LE NEUROSCIENZE E LA BIOETICA Andrea Vicini S.I. Introduzione Lo studio del sistema nervoso umano ha affascinato l’umanità da tempi immemorabili. Le neuroscienze si propongono di approfondire e di espandere tale studio grazie al contributo di attuali e futuri sviluppi tecnologici. Ci si può domandare, quindi, quali siano le problematiche etiche che occorre mettere in evidenza e come ci si proponga di affrontarle. Senza ambire a considerare l’insieme delle neuroscienze, in queste pagine ci limitiamo a due esempi, scelti come emblematici. Riflettiamo innanzitutto sulla prassi, esaminando la stimolazione cerebrale profonda (SCP), una tecnica strumentale che oggi è utilizzata con sempre maggiore frequenza in soggetti affetti da svariati disturbi cerebrali. Per studiare i contributi teorici, consideriamo un importante progetto di ricerca — chiamato, in modo appropriato, BRAIN1 —, lanciato pochi mesi fa negli Stati Uniti. Nell’ambito delle neuroscienze, questi due esempi permettono di riflettere su prassi e teoria quali due componenti ineliminabili del progresso scientifico. Per riflettere eticamente su questi due ambiti neuroscientifici, la riflessione teologica in ambito cattolico esamina la prassi — la SCP — e la teoria — BRAIN —, integrando tre approcci: una visione della scienza (epistemologia), una visione della persona (antropologia) e una visione della società. 1. Il termine brain significa «cervello». In questo caso, però, si tratta di un acronimo (Brain Research through Advancing Innovative Neurotechnologies) che significa: ricerca sul cervello mediante progressi in neurotecnologie innovative. © La Civiltà Cattolica 2014 II 143-158 | 3932 (19 aprile 2014) 143 ARTICOLO La stimolazione cerebrale profonda 144 Introdotta nel 1947, la SCP è una tecnica impiegata in ambito neurologico che consiste nell’impianto di elettrodi2 nel cervello umano per trattare disturbi specifici a carico della motilità. Gli elettrodi inviano impulsi elettrici (una corrente continua ad alta frequenza) alle aree contigue del cervello. La SCP è in rapido sviluppo per un crescente numero di indicazioni neurologiche. Dapprima è stata utilizzata in psichiatria, poi nel dolore cronico e in vari disturbi del movimento che non potevano essere alleviati altrimenti e, recentemente, anche nel caso di pazienti epilettici difficilmente trattabili. Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia federale che regola tra l’altro farmaci e dispositivi medici, ha approvato il suo uso solo per il trattamento di tre condizioni cliniche che colpiscono la motilità: il tremore essenziale (nel 1997), il morbo di Parkinson (nel 2002) e la distonia (nel 2003)3. Anche nel caso di queste tre situazioni cliniche, la SCP è considerata un’opzione «ultima spiaggia», quando altri trattamenti hanno fallito. Ma nella pratica clinica, a livello mondiale, la situazione è ben diversa. Dati precisi sul numero di stimolazioni cerebrali profonde eseguite non sono disponibili, perché nessun Paese ha ancora istituito meccanismi di controllo (ad esempio, un registro nazionale) che consentano di calcolare quante SCP siano state effettuate e per quali indicazioni cliniche. Otteniamo una risposta indiretta se esaminiamo le vendite di stimolatori cerebrali. I fornitori leader del settore stimano che, a livello mondiale, nel 2006 sia stata raggiunta la quota di 35.000, mentre nel gennaio 2010 si sono toccati i 75.000, e nel gennaio 2011 si è raggiunta la cifra di 85.000. Nella pratica clinica, il crescente numero di stimolazioni cerebrali profonde dipende dall’espansione delle indicazioni neurologiche, che include diversi disturbi cerebrali. 2. Un elettrodo è un conduttore elettrico che viene utilizzato per creare un contatto con una parte non metallica di un circuito: in questo caso, con una cellula cerebrale (neurone) o con un gruppo di neuroni. 3. La distonia è un disturbo neurologico del movimento. È caratterizzata da continue contrazioni muscolari che producono torsioni e movimenti ripetitivi o che influenzano la postura. NEUROSCIENZE E BIOETICA L’espansione dei casi clinici che sembrano beneficiare della SCP colpisce, ma non stupisce. Ricercatori, clinici e pazienti concordano sui benefici che la SCP arreca nel caso di gravi disturbi della motilità, che compromettono la qualità di vita, permettendo uno stile di vita normale. Inoltre, i pazienti possono controllare gli effetti della SCP ad hoc, anche cessando la stimolazione cerebrale. Di conseguenza, non sorprende che ricercatori e clinici vogliano capitalizzare sul successo della SCP, espandendola ad ambiti clinici problematici. Ben venga ogni trattamento clinico che vada a vantaggio di pazienti per i quali non esistono trattamenti alternativi ugualmente vantaggiosi. Il bioeticista resta però sorpreso e perplesso quando si rende conto che, pur non trattandosi di una nuova tecnologia, non è ancora chiaro come la SCP funzioni e che cosa gli elettrodi introdotti causino nel cervello umano. Probabilmente la SCP agisce modulando i neuroni e modificando il potenziale elettrico della membrana cellulare che separa l’interno di ogni cellula dall’ambiente esterno. Inoltre, quando gli elettrodi vengono introdotti nel cervello, ci si attende che provochino microlesioni, ma non si è ancora in grado né di valutare la presenza e/o l’estensione dei traumatismi neurali causati, né di quantificarne le conseguenze sul funzionamento cerebrale complessivo. All’ignoranza sul meccanismo di azione della SCP e su ciò che essa può danneggiare si aggiunge il fatto che la SCP ha effetti inattesi e non voluti che vanno ben al di là dei vantaggi sulla motilità. Infatti, in alcuni casi, la SCP modifica anche il comportamento e la personalità dei pazienti. Talora non sono i pazienti a segnalare i cambiamenti avvenuti; anzi, la loro valutazione della SCP è complessivamente positiva. Sono familiari e amici che notano cambiamenti che possono addirittura spaventare, tanto sono radicalmente distanti dalla condotta precedente. Di conseguenza, occorre una maggiore cautela nel lodare i benefici della SCP. Riflettere eticamente sulla stimolazione cerebrale profonda Nella sua qualità di «strumento» utilizzato nella pratica clinica, la SCP esemplifica l’attuale sviluppo biotecnologico, che possiamo definire «irresistibile», almeno in due modi. In primo luogo, in termini quantitativi. Nonostante si ignori il suo meccanismo d’azione e non 145 ARTICOLO 146 si sia in grado di valutare appieno i suoi effetti collaterali complessivi e i danni cerebrali che essa causa, i neurologi fanno sempre più affidamento sulla SCP, ampliandone le indicazioni d’uso. Realisticamente, non riteniamo si debba resistere alla SCP tout court. Bioeticisti e l’intera società civile dovrebbero però prestare maggiore attenzione alle questioni etiche che la riguardano. La storia della pratica medica, purtroppo, è costellata di abusi ed errori. Pertanto, riteniamo sia necessaria un’ermeneutica del sospetto e una valutazione critica della SCP. Da un punto di vista etico, si tratta dunque di una resistenza critica ed esigente. In secondo luogo, la SCP è irresistibile in termini qualitativi. Essa rivela un cambiamento nel modo di pensare le alterazioni neurologiche e, forse, anche psicologiche e psichiatriche. La SCP considera queste condizioni come il risultato di uno squilibrio elettrico che può essere risolto utilizzando stimoli elettrici. Una mentalità ingegneristica caratterizza tale approccio. Quando la macchina non funziona correttamente, è sufficiente scoprire quale meccanismo dev’essere fissato, quale neurone o gruppo di neuroni va stimolato. Ne risulta un modo semplificato e meccanicistico di considerare il nostro cervello e la nostra mente4. Questo approccio non è nuovo. Oltre a ritenere che 1) il cervello sia una «macchina» sofisticata, nella storia recente possiamo identificare e rintracciare altri quattro modelli interpretativi: 2) il cervello «fisico», in cui si presume che le misure anatomiche descrivano il nostro cervello e la nostra mente; 3) il cervello «chimico», secondo il quale equilibri e squilibri chimici ci consentono di comprendere il funzionamento cerebrale; 4) il cervello quale somma di «processi informatici» che un supercomputer è in grado di riprodurre; 5) il cervello «genetico», in cui i geni regolano il funzionamento cerebrale normale e patologico. Ciascuno di questi cinque modelli interpretativi dipende da una scienza specifica: l’ingegneria, l’anatomia, la chimica, l’informatica e la genetica. Tutti questi modelli, tuttavia, tradiscono un approc4. Per esempi della discussione filosofica che distingue cervello e mente, cfr N. Levy, Neuroethics, Cambridge, UK - New York, Cambridge University Press, 2007; A. Serra, «L’incanto del cervello e l’enigma della mente», in Civ. Catt. 2008 IV 228-238; L. Renna (ed.), Neuroscienze e persona: Interrogativi e percorsi etici, Bologna, Edb, 2010. NEUROSCIENZE E BIOETICA cio positivista. Come esempio, prendiamo in considerazione brevemente il secondo modello: il cervello fisico. Nella seconda metà del XIX secolo, il medico Cesare Lombroso (1835-1909), considerato l’inventore dell’antropologia criminale, era convinto che i criminali nascessero tali. Per sostenere la sua ipotesi, egli misurò i tratti fisici di individui considerati anormali, criminali e folli. Nei suoi studi antropometrici, si focalizzò sulle caratteristiche anatomiche della testa. Studiò le dimensioni e l’asimmetria del cranio, la fronte sfuggente, le orecchie di dimensioni inusuali e le irregolarità del viso. Tutte queste misurazioni avrebbero dovuto rivelare il cervello anormale e la mente criminale. Non c’è bisogno di dire che l’ipotesi lombrosiana fu dimostrata erronea e infondata. Se la SCP considera il cervello come un’opera di ingegneria e niente più, gli scienziati possono essere smentiti, ancora una volta, proprio come nel caso di Lombroso. Quali cittadini del XXI secolo, non vogliamo commettere un tale errore. Ma, mentre il modello fisico lombrosiano è oggi piuttosto impopolare, tutti gli altri modelli sono ancora ben presenti sia nella ricerca scientifica, sia nella fantasia popolare. Essi meritano la nostra attenzione etica. Per il bioeticista, questi cinque modelli rivelano: in primo luogo, limiti epistemologici; in secondo luogo, una visione antropologica quanto mai impoverita; in terzo luogo, una visione semplificata della società. In primo luogo, limiti epistemologici. Il cervello è assimilato a una macchina frutto di un’ingegneria sofisticata o a misurazioni fisiche o a una serie di reazioni chimiche o a un supercomputer o a una pre-determinata informazione genetica. Queste scienze considerano il cervello umano alla luce delle loro competenze ed esperienze, proiettando sul cervello ciò che esse sono in grado di comprendere e di produrre, ma tralasciano di considerare i limiti di ciascuna disciplina scientifica nell’offrire una visione d’insieme e quanto più possibile comprensiva della complessità cerebrale. È necessario, quindi, un approccio epistemologico più completo. In secondo luogo, una visione antropologica impoverita. Se riflettiamo non soltanto sul cervello, ma anche sulla mente e sulla persona, quali sono le implicazioni di ciascuno di questi cinque modelli interpretativi nel comprendere come funziona il nostro cervello? Rischiamo di perdere di vista sia la mente sia la persona. In altre parole, la scelta epistemologica ha implicazioni antropolo- 147 ARTICOLO 148 giche. Basandosi unicamente su ciascuno di questi cinque modi di studiare il cervello, si rischia di ridurre sia la mente sia la persona al nostro modo di esaminarle, alla luce della nostra esperienza scientifica settoriale. Un approccio olistico, più promettente sotto l’aspetto antropologico, diventa necessario. In terzo luogo, una visione semplificata della società. Ognuno di questi cinque modi di studiare il cervello esula dal contesto sociale, mancando di considerare i fattori relazionali, che influiscono su come pensiamo e rispondiamo a eventi e a situazioni. Il contesto agisce sulla nostra personalità, guidandoci nel formulare giudizi, nel compiere scelte e nel vivere esperienze. Per studiare il funzionamento del cervello normale e patologico, è necessario un approccio più comprensivo. Esso dovrebbe integrare le dimensioni epistemologiche, antropologiche e sociali. Da un punto di vista epistemologico, ciò richiede una sinergia di questi cinque modelli interpretativi e una maggiore consapevolezza dei loro limiti intrinseci. Un approccio antropologico più soddisfacente sottolinea il divario non eliminabile tra il cervello (i nostri 100 miliardi di neuroni e le loro funzioni) e la mente (le innumerevoli attività non riducibili alla semplice comprensione fisica e funzionale del cervello). La consapevolezza di questa distanza tra cervello e mente richiede un risoluto rispetto per la persona e per la dignità umana. Infine, la ricerca scientifica non avviene nel vuoto: un’accresciuta attenzione ai contesti sociali, con le loro disuguaglianze e potenzialità, consente un impegno sociale critico e costruttivo più incisivo e un’autentica promozione sociale. Nel dibattito bioetico, la riflessione teologica di matrice cattolica risponde al progresso scientifico che pare irresistibile, sottolineando l’importanza e la necessità di questo triplice approccio. In tal modo essa esprime il suo impegno etico irresistibile. Cinque raccomandazioni La SCP potrebbe essere considerata da alcuni come un esempio problematico. Essa pare suggerire che, all’interno della società civile, come cittadini, dobbiamo resistere al progresso irresistibile di questa biotecnologia. Ma tale resistenza etica sembra impraticabile, e forse anche poco realistica. Al contrario, un impegno etico irresi- NEUROSCIENZE E BIOETICA stibile può guidare bioeticisti, operatori sanitari e cittadini nell’articolare un approccio costruttivo. Cinque raccomandazioni etiche ci sembrano appropriate. In primo luogo, registri nazionali della SCP dovrebbero essere stabiliti nei vari Paesi per determinare quante SCP siano state effettuate. In secondo luogo, per assicurare la sicurezza e l’efficacia della SCP, e per tutelare i pazienti, occorre concordare e applicare requisiti standard riguardanti sia le indicazioni sia la procedura. In terzo luogo, sia i benefici clinici sia gli effetti collaterali dovrebbero essere valutati con maggiore precisione acquisendo una migliore conoscenza di come la SCP funzioni e di ciò che essa provoca all’interno del cervello. In quarto luogo, a livello nazionale qualsiasi riflessione sulle pratiche cliniche e sulle biotecnologie utilizzate in ambito medico dovrebbe considerare le risorse sanitarie limitate e la necessità di contenere la spesa sanitaria. Razionamento e contenimento dei costi sono due imperativi sanitari e budgetari. Di conseguenza, essi richiedono una valutazione esigente del rapporto costi-benefici, sia per il singolo individuo, sia per il sistema sanitario nel suo complesso. Infine, occorre esaminare anche il contesto, sia localmente sia globalmente. Poiché la SCP richiede infrastrutture sanitarie sofisticate, essa è disponibile nei Paesi occidentali e in centri selezionati nei Paesi in via di sviluppo. In entrambi i casi, ne beneficiano soltanto i cittadini più ricchi. Al bioeticista cattolico interessa promuovere la giustizia sociale e a ridurre disuguaglianze ingiuste5. Quindi, tale giustizia esige che si rifletta sulle priorità sanitarie a livello globale, come pure sulla distribuzione e l’accesso a procedure e trattamenti. Il presupposto etico è che la promozione della salute a livello globale è una preoccupazione e una responsabilità condivisa. Interludio: dalla prassi alla teoria La stimolazione cerebrale profonda esemplifica uno sviluppo bio tecnologico irresistibile già clinicamente praticato e in rapida espansione. 5. Cfr M. J. Iozzio, «Justice is a Virtue both in and out of Healthcare», in Irish Theological Quarterly 38 (1998) 151-166. 149 ARTICOLO 150 Oltre ad offrire benefici clinici, la SCP solleva molteplici problemi etici. Essa mette alla prova la nostra capacità morale e le nostre risorse etiche, e sembra richiedere un’adeguata riflessione etica in merito alla sua incondizionata espansione. In modo costruttivo, la riflessione e la prassi etica potrebbero contribuire a plasmare il progresso attuale, orientando questo strumento clinico verso una più decisa promozione del bene comune6. Il secondo esempio indaga ulteriormente il campo delle neuroscienze soffermandosi su un importante progetto di ricerca, su una teoria e sui concetti che la compongono. Come abbiamo visto, la SCP mette in evidenza la nostra ignoranza nel comprendere il funzionamento del cervello. Un approccio comprensivo potrebbe consentirci uno studio interdisciplinare capace di elucidare il normale funzionamento del cervello, evitando modelli epistemologici semplicistici. Conoscendo il normale funzionamento cerebrale, potremmo migliorare la comprensione delle patologie che colpiscono il sistema nervoso e disporre di ulteriori strumenti diagnostici e di terapie mirate. Il progresso irresistibile delle neuroscienze potrebbe rispondere al nostro desiderio di conoscere per promuovere la salute. L’iniziativa BRAIN Il 2 aprile 2013 il presidente americano Barack Obama ha annunciato l’iniziativa BRAIN (BRAIN Initiative), per promuovere la ricerca sul cervello mediante progressi in neurotecnologie innovative. Nell’annunciare questo progetto, il Presidente ha sottolineato la necessità di studiare il cervello per comprenderne il funzionamento normale — per esempio, nel caso della memoria e degli ordinari processi di apprendimento — e, nello stesso tempo, per scoprire nuovi modi per curare e prevenire molteplici disturbi cerebrali. L’obiettivo è ambizioso. Nel cervello umano, ciascuno dei miliardi di neuroni risponde a molteplici stimoli, in sinergia e in rete con altri neuroni, ma gli scienziati non sono ancora in grado di registrare e di mappare l’attività elettrica di ognuno di questi neuroni. Attualmente, l’attività neuronale può essere documentata per pochi neuroni alla volta, per 6. Cfr D. Hollenbach, The Common Good and Christian Ethics, New Studies in Christian Ethics, Cambridge (UK), New York, Cambridge University Press, 2002. NEUROSCIENZE E BIOETICA lo più in modo invasivo con sonde introdotte nel cervello, come nel caso della stimolazione cerebrale profonda. Nel 2012, e poi all’inizio del 2013, due gruppi di scienziati hanno suggerito di costruire una mappa completa dell’attività cerebrale per esplorare come i neuroni interagiscono e funzionano insieme in modo coordinato in circuiti neurali. Per farlo, è necessario studiare come l’attività neuronale si manifesti durante il normale funzionamento del cervello. Per misurare gli stati funzionali emergenti, gli scienziati hanno bisogno di registrare ogni potenziale azione di ciascun neurone all’interno di un circuito, mentre si verificano i vari stati mentali. L’obiettivo è quello di ottenere una mappa dinamica dell’attività cerebrale, tridimensionale e istantanea, che consenta di esaminare la componente strutturale dei circuiti neurali — cioè, l’intera mappa delle connessioni neurali nel cervello (chiamata «connettoma»)7 — assieme alla componente funzionale, a come i neuroni interagiscono nel corso dell’attività cerebrale. Perché questo progetto, che è stato pensato della durata di oltre 15 anni, abbia successo, sono necessarie più biotecnologie e, in particolare, le nanotecnologie, la bioelettronica, la genetica, la biologia sintetica e i sistemi computazionali avanzati. Le attuali tecnologie che offrono immagini dell’attività cerebrale, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI), non sono sufficienti. Esse rivelano la presenza di attività cerebrale, ma senza mettere in evidenza il funzionamento dei singoli neuroni mentre si verifica l’attività cerebrale. Nuove tecniche sono in fase di sperimentazione. Alcune di esse si servono di nanotecnologie. Queste ultime manipolano la materia avente almeno una dimensione compresa tra 1 e 100 nanometri8. Il nanometro è una misura di lunghezza: un miliardesimo di metro (1x10-9). Per avere un’idea dell’ordine di grandezza, «dieci atomi di idrogeno uno vicino all’altro sono 1 nanometro»9. Un capello umano è circa 60.000 nanometri. Per misurare e memorizzare 7. Lo studio del connettoma è l’oggetto di un altro progetto di ricerca lanciato nel 2009 dal National Institutes of Health, che si propone di mappare i percorsi neurali per definire la connettività strutturale e funzionale del cervello umano. Cfr National Institutes of Health, «The Human Connectome Project» (2013), http://www.neuroscienceblueprint.nih.gov/connectome/ 8. Cfr D. B. Browaeys, Le Meilleur des Nanomondes, Paris, Buchet-Chastel, 2009. 9. C. C. Hook, «Cybernetics and Nanotechnology», in Cutting-Edge Bioethics: A Christian Exploration of Technologies and Trends, eds J. F. Kilner - C. C. Hook - D. B. Uustal, Grand Rapids (MI), W. B. Eerdmans, 2002, 52-68. 151 ARTICOLO 152 i dati riguardanti l’attività del cervello a livello cellulare, gli scienziati hanno bisogno di creare macchine di dimensioni molecolari non invasive, che siano in grado di agire come sensori di attività cerebrali. Le nanotecnologie consentono di ottenere, in primo luogo, nanoparticelle, che «sono molto sensibili al campo elettrico esterno»10 e che potrebbero registrare l’attività elettrica di singoli neuroni. In secondo luogo, possono essere prodotte nanosonde e alcune sono già disponibili. Esse potrebbero consentire la registrazione dell’attività elettrica da decine di siti neurali. Inoltre, basandosi sugli sviluppi in bioelettronica, gli scienziati prevedono tecniche di wireless con lettura non invasiva dell’attività di popolazioni neurali o l’immissione di piccoli circuiti wireless nel cervello. In alternativa, potrebbe essere utilizzata la genetica. Attraverso la biologia sintetica, molecole di DNA potrebbero essere sintetizzate ex novo per registrare l’attività neuronale. In tal modo si sfrutterebbe la capacità del DNA di memorizzare un grande numero di informazioni. Infine, l’enorme quantità di informazioni che sarà prodotta richiede un’estesa capacità di memorizzazione in banche dati e lo sviluppo di strategie proattive per la riduzione, la gestione e l’analisi dei dati. Le nanotecnologie, la bioelettronica, la genetica, la biologia sintetica e le tecnologie avanzate di computerizzazione: si tratta di un elenco impressionante di discipline biotecnologiche. In ripetute occasioni, il presidente Obama ha paragonato BRAIN al «Progetto Genoma Umano», che è stato lanciato alla fine degli anni Novanta e che è stato completato all’inizio del ventunesimo secolo. Questo progetto è costato 3,8 miliardi di dollari, e BRAIN probabilmente costerà 3 miliardi di dollari. Oltre al finanziamento federale, mediante il coinvolgimento di molteplici agenzie federali americane11, svariate istituzioni hanno stanziato fondi. È anche prevista una partecipazione internazionale. I benefici attesi sono molteplici: in primo luogo, BRAIN mira a promuovere una maggiore conoscenza del cervello umano e del suo funzionamento in condizioni normali e patologiche. 10. Ivi. 11. Il National Institutes of Health (NIH), la Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) e la National Science Foundation (NSF). NEUROSCIENZE E BIOETICA In secondo luogo, BRAIN contribuirà al rilancio dell’economia. Uno studio recente ha mostrato che i 3,8 miliardi di dollari di investimenti del «Progetto Genoma Umano» «hanno generato un impatto economico pari a 796.000 milioni dollari, hanno creato 310.000 posti di lavoro e hanno dato l’avvio alla rivoluzione genomica»12. In terzo luogo, BRAIN stimolerà ulteriormente il progresso biotecnologico e, in particolare, nuovi strumenti diagnostici, nuovi biomarcatori, per identificare malattie mentali, e nuovi dispositivi per la stimolazione cerebrale. BRAIN non è l’unico progetto di ricerca incentrato sul cervello. La Comunità europea sta perseguendo il «Progetto Cervello Umano» (The Human Brain Project). Ottanta istituti di ricerca europei e internazionali vi sono coinvolti. L’obiettivo è costruire un supercomputer che simuli tutti i processi cerebrali fisiologici (cioè una rete neurale artificiale), basandosi sia sulla conoscenza attuale del funzionamento cerebrale sia su modelli neuronali. In termini tecnici, si studia il cervello ricreandone la struttura e le funzioni13. Il costo previsto è 1,9 miliardi di euro in dieci anni (2013-23)14. Riflettere eticamente su BRAIN Quali sono le questioni etiche associate all’iniziativa BRAIN? Si tratta di un progetto di ricerca così nuovo che i bioeticisti non hanno ancora iniziato a discuterne. Nel luglio 2013, il presidente Obama ha segnalato che ogni ricerca riguardante il cervello umano richiede una grande attenzione alla tutela della privacy, al rispetto per la capacità di azione personale e per la responsabilità morale. Inoltre, ogni stigmatizzazione e discriminazione basata su valutazioni neurologiche dell’intelligenza o di altri tratti della personalità va evitata. Infine, occorre vegliare 12. Battelle Technology Partnership Practice, Economic Impact of the Human Genome Project, Columbus (OH), Battelle Memorial Institute, 2011, copertina. 13. Tale approccio è chiamato reverse engineering. 14. Cfr «The Human Brain Project Wins Top European Science Funding» (2013), http://actu.epfl.ch/news/the-human-brain-project-wins-top-european-science-/ 153 ARTICOLO 154 affinché venga fatto un uso appropriato delle neuroscienze nell’ambito della giustizia penale15. Si tratta di un buon inizio, ma riteniamo che sia necessaria una valutazione etica più articolata e comprensiva. Non a caso, il presidente Obama ha chiesto alla sua commissione bioetica di studiare attentamente le questioni etiche. In una prospettiva interdisciplinare, i bioeticisti dovrebbero unirsi agli scienziati nel promuovere BRAIN eticamente. BRAIN è stato confrontato con il «Progetto Genoma Umano», ma quest’ultimo ha incluso un finanziamento consistente per lo studio delle implicazioni etiche, giuridiche e sociali16. Un analogo impegno sarebbe auspicabile anche nel caso di BRAIN. La partecipazione e la collaborazione caratterizzano l’approccio bioetico in ambito cattolico. Di conseguenza, come nel caso della stimolazione cerebrale profonda, i bioeticisti cattolici sono interessati a partecipare alla conversazione etica nella sfera pubblica. Il triplice approccio centrato su una visione della scienza, della persona e della società chiarisce ulteriormente come promuovere concretamente la partecipazione e la collaborazione. Dal punto di vista epistemologico, BRAIN mira a comprendere il funzionamento cerebrale. Questa ricerca di una maggiore conoscenza è lodevole. Si tratta, infatti, di una modalità per perseguire la verità che è essenziale in etica teologica. Le sue applicazioni future beneficheranno l’umanità. Tuttavia, dovrebbe essere evitata una visione scientifica ristretta, che escluda le componenti etiche. Da un punto di vista antropologico, diversi elementi modellano la visione cattolica della persona in termini etici17. Per brevità, ne indichiamo alcuni: - la necessità di proteggere e di promuovere la dignità umana18; - la finitezza, la vulnerabilità e la mortalità dell’esistenza umana19; 15.Cfr http://www.bioethics.gov/node/2224 16. Si tratta del programma ELSI (Ethical, Legal and Social Implications) del «Progetto Genoma Umano». 17.Cfr J. F. Keenan, «Vatican II and Theological Ethics», in Theological Studies 74 (2013) 162-190. 18.Cfr D. Hollenbach, «An Advocate for All: How the Catholic Church Promotes Human Dignity», in America, December 1, 2008, 14-16. 19. Cfr J. F. Keenan, «Impasse and Solidarity in Theological Ethics», in Catholic Theological Society of America Proceedings 64 (2009) 47-60; R. Gomes, «Tecnologia e vulnerabilità: Risorsa e possibilità di ferire l’essere umano», in Etica teologica nelle correnti NEUROSCIENZE E BIOETICA - la sacralità della coscienza individuale e della libertà20; - l’unità profonda e inscindibile tra vita spirituale e morale21; - la capacità di essere agenti morali virtuosi nelle molteplici e diversificate situazioni di vita22; - l’uguaglianza dei diritti e dei doveri all’interno della ricca diversità umana; - la dimensione politica e relazionale dell’identità personale; - l’importanza della guarigione personale e collettiva e dei processi di trasformazione individuale e sociale. Studiare il cervello in modo olistico richiede di prestare attenzione a tutte le dimensioni umane. Quando i ricercatori si concentrano sul cervello con i loro strumenti biotecnologici, dovrebbero poterlo fare rispettando la ricchezza della condizione umana. Nella lunga storia dell’umanità, la religione e le scienze umane hanno contribuito a mantenere viva l’attenzione sulla persona; in particolare, le loro intuizioni sono state integrate dai contributi delle scienze naturali. Sia la ricchezza di questo patrimonio sia l’interazione tra queste molteplici discipline non dovrebbero essere perse. Da un punto di vista sociale, la promozione della giustizia richiede cambiamenti sociali, locali e globali. La valutazione critica della storia, a cura di V. Viva - G. Witaszek, Città del Vaticano, Lateran University Press - Editiones Academiae Alfonsianae, 2011, 109-118; G. Del Missier, «Vulnerabilità e bioetica», ivi, 97-107; D. Müller, «Traiter de la bioéthique. Un exercice de haute vulnérabilité», in Revue d’éthique et de théologie morale, n. 265 (2011) 103-112; V. Leclercq, «Le rôle des plus fragiles au sein d’une éthique sociale de la santé. Quelles sont les propositions de la bioéthique théologique aujourd’hui?», ivi, n. 256 (2009) 159-180. 20. Cfr J. T. Bretzke, A Morally Complex World: Engaging Contemporary Moral Theology, Collegeville, MN, Liturgical Press, 2004, 109-144; L. Hogan, Confronting the Truth: Conscience in the Catholic Tradition, New York, Paulist Press, 2000; C. Zuccaro, Roccia o farfalla? La coscienza morale cristiana, Roma, Ave, 2007; E. Chiavacci, Teologia morale fondamentale, Assisi, Cittadella, 2007, 81-108; S. Majorano, La coscienza. Per una lettura cristiana, Cinisello Balsamo (Mi), San Paolo, 2008. 21. Cfr W. C. Spohn, Go and Do Likewise: Jesus and Ethics, New York, Continuum, 1999, 27-49; A. Thomasset, «Identité éthique et identité chrétienne. Expérience spirituelle, pratiques sociales, et visée universelle», in Recherches de Science Religieuse 95 (2007) 75-94. 22. La letteratura sulle virtù è ampia. Come esempi, cfr J. F. Keenan, «Proposing Cardinal Virtues», in Theological Studies 56 (1995) 709-729; J. J. Kotva Jr., The Christian Case for Virtue Ethics, Washington (D.C.), Georgetown University Press, 1996; J. Porter, «Virtue», in The Oxford Handbook of Theological Ethics, a cura di G. Meilaender - W. Werpehowski, Oxford - New York, Oxford University Press, 2005, 205-219. 155 ARTICOLO 156 dei fatti, delle dinamiche politiche e delle situazioni è indispensabile per potersi orientare verso trasformazioni costruttive. Inoltre, all’interno del tessuto sociale, priorità concorrenti devono essere identificate e discusse. La salute pubblica e la salute globale, insieme a politiche di sviluppo ecologicamente sostenibili, sono elementi costitutivi di una visione della società che mira a promuovere il bene comune del genere umano. Quindi, vi sarà concorrenza tra risorse limitate. Mentre si finanzia la ricerca avanzata, come nel caso di BRAIN, ci auguriamo sia possibile investire in queste altre due aree prioritarie: la salute (pubblica e globale) e la sostenibilità ecologica. Inoltre, per promuovere una maggiore giustizia che sia in grado di far fronte alla crescente disuguaglianza sia nell’accesso a cure cliniche, sia nel caso di iniziative di ricerca, occorre rafforzare la partecipazione e la collaborazione. Senza un vero partenariato tra scienziati delle nazioni industrializzate del Nord e scienziati del Sud, nonché senza accordi internazionali vincolanti che disciplinino l’accesso a tecnologia e informazione, si teme che la rivoluzione biotecnologica si limiterà a esacerbare il divario «10/90», vale a dire, la situazione attuale in cui il 90% dei fondi per la ricerca sanitaria vengono spesi per i problemi di salute del 10% della popolazione mondiale e, nel peggiore dei casi, si distolgono l’attenzione e le risorse dalle «questioni fondamentali di salute pubblica globale, come ad esempio la fornitura di acqua pulita, di cibo sicuro, un corretto smaltimento delle acque reflue, alloggi decenti e l’accesso alle cure materne e infantili»23. Il contributo bioetico Nella lettera enciclica Caritas in veritate, Papa Benedetto XVI ha sottolineato i «forti legami esistenti tra etica della vita ed etica sociale»24. Nell’affermare questa inscindibile connessione, che potremmo definire anche «irresistibile», Papa Benedetto si unisce a 23. M. A. Ryan, «Beyond a Western Bioethics?», in Theological Studies 65 (2004) 158-177. 24. Benedetto XVI, Caritas in veritate (2009), n. 15, http://www.vatican. va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20090629_ caritas-in-veritate_it.html NEUROSCIENZE E BIOETICA un’ampia schiera di bioeticisti cattolici e conferma la loro intuizione. Questa unità dell’etica teologica modella l’identità specifica della bioetica di stampo cattolico. Tre elementi la caratterizzano. In primo luogo, vi è la tutela inviolabile della dignità umana del momento del concepimento alla morte naturale e la promozione della vita umana virtuosa in modo coerente e solidale, con un’attenzione privilegiata ai più vulnerabili. Quindi, tale epistemologia è antropocentrica e relazionale. Questa focalizzazione sulla persona, tuttavia, diventa autentica soltanto qualora ci si occupi responsabilmente dell’intera biosfera. In secondo luogo, l’approccio bioetico è caratterizzato da una fede che mira a promuovere la giustizia sociale concretamente in tutti i contesti e le situazioni con un’opzione preferenziale per i meno abbienti. In particolare, questa scelta antropologica impegnata unisce tutti coloro che condividono un impegno analogo. Quindi, la partecipazione e la collaborazione plasmano sia la fede vissuta sia le pratiche giuste. In terzo luogo, la solidarietà rende concreta una fede che promuove la giustizia. Al centro della prassi sociale cattolica sono la cura e l’accompagnamento di coloro che attendono guarigione e giustizia, che sono emarginati, stigmatizzati, oppressi, maltrattati e discriminati. Inoltre, tale solidarietà mira a renderli sempre più agenti di trasformazione sociale. Conclusione Nel suo libro Imagined Worlds, il fisico teorico e matematico Freeman Dyson scrive: «Se siamo alla ricerca di nuove direzioni nel campo della scienza, dobbiamo cercare rivoluzioni scientifiche. [...] Ci sono due tipi di rivoluzioni scientifiche: quelle che dipendono da nuovi strumenti e quelle che dipendono da nuovi concetti. [...] Il risultato di una rivoluzione che dipende da concetti è quello di spiegare cose vecchie in modo nuovo. Il risultato di una rivoluzione che dipende da strumenti è quello di scoprire cose nuove che devono essere spiegate»25. 25. F. J. Dyson, Imagined Worlds, Cambridge (MA), Harvard University Press, 1997, 49-51. 157 ARTICOLO 158 La stimolazione cerebrale profonda è un nuovo strumento. Essa esemplifica quanto Dyson definisce «una rivoluzione che dipende da strumenti». Il crescente utilizzo della SCP in ambito clinico avviene ben prima che ricercatori e clinici comprendano appieno questa tecnologia, come e quando funzioni e quali siano i rischi prevedibili. BRAIN è un concetto nuovo. Intende esplorare il nostro cervello in modo nuovo. Nello stesso tempo, richiede nuovi strumenti biotecnologici. In entrambi i casi, tuttavia, — sia nel caso che ci si concentri su nuovi strumenti, sia che ci si scontri su nuovi concetti teorici — Dyson non ha menzionato l’urgenza di mettere in luce le questioni etiche. È qui che la bioetica può dare un contributo significativo. In particolare, la riflessione teologica cattolica fornisce strumenti etici e concetti teorici per affrontare le attuali e future problematiche etiche, esaminando come acquisire conoscenze (epistemologia), riflettendo sulla visione della persona che è operativa (antropologia) e considerando come si incide sulla vita sociale. Per riassumere: nel dibattito bioetico contemporaneo il contributo della teologia cattolica si concentra non soltanto su nuovi strumenti e su nuovi concetti, ma anche sugli obiettivi da perseguire, sui mezzi che sono eticamente appropriati e su una solida etica che mira a promuovere l’agire virtuoso. In tal modo, esso accompagna il progresso irresistibile delle biotecnologie, in particolare delle neuroscienze, considerandolo un’occasione etica irresistibile e non una tentazione. Così, nel contesto pubblico, il bioeticista cattolico contribuisce a far sì che il progresso biotecnologico sia parte della tensione umana verso la piena realizzazione personale e sociale, a livello locale e globale.
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