Uscire dalla crisi. Costruire un modello di sviluppo per un nuovo assetto industriale del Lazio1 1. Il contesto di riferimento I dati sull’economia del Lazio degli ultimi anni hanno evidenziato le difficoltà di ripresa (quando non di tenuta) del sistema produttivo regionale di fronte agli effetti della crisi internazionale. Alle problematiche più sistemiche, legate anche alle difficoltà e alle contraddizioni dell’insieme dell’economia italiana nel nuovo scenario internazionale, si sono aggiunte nel nostro territorio il mancato avvio di ampi e strutturali processi di modernizzazione e innovazione del tessuto produttivo e la carenza da parte del decisore pubblico negli ultimi anni di strategie di intervento di medio-‐lungo periodo in grado di sostenere il sistema produttivo nella competizione internazionale tra grandi aree metropolitane e regionali. Anche per queste ragioni, le aziende e i settori che pure hanno evidenziato un’elevata capacità di espansione nei settori più innovativi non sono state adeguatamente accompagnate e incoraggiate. La variazione del Pil della Regione tra il 2008 e il 2012 (a prezzi costanti) è stata pari a -‐4,1%; il reddito pro-‐capite è sceso da 28.365 a 26.198 euro (-‐7,6%); la produttività del lavoro è calata del 4,2%; gli occupati nell’industria in senso stretto, sono scesi dai 247.000 a 227.000 del 2013 (-‐8%); il tasso di intensità industriale (occupati industria in senso stretto/occupati totali) è sceso dall’11,0% al 10,3%; il numero delle imprese complessive è salito da 584.701 del 2008 a 622.221 del 2013 (+6,4%) mentre le industrie in senso stretto sono scese da 51.546 a 40.316 (-‐21,8%). Le imprese laziali pesano oggi per il 10,3% sul totale nazionale; mentre le imprese in senso in stretto rappresentano il 6,5% del totale Italia. Eppure, il Lazio è e rimane uno dei principali motori di produzione del Paese che ancora rappresenta circa il 10% dell’intero prodotto nazionale; ma è un’economia che ha incontrato la “grande recessione” senza essere riuscita a innovare il suo modello produttivo. La fase recessiva che stiamo attraversando ha prodotto effetti particolarmente consistenti sia dal lato della domanda che nella struttura dell’offerta produttiva della regione, con effetti rilevanti per il mercato del lavoro (aumento della disoccupazione giovanile e di quella complessiva) e per la tenuta del nostro modello di welfare. Soltanto nel primo semestre del 2014 si è ricominciata a vedere una lieve luce in fondo al tunnel: i dati Istat indicano nel secondo trimestre 2014 un leggero miglioramento congiunturale del mercato del lavoro nel Lazio. Gli occupati sono 2 milioni e 255 mila, circa 41 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2013; il tasso di occupazione sale a 58% rispetto al 57,2% del II trimestre 2014 (mentre quello dell’Italia rimane stabile a 55,7). I disoccupati sono 303 mila, circa 8 mila in meno rispetto al secondo trimestre 2013, a ancora molti in più rispetto ai valori pre-‐crisi (erano 182 mila nel 2008). Il tasso di disoccupazione nel trimestre si attesta all’11,9%, era 12,3% nel II trimestre 2013. Si tratta di un primo dato positivo dopo anni di forte contrazione, ma è ancora presto per poter stabilire la consistenza di questa ripresa. Secondo l’ultimo rapporto di Banca d’Italia, infatti, il trend del Lazio seguirebbe quello del Paese (lieve recessione); il settore dei servizi è l’unico per cui 1 A cura di Guido Fabiani e Stefano Palermo. 1 la situazione economica sembra essersi stabilizzata, mentre nell’industria si sono ridotti, anche se con margini molto diversi, fatturato, investimenti ed export. È in questo contesto, dunque che come Assessorato allo sviluppo economico e come Regione Lazio ci siamo trovati ad operare. Un contesto fortemente influenzato da elementi di carattere esterno ed interno. Dal punto di vista esterno, basti fare riferimento ai dati di cui parlavo prima che hanno aderito su un sistema territoriale a lungo vissuto sulla presenza di alcuni nuclei industriali – in alcuni casi anche di eccellenza – e su una economia del terziario e dell’indotto della PA che dal 2010 in poi, con l’avvio delle manovre di austerity, ha incontrato forti tensioni e riduzioni del valore aggiunto. Sul fronte interno, arrivati al governo della Regione a marzo 2013, ci siamo dovuti confrontare con un ingranaggio arrugginito e bloccato da anni. Una macchina che aveva vissuto due shock legislativi (la chiusura della legislatura Marrazzo e soprattutto di quella Polverini) e troppo a lungo retta su una spesa improduttiva, autoreferenziale o, come in molti casi evidenziano le cronache, guidata da logiche clientelari se non illecite. Tutto questo in un sistema economico, quello precedente la crisi del 2008, che già mostrava segni di forte instabilità, come oramai dimostra l’ampia bibliografia economica e storico-‐economica sull’ultimo ventennio italiano. Abbiamo trovato una Regione il cui Bilancio era di fatto oramai fuori controllo con dodici miliardi di debiti commerciali e altri di debito sanitario, frutto di una gestione della programmazione del Bilancio degli anni passati a dir poco superficiale. Abbiamo trovato un Programma di impiego dei Fondi Por Fesr 2007-‐2013 che, malgrado l’impegno dei funzionari preposti, rischiava di rimanere in larga parte inattuato, disperdendo così risorse indispensabili in questa fase di crisi del nostro territorio. Abbiamo trovato una totale assenza di strategie, di interlocuzione con le parti sociali di costruzioni di obiettivi condivisi di medio-‐lungo periodo per arginare gli effetti della crisi e poi provare a venirne fuori. Sintetizzando si può dire: mentre il mondo cambiava, il Lazio rimaneva fermo per cominciare poi a retrocedere lentamente. 2. Ricostruire un’idea di sviluppo In questa situazione, dunque, come Assessorato allo Sviluppo Economico nel primo anno di legislatura ci siamo dati alcuni obiettivi chiari e concreti, cercando di ridefinire un’idea dello sviluppo, o quanto meno di sostegno pubblico funzionale a valorizzare i processi di sviluppo del territorio. Per questo ci siamo mossi su quattro direttrici principali: a) riavviare il confronto con gli stakeholders; b) individuare le principali e migliori azioni utili a migliorare la competitività del Lazio in linea con le migliori esperienze europee; c) recuperare e reinvestire tutte le risorse possibili, a partire dalla rimodulazione dei fondi residui del Por Fesr 2007-‐2013; d) avviare un processo di semplificazione amministrativa e legislativa. Per farlo abbiamo collaborato, insieme alla Presidenza della Regione, all’elaborazione del Patto per il lavoro e lo sviluppo, siglato insieme a 23 sigle sindacali e rappresentative delle forze imprenditoriali e associative nel quale venivano indicate le prime urgenze su cui intervenire; allo stesso modo abbiamo avviato tavolo specifici di confronto sulla semplificazione amministrativa e 2 legislativa, sulla rimodulazione dell’ultima tranche dei fondi Por Fesr 2007-‐2013 e sulla nuova programmazione dei fondi europei 2014-‐2020. Il punto dal quale muovevamo – e ancora oggi muoviamo le nostre analisi – è l’assoluta necessità di alzare il livello di competitività complessiva della nostra Regione. Proprio perché siamo convinti che la crisi che stiamo attraversando sia strutturale e non congiunturale e che la possibile, auspicata, ripresa si sostanzierà e consoliderà solamente modificando alla radice il modello di sviluppo del Lazio abbandonando le logiche che lo avevano retto fino al 2010 (anno di arrivo della crisi in Italia), dobbiamo adoperarci per sostenere processi innovativi, le strat-‐up, la ricerca e il trasferimento tecnologico, lo sviluppo delle reti di impresa e la loro crescita dimensionale, il superamento della dimensione dei distretti industriali inglobandoli nel concetto più ampio di sistemi produttivi locali che contempla l’insieme delle potenzialità attrattive e produttive di un dato territorio. Allo stesso modo, in un contesto nel quale appare sempre più condivisa tra gli economisti la consapevolezza che una delle principali cause della mancata crescita economica degli ultimi anni risieda nella assenza di incrementi di produttività, appare particolarmente significativo che nell’Indice di competitività regionale calcolato dall’Unione Europea nel 2013, il Lazio è al 143° posto su 262 regioni continentali. Avviare processi innovativi è una delle chiavi per alzare il livello della produttività e con essa il livello complessivo del sistema, dell’offerta (e dei salari). Sono processi complessi da programmare e ancora più da realizzare che richiedono mesi se non anni di implementazione. Ma siamo convinti che questa sia la strada da perseguire. Nella nostra Regione è presente un sistema articolato nel quale convivono diverse esperienze imprenditoriali: dalla piccola e media impresa, alle grandi aziende nazionali dei comparti pubblico o privato, alle imprese multinazionali. Un sistema che, di fronte all’evoluzione del contesto macro e mesoeconomico regionale dell’ultimo quinquennio, richiede evidentemente forme di intervento e di policy differenti a seconda dei diversi modelli aziendali e sistemi territoriali. In una fase di forte recessione e di complessiva riorganizzazione degli equilibri economici internazionali, quindi, è necessario che la Regione sappia adeguatamente sostenere e incentivare la riorganizzazione del tessuto imprenditoriale per non perdere le opportunità di crescita attualmente comunque presenti nelle aree economicamente più innovative dell’Europa e del pianeta. Opportunità che possono essere colte attraverso un’adeguata valorizzazione di quelli che sono gli altri punti di forza della nostra Regione, sui quali puntare per permettere alle imprese del Lazio di agganciare la crescita in atto. Tra questi, in particolare, emerge la dotazione di una realtà scientifica e tecnologica tra le più avanzate del Paese. La possibilità di favorire processi di innovazione e di valorizzazione dei settori ad alta intensità di capitale passa, infatti, per un adeguato sostegno alla creazione di sinergie tra il tessuto imprenditoriale e il mondo della ricerca e dello sviluppo, incentivando anche la formazione delle nuove reti di impresa che sempre più devono essere focalizzate sui settori ad alta intensità tecnologica. Questi obiettivi sono strettamente connessi a quelli rilanciati in sede comunitaria dalla recente approvazione da parte della Commissione europea del Piano d'azione imprenditorialità 2020 e delle misure collegate alla nuova programmazione dei Fondi strutturali 2014-‐2020. 3. Dagli interventi organici a un Piano per la reindustrializzazione del Lazio 3 Partendo dunque dal presupposto che la crisi che stiamo vivendo è una crisi di carattere strutturale e non congiunturale, ci siamo mossi attraverso una serie di interventi organici, ovvero una molteplicità di azioni che hanno a nostro avviso il pregio di comunicare tra loro e di contribuire, ciascuno dal proprio punto di vista, a quel progetto di medio-‐lungo periodo che è l’innalzamento della produttività e della competitività del Lazio. Simo così intervenuti attraverso due tipi di azioni principali: uno di carattere interno, relativo cioè al funzionamento proprio della macchina amministrativa; uno di carattere esterno, relativo non solo alla quantità di risorse messe a disposizione del territorio, ma anche alla loro qualità, alla loro destinazione strategica e al conseguente monitoraggio, una pratica molto poco frequentata in Italia ma che noi stiamo cercando di introdurre e implementare. Sotto il profilo degli interventi interni, solo per ricordare quelli più importanti, siamo intervenuti: a. tagliando un miliardo di euro in due anni di spese inutili e/o di risparmi conseguiti; b. accorpando le società partecipate; c. riducendo le direzioni da 20 a 12, non solo per risparmiare sui costi ma anche per rendere più snello e diretto il rapporto tra assessorati e macchina amministrativa; d. riducendo gli sprechi e le sovrapposizioni di funzioni; e. dando vita alla centrale unica per gli acquisti; f. dimezzando il debito commerciale con le imprese da 12,5 a 6 miliardi nel 2014 e puntando a raggiungere i 5 miliardi nel 2015; g. puntando al piano di rientro dal commissariamento della sanità entro il 2015; h. avviando un processo di trasparenza amministrativa (ancora in progress) senza precedenti tramite l’utilizzo della rete ; i. essendo la prima regione d’Italia ad utilizzare la fatturazione elettronica portando così a meno di un mese i tempi di attesa di una parte dei pagamenti regionali. Sotto il profilo degli interventi esterni, abbiamo lavorato a favore delle imprese attraverso un sistema di azioni diversificate ma tra loro integrate e comunicanti, finanziate con la rimodulazione del vecchio Por Fesr 2007-‐2013 e con una parte dei fondi del Bilancio regionale. In questo modo abbiamo allocato oltre 264 milioni di euro destinandoli alla patrimonializzazione delle imprese, l’accesso al credito, la green economy e il sostegno alle startup. Penso, per fare qualche esempio delle attività svolte: a. ai 50 milioni stanziati in 5 anni per l’internazionalizzazione delle imprese del Lazio; b. ai 30 milioni per il progetto Start up Lazio; c. agli interventi congiunti con il MISE per risolvere le crisi dei sistemi produttivi di Frosinone, Latina e Rieti; d. ai 50 milioni per le reti di impresa; e. agli oltre 100 milioni allocati per le politiche di accesso al credito per le imprese, all’apertura del Plafond Lazio nel Fondo Centrale di Garanzia, con cui abbiamo raggiunto un risultato straordinario che ha sostanzialmente raddoppiato il numero di accessi e la quantità di risorse erogate alle imprese laziali; parliamo di circa 251 milioni di euro di 4 prestiti (tra garanzia diretta e controgaranzia), di cui circa il 21% accesi per sostenere investimenti produttivi; f. alle nuove norme di semplificazione presentate e approvate in Giunta come il Testo Unico sull’Artigianato o il Testo Unico sul Commercio, strumenti fondamentali per rilanciare l’iniziativa privata in un sistema di regole chiare e condivise, ma non oppressive. Si tratta di una serie di iniziative (ne potrei citare altre come l’impegno per l’aerospazio, la farmaceutica, l’economia del mare, il trasferimento tecnologico, il Piano per il lavoro) che si parlano tra di loro e devono essere considerate tutte come parte di un progetto organico per innovare il nostro sistema-‐territoriale e sostenere così le imprese. Soprattutto, lo facciamo attraverso avvisi pubblici di assoluta trasparenza che prevedono, per i bandi a sportello, il sistema del click day: l’inserimento nel bando della data a partire dalla quale potranno essere presentate le domande sui siti internet predisposti, per permettere a tutti di concorrere dallo stesso nastro di partenza. Una serie di interventi esterni di tipo organico che sono in larga parte confermati e ampliati nella nuova programmazione strategica 2014-‐2020 che tiene insieme i fondi europei, le risorse di Bilancio e il fondo di coesione nazionale per oltre 4,1 miliardi di euro si concentra sulla realizzazione di 45 azioni cardine che la Giunta e il Consiglio Regionale hanno individuato come prioritarie per rilanciare la competitività del sistema Lazio (cfr. http://www.lazioeuropa.it/45_progetti_per_il_lazio-‐3/ ). Di questi 4,1 miliardi, le risorse del POR Fesr Lazio 2014-‐2020 (di più diretto riferimento dell’assessorato allo sviluppo economico) saranno pari a 913 milioni di euro e saranno impiegate su alcuni assi strategici come: a. b. c. d. e. f. il Piano per l’internazionalizzazione del Lazio; le politiche per l’accesso al credito e le garanzie delle imprese; il progetto Startup Lazio!; il riposizionamento competitivo dei sistemi imprenditoriali; innovazione e reti d’impresa; agenda digitale e semplificazione (sportello unico per le imprese, banda larga, trasparenza P.A.); g. Energia sostenibile, ambiente, cultura, mobilità e territorio; h. le politiche di accesso al credito, allocando 171 milioni di euro, attraverso l’uso integrato delle risorse europee (Fesr e Feasr); l’accordo con la Banca Europea per gli Investimenti pari a un impegno di 125 milioni di euro da distribuire al sistema delle imprese attraverso appositi istituti bancari appena selezionati dopo apposito bando di gara; un nuovo strumento di Microcredito regionale con uno stanziamento di fondi regionali di almeno 10 milioni di euro. Siamo convinti che la forza organica di queste misure sia tale da potere essere messa anche a disposizione di una prima serie di interventi per la reindustrializzazione dell’economia del Lazio. Il ritorno alla manifattura è un fenomeno in molti Paesi cosiddetti “occidentali avanzati”, certamente accompagnata da innovazioni di prodotto e di processo. Noi crediamo che il Lazio, proprio perché obbligato a reinventare un nuovo modello di sviluppo diverso da quello precedente la crisi del 2008, debba lavorare per un Progetto di reindustrializzazione regionale. 5 È un tema centrale anche per la stessa Commissione Europea che ha evidenziato come tra il 2008 e il 2014 la presenza di produzione manifatturiera sia scesa dal 20% del PIL al 15% del PIL (pari a -‐ 4 milioni di posti di lavoro). La stessa Commissione ha osservato che i paesi che hanno tendenzialmente retto meglio all’impatto della crisi, accusando una decrescita economica ma senza impatto sulle caratteristiche economiche strutturali, sono stati proprio quelli dotati di una politica industriale solida. Per queste ragioni la Commissione uscente ha adottato una strategia, denominata RISE (Renaissance of Industry for a Sustainable), che si prefigge di riportare il livello d’industrializzazione medio dei paesi dell’UE dal 15% del PIL al 20% del PIL entro il 2020 nell'ottica di una terza rivoluzione industriale, attraverso un aumento della dotazione di risorse ai programmi di ricerca e innovazione, all’internazionalizzazione, alle strategie di specializzazione intelligente. Una nuova politica industriale per il Lazio si deve quindi fondare su un’alleanza tra Regione, banche, imprese, parti sociali e altre istituzioni e su una serie di misure propedeutiche al riavvio del settore manifatturiero: a. accesso al credito a lungo termine per le PMI e le imprese che decidono di reinvestire nel manifatturiero in particolare; b. sostegno all’internazionalizzazione delle imprese nei mercati emergenti; b. sviluppo delle tecnologie e trasferimento di kno-‐how fondamentali; c. formazione delle risorse umane; d. economia knowledge-‐based; e. capacità delle imprese di fare rete, aumentando in questo modo direttamente o indirettamente la dimensione di impresa; È vero che viviamo una fase di scarsità di risorse pubbliche utili a sostenere questi processi; ed è altrettanto vero che anche in virtù dei tagli decisi dal governo nazionale dovremo valorizzare molto i fondi Por Fesr, tuttavia è bene ricordare due aspetti: I. il primo che questo ci deve spingere a scegliere cosa fare e ad essere particolarmente bravi e selettivi nell’allocazione; II. il secondo è che l’investimento pubblico non deve sostituire quello privato, come per troppo tempo nel Lazio è accaduto, ma deve accompagnarlo e incentivarlo. Pensiamo a un piano che si muova a partire da alcune linee strategiche: Attrazione degli investimenti esteri e privati italiani; Politiche settoriali; Circular Economy; il credito; i nuovi lavori; innovazione e trasferimento tecnologico; R&D; Start-‐Up; Internazionalizzazione. E che sappia implementare queste linee attraverso alcune prime misure concrete: Aerospazio; Beni culturali e tecnologie della cultura; Industrie creative digitali; Agrifood; Green Economy; Riutilizzo dei capannoni industriali dismessi; Riposizionamento competitivo sistemi imprenditoriali delimitati territorialmente; Aree produttive ecologicamente attrezzate; Accesso al credito; Internazionalizzazione; Innovazione; Reti d’impresa; Ricerca e trasferimento tecnologico; Infrastrutture materiali e immateriali; Start up Lazio!. Si tratta, ovviamente, di una serie di misure preliminari di un più completo Piano per l’industrializzazione i cui contorni e i cui obiettivi dovranno essere inquadrati in un percorso che è appena cominciato e che nei prossimi mesi vedrà il coinvolgimento di esperti e di tutti gli 6 stakeholder, per arrivare a nella prossima primavera a un appuntamento generale nel quale, a seguito del lavoro svolto, si possano declinare in maniera più specifica le 45 azioni cardine della Regione nel progetto di Reindustrializzazione. 7
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