N. 01546/2014REG.PROV.COLL. N. 00156/2003 REG.RIC

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N. 01546/2014REG.PROV.COLL.
N. 00156/2003 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 156 del 2003, proposto da:
Bortolotti Alma, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Pantezzi, Ettore Maria Cerasa con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via del Viminale, n. 43;
contro
Comune di Trento, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Stella Richter, con domicilio eletto
presso il suo studio in Roma, viale Mazzini, n.11;
per la riforma
della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa della provincia di Trento, n.
341/2002, resa tra le parti, concernente diniego concessione edilizia in sanatoria e ordine di
demolizione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
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Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 marzo 2014 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e
uditi per le parti gli avvocati Ettore Maria Cerasa e Paolo Stella Richter;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale regionale di giustizia amministrativa della provincia di
Trento, l’odierna appellante impugnava i provvedimenti del Dirigente del Servizio edilizia privata
del Comune di Trento dd. 8.6.2000, con cui veniva respinta la domanda di concessione edilizia in
sanatoria presentata dalla ricorrente in data 9.6.1999, e d.d. 14.7.2000, con cui veniva intimato il
termine di 90 giorni per ottemperare all’ordine di demolizione e ripristino. A sostegno della propria
iniziativa giurisdizionale la Sig.ra Bortolotti assumeva che i suddetti provvedimenti fossero viziati
per i seguenti motivi: a) eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione, per erronea
rappresentazione della realtà, per incongruità; b) violazione dell’art. 77 bis L.P. 22/1991 e
conseguente eccesso di potere; c) violazione di legge (art. 122 L.P. 22/1991) e conseguente eccesso
di potere anche per disparità di trattamento.
2. Il primo Giudice riteneva infondate le censure proposte, rilevando in particolare che, quanto alle
prime due, la documentazione acquisita agli atti di causa: il verbale di sopralluogo del 15.1.1999 e
la documentazione fotografica prodotta dalla difesa dell’Amministrazione comunale, chiarissero
come l’edificio contraddistinto dalla p.ed. 1081 C.C. Meano non corrispondesse a quello (semplice
baracca in legno) oggetto di condono edilizio con provvedimento sindacale del 5.3.1997. Il primo,
infatti, si presentava come una costruzione in muratura, con maggiore volumetria, sostitutiva della
precedente e realizzata attraverso interventi non sostenuti da titolo concessorio e perciò abusivi.
Notava il primo Giudice, infatti, che l’art. 61 delle norme di attuazione del P.R.G. del Comune di
Trento disponeva che nelle “zone a bosco” - nelle quali ricadeva l’immobile in questione – “è
vietata ogni edificazione, fatta salva la possibilità di ampliare malghe e rifugi classificati alpini in
attività nella misura del 20% del volume per garantirne la funzionalità….”. Conseguentemente, non
risultava possibile nei suoi confronti un provvedimento di sanatoria, irrilevante essendo a tal fine il
richiamo alle tipologie di intervento poste dall’art. 77bis della legge (urbanistica) provinciale n. 22
del 1991. Del pari, infondata secondo il T.R.G.A. era anche la terza censura, stante la natura di atto
dovuto del provvedimento dirigenziale del 14.7.2000, teso alla repressione di un abuso edilizio, e
come tale necessariamente portatore di un nuovo termine per l’intervento ripristinatorio: termine il
cui inizio – stante la (già) rilevata stretta correlazione fra ordinanza di rimessa in pristino e diniego
della sanatoria – veniva correttamente riferito a quest’ultimo.
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3. Con atto d’appello notificato il 16 dicembre 2002, depositato il 9 gennaio 2003, l’originaria
ricorrente invoca la riforma della sentenza di primo grado, ritenendola erronea per le seguenti
ragioni: a) non considererebbe che l’art. 61, comma 2, norme di attuazione del P.R.G. del Comune
di Trento pone sì un divieto di edificazione, ma il successivo comma 3 fa salva la possibilità di
ristrutturare gli edifici senza sostituzione o aumento di volumetria e senza cambio di destinazione
d’uso. Inoltre, la sentenza del TAR utilizza quale argomento un aumento di volume dell’immobile,
che, nell’odierna controversia, non assumerebbe alcun rilievo giuridico, essendo presupposto della
domanda di concessione in sanatoria, che serve per ripristinare il volume dell’edificio nei limiti
della volumetria preesistente all’intervento. Quindi, andrebbe solo verificato se l’edificio è nuovo,
ma tale non è. Né ad una simile conclusione potrebbe giungersi per il sol fatto che ora è realizzato
in mattoni invece che in legno. Né l’edificio sarebbe stato interamente demolito; b)
l’amministrazione appellata avrebbe, inoltre, dovuto assegnare un nuovo termine per la spontanea
demolizione, perché se il primo provvedimento di demolizione non poteva più spiegare efficacia a
seguito dell’introduzione della domanda di concessione, il diniego non poteva farlo ritornare in vita,
sicché sarebbe stato necessario adottare un nuovo provvedimento con un nuovo termine di 90
giorni.
4. Nelle proprie difese l’amministrazione comunale chiede la conferma della statuizione del primo
Giudice, sottolineando come la richiesta dell’originaria ricorrente di sanatoria dell’immobile
illegittimamente trasformato, a seguito dell’istanza di ricondurre nei limiti urbanistici la
costruzione de qua, non poteva essere accolta non essendo prevista una simile possibilità nel nostro
ordinamento. Inoltre, quello esistente sarebbe un edificio nuovo, poiché non si presenterebbe più
come un edificio in legno adibito a deposito, ma come un manufatto in mattoni su sedime
parzialmente diverso di volume maggiore con un diverso cambio di destinazione d’uso, visto che
sarebbe presente una canna fumaria. Ancora, l’art. 77 bis, lett. e), l.p. Trento, n. 22/1991,
prevederebbe che nell’intervento di ristrutturazione non possano demolirsi le murature perimetrali.
Né risulterebbe fondata la terza censura introdotta con il ricorso di primo grado, riproposta in
appello, atteso che con il venir meno dell’effetto sospensivo della domanda di concessione in
sanatoria rivivrebbero ex lege gli effetti dell’ordine di demolizione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e non merita di essere accolto.
2. Dall’esame della documentazione in atti emerge che il manufatto per il quale in data 5 marzo
1997 veniva concesso il condono edilizio ex l. 47/1985, era descritto come fabbricato adibito a
deposito di attrezzatura agricola necessaria per la conduzione dei fondi limitrofi, realizzato con
piantoni di legno, tamponamento in sciaveri, tavole e pannelli, tetto in travi di legno, manto in
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tegole marsigliesi e lamiera zingata. L’altezza dell’edificio riportata dal progetto allegato è di 3,20
mt. Dal verbale del sopralluogo del 15 gennaio 1999 si apprezza la presenza di una situazione
radicalmente differente, che consente di affermare che correttamente l’amministrazione ha ritenuto
che l’edificio in questione sia un edificio “nuovo”, ed, infatti, viene descritta la presenza di un
immobile realizzato in muratura, con piano terra e sottotetto, solaio in laterocemento e tetto a due
falde con struttura portante in legno e copertura in onduline metalliche zincate, con un’altezza
media di 6 mt.
2.1. Sulla scorta di una situazione di fatto quale quella descritta appare del tutto erronea la
prospettazione dell’appellante che ritiene sarebbe possibile applicare nella fattispecie l’art. 61
comma 3 delle n.t.a. del p.r.g. di Trento, poiché non si è in presenza di alcuna ristrutturazione, ma di
una nuova edificazione, che ha comportato un considerevole aumento di volumetria. Circostanza
quest’ultima che impedisce di ritenere si sia in presenza di una mera attività di manutenzione
straordinaria ai sensi dell’art. 77 bis comma 1 lett. b), l.p. n. 22/1991, secondo il quale: “Gli
interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente sono così definiti:…b) interventi di
manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche sugli edifici necessarie per rinnovare e
sostituire gli elementi costruttivi degradati, anche quelli con funzioni strutturali e per realizzare ed
integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi o aumentino le
superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso;”
Inoltre, anche a non voler considerare tale ultimo aspetto, la lettura offerta dall’appellante risulta
contraddetta dalla circostanza che, nella fattispecie, vi è stata la demolizione dei muri perimetrali,
sicché appare ostativo anche il disposto dell’art. 77-bis, comma 1, lett. e), l.p. n. 22/1991, secondo il
quale: “Gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente sono così definiti:… e) interventi
di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti ad adeguare l'edificio a nuove e diverse esigenze anche
con cambio della destinazione d'uso. L'intervento comprende la possibilità di variare l'impianto
strutturale interno e distributivo dell'edificio, modificandone l'aspetto architettonico, formale, i tipi
ed il modo d'uso dei materiali, purché le murature perimetrali non vengano demolite”.
2.2. Pertanto, appare correttamente applicato il disposto dell’art. 61, comma 2, delle n.t.a. del p.r.g.
del Comune di Trento che vietava in zona bosco nuove edificazioni, non potendo considerare
altrimenti gli interventi edilizi posti in essere dall’odierna appellante.
3. Destituita di fondamento appare anche la seconda censura, secondo la giurisprudenza di questo
Consiglio (Cons. St., Sez. V, 31 marzo 2010, n. 1875; Sez. II, 12 maggio 2004, n. 1056), infatti, la
richiesta di concessione in sanatoria di un'opera edilizia non inficia la legittimità dell'ordine di
demolizione impartito in precedenza, quando la domanda di sanatoria sia stata poi respinta.
L’ordine di demolizione risulta illegittimo soltanto se viene adottato all’indomani della domanda di
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sanatoria, ciò in ragione del fatto che l’istanza di sanatoria impedisce che l’amministrazione prima
del suo esame si attivi per eliminare un abuso che potrebbe essere sanato. L’ordine di demolizione è
infatti, un atto vincolato che poggia sull’atto presupposto che accerta la presenza di un abuso
edilizio, conseguentemente l’efficacia dell’ordine di demolizione resta sospesa all’indomani della
presentazione della domanda di sanatoria, ma al momento in cui la stessa venga respinta, l’ordine di
demolizione torna a spiegare i suoi effetti, né appare necessario che l’amministrazione adotti un
ulteriore ordine di demolizione, poiché la domanda di sanatoria non caduca l’ordine di demolizione,
ma ne sospende gli effetti, che ricominciano a decorrere a far data dall’adozione del diniego di
sanatoria.
4. Appare giocoforza, pertanto, respinge l’odierno gravame.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando
sull'appello come in epigrafe proposto, respinge l 'appello.
Condanna Bortolotti Alma al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in
3.000,00 euro (tremila/00), oltre accessori di legge, in favore del Comune di Trento.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2014 con l'intervento dei
magistrati:
Mario Luigi Torsello, Presidente
Fulvio Rocco, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
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Il 31/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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