di Posillipo all'incantevole Villa Domi, fino alle ultime sfilate sulle spiagge dell’Adriatico. Win Luxury si conferma così il nuovo brand targato made in Naples più cool delle passerelle italiane. La creatività tutta partenopea di Maurizio Esposito trova stimoli attraverso l’immagine originale e moderna della donna moda-mare, denominata Win Luxury, e si arricchisce con modelli sempre più attuali e di tendenza, rispondenti alle esigenze di uno stile semplice, ma allo stesso tempo raffinato e ricercato. «Lusso, femminilità ed eleganza - afferma Esposito- sono le basi del mio design, studiato nei minimi dettagli, elaborato artigianalmente con tessuti pregiati e decorazioni alla moda. Il mio obiettivo è quello di portare in alto la tradizione della sartoria napoletana, a livello nazionale e internazionale». Talento e fantasia di un brand in continua evoluzione. E in questo 2014 di speranze e desiderio di uscire dalla crisi, Win Luxury ha lanciato la nuova collezione dal titolo «ArcObAleNo». Un collezione elegante, sofisticata,in cui trionfano i colori accesi e positivi come il verde e il giallo. La nuova linea di costumi si sviluppa in 9 serie ed è un autentico «inno al rinnovarsi, a ripartire dopo la tempesta, a puntare al sereno». Bella gente LORIS CAPASSO Loris Capasso ideatore del gruppo “Amici Tutti Vomero” operante su Facebook, nonché presidente della relativa Associazione Amicituttivomero.it, l’unico pr che non si sa come riesce ad organizzare serate (34) Festa vesuviana per la laurea di Valeria Nella suggestiva villa di famiglia a Torre del Greco, il 22 febbraio scorso, Valeria Palomba ha festeggiato con i parenti e gli amici più cari il conseguimento della laurea in legge. Ai piedi del Vesuvio, in una serata magica tra pietanze sublimi e fiumi di champagne, si è ballato a bordo piscina, fino a notte inoltrata, grazie alla musica della bravissima dj Ludovica Cims. Oltre cento invitati hanno voluto brindare insieme alla neodottoressa. Tra i partecipanti Maria Antonio e il papà Luigi Palomba, Paolo D’Angelo, Guglielmo Adrasto, Andrea Dotoli, Marco Modafferi e Mina, Tiziana Gallone, Francesco e Vittoria Cristiano, Carmela Barbato, Nino di Gennaro, Stefania Gaudino, Nico Parracino, Antonella e Francesco Del Bene, Alessandra e Paola Brancaccio, Francesco Avallone, Irma Cardano, Antonino e Raimondo Nocito, Dino Settembre, Alberto Saggiomo. Da vera partenopea la dottoressa Valeria Palomba, a fine serata, ha deciso di regalare a tutti gli invitati un corno di corallo e argento tipico della tradizione torrese. Un oggetto che ha riscosso il meritato successo ed è stato molto apprezzato per la sua carica di «ottimismo». di Tommy Totaro dal lunedi alla domenica ed essere sempre presente. ELENA IAVARONE Ha il viso dai lineamenti delicati, illuminato da grandi occhi chiari, e il corpo, morbido e sensuale, dalla pelle candida, ricordano in modo impressionante i CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 ritratti di figure femminili d’altri tempi. Stiamo parlando di Elena Iavarone che puoi trovare ogni domenica all’aperitivo dell’Occhi Occhi Oh. ORSOLA NARDUCCI Qualche anno fa, ci poteva stare che la gente si attardasse a domandarsi se lei fosse piu’ consulente aziendale o Coach motivazionale, adesso non piu’. È il braccio destro di Roberto Re ed ha il pregio di dirigere per il quarto anno consecutivo la sede della Fly Napoli insegnando a professionisti o chicchesia le potenzialità della Pnl. FULVIA ROSSI GAGLIARDI Ha da poco festeggiato il compleanno del suo Bambino (43 anni). Non parliamo di un neonato un po’ cresciuto, ma di uno dei negozi storici del quartiere Chiaia. Lei è Fulvia Rossi Gagliardi, che ha vestito con gli abiti del passato e del futuro, i protagonisti del Calendario Facenight 2014. La consolle, veramente «superlativa», è stata affidata ad uno storico e, fatecelo dire, mitico dj come Justin Berkmann. L’EVENTO SGUARDI LONTANI Francesco Iodice CARAVAGGIO E LEONARDO INSIEME La mostra «possibile» Fino al 21 aprile 2014 a Napoli, presso il Convento di San Domenico Maggiore, è visitabile la «Mostra impossibile» che consente al pubblico di intraprendere un viaggio tra le riproduzioni digitali delle opere più conosciute di Caravaggio, Raffaello e Leonardo. Grazie alle nuove tecnologie i mostri sacri dell’arte finalmente «espongono» insieme. Francesco Iodice I l caro professore di italiano al liceo soleva ripetere che la cultura – se racchiusa gelosamente in poche teche craniche – si inaridisce e diventa inutile, laddove, se diffusa e portata a conoscenza del maggior numero di persone, prolifica e si diffonde, facendo da volano al turismo, e non solo. Queste parole mi sono venute immediatamente alla memoria mentre ammiravo gli oltre cento capolavori esposti, fino al 21 aprile 2014, nella “Mostra impossibile” al Convento di San Domenico Maggiore. Ma perché impossibile? È presto detto. Normalmente, non vengono raccolti tutti gli originali di un singolo artista in un’unica esposizione. Se l'artista è il Caravaggio, è praticamente impossibile pensare di esporne tutti i dipinti. Ancora più impensa- bile è immaginare una mostra che esponga, in uno stesso luogo, oltre all'opera completa di Michelangelo Merisi, anche tutti i dipinti di Leonardo e quasi tutte le opere di Raffaello: capolavori che sono disseminati in decine di musei, chiese e abitazioni private di diversi continenti. Tutto questo diventa possibile mediante la riproduzione digitale dei quadri. Qui sta la novità introdotta da “Le mostre impossibili”: consentire ai visitatori di ammirare, hic et nunc, l’una accanto all’altra, tutte le opere, comprese quelle intrasportabili come gli affreschi. L'esposizione napoletana presenta, in rigoroso ordine cronologico, 63 dipinti di Caravaggio, 37 opere di Raffaello (compreso l'affresco de La scuola di Atene) e 17 di Leonardo (compresa L'ultima cena). Nell’epoca della riproducibilità digitale, l’opera d’arte diventa fruibile da milioni di persone, perché la divulgazione è planetaria, perde l’“aura” di sacralità che spesso, allontana il grande pubblico dai dipinti; la tecnica e le potenzialità della “riproducibilità digitale” dimostrano quanto la cultura umani- CARACCIOLO E LA PERFIDA NINFOMANE Nella chiesa della Madonna della Catena a Santa Lucia vi è un epitaffio, scritto da Mariano d’Ayala, per ricordare il defunto: «Francesco Caracciolo ammiraglio della Repubblica napoletana fu dall’astio dell’ingeneroso nemico impeso all’antenna il 29 giugno del 1799. I popolani di Santa Lucia qui tumularono l’onorando cadavere. Il Municipio di Napoli, 1881». A Francesco Caracciolo Napoli ha dedicato uno dei lungomari più belli del mondo per onorare la sua fama di ammiraglio gentiluomo, di casata illustre per antichi fatti e dotato di grandi capacità, intelligenza pronta che gli avevano consentito di compiere nobili opere, di essere un buon cittadino amante della patria e, nel corso degli anni, arricchito da una grande esperienza di faccende di mare. Com’è noto, Maria Carolina, regina di Napoli, aveva molti amanti, uomini e donne e, tra queste, annoverava anche Emma Lyons, prostituta a Londra prima che Sir Hamilton – ambasciatore inglese a Napoli – la sposasse. Ma l’insaziabile regina avrebbe voluto avere anche il bellissimo ammiraglio Francesco Caracciolo che invece si sottraeva alle lusinghe della ninfomane. Questa, per indurlo in tentazione, gli mandò Emma, ovvero Lady Hamilton, notissima per la generosità con cui offriva le sue grazie muliebri, ma anche questo tentativo fallì. E stica possa avvalersi dall’uso delle nuove tecnologie. La storia dell’arte è segnata dal succedersi di svariate tecniche di riproduzione: dalla xilografia all’acquaforte, dalla puntasecca alla litografia, dalla fotografia analogica a quella digitale. La riproducibilità è in scala 1:1 e realizzata con tecniche messe a punto in anni di sperimentazione e continuamente aggiornate. Le opere sono stampate, con sofisticate tecnologie digitali, su un supporto trasparente retroilluminato che consente uno straordinario apprezzamento dei dettagli, non sempre visibili nell'opera originale, vuoi per la distanza dall'osservatore vuoi per le condizioni d'illuminazione che, talvolta, soprattutto nei luoghi di culto, non sono particolarmente accurate. Il punto di partenza è stato sempre una fotografia, digitalizzata e verificata nella resa cromatica delle singole areole di pittura. Quindi i pixel dell’immagine sono trasferiti su un supporto unico, trasparente, omogeneo e a grana finissima, delle stesse dimensione dell’originale. La storia dell’arte, da cent’anni a questa parte, è allora scattò la vendetta. La regina Carolina si rivolse il 19 giugno per iscritto al cardinal Ruffo «insinuando a costui la necessità di metterlo a morte». E il giorno dopo, il Re faceva eco al sentimento della moglie. Pertanto, Nelson subito dichiarò che il patto sottoscritto da Ruffo era “infame”, che non ne avrebbe permesso l'esecuzione e lo stracciò. L’ammiraglio fu impiccato dagli Inglesi sulla nave di Nelson che, ordinando l'impiccagione del Caracciolo, nel contravvenire a dei patti debitamente firmati, dimostrò di non possedere neanche quel sentimento di fratellanza che normalmente accomuna gli uomini di mare. Spergiuro e sanguinario, non si contentò di eliminare l'avversario, lo volle anche umiliare, negandogli il diritto di morire fucilato, come si addice ad un vero soldato, facendolo impiccare all’albero della nave britannica “Minerva”; così come su quella flotta si usava fare per i pirati e i ribelli. Ma, il corpo, gettato in mare, riemerse vicino alla chiglia del Foudroyant, nave ammiraglia di Nelson, dinanzi agli occhi del Re, di Emma Hamilton, amante di Nelson. Raccolto da alcuni pietosi pescatori, il corpo fu deposto nella chiesa dove tuttora riposa. Finì così nel sangue il tentativo dei nobili e coraggiosi eroi che intendevano sottrarre Napoli allo sciagurato e tragico dominio dei Borbone che non si chiesero mai i motivi della rivolta e ignorarono del tutto le conseguenze di tanta cattiveria verso il popolo e gli intellettuali. storia di quanto è fotografabile. Ci sarebbe da chiedersi: ma cosa avevano visto, fino al 1900, coloro le cui riflessioni rimangono per noi rivelatrici? Il confronto di un quadro del Louvre o del Prado, era il confronto di un ricordo. Ecco allora che, mettendo in un solo luogo tutta la produzione artistica di Leonardo, Raffaello e Caravaggio, viene realizzata un’esperienza artistica e didattica unica nel suo genere. E sarebbe riduttivo se si parlasse di “copie”, di “fac-simili”, termini che nascondono un senso dispregiativo di distacco, repulsione e rifiuto. Si potrebbe parlare di “sostituti” di opere che hanno, a tutti gli effetti, dignità artistica e sono esposte invece degli originali. La realizzazione di grandi mostre è resa sempre più problematica dalla crescente contrarietà dei direttori dei musei a concedere il prestito delle opere ma anche dagli esorbitanti costi delle assicurazioni e delle speciali misure di sicurezza, inevitabili per dipinti d'incalcolabile valore. Viceversa, questa nuova generazione di riproduzioni d’arte, ad altissima definizione e a grandezza naturale, consente un approccio agli originali che gli originali stessi, nelle condizioni in cui normalmente si trovano, sia nei musei sia nelle sedi proprie, non consentono. Le cosiddette “copie” o “sostituti” sono molto utili anche nel salvare alcuni monumenti importanti dall’aggressione degli agenti inquinanti. In Giappone si conservano – nell’isola di Shikoku – moltissime copie di arte occidentale, per la maggior parte italiana. Per i giapponesi, che vivono così lontano dai luoghi dove si trovano gli originali, una visita all’isola costituisce un’occasione straordinaria di conoscenza. Fra i duecentomila che ogni anno visitano quel museo, non c’è dubbio che molti vorranno poi vedere gli originali. La copia vale in quanto rimanda all’originale, non per sé. I visitatori sono stati, finora, diverse centinaia di migliaia. Aveva, pertanto, perfettamente ragione l’ottimo docente liceale quando parlava di “eccezione culturale”, nel senso che la cultura è l’unico bene dell’umanità che se diviso fra tutti, piuttosto che diminuire diventa più grande. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (35) LAPILLI Terni&Favole. A Largo Ferrandina a Chiaia nella tabaccheria Postiglione il tempo scorre tra gratta&vinci, chiacchiere e pronostici calcistici. Mentre il cielo continua a fare le bizze e la crisi, imperterrita, non molla la presa, al banco di Alberto Postiglione c’è un via vai per tentare la fortuna. «Secondo le previsioni, l’aroma della primavera giungerà dopo la metà di marzo. Comunque, consiglio il terno delle mimose che comprende i seguenti numeri: 8 - 57 - 20. Da giocare con estrema fiducia sulle ruote di Genova, Napoli e Roma almeno per 12 estrazioni». Un ambo, invece, che merita di essere inseguito per 6 estrazioni è l’ambo del papà che fa 4 e 32. Da giocare sulla ruota Nazionale e su quella di Napoli». Intanto, tra una giocata e l’altra, il calcio tiene banco. Il battibecco del giorno è tra un signore arciconvinto che con Mazzarri il Napoli sarebbe stato già secondo in campionato e un ragazzo dai capelli arruffati che, invece, sostiene che Benitez l’anno prossimo dimostrerà tutto il suo valore vincendo lo scudetto. Mentre la querelle pallonara continua senza esclusione di colpi, Postiglione lancia un altro treno di numeri: «Consiglio, contro gufi e pessimisti, il terno della rinascita che fa 81 - 44 - 77. Da giocare rigorosamente sulle ruote di Napoli e Roma». Formisano vince il «d’Alterio» Armando Yari Siporso Sono stati conferiti, lo scorso 14 gennaio, presso il Tennis Club Napoli, i riconoscimenti della prima edizione del Premio Emilio d’Alterio - “A Chi” destinato alle eccellenze napoletane che significativamente rappresentano, con la propria attività, la nostra città nel panorama italiano e internazionale. Il premio, realizzato da Lello Esposito, è stato consegnato dallo stesso artista, allo stilista delle cravatte “made in Naples” Maurizio Marinella, all’artigiano dei presepi Marco Ferrigno e al Direttore marketing del Calcio Napoli Alessandro Formisano (nella foto). La cerimonia è stata allietata dalla musica del maestro Pino Di Maio che ha accompagnato, con le note della propria chitarra, la voce dell’imprenditore Giovanni Cimmino, che ha aperto la serata intonando la canzone di Fau- sto Leali tanto cara a Emilio d’Alterio e da cui il premio stesso, a lui dedicato, prende il nome. Presenti in sala i familiari di d’Alterio, che fortemente hanno voluto istituire questa manifestazione per ricordare, ogni anno, nel giorno del compleanno dell’ingegnere, le sue passioni e la sua grande generosità. Tra questi, il consuocero Dino Alinei ed il cognato Edoardo Vivard, da sempre legati a lui da affetto fraterno. «È intenzione della famiglia perpetuare questa tradizione nei prossimi anni e far partecipare, ad ogni nuova edizione del Premio, una fondazione napoletana che si impegni concretamente sul nostro territorio per aiutare coloro che soffrono, nel rispetto dei valori spesso oggi dimenticati, di cui nostro padre era una bandiera invisibile». Così la figlia di Emilio, Claudia d’Alterio, ha ricor- dato la generosità del padre «tanto discreta da essere scoperta solo dopo la sua scomparsa» e ha motivato la presenza alla manifestazione della Fondazione “Carmine Gallo” che si impegna da anni per aiutare i bambini malati di leucemia dell’ospedale Pausilipon di Napoli. «I cardini ineludibili di famiglia, lavoro e amicizia, su cui era fondata la vita di mio padre – ha continuato Claudia d’Alterio – sono il fondamento di questo premio che, grazie alla professionalità e soprattutto al cuore dell'amico Gigi Porcelli e dell'ingegnere Giuseppe Montanino, ha assunto ed assumerà sempre maggiore spessore». Malvarosa lancia la «bibbia» della vera pizza Nel 1984 un Disciplinare Internazionale sanciva gli ingredienti da usare e le regole da seguire per preparare, in tutto il mondo, la vera pizza napoletana. Era quello l’atto di nascita dell’Associazione verace pizza napoletana costituitasi, per volere di pizzaioli partenopei, al fine di salvaguardare la ricetta autentica e quelle pizzerie che offrono un prodotto genuino, figlio di un dialogo ininterrotto con la tradizione. Arrivata al suo trentennale, l’Associazione lo celebra con un volume «Farina, acqua, lievito, sale, passione» (Malvarosa edizioni). Il titolo in copertina, cui fa da corollario la foto della mano audace di un pizzaiolo, elenca quei cinque imprescindibili ingredienti che fanno nascere da un impasto, modellato con decisione e maestria, l’originale pizza napoletana. Un intero capitolo, il primo, è riservato proprio agli ingredienti basilari ed ai condimenti più universali (olio, pomodoro e mozzarella). Elementi certamente semplici, ma che si è obbligati a scegliere con cura e attenzione se non si vuole compromettere il risultato finale. Sono presenti anche utili consigli per l’impasto, come in ogni prontuario culinario che (36) si rispetti, perché «Farina, acqua, lievito, sale, passione», in effetti, è un ricettario dedicato interamente alla pizza e alle sue molteplici declinazioni. Grandi classici, rosse, bianche e verdi sono le basi da cui si parte per un numero crescente e stimolante di ricette, che possono soddisfare perfino i palati più esigenti. In questo modo, accanto all’intramontabile margherita, s’impara anche come preparare una più inedita pizza zucca e porcini o ancora una mar- CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 gherita alla cocca, in cui l’uovo primeggia sulla ricetta tradizionale. Il libro si arricchisce, poi, d’intermezzi che raccontano interessanti curiosità sulla storia di una pietanza così fortemente amata. Si scopre, ad esempio, la pratica del recupero dei cornicioni o, ancora, la lingua in codice, la parlesia, utilizzata dai camerieri per non farsi capire dai clienti. Grandi foto corredano l’intero lavoro mostrando non solo immagini esplicative per ogni ricetta, ma anche scorci di Napoli e della napoletanità. Il volume cerca, pertanto, di narrare e diffondere, quelle «emozioni gastronomiche», delle quali parla Carlo Petrini, presidente di Slow Food Internazionale, nell’introduzione, ben conosciute da tutti gli amanti di questo emblema della cucina napoletana. Un culto, quello della pizza, che, ormai, ha ferventi e appassionati estimatori in tutto il mondo. SARA GIUSEPPINA D’AMBROSIO LAPILLI Dance Studio A Chiaia si danza A VIA CAPPELLA VECCHIA 8/A SUCCESSO DELLA SCUOLA DI BALLO DI RAFFAELE ESPOSITO, CHE SI ISPIRA AL FILM DI GERE Secondo uno studio di un gruppo di neurologi americani, il ballo stimola il cervello e, soprattutto, è un efficace e divertente antidepressivo. Non è un caso che in televisione siano aumentati i programmi dedicati alla danza come «Ballando sotto le stelle» o come i vari format di talent show che, riempendo i palinsesti, sono riusciti a conquistare un pubblico non solo di giovani. Insomma il ballo aiuta a vivere meglio. A Napoli, città sempre aperta alle sperimentazioni e alle nuove tendenze, la passione per la danza (per tutte le danze) negli ultimi tempi sembra essersi diffusa maggiormente. Nel cuore di Chiaia, precisamente a via Cappella Vecchia 8/a, grazie all’intraprendenza di Raffaele Esposito è nata l’esperienza di Dance Studio, scuola di ballo, anzi di balli. Infatti, il nuovo spazio «danzante» è stato preso d’assalto da uomini e donne che alla monotonia della palestra hanno preferito l’imprevedibilità e il brivido del ballo. Raffaele Esposito nel dar vita a Dance Studio si è ispirato al film con Richard Gere e Jennifer Lopez «Shall we dance»: nella sua scuola di ballo, infatti, viene utilizzato lo stesso metodo d’insegnamento descritto nel lungometraggio. E stando ai risultati, il metodo americano funziona. Ovviamente chi decide di intraprendere l’esperienza di Dance Studio non solo impara a danzare ma può anche scegliere in quali balli specializzarsi. (Per info: latinsocialclub.net tel. 081.19575855) ANTONIO BIANCOSPINO L’ORA LEGALE Adelaide Caravaglios IN CARCERE NIENTE ABITI LUSSUOSI E ALLA MODA Chi lo avrebbe mai detto che uno dei problemi della vita carceraria sarebbe addirittura il vestiario? Intendiamoci: non quello “corrisposto dall’Amministrazione”, ma quello personale. Eh sì! Perché secondo i giudici della I Sezione penale della Cassazione (sentenza n. 42605/2013) “l’adozione, da parte di alcuni detenuti, di un vestiario particolarmente pregiato ed anche francamente lussuoso, adatto ad alcuni ambienti e scenari, sicuramente darebbe origine a contrasti e gravi disarmonie nella popolazione carceraria” e risulterebbe “d’intralcio (si pensi solo alla necessità di plurimi cambi d’abito nella stessa giornata) nella scansione esplicativa delle normali attività intramurarie”. Detto altrimenti, il vestire capi d’abbigliamento lussuosi e griffati andrebbe ad alterare – spiegano, all’uopo, gli ermellini – “la tendenziale par condicio che deve presiedere alla condizione carceraria […]” e “finirebbe per riproporre ed esaltare in ambito carcerario posizioni di predominio”. E questo perché “il vestiario che solo un boss può permettersi, che lo ha contraddistinto in libertà e che un mero affiliato non si sarebbe mai ardito di indossare (per rispettare le ineludibili gerarchie interne), costituirebbe motivo di distinzioni, vassallaggi, ossequi o invidie” piuttosto pericolosi per l’ordine e la sicurezza interne. Niente abiti alla moda, dunque, per quel detenuto, sottoposto al regime del 41 bis ord. pen., che aveva chiesto ed ottenuto, dal magistrato di sorveglianza, la disapplicazione della circolare ministeriale relativa al divieto imposto di ricevere e detenere capi di abbigliamento ed accessori particolarmente costosi e di tipo lussuoso. Montedidio la creatività è tratta INTERNO A 14, IL NUOVO SPAZIO ASSOCIATIVO DEDICATO ALLA CULTURA E AI GIOVANI TALENTI PIADINAILÒ, L’ARTE DEL GUSTO A VIA ALABARDIERI La magia di una piadina si può provare in zona baretti nell’accogliente e sorprendente PiadinAilò, in via Alabardieri 26 (tel. 081 414676). Location total white, quadri d’arte contemporanea alle pareti, servizio ai tavoli ultrarapido, ma soprattutto una lista infinita di piadine, le migliori, anche secondo i giudizi della rete, che si possano mangiare a Napoli. Il miracolo del gusto di PiadinAilò lo si deve a Ernesto e Maria, imprenditori speciali che hanno creato questa realtà vincente a Napoli e in Emilia Romagna. Oggi a continuare l’arte della piadina ci sono i figli Pasquale e Carmen, sempre sorridenti e pronti a tutte le esigenze del cliente. Tra le piadine «super» consigliamo quella salmone e rucola o quella sublime con speck tirolese e squacquerone. Per chi non è a dieta da provare la piadina pancetta e provola. L’arte trova casa. Si chiama “Interno A 14”, ed è una vera e propria fucina di talenti artistici. In uno dei luoghi simbolo della città di Napoli e della sua storia, Palazzo Serra di Cassano (via Monte di Dio, 14), nasce uno spazio associativo, un centro culturale indipendente, sul modello di quelli francesi. “Interno A 14” è gestito dall’omonima associazione culturale presieduta da Vincenza Donzelli, che è anche responsabile amministrativo e del settore arti visive. Insieme a Barbara Rubolino, vicediretto- re e responsabile del settore moda, e ai consiglieri Francesco Donzelli, Liliana Pellegrino, responsabile del settore editoria e letteratura, punta a rendere “Interno A 14” un centro permamente dell’offerta culturale cittadina. Duecento metri quadri del Palazzo Serra di Cassano, rimessi a nuovo e oggi a disposizione della comunità di artisti e operatori culturali della città. Gli artisti locali alla ricerca di spazi in cui lasciare a briglia sciolta la propria creatività, possono così esprimere il proprio talento in un luogo polivalente e aperto alla contaminazione tra le arti e le esperienze. “Interno A 14” si propone non solo come pazio espositivo e performativo per iniziative legate all’arte contemporanea, alla fotografia, alla moda, al design, alla letteratura, all’enogastronomia, al teatro, al cinema, ma anche come centro di produzione di contenuti culturali, con organizzazione di corsi di formazione in ambito artistico. (Per info: www.internoa14.it, tel. 08118892847). IGNAZIO SORIANO CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2014 (37) IUPPITER i libri del mese DIVERSI AMORI Viaggio illustrato contro l’omofobia HO SCRITTO IL MIO NOME NEL SANGUE La vita e il genio di Caravaggio Autore: E. Silvestrini - B. Balbi Costo: 14 euro Pagine: 70 Autore: Mariano Marmo Costo: 12 euro Pagine: 124 Mettere a punto la propria identità, nel periodo adolescenziale, è esercizio difficile e spesso doloroso, perché risente dell’approvazione degli altri. E la sessualità è uno dei cardini per il riconoscimento di sé. Quando l’adolescente scopre di avere un orientamento sessuale diverso dal consueto, può sentirsi emarginato, aver paura di essere rifiutato dalla società e spesso anche dalla famiglia. Un libro illustrato contro l’omofobia e per la parità dei sentimenti. Da Roma a Napoli, poi a Malta e in Sicilia, tra taverne, liti, chiese, prostitute, prelati, cavalieri dell’Ordine di Malta, l’autore racconta la vita di Michelangelo Merisi detto “Caravaggio”. Una vita che appare come un turbinio di eventi, in cui creazione artistica, morte, senso di colpa e voglia di riposo si sovrappongono, avvolgendo la storia dell’uomo in un’inestricabile ombra, la stessa che ha reso immortale le sue tele. LA GUERRA DEI SESSI Dalla promiscuità al sesso virtuale LIBRERIA BELLA ESTATE Inno alla giovinezza Autore: Gloria Persico Costo: 12 euro Pagine: 122 Autore: Sergio Califano Costo: 10 euro Pagine: 123 Indagine sull’origine della sessualità e sulla sua evoluzione, dal periodo promiscuo dei nostri antenati, al cybersex nei nostri giorni. Dalla sessualità finalizzata alla procreazione alla prospettiva di una procreazione senza sessualità. Analisi ragionata di una mutazione antropologica che sta alterando un ordine sociale che sembrava immutabile. Nella lotta tra maschi e femmine è l’amore la struttura emotiva ed intellettuale che investe il sesso dei significati, infinitamente espandibili, che lo rendono imprevedibile. Esplorazione di sé e del mondo che il protagonista attraversa in uno spazio tempo circolare, tra nostalgia e bellezza, spalancando memorie e costruendo realtà. Coincidenze, appuntamenti dati o mancati, vite diverse che si sfiorano, si perdono o si ritrovano, all’incrocio delle sottili trame della sorte, invisibile e onnipotente. Uno stile avvolgente, sostanziato da una prosa intensamente limpida, conduce il lettore nell’universo dei possibili. Dentro la vita stessa, attraverso un inno alla giovinezza più selvaggia. LA CASA DI ASSOS Una storia d’amore IL GIARDINO DEI SILENZIOSI Organi nelle chiese napoletane Autore: Gerardo Russo Krauss Costo: 10 euro Pagine: 76 Autore: Mauro Castaldo Costo: 10 euro Pagine: 68 Nel mezzo del golfo di Cefalonia si erge una casa gialla con le persiane azzurre. La casa è stata per generazioni il perno della vita della famiglia Christacopoulos. Quando Kristina rimane sola, allora, la solidità di quelle mura rappresenta l'unica certezza fino all'arrivo di Kate. In un attimo, però, anche l'ultimo baluardo sembra sgretolarsi come un castello di sabbia. La casa di Assos si trasforma in un uragano inarrestabile di passioni. Inchiesta tra storia e provocazione sugli organi nelle chiese napoletane, strumenti nobilissimi che rinnovano l’antica arte della composizione musicale. Monsignor Vincenzo De Gregorio, organista titolare e maestro di Cappella del Duomo di Napoli così scrive nella prefazione: «È un percorso affascinante, quello dell’Autore, che ci fa desiderare di riavere più suono, quello dell’organo, ad accompagnare i momenti tersi o oscuri della vita». I LIBRI IUPPITER EDIZIONI POSSONO ESSERE ACQUISTATI NELLE MIGLIORI LIBRERIE TRA CUI: Libreria L'Ateneo (Via Mezzocannone. 15 - Napoli) Libreria Metropolitana (Piazza Cavour, 69 - Napoli) Libreria Loffredo (Via Kerbaker 19/21 - Napoli) Libreria Simeoli (Via San Pietro a Maiella, 5 - Napoli) Libreria Neapolis (Via San Gregorio Armeno, 4 - Napoli) Libreria Pisanti (Corso Umberto i 38/40 - Napoli) Libreria Colonnese (Via San Pietro a Maiella, 32 - Napoli) Libreria Treves (Piazza del Plebiscito 11/12 - Napoli) Libreria Ubik (Via Benedetto Croce, 28 - Napoli) Libreria Fiorentino (Calata Trinità Maggiore 36 - Napoli) Guida (Via Port'Alba 20/23 - Napoli) Guida (Via Caduti sul Lavoro 41-43 - Caserta) Guida (Corso Garibaldi, 142 b/c - Salerno) Feltrinelli (Via S. Caterina a Chiaia 23 - Napoli) Feltrinelli (Via S. Tommaso d'Aquino, 70 - Napoli) Feltrinelli (Stazione centrale Piazza Garibaldi - Napoli) Feltrinelli (Corso Vittorio Emanuele, 230 - Salerno) Riviera Libri (Riviera di Chiaia, 202 - Napoli) Libreria Libridine (via Diaz, 71 - Portici) Libreria Gulliver (centro storico Ischia Ponte) Libreria Cioccolateria Fascino Napoletano (via Tolemaide, 14 - Roma) I LIBRI SONO ACQUISTABILI ANCHE SUL SITO WWW.IUPPITERGROUP.IT (CLICCANDO BANNER “IUPPITERSTORE”) E NEL CIRCUITO DELLE MIGLIORI LIBRERIE ONLINE PER ULTERIORI INFORMAZIONI È ATTIVO IL NUMERO/SERVIZIO CLIENTI DAL LUNEDI’ AL VENERDI’ (DALLE ORE 11 ALLE 0RE 20) 081.19361500 “Leggiamo e scriviamo per sapere di non essere soli” seguici su www.iuppitergroup.it – [email protected] EXIT Diamo i numeri Prezzi in calo $ %$! %$#!!%$%#%#% !%!"% "#!%"!% %# #%#% #" ###"% % $ #! % "!% $"%# "% #$% % #! ""#$ #!!%# #! % %" #"% %$#%!% #"! "#!# #!" " !#% %% %#"% # # "% "#!% #!%$ #" "%% !#"% %"#!% #""% ##" #"% # % %#% 0,2 la percentuale di calo dei prezzi a Napoli a febbraio, rispetto al mese precedente. Diminuzioni per comunicazioni (-0,8), prodotti alimentari (0,6) e trasporti (-0,5) ##!%!" Terra dei fuochi 6 mila circa i roghi tossici registrati tra il 2012 e il 2013, secondo un dossier di Legambiente. Nessuna bonifica per il 74% dei siti inquinati sul litolare domitio flegreo Pompei 2 IL RITARDO $SCUSATE &?@7657?=1;@6;<@?@<;78:?@=))>2?;<=8?@9>88;:?@>@?@<;78:?@7>13:>@3?@<51>:;7?@)=<@3>:@>7' 7>:>@576?8?@6;<@=965<?@0?;:<?@4?@:?8=:4;.@9@:?8=:4;@@4?3>7;@4=@5<=@<>6>77=:?=@:?;:0=<?2' 2=2?;<>@?<8>:<=@4>99=@7;6?>8#@>4?8:?6>@6,>@3>:1>88>:#@=@&,?=?=@%=0=2?<>@4?@6:>76>:>@> :=));:2=:7?@759@1>:6=8;. i milioni di euro sbloccati dal Ministero dei beni culturali e del turismo da destinare alla manutenzione ordinaria di Pompei, dopo gli ultimi crolli nel sito 370 i costumi di Carnevale sequestrati dalla Polizia municipale perché privi del marchio Cee, delle avvertenze e dell'età d'uso, prescrizioni tassative del Ministero della Salute Frode 3 i pastifici di Gragnano denunciati per frode in commercio. Vendevano pasta non prodotta da loro, ma comprata da altre aziende, al di fuori della città la BACHECA Carnevale A CHIAIA MAGAZINE $ ABBONATI @?<@6;:7;@9=@6=13=0<=@=//;<=1><8?@4?@&,?=?=@%=0=2?<>.@&,?@4>6?4>@4?@=//;<=:7?+@<;< 7;9;@:?6>*>:#@4?:>88=1><8>@=@6=7=@?9@0?;:<=9>+@1=@><8:=@<>9@&95/@4?@&,?=?=@%=0=2?<>@?< 65?@,=@4?:?88;@=99;@76;<8;@4>9@-@75?@9?/:?@4?@533?8>:@4?2?;<?@>@75@=98:>@;3>:>@4>4?6=8> =99=@78;:?=@>@=99>@8:=4?2?;<?@<=3;9>8=<>.@5>@9>@8?3;9;0?>@4?@=//;<=1><8;@;:4?<=:?;@>5:;@=99=<<;@>@7;78><?8;:>@ -@>5:;@=99=<<;.@>:@7=3>:<>@4?@3?@/=78=@8>9>);<=:>@=9 <51>:;@-"(.(( --+@4=9@95<>4@=9@*><>:4+@4=99>@;:>@((.--@=99>@(".--. PUOI TROVARCI $DOVE <@;98:>@ --@35<8?@7>9>2?;<=8?@<>0;2?+@8>=8:?+@6?<>1=+@/=:+@4?76;8>6,>+@/=<6,>+@/;58?5>+ 7854?@3:;)>77?;<=9?+@0=99>:?>@4=:8>+@:?78;:=<8?+@6?:6;9?@73;:8?*?@>@?<@8588?@09?@>*><8?@65985:=9? >@1;<4=<?.@?78:?/52?;<>@6=3?99=:>@3=9=22;@3>:@3=9=22;@0=2>/;@<>?@35<8?@78:=8>0?6?@4>9' 9=@6?88#@3>:@9=@3:>7><8=2?;<>@4>9@<51>:;@>@4>99>@?<?2?=8?*>@4>9@1><7?9>.@ CITY: ISTRUZIONI PER L’USO $SOS ?<0:=2?=1;@?@<;78:?@9>88;:?@3>:@9>@7>0<=9=2?;<?@4=@?<*?=:>@=@?<);6,?=?=1=0=2?<>.?8@;@=9' 9?<4?:?22;@4>99=@:>4=2?;<>+@*?=@>?@%?99>+@ @'@"-((@@7599>@>1>:0><2>@>@3:;/9>1?@4>9' 9=@6?88#.@<=@:=66;1=<4=2?;<>@9>88>:>@/:>*?@1=@(---@/=8858>. 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