Corriere della sera - 31.07.2014

GIOVEDÌ 31 LUGLIO 2014 ANNO 139 - N. 180
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+
Oltre le previsioni
L’America a sorpresa
cresce del 4 per cento
Alitalia-Etihad
Oggi scade l’ultimatum
Più soldi dai soci
Su Sette
Da Madia a Muti
storie di vacanze
di Massimo Gaggi
a pagina 15
di Andrea Ducci
a pagina 11
Domani il magazine
con il Corriere
L’ipotesi dell’addio a ottobre. Ma il Tesoro: divergenze con il Parlamento, non con il governo
IL GAMBERO
DELLE PENSIONI
Cottarelli pronto a lasciare
di MAURIZIO FERRERA
Il commissario per i tagli e quei dossier rimasti nei cassetti
ministero dell’Economia.
Altre norme del decreto
riguardano i dipendenti
pubblici. Le varie amministrazioni potranno mettere
a riposo «d’ufficio» i propri funzionari a partire da
62 anni (con deroghe per
professori, medici, magistrati), senza penalizzazioni. L’obiettivo è la cosiddetta staffetta fra generazioni:
un funzionario anziano
(presumibilmente inefficiente) esce e fa posto a un
giovane. Qui siamo lontani
mille miglia dalla logica
delle salvaguardie. Come
tante volte in passato, si
stravolgono le regole previdenziali per raggiungere
finalità di altra natura, in
questo caso il ricambio del
personale.
Siamo sicuri che valga la
pena imboccare di nuovo
la via dei prepensionamenti? L’operazione non è a costo zero: si risparmia lo stipendio del dipendente anziano, ma si deve pagare
subito la sua pensione. Anche i guadagni di efficienza
sono tutti da dimostrare. Il
collocamento a riposo discrezionale rischia di diventare merce di scambio
fra amministrazioni e dipendenti, in barba a genuine logiche organizzative e
meritocratiche.
La staffetta generazionale è già stata sperimentata
in altri Paesi europei e persino in Italia, nel settore
privato, con risultati deludenti. Ciò suggerirebbe
prudenza, nonché una riflessione dettagliata su costi e benefici. A leggere la
documentazione sui siti di
governo e Parlamento, si
rimane colpiti dall’assenza
di una qualsiasi base tecnica che giustifichi il provvedimento. Attenzione: per
rincorrere un obiettivo incerto e forse illusorio, rischiamo di minare nel profondo l’architettura della
riforma Fornero, compromettendone efficacia finanziaria ed equità distributiva. Meglio pensarci bene.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di SERGIO RIZZO
C
arlo Cottarelli è pronto a lasciare
l’incarico di commissario alla
spending review a ottobre: lo avrebbe
già comunicato a Matteo Renzi. Alla
base della decisione, la mancanza di
una sintonia di fondo con il premier.
Dopo l’editoriale in cui Francesco
Giavazzi gli chiedeva sul Corriere di
rendere noto dove a suo giudizio si
dovrebbe tagliare, ieri Cottarelli ha
rotto il silenzio sul suo blog: «Se si utilizzano i risparmi sulla spesa per aumentarla, il risparmio non potrà essere utilizzato per ridurre le tasse sul lavoro». Il presidente della Commissione Bilancio della Camera Boccia lo ha
invitato a rivolgersi al governo. Ma secondo fonti del Tesoro, le parole di
Cottarelli sono riferite a «prassi parlamentari» e non all’esecutivo.
Giannelli
Il giglio magico
LA CARICA
DEI TOSCANI
ALLA CORTE
DEL PRINCIPE
di GIAN ANTONIO
STELLA
Il premier fiducioso
ito, ttu t‘hai
Senato, passi avanti
«T
ritinto il tetto,
ma tu ‘un te n’intendi
Renzi apre sull’Italicum tanto
di tetti ritinti». Ad
ascoltare Rossella
di MARIA TERESA MELI
D
opo la trattativa fallita, ancora liti sul
«canguro» (la cancellazione automatica di
emendamenti simili a quelli già votati). Ma al
Senato la riforma costituzionale va avanti e
dopo giorni di stallo si corre. Ieri pomeriggio
sono stati «smaltiti» quasi 400 emendamenti,
con votazioni a tamburo battente. Matteo Renzi,
intanto, apre sull’Italicum: «Sarà modificato al
Senato e diventerà legge. Modello dei sindaci:
un vincitore, eventualmente con ballottaggio,
che ha i numeri per governare» dice il premier.
ALLE PAGINE 2 E 3 Baccaro, De Rosa
Orlandi nel suo esordio
da direttore
dell’Agenzia delle
Entrate, in certi
momenti, pareva di
risentire un celebre
sketch di Raimondo
Vianello. E via via che
infilava «hassistihe» e
«homplessità» perfino i
distratti se ne sono
infine accorti: «Ma sono
tutti toscani!».
CONTINUA A PAGINA 9 con una vignetta di
Emilio Giannelli
ALLE PAGINE 4 E 5 M. Franco, Menicucci, Trocino
Bocciatura di Standard & Poor’s, niente intesa con i fondi Usa
Gaza Israele: costretti a proseguire
Strage alla scuola Onu
L’ira di Ban Ki-moon
«Atto ingiustificabile»
GUIDO PIOTRKOWSKI/GETTY IMAGES
a riforma pensionistica Fornero ha
avuto due grandi
meriti: il contenimento della spesa e l’introduzione di nuove regole
uguali per tutti. Il sacrificio
chiesto agli italiani è stato
elevato. Ma eravamo davvero in una situazione di
emergenza finanziaria, peraltro non ancora interamente superata.
La riforma ha subito nel
tempo vari aggiustamenti,
soprattutto per risolvere il
problema degli esodati. A
causa di una sottovalutazione delle loro conseguenze, i nuovi criteri rischiavano di lasciare alcune categorie «senza stipendio e senza pensione». La
stragrande maggioranza di
questi lavoratori ha dovuto
così essere «salvaguardata» con deroghe ad hoc. In
un Paese imbevuto di cultura corporativa, la strada
delle deroghe è però sempre pericolosa: si sa quando inizia ma non quando
finisce.
Il decreto 90 sulla pubblica amministrazione, attualmente in fase di conversione in Parlamento, offre un esempio emblematico di questa sindrome: il
testo contiene alcune misure che causeranno ulteriori smottamenti della riforma. Vi è innanzitutto la
settima deroga «esodati»,
che consentirà a 4 mila insegnanti di andare in pensione con le regole pre Fornero, avendo maturato i requisiti previsti («quota 96»
sommando età e anzianità
contributiva) entro il 2012.
Si tratta, si badi bene, di
persone che negli ultimi
due anni hanno continuato
a lavorare con regolare stipendio e che con gli esodati non c’entrano nulla. Tuttavia il loro caso è stato fatto rientrare, per il rotto della cuffia, nella logica delle
«salvaguardie». Nell’insieme, i costi delle deroghe sinora approvate lieviteranno a più di 11 miliardi di euro, con comprensibili preoccupazioni da parte del
Argentina a un passo dal fallimento. Ieri il ministro
«Debiti non pagati
dell’Economia di Buenos Aires, Axel Kicillof, si è recato a
L’
New York per la trattativa finale con gli hedge fund Usa che
il pagamento totale e immediato del debito.
L’Argentina di Kirchner richiedono
L’accordo è bloccato da una disputa legale che ha visto i fondi
su posizioni rigide. Standard & Poor’s parla di «default
di nuovo al fallimento» Usa
selettivo». Il governo della presidente Kirchner (foto) accusa:
«I fondi si sono comportati da avvoltoi».
di GIULIANA FERRAINO
A PAGINA 15
Ancora stragi a Gaza.
L’artiglieria israeliana ha
centrato una scuola dell’agenzia Onu per i rifugiati
a Jabaliya, facendo almeno
16 morti, compresi donne e
bambini, e decine di feriti.
Durissima la reazione del
segretario generale delle
Nazioni Unite Ban Ki-moon: «È ingiustificabile, nulla è più vergognoso che attaccare dei bambini mentre
dormono: si trovino i responsabili e si faccia giustizia». Altri 17 morti e 160 feriti nel mercato di Shayiya.
Dopo 23 giorni, le vittime
palestinesi sono oltre 1.330,
i feriti 7.200. I soldati israeliani uccisi sono saliti a 56.
Il governo Netanyahu conferma che andrà avanti fino
alla distruzione dei tunnel.
La diplomazia annaspa.
A PAGINA 13 Frattini
con un articolo di Don Futterman
L’Europa assente
LO SGUARDO
MALATO
D’IPOCRISIA
di PIERLUIGI
BATTISTA
L’
Europa politica non è
capace di dire una
parola sensata sulla
tragedia di Gaza. Ma il
vuoto viene riempito dalle
star del cinema, Pedro
Almodóvar in testa, che
spacciano via Twitter
proclami manichei e
dipingono Israele come un
covo di assassini efferati
dediti a un’insensata
strage di bambini.
CONTINUA A PAGINA 37
Il presentatore e i 20 milioni pagati alle Entrate: il tapiro? Non lo prenderei
Greggio: ho dato una mano al Fisco
di MARIA VOLPE
il Fisco con la gentilezza e il
«Q uando
tatto che li contraddistingue ti chiede un favore… come fai a negarglielo?».
Ezio Greggio rievoca con una battuta, in
un’intervista al Corriere, la sua vicenda con
l’Agenzia delle Entrate per quell’assegno di
20 milioni di euro staccato per «evitare una
disputa con il Fisco», secondo quanto precisato dal suo avvocato Giulia Bongiorno. Il
comico che conduce da anni Striscia la notizia su Canale 5 spiega che Antonio Ricci
ha sperato fino all’ultimo nel suo arresto:
«Voleva rinnovare il cast di Striscia».
A PAGINA 21
Campagna dopo il «divieto» del vicepremier
«Le donne
non ridano»
E in Turchia
è rivolta web
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
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#
I conti Il governo
La previdenza
DISTRIBUZIONE DI PENSIONI E PENSIONATI, SPESA COMPLESSIVA,
IMPORTI MEDI E PRINCIPALI INDICATORI PER SESSO (anno 2012)
Il cantiere senza fine delle pensioni
La controriforma della legge Fornero
Maschi
Femmine
56,3
52,9
56
47,1
19.395
44
43,7
14.728
13.569
Dagli esodati agli insegnanti già sette modifiche alle norme del 2011
Il rapporto
L’allarme
della Svimez
«A Sud deserto
industriale»
ROMA — Italia ancora più
spaccata in due: se al Nord
ci sono timidi segnali di
ripresa, nel Sud dal 2008 al
2013 sono crollati i
consumi (-13%), più del
doppio rispetto al resto
del Paese (-5,7%). Cattive
notizie per il Mezzogiorno
pure dagli investimenti
nell’industria, diminuiti
del 53% (nel Centro-Nord
il calo è del 24,6%). E per
la prima volta dal 1977 al
Sud il numero di occupati
ha sfondato al ribasso la
soglia dei 6 milioni.
La drammatica fotografia
l’ha scattata l’associazione
Svimez nel «Rapporto
2014», presentato ieri alla
Camera dei deputati, che
denuncia al Sud il rischio
di «una desertificazione
industriale e umana».
Secondo l’indagine, oltre 2
milioni di famiglie
(equamente divise tra
Nord e Sud) si trovavano
nel 2013 al di sotto della
soglia di povertà assoluta
(che al Sud è aumentata
del 2,8%, contro lo 0,5%
del Centro-Nord). Lo
scorso anno la Regione
6
milioni la quota di
occupati al Sud sotto
la quale non si era mai
andati dal 1977
Soglia ora superata
più ricca è la Valle d’Aosta
con un Pil pro capite di
34.442 euro, mentre la più
povera è la Calabria
(15.989 euro). Calano
anche le nascite: nel 2013
al Sud se ne sono
registrate solo 180 mila,
un livello che ci riporta al
minimo storico del
Risorgimento. Il direttore
della Svimez, Riccardo
Padovani, punta il dito
contro le politiche
economiche «che pesano
di più al Sud», ed esprime
forti dubbi anche sulla
reale capacità di utilizzo
dei fondi Ue per rilanciare
l’economia nel Sud.
Replica il sottosegretario
alla presidenza del
Consiglio, Graziano
Delrio: «Quei fondi sono
la nostra ultima occasione
e non possiamo
permetterci di perderla. Il
pieno utilizzo delle risorse
per il Sud ci aiuterà a
cambiare le previsioni
degli economisti sul Pil,
ma ci sono problemi di
qualità della
progettazione e della
spesa: su questo non farò
sconti a nessuno».
Francesco Di Frischia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — Tre anni di vita e
sette deroghe. Che ne è stato
della riforma Fornero delle pensioni varata nel 2011 per mettere in equilibrio il sistema, risparmiando 20 miliardi all’anno
e introducendo maggiore equità
tra le generazioni? Il governo
Monti, appena insediato, la varò
imponendo il sistema contributivo a tutti dal 2012, abolì di fatto le pensioni di anzianità, introducendo disincentivi per chi
lasciava il lavoro prima dei limiti anagrafici previsti per la vecchiaia, a loro volta innalzati.
All’epoca si decise che a «salvarsi» dalle nuove regole dovessero essere in 50 mila: chi aveva
maturato i vecchi requisiti entro
il 31 dicembre 2011, i lavoratori
in mobilità al 31 ottobre 2011 e
L’ultimo ritocco
La recente norma sposta
il termine per maturare
la decorrenza della
pensione al 6 gennaio ‘16
quelli coinvolti in piani di esubero, anche se avessero raggiunto i requisiti dopo la fine del
2011. Infine gli ex lavoratori autorizzati ai versamenti volontari
entro il 31 ottobre 2011.
Emerse subito però il caso dei
lavoratori che, avendo lasciato il
lavoro dietro incentivo, in seguito all’innalzamento dell’età
pensionabile, si trovavano senza lavoro e senza requisiti per
l’assegno. Per loro fu coniato il
termine «esodati» e l’Inps si incaricò di censirli e valutarne
l’effetto sui conti pubblici.
È iniziato così il picconamento della riforma Fornero che ha
subito nel tempo una serie di
deroghe, dettate dalla necessità
di dare alle categorie interessate
un approdo economico, per un
totale di 170.230 unità. Tutto
questo ha già un costo elevato:
11 miliardi e 600 milioni.
La prima deroga scatta nel
giugno del 2012 e riporta a prima della Fornero i lavoratori in
mobilità ordinaria, in deroga o
lunga la cui attività fosse cessata
al 4 dicembre 2011; quelli risultanti a carico dei fondi di solidarietà e i dipendenti statali in
esonero alla stessa data; gli autorizzati al versamento volontario dei contributi previdenziali
con decorrenza della pensione
entro il 6 gennaio 2014 che non
avessero lavorato dopo essere
stati autorizzati alla contribuzione volontaria; i lavoratori in
congedo per assistere figli disabili; i sottoscrittori di un accordo individuale o collettivo cessato entro il 31 dicembre 2011
senza aver trovato nuova occupazione e aventi diritto a pensione entro il 6 gennaio 2014.
Quest’ultimo termine è stato
poi spostato avanti di un anno
con il decreto sulla spending review del dicembre 2012, un aggiustamento di tiro che coinvolse 55 mila «salvaguardati». Tra
questi, i lavoratori in esubero i
cui accordi fossero stati stipulati
entro il dicembre 2011 e coloro
che avessero maturato il diritto
di prestazioni a carico di fondi di
solidarietà entro il 4 dicembre
2011. Infine anche i contributori
volontari con decorrenza della
pensione entro il 6 gennaio 2015
che nel frattempo non avessero
però lavorato.
Si arriva così alla legge di Stabilità 2013 con una deroga per
altri 10.130 lavoratori: di nuovo
quelli collocati in mobilità ordinaria o in deroga, ma questa
volta oltre l’entrata in vigore
della Fornero, cioè entro il 30
settembre 2012, purché aventi
diritto alla pensione entro il 31
dicembre 2014. Poi i cessati entro il 30 giugno 2012, anche se
nel frattempo hanno lavorato,
8.965
Le regole e le deroghe
1
2
3
4
5
6
7
Dal gennaio 2012 è entrata in vigore la riforma
Fornero, varata con il decreto salva Italia:
scompare la pensione di anzianità, si estende
il metodo contributivo nel calcolo dell’assegno
e viene programmata l’equiparazione accelerata
nei tempi di ritiro per uomini e donne
Con la riforma, aumenta il requisito anagrafico
per la pensione di vecchiaia. Dal 2013 è scattato
un meccanismo di adeguamento dei requisiti
pensionistici alle speranze di vita e in alcuni casi
il requisito anagrafico è aumentato di 18 mesi.
Aumenterà di ulteriori 19 mesi nel 2016
In alcuni casi sono previste delle deroghe.
La vecchia «quota 96», somma di età anagrafica
e contributiva, è stata reintrodotta dal dl sulla
Pubblica amministrazione e consentirà a 4 mila
docenti bloccati dalla legge Fornero di poter
andare in pensione con i vecchi requisiti
La deroga per gli insegnanti, che costerebbe 400
milioni di euro da qui al 2018, non è l’unica:
tra gli emendamenti previdenziali c’è anche
la possibilità del pensionamento d’ufficio per
i dirigenti pubblici con i contributi pieni. Anche
per agevolare il ricambio generazionale
La Pubblica amministrazione potrà mandare a
riposo i suoi dipendenti, motivando la scelta,
a 62 anni, purché abbiano l’anzianità massima.
Anzianità contributiva e non più effettiva.
Si tratta di uscite anticipate di 4 anni rispetto al
limite standard di 66 anni
Nella riforma della Pubblica amministrazione è
previsto anche che dalla fine di ottobre nessun
dipendente pubblico potrà restare al lavoro
dopo avere raggiunto i requisiti pensionistici.
Finora potevano restare ancora per due anni. La
regola vale anche per i magistrati ma dal 2016,
per garantire la funzionalità degli uffici giudiziari
In tema di ricambio generazionale le
amministrazioni potranno procedere ad
assunzioni che non superino il 20% delle spese
sostenute per le uscite del 2014. Soglia che si
alza al 40% nel 2015 per arrivare al 100% nel
2018. Sono previste delle eccezioni per gli enti
territoriali che si mostrano «virtuosi»
Pensioni
Pensionati
Spesa
complessiva
Fonte: Istat
purché a tempo e con un reddito
massimo di 7.500 euro. Per la
prima volta i contributori volontari in mobilità ordinaria,
purché tali entro il 4 dicembre
2011 e con requisiti per pensionarsi entro il 6 gennaio 2015.
Il cambio di passo si ha con il
quarto intervento, quello del governo Letta, che nell’agosto
scorso riporta allo schema pre
Fornero 6.500 persone, per la
prima volta facendovi rientrare i
licenziati nel 2009-2011 anche
nel caso nel frattempo avessero
lavorato, purché a tempo e con
un reddito annuo lordo massimo di 7.500 euro, e decorrenza
della pensione dal gennaio
2015. La norma viene inoltre
estesa per la prima volta ai dipendenti di Regioni, Asl e enti
strumentali esonerati che avessero presentato domanda entro
il 4 dicembre 2011.
Si arriva così all’ultima legge
di Stabilità con un intervento
che tocca 23 mila pensionandi:
in questo caso i cessati in base a
accordo entro il 31 dicembre
2012 e i licenziati nel periodo
2007-2011 vengono tutelati anche se, lavorando a tempo, hanno guadagnato più di 7.500 euro, mentre i contributori volontari, anche in mobilità ordinaria, possono avere lavorato tra il
2007 e il 2013.
L’ultimo ritocco alla Fornero
è stato approvato solo dalla Camera, lo scorso mese, e tocca 32
mila lavoratori. La norma sposta
il termine utile per maturare la
decorrenza della pensione al 6
gennaio 2016 per contributori
Importo medio Importo medio
reddito
delle pensioni
pensionistico
volontari, lavoratori in congedo
parentale, cessati a seguito di
accordo e licenziati. Per la prima
volta vi rientrano i lavoratori a
tempo determinato, cessati nel
2007-2011 e non rioccupati stabilmente, purché maturino la
pensione nel 2016.
Finora la riforma Fornero ha
dovuto fare i conti con l’impatto
della crisi: i «salvaguardati» sono individui senza lavoro oppure precari che vengono espulsi
dal ciclo lavorativo definitivamente. Diverso è l’impatto della
settima deroga, quella che sta
realizzando il governo Renzi in
queste ore. Sia nel caso della
cancellazione dei disincentivi
della Fornero al pensionamento
anticipato, sia nel caso degli insegnanti «quota 96» cui il decreto P.a. concede contrariamente
al parere del ministero dell’Economia, di andare in pensione
con i requisiti pre Fornero,
l’obiettivo è incentivare il ricambio generazionale nella P.a,
come ha spiegato il ministro
Marianna Madia. Per questo si
pensionano per la prima volta
lavoratori che sono in servizio e
un reddito ce l’hanno. Sui costi
dell’operazione pesano i rilievi
della Ragioneria e ora quelli del
commissario alla spending review, Carlo Cottarelli. Il timore
più generale in via XX Settembre
è che si crei un pericoloso precedente: un primo importante
varco al ridimensionamento
della «Fornero», chiave di volta
finora della sicurezza dei conti
pubblici.
Antonella Baccaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il Consiglio dei ministri Il governo interviene sul decreto Competitività passato al Senato. In bilico anche la doppia soglia per l’Opa
Manager pubblici, nessuna deroga al tetto di 240 mila euro
Lo «sblocca Italia» pronto per fine agosto, arrivano 4-500 milioni per la cassa in deroga
ROMA — Salta la norma che
metteva nelle mani del governo la
scelta dei manager pubblici che
devono restare sotto il nuovo limite dei 240 mila euro lordi l’anno di
stipendio. Mentre resta in bilico la
doppia soglia, 30% e 25%, per
l’Opa, cioé l’obbligo di lanciare
l’offerta pubblica di acquisto quando si diventa azionisti di maggioranza di una società. Dopo un lungo braccio di ferro, e con una scelta
senza precedenti, il governo decide
di eliminare alcune modifiche appena introdotte dal Senato al decreto legge sulla Competitività, che
ha appena iniziato il suo cammino
alla Camera.
«L’obiettivo del governo è asciugare un provvedimento che con le
modifiche apportate dal Senato era
divenuto troppo eterogeneo e distante da quanto varato dal Consiglio dei ministri», dice Ivan Scalfarotto, sottosegretario ai Rapporti
con il Parlamento. In tutto sono
una ventina le norme che il governo intende cancellare con una serie
di emendamenti presentati nel
corso della notte alla Camera. Ma
non c’è soltanto la preoccupazione
di non portare avanti il solito prov-
vedimento-omnibus, che il capo
dello Stato non firmerebbe di buon
grado. Dietro questa scelta ci sono
anche questioni di merito. Sarà
cancellata, ad esempio, la norma
per il pagamento alle Poste di crediti per 535 milioni di euro. Sugli
stipendi dei manager pubblici, si
torna alla regola appena introdotta
con il tetto di 240 mila euro che pure si presta ad interpretazioni varie
in fase applicativa. Il Senato aveva
affidato al governo il compito di
stilare una lista precisa sia delle
aziende incluse che di quelle escluse. Ma ha prevalso il timore che
l’operazione potesse trasformarsi
in una marcia indietro, o anche solo apparire come tale.
Nel Consiglio dei ministri di oggi ci si limiterà ad una discussione
L’ingorgo fiscale
Il modello 770 per le imprese va al 19 settembre
Fisco La direttrice
dell’Agenzia delle Entrare
Rossella Orlandi
È ufficiale: il termine per l’invio
all’Agenzia delle Entrate del modello
770 è stato prorogato al 19 settembre.
La scadenza era in calendario per la
giornata di oggi. La proroga è prevista
in un Dpcm (Decreto del presidente del
Consiglio dei ministri), proposto dal
ministro Pier Carlo Padoan al premier
Matteo Renzi e tiene conto, è scritto in
una nota del Tesoro «delle generali
esigenze manifestate dalle aziende e dai
professionisti». Nelle ultime settimane
erano stati commercialisti e tributaristi,
e i relativi ordini, oltre ai consulenti del
lavoro, a chiedere più tempo per i
sostituti d’imposta. L’ultimo appello in
ordine di tempo è stato quello di
Alessandro Solidoro, presidente
dell’Ordine dei commercialisti e degli
esperti contabili, che ha scritto alla neo
direttrice dell’Agenzia delle Entrate,
Rossella Orlandi, lamentando tra le
altre cose la tardiva disponibilità delle
delibere Imu e Tasi e l’ingorgo di
scadenze fiscali che rende ingestibili i
termini ravvicinati.
Da qui l’apertura del governo e la
decisione di accordare la proroga
annunciata ieri con un comunicato
ufficiale e seguita, nei prossimi giorni,
dal decreto del presidente del Consiglio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
generale sull’operazione «sblocca
Italia», che dovrebbe far ripartire i
cantieri dando una spinta all’economia. «Mi dispiace — dice il presidente del Consiglio Matteo Renzi
— consulteremo i cittadini per il
solo mese di agosto: ma le buone
idee non vanno in ferie». I principi
generali sono quelli anticipati in
questi giorni con lo sblocco di 3,7
miliardi di euro per un pacchetto
di grandi opere, la regola dello
0,3% del Prodotto interno lordo da
destinare ogni anno alle infrastrutture e anche l’ipotesi di incentivi
fiscali per le case di nuova costruzione invendute e poi date in affitto.
Si discuterà anche della cassa integrazione in deroga, con l’aggiunta di 4-500 milioni di euro ai fondi
per il 2014, in modo da portare a
1,6 miliardi il totale delle somme
stanziate finora. Nel corso della
notte la Camera è stata impegnata
nel voto di fiducia sul decreto legge
per la Pubblica amministrazione.
Salvo sorprese, oggi il voto finale,
per poi tornare al Senato.
Lorenzo Salvia
@lorenzosalvia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
3
#
PENSIONATI, IMPORTO COMPLESSIVO E IMPORTO MEDIO DEL REDDITO PENSIONISTICO PER CLASSE
DI IMPORTO MENSILE E SESSO (anno 2012)
90,2
Classe
di importo
mensile
del reddito
Numero
pensionati
MASCHI
Importo
Importo medio
complessivo
reddito
(milioni
pensionistico
di euro)
(euro)
Numero
pensionati
INCIDENZA DELLA SPESA PENSIONISTICA SUL PIL PER SESSO
(Anni 2002-2012, valori percentuali)
FEMMINE
Importo
Importo medio
complessivo
reddito
(milioni
pensionistico
di euro)
(euro)
Maschi
Femmine
9,60
9,33
8,06
8,60
8,39
8,31
7,32
56,5
43,1
35,6
Fino a 499,99
913.456
2.885
3.158,19
1.291.691
4.673
500 - 999,99
1.603.160
14.518
9.055,95
3.266.971
27.375
8.379,45
1.000,00 - 1.499,99
1.664.035
25.098
15.082,88
2.080.987
30.823
14.811,74
1.500,00 - 1.999,99
1.553.262
32.085
20.656,51
1.118.166
23.015
20.582,85
2.000,00 - 2.999,99
1.400.162
40.337
28.808,66
797.813
22.579
28.301,45
3.000,00 - 4999,99
507.942
22.332
43.965,02
185.333
8.064
43.512,25
5.000,00 - 9.999,99
167.259
12.774
76.371,36
31.972
2.355
73.645,47
10.517
1.636
155.566,35
1.166
171
146.238,19
7.819.793
151.665
19.394,98
8.774.099
119.055
13.568,92
10.000,00 e più
Tasso
pensionamento
Rapporto di
dipendenza
TOTALE
7,54
6,71
6,59
6,57
6,48
3.617,69
2002
2004
2006
2008
2010
2012
CORRIERE DELLA SERA
L’ex manager del Fondo monetario Gli ostacoli agli interventi di riequilibrio dei conti pubblici e i dossier intoccabili: previdenza e sanità
I tagli alla spesa nel cassetto, Cottarelli in uscita
Niente di personale: almeno di
questo siamo certi, nel caso in cui
Carlo Cottarelli non dovesse fare
marcia indietro rinunciando al
proposito maturato negli ultimi
tempi. E che avrebbe già anticipato
al presidente del Consiglio Matteo
Renzi. Ovvero, quello di lasciare
l’incarico dopo l’estate. Ottobre, è
la data prevista.
Che Renzi non avesse con il commissario alla spending review la
medesima sintonia di Enrico Letta,
il quale lo aveva nominato, non era
affatto un mistero. Del resto, a dispetto delle voci circolate contestualmente all’arrivo dell’ex sindaco di Firenze a Palazzo Chigi, che
indicavano Cottarelli come candidato a prendere le redini del Dipartimento economico della presidenza del Consiglio, per lui i mesi trascorsi dall’insediamento del nuovo
governo indiscutibilmente non sono stati i più facili. E certo non per
la responsabilità del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, con
il quale il commissario ha condiviso una lunga militanza negli organismi internazionali, a rappresentare il nostro Paese.
Gli ostacoli che ha dovuto affrontare sono stati fino in fondo
politici. Probabilmente non del
tutto imprevisti. Ma non nelle proporzioni e nelle forme che aspettava di trovarsi davanti quando è
rientrato da Washington, dopo 25
anni passati al Fondo monetario
internazionale, per occuparsi delle
rogne italiane. Intanto un approccio tutto diverso da parte di Renzi
rispetto a Letta, nei confronti del
capitolo «tagli alla spesa pubblica»
e dei compiti di Cottarelli. Un approccio che ha avuto l’effetto di ridimensionare oggettivamente il
ruolo del commissario: declassato
da una specie di autorità indipendente incaricata di individuare non
soltanto gli sprechi e le diseconomie interne alla Pubblica amministrazione ma di proporre anche i
tagli alle voci di spesa più ingombranti, a un semplice consulente
esterno. Per quanto, ovviamente,
Il commissario straordinario per la spending review
e le dimissioni dall’incarico previste per ottobre
Revisione della spesa
Le nuove stime
Tabella Cottarelli
su 2014
2,2
EFFICIENTAMENTO DIRETTO
Acquisti e appalti onine*
0,8
0,5
RIORGANIZZAZIONI
0,3
0,2
0,1
Spese enti pubblici*
0,3
0,2
0,4
COSTI POLITICA
0,4
2,0
RIDUZIONE TRASFERIMENTI
0,1
Difesa*
Totale
«Se si utilizzano risorse provenienti da risparmi sulla
spesa per aumentare la spesa stessa il risparmio non
potrà essere utilizzato per ridurre la tassazione sul
lavoro». E «il totale delle risorse» già spese «prima di
essere state risparmiate ammonta ora 1,6 miliardi per
il 2015». Carlo Cottarelli affida al suo blog il
malcontento per i continui ostacoli che sta
incontrando la spending review. Il commissario cita la
legge di Stabilità, il decreto sulla P.a. per finanziare il
pensionamento dei funzionari anziani e adesso
l’introduzione della «quota 96» che consente di evitare
dei simil-esodati nella scuola, innescando la polemica.
A cui ha risposto a stretto giro Francesco Boccia: «Se il
commissario Cottarelli è in vena di dare consigli
sull’utilizzo dei risparmi di spesa sulle pensioni — ha
detto il presidente della commissione Bilancio della
Camera —, gli consiglio vivamente di rivolgersi prima
al governo e solo successivamente al Parlamento».
Ovviamente si è fatta sentire anche l’opposizione che
per bocca del presidente dei deputati di Forza Italia,
Renato Brunetta, ha avvertito come «con la denuncia
del commissario alla spending review saltano tutti i
conti del governo Renzi». A tarda sera, a spegnere il
fuoco ci prova una fonte del ministero del Tesoro. «I
tentativi di fare apparire le parole di Cottarelli come
una polemica nei confronti del governo anziché nei
confronti di alcune prassi parlamentari sono
strumentali» dice. Ma l’incendio non è spento.
F. D. R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Totale
7,0
Tabella Cottarelli su 2015
Tabella Cottarelli su 2016
12,1
2,5
Acquisti
e appalti online*
Stipendi
dirigenti*
7,4
0,5
0,5
2,8
RIORGANIZZAZIONI
5,9
0,2
0,3
0,7
0,9
4,4
RIDUZIONE
TRASFERIMENTI
7,1
5,0
SPESE
PER SETTORI
7,9
1,8
Difesa*
Sanità*
Pensioni *
4,5
Le 25 proposte
Pronti 25 dossier di tagli alla
spesa pubblica preparati da
un team di esperti ma ancora
non resi noti dal governo
5,2
EFFICIENTAMENTO
DIRETTO
COSTI POLITICA
L’ultimo sfogo sul blog
Il Tesoro: le resistenze?
Vengono dal Parlamento
0,5
1,8
Pensioni *
Spese
enti pubblici*
La polemica
1,0
0,5
0,3
Sanità*
autorevole: ma comunque un corpo estraneo alla stanza dei bottoni.
Condizione diventata sempre più
palpabile man mano che il tempo
passava. Ed evidentemente sempre
meno sopportabile.
Poi alcuni fatti che parlano da soli. Ieri su questo giornale Francesco
Giavazzi si è opportunamente chiesto dove sia finito il lavoro di Cottarelli. Aggiungendo che il commissario alla spending review dovrebbe rendere coraggiosamente noto
dove, come e quanto si dovrebbe
tagliare, mettendo il governo di
fronte alla responsabilità di non
farlo. Sappiamo, perché l’ha scritto
prima ancora sul «Corriere» Riccardo Puglisi, uno dei partecipanti
1,0
2,0
SPESE PER SETTORI
Carlo Cottarelli, 60 anni, è il
commissario straordinario
alla revisione della spesa
pubblica su nomina
dell’ex premier Enrico
Letta. Economista, un
passato nel servizio studi
della Banca d’Italia e in Eni,
nel 1988 approda al Fondo
monetario internazionale
di cui dal 2008 ha ricoperto
l’incarico di direttore
del dipartimento
degli Affari fiscali
1,8
1,0
Stipendi dirigenti*
Il commissario
Nuova versione
su 2014
al gruppo di lavoro coordinato da
Massimo Bordignon a cui Cottarelli
aveva chiesto un rapporto sui costi
della politica, che da marzo sono
pronte 25 relazioni su altrettanti
segmenti della spesa pubblica preparate da team di esperti. Tutti dossier, immaginiamo ustionanti, che
il commissario avrebbe già voluto
pubblicare ma che invece restano
nei cassetti. E la ragione è semplice:
Cottarelli non ha ancora avuto il
permesso del governo per renderli
noti. Perché dopo tanti mesi non
sia arrivato il via libera di Palazzo
Chigi si può soltanto ipotizzare.
Forse le conclusioni contenute in
quei rapporti non sono del tutto
condivise? Forse. Il che ci starebbe
pure, ma è improbabile che il commissario, e lo stesso governo, non
l’avessero calcolato.
Di sicuro la mancata pubblicazione dei 25 dossier ha reso ancora
più evidenti, se ce ne fosse stato il
bisogno, le difficoltà con cui Cottarelli si deve confrontare. A cominciare con quella forse più importante. Va benissimo intervenire
sulle ottomila aziende pubbliche: è
un buco nero gigantesco come dimostra l’esistenza di 2.761 società
con più amministratori che dipendenti. Ma come si fa a individuare
tagli per 17 miliardi di euro, almeno di tanto la spesa pubblica do-
2,5
0,8
2,0
Totale
Totale
2,4
3,4
18,1
33,9
*Le voci in chiaro per ciascun comparto sono quelle che hanno subito una variazione
D’ARCO
vrebbe essere ridotta nel 2015, se
non si possono nemmeno sfiorare i
due capitoli più grossi? La sanità è
uscita di fatto dalla spending review con il patto della Salute: un
accordo fra il governo e le Regioni.
Mentre le pensioni, per esplicita
volontà dell’esecutivo, non ci sono
mai entrate. L’agenzia «Adn Kronos» ieri ha fatto sapere che Cottarelli «continua a lavorare, come
sempre, a stretto contatto con i suoi
interlocutori naturali». E che «potrebbe presto affidare al suo blog,
fermo all’ultimo intervento del 7
luglio, un post per tornare a evidenziare la necessità di tagli selettivi e non lineari, con riferimento anche al caso del pensionamento dei
quota 96, appena affrontato nel decreto P.a.». Proprio le pensioni,
guarda un po’... Poche ore dopo, sul
blog c’era l’intervento annunciato
dall’agenzia di stampa che ha subito suscitato reazioni politiche. Forse la sua ultima testimonianza
(nemmeno questa autorizzata?) da
commissario, magari prima dell’annuncio ufficiale del divorzio.
Con il risultato che il prossimo taglio alla spesa pubblica frutto del
lavoro di Cottarelli sarà il suo stipendio.
Sergio Rizzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4
Primo Piano
Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
#
Riforme Il nuovo Senato
La Nota
di Massimo Franco
Economia e riforme
cominciano a seguire
percorsi divaricati
Tensione
Piero Grasso
contestato da Loredana
De Petris (Inside).
A fianco, il canguro
di pezza comparso sui
banchi M5S (Liverani)
M
atteo Renzi incoraggia la sua coalizione,
non risparmiando battute sferzanti alle opposizioni. In un Senato sfibrato dallo scontro di martedì, la maggioranza sta tenendo e
sventa i tentativi di fare approvare emendamenti antigovernativi. Il fronte sul quale palazzo Chigi rischia di ritrovarsi spiazzato, però, è un altro: l’economia. Il
percorso delle riforme e quello della spesa pubblica sembrano divaricarsi in modo preoccupante. Le prime dovrebbero servire come biglietto da visita per rassicurare l’Europa sulla serietà dell’impegno italiano. Proprio ieri, Renzi
ha rivendicato di avere «ridotto le tasse per il ceto medio e
le imprese. Anziché fare le manovre per chiedere soldi, si
fanno per dare soldi».
Ma a contraddire questa narrativa ottimistica, quasi in
contemporanea sono arrivate poche righe devastanti, stilate dal commissario alla spending review, Carlo Cottarelli.
«Se si utilizzano risorse provenienti da risparmi sulla spesa per aumentare la spesa, il risparmio non potrà essere
utilizzato per ridurre la tassazione sul lavoro». Per essere
più chiaro, Cottarelli ha avvertito che «il totale delle risorse» già promesse «ammonta
ora a 1,6 miliardi di euro per il
2015». Se le parole hanno un
senso, significa che il governo
sta promettendo misure che
Il governo supera mancano di copertura finanziaria; e che potrebbero risulaltre votazioni
tare un ulteriore aggravio.
L’incognita
La tendenza del ministero
dell’Economia è a minimizzadel confronto
re, a negare qualunque critica
con l’Europa
a Renzi. Cottarelli si limiterebbe a lanciare un avvertimento
alla politica spendacciona, come fa più sottovoce da tempo Pier Carlo Padoan. Eppure,
quella del commissario finisce per essere percepita come
una contro-verità rispetto all’impostazione della politica
economica renziana; e a offrire un’immagine controversa
del governo, nel momento in cui bussa alle porte dell’Ue
chiedendole di offrirgli maggiori margini di manovra.
Proprio ieri, il premier si è rallegrato perché il neopresidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker ha parlato di nuovi investimenti per 300 miliardi di euro. «Sono
ottimi passi e un’innegabile vittoria delle proposte italiane. Vigileremo perché dalle parole si passi ai fatti», ha
commentato Renzi. Ma per paradosso, Cottarelli finisce
per rimettere sotto osservazione l’Italia. Non si deve sottovalutare un dettaglio: i rapporti tra presidente del Consiglio e commissario alla revisione della spesa non sono idilliaci da tempo, perché le esigenze della politica faticano a
combaciare con quelle di un tecnico dei «tagli».
La precisazione di Cottarelli, però, promette di alimentare le polemiche contro un Renzi invitato dagli avversari
«a dire la verità sui conti». È un argomento sul quale martella quasi quotidianamente Forza Italia, alleata sulle riforme istituzionali ma nemica sulle scelte economiche. Il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, ha subito chiosato: «Cottarelli svela l’imbroglio delle coperture di Renzi»,
evocando una specie di strappo con il premier. È possibile
che si tratti davvero solo di un grande malinteso. In questo
caso, però, sarebbe bene chiarirlo quanto prima per evitare
ricadute, anche internazionali, pesanti; e per non vanificare gli sforzi che il governo fa per accreditare le sue riforme.
❜❜
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Liti sul canguro ma il Senato va
Renzi: poi cambiamo l’Italicum
Tagliola confermata. Dissidenti battuti sul bicameralismo perfetto
ROMA — La trattativa fallita,
la bagarre d’aula, la lite sul «canguro». Ma, in un modo o nell’altro, ora il Senato va: sulle riforme,
dopo giorni di «stallo», si corre.
Ieri, dalle tre del pomeriggio alla
pausa delle otto (deputati e senatori erano alla messa per cristiani
in Iraq) vengono «superati» quasi 400 emendamenti, con votazioni a tamburo battente, diversi
«salti», dichiarazione di inammissibilità degli emendamenti
«burla» che ribattezzavano la Camera come Gilda, Duma, Ecclesia.
Matteo Renzi, al mattino, apre
sull’Italicum: «Sarà modificato al
Senato e diventerà legge. Modello dei sindaci: un vincitore, eventualmente con ballottaggio, che
ha i numeri per governare. Se non
lo fa è colpa sua, non ha alibi». Un
messaggio anche per Forza Italia
perché tocca il Patto del Nazareno. In serata, poi, il premier «vede» il traguardo della riforma costituzionale: «Loro hanno finito il
tempo, noi non abbiamo finito la
pazienza». Loro, naturalmente,
sono gli oppositori. Che, nei primi giorni di aula, si sono «giocati» quasi tutto il bonus di ore per
la discussione. Finite quelle, si va
avanti solo con le votazioni. E, coi
ritmi di ieri, chiudere entro l’8
agosto diventa un’impresa possibile. Tanto che, da ieri sera, tra i
commessi di palazzo Madama,
circola un’indiscrezione: che il
Senato non debba più restare
aperto sabato e domenica ad oltranza. Si vedrà da qui a 48 ore.
Maggioranza, governo e presidente Grasso, per ora, segnano
un punto. Il «canguro», il sistema
che permette di bypassare emendamenti uguali (o molto simili)
dopo che ne è stato bocciato uno,
è ammesso. I dubbi li aveva sollevati Felice Casson, obiettando che
«il regolamento della Camera,
che lo prevede esplicitamente,
dice che non si può usare in riforme costituzionali». Si riunisce la
giunta per il regolamento che, a
maggioranza (10 a 4), dà ragione
a Grasso: «C’è una prassi consolidata — spiega il presidente —
inaugurata da Mancino nel ‘96.
Poi è stato usato nel 2002 e nel
2004 e quindi il riferimento al regolamento della Camera non ha
più consistenza». Un po’ complicato — e le opposizioni protestano, parlando di «forzatura» —
ma conta la sostanza: il 40% degli
emendamenti, di fatto, salta. Da
7.850 si scende a 4.700. L’effetto
si vede dopo, nella batteria di votazioni: ogni emendamento bocciato se ne tira dietro almeno due
o tre, uguali o molto simili. È
quello che Grasso definisce,
scherzando, «un cangurino, lo
applicheremo con buon senso».
In aula, dopo la bagarre, il clima
sembra più calmo. Tanto che
Grasso, sospendendo i lavori, si
concede una battuta: «Riposatevi, oggi facciamo pausa più lunga
I 5 Stelle e i pianisti
Il Movimento protesta
per due tessere bloccate
con palline di carta
Interviene la presidenza
(martedì era stata di mezz’ora,
ndr) perché abbiamo lavorato...».
Tra i tanti emendamenti bocciati,
due sono significativi. Quello di
Augusto Minzolini (Fi) su «bicameralismo perfetto e Senato elettivo» ottiene 117 sì, 8 astenuti e
171 no. I sì sono la forza numerica di oppositori e «dissidenti»
vari. Tradotto, su
un futuro voto segreto, perché il governo vada sotto,
servono una sessantina di «franchi
tiratori». Minzolini,
comunque, è soddisfatto: «Il governo non ha i due
terzi dell’aula. Bisognerà andare
al referendum».
Il secondo è quello con cui tutti, anche il Pd, bocciano «l’eliminazione del Senato». «È la riprova
del dazio che paga Renzi alle lobby dell’Anci, delle Regioni e dei
Comuni, che l’hanno portato alla
guida del Pd» chiosa Mario Mauro(Pi). Renzi guarda avanti: «Non
molliamo di un centimetro. Ci
vorranno nottate in Senato, po-
meriggi alla Camera, weekend a
Palazzo Chigi non importa». In
Aula, in serata, intervengono anche Mario Monti e Giulio Tremonti. E i Cinque Stelle? Alla
«riapertura» della seduta, dopo la
pausa, denunciano la presenza di
«pianisti». Due tessere per votare, infatti, erano bloccate da palli-
38
Gli emendamenti
cangurati ieri in Senato
In totale sono 1.438
ne di carta. Grasso le fa rimuovere. Mentre Grillo, sull’Aventino
dei senatori, fa retromarcia: «I
nostri parlamentari non si dimettono. Quando riterranno necessaria la loro presenza entreranno in aula». La protesta si sposterà in piazza. Prima riproducendo un vero e proprio emiciclo.
Poi con una grande manifestazione a settembre.
Ernesto Menicucci
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Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
5
#
Dietro le quinte Due le strade possibili. Il leader pd pensa a poche modifiche
L’equilibrio su ritocchi e preferenze
La soglia per il ballottaggio salirà
L’idea di andare oltre il 37%. E c’è l’ipotesi «Toscanellum»
La parola
Il senatore democratico
Il canguro
Il premier ringrazia Zavoli
Lui: resto per indignarmi
‘‘
Nata per
Montecitorio,
cresciuta a Palazzo
Madama, dove ha finito
per avere ambiti di
applicazione più ampi
della versione prevista per
la Camera. La tecnica anti
ostruzionismo del
«canguro», sotto i riflettori
dopo che nel giro di due
giorni ha fatto decadere
1.438 emendamenti al
disegno di legge
costituzionale Boschi, è la
prassi che consente di
votare le proposte di
modifica a un
provvedimento in
discussione raggruppando
quelle analoghe: approvato
o bocciato il primo
emendamento, gli altri
decadono in blocco. Il suo
nome è frutto del gergo
parlamentare, che prevede
innumerevoli declinazioni,
da «cangurato» a
«incangurabile». E a
Palazzo Madama il suo
utilizzo è frutto di un
«prestito» dal regolamento
della Camera. Accadde nel
1996, quando a usare il
canguro fu l’allora
presidente Nicola
Mancino. Successe di
nuovo nel 2002 e nel 2004
— e sono i precedenti più
rilevanti — con le riforme
costituzionali del
centrodestra: allora il
presidente era Marcello
Pera. Ieri, infine la giunta
del Senato ne ha
confermato la legittimità di
applicazione alle leggi
costituzionali, facendo
rientrare la tecnica contro
il filibustering tra i poteri
del presidente: in base
all’articolo 102 comma 4
del regolamento, la
seconda carica dello Stato
«ha facoltà di modificare
l’ordine delle votazioni
quando lo reputi opportuno
ai fini dell’economia o della
chiarezza delle votazioni
stesse». Dal 1997, però, le
norme che regolano l’uso
del canguro alla Camera ne
hanno escluso
l’applicabilità ai ddl
costituzionali. Quindi,
quando la legge Boschi sarà
a Montecitorio, non potrà
essere utilizzato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In Aula
Sergio Zavoli,
90 anni,
ieri a Palazzo
Madama
Matteo Renzi ha chiamato il
senatore del Pd Sergio Zavoli per
ringraziarlo del lavoro che sta
facendo con la sua presenza
quotidiana nell’Aula del Senato.
Secca la risposta di Zavoli: resto a
votare perché ogni tanto ho bisogno
di indignarmi.
ROMA — A sera Matteo Renzi appare di ottimo umore: «Vinciamo
alla grande». Il riferimento, ovviamente, è alla battaglia del Senato.
Che, a meno di strani incidenti, dovrebbe concludersi positivamente
per il governo. «Stiamo sconfiggendo i rosiconi», sorride il presidente
del Consiglio. Che ora si appresta a
giocare un’altra partita, quella dell’Italicum.
Sarà per settembre, ma in realtà
ci si sta lavorando sopra proprio in
questi giorni. La legge elettorale,
così come è stata licenziata dalla Camera, verrà modificata. Ma non più
di tanto. «L’accordo con Berlusconi
finora ha retto e credo continuerà a
reggere, perciò non si faranno cambiamenti che non siano condivisi
anche da Forza Italia», ha spiegato il
premier ai fedelissimi. E a tutti i
suoi interlocutori Renzi sta ribadendo lo stesso concetto: «Siamo
disponibili a cambiare se c’è l’accordo di tutti, compreso Berlusconi».
Ma, dopo quello che è successo
con Sel al Senato, è difficile che il
presidente del Consiglio largheggi
nelle modifiche richieste dal movimento di Nichi Vendola. «Devono
ritirare gli emendamenti e chiederci
apertamente i cambiamenti che vogliono. E se invece romperò con Sel
me ne farò una ragione», confida
Renzi a un gruppetto di parlamentari. Che poi i «cambiamenti» si ridurrebbero a uno solo. Quello che
interessa veramente a Sel: la soglia
di sbarramento per chi non si coalizza. Attualmente è invalicabile per
un partito come Sinistra ecologia e
libertà. E tale potrebbe rimanere.
L’idea, infatti, è quella di modificare
Contatti Maria Elena Boschi (Blow up)
il meno possibile. Giusto i punti che
Giorgio Napolitano ha a cuore. Perciò si innalzerà la soglia del 37 per
cento per accedere o no al secondo
turno. Quanto al resto, bisognerà
vedere.
Al momento ci sono due ipotesi
sul tappeto. Ne hanno parlato Renzi
e Verdini e l’altro ieri l’ambasciatore
di Silvio Berlusconi ne ha discusso a
quattr’occhi anche con il sottosegretario Luca Lotti. La prima è quella di lasciare l’impianto dell’Italicum e fare solo qualche piccolo aggiustamento per evitare di rimettere in discussione il patto del
Nazareno. La seconda invece è quella di trarre ispirazione dal modello
della legge elettorale che hanno appena sfornato in Toscana e che, non
a caso, è stata disegnata proprio dai
forzisti e dagli esponenti del Pd locale. Secondo questo sistema, le soglie di sbarramento si abbasserebbero: il 3 per cento per chi si coalizza
e il 5 per chi invece ha deciso di andare da solo senza allearsi con altri
partiti. Questo schema lascerebbe
intravedere a Sel la possibilità di
tornare in Parlamento, senza dover
entrare in una coalizione di cui ovviamente il Partito democratico sarebbe il «dominus».
Ma il modello elettorale in salsa
toscana prevede anche un’altra novità, che potrebbe accontentare sia
chi vuole le preferenze (e nel Pd sono in molti, tutti i bersaniani, per
esempio) sia chi invece, come Silvio
Berlusconi, non le vuole. Si tratta di
una norma secondo la quale ogni
partito può decidere se andare al
voto con una mini-lista bloccata,
oppure con una lista aperta,optan-
do per le preferenze. Se il sistema
«made in Tuscany» dovesse incontrare delle resistenze, allora si tornerebbe a prendere come testo base
quello dell’Italicum, procedendo
con qualche modifica.
«Dobbiamo fare presto e bene», è
l’invito del presidente del Consiglio
ai suoi parlamentari. Sul «presto» è
già stato accontentato. Ieri infatti
Anna Finocchiaro ha annunciato
che proporrà all’ufficio di presidenza della «sua» commissione, quella
degli Affari costituzionali del Senato, di «calendarizzare immediatamente alla ripresa dei lavori, dopo la
pausa estiva, il ddl di riforma elettorale».
Ieri, comunque, Verdini, è andato
ad Arcore per far esaminare a Berlu-
Il nodo Sel
Gli attriti con Sel non
favoriscono le intese. Ma il
sistema regionale non
penalizzerebbe i piccoli partiti
sconi le ipotesi di modifica sul tappeto. E la prossima settimana il leader di Forza Italia e il presidente del
Consiglio potrebbero rimettere in
agenda quell’incontro che era saltato, ufficialmente per una indisposizione dell’ex Cavaliere.
Insomma, Renzi punta a ricucire i
fili della riforma prima della pausa
estiva, incontrando tutti i leader
politici che finora si sono impegnati
nella trattativa dell’Italicum.
Maria Teresa Meli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il confronto Polemiche sulle regole da applicare. In campo anche il forzista Nitto Palma e la pd Doris Lo Moro
Volano codicilli. In Aula è sfida tra magistrati
Casson: c’è incertezza del diritto. Grasso scherza: giudici in conflitto, figuriamoci gli ex
ROMA — A un certo punto il presidente del Senato Pietro Grasso ironizza, rispondendo ad Alessandra Bencini
(5 Stelle) che si richiamava alle parole
di Francesco Nitto Palma: «Senatrice,
non ci metta in conflitto: già i magistrati lo sono, figuriamoci gli ex magistrati». In effetti da due giorni si combatte in punta di diritto, compulsando
furiosamente i regolamenti del Senato,
scagliandosi contro commi e codicilli.
E ieri, sull’ormai mitico «canguro», ma
anche sulla votazione per parti separate, si è consumata una spaccatura che
ha visto fronteggiarsi magistrati prestati alla politica. Da una parte il presidente Grasso, forte del suo ruolo istituzionale, oltre che di anni di tribunale
(spalleggiato dalla ex magistrata calabrese Doris Lo Moro), dall’altra Felice
Casson (Pd) e Nitto Palma (FI).
Sul «canguro», ecco Casson: «Martedì il Presidente ha citato norme sbagliate. Ieri ne ha citate altre, che non
c’entrano nulla». Riassumendo, il magistrato veneziano riferisce che «l’articolo 85 citato da Grasso, è stato superato dall’85 bis, introdotto nel 1997, che
impedisce l’uso del canguro per il Senato». Non solo: «Alla giunta per il regolamento sono stati menzionati l’articolo 100 comma 8 e il 102 comma 4.
Che però, con il canguro, non hanno
nulla a che fare». Risultato: «C’è un’assoluta incertezza del diritto parlamentare. Un giorno vale un precedente, il
giorno dopo no. E va bene che il diritto
è una sovrastruttura, ma certi principi
vanno tutelati. E dal Presidente mi
aspetto che sia il garante delle regole».
Nitto Palma, a confermare l’incertez-
za del diritto, dà torto a Casson sul
«canguro» ma dà torto a Grasso sul voto per parti separate: «Avrebbe dovuto
decidere lui e non affidarsi all’Aula».
Però non si scompone: «Non prendiamoci in giro. Quando per la decadenza
di Berlusconi si votò per voto palese
non ci fu un’interpretazione politica
delle norme? Quelli che si scandalizzano ora, non si scandalizzarono allora».
Con buona pace di Hans Kelsen e della
sua dottrina pura del diritto: «Il diritto
può essere anche puro, ma chi lo appli-
Sputi e spintoni
Ieri seduta più tranquilla.
Martedì notte tensioni tra i 5
Stelle e i democratici, con
sputi e spintoni. La dem
Ghedini denuncia: mi hanno
inseguito dicendomi
“maledetti, la maledizione
ricadrà sui vostri figli”
ca è impuro».
Il Presidente Grasso, naturalmente,
non si sente affatto impuro e in Aula ha
ribadito più volte la correttezza delle
sue decisioni. Il riferimento alla prassi,
ai due precedenti: nel 2002, per la modifica dell’articolo 117 della Costituzione; e nel 2004, per la modifica del Titolo
V. Non solo: dagli uffici si fa notare che
la contestazione del canguro è avvenuta quando era già stato applicato ben
due volte nella stessa giornata. Certo,
nel caso in specie sono caduti ben 1400
Tecnico
Il senatore
del Pd
ed ex
magistrato
Felice
Casson
ieri nell’Aula
di Palazzo
Madama
con la pila
dei testi
presentati
per cambiare
la legge
Boschi
(Ansa)
emendamenti in un soffio, ma in punta
di diritto il fatto (o misfatto, a seconda
della punta) era già compiuto.
A proposito di misfatti, nella notte di
martedì si è passati dallo scontro verbale alla colluttazione fisica. Finita la
seduta, si sono fronteggiati a sputi e
spintoni alcuni parlamentari a 5 Stelle
(tra i quali Vilma Moronese) e pd. Nel
mirino Luciano Pizzetti, difeso energicamente da Federico Fornaro. La pd Rita Ghedini denuncia: «Alcuni senatori
a 5 Stelle mi hanno inseguito urlandomi “maledetti voi, la maledizione ricadrà sui vostri figli”».
Meno teso il clima in Aula ieri. A
tratti persino soporifero, con qualche
rigurgito di rabbia e sprazzi di ironia.
Grasso spiega che userà il «cangurino». Maurizio Buccarella si gingilla con
un peluche marsupiato e il Presidente
lo rimprovera dolcemente: «Lo metta
via, non vorrei che diventasse senatore». In buvette spunta l’ex ministro ed
ex senatore leghista Roberto Castelli:
«A tornare qui sembrano tutti marziani. Perché non ci fanno una casa per
anziani a Palazzo Madama? Ora mi occupo di cose serie: farò diventare Macugnaga come Zermatt». In Aula, intanto, si spacchettano emendamenti, si
bocciano e si ricomincia da capo. L’inesauribile Vincenzo D’Anna (Gal) riassume la giornata, citando le fatiche
inutili del Sisifo di Camus, condannato
dagli dei a far rotolare senza posa un
macigno sino alla cima di una montagna e ricominciare ogni volta: «Bisogna
immaginarlo con il cuore felice, Sisifo».
Alessandro Trocino
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Primo Piano
Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Riforme I partiti
Berlusconi, summit con i fedelissimi
Un piano per rientrare in maggioranza
Vertice con Renzi in agenda martedì: mi fido, ma non regge solo con Alfano
ROMA — «Abbiamo la garanzia di Renzi che la legge
elettorale verrà modificata
solo se siamo d’accordo anche noi. Ma il problema è un
altro. Al Senato la situazione è
fuori controllo. E non solo al
Senato...».
Ad Arcore, ieri mattina, la
relazione introduttiva dell’«unità di crisi del berlusconismo» viene affidata a Denis
Verdini. Perché non sembra
affatto una normale riunione
di Forza Italia, quella che va in
scena a villa San Martino alla
presenza di un Silvio Berlusconi che — almeno ufficialmente — dovrebbe essere
malato, vittima di un’influenza intestinale e con trentotto
di febbre. No. Basta guardare
la lista dei presenti che sono
seduti attorno al tavolo. Ci sono infatti Gianni Letta, l’eminenza grigia dell’ultimo ventennio di berlusconismo, e
Su «Sette»
Fedele Confalonieri, il capoazienda più fidato. Oltre all’ex
premier padrone di casa, ovviamente.
Sul tavolo della riunione ci
sono la legge elettorale, ovviamente. E quindi anche i
postumi della lettera di Renzi
ai parlamentari della maggioranza — con lo stesso concetto ribadito ieri dal premier
sulle «modifiche che saranno
apportate al Senato» — che
aveva trasmesso tensione a
tutta Forza Italia. Ma è soprattutto «la tenuta del governo
Renzi» il tema a cui l’ex premier e la sua cerchia ristrettissima dedicano più tempo.
Sono quasi due settimane,
per la precisione dalle ore
successive alla sentenza di assoluzione del processo Ruby,
che Berlusconi formula e riformula un pensiero più volte
ribadito nelle sue conversazioni riservate. «Io mi fido di
Renzi e sono sicuro che il patto che abbiamo sottoscritto
con lui non verrà modificato
senza il nostro assenso. Ma
siamo certi che, in questo
momento, per noi non sia
meglio sperare nelle elezioni
anticipate e correre col proporzionale uscito dalla Consulta?». Questa riflessione,
che sarebbe stata ribadita anche ieri, sarebbe stata riformulata disegnando uno sbocco diverso. Uno sbocco al limite della fantapolitica.
Perché nel variopinto
bouquet di «soluzioni» che
Forza Italia potrebbe proporre
al Pd durante il prossimo vertice con Renzi — che, colpi di
scena a parte, dovrebbe tenersi a Roma martedì prossimo — c’è anche quella di «un
riavvicinamento alla maggioranza di governo». Un modo,
insomma, per iniziare a percorrere la strada inversa rispetto a quando, nell’autunno scorso, Berlusconi tolse il
sostegno al governo di Enrico
Letta. Sarebbe questa, in fondo, l’idea suggerita da Verdini. E sarebbe sempre questo il
retropensiero dell’ex Cavaliere che ripete, come ha fatto
l’altro giorno durante un
pranzo, che «con la sola alleanza col partitino di Alfano,
Renzi non ce la farà mai a reggere a lungo».
Possibile che dietro questi
pensieri del gotha berlusconiano ci sia in realtà la paura
che Renzi, per compattare la
sua attuale maggioranza, finisca per accontentare Ncd sull’Italicum, magari a discapito
di Forza Italia? Possibile, anche se apparentemente Berlusconi ripete che «di Matteo io
L’incontro al compleanno della figlia Barbara
Veronica a Silvio:
«Ma ti risposi?»
E lui: «Sono
ancora scottato»
ROMA — Non si vedevano da chissà quanto tempo. Fino a ieri l’altro. Quando, al
compleanno della loro primogenita Barbara, Silvio Berlusconi e Veronica Lario si sono
rincontrati. Nella villa di Macherio, tra il chiasso divertito dei nipotini che giocavano e le
trenta candeline soffiate dalla loro figlia, i due si sarebbero scambiati giusto poche battute.
Silenzio totale, pare, sull’assoluzione dell’ex Cavaliere al processo Ruby. Diverso il discorso
su quello che riguarda l’attuale condizione di Berlusconi. Secondo alcune ricostruzioni, che
partirebbero dalle testimonianze di alcuni presenti alla festa, la signora Lario avrebbe
chiesto all’ex marito: «Allora, è vero che ti risposi?». Domanda ovviamente riferita a
Francesca Pascale. «Bah», sarebbe stata la risposta dell’ex premier all’ex moglie. «Dopo
l’ultimo matrimonio sono ancora scottato». Poi è arrivata l’ora della torta.
T. Lab.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
continuo a fidarmi».
Ma che sull’asse ArcoreRoma sia successo qualcosa
che potrebbe cambiare la posizione di Forza Italia sull’attuale scacchiere politico lo dimostrano i tasselli di un puzzle che i parlamentari azzurri,
e della Camera e del Senato,
hanno cominciato a comporre. Prima e dopo l’assoluzione
dell’ex Cavaliere ci sono stati,
in ordine sparso: l’endorsement di Piersilvio Berlusconi
al governo di Renzi, le parole
del capo dello Stato alla cerimonia del Ventaglio sull’ex
premier e la riforma della giustizia e — soprattutto — il
fatto che il «patto del Nazareno» sottoscritto da Renzi e
Berlusconi abbia resistito, per
giunta in un’aula del Senato
infiammata, anche alla prima
tornata di voti segreti.
«Teniamoci pronti per
qualsiasi evenienza», ha
scandito Berlusconi al termine del summit di ieri mattina
ad Arcore. Il conto alla rovescia in vista di martedì, quando — a meno di colpi di scena
— l’ex premier dovrebbe vedere Renzi, è appena cominciato.
Tommaso Labate
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Il caso Ieri il comitato di redazione ha incontrato Orfini, Guerini e il tesoriere dei democratici Bonifazi. Spiragli per un futuro rilancio
Da D’Alema a Veltroni, le firme dell’ultima «Unità»
Oggi in edicola il numero d’addio del quotidiano. L’ex leader pd: ora siamo tutti più poveri
La Madia:
Medjugorje,
la vacanza
della vita
La vacanza della vita?
Per Marianna Madia,
33 anni, ministro per la
Pubblica
amministrazione,
risale al 2000, l’anno
del Giubileo. La meta?
Medjugorje. È la stessa
Madia a raccontarlo —
in un testo raccolto da
Vittorio Zincone — nel
numero in edicola
domani di «Sette».
«Quando sei lì, in
realtà non ti interessa
capire se è vero o no
quel che si racconta —
sostiene il ministro —.
Non ti poni il problema
di quanto siano
credibili le apparizioni
e non cerchi
l’esperienza
sensazionale. Entri in
una dimensione di fede
più forte, di
consapevolezza
profonda». Insieme a
Madia, raccontano le
loro esperienze anche
— tra gli altri — Gianni
Cuperlo (che punta
sulla Nord Corea),
Giorgio Albertazzi,
Valeria Parrella,
Riccardo Muti, Carolina
Crescentini, Andrea De
Carlo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — Oggi l’Unità sarà in edicola per
l’ultima volta. Almeno per adesso. Martedì la
redazione avrebbe voluto interrompere le pubblicazioni già dal 30 luglio, non appena saputo
dai liquidatori del giornale che dall’assemblea
dei soci non era venuta fuori alcuna soluzione
per il salvataggio. Ma poi si è deciso di andare
avanti fino al termine fissato dai liquidatori (il
1° agosto appunto) così da poter mandare in
edicola un giornale con interventi autorevoli
di molti ex direttori. Tra questi quelli di Massimo D’Alema e di Walter Veltroni. Che scrive:
«Come sarà l’Unità? Non cosa è stata e cosa è.
Credo che l’ambizione che oggi deve muovere
la redazione e tutti quelli che hanno a cuore il
destino del giornale, a cominciare dal Pd, sia
quello di guardare al futuro e non alla sopravvivenza. senza l’Unità siamo tutti più poveri».
E ieri pomeriggio il comitato di redazione de
l’Unità ha incontrato i vertici del Pd. Il presidente Matteo Orfini, il vicesegretario Lorenzo
Guerini e il tesoriere Francesco Bonifazi hanno
visto le rappresentanze sindacali dei giornalisti, gettando uno spiraglio di fiducia per il
futuro. Con la chiusura de l’Unità sono un’ottantina i giornalisti che rimangono senza lavoro, oltre a tutti i poligrafici e gli amministrativi. Ma dal Pd avrebbero garantito che si sta
lavorando affinché l’Unità non chiuda e che in
proposito avrebbero già avuto manifestazioni
di interesse. Infatti Guerini, Orfini e Bonifazi
hanno spiegato al comitato di redazione che
stanno valutando progetti che prevedano il
rilancio del progetto editoriale complessivo
nonché la tutela del copro redazionale.
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L’ex direttore Caldarola: già nell’89 volevamo cambiare nome
«Serve una testata nuova
Senza cedere alla retorica»
ROMA — Peppino Caldarola lei è
stato direttore de l’Unità...
«Si, per due volte. La prima volta,
dopo Veltroni. Poi sono stato direttore dal 1998 fino alla sua chiusura.
La chiusura della prima Unità».
Prima Unità? Che vuole dire?
«Che nel 2000 l’Unità è stata chiusa. E dopo quella data nasce un giornale con tutta un’altra storia. La prima Unità era dentro la storia della
sinistra italiana. La seconda invece è
radical-liberale e non a caso il primo
direttore alla riapertura del giornale
è stato Furio Colombo che con la
storia della sinistra nulla ha a che
vedere».
E adesso? L’Unità chiude per la
seconda volta. Cosa pensa?
«Beh proprio per quello che ho
detto mi sembra una chiusura molto
meno drammatica. Ben inteso: non
mi riferisco agli ottanta colleghi che
rimangono senza lavoro e ai quali
esprimo tutta la mia solidarietà. Ma
non per la storia del giornale. Sto
sentendo troppa retorica in queste
ore: il quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Ma cosa c’entra Gram-
Commiato
La prima pagina de l’Unità di oggi,
l’ultima che sarà in edicola prima
dello stop annunciato martedì
Il giornale conterrà, tra gli altri,
interventi di D’Alema e Veltroni
Il giornale La redazione de l’Unità in via Ostiense a Roma, l’ultimo giorno di pubblicazione (Rino Bianchi)
sci con l’Unità che usciva in edicola?
La testata ha decisamente concluso
la sua storia. È morta».
E dunque?
«Bisogna pensare un altro giornale, con un altro nome. Noi ci pensammo già nell’89, dopo la svolta
della Bolognina. Il Partito comunista
aveva cambiato nome. E noi volevamo cambiare nome a l’Unità».
Noi chi?
«Renzo Foa, che all’epoca era il direttore, Piero Sansonetti, io a Amato
Mattia, l’editore. Chiamammo Piergiorgio Maoloni, un genio della grafica e gli chiedemmo di realizzare un
progetto grafico per un nuovo giornale. Fece un progetto fantastico.
Avevamo anche un titolo: “Novità”,
così che le ultime due lettere del nome nuovo fossero uguali al nome
precedente».
Ma poi? Che successe?
«Ad Occhetto non piacque e non
se ne fece niente. Del resto noi avevamo agito di testa nostra senza avvisare il partito. Peccato. L’avevamo
vista lunga».
E adesso?
«Adesso sarebbe davvero il caso
di pensare un nuovo giornale che si
porti dietro i lettori che aderiscono
ad una sinistra riformista. Non c’è,
pensiamoci bene. C’è il dominio
della monarchia di Repubblica, ma è
un altra cosa. Poi c’è il Fatto Quotidiano che non si può certo dire che
sia di sinistra, basterebbe soltanto
guardare il vicedirettore Marco Travaglio che di sinistra non è mai stato.
Ma adesso che
l’Unità chiude cosa succede secondo lei?
«Se l’Unità muore davvero rimane un vuoto che può essere colmato.
Che deve essere colmato. E non soltanto per quei 25 mila lettori che ancora sono rimasti attaccati al giornale. No ce ne sono tanti altri potenziali. Lo spazio è davvero tanto».
Come si potrebbe riempire questo vuoto?
«Ci vuole molta fantasia. Molta
abilità a coniugare il giornale di car-
ta con le nuove tecnologie. Ma soprattutto è importante cosa non ci
vuole».
Cosa non ci vuole?
«Non ci vuole l’imprenditore
amico di Renzi. Ci vuole un imprenditore che abbia voglia di fare l’imprenditore dell’informazione, intenGiuseppe Caldarola, 68 anni, è stato
due volte direttore de l’Unità,
l’ultima fino al 2000, e deputato dal
2001 al 2008 (con i Ds e con il Pd)
dendo per informazione quella fatta
di pensieri lunghi. Temo che il nostro presidente del Consiglio oggi
sia molto più interessato ai tweet
che non alla carta stampata. E non è
il solo. Mi sembra che tutto il gruppo dirigente del Pd non sia interessato all’informazione di carta. E io
sono molto preoccupato dai pensieri
brevi. Una classe dirigente che vuole
durare deve avere pensieri lunghi».
Alessandra Arachi
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Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
italia: 51575551575557
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Primo Piano
Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
L’Europa Le strategie
Ue, governo avanti con il «piano A»:
non ci sono alternative alla Mogherini
Il premier punta ancora alla poltrona di Mrs Pesc. E pensa a un minirimpasto
La vicenda
Dopo il voto di maggio
verso le larghe intese
Il Parlamento uscito
dalle Europee di maggio
ha come prima forza
i popolari del Ppe (221
seggi su 751), che non
hanno la maggioranza.
Si profila subito la grande
coalizione con il Pse,
secondo a quota 191.
Nel gruppo socialista,
la delegazione del Pd è la
più numerosa (31). Le
formazioni hanno, per la
prima volta, indicato un
candidato alla presidenza
della Commissione
Ue: per i popolari
è Jean-Claude Juncker
Prima le divisioni
poi il sì a Juncker
ROMA — Matteo Renzi
continua a non scoprire pubblicamente le sue carte europee. Vuole prima avere da Juncker la garanzia che il posto di
Mr (sebbene in questo caso sia
una Mrs) Pesc sia dato ai socialisti e, più precisamente, all’Italia. Vuole giocarsi la partita senza fare passi falsi o mosse avventate. Anche perché
già a luglio, quando la Germania sembrava aver dato il suo
assenso alla candidata italiana, il premier aveva poi visto
scombinare tutti i suoi piani
proprio dai Paesi che sono
nell’area di influenza tedesca.
Ma la verità è che, nonostante in molti diano in calo la
candidatura di Federica Mogherini e alcuni la diano proprio per tramontata, il presi-
dente del Consiglio ha ancora
in testa il suo nome per il posto di Alto Rappresentante
della politica estera della Ue.
Con i collaboratori e con alcuni esponenti politici il premier
è stato chiaro: «Vedrete che
Federica andrà lì e chi adesso
dice che io ho sbagliato linea,
che così non otterrò più niente, dovrà chiedermi scusa».
Anche se in modo molto riservato, lontano dai riflettori e
dai cronisti, Renzi sta lavorando pure in questi giorni per
raggiungere il suo obiettivo.
Tant’è vero che quando Massimo D’Alema è andato a trovarlo a Palazzo Chigi si è sparsa la
voce che l’ex presidente del
Consiglio non fosse lì per perorare la propria causa. Non
sarebbe stata l’aspirazione a
sedere sulla poltrona di Mr
Pesc a spingerlo, ma colloqui
avuti in Europa per sondare il
terreno sulla candidatura della
ministra degli Esteri italiana.
Su Mogherini, com’è noto,
pesava l’accusa da parte di un
gruppo di ex Paesi dell’Est di
essere troppo filo-russa. Accusa che Renzi ha sempre rispedito al mittente. Non a caso, dopo che l’altro ieri sono
state comminate le sanzioni
della Ue, il presidente del Con-
siglio ha osservato: «Le decisioni prese a Bruxelles evidenziano come l’Italia sia assolutamente allineata con gli altri
Paesi del G7 nella valutazione
della crisi ucraina e delle responsabilità di quanto sta avvenendo lì. Quelli che ci hanno descritto per comodità e
interesse come i più recalcitranti su questo tema sono
stati sbugiardati».
Dunque, il premier non ha
rinunciato al suo piano origi-
A Palazzo Chigi
D’Alema avrebbe riferito
di colloqui avuti in Europa
per sondare il terreno
della candidatura italiana
L’obiettivo
Renzi pensa a un ritorno
di immagine per l’Italia e
alla vicepresidenza
della Commissione
nario: «La politica estera dell’Europa è molto importante e
bisogna muoversi con prudenza». Quel ruolo, se usato in
un certo modo, potrebbe dare
un ritorno di immagine all’Italia. Non solo. L’Alto Rappresentante partecipa al Consiglio europeo e diventa automaticamente uno dei vice del
presidente della Commissione
Juncker. Ciò significa che in
questo modo il governo avrà
accesso a tutti i dossier più
importanti.
Insomma, per Renzi rappresenterebbe un bel colpo.
Sempre che ce la faccia a portare a casa questo risultato. Le
resistenze degli ex Paesi dell’Est potrebbero essere vinte
se si affidasse a uno di loro la
presidenza del Consiglio europeo. Certo, è una partita difficile, questa. Senz’altro più
complicata di quella che il
premier sta giocando proprio
in questi giorni con Sel al Senato e che, praticamente, ha
già quasi vinto. Però Renzi
non dispera. E se ha un «piano
B», come gli è stato suggerito
da più parti, lo tiene ancora
segreto per evitare che fallisca
il «piano A», l’operazione a cui
tiene di più: «Mi piacerebbe
ringiovanire anche l’Europa».
Su un punto, però, chi lo
conosce bene è pronto a
scommettere: se l’Italia, alla fine, otterrà veramente il posto
di Alto Rappresentante —
benché siano in tanti, al momento, a ritenere che quel posto non è più nelle nostre disponibilità — non vi saranno
altri nomi possibili oltre a
quello di Federica Mogherini.
Non c’è Massimo D’Alema all’orizzonte, per intendersi. E
questo sembra averlo capito
bene lo stesso ex presidente
del Consiglio. Né lui, né nessun altro, stando a quanto dicono i renziani. Quella poltrona, nella mente del premier, è
adatta alla titolare della Farnesina. Anche perché, sostengono le malelingue di Montecitorio, questo gli consentirebbe di procedere a un minirimpasto di governo.
Maria Teresa Meli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli scenari Il presidente Juncker dovrà sciogliere il rompicapo dell’assegnazione dei portafogli entro fine agosto
Il nome di Juncker crea
tensioni, non piace in
particolare al premier
britannico Cameron.
E deve avere il placet dei
socialisti, in maggioranza
con il Ppe. Il 27 giugno il
Consiglio indica Juncker
per la Commissione:
i leader dei 28, tranne
Regno Unito e Ungheria,
votano per lui. Renzi
dà il suo via libera, ma a
condizione che si punti di
più sulla crescita. Schulz
il 1° luglio è eletto (409 sì
su 732) alla presidenza
del Parlamento Ue
La proposta
dell’Italia
Tocca al presidente
scegliere, in accordo
con i leader del Consiglio,
i membri della
Commissione, in base
alle proposte di ciascuno
Stato (sono uno per
Paese). La squadra dovrà
poi essere approvata dal
Parlamento Ue. L’Italia
punta sul ministro
degli Esteri Federica
Mogherini per il ruolo
di Alto commissario per
la politica estera dell’Ue
(Pesc), che è anche
vicepresidente della
Commissione
Günther Oettinger
60 anni, tedesco, esponente della Cdu e del Ppe
è l’attuale commissario
per l’Energia: è possibile
una riconferma
Pierre Moscovici
56 anni, membro del Pse, ex
ministro dell’Economia e delle
Finanze nei governi Ayrault,
punta agli Affari economici o
alla Concorrenza o all’Industria
Alla candidatura di
Mogherini a capo della
diplomazia dei 28, c’è
l’opposizione di alcuni
Paesi dell’Est che la
ritengono troppo filoRussa, mentre altri la
accusano di
inesperienza. Al vertice
del 16 luglio la decisione
su quel ruolo è rinviata: il
nuovo summit dei capi
di governo dei 28 si terrà
il 30 agosto a Bruxelles.
Ma Renzi insiste: all’Italia
l’Alto rappresentante; e il
nome è quello di
Mogherini
Miguel Arias Cañete
64 anni, esponente del
Ppe, ex ministro dell’Agricoltura del governo Rajoy,
punta in Europa a guidare
il portafogli Agricoltura
Jyrki Katainen
42 anni, del Ppe, ex primo
ministro finlandese e
attuale commissario agli
Affari economici: per lui è
possibile un altro ruolo
Cecilia Malmström
46 anni, esponente del Partito popolare liberale svedese
e dell’Alde è commissario
agli Affari interni: potrebbe
essere riconfermata
Ma rischiano di restare solo «posti in piedi»
I principali Paesi hanno già indicato
le loro scelte per i ruoli più «pesanti»
DALLA NOSTRA INVIATA
L’alt sul ministro
Decisione rinviata
Jeroen Dijsselbloem
48 anni, iscritto al Pse, è in
corsa per la presidenza
dell’Eurogruppo: per la
Commissione non c’è ancora un candidato ufficiale
BRUXELLES — Quattro settimane
per formare la nuova squadra, comincia il lungo agosto di Jean-Claude Juncker. Il presidente della Commissione
dovrà assegnare i portafogli entro fine
mese tenendo conto di più criteri:
equilibrio tra gruppi politici, parità di
genere, peso specifico dei singoli Paesi, rivendicazioni delle capitali entrate
nell’ultimo decennio e alleanze geostrategiche tra i blocchi Est-Ovest e
Nord-Sud. Oltre a crisi e dinamiche di
potere nazionali. Un rompicapo per 28
commissari, uno per Stato. Troppi, lo
stesso Juncker auspica una futura riorganizzazione della macchina collegiale
in 5 grandi poli di competenza. Per ora
la priorità è comporre il puzzle con le
tessere messe sul tavolo dai governi,
chiamati a presentare entro oggi le loro
candidature. Tra ipotesi e nomi di bandiera, fino a ieri mancavano le proposte ufficiali di Italia, Belgio, Danimarca,
Paesi Bassi, Portogallo, Bulgaria, Slovenia, Cipro, Svezia, Ungheria. Per alcuni un ritardo tattico: l’Italia vuole Federica Mogherini, la Danimarca conserva l’asso Helle Thorning-Schmidt
per la presidenza del Consiglio, candidatura mai formalizzata ma molto appoggiata per uno dei top jobs legati al
pacchetto portafogli in seguito alla
mancata intesa tra i leader nell’ultimo
summit. Dopo il via libera del vertice
del 30 agosto partiranno le audizioni
all’Europarlamento. Il 31 ottobre scade
il mandato della Commissione uscente, il nuovo esecutivo sarà pronto?
Il governo francese ha appena ufficializzato la candidatura dell’ex ministro delle Finanze Pierre Moscovici,
socialista. Parigi non fa mistero di
puntare agli Affari economici e monetari, stuzzicando gli eterni rivali tedeschi che non approvano certe défaillances sui conti. Secondo Le Monde
non è da escludere la Concorrenza, in
un’intervista Moscovici non si sbilancia ma invoca «una politica industriale
Ungheria
Orban evoca uno «Stato illiberale»
L’opposizione si appella a Strasburgo
Il gruppo di opposizione ungherese E14-PM ha scritto all’Unione
europea invitandola a incrementare la propria vigilanza sulla democrazia
nel Paese, dopo che il premier Viktor Orban ha dichiarato sabato la
propria intenzione di trasformarlo in uno «Stato illiberale». Il copresidente dell’alleanza centrista, Viktor Szigetvari, ha dichiarato che il
gruppo vuole attirare l’attenzione della prossima Commissione europea
verso «il deterioramento della democrazia in Ungheria», soprattutto nel
campo della libertà di stampa e della tutela del lavoro delle ong. Sabato
Orban aveva dichiarato che la crisi finanziaria del 2008 ha dimostrato
che le democrazie liberali non sono più competitive e che i modelli di
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successo a cui puntare sono Singapore, Cina e Russia.
europea dinamica e aggressiva»: mire
sull’Industria? Il portafoglio ora è affidato all’italiano Ferdinando Nelli Feroci, subentrato al vicepresidente dell’Europarlamento Antonio Tajani. Un
socialista francese all’Economia esclude un socialista olandese alla guida
dell’Eurogruppo, dove i Paesi Bassi
vorrebbero confermare il ministro delle Finanze Jeroen Dijsselbloem (Pse
temperato da nordico rigore). L’Olanda può contare anche sul responsabile
degli Esteri Frans Timmermans che,
rimasto ai margini della corsa per la
carica di Mr Pesc, si aggiunge ai rivali
di Federica Mogherini: l’estone Andrus
Ansip, il polacco Radek Sikorski e la
bulgara Kristalina Georgieva. La Polonia pretenderà molto, anche in economia.
La Germania non ha mai lasciato
dubbi sul rinnovo dell’attuale responsabile dell’Energia Günther Oettinger,
confermato come l’austriaco Johannes
Hahn (Politiche regionali), lo slovacco
Maros Sefcovic (Affari istituzionali) e il
croato Neven Mimica (Protezione dei
consumatori). Commissari pronti a
cambiare poltrona, come il finlandese
del Ppe Jyrki Katainen, successore del
dimissionario Olli Rehn all’Economia.
Londra schiera il conservatore Lord
Hill, preferito all’euroscettico Andrew
Lansley: dopo il (vano) no del premier
David Cameron a Juncker, un gesto di-
stensivo in cambio del Commercio.
Non è detto che basti.
Juncker voleva il 40% di donne, ad
oggi l’unica commissaria designata è
la ceca Vera Jourova, mentre la Svezia
non ha ancora confermato Cecilia Malmström, commissario agli Affari interni. Una donna potrebbe venire dal Belgio, dove il rebus sulla formazione del
governo ha lasciato in sospeso la scelta
tra l’eurodeputata Marianne Thyssen,
il ministro degli Esteri Didier Reynders
e Karel De Gucht, commissario che si è
ritagliato un ruolo importante nelle
La mossa di Parigi
La Francia ha ufficializzato la
candidatura di Moscovici agli Affari
economici (ma non sono da
escludere Concorrenza e Industria)
trattative commerciali con gli Usa. La
Spagna presenta il ministro dell’Agricoltura Miguel Arias Cañete (Ppe) ma
dietro le quinte spinge Luis de Guindos (ancora Ppe) per l’Eurogruppo, in
competizione con i Paesi Bassi. Dagli
imperi ai Mondiali, è ancora SpagnaOlanda.
Maria Serena Natale
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Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Primo Piano
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Il premier Le scelte
Giannelli special edition
Personaggi
Le personalità
toscane illustrate da
Emilio Giannelli,
senese. Da sinistra,
Gino Bartali,
da Ponte a Ema,
nel Fiorentino;
Giorgio La Pira, che fu
sindaco di Firenze;
e dal capoluogo
toscano veniva
anche il repubblicano
Giovanni Spadolini,
che è stato presidente
del Consiglio come
Amintore Fanfani,
aretino di Pieve Santo
Stefano; Dante
Alighieri; Indro
Montanelli, nato
a Fucecchio,
nel Fiorentino, che ai
toscani riservò parole
pungenti. E ancora
Leonardo da Vinci
(provincia di Firenze);
Niccolò Machiavelli,
fiorentino;
Michelangelo Buonarroti, da Caprese,
provincia di Arezzo
SEGUE DALLA PRIMA
Che Matteo Renzi si sia giorno
dopo giorno circondato di collaboratori corregionali e in particolare
fiorentini, a dispetto della diffidenza di un fiorentino come Dante
Alighieri che bollò i concittadini
come «quello ingrato popolo maligno», era chiaro da tempo. Ma la
nomina della Orlandi, empolese di
nascita e fiorentina di adozione, ha
messo il sigillo. Dopo il «Clan degli
avellinesi» («Gli irpini rappresentano il 70 per cento dell’intelligenza politica nazionale», ammiccava
Ciriaco De Mita), dopo la «Corte
Arcoriana» berlusconiana, dopo la
«Brigata Sassari» cossighiana e dopo il «Cerchio Magico» leghista
con baricentro varesotto, è il momento del «Giglio Magico» renziano.
Certo, essendo lui di Rignano
sull’Arno e dunque del contado
esente da una certa «puzzetta sotto
il naso» (tesi non nostra ma dei toscani nemici della capitale) dei fiorentini doc, il giovane premier va
oltre la ristretta cerchia dei concittadini. E se Enrico Mattei assunse
nella Società Nazionale Metanodotti tanti compaesani che Snam
arrivò a significare «Siamo Nati A
Matelica», va riconosciuto che il
segretario democratico pare avere
al contrario rottamato una serie di
rivalità che da tempo immemorabile dividono i toscani.
Oggi, di queste rivalità, restano
solo certi titoli irridenti del Vernacoliere di Livorno come quello a ridosso della tragedia di Chernobyl:
«Nuvola atomi’a. Primi spaventosi
effetti delle radiazioni. È nato un
pisano furbo! Stupore nel mondo,
sgomento ‘n Toscana». O gli annunci di Tele Toscana Nord, che
«per farla finita con le ipocrisie», si
è spinta a mandare in onda le previsioni del tempo nei due dialetti
separati di Massa e di Carrara. O gli
scambi di contumelie tra i tifosi,
pochi anni fa, dopo la decisione del
governo di salvare la Fiorentina,
evitandole per «la storia calcistica e
il bacino dei tifosi» l’umiliazione di
ricominciare dall’ultima delle serie
inferiori, a scapito del Pisa. Perfino
i livornesi, allora, fecero provvisoriamente pace coi pisani contro i
fiorentini «mangiafagioli, leccapiatti e ramaioli». E sui siti web si
lessero cose come queste: «Siete il
vomito del vomito, peggio dei gobbi!!!! Pisa vi gotta sur groppone».
«Ah ah ah… Le zecchette del contado ragliano. Muti, inferiori: passa
Firenze! Noi siamo i vostri padroni,
voi solo umili servetti».
Dietro queste scaramucce, c’erano le scie di una storia tragica. Di
guerre fratricide. Basti ricordare la
battaglia di Campaldino che vide il
massacro degli aretini col risultato
che a Firenze, ricorda la Nuova
Cronica del Villani «si fece grande
festa e allegrezza». O ancora la battaglia di Montaperti ricordata nella
Divina Commedia («lo strazio e ‘l
grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso») e passata alla storia per la sanguinosissima sconfitta dei fiorentini contro i senesi.
L’IMPORTANZA DI ESSERE TOSCANI
IL GRANDUCATO RIVIVE A ROMA
«Invano invocavano essi san Zanobi in loro aiuto», lasciò scritto un
anonimo cronachista di Siena, ferocemente fiero della strage di fiorentini, «noi li macellammo come
un beccaio macella le bestie nel venerdì Santo».
Spiegò un giorno il pratese Curzio Malaparte (autore del libro Maledetti toscani) a Enzo Biagi: «Se è
cosa difficile essere italiano, difficilissima cosa è l’esser toscano».
Soprattutto nei rapporti storici di
amicizia o di odio dei vicini di casa:
«Quando son nemici lo sono per
l’eternità». Tanto che a Siena, nei
derby calcistici, campeggiava uno
striscione: «A Montaperti c’eravamo anche noi».
Il Rottamatore, dicono gli amici,
è andato oltre. Ed ecco che come
spalla sul tema che più gli preme, le
riforme, ha scelto l’aretina di Montevarchi (fiorentinizzata) Maria
Elena Boschi. E in Europa, al posto
del forzista Antonio Tajani, ha nominato il pisano Ferdinando Nelli
Feroci. E nel cda di Enel ha messo
l’avvocato pistoiese Alberto Bianchi, già presidente di Firenze Fiera
dal 2002 al 2006 e uomo di fiducia
della «cassaforte» renziana per la
raccolta di fondi e l’organizzazione
di eventi. E a Finmeccanica ha
piazzato il senese Fabrizio Landi. E
via così. Per non dire della scelta
come capo dell’ufficio legislativo a
Palazzo Chigi di Antonella Manzione (un’avellinese che «ha lavato i
panni in Arno» comandando i vigili urbani nell’era renziana) e come
sottosegretario all’Interno di suo
L’ora del «giglio magico» dopo
il clan degli avellinesi di De Mita
la Brigata Sassari di Cossiga
fino al cerchio magico di Bossi
❜❜
La carica dei corregionali
alla corte del premier
Fiorentini, pisani, aretini:
tutti oltre le storiche rivalità
Prato
Dalla regione
Pistoia
Vannino Chiti
senatore,
ex ministro
ed ex governatore
della
d Toscana
fratello, Domenico Manzione, per
anni sostituto procuratore a Lucca.
Fatto sta, dicono i nemici di Matteo Renzi, che se anche allarga il
campo visivo, «lo sguardo gli cade
comunque quasi sempre su un toscano. Ferma restando la “prima
scelta” per i fiorentini». Quelli che
all’ombra di Palazzo Vecchio sono
nati o sono cresciuti o almeno si
sono affermati. Ed effettivamente è
una lista che, compilata un mesetto
Alberto Bianchi
vive a lavora a Firenze,
nel cda di Enel, è stato
presidente della
fondazione Big Bang
Federico Lovadina
nato a Pistoia,
lavora a Firenze,
ora nel cda
di Ferrovie
Antonello Giacomelli
sottosegretario dello
Sviluppo Economico
Firenze
Massa
e Carrara
TTiberio Barchielli
ddi Rignano sull'Arno,
fotografo a Palazzo Chigi
Cosimo Ferri
di Pontremoli,
sottosegretario
alla
a Giustizia
Pisa
Simona Bonafè
nata a Varese,
per dieci anni assessore
a Scandicci, ora
europarlamentare pd
Antonella Manzione
irpina di nascita, ex capo
dei vigili a Firenze, ora
guida gli Affari giuridici
legislativi di Palazzo Chigi
Enrico Letta
deputato pd,
ex presidente del Consiglio
Ferdinando Nelli Feroci
nominato
commissario
n
Ue
U al posto di Tajani
Roberto Nencini
di Barberino del Mugello,
sottosegretario alle
Infrastrutture e Trasporti
Fabrizio
Pagani
F
nel Consiglio di
amministrazione di Eni
Empoli
Gabriele Toccafondi
sottosegretario
all’Istruzione
Luca Lotti
sottosegretario alla
presidenza del Consiglio
Rossella Orlandi
gguida l’Agenzia
ddelle entrate
Siena
Francesco Bonifazi
tesoriere del Pd
Elisabetta Fabri
ad e presidente
di Starhotels, ora
nel cda di Poste italiane
Arezzo
Fabrizio Landi
nel cda
di Finmeccanica,
ex
e ad di Esaote
Lapo Pistelli
viceministro degli Esteri,
sconfitto nel 2009
da Renzi alle primarie
fiorentine
Maria Elena Boschi
di Montevarchi,
ministro
delle Riforme
de
Diva Moriani
nel cda di Eni,
già vicepresidente
del gruppo Kme
Marco Seracini
nel collegio sindacale
di Eni, tra i fondatori
dell’associazione NoiLink
(vicina a Renzi)
CORRIERE DELLA SERA
fa da Marco Palombi e Carlo Tecce
sull’ostile Fatto quotidiano sotto il
titolo «Granducato renziano», si
allunga ogni giorno di più.
E c’è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, da
Montelupo Fiorentino, empolese
all’anagrafe, che giorno dopo giorno pare lanciato come uno dei più
stretti collaboratori del premier. E
c’è Francesco Bonifazi, il tesoriere
del Pd. E c’è Simona Bonafè, varesina di nascita ma ormai fiorentina
dopo aver fatto anche l’assessore a
Scandicci, scelta come una delle
cinque capolista alle Europee. E c’è
Lapo Pistelli che dopo essere stato
spintonato via da Renzi quand’era
il candidato a sindaco di Firenze è
stato risarcito con la nomina a viceministro agli Esteri in attesa,
chissà, se Federica Mogherini dovesse entrare nella Commissione
Ue, di salire di un altro gradino. E
c’è, appunto, la nuova direttrice
dell’Agenzia delle Entrate Rossella
Orlandi di cui già abbiamo detto.
Ed è in arrivo Giuliano da Empoli,
che porta la sua toscanità come una
stimmate anche nel cognome. E
tanti e tanti altri ancora… Val la pena di ricordarli? Basti dire che perfino il nuovo fotografo personale
del premier, Tiberio Barchielli, fino
a ieri direttore di un sito internet
dal titolo, come scrive Filippo Ceccarelli, «non troppo rassicurante»
(«Gossip blitz») viene da Rignano
sull’Arno. Dove Renzi è nato e cresciuto.
Come mai? Forse perché, come
spiegò il poeta Mario Luzi a Enzo
Biagi, «i toscani sono quelli che
presumono di avere il quadro del
presente senza ombre, senza illusioni»? C’è solo da sperare che
avesse torto un altro toscano, Indro
Montanelli, feroce con i suoi compaesani come solo un compaesano
poteva essere: «Quando fanno un
piano astratto i toscani sembrano
dei demoni, ma nella realtà perdono, come dei poveretti. Scrivono Il
Principe per vincere un concorso
da segretario comunale e sono
bocciati». Tocchiamo ferro. Se
avesse ragione lui, saremmo nei
guai davvero…
Gian Antonio Stella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
10 Primo Piano
Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
#
Corte costituzionale L’elezione
Consulta, Tesauro presidente
Sarà in carica una sola udienza
Toghe divise, determinante il voto del candidato a se stesso
La composizione
della Corte costituzionalee
Corte di
cassazione
Il nuovo presidente
Tesauro
PRESID
ENT
ED
ELL
AR
EP
eletto con
7 voti a 6
Consiglio
di Stato
MAGISTRATURA
Corte
dei conti
ICA
BL
UB
le stesse condizioni di Tesauro,
Sabino Cassese, a ritirarsi ufficialmente dalla corsa. Lui invece
no. E subito dopo l’elezione
spiega di non provare alcun imbarazzo: «Rispetto al problema
della durata la mia posizione è
neutra, e non mi sento un presidente dimezzato. Del resto la
mia concezione di questa funzione è quella di mero coordinatore, un primus inter pares, e ci
sono stati presidenti anche per
periodi più brevi di quello che
tocca a me. La metà è rimasta in
3
O
ENT
AM
RL
PA
ROMA — Il professor Giuseppe Tesauro — napoletano di
quasi 72 anni, esperto di diritto
internazionale e comunitario,
giudice costituzionale dal novembre 2005 — si è eletto ieri
presidente della Consulta. Lo
scrutinio fra i tredici giudici in
carica (ne mancano due perché
dalla fine di giugno il Parlamento in seduta comune non ha ancora scelto i due nomi che gli
spetta indicare) è finito sette a
sei, e dunque il suo voto è risultato determinante. Così come
determinante è stato, secondo le
indiscrezioni di «radio Consulta», il non voto a proprio favore
dell’altro concorrente Alessandro Criscuolo, che s’è fermato a
sei preferenze. Sono stati dunque i due candidati in lizza a
sancire l’esito della votazione e
determinare l‘opzione finale per
una guida di breve durata (appena tre mesi) rispetto a quella
«lunga» di tre anni.
Il neopresidente rimarrà in
carica fino all’inizio di novembre, quando scadrà il suo mandato alla Consulta; e fino ad allora avrà il tempo di presiedere
una sola udienza, poiché per la
trattazione delle cause bisogna
garantire almeno due mesi di
attività. Una situazione molto
particolare, che aveva spinto un
altro giudice costituzionale nel-
1 1
3
5
Ecco da chi
vengono nominati
i componenti della Consulta
2
posti
vacanti
carica meno di un anno, e si
tratta di nomi importantissimi.
Sono in ottima compagnia».
È stata proprio questa pratica
di nominare il più anziano ad
essere ripetutamente criticata;
perciò quasi la metà dei giudici
attualmente in carica, sei contro
sette, ha votato per Criscuolo
che garantiva una conduzione
di tre anni. Replica Tesauro: «Io
ho grande riguardo per le scelte
La nomina
Il neoeletto è passato
per un solo sì sul rivale
Criscuolo e rimarrà in
carica fino a novembre
La reazione
«La mia pensione non
costerà allo Stato una
lira in più. Le cinque
auto blu? Fantasie»
D’ARCO
Giurista Giuseppe Tesauro è nato a Napoli 71 anni fa.
Ha guidato l’Antitrust dal 1998 al 2005 e ieri è stato eletto presidente della Corte costituzionale con 7 voti su 13
dei miei colleghi, sia quelli che
mi hanno votato che quelli che
non l’hanno fatto. Prima di
avanzare la mia candidatura ho
fatto il giro delle loro opinioni, e
quando ho visto che c’erano
consensi sul mio nome ho deciso di propormi; se altri hanno
svolto considerazioni di altro
genere e agito diversamente li
rispetto, ma non mi scandalizzo
per la situazione che si è creata.
Tutto il resto è fantasia, lasciamola esercitare a chi ne ha voglia, anche all’interno della co-
munità costituzionale».
Per il neopresidente che si
definisce «operaio del diritto»,
non c’è nulla di male o di strano
che la quarta carica dello Stato
appena nominata resti al suo
posto per tre mesi comprese le
ferie estive. Anche perché, sostiene con verve partenopea,
non accumula privilegi: «Per la
mia pensione lo Stato non verserà una lira in più, io sono anziano e mi esprimo ancora con
la vecchia moneta; quanto alle
quattro segretarie e cinque au-
tomobili, sono solo invenzioni,
più che smentirle non posso fare. Gli ex presidenti non hanno
nemmeno una stanza a disposizione, perché in questo palazzo
la funzionalità è sconosciuta».
Al di là delle coloriture, la
questione posta dai sei giudici
che hanno spaccato la Corte (e
probabilmente anche da Criscuolo, che però deve aver ritenuto che fosse più elegante non
votare per sé) riguardava l’immagine di una Consulta con una
guida salda e duratura, anche
come risposta a una politica che
a parole si mostra sensibile alle
denunce anticasta ma nei fatti
non è stata in grado in quasi due
mesi di eleggere due giudici costituzionali. È andata diversamente ed è prevalsa l’idea che a
novembre, quando oltre ai due
giudici di estrazione parlamentare ce ne saranno altri due nuovi di nomina presidenziale, si
potrà procedere alla scelta di un
presidente di lunga durata da
parte di un organismo con l’organico al completo.
Nel frattempo tocca a Tesauro, che sulle riforme costituzionali in discussione si esprime
così: «La nostra Carta è bellissima, ma di immodificabile c’è
poco. Avrei qualche esitazione a
toccare la prima parte, ma la seconda si può perfezionare. Andare veloci per alcune cose va
benissimo, mentre per altre è
meglio riservarsi una riflessione
maggiore, a patto che non ci siano ragioni strumentali. L’importante è chiudere questa fase
di revisione con un risultato che
vada bene alla maggior parte
della nostra comunità sociale».
Giovanni Bianconi
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Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Primo Piano 11
italia: 51575551575557
L’alleanza La trattativa
Salvataggio Alitalia con Etihad
Arrivano più soldi dai soci
ETIHAD
L’offerta
La compagnia
degli Emirati
scopre le carte
Il 25 giugno si concretizza
l’offerta di Etihad pronta a
investire 560 milioni per il
49% di una newco in cui
scorporare le attività di volo,
lasciando alla vecchia Alitalia
l’eredità del passato. Ma James
Hogan mette due paletti: ci
sono 2.200 dipendenti di
troppo e le banche Intesa
Sanpaolo, Unicredit, Mps e
Popolare di Sondrio devono
tagliare drasticamente i crediti
convertendone i due terzi in
capitale e cancellando il resto.
Il 13 luglio arriva l’accordo
sindacale, senza la Cgil, per la
gestione degli esuberi
ROMA — Fare presto. E dare
nuovo «ossigeno» a Alitalia. Le ragioni che spingono gli azionisti
della compagnia a non perdere
neanche un minuto sono principalmente due. Strettamente correlate tra loro. Oggi scadono i termini per l’accordo con Etihad. James Hogan, amministratore delegato della compagnia emiratina,
due giorni fa ha tracciato in una
lettera l’elenco delle questioni a
cui urge dare soluzione immediata. Il punto principale è spietato
nella sua semplicità. Hogan teme
che Alitalia non abbia sufficiente
liquidità per arrivare al closing
con Etihad, previsto in autunno
(sono necessari alcuni adempimenti, tra cui il via libera dell’Antitrust).
Non a caso, i soci di Cai, la holding chiamata a ricapitalizzare
Alitalia, ieri hanno accettato di rimettere mano al portafogli e predisporre un ulteriore aumento di
capitale da 50 milioni di euro. Com’è noto l’assemblea del 25 luglio
ha approvato un aumento da 250
milioni. La voragine nei conti del
vettore richiede ulteriori risorse
che Etihad, pronta a investire 560
milioni di euro sull’attività futura,
non ha alcuna intenzione di sborsare. Il timore dei soci, in assenza
dell’accordo nelle prossime ore, è
di vedersi costretti a iniettare di
Il timore dei soci
Continuare
a iniettare capitale nella
compagnia in assenza
di un accordo
continuo capitale dentro la compagnia. Ecco perché già oggi verrà
convocato a stretto giro (entro il
fine settimana)il consiglio di amministrazione a cui seguirà una
nuova assemblea. L’obiettivo è deliberare l’ulteriore ricapitalizzazione entro il 5 agosto e chiudere
con Hogan, scongiurando altre richieste di denaro.
I prossimi giorni saranno necessari a reperire i soldi che mancano all’appello. Ieri al vertice a
Palazzo Chigi tra i vari attori della
partita si è tenuta una prima conta. Durante l’incontro, a cui hanno
partecipato il sottosegretario alla
presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, per Alitalia l’amministratore delegato Gabriele Del
Torchio, l’amministratore delegato di Poste, Francesco Caio, il di-
Poste
Alitalia-Cai
MID-CO
49% 51%
Dopo l’incontro a palazzo Chigi. Scade l’ultimatum degli arabi
La vicenda
D’ARCO
L’alleanza
NEW-CO
NEW
W-CO
I numeri
I numeri
Fatturato
(primi 9 mesi 2013)
Fatturato
(primi 3 mesi 2014)
Passeggeri
(2013)
2,7 mld
Flotta
24 mln
134
Dipendenti
12.800
Passeggeri
(2013)
Flotta
Dipendenti
1,4 mld$
(+27%)
3,2 mln
(+14%)
89
17.000
rettore finanziario di Atlantia,
Giancarlo Guenzi, in collegamento telefonico il numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni, e il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, il conteggio delle risorse disponibili sarebbe
arrivato a quota 294 milioni di euro. Nel dettaglio, Unicredit metterà 57 milioni, Intesa farà la sua
parte con 85 milioni, a cui vanno
aggiunti i 57 milioni di Atlantia e i
25 milioni di Roberto Colaninno e
altri soci. Totale 224 milioni a cui
vanno aggiunti i soldi che dovrà
versare Poste Italiane. Caio, dopo
l’ennesimo sfibrante negoziato, ha
aumentato l’importo dagli iniziali
40 a 70 milioni di euro (5 milioni
in più rispetto a due giorni fa). Su
una questione però è irremovibile: quei soldi non intende investirli nella vecchia Alitalia, garantendo debiti e contenziosi pregressi.
Le argomentazioni di Caio poggiano su basi chiare.
Il rischio che l’investimento si
configuri come aiuto di Stato e la
necessità di sottoscrivere un’operazione credibile in vista della
quotazione in borsa di Poste. Argomenti che, tuttavia, non hanno
finora superato l’ostacolo degli altri soci, a cui non va l’idea di un
trattamento di favore per il gruppo postale. E’ questo, del resto, un
aspetto cruciale su cui chiede
chiarezza lo stesso Hogan. Intorno
alla midcompany, società cuscinetto tra la vecchia e la nuova Alitalia, dove Caio intende versare i
soldi, gravano ancora alcune problematiche tecniche e fiscali irrisolte. Ieri durante il vertice è stato
ribadito da parte degli azionisti di
Cai che, se per ragioni «indipen-
Vecchi capitoli
L’impegno
di Poste
per l’aumento
La lente della Ue
Rimane il rischio che
l’investimento di Poste
si configuri come
«aiuto di Stato»
Le banche trovano un accordo
per ripartirsi i sacrifici, con la
mediazione di Palazzo Chigi.
Ma occorre coprire anche il
rischio di oneri fiscali e
contenziosi pregressi e la
cassa che Alitalia brucerà nel
2014. Il 25 luglio l’assemblea
dei soci presieduta da Roberto
Colaninno approva il bilancio
con un rosso di 596 milioni e
un aumento di capitale di 250
milioni soto forma di equity
committment. Ma scoppia la
questione delle Poste, cioè la
quota pubblica del 20%, che
in Alitalia hanno già bruciato
75 milioni
denti e non ascrivibili ai soci» la
soluzione della midcompany non
fosse praticabile, a Poste non resterebbe che impegnare i soldi
nella cosidetta oldcompany, la
vecchia Alitalia. Un’eventualità
che Caio ha già escluso, sebbene
risolutiva poiché individuerebbe
immediatamente le risorse per
portare l’aumento di capitale
complessivo a quota 300 milioni.
In caso contrario ai 224 milioni già
sul piatto andranno aggiunti altri
76 milioni, a meno che Etihad non
consideri l’esborso fatto in questo
modo, comunque soddisfacente.
Non so quanti risparmi porterà il
ddl delega di riforma della P.a. e
sono contenta di non saperlo.
Le prossime ore sono, insomma, cruciali per capire se uno sforzo ulteriore dei soci e un prestito
ponte di alcune decine di milioni
di euro potranno traghettare Alitalia nella braccia di Etihad. Oggi
Del Torchio risponderà alla lettera
di Hogan formulando indicazioni
il più possibile esaustive su temi
come liquidità necessaria al closing, pace sociale con i sindacati,
ruolo della midcompany, contenziosi con Carlo Toto e eventuali reclami contro aiuti di Stato. Il governo da parte sua prova a presidiare una partita oltre i supplementari. La nota di Palazzo Chigi
ieri suonava un po’ di circostanza:
«Si è trattato di un incontro proficuo, che consentirà in brevissimo
tempo alla compagnia italiana di
formulare una risposta all’ultima
lettera di Etihad, in modo da giungere al più presto ad un esito positivo».
Il negoziato
Spunta la «midco»
per far restare
Caio in partita
Francesco Caio, a capo delle
Poste che devono prepararsi
per la Borsa, non vuole
mettere altri soldi nella CaiAlitalia. E’ pronto a investire
65 milioni ma solo in una
midco intermedia. In pratica
aprirà il portafogli solo alle
stesse condizioni a cui entra
Etihad in una compagnia
ripulita di debiti e pendenze. Il
fronte con gli altri soci rischia
ogni giorno spaccature, fino a
delineare un compromesso.
Da Abu Dhabi arriva una
lettera: resta poco tempo per
risolvere i nodi aperti
Andrea Ducci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
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italia: 51575551575557
Esteri
❜❜
Le critiche israeliane al segretario di Stato americano
sono ingiuriose e assurde Marie Harf, portavoce del dipartimento di Stato
Il conflitto Ancora stragi di civili palestinesi. Sono 200 mila gli sfollati dai quartieri dove infuria la guerra
Gaza, bombe su scuola e mercato
L’Onu: «Un atto vergognoso». Dura condanna anche dall’America
240
mila i palestinesi costretti ad abbandonare le loro case e
che hanno trovato
ospitalità presso le 82
strutture dell’Unrwa,
l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati
4
mila le abitazioni palestinesi distrutte o
gravemente danneggiate dai raid aerei e
dagli attacchi dell’artiglieria israeliana
nelle tre settimane
dall’inizio del conflitto
DAL NOSTRO INVIATO
SHAJIYA — Le case dei vicini sono
state demolite dai bombardamenti,
quella della famiglia Al Ghoula dalle
candele. Da quaranta giorni, da prima
della guerra, il quartiere di Shajiya è
senza l’elettricità, i tre figli studiavano
al buio, aiutati dalla poca luce dei ceri
made in China, costano mezzo shekel
l’uno, 10 centesimi di euro, questo può
permettersi Ibrahim, il padre. Adesso
stanno tutti ammassati nella stessa
classe frequentata dai ragazzi in una
delle scuole dell’Unrwa, l’agenzia delle
Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi,
trasformate in riparo per gli oltre 200
mila sfollati dai quartieri e dai villaggi
dove gli attacchi e i combattimenti sono più intensi. «Nella casa erano rimasti solo lo zio e la zia — spiega Ibrahim
— non volevano spostarsi un’altra volta, erano venuti da noi dopo essere
scappati da Beit Hanoun, a nord». I loro
corpi sono stati ritrovati carbonizzati,
quando Ibrahim e il fratello sono tornati a verificare le condizioni dell’edificio, nelle poche ore di tregua umanitaria sabato scorso: le candele rimaste accese la sera hanno infiammato le tende,
le bombole a gas sono esplose.
I ventitré giorni di conflitto hanno
ristretto ancora di più quel corridoio di
sabbia tra Israele, l’Egitto e il mare che è
Gaza. Il 44 per cento della Striscia —
calcolano le Nazioni Unite — è diventato zona di guerra o dichiarato inaccessibile dall’esercito. Il resto (una fascia
che va da est verso ovest, dal centro
della città di Gaza verso il Mediterraneo) può trasformarsi in prima linea da
un’ora all’altra. All’alba di ieri due proiettili di mortaio sono piombati in uno
degli istituti Onu diventati accampamenti. I colpi sono caduti all’esterno
del muro perimetrale e dentro al cortile. Fuori i muli che hanno trainato qui a
Jabaliya i carretti delle famiglie in fuga
giacciono distesi sul fianco, uccisi dalle
schegge delle bombe. Dentro i bambini
La storia
Neonata uccisa
dal blackout
GAZA — La madre, Shaima, una
giovane palestinese di 23 anni,
era morta sotto le bombe. Ma lei,
protetta dal suo grembo, ce
l’aveva fatta: i medici, pur in
condizioni difficili, erano riusciti
a portarla alla luce e a salvarla. In
mezzo a tanta disperazione, la
sua nascita era apparsa come un
invito alla speranza. Invece, non
c’è spazio per la speranza a Gaza.
La piccola,messa subito in
incubatrice, è morta ieri a
seguito di una interruzione
dell’erogazione della corrente
che ha causato lo spegnimento
dell’apparecchiatura.
sono stati massacrati mentre dormivano vicino ai genitori sul pavimento di
una classe: i morti sono almeno sedici.
I portavoce dell’esercito israeliano dicono solo che i soldati hanno risposto
al fuoco dei miliziani nascosti in quell’area.
Giovedì scorso un’altra scuola era
stata colpita dai mortai, 15 persone ammazzate. Tsahal aveva ammesso di aver
sparato verso il centro Onu e sostenuto
che il cortile fosse vuoto in quel momento. L’attacco di ieri è stato condannato dalla Casa Bianca, senza menzionare Israele. Ban Ki-moon, segretario
generale delle Nazioni Unite, considera
«vergognoso uccidere dei bambini nel
sonno» e aggiunge che le prime informazioni raccolte indicano che i colpi
sarebbero stati sparati dagli israeliani.
Al tramonto anche il mercato di
Shijaiya è stato risucchiato dentro la
guerra. I palestinesi stavano approfittando di una tregua umanitaria —
quattro ore, dalle 15 alle 19 locali — an-
nunciata dall’esercito e respinta da Hamas, che ha continuato a tirare razzi
verso le città dall’altra parte. Poco prima che la calma apparente finisse, i
proiettili (ancora di mortaio sembrerebbe) sono piovuti tra la gente uscita a
far la spesa: i banchi del mercato vengono usati come barelle per trasportare
i feriti, i morti sono 17, tra loro un giornalista palestinese. Ieri le vittime a Gaza sono state più di 100, oltre 1.330 dall’inizio del conflitto, per la maggior
parte civili.
Tre soldati israeliani sono rimasti
uccisi durante i combattimenti nella
zona di Khan Yunis. L’edificio dove sono entrati per cercare una delle gallerie
scavate dai miliziani era stata preparata
come una trappola esplosiva. L’esercito
dice che si trattava di un ambulatorio
dell’Unrwa. I caduti dell’offensiva sono
56. Il consiglio di sicurezza del governo
di Benjamin Netanyahu ha deciso di
continuare l’operazione fino a quando
gli obiettivi (per ora quello dichiarato è
distruggere i tunnel) non saranno raggiunti. I consiglieri del premier sono
arrivati al Cairo per discutere con i negoziatori egiziani di un possibile cessate il fuoco.
Davide Frattini
@dafrattini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1,7
milioni gli abitanti di
Gaza privati di corrente elettrica dopo il
bombardamento
dell’unica centrale
elettrica della Striscia. La riparazione
richiederà mesi
194
mila i minori che
hanno assistito alla
morte, al ferimento
o allo sfollamento
di familiari e che
ora hanno bisogno
di supporto psicologico specialistico
130
scuole sono andate
distrutte o sono state
danneggiate durante
i 23 giorni dell’offensiva israeliana. Hanno subito seri danni
anche 22 strutture
sanitarie
100
mila i minori sfollati
dall’inizio di «Protective
Edge». I bambini stanno pagando un prezzo
altissimo al conflitto:
ogni ora ne muore uno,
secondo la denuncia di
Save the Children
Smarrito
Un bambino
fra le macerie
della scuola
di Jabaliya
L’opinionista
QUELL’ALIBI DEL MIO PAESE
CHE SPARA SENZA PIANGERE
di DON FUTTERMAN
H
o assistito ai primi diciotto giorni di questa
guerra sanguinosa dagli antipodi, in Australia. Dall’altro emisfero. Lontani dai pregiudizi dell’opinione pubblica mondiale e liberi dai vincoli di dover dimostrare a tutti i costi la loro superiorità morale, gli australiani hanno reagito come persone normali, dotate come ognuno di noi di
raziocinio e sentimenti: nessuno deve vivere nel terrore di vedersi rapire e uccidere i propri figli; nessun
civile deve sopportare ogni giorno una pioggia di
razzi; nessun governo può tollerare un simile stato
di cose senza reagire; e ancora, nessun esercito ha il
diritto di massacrare intere famiglie e centinaia di
civili nel tentativo di eliminare i militanti nemici. La
tv australiana ha piazzato i suoi cronisti sia a Gaza
che a Gerusalemme, e con il susseguirsi incessante
di immagini di bambini morti e dilaniati dalle bombe con le loro famiglie decimate, il sentimento popolare ha preso un’altra piega. Il pendolo è passato
dal deciso appoggio a Israele al disgusto davanti alla
carneficina di Gaza.
Proprio mentre il numero delle vittime a Gaza
toccava le trecento unità, un aereo della Malaysia
Airlines, diretto in Australia, è stato abbattuto da un
missile in Ucraina. Per un attimo, tra irrealtà e sconcerto, le due notizie si sono accavallate, ciascuna con
il suo carico di trecento morti. Mentre gli australiani
reagivano con rabbia e sgomento davanti alla morte
assurda dei loro concittadini, Gaza è finita in seconda fila, lontana dalle prime pagine, diventando una
semplice notizia di transizione. Nel frattempo, a Gaza, il numero 300 si perdeva ormai nella lontananza.
Tornato a casa, sono ripiombato in quella strana
combinazione di ansia e calma, tristezza e smarrimento, sirene e funerali.
Una volta, si sparava piangendo, cantava Si Heyman. Oggi uccidiamo e ci giustifichiamo. Ne abbiamo tutti i diritti. Hamas governa Gaza ma dirotta
massicci finanziamenti nella costruzione di tunnel e
nell’acquisto di razzi per cercare di colpire gli israeliani. Israele, di conseguenza, non ha altra scelta che
tentare il tutto e per tutto per annientare i militanti
di Hamas: continuano ad attaccarci, ma Israele si rifiuta di lasciarsi terrorizzare e visto che si tratta di
una guerra a tutto campo, e non di una partita di calcio, a noi non interessano scontri equi né reazioni
misurate. Eppure, non ci vuole certo un esperto militare per sapere che non stiamo facendo tutto quello
che potremmo fare per evitare la strage dei civili a
Gaza. In questo frangente, Israele opera in virtù di
un nuova strategia morale, che ci assicura carta
bianca anche in caso di «danni collaterali», consentendoci di sterminare tutti i palestinesi che vengono
a trovarsi sulla linea di fuoco tra noi e i militanti di
Hamas. Abbiamo deciso di infliggere morte e distruzione alla popolazione di Gaza e di addossare la colpa al nemico per la nostra brutalità. E siccome
un’elevata percentuale della popolazione di Gaza è
composta da minori, questo significa che lo stato
ebraico sta massacrando un gran numero di bambini. È un calcolo tremendo, un calcolo scandaloso e
mortale, e noi non usciremo da questa guerra con la
coscienza pulita.
Per molti israeliani, le cataste di morti palestinesi
non presentano alcun problema, oltre a una gestione di immagine: Hamas ci costringe a massacrare i
civili, compresi i bambini, perché se ne serve come
scudi umani, alzando di volta in volta la posta per attentare alla reputazione di Israele, sfidandoci a colpire i loro arsenali militari, interrati sotto scuole e
ospedali. Per quanto preferirebbero evitare l’ucci-
Il Foglio
Veglia
per Israele
Una veglia per Israele e i
cristiani perseguitati nel
mondo. Ieri sera davanti
alla redazione del
«Foglio» a Roma, con
l’ambasciatore di Israele
Gideon, il ministro
Lupi, il presidente della
comunità ebraica di
Roma Pacifici e il
rabbino Di Segni.
sione dei civili, i nostri soldati siamo noi — i nostri
parenti e i nostri amici — e pertanto il primo dovere
dell’esercito israeliano è quello di fare tutto il possibile per minimizzare le nostre perdite. Eppure, la
maggior parte degli ebrei israeliani che io conosco
trova molto difficile accettare questa realtà, e sporadicamente si riaccendono i sentimenti di empatia
per i morti senza volto e senza nome dal lato nemico,
anche se non abbastanza da reclamare la fine delle
ostilità per motivi puramente morali.
Il fatto è che non sappiamo se esiste un altro modo per proseguire la lotta contro Hamas, pur ammettendo l’atrocità di queste morti. Non penso che
saremo mai in grado di confessare il nostro vero calcolo morale. Certo non lo faremo adesso, mentre
corriamo nei rifugi per scampare ai razzi, mentre
contiamo i nostri caduti, mentre chiunque si azzardi
a esprimere sostegno ai palestinesi viene aggredito
dai politici e dai social media. In guerra, il nazionalismo detta legge. Ma quando sarà tutto finito, ricorderemo l’attimo prima della conflagrazione: l’impotenza del presidente palestinese Abu Mazen; la strumentalizzazione da parte del governo israeliano del
rapimento e uccisione dei tre ragazzi ebrei come
pretesto per attaccare Hamas in Cisgiordania; l’impassibilità del nostro premier mentre gli ebrei davano la caccia agli arabi a Gerusalemme, che protestavano per la vendetta compiuta ai danni di un ragazzo
palestinese innocente, rapito e trucidato anche lui.
Hamas non ha nulla da offrire al popolo palestinese, tranne la sua strategia fallimentare di resistenza
violenta. L’orgoglio di cui si fregia nella sfida lanciata
a Israele è la gloria dei perdenti, tesa solo a edificare il
mito disperato di una lotta a oltranza. Se i palestinesi
vorranno restituire a Gaza un barlume di speranza,
dovranno deporre Hamas. Ma se noi pretendiamo
qualcosa di meglio della situazione di stallo prolungato anteriore al conflitto, anche noi avremo bisogno
di leader capaci di una visione diversa.
*Opinionista e direttore del Moriah Fund,
fondazione per la democrazia e la società civile.
(Traduzione di Rita Baldassarre)
© Haaretz
14 Esteri
Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
#
Battuta infelice Il vice primo ministro di Ankara invita le connazionali a non ridere in pubblico per «non perdere la dignità»
Risate
Alcune immagini
tratte dai social
network turchi
con la campagna
contro la frase
del vicepremier
Bülent Arinç.
«Una donna non
ride in pubblico»,
aveva detto
lunedì il politico
dell’Akp, il partito
islamico al
potere da oltre
un decennio.
Anche se l’Islam
non vieta il ridere
e l’umorismo, in
vista delle
presidenziali
l’Akp ha
promesso di
lottare contro il
«degrado
morale» del
Paese nel
rispetto della
tradizione.
Centinaia di
migliaia di donne
si sono ribellate
fotografandosi
con grandi sorrisi
«Vietato ridere»
La gaffe turca
indigna le donne
Campagna web
«Un risata vi seppellirà», dicevano gli anarchici nel
‘800 e poi nel maggio francese. E ora, decenni dopo in
Turchia, sono centinaia di migliaia le risate che vorrebbero seppellire il vicepremier Bülent Arinç, autore
di un’apparente gaffe che in realtà tale non è. «Per non
essere peccaminosa una donna deve proteggere la sua
castità: quando la guardiamo abbasserà gli occhi arrossendo timidamente e non sarà seducente, e non riderà in pubblico», aveva detto lunedì in un comizio il
braccio destro del premier Recep Tayyip Erdogan, come lui del partito islamico Akp. Nell’imminenza delle
presidenziali del 10 agosto, che Erdogan si prepara a
vincere così come aveva vinto le amministrative in
marzo, l’affermazione di Arinç era ovviamente diretta
al suo elettorato, contrario come lui al «collasso morale» del Paese e soddisfatto dai successi economici
dell’ultimo decennio con l’Akp al potere . Ma altret-
tanto ovviamente non è stata gradita dalla Turchia
laica e femminista, non maggioranza ma importante.
E agguerrita.
Centinaia di migliaia di donne si sono così fotografate con enormi sorrisi. Da sole, in coppia o in gruppo,
più di 300 mila — e il numero continua a crescere —
hanno postato le immagini su Twitter con hashtag
contenti la parola kahkaha, che in turco vuol dire risata. Lo stesso sui vari social network, mentre altre
hanno diffuso i loro video ridenti, con la sfida aggiuntiva del sonoro, su YouTube.
«Sono libera e decido io se ridere o no», ha scritto
su Instagram la 23enne Hazal Naz Beselyici, con foto a
32 denti. «Il mio corpo, la mia decisione» (versione
turca dello storico slogan femminista italiano «il corpo è mio e lo gestisco io») ha accompagnato altre immagini. La stessa frase era stata usata contro Erdogan
due anni fa, quando il premier aveva definito l’aborto
un «omicidio». E in altre occasioni in cui il premier
non aveva certo nascosto la sua visione sulla donna in
Turchia. Nel 2010, ad esempio, dichiarò che «donna e
uomo non sono uguali e i loro ruoli sono complementari».
Accanto all’ondata di donne sorridenti, ridenti,
perfino sghignazzanti, nelle ultime ore pure alcuni
uomini sono scesi in campo. «Oh Dio, spero sia uno
scherzo — ha scritto su Twitter un famoso presentatore televisivo, Fatih Portakal —. Se le donne non possono ridere in pubblico, allora a noi uomini è proibito
piangere». Parole non scelte a caso: proprio il vicepremier Bülent Arinç è noto per versare lacrime di commozione durante i discorsi del suo capo Erdogan.
Cecilia Zecchinelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il caso Gli estremisti islamici le considerano «spendibili»
Nigeria, anche le kamikaze
per le stragi di Boko Haram
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MILANO
Le ritengono «esseri inferiori», ma non hanno problemi ha legar loro delle
cinture esplosive in vita e a
usarle come kamikaze. I
miliziani del gruppo radicale islamista Boko Haram,
nell’ultima settimana, hanno mandato al martirio
quattro donne, l’ultima, ieri, nella città di Kano, la più
grande del nord del Paese.
Entrata all’interno del
campus universitario di
questa città oramai da anni
nel mirino dei terroristi
islamici, la ragazza si è fatta
esplodere in mezzo agli studenti che controllavano la
lista degli ammessi alla facoltà e che, proprio ieri,
avevano ripreso i corsi dopo la pausa per la festività
del Ramadan. Secondo le
autorità nigeriane le vittime sarebbero almeno 6.
Nei giorni scorsi un’altra
donna si era fatta esplodere
vicino a un distributore di
benzina, uccidendo 3 persone, e un’altra ancora lo ha
fatto in un supermercato,
non riuscendo però a fare
vittime.
Donne kamikaze, ma non
solo. L’altro ieri (ma la notizia è stata diffusa solamente
ieri) le forze dell’ordine nigeriane hanno arrestato
una bambina di dieci anni
nello Stato di Katsina: sotto
il vestito nascondeva una
cintura imbottita di esplosivo. Con lei sono stati arres ta t i a n c h e u n u o m o e
un’altra ragazza di 18 anni.
In seguito a questo arresto il quotidiano locale
Punch ha lanciato l’allarme
sulla possibile sorte toccata
alle oltre 200 ragazze rapite
il 14 aprile scorso da Boko
Haram.
Nonostante la campagna
mediatica internazionale
per il loro rilascio e gli sfor-
Somalia
Rifiuta il velo
Uccisa
dagli Shabab
MOGADISCIO — Uccisa
perché non portava il
velo. Vittima una
giovane donna.
Assassinata da
integralisti islamici in un
villaggio della Somalia
meridionale, Hosingow.
La donna era una
nomade e viveva in una
tenda. Alcuni miliziani
Shebaab le avevano
intimato di coprirsi il
capo. Quando sono
tornati e l’hanno trovata
ancora senza velo le
hanno sparato due volte,
uccidendola. A
denunciare il brutale
assassinio, sono stati i
parenti della vittima. In
seguito un portavoce
degli Shabab ha negato
ogni responsabilità,
sostenendo che la zona
non è sotto il controllo
delle milizie islamiche.
Secondo un analista
citato dalla Bbc potrebbe
essersi trattato di
«elementi isolati».
zi profusi, a detta del governo di Abuja, nelle ricerche,
le notizie scarseggiano, alimentando i sospetti sul
possibile utilizzo delle giovani in attacchi terroristici.
«Sembra che alcune donne rapite anni fa, e sottoposte a indottrinamento e a un
vero e proprio lavaggio del
cervello, siano ora usate dai
terroristi come kamikaze.
Cento giorni o poco più (il
tempo passato dal rapimento delle giovani di Chibok) sono un tempo sufficiente per indottrinare delle
r a g a z z e » h a a f fe r m a to
Le studentesse
C’è il timore che anche
le studentesse rapite
possano essere
utilizzate a questo scopo
Bukky Shonibare, uno degli
organizzatori della campagna #BringBackOurGirls, al
quotidiano Punch.
Dall’inizio dell’anno sono
più di 2000 le vittime civili
uccise in Nigeria, un numero che rende il primo semestre del 2014 uno dei periodi più sanguinosi dall’inizio
dell’attività terroristica di
Boko Haram. Gli attacchi si
sono concentrati nel nordest del Paese, roccaforte del
gruppo islamista, ma ondate di violenza sono giunte, a
partire da aprile, fino alla
capitale Abuja.
Tomaso Clavarino
Baklavarhino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Esteri 15
italia: 51575551575557
#
La crisi La guerra con i «fondi avvoltoi» può impedire al Paese di pagare gli interessi in scadenza
L’Argentina a un passo dal default
La bocciatura di Standard&Poor’s
Nessuna intesa con gli hedge fund americani, corsa contro il tempo
Presidenta
Cristina Kirchner, 61 anni, è
presidente
dell’Argentina
dal dicembre
del 2007,
quando ha
preso il posto
del marito Nestor Kirchner.
E’ stata rieletta per un secondo mandato nel 2011
DALLA NOSTRA INVIATA
Il caso
Default, quando
uno Stato collassa
Il termine default
descrive l’incapacità
tecnica di un soggetto
(un’azienda o uno Stato)
di onorare le clausole
contrattuali del suo
finanziamento, cioè
l’impossibilità di
rimborsare chi ha
sottoscritto obbligazioni.
In altre parole, il
fallimento. Il Paese
coinvolto in un default
sovrano esce dal
mercato dei titoli di
Stato. E si aprono
procedure sottoposte al
controllo del Fondo
monetario mondiale
2001: l’Argentina
va in fallimento
2001, l’anno della
gravissima crisi
economica argentina.
Lo Stato dichiarò il
default. La gente
cominciò a ritirare
grosse somme di
denaro dai propri conti
correnti bancari,
convertendo pesos in
dollari e trasferendoli
all’estero. Il governo
congelò tutti i conti
bancari per dodici mesi,
permettendo solo
prelievi per piccole cifre.
Grandi proteste e
manifestazioni di
piazza
NEW YORK — Le speranze
suscitate ieri mattina dall’arrivo a New York del ministro delle Finanze argentine, Axel Kicillof, per incontrare per la prima volta gli hedge fund ribelli,
con le ore si sono via via affievolite. L’accordo per trovare un
accordo in extremis per evitare
il secondo default argentino in
quasi 13 anni, ha dichiarato poi
Kicillof in una conferenza
stampa dopo la mezzanotte italiana, «non può essere firmato,
perché sotto estorsione». «Abbiamo offerto loro gli stessi termini del precedente concambio sul debito ma non hanno
accettato, vogliono di più e vogliono ora», ha aggiunto il ministro che oggi tornerà a Buenos Aires. «Questo però non è
un default perché default è non
pagare», ha detto Axel Kicillof,
riferendosi ai fondi già depositati presso le banche, ma bloccati, per onorare il pagamento
degli interessi per 539 milioni
di dollari ai titolari di bond che
hanno accettato il concambio,
in scadenza alle nostre 6 di stamane.
Anticipando il fallimento
delle trattative, durate 12 ore
nell’ufficio di Daniel Pollack, il
mediatore nominato dalla corte distrettuale di Manhattan,
poco prima l’agenzia Standard&Poor’s aveva abbassato il
rating argentino per «default
selettivo», vista l’impossibilità
appunto di pagare quei 539 milioni di dollari. Un brutto segnale, dopo che la giornata sui
mercati era stata invece positiva, in attesa di un accordo. I titoli di Stato argentini con scadenza 2033 erano saliti al massimo degli ultimi 3 anni e mez-
zo, mentre il rendimento era
sceso all’8,86%, minimo dal
novembre 2010. Anche il costo
del Cds a 5 anni, un’assicurazione contro il rischio default,
era calato di quasi 400 punti
base dalla chiusura di martedì
(1.505 punti), secondo Markit.
La partita giocata sul filo del
rasoio — e che vede la sconfitta
di Buenos Aires anche se Kicillof ha dichiarato di essere ancora «pronto a dialogare» — ha
visto la seconda economia sudamericana opposta a un gruppo di hedge fund guidati da
Nml Capital, controllata di Elliott Management di Paul Singer. Negli anni passati questi
hedge fund hanno comprato
per pochi soldi i bond di quanti, circa il 7% dei detentori, non
hanno aderito alla ristrutturazione dopo il default da 100
miliardi nel 2001, e sono restati
perciò fuori dallo scambio con
nuovi titoli scontati nel 2005 e
nel 2010. Da qui l’appellativo di
«fondi avvoltoi». Nml e gli altri
fondi hanno poi fatto causa all’Argentina per ottenere il rimborso integrale del valore facciale di quei bond, circa 1,33
miliardi di dollari, che sale a
1,5 miliardi con gli interessi. Il
giudice Thomas Griesa della
Corte distrettuale di Manhattan ha dato ragione agli hedge
fund, e vietato a Buenos Aires
di pagare gli interessi dovuti il
30 giugno sui bond ristrutturati, se non avesse contemporaneamente rimborsato integralmente i fondi avvoltoi. E così
scattato il «periodo di grazia»
di 30 giorni, entro cui pagare le
cedole prima del default ufficiale.
Contro le pretese dei fondi il
governo argentino si è battuto
Il Paese
Pil
(miliardi dollari Usa)
500
494
Consumi privati
(variazione in %)
4,0
491,1
488,5
481,3
488
482
50
3,6
45,1
3,5
2,8
3,0
476
40,5
2,7
2012
2013
2014
Disoccupazione
(in %)
7,2
7,3
7,3
2012
2013
40
30
25
2012
35,5
La moneta argentina
Pesos per $
Pesos per $ al mercato
nero (non ufficiale)
0
2012
539
2013
2014
2014
4
25,1
6
22,9
22
10
5
2013
8
20
6
43,2
2014
Inflazione (in %)
Ufficiale
Non ufficiale
7
42,6
40
2,5
470
8
Debito
pubblico (% Pil)
12
10,8
2012
10
14
2013
2014
milioni di dollari di interessi da pagare ai detentori
di circa 13 miliardi di bond in scadenza al 2033
2013
2014
602
strenuamente: prima ha respinto la sentenza, confermata
però anche dalla Corte Suprema Usa, poi ha chiesto tempo
supplementare (negato) per
trovare un accordo. Buenos Aires ha già depositato presso la
Bank of New York Mellon i 539
milioni di dollari di interessi in
scadenza, nella speranza di
un’intesa in extremis. La soluzione a cui i legali delle parti
hanno lavorato freneticamente
nelle ultime ore prevedeva l’intervento di un consorzio di
banche argentine, pronte a
comprare l’intera quota dei
bond in mano agli hedge fund
ribelli, ai quali verrebbe però
chiesto uno sconto. In cambio
all’Argentina sarebbe stato garantito dalla Corte il via libera
al pagamento delle cedole.
Ma quali sarebbero le conseguenze di un default? Gli hedge
fund resterebbero a mani vuote, ma più serie sarebbero le
conseguenze per l’Argentina.
Rispetto al 2001, il Paese guidato da Cristina Kirchner è in
una situazione meno drammatica, ma il nuovo default aggraverebbe la recessione in corso,
farebbe salire ulteriormente
l’inflazione, oggi intorno al
22%, e metterebbe sotto pressione le riserve in valuta estera,
già molto basse, indebolendo il
peso argentino. Un nuovo default, inoltre, allontanerebbe
ancora di più un possibile ritorno sul mercato del governo
di Buenos Aires, che dal 2001
non riesce a collocare bond a
investitori stranieri, mentre
per le società e le istituzioni argentine il costo per finanziarsi
penalizzerebbe i progetti di investimento e crescita. E’ invece
meno chiaro che cosa accadrebbe ai risparmiatori reduci
dal default del 2001 che oggi
hanno in mano i bond ristrutturati, per un controvalore di
circa 30 miliardi. Secondo gli
analisti, però, è difficile che la
maggioranza dei detentori
chieda un’accelerazione delle
scadenze e un rimborso anticipato.
Giuliana Ferraino
@16febbraio
Spread
CORRIERE DELLA SERA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I giudici statunitensi
contro Buenos Aires
Un gruppo di hedge
fund, che aveva rilevato
per pochi soldi i bond di
chi non aveva aderito
alla ristrutturazione
dopo il default del 2001
(circa il 7% del totale),
ha fatto causa
all’Argentina per
ottenerne il rimborso
integrale del valore
facciale. Buenos Aires
ha respinto la richiesta
ma i giudici Usa hanno
dato ragione ai fondi e
fissato alle 6 di
stamane il termine
entro cui trovare un
accordo
Un debito stimato
in 29 miliardi di dollari
I rischi di un fallimento
dell’Argentina potrebbe
dare vita a un assalto
da parte dei creditori
dello Stato
sudamericano. Il dazio
da pagare per Buenos
Aires è stimato in 29
miliardi di dollari, pari al
totale delle obbligazioni
che ha emesso in
valuta internazionale e
in grado di svuotare le
casse del Paese. Più
avanti c’è lo spettro di
una riedizione della
grave crisi economica
che investì il Paese 13
anni fa
Ripresa Traino dei consumi interni e delle esportazioni. Ricostituzione delle scorte di magazzino. La Fed: costo del denaro stabile
Il balzo avanti (a sorpresa) della crescita Usa
Scatto del Pil del 4 per cento, oltre le previsioni
L’occupazione è in aumento: più 200 mila posti
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — Economia Usa in
netta ripresa: non solo l’occupazione ha ripreso a crescere in misura
consistente da diverso tempo (cinque mesi consecutivi con più di
200 mila nuovi posti di lavoro creati e luglio che probabilmente confermerà il trend coi dati che verranno resi noti domani), ma adesso
arrivano buone notizie anche dal
Pil. Dopo l’improvvisa flessione del
periodo gennaio-marzo, nel secondo trimestre il reddito nazionale è tornato a crescere in misura
consistente: 4 per cento, assai più
del 3 previsto dagli economisti. I
dati diffusi ieri dal governo hanno
fugato i timori di chi temeva che
quel calo non fosse solo figlio delle
16 nevicate che hanno flagellato
l’East Coast bloccando a lungo aeroporti e costruzioni. I pessimisti
pesavano che dietro potesse esserci
anche qualcosa di più profondo,
visto che stava calando anche
l’export.
I numeri di ieri fugano gran parte delle nubi. Segnalano una forte
ripresa dei consumi interni e anche
delle esportazioni. C’è, poi, un forte
contributo dato dalla ricostituzione delle scorte di magazzino alla
crescita del reddito nazionale. Un
certo impatto espansivo lo ha avuto
anche la spesa pubblica che ha dato
un peso superiore a quello dei trimestri precedenti. Ma qui, comunque, non si è andati oltre l’1,7 per
cento. Un quadro positivo, ma che,
come spesso accade quando migliora il quadro produttivo, ha finito per preoccupare i mercati finanziari: Wall Street teme che la normalizzazione dell’ economia possa
spingere le autorità monetarie Usa
a dichiarare conclusa la fase di
emergenza che dura dall’autunno
del 2008 e ad aumentare prima del
previsto il costo del denaro, praticamente ridotto a zero da ormai
quasi sei anni. Ma i timori espressi
da alcuni analisti per una ripresa
dei tassi d’interesse che potrebbe
manifestarsi già dalla fine del 2014,
anziché a metà del 2015 come più
volte indicato dalla stessa Banca
centrale americana, si sono diradati ieri sera dopo che il «direttorio»
della Federal Reserve ha fissato i
suoi interventi estivi: l’acquisto
mensile di titoli sul mercato è stato
ulteriormente ridotto di 10 miliardi
di dollari (ora ne restano 25, rispetto agli 85 originali) e questa forma
di sostegno alla liquidità verrà azzerata entro ottobre.
Ma la Fed ha poi confermato che
sull’aumento del costo del denaro
si muoverà coi piedi di piombo,
nonostante il miglioramento della
congiuntura: certo la disoccupa-
zione è calata, scendendo fino al
6,1 per cento, l’1,4 per cento in meno rispetto a un anno fa. Ma, nonostante un progresso così significativo, che nessun altro Paese occidentale può vantare, la Fed ha sentenziato che non è tempo di facili
ottimismi e ha usato per la prima
volta un linguaggio alquanto enfatico per denunciare che il sistema
economico americano rimane caratterizzato da «una significativa
sottoutilizzazione delle risorse lavorative».
Segno evidente che, al momento, i governatori della Banca centrale non hanno intenzione di anticipare la normalizzazione dei tassi
(con l’unica eccezione del presidente della Federal Reserve di Philadelphia, Charles Plosser, che, infatti, ha votato contro la scelta fatta
dai suoi colleghi in materia di costo
Crescita Cina
Gli indici
2014
+4%
4,00
Prodotto
interno
lordo
Stati Uniti
RICHIESTE
DI MUTUI
3,25
2,50
+2,5%
meno
2,2%
+2,6%
+2,1%
1,75
Pil al mese
di giugno
+7,5%
Produzione
industriale
(giugno)
+9,2%
Inflazione
2,24%
1,00
Giugno
Dicembre
2013
Marzo
Giugno
2014
del denaro). Plosser teme una ripresa delle tensioni inflazionistiche, ma il presidente della Fed, Janet Yellen, è molto più sensibile alle sofferenze dell’economia reale e
ai problemi di tenuta del tessuto
sociale. L’economista succeduta
nel gennaio scorso a Ben Bernanke
tiene, ovviamente, conto anche
della dinamica dei prezzi, ma per
adesso non si sono registrate tensioni su questo fronte. Anzi, fino a
un mese fa prevalevano i timori di
deflazione.
D’ora in poi, comunque, la questione del costo del denaro sarà
permanentemente sotto i riflettori:
con la stabilizzazione dell’economia e il consolidamento della ripresa, diventerà sempre più difficile giustificare il mantenimento di
un quadro emergenziale, almeno
in materia di costo del denaro. La
spiegazione vera è che, col Congresso paralizzato dai contrasti tra
repubblicani e democratici e Obama con le mani legate, la politica
monetaria rimane l’unica leva economica significativa che può essere usata a Washington. Il presidente continua a essere incalzato dai
repubblicani e se le voci di un tentativo di impeachment sulle politiche per l’immigrazione si riveleranno probabilmente infondate, la
destra ha cercato di mettere ieri sera in votazione un atto che accusa
Obama di aver abusato dei suoi poteri nell’attuazione della riforma
sanitaria.
Massimo Gaggi
D’ARCO
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Cronache 17
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Cronache
Microfoni Alma Shalabayeva in conferenza stampa
accanto alla figlia Madina
La sentenza Il ministero: siamo stati noi a revocare il decreto
Rischio estradizione
«Shalabayeva espulsa
con un atto illegittimo
Il Viminale risarcisca»
L’anti Putin
arrestato
a Venezia
La Cassazione: ci fu una fretta anomala
ROMA — L’espulsione di Alma Shalabayeva è stata determinata da una catena di errori e
violazioni che la rendono illegittima. Per questo la donna
rimpatriata in Kazakistan insieme alla figlia Alua di 6 anni negandole la possibilità di richiedere asilo, ha diritto ad essere
risarcita dal ministero dell’Interno. Un anno dopo la vicenda
che espose l’Italia ai
riflettori internazionali costringendo il
titolare del Viminale
Angelino Alfano e
l’intero governo a
fare marcia indietro,
la Corte di cassazione accoglie il ricorso
della donna contro
il provvedimento
convalidato il 31
maggio 2013 dal giudice di pace
di Roma. E sottolinea le «anomalie» compiute sin dal momento dell’irruzione nella villetta di Casalpalocco avvenuta il
28 maggio per arrestare il marito Mukhtar Ablyazov, dissidente kazako poi finito in carcere in
La vicenda
L’azione
Il 28-29 maggio 2013 la
Squadra mobile di Roma
preleva Alma Shalabayeva e
la figlia Alua, 6 (insieme nella
foto sotto con il marito e padre
Mukhtar Ablyazov). Il 31
maggio saranno espulse
perché Alma avrebbe avuto
un passaporto falso
La revoca
Il 12 luglio l’espulsione viene
revocata. Il 27 dicembre Alma
e la figlia tornano a Roma
Francia e tuttora detenuto.
Scrivono i supremi giudici:
«La contrazione dei tempi del
rimpatrio e lo stato di detenzione e sostanziale isolamento della ricorrente, dall’irruzione alla
partenza, hanno determinato
nella specie un irreparabile vulnus al diritto di richiedere asilo
e di esercitare adeguatamente il
diritto di difesa». E questo nonostante «controllo della sussistenza di due titoli validi di soggiorno intestati ad Alma Shalabayeva sarebbe stata operazione non disagevole, attesa la
conoscenza preventiva dell’identità della ricorrente che ha
costituito una delle ragioni determinanti il sospetto (rivelatosi errato) dell’alterazione del
passaporto diplomatico in
quanto intestato ad Alma Shalabayeva ma ad Alma Ayan».
La sentenza condanna il Viminale a pagare 5.200 euro di
spese e apre la strada a un contenzioso economico ben più
pesante perché evidenzia come
«il trattenimento illegittimo
determina il diritto al risarci-
mento del danno per la materiale privazione della libertà
personale, non giustificata dalla
sussistenza delle condizioni di
legge». Non a caso la difesa del
Viminale punta sul fatto che,
una settimana dopo il rimpatrio
«fu proprio il governo su sollecitazione di Alfano ad annullare
l’espulsione».
I giudici della Cassazione
non prendono in esame quanto
accadde al Viminale nel corso
degli incontri tra le autorità italiane e i diplomatici kazaki che
sollecitavano la cattura di Ablyazov. Ma stigmatizzano quanto accadde dopo quelle trattative. E infatti scrivono: «Le modalità fattuali (l’irruzione notturna), la conoscenza
dell’effettiva identità della ricorrente, la validità ed efficacia
anche del passaporto diplomatico centroafricano oltre al possesso di ben due titoli di soggiorno in corso di validità, uniti
all’oggettiva mancanza delle
condizioni temporali e linguistiche per poter chiarire in modo inequivoco l’effettiva condizione di soggiorno in Italia da
parte della ricorrente, inducono
a ritenere del tutto privo delle
condizioni di legittimità il titolo
espulsivo ab origine e, conseguentemente il successivo ordine di accompagnamento coatti-
Le critiche
I giudici hanno criticato
l’intera operazione,
dall’arresto ai controlli
vo e trattenimento presso il Cie,
ancorché di molto breve durata.
Peraltro non può non rilevarsi
l’anomalia e la contraddittorietà tra le indicate ragioni dell’accompagnamento coattivo (ritenute ostative all’alternativa modalità della partenza volontaria)
unite alla necessità del trattenimento e il successivo quasi immediato reperimento del vettore aereo».
Quanto basta perché il Movimento 5 Stelle e Sel tornino a
sollecitare le dimissioni di Alfano, aprendo di nuovo la polemica politica che aveva segnato
la scorsa estate e costretto lo
stesso ministro a difendersi in
Parlamento.
Fiorenza Sarzanini
[email protected]
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È finito in manette a
Venezia. Oleg Vorotnikov,
leader del movimento
artistico di strada
«Voina», noto per le sue
posizioni anti Putin, era
sulla lista dei ricercati
dell’Interpol dal 2011. La
notizia dell’arresto è
stata diffusa da fonti
russe aggiungendo che
una decisione sulla sua
estradizione in quel
Paese è imminente. In
Russia Vorotnikov è
accusato di vandalismo,
oltraggio all’autorità e di
aver aggredito un agente.
La polizia di Venezia ha
confermato il suo fermo.
Da una costola di
«Voina», formato da oltre
60 «artisti», nacquero nel
2011, le Pussy Riot. Non
è comunque la prima
volta che Oleg
Vorotnikov finisce nei
guai. Intanto i «Voina»
hanno lanciato su
Change.org una
petizione per la sua
liberazione: secondo i
sostenitori di tale
iniziativa Oleg non
affronterà nessun
«giusto processo» se
verrà rimpatriato in
Russia.
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Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Cronache 19
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L’epidemia Medici senza frontiere: diffusione fuori controllo e gli Stati Uniti alzano il livello di allerta
Il virus
La scoperta
Il virus Ebola prende
il nome dalla valle
nella Repubblica
Democratica del
Congo, dove nel
1976 scoppiò la
prima epidemia in un
ospedale missionario
Vittima Uomini della task force sanitaria in Liberia portano via il corpo di una donna morta di Ebola per bruciarlo (Ahmed Jallanzo/Ansa)
Ebola spaventa Europa e Usa
Londra: è una minaccia
L’Istituto superiore di sanità rassicura: nessun rischio
L’Europa rassicura e stanzia
fondi. L’Istituto superiore di Sanità esclude gli scenari più gravi. Ma Obama si dice preoccupato. Gli Usa alzano il livello d’allerta. E Londra lancia l’allarme.
In tutto questo l’epidemia in
Africa occidentale si aggrava e
rischia di estendersi ad altri Paesi. Liberia e Sierra Leone chiudono uffici, scuole e luoghi di
aggregazione.
Ebola ora fa paura anche lontano dai focolai. «Il virus è una
minaccia per il Regno Unito», ha
detto alla Bbc il ministro britan-
nico degli Esteri Philip Hammond, annunciando che presto
l’esecutivo di David Cameron
terrà un «Cobra meeting», una
di quelle riunioni convocate per
questioni urgenti, proprio sulla
questione. La Commissione europea stanzia altri due milioni di
euro (portando i fondi a 3,9 milioni) per combattere la malattia
in Africa, ma spiega anche che
sono «bassissimi» i rischi che
l’epidemia arrivi nel Vecchio
Continente. E se anche dovesse
succedere, Bruxelles fa sapere
che l’«Ue è attrezzata per ri-
spondere all’eventualità che il
contagio si estenda». «Non c’è
nessun rischio che qualche persona che abbia contratto il virus
Ebola in Africa arrivi nel nostro
Paese e faccia innescare un focolaio epidemico», ragiona Gianni
Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità. Ma,
certo, «l’epidemia in corso è comunque senza precedenti —
spiega l’esperto all’Agi — sia per
numero di persone colpite che
per estensione, per cui è auspicabile un rapido intervento in-
ternazionale da parte degli operatori per contenere quanto più
possibile la diffusione del virus».
Quanto sta succedendo in
Africa però preoccupa gli Stati
Uniti: il Center for diseases control (Cdc) di Atlanta ha deciso di
alzare la sorveglianza e si prepara a un eventuale arrivo del virus. «La probabilità che la malattia si propaghi al di fuori dell’Africa occidentale è molto bassa — sostiene Stephan Monroe,
responsabile del Cdc —, ma comunque dobbiamo essere pre-
I precedenti
I più gravi sono stati
nel 2000 in Uganda
(425 contagi e 224
morti) e nel 2007, in
Congo e Uganda (413
contagi e 224 morti).
Nel 2014, i contagi
sono già 1.201
Il contagio
Avviene principalmente tramite il
contatto diretto con
sangue infetto, feci
e sudore o rapporti
sessuali con persone infette. Non esiste cura o vaccino
Pavia
parati anche a questa possibilità».
L’Organizzazione mondiale
della sanità ha chiesto la creazione di una task force di oltre
duecento specialisti (medici, virologi, clinici, rianimatori) per
supportare le attività di sanità
pubblica nelle zone interessate.
«Si tratta di un fenomeno senza
precedenti e assolutamente fuori controllo, la situazione non fa
che peggiorare, per cui si sta
nuovamente estendendo, soprattutto in Liberia e Sierra Leone», ha denunciato il direttore
delle operazioni di «Medici senza frontiere», Bart Janssens, in
un’intervista al quotidiano La
Libre Belgique.
Il bilancio globale — da marzo — è di almeno 1.201 casi accertati e 672 decessi da quando,
all’inizio dell’anno, l’epidemia è
scoppiata prima in Guinea, per
estendersi poi in Liberia e Sierra
Leone. Tra le vittime c’è anche
Sheik Umar Khan, 39 anni, il
medio-eroe che combatteva
contro Ebola. Il virus martedì
scorso è stato segnalato anche
in Nigeria dove si è registrato il
primo caso mortale.
Il governo della Sierra Leone
ha chiuso teatri, cinema, bar. In
Liberia i vertici del Paese hanno
disposto la chiusura di tutte le
scuole e — con l’aiuto dell’esercito — la messa in quarantena di
diverse comunità per cercare di
contenere il più possibile l’epidemia. La federazione calcistica
ha sospeso ogni gara. Non solo.
Il governo ha deciso di dare una
licenza di 30 giorni a tutto il personale «non essenziale» dell’amministrazione. Mentre la
compagnia aerea africana Asky
ha sospeso i voli da e per Monrovia e Freetown, capitali di Liberia e Sierra Leone, «a causa
della crescente preoccupazione
per il diffondersi del virus».
Leonard Berberi
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Ciclisti amatori
si dopano:
in due anni
boom del 20%
Non avevano nemmeno
bisogno dei soliti medici
compiacenti. Facevano tutto
da soli i 15 ciclisti amatoriali
che ieri, tra Pavia e Cremona,
sono stati indagati (un
arresto) durante
un’operazione di contrasto al
doping scattata grazie a un
ciclista-carabiniere. Gli
uomini dei Nas (coordinati
dai pm Gustavo Cioppa e
Valentina Grosso) hanno
sequestrato steroidi
anabolizzanti (nandrolone,
testosterone), anfetamine,
anoressizzanti e perfino
farmaci antitumorali. I
medicinali arrivavano dalla
Romania ma la presenza di
ricette mediche fa pensare
anche ad approvvigionamenti
in loco. Tra il 2013 e la prima
metà del 2014 la Procura
antidoping del Coni ha
indagato e sanzionato una
sessantina di ciclisti dai 35 ai
70 anni. Un record: il 20% in
più del biennio precedente,
metà positivi a un controllo,
metà squalificati a seguito di
indagini penali. Il doping nel
ciclismo amatoriale registra
record (di vergogna) mai
raggiunti dai professionisti.
Primati anagrafici: positivi
alla micidiale Epo due
ultrasessantenni in Emilia e
Lombardia. Di quantità: nelle
urine di un solo atleta è stata
trovata tutta la farmacopea
dopante conosciuta: ormoni,
stimolanti, diuretici e steroidi.
Marco Bonarrigo
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
L’intervista
Cronache 21
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Il presentatore tv si è accordato con l’Agenzia delle Entrate che gli contestava la residenza a Montecarlo. «Ricci? Sperava che mi arrestassero»
«Il Fisco mi ha chiesto un favore,
come avrei potuto negarglielo?»
Greggio e i 20 milioni pagati: un tapiro a me? Non lo farei entrare
Piccolo schermo
La carriera tv
L’avventura televisiva di Ezio
Greggio inizia sulle reti Rai per
continuare su quelle Mediaset.
Nel 1978 prende parte a La
sberla su Raiuno. Poi nel 1981 è
tra i protagonisti di Tutto
compreso su Raidue. Ma il vero
debutto è del 1983 con la prima
edizione del Drive in su Canale5.
Il 7 novembre 1988 conduce
con Gianfranco D’Angelo (con
lui nella foto) la prima puntata
della prima edizione di Striscia la
Notizia.
L’accertamento
Greggio aveva subìto l’avvio di
un accertamento fiscale circa un
anno fa, quando nel mirino del
«Guardi ai miei figli c’è poco da dire. Da bambini hanno fatto tutte le
scuole a Monaco. Ora sono cresciuti:
uno studia in una delle più prestigiose
Università di Londra e l’altro ha
un’azienda a Monaco che si occupa di
risparmio energetico».
Cosa le ha insegnato tutta questa
vicenda?
«Che non bisogna mai perdere la
pazienza e la speranza».
Lei che è un comico provi a trovare
l’aspetto umoristico della storia.
«C’è sicuramente. Quando lo trovo
glielo farò sapere».
A settembre tornerà a Striscia?
«All’inizio dell’autunno sarò occupato su un progetto americano, molto
ambizioso. Appena mi sarà possibile,
come ho fatto negli anni scorsi, tornerò dietro al bancone».
Il festival che lei organizza a Montecarlo va sempre a gonfie vele?
«L’ultima edizione di quest’anno è
stata forse la più bella e la più seguita.
Tapiro Ezio Greggio, secondo da sinistra in azzurro, con Maddalena Corvaglia, il Gabibbo, un maxi Tapiro, Enzo Iacchetti ed Elisabetta Canalis
Giuri di essere sincero: se domani
bussasse alla sua porta Valerio Staffelli
con un tapiro d’oro, gli aprirebbe?
«Certo che aprirei. Farei entrare Staffelli, ma il tapiro resterebbe fuori».
Si pensava che Ezio Greggio fosse
attapirato. Una settimana fa, era stato
reso noto che il conduttore più amato
di Striscia la notizia avrebbe pagato all’Agenzia delle Entrate 20 milioni di
euro per mettersi in regola con il Fisco.
Il suo legale, l’avvocato Giulia Bongiorno, aveva però spiegato in una nota scritta che «L’accordo sottoscritto da
Ezio Greggio con l’Agenzia delle Entrate riguarda una Società terza con sede
all’estero» e dunque sarà questa società irlandese — che gestisce i diritti di
immagine di Greggio — a versare «gli
importi concordati, anche se non dovuti, al solo fine di evitare una annosa
disputa».
Greggio cos’è successo?
«Come ha scritto proprio il Corriere
io non devo pagare quella cifra né tantomeno devo mettermi in regola col
Fisco: lo sono sempre stato. Lo ha anche detto recentemente una sentenza a
mio favore».
Il Fisco ha ipotizzato scorrettezze
nei rapporti con la società irlandese,
la «Wolf Pictures Ltd».
«È la società che utilizza i miei dirit-
ti, e che da oltre vent’anni produce e
distribuisce film all’estero. Il problema
è nato sull’interpretazione di norme
sulle ritenute che non dovrebbero essere applicate in Italia».
Il popolo del web è molto duro:
qualcuno non avrà mancato di dirle
«proprio tu Ezio che in 25 anni di
Striscia hai smascherato truffe e inganni, sei finito nei guai». Cosa ha
provato? E cosa ha risposto, o cosa risponderebbe?
«A dire il vero sono molto di più i
messaggi di solidarietà che ho ricevuto. Ho la coscienza a posto».
Ne ha parlato certamente con Antonio Ricci, suo grande amico e compagno di avventure televisive.
«Ne abbiamo parlato quando mesi
fa aveva letto la notizia su un giornale.
L’ho tranquillizzato dicendogli che la
mia residenza a Montecarlo era reale. E
lui: “Peccato, speravo nell’arresto così
potevo rinnovare il cast di Striscia”».
E il signor Enzino?
«So che ha fatto una serie di anatemi malefici con una sua amica fattucchiera su alcuni nomi di brave persone
che ho conosciuto. Di solito funziona».
Ma come ha vissuto tutta questa
storia: con paura, imbarazzo, angoscia, rabbia, noncuranza?
«Purtroppo questi sentimenti e
❜❜
Dolori
Paura e rabbia? Li ho
provati per altro. In
poco più di un mese ho
perso mia madre, mio
cognato e due
carissimi amici
❜❜
Bebé
Le incubatrici donate
dalla mia Associazione
che aiuta i nati
prematuri hanno
salvato la vita a 11 mila
bambini
queste sensazioni li ho provati per altro. In poco più di un mese ho perso
mia madre, mio cognato e due carissimi amici».
Ha mai avuto paura di perdere la
sua immagine di persona perbene e
di dover rinunciare alla conduzione
di Striscia?
«No anche perché sono certo di essere ricordato per le cose buone che ho
fatto sia in tv che al cinema (tra l’altro i
tre film con Mel Brooks). Quasi giornalmente ricevo messaggi di famiglie
italiane che leggendo il mio nome sulle incubatrici che ho donato a circa 70
reparti di ospedali pediatrici italiani,
mi manifestano la loro gratitudine ed
il loro affetto. Le apparecchiature che
la mia Associazione — che aiuta i bimbi nati prematuri — ha donato in vent’anni hanno salvato 11 mila bambini.
Mi hanno telefonato tanti medici, infermieri, famiglie che ho aiutato contribuendo a salvare i loro figli e mi
hanno detto “Lei è una persona per bene. Grazie per quello che fa”».
Ora c’è ancora qualche pendenza
da risolvere in mano alla sua legale,
l’avvocato Giulia Bongiorno?
«Io non ho pendenze, come diceva
un pisano in piedi guardando la torre».
Ai suoi figli cosa ha detto?
Fisco, che già in passato si era
interessato alle modalità di
incasso dei suoi compensi negli
anni dal 2001 al 2009, erano
finiti i 23 milioni di euro con i
quali Mediaset tra il 2009 e il
2013 aveva remunerato il
conduttore, personaggio tv di
tante trasmissioni del Biscione.
La transazione
Venti milioni di euro per
mettersi in regola con il Fisco.
Con un accordo record si chiude
il contenzioso del conduttore.
E’ una delle transazioni più alte
mai pagate da un singolo
contribuente quella che Greggio
ha scelto di sottoscrivere con
l’Agenzia delle Entrate per
sanare un contenzioso
incentrato nelle Procure di
Milano e di Monza sulla realtà o
strumentalità, a fini di indebito
risparmio fiscale, della sua
residenza ufficiale a
Montecarlo.
Abbiamo messo in gara tra loro le
commedie che hanno avuto il maggior
successo nei loro Paesi. Un Galà finale
all’Auditorium col tutto esaurito che
ha visto tra gli italiani presenti fra l’altro Checco Zalone e Siani».
Altri progetti artistici?
«Torno a far l’attore l’anno prossimo in un film drammatico che gireremo con ogni probabilità tra Slovenia
ed Albania. Una storia che mi ha affascinato, mi vedrà tra i coproduttori
con due società straniere».
Senta il Fisco vuole anche vederci
chiaro sulla sua residenza a Monaco
che le ha permesso di vedere tassati i
suoi redditi in misura molto minore
che in Italia.
«Intanto io ho sempre pagato tutte
le imposte fino all’ultimo centesimo in
Italia, lo dice anche la sentenza. Poi, Fisco e Tribunali hanno stabilito che ero
regolarmente residente all’estero. In
Italia al massimo lavoro 4 mesi l’anno.
Non era una residenza fittizia: lì avevo
casa, famiglia, interessi economici. A
un certo punto mi hanno chiesto di pagare come se fossi residente in Italia e
quando il Fisco con la gentilezza e il
tatto che li contraddistingue ti chiede
un favore…come fai a negarglielo?»
Maria Volpe
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La disputa Archiviato il reato di «atti persecutori» per il patron di Esselunga. Incriminato il primogenito Giuseppe per «diffamazione a mezzo stampa»
«Né stalking né molestie», Caprotti vince un nuovo round contro i figli
MILANO — Nove persone interrogate, tabulati telefonici a tappeto, pure una perizia sulla mascella di un
animale spedita per posta, perfino un
mese di intercettazioni telefoniche:
non si è risparmiata la Procura di Milano per sbrogliare l’intreccio di denunce e controdenunce in casa Esselunga, tra i Caprotti figli (Giuseppe e
Violetta) e il fondatore padre (Bernardo). Un dispiego di mezzi che ora sfocia nell’archiviazione del reato di «atti
persecutori» che i figli sostenevano di
subire dal padre, e nell’incriminazione del figlio per diffamazione a mezzo
stampa del padre su due circostanze.
Il contesto è la guerra di carte bollate sul controllo di Esselunga, conclusasi un mese fa in Appello con la
conferma del lodo arbitrale del luglio
2012 che ha riconosciuto al capostipite, e non ai figli Giuseppe e Violetta,
l’esclusiva titolarità delle azioni. In
questa cornice, da fine 2012 Giuseppe
Caprotti (con l’avvocato Claudia
Shammah) denuncia una persecuzione, a suo avviso riconducibile alla
cerchia del padre, fatta di violazioni di
domicilio, molestie telefoniche, pedinamenti, furti e danneggiamenti. Nel
2013 anche la sorella Violetta palesa
paura per la propria incolumità, specie per molestie telefoniche e misteriosi eventi come una intrusione in
casa in Costa Azzurra, nella quale «riconobbi i metodi tipici del capo della
sicurezza di Esselunga, Cutillo».
Costui quattro mesi fa finisce indagato insieme a Bernardo Caprotti, per
le ipotesi di reato di stalking e molestie, dopo che l’8 ottobre 2013 il figlio
Giuseppe aveva denunciato anche un
pedinamento sull’autostrada MilanoGenova: l’indagine del pm Luca Gaglio, infatti, riesce a identificare il
conducente della vettura inseguitrice
in un soggetto (Salvatore Paternostro) che ha un possibile legame con
Sudamerica
Il congresso
dei clown
in Guatemala
Uriel Cifuentes, vestito
come Charlie Chaplin,
ha preso parte alla
parata dei clown,
durante la sesta
edizione del Latin
American Clown
Congress a Città del
Guatemala. Nella
capitale si sono dati
appuntamento clown
provenienti da tutto il
Centro e Nord America
(Ap/Moises Castillo)
un investigatore privato, Federico Borio, che a sua volta per motivi di lavoro ha contatti anche con il capo della
sicurezza di Esselunga. Ma se il pedinamento è provato, la Procura archivia Cutillo e Bernardo Caprotti perché
rileva che non esistono elementi per
sostenere che a idearlo siano stati loro. Al pm sembra peraltro un’iniziativa dell’investigatore privato Borio, il
cui interrogatorio si è concluso bruscamente, segno di un possibile problema di false dichiarazioni al pm: ma
comunque per legge non avrebbe rilevanza penale un singolo pedinamento che si fosse svolto con manovre non pericolose o non molestatrici.
E il resto delle denunce dei figli? Al
vaglio del pm, le telefonate che allarmano Violetta si rivelano chiamate
automatiche di call center di prodotti
disparati, i prospettati spionaggi illeciti rientrano in legittime attività di
monitoraggio informatico dei dipen-
denti, e a Bernardo nulla riconduce la
mascella di animale spedita a Giuseppe o l’incendio di gelsi pregiati. Il padre, anzi, controdenunciando Giuseppe con l’avvocato Ermenegildo
Costabile, ora ottiene che il figlio sia
destinatario di una conclusione d’indagine per averlo diffamato a mezzo
stampa attribuendogli la cacciata da
casa della madre e l’input di perizie
psichiatriche in azienda. Del resto è
stata guerra anche sui media, come lo
stesso Giuseppe spiega al pm il 5 giugno: «I miei collaboratori negoziavano con i giornalisti l’uscita di articoli
sulla vicenda dei contrasti legali, fornendo materiale e gestendo il testo finale degli articoli (...). E quando ci sarà la decisione finale, certo riprenderò i contatti con la stampa per veicolare i messaggi giusti e tutelarmi».
Luigi Ferrarella
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Cronache 23
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Agrigento All’oasi delle «Pergole» divieti e sbarramenti vengono regolarmente violati
I dati del ministero
In spiaggia
Decine di automobili
parcheggiate, in
modo selvaggio, a
pochi centimetri dal
mare, sulla spiaggia
siciliana delle
Pergole a
Realmonte, in
provincia di
Agrigento.
L’immagine risale a
domenica scorsa e
a quanto pare è
un’abitudine diffusa
da anni. «Anche
quest’anno
prospera
indisturbato il
posteggio selvaggio
presso la splendida
spiaggia
realmontina»,
hanno denunciato
gli ambientalisti tra
cui l’associazione
Mareamico di
Agrigento
Con la macchina fino al mare
La spiaggia diventa parcheggio
Gli ambientalisti: «I vigili hanno paura di intervenire»
REALMONTE (Agrigento)
— La consuetudine appare
più che rozza, ma le ruote
debbono sfiorare il bagnasciuga per potere scendere
dalla macchina e tuffarsi nel
mare di Realmonte senza
nemmeno fare un metro.
Senza nemmeno lo spazio per
piantare un ombrellone.
Mangiando poi i panini in
auto, come fosse una cabina
privata su un mare privatissimo. Facendo a gara a chi parcheggia più vicino, sulla sabbia, ignorando qualsiasi rischio.
C’è voluto il drone di una
associazione ambientalista di
Agrigento, MareAmico, per
documentare la follia consumata sull’oasi delle «Pergole»
da una comunità senza regole, da un Comune che non
manda vigili urbani, da una
Sovrintendenza cieca, da un
assessorato regionale al Territorio che si occupa d’altro,
da una Capitaneria di porto
lontana mille miglia nonostante la sede di Porto Empedocle sia a dieci minuti di
motovedetta.
La somma della maleducazione e delle omissioni delle
autorità preposte diventa così una miscela esplosiva per
avvelenare le vacanze in Sicilia e sfregiare gli angoli più
belli di un’isola poco amata
da chi vi abita, lasciata spesso
in balia del parcheggiatore
abusivo pronto ad allineare
utilitarie a riva, come fossero
barche.
Anche qui, a due passi dalla famosa «Scala dei Turchi»
dove si consuma un’altra clamorosa rovina perché l’unica
strada di accesso alla attigua
spiaggia di Punta Grande, anziché essere sbarrata al traffico, è diventata il corridoio
d’accesso a un parcheggio a
pagamento a ridosso dell’arenile, stavolta autorizzato dallo stesso Comune di Realmonte.
Adesso che sui siti impazza
il video di quel drone invadente sulle «Pergole» tutti
corrono al riparo giurando
inchieste e accertamenti. A
cominciare dall’assessore al
Territorio Maria Rita Sgarlata
ieri sera al telefono con il sindaco Pietro Puccio che balbettava di avere solo due vigili urbani, che le transenne
messe di traverso sulla strada
d’accesso gliele spostano i
bagnanti e così via, senza però spiegare l’autorizzazione
dell’altro parcheggio a pagamento, a due passi dalla
«Scala» immortalata in tanti
film da Giuseppe Tornatore e
altri registi.
E dire che lo stesso sindaco
una medaglia dagli ambientalisti se la vide aggiudicare
l’anno scorso quando, dopo
dieci anni di tira e molla, diede il via alla demolizione del-
✒
Se il vescovo chiude la Curia per due multe
di MARIO GAROFALO
I
L’avviso Il vescovo Cipollone
l vescovo Emidio Cipollone ha messo un foglio sul portone della
Curia di Ortona per annunciare ai fedeli che non riceverà più
nessuno «a causa delle multe». Se lo vogliono incontrare, spiega, che
vadano a Lanciano, che è l’altra metà della diocesi. Ora, d’accordo che
sua eccellenza ha pagato la contravvenzione, d’accordo che è la
seconda in due anni, d’accordo che aveva chiesto il permesso di sosta
nel centro storico e non gli era stato accordato, d’accordo che il
sindaco gli aveva però assicurato che non c’erano problemi, ma nella
Chiesa di Papa Francesco che pranza alla mensa degli operai, c’era
bisogno di chiudere la Curia per non fare qualche metro a piedi?
garofalo_ma
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l’ecomostro piantato davanti
a quel gioiello del turismo siciliano. Non solo, ma bloccò
anche la costruzione di 25
ville esclusive sulla cima della collina e per questo gli è
appena arrivato un plico di
carte bollate a firma Gaetano
Caristia che, per l’impresa costruttrice, la Comaer Immobiliare di Siracusa, chiede un
risarcimento di 10 milioni di
euro: «Ci avevano dato tutte
le autorizzazioni...».
Dovrà scegliersi un avvocato nella lotta contro gli appaltatori, ma il sindaco sembra arrendersi davanti al malcostume di tanti bagnanti e
soprattutto davanti all’arroganza di parcheggiatori più o
meno abusivi. Come deve
aver capito la sovrintendente
di Agrigento Caterina Greco
che ha promesso di fare presto un sopralluogo alla «Scala
dei Turchi» dove è perfino
comparsa una insegna stradale per segnalare, senza vergogna, il «parcheggio sulla
spiaggia». Una notizia appresa «con indignazione», spiega la sovrintendente insediatasi da pochi mesi in un ufficio dove bisognerà scuotere
qualche funzionario.
«La verità è che tutti hanno
paura di tutti e i vigili si rifiutano di fare controlli in spiaggia», denuncia Claudio Lombardo, il leader di MareAmico. In sintonia con il direttore
del Distretto turistico Gaetano Pendolino che rilancia
l’allarme sulla cattiva immagine: «Dovremmo chiedere i
danni a chi omette di intervenire».
Stranieri e città d’arte
tengono a galla
il turismo italiano
Record di americani
Gli italiani tornano (lentamente) a viaggiare: almeno in
Italia, dove nei primi sei mesi del 2014 il flusso dei
vacanzieri connazionali è cresciuto dell’1,8%. Numeri che
lasciano ben sperare, quelli forniti dall’Osservatorio
nazionale del turismo (dati Bankitalia-Istat, rielaborati da
Ciset) e presentati ieri al ministero dei Beni culturali. Ma
ancora poco competitivi con il turismo straniero che, per lo
stesso periodo e con un aumento del 2,3%, si conferma
traino del settore. Per il ministro dei Beni culturali Dario
Franceschini, però, non basta. «Dobbiamo moltiplicare
l’offerta turistica, lavorare sulla digitalizzazione e sulla
qualità dell’ospitalità — ha detto — e promuovere il Paese
in modo compatto, superando la concorrenza tra regioni».
Se «investire nel turismo è una delle condizioni
fondamentali per far crescere l’economia», il piano di
azione del ministero punta tutto sul Mezzogiorno: «Al Sud
si trovano dei tesori unici come Pompei, i Sassi di Matera, i
Bronzi di Riace e i turisti scelgono sempre le grandi città
d’arte. Bisogna lavorare per renderlo più attrattivo». È
anche dai dati che emerge come gli stranieri in vacanza in
Italia preferiscano la componente culturale: quasi la metà
dei pernottamenti estivi e
ben il 58% della spesa
Franceschini
turistica. Ma con una scelta
«Ora indispensabile mirata su Lazio, Lombardia,
Veneto e Toscana (in
aumentare l’offerta
particolare Roma, Milano,
e la qualità della
Venezia e Firenze) che
nostra ospitalità»
accolgono da sole il 60%
della spesa estera. Gli introiti
del Mezzogiorno restano,
invece, fermi al 13%. A spendere di più i turisti provenienti
dalla Germania (5 miliardi di euro), Stati Uniti (4 miliardi),
Francia (3 miliardi). Seguiti da Regno Unito, Svizzera,
Austria, Spagna, Russia (in crescita dal 2012 con un
+11,5%), Olanda e Australia. Nel complesso, sono però gli
italiani (il 51% del totale) a contribuire maggiormente
all’economia nazionale: 63 miliardi di euro di consumi nel
2013. Che sommati ai 33 prodotti dagli stranieri, fanno un
totale di 96 miliardi (pari al 10% dei consumi finali interni).
In sostanza, considerando che mille euro di consumo
turistico generano 727 euro di ricchezza, altri 70 miliardi di
ricchezza prodotta l’anno. Ma nel secondo trimestre 2014 è
anche l’occupazione nelle imprese alberghiere, di
ristorazione e servizi turistici ad evidenziare un saldo
positivo (con previsioni per il prossimo quinquennio di
performance migliori di altri settori dei servizi e
dell’industria). In sostanza l’andamento del turismo
internazionale mostra segni di ripresa, con un saldo
dell’Italia sempre positivo (il 2013 si è chiuso a +10,4%). E
anche in termini di arrivi e di entrate l’Italia può vantare
davanti il segno più: quinta al mondo per arrivi (+2,9%) e
sesta per entrate da turismo internazionale (+3,1). I flussi
dall’estero vedono in testa la Germania, secondi gli Usa a
+11% e terza la Francia a +4,5%.
Ma oltre alle misure già messe in campo nei primi cinque
mesi di governo — agevolazioni fiscali per il settore
contenute nella legge Cultura e turismo — allo studio del
ministero dei Beni culturali c’è di più: ad esempio una
«tassa di soggiorno più equa». «Serve una ridefinizione
nazionale di cosa è questa tassa — ha spiegato Franceschini
— di come si può estendere la platea di chi la paga e
distinguere in base al luogo visitato. In Parlamento ci sono
già diverse proposte». «Nel lavoro che stiamo portando
avanti per la nuova Enit poniamo grande attenzione alla
digitalizzazione del settore turistico e delle attività promocommerciali — ha aggiunto il commissario straordinario
dell’Agenzia italiana per il turismo - Enit, Cristiano Radaelli
— ma anche alla riorganizzazione degli uffici all’estero».
Flavia Scicchitano
Felice Cavallaro
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Maltempo Temporali sulle vacanze. Un ferito ad Ancona. Oggi scatta un nuovo allarme meteorologico su tutte le regioni del Centro Nord
Nubifragi in Toscana, evacuati due campeggi
Ombrelli ancora a portata di
mano in questo strano luglio
per via delle bombe d’acqua che
continuano a imperversare, a
macchia di leopardo, lungo parte della Penisola. Ieri nel Novarese, ripetute trombe d’aria
hanno provocato danni ad
aziende agricole, mentre la
pioggia, a più riprese, ha allagato stalle e capannoni.
In Lombardia, nel Varesotto,
la situazione sta tornando alla
normalità. Pochi gli interventi
dei vigili del fuoco per sgomberare cantine allagate mentre si è
lavorato sodo per rimuovere acqua e fango da alcune strade flagellate dalle forti piogge di martedì. Il danno più vistoso si è
avuto a Cremeno, nel Lecchese,
dove si è aperta una voragine su
una provinciale. A Milano la
procura ha aperto un’inchiesta,
ipotizzando il reato di crollo
colposo, per il buco di 12 metri
apertosi sabato scorso in centro.
In Emilia Romagna sono caduti 90 milioni di metri cubi
d’acqua in poche ore specialmente nella zona di Carpi e di
Reggio Emilia; a Modena è
esondato il canale di Cavo Cerca
ma non ci sono stati danni alle
abitazioni. Invece a Rimini un
nubifragio si è abbattuto in città
creando problemi al traffico
perché sono stati chiusi diversi
sottopassi.
In Toscana si sono registrati
allagamenti nel Livornese dove
due campeggi sono stati evacuati a Marina di Bibbona. I 100
turisti sono stati alloggiati in alcune strutture comunali. A Rosignano Marittimo è esondato
un torrente e due persone sono
state alloggiate in un hotel. Problemi minori si sono avuti anche nelle province di Lucca, Pistoia e Prato.
Nelle Marche, nell’entroterra
di Fano, una forte perturbazio-
ne ha fatto straripare in più
punti il torrente Arzilla. A Senigallia, nell’Anconetano, è scattato l’allarme per il livello del
fiume Misa e per alcune ore la
Protezione civile ha disposto, a
scopo precauzionale, l’evacua-
Nel Lecchese La voragine che si è aperta sulla provinciale 64 a Cremeno
zione delle abitazioni situate ai
piani terra. Un automobilista è
rimasto ferito a Monte San Vito
perché è caduto in una voragine
di tre metri apertasi sulla strada.
A Roma, ci sono stati alcuni
interventi per allagamenti ed è
stato interdetto l’uso delle banchine del Tevere, nel tratto urbano, per prevenire eventuali
pericoli nelle zone che spesso
ospitano manifestazioni estive.
Intanto iniziano le prime stime sui danni provocati dal mal-
A mollo Pedoni sorpresi dal nubifragio a Bologna (foto Benvenuti/Ansa)
tempo. La Camera di Commercio di Milano ipotizza che le
mancate prenotazioni e gli sfumati week end sono «costati»
all’Italia 750 milioni di euro.
La Coldiretti, invece, ipotizza
danni per un miliardo di euro.
Una somma che tiene conto sia
dei danni diretti subiti dai comparti agricoli e turistici sia di
quelli indiretti per il calo dei
consumi di prodotti stagionali.
Il bel tempo, però, tarderà ad
arrivare anche oggi. La Protezione civile prevede temporali
su tutto il Centro Nord Italia.
Perturbazioni che si sposteranno anche in Campania, Puglia,
Basilicata, Calabria tirrenica
centro-settentrionale. Al Centro
Sud inoltre caleranno le temperature sensibilmente e i venti
agiteranno i canali di Sardegna
e lo Stretto di Messina.
Alessio Ribaudo
AlessioRib
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24 Cronache
Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
#
Sussidiario
di LUCA MASTRANTONIO
Ma il milanese
è davvero
così imbruttito?
L’
aggettivo «imbruttito» mescola il
giudizio estetico della parola con cui
condivide la derivazione da «brutto», cioè
«abbruttito», e il giudizio morale del termine mutuato da «bruto», ovvero «abbrutito», ridotto in stato di miseria materiale
e morale, che si comporta in modo irrazionale, incivile, cinico. Infatti: se è vero
che si può essere — o illudersi d’essere —
belli dentro benché brutti fuori, quando ci
si imbruttisce, ci si imbruttisce dentro e
fuori. L’imbruttimento nella versione
meneghina del «Milanese Imbruttito» è
un tormentone di successo sul web (foto
da Instragram), dove tra blog e Facebook
(300mila «mi piace») un gruppo di ragazzi sta mettendo a nudo, commercializzando il brand con magliette e gadget, il logorio psico-linguistico del milanese postmoderno: un tipo ultra-performante,
sinceramente mitomane, ansiogeno da
competizione, autogeno nell’autostima,
socievole a parole, insofferente, curioso
con distacco, cinico compiaciuto, multi-
Il mio eroe segreto
come pare dal latino «ex abrupto») ma
può anche «fare brutto», dove imbruttirsi
è un arrivare minaccioso, come di chi può
sfigurare qualcuno. Farlo, appunto, brutto. Notare: spesso alcuni milanesi dicono
che il Milanese Imbruttito racconta dei
cliché falsi. Può essere, ma alla fine reagiscono male e si «imbruttiscono» anche
loro. «Ma chi, io… così? Oh, tusseifuori!».
[email protected]
criticalmastra.corriere.it
tasking al limite della dissociazione mentale, auto-ironico a sua insaputa. Cioè: «Il
Milanese Imbruttito è dentro ognuno di
noi — è la battuta numero uno del sito —
Non è né in orario, né in anticipo, né in
ritardo: È già lì». Oppure. «In vacanza?
No, il Milanese Imbruttito stacca» (la spina, l’assegno, gli altri). Tra l’altro: l’aggettivo «brutto» spesso mescola stupore e
tremore, esclamazione e terrore, a seconda delle frasi. Una persona può piacere «di
brutto», cioè tanto (o da subito, se deriva
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Viktor Ullmann
Viktor Ullmann, compositore ebreo, nacque il primo gennaio 1898 in una città dell’Impero austro-ungarico che allora si chiamava T šín (in ceco) o Teschen (in tedesco) ed è attualmente divisa in due parti:
Cieszyn (Polonia) e eský T šín (Repubblica Ceca). C’è tutta la storia del Secolo Breve,
in questi nomi diversi per la stessa città.
Molte cose si potrebbero raccontare, della vita di Viktor Ullmann. Ma come per i
santi del Martirologio quella che va tenuta
a mente, quella che conta, è la sua morte.
Quando penso a Viktor lo immagino quindi alla fine dei suoi giorni, già sul treno per
Auschwitz. Tendo un filo grigio tra il giorno del suo arrivo al campo, il 18 ottobre,
quando verrà inghiottito e cancellato in
poche ore dal processo industriale di sterminio, e il 16 ottobre in cui è partito da
Theresienstadt. A metà di quel filo grigio
come fumo, grigio come cenere, come l’urlo straziante di un treno, è il giorno di cui
non so nulla in cui Viktor pensò sicuramente ai suoi giorni passati, all’opera compiuta.
Il ghetto di Theresienstadt (in tedesco) o
Terezín (in ceco) è il campo di concentramento a 65 km da Praga in cui Ullmann visse, o sopravvisse, dall’8 settembre 1942 al
16 ottobre 1944.
769 giorni. Ogni alba preziosa e unica come un diamante cucito nel cappotto.
Chi è
Tullio Avoledo è uno
scrittore nato nel 1957 a
Valvasone, in Friuli. Il suo
primo romanzo è stato
pubblicato nel 2003
La distanza tra Theresienstadt e Auschwitz è di 600 km: esattamente la distanza media che le SS usavano per calcolare il
costo del biglietto di terza classe che rimborsavano alle Deutsche Reichsbahn, le
ferrovie tedesche, per ogni ebreo portato al
mattatoio. 0,5 pfennig al chilometro, 240
milioni di marchi in totale, per portare alla
morte 8 milioni di persone. In ogni carro
bestiame venivano stipate 150 persone, invece delle 50 indicate dalle SS come carico
standard. Il trasporto del 16 ottobre da
Theresienstadt contava 1.500 «passeggeri», fra cui Ullmann. Immagino quindi 10
carri trainati da una locomotiva a vapore
DRB 52, il cui fischio da uccello notturno si
può sentire nella composizione del 1988
Different Trains di Steve Reich. A Ullmann
sarebbe piaciuta Different Trains, quella
musica dal futuro, da un mondo su cui la
croce uncinata non sventola più. Durante i
769 giorni a Theresienstadt compose 24 lavori, 21 dei quali sono giunti fino a noi, a
costo di rischi enormi per chi li trascriveva
e li nascondeva. C’erano pochi, pochissimi
strumenti nel campo (alcuni decisamente
non canonici, come una fisarmonica o dei
pettini), ma una grande abbondanza di direttori d’orchestra e musicisti, e cantanti.
C’erano anche tanti bambini, e proprio per
loro furono composte le musiche più belle,
come l’opera Brundibár di Hans Krása, un
altro musicista destinato a diventare cenere
ad Auschwitz come i bambini che avevano
recitato e cantato in quell’opera. Il malvagio Brundibár, come l’imperatore Overall
del capolavoro di Ullmann Der Kaiser von
Atlantis, sono riconoscibilissime parodie
di Hitler. Mettere alla berlina davanti alle SS
del campo il loro Führer significava davvero porre la musica al di sopra di ogni cosa,
anche della vita: era un atto di estremo coraggio, in quelle tenebre.
Nel 2005, per commemorare il 60° anni-
LA MUSICA SCONFISSE
IL RE DI ATLANTIDE
ILLUSTRAZIONE DI ALBERTO RUGGIERI
di TULLIO AVOLEDO
un’estate italiana
Il compositore ebreo passò 769 giorni in un Campo prima di morire ad Auschwitz
Tra le sue opere una parodia su un tiranno ispirata a Hitler, censurata dai nazisti
versario della liberazione del campo, la Bbc
portò ad Auschwitz alcuni grandi musicisti
per riconsacrare quei luoghi orrendi alla
musica, che i nazisti avevano usato in modo abietto, accompagnando con motivetti
allegri la marcia dei prigionieri verso la
morte, o usandola per coprire i lamenti e i
suoni delle stragi. Tra i momenti più alti di
quella commemorazione ricordo il suono
degli shofar, i corni rituali ebraici, che nel
brano Tekyah del compositore ebreo argentino Osvaldo Golijov intonano assieme
a un clarinetto klezmer il loro lamento nel
bosco di betulle in cui le vittime inermi attendevano il loro turno per entrare nelle
camere a gas.
L’imperatore di Atlantide è un’opera sulla Morte, e su come neppure Hitler potrà
sottrarvisi. Viene ancora rappresentata, come Brundibár. Bambini di oggi cantano le
stesse parole dei loro coetanei ridotti in cenere. Quella musica ci fa ancora ridere e
piangere, ci commuove: spezza la rigida
gabbia dei numeri, dei chilometri, degli
anni e degli pfennig e ci fa volare in alto,
dove il fumo diventa azzurro e luce.
La cucina dei romanzi
Ispirato
❜❜
La prigionia
è servita
a stimolare
e non
a impedire
le mie attività
Viktor Ullmann sarebbe il mio eroe anche se avesse scritto solo queste parole:
«Devo sottolineare che Theresienstadt è
servita a stimolare, non ad impedire, le mie
attività musicali; che in nessun modo ci
siamo seduti sulle sponde dei fiumi di Babilonia a piangere; che il nostro rispetto per
l’Arte era commisurato alla nostra voglia di
vivere. Ed io sono convinto che tutti coloro,
nella vita come nell’arte, che lottano per
imporre un ordine al Caos, saranno d’accordo con me».
A passo leggero
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di CRISTINA GABETTI
di PAOLO DI STEFANO
La dieta al pesce d’uovo
del pittore di Pontormo
S
apete che cosa mangiava il grande pittore manierista
Jacopo da Pontormo? Nel suo diario ci ha lasciato elenchi piuttosto dettagliati dei suoi miseri pasti. «Martedì sera
mangiai una insalata di lattuga e uno pesce d’uovo. Mercoledì sancto sera 2 quatrini di mandorle e uno pesce d’uovo e
noce». Giovedì sera ancora lattuga con un uovo e un po’ di
caviale (non le pregiate uova di storione attuali). Venerdì ancora uova, fave, caviale e 4 quattrini di pane. Il «pesce d’uovo» era la frittata alla moda fiorentina, cioè arrotolata in modo da sembrare un pesce. Pare che il salutismo dell’artista
fosse favorito dalla povertà e dalla tirchieria: un giorno fece
una passeggiata fuoriporta con il suo giovane assistente Battista: «nell’occasione portai con me quanto era rimasto del
castrone e cenammo insieme». In realtà si trattava solo di
ossa spolpate e di cartilagine, come sospetta Nigro nel suo
saggio-racconto.
Salvatore S. Nigro, L’orologio di Pontormo, Bompiani
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Educare alla differenziata
(e compattare tutto assieme)
M
entre la poltiglia velenosa di spazzatura indifferenziata naviga
dalle Eolie verso la terraferma a spese della Regione Sicilia, i
bambini della scuola elementare, che con la maestra hanno imparato a
separare vetro, plastica, lattine, carta e avanzi di cibo, si chiedono perché viene poi raccolto e pigiato tutto insieme. Spiegare loro che i «responsabili» non riescono ad organizzarsi equivale a dire che non hanno a cuore il loro futuro. Che schiaffo. Ho trovato online uno studio
finanziato dalla comunità europea e realizzato dalla scuola Vaccarini di
Catania che fotografa la gestione dei rifiuti nelle Isole minori e propone soluzioni sostenibili. Gli studenti hanno trascorso 3 settimane alle
Eolie «un laboratorio perfetto», scrivono, per progettare un sistema
chiuso: 4 comuni gestiscono 7 isole; se si creasse un piano integrato,
una rete, potrebbero riconquistare l’autonomia di una volta, con l’aggiunta dei benefici che le tecnologie di oggi possono offrire. Primo
ostacolo, osservano i ragazzi, è che si ragiona per settori: rifiuti, acqua,
agricoltura, energia, quando ogni attività è collegata. Ad esempio, un
impianto di compostaggio in loco dimezzerebbe la spazzatura, quindi
l’energia per spostarla, e sarebbe utile negli orti. Semplice, eppure...
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Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Cronache 25
italia: 51575551575557
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Fumetto
di GIULIO GIORELLO
Stone-Satanik
il fascino
di trasgredire
«L
a notte non è tenera», recitava il titolo
del n. 199 (6 settembre 1972) di Satanik. L’affascinante e diabolica strega viene
creata nel 1964 da Max Bunker (Luciano
Secchi, testi) e Magnus (Roberto Raviola,
disegni), quando la contestazione del Sessantotto era ancora da venire, e così il femminismo radicale e persino il neonichilismo
(ma vedi «Il valore di niente», n. 64, 21 giugno 1967). Trasgressiva per il piacere di esserlo, trova forse il suo doppio in alcune
figure cui ha dato vita sullo schermo, come la
Affascinanti
La diabolica strega che campeggiava sulla copertina di Satanik
e Sharon Stone
grande Sharon Stone, sempre Pronta a morire (1995) e insieme Diabolique (1996). Il
carattere di un personaggio della finzione è
solitamente diverso da quello di chi lo impersona, con una bravura tale che lo spettatore crede che quella sia davvero la realtà! Lo
potremmo chiamare, prendendo spunto da
Diderot e guardando a Sharon, il «paradosso
dell’attrice». È al film Basic Instinct (1992,
regia di Paul Verhoeven) che lei deve l’esplosione della sua popolarità: chi dimentica la
scena dell’interrogatorio in cui l’enigmatica
Stone accavalla le gambe non avendo nulla
sotto la gonna? Di un esibizionismo così
irriverente Satanik era stata antesignana. Per
di più, come la «Rossa» di Bunker e Magnus
si era trasformata dalla brutta Marny Bannister nella Bellissima che uccide per insofferenza delle convenzioni, la bionda Stone ha
riconosciuto che a mutarla da normale attrice Usa a star mondiale è stato proprio quel
film che l’inflessibile Morando Morandini ha
definito «di imbecillità sconcertante».
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La realtà
romanzesca
Preferirei di no
di MARIA LAURA RODOTÀ
Liti in famiglia
sulle case
E non abbiamo
neanche Zillow
ELABORAZIONE FOTOGRAFICA CORRIERE DELLA SERA
Un omicidio senza movente
che doveva sembrare un suicidio
di CARLO VULPIO
«C
i vediamo oggi pomeriggio a casa
mia», disse Anna Maria Botticelli
alle sue compagne di classe Nadia
Roccia e Mariena Sica quando le
porte dell’autobus si aprirono e gli studenti scesero a Castelluccio dei Sauri, duemila abitanti a mezz’ora di strada da Foggia. Era il 14 marzo 1998. Una
giornata come le altre, solo un po’ più fredda. Le
tre ragazze studiavano all’istituto magistrale «Poerio», si conoscevano fin da bambine ed erano così unite tra loro da formare un trio compatto, a
scuola e fuori. Quel giorno, dovevano vedersi nel
garage della casa di Anna Maria per lavorare a una
tesina per gli esami di maturità. Nadia non sospettava che invece proprio per quel giorno le sue due
amiche del cuore avevano preparato il suo omicidio in ogni particolare, compresa la messinscena
che lo avrebbe fatto apparire un suicidio.
Nadia arriva a casa di Anna Maria con i libri sotto il braccio, si siede e comincia a leggere ad alta
voce. È un attimo. Mariena, come un’ombra, si
porta alle spalle di Nadia e stringe la sua sciarpa
intorno alla gola dell’amica. Il cappio è perfetto,
Mariena ci mette tutta la forza, ma non ce la fa a
strangolare Nadia da sola. Per ucciderla, deve intervenire anche Anna Maria, la leader del gruppo,
la più bella, lunghi capelli biondi e occhi azzurri
che hanno annientato le difese di tanti coetanei.
Quando stringe le mani al collo di Nadia, Anna
Maria, l’angelo, si trasforma in demone e per Nadia non c’è pietà.
Le due assassine adesso passano a inscenare il
suicidio. Una corda, per far credere che Nadia si sia
impiccata, e una lettera d’addio dattiloscritta ta —
con la firma autentica di Nadia, che le due amiche
le avevano fatto mettere come per gioco su un foglio bianco —, in cui Nadia confessa di essersi tolta la vita perché innamorata di Anna Maria e incapace di sopportare la vergogna della propria omosessualità. Poi, l’allarme: ci siamo assentate per
qualche minuto, siamo andate a comprare delle
patatine, ma quando siamo tornate Nadia non ci
ha risposto, di sicuro si sarà sentita male, presto
venite, bisogna aprire il garage. Accorrono tutti,
familiari e vicini, forzano la saracinesca del garage
e trovano Nadia a terra, senza vita. Accanto a lei, la
corda. Sul tavolino, tra i libri, la lettera d’addio.
All’improvviso, Castelluccio dei Sauri, il cui
unico diversivo alla noia — come suggerisce il nome del paese — sono le corse dei cavalli all’ippo-
A scuola L’aula dove Nadia (in
alto) studiava con Mariena Sica
(a sinistra) e Anna Maria Botticelli
Nadia uccisa dalle compagne
dopo un ordine arrivato in sogno
La vicenda
La messinscena e i depistaggi
Il 14 marzo 1998 Nadia Roccia viene uccisa
da due sue compagne di classe. Le due
fanno trovare vicino al corpo una corda e
una lettera d’addio per depistare le indagini
Le fantasie delle assassine
Manca il movente di tanta violenza. Le
amiche parlano di una presunta
omosessualità di Nadia, poi di satanismo e
addirittura di un’ordine arrivato in sogno
Le condanne
Anna Maria Botticelli e Mariena Sica
vengono condannate all’ergastolo in
primo grado. La pena si riduce 25 anni
in appello e poi, nel 2003, a 21 anni
dromo, più o meno truccate da imbroglioni foggiani e napoletani, si riscopre più torbida di Twin
Peaks, la apparentemente tranquilla cittadina immaginaria degli Stati Uniti in cui è ambientata la
serie tv di David Lynch, fra thriller e soprannaturale, che in quegli anni riscuote un grandissimo
successo.
Come a Twin Peaks, anche a Castelluccio dei
Sauri tutto — vere o false storie di sesso, di droga,
di satanismo balordo, di invidie e piccoli ricatti —
si svolge ed è avvolto in un clima di pesante mistero. Ma il mistero dell’assassinio di Nadia è ancora
più oscuro e indecifrabile di quelli di Twin Peaks,
perché non verrà mai risolto, nemmeno dopo la
confessione delle due amiche. La bionda e la bruna, come vennero soprannominate Anna Maria e
Mariena quando per loro i criminologi ipotizzarono un caso di «follia a due» — la schizofrenica Anna Maria che plagia la depressa Mariena —, confessano l’omicidio, è vero, ma non le ragioni per
cui lo hanno commesso. Prima esaltano la bellezza di Lucifero e il loro legame «forever», come
scrivevano nei bigliettini che si scambiavano, e
tutti pensano a giochi e riti satanici, anche perché
in una intercettazione si lasciano sfuggire che al
delitto hanno partecipato cinque persone. Poi raccontano di una presunta e ingombrante omosessualità di Nadia. Poi ancora di una promessa non
mantenuta da parte di Nadia, che doveva aiutarle a
fare un viaggio in America perché lì aveva uno zio
che le avrebbe ospitate. Infine dicono di essersi
decise a uccidere Nadia per esaudire il desiderio
del papà defunto di Mariena, che compariva spesso in sogno ad Anna Maria e le chiedeva, quasi le
ordinava, di uccidere Nadia.
Troppi moventi, e tutti deboli. Ma poiché la
sentenza di condanna alla pena dell’ergastolo in
primo grado — poi ridotta a 25 anni e, infine, nel
2003, a ventuno anni — non poteva essere priva di
un movente, i giudici hanno accolto la tesi del
«movente onirico». Cioè proprio il meno credibile, che non svela il segreto di questo delitto e fa di
questa storia uno di quei rari casi della letteratura
criminale classificati come «delitto senza movente».
Nel 2019, a fine pena, Mariena Sica sarà una
donna di 37 anni e tornerà libera. Anna Maria Botticelli invece non è più in carcere da tempo, si è
ammalata di sclerosi multipla e sopravvive su una
sedia a rotelle in un paese del Nord Italia. Nadia
Roccia, lo diceva anche nelle discussioni a scuola,
era contraria alla pena di morte, che invece i suoi
familiari e quasi tutto il paese invocavano durante
il processo. Ora però sarebbe giusto che qualcuno
sveli il vero segreto della sua morte.
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Diario dalle vacanze
«SIAMO SALITI IN ASCENSORE,
GIÀ AL 1° PIANO LA STAVO BACIANDO»
di GIORGIO MONTEFOSCHI
C
aro Lucio, mai avrei creduto di godermela tanto,
Roma, d’estate, soprattutto in questi giorni di
moderato caldo. Certo, lavoro, e lavoro pure parecchio. E bene. E a una cert’ora, crollasse il mondo, esco
dall’ufficio. La mia Pina mi guarda severa: «Ingegnere
doveva dettarmi quella lettera...». Le rispondo: «Senta
Pina, lei mi conosce da molti anni e sa come sono fatto.
Però se pensa che sono diventato un robot, si sbaglia».
E, infischiandomene del suo disappunto, saluto baracca
e burattini. Sotto l’ufficio, mi aspetta puntuale Paola. Io
mi tolgo la cravatta e la giacca, mi rimbocco le maniche
e salgo sulla sua macchina. Non sai che meraviglie mi fa
vedere, profittando del fatto che il traffico è ormai praticamente inesistente e si può parcheggiare ovunque,
anche fuori delle strisce blu che comunque sono sempre
libere e con un euro ti togli la paura. Visitiamo chiese
bellissime di cui neppure conoscevo l’esistenza (per
esempio, una in Trastevere, della quale mi sono scordato il nome, con gli affreschi di un certo Cavallini; la chie-
sa dei Quattro Santi Coronati; la Basilica di Santa Sabina
all’Aventino); ci fermiamo di fronte alle facciate dei
palazzi rinascimentali e lei mi illustra; naturalmente,
nelle chiese, passiamo molto tempo (tanto che spesso
devo rimettere la monetina nella cassetta della illuminazione) a contemplare quadri di pittori famosi (come, per
esempio,il Caravaggio). No, è proprio bello e interessante. Oltretutto, le chiese sono ancora più fresche che fuori
e, quasi tutte, consentono poi di fare due passi lì vicino,
perché c’è il giardino di una villa (come al Celio), oppure una grande terrazza (come il Giardino degli Aranci
all’Aventino). Quello è il momento migliore: il sole volge
al tramonto, facciamo due passi. E Paola è così quieta,
rassicurante... Ma insomma, Lucio, è inutile che traccheggio. L’altro pomeriggio avevamo stabilito di fare un
tour archeologico dalle Terme di Caracalla all’Appia
Antica. Tu non puoi sapere cos’è di meraviglioso l’Appia
Antica nel pieno della canicola, con quelle rovine che ti
ricordano un passato sepolto nei secoli, i cipressi, i pini,
❜❜
Come ieri
Gliel’ho detto a
Paola, mentre
eravamo
sul muretto...
qui sembra
che il tempo
si sia fermato
il suono assordante delle cicale e, lontano, le sagome
brune degli acquedotti romani. Gliel’ho detto a Paola,
mentre eravamo seduti su un muretto:«Qui sembra che
il tempo si sia fermato». Ha annuito. Erano quasi le otto.
Passando in macchina, avevamo visto una trattoria
semplice che si chiama «Qua nun se more mai». Divertente. Ci siamo andati e abbiamo fatto la nostra cenetta(leggera: prosciutto e melone, filetto, insalata), innaffiata da una buona bottiglia di bianco e conclusa con
una sambuca. Alle dieci e mezza, eravamo alle Terme di
Caracalla (non ci crederai, ma quando siamo passati,
dalla cavea dell’opera s’è alzata la voce del tenore che
cantava: oh dolci baci, languide carezze...). Alle undici,
eravamo sotto casa sua a Viale Liegi (e devo dirti che ho
apprezzato non poco la sua accortezza nell’aver scelto
casa sua e non la mia, per gli ovvi risvolti sgradevoli, se
non pericolosi, con gli eventuali testimoni, essendo lei
single, io sposato). Dopodichè siamo scesi dalla macchina e siamo saliti in ascensore, perché sta al terzo piano.
Ma io, già al primo piano la stavo baciando. Gran notte,
caro Lucio. Gran notte. E sappi che il tuo amico ha fatto
il dovere suo. Se non di più.
Ciao.
Mario
(10 — continua)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I
l 67 per cento delle famiglie
italiane vive in una casa di
proprietà. Il 77 per cento delle
discussioni nelle famiglie
italiane avviene sulla proprietà delle case. La percentuale di
italiani che discute nonstop di
case da vendere e comprare è
scesa — a sentirli — al 27 per
cento dal 57 dei tempi in cui si
poteva ottenere un mutuo. È
la crisi. Che genera un supplemento di crisi nelle relazioni
sociali. Amici e conoscenti
con ossessioni immobiliari
non comprano. Soprattutto,
quest’estate, non hanno voglia di parlare delle seconde
case che non riescono a vendere. Si vedono meno. Si
chiudono in se stessi, passano
serate calde sul loro divano
studiando tristemente villini a
schiera invenduti su siti web
che aggregano gli annunci,
tipo Casa.it o Immobiliare.it.
Succede un po’ come con i
social network che cannibalizzano la vita sociale. In America, e si preferirebbe di no per
i nostri amici di lì che sono
maniacali, e si preferirebbe
che non succedesse qui — ma
è più difficile — è anche nata
la Facebook delle case. È il
risultato dell’acquisizione di
Trulia, il secondo sito di annunci, da parte di Zillow, il
sito numero uno. Insieme,
attraggono il 71 per cento dei
guardoni immobiliari. In più,
Zillow dà la possibilità di
mettere online la propria casa,
farla stimare, vedere se arrivano offerte. Arrivano, di sicuro,
i ficcanaso. «Oramai la gente
non cerca notizie su potenziali
partner, capi, ex coniugi solo
su Google e su Facebook», ha
detto il boss di Zillow, Spencer
Rascoff. «Se sanno dove vivono, li “zillowano” e calcolano
quanto vale casa loro». E insomma è un po’ un Facebook,
un po’ una Wikipedia, un po’
una trovata che si spera non
arrivi da noi perché il calo dei
valori e il crollo delle transazioni possono far perdere sex
appeal, anche al mare dove il
mercato è fermo (si sa).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’axforisma di J-Ax
C’è quella vecchia canzone
di Raf che si chiedeva
«cosa resterà di questi anni 80?»
E basta guardare la Tv,
la politica, la musica,
il cinema e la moda
per rispondere «tutto»
26
Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
ANAS S.p.A.
Compartimento della viabilità
per l’Abruzzo
AVVISO APPALTO AGGIUDICATO
(artt. 122 del D.Lgs. 163/2006 e smi)
L’ANAS SPA - Compartimento della Viabilità per l’Abruzzo Via dei Piccolomini, 5 L’AQUILA,
rende noto che con disposizione Prot. CAQ-0012081-I del 29/04/2014 (divenuta efficace
con Prot. CAQ-00020745-I del 16/07/2014) è stata aggiudicata la Procedura Aperta
Gara d’Appalto AQLAV002-14 CIG [5609472AB9] - CUP F41B96000000001 inerente i
lavori di ripristino dell’efficienza funzionale degli impianti tecnologici delle gallerie San
Silvestro, Le Piane ed I Pianacci lungo la Strada Statale n. 714 “Tangenziale di Pescara”.
Importo a base d’appalto € 826.609,21 di cui € 35.000,00 per oneri della sicurezza.
Categoria prevalente: OG 10 Classifica III. Offerte ricevute: n. 177. Offerta più alta -20.9%
Offerta più bassa -35.557%. Aggiudicatario: AMBITER S.R.L. con sede in EBOLI (SA)
- Loc. Isca Rotonda snc - C.F. /P.I. 03567100650 con il ribasso offerto del 32.699% e
quindi con l’importo netto di € 567.760,91 di cui € 532.760,91 per lavori ed € 35.000,00
per oneri della sicurezza. Estremi di pubblicazione dell’esito di gara: GURI parte V n°
86 del 30/07/2014, siti internet: www.stradeanas.it, www.serviziocontrattipubblici.it e
www.regione.abruzzo.it/osservatorioAppalti.
Il Dirigente Area Amministrativa
Dott. Alessandro Tana
VIA DEI PICCOLOMINI, 5 - 67100 L’AQUILA
Tel. 0862-305001 - Fax 0862-305260 • sito internet www.stradeanas.it
ANAS S.p.A.
Compartimento della viabilità
per la Sardegna
AVVISO DI GARA CON PROCEDURA
PER PUBBLICO INCANTO
Gara: CALAV084-14-22S2014 CIG 5827978795 - CPV 71520000-9 CUP: F51B10000900001.
Servizio di coordinamento alla sicurezza in fase di esecuzione relativo ai lavori di
adeguamento al tipo B4 corsie dell’itinerario Sassari Olbia Lotto 5. Categoria prevalente:
Categoria servizio: 12 All II A tabella A dei servizi. Importo complessivo Euro 300.846,16
IVA esclusa.
Termine per la presentazione delle offerte di partecipazione: ore 12,00 del giorno
23/09/2014, all’indirizzo ANAS Spa . Via Biasi, 27 - 09131 Cagliari apertura offerte:
24/09/2014.
Bando inviato alla G.U.C.E. il 25/07/2014 e pubblicato sulla G.U.R.I., albo Stazione
Appaltante, albo comuni di Cagliari, Sassari, Nuoro, Oristano, Sanluri, Iglesias, Olbia e
Tortoli’, sito internet www.stradeanas.it , sito informatico del Ministero delle Infrastrutture
e dei Trasporti (www.serviziocontrattipubblici.it). Per richiesta bando, norme di gara e
documenti rivolgersi a: ANAS Spa (società con socio unico) - sede compartimentale della
Sardegna - Ufficio Gare e Contratti, Via Biasi 27 - 09131 Cagliari - Tel. 070 52971 - Fax
070 5297268.
Il Dirigente Amministrativo
Dott.ssa Silvia Assunta Anna Mereu
VIA BIASI, 27 - 09131 CAGLIARI
Tel. 070/52971 - 070/5297268 • sito internet www.stradeanas.it
MINISTERO DELLA DIFESA
DIREZIONE DEL GENIO MILITARE PER LA MARINA
AUGUSTA
ESTRATTO BANDO DI GARA A PROCEDURA APERTA
CODICE ESIGENZA: 193812 - 129414 - 129514 - C.I.G.: 5862504358 - CUP: D53G14000220001.
ENTE APPALTANTE : Ministero Difesa - Direzione del Genio Militare per la Marina Augusta - Via
Caracciolo, 3 96011 Augusta (SR) - Tel. 0931/424859. LUOGO DI ESECUZIONE DELLE OPERE:
Augusta. CARATTERISTICHE GENERALI DELL’OPERA: Lavori di completamento della palazzina
alloggi ASC con adeguamento alle normative vigenti relative al rendimento energetico in edilizia.
IMPORTO BASE DI GARA: 2.101.432,68 + I.V.A. al 10% di cui: Oneri per l’attuazione piano di sicurezza (non soggetti a ribasso): €. 102.505,74; CATEGORIE DI CUI SI COMPONE L’APPALTO:
OG1 €. 1.156.812,63 Categoria III^ Prevalente - OG11 €. 944.620,05 Categoria III^ scorporabile.
TIPO DI GARA: Procedura aperta. CRITERIO DI AGGIUDICAZIONE: quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 83, comma 1 del D.lgs. 163/ 2006 e successive modifiche e integrazioni. TERMINE DI RICEZIONE DEL PLICO E INDIRIZZO A CUI QUESTO DEVE
ESSERE TRASMESSO: le offerte dovranno pervenire tramite posta, a mezzo raccomandata o a
mezzo servizio di agenzia autorizzata entro le ore 12,00 del giorno antecedente quello previsto per
la gara ed essere indirizzate alla DIREZIONE DEL GENIO MILITARE PER LA MARINA - VIA CARACCIOLO, 3 - 96011 AUGUSTA (SR). DATA E ORA ESPLETAMENTO DELLA PROCEDURA
APERTA: • il giorno 19/09/2014 alle ore 10,00 (prima seduta); • il giorno 29/09/2014 alle ore 10,00
(seconda seduta); • data terza seduta comunicata con le modalità indicate nel disciplinare di gara;
• qualora ricorrono i termini di cui all’art. 86 co. 2 la data della quarta seduta sarà comunicata con
le modalità indicate nel disciplinare di gara. VISIONE DOCUMENTAZIONE TECNICO-AMMINISTRATIVA: Le imprese interessate potranno consultare gli atti di gara presso questa Direzione tutti i
giorni dalle ore 09.00 alle ore 12.30 escluso il sabato e i festivi. Il bando e il disciplinare di gara
sono disponibili sul sito internet: www.serviziocontrattipubblici.it - www.marina.difesa.it.
REQUISITI RICHIESTI: quelli di cui agli artt. 38 e 40 del D.Lgs 163/2006 e s.m.i.. RESPONSABILE
DEL PROCEDIMENTO PER LA FASE DI AFFIDAMENTO: Dr. Antonino CIPRIANO.
Augusta lì 24/07/2014
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO PER LA FASE DI AFFIDAMENTO
Dr. Antonino CIPRIANO
Milano, 23/07/2014
AVVISO PUBBLICO
Avviso pubblico volto alla selezione di un soggetto concessionario del servizio
di gestione di un’area dedicata alla corretta alimentazione dei ragazzi detta
“Spazio Scuole/Bimbi” - Laboratorio Vivaio Italia” - sita nel corner sud ovest
di Padiglione Italia. Le condizioni per la partecipazione sono indicate nell’avviso pubblico in forma integrale pubblicatoù sul sito
http://www.padiglioneitaliaexpo2015.com/it/gare_appalti
http://www.rfp.expo2015.org
Termine ricezione offerte: ore 12:00 del 17/09/2014.
L’Avviso è stato inviato alla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data
23/07/2014.
Il Direttore Generale del Padiglione Italia
Ing. Cesare Vaciago
AVVISO AI CONTRAENTI
Fusione per incorporazione delle gestioni separate Euro Forte, Nuova Moneta Forte, INA Duemila, Euroforte Mercati
nella gestione separata Gesav
Si informa la clientela che Generali Italia, nell’intento di fornire opportunità e servizi sempre più completi ed efficienti, ha avviato il percorso di
unificazione di alcune gestioni separate della Compagnia, di seguito specificate, a cui sono collegate le prestazioni assicurate dei contratti vita.
Negli ultimi anni infatti, per effetto dello scenario macroeconomico, le politiche di investimento delle gestioni separate Gesav, Euro Forte, Nuova
Moneta Forte, INA Duemila, Euroforte Mercati si sono via via allineate portando ad una composizione degli investimenti molto simile tra loro,
come di seguito evidenziato.
Con l’approvazione dell’IVASS, l’Organo di vigilanza del settore assicurativo, è stato pertanto intrapreso un processo di fusione che vedrà
confluire in Gesav, la più grande gestione della Compagnia, gli investimenti presenti nelle altre gestioni separate citate raggiungendo un
patrimonio complessivo di oltre 34 miliardi di euro. La maggiore consistenza patrimoniale aumenterà le possibilità di diversificazione
degli investimenti, sempre in un’ottica prudenziale, migliorerà l’efficienza gestionale e incrementerà la stabilità dei rendimenti
della gestione separata nel corso del tempo, con evidente beneficio per i Clienti interessati dall’operazione pari ad oltre un milione.
L’operazione di fusione, che avrà effetto dal prossimo 1° novembre 2014, sarà realizzata senza alcun aggravio di oneri o spese a carico dei
Contraenti e comporterà il vantaggio di ridurre alcune componenti di costo fisso che saranno distribuite su un patrimonio maggiore, in quanto
non saranno modificate le caratteristiche e le politiche di investimento applicate ai contratti in essere collegati alle predette gestioni separate.
Per i contratti vita e di capitalizzazione sottoscritti entro il 2011 e per le Forme Individuali di Previdenza (FIP) collegate alle gestioni oggetto
di fusione, come previsto dalla normativa IVASS, qualora i contraenti non volessero cogliere le opportunità offerte dalla unione delle suddette
gestioni separate, potranno rispettivamente avvalersi della facoltà di riscattare i primi o di trasferire i FIP presso altra forma di previdenza
complementare adeguata al d.lgs 252/05, presentando la relativa richiesta entro trenta giorni senza l’addebito di alcun onere. Su richiesta,
Generali Italia si impegna a comunicare il valore di riscatto o di trasferimento senza alcun costo aggiuntivo.
Per i contratti sottoscritti dal 1° gennaio 2012, come previsto dalle condizioni contrattuali, la fusione avverrà automaticamente senza che
sia richiesta alcuna attività a carico del Contraente. Il regolamento della gestione Gesav può essere consultato ed acquisito sul sito della
Compagnia ed è disponibile presso le Agenzie di Generali Italia.
Attraverso questa importante operazione desideriamo condividere con i nostri Clienti i risultati di una Gesav ancora più forte, al fine di
continuare a premiare la fiducia accordata al Gruppo Generali.
COMPOSIZIONE SINTETICA DELLE GESTIONI SEPARATE INTERESSATE DALLA FUSIONE
valori in euro al 30 aprile 2014
GESTIONE SEPARATA
CATEGORIA
GESAV
Obbligazioni
Azioni
Fondi Comuni
Altri investimenti
Liquidità
Totale
EURO FORTE
100%
7.024.635.619
757.874.902
766.648.490
76.781.073
5.016.765
8.630.956.850
81,4%
8,8%
8,9%
0,9%
0,1%
100%
Obbligazioni
Azioni
Fondi Comuni
Altri investimenti
Liquidità
1.679.950.772
400.946.702
39.568.407
19.035.452
19.340.602
2.158.841.935
77,8%
18,6%
1,8%
0,9%
0,9%
100%
Obbligazioni
Azioni
Fondi Comuni
Altri investimenti
Liquidità
755.803.272
14.815.136
137.088.081
82.681
205.250.650
1.113.039.818
67,9%
1,3%
12,3%
0,0%
18,4%
100%
Obbligazioni
Azioni
Fondi Comuni
Altri investimenti
Liquidità
142.594.220
16.285.312
5.557.716
1.778.940
35.565.467
201.781.654
70,7%
8,1%
2,8%
0,9%
17,6%
100%
Totale
INA DUEMILA
79,6%
7,7%
12,0%
0,4%
0,2%
22.209.206.733
Totale
EUROFORTE MERCATI
COMPOSIZIONE %
17.684.928.008
1.705.776.130
2.673.844.214
98.531.044
46.127.337
Obbligazioni
Azioni
Fondi Comuni
Altri investimenti
Liquidità
Totale
NUOVA MONETA FORTE
IMPORTO
Totale
Per qualsiasi informazione o approfondimento invitiamo la clientela a rivolgersi alla propria Agenzia.
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legale e finanziaria
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Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
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Tel. 02 2584 6665 o 02 2584 6256
Fax 02 2588 6114
Vico II San Nicola alla Dogana, 9
80133 Napoli
Tel. 081 49 777 11 - Fax 081 49 777 12
Via Valentino Mazzola, 66/D
00142 Roma
Tel. 06 6882 8650 - Fax 06 6882 8682
Via Villari, 50 - 70122 Bari
Tel. 080 5760 111
Fax 080 5760 126
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
27
italia: 51575551575557
Economia
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La lente
BANCA PROFILO
CONTESTA
IL «PROCESSO»
DELLA CONSOB
M
atteo Arpe chiede alla
Consob «un giusto
processo» con i requisiti di
«equità, imparzialità e
contraddittorio» sanciti
dalla Corte di Strasburgo
nel caso Ifil-Exor. Questo
perché l’eventuale sanzione
«avrebbe conseguenze
gravi e senza precedenti»
nel mondo finanziario con
la sospensione — di fatto
una decapitazione — dei
vertici bancari. Perciò
Banca Profilo e la
controllante Arepo BP
(fondo Sator), patrocinate
da Natalino Irti e Giuseppe
Cannizzaro, hanno
depositato un’istanza di
annullamento del
procedimento. La vicenda
trae origine da
un’ispezione Consob
durata 17 giorni tra maggio
e giugno 2013 sugli acquisti
di titoli Banca Profilo
effettuati in Borsa da
Arepo che nel corso di due
anni incrementò la quota
del 9% portandola al 63%.
Secondo la commissione
presieduta da Giuseppe
Vegas (nella foto) si trattò
di «una manipolazione del
mercato idonea a sostenere
artificialmente il prezzo».
Non solo. Nell’ultima
relazione annuale
dell’Authority di Borsa —
con l’anonimato dovuto —
si dichiara di aver già
«accertato gli illeciti
amministrativi» a
procedimento in corso.
Resta aperta qualche
curiosità. L’intenzione di
Arepo (fondo Sator) di
accrescere la sua quota era
stata dichiarata prima al
mercato. Gli acquisti si
sono protratti per due
anni, tutti i giorni, per
importi di poche migliaia
di euro, coprendo un
quarto dei volumi trattati.
Questo con tre
autorizzazioni Bankitalia
intervenute nel tempo e
comunicando mensilmente
gli acquisiti a Consob e
Borsa spa. Nel periodo
incriminato il titolo è sceso
da 0,4 a 0,25 euro, più del
mercato, e ha preso a salire
dopo. Una manipolazione
alla luce del sole?
Carlo Turchetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il semestre Utile a 197 milioni. Europa in pareggio, il successo di Maserati. Marchionne: obiettivi 2014 confermati
Frenano i conti Fiat Chrysler, ma va il lusso
Pesano la guerra dei prezzi negli Usa, il Brasile e la crisi argentina
✒
I conti del gruppo
MILANO — Macina sempre
maggiori utili il lusso, continua
ad aumentarli anche l’Asia, ritorna a un sostanziale pareggio
la vecchia Europa. Ma crolla
l’America Latina, tra crisi brasiliana e rischio default argentino,
e pure gli Stati Uniti si rivelano
via via più «faticosi»: vendite
record un mese dietro l’altro, sì,
però in un mercato iper-competitivo che le rende più costose e,
alla fine ne lima i margini. Quel
che i numeri crudi del secondo
trimestre — ricavi su del 5% a
23,3 miliardi di euro, risultato
operativo in calo da 1,073 miliardi a 961 milioni, utile netto
più che dimezzato dai 435 milioni di un anno fa ai 197 attuali
— raccontano della strategia di
riposizionamento geografico,
produttivo e commerciale di
Fiat Chrysler in questa sorta di
fase di mezzo sta in fondo tutto
qui. Una fotografia a parti invertite: si indebolisce (relativamente) la redditività del «lato
forte», la sponda atlantica; si
rafforzano i contributi dei «lati
deboli». Non a sufficienza, tuttavia, da compensare o almeno
riportare in pareggio la bilancia.
Lo stesso Sergio Marchionne,
in conference call con gli analisti dopo il consiglio per la trimestrale e alla vigilia della storica assemblea per la fusione, non
può dirsi del tutto soddisfatto.
Certo, il board presieduto da
John Elkann conferma comunque gli obiettivi già annunciati
per il 2014: ricavi dai 93 miliardi
in su (con ritocco al rialzo delle
stime di consegna, da 4,5-4,6 a
4,7 milioni di auto), risultato
operativo (o Ebit) tra 3,6 e 4 miliardi, utile netto tra 600 e 800
milioni, indebitamento netto
industriale tra 9,8 e 10,3 miliardi (al 30 giugno era a quota 9,7,
a fronte di una liquidità disponibile salita a 21,8 miliardi dai
20,8 di marzo). È la scomposizione dei dati trimestrali, però,
che prende di sorpresa gli analisti e porta il titolo giù del 2,1%.
Si sapeva, che l’aggressiva
competizione sul mercato nor-
1° SEM. 2014
Consegne
totali (n/000)
Dati in milioni di veicoli
2.294
Dati in milioni di euro
1° SEM. 2013
45.453
41.988
Ricavi Netti
1.231
1.680
3.590
3.906
EBIT
EBITDA
(1)
2.179
Utile prima delle imposte
232
720
Utile netto
24
466
Indebitamento netto industriale
di RAFFAELLA POLATO
L’
9.704
7.014 (2)
21.771
22.745 (2)
Liquidità disponibile complessiva
0
10.000
20.000
30.000
(1) EBIT più ammortamenti. (2) Al 31 dicembre 2013, rideterminati per effetto
dell’applicazione retroattiva dell’IFRS 11: Indebitamento netto industriale + 365 milioni di euro, Liquidità disponibile +16 milioni di euro.
damericano avrebbe avuto dei
costi. Quel che gli operatori non
si aspettavano era l’entità, con
l’Ebit ridotto da 733 a 598 milioni nonostante ricavi in crescita
del 7% (a 12,2 miliardi, più della
metà dell’intero fatturato di
gruppo). È poi vero che un risultato operativo di 600 milioni,
che ha oltretutto pagato un conto di 30 milioni all’euro forte,
supera in ogni caso la somma
dei risultati di America Latina
(62 milioni dai 220 di un anno
fa, ma qui il calo era atteso),
Asia-Pacifico (aumento da 88 a
106 milioni), e infine Europa
(perdita ridotta da 69 a 6 milioni, pareggio sostanziale). È vero
anche, però, che lo stesso Marchionne definisce«deludente»
la performance dell’area Nafta:
«Vogliamo rimediare», ovviamente, e se già «luglio è incoraggiante, dobbiamo essere più
disciplinati a livello di prezzi».
Prezzi che non sono evidentemente un problema per le auto di lusso. Dato di fatto scontato per Ferrari, il cui risultato
operativo sale da 96 a 105 milioni, ma in attesa di ulteriori conferme per Maserati. Sono arrivate, vanno oltre le aspettative
La sfida premium e l’Asia
Ipotesi Cassino per Alfa
Il manager italo-canadese
Sergio Marchionne, 62 anni,
amministratore delegato di FiatChrysler. Cavaliere del lavoro (su
nomina del presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano) è alla guida
del Lingotto da oltre dieci anni
40.000
D’ARCO
e, con ricavi passati da 282 a 729
milioni e un Ebit esploso da 9 a
61, dimostrano che la «strada
premium» su cui ora Marchionne deve portare l’Alfa è, davvero, l’unica che potrà fare la differenza promessa per l’intera Fiat
Chrysler. Più delle ipotetiche alleanze con fusione. Psa?
Volkswagen? «Abbiamo smentito. Siamo aperti a discussioni
con tutti, ma specifiche e se
questo può migliorare la struttura dei costi e il posizionamento dei nostri marchi».
Resta il debito, tra i nodi da
sciogliere. Domani, all’ultima
assemblea torinese prima del
trasferimento ad Amsterdam e
della quotazione a Wall Street
(«Entro ottobre»), l’amministratore delegato non potrà parlare del merger da cui nascerà
Fca senza toccare questo tasto.
Come ha anticipato, del resto,
ieri. Sì, ha ammesso di nuovo,
«il livello del debito non è normale», ed è chiaro che « stiamo
lavorando per ridurlo». Ma «la
questione della struttura del capitale sarà affrontata a fine anno». Dopo lo sbarco a New York.
esame vero è sempre lo stesso. Quello
che ancora deve arrivare e di cui solo
Sergio Marchionne conosce il calendario.
Quando partirà il rilancio Alfa? E il primo
modello: la ristrutturazione scattata a
Cassino significa che è lì, che verrà prodotto
(impensabile saturare la fabbrica soltanto
con la Giulietta)? Le risposte seguiranno i
tempi strategici di Marchionne. Il quale
spera di avere «poi», per l’Alfa, l’identico
problema che ha ora con Maserati: da zero
modelli a modelli in qualche modo da
contingentare. Il Suv, per dire, sarebbe quasi
pronto per Mirafiori. Sta in lista d’attesa
(anche) per non cannibalizzare Quattroporte
e Ghibli. Certo, sarà infinitamente più
difficile replicare la rinascita Maserati su
«scala Alfa». E però. Pure il Tridente era un
test. Il primo, decisivo per capire se la
«rivoluzione premium» in Fiat Chrysler
fosse fattibile. Lo è. Dopodiché: il successo di
oggi non è in sé una garanzia per domani.
Però forse non scherza e basta, Marchionne,
quando si lascia scappare che alla fine il
ritorno del Biscione al boom è questione più
di immagine (comunque sostanza) che di
«vita o morte» per i bilanci del gruppo.
Perché, sulla strada degli alti margini
premium, Fiat Chrysler ha già piazzato tre
presidi (oltre all’«altro pianeta» Ferrari).
Era un test anche la 500: è diventata
un’intera famiglia, un marchio nel marchio
che se la cava in America e, nella crisi
europea, ha continuato a vendere,
guadagnare, confermarsi best in class. Era
un test, appunto, Maserati. Pre-cura
vendeva poche migliaia di auto l’anno: nei
primi sei mesi 2014 è a a 18 mila, ha gli Usa
come primo mercato e la Cina come secondo.
Non è mai stata un test, invece, Jeep. Ma in
Europa praticamente non c’era: perciò
viaggia a ritmi del +50%. In Asia, idem: e ora
la costruiranno direttamente in Cina. Gli
spazi, là, ci sono. Le carte( tutte e tre: 500,
Maserati, Jeep, puntando poi al poker con
Alfa) dovrà giocarsele Marchionne.
R. Po.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Salvataggio Sì delle banche al rifinanziamento del gruppo alberghiero. Priorità alla cessione di sette hotel per 270 milioni
Boscolo pronta a ripartire, ma prima deve vendere
Tutto bene quello che finisce bene. L’accordo per evitare
la crisi definitiva del gruppo
Boscolo ha ottenuto via libera
dalle banche creditrici. L’impegno chiesto alla famiglia è
vendere alberghi per 270 milioni nei prossimi quattro anni, riportando così sotto controllo l’indebitamento. Il sacrificio, in particolare, riguarda
sette hotel, tra cui ne spiccano
due, entrambi a Roma, in via
Veneto e dintorni: il Palace e
l’Aleph. Il ridimensionamento
del gruppo è risultato indispensabile perché i debiti era-
no diventati insostenibili: circa 440 milioni, contro una
marginalità operativa che l’anno scorso è stata inferiore a 14
milioni. La banca più esposta è
il Monte dei Paschi di Siena,
seguito da Unicredit e Bnl Bnp
Paribas. Significativi anche i
crediti del Banco Popolare e di
Veneto Banca.
Il gruppo fa capo a una holding, il Boscolo group, che, a
sua volta, è controllato dalla
famiglia tramite una accomandita. Per questo l’intesa con le
banche è stata sottoscritta da
tutti e quattro i fratelli. Angelo
è, da sempre, il vero punto di
riferimento, insieme a Giorgio, Romano, Rossanno.
La scommessa dei Boscolo,
una famiglia veneta partita da
un piccolo albergo, è nata negli anni Ottanta sotto la stella
di due banchieri: Silvano Pon-
Ristrutturazione
La prima
ristrutturazione
imposta dalle banche
nel 2010 era fallita
tello, che all’epoca era il padre
padrone dell’Antonveneta di
Padova, e successivamente
Gianpiero Fiorani, il funambolico amministratore delegato della Popolare di Lodi, finito
nei guai proprio con la scalata
alla Antonveneta. Il gruppo
Boscolo, che attualmente conta 13 hotel, è cresciuto grazie a
una leva finanziaria spinta. Poi
la grande crisi non ha permesso di fronteggiare gli impegni
presi puntando sulla crescita.
La prima ristrutturazione
del gruppo è stata imposta
dalle banche nel 2010, ma la
cura non è riuscita. Così, sempre gli istituti di credito, hanno voluto la nomina nel 2013
di un nuovo amministratore
delegato, Luciano Fausti, arrivato da Mediobanca, dove ha
lavorato 25 anni (è figlio dell’ex presidente della Comit,
Luigi Fausti). Il mandato a Luciano Fausti è stato di rimettere ordine nel gruppo e preparare il piano di risanamento finanziario, firmato nella tarda
serata di mercoledì scorso. Il
piano di rimborso dei debiti
approvato è ventennale e non
prevede il rifinanziamento del
debito.
I punti chiave, oltre alla vendita dei sette alberghi, sono il
rilancio delle attività operative, regole di governance puntuali, verifiche periodiche sulla tenuta e sullo stato di esecuzione del piano (che non erano
state previste nel 2010). Alla
famiglia restano hotel prestigiosi a cinque stelle come Exedra di Roma, il Boscolo di Budapest e quello di Praga. Altri
alberghi in vendita sono a Venezia, Firenze, Nizza. I prezzi
di vendita del Palace di Roma e
dell’Aleph risultano rispettivamente intorno a 65 milioni e
40 milioni.
Fabio Tamburini
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28
Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
RENDICONTO DI TECLA FONDO UFFICI AL 30 GIUGNO 2014
FACCIAMO
CRESCERE
I TUOI RISPARMI
ANCHE IN
CONDIZIONI
DIFFICILI
Il Consiglio di Amministrazione di Prelios SGR, riunitosi il 30 luglio u.s., ha approvato il rendiconto di gestione al 30
giugno 2014 del fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso quotato Tecla Fondo Uffici.
Il NAV (Net Asset Value) al 30 giugno 2014 è pari a 286,84 euro pro quota (NAV totale pari a 185,5 milioni di euro),
rispetto ad un valore di 317,9 euro al 31 dicembre 2013 (NAV totale pari a 205,5 milioni di euro). Il rendimento medio
annuo teorico dal collocamento fino al 30 giugno 2014 è pertanto pari a 9,85%.
Per il Fondo il risultato distribuibile della gestione del primo semestre 2014, al netto delle plus/minusvalenze non
realizzate, risulta essere negativo e pari a circa 13,6 milioni di euro. Non si registrano, pertanto, proventi distribuibili.
***
Si rende inoltre noto che è stata messa a disposizione del pubblico presso la sede di Prelios Società di Gestione del Risparmio S.p.A.,
di Borsa Italiana S.p.A., della Banca Depositaria (State Street Bank S.p.A), nonché mediante pubblicazione sul sito internet di Tecla Fondo
Uffici (www.fondotecla.com), la seguente documentazione:
- rendiconto di gestione del Fondo Tecla al 30 giugno 2014;
- relazione di stima dei beni del Fondo Tecla al 30 giugno 2014 redatta dell'Esperto Indipendente CBRE Valuation S.p.A.;
EUROVITA ASSICURAZIONI S.p.A. - SEDE LEGALE E DIREZIONE GENERALE: Via dei Maroniti, 12
00187 Roma - CAPITALE SOCIALE € 113.720.835,14 i.v. - Iscritta al n. 1.00099 Albo
Imprese Assicurazione - Sez. 1 - Iscr. Trib. Roma n° 1211/90 - C.C.I.A.A. Roma, Cod. Fisc. e
P.I. 03769211008 - Autorizzato con D.M. del 28/08/91 (G.U. del 02/09/91 n° 205)
PROSPETTO SEMESTRALE DELLE COMPOSIZIONI
DELLE GESTIONI SEPARATE IN EURO
Semestre di riferimento: dal 01/01/2014 al 30/06/2014
ai sensi delle disposizioni IVASS vigenti
Milano, 31 luglio 2014.
“PRIMARIV”
Le quote (simbolo QFTEC.MI) sono negoziate sul mercato MIV (“Mercato Telematico degli Investment Vehicles”) gestito da Borsa Italiana.
Per ulteriori informazioni: Prelios SGR - Tel. +39 02.6281.1
Tecla è un fondo gestito da:
CODICE IMPRESA: 365
CODICE GESTIONE: 00007
Categoria di attività
(valori in euro)
100
200
300
400
1000
Alla chiusura del
semestre di riferimento
(30/06/2014)
Importi da libro mastro1
Obbligazioni ed altri titoli a reddito fisso
Titoli di capitale
Altre attività patrimoniali
Passività patrimoniali
Saldo attività della gestione separata
1.536.737.418
72.882.915
242.947.201
1.852.567.534
Alla chiusura del periodo
di riferimento prec.
(31/12/2013)
Importi da libro mastro1
1.448.773.401
77.448.866
259.002.294
1.785.224.561
1 al netto delle attività eventualmente iscritte, ai sensi dell'articolo 8 comma 4 del Regolamento
IVASS n.38/2011, nell'apposita sezione del libro mastro.
Redatto il 28/07/2014
fondotecla.com
“EURORIV”
RENDICONTO DI OLINDA FONDO SHOPS AL 30 GIUGNO 2014
Il Consiglio di Amministrazione di Prelios SGR, riunitosi il 30 luglio u.s., ha approvato il rendiconto di gestione al 30
giugno 2014 del fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso quotato Olinda - Fondo Shops.
Il NAV (Net Asset Value) al 30 giugno 2014 è pari a 130,30 euro pro quota (NAV totale pari a 68 milioni di euro), rispetto
ad un valore di 374,06 euro al 31 dicembre 2013 (NAV totale pari a 195,3 milioni di euro). Il rendimento medio annuo
teorico dal collocamento fino al 30 giugno 2014 è pertanto pari a -2,8%.
Per il Fondo il risultato distribuibile della gestione del primo semestre 2014, al netto delle minusvalenze non realizzate,
è stato pari a -129,3 milioni di euro. Non si registrano, pertanto, proventi distribuibili.
***
Si rende inoltre noto che è stata messa a disposizione del pubblico presso la sede di Prelios Società di Gestione del Risparmio S.p.A.,
di Borsa Italiana S.p.A., della Banca Depositaria (State Street Bank S.p.A.), nonché mediante pubblicazione sul sito internet di Olinda –
Fondo Shops (www.fondo-olinda.com), la seguente documentazione:
- rendiconto di gestione del Fondo Olinda al 30 giugno 2014;
- relazione di stima dei beni del Fondo Olinda al 30 giugno 2014 redatta dell'Esperto Indipendente Scenari Immobiliari S.r.l..
Milano, 31 luglio 2014.
CODICE IMPRESA: 365
CODICE GESTIONE: 00008
Categoria di attività
(valori in euro)
100
200
300
400
1000
Alla chiusura del
semestre di riferimento
(30/06/2014)
Importi da libro mastro1
Obbligazioni ed altri titoli a reddito fisso
Titoli di capitale
Altre attività patrimoniali
Passività patrimoniali
Saldo attività della gestione separata
1.124.322.214
41.798.865
142.252.584
1.308.373.663
Olinda è un fondo gestito da:
Importi da libro mastro1
1.068.628.207
41.798.936
182.667.713
1.293.094.856
1 al netto delle attività eventualmente iscritte, ai sensi dell'articolo 8 comma 4 del Regolamento
IVASS n.38/2011, nell'apposita sezione del libro mastro.
Redatto il 28/07/2014
“FUTURIV”
CODICE IMPRESA: 365
Le quote (simbolo QFOLI.MI) sono negoziate sul mercato MIV (“Mercato Telematico degli Investment Vehicles”) gestito da Borsa Italiana.
Per ulteriori informazioni: Prelios SGR - Tel. +39 02.6281.1
Alla chiusura del periodo
di riferimento prec.
(31/12/2013)
CODICE GESTIONE: 00010
Categoria di attività
(valori in euro)
100
200
300
400
1000
Alla chiusura del
semestre di riferimento
(30/06/2014)
Importi da libro mastro1
Obbligazioni ed altri titoli a reddito fisso
Titoli di capitale
Altre attività patrimoniali
Passività patrimoniali
Saldo attività della gestione separata
2.521.860
865.473
3.387.333
Alla chiusura del periodo
di riferimento prec.
(31/12/2013)
Importi da libro mastro1
1.773.311
1.139.096
2.912.407
I rendimenti delle nostre gestioni
separate anche sul tuo smartphone
1 al netto delle attività eventualmente iscritte, ai sensi dell'articolo 8 comma 4 del Regolamento
IVASS n.38/2011, nell'apposita sezione del libro mastro.
Redatto il 28/07/2014
fondo-olinda.com
www.eurovita.it
COMUNE DI BARI
Ripartizione Stazione Unica Appaltante,
Contratti e Gestione Lavori Pubblici
Polizze Vita Gestione separata
"SPRINT"
AVVISO DI GARA S14015
CIG 5835101DA9
Comune di Bari – Ripartizione Stazione
Unica Appaltante, Contratti e Gestione Lavori Pubblici – Via Garruba, 51 – 70122
Bari (Italia) tel. 080/5775062/09 Fax
080/5775050
Oggetto: Istituzione e gestione del servizio
“Pronto intervento sociale”.
Importo a base d’asta:€ 239.616,00,oltre Iva.
Durata: un anno.
Finanziamento: fondi del Civico Bilancio.
Requisiti di partecipazione: vedi bando integrale.
Procedura ristretta.
Aggiudicazione: offerta economicamente
più vantaggiosa, giusta art. 83 del D.Lgs.
163/2006.
Termine di ricezione delle offerte: ore
12.00 del 11.09.2014.
Per ulteriori informazioni si rinvia al bando
integrale e documentazione di gara allegata, reperibile su www.comune.bari.it e
www.appaltitalia.com.
Prospetto semestrale della composizione
Semestre di riferimento: dal 01/01/2014 al 30/06/2014
CODICE IMPRESA: 317
CODICE GESTIONE: 001
Alla chiusura
del semestre
di riferimento
(30/06/2014)
Categoria di attività
Alla chiusura
del periodo
di riferimento prec.
(31/12/2013)
Importi da libro mastro1 Importi da libro mastro1
100 Obbligazioni ed altri titoli a reddito fisso
116.447.031
200 Titoli di capitale
300 Altre attività patrimoniali
-
15.725.158
703.349
400 Passività patrimoniali
IL DIRIGENTE Avv. Marisa Lupelli
1000 Saldo attività della gestione separata
132.381.891
-
-
-
132.172.189
133.085.240
1 al netto delle attività eventualmente iscritte, ai sensi dell'articolo 8 comma 4 del Regolamento IVASS
La Società per Azioni Esercizi Aeroportuali S.E.A. indice una gara, mediante procedura
aperta ex artt. 3 c. 37 e 220 del D.Lgs 163/06,
interamente gestita con sistemi telematici ex
art. 85, c. 13 del D.Lgs.163/06, per la per la
fornitura di kit di sollevamento aeromobili incidentati presso gli Aeroporti di Milano Linate
e Malpensa (C.I.G. n. 5856330C63). L’importo a base d’asta è pari a Euro 1.500.000,00
(IVA esclusa), di cui Euro 0,00 per costi della
sicurezza dovuti a interferenze. Durata dell’appalto: la fornitura dovrà essere completata
entro 280 giorni dalla stipula del contratto.
L’aggiudicazione verrà effettuata con il criterio
dell’Offerta prezzo più basso. I concorrenti
dovranno far pervenire, a pena di esclusione,
la propria offerta entro le ore 10.00 del giorno
15/09/2014, esclusivamente in via telematica,
previa registrazione sul sito: https://portalefornitorisea.seamilano.eu/irj/portal. Il bando
di gara è stato inviato alla G.U.U.E. il
22/07/2014 ed è in pubblicazione sulla GURI.
Il testo integrale è disponibile sul sito Internet
dell’Ente
Aggiudicatore
all’indirizzo.
http://www.seamilano.eu/it/avvisi-corso.
Il Responsabile del procedimento
per la fase di affidamento
Ing. Carlo Murelli
n.38/2011, nell'apposita sezione del libro mastro
Assicurare il futuro è la nostra passione
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aut. all'esercizio assic. con D.M. 16-05-88 (G.U. 22-06-88 n° 145) - Compagnia con sistema di management certificato
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Società soggetta alla attività di direzione e coordinamento di Aedes S.p.A.
COMUNE DI NAPOLI
ESTRATTO ESITO DI GARA - CIG 5428966C75
Si avvisa che in data 25/07/14 è stato inviato alla GUUE
l’esito della gara “Servizio di attività gestione della Centrale Operativa Sociale” (COS) per 30 settimane. Determina di aggiudicazione n. 18 del 12/05/14. Valore
inizialmente stimato: € 261.320,40 oltre IVA al 4% - Valore finale: € 269.452,35 IVA inlcusa al 4%. - Testo integrale è reperibile sul sito www.comune.napoli.it.
Il Dirigente del SACUAG - Area Gare Forniture e Servizi
avv. Rossana Lizzi
COMUNE DI NAPOLI
ESTRATTO ESITO DI GARA
Si avvisa che in data 25/07/14 è stato inviato alla GUUE
l’esito della gara: “Agenzia Cittadina per la promozione del
Terzo Settore” - due lotti. Determina di aggiudicazione n.
19 del 16/05/14. Aggiudicatari Lotto 1: ATI Studio Erresse
soc. coop. (mandataria)/Consul Service soc. coop. - L’APE
(mandanti), Lotto 2: ATI Gesco Consorzio di Cooperative
Sociali (mandataria)/Redattore Sociale srl (mandante). Testo
integrale reperibile sul sito www.comune.napoli.it/bandi.
Il Dirigente del SACUAG - Area Gare Forniture e Servizi
avv. Rossana Lizzi
Redatto il 24/07/2014
Pubblicato in conformità alle circolari IVASS - Importi in unità di euro
AVVISO AI PARTECIPANTI AL FONDO COMUNE DI INVESTIMENTO
IMMOBILIARE DI TIPO CHIUSO "INVESTIETICO"
Il Consiglio di Amministrazione di AEDES BPM Real Estate SGR S.p.A.,
riunitosi in data 30 luglio 2014, ha approvato la Relazione Semestrale al
30 giugno 2014 del fondo comune di investimento immobiliare di tipo
chiuso INVESTIETICO. Il valore complessivo netto del fondo ammonta a
€ 152.269.854 ed il valore della quota, al netto del provento di Euro
135 distribuito ai sottoscrittori il 27 marzo 2014, è pari a € 2.475,772
(€ 2.608,701 al 31 dicembre 2013).
La Relazione Semestrale del fondo INVESTIETICO sarà messa a disposizione del pubblico a partire dalla data odierna presso la sede di AEDES
BPM Real Estate SGR, della Borsa Italiana, della Banca Depositaria e sul
sito www.aedesbpmresgr.com
Milano, 31 luglio 2014
AEDES BPM Real Estate SGR S.p.A.
www.aedesbpmresgr.com
Avviso ai partecipanti al Fondo Comune
di Investimento Mobiliare di Tipo Chiuso
“DIMENSIONE IMPRESA”e valore della quota del fondo
Il Consiglio di Amministrazione di Assietta Private Equity SGR SPA ha deliberato in
data 24 luglio 2014 di effettuare, ai sensi dell’art.5 comma 12 del Regolamento del
Fondo mobiliare chiuso DIMENSIONE IMPRESA, un rimborso parziale pro-quota del
fondo, distribuendo i proventi della liquidazione della partecipata Emozione Spa
(Millefiori Srl).
PARTECIPAZIONE CEDUTA: Emozione SPA (Millefiori Srl)
MOTIVO DEL RIMBORSO: Consentire ai Partecipanti al Fondo di monetizzare il capitale e le plusvalenze derivanti dalla cessione dell’investimento di cui sopra.
IMPORTO COMPLESSIVO RIMBORSATO: 25.050.000,00 (venticinquemilionicinquantamila/00euro)
PERCENTUALE DEL RICAVATO DELLA LIQUIDAZIONE: 80%
IMPORTO RIMBORSATO PRO-QUOTA: 25.000,00 (venticinquemila/00euro)
PROCEDURE PER OTTENERE IL RIMBORSO: Il rimborso dell’importo di competenza
sarà effettuato per il tramite della Banca Depositaria mediante bonifico bancario sul
conto corrente comunicato alla SGR dai Partecipanti al Fondo.
Il Consiglio di Amministrazione di APE SGR SPA in data 24-07-2014, ha approvato
la relazione semestrale al 30-06-2014 del Fondo comune di investimento mobiliare
chiuso “Dimensione Impresa”.
Il valore complessivo netto del Fondo Dimensione Impresa al 30-06-2014 è pari a
euro 46.598.197,00, il valore unitario delle quote emesse è di euro 46.505,187.
Assietta Private Equity sgr spa
www.apesgr.it
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Economia 29
italia: 51575551575557
Il sindaco di Siena
I conti
Valentini chiama Padoan: Fondazione Mps scelga subito il presidente
Cdp, utile
a 1,2 miliardi
Oggi firma
il socio cinese
Il sindaco di Siena Bruno Valentini (nella
foto) non ci sta: «Chiedo che la
Deputazione generale si riunisca la
prossima settimana, anche se i
consiglieri sono in ferie ovunque nel
mondo, per dare un presidente e una
Deputazione amministratrice alla
Fondazione, perché questo è il loro
dovere». E’ dura la presa di posizione del
primo cittadino di Siena (foto)
all’indomani della riunione della
Deputazione generale conclusasi con un
nulla di fatto e le dimissioni irrevocabili
della presidente di Palazzo Sansedoni,
Antonella Mansi, che oggi lascerà
l’incarico. Quello che lo preoccupa —
sostiene Valentini — è soprattutto il
rinvio della scelta al 22 agosto, che in
pratica lascia la Fondazione Mps,
azionista con il 2,5% di Banca Monte
Paschi, senza il vertice per un mese. Così
ha deciso di rivolgersi a Pier Carlo
Padoan, a capo del ministero
dell’Economia, l’autorità di vigilanza
sulle Fondazioni. Il ministro — ha
riferito il sindaco di Siena — avrebbe
convenuto sulla necessità di una
riunione anticipata per la nomina.
Valentini si è rivolto poi all’organo di
indirizzo dell’ente dichiarando che «è
inaccettabile che la Deputazione
generale si consumi all’interno di
scontri, veti e voti contrapposti che
bruciano nominativi di altissimo
livello». Il riferimento è ai nomi che
sarebbero indicati dal Comune di Siena,
l’economista Bettina Campedelli e
Marcello Clarich, docente Luiss.
D. Pol.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’operazione La controllante di Mediaset e Milan compra da Silvio Berlusconi la partecipazione diretta del 2%
L’ex Cavaliere fa cassa con la Fininvest
Cedute alla holding azioni per 83 milioni
MILANO — «Si segnala infine che Fininvest ha acquistato nel mese di luglio 2013
n.4.294.342 azioni proprie
pari al 2,065% del capitale per
un importo di 82,6 milioni».
Così si legge sul bilancio
2013 della Fininvest appena
depositato. Non c’è scritto
chi ha venduto le azioni. Ma
incrociando numeri e percentuali non si scappa: è stato Silvio Berlusconi a vendere
a Fininvest quel pacchetto di
azioni incassando quasi 83
milioni. Lo ha fatto pochi
giorni prima che la Cassazione gli confermasse la condanna a quattro anni per frode fiscale nel processo sui diritti tv di Mediaset. E’ vero
che l’ex premier ha sempre
saldamente il controllo (61%
circa) della holding al vertice
del gruppo (Mediaset, Mondadori, Mediolanum, Milan).
Ed è altrettanto vero che questo controllo viene esercitato
da decenni tramite alcune finanziarie (Holding Prima,
Seconda, ecc.). Ma da sempre
Berlusconi aveva mantenuto
una piccola, quasi simbolica,
partecipazione diretta dentro
Fininvest, senza mai conferirla in alcuna finanziaria,
come per mantenere un accesso diretto e non mediato
alla cassaforte del suo impero.
Le azioni che Fininvest si è
ricomprata dall’ex cavaliere
sono state valutate 23,28 eu-
Maxi riserva
Gli utili Fininvest
non distribuiti negli anni
passati ammontano
oggi a 1,6 miliardi
D’ARCO
La Galassia
Silvio Berlusconi
Holding Italia 1
Holding Italia 2
Holding Italia 4
7,65%
Marina Berlusconi
7,65%
Azioni proprie
Pier Silvio Berlusconi
Holding Italia 5
ro ciascuna per un valore
complessivo attribuito alla
holding pari a 4,8 miliardi. Di
fatto, dunque, l’assegno da
83 milioni liquidato a Berlusconi per il 2,06% è pari alla
corrispondente quota di patrimonio netto consolidato
di Fininvest. Forse il leader di
Forza Italia aveva bisogno di
fare cassa, in assenza di dividendi.
Gtech, dalle banche 10 miliardi
per la maxi acquisizione Usa
gruppo con un drappello di
banche tra cui Wells Fargo, Citibank e Bnp Paribas che garantirebbero linee fino a circa 10 miliardi di dollari. Un impegno
ponte che coprirà i fabbisogni
sia di Gtech sia della Igt quotata
al Nyse, pari a circa 2,9 miliardi
tra bond e finanziamenti in scadenza nel 2016. Il gruppo allestirà infatti un programma Emtn
(Euro medium term note) per le
emissioni obbligazionarie che
permetteranno alla nuova Gtech-Igt di dipendere meno dalle
banche. Poi scatterà la fusione
6
miliardi di dollari
il fatturato della società
che nascerà dalla fusione
tra Gtech e Igt
tra le società con scambio e acquisto di azioni da parte dei soci
Gtech.
Pronta è la catena societaria
che ha come punto di partenza
Londra: Saint Andrews street, a
pochi passi dalla sede di Goldman Sachs, è l’indirizzo scelto
da Sala per la neo costituita Georgia Worldwide ltd. In pratica,
la futura capofila della catena
che vedrà De Agostini con il 47%
più i soci Usa della Igt che non
eserciteranno il recesso. La società sbarcherà a Wall Street e
controllerà Gtech e Igt che lasceranno i rispettivi listini. La ex
Lottomatica non sarà più la stessa. Sarà meno dipendente dai
contratti di fornitura soggetti a
gare e sarà il primo produttore
mondiale di slot machine. Con
l’obiettivo di assicurarsi le nuove mecche del gioco di Hong
Kong e Macao.
Daniela Polizzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Semestrali
Giù i costi per Italcementi e Indesit
Risultato operativo in crescita del 27% a 99,8
milioni e debiti netti in diminuzione a 1.852
milioni dai 1.934 di fine 2013 per il gruppo
Italcementi. Il rapporto tra mol e fatturato è
salito al 14,8% dal 13,6% di un anno fa grazie
ai piani di efficienza. I 2.048 milioni di ricavi
(-5%) risentono ancora della stagnazione nel
settore costruzioni.
Recupero del margine operativo per Indesit
company che ha chiuso i primi sei mesi con
33,5 milioni contro i 14,7 di un anno fa. Più
vicino al pareggio è poi il risultato netto (0,9 milioni) e si raffronta con la perdita di
17,2 milioni del primo semestre 2013. I
Fininvest
2,3%
Giochi Georgia Worldwide è la nuova capogruppo a Londra
Manovre in pieno svolgimento in casa De Agostini per traghettare la International Game
Technology di Las Vegas sotto le
insegne di Gtech. L’operazione,
annunciata a metà luglio dalla
società dei giochi quotata a
Piazza Affari e controllata con il
59,5% dalle famiglie Boroli e
Drago, sarà approfondita dal ceo
Marco Sala nell’incontro con gli
analisti previsto oggi, dopo la
presentazione dei conti semestrali. Il gruppo di Novara e le
banche più vicine, secondo le
prime informazioni, stanno gettando le basi dell’operazione, di
sicuro la più grande oggi in corso tra Italia e Usa dopo la fusione
di Fiat e Chrysler. Porterà alla
nascita di un colosso del gioco
con oltre 6 miliardi di dollari di
ricavi e 2 di margine operativo.
Prima mossa, la firma della
lettera d’impegno con Credit
Suisse e Barclays che ridisegneranno le finanze del nuovo
Holding Italia 3
Holding Italia 8
61%
ricavi scendono del 9% a 1.184,2 milioni.
Snam archivia i conti con un utile netto di
561 milioni in crescita del 21,4% e ricavi di
1.782 milioni (+0,4%). Scende del 5% a 32,8
miliardi di metri cubi il gas immesso nella
rete di trasporto mentre resta stabile a 11,4
miliardi la capacità di stoccaggio.
Prelios riduce a 37,6 milioni le perdite.
Ricavi stabili a 35,2 milioni. L’ebit rimane
negativo a -5,6 milioni (erano -7,9 milioni).
Il cda di Ntv ha approvato il bilancio 2013
con ricavi raddoppiati a 239 milioni e avviato
la ristrutturazione dei 666 milioni di debiti.
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Erano anni che non si registravano movimenti nel capitale della capogruppo, da
quando nel riassetto delle finanziarie di famiglia fecero il
loro ingresso i tre figli più
giovani (Barbara, Eleonora e
Luigi) cui fa capo, attraverso
la Holding 14, il 21,4% di Fininvest.
Il bilancio 2013, per il resto, ha registrato, come è già
21,4%
Holding Italia 14
Barbara Berlusconi
Eleonora Berlusconi
Luigi Berlusconi
noto, 4,7 miliardi di ricavi
consolidati e una perdita di
428 milioni, effetto della sentenza per il «Lodo Mondadori» e anche di svalutazioni di
partecipazioni. Nella spa la
perdita è stata di 382 milioni.
La copertura integrale delle
perdite è stata agevolata dall’enorme riserva che Fininvest ha creato con gli utili
non distribuiti negli anni
passati. Oggi ammonta a 1,6
miliardi considerando già
«spesato» il rosso 2013.
Una piccola rivalutazione
ha riguardato Mediobanca,
ora in carico a 183 milioni
(178 l’anno scorso) definita
«investimento strategico».
Nota dolente invece per Villa
Gernetto, il grande complesso immobiliare di Lesmo
(Monza) con 40 ettari di parco. Era stata «concepita – si
legge nel consuntivo - per
ospitare eventi e attività didattiche di alto profilo» ma
«permangono difficoltà di
messa a reddito legate all’andamento economico». Costata oltre 70 milioni tra acquisto e ristrutturazione,
quella che doveva essere la
sede dell’Università del pensiero liberale è ora in bilancio
a 50 milioni. E non produce
reddito sufficiente a coprire i
costi. Qualcuno dice che se
non decolla diventerà la residenza di Silvio Berlusconi
quando andrà in pensione.
Se andrà in pensione.
Mario Gerevini
[email protected]
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La Cina entra nelle grandi
reti italiane dell’energia
con il passaggio del 35%
di Cdp Reti a State Grid of
China per 1,2 miliardi. La
firma dell’operazione
messa a punto la scorsa
settimana a Pechino dal
ministro dell’Economia
Pier Carlo Padoan e
prevista oggi a Palazzo
Chigi. In Cdp Reti
oggi c’è solo il 30% di
Snam, ma prima del
closing sarà conferito
anche il 29,8% di Terna.
Il consiglio della
capogruppo Cdp ha
approvato ieri i conti del
semestre chiuso con un
utile di 1,2 miliardi. Un
risultato in linea con lo
stesso periodo dello
scorso anno, al netto dei
cosiddetti fattori non
ricorrenti. Il margine
d’interesse pari a 714
milioni è in calo del 53%
circa rispetto al 2013. Il
calo, si legge in una nota,
è effetto «di una
significativa riduzione
dei tassi d’interesse e
dell’applicazione del
nuovo meccanismo di
remunerazione della
liquidità presso il Mef,
previsto dalla Spending
review». Il consiglio della
Cassa, infine, ha i
nominato e Andrea
Novelli direttore
generale.
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NM Global Equities EUR hdg A
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NM Inflation Linked Bond Europe A 29/07 EUR
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NM Italian Diversified Bond I
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Income A
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29/07 EUR
6,743
Italian Selection A
29/07 EUR
5,342
Liquidity A
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Multimanager American Eq.A
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Multimanager Asia Pacific Eq.A
29/07 EUR
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Multimanager Emerg.Mkts Eq.A
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4,577
Multimanager European Eq.A
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Usa Value Fund A
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29/07 USD
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5,644
5,703
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5,786
7,351
6,733
5,341
5,016
4,789
4,551
4,586
5,348
6,148
5,598
114,580
120,940
111,110
106,200
86,820
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PS - Total Return A
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PS - Valeur Income A
PS - Value A
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29/07
29/07
29/07
29/07
29/07
29/07
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29/07
29/07
29/07
29/07
03/06
29/07
29/07
29/07
29/07
29/07
29/07
29/07
29/07
29/07
29/07
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100,390
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104,140
98,560
104,580
107,170
108,970
109,070
105,130
108,250
103,060
96,810
111,820
105,430
107,720
103,200
99,550
99,830
100,720
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107,120
107,280
105,630
105,750
102,950
100,720
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115,340
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83,770
136,470
135,400
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Quota/od. = Quota odierna
13352BAB
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Sussurri & Grida
Piazza Affari
BALZO DI BANCA PROFILO
MEDIASET IN FRENATA
Seat Pg passa ai creditori, pronto il via libera al concordato
di GIACOMO FERRARI
Chiusura in rosso per le Borse
europee, al termine di una seduta
quasi piatta. A favorire le vendite
sono state da un lato le nuove
sanzioni economiche alla Russia
decise da Usa e Ue; dall’altro il
miglioramento del Pil americano
che potrebbe indurre la Fed ad anticipare il rialzo dei
tassi. Il calo degli indici in Europa è stato
mediamente intorno al punto percentuale. Il FtseMib di Piazza Affari ha ceduto lo 0,94%, vanificando
così il leggero progresso della vigilia. In ordine
sparso il comparto bancario, nonostante il successo
dell’asta dei Btp e lo spread fermo a 151 punti base.
La Popolare Milano (+1,49%) svetta fra le blue chips,
mentre nel resto del listino spiccano Banca Finnat
(+5%) e Banca Profilo (+8,76%). Bene anche
StMicroelectronics (+1,35%), Finmeccanica
(+0,87%), Autogrill (+0,69%) e Saipem (+0,67%). Fra i
titoli minori Gabetti ha guadagnato il 3,44% dopo i
conti e la nomina del nuovo amministratore delegato.
Per il secondo giorno consecutivo Yoox (-2,51%)
guida invece la lista dei ribassi, seguita da Eni (2,12%), Fiat (-2,10%) e Mediaset (-2,10%) colpita dai
tagli al target price dopo il consuntivo del semestre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Economia/Mercati Finanziari 31
italia: 51575551575557
(m. ger.) E’ attesa a breve, forse già oggi, la «sentenza»
definitiva sul futuro di Seat Pagine Gialle ma è ormai
quasi certo che i creditori daranno il via libera al concordato. Tutti i singoli voti sono stati raccolti nelle ultime ore
dal Tribunale fallimentare di Torino. Ma i soggetti che
hanno lo stock di debito più consistente si sono già
espressi favorevolmente. Dunque è ormai a un passo il
via libera definitivo al quadro di interventi che consentiranno al gruppo di ripartire scrollandosi di dosso 1,5 miliardi di debiti a fronte, comunque, del notevole sacrificio
di gran parte dei creditori che rivedranno poco meno del
20% dei loro soldi. Però d’altra parte era più che concreto
il rischio di una liquidazione. E anche l’offerta in corsa di
Antonio Percassi e Vittorio Farina (allettante nella parte
cash, un po’ meno nelle modalità di fusione con Dmail) è
stata respinta. Dunque Seat con l’ok dei creditori potrà
disfarsi del fardello creato undici anni fa con l’operazione
di leverage, ora sotto la lente della Procura di Torino, ad
opera di un gruppo di fondi di private equity. Gli amministratori espressi negli anni (fino al 2012) da quei fondi
sono ora «inseguiti» da un’azione di responsabilità votata
dai soci Seat. Le attese sono per un’adesione massiccia dei
creditori al piano concordatario varato dalle assemblee di
marzo su proposta del consiglio di amministrazione. La
proclamazione del voto prima della pausa feriale permetterà al Tribunale di mettere in calendario l’omologa del
concordato entro settembre. Dopodiché la società partirà
con le operazioni finanziarie tra cui la maxi emissione di
azioni per far entrare nel capitale i creditori. Gli attuali
azionisti si diluiranno allo 0,25% (il che rende incomprensibili le quotazioni del titolo tali da esprimere oggi
una capitalizzazione vicina ai 30 milioni). A fine anno Seat sarà una public company senza debito con un azionariato totalmente nuovo, composto da ex creditori che presumibilmente vorranno monetizzare. E a quel punto, forse, qualche gruppo industriale potrebbe farsi avanti.
seconda Repubblica: l’amministratore delegato, Mauro
Masi (ex dg Rai), e il presidente, Andrea Monorchio,(ex
Ragioniere generale dello Stato). Oltre a quelli dell’Istituto Poligrafico e di Consap vanno rinnovati i consigli di
amministrazione di Istituto Luce, Italia Lavoro, Rete Autostrade Mediteranee ed Enav. Per quest’ultima la conferma o meno di Massimo Garbini, attualmente amministratore unico, servirà a stabilire chi dovrà accompagnare
la società specializzata in servizi di controllo del traffico
aereo in Borsa. Dopo le agili rottamazioni nelle grandi società pubbliche come Enel, Eni, Poste e Finmeccanica. Lo
spoils system renziano ha cambiato passo. Un temporeggiare già visto in occasione delle nomine in Terna e Ferrovie. Per i piccoli, insomma, serve più riflessione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Poligrafico e Consap, stallo sul ricambio
dei manager
(an. duc.) Dipende tutto da cosa deciderà il premier
Matteo Renzi. Malgrado siano partecipate al 100% dal ministero dell’Economia, quindi sotto la giurisdizione di
Pier Carlo Padoan, le società pubbliche minori di via XX
Settembre e il destino dei loro vertici verrà stabilito a Palazzo Chigi. Il punto è che il dossier nomine è ormai fermo da settimane senza che si intraveda uno sbocco. Tanto
per capire, tre giorni fa l’assemblea dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato è andata per l’ennesima volta deserta. Tutto rinviato al 5 agosto. In attesa di novità, al vertice
resta Maurizio Prato, inossidabile manager di scuola Iri,
transitato per Alitalia e poi in Fintecna. Situazione analoga capita dalle parti di Consap. La società concessionaria
di servizi assicurativi pubblici, dove, in assenza di nomine, restano in sella due navigate conoscenze della prima e
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Suez e i piani sull’acqua italiana
(s. agn.) Se c’erano dubbi ora sono spariti: Suez Environnement, il gruppo francese specializzato nella gestione di acqua e rifiuti, punta a diventare un player di primo
piano in Italia sulla scia del consolidamento che ci sarà
nei prossimi anni. A confermarlo è stato l’amministratore
delegato Jean-Luis Chaussade nel corso della presentazione dei risultati del primo semestre. Secondo il manager transalpino, gli oltre 100 Ato (Ambiti territoriali ottimali) delle società che distribuiscono l’acqua in Italia si
ridurranno in tre o quattro gruppi principali.
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
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Cultura
Il romanziere Houellebecq diventa attore
Lo scrittore francese Michel Houellebecq (1956) debutta come attore alla
prossima Mostra del Cinema di Venezia. L’autore del bestseller Le
particelle elementari (Bompiani) sarà il protagonista unico del dramma
psicologico Near Death Experience di Benoît Delépine e Gustave Kervern:
Houellebecq veste i panni di un impiegato depresso che, ascoltata una
notizia al telegiornale, si lancia in una folle avventura al limite.
Incursioni Viaggio televisivo tra la finale Argentina-Germania e un documentario su Venezia: navi che si inchinano e narratrici americane di successo
Bestselleriste chic e scrittori veri
Tutti destinati comunque all’oblio
«Meglio non lasciare tracce che fare gli intellettuali come Donna Leon»
U
no scrittore non ha bisogno di guardare una finale di Coppa del mondo... vista in diretta da un miliardo e ottocento milioni di umani e almeno dal quintuplo di altri animali quali mosche, zanzare,
scarafaggi, cani, gatti, pappagalli, topi, peluche
però in perfetta salute mentale... per sentirsi un
moscerino azzoppato i cui voli possono tutt’al
più destare l’interesse di un ragno in attesa di
omologarlo nella comune ragnatela: basta esca
una mattina a fare la spesa per sentire sé e la
propria opera letteraria meno importanti di un
vigile in divisa, e neppure tutto, basta il suo taccuino delle multe in mano.
Tuttavia, prima di guardare io stesso la partita tra Argentina e Germania per rendermi conto almeno approssimativamente del fascino
plagiario che ha un simile evento su un quarto
della popolazione mondiale e della mia ridicola
insignificanza di scrittore, di cittadino, di uomo e di vecchio senza uno straccio di pensione
malgrado i milioni pagati in non so più che balzelli, contributi, acronimi e pizzi di Stato vari,
ho notato che i primi libri più venduti in Italia
sono quattro polizieschi con cadavere e poi, su
un canale satellitare straniero, ho visto un servizio su Venezia che, mi sono ricordato, avevo
già visto un anno prima.
Dopo la parte sott’acqua sulla manutenzione
degli argini che, secoli di palafitte a bagnomaria a parte, si sbriciolano per i moti ondosi di
traghetti che non filano dritto e navi inchinantisi al dio Mammona del Mordi&Fuggi, interessantissima, avviene un incontro con quella tale
Donna Leon, di origine statunitense, che sforza
e sforna gialli in continuazione ambientati tra
le calli e i callosi luoghi comuni da cartolina
con gondola sempre in onda; il caso vuole che
proprio un paio di mesi fa, in una ridente cittadina francese dove c’è un museo molto famoso, il Beaubourg o forse il Louvre, con libreria
annessa, ne abbia preso in mano uno, Brunetti
et le mauvais augure, ne abbia letto l’aletta e le
prime dieci pagine a scrocco… Estate canicolare, una vecchia raggirata da un veggente, e si
specifica «falso», un cancelliere ammazzato,
trafic d’influence, che può significare tante cose, abuso d’ufficio, millantato credito, concorso esterno (?) in associazione mafiosa eccetera… E l’abbia rimesso giù con religioso rispetto
verso i grafici della copertina e l’ometto del
muletto che nel magazzino ne sposta e rimpingua la palette; tale Donna non vuole che le sue
leonine opere vengano tradotte in italiano perché a Venezia, quindi in una specie di Italia sotto vuoto spinto, lei ci vive e pensa che la sua vita
ALDO BUSI SEDUTO LUNGO LA RAMBLA DOVE HA AMBIENTATO «EL ESPECIALISTA DE BARCELONA» (FOTO ALAN LACUIN, 2014)
di ALDO BUSI
deve documentare per andare avanti nella pagina (sempre dubbi su cosa mangerebbe il suo
commissario veneziano Brunetti quel tale giorno in quel dato caso di assassinio) prende su il
telefono e chiama la presente amica cuoca sopraffina, la quale le suggerisce, mettiamo,
«Sarde in saor» o, si fa per dire, «Bigoli alla moda del Doge», moda, mona, una cosa così, ed
ecco così rimosso il blocco in blocco e avanti di
getto fino alla risoluzione e relativa digestione
dell’omicidio lagunare nel menù del giorno.
Bestseller italiani e no, Donna americana che
scrive a Venezia e finale di partita di campionato mondiale con i suoi multicolorati insetti
eretti che sugli spalti esultano o piangono per
una palla che entra o no in una specie di rettangolare retino per megacalabroni fissato al terreno e chiamano l’avvenimento «goal», cioè conseguimento di un obiettivo, un bersaglio centrato, un progresso dell’uno a danno dell’altro e
quindi più che mai dell’umana specie tutta: sono rimasto così annichilito dalla mancanza di
stupore e invidia di fronte alla consapevolezza
di questa sacra e apocalittica ed effimera trinità
che domina e sempre dominerà il mondo che
mi sono addormentato come un angioletto più
tranquillizzato del solito.
Donna Leon (1942)
è una scrittrice statunitense di successo. Si
è trasferita a Venezia
nel 1981. È autrice di
bestseller ambientati
nella città lagunare, ma
preferisce non tradurre i suoi libri in italiano
ne verrebbe sconvolta, niente di meno, perché
chissà quali terribili segreti pubblici e privati
rivela di Venezia, delle tenebre sul Mose e i suoi
salmastri e, se ricchi, ricchissimi abitanti, scocciatissimi a causa di venti milioni di turisti l’anno che certo qualche voglia di sangue la tirano
fuori anche alla più morigerata e linfatica beghina, che poi è anche più facile da pedinare e
in più al contempo descrivi cinque chiese, tre
edicole, un camposanto e qualche sparsa cappella, non saprò mai se di quelle che intendo io
o che, e anche stavolta sei a posto con la foliazione di base.
Nel filmato si vede la giallista di fama interplanetaria, Italia esclusa, riverita e osannata da
lettrici straniere di passaggio e in giro tra le
bancarelle di un mercato con un’amica indigena che poi vedremo cucinare con una sapienza
che farebbe trama e ordito di per sé anche nel
sottoscala della Sellerio editore mentre uno
spremitore di tasti mette tutto il piccante possibile nero su bianco e conia pure il titolo che ac-
L’intervento
La letteratura è
fuori commercio
Il 19 luglio, Aldo Busi è
intervenuto sul «Corriere
della Sera» (Lo scrittore
non è mai un autore),
indagando i rapporti tra
intrattenimento e
letteratura
Busi (Montichiari 1948)
ha esordito con il libro
Seminario sulla gioventù
(1984). I suoi ultimi libri
sono E baci (2013) e
Sentire le donne (2014) per
l’Editoriale il Fatto
chiappa, Giallo zafferano, mettiamo, copyright
permettendo; questa settantenne Donna arcimilionaria in royalties come credo nemmeno
Simenon e Liala, di una fissità espressiva ineguagliabile, secca, rugosa, terrea, coperta da
abiti scientemente modesti da «intellettuale
pensosa come te la immagini», ha, per l’appunto, un successo strepitoso in qualsiasi lingua in
cui è tradotta compresa, esistesse, quella salmistrata e pertanto viene poi anche servita a tavola
dalla sua amica indigena cuoca sopraffina e
non parla mai, a parte rivelare, muovendo labbra inesistenti con la tagliente meccanicità di
un’iguana, un tormento ricorrente: il blocco
della scrittrice statunitense anche più patentata
di stanza a Venezia — o, mettiamo, a Capri, a
Positano, a Ravello, a Taormina, nei luoghi peninsulari più deputati alla scrittura fina, a Busto
Arsizio o a Casal di Principe mai.
Confessa, ella, forse sorridendo ma non si capisce bene cosa intendessero i muscoli buccali,
che quando ha un dubbio filologico e quindi si
Sarò pure un moscerino azzoppato e insignificante e la mia storia, la mia opera, la mia lotta
indefessa per non cadere in quella ragnatela
non lasceranno traccia, ma neanche loro, però!
Determinano ciò che più conta, l’attimo industriale presente, ma che vita di cellulosa gonfiata a fronte di tanto trionfo per niente e sul niente e sfruttando il niente! Insetto grosso mangia
insetto piccolo, si sa e sta bene a tutti da che
mondo è mondo, è la cosiddetta natura delle
cose e di queste cose fatte di carne istintuale e
niente più dette esseri umani e quindi non lettori nati. Il problema è che non stava e non sta e
non starà mai bene a me, per questo ho scritto
come ho scritto e vivo come vivo e, altro che
cruccio, non lasciare alcuna traccia di niente in
questo niente è pur sempre una consolazione.
Come vorrei ora poter esprimere un unico desiderio recitando la semplice formula, «Scusate,
è stato tutto un malinteso», e far sparire subito
ogni traccia dei miei scritti dagli scaffali, dalle
librerie, dalle cantine, dalle biblioteche, dai
computer, dai depositi pronti al macero!
E lo so che una simile considerazione aumenta la forza contrattuale di ogni Prima Donna anche maschile del cartaceo letterario e che
diminuisce ulteriormente la mia di involontario principe della Letteratura senza agente e
senza mercato, lo so bene, ma che scelta avevo,
visto che comunque chi tace acconsente e almeno io no?
Ah sì, e poi a volte come vorrei che qualcuno
mi baciasse per trasformarmi in un rospo.
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Istituzioni Con un budget di 50 milioni di euro, il museo di Torino passerà dai 4.500 metri quadrati di spazi espositivi odierni ai 9 mila del 2015
Nuove «Connessioni». Così l’Egizio postmoderno raddoppia
di STEFANO BUCCI
Il cantiere del
Nuovo Egizio
di Torino:
il Museo,
secondo
al mondo solo
a quello del Cairo
per numero
di reperti,
verrà aperto
al pubblico
il 1° aprile 2015
(foto Pino
dell’Aquila)
U
n anno dopo l’inaugurazione del Piano
Ipogeo con un allestimento (Immortali.
L’arte e i saperi degli antichi Egizi) che
ha portato, nonostante i lavori in corso, i visitatori da 25.948 a 36.134 (+ 39,3%). E sette mesi
prima della grande festa in programma per
l’apertura ufficiale del 1° aprile 2015 (full immersion con ingresso libero per torinesi e no).
Duecentoquarantacinque giorni all’alba, dunque: ieri è stato tempo di bilancio per il Nuovo
Museo Egizio di Torino e per il cantiere che ha
finora già realizzato gli spazi sotterranei, la ristrutturazione della manica «Schiaparelli»,
l’acquisizione delle aree della ex Galleria Sabauda, la riqualificazione dello statuario.
«Abbiamo rispettato i tempi e i costi — ha
detto la presidente della Fondazione Museo
delle Antichità Egizie Evelina Christillin — anche se durante questi primi lavori di consolidamento strutturale abbiamo dovuto affrontare non pochi problemi, come le infiltrazioni
impreviste nella ex Sabauda o il fatto che si
trattasse di un cantiere proprio nel centro della città». Tutto risolto, comunque: «Anche
grazie al bellissimo rapporto che abbiamo instaurato con la Soprintendenza».
Cinquanta milioni di euro il budget complessivo a disposizione per i lavori finanziati
da Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt,
con 4 giovani archeologi italiani neoassunti:
l’Egizio passerà dai 4.500 metri quadrati di
spazi espositivi odierni ai 9 mila del 2015, un
vero e proprio raddoppio indissolubilmente
collegato con il progetto scientifico del giovane direttore del Museo Christian Greco (in carica dal febbraio scorso). Un progetto riassunto in una parola: Connessioni. «Non sarà più
un museo romantico — chiarisce Greco — ma
postmoderno. Conterà il patrimonio dei reperti e altrettanto fondamentali saranno le relazioni tra reperti, luoghi e contesti che sapremo far comprendere al visitatore». Per questo
grande importanza avranno le nuove tecnologie: «Saremo un vero e proprio museo 2.0, con
i tablet e tavoli multimediali che ricomporranno tutti i frammenti dispersi tra collezioni nazionali e internazionali». Ma, aggiunge ancora
Greco, «non avremo paura di approfondire e
non cercheremo la spettacolarizzazione a tutti
i costi».
Anche per questo tra le altre basi portanti
del Nuovo Egizio c’è una fitta rete di collaborazioni eccellenti, a cominciare da quella con i
Vaticani per il restauro dei sarcofagi o con una
serie di grandi musei (Londra, Parigi, Berlino,
Vienna, Leiden, New York, Chicago, Boston)
dove dall’autunno verrà proiettato un film dedicato al nuovo Egizio di Torino. Ancora collaborazioni (Azerbaigian, Corea del Sud, Usa)
per le prossime mostre: tra quelle possibili,
una anche su Gabriele d’Annunzio e l’Egitto.
Nel progetto generale (firmato dallo Studio
Isolarchitetti mentre la comunicazione ambientale e il design sono di Migliore + Servetto
Architects) l’ampio spazio contiguo alle scale
mobili verrà affidato a Dante Ferretti: trentadue metri di pareti dove lo scenografo premio
Oscar ricostruirà l’intero corso del Nilo dalla
sorgente al delta. Saranno, tra l’altro, proprio
quelle scale mobili che dall’Ipogeo guideranno i visitatori attraverso il nuovo percorso: prima al secondo piano (al terzo ci sarà invece lo
spazio per le mostre temporanee) poi al primo
e infine alla Galleria dei Re, a suo tempo riallestita (con grande effetto) sempre da Ferretti.
Quell’allestimento che a un certo punto era
apparso assai in bilico, dunque, resterà: «È
piaciuto tantissimo al pubblico, per questo
abbiamo deciso di conservarlo» ha dichiarato
Greco. Cercando però di trovare nuove Connessioni: nel segno di Champollion, il grande
decifratore di geroglifici che lavorò a Torino
nella prima metà dell’Ottocento, si potranno
così leggere le epigrafi sulle statue di faraoni e
affini. Questa volta grazie a tablet, iPad e multimedia.
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Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Cultura 33
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Beni culturali Oggi giornata chiave
Collezionisti estremi Carl Hoffman indaga sull’erede che nel 1961 cercava pezzi d’arte in Nuova Guinea
La riforma Franceschini
in Consiglio dei ministri
Appello a Napolitano: no Svanì nella terra dei cannibali Asmat: resiste il mistero di Michael
Il cuore di tenebra dei Rockefeller
di PAOLO CONTI
di LIVIA MANERA
A
O
ggi approda in Consiglio dei ministri la discussa
riforma del ministero dei Beni culturali voluta dal
ministro Dario Franceschini. Si è parlato di contrasti
tra il ministro e il presidente del Consiglio, Matteo
Renzi, soprattutto sulle prerogative delle soprintendenze ai
Beni architettonici che il premier definì, da sindaco di
Firenze, «un potere monocratico che non risponde a
nessuno e passa sopra a chi è eletto dai cittadini». E che il
testo Franceschini non modifica strutturalmente. Infatti
settimana scorsa non era arrivato in Consiglio dei ministri
ed era stato di fatto congelato.
I collaboratori di Franceschini smentiscono qualsiasi
contrasto con Palazzo Chigi (com’era già accaduto venerdì
25). Soprattutto, il ministro sottolinea di «non avere alcuna
intenzione di smantellare, come qualcuno dice, il sistema
delle soprintendenze né tantomeno di abbassare la guardia
sulla tutela del paesaggio e del territorio». Comunque sia,
oggi sapremo se la riforma Franceschini manterrà le sue
caratteristiche: venti musei nazionali resi più autonomi con
la nomina di direttori «interni o esterni all’amministrazione»
(qualche esempio: Colosseo, Pompei, Uffizi, Brera, Reggia di
Caserta, Gallerie dell’Accademia di Venezia, Galleria
Borghese e così via), scelta che di fatto modifica l’assetto di
molti Poli museali (Firenze, per esempio, o Venezia). Altro
passaggio importante è la nascita di
una commissione interna che potrà
riesaminare i vincoli, in particolare
quelli paesaggistici e architettonici,
posti da un soprintendente e
impugnati, mettiamo, da un
Comune (o da un privato)
intenzionati a edificare.
La preoccupazione sul pacchetto
Franceschini è alta, tra gli addetti ai
lavori. Lo dimostra l’appello
indirizzato a Giorgio Napolitano
Il ministro Dario
«quale massimo tutore dell’articolo
Franceschini, 55
anni, esponente del 9 della Costituzione» che impegna la
Pd (Lapresse). In al- Repubblica alla tutela del patrimonio
artistico e paesaggistico del nostro
to: i depositi degli
Paese. I firmatari temono che venga
Uffizi (Sestini)
smantellato e stravolto l’assetto della
tutela «a colpi di decreti». La polemica è soprattutto verso il
premier Matteo Renzi e per la sua insofferenza per il sistema
delle soprintendenze. E così nel documento ci si rivolge a chi
«spregiativamente liquida come “ottocentesco” un assetto
fondato su criteri storico-scientifici del più alto livello e che
hanno fatto onore alla cultura italiana della tutela, venendo
apprezzati e imitati nel mondo». In particolare si sottolinea il
timore che con «un imminente decreto sblocca-licenze
edilizie che dà spazio all’autocertificazione riducendo i
controlli» possa proseguire «un consumo sempre più folle di
suolo e di paesaggio». Segue un elenco di importanti sedi
prive di titolari: dalla direzione generale del ministero per
paesaggio-belle arti-architettura-arte contemporanea a
quella degli archivi e all’altra dell’antichità per approdare
alla Reggia di Caserta. Numerose le firme: gli urbanisti Vezio
de Lucia, Pier Luigi Cervellati, Paolo Berdini, la fondatrice di
«Italia Nostra» Desideria Pasolini dall’Onda, gli scrittori e
giornalisti Alberto Asor Rosa, Vittorio Emiliani, Corrado
Stajano, Gad Lerner, Jacqueline Risset, gli storici dell’arte
Cesare de Seta, Bruno Toscano, Andrea Emiliani, Marisa
Dalai, il direttore della Galleria Borghese, Anna Coliva, gli
archeologi Licia Vlad Borrelli e Carlo Pavolini. Solo oggi si
capirà se, e come, nascerà la riforma Renzi-Franceschini. E
con quali caratteristiche.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Rcs e Quibee
«Corriere», «Gazzetta» ed ebook
gratis in spiaggia. Con un’App
«In questa spiaggia leggi gratis». L’annuncio apparirà
da domani alla fine di settembre in dieci stabilimenti
balneari di Emilia-Romagna, Liguria, Puglia e Sardegna.
Località-pilota dove i clienti, scaricando un’app
chiamata «Quibee», potranno sfogliare su iPhone, iPad,
smartphone e tablet con sistema operativo Android, il
«Corriere della Sera», «La Gazzetta dello Sport», i
periodici del Gruppo Rcs e una vasta selezione di ebook
di Rcs Libri, comprese cinquanta anteprime dei
bestseller dell’estate. L’iniziativa viene lanciata da Rcs,
in collaborazione con la startup torinese Quibee.
l piano terra del Metropolitan
Museum di New York, nell’ala
sud chiamata Michael C. Rockefeller Wing, c’è una collezione di arte primitiva capace di rapire
il cuore al più insensibile dei visitatori.
Maschere d’oro delle tribù precolombiane della Colombia e del Perù;
raffinatissime statue antropomorfe
dei Dogon d’Africa che ispirarono Picasso; sculture di ceramica e giada dell’area di Veracruz in Messico; e, tra tanti altri oggetti di rara qualità, gli straordinari pali bisj della Nuova Guinea:
nove imponenti totem di legno alti
quasi sei metri che rappresentano diversi uomini l’uno sulle spalle dell’altro, sormontati da immensi falli triangolari intagliati con la grazia di rosoni
gotici. Tutte opere che fanno della
«Michael C. Rockefeller Collection»
una collezione unica al mondo. Segnata da una sola ingombrante assenza:
quella della persona di cui porta il nome.
Pochi misteri si sono dimostrati più
duraturi alla prova del tempo di quello
della morte di Michael Rockefeller, il
figlio del governatore Nelson ed erede
di una delle famiglie più ricche e potenti del mondo, che nel marzo del
1961, poco dopo essersi laureato ad
Harvard, ha intrapreso un viaggio suicida nella Guinea Olandese (oggi la
parte più orientale dell’Indonesia) per
girare un documentario sulle tribù Dani della valle del Baliem. Da lì ha proseguito inoltrandosi nel territorio degli
Asmat, comprando oggetti per la collezione di arte primitiva di suo padre
— tra cui i magnifici bisj esposti al Metropolitan — e scattando fotografie.
Poi, una mattina di novembre, il catamarano su cui navigava (due canoe
unite da due assi di legno) si è ribaltato
nel mare degli Arafura. A bordo erano
in quattro: due ragazzi locali, Rockefeller e un antropologo olandese di
nome Rene Wassing. Dopo essere andati alla deriva per un giorno intero,
Michael si offrì di nuotare a riva con
due taniche vuote legate intorno alla
vita. «Credo di potercela fare», disse a
Wassing. E non fu mai più rivisto
(Wassing fu salvato il giorno dopo).
Da allora esistono due interpretazioni sulla morte di quel ragazzo di
ventitré anni. Quella della famiglia,
che ha sempre sostenuto la tesi dell’annegamento. E una più truce: secondo cui Michael Rockefeller sarebbe
stato ucciso e mangiato dagli Asmat,
una tribù cannibale che ancora conserverebbe il suo teschio e altri resti.
In alto, Michael Rockefeller poco prima
di morire, nel ‘61
(Ap); sotto, un pezzo
della collezione di
famiglia e a destra il
padre, Nelson Rockefeller nel 1939
Dopo tante inchieste giornalistiche e
televisive rimaste in superficie, è uscito ora negli Stati Uniti un libro che scava più a fondo nel mistero e riapre il
caso: Savage Harvest del giornalista
Carl Hoffman (William Morrow editore, pp. 336, $ 16,23). Hoffman ha imparato la lingua degli Asmat e si è recato
in quella regione di mangrovie, fango
e villaggi su palafitte, per scoprire la
verità.
Ha fatto ricerche negli archivi olandesi e passato al setaccio le lettere dei
Le ricerche
L’autore del nuovo libro
suggerisce l’ipotesi di un
insabbiamento da parte delle
autorità coloniali olandesi
missionari. Il risultato è un libro che
porta forti indizi alla tesi che Michael
Rockefeller sia arrivato quasi a riva dopo avere nuotato per dodici miglia, e
sia stato scambiato per un coccodrillo
da un gruppo di Asmat in canoa. Una
volta resisi conto che si trattava di un
uomo, gli Asmat lo avrebbero arpionato e «con un colpo d’ascia sul collo» lo
avrebbero ucciso. Poi lo avrebbero
smembrato, arrostito sul fuoco, mangiato, e ne avrebbero conservato il teschio per i propri riti.
Ma quali prove è capace di portare
Savage Harvest alla sua tesi? Hoffman
non ha ritrovato né il teschio né gli occhiali di Rockefeller né gli indumenti
che indossava, menzionati da diverse
delle sue fonti. Ma è certamente riuscito a mettere insieme una quantità di
indizi impressionante, basati soprattutto sulle testimonianze dei missio-
nari olandesi che riportarono il fatto
in varie lettere alle autorità. «Due preti
in particolare hanno mandato alle autorità ecclesiastiche e al governo olandese dei resoconti molto dettagliati, in
cui facevano i nomi di chi aveva la testa
di Michael, chi altre parti del suo scheletro. Chiedevano istruzioni, e allo
stesso tempo sembravano suggerire
che era meglio non dire niente ai Rockefeller…».
Nella ricostruzione di Hoffman, Michael Rockefeller sarebbe arrivato in
terra Asmat in un’epoca in cui «il cannibalismo era ancora largamente praticato. Ogni loro oggetto votivo affondava le radici nel sangue e ogni Asmat
che ha incontrato aveva mangiato carne umana». Ma dal libro emerge anche che quel ragazzo ingenuo che nel
suo diario scriveva che «la sola differenza tra noi e Tom Sawyer è che lui
usava dei pali per navigare e noi usiamo un motore fuoribordo», si comportò come un collezionista avido e un
viaggiatore scarso di sensibilità.
Due errori colossali. Non solo non si
rese conto che le sue transazioni commerciali destabilizzavano l’economia
locale ma «non capì che comprando
bisj comprava anime di uomini, anime
che potevano farti ammalare, o che
potevano ucciderti», scrive Hoffman.
Ma la vera scoperta di Savage Harvest è la corrispondenza di un missionario olandese che si era guadagnato
la fiducia degli Asmat. Cornelius van
Kessel scrisse alla Chiesa olandese che
alcuni guerrieri di un villaggio chiamato Otsjanep uccisero e divorarono
Rockefeller per vendicarsi di una missione di alcuni anni prima, quando un
ufficiale olandese fucilò alcuni capi
dei villaggi Asmat.
I superiori di van Kessel negarono
ogni fondamento al suo racconto e lo
richiamarono in patria. Ma allo stesso
tempo, pare che un ufficiale coloniale
sia riuscito a ritrovare il teschio di Rockefeller e altri suoi resti, e che poi li abbia fatti sparire.
La rivelazione finale di questa triste
e truce storia è dunque quella di un insabbiamento da parte delle autorità
olandesi. Che, da un lato, stavano per
lasciare la Nuova Guinea e avevano interesse a dimostrare di averla resa più
civile, debellando il cannibalismo; e
che, da un altro, si preoccuparono di
non aggiungere ulteriori pene alla famiglia dei Rockefeller, la quale oggi
espone al Metropolitan i suoi bisj. Capolavori, senza dubbio: ma ottenuti al
prezzo più alto che un collezionista
possa mai pagare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1921-2014 Era nato a Torino. Rilanciò i marchi Electa e Skira
Novecento Una raccolta dei «Quaderni» ormai introvabili
Addio a Emilio Vitta Zelman
partigiano ed editore d’arte
Quando il Partito d’Azione
mise in scacco Casa Savoia
di PIERLUIGI PANZA
di ANTONIO CARIOTI
E
milio Vitta Zelman, scomparso ieri a Milano, è stato uno dei padri
nobili dell’editoria d’arte italiana.
Era nato a Torino il 17 maggio 1921.
Dopo il ’43 divenne partigiano e finita la
Seconda guerra mondiale si laureò rapidamente in legge. Ma non volle fare
l’avvocato: venne a Milano e con un
amico incominciò a girare in Inghilterra e in Olanda per scoprire le novità in
campo industriale. Divenne così rappresentante in Italia di varie ditte europee, specialmente inglesi, che producevano nuovi materiali. Fu un successo,
ma sullo sfondo restava in lui il culto
per la lettura e la volontà di fondare una
casa editrice. Un culto, quello per la lettura, che divenne, tra gli amici, leggendario: lo si vedeva sempre con un libro
in tasca e pare che leggesse sfruttando
anche il tempo in ascensore.
Nel 1964 entrò al fianco di Giorgio
Fantoni nel capitale della casa editrice
Electa, diventandone presidente. La casa editrice era stata ceduta da Giovanni
Gualtiero Gorling, un editore italosvizzero. Stabilimenti in Veneto, testa a
Milano. Fu una continua crescita. Libri
d’arte, ma anche edizioni di pregio, co-
me un Orlando Furioso una cui copia
venne regalata al presidente della Repubblica. Lo si ricorda democratico in
ditta e un aneddoto racconta che pagasse il conto del dottore dei dipendenti
che gli chiedevano aiuto.
Nel ’71 lasciò la presidenza della casa
editrice Electa, nella quale entrò il figlio
Massimo, e continuò nell’attività di rappresentanza. Intanto disegnava e scriveva. Una sua passione erano i Tuareg, e
nel 1987 pubblicò su di loro il libro Le
croci dei Tuareg. Ne scrisse un altro sull’Abbazia di San Fruttuoso e un terzo, di
disegni, intitolato Ricordi di squola
scritto con la q (nel 2005).
Quando il figlio Massimo, con Giorgio Fantoni, lasciò l’Electa e acquistò
nell’autunno del 1995 il leggendario
marchio Skira, Emilio Vitta Zelman divenne vicepresidente. Gli Zelman rilanciarono il marchio per il quale avevano
lavorato Picasso e Matisse fino a farlo
diventare leader nell’editoria d’arte.
Emilio Vitta Zelman era ricoverato
per un male incurabile. Lo piangono
storiche figure dell’editoria milanese e
gli amici di sempre come Rosellina Archinto, Vittorio Gregotti e Andrée Ruth
Shammah.
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M
ario Pannunzio, futuro direttore del «Mondo», aveva visto giusto con un certo anticipo sui tempi, quando osservava,
nel settembre 1944, che molto di
quello che aveva «dato risonanza» al
Partito d’Azione si poteva considerare «già perduto», aggiungendo però
che non sarebbero andati dispersi «i
benefici che il movimento fin dal suo
nascere» aveva «recato alla democrazia». In realtà gli azionisti avrebbero
dato ancora parecchio all’Italia, soprattutto in termini di sangue versato
nella lotta partigiana, ma sul piano
politico le loro divisioni interne, già
emerse al Congresso di Cosenza dell’agosto 1944, si sarebbero man mano
accentuate, fino alla scissione del
febbraio 1946, con l’ala socialista di
Emilio Lussu e Riccardo Lombardi da
una parte, quella liberaldemocratica
di Ugo La Malfa (nella foto) e Ferruccio Parri dall’altra.
Per capire meglio l’esperienza storica del Pd’A (spesso trascurata a vantaggio delle polemiche attualizzanti
su un «azionismo» quasi elevato a
categoria dello spirito) risulta di
grande utilità la lettura dei Quaderni
prodotti da quel partito nella sua breve parabola (si sciolse nel 1947), testi
ormai introvabili e adesso ripubblicati in due volumi dall’editore Il Settimo Libro con il titolo un po’ bizzarro
Tra eresia e santità (pp. 550, € 36).
Dagli scritti inclusi nella raccolta
emerge con chiarezza la varietà delle
posizioni espresse dai dirigenti azionisti, uniti soprattutto dall’intransigenza verso fascismo e monarchia:
come ricorda nella
prefazione Adolfo
Battaglia, «non
c’era tra loro quel
tanto di affinità politica che potesse
far marciare un ordinato partito». E tuttavia il Pd’A colse due «successi storici»: limitò la
preponderanza dei comunisti nella
Resistenza e fu decisivo, nel giugno
1944, per far uscire di scena Badoglio,
mettere in scacco i Savoia e aprire la
strada alla Repubblica. L’opera per
cui gli rendeva merito anche una voce critica come Pannunzio.
@A_Carioti
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
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Eventi
La
montagna
S
degli
italiani
Altruismo
e impegno
ambientale.
Cucchi:
«Ho accettato
la sfida per
condividerla
con gli amici
pachistani»
La ri-conquista del K2 Sessant’anni dopo, i nostri
alpinisti ancora in vetta. La spedizione pachistana è stata
supportata dall’Italia, come allora sostenuta da Moncler
ono le 16 e 54 di sabato 26 luglio
quando dalla radio esplode un
grido tirato con quel poco che è
rimasto nei polmoni. È un po’
come sbarcare sulla Luna. O toccare il
cielo con un dito. Solo che prima bisogna arrivare lassù, dove l’asticella dice
8.611 metri, ogni passo è una riga di
storia, la faccia una maschera di freddo e l’ossigeno manca come l’acqua in
un deserto. Michele Cucchi, 44 anni
da Abbiategrasso, scioglie nell’abbraccio a Hassan Jan tutta la fatica.
Senza mai ricorrere all’ossigeno delle
bombole, a 60 anni di distanza dalla
prima grande impresa, Italia e Pakistan arrivano di nuovo insieme in cima al K2. Solo che, questa volta, l’Italia ha voluto rendere la gloria della loro montagna al gruppo di pachistani.
In cima, oltre a Cucchi, ci sono sei ragazzi pachistani con facce da uomini.
Provengono da Hushey, porta principale d’ingresso al K2. Cresciuti guardando sempre più in alto, con la speranza di arrivare dove 60 anni avevano
osato Achille Compagnoni e Lino Lacedelli. In vetta anche altri due italiani, Tamara Lunger e Klaus Gruber, che
A 8611 m
Da sinistra,
Michele Cucchi e il
pachistano
Hassan Jan si
abbracciano in
vetta il 26 luglio
scorso (foto Klaus
Gruber). Nella foto
grande, Simone
Origone, l’altro
alpinista italiano,
durante la
spedizione (foto
Matteo Zenga)
L’allievo e il maestro
Ali Durani è il primo ad arrivare:
ha 24 anni, è cresciuto grazie alle
lezioni di Cucchi. Lui, da guida,
ha voluto salire per ultimo
Il soccorso
Simone Origone, a quota 8.100,
ha rinunciato alla vetta per
soccorrere Muhammad Hassan,
colpito da edema polmonare
non fanno parte della spedizione.
Ali Durani, il primo quest’anno ad
arrivare in cima, senza chiedere nessuna dose di ossigeno oltre a quella
maturata nei suoi polmoni, ha 24 anni: la stessa età che allora aveva Walter
Bonatti. Durani ha iniziato quasi per
caso a fare alpinismo due anni fa ed è
cresciuto grazie alle lezioni di Cucchi,
che per non tradire l’indole da guida
alpina ha voluto arrivare in cima per
ultimo tra i compagni di spedizione e
scendere per ultimo come il ruolo gli
imponeva. «Non volevo nessuno dietro di me — racconta —. Ho accettato
la sfida per condividerla con gli amici
pachistani» dice lui che in questi anni
ha formato il gruppo con lezioni di
tecnica alpinistica. Il resto sono storie
di ordinaria fratellanza. Come quella
dell’italiano Simone Origone, che raggiunta quota 8.100 metri ha rinunciato alla vetta per soccorrere al «campo
4» Muhammad Hassan, fermato da un
principio di edema polmonare. Con
loro anche Daniele Nardi, l’uomo che
ha documentato la spedizione, scattando immagini da fantascienza tra i
ghiacci, in notti in cui con i lumini
delle torce sembrava di accarezzar le
stelle.
Al campo base, a pianificare ogni
passo della scalata, c’era Agostino Da
Polenza, presidente di EvK2CNR, che
da anni cura una continua ricerca,
cullando un sogno che fonde scienza e
alpinismo. Così, seguendo quella che
era la grande ambizione di Ardito Desio, il parco del Karakorum è diventato un laboratorio a cielo aperto. Da tenere prima di tutto pulito, rimuovendo i rifiuti accumulati negli anni con
Il Parco
L’area protetta
più alta
Con una altezza
media di 5.200 m il
Central Karakorum
National Park è il
più alto del mondo
e il K2 è il suo
simbolo. Dal 1993 è
la più vasta area
protetta del
Pakistan: «lab»
scientifico e sociale,
paradiso della
biodiversità, è
rifugio per animali
protetti come il
leopardo delle nevi.
Ma il CKNP non
aveva un piano di
gestione. Fino a
quando gli italiani
di EvK2CNR hanno
contribuito a
scrivere le regole e i
confini scientifici del
parco, condividendo
il lavoro con le
istituzioni e le
popolazioni locali.
Un grande contributo logistico e tecnico
«L’impresa serva per promuovere
il territorio e gli uomini che lo abitano»
le spedizioni: bombole, plastiche, residui di corde, tende abbandonate e
mangiate solo in parte dal tempo. Dal
2005 sono state raccolte 40 tonnellate
di rifiuti. Un lavoro completato con
l’installazione di una stazione meteo
climatica al campo base e un sistema
di misurazione gps del profilo altimetrico dello sperone Abruzzi e della
vetta.
Un’impresa nata a tavolino, quando
il gruppo dei pachistani chiede a Da
Polenza come si conquista una montagna del genere. «Abbiamo imparato
che ci sono molti modi importanti per
essere protagonisti in questa terra con
le sue montagne che non smettono di
attrarre noi italiani: vincere una sfida
estrema come questa spero aiuterà a
promuovere questo territorio e gli alpinisti che lo abitano» racconta Da
Tre «missioni»
Pulizia Pacchi di rifiuti raccolti da
portare a valle: «Keep K2 Clean 2014»,
supportata da Moncler, ripulirà la
montagna da 8 tonnellate di materiale
Misurazioni Con un Gps d’altissima
precisione sono stati raccolti nuovi
dati e misurazioni sul K2. Missione
scientifica coordinata da EvK2CNR
Stazione meteo Installata dai
ricercatori EvK2CNR al Campo Base
K2 la stazione meteorologica della
rete Share, la più alta del Karakorum
Polenza, l’unico uomo in grado di costruirsi un letto in vetta al K2. Quando
nel 1983 salì dal versante cinese e, non
avendo alternative, si sdraiò intorno a
un sasso che emanava quel minimo di
calore pregando di passare la notte, ha
fatto in modo che la «montagna degli
italiani» tornasse a essere un po’ anche quella dei pachistani, e non solo
per motivi geografici.
L’Italia questa volta ha voluto dare
l’altra mano per arrivare in vetta.
Quella dose essenziale di supporto,
economico, logistico ma anche tecnico. Un esempio? Per una spedizione
del genere servono quasi tre chilometri di corda, per andare in sicurezza
dal campo base (a 5.100 metri) fino
agli 8.611 finali. Italiano anche il cuore dell’equipaggiamento. Come già
accaduto 60 anni fa, Moncler ha deciso di vestire gli scalatori nella loro sfida più dura. Piumini, salopettes, gilet,
tute realizzate con materiali apposta
per sfidare il K2. «Mi piace pensare
che non esistano altezze impossibili
da raggiungere quando si lavora con
passione: difficile spiegare l’orgoglio
di tornare a 60 anni esatti sulla vetta
del mondo» spiega Remo Ruffini,
presidente di Moncler. Tornare in cima era forse l’unico modo per celebrare l’anniversario. Almeno l’unico
che uno scalatore conosca. Nella beata
solitudine della natura più profonda,
c’è un gruppo di uomini pachistani,
che in un inglese mangiato dalla fatica, non smette di ringraziare chi gli ha
dato una mano a sfidare la loro montagna di casa.
Stefano Landi
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Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Eventi 35
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2014 Il 26 luglio, a 60 anni dalla conquista «italiana» del K2,
una spedizione ufficiale pachistana raggiunge la vetta. In cima
arrivano in 7: Hassan Jan, Muhammad Sadig, Ghulam Mehdi, Ali
Durani, Ali Rehmat, Ullah Baig con l’italiano Michele Cucchi. È
l’Italia, grazie agli sforzi logistici e organizzativi di EvK2CNR e al
sostegno di Moncler, a coordinare la missione con, al campo
base, Agostino Da Polenza a supportare Muhammad Taqi.
1954 Il 31 luglio 1954, Lino Lacedelli e Achille Compagnoni
conquistano, per la prima volta nella storia, la cima del K2, con i
suoi 8.611 metri la seconda vetta più alta al mondo. Il team era
guidato da Ardito Desio, a capo di 30 uomini tra alpinisti e
ricercatori. Decisivo l’apporto di Walter Bonatti e di Amir Mahdi,
che trasportarono le pesanti bombole d’ossigeno dal campo VII
fino al IX, percorrendo in un giorno oltre 700 metri di dislivello.
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Un anno d’oro Il ruolo non solo sportivo della spedizione del 1954
Con la cima più difficile
scoprimmo la voglia
di costruire un Paese nuovo
Ma l’«autolesionismo» spuntò nelle polemiche
di FRANCO BREVINI
I
l 31 luglio 1954 il K2 divenne «la
montagna degli italiani». In
quella fatidica giornata Lino Lacedelli e Achille Compagnoni
raggiunsero per primi la vetta del Karakorum, ormai da alcuni anni stretta
d’assedio dalle più forti spedizioni alpinistiche internazionali. Gli italiani
scrissero allora una delle pagine più
fulgide nella storia della conquista
delle montagne. Era caduto il più ambito degli ottomila, la seconda vetta
del pianeta quanto all’altezza, ma la
Dopoguerra e rinascita
Coppi e Bartali in bici, Zeno
Colò sugli sci, il cinema di De
Sica. Per il K2 la gente scese in
piazza, le campane suonarono
prima quanto alle difficoltà. Fissato
da un’indimenticabile tavola apparsa
sulla copertina della Domenica del
Corriere, il tricolore che sventolava
sul temibile gigante pachistano sanciva una volta per tutte il rapporto
privilegiato degli italiani con il K2.
Con la spedizione guidata da Ardito
Desio, che introduceva il nostro paese nella modernissima corsa agli ottomila, avevamo ottenuto il più brillante dei risultati immaginabili.
Negli anni Cinquanta, quando
venne conquistata la maggior parte
degli Ottomila, le spedizioni che
trionfavano sulle cime più alte della
terra erano l’emblema di una nuova
età di ottimismo seguita alla catastrofe bellica. Non è un caso che il
«Times» desse la notizia della vittoria
degli inglesi sull’Everest il mattino
del 2 giugno 1953, lo stesso giorno
dell’incoronazione della regina Elisabetta. Alla nazione reduce dall’austerity del Dopoguerra i due eventi sembrarono inaugurare un’epoca più serena e positiva.
L’Italia usciva sconfitta e umiliata
dalla guerra. Era un Paese di povertà
e di emigrazione, di cui il cinema e la
letteratura neorealista offrivano uno
spaccato fedelissimo. Il 1954, l’anno
del K2, fu anche l’anno dell’Oro di
Napoli di Vittorio De Sica, che segnerà il successo internazionale di Sofia
Loren
Coppi e Bartali in bicicletta, Zeno
Colò sugli sci, Lacedelli e Compagnoni sul K2 erano gli emblemi di una
voglia di voltare pagina. Dino Buzzati
sul Corriere della sera commentò
l’annuncio della vittoria osservando
che «da parecchi anni gli italiani non
avevano avuto una notizia così bella». Quando si seppe della conquista,
le campane di tutte le chiese presero a
suonare a stormo e le piazze si riempirono di gente festante.
La squadra di Desio portava a termine un cammino iniziato mezzo secolo prima. Le esplorazioni di Lerco
nel 1890, poi del duca degli Abruzzi
nel 1909, infine di Ardito Desio con
Aimone di Savoia, duca di Spoleto,
nel 1929 avevano inconfondibilmente fatto del gigante del Baltoro la
«montagna degli italiani». Il duca degli Abruzzi era accompagnato dal fotografo Vittorio Sella, che, grazie alla
sua ingombrante attrezzatura, consegnò ai contemporanei alcune folgoranti lastre di quelle favolose montagne, in cui tutti i parametri alpini saltavano. Le difficoltà con cui l’intrepido duca non tardò a misurarsi
valsero a scoraggiare ogni velleità alpinistica. Ma la spedizione tornò in
patria indicando un possibile itinerario di salita, che, in onore del coraggioso Savoia, venne battezzato «Sperone duca degli Abruzzi» e che sarebbe stato seguito dai primi salitori del
1954.
Purtroppo l’epiteto di «montagna
degli italiani» vale anche in un diverso, più scoraggiante senso. La luminosa conquista del 1954 sarebbe stata
offuscata da un’interminabile sequela di feroci polemiche, che, con le dovute differenze, sembrano replicare
quelle seguite al disastro del dirigibile Italia e della Tenda rossa di Umberto Nobile. Ci vorranno mezzo secolo e
l’autorevole presa di posizione ufficiale del Club Alpino Italiano per placarle. Vennero allora riconosciuti i
meriti di Walter Bonatti, che aveva
fornito un decisivo contributo al successo della spedizione, e si dovette
Insieme Un’immagine della spedizione 2014. Gli alpinisti sono giunti in vetta senza bombole d’ossigeno (foto M. Zenga)
ammettere che la relazione ufficiale
della spedizione era stata tendenziosamente elusiva e lacunosa. Insomma avevamo vinto il più impegnativo
fra i giganti della terra, dimostrando
di cosa eravamo capaci. Ma non avevamo rinunciato ad apporre quel penoso suggello così italiano, una denominazione di origine che sembrava sancire una volta di più l’impossibilità di un’italica epopea, non meno
che il nostro scarso patriottismo e la
nostra vocazione autolesionista e distruttiva.
Per fortuna da allora molta acqua è
scorsa sotto i ponti dell’italianità del
K2. Nel 2004 a farsi promotrice della
spedizione K2 1954-2004. Il successo
italiano continua è stata la stessa organizzazione Ev-K2-Cnr che, fondata
dallo stesso Desio insieme all’alpinista bergamasco Agostino da Polenza,
ha promosso la costruzione della Piramide dell’Everest e che da anni la
gestisce. Ma Ev-K2-Cnr, che ha riportato sessant’anni dopo italiani e pachistani sulla vetta del K2, si presenta
con un alto profilo scientifico, all’origine di progetti di cooperazione tutti
italiani: la stazione meteo-climatica,
che nell’ambito del progetto Share,
sta già fornendo informazioni in continuo dal campo base del K2; il profilo altimetrico digitalizzato dello Sperone degli Abruzzi con la collaborazione dell’Università di Trieste; l’aggiornamento della misurazione
dell’altezza della vetta del K2 mediante un Gps Leica di ultimissima
generazione.
Sul piano ambientale gli italiani
hanno promosso il Central Karakorum National Park, la più vasta riserva naturale del Pakistan: 10 mila chilometri quadrati tra i 2500 e gli 8000
metri di quota. Contestualmente è
prevista la pulizia dei campi alti del
K2 nell’ambito della campagna Keep
Karakorum Clean. Basti dire che negli
ultimi sette anni nei campi alti delle
montagne del Baltoro sono stati raccolte e smaltite più di 30 tonnellate di
rifiuti. Insomma, sessant’anni dopo,
sul K2 c’è un’Italia che funziona e le
polemiche del passato sono diventate
ormai storia.
Primi La spedizione italiana del 1954 con Ardito Desio (al centro) Lacedelli, Compagnoni, Bonatti. E La Domenica del Corriere
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ecologia in quota Il presidente di Mountain Wilderness Italia spiega le iniziative dell’associazione internazionale contro il degrado delle montagne
«L’obiettivo più urgente? L’alpinismo sostenibile»
«In Europa troppa folla e commercio
In Asia incoraggiamo il lavoro “etico”»
I
n principio, fu il Ghiacciaio
del Gigante all’alba del 16
agosto 1988 a far parlare di loro. E Reinhold Messner, l’alpinista più famoso del mondo.
L’ombra sul cavo che regge il
pilone sospeso della telecabina
che collega la Punta Helbronner con l’Aiguille du Midi è la
sua. Lo scalatore cala una corda
in direzione del Monte Bianco.
Salgono Alessandro Gogna e
Roland Losso. Una volta in alto,
i tre issano un grande striscione con la scritta «Non à la télécabine. Mountain Wilderness».
L’immagine fa il giro del mondo. Mountain Wilderness è nata appena pochi mesi prima, la
battaglia per liberare il massiccio da quell’impianto deturpante inizia ufficialmente quel
giorno. Due anni dopo, ecco i
rifiuti: 2 tonnellate e mezzo di
indistruttibili scatolette di latta, ma anche plastica, carta, resti di tenda e persino un cada-
vere lungo la spedizione
«FreeK2», nata per ripulire la
montagna himalaiana.
Sono tante le azioni portate
avanti da Mountain Wilderness, piccola associazione internazionale attiva contro il degrado delle montagne, promotrice di un alpinismo ecocompatibile. «Siamo stati tra i primi
— spiega Carlo Alberto Pinelli,
presidente di Mountain Wilderness Italia e tra i fondatori
dell’associazione — ad aver
istituito alcune aree protette,
come il Parco Nazionale Gran
Sasso-Laga. Abbiamo ottenuto
l’abbattimento del ripetitore
sull’Aiguille de Trelatete in Valle d’Aosta, la chiusura al traffi-
co di alcune valli e il divieto di
praticare l’eliski sulla Marmolada, un modo elitario di frequentare la montagna a discapito di chi, invece, ama percorrerla in silenzio, con le pelli di
foca. La nostra è un’associazione etica ed ambientalista insieme. Non siamo spazzini d’alta
quota ma promuoviamo iniziative esemplari per sensibilizzare gli alpinisti a darsi da fare attivamente. In che modo? Mettendo in primo piano non tanto
la tecnica, ma il rapporto con
l’autenticità della montagna.
Va da sé che le salite in montagna si devono fare senza lasciare traccia del proprio passaggio
e che utilizzare, ad esempio, le
corde fisse significa produrre
un tipo di inquinamento etico
perché, con queste, si altera la
natura dell’alpinismo, che è
quello di aprirsi da solo la propria strada verso la vetta.
Mountain Wilderness si occupa anche di Environment
Friendly Mountaineering, corsi
di alpinismo ecocompatibile
dedicati ai montanari delle zone asiatiche poco frequentate.
Sono corsi che permettono ai
ragazzi di acquisire competenze tecniche, ecologiche ed etiche con le quali poi si possono
proporre come guide di
trekking, di alpinismo o portatori di alta quota specializzati,
promuovendo il turismo di
montagna in zone molto povere. Ogni vetta, ogni zona ha caratteristiche e criticità proprie.
Il problema delle Alpi, ad esempio, è quello dell’iperfrequentazione e della commercializzazione degli spazi di montagna
attraverso l’eliski. Il Pakistan è
2,5 300 11
tonnellate: i rifiuti
raccolti nella spedizione
Free K2 organizzata da
Mountain Wilderness, nel
1990, oltre a 10 km
di corde fisse
migliaia di passi : il
percorso di una staffetta
a piedi, da Torino al Monte
Bianco, organizzata nel
1999 per chiedere la protezione della vetta d’Europa
rappresentanze di Mountain Wilderness nel mondo:
Italia, Spagna, Catalogna,
Olanda, Belgio, Francia,
Svizzera, Austria, Germania, Slovenia e Pakistan
invece legato alla paura dei talebani e del terrorismo integralista. Stiamo cercando, a livello
internazionale, di spingere il
turismo alpinistico nell’alta
valle di Hunza, abitata da popolazioni di religione ismaelita,
quindi tranquille e pacifiche.
Nelle Ande ci muoviamo invece
con iniziative di carattere umanitario. Lì la miseria è intollerabile e il bisogno di far guadagnare qualche soldo attraverso
il turismo di montagna, prioritario. Aiutiamo quindi il locale
a costruire dei posti tappa all’interno dei villaggi per accogliere i turisti, e mettiamo dei
segnavia di legno per indicare i
percorsi trekking. Certo, sono
segni di antropizzazione della
montagna ma sono discreti e a
fin di bene. Impianti obsoleti,
sia funiviari che bellici, deturpano invece il versante francese delle Alpi Marittime mentre
il problema del K2, inutile dirlo, è il sovraffollamento e le
spedizioni commerciali. Il modo migliore per festeggiare i 60
anni dalla sua conquista sarebbe stato quello di lasciarlo libero per un anno, lasciando a casa tutti gli alpinisti avidi di
conquista».
Carlotta Lombardo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
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L’EUROPA ASSENTE
✒
Era l’occasione per dare un segnale di cambiamento autentico, al di
là di slogan e promesse che troppo spesso
si rivelano ingannevoli. La politica poteva
finalmente sottrarsi alle vecchie logiche di
baratti e spartizioni, procedendo in tempi
rapidi alle nomine che le spettano, scegliendo sulla base di meriti e competenze;
l’alta burocrazia dei giudici costituzionali
poteva spezzare la consolidata quanto poco
gloriosa tradizione di eleggere alla presidenza il più anziano del gruppo, che così
prima o dopo (salvo sfortunate eccezioni)
tocca a tutti, fosse anche per poche settimane.
Invece no, né gli uni né gli altri hanno
colto l’opportunità. Il Parlamento in seduta
comune è rimasto paralizzato dall’assenza
di nomi che mettessero d’accordo maggioranza e opposizione (a parte il Movimento
5 stelle, che ha subito indicato e votato il
proprio candidato in tutti gli scrutini andati a vuoto), e ha lasciato il palazzo della
Consulta orfano di due componenti; offrendo in questo modo l’alibi ai tredici giudici restanti — o meglio, alla maggioranza
di essi — di optare per la soluzione di una
guida-ponte, in attesa che venga completato l’organico.
Così ieri è stato eletto presidente Giuseppe Tesauro, che scadrà dall’incarico il
prossimo 8 novembre. Perpetuando una
pratica non certo edificante, che se pure
non costerà allo Stato un euro in più per la
sua pensione ormai prossima — come ha
tenuto a precisare il neo-nominato, peraltro grazie al proprio voto decisivo —, gli garantisce uno stipendio un po’ più alto anche se per soli tre mesi. E lo insignisce di
un titolo (presidente ora, presidente emerito in futuro) che potrà sfoggiare per sempre. Come se la carica di più alto rappresentante della Consulta fosse una medaglia,
anziché un delicato ruolo istituzionale.
Ma la storia dei due componenti in meno è, per l’appunto, soltanto un alibi, come
dimostrano i sei voti contrari all’elezione di
Tesauro. Segno tangibile che dentro la Corte c’è chi avrebbe voluto quel segnale di discontinuità e cambiamento, però ha perso.
Nessuna preclusione sulla personalità del
neo-presidente, che ha tutte le qualità per
ricoprire quella carica, ma il segnale di discontinuità non c’è stato. Doppia occasione
mancata, dunque: per il Parlamento e per
la Consulta. In sintesi, per le istituzioni.
Giovanni Bianconi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SUI CONTI SI GIOCA LA CREDIBILITÀ DELL’ITALIA
PERICOLOSE LE TENTAZIONI SULL’ARTICOLO 81
✒
È noto che gli oppositori delle riforme istituzionali, versione Renzi, vorrebbero che la Costituzione restasse
così com’è. Ma fanno un’eccezione: per l’articolo 81, modificato nel 2011 perché prescrivesse l’«equilibrio» fra uscite e entrate
dello Stato. Nei giorni scorsi ne hanno parlato, in due interviste, sia Nichi Vendola sia
Massimo Mucchetti (Corriere, rispettivamente il 29 e il 28 luglio).
È una battaglia tutta simbolica: la sinistra ci legge
una sorta di rifiuto costituzionale del keynesismo. Per
la verità, la stessa cosa si poteva dire dell’art. 81 originario, che obbligava a indicare
i mezzi per far fronte alle
nuove spese. Sappiamo come andò a finire: sul punto,
la Costituzione più bella del
mondo rimase lettera morta. Il nuovo art. 81
esige l’«equilibrio» di bilancio, ma aggiustato al ciclo economico, da quest’anno. Subito
le Camere hanno votato per consentire al governo di disattenderlo. Si può considerare
eccessivamente inflessibile una norma che
si lascia forzare già al momento del debutto?
Gioverebbe forse ricordare perché, nel
2011, ci si affrettò a riscrivere l’art. 81. La
marcia apparentemente inarrestabile dello
spread imponeva di dare un segnale circa la
serietà delle nostre intenzioni, quanto a
riordino della finanza pubblica (seguendo
l’esempio dei tedeschi, che per primi hanno costituzionalizzato il pareggio). Il percorso di revisione costituzionale ebbe inizio sotto il governo Berlusconi e si concluse
con il governo Monti ed è in coerenza con il
trattato detto Fiscal compact.
Che il legislatore abbia voluto tenersi le
mani libere, si capisce dal
fatto che si parla di «equilibrio» di bilancio, più rassicurante del «pareggio». Le
norme costituzionali sono
materia plastica nelle mani
del ceto politico: la «sterilizzazione» dell’art.81, quest’anno, lo conferma. Cosa
pensare, però, di una classe
politica così ansiosa di divellere un argine, sia pure
tanto debole, alla propria voracità? Che ne
direbbero investitori e partner europei?
Chi vuole riscrivere l’art. 81 intende affermare il principio della più ampia discrezionalità nella spesa pubblica. Principio che
in Italia ha un’antica tradizione e solide realizzazioni: a cominciare dai nostri 2.200
miliardi di debito.
Alberto Mingardi
Direttore Istituto Bruno Leoni
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I CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ IN KOSOVO
UN RAPPORTO RIAPRE LO STRAZIO DEI BALCANI
✒
Crimini contro l’umanità commessi dall’Esercito di liberazione del
Kosovo durante e dopo la guerra contro i
serbi. Omicidi, sequestri, stupri, «limitato»
traffico di organi: il rapporto pubblicato dalla task force investigativa dell’Unione europea sulle violenze dell’Uck alla fine degli Anni ‘90 denuncia i vertici dell’organizzazione
paramilitare albanese attiva tra Kosovo e
Serbia meridionale e riporta l’attenzione sul
cono d’ombra dei Balcani, quel capitolo mai
chiuso della storia europea che vede bene e
male uniti in un abbraccio inestricabile.
È l’indagine più completa condotta fino
ad oggi sulle responsabilità dei combattenti
kosovari. Un tentativo di accertare fatti rimasti sotto silenzio malgrado le testimonianze
e la richiesta di giustizia delle vittime. Non si
tratta di un’operazione di revisionismo storico, è costretto a precisare il procuratore
americano che ha guidato l’inchiesta, Clint
Williamson: la popolazione albanese del Kosovo fu vittima nel conflitto, ricostruire crimini commessi da miliziani che pure combattevano per l’indipendenza di una terra
martoriata non può essere considerato un
attentato alla causa kosovara. L’indagine ha
toccato anche il delicato dossier della tratta
degli organi affrontato dal precedente Rapporto Marty: le conclusioni delle due inchieste sono «coerenti», la squadra di Williamson per ora parla di «pratica su scala molto
limitata».
Il territorio a maggioranza albanese che
per i serbi è luogo simbolico di un’epopea
nazionale consacrata nella battaglia della
Piana dei merli del 1389 ha proclamato unilateralmente la propria indipendenza nel
2008. Un processo appoggiato da gran parte
della comunità internazionale e solo di recente sfociato in un faticoso dialogo con Belgrado a mediazione Ue. Il pericolo che l’indagine mini un equilibrio ancora precario
esiste. Pur affermando che «crimini commessi da individui devono ricevere un trattamento legale appropriato», il vice ministro degli Esteri kosovaro Petrit Selimi ha dichiarato: «Casi isolati non devono infangare
la giusta lotta del Kosovo contro il regime di
Slobodan Milosevic». Cortocircuiti del dolore. Un’inchiesta imparziale è un atto di giustizia per tutte le vittime.
Maria Serena Natale
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Gaza e le persecuzioni dei cristiani
Uno sguardo malato di ipocrisia
di PIERLUIGI BATTISTA
SEGUE DALLA PRIMA
L’Europa non esporta più valori, scelte,
strategie, modelli, bandiere. In compenso, in
questi ultimi giorni, fabbrica a getto
continuo quelle che Rosellina Balbi
chiamava «parole malate»e spurga i miasmi
di un nuovo antisemitismo aggressivo
sebbene ammantato di un finto
umanitarismo. L’Europa vive anni di pace
interna come mai nella storia. Ma in
Germania hanno attaccato una sinagoga a
colpi di bottiglie molotov e in Francia ne
hanno assaltata una al grido di «Mort aux
juifs».
L’Europa non sa dire una parola ai conflitti
che insanguinano il mondo, a un passo da
casa. Non si sa cosa pensi di tutte le tragedie
che costellano l’agenda internazionale. Le
immagini della morte a Gaza lasciano senza
fiato, ci schiacciano, sono intollerabili, ogni
bambino ucciso ci travolge, e ci fa tremare
quando papa Francesco grida «basta,
fermatevi». Il suono delle sirene di Israele
che chiamano le famiglie nei rifugi dove
ripararsi dai razzi di Hamas ci fa disperare:
quando finirà tutto questo, se mai finirà. Ma
l’Europa avrebbe il dovere di dire una parola,
di cercare soluzioni, di costruirsi un profilo
di interlocutore autorevole. E invece dove sta
l’Europa? Se ne sta inerte, muta, impotente,
marginale, irrilevante. Scrutiamo le mosse
dell’America di Obama, ci domandiamo
quale forza dissuasiva possa avere l’Egitto
che dà il suo patrocinio a tregue
regolarmente violate. E la Turchia di
Erdogan, che sta con i terroristi e paragona
oscenamente Israele a Hitler (e che ne è del
Kurdistan turco, con i suoi oltre 30 mila
morti ammazzati?). E il Qatar. E l’Iran. E il
ribollire del mondo islamico, dilaniato dalla
guerra tra sunniti e sciiti. Ma l’Europa, mai.
Mai che ci si chieda quale compito possa
svolgere l’Europa. I suoi vertici sono come
noi: spettatori annichiliti di uno spettacolo
atroce senza nessuna influenza sui fatti, solo
qualche dichiarazione verbosa, l’annuncio di
qualche inutile summit.
L’Europa è muta perché sono anni che non si
pensa più come protagonista. Non è solo la
sua debolezza politica, o la fragilità delle sue
istituzioni, o la riduzione della sua identità
alla moneta unica ed all’elemento
economico-finanziario. È una
marginalizzazione culturale, un deficit di
pensiero sul mondo. Con l’esplosione delle
primavere arabe avrebbe potuto far da
sponda democratica, esserci, favorire le forze
laiche, battersi per evitare la deriva
BEPPE GIACOBBE
IL VOTO ZOPPO DELLA CORTE COSTITUZIONALE
UNA DOPPIA OCCASIONE MANCATA
fondamentalista e fanatica, ma non ha detto
niente e nessuno, al Cairo come a Tunisi, ha
guardato all’Europa come a un faro e un
alleato. Quando è intervenuta, ha combinato
un pasticcio, come in Libia, disarticolandosi
e dividendosi. Ora la Libia è di nuovo nel
baratro della guerra tra clan e tribù e l’Europa
si ritrae silenziosa e imbarazzata dalla scena:
che altro potrebbe dire, e a chi?
Un’Europa fiera di sé, dotata di un pensiero,
di una strategia, di un’idea del mondo
potrebbe pur dire qualcosa ai governi di
Israele, sostenerli contro chi vuole
annientare lo Stato degli ebrei, ma anche
pronunciarsi sulla sventurata strategia dei
nuovi insediamenti, costringerli al dialogo
con Abu Mazen e con i palestinesi che oggi
non seguono la deriva terrorista e criminale
di Hamas. Ma chi lo può dire, in Europa? Che
credibilità può avere l’Europa se nega a
Israele il diritto di difendersi e se si mostra
❜❜
L’Ue tace perché non si
pensa come protagonista:
è una marginalizzazione
culturale, un deficit
di pensiero sul mondo
ambigua con Hamas? L’Europa sembra vivere
fuori dal mondo. In Siria è in atto da anni un
massacro di dimensioni apocalittiche
(almeno 160 mila i morti: civili, bambini,
innocenti). Qualcuno ha notizia di quale sia
la posizione europea, che non siano i soliti
balbettii e le indignazioni a comando? E nel
Califfato in cui i cristiani sono braccati e
perseguitati, si bruciano le chiese, a Mosul,
in Iraq, in cui o le case dei cristiani sono
marchiate d’infamia con la N di «Nasara»
(cristiano) per indicarli alle milizie jihadiste
che vogliono fare sterminio degli infedeli, in
quelle terre sfortunate si sente forse l’eco di
una voce europea? Il nulla. Il nulla persino
nel cuore dell’Europa, in Ucraina, dove un
aereo di civili è stato abbattuto e secondo
l’ultimo report delle Nazioni unite, lo
riferisce Paola Peduzzi su Il Foglio, da aprile a
oggi nel silenzio e senza le immagini
raccapriccianti che ci vengono da Gaza, si
contano 1.130 morti (di cui moltissimi civili),
3.500 feriti, 800 «desaparecidos», oltre 100
mila sfollati. Un disastro a pochi chilometri
dalle grandi metropoli europee: specchio
dell’impotenza e dell’incapacità di agire.
Anche questo contribuisce a rompere l’argine
e a far tracimare nuove barbarie, intolleranza,
odio per gli ebrei, indicati come i
responsabili di ogni male, bersagli facili da
minacciare. Un silenzio impotente che
rischiamo di pagare molto caro.
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INVESTIMENTI A MEDIO E LUNGO TERMINE
Industria, l’illusione di crescere senza credito
di ALESSANDRO PANSA
I
l Paese non cresce, l’economia non aggancia la ripresa. Gli 80 euro, una tantum o
stabili, servono o no? Anche in economia,
come in politica, sarebbe bene che venisse
detta la verità. E le verità più importanti,
qui, sono due. La prima è che l’Italia sta diventando un Paese inadeguato sul piano strutturale,
quanto a patrimonio tecnologico, infrastrutture,
sistema dei prodotti, dimensione e composizione azionaria delle imprese. La seconda è che una
crescita duratura, capace di incidere sulla struttura del Paese, delle imprese e del lavoro non dipende dai consumi, specie in un’economia che
importa la maggior parte dei beni di valore unitario elevato: sistemi di comunicazione, elettronica, elettrodomestici, orologi, eccetera. Lo sviluppo può essere guidato solamente dagli investimenti. Gli investimenti delle imprese.
Ora, per investire di più le imprese dovrebbero disporre di più capitale ed è noto — lo ha più
volte ricordato il Governatore della Banca d’Italia — che i nostri imprenditori non possono o
non intendono impegnare oltre un certo limite
le proprie ricchezze private. Ma dovrebbero anche godere di credito —non di più credito, ma
di credito migliore e soprattutto diverso. Le
aziende italiane hanno bisogno di credito industriale, cioè di prestiti concessi per sviluppare
tecnologie, innovare prodotti, processi, impianti e macchinari; quindi con tassi d’interesse,
scadenze, condizioni di rimborso e garanzie ri-
tagliati sui piani di investimento dei debitori.
Ma questo credito, per le aziende, non c’è.
Una volta ci pensavano gli istituti di credito
speciale — ricordate l’Imi, il Mediocredito centrale, la Mediobanca sino agli Anni 80 e tanti altri ancora? — dove team di ingegneri esaminavano piani, valutavano opportunità e finanziavano, appunto, l’industria. Si raccoglieva risparm i o a m e d i o te r m i n e s u l m e rca to , s i
emettevano le obbligazioni «indirette» — qualcuno rammenterà le Medio-Pirelli o le Imi-Fiat
— con le quali le banche «prestavano» alle
aziende il loro merito di credito (oggi lo chiameremmo rating) e queste, con la garanzia dei
loro creditori, costruivano strutture industriali
in grado di sostenere il mercato e confrontarsi
con i concorrenti.
Questo mestiere le banche italiane, per quanto ci tentino, oggi lo fanno poco o nulla. Più che
non volere non possono. Hanno trascurato le
competenze necessarie per «radiografare»
un’azienda ed è comunque più redditizio ed eccitante finanziare un leveraged buyout (l’acquisizione di una società finanziata in gran parte ricorrendo a un debito) che lo sviluppo di una
nuova macchina utensile o di una linea di montaggio. Ma non è tutta colpa loro: le regole di gestione del patrimonio di vigilanza spingono le
banche a investire in attività liquide trattate sui
mercati, i derivati ad esempio, non a immobilizzare risorse a favore di aziende di medie dimen-
sioni non quotate e senza rating.
Si vuole fare davvero politica industriale in
Italia? Allora si crei una banca di credito a medio-lungo termine. Non è molto difficile: all’inizio bastano pochi miliardi di patrimonio (3 o 4)
sottoscritti, ad esempio, da un grande istituto di
credito (che potrebbe così gestire meglio una
parte dei suoi crediti «difficili») da una compagnia di assicurazione (che vedrebbe migliorare
il profilo di rischio dei propri assicurati) e da
una o più casse di previdenza private che soddisferebbero in modo professionale la continua
richiesta che viene fatta loro di intervenire a sostegno dell’economia italiana. La quotazione in
Borsa con un aumento di capitale e l’emissione
di passività finanziarie a lunga scadenza completerebbero l’opera.
Non è difficile prevedere che nel giro di relativamente poco tempo il sistema delle imprese si
troverebbe ad avere a disposizione oltre 100 miliardi di euro per sostenere progetti industriali
di lungo termine. Ma non è tutto. Verrebbe sfruttata la grande opportunità offerta dalla Banca
centrale europea per acquistare titoli di aziende
industriali; si potrebbe finanziare la tecnologia
con disponibilità maggiori, fondi privati e modalità lungimiranti. E la politica industriale diventerebbe qualcosa di più dell’argomento di
tanti brillanti convegni nei quale discutere di come chiudere la stalla dopo la fuga dei buoi.
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
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italia: 51575551575557
Lettere al Corriere
RIVOLUZIONE E MOTI DI STUDENTI
SUI DUE LATI DELL’ATLANTICO
Risponde
Sergio Romano
Secondo lei il ‘68 degli Stati
Uniti, nato come movimento
pacifista contro la guerra in
Vietnam e rivendicante uno
stile di vita libero da
conformismi, stereotipi e
perbenismo, e che avevano
caratterizzato quella società
negli anni 50 e 60, può
avere influenzato se non
originato la nascita del ‘68
italiano? Inoltre ritiene che
nel nostro Paese — in
assenza di rivendicazioni e
manifestazioni studentesche
— si sarebbero affermati
comunque il femminismo,
l’alto tasso di delinquenza
comune e organizzata e,
soprattutto, la corrente delle
Br, fenomeni che hanno
interessato l’Italia per i
successivi 15 anni?
Renato Ferrario
[email protected]
CACCIA
Uso dei «richiami vivi»
Caro Romano, i media hanno
dato poca risonanza alla
notizia che le Commissioni
ambiente e industria di Palazzo
Madama hanno votato per il
mantenimento della cattura e
l’utilizzo di «richiami vivi». È
importantissimo il cambio di
posizione del governo, che
cedendo alle pressioni dei
senatori filovenatori, ha in
extremis modificato il testo
originale del decreto 91 che
prevedeva il divieto di cattura e
la limitazione della detenzione
dei richiami vivi, una delle
pratiche più violente e subdole
ai danni degli uccelli selvatici.
Centinaia di uccelli migratori
sono catturati in modo barbaro
(con le reti, che causano la
morte di molti di essi) e stipati
in una gabbietta grande quanto
loro per tutta la loro esistenza.
Credo che siamo rimasti l’unico
Paese europeo a consentire una
pratica così crudele. Oltretutto
arriveranno le sanzioni europee
che noi tutti pagheremo,
nonostante più dell’80 per cento
dei cittadini sia contrario alla
caccia.
Giovanni Tironi
Arese (Mi)
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
Caro Ferrario,
ra i moti studenteschi
americani degli anni
Sessanta, culminati nel
sanguinoso intervento della
Guardia nazionale nel campus di una università dell’Ohio (4 maggio 1970), e i
moti europei della fine del
decennio, esiste una fondamentale differenza, ma anche
qualche importante analogia.
Gli studenti manifestarono
contro la guerra del Vietnam
su entrambe le sponde dell’Atlantico, ma i ragazzi americani scendevano in piazza
contro la leva obbligatoria. La
guerra, per loro, non era un
concetto astratto; era quella
che avrebbero fatto di lì a
qualche mese se il governo
degli Stati Uniti non avesse
chiuso un conflitto che stava
diventando sempre più im-
F
Segnalo la sua notizia a una
scrittrice, Margherita d’Amico,
che ha pubblicato presso Bompiani un bel libro intitolato La
pelle dell’orso. Dalla parte degli
animali.
PAESE IN DIFFICOLTÀ
Dubbi sulla ripresa
Le previsioni di crescita del Pil
si stanno azzerando. È ormai
dal 2008 che tutte le previsioni
degli esperti sono smentite dai
fatti. L’ultimo colpevole della
mancata crescita è stato
individuato dai politici nel
sistema bicamerale perfetto...
Ho vissuto il miracolo
economico italiano, eppure
avevamo il bicameralismo
perfetto, votavamo con il
sistema proporzionale e le
coalizioni facevano cadere in
media un governo all’anno.
Conclusione: la crescita non
La tua opinione su
sonar.corriere.it
Il governo studia
nuovi incentivi
per l’acquisto di auto: è
una mossa corretta per
il rilancio dei consumi?
popolare. In Europa, invece, il
Vietnam divenne occasione e
pretesto per una campagna
ideologica contro l’America,
la Nato, l’imperialismo, il capitalismo e altri nemici di una
nuova sinistra rivoluzionaria,
influenzata dalla Cina di Mao
e dall’utopia guevarista molto
più di quanto non fosse teleguidata dall’Unione Sovietica.
Anche negli Stati Uniti la
componente ideologica e rivoluzionaria divenne col
tempo più importante e in
molte città universitarie nacquero le «Revolution books
bookstores», librerie che offrivano una larghissima scel-
c’è perché non ci sono più le
condizioni che l’hanno
generata. E temo, purtroppo,
che chi dovrebbe capirlo non lo
capirà mai. Ma anch’io
qualcosa non ho capito: lo
fanno volontariamente o
involontariamente?
Adelchi Benetti
[email protected]
RIFORME
Discussioni infinite
Una maggioranza di governo
dovrebbe poter legiferare su
qualunque argomento senza
necessariamente lasciarsi
condizionare dai pareri
dell’opposizione. Invece tutti
abbiamo sotto gli occhi come
ta di testi rivoluzionari e periodici militanti. Il movimento durò sino agli anni Settanta, ma i bollori rivoluzionari
furono generazionali e divennero col passare del tempo
sempre più tiepidi. Negli Stati
Uniti la vittoria di Reagan segnò l’inizio di una nuova fase
storica. In Europa la Francia
tornò all’ordine rapidamente,
grazie alla travolgente vittoria
gollista nelle elezioni del giugno 1968, ma in Italia e in
Germania la febbre del ’68 si
cronicizzò e produsse gruppi
armati che rappresentarono
per qualche tempo una minaccia alle istituzioni democratiche dei due Paesi.
In questi moti studenteschi vi fu, negli Stati Uniti come in Europa, un’altra componente rivoluzionaria: la rivolta contro i padri, vale a di-
re contro valori, criteri e
istituzioni tradizionali. Questa seconda rivoluzione ha
avuto maggiore fortuna della
prima e ha effettivamente
esercitato una decisiva influenza sul concetto di matrimonio, sulle unioni famigliari, sui rapporti sessuali, sulla
promozione della donna nella società e sulla nascita di
nuovi diritti umani.
Non mi sembra invece, caro Ferrario, che alle proteste
studentesche possa essere
addebitato l’aumento dl delinquenza comune e organizzata. Le cause sono diverse e
dipendono in ultima analisi
dallo stato dell’economia, dal
buon funzionamento dell’apparato statale, dalla rapidità
dei servizi di sicurezza e del
sistema giudiziario.
sta andando avanti la
discussione sulle riforme.
Quando mai si riuscirà a far
funzionare con speditezza la
macchina decisionale di un
governo in Italia?
FIAMMIFERI E SIGARETTE
Mauro Zonta
[email protected]
PRESSIONE FISCALE
Record non invidiabile
Con il 53,2 % possiamo fregiarci
della pressione fiscale più alta
del mondo, un record per nulla
invidiabile. In simili occasioni
(che purtroppo si ripetono
spesso), ci si affanna a ripetere
che il peso fiscale è insostenibile
e che bisogna a ogni costo
abbatterlo. Sono parole al vento
unicamente di facciata, visto
che non c’è una chiara volontà
politica per modificare il trend.
Graziano Nadali
Tolmezzo (Ud)
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
La domanda
di oggi
Sì
Dopo aver pagato al
Fisco una sanatoria da
20 milioni, Ezio Greggio ci
scherza su. È opportuno
che torni a «Striscia»?
46
No
54
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Conteggi da rifare?
Il governo eliminerà le accise
sui fiammiferi, ma aumenterà
per l’ennesima volta le imposte
sulle sigarette. Con i fiammiferi
l’Erario incassa 2,5 milioni
l’anno, mentre — per il crollo
delle vendite dei tabacchi — nel
solo 2013 ha perso 750 milioni.
Il governo farebbe bene a
rivedere i dati relativi ai
«guadagni» prima di fare
ulteriori aumenti sui tabacchi.
Giovanni Papandrea
[email protected]
CONDIZIONI DEL TEMPO
Meteorologi e turisti
Dai tecnici che dovevano
prevedere un terremoto siamo
passati a una causa legale
contro i meteorologi perché non
prevedono esattamente il
tempo. Per gli italiani
l’importante è dare la colpa a
qualcuno, invece di cercare di
capire come mai il Paese (con il
maggiore patrimonio artistico,
storico ed enogastronomico del
mondo!) si debba preoccupare
di un’estate con un po’ di
pioggia per attirare i turisti!
Gianluigi Melesi
[email protected]
Interventi & Repliche
La Rai e il sindacato
Vorrei fornire alcuni spunti in riferimento
all’articolo pubblicato a firma di Sergio
Rizzo sul Corriere del 17 luglio.
Grazie a un accordo sindacale voluto
dall’Usigrai, il mandato dei direttori è
triennale (eventualmente rinnovabile):
al termine, oltre alla funzione, perdono
l’indennità (quindi i soldi) a essa
collegata.
Questo meccanismo è in vigore da anni
anche per vicedirettori e capiredattori
centrali.
La cosiddetta «piramide rovesciata» è
ascrivibile ai costi della politica.
Cambiare le fonti di nomina dei vertici,
vuol dire non solo rottamare partiti e
governi dal controllo della Rai, ma anche
abbattere sprechi e inefficienze.
In nome della trasparenza e della
meritocrazia, su richiesta del sindacato, i
direttori sono obbligati a rendere noto al
Comitato di redazione nomi e criteri di
eventuali aumenti di stipendio,
gratifiche, eccetera.
Pochi giorni fa, l’Usigrai ha chiesto alla
Rai l’introduzione della responsabilità
civile dei dirigenti: i costi derivanti da
vertenze giudiziarie per
demansionamenti e sottoutilizzazioni
non devono ricadere sul bilancio
aziendale (e quindi sulle tasche dei
lavoratori e dei cittadini), ma su chi ha
determinato quella causa.
Insomma, importanti cambiamenti
ottenuti dal sindacato per rendere la Rai
una casa di vetro.
Ancora tanto lavoro c’è da fare. Ma far
conoscere i passi in avanti compiuti
restituisce ai cittadini una immagine più
realistica della Rai. E anche del
sindacato, troppe volte
strumentalmente etichettato come
conservatore. Quando, invece, è troppo
spesso l’unica forza realmente
riformatrice, e con coraggio, all’interno
della Rai Servizio pubblico.
Vittorio di Trapani, Segretario Usigrai
Processi: la presenza degli avvocati
Leggo l’intervento di un avvocato
secondo il quale la difesa senza
avvocato è improponibile (Corriere di
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CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
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Italians
di Beppe Severgnini
La magia (silenziosa)
dei viaggi con i figli
A
bbiamo parlato, nelle scorse settimane, di viaggi dei ragazzi e di viaggi coi ragazzi. Ma erano i ragazzi degli altri. Quando sono i nostri, è diverso. I viaggi con i figli sono complicati e letterari; e sono letterari perché sono
complicati. Gli scrittori americani hanno una certa tradizione, in materia. Robert M. Pirsig si porta Chris, undici anni, sul
sellino posteriore (Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta); il protagonista di La strada di Cormac McCarthy trascina il
pargolo dentro un’America apocalittica; John Steinbeck, in mancanza di prole disponibile, carica sulla roulotte il cagnolino (Viaggio con
Charley).
Quasi sempre ai figli tocca la parte del pubblico: papà medita, discute e decide; la famiglia ascolta ed esegue. I figli, anche fuori dai
libri, rischiano d’essere il nostro pubblico ambulante. E l’estate è il
tempo della rappresentazione. Vi siete mai chiesti perché la mia generazione, durante l’infanzia negli Anni 60, giocasse con le targhe e i
colori delle auto? E perché i ragazzini, oggi, s’immergano in tablet e
videogiochi? Il motivo è lo stesso. Evitare di ascoltare i genitori in vacanza, dopo averlo fatto tutto l’anno.
La prima regola con Antonio, quando viaggiamo insieme, è perciò questa: poche chiacchiere. Star zitti, tra persone che si conoscono bene, può essere un sintomo di disagio; o la prova che ci si capisce anche senza aprir bocca. Non ho dubbi. Quando viaggiamo lui ed
io — con l’autorizzazione entusiastica di mamma, che in questi periodi si sente libera e tranquilla —
parliamo poco perché non c’è bisoA volte ricordiamo gno di parlare tanto. Lui sa, io so,
sappiamo. Sappiamo che io talcome eravamo alla noi
volta ascolto, ma non sento; mentre
lui non ascolta ma, non so come,
loro età. Adesso
sente sempre tutto. Sappiamo che
tocca a loro, ai
entrambi esageriamo con l’iPhone,
per motivi diversi: io lavoro, lui gionostri ragazzi
ca. Al che Antonio ribatte: il tuo lavoro ti diverte, quindi è come se
giocassi, quindi non protestare.
Oggi Antonio ha 21 anni. Abbiamo seguito le coste la Sardegna
con due moto (2008) e attraversato l’America (2013) con ogni mezzo
possibile: quindici Stati, sette grandi città, 8.230 chilometri, di cui
4.094 in treno, 894 in bus, 3.122 in auto, 110 in barca e 10 sopra un
Segway, che lui ha imparato a condurre con sicurezza in cinque minuti, mentre a me c’erano volute, ai tempi, cinque ore. Ma non contano solo i grandi viaggi. Contano anche le giornate di maestrale in
Gallura, in attesa dell’estate che non arriva: la mattina sulla battigia
tra bandiere rosse e meduse spiaggiate, la sera davanti al televisore
per la replica di una partita.
Uno guarda fuori, ammira i lecci e i ginepri che sfottono il vento, e
pensa: ricordo quando alla sua età ero qui, e tutto sembrava nuovo e
lucido, e le moto erano parcheggiate qui davanti come cavalli fuori
dal saloon, e mangiavano molto e male negli orari sbagliati, e le ragazze del Lussemburgo erano contente comunque. Adesso tocca a
loro, ai nostri ragazzi, e ogni tanto ci permettono di guardarli mentre
prendono il largo, barche nuove che escono dal porto. Non dobbiamo far niente. Solo salutare con la mano, attenti a non farci vedere.
@beppesevergnini
❜❜
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Vauro
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3,00; CH Tic. Fr. 3,00 (quando pubblicato con Style Magazine Fr. 3,50);Cipro € 2,00; Croazia Hrk 15; CZ Czk. 64; Francia € 2,00; Germania € 2,00; Grecia €
2,50; Irlanda € 2,00; Lux € 2,00; Malta € 2,00; Monaco P. € 2,00; Olanda € 2,00; Portogallo/Isole € 2,50; SK Slov. € 2,20; Slovenia € 2,00; Spagna/Isole € 2,50;
ieri). L’art. 24 della Costituzione recita:
Tutti possono agire in giudizio per la
tutela dei propri diritti e interessi
legittimi. Secondo me «tutti» significa
«tutti» e non solo coloro che hanno
l’avvocato.
Paolo Federici
[email protected]
La crisi de «l’Unità»
Sul Corriere di ieri nella foto pubblicata a
pagina 4 a corredo dell’articolo su
l’Unità, nella didascalia viene indicato
Franco Tatò. La persona con Berlinguer
e Natta è Antonio Tatò, capo ufficio
stampa del Pci. Ci scusiamo.
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Spettacoli
Rissa sfiorata a Ibiza
Orlando Bloom tenta di colpire con un pugno Justin Bieber
Rissa sfiorata tra Orlando Bloom e Justin Bieber.
L’altra sera erano a cena allo stesso ristorante di
Ibiza e l’attore ha tentato di colpire il cantante
con un pugno. Secondo alcune voci, Bieber si
sarebbe avvicinato troppo all’ormai ex moglie di
Bloom, Miranda Kerr, quando erano sposati.
Dopo la lite, il cantante ha postato su Instagram
una foto della modella, rimossa poco dopo.
Verso il Festival
Sei volte candidato
all’Oscar, è il primo
compositore chiamato
a decretare il vincitore
di un Festival: amo i film
italiani. Quali? Fellini,
Sorrentino e Garrone
Profilo
Il compositore
Alexandre Desplat
è nato a Parigi il 23
agosto del 1961
Desplat, un musicista a Venezia
«Coraggioso affidarmi la giuria»
Le sue colonne sonore
Da Malick a Harry Potter, ora il Lido: che fascino il Leone d’oro
M
onsieur le president, l’uomo che alla prossima Mostra di Venezia terrà in pugno per 11 giorni la giuria e
le sorti del cinema internazionale, stasera suonerà il flauto al Festival di Ravello. Impegnato con i cameristi del
Trafic Quintet e il pianista Alain Planès
in Quai de scenes, spettacolo di suoni e
immagini, suggestiva rivisitazione di
celebri colonne sonore. Tutte firmate
da lui, Alexandre Desplat, nato a Parigi
nel ’61, tratti bruni e fascino ironico ereditati da madre greca e padre francese,
studi classici (oltre al flauto suona il
piano e la tromba), compositore per il
grande schermo di fama internazionale, sei volte candidato all’Oscar, l’ultima
per Philomena.
Un pedigree di tutto rispetto, eppure è la prima volta che un musicista viene chiamato a guidare la giuria
di un grande festival.
«Il direttore Barbera è stato molto
audace. Quando me l’ha proposto il primo a restare sorpreso sono stato io. A
Cannes, quattro anni fa, avevo fatto par-
te della squadra di Tim Burton. Stavolta
però l’onore di reggere il timone è tutto
mio. Ne sono molto fiero».
È la consacrazione del ruolo del
compositore nel cinema
«A tutti gli effetti il terzo autore, dopo il regista e lo sceneggiatore, è proprio lui. Ogni grande film è inscindibile
dalla sua colonna sonora. Quando l’incontro funziona, immagini e musica
diventano una sola cosa. Come accade
per certe accoppiate leggendarie: Fellini e Nino Rota, Leone e Morricone,
Blake Edwards e Henry Mancini, David
Lean e Maurice Jarre, Greenaway e Nyman».
E nel suo caso? Con quale regista
ha stabilito una maggior sintonia?
«Con Jacques Audiard. Ho scritto le
musiche per tutti i suoi film, compreso
il premiatissimo Il profeta. E dopo The
Queen ho legami saldi con Frears, men-
Il copione
«Via col vento», all’asta un nuovo finale
Non più: «Domani è un altro giorno». Il prossimo mese
sarà messo all’asta uno scritto con un finale alternativo
di Via col vento. Lo riporta il Daily Mirror. Nel
documento la mitica frase di Rossella O’Hara (Vivien
Leigh, foto con Clark Gable) «domani è un altro giorno»
è sostituita da «Rhett, Rhett... tornerai. Tornerai, so che
lo farai!». Il prezzo del pezzo unico, che si ritiene fosse di
un membro della produzione, partirà da 5 mila sterline.
tre Venere in pelliccia ha segnato la mia
terza volta con Polanski. Clooney mi ha
chiesto le colonne sonore di Idi di marzo e Monuments Men, Malick una musica capace di scorrere come l’acqua per
The tree of life».
Lei è amato dal cinema autoriale e
da Hollywood. Sue le musiche di
«Harry Potter», «Twilight», «Godzilla»...
«Ho avuto la fortuna di cominciare
la mia carriera negli Usa tenendo un
piede ben saldo in Europa. Inoltre i registi americani con cui ho lavorato sono cresciuti nel culto del cinema europeo... Intenderci è stato facile. Anche se
Hollywood resta un altro mondo».
In che senso?
«Per due ragioni: il regista non ha
quasi mai il “final cut”, ci sono altri
sguardi che hanno diritto d’intervenire.
E poi ci sono mezzi a disposizione impensabili in Europa. La colonna sonora
è una voce importante del budget mentre in Europa è spesso considerata un
optional. Così per Harry Potter ho potuto scrivere una vera partitura sinfoni-
The tree of life Brad Pitt nel film di
Malick, vincitore a Cannes nel 2011
Harry Potter e i doni della morte
La saga chiude sulle note di Desplat
Philomena Judi Dench e Steve
Coogan nel film del 2013 di Frears
ca, eseguita da un’orchestra di oltre
cento elementi... Per un compositore
sono tentazioni irresistibili. Ma non abbastanza da convincermi a traslocare
negli Stati Uniti. Le mie radici culturali
sono qui».
Quando ha capito che la musica
per film sarebbe stata la sua strada?
«Molto presto. Ero un adolescente
cinefilo e ogni film per me era anche
una narrazione sonora. A casa poi riascoltavo in disco quelle musiche trovandole bellissime di per sé. Una dualità affascinante. Comporre per delle immagini mi dà emozioni incredibili. Perché si può far apparire l’invisibile».
Come Edith Piaf, anche lei ha due
amori: la musica e il cinema
«Passioni inscindibili. E poi, mentre
registravo la mia prima colonna sonora, è arrivata Dominique. E l’amour è diventato a tre».
Dominique Lemmonier, violinista
di talento, interprete privilegiata delle sue composizioni
«La mia compagna. Lei ha dato vita
al Trafic Quintet, ensemble di archi nato per un film di Audiard e poi diventato interprete di trascrizioni cameristiche di colonne sonore. Musica cinefila:
Trafic è il titolo di un film
di Tati».
I film della sua vita?
«Prima di tutti quelli italiani. Tra gli anni ’60 e ’70 il
vostro cinema era il più
bello del mondo. Non solo
per registi come Fellini, Visconti, Scola, ma anche per
a t to r i : G a s s m a n , M a stroianni, Tognazzi, Manfredi. Negli anni 80 sono
arrivati i film impegnati dei Taviani e di
Moretti e ora ci sono quelli innovativi
di Sorrentino e Garrone. Per quest’ultimo ho scritto le musiche di Reality».
E sul versante musicale, quali i
suoi compositori di riferimento?
«Sono cresciuto con la classica ma
poi ho spalancato le orecchie a ogni genere di suoni. Mi nutro di musica al
plurale, senza confini di sorta. Adoro
Debussy ma anche certe melodie asiatiche o africane. Mi piacciono contemporanei come Boulez, Dusapin, Rihm
ma anche Mozart e Bernard Hermann,
il compositore di Hitchcock».
Tra neanche un mese sarà alla Mostra. Cosa si attende da questa esperienza di presidente di giuria?
«Tanti film inattesi e ispirati. Tanti
incontri stimolanti. Tante emozioni.
Venezia è un festival specialissimo, sia
per l’incanto della città sia perché la
Biennale ha il potere di stringere legami tra arti diverse. Ogni volta che prendo il battello per il Lido, sono felice».
Giuseppina Manin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Spettacoli 43
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Nuova stagione
Viale Mazzini
e il piano fiction:
racconteremo
la realtà italiana
Brevi
ROMA
Teatro Valle occupato
scade l’«ultimatum»
L
a prima novità di Rai Fiction (una macchina annua da 200 milioni di euro, 400 ore di storie tv e
100 di cartoni animati) non si vedrà sui teleschermi. Riguarda
l’operazione trasparenza che sta
investendo viale Mazzini, fortemente voluta dal direttore generale Luigi Gubitosi. Da domani, 1
agosto, apparirà online sul sito
www.rai.it uno schema per le
proposte che i produttori vorranno inoltrare alla direzione di Rai
Fiction, diretta da Eleonora «Tinni» Andreatta.
Quattro pagine per presentare
il progetto, l’impegno di avere la
piena titolarità di tutti i diritti
d’autore, spiegare le finalità editoriale dell’idea editoriale. La Rai
si impegna, entro 90 giorni, a rispondere con un no o con un rinvio a un successivo approfondimento. Per Tinni Andreatta questa novità «metterà nelle condizioni tutti i produttori, anche
piccoli e indipendenti, di avanzare idee. Naturalmente resta importante la storia editoriale delle
società produttrici, la loro garanzia di solidità. Ma sia chiaro che
vinceranno sempre la qualità, la
novità, l’originalità, ovvero la creatività Rai Fiction», il «raccontificio» di viale Mazzini che assicura
film tv, piccole e grandi serie alle
tre reti generaliste e ora guarda
sempre di più al web e alle nuove
piattaforme per attirare i giovani
lontani dalla tv generalista, si rinnova nei temi e nelle abitudini
amministrative. Nel settembre
2013 la Vigilanza Rai, in particolare il presidente della commissio-
Palinsesto
A destra, Vanessa
Incontrada in
«Un’altra vita»;
sopra, una scena
di «La freccia del
Sud» su Mennea
e, a sinistra, «La
narcotici - Sfida al
cielo». Sotto, Tinni
Andreatta, direttrice di Rai Fiction
«I sogni delle ragazze italiane
diventeranno serie tv in Rai»
Tinni Andreatta: variamo l’operazione trasparenza
ne parlamentare Roberto Fico,
Movimento 5 Stelle, avevano
aperto un dossier sulle «Cinque
sorelle», i produttori sempre presenti nei palinsesti Rai. Anche di
qui un’operazione che assicura
trasparenza e mette tutti insieme
allo stesso nastro di partenza.
Con uno slogan: «Nessuno escluso». Ancora Andreatta: «Tra settembre 2013 e maggio 2014 abbiamo abbassato l’età media del
pubblico di quattro anni, attirando per esempio con Braccialetti
rossi la fascia tra gli 8 e i 14 anni,
ma senza escludere adulti e anziani».
❜❜
Da domani
Sito aperto alle idee
dei produttori,
risponderemo a tutti
I temi sono legati da un filo
rosso: comunque, la realtà. Ovvero il racconto del Paese anche attraverso i suoi eroi civili (Qualunque cosa succeda, la biografia di
Giorgio Ambrosoli in autunno di
Rai1 con Pierfrancesco Favino), i
valori civili, i modelli credibili, in
generale la contemporaneità e un
rapporto con la storia che Tinni
Andreatta definisce «non polveroso ma con un riverbero sull’oggi». Di qui nascerà Un mondo
nuovo, la biografia del grande europeista Altiero Spinelli, film di
un’ora (Palomar-Rai) che sarà
pronto per novembre, dunque
per il semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea. E dalle stesse radici nasce Il confine,
progetto sulla Prima guerra mondiale firmato da Laura Ippoliti e
Andrea Purgatori, scelto tra 32
proposte sul centenario presentate dall’Anica e dall’Associazione
produttori tv. Partirà presto l’inedita operazione Io credo che lassù, un racconto delle ragazze della provincia italiana tra i 14 e i 17
anni. Nascerà prima una piattaforma online in cui le «vere» ragazze italiane potranno raccontarsi liberamente (la persona più
importante, ricordi belli e dolo-
rosi, le abitudini, i sogni). Poi saranno gli sceneggiatori a lavorare
sul materiale che verrà poi riproposto sulla Rete e finalmente diventerà una serie tv.
In quanto alle tante storie, si
parte dalla seconda serie di Braccialetti rossi e si passa per la biografia di Pietro Mennea (La freccia del Sud) e per Baciato dal sole
(Rai-Pepito Produzioni) la prima
fiction con Guglielmo Scilla, ovvero la star del web Willwoosh,
racconto del sogno-incubo di un
successo televisivo. Confermato il
terzo capitolo di Fuoriclasse, storia scolastica con Luciana Littizzetto, il ritorno di Gigi Proietti al
tv movie con Una pallottola nel
cuore per la regia di Luca Manfredi, La narcotici-Sfida al cielo
(Rai-Gootime) per la regia di Michele Soavi. Niente biografie di
santi, unica eccezione l’annunciata terza rilettura di Francesco
di Assisi che verrà firmata da Liliana Cavani.
Paolo Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«Condivido le decisioni del
Comune sull’affidare il Valle
in gestione al Teatro di Roma
e chiedere che il teatro venga
liberato entro domani (oggi
per chi legge, ndr)». È la presa
di posizione del ministro dei
Beni culturali Dario
Franceschini sulla questione
del teatro romano. Per oggi,
giorno della possibile
«consegna delle chiavi», gli
occupanti stanno pensando a
uno spettacolo non stop.
Chiedono anche garanzie sul
loro coinvolgimento: «Stiamo
lavorando per cercare di
rientrare nel dettaglio di
quello che è il progetto di
teatro partecipato».
PAUSA AD AGOSTO
Il tour di Ligabue
ripartirà a settembre
Riprenderà a settembre la
terza parte della tournée
negli stadi di Ligabue. Il suo
Mondovisione tour-Stadi
2014 farà pausa ad agosto.
Con già 10 concerti tra
giugno e luglio, il
rocker si prende un mese di
stacco e si prepara ora a
toccare gli stadi di altre 4
città: il 6 settembre sarà a
Trieste (Nereo Rocco), il 9 a
Torino (Olimpico), il 13 a
Bologna (Dall’Ara), il 20 a
Bari (Arena della Vittoria).
In tutte le tappe del
Mondovisione tour l’inizio
del concerto è previsto alle
21.30, per permettere di
vivere uno show «al buio».
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Sport
Hackett: oggi l’istanza di riesame F1: rinviata la riunione tra team
La Commissione giudicante della Federbasket si pronuncerà oggi sull’istanza di riesame presentata dall’avvocato Cassì, legale dell’Olimpia Milano, sui 6 mesi di squalifica a Daniel Hackett. Il presidente federale Petrucci si schiera con la nazionale: «Qui si tratta di far rispettare le regole: gli
altri azzurri hanno fatto un comunicato chiaro, che io condivido in pieno».
Su decisione di Bernie Ecclestone è stata rinviata, a data da destinarsi, la
prima riunione della commissione formata da Christian Horner (Red Bull),
Toto Wolff (Mercedes), Marco Mattiacci (Ferrari) e Vijay Mallya (Force India).
A questa commissione si sarebbero aggiunti Flavio Briatore e Charlie Whiting e si sarebbe discusso su cosa fare per migliorare lo spettacolo della F1.
Corsa alla Figc Il numero 1 dei Dilettanti continua a perdere consensi: ieri si è sfilato il Torino. Il rivale: «Lo appoggiano senza conoscere il programma»
Il giorno del giudizio
La rinuncia
Sacchi lascia
le giovanili:
troppo stress
ROMA — Frattura da stress.
Arrigo Sacchi (foto) lascia il
ruolo di coordinatore delle
nazionali giovanili ricoperto
negli ultimi 4 anni. Dopo Abete
e Prandelli anche Sacchi saluta
l’azzurro, e ciononostante il
pressing della Federcalcio per
il rinnovo di un contratto che
scade proprio oggi. E il motivo
è semplice ed è noto alla Figc
da almeno un anno. È lo stesso
filo rosso che lega molte tappe
nella carriera del tecnico che
cambiò il calcio mondiale.
«Con dispiacere lascio un
incarico cui tengo molto — ha
detto ieri Sacchi —, ma ho un
avversario terribile che sono
riuscito a governare per 22-23
anni e che alla fine sta
vincendo: lo stress». Il Milanbis, l’Atletico Madrid, la
parentesi di Parma nel 2000, il
sofferto addio alla nazionale e
le quasi 400 partite visionate in
4 anni da coordinatore delle
giovanili azzurre: per tutte
queste esperienze lo stress è
stato decisivo. Ma forse
sull’ultima pesano anche altri
motivi, problemi che hanno di
fatto strozzato la rivoluzione
culturale tentata da Sacchi. Per
questo nell’addio c’è anche un
po’ di veleno: «Il nostro calcio
non punta sui giovani per due
motivi: il primo sono i bilanci
in rosso che non consentono
investimenti a lungo termine;
il secondo è che il nostro calcio
è difensivo e punta su
giocatori esperti». Scarsa
lungimiranza, ecco perché è
arrivato il secondo flop
mondiale di fila: «Era frutto
dell’amore pensare che l’Italia
potesse vincere, sarebbe stato
un miracolo. Sono stati
commessi errori e qualcosa in
più si poteva fare. Qualche
anno fa sono stato in Costa
Rica a tenere un seminario, ora
dovremmo chiamare loro a
tenere lezioni da noi. Abbiamo
dirigenti che pensano più al
loro potere che al bene del
sistema. Dimentichiamo
furbizia, affarismo, scorciatoie
e compromessi, altrimenti
siamo out».
Andrea Arzilli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
È il giorno del giudizio. In
tutti i sensi. Oggi il presidente
del Coni, Giovanni Malagò, riceve a Palazzo H i due candidati
alla presidenza della Federcalcio
(elezioni l’11 agosto): Demetrio
Albertini al mattino; Carlo Tavecchio nel (tardo) pomeriggio
(e forse accompagnato da Lotito). Sebbene il Coni non abbia
potere di veto su una candidatura e non possa operare invasioni di campo (la vigilanza è
prevista per altri casi); sebbene
Malagò non intenda vestire i
panni dell’inquisitore, è oggi
che si capirà se Tavecchio, dopo
la bufera per la frase sugli extracomunitari e le banane pronunciata venerdì scorso davanti al
gotha del pallone, è nella condizione per andare avanti. Nonostante tutto quanto è accaduto
negli ultimi sei giorni. Perché la
Malagò incontra Albertini e Tavecchio
Vuole capire i progetti dei due candidati
Allenatori contro
Ulivieri: «Tavecchio
è inadeguato, certe
frasi ne rispecchiano
il suo modo d’essere,
basti pensare
al titolo del progetto
che ci aveva
presentato
sul calcio femminile:
“Spogliati e gioca”....»
questione è semplice: Malagò
vuole capire bene quali sono i
progetti dei due candidati; se
hanno una squadra con la quale
lavorare dopo essere stati eletti
nell’assemblea dell’11 agosto;
come intendono procedere alla
ristrutturazione della Figc.
Tavecchio, che continua a godere del sostegno di uno zoccolo duro che lo ha spinto a candidarsi, non pensa al passo indietro, sempreché non sia costretto
a farlo dagli eventi (e dal Coni,
dopo l’investitura di Renzi) ha
incassato ieri altri voti di sfidu-
cia, mentre persiste il silenzio
assoluto dell’Inter, che, unica
fra le grandi, niente ha detto
sulla questione, fra lo sconcerto
di molti tifosi (anche il Torino
con Cairo si è chiamato fuori).
Ha cominciato il presidente dell’Assoallenatori, Renzo Ulivieri:
«Tavecchio ha dimostrato di essere inadeguato e con un occhio
solo, quello dell’imprenditore.
Il suo programma porterà la Figc nel baratro. Certe frasi ne rispecchiano il modo di essere. Basti pensare al titolo del progetto
che ci aveva presentato sul cal-
cio femminile: “Spogliati e gioca”... Ma ancora peggio sono i
suoi sostenitori a partire da Lotito, sostenitore di una politica
ottusa e miope: vede la Federazione come un palazzo con una
porta sola e le chiavi che spettano a lui, ha l’ossessione di voler
governare muro contro muro e
Tavecchio porta con sé questa
visione che a noi non piace e
non accettiamo. Albertini ha
una visione più ampia, nel suo
programma ha chiarito che è realizzabile solo con il contributo
di tutti: dal mondo professioni-
stico a quello dilettantistico, da
chi va in campo a giocatori e arbitri. Pensarla in modo diverso
credo sia un errore madornale».
Hanno espresso il loro dissenso anche alcune società toscane della Lega Dilettanti, che
chiedono al presidente del Comitato regionale di «rivedere»
l’appoggio annunciato nell’assemblea dei delegati del 12 luglio. Richiesta respinta dal presidente Bresci. E questo è un segnale non determinante, ma significativo. Si sono espressi con
toni molto critici anche l’Ufficio
nazionale antidiscriminazioni
razziali e la Coalizione internazionale sans-papiers e migranti
(Cispm).
Nel frattempo Albertini è andato all’attacco via Twitter, dialogando con gli internauti:
«Qualcuno vota Tavecchio per
Mediazione
A destra i due candidati per la presidenza della Figc
Carlo Tavecchio, 71 anni, e Demetrio Albertini, 42 anni.
In alto Giovanni Malagò, 55 anni, numero uno del Coni
(Canoniero, Ipp)
Dietro le quinte Nuova mozione pro Tavecchio da parte di quattro componenti
Le Leghe impaurite giocano d’anticipo
«Il commissario in Figc? Non esiste»
MILANO — Il calcio ha paura del commissario, che sarebbe nominato dal Coni per
statuto. E gioca in difesa, a
scopo preventivo. È questo il
senso del sorprendente comunicato sottoscritto dalle
Leghe (serie A, B, Lega Pro e
Dilettanti): «Rimaniamo stupiti di fronte all’ipotesi di un
commissariamento. Richiamiamo gli articoli del nostro
statuto, dei regolamenti e le
norme che parlano chiaro.
Non esiste alcun presupposto
per commissariare, né di carattere formale, né di carattere sostanziale. La Federazione
ha il diritto e il dovere di determinare in modo autono-
mo, trasparente e democratico i suoi organismi dirigenti
nel pieno rispetto del regolamento in vigore».
Letto così, il comunicato
sembra un segnale di forte
compattezza fra le Leghe, ma
forse a tenerle unite è il rischio che la rifondazione prescinda da loro. Il commissariamento potrebbe scattare
soltanto nel caso in cui l’assemblea dell’11 agosto non
riuscisse a eleggere un nuovo
Serie A Maurizio Beretta (Ansa)
Serie B Andrea Abodi (LaPresse)
presidente (serve il 50% più
uno dei voti, alla terza votazione, anche se il candidato
fosse uno solo) e la federazione si ritrovasse senza governo.
In attesa dell’ultimo Consiglio della presidenza Abete
(domani), oggi Tavecchio
riunirà il Direttivo dei Dilettanti, prima di incontrare
Malagò; invece del passo indietro, potrebbe proporre un
patto di legislatura fuori tempo massimo per arrivare alla
scadenza del 2016: lui presidente, Albertini vice con alcune deleghe importanti. Se
l’idea è questa, sarà respinta
al mittente, anche perché
Lo Statuto Coni
In base all’art. 7, comma 5,
lettera f dello Statuto
del Coni, «la Giunta propone
al Consiglio Nazionale
il commissariamento
delle federazioni
1. in caso di accertate gravi
irregolarità nella gestione
o di gravi violazioni
dell’ordinamento sportivo da
parte degli organi direttivi;
2. in caso di constatata
impossibilità
di funzionamento
dei medesimi
3. nel caso in cui
non siano stati adottati
gli adempimenti
regolamentari o il
commissariamento ad acta
per garantire il regolare
avvio o svolgimento delle
competizioni». Il caso del
calcio sarebbe il punto 2
l’Aic dovrebbe cambiare uno
dei quattro consiglieri designati (Tommasi, Perrotta, De
Sanctis e Calcagno). Albertini
ha già fatto il vice per otto anni; è stato accusato di immobilismo e non vuole ripetere
l’errore.
Diverso sarebbe se l’accordo prevedesse Albertini presidente e un vice espresso
dalle Leghe. Un’ipotesi irrealizzabile. Chi potrebbe essere
nominato presidente? Una risposta l’ha data Petrucci, già
presidente del Coni dal 1999
al 2013 (e commissario Figc
nel 2000-2001) e ora alla guida della Federbasket: «La Figc
ha il diritto e il dovere di eleggere il proprio presidente, Albertini e Tavecchio devono
andare avanti. In questo momento, il Coni non ha alcun
potere; la Figc deve essere autonoma e non c’è alcuna ipotesi di commissariamento.
Se, e solo se, non riuscisse a
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
Acerbi sconfigge
il tumore: ora può
tornare a giocare
la persona, qualcuno per la carica. Mi sembra che lo appoggiassero senza neanche sapere il
programma». A chi gli ha chiesto perché non si è mosso con
maggiore convinzione quando
era vicepresidente con Abete, ha
risposto: «I cambiamenti e le riforme passano dal Consiglio Federale; per questo bisogna cambiare governance. Mettiamoci
nelle condizioni di fare. Io punto a essere il regista di una squadra: ho imparato tanto in otto
anni e costruito rapporti internazionali. Dobbiamo ringiovanire il campionato inserendo almeno 10 giocatori dai vivai italiani; siamo il secondo campionato con l’età media più alta
d’Europa».
Sulla questione razzismo ha
parlato di quanto accaduto nella
Nba, con l’ex proprietario dei
Los Angeles Clippers, Donald
Sterling, radiato e costretto a
vendere il club: «La tolleranza
zero che è regola nella Nba è
stata applicata. Se vogliamo
chiedere ai nostri tifosi, dobbiamo anche dare l’esempio». Oggi
lo dirà anche a Malagò.
Fabio Monti
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Sport 45
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«Non mi sentivo così da anni».
Francesco Acerbi può finalmente
sorridere. Il difensore del Sassuolo,
26 anni, è riuscito a sconfiggere
per due volte in un anno il tumore
e ora è di nuovo lì, sul campo, ad
allenarsi. «La malattia mi ha
riabituato a pensare in grande, a
inseguire certi obiettivi —
racconta —. Sono felice di essere
tornato a disposizione, di poter
nuovamente lottare ad alto livello
sul campo». Il calvario è stato
lungo: il primo dicembre scorso al
poi annullata. «Ma ora sono qui a
parlare e a lottare insieme ai miei
compagni. La nazionale rimane un
sogno, e si può realizzarlo solo
attraverso determinati step. Ma io
spero di farli presto».
giocatore venne trovato un valore
anomalo di gonadotropina
corionica. Era il segnale del
ripresentarsi della malattia, che
inizialmente venne scambiato per
possibile doping e portò a una
sospensione dall’attività sportiva,
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Debutto
Il Cesena
blocca i campioni
sullo 0-0.
Poco spettacolo,
bianconeri schierati
col 3-5-2 contiano
L’azzurro
Andrea Pirlo,
35 anni,
alla sua
prima partita
estiva con
la Juve.
Contro
il Cesena
il centrocampista
ha ritrovato
Massimiliano
Allegri, che
aveva già
avuto al
Milan prima
di trasferirsi
a Torino
(LaPresse)
DAL NOSTRO INVIATO
CESENA — Un coro quasi
carbonaro: «Noi Allegri non lo
vogliamo». Qualche timido fischio all’annuncio dello speaker.
E poi via: a due settimane dall’insediamento, il governo Allegri
muove i primi passi tra il popolo
(17.626 paganti), prima di partire (domenica) per la tournée tra
Asia e Australia dove prenderà
forma la nuova Juve. I cori ad alta
voce sono invece quelli contro
Napoli e i napoletani, segno che
sarà un’altra stagione intensa dal
punto di vista della discriminazione territoriale.
Per il debutto ufficiale della
sua avventura in bianconero dopo la sconfitta (3-2) nella sgambata coi dilettanti del Lucento,
Allegri non tocca l’impianto contiano del 3-5-2, senza Tevez rimasto a Vinovo dopo il rapimento lampo del padre adottivo, Vidal, Buffon, Barzagli e Isla. Il Memorial Lugaresi, contro un
Cesena che esibisce la maglia rosa in onore di Marco Pantani, si
gioca in una serata fresca, che
aiuta le due squadre, ma nessuno
ha voglia di strafare e la sfida finisce senza gol.
Con i reduci dal Mondiale
rientrati alla base da tre giorni e
impiegati solo per un tempo la
scelta conservatrice per la Juve è
l’unica possibile. Bonucci e Pirlo
hanno un discreto impatto e si
confermano le due fonti principali del gioco bianconero. Chiellini invece è spesso in difficoltà,
sia negli spazi lunghi che in quelli stretti. Lichtsteiner è già pronto
per il campionato, almeno a giudicare dalla frequenza delle sue
proteste. L’unico tra i nuovi acquisti subito in campo è Roberto
Pereyra: l’argentino che arriva
dall’Udinese gioca nel territorio
che solitamente è di competenza
di Marchisio e lascia intravvedere qualità, come il cambio di pas-
La Juve è un cantiere
La prima di Allegri
finisce senza gol
Si rivede Pirlo, si fa notare Pereyra
Europa League, debutto granata
Il Torino vola in Svezia
senza Cerci e Quagliarella
STOCCOLMA — Oggi in Svezia il Torino affronterà il
Brommapojkarna (ore 19) nell’andata del terzo turno
preliminare di Europa League. «I miei ragazzi si sono
meritati il salto dalla serie B all’Europa League»,
ha detto Giampiero Ventura. Raggiante Urbano Cairo:
«Non potevo mancare a questo appuntamento.
Speriamo sia soltanto l’inizio». Darmian e Cerci
non sono partiti per Stoccolma: entrambi sono rimasti
ad allenarsi a Torino con Quagliarella e Avramov.
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so e la capacità di attaccare la
profondità, che torneranno utili
ad Allegri anche per effettuare le
prime varianti tattiche.
Un avversario come il Cesena
di Bisoli, neopromosso in A (avversario a Torino alla quarta
giornata), si rivela un promemoria utile: cinque difensori e un
mediano mazzolatore davanti alla difesa come Cascione che
prende di mira Giovinco, servono a ricordare che tipo di partite
attenderanno la Juve per gran
parte del campionato. Anche per
questo — ed era anche l’intenzione di Antonio Conte — la Juve
troppo prevedibile in attacco dovrà cambiare pelle. La duttilità di
Cesena
Juventus
0
0
CESENA (3-5-2): Leali (Agliardi 20’
s.t.); Volta (Krajnc 16’ s.t.), Lucchini,
Capelli (Mordini 42’ s.t.); Perico (Nica
22’ s.t.), De Feudis (Valzania 22’ s.t.),
Cascione (Yabré 39’ s.t.), Zé Eduardo
(Tabanelli 1’ s.t.), Renzetti
(Magnusson 16’ s.t.); Djuric
(Rodriguez 16’ s.t.), Defrel
(Garritano 1’, Moncini 35’ s.t.). All.:
Bisoli
JUVENTUS (3-5-2): Storari,
Sorensen (Caceres 1’ s.t.), Bonucci
(Marrone 1’ s.t.), Chiellini (Ogbonna
1’ s.t.); Lichtsteiner (Asamoah 1’ s.t.),
Padoin (Pepe 1’ s.t.), Pirlo (Marchisio
1’ s.t.), Pereyra (Spinazzola 22’ s.t.),
Motta (Vitale 39’ s.t.); Giovinco
(Coman 22’ s.t.), Llorente
(Buenacasa 39’ s.t.). All.: Allegri
Arbitro: Mariani
Ammonito: Volta
Recuperi: 0’ più 4’
Romulo, dello stesso Pereyra, di
un esterno come Evra e anche di
una punta come Morata che
rientrerà dall’infortunio a settembre, serviranno a questo, in
attesa che il mercato faccia per
intero il suo corso: che poi i nuovi arrivati possano dare qualcosa
in più in Champions, è tutto da
dimostrare.
Dopo 5 minuti, Pirlo con un tiro da venti metri testa le capacità
di Leali, portiere che debutterà in
A coi romagnoli ma che è già nell’orbita juventina. La manovra
bianconera ha una discreta fluidità fino al limite dell’area, da
dove ci riprova lo stesso Pirlo.
Anche il Cesena ha un’occasione
importante, sempre con un tiro
da fuori: Defrel (26’ p.t.) infila
Chiellini e Sorensen e costringe
Storari a una deviazione spettacolare.
Nella ripresa Allegri cambia
subito sei giocatori, facendo riassaggiare il campo dopo tre giorni
anche a Marchisio (regista al posto di Pirlo), e Caceres. La Juve di
riserva però non tira mai in porta. Il Cesena nemmeno. Farsi del
male adesso, nella fase delicata
della costruzione, non sia mai.
Paolo Tomaselli
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Negli Usa Mazzarri: «Spiace perdere così, ma la preparazione va avanti». Il giallorosso: «La Roma è stata costruita per vincere»
eleggere nessuno, allora si interverrebbe con il commissariamento. E siccome è la federazione più importante, l’incarico potrebbe andare solo
al presidente del Coni, Malagò».
Discorso ineccepibile, sul
piano regolamentare: nel
1986, dopo l’eliminazione al
Mondiale in Messico, era stato l’allora presidente del Coni,
Franco Carraro a gestire la
transizione della Figc, fino alle elezioni del 1° novembre
1987 (Matarrese).
A fare il commissario, potrebbe essere anche il segretario del Coni (Roberto Fabbricini), così come nel 1996
era avvenuto con Pagnozzi
(agosto-dicembre, quattro
mesi di gran lavoro e ottimi
risultati) oppure un’altra figura di alto profilo istituzionale.
f. mo.
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Inter k.o. ai rigori con lo United. Totti doma il Real
Questa volta i calci di rigore
sono stati fatali all’Inter, che a
Washington ha perso 5-3 (0-0 al
90’) contro il Manchester United
nella seconda giornata della
Guinness Cup. A differenza di
quanto era successo con il Real
Madrid, Carrizo non ha ripetuto
i miracoli (ne aveva parati 2, a
Izco e Illarramendi) e Andreolli
ha centrato la traversa permettendo alla squadra di Louis Van
Gaal di vincere il match dopo il
3-2 rifilato alla Roma al debutto
nella tournée statunitense.
Erick Thohir è rimasto comunque soddisfatto: «Abbiamo
confermato di avere carattere».
Così Walter Mazzarri: «A noi
mancavano diversi giocatori
chiave, a loro solo Van Persie. Mi
spiace aver perso ai rigori, ma la
preparazione prosegue nel mi-
Protagonisti
A sinistra il miracolo
di Handanovic sulla ribattuta
di Evans. A destra
l’esultanza di Totti (Epa, Ansa)
gliore dei modi». Ancora in evidenza Vidic (accolto benissimo
dai suoi ex tifosi) e Dodò. Al 10’
del primo tempo è servito un
doppio miracolo di Handanovic
su colpo di testa ravvicinato di
Jones e tentativo di ribattuta di
Evans, ma per il resto la retroguardia nerazzurra ha retto
l’onda d’urto dello United.
A Dallas, qualche ora più tardi, la Roma ha sconfitto 1-0 il
Real Madrid. Il gol vittoria è stato firmato da Francesco Totti,
che agli spagnoli aveva già fatto
male il 30 ottobre 2002, anche
se in uno stadio più prestigioso
(il Santiago Bernabeu) e in un
contesto più suggestivo, la
Champions League. Nel primo
tempo ha giocato meglio il Real,
ma al 58’ il capitano giallorosso
ha deciso la partita con un destro al volo su assist di Florenzi.
«La Roma è stata costruita per
vincere», il pensiero di Totti.
Prima dell’inizio Keita si è rifiutato di stringere la mano a Pepe,
che ha reagito cercando lo scontro fisico. Da parte sua, il giallorosso gli ha tirato una bottiglietta d’acqua senza colpirlo.
Una vecchia ruggine che risale
al Clasico di Supercoppa del
2011: in quell’occasione il portoghese si era rivolto a Keita
chiamandolo «scimmia». Qualche ora dopo, il maliano si è
scusato su Twitter: «Mi ha sputato dopo che gli ho lanciato la
bottiglia. Mi scuso per il mio
comportamento».
Salvatore Riggio
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
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Mercato
Guidava la Federcalcio argentina
L’Inter a un passo da Osvaldo, Rabiot si allontana dal Milan
Addio a Grondona,
«nemico» di Maradona
MILANO — È in arrivo il regalo per Walter
Mazzarri. L’italo argentino Osvaldo, 28
anni è a un passo dai nerazzurri. L’Inter e
il Southampton stanno formalizzando lo
scambio di prestiti con Taider. Il riscatto
della punta (che si abbassa l’ingaggio da
3,5 a 2 milioni) è fissato a 7 milioni. Per il
passaggio di Taider al Southampton
manca ancora l’intesa sullo stipendio. È
vicina alla conclusione la trattativa per
Medel: si discute solo sui bonus.
Premesso che la cifra fissa per il
trasferimento del centrocampista del
Cardiff è di 7 milioni, non c’è intesa sugli
obiettivi legati ai 2 milioni di parte
variabile. Poi, se verrà ceduto Guarin,
potrà partire la caccia a un nuovo
attaccante (Jovetic, Lamela, Bacca o
Hernandez i nomi caldi). In uscita anche
Campagnaro verso il Genoa. Il Milan ha
provato a inserirsi nella corsa a Rabiot, il
gioiellino del Psg, legato ai francesi da un
altro anno di contratto. Problema: i
parigini non intendono separarsi dal
centrocampista che per il prossimo anno
si è già promesso alla Juve. I rossoneri
sognano Cerci (su di lui anche Atletico
Madrid e Monaco), mentre Campbell è
l’alternativa. Ma Robinho è sempre in
Chi sale e chi scende
In arrivo
Osvaldo, 28 anni,
più vicino all’Inter
Il caso Sabato aveva vinto il lungo ai campionati tedeschi
Rehm, niente Europei
«Un vantaggio
saltare con la protesi»
Lontano
Adrien Rabiot, 19
anni, piace al Milan
attesa dell’offerta dai paesi del Golfo.
Oggi la Juve dovrebbe chiudere con il
Verona l’affare Romulo: prestito (1
milione) con riscatto fissato a 7 (Marotta
ha annunciato che partirà per la tournée).
Per la difesa si segue uno fra Zapata e
Savic mentre per l’attacco, anche se la
trattativa sarà complessa, Jovetic, ora che
è sfumato Lukaku. Il Napoli tratta Fellaini
del Man Utd (per 19 milioni): chissà che
dopo la cessione del centrocampista i red
devils non presentino l’offerta per Vidal.
La Roma è scatenata: imminente l’arrivo
di Ferreira Carrasco dal Monaco,
corteggia Darmian del Torino.
Monica Colombo
BUENOS AIRES — Julio Grondona,
presidente della Federcalcio argentina
e vicepresidente Fifa, è morto ieri a
Buenos Aires per un aneurisma
all’aorta. Grondona, 82 anni, era al
vertice dell’Afa dal 1979 ed era
diventato il grande nemico di Diego
Maradona, prima scelto come c.t. e poi
esonerato dopo Sudafrica 2010. In 35
anni Grondona ha vinto il Mondiale
’86, sfiorando il bis a Italia 90 e in
Brasile. Sepp Blatter, numero uno
della Fifa, via Twitter: «Molto triste
per la perdita di un grande amico».
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Presidente Julio
Grondona, morto
a 82 anni (Reuters)
8,24
la misura
con cui Markus Rehm
si è aggiudicato
il titolo tedesco
nel salto in lungo
sabato scorso a Ulm
La federazione esclude l’atleta disabile
DAL NOSTRO INVIATO
BERLINO — Il campione tedesco di salto in lungo non potrà partecipare agli Europei di
atletica leggera, a metà agosto a
Zurigo. La decisione arriva dalla
stessa Germania, dalla federazione nazionale dell’atletica. Il
Un vincitore
Reif, il battuto: «Vantaggio
o non vantaggio è un
vincitore: ha mostrato
a tutti di cosa è capace»
motivo? Markus Rehm, 25 anni,
diventato numero uno nazionale solo sabato scorso, ha una
protesi in fibra di carbonio sotto
il ginocchio destro, dopo un incidente in cui ha perso stinco e
piede oltre dieci anni fa. E la
protesi — così ha detto la federazione — dà a Rehm un vantaggio ingiusto verso gli altri atleti.
«È un peccato, una delusione», ha commentato Rehm. Davanti al campione tedesco ci sono ora tre strade: accettare la cosa, fare appello davanti alla
commissione arbitrale della federazione, oppure rivolgersi direttamente a un tribunale. La
terza strada è quella già seguita
da Pistorius, l’atleta sudafricano
dalla doppia protesi, ora a processo nel noto caso di cronaca
nera. L’Associazione internazionale delle federazioni di atletica
aveva vietato a Pistorius di correre — anche qui per le protesi
—, ma un tribunale aveva poi
dato ragione al corridore,
aprendogli le porte delle gare,
Le caratteristiche
Le protesi da gara
Vengono usate
solo in pista.
È difficile
camminarci e ancor
di più stare fermi
dai campionati mondiali fino
all’Olimpiade.
In Germania, il presidente
della federazione Clemens Prokop ha così spiegato il cartellino
rosso a Rehm: «Esiste un dubbio significativo — ha detto —
sul fatto che i salti con una protesi e con un’articolazione naturale siano paragonabili». Prokop ha poi aggiunto che le misurazioni biometriche, effettuate durante i campionati
nazionali di sabato scorso, hanno indicato un possibile «effetto
catapulta» della protesi, per saltare più lontano; e un’andatura
più veloce al momento del «de-
collo». Tanto che, secondo alcuni commentatori, sarebbe in bilico anche il titolo di numero
uno tedesco appena conquistato.
Ma, oltre allo stesso atleta,
anche una serie di esperti ha
avanzato dei dubbi sui metodi
Assente
Il tedesco Markus Rehm,
25 anni, non potrà
partecipare agli Europei
di atletica leggera, che si
disputeranno a metà agosto
a Zurigo, in Svizzera (Afp)
di misurazione. Critica è stata la
federazione tedesca dei disabili
nello sport, che ha parlato di
«passo indietro» nella strada
verso la parità.
Ma più di tutte forse colpiscono le parole di chi, sabato
scorso, è arrivato secondo, con
Atletica
Materiale
Sono realizzate
in carbonio.
La parte inferiore
è dotata di chiodi,
simili a quelli usati
dagli sprinter
Squalificato Emelyanov: Schwazer oro europeo dopo 4 anni
Le squalifiche per doping creano spesso
situazioni paradossali. A quattro anni di
distanza, per Alex Schwazer (squalificato
per l’epo pre Londra 2012) è infatti in
arrivo la medaglia d’oro della 20 km di
marcia degli Europei di Barcellona. Il 27
luglio 2010 l’atleta altoatesino, sulle strade
della Catalogna, era arrivato secondo
conquistando l’argento, alle spalle
dell’allora 19enne Stanislav Emelyanov
(1.20’10”). Anche il russo è stato
squalificato per doping: il suo passaporto
biologico ha presentato variazioni
anomale ed Emelyanov sta scontando una
Come funzionano
Forma e materiale
permettono di trasformare
in spinta elastica
ogni appoggio dell’atleta
Costo
Dagli 11.000
ai 13.000 euro l’una
D’ARCO
squalifica di 2 anni (terminerà il 14
dicembre). Però, i suoi risultati sono
cancellati a partire dal 26 luglio 2010, dal
giorno prima della gara continentale. Non
c’è ancora l’ufficialità, ma quella classifica
sarà riscritta al più presto: con Schwazer
al primo posto (1.20’38”), l’argento andrà
al portoghese Joao Vieira (1.20’49”) e il
bronzo all’irlandese Robert Heffernan
(1.21’00”), con Giorgio Rubino (1.22’12”)
a scalare dal 5° al 4° posto. Schwazer è
sospeso dal 30 luglio 2012 e non potrà
tornare alle gare prima del gennaio 2016.
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due gambe in carne e ossa, dietro agli 8 metri e 24 centimetri
di Rehm. Christian Reif, medaglia d’argento, ha detto che
«vantaggio o non vantaggio,
Markus è un vincitore perché ha
mostrato a tutti di che cosa sono
capaci gli atleti con disabilità».
E, ora, come si muoverà il
mondo dello sport? Per il presidente del comitato olimpico tedesco, Alfons Hoermann, la decisione di ieri è solo l’inizio di
una discussione generale sulla
possibilità degli atleti disabili di
partecipare alle classiche e tradizionali competizioni. E Prokop ha parlato della necessità di
«regole mondiali» a riguardo,
annunciando che chiederà all’associazione internazionale di
studiare la questione.
Così Rehm, a meno di colpi di
scena, non gareggerà agli Europei, ma avrà portato la sua storia, e quella di tanti altri, sul tavolo dei vertici dello sport internazionale.
Giovanni Stringa
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
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Giulia Maugeri con i suoi genitori piange l’improvvisa scomparsa dello
zio Aldo
e stringe affettuosamente zia Marina, Valeria,
Andrea e Luca. - Pavia, 30 luglio 2014.
Guido e Cristiana Elefante, con Giovanna e
Laura, partecipano al dolore di Marina e figli per
l’improvvisa scomparsa dell’
Avv. Aldo Maugeri
nel ricordo della sua grande professionalità e
umanità. - Milano, 30 luglio 2014.
Claudio Garbelli si unisce al dolore della famiglia per la scomparsa del Presidente
Avv. Aldo Maugeri
Il Presidente, il Direttore e la Giunta di Confindustria Pavia partecipano al cordoglio della famiglia per la scomparsa dell’
Avv. Aldo Maugeri
- Pavia, 31 luglio 2014.
Il Rettore e la comunità educante tutta dell’Istituto Zaccaria - Milano, esprimono la propria vicinanza alla famiglia, colpita dal grave lutto per
l’improvvisa scomparsa dell’
Avv. Aldo Maugeri
Aldo
il coraggio la tenacia e l’umanità che hai dimostrato in questi anni alla guida della Fondazione
Maugeri mancheranno profondamente, ma non
saranno dimenticati.- Silvia Priori.
- Milano, 30 luglio 2014.
Giorgio e Stefania Corno ricordano
Aldo Maugeri
avvocato e uomo di sostanza e di valori e sono
vicini a Marina in questo momento difficile.
- Lissone, 30 luglio 2014.
Con grande tristezza Attilio Guarneri è vicino
ai familiari di
Aldo
amico caro fin dai tempi degli studi universitari a
Pavia e lo ricorda con affetto.
- Cremona, 30 luglio 2014.
Massimo, Alessandra, Francesco e Giorgia
Gentili, addolorati ed increduli per l’improvvisa
scomparsa di
Aldo
avv. Aldo Maugeri
amico e collega, dal quale ha avuto per lunghi
anni il grande privilegio di ricevere importanti insegnamenti umani e professionali.
- Milano, 31 luglio 2014.
Giuseppe Lombardi, commosso, partecipa al
lutto dei famigliari per l’immatura scomparsa del
caro amico
Avv. Aldo Maugeri
- Milano, 31 luglio 2014.
Avv. Aldo Maugeri
Presidente della Fondazione Salvatore Maugeri.
- Telese Terme, 30 luglio 2014.
Il Rettore Alberto Coen Porisini e la comunità
accademica dell’Università degli Studi dell’Insubria partecipano al lutto della famiglia per l’improvvisa scomparsa del
Prof. Avv. Aldo Maugeri
- Varese, 30 luglio 2014.
Il Direttore Professor Leonardo Fabbri e il personale della Clinica di Malattie Respiratorie
dell’Università di Modena porgono le condoglianze ai congiunti ed ai colleghi della Fondazione Salvatore Maugeri per la scomparsa del
Presidente
Aldo Maugeri
- Modena, 30 luglio 2014.
Ernesto, Angela e Gaudenzio Roveda, con i collaboratori dello Studio Roveda, partecipano al
profondo dolore per la perdita del
prof. avv. Aldo Maugeri
e sono vicini ai familiari nel suo caro ricordo.
- Milano, 30 luglio 2014.
Aldo Maugeri
Partecipano al lutto:
– Mario e Simona Pisani.
– Giuseppe ed Elena Ramella.
Pilar Crespi Robert e Stephen Robert abbracciano affettuosamente Gigi ed Arienne per la triste scomparsa di
Maria Domenica Vittadini
- Siena, 30 luglio 2014.
Nel ricordo di
Mecca
Margot abbraccia con tanto affetto Gigi e Adrienne, Angelo e Carla e tutta la famiglia Vittadini.
- Milano, 30 luglio 2014.
compagno di viaggi e amico sincero per quasi
quarant’anni. - Milano, 30 luglio 2014.
Tito e Paola con Ginevra e Erica soffrono e
piangono con Gigi e Adrienne, Angelo e Carla e
con tutti i fraterni amici Vittadini nel ricordo della
loro adorata
Giorgio Alpeggiani partecipa al dolore della
famiglia per la morte di
- Carloforte, 30 luglio 2014.
Aldo
Mecca
Aldo Maugeri
Mariuccia Baldini
- Milano, 30 luglio 2014.
Virginia Boroli si stringe con grande affetto alla
cara amica Valeria in questo momento di grande
dolore per la perdita dell’adorato papà
Avv. Aldo Maugeri
- Novara, 30 luglio 2014.
Gianni e Lorenza Iudica sono affettuosamente
vicini a Marina e ai familiari per l’improvvisa
scomparsa del caro amico
Avv. Aldo Maugeri
- Rougemont, 30 luglio 2014.
Lorita e Rosario addolorati e attoniti si stringono a Marina Valeria Andrea e Luca e piangono
la perdita dell’amico
I nipoti Patrizia, Antonella, Carlo e Marcella con
tutti i pronipoti e il cognato Mariuccio Silvani, profondamente addolorati annunciano la scomparsa di Maru.- La sua tempra e il suo carattere resteranno sempre nei nostri cuori.- Un sincero
ringraziamento a Lyudmyla per le affettuose cure
prestate. - Milano, 30 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Angela.
– Alba.
– Anna.
– Teresa.
– Serenella.
– Ala.
Giovanni e Paola Terruzzi ricordano con nostalgia ed affetto il
Maestro
avv. Aldo Maugeri
ricordandone le doti umane e professionali.
- Milano, 30 luglio 2014.
Paolo e Fernanda, con Valentina, Mario e Alessandro, increduli, abbracciano forte Marina, Valeria, Andrea e Luca nel ricordo di
Giorgio Gaslini
che ha onorato con la sua passione la cultura e
la musica del nostro Paese.
- Milano, 29 luglio 2014.
Ciao Maestro
Aldo
Giorgio Gaslini
professionista esemplare e, soprattutto, amico di
una vita. - Milano, 30 luglio 2014.
I bambini di Under 13 Orchestra e tutti gli allievi
e insegnanti delle scuole Ricordi Music School.
- Milano, 30 luglio 2014.
Increduli e addolorati Dario, Piera e figli piangono
È mancato, serenamente, il
Aldo
dott. Giulio Cesare Emaldi
caro amico di sempre e abbracciano forte Marina, Valeria, Andrea, Luca.
- Crans-Montana, 30 luglio 2014.
Lo annunciano con dolore la moglie Carla, i figli
Luca con Susanne, Paola con Antonio, Claudia
con Gabriele, i nipoti tutti e la sorella Francesca.
- Lodi, 30 luglio 2014.
Studio Associato Arosio Elefante Rotti partecipa
commosso al dolore della famiglia per la perdita
del caro
Prof. Aldo Maugeri
ricordandone con rimpianto le doti umane e professionali. - Milano, 29 luglio 2014.
Alberto Montanari e Paola Fanucchi partecipano commossi al lutto per la prematura scomparsa
dell’amico
Aldo Maugeri
squisito collega e gran galantuomo.
- Milano, 30 luglio 2014.
Lorenzo e Alba, veramente tristi, condividono
il dolore di Marina, Valeria, Andrea e Luca, ricordando con molto affetto il grande amico
Aldo Maugeri
Ciao
Cesare
ti abbiamo voluto tanto bene, ci stringiamo a
Carla e ai tuoi figli.- Un bacio Mariarosa e Luciano. - Milano, 30 luglio 2014.
Enrico Maffioli, Ettore Bergese, Stefania Madama e tutta D.I.D. S.p.A. si stringono con profondo
affetto alla famiglia Triva, a Stefania Triva e a
Copan tutta per l’immatura scomparsa di
Daniele Triva
Ingegnere geniale, innovatore instancabile, imprenditore illuminato e trascinatore di uomini del
quale ricordiamo la tenacia, l’entusiasmo, il sorriso. - Milano, 30 luglio 2014.
Avv. Aldo Maugeri
le più sentite condoglianze.
- Vigevano, 30 luglio 2014.
Antonio e Maria Grazia Trotta con profondo
rammarico ricordano l’
Commendatore
Giovanni D’Attoma
Ne danno il triste annuncio i parenti tutti.- I funerali avranno luogo il 31 luglio alle ore 9 nella
parrocchia S.S. Pietro e Paolo, Eur.
- Roma, 31 luglio 2014.
Maria Luisa Compostella
ved. Bertoncello
Diana Bracco ricordando la simpatia e la generosità dell’Avvocato
il fratello Franco con Patrizia, le cognate Rosetta,
Aagot e nipoti tutti.
- Milano - Roma, 30 luglio 2014.
Il Presidente, i Vice Presidenti, l’Amministratore
Delegato, il Direttore Scientifico, unitamente a
tutti gli altri Direttori, ai membri del Consiglio di
Amministrazione, del Collegio Sindacale e ai collaboratori tutti dell’Istituto Europeo di Oncologia
partecipano con profonda commozione e tristezza al grave lutto della famiglia per la scomparsa
dell’
Avv. Aldo Maugeri
consigliere di amministrazione dell’istituto.
- Milano, 30 luglio 2014.
Andrea Alessandri, Luca Lavazza e i colleghi di
PwC partecipano al dolore della famiglia e al lutto dei consiglieri della Fondazione Salvatore
Maugeri per la perdita dell’
Avv. Aldo Maugeri
- Milano, 30 luglio 2014.
Silvio e Giuliano Necchi, con i soci e collaboratori dello studio Necchi, Sorci & Associati partecipano al grave lutto della famiglia Maugeri per
la perdita dell’
Avv. Aldo Maugeri
I membri del Comitato Scientifico della rivista
D.P.C.E., il Direttore Giuseppe Ferrari e i membri
dell’Associazione si stringono affettuosamente
attorno alla famiglia del
Prof. Pasquale Ciriello
insigne studioso e caro amico.
- Milano, 30 luglio 2014.
I fratelli Alberto con Nicoletta e Luca, e Gabriella con Riccardo e Pietro, annunciano con immenso dolore che la loro adorata sorellina
Francesca Dessy
non c’è più. - Arenzano, 30 luglio 2014.
I condomini e l’amministratore del condominio
via Teulié n. 16, Milano, partecipano al dolore
della famiglia per la scomparsa del
sig. Giovanni Illeni
- Milano, 30 luglio 2014.
I condomini dell’edificio di via De Castillia 7
Vimercate partecipano alla scomparsa del
Prof. Claudio Garavaglia
- Vimercate, 30 luglio 2014.
Remax Progetti partecipa al dolore dell’architetto Marco Mosca per la perdita del padre
Carlo Mosca
ricordandone le grandi doti umane e professionali. - Milano, 31 luglio 2014.
- Milano, 30 luglio 2014.
L’Ordine degli Avvocati di Milano sentitamente
partecipa al lutto dei familiari per la scomparsa
dell’
Selene e Massimo annunciano che il loro adorato
Avv. Aldo Maugeri
Partigiano, ha concluso serenamente la sua lunga vita.- Un ringraziamento agli amici della Fondazione Floriani per la preziosa assistenza.- I funerali avranno luogo oggi, alle ore 11, presso la
chiesa di San Vincenzo De’ Paoli, in via Pisacane
32. - Milano, 31 luglio 2014.
- Milano, 30 luglio 2014.
Paolo Benazzo e Fabio Mascherpa, con gli avvocati e i professionisti di Studio Benazzo Mascherpa, partecipano al grande dolore di Marina
e dei figli per l’improvvisa perdita di
Aldo Maugeri
- Pavia, 30 luglio 2014.
Giorgio lo ricorda come compagno di vita e di
lavoro di cui Massimo è l’erede.- Selene sei stata
per lui una compagna straordinaria.
- Grecia, 31 luglio 2014.
I dirigenti, i collaboratori, gli amici della casa
editrice Skira sono vicini con immenso affetto a
Massimo Vitta Zelman e alla sua famiglia nel dolore per la scomparsa dell’amato padre
Emilio Vitta Zelman
Mimmo Vitta Zelman
Partecipano al lutto:
– Marci Martinez con Giorgio Rossari e Carolina.
– Clelia Ginetti.
Caro Max, se n’è andato un grande papà.Alessandro, Cochi e Ludovica ti abbracciano forte
per la scomparsa del caro
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Ricorderemo sempre con grande affetto il nostro amico
Mimmo
Nico e Gisella. - Milano, 30 luglio 2014.
Nani e Grazia Prina partecipano al dolore di
Selene e Massimo per la scomparsa di
Mimmo Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Vittorio e Marina Gregotti partecipano con affettuosa amicizia al dolore di Massimo per la
scomparsa del padre
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Simone Todorow, Tomaso Radaelli e i colleghi
di MondoMostre si stringono con affetto a Massimo per la scomparsa del padre
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 31 luglio 2014.
- Milano, 30 luglio 2014.
I figli Elisabetta, Nicoletta, Francesco, Alberto
e Teresa annunciano che il giorno 30 luglio 2014
si è spento serenamente, circondato dall’affetto
dei suoi cari
Stefano e Roberta Piantini sono affettuosamente vicini a Massimo, Annalisa, Filippo e Selene
per la scomparsa di
Emilio Vitta Zelman
Ci guarda e sorride dal suo paradiso, una biblioteca infinita. - Milano, 31 luglio 2014.
Laura e Dadaia ricordano con infinita tenerezza e nostalgia lo
zio Mimmo
e sono vicine con affetto a Selene e Massimo.
- Milano, 31 luglio 2014.
Il Presidente Paolo Mieli, l’Amministratore Delegato Laura Donnini e il Direttore Generale Libri
Trade Massimo Turchetta con tutta RCS Libri partecipano al dolore di Massimo Vitta Zelman per
la perdita del padre
Emilio Vitta Zelman
Goffredo Grassani
Secondo i suoi desideri le esequie verranno celebrate venerdì 1 agosto nella chiesa parrocchiale dell’Immacolata Concezione di Colle Isarco
(Bz) alle ore 14,30.- In data 1 settembre nella
parrocchia di S. Bartolomeo, in via Moscova a Milano, verrà celebrata una Messa commemorativa.- Eventuali offerte in memoria potranno essere devolute all’associazione I Missionari del
Cuore Immacolato di Maria - Opera Fratel Ettore
di Seveso. - Milano, 30 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Giuseppe Bernoni.
– Studio Botticelli Sandro.
Bettina e Antonio con Michelangelo e Francesco piangono la scomparsa terrena dell’amato
zio
Avv. Goffredo Grassani
uomo di fede e di ragione.
- Vipiteno, 30 luglio 2014.
Nevina e Sergio con Chiara e Massimo e figlie
profondamente commossi ricordano con tanto
affetto e rimpianto il carissimo
Goffredo
partecipando al grandissimo dolore di Nicoletta
e Umberto, dei nipoti e dei famigliari tutti.
- Milano, 30 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Yvonnette e Adolfo Zavelani Rossi e figlie.
- Milano, 30 luglio 2014.
Ferruccio ed Elisabetta de Bortoli sono vicini a
Massimo e partecipano al grande dolore, suo e
dei suoi familiari, per la perdita del padre
Mimmo Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Piergaetano e Ada Marchetti abbracciano con
grande affetto Massimo e tutti i suoi nel ricordo
della personalità e dell’intelligenza del padre
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Alessandro Bompieri è vicino a Massimo Vitta
Zelman e alla famiglia per la scomparsa del padre
Emilio
- Milano, 30 luglio 2014.
Claudio Calabi partecipa con affetto e amicizia
al profondo dolore di Massimo per la scomparsa
del suo caro papà Dottor
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Rodolfo e Emmanuelle si stringono con amore
all’amico fraterno Massimo, a Annalisa e a Filippo, per la perdita dell’amato padre e nonno
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Neige, Alix e Mita abbracciano con tanto affetto Max, l’uomo dei libri e zio del cuore, Annalisa
e Filippo per la scomparsa del padre e nonno
Emilio
- Milano, 30 luglio 2014.
Pierluigi e Donatella Cerri abbracciano con
grande amicizia Massimo per la perdita dell’indimenticabile padre
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Paolo e Simonetta, con Sebastiano Nicola e Federico, si stringono affettuosamente a Massimo
per la scomparsa del caro papà
Emilio
- Milano, 30 luglio 2014.
Roberto Calasso e Fleur Jaeggy sono vicini a
Massimo Vitta Zelman nel suo dolore per la
scomparsa del padre
Emilio Vitta Zelman
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 31 luglio 2014.
Toia, Federico e Giuliana con Marco ricordano
con grande rimpianto il carissimo amico
Mimmo
- Brunello, 30 luglio 2014.
Rosellina abbraccia forte Selene e Massimo in
ricordo del caro amico
Mimmo
- Carloforte, 29 luglio 2014.
Ruggero e Olivia con Giuliano, Giorgio e Giulia abbracciano i cari amici Massimo, Annalisa e
Filippo nel doloroso momento della perdita del
Dott. Emilio Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Piero e Marina abbracciano forte Massimo con
Annalisa e Filippo nel ricordo di
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
La Fondazione Piero Portaluppi partecipa al
dolore di Massimo Vitta Zelman per la perdita del
padre
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Gianfranco Negri-Clementi è profondamente
vicino all’amico Massimo per la perdita del carissimo
Mimmo Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Andrée Shammah si stringe all’amico del cuore
Massimo per la scomparsa del padre
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Teatro Franco Parenti.
– Fondazione Pier Lombardo.
Annalisa, Orso e Sandro Parenzo si stringono
a Massimo con affetto fraterno per la perdita del
padre
Emilio Vitta Zelman
- Milano, 30 luglio 2014.
Gianmaria con Giacomo, Maria e Tobia e Roberto con Kicca abbracciano Serena e Massimo
ricordando il grande amico
Mimmo
- Milano, 31 luglio 2014.
Antonio Maggioni partecipa cordialmente al
lutto della famiglia per la scomparsa dell’
Avv. Goffredo Grassani
caro amico e Maestro.
- Milano, 30 luglio 2014.
Gianfranco Negri-Clementi partecipa profondamente addolorato al lutto per la morte
dell’amico
Avv. Goffredo Grassani
- Milano, 30 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Stefano Piantini.
– Carlo Mion.
– Giancarlo Menescardi.
– Antonella Alì.
– Anna Pisoni.
– Marcello Francone.
– Marco Vianello.
– Alessandro Degnoni.
– Francesco Baragiola.
– Laura Bassi.
– Fabio Abate.
– Nina Oberdorfer.
– Patrizia Tesei.
– Nicolò Sponzilli.
– Eileen Romano.
– Valerio Terraroli.
– Clelia Ginetti.
– Lucia Crespi.
– Luca Molinari.
- Milano, 30 luglio 2014.
Con grande affetto partecipano al dolore delle
nipoti per la perdita dell’amata mamma
Partecipano al lutto:
– Franco Malesci.
– Giorgio Vittadini.
Mimmo Vitta Zelman
Carlo e Silvia De Benedetti sono affettuosamente vicini a Massimo e a tutta la famiglia nel
dolore per la scomparsa del padre
avv. Aldo Maugeri
partecipa al lutto della moglie e della famiglia.
- Milano, 29 luglio 2014.
Giorgio e Lella Fantoni partecipano addolorati
alla dipartita di
Il giorno 29 luglio 2014 è mancato all’affetto
dei suoi cari il
di cui hanno apprezzato, sin dai tempi dell’università, le profonde qualità umane e professionali. - Pavia, 30 luglio 2014.
Aldo Maugeri
Mimmo Vitta Zelman
Partecipa al lutto:
– Gaia Maffioli.
- Olbia, 30 luglio 2014.
Luisa e Achille Costamagna porgono alla famiglia dell’
Mimmo Vitta Zelman
- Milano, 31 luglio 2014.
Il professor Franco Rengo e il personale
dell’Istituto Scientifico di Telese Terme si uniscono con profondo affetto alla famiglia per la scomparsa dell’
- Milano, 31 luglio 2014.
Michele e Buci Norsa sono affettuosamente vicini a Marina e ai ragazzi in questo doloroso momento nel ricordo di
Massimo con Annalisa e Filippo, saluta il suo
indimenticabile papà
Filippo non scorderà mai il suo straordinario
nonno
si stringono affettuosamente a Marina, Valeria,
Andrea e Luca. - Milano, 30 luglio 2014.
Roberto Invernizzi, costernato per l’improvvisa
scomparsa, piange l’
Mimmo
- Milano, 30 luglio 2014.
- Milano, 29 luglio 2014.
Caro
Addio
grazie per la nostra bellissima vita.- Selene.
- Milano, 31 luglio 2014.
Nel ricordo di un Maestro speciale, l’avvocato
Paola Todisco si unisce al dolore dei famigliari
per la perdita del caro
Avv. Goffredo Grassani
- Milano, 30 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Giulietta Caputo.
– Monica Bennati.
– Patrizia Adami.
– Luca Manoforte.
Massimo Bianca ricorda addolorato il nobile e
fraterno amico
Avv. Goffredo Grassani
- Roma, 30 luglio 2014.
Bruno e Nora Finzi con i figli Paolo e Aldo partecipano commossi al dolore dei familiari per la
scomparsa del caro
Avv. Goffredo Grassani
- Milano, 30 luglio 2014.
Michele Saponara partecipa al lutto della famiglia per la scomparsa dell’
Avv. Goffredo Grassani
cui era legato da grande stima e lunga amicizia.
- Milano, 30 luglio 2014.
Avv. Goffredo Grassani
Francesco e Madel Grubas e Roberto Pratesi ricorderanno sempre il loro caro amico Goffredo,
maestro di vita cristiana.- Sentite condoglianze a
tutta la famiglia. - Milano, 30 luglio 2014.
Il Consiglio di Amministrazione ed i collaboratori della Fondazione Matarelli sono affettuosamente vicini alla famiglia per la scomparsa del
vicepresidente
Avv. Goffredo Grassani
personalità illustre del foro di Milano.- Illuminato
dalla fede cattolica, tenace sostenitore della ricerca scientifica e biomedica particolarmente attenta ai valori etici e strumento culturale al servizio del malato, della persona e della famiglia.Il suo insegnamento e soprattutto l’impegno che
negli ultimi mesi della sua vita ha dedicato al rinnovamento della Fondazione Matarelli verranno
sempre ricordati. - Milano, 30 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Elio Polli.
– Giorgio Lambertenghi Deliliers.
– Maurizio Trombetta.
– Alberto Vaccari.
– Alberto Zappa.
– Paola Todisco.
– Luigi De Carli.
– Damiana Baccalaro.
– Nadia Quirici.
Il Rettore Franco Anelli e l’intera comunità
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore partecipano al dolore e si uniscono alle preghiere per
la scomparsa terrena dell’
Avv. Goffredo Grassani
ricordando con affetto e stima il suo generoso ed
esemplare impegno al servizio della cultura e dei
più elevati valori morali e spirituali.
- Milano, 30 luglio 2014.
Il Presidente dell’Istituto Auxologico Italiano
Professor Sergio Zaninelli, il Direttore Generale
Dottor Mario Colombo, il Consiglio di Amministrazione, il Collegio dei Revisori e il Direttore
Scientifico Professor Alberto Zanchetti partecipano al dolore dei famigliari ed esprimono profondo cordoglio per la scomparsa dell’
Avv. Goffredo Grassani
Presidente del Comitato Etico e già Consigliere
di Amministrazione dell’istituto.
- Milano, 30 luglio 2014.
Il Presidente Giancarlo Cesana, il Consiglio di
Amministrazione, le Direzioni Strategica e Scientifica della Fondazione Ca’ Granda Ospedale
Maggiore Policlinico sono profondamente addolorati per la scomparsa dell’illustre avvocato
Goffredo Grassani
già presidente dell’ospedale dal 1978 al 1983.Figura emblematica, che non ha mai smesso
l’impegno per lo sviluppo dell’ospedale, della
sua cultura e della sua capacità di insegnare, di
ricercare e assistere. - Milano, 30 luglio 2014.
Lo Studio Falaguerra partecipa commosso al
dolore della famiglia per la scomparsa dell’
Avv. Goffredo Grassani
- Milano, 30 luglio 2014.
L’Associazione Mirasole - Istituto di Antropologia per la Cultura della Famiglia e della Persona,
unitamente ai membri del Consiglio Direttivo, del
Comitato Scientifico e del Collegio Sindacale,
partecipano al dolore dei famigliari per la scomparsa del Presidente
prof. avv. Goffredo
ricordandone la professionalità e l’impegno sociale e civile. - Venezia, 31 luglio 2014.
LINO SERRANO
A quattro anni dalla scomparsa del
caro Lino, la moglie Nadia e il fratello Renato lo ricordano con nostalgia
e profondo rammarico.
Milano, 31 luglio 2014
La famiglia Presezzi, commossa,
sentitamente ringrazia quanti
hanno partecipato al dolore per
la scomparsa della cara
BIANCA PIROLA PRESEZZI
Burago Molgora, 31 luglio 2014
Avv. Goffredo Grassani
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano
- Milano, 30 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Roberto Albonetti.
– Ferruccio Bonino.
– Giovanni Bottari.
– Giuseppe Di Benedetto.
– Erminio Longhini.
– Antonio Maggioni.
– Pier Mannuccio Mannucci.
– Franco Nava.
– Lorenzo Ornaghi.
– Maurizio Trombetta.
– Carlo Vannini.
– Francesca Eulisse.
– Paola Tettamanzi.
– Paola Todisco.
I condomini e l’amministratore del condominio
Moscova - Cà Brutta Milano sono vicini alla famiglia nel ricordo del signor
Avv. Goffredo Grassani
- Milano, 30 luglio 2014.
31 luglio 2007 - 31 luglio 2014
Rossana, Alessandra ed Emanuele, Mario e
Monica, Stefania e Marco ricordano con infinito
amore
Aldo Sacchi
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TARIFFE BASE IVA ESCLUSA:
Corriere della Sera
PER PAROLA:
- Castiglioncello, 31 luglio 2014.
A MODULO:
31 luglio 2007 - 31 luglio 2014
Viola, Gaia, Enrico, Edoardo ed Umberto hanno sempre nel cuore il loro amatissimo
nonno Aldo
- Castiglioncello, 31 luglio 2014.
31 luglio 2009 - 31 luglio 2014
Roberto Moretti
Ogni giorno, ogni istante della nostra vita sarai
sempre con noi.- Con amore, le tue Giovina, Monica, Laura. - Milano, 31 luglio 2014.
Tutti i dipendenti Gio Moretti a cinque anni dalla scomparsa ricordano con indelebile stima e affetto
Roberto Moretti
- Milano, 31 luglio 2014.
31 luglio 2005 - 31 luglio 2014
A nove anni dalla scomparsa la moglie Luisa,
i figli Giuseppe e Giulio, le nuore, il nipote Aleksandr, ricordano con immutato affetto
Francesco Caloia
- Castano Primo, 31 luglio 2014.
Il rettore dell’ateneo Iuav, Amerigo Restucci, è
particolarmente vicino alla famiglia Grassani per
la scomparsa del
31 luglio 2010 - 31 luglio 2014
31 luglio 1984 - 31 luglio 2014
Piero Caldirola
sei sempre nel nostro cuore.- Emilia, Nicoletta,
Donata e tutti i familiari.
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Necrologie: € 5,00
Adesioni al lutto: € 10,00
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e ringraziamenti: € 540,00
Gazzetta dello Sport
PER PAROLA:
Necrologie: € 1,90
Adesioni al lutto: € 3,70
A MODULO:
Solo anniversari, trigesimi
e ringraziamenti: € 258,00
Diritto di trasmissione:
pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00
L’accettazione delle adesioni è subordinata
al pagamento con carta di credito
Servizio fatturazione necrologie:
tel. 02 25846632 - mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30
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Milano: Via Solferino 36 orario continuato dalle 9 alle 17.45
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Conformemente all’impegno e alla cura che la nostra società dedica alla
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dati personali di RCS MediaGroup S.p.A. scrivendo allo stesso c/o RCS
MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano.
Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
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Puzzles by Pappocom
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burrone: cavallo salvato
con l’elicottero. Guarda
Washington
Palazzo spostato
Storico edificio sollevato
e messo su ruote per far
spazio a un cantiere. Foto
Prima di firmare l’accordo la
compagnia Etihad chiede ad
Alitalia di fare chiarezza sui
conti della società
In Alitalia il
contributo
di Poste
potrebbe
salire
a 70 milioni
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Tv in chiaro
Teleraccomando
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di Maria Volpe
PER DISTRARSI
PER RICORDARE
Intervista speciale La vita e la carriera
a Richard Gere
di Mario Bava
Puntata speciale
interamente dedicata alla
44esima edizione del
Giffoni Film Festival, la
rassegna cinematografica
organizzata nell’omonimo
comune campano — che si
è svolta dal 18 al 27 luglio
— dedicata alle pellicole
per bambini e adolescenti
provenienti da diverse
parti del mondo e
appartenenti a differenti
fasce d’età. Nello speciale
di stasera: interviste, tra
gli altri, a Richard Gere
( foto), Luca Argentero,
Ornella Muti, Claudia
Gerini, Max Giusti oltre che
molti backstage della
kermesse.
In occasione dei 100 anni
dalla nascita (a Sanremo il 31
luglio 1914), il documentario
ripercorre la carriera di
Mario Bava (foto), grande
regista pioniere del genere
horror e degli effetti speciali.
Nello speciale, lo stesso Bava
svela agli spettatori i suoi
segreti e si possono ascoltare
i ricordi dei familiari e le
testimonianze di autori che
hanno amato e citato i suoi
film (in primis Joe Dante, che
nel documentario è una sorta
di Virgilio alla scoperta del
mondo di Bava, ma anche
John Landis e Tarantino), dei
suoi attori, registi, produttori
e sceneggiatori (tra cui Dario
Argento e Mario Monicelli).
Speciale Supercinema
Canale 5, ore 23.30
Mario Bava: operazione paura
Sky Arte HD, ore 22.45
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Film e programmi
Denzel Washington Aereo in volo
aiuta la detective Jolie tra gag surreali
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Paralizzato dopo un incidente,
l'agente della scientifica Rhyme
(Denzel Washington) guida una
poliziotta (Angelina Jolie, foto
con Washington) alla ricerca di
un serial killer.
Il collezionista di ossa
Iris, ore 21.01
Traumatizzato dalla guerra
in Vietnam, un giovane pilota
(Robert Hays) sale su un aereo
sul quale vola la fidanzata
hostess (Julie Hagerty, foto).
Ne capitano di tutti i colori.
L’aereo più pazzo del mondo
Rai Movie, ore 21.20
Lo spettacolo di danza Con Angela in Alaska
di Virgilio Sieni
terra degli orsi grizzly
Va in onda un progetto di
danza del coreografo Virgilio
Sieni, uno spettacolo realizzato
per la tv con la regia di Felice
Cappa, che si compone di tre
momenti distinti.
La danza di Virgilio Sieni
Rai5, ore 21.20
Alaska: è questa la destinazione
della quinta puntata del
programma di Piero Angela. Ed
è lì dove, grazie a una politica di
protezione, si trova la maggior
concentrazione di grizzly.
SuperQuark
Rai1, ore 21.20
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Corriere della Sera Giovedì 31 Luglio 2014
51
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Film
e programmi
Accusato di omicidio
Ford riesce a evadere
Ingiustamente accusato
dell’omicidio della ricca moglie,
un chirurgo (Harrison Ford, foto)
viene arrestato. Nel
trasferimento al carcere riesce a
evadere per cercare il colpevole.
Il fuggitivo
Sky Cinema 1, ore 21.10
Valentina Lodovini
tra due uomini
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L’equilibrio tra due fratelli (Luca
Argentero e Alessandro Gassman)
si spezza quando il primo scopre
che la nuova fidanzata (Valentina
Lodovini, foto con Argentero e
Gassman) dell’altro è una sua ex.
La donna della mia vita
Cinema Emotion, ore 21.15
Il figlio del nazista
e il bambino ebreo
La storia dell’amicizia tra un
ragazzo (Asa Butterfield, foto),
figlio di un ufficiale tedesco e un
suo coetaneo rinchiuso invece nel
lager diretto dal padre del primo.
Il bambino con il pigiama a
righe
Sky Cinema Passion, ore 21
Una guerra crudele
minaccia il mondo
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La Nazione del Fuoco inizia una
guerra contro quelle di Aria,
Acqua e Terra. Solo un
coraggioso bambino dai poteri
speciali (Noah Ringer) può
batterla.
L’ultimo dominatore dell’aria
Sky Cinema Family, ore 21
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A fil di rete
di Aldo Grasso
Tozzi è perfetto
come «Fuori luogo»
L
a Rai caccia Licia Colò e si tiene l’irascibile Mario Tozzi! Misteri estivi. Misteri lessicali. La nuova trasmissione di Rai1 si chiama «Fuori luogo» ed è facile intuire chi sia l’unico fuori luogo (martedì, ore 23,15). Il
viaggio inizia simbolicamente da Rieti, che è considerata il centro d’Italia, l’ombelicus Italiae, ma si poteva anche cominciare da Campobasso o da Como, che tanto era lo
stesso. Anzi no, il viaggio prende le mosse da L’Aquila, dove,
cinque anni dopo il terremoto
del 6 aprile, la ricostruzione
Vincitori e vinti
stenta ancora a prendere forma.
Ci sarebbe da chiarire il perché
Erdogan
di tanto ritardo, ma Tozzi vola
Atalay
alto, il suo scopo è quello di
L’action
«spiegare come i cambiamenti
tedesca batte
del pianeta hanno determinato
il Sessantotto
anche cambiamenti nel nostro
di Placido. Rai2 sopra
modo di vivere». Per volare alto
Canale 5 in prime time:
la Rai gli ha messo a disposizioin onda ci sono gli
ne un drone.
episodi di «Squadra
Il programma funziona così:
Speciale Cobra 11»,
per trovare una spiegazione
con Erdogan Atalay,
scientifica
a quel tragico terreseguiti da 1.996.000
moto bisogna salire fino a Camspettatori, per una
po
Imperatore.
Ma Campo Imshare dell’8,9%
peratore è famoso perché nel
1943 fu scelto come luogo sicuMichele
ro e inaccessibile per rinchiuPlacido
dervi Benito Mussolini. ImmaIl
gini di repertorio (viste e riviste)
Sessantotto
dell’operazione «Quercia»: il
di Placido
Duce, rinchiuso in un albero,
superato dall’action
viene liberato dai nazisti e portedesca. Canale 5
tato via su un fragile apparecbattuto da Rai2 in
chio. Seguono spiegazioni sulla
prime time: in onda c’è
formazione degli Appennini e
la pellicola «Il grande
su come nascono i terremoti.
sogno», di Michele
Nulla su come nasce il fascismo.
Placido, seguita da
Altre considerazioni sui giu1.414.000 spettatori,
dici che hanno condannato i
7% di share
tecnici che non sono stati in
grado di prevedere il terremoto
(sei anni di reclusione per tutti gli imputati, scienziati di chiara fama, colpevoli di aver rassicurato gli aquilani circa l’improbabilità di una forte scossa sismica!), sulle «catene malavitose» che operano nella ricostruzione, sul mondo intero. Il
programma è firmato da Cristoforo Gorno, Giovanna Ciorciolini, Riccardo Mazzon e dallo stesso Tozzi che ama dilettarsi a
ridisegnare il paesaggio su un quadro trasparente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
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Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera