LAV SOCIALMENTE UTILI CASSINTEGRATI: MANDO di FRANCA PORTO * Si può chiudere gli occhi e far finta di non vedere che anche nella nostra regione, abituata alla quotidianità del lavoro e dei lavori, ci ritroviamo con decine di migliaia di persone (disoccupate o in cassa integrazione) costrette a non lavorare e nello stesso tempo con migliaia di piccole attività socialmente utili che non si posso fare per mancanza di fondi? Si può pensare, in una condizione in cui è necessario (obbligatorio) contenere la spesa pubblica di sostenere i sempre maggiori costi dei sussidi sociali per chi ne ha giustamente bisogno e, nello stesso tempo, pretendere, sempre giustamente, che ci siano le risorse per realizzare quelle piccole opere che ci permettono di avere dei servizi pubblici dignitosi? Evidentemente no, non è possibile: da qualunque parte la si guardi. E' altrettanto chiaro che la vera soluzione di queste contraddizioni è quella di riprendere a crescere, sia in economia che in occupazione, ricostruendo ricchezza e lavoro, redditi privati e risorse pubbliche. Tutti sanno però che il percorso da fare per ottenere risultati significativi è ancora lungo. Tra i tanti passi in avanti che dobbiamo compiere c'è anche quello di considerare i lavoratori senza lavoro una grande risorsa da mettere a disposizione della collettività. Non è una cosa nuova per l'Italia e neppure per il Veneto. Spesso però, partendo dai presupposti sbagliati e coltivando (iIlegittimamente) attese (giustificate) si sono prodotte anche aberrazioni: lavori socialmente inutili, precariato stabile, nuovo clientelismo. Queste fallimentari esperienze, magari collocate nelle aree del paese con maggiore disoccupazione cronica, non possono però bloccarci ma solo esserci utili per non ripeterne gli errori. Da qui la (non solo) nostra proposta di estendere quella che, riteniamo, sia una opportunità per tutti: permettere a chi è co- stretto al non lavoro di svolgere attività che potremmo definire di «servizio civile» o di «pubblica utilità». Visto che queste cose già si fanno, noi diciamo che bisogna estenderle, in diverse direzioni. La prima: la disponibilità di tutti coloro che ricevono una indennità sostitutiva al lavoro (Cig, Aspi o mobilità) ben sapendo che a queste persone vanno garantiti servizi di riqualificazione e per il ricollocamento; poi: l'utilizzo deve riguardare tutte le amministrazioni pubbliche ma anche le associazioni no-profit. Ancora: in nessun modo si può sostituire l'occupazione del personale previsto. Queste prestazioni lavorative devono invece essere integrative ed aggiuntive. Infine una speciale attenzione va data alle chiamate finalizzate a fronteggiare emergenze o realizzare interventi straordinari. In sostanza non si deve portar via, costituendone una alternativa, un solo posto di lavoro reale perché non si può far lavorare un cassaintegrato per produrre un disoccupato! La vicenda delle (mancate) pulizie nelle scuole venete potrebbe un buon esempio di cosa si può e di cosa non si deve fare. Cominciamo da ciò che non si deve fare: sostituire le persone a cui è stato tolto lavoro con il lavoro dei cassaintegrati. Manutencoop e Ammistrazione statale (Miur e Cosip) hanno sbagliato in pieno nell'offrire e nell'accettare un appalto fortemente ridimensionato sotto il profilo delle ore di lavoro e quindi del personale occupato, l'unico rimedio è quello diripristinare le condizioni pre-esistenti. Cosa invece si può fare: una volta ristabilita la giusta occupazione, aggiungere (come già avviene in diverse scuole) lavoro integrativo che permetta di alzare la qualità del servizio, garantirlo in caso di avvenimenti particolari, operare interventi di straordinaria manutenzione, realizzare nuovi servizi. E' una via da perseguire con la dovuta flessibilità ed intelligenza. * Segretaria Cisi Veneto
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