Osservatorio sulla giurisprudenza in tema di contratti pubblici Diretto da Maria Alessandra Sandulli Coordinato da Vincenzo Nunziata (hanno collaborato Luisa Arecchi, Annalaura Leoni, Massimo Nunziata, Francesco Pignatiello e Adriana Presti) Giurisprudenza amministrativa TAR Lazio Roma, sez. II bis, 7 aprile 2014, n. 3742 (sulla legittimità dell’ammissione alla gara di un concorrente che, utilizzando il modulo predisposto dalla stazione appaltante, abbia omesso di indicare gli oneri per la sicurezza e sulla legittimità dell’esercizio del potere di soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante) Si segnala la pronuncia in epigrafe, che, in linea con un ormai consolidato orientamento sia della giurisprudenza amministrativa che della prassi dell’AVCP, ribadisce il ruolo fondamentale della tutela dell’affidamento dei concorrenti rispetto ai moduli predisposti dalla stazione appaltante, il cui utilizzo da parte dell’operatore economico non può comportare che la responsabilità di eventuali omissioni e/o errori derivanti da quanto predisposto dall’amministrazione ricada sul concorrente stesso. In particolare, il TAR Lazio ha affermato che sebbene sia diffuso l’orientamento che riconosce immediata precettività agli articoli 86 e 87 del Codice riguardo alla necessità di specificare il costo della sicurezza nelle offerte economiche, anche qualora ciò non sia previsto nei bandi di gara (si veda al riguardo la recente posizione del Consiglio di Stato SEZ. III - sentenza 28 agosto 2012 n. 4622, secondo cui è legittima, alla stregua del principio di intangibilità del costo di sicurezza ex art. 86, comma 3, e 87 comma 4, del Codice l’esclusione da una gara di una impresa che non ha indicato specificamente, nell’offerta economica, alcun costo per gli oneri per la sicurezza, a nulla rilevando al riguardo che la lex specialis non preveda alcunché; infatti, indipendentemente da una apposita previsione della lex specialis, sulla scorta del dato normativo di cui agli artt. 86 e 87, comma 4, ed all’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 81/2008, deve riconoscersi ai costi per la sicurezza da rischio specifico la valenza di un elemento essenziale dell’offerta a norma dell’art. 46, comma 1 bis, del Codice, la cui mancanza rende la stessa incompleta e come tale, già di per se’ solo, suscettibile di esclusione) è altrettanto diffuso l’orientamento che riconosce un ruolo fondamentale all’affidamento incolpevole del concorrente qualora la lex specialis di gara sia strutturata in maniera tale da indurre in errore i partecipanti circa i requisiti dell’offerta. Il ragionamento logico giuridico seguito dal giudice amministrativo in particolare si fonda sul presupposto secondo cui la scelta di utilizzare la modulistica predisposta dalle stazioni appaltanti, che mira ad assolvere una funzione principalmente acceleratoria, rendendo omogenee le offerte e quindi semplificando l’esame comparativo, nonché riducendo il rischio di possibili errori, non possa poi ritorcersi contro i concorrenti che l’abbiano adottata facendo affidamento su di essa in quanto suggerita dalla lex specialis e predisposta dalla stazione appaltante. E’ dunque in ragione dei fondamentali valori dell’affidamento e della buona fede che le conseguenze di una condotta erronea e/o omissiva della stazione appaltante non possono essere trasferite sui partecipanti con la sanzione dell’esclusione. Tali statuizioni sono in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa (da ultimo Consiglio di Stato, SEZ. V - sentenza 6 agosto 2012 n. 4510; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 9 gennaio 2012 n. 5 e 4 aprile 2012 n. 458; T.A.R. Umbria, Sez. I, 22 maggio 2013 n. 301; T.A.R. Campania, II, 21 giugno 2013 n. 3198) e con la posizione assunta al riguardo dall’AVCP. Quest’ultima in particolare ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione in diversi pareri di precontenzioso (i più recenti sono il parere n. 54 del 23 aprile 2013 e il parere n. 118 del 17 luglio 1 2013, menzionati nella sentenza), nonché di affrontare la questione nella determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012, BANDO- TIPO. Indicazioni generali per la redazione dei bandi di gara ai sensi degli articoli 64, comma 4-bis e 46, comma 1-bis, del Codice dei contratti pubblici, nella quale è espressamente sancito che eventuali omissioni o errori nella compilazione di moduli predisposti dalle stazioni appaltanti utilizzati dai concorrenti ai fini della partecipazione alla gara non potrebbero riverberarsi a danno dei concorrenti che hanno fatto affidamento sulla correttezza ed esaustività del modello predisposto dall’amministrazione. In tali ipotesi, aggiunge l’AVCP, all’esito di una attenta analisi del caso concreto, si può valutare l’ammissibilità di una eventuale regolarizzazione. Ed è proprio questo il passaggio successivo che il TAR effettua nel proprio ragionamento: poiché il disciplinare di gara prevedeva la possibilità di un soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante, consentendo alla commissione di gara di chiedere ai soggetti partecipanti alla gara di fornire ogni notizia utile a chiarire i contenuti dell’offerta e della documentazione presentata e/o di fornire idonea dimostrazione degli stessi, tale principio di soccorso istruttorio poteva essere utilizzato per dissipare qualunque dubbio in ordine al contenuto delle offerte, evitando dunque che alcune di esse non venissero ammesse per omissioni puramente formali. La pronuncia dunque non solo mira ad evidenziare, ancora una volta, il ruolo essenziale dell’affidamento e della buona fede del concorrente di fronte a comportamenti omissivi e/o erronei della stazione appaltante nella predisposizione dei moduli allegati alla lex specialis, con l’effetto che eventuali conseguenze della condotta erronea e/o omissiva della amministrazione, non immediatamente percepibile, non possano essere trasferite sui partecipanti, sanzionandoli con l’esclusione, ma rappresenta altresì il chiaro bilanciamento tra interessi contrapposti con la netta prevalenza, rispetto ad una lettura formalistica del dato normativo, del principio di massima partecipazione e di tutela della concorrenza, senza per questo violare la par condicio: consentire, infatti, la regolarizzazione dell’offerta mediante l’utilizzo del previsto principio del soccorso istruttorio garantisce non solo al concorrente di non subire l’effetto di errori commessi dalla stazione appaltante stessa nella predisposizione dei moduli, ma consente altresì all’amministrazione di avere una più ampia platea di concorrenti. Ciò peraltro è assolutamente in linea con l’ormai evidente orientamento, anche legislativo, che caratterizza tutta la normativa dei contratti pubblici, e più in generale quella dell’attività amministrativa, e da cui discende peraltro tutto l’impianto normativo del principio di tassatività delle cause di esclusione e del potere di soccorso istruttorio, di cui all’articolo 46 del Codice, che preferisce una lettura sostanzialistica, tesa ad un effetto utile delle disposizioni, piuttosto che una lettura rigorosamente formalistica. Trovano pertanto in tal senso attuazione le statuizioni dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 9/2014, che proprio in relazione al potere di soccorso istruttorio ha precisato, definendone specificamente i limiti di operatività, trattarsi di un modus operandi volto a superare inutili formalismi in nome del principio del favor partecipationis e della semplificazione. L.A. Consiglio di Stato, Sez. V, 8 aprile 2014, n. 1647 (sul requisito di partecipazione della regolarità contributiva, sull’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 e sull’ammissibilità rinuncia all’avvalimento). Con la pronuncia indicata in epigrafe, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto avverso la sentenza TAR Puglia, Lecce, sez. III, 7 luglio 2011, n. 1252 con cui è stato disposto l’annullamento dell’aggiudicazione di una procedura, volta all’affidamento di lavori di manutenzione ordinaria di alloggi di edilizia residenziale pubblica, per difetto di uno dei requisiti di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 in capo ad un’impresa ausiliaria della concorrente, risultata aggiudicataria. 2 Nel giungere alle predette conclusioni la decisione in commento ha formulato alcune osservazioni in ordine al possesso del requisito di partecipazione della regolarità contributiva, chiarendo inoltre l’ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni relative al possesso dei requisiti ed occupandosi, infine, della ammissibilità della rinuncia all’avvalimento. 1) Sul requisito di partecipazione della regolarità contributiva. Nel censurare la pronuncia di primo grado, che aveva disposto l’annullamento dell’aggiudicazione per difetto del requisito della regolarità contributiva in capo ad una società ausiliaria, l’appellante ha dedotto, in primis, il valore meramente indiziario del d.u.r.c., con la conseguenza che il mero dato che tale documento attesti una posizione di irregolarità non osterebbe all’esercizio, da parte della stazione appaltante, del potere discrezionale di valutare l’effettiva gravità della violazione contributiva attestata. La pronuncia disattende tale argomentazione richiamando quanto affermato da Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8, in Foro amm. CdS, 2012, 9, 2243, con nota di Gotti; tale decisione, infatti, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale “ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2006, anche nel testo vigente anteriormente al d.l. n. 70 del 2011, secondo cui costituiscono causa di esclusione dalle gare di appalto le gravi violazioni alle norme in materia previdenziale e assistenziale, la nozione di “violazione grave” non è rimessa alla valutazione caso per caso della stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina previdenziale, e in particolare dalla disciplina del documento unico di regolarità contributiva; ne consegue che la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni (d.u.r.c.) si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto”. Il principio trova, pertanto, applicazione diffusa nella giurisprudenza successiva. Si vedano, ex multis, TAR Lombardia, Milano, sez. III, 8 gennaio 2014, n. 11, in Red. Foro amm. TAR, 2014, 01; TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 18 ottobre 2013, n. 1900, in Foro amm. TAR, 2013, 10, 3232; TAR Sicilia, Catania, sez. III, 10 ottobre 2013, n. 2429, ivi, 2013, 10, 3244; TAR Campania, Napoli, sez. II, 13 settembre 2013, n. 4269, ivi, 2013, 9, 2805. Si segnala, in senso difforme, TAR Puglia, Bari, sez. II, 6 novembre 2013, n. 1497, in Foro amm. TAR, 2013, 11, 3516, secondo il quale “le Amministrazioni procedenti non possono legittimamente arrestarsi alla presa d’atto del responso “sintetico” fornito dall’ente previdenziale per mezzo del d.u.r.c., bensì devono effettuare un’autonoma istruttoria circa i caratteri della irregolarità contributiva cumulativamente richiesti dal legislatore, ossia la “gravità” e la “definitività”. Tale attività di verifica ed apprezzamento, da svolgersi in contraddittorio con l’impresa interessata, non può essere surrogata dalla certificazione formata dall’ente previdenziale, al quale solo compete di attestare l’esistenza e l’entità del rapporto debitorio”. Né la pronuncia in commento ha ritenuto determinanti per la riforma della statuizione del TAR le ulteriori considerazioni espresse sul punto nell’appello, ove si è rilevato che la pronuncia di primo grado non avrebbe tenuto conto che l’irregolarità contributiva accertata fosse occasionale, di scarsa rilevanza economica e sopravvenuta rispetto alla data di scadenza della conclusione della gara. Sul punto il Collegio ha, al contrario, ricordato che “la regolarità contributiva e fiscale […] deve essere mantenuta per tutto l’arco di svolgimento della gara […] fino al momento dell’aggiudicazione”, come riconosciuto da numerose pronunce giurisprudenziali: in questi termini, TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 16 dicembre 2013, n. 2469, in Foro amm. TAR, 2013, 12, 3916; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 20 novembre 2013, n. 2555, ivi, 2013, 11, 3292; Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682, in Foro amm. CdS, 2013, 5, 1356; Id., sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 890, ivi, 2013, 2, 526; Id., sez. V, 26 giugno 2012, n. 3738, ivi, 2012, 6, 1626; Id., sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907, ivi, 2010, 9, 1841. Il descritto principio trova fondamento, infatti, nella “esigenza della stazione appaltante di verificare l’affidabilità del soggetto partecipante alla gara fino alla conclusione della stessa”, con conseguente irrilevanza di un eventuale adempimento tardivo degli obblighi contributivi e fiscali, pur se con effetti retroattivi, “giacché la (ammissibilità della) 3 regolarizzazione postuma si tradurrebbe in una integrazione dell’offerta, configurandosi come violazione della par condicio”: si segnalano sul punto TAR Sardegna, sez. I, 28 marzo 2013, n. 257, in Foro amm. TAR, 2013, 3, 1052; TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 16 febbraio 2012, n. 4010, ivi, 2012, 2, 636; Cons. Stato, sez. VI, 2 maggio 2011, n. 2580, in Foro amm. CdS, 2011, 5, 1574; Id., 5 luglio 2010, n. 4243, ivi, 2010, 7-8, 1566. In dottrina, trattano le descritte tematiche involgenti il requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 163/2006 F. Aperio Bella, A.G. Pietrosanti, F. Pignatiello, Requisiti di ordine generale, in Manuale di diritto amministrativo. IV. I Contratti pubblici, a cura di F. Caringella, M. Giustiniani, Dike Giuridica Editrice, Roma, 2014, 563 e ss.; R. Greco, I requisiti di ordine generale, in Trattato sui contratti pubblici, a cura di R. De Nictolis, R. GArofoli, M.A. Sandulli, Giuffrè, Milano, 2008, 1267 ss.; R. Proietti, Art. 38. I requisiti di ordine generale, in Codice dell’appalto pubblico, a cura di S. Baccarini, G. Chiné, R. Proietti, Giuffrè, Milano, 2011. 2) Sull’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006. La pronuncia in commento ha, altresì, respinto l’opzione interpretativa prospettata nell’appello secondo la quale l’impresa ausiliaria – in capo alla quale è stata accertata, nella fattispecie, la violazione degli obblighi contributivi – non debba considerarsi una partecipante in senso stretto alla gara e che, pertanto, l’esclusione dalla procedura dell’impresa ausiliata sarebbe intervenuta per fatto impeditivo sopravvenuto di un soggetto terzo, l’impresa ausiliaria, in violazione del principio della tassatività e tipicità delle cause di esclusione. Osserva, invero, il Collegio che “tutti i soggetti a qualunque titolo concorrano a pubblici appalti, (in veste di affidatari, sub affidatari, consorziati, componenti di a.t.i., ausiliari in sede di avvalimento) devono essere in possesso dei requisiti richiesti dall’art. 38 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e dichiararli, assumendosi le relative responsabilità”, come anche riconosciuto da Cons. Stato, sez. V, 12 febbraio 2013, n. 815, in Foro amm. CdS, 2013, 2, 471; Id., 4 dicembre 2012, n. 6164, ivi, 2012, 12, 3240; Id., 23 maggio 2011, n. 3077, ivi, 2011, 5, 1549; Id., sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3759, in Guida al dir., 2010, 29, 97; ciò poiché l’art. 49, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006, sul piano dell’accertamento dei requisiti di ordine generale, dispone “una totale equiparazione tra gli operatori economici offerenti e gli operatori economici in rapporto di avvalimento, ciò in omaggio ad elementari ragioni di trasparenza e di tutela effettiva degli interessi sottesi alle cause di esclusione delineati dall’art. 38 ed in relazione all’ineludibile esigenza che tutti gli operatori chiamati, a qualunque titolo, all’esecuzione di prestazioni di lavori, servizi e forniture siano dotati dei necessari requisiti di ordine generale” (nel medesimo senso, TAR Sardegna, sez. I, 5 novembre 2013, n. 683, in Foro amm. TAR, 2013, 11, 3582; TAR Lazio, Roma, sez. II, 19 dicembre 2012, n. 10624, ivi, 2012, 12, 3889; Cons. Stato, sez. V, 15 novembre 2012, n. 5780, in Foro amm. CdS, 2012, 11, 2894). Da tali considerazioni la conseguenza che l’esclusione dell’intero raggruppamento a fronte dell’irregolarità contributiva accertata in capo ad una sola impresa ausiliaria non costituisce “un’inammissibile ipotesi di responsabilità per fatto del terzo”, come prospettato dall’appellante, “quanto piuttosto la ineludibile conseguenza della mancanza in capo all’impresa ausiliata degli stessi requisiti di partecipazione (posseduti proprio e soltanto tramite l’impresa ausiliaria)”. 3) Sull’ammissibilità della rinuncia all’avvalimento. Conclusivamente il Collegio ha esaminato la questione relativa all’ammissibilità di una rinuncia all’avvalimento da parte del raggruppamento concorrente – condotta non costituente, a parere dell’appellante, un’inammissibile modificazione soggettiva della compagine del raggruppamento stesso – con conseguente obbligo della stazione appaltante di valutare in capo a quest’ultimo la permanenza dei requisiti per lo svolgimento dell’appalto a seguito dell’esclusione dell’impresa ausiliaria priva dei requisiti. La prospettazione è considerata dalla pronuncia intimamente contraddittoria “atteso che essa finisce per privare di qualsiasi rilievo lo stesso avvalimento, finalizzato proprio a fornire ad 4 un’impresa che ne è priva i requisiti indispensabili per partecipare ad una gara”; ad avallo della propria ricostruzione il Consiglio di Stato ha, peraltro, richiamato quella giurisprudenza che, in tema di modificazione della composizione di un’a.t.i., non aggiuntiva o sostituiva, ma riduttiva per il recesso di talune delle componenti, ne ha chiarito l’ammissibilità “solo se […] dettata dalle esigenze organizzative della compagine concorrente e non anche quando ciò serve per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo ai componenti”: in tal senso si vedano Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8, in Foro amm. CdS, 2012, 9, 2243; Id., sez. VI, 12 giugno 2012, n. 3428, ivi, 2012, 6, 1642; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 29 giugno 2011, n. 1261, in Foro amm. TAR, 2011, 6, 2132. In dottrina si vedano U. DE LUCA, L’avvalimento: uno strumento di concorrenza ‘a cavallo’ tra il raggruppamento temporaneo e il subappalto, in Manuale di diritto amministrativo. IV. I Contratti pubblici, a cura di F. CARINGELLA, M. GIUSTINIANI, Dike Giuridica Editrice, Roma, 2014, 563 e ss.; C. ZUCCHELLI, L’avvalimento, in Trattato sui contratti pubblici, a cura di R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI, M.A. SANDULLI, Giuffrè, Milano, 2008, 1490 ss.. A.L. Consiglio di Stato, sez. VI, 17 marzo 2014, n. 1312 (sul recesso unilaterale dal contratto pubblico ex art. 1, comma 13, D.L. n. 95/2012). La sentenza in rassegna è particolarmente interessante in quanto approfondisce il tema della natura dell’atto di recesso dai contratti pubblici da parte dell’amministrazione. In particolare, la fattispecie concerne l’applicazione dell'art. 1, co. 13°, D.L. 6.7.2012, n. 95 (conv. con modifiche in L. 135/2012) che ha previsto il diritto delle stazioni appaltanti di recedere dai contratti di servizi e fornitura nel caso in cui gli importi dei corrispettivi siano deteriori rispetto ai parametri delle convenzioni stipulate da Consip S.p.A. In tal caso, qualora l'appaltatore non acconsenta ad una modifica, proposta da Consip S.p.A., delle condizioni economiche del rapporto, le amministrazioni hanno diritto di recedere in qualunque tempo dal contratto, previa formale comunicazione all'appaltatore con preavviso non inferiore a quindici giorni e previo pagamento delle prestazioni già eseguite oltre al decimo delle prestazioni non ancora svolte. Il Giudice di prime cure aveva preliminarmente riconosciuto la sussistenza della giurisdizione amministrativa, ritenendo che fosse stato esercitato un potere autoritativo e non un diritto potestativo di natura civilistica; nel merito, aveva accolto il ricorso, ritenendo erronee le modalità di raffronto fra il singolo contratto da valutare e i parametri Consip (TAR Campania, Napoli, sez. IV, 15 aprile 2013, n. 1965). Il Consiglio di Stato, invece, ha ritenuto fondata ed assorbente l’eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione, sollevata dall’amministrazione appellante. Dopo aver ripercorso i noti caratteri della tradizionale struttura bifasica della vicenda contrattuale della pubblica amministrazione, il Collegio ha escluso che il richiamato art. 1, comma 13, D.L. n. 95/2012 abbia attribuito all'amministrazione – già parte di un rapporto contrattuale a regolazione civilistica – la facoltà di intervenire ab extra sul rapporto stesso in forma e modalità autoritativa, in modo tale da svincolarsi dagli obblighi contrattuali assunti per affermate esigenze di interesse pubblico. In tal senso conducono sia il dato letterale che la ratio della disposizione normativa: “il primo, in quanto assegna in modo esplicito all'Amministrazione un “diritto” di recesso e la seconda (coincidente con la possibilità di ottenere prestazioni “migliorative”, in base ai parametri delle convenzioni stipulate da Consip), poiché detta finalità viene perseguita con una fattispecie di recesso unilaterale del contratto, che costituisce mera specificazione di quanto comunque consentito al committente, nell'ambito dei contratti di appalto, a norma dell'art. 1671 cod. civ.”. La norma di cui all’art. 1, comma 13, D.L. n. 95/2012, che si pone in termini di specialità rispetto all’art. 1671 c.c., è espressione della finalità di interesse pubblico al perseguimento di economie di scala ed alla omogeneità dei costi delle forniture e dei servizi, commissionati da 5 pubbliche amministrazioni tramite un centro specializzato per i loro approvvigionamenti con inerente contrattazione centralizzata in capo a una figura organizzativa (oggi la Consip s.p.a.) istituita per un tale scopo. Infatti, una volta formalizzate ed entrate a regime le convenzioni Consip, ogni altra forma di contrattazione è dichiarata nulla e solo in via transitoria – per i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del D.L. n. 95/2012 – si attribuisce al contraente pubblico, ove l'appaltatore non acconsenta a modificare in senso conforme le condizioni contrattuali, il diritto di recesso con successiva adesione alla convenzione Consip (con pagamento, comunque, in caso di non adesione di detto appaltatore, delle prestazioni già eseguite e di un decimo di quelle da eseguire). Sulla base di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha ritenuto che tale forma di recesso costituisca l’esercizio di un potere a carattere contrattuale dell'amministrazione – in forza di una clausola contrattuale inserita ex lege, a norma dell'art. 1339 cod. civ. – e non l’espressione di una potestà pubblica, che sarebbe in sé estrinseca al sinallagma contrattuale. Sotto questo profilo, la fattispecie in trattazione si differenzia nettamente da quella prevista dalla disciplina antimafia per sospetto di infiltrazioni mafiose nell'impresa appaltatrice (cfr. art. 11, D.P.R. 3.6.1998, n. 252 il cui contenuto è stato ripreso dall’art. 94, D.Lgs. 6.9.2011, n. 159) che, sulla base dell’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa, è stata ritenuta espressione di un irrinunciabile potere autoritativo di valutazione discrezionale dei requisiti del contraente, con conseguente cognizione del giudice amministrativo (Cass., SS.UU., 11 gennaio 2011, n. 391; 29 agosto 2008, n. 21928; 17 dicembre 2008, n. 29425). In dottrina si segnalano: M. NUNZIATA, Il recesso delle Stazioni Appaltanti dal contratto di appalto pubblico, in Codice degli appalti pubblici, a cura di A. CANCRINI, C. FRANCHINI, S. VINTI, Torino, Utet, 2014, 877 ss.; F. LUCIANI, Informazione antimafia e poteri di autotutela dell’amministrazione appaltante, in giustamm.it, 2/2014; A. CIANFLONE, G. GIOVANNINI, L'appalto di opere pubbliche, Milano, Giuffrè, 2012, 1910 ss.; G. PELLEGRINO, Art. 134. Recesso, in Codice degli appalti pubblici, a cura di R. GAROFOLI, G. FERRARI, Roma, Neldiritto, 2012; F. GOGGIAMANI, Il recesso, in Trattato sui Contratti Pubblici, diretto da M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI, Milano, 2008, 3661 ss.; F.G. SCOCA, A. POLICE, La risoluzione del contratto di appalto di opere pubbliche, in Riv. trim. app., 1997, 44 ss.; L.V. MOSCARINI, Profili civilistici del contratto di diritto pubblico, Milano, Giuffrè, 1988; D. RUBINO, L'appalto, in Trattato di diritto civile italiano, a cura di F. VASSALLI, Torino, Utet, 1980; W. D'AVANZO, Recesso (Diritto civile), in Noviss. Dig. it., XIV, Torino, 1968, 1028 ss.; M. STOLFI, Appalto (contratto di), in Enc. Dir., Milano, 1958, II, 629 ss.; A.D. GIANNINI, In tema di recesso unilaterale dal contratto di appalto, in Giur. op. pubbl., 1-1941, 344 ss.; M.N. Consiglio di Stato, Sez. V, 31.3.2014, n. 1548 (sulla immodificabilità della compagine del R.T.I.). La sentenza si segnala per aver approfondito la portata del principio di immodificabilità della compagine del R.T.I. nell’ambito delle procedure negoziate, affermando che esso trova applicazione esclusivamente nel momento successivo alla presentazione delle offerte. La decisione in rassegna ha preso espressamente le distanze da Cons. Stato, sez. VI, 8 marzo 2006, n. 1267, in cui si era affermato che due o più imprese concorrenti individualmente prequalificate non possono concorrere in associazione temporanea alla successiva competizione mediante la presentazione di un'offerta congiunta, salvo che il bando non preveda diversamente. Aderendo ad un diverso orientamento giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 20 febbraio 2008, n. 588; Id., sez. V, 2.12.2002, n. 6619; Id., sez. V, 18.9.2003, n. 5309), nel caso di specie il Consiglio di Stato ha ritenuto che “il principio di immodificabilità soggettiva viene in rilievo soltanto all’indomani della presentazione dell’offerta e non nelle fasi di gara a questa precedente. Del resto anche dal punto di vista letterale sia l’art. 37, comma 12, che l’art. 125, 6 comma 11, d.lgs. n. 163/2006, fanno riferimento alla nozione di “operatore economico” e di “candidato”, ossia di un soggetto che ancora deve presentare la propria offerta”. Infatti, ai sensi dell’art. 37, comma 12, D.Lgs. n. 163/2006, “in caso di procedure ristrette o negoziate, ovvero di dialogo competitivo, l'operatore economico invitato individualmente, o il candidato ammesso individualmente nella procedura di dialogo competitivo, ha la facoltà di presentare offerta o di trattare per sé o quale mandatario di operatori riuniti”. Secondo il Collegio, “un’opposta interpretazione non potrebbe armonizzarsi con il testo del comma 9 dell’art. 37, d.lgs. n. 163/2006, che vieta la modificazione della composizione delle a.t.i. all’indomani dell’offerta”. Tale tema è stato analizzato anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (4.5.2012, n. 8) secondo cui il divieto di modificazione della compagine del R.T.I. nella fase procedurale compresa tra la presentazione delle offerte e la definizione della procedura di aggiudicazione è finalizzato a impedire l'aggiunta o la sostituzione di Imprese partecipanti al R.T.I. e non anche a precludere il recesso di una o più di esse, a condizione che quelle che restano a farne parte risultino titolari, da sole, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione e che ciò avvenga per esigenze organizzative e non, invece, per eludere le prescrizioni della legge di gara. Pertanto, in assenza di un esplicito divieto contenuto nella lex specialis, stante la riconosciuta possibilità per gli operatori economici invitati di costituire associazioni temporanee di imprese, sarebbe irragionevole ritenere possibile una modificazione soggettiva del R.T.I. costituendo o costituito e non consentire che gli operatori economici invitati possano utilizzare lo stesso strumento (in termini, da ultimo, anche TAR Marche, Sez. I, 7.3.2014, n. 322). In termini analoghi alla decisione in rassegna, è interessante segnalare Cons. Stato, sez. VI, 20-02-2008, n. 588, secondo cui la disciplina dettata in tema di procedure ristrette si limita a richiedere che alla presentazione dell'offerta siano ammesse imprese già selezionate nella fase di prequalificazione, ma non impedisce a queste ultime di associarsi temporaneamente in vista della gara, posto che il R.T.I. non estingue la soggettività delle imprese già qualificate e che, quindi, il raggruppamento non può definirsi quale soggetto diverso da quelli invitati (nello stesso senso Cons. Stato, sez. III, 5.3.2013, n. 1328; Id., sez. V, 18.4.2001, n. 2335). In dottrina si segnalano: A. PIAZZA, I raggruppamenti temporanei di impresa, in Codice degli appalti pubblici, a cura di A. CANCRINI, C. FRANCHINI, S. VINTI, Torino, Utet, 2014, 227 ss.; F. CARDARELLI, I raggruppamenti temporanei ed i consorzi ordinari di concorrenti, in Trattato sui contratti pubblici, a cura di R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI, M.A. SANDULLI, Giuffrè, Milano, 2008, 1127 ss. M.N. Consiglio di Stato, sez. III, 7 marzo 2014, n. 1072 (sull’inammissibilità dell’avvalimento c.d. “a cascata” o subavvalimento). La sentenza in rassegna affronta la questione dell’ammissibilità o meno del c.d. avvalimento a cascata o subavvalimento, confermando l’orientamento prevalente secondo cui dovrebbe essere respinta tale possibilità. Nel caso di specie occorreva stabilire se, nell’ambito di una gara per l’affidamento di un appalto di progettazione definitiva ed esecutiva e di esecuzione dei relativi lavori, il progettista indicato dal concorrente, nell’accezione usata dall’art. 53, co.3, del Codice (“avvalersi di progettisti qualificati da indicare nell’offerta”), possa o meno fare ricorso ad un progettista terzo, utilizzando a sua volta l’istituto dell’avvalimento. Invero, la fattispecie concreta all’esame dei giudici era alquanto complessa, atteso che il progettista indicato dall’ATI concorrente era un raggruppamento temporaneo, la cui mandataria, non essendo in possesso dei requisiti tecnici richiesti, aveva fatto ricorso a sua volta all’istituto dell’avvalimento con due differenti professionisti ausiliari. Il Collegio, richiamando l’orientamento conforme sia della medesima sezione (Cons. St., sez. III, 1 ottobre 2012, n. 5161) che dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici (in particolare 7 v. determinazione 1 agosto 2012, n. 2), ha ritenuto illegittima l’ammissione del concorrente in questione, evidenziando, da un lato, il “criterio letterale posto dall’art. 49 del Codice, per il quale solo “il concorrente” singolo, consorziato o raggruppato può ricorrere all’avvalimento trattandosi di un istituto di soccorso al concorrente in sede di gara per cui va escluso chi si avvale di soggetto ausiliario a sua volta privo del requisito richiesto dal bando”, dall’altro, la circostanza che “se il progettista indicato non è legato da un vincolo negoziale con la stazione appaltante, a maggior ragione non è legato il suo ausiliario che è soggetto terzo che non può offrire alcuna garanzia alla amministrazione”. Sebbene l’istituto dell’avvalimento abbia come scopo quello di soccorrere un’impresa che non potrebbe partecipare ad una gara specifica in quanto sprovvista dei requisiti richiesti, al fine di favorire la massima partecipazione e l’effettività della concorrenza nelle procedure ad evidenza pubblica secondo i principi di rilievo comunitario, il Collegio lascia intendere che tale istituto non può essere esteso fino al punto di poter compromettere la corretta esecuzione degli appalti. Infatti, solo il concorrente assume obblighi contrattuali con la stazione appaltante, mentre l’impresa ausiliaria, secondo l’art. 49, co.2, lett. d) si obbliga verso il concorrente e la stazione appaltante a mettere a disposizione le risorse necessarie di cui è carente il concorrente: l’ausiliario diventa ex lege responsabile in solido con il concorrente in relazione alle prestazioni oggetto del contratto (art. 49, co. 4). Tuttavia, evidenzia la sentenza, “la responsabilità solidale, che è garanzia di buona esecuzione dell’appalto, può sussistere solo in quanto la impresa ausiliaria sia collegata contrattualmente al concorrente, […] mentre tale vincolo contrattuale diretto con il concorrente e con la stazione appaltante non sussiste nel caso in cui sia lo stesso ausiliario che ricorre ai requisiti posseduti da terzi”. L’innesto di un ulteriore passaggio tra l’impresa che partecipa alla gara e l’impresa che possiede i requisiti infrangerebbe per certo l’ineludibile vincolo di responsabilità che giustifica il ricorso all’istituto dell’avvalimento ed alla deroga del principio del possesso in proprio dei requisiti di gara. In termini, oltre a Cons. St., sez. III, 1 ottobre 2012, n. 5161 (cit.) ed a Cons. St., sez. V, 24 maggio 2013, n. 2832, si segnala Cons. St., sez. V, 13 marzo 2014, n. 1251, secondo cui “la fattispecie di avvalimento a cascata è da ritenersi vietata in quanto elide il necessario rapporto diretto che deve intercorre tra ausiliaria e ausiliata, allungando e, quindi, indebolendo, la catena che lega, innescando i relativi precipitati in punto di responsabilità solidale, il soggetto ausiliato al soggetto ausiliario munito in via diretta dei requisiti da concedere quo ad proceduram”. Tale recente decisione evidenzia che “l’avvalimento rappresenta già di per sé una deroga al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara, e deve pertanto essere consentito solo in ipotesi delineate in maniera rigorosa onde garantire l’affidabilità, in executivis, del soggetto concorrente. E infatti, l’istituto dell’avvalimento – e la correlata deroga al principio del possesso in proprio dei requisiti di gara – si giustifica solo sulla base del vincolo di responsabilità che lega il soggetto che partecipa alla gara a quello munito, in via diretta, dei requisiti prescritti dalla disciplina regolatrice della procedura competitiva. E’, quindi, irrinunciabile la sussistenza di un rapporto diretto e immediato tra soggetto ausiliario e soggetto ausiliato, legati dal menzionato vincolo di responsabilità solidale in relazione all’intera prestazione dedotta nel contratto da aggiudicare”. In dottrina, sull'avvalimento si vedano F. VENTURA, Commento all’art. 49, in CARULLO, IUDICA, Commentario alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Cedam, 2012; C. ZUCCHELLI, L'avvalimento, in Trattato sui contratti pubblici, II, diretto da M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI, Milano, 2008. F. P. 8 Consiglio di Stato, sez. III, 27 marzo 2014, n. 1487 (sulla verifica di anomalia delle offerte e rettifica degli errori di calcolo). Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha statuito in ordine a due macro tematiche e in particolare in ordine ad un errore di calcolo contenuto nell’offerta economica dell’aggiudicatario e alla verifica di anomalia dell’offerta. Con riferimento alla prima tematica (errore di calcolo contenuto nell’offerta economica), si precisa che nella fattispecie, pur essendo incontroverso fra le parti l’ammontare del prezzo totale dell’appalto offerto dall’aggiudicatario e che ciascuno dei sei prezzi parziali indicati corrispondesse alla percentuale di ribasso indicata volta per volta con riferimento alla rispettiva base d’asta, nell’offerta dell’aggiudicatario vi era una discrepanza tra il ribasso dichiarato nel riepilogo finale dell’offerta (pari al 6,39%) e il prezzo totale ivi indicato. Riscontrata questa discrepanza, la stazione appaltante considerava il ribasso effettivo ricalcolato pari al 7,25%: ciò nel dichiarato convincimento che, in presenza di due indicazioni contrastanti, debba prevalere quello più favorevole all’amministrazione. Successivamente, l’aggiudicatario presentava uno scritto di deduzioni, con il quale sosteneva che il modo di procedere doveva essere diverso. Nel contrasto delle due indicazioni non si doveva preferire a priori l’importo più favorevole all’amministrazione; si doveva invece ricercare la volontà effettiva dell’offerente, al di là degli eventuali errori di calcolo commessi nella redazione dell’offerta. Seguendo questo metodo, secondo l’aggiudicatario, era inevitabile concludere che il prezzo veramente offerto era il più elevato (ossia euro 3.305.399,29 compresi gli oneri di sicurezza), giacché questo importo corrisponde esattamente alla somma dei sei prezzi parziali, e ciascuno di questi ultimi corrisponde a sua volta alla percentuale di ribasso indicata con riferimento alla rispettiva base d’asta. L’indicazione di un ribasso del 7,25% era invece frutto di un evidente errore di calcolo, che poteva e doveva essere percepito come tale, e quindi rettificato, dallo stesso Ufficio di gara. Il responsabile del procedimento accettava l’esposto dell’aggiudicatario, mostrando di condividerne la tesi di fondo, e cioè che anche le offerte di gara, come ogni altra dichiarazione negoziale, debbono essere interpretate dal destinatario, superando, ove occorra, gli eventuali errori in cui sia incorso il dichiarante, sempreché questi siano facilmente individuabili. Su richiesta del r.u.p. la commissione di gara rettificava l’aggiudicazione all’aggiudicatario, considerando quale offerta valida l’importo più elevato, corrispondente alla somma dei prezzi parziali. Nella vicenda così riepilogata il secondo classificato impugnava l’aggiudicazione ravvisando diversi vizi di procedura e di sostanza. A suo avviso, l’offerta della prima classificata avrebbe dovuto essere senz’altro esclusa, in quanto equivoca, incerta, contraddittoria. In subordine, la stazione appaltante non avrebbe dovuto ammettere la rettifica fatta a posteriori, né comunque correggere la sua originaria determinazione; doveva dunque rimanere fermo il ribasso del 7,25%. È necessario chiarire, per una migliore comprensione dei fatti, che la posizione delle parti nella graduatoria di gara non avrebbe subito variazioni, il primo posto spettando all’aggiudicatario, tanto avuto riguardo all’importo più elevato dell’offerta, quanto a quello meno elevato. Mentre la ricorrente aveva interesse, semmai, ad ottenere l’esclusione dell’aggiudicatario dalla gara per l’irregolarità dell’offerta; in caso contrario aveva interesse a che si considerasse l’importo meno elevato, essendo in tal caso meglio sostenibile la tesi dell’anomalia del prezzo offerto dalla controparte. Il Collegio in ordine a detta questione ha ritenuto tutte le censure della seconda classificata infondate, e ciò in ragione delle seguenti considerazioni: - va confermato il principio di massima che le offerte di gara, intese come atto negoziale, sono suscettibili di essere interpretate alla ricerca della effettiva volontà del dichiarante; con la conseguenza, fra l’altro, che tale attività interpretativa può consistere anche nella individuazione e nella rettifica di eventuali errori di scritturazione e di calcolo. A condizione, s’intende, che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza, e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta 9 medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente, che non sono ammesse (salva l’ipotesi dell’applicazione dell’art. 46 del codice dei contratti); - nel caso in esame, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante (seconda classificata), non vi è stata alcuna dichiarazione integrativa o rettificativa da parte dell’aggiudicatario, posto che l’esposto della stessa è da intendersi alla stregua di una “sollecitazione” all’ente appaltante a rivedere, in via di autotutela, la determinazione presa in un primo tempo riguardo all’interpretazione dell’offerta economica. E in tal senso si è orientata l’amministrazione: detti atti non fanno riferimento a fonti di conoscenza estranee all’offerta, ma affrontano solo una questione di diritto (se, in caso di indicazioni discordanti, debba prevalere l’importo più favorevole all’amministrazione, o al contrario si debba cercare l’effettiva volontà del dichiarante con gli usuali strumenti interpretativi) e una questione di fatto (se una diligente lettura dell’offerta aggiudicatario permetta di superare il problema); - non vi è stata violazione del principio per cui le offerte ambigue, incerte, etc., debbono essere escluse: tale principio trova applicazione qualora l’ambiguità dell’offerta non sia superabile mediante gli opportuni strumenti interpretativi; - è corretta, infine, l’interpretazione da ultimo recepita dalla commissione di gara nella seduta, con le seguenti parole: «Il prezzo complessivo annuale di tutti i servizi, espresso … sia in cifre che in lettere, corrisponde alla somma dei sei punti in cui l’offerta si è articolata in relazione ai sei servizi in cui è stato suddiviso l’appalto (per di più tale prezzo complessivo risulta corrispondente anche in relazione alle singole percentuali di ribasso indicate per ciascun servizio) mentre così non è per il ribasso percentuale complessivo. Nel caso specifico... risulta opportuno dare preminenza alla ricostruzione dell’effettiva volontà della Società [applicando] il principio civilistico dell’interpretazione dei contratti secondo buona fede, espresso dall’art. 1366 c.c.. ... Ci si trova in una situazione di mero errore di calcolo, peraltro palesemente riconoscibile, in cui la reale ed effettiva intenzione della Società è quella di offrire un prezzo di euro 3.305.399,29, e di conseguenza un ribasso del 6,39%». Con riferimento alla seconda tematica (verifica di anomalia dell’offerta), va precisato che nel caso di specie la verifica dell’anomalia era stata effettuata dall’ente appaltante, dopo aver già pronunciato l’aggiudicazione definitiva e dopo che questa era stata impugnata innanzi al T.A.R., nel rispetto delle forme prescritte e con riferimento all’importo effettivamente offerto dall’aggiudicatario, vale a dire quello corrispondente al ribasso del 6,39% sulla base d’asta. In tal quadro, il Collegio ha ritenuto che non si può dire che costituisca un vizio la circostanza che l’ente, dopo aver dato corso tardivamente alla verifica dell’anomalia, abbia “sospeso” l’aggiudicazione definitiva anziché “annullarla”; ed invero, supposto che l’avesse annullata, avrebbe dovuto farlo con riserva di reiterarla in caso di esito positivo della verifica. Non si vede quale differenza abbia avuto, sul piano pratico, la scelta fra l’una e l’altra soluzione. In ordine alla verifica dell’anomalia, il Collegio, rigettando in toto la prospettazione dell’appellante, ha affermato che: -le disposizioni in materia di verifica delle offerte anomale, contenute nell’art. 55 della direttiva CE n. 18/2004, e puntualmente recepite dagli artt. 87 e 88 del Codice dei contratti, rispondono primariamente allo scopo di garantire il concorrente contro il pericolo di perdere l’aggiudicazione, a motivo di una supposta anomalia dell’offerta, senza aver potuto dare tutte le giustificazioni del caso e senza che queste siano state debitamente prese in considerazione. In altre parole, le disposizioni in esame (come molte altre delle direttive comunitarie) hanno lo scopo di tutelare la concorrenza e dunque di evitare che gli enti appaltanti possano eluderla eliminando le offerte migliori sotto il pretesto dell’anomalia. Solo indirettamente e in via di fatto la verifica dell’anomalia tutela l’interesse del secondo graduato a vedere escluso il primo graduato; - è per questo che la giurisprudenza consolidata afferma che occorre una motivazione 10 analitica e specifica solo nel caso che le giustificazioni vengano respinte, mentre quando vengono accolte è sufficiente che esse vengano richiamate a guisa di motivazione per relationem; - nella stessa logica, la giurisprudenza consolidata afferma che, a seguito dell’impugnativa del secondo graduato, il sindacato giurisdizionale sull’accettazione delle giustificazioni fornite dall’aggiudicatario è ammesso solo con riferimento ai vizi di manifesta e macroscopica erroneità e irragionevolezza; invero il giudizio di accettazione è espressione di un apprezzamento discrezionale riferito alla convenienza complessiva dell’offerta; - un terzo principio consolidato in giurisprudenza è che l’eventuale incongruità di taluni prezzi, o di talune voci di costo, non comporta necessariamente l’anomalia dell’offerta nel suo insieme, giacché quello che ha rilevanza determinante è, in ogni caso, l’importo complessivo. Per una disamina della giurisprudenza in tema di errore di calcolo: ex multis, Cons. St., sez. III, 1 ottobre 2013, n. 4873, che ha statuito che “In caso di discordanza fra i dati indicati nel modulo di offerta e relativi sia al prezzo che alla percentuale di ribasso, si deve dare prevalenza al ribasso percentuale indicato in lettere, che costituisce il dato decisivo di riferimento per la determinazione dei prezzi unitari, consentendo sia l'identificazione dell'offerta, sia la correzione delle eventuali discordanze (Cons. St., V, 12 settembre 2011, n. 5095).Dall'art. 119 del DPR 207/2010 si ricava un principio di correzione che, seppur previsto solo per i ribassi sui prezzi unitari, è applicabile in tutti i casi d’errore evidente e riconoscibile (o riconosciuto) con la normale diligenza, compresi quindi i casi di (mero) errore di calcolo secondo l’art. 1430 c.c.”; Cons. St., sez. III, 17 luglio 2012, n. 4176; id., 22 agosto 2012, n. 4592. Per la dottrina si veda infra Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 10 aprile 2014, n. 1744. A.P. Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 10 aprile 2014, n. 1744 (sulla verifica di anomalia delle offerta. Ratio. Limiti del sindacato giurisdizionale. Motivazione). In merito alla verifica delle offerte anomale, il Consiglio di Stato, dopo aver richiamato i principi enunciati dalla precedente sentenza della sezione n. 1487/2014, ripercorre le fasi del procedimento effettuato nel caso di specie dalla Commissione e dal responsabile del procedimento, rilevandone la compiutezza. Il tema per lo più affrontato dallo sentenza attiene l’onere di motivazione in caso di giudizio positivo di congruità dell’offerta dell’aggiudicatario. A tal proposito, il Collegio richiama la giurisprudenza che ritiene in generale che in siffatte vicende il giudizio positivo non abbisogni di una specifica ed estesa motivazione e che è quindi sufficiente il richiamo per relationem alle operazioni ed alle risultanze dello specifico procedimento. Nella fattispecie ha stabilito che la verifica ha condotto ad una approfondita analisi finale di congruità dell’offerta, tale da non richiedere quindi alcuna ulteriore forma di soccorso istruttorio e pertanto insindacabile in quanto immune da macroscopici vizi di illogicità e irrazionalità. A supporto di tali argomentazioni e ad abundantiam, il Collegio ha ritenuto analitiche ed esaurienti le giustificazioni dell’aggiudicatari e la disamina delle stesse in ordine alle voci di costo, all’utile previsto, ai criteri seguiti e al prezzo offerto, ritenendo, invece, che le censure di merito dedotte dal ricorrente circa la congruità dell’offerta dell’aggiudicatario si traducessero in valutazioni di parte volte a sostituire in modo assertivo e opinabile le determinazioni assunte dalla Commissione senza peraltro dimostrare la cd. “prova della resistenza” e il conseguimento in ogni caso di un risultato chiaramente positivo. La sentenza ha peraltro osservato che la verifica delle offerte anomale, ex art. 55 direttiva CE n. 18/2004 e artt. 87 e 88 Codice dei contratti, offrono alle Amministrazioni uno strumento di controllo finale delle offerte a garanzia in primis del risultato e dell’aggiudicazione con un apprezzamento discrezionale della convenienza complessiva dell’offerta ritenuta migliore e del 11 conseguente importo complessivo, nel presupposto che l’eventuale incongruità di talune voci di costo non comporta di necessità l’anomalia dell’offerta nel suo complesso, con conseguente stravolgimento e vanificazione, tramite il giudizio di anomalia, dell’esito della gara (cfr. citata n. 1487/2014) In ordine all’onere di motivazione in ordine alle ipotesi di verifica positiva di congruità dell’offerta, la medesima sezione ha in passato comunque precisato che tale conclusione “… non equivale ad ammettere l’integrale omissione della motivazione, occorrendo pur sempre fare richiamo alle giustificazioni fornite dal concorrente, a condizione però che queste siano complete ed esaustive (cfr. per tutte, Cons. St., Sez. VI, n. 3902/2011 e 5191/2006). … Se le giustificazioni che vengono date si presentano a loro volta come tali da sollevare altri dubbi piuttosto che risolverli … una motivazione del tutto assente o lacunosa non solo impedisce al giudice di ricostruire l’iter logico che ha guidato l’amministrazione nella sua scelta, ma pregiudica anche la stessa possibilità di verificare l’attendibilità delle valutazioni tecniche effettuate sotto il profilo della loro correttezza” (cfr. Cons. St., Sez. III, 11 aprile 2012, n. 2073). In giurisprudenza, sull’onere di motivazione si veda, ex multis, Cons. St., sez. V, 17 gennaio 2014, n. 162; Cons. St., sez. V, 6 giugno 2012, n. 3340, id. 21 marzo 2012, n. 1183;T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 19 settembre 2012n . 1680; T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, sez. I, 7 marzo 2013, n. 71; T.A.R. Piemonte, Torino, sez. II, 21 marzo 2012, n. 348; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 16 gennaio 2012; n. 116); sul sindacato giurisdizionale: Cons. St., sez. V, 27 marzo 2014, n. 1487; id., 3 maggio 2012, n. 2552; id., 12 novembre 2012, n. 5073, la quale ha affermato che “l’esito della gara può essere travolto solo quando il giudizio negativo sul piano dell’attendibilità riguarda voci che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, rendano l’intera operazione economica non plausibili e insidiata da indici strutturali di carente affidabilità, a garantire l’efficace perseguimento dell’interesse pubblico”; in tal senso Cons. St., sez. V, 28 ottobre 2010, n. 7631). In dottrina: ROBALDO, Valutazione dell’anomalia dell’offerta – Insufficienza delle giustificazioni fornite in allegato all’offerta, in Contratti Stato e enti pubblici, 1998,87; VIVANI, La valutazione dell’anomalia delle offerte negli appalti pubblici ai lavori: verifica astratta o completa?, in Foro it., 1999, III, 539; CANGELLI, Le offerte anomale tra discrezionalità amministrativa e discrezionalità tecnica, in Cons. 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