Corriere della sera

LUNEDÌ 11 AGOSTO 2014 ANNO 53 - N. 31
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Del lunedì
Vertice del calcio
Con il Corriere
Il mondo di Terzani
Cronache di una vita
Federcalcio, il giorno di Tavecchio
Si divide la Serie A, l’incognita delle schede bianche
Oggi a 8,90 euro
più il prezzo del quotidiano
Alessandro Bocci e Andrea Arzilli alle pagine 36 e 37
Iraq
Strage di yazidi da parte dei terroristi dell’Isis. Controffensiva dei curdi, che riconquistano due città. Il governo italiano sta valutando se inviare armi
Centinaia di donne e bambini
gettati vivi nelle fosse comuni
Orrore. Senza limiti. I
jihadisti dell’Isis hanno
sterminato uomini, donne
e bambini della minoranza
religiosa degli yazidi. In
cinquecento sono stati brutalmente ammazzati o addirittura sepolti vivi in fosse comuni. I curdi hanno
lanciato la controffensiva e
riconquistato due città.
Il comandante della caccia agli «infedeli»
«I cristiani si convertano all’Islam
o vedranno di cosa siamo capaci»
di LORENZO CREMONESI
S
ALLE PAGINE 2, 3 E 5
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
A PAGINA 31
Presidenziali
ÉLITE AVVELENATE
GUFI E ROSICONI
«Basta con il Fisco repressivo»
di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
Orlandi: vogliamo impedire l’evasione, non rincorrerla
TURCHIA,
IL TRIONFO
DEL «SULTANO»
ERDOGAN
i può riformare l’Italia con il concorso
delle élite? Si possono con il loro consenso cambiare le regole che ci
stanno strangolando? È questo l’interrogativo che oggi il
Paese si trova di fronte, e in
particolare che si trova di
fronte il presidente del Consiglio, stando anche a quello
che si legge nel colloquio di
ieri con La Stampa.
Le élite italiane non amano Matteo Renzi. Lo hanno
guardato con crescente simpatia nella sua fase per così
dire «retorica», quando
combatteva per conquistare
la leadership e si è subito segnalato per la novità del suo
linguaggio, delle cose che
diceva (alcune delle quali fino a poco tempo prima a sinistra inconcepibili) e per
come le diceva. Ma quando
dalle parole si è cominciato a
passare ai fatti le cose sono
mutate. Allora hanno preso
a fioccare via via prima i distinguo («È giovane e simpatico ma ha troppa fretta e
troppa ambizione»), poi le
obiezioni («Non ha una
squadra all’altezza», «Vuol
mettere troppa carne al fuoco», «Conta eccessivamente
sul potere delle parole»; tra
parentesi: tutte cose in cui
c’è del vero), infine le critiche vere e proprie.
Tra le quali bisogna distinguere. Da un lato ci sono
le critiche di natura più spiccatamente politico-ideologica, il più delle volte assurdamente eccessive come quella
di autoritarismo. Queste critiche come è ovvio vengono
quasi esclusivamente dalle
élite di sinistra, egemoni in
settori importanti come la
cultura, la comunicazione,
lo spettacolo — che incarnano peraltro una peculiarità
italiana: la forte simpatiaimportanza-presenza che
per ragioni storiche e/o di
puro opportunismo opinioni e abiti mentali di sinistra,
a volte anche radicaleggiante, hanno in tutti i piani alti
della società —. Di Renzi tali
élite di sinistra mettono ferocemente sotto accusa soprattutto un aspetto: la sua
intesa con la Destra berlusconiana. Intesa certo anomala, ma che a pensarci bene può essere vista come la
risposta a quella altrettanto
anomala, tipica dell’Italia,
tra la suddetta élite intellettuale di sinistra e il potere
socio-economico tradizionale. In realtà soprattutto
l’élite intellettuale si sente
specialmente colpita, io credo, da altri aspetti del «renzismo»: per esempio dalla
palese indifferenza del presidente del Consiglio per i
«venerati maestri», dal suo
mancato omaggio alla loro
persona, nonché dalla sua
evidente avversione per le
pratiche di cogestione-lottizzazione-influenza tipiche
di tale élite specie in istituzioni pubbliche come la Rai,
l’Università e tante altre.
Ma accanto a queste ci sono le critiche provenienti
dalle élite dell’economia,
delle professioni, dell’amministrazione pubblica. Qui la
forte ambizione riformatrice
di Renzi e il suo piglio valgono a mettere il dito su una
evidente contraddizione che
da anni è al fondo del modo
di pensare di questi gruppi
sociali, ma che aveva potuto
finora rimanere comodamente nascosta.
CONTINUA A PAGINA 31
di ENRICO MARRO
e MARIO SENSINI
La sfida di Renzi all’Europa
«Sulle riforme decido io, non la Ue o la Bce» «I
«Sono d’accordo con
Draghi, l’Italia ha bisogno
di riforme. Ma il modo lo
deciderò io, non la Troika
né la Banca centrale europea e nemmeno l’Ue». È perentorio Matteo Renzi in
un’intervista al Financial
Times: nessuna cessione di
sovranità, nessuna possibilità che Bruxelles e Francoforte dettino l’agenda a Roma. Il premier è deciso anche sull’ipotesi che l’Italia
sfori il tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil: «Non succederà». E al raduno scout
promette: «Anche per me
arriverà la rottamazione».
nutile rincorrere
l’evasione passata.
Meglio concentrarsi su
quella che si crea ogni anno». Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella
Orlandi spiega al Corriere
le sue linee-guida. A PAGINA 7
Giannelli
Il dossier
Età e calcoli
Una guida
per le pensioni
di DOMENICO COMEGNA
A PAGINA 6
Il governatore contro la linea di Lorenzin
Rossi e l’eterologa:
in Toscana si farà
ALLE PAGINE 8 E 9
«Il ministro Lorenzin non può dire “fermatevi” sulla fecondazione eterologa. La Corte costituzionale ha stabilito
che è vietato vietarla. Noi diamo attuazione alla sentenza».
Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ribadisce
che non cederà allo «stop» deciso dal governo.
Galluzzo, Garibaldi
ALLE PAGINE 16 E 17 Pappagallo, Piccolillo, Ravizza
Al posto di commercialisti e radiologi
L’avanzata dei robot
minaccia il ceto medio
di MASSIMO GAGGI
Grosseto
La tragedia
dei tre sub
morti
nel Tirreno
di M. GASPERETTI
A PAGINA 18
P
rima fu la fabbrica, e ad
essere sostituiti erano
gli operai. Ma ora i robot
dall’industria vanno alla
conquista delle professioni,
dunque del ceto medio. Ci
saranno robot commercialisti o radiologi. Ma l’estendersi dell’intelligenza artificiale scatena il dibattito negli Usa: «Creerà disoccupati», «No, saremo più liberi».
A PAGINA 21
di ELISABETTA
ROSASPINA
SEDAT SUNA / ANSA
S
9 771120 498008
di GIUSEPPE LARAS
Parla il capo dell’Agenzia delle Entrate: più semplice pagare le tasse, colpiremo le grandi frodi
NEMICI VERI E FALSI DEL PREMIER
40 8 1 1>
Non dobbiamo
abbandonare
i perseguitati
AFP
AHMAD AL-RUBAYE / AFP
Martirano, Torno
i chiama Haji. Per i
cristiani di Mosul era
l’uomo del Califfato per i
rapporti con i non
musulmani. Chiedeva i
nomi e dove vivevano. Poi i
miliziani sono andati a
prenderli: «Vogliono
tornare? Si convertano»
(nella foto, la scritta
«Immobile di proprietà
dello Stato Islamico» su
una casa cristiana). A PAGINA 3
I
l premier turco Erdogan
vince le prime
presidenziali a suffragio
diretto ed è il nuovo capo
dello Stato. Erdogan ha
trionfato al primo turno
con il 52% dei voti, contro
il 38% del conservatore
Ihsanoglu. Il successo del
«sultano» di Ankara, al
potere dal 2003, suscita
l’allarme dell’opposizione:
il Paese diventa di fatto una
repubblica presidenziale e
si teme una deriva islamica.
A PAGINA 12
con un commento di Antonio Ferrari
2
Primo Piano
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
italia: 52495258535051
Iraq La guerra
SUL FRONTE
Gli Yazidi braccati sui monti di Sinjar
«Anche i bambini sepolti vivi»
Il dramma della
minoranza
religiosa nel Nord In fuga
dell’Iraq: famiglie
senza cibo né
acqua hanno
cercato riparo
dalle esecuzioni SIRIA
di massa
città controllate dall’Isis
zona di lancio dei viveri
città controllate dai curdi
aree controllate dall’Isis
città contese
bombardamenti Usa
Strada controllata dall’Isis
E
IN
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SIRIA
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Qaraqosh
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Sinjar
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40.000
quelli rifugiati
sul monte Sinjar
1k
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MONTE SINJAR
1.356 m
Al Alam
Tikrit
Udhaim
Al Qaim
Falluja
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Khana Sor
Jaddala
Makhmur
Zowiya
Haditha
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Mosul
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curda
Jalawla
Bara
Sukainiya
Bagdad
47
Doura
Fonte: New York Times
DAL NOSTRO INVIATO
ERBIL — La fase culminante dell’eccidio degli yazidi si sta consumando
giorno dopo giorno, da una settimana,
sulle montagne di Sinjar. È una catena
rocciosa, brulla, alta oltre 1.100 metri,
lunga 25 chilometri e larga mediamente meno di quattro nell’Iraq settentrionale. Vi si trovano un pugno di villaggetti, alcuni disabitati, pochi pozzi
d’acqua piovana, quasi per nulla sorgenti e una sola strada d’asfalto che la
attraversa da nord a sud. Qui donne,
bambini, anziani e pochi uomini tutti
appartenenti a questa minoranza (circa
500.000 persone) seguaci di una religione con oltre 4.000 anni di storia,
cercano rifugio dalla furia omicida dei
fondamentalisti del nuovo Califfato. Li
considerano sub-umani, eretici, «adoratori del diavolo» perché legati a riti e
culti che precedono il monoteismo.
Sono parte della diversità affascinante
di culture e fedi remote, ma proprio per
questo rischiano l’estinzione violenta.
Quanti morti? «Non abbiamo dati
precisi. Sappiamo solo che ogni giorno
diventa troppo tardi per salvarli. Da Bagdad il governo Maliki denuncia, eppure non fa nulla. Con l’aiuto americano e dei governi europei vorremmo
aprire corridoi umanitari, ma tutto va
terribilmente a rilento. Alla fine potremmo scoprire che un nuovo genocidio si è consumato sotto i nostri occhi», accusa con passione l’italiano
Marzio Babille, il dirigente Unicef di recente nominato coordinatore delle attività Onu in Iraq. Negli uffici Onu di
Erbil c’è chi paragona già la tragedia
degli yazidi a quella dell’olocausto degli armeni nella Turchia degli inizi del
Novecento. «Sinjar come Musa Dagh»,
dicono ricordando la celebre montagna dove gli armeni cercarono di resistere contro le truppe ottomane. Ma
forse neppure i turchi erano motivati
dal fanatismo assassino che guida oggi
gli zeloti sunniti. Le telefonate disperate che giungono dagli yazidi accerchiati
sono un coro di richieste di acqua e cibo. Si parla di centinaia di bambini
morti di sete, disidratati dal caldo e
dalla dissenteria. Pare che un grande
numero di uomini sia stato massacrato
sin dall’inizio dell’offensiva delle brigate islamiche tra il 5 e 10 agosto. Allora quasi 200.000 yazidi riuscirono a
verso nord, raggiungendo le
Oppressi e diffamati scappare
città curde di Dahuq e Zakho. Ma altre
nel corso degli anni decine di migliaia sono accerchiati.
«Sulle cime della catena di Sinjar sono
intrappolati in oltre 40.000. Altri sono
Perseguitati e diffamati,
gli yazidi sono diminuiti di in ostaggio. In genere gli estremisti
islamici cercano di uccidere subito gli
molto nel corso degli
uomini che catturano. Quando hanno
anni. Difficile quindi fare
preso la città di Sinjar ne hanno fucilati
delle stime sulla loro
presenza: sarebbero tra i a sangue freddo una sessantina di
fronte alle loro famiglie, apposta per
70 mila e i 500 mila
fomentare il terrore. Alla popolazione
concedono alternative come con i
Un errore alla base non
cristiani: se non ti converti muori»,
della persecuzione
Yazidi non si diventa
La fede è ereditaria
300.000
i cristiani nel Paese
100.000
i cristiani
in fuga
continua Babille. In alcune località sono state concesse poche ore per scegliere, chi accettava di diventare musulmano doveva segnalarlo legando
sul tetto di casa o sui balconi un lenzuolo bianco. Prima di notte il villaggio
biancheggiava di lenzuola appese.
Un alto numero di donne, potrebbero essere migliaia, pare sia stato preso
prigioniero. Ancora all’Onu riportano
tre località dove sono concentrate centinaia di donne, separate dai figli, dai
mariti, probabilmente destinate a diventare «mogli» dei guerriglieri del Califfato. Le località sono: un grande capannone dell’aeroporto di Tel Afar; un
capannone della zona industriale della
500
gli yazidi uccisi dai
miliziani dell’Isis
nell‘avanzata dei giorni
scorsi. In 40 mila sono
assediati in montagna
città di Sinjar e un terzo gruppo che
viene mosso per camion nella regione
di Mosul. «Le donne più spaventate sono quelle a cui vengono portati via i figli e le più giovani senza marito. Temono che saranno le prime a essere date ai
guerriglieri», dicono ancora all’Onu. È
la tratta delle ragazze in versione irachena. In alcune telefonate che esse
stesse sono riuscite a fare di nascosto
dicono di essere pronte al suicidio pur
di non diventare «prostitute» della
guerriglia. A Bagdad il ministro dei Diritti Umani, Mohammed Shia al-Sudani, ha parlato di 500 vittime: «Alcune
sono state sepolte vive, compresi bambini e donne» mentre «almeno 300 ra-
Lo scenario Il politologo Ian Bremmer: «Hanno riempito il vuoto che si è creato con il ritiro Usa»
«Sono i terroristi più potenti della Storia
E Obama non può restare a guardare»
DAL NOSTRO INVIATO
Come per le altre
minoranze religiose della
regione, in particolar
modo drusi e alawiti,
yazidi si nasce, e non ci si
può convertire al loro
credo
Scontri
armati
CORRIERE DELLA SERA
Le vittime
L’attuale persecuzione da
parte dell’Isis si
fonderebbe su un errore
di interpretazione del loro
nome che non
deriverebbe daYazid ibn
Muawiya, l’odiato califfo
della dinastia Umayyad
500.000
gli yazidi nel Paese
a4
Tilkaif
Sinjar
Sinuni
Cir
c
comunità cristiane più numerose
112
N
Gli yazidi, con l’avanzata dei miliziani dell’Isis, sono dovuti fuggire dalle loro case per evitare la morte, essendo ritenuti degli infedeli.
Decine di migliaia hanno trovato rifugio sul monte Sinjar, senza acqua e cibo, assediati dagli estremisti islamici
NEW YORK — «Lo credo bene che, rotti
gli indugi e iniziati i bombardamenti,
Obama abbia detto che il nuovo impegno
militare Usa in Iraq, limitato come scopo,
non sarà affatto limitato nella sua durata:
l’autoproclamato Califfato non è un problema interno dell’Iraq o della Siria. È
un’entità che minaccia la stabilità di tutto
Adoratori
il Medio Oriente. E, con le armi e il denaro
che ha ricevuto e il massiccio reclutamendel «diavolo»
to delle ultime settimane, anche tra i
gruppi africani e dello Yemen vicini ad Al
Gli yazidi adorano «un
angelo decaduto», in arabo Qaeda, l’Isis è diventato l’organizzazione
«diavolo» (Shaytan), e ciò è terrorista più potente della storia dell’umanità».
valso loro l’appellativo di
Ian Bremmer, politologo, fondatore di
adoratori di Satana. Il dio è
Eurasia, il maggiore centro americano di
rappresentato come un
analisi dei rischi geopolitici internazionali
pavone. Sono circoncisi e
e autore di alcuni saggi di successo, parte
credono alla
trasmigrazione delle anime dal suo ultimo libro («Every Nation for Itself») e dal suo significativo sottotitolo
(«vincitori e vinti nel mondo G-zero») per
spiegare la moltiplicazione dei conflitti,
Politologo
Ian Bremmer, 45 anni, è
un politologo americano,
presidente e fondatore
di Eurasia Group,
uno dei più noti centri
di ricerca sulle politiche
globali al mondo
soprattutto in Medio Oriente: «Quello che
è accaduto prima in Siria, poi in Iraq, è
proprio conseguenza di questo mondo Gzero nel quale non c’è più un direttorio internazionale — un G a due, a sette o a venti che sia — né una leadership americana.
Il ritiro Usa da Bagdad ha lasciato aperto
un varco, ma sono stati soprattutto la durezza scriteriata di Assad a Damasco e gli
errori madornali di Al Maliki con la sua
politica settaria in Iraq a spalancare le porte a questa falange del terrore. Dietro la
quale si sono allineati i sunniti in rivolta
contro il regime sciita di Bagdad».
Quanto è grave, oggi, la minaccia di
un attacco terroristico dell’Isis negli Stati Uniti ed in Europa?
«Nel mirino, ovvio, ci sono soprattutto
gli Usa. Ma, a differenza di Al Qaeda, che
aveva ambizioni planetarie, l’Isis è molto
più legato allo scacchiere mediorientale.
Sono possibili attacchi a sedi diplomatiche e interessi americani nel mondo arabo
e nell’Asia centrale, ma se devo citare l’elemento più spaventoso del loro potenziale
terrorista, penso alla diga sul Tigri, la più
grande dell’Iraq: la sua conquista da parte
dei ribelli del Califfato è stato uno “choc”
per tutti. Se la facessero saltare, i terroristi
seppellirebbero Mosul sotto metri d’acqua. Probabilmente non lo faranno. Ma
adesso dispongono di un deterrente micidiale. E comunque possono lasciare senz’acqua l’intera provincia di Ninive».
Più che dall’emergenza umanitaria,
gli americani sembrano mossi dal desiderio di evitare che anche il Kurdistan
cada nelle mani nell’Isis.
«L’offensiva dell’Isis e l’intervento degli
Usa segnano la fine delle speranze dei curdi di dar vita a uno Stato indipendente.
Gli errori dei leader
«Sono stati soprattutto la durezza
di Assad in Siria e gli errori di Al
Maliki in Iraq a spalancare le porte
alla falange degli estremisti»
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Primo Piano
italia: 52495258535051
3
Tre generazioni
Irachene yazide rifugiate in Kurdistan
(Afp/Ahmad Al-Rubaye)
L’intervista Il «responsabile» per le minoranze nel Califfato
Il comandante dell’Isis
che ha censito i cristiani:
«Qui può tornare soltanto
chi si converte all’Islam»
DAL NOSTRO INVIATO
gazze sono state prese come schiave».
Gli americani intanto sono giunti al
quarto bombardamento degli ultimi
tre giorni contro le colonne islamiche
posizionate lungo i confini dell’enclave
curda. Pare abbiano distrutto batterie
di cannoni pesanti e soprattutto missili
terra-aria, che sembra si trovassero negli arsenali dell’esercito iracheno catturati dagli islamici a metà giugno. A
Erbil raccontano fossero già posizionati per tirare nei cieli dell’aeroporto internazionale. Forti del sostegno americano, i peshmerga (i guerriglieri curdi)
tendono a riprendere l’iniziativa dopo
le ritirate delle ultime settimane. Ieri
hanno riconquistato i villaggi di Makh-
L’appello
Marzio Babille, coordinatore
delle attività Onu in Iraq: «Ogni
giorno che passa rischia di
essere troppo tardi per salvarli»
Attacchi Usa
I raid avrebbero distrutto anche
missili terra-aria sottratti agli
arsenali dell’esercito a Mosul
e pronti all’uso contro i curdi
L. Cr.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Peshmerga Molti ex combattenti curdi hanno ripreso le armi per combattere contro l’Isis (Epa)
Approfittando della debolezza di Bagdad, i
curdi avevano esteso del 40% l’area sotto
loro controllo, rispetto alla situazione iniziale. Non si aspettavano la reazione dell’Isis che, invece, c’è stata. Hanno dovuto
chiedere aiuto agli americani che sono andati. E che, com’è noto, sono contrari all’indipendenza del Kurdistan».
Sarà guerra aperta? I prezzi del petrolio andranno di nuovo alle stelle?
«No, mi aspetto un conflitto limitato:
mour e al-Gweir nella piana di Niniveh. Londra e Parigi organizzano voli
di aiuti umanitari. Ma il presidente del
governo locale curdo, Masoud Barzani,
incontrando a Erbil il ministro degli
Esteri francese, Laurent Fabius, chiede
armi pesanti per far fronte agli arsenali
del Califfato. Tra gli elementi di preoccupazione curda c’è tra l’altro il continuo flusso di guerriglieri dall’estero
che rafforzano le file del nemico. Pare
che nella zona di Sinjar una delle brigate più fanatiche sia composta di volontari libici arrivati dalle formazioni paramilitari islamiche di Bengasi.
Obama vuole bloccare l’avanzata dell’Isis
ma non distruggerlo. E vuole cacciare da
Bagdad Al Maliki. Che, invece, è ancora
appoggiato dai suoi alleati russi e iraniani.
Se non si fosse mosso il Pentagono c’era il
rischio che ad offrire una copertura aerea
al regime sciita fossero Mosca o Teheran.
Comunque non credo che l’Isis voglia
espandere il controllo del suo territorio a
sud, verso Bassora o anche a Bagdad. Vogliono rafforzarsi nelle zone sunnite,
prendere il controllo totale delle risorse.
Magari lanceranno attacchi terroristici
contro le strutture petrolifere controllate
da sciiti e curdi, ma non ci scommetterei.
Per ora non vedo grande distruzione della
capacità di estrazione e distribuzione del
greggio, salvo la chiusura di un oleodotto
che va verso la Turchia».
Molti analisti dicono che sta saltando
un equilibrio geopolitico che risale alla
Prima Guerra mondiale. L’Isis ha cancellato il confine tra Iraq e Siria. È un fatto irreversibile? Faranno la stessa fine il
confine con la Giordania e quello tra Siria e Libano?
«La Siria è a pezzi ma ha ancora un’organizzazione centrale funzionante. L’Iraq
non esiste più come stato unitario. Forse
può restarlo nelle mappe, ma solo lì: i confini non esistono più. Ci sono solo territori
e popolazioni leali a questo o a quel leader.
Non credo, però, che salteranno molti altri
confini. Fosse andata avanti la “primavera
araba”, forse sarebbe successo. Ma è arrivata la reazione, si sono insediati governi
più autoritari di quelli che c’erano in origine, come in Egitto. E qui i confini non
sono di certo in discussione. La Giordania
è sotto pressione, ma lì ci sono gli americani, decisi a difendere il Paese. Il Libano,
come sempre, è un punto interrogativo».
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ERBIL — Pronto, parlo con
Haji Othman del Califfato Islamico a Mosul?
«Sì, ma con chi parlo?». La risposta arriva per un attimo titubante al mio traduttore iracheno.
Sono un giornalista italiano
e telefono da Erbil.
«E come hai avuto il mio numero, chi te lo ha dato?».
Me lo hanno dato i cristiani
scacciati da Mosul che ho incontrato nelle chiese di Erbil.
Eri stato tu a darglielo quando
passavi nelle loro case per rassicurarli, prima di scacciarli.
Non ti ricordi? Possiamo farti
qualche domanda per telefono? È difficile parlare con voi.
«Va bene, ma poche domande.
Ho fretta, ho cose da fare», risponde più aggressivo. Haji
Othman è l’uomo che i cristiani
fuggiti a Erbil descrivono come
rappresentante del «Califfato»
per i rapporti con le comunità
non musulmane. E dicono che li
ha traditi: ha preso i loro nomi, i
numeri telefonici e individuato
le loro abitazioni. Ha censito la
popolazione cristiana. Prima li
ha rassicurati, invitandoli a restare nelle loro case a Mosul, ma
pochi giorni dopo, dalle moschee è arrivato l’ordine di scegliere tra convertirsi, pagare una
tassa o essere uccisi.
La linea è un poco disturbata.
Si sentono forti rumori e voci di
sottofondo, come se fosse per
strada. Lui non fa nulla per farli
tacere. È disponibile, ma appare
chiaro che potrebbe chiudere il
telefono da un momento all’altro. Cominciamo allora con una
domanda accomodante.
Come spieghi i recenti successi militari dei combattenti
del Califfato? Cosa vi ha facilitato l’avanzata nei territori curdi?
«Questo è ancora nulla. Siamo
solo all’inizio», risponde d’impeto, evidentemente pungolato
nell’orgoglio.
Cosa vuoi dire, che armi avete?
«Sino ad ora abbiamo utilizzato solo una minima parte delle
forze che abbiamo a nostra disposizione. Voi non potete neppure immaginare quanto siamo
forti».
Cioè?
«Abbiamo un potere immenso. Resterete tutti stupefatti.
Non potete resisterci».
Però l’aviazione americana vi
sta bombardando a suo piacimento. Non costituisce un problema?
«Ma dai! Cosa stai a dire?», replica scoppiando in una risata.
Segue qualche secondo di silenzio, parrebbe abbia chiuso la linea. Ma poi riprende: «Non abbiamo mai avuto paura degli
americani, neppure quando nel
passato eravamo più deboli. Perché mai pensi che dovremmo
avere paura oggi? Li abbiamo
battuti prima e li batteremo ancora. Allah maledica gli americani e i loro alleati! Faranno una
brutta fine».
Cosa rispondi ai cristiani che
vorrebbero tornare alle loro case di Mosul e nella piana di Ninive?
«Che possono tornare, saran-
Contro gli Usa

La sfida
Non abbiamo mai
avuto paura degli
americani, neppure
quando nel passato
eravamo più deboli.
Voi non potete
neppure
immaginare quanto
siamo forti. Questo
è solo l’inizio
no i benvenuti. Ma a una condizione: che si convertano all’Islam. Allora li accoglieremo da
fratelli».
E se vogliono restare cristiani?
«Allora devono pagare la
Jeziah (l’antica tassa imposta dai
musulmani alle minoranze non
islamiche, ndr.). Non hanno alternative. Ora basta però, sono
occupato, chiudo».
No, per favore, aspetta. Spiegaci, a quanto ammonta la
Jeziah, come la calcolate?
«Fratello, io sono un militare.
Non mi occupo di cose contabili.
Io combatto e basta. Questi
aspetti vanno chiesti ai nostri
imam nelle moschee di Mosul.
Sono loro che stabiliscono le leggi e le loro applicazioni. Yallah,
devo andare!».
Siamo agli sgoccioli. Tra pochi
secondi in ogni caso interromperà, si capisce dal tono della sua
Graffiti Per identificare le abitazioni dei cristiani i miliziani dell’Isis ne marchiano i muri con una «n» stilizzata,
che sta per «nasrani», cristiani, appunto, in arabo
Gli yazidi

Le donne
Non è vero che
rapiamo le donne,
noi non facciamo
queste cose,
capito? Sono i
media che
riportano queste
falsità. Basta con le
menzogne. Non mi
telefonare più
voce sempre più impaziente.
Tanto vale terminare con una
domanda che certamente gli dà
fastidio.
Però in tutto il mondo si racconta dei vostri crimini compiuti contro gli yazidi. Cosa
avete fatto alle loro donne? E
vero che sono diventate le vostre schiave sessuali?
«Ma non è vero per nulla! Sono i media che riportano queste
falsità. Sono menzogne. Noi non
facciamo queste cose».
Eppure le raccontano gli
yazidi…
Othman interrompe qui. Il tono è secco, duro: «Ora basta! Finito. Noi non facciamo queste
cose, capito? Basta con queste
menzogne! E non mi telefonare
mai più. Cancella il mio numero!».
Lorenzo Cremonesi
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italia: 52495258535051
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Primo Piano
italia: 52495258535051
5
Iraq La guerra
Ora l’Italia valuta l’invio di armi in Kurdistan
Il Pontefice invoca soluzioni politiche: non si porta l’odio in nome di Dio
ROMA — Non solo aiuti
umanitari dall’Italia (compresa
una nuova missione della Croce
Rossa) ma anche invio di armi
pesanti ai peshmerga per difendere la zona «cuscinetto» del
Kurdistan dalle incursioni islamiche dell’esercito jihadista dell’Isis. In queste ore, presidenza
del Consiglio, Farnesina e Difesa
stanno ultimando una serie di
«verifiche tecniche» che presto
potrebbero concretizzarsi in un
passo in avanti del nostro Paese,
comunque «concordato e attuato
in un quadro internazionale», su
un fronte di guerra che ha già seminato terrore e morte tra le popolazioni del Nord Iraq.
Il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, ha detto che il governo italiano sta valutando
«nuove iniziative» che potrebbero coinvolgere «anche il ministero della Difesa». Un passo dovuto, secondo la responsabile degli
Esteri, anche perché «il presidente curdo, Massoud Barzani,
ha sottolineato al telefono con
me la necessità di avere una cooperazione non solo sul piano civile». Per questo — davanti al
dramma delle popolazioni cristiane braccate dai miliziani dell’Isis — Mogherini ha intensificato i suoi contatti con la collega
La storia
Risposte alla crisi
Verifiche tecniche
quasi completate
1
Il governo sta
completando le
verifiche tecniche prima
di stabilire quale può
essere il sostegno
italiano ai cristiani in
fuga dai miliziani
del’Isis. Molto probabile
una missione della
Croce Rossa, ma l’aiuto
potrebbe non essere
soltanto umanitario
Il possibile sostegno
ai peshmerga
2
L’ipotesi è quella di un
aiuto militare con l’invio
di armi ai peshmerga
curdi che stanno
facendo da argine alle
scorrerie dei miliziani
dell’Isis e del «califfato»
di Mosul. L’intervento
sarebbe concordato
e attuato in un quadro
internazionale
della Difesa, Roberta Pinotti, per
studiare insieme a Palazzo Chigi
se e come aiutare sotto il profilo
militare i peshmerga curdi: «Sono gli unici in grado di difendere
i cristiani e di preservare la zona
cuscinetto del Kurdistan ma sono pochi, 50 mila, e armati solo
di kalashnikov su un fronte di
circa mille chilometri», conferma
il viceministro degli Esteri Lapo
Pistelli che solo 24 ore fa era in
missione a Erbil da dove è potuto
decollare prima della chiusura
dello spazio aereo.
Ma nella domenica in cui gli
Usa hanno sferrato il quarto attacco aereo contro le batterie di
artiglieria dell’Isis per alleggerire
la pressione contro i cristiani in
fuga, arriva forte e chiara la voce
di papa Francesco che ha invocato «una soluzione politica al livello internazionale e locale che
possa fermare questi crimini e
restauri il diritto». All’Angelus, il
Pontefice ha detto che le «notizie
in arrivo dall’Iraq lasciano increduli e sgomenti con migliaia di
persone, tra cui tanti cristiani,
cacciati dalle loro case in maniera
brutale, bambini morti di sete e
di fame durante la fuga, donne
sequestrate... Tutto questo offende gravemente Dio e l’umanità.
Non si porta l’odio in nome di
Piazza San Pietro Papa Francesco ieri durante l’Angelus (Ansa)
Dio». Il ministro Mogherini ha l’assistenza a enormi flussi di podetto che devono essere «i mini- polazioni allo sbando. 3) fornitustri degli Esteri dell’Unione Euro- re militari ai peshmerga che non
pea, non i livelli diplomatici, che hanno le armi pesanti in dotaziopure sono bravissimi, a prender- ne dell’Isis.
si le responsabilità politiche» per
Le commissioni Esteri e Difesa
le numerose crisi in atto «intorno potrebbero essere convocate in
ai confini europei». In altre paro- queste ore per discutere le «nuole, specifica la candidata italiana ve iniziative» sull’Iraq ma anche
alla carica di Alto rappresentante per affrontare il nodo della Libia
per la politica estera della Ue, di nuovo in preda al caos. Nicola
«bisogna soprattutto capire quali Latorre, presidente della compressioni politiche, quali azioni missione Difesa del Senato, aucomuni si possono fare insie- spica l’intervento di una forza arme... Da Gaza all’Ucraina e dall’Iraq alla Libia Il ministro degli Esteri
sarebbe il caso Mogherini: stiamo studiando nuove
che la Ue parli iniziative, anche con il ministero della
unitariamente».
Il viceministro Difesa. Il vice Pistelli: i peshmerga
Pistelli, unico curdi gli unici a difendere i cristiani
esponente di un
governo occidentale che in queste ore ha avuto mata in Libia sotto la copertura
modo di verificare sul campo Onu, che controlli porti, aerol’evoluzione della crisi irachena, porti e, per quanto possibile, le
ha confermato che i livelli di in- coste: «C’è ora più che mai il ritervento, complementari, sono schio concreto che tra gli immitre: 1) azione diplomatica per grati caricati sui barconi dai merconvincere gli sciiti a esprimere canti di esseri umani ci siano anun candidato forte che completi, che dei terroristi. E questo è un
con i nomi già espressi dai sun- problema per l’Italia e per l’Euroniti e dai curdi, il vertice della pa».
nuova leadership dell’Iraq. 2)
Dino Martirano
aiuti umanitari per consentire
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Hegel vedeva nei conflitti l’esaltazione dello Spirito del mondo. Per Severino solo il monopolio legittimo di un Superstato potrà fermare la violenza tra i popoli
La piana di Ninive, Agostino e Tommaso
Il mito contrastato della Guerra giusta
Le idee
Teorizzato dai padri della Chiesa, fu superato solo dal Vaticano II
di ARMANDO TORNO
Sant’Agostino riprende
la parabola del convito di
Luca per la «costrizione
alla giustizia»
F
a una certa impressione leggere le dichiarazioni dell’arcivescovo di Mosul — riportate nell’articolo di Lorenzo
Cremonesi pubblicato ieri sul Corriere — dove si ricorda che in quel
contesto di violenza i nostri principi liberali e democratici nulla valgono. I cristiani stremati chiedono
le armi. Per difendersi. Mentre ci si
rende conto che la piana di Ninive
diventa l’ultimo rifugio di chi cerca
fuga dall’orrore. Già, Ninive. Fu distrutta nel 612 prima di Cristo da
Medi e Caldei, più volte è citata nella Bibbia. Nel libro di Nahum, per
esempio, si identifica come un luogo di guerra, malvagio, crudele con
i popoli conquistati: «Guai alla città
sanguinaria,/ piena di menzogne,/
colma di rapine,/che non cessa di
depredare!» (3,1); Sofonia invece
profetizza: «Stenderà la mano anche al settentrione/ e distruggerà
Assur,/ farà di Ninive una desolazione,/ arida come il deserto»
(2,13).
Non c’è pace e la fede si coniuga
di nuovo con le armi, per offendere
o per difendersi. D’altra parte, il tema della guerra lecita e dell’uso opportuno della violenza sono già
presenti negli scritti dei Padri della
Chiesa, oltre che metabolizzati in
fatti storici medievali e moderni come le Crociate o la stessa Battaglia
di Lepanto. Certo, oggi sappiamo
che la «guerra giusta» è stata superata dal Concilio Vaticano II, che intese ogni atto bellico come «delitto
contro Dio» oltre che contro la stessa umanità (Gaudium et spes, 80);
tuttavia nella stessa costituzione
pastorale si nota: «La guerra non è
purtroppo estirpata dalla condizione umana. E fintantoché esisterà il
pericolo della guerra e non ci sarà
Secondo Hegel
la guerra è un «giudizio
di Dio» di cui
la provvidenza si avvale
al genere semplicemente dichiarato
secondo le norme giuridiche (decisa da chi ha il potere legale di farlo e
annunciata prima di combatterla).
Hegel arrivò, senza abbandonare la
fede, a giudicare la guerra un «giudizio di Dio» di cui la provvidenza
operante nella storia si avvale per
rendere migliore l’incarnazione
dello Spirito del mondo. E nella Filosofia del diritto la paragonò al
movimento dei venti, che «preserva il mare dalla putrefazione nella
quale lo ridurrebbe una lunga quiete, così va detto dei popoli per una
pace durevole, anzi perpetua». All’inizio del millennio il filosofo
americano Michael Walzer, dell’Institute for Advanced Study di Princeton, ha ricordato che l’idea di
«guerra giusta» non è stata per nulla abbandonata, anzi.
Il Papa ha pronunciato ieri parole
da meditare: «Non si fa la guerra in
nome di Dio». Chi scrive desidera
aggiungere una riflessione che, dopo le parole del Santo Padre, gli ha
confidato nel pomeriggio il filosofo
Emanuele Severino: «Non credo
Il Concilio
Oggi per la Chiesa ogni atto
bellico è un «delitto contro
Dio». La speranza nelle
autorità sovranazionali
Lo scontro navale La battaglia di Lepanto dell’ottobre 1571 in un dipinto di scuola veneta del sedicesimo secolo
un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una
volta esaurite tutte le possibilità di
un pacifico accomodamento, non si
potrà negare ai governi il diritto di
una legittima difesa» (79).
Sono comunque superati i tempi
del Decretum di Graziano, pietra
angolare del Corpus Iuris Canonici,
quando ci si appellava a un’energica
esegesi di Agostino della parabola
del convito di Luca (14,16-23) per
la «costrizione alla giustizia». Nel
testo evangelico il padrone di casa,
per colmare i posti ancora vuoti al
suo desco nonostante gli inviti rivolti prima a benestanti e poi a “poveri, storpi, ciechi e zoppi”, ordina
al suo servo: “Esci per le strade e
lungo le siepi, spingili a entrare,
perché la mia casa si riempia”. Co-
desta interpretazione, ripresa anche dal medesimo Agostino (per
esempio nell’epistola al proconsole
Bonifacio), si diffuse già nell’alto
Medioevo e fornì una giustificazione per agire contro eretici e altri ritenuti tali. Tommaso d’Aquino nella Summa Theologiae affronta il tema, riprendendo Agostino. Tra l’altro scrive: «Perché una guerra sia
giusta si richiedono tre cose. Primo, l’autorità del principe, per or-
L’amore della pace
Fu Sant’Agostino a parlare di
conflitti fatti «per amore della
pace, per reprimere i malvagi
e soccorrere i buoni»
dine del quale deve essere proclamata... Secondo, si richiede una
causa giusta: e cioè una colpa da
parte di coloro contro cui si fa la
guerra... Terzo, si richiede che l’intenzione di chi combatte sia retta: e
cioè che si miri a promuovere il bene e ad evitare il male» (II,II,40). Il
passo di Agostino ricordato da
Tommaso in calce a questa distinzione recita: «Presso i vari adoratori
di Dio son pacifiche anche le guerre, le quali non si fanno per cupidigia o per crudeltà, ma per amore
della pace, ossia per reprimere i
malvagi e per soccorrere i buoni».
Tali idee verranno poi elaborate,
giustificate, sistemate. Per Grozio,
l’autore del Del diritto di guerra e di
pace (1625), è possibile equiparare
la «guerra giusta» a quella solenne,
Per l’americano Michael
Walzer l’idea di «guerra
giusta» non è stata
per nulla abbandonata
Per Emanuele Severino
sarà un «Superstato» a
costituirsi come monopolio
legittimo della violenza
che il Papa, chiedendo la fine delle
guerre in corso, si illuda che sia
possibile una improvvisa trasformazione delle coscienze che invece
la guerra la vogliono. Pensa piuttosto all’intervento di una violenza
più potente — quale dovrebbe essere per esempio l’Onu — la quale
possa essere qualificata come “monopolio legittimo della violenza”,
per usare la definizione weberiana
dello Stato. Alla fine dei tempi, poi,
sarà quel Superstato, in cui il Dio
non solo cristiano consiste, a costituirsi come monopolio legittimo
della suprema violenza che (si dice
nell’Apocalisse di Giovanni) dopo
aver imposto il cielo e la terra, li distruggerà e imporrà al loro posto
un cielo nuovo e una nuova terra».
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6
Primo Piano
» Dossier
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
italia: 52495258535051
Vademecum per la previdenza
ETÀ E CALCOLI, GUIDA ALLA PENSIONE
Rientrate le proposte di revisione della riforma Monti-Fornero
Vecchiaia e anzianità, la situazione per chi si avvicina al ritiro
Dopo la bocciatura della Ragioneria generale dello Stato alle norme che prevedevano
deroghe alla legge Fornero, nei giorni scorsi il
governo ha fatto un passo indietro. No alle
pensioni per i 4 mila insegnanti rientranti
nella cosiddetta «quota 96» (la somma di età
e anni di contributi), che avrebbero così potuto percepire l’assegno dall’Inps a partire da
settembre. Oltre a problemi di copertura, la
marcia indietro è stata dettata anche da motivi politici, per l’apertura di un pericoloso precedente nella revisione della riforma del governo Monti che seppur con i suoi limiti (la
vicenda «esodati»), rappresenta il pilastro
della sostenibilità del sistema previdenziale
italiano. È saltato anche il tetto dei 68 anni per
la pensione dei professori universitari e dei
primari. Per loro restano in vigore le soglie
valide anche per gli altri dipendenti pubblici.
Confermate infine le penalizzazioni sulle
pensioni di anzianità: l’1% per ogni anno di
anticipo rispetto ai 62 e il 2% per ogni ulteriore anno rispetto ai 60.
Dipendenti privati
L’età anagrafica per le pensioni di vecchiaia resta fissata a 66 anni e 3 mesi per gli uomini e 63 anni e 9 mesi per le donne. A proposito
Le penalizzazioni
Sulle pensioni di anzianità restano
pari all’1% per ogni anno di
anticipo rispetto ai 62 e al 2% per
ogni ulteriore anno rispetto ai 60
di donne va ricordato che la riforma del 2012
ha dato un colpo di acceleratore all’equiparazione con gli uomini, già decisa dal governo
Berlusconi, che nell’estate 2011 aveva previsto un percorso che doveva iniziare nel 2014
per raggiungere il traguardo nel 2026, ora fissato al 2018. Dal gennaio 2012, l’età delle
donne è salita a 62 anni — soglia alla quale
già nel 2013 sono stati aggiunti 3 mesi (per
via dell’adeguamento alle speranze di vita) —
ed è stata ulteriormente elevata a 63 anni e 9
mesi nel 2014.
Autonomi
Nulla di nuovo per artigiani, commercianti
e coltivatori diretti, la cui età di vecchiaia è
stabilita a 66 anni e 3 mesi. Penalizzate le
donne lavoratrici autonome, per le quali lo
scalone del 2012 è stato di 3 anni e 6 mesi:
l’età è passata da 60 a 63 anni e mezzo. Limite
che è salito a 63 anni e 9 mesi nel 2013 e a 64 e
9 mesi nel 2014.
Dipendenti pubblici
Anche l’età di vecchiaia per i pubblici dipendenti è fissata a 66 anni e 3 mesi, sia gli
uomini che le donne. Per anni le dipendenti
pubbliche hanno potuto beneficiare di un
trattamento agevolato rispetto alle colleghe
impiegate nel privato: potevano andare in
pensione dopo 20 anni di servizio (15 anni se
sposate o con figli). Ora la situazione è capovolta, con l’età pensionabile più alta nel pubblico rispetto al privato. Per gli appartenenti
alla Pubblica amministrazione, compresi i dipendenti del settore sanità (Asl) è previsto il
pensionamento d’ufficio al compimento dei
62 anni di età. Nel senso che l’amministrazione può unilateralmente mandare a casa chi ha
raggiunto i requisiti di pensionamento (contributi e 62 anni di età), dirigenti compresi.
Per i medici gli anni sono 65. Tale meccani-
smo non trova applicazione nei confronti dei
magistrati, professori universitari e primari.
Speranze di vita
Dal momento che si vive più a lungo, occorre andare in pensione più tardi. E’ questa
la filosofia che ha ispirato la legge del 2010,
con la quale è stato deciso che i requisiti anagrafici dovranno nel tempo fare riferimento
all’incremento della speranza di vita. In ogni
caso, la riforma Monti-Fornero stabilisce che
qualora l’incremento dato dalle variazioni
demografiche non dovessero arrivarci, a partire dal 2022 l’età del pensionamento non
può comunque risultare inferiore a 67 anni di
età per tutti.
Pensioni di vecchiaia
Evoluzione dell’età pensionabile
uomini
Anno di pensionamento
Dipendenti privati (anni)
2014
-2015
2016
-2017**
uomini
donne
uomini
donne
66 e 3 mesi
63 e 9 mesi
66 e 7 mesi
65 e 7 mesi
Dipendenti pubblici
uomini
e donne
uomini
e donne
66 e 3 mesi
66 e 7 mesi
donne
uomini
e donne
Autonomi
uomini
donne
66 e 3 mesi
64 e 9 mesi
uomini
66 e 7 mesi
donne
66 e 1 mese
Pensione anticipata
Con la riforma Monti-Fornero, a partire dal
2012 per ottenere la pensione prima dell’età
della vecchiaia non bastano più i classici 40
anni, ma ne occorrono più di 42: nel 2014 sono 42 e 6 mesi per gli uomini e 41 e 6 mesi per
le donne. Anche qui è previsto un adeguamento periodico agli andamenti demografici.
Questo significa che nel triennio 2016-2018
saranno richiesti 42 anni e 10 mesi (41 anni e
10 mesi le donne).
Penalizzazioni
Al fine di disincentivare il pensionamento
anticipato rispetto a quello di vecchiaia è stata introdotta una misura di riduzione. Qualo-
Requisiti richiesti per la pensione
di anzianità (o anticipata)
Anni di contributi
40 anni
2012
2013
2014-2015
2016-2018 *
2018
uomini e donne
66 e 7 mesi
2019-2020
2019
-2020
uomini e donne
66 e 11 mesi
2021-2022
67 e 2 mesi
2023-2024
2021
-2022 *
2025
2030
uomini e donne
uomini e donne
uomini e donne
2025-2026
67 e 8 mesi
2027-2028
68 e 1 mese
2029-2030
2035
2040
uomini e donne
uomini e donne
68 e 7 mesi
2035
68 e 11 mesi
2040
2045
uomini e donne
69 e 3 mesi
2045
2050
uomini e donne
69 e 9 mesi
2050
* La riforma Monti-Fornero stabilisce che qualora l’incremento dato dalle variazioni demografiche
non dovessero arrivarci, a partire dal 2022 l’età del pensionamento non può comunque risultare
inferiore a 67 anni di età.
* * I valori indicati dal 2016 in poi sono delle stime fornite dall’ISTAT.
Insegnante di 59 anni
Impiegato (con 40 anni di contributi)
uomini
e donne
42 e 1 mese
(41 e 1 mese le donne)
42 e 5 mesi
(41 e 5 mesi le donne)
42 e 6 mesi
(41 e 6 mesi le donne)
42 e 10 mesi
(41 e 10 mesi le donne)
43 e 2 mesi
(42 e 2 mesi le donne)
43 e 5 mesi
ra si chieda la pensione di anzianità prima dei
62 anni di età, l’assegno viene corrisposto,
per la quota retributiva, con una riduzione
pari all’1% per ogni anno di anticipo, percentuale che sale al 2%, per ogni anno di anticipo
che supera i 2. Se si richiede la pensione anzianità dopo aver raggiunto i 42 anni a 60 anni, si riscuoterà, per la quota di pensione calcolata con il sistema retributivo (riferito all’anzianità accumulata sino a tutto il 2011),
un assegno decurtato del 2%. Se invece la si richiede a 59 anni di età la decurtazione sale al
4%. Un’apposita disposizione di legge, approvata subito dopo la riforma Fornero, esclude
dall’applicazione delle riduzioni percentuali i
trattamenti liquidati in favore di coloro che
maturano il previsto requisito di anzianità
contributiva entro il 31 dicembre 2017. Ciò a
condizione che il possesso del requisito, derivi da: prestazione effettiva di lavoro; periodi
di astensione obbligatoria per maternità, assolvimento degli obblighi di leva, infortunio
o malattia; periodi di cassa integrazione ordinaria; astensione dal lavoro per la donazione
di sangue; congedi parentali di maternità e
paternità; congedi e permessi con riferimento
a persone con handicap in situazione di gravità. Nel passaggio alla Camera della riforma
Gli autonomi
Nulla di nuovo per artigiani,
commercianti e coltivatori diretti,
la cui età di vecchiaia
è stabilita a 66 anni e 3 mesi
(42 e 5 mesi le donne)
Madia era stato approvato un emendamento
che escludeva dalle penalizzazioni anche chi
raggiungeva il requisito dei 42 anni con l’aiuto della contribuzione figurativa o da riscatto
(laurea ad esempio). Dopo la bocciatura della
Ragioneria generale, e l’approvazione definitiva del provvedimento, le penalizzazioni restano alle condizioni sopra descritte.
43 e 8 mesi
(42 e 8 mesi le donne)
43 e 11 mesi
(42 e 11 mesi le donne)
44 e 2 mesi
(43 e 2 mesi le donne)
44 e 4 mesi
(43 e 4 mesi le donne)
44 e 10 mesi
(43 e 10 mesi le donne)
45 e 2 mesi
(44 e 2 mesi le donne)
45 e 8 mesi
(44 e 8 mesi le donne)
46
(45 le donne)
* I valori indicati dal 2016 in poi sono delle stime
fornite dall’ISTAT
Opzione donna
Un segnale di riguardo verso le donne con
alle spalle un lungo percorso lavorativo l’aveva dato la riforma Maroni del 2004. E il decreto “salva Italia” del 2011 ne ha confermato i
contenuti. Le donne che vogliono andare in
pensione con le vecchie regole — ossia a 57
anni di età con 35 di contributi (58 anni se lavoratrici autonome) — possono continuare a
farlo, in via eccezionale sino al 2015, scegliendo un trattamento calcolato interamente
con il sistema contributivo, sicuramente meno vantaggioso del sistema «retributivo»,
con una perdita in termini di pensione stimabile in misura pari a circa il 25-30%.
Domenico Comegna
CORRIERE DELLA SERA
Casalinga, ex dipendente
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Artigiano di 30 anni
Il calendario scolastico Quell’asticella più alta I contributi volontari
e la svista delle norme di trenta mesi
e l’incasso ritardato
L’assegno più leggero
e il fondo integrativo
(d.co.) La signora Rossi, insegnante di scuola media,
al 31 dicembre 2011 poteva contare su 37 anni di
servizio e 59 anni di età. Per una svista della riforma
Fornero, che non ha tenuto conto del particolare
calendario del personale della scuola, che segue
l’anno scolastico e non quello solare, non ha potuto
percepire la pensione il 1° settembre 2012. Ora dovrà
rassegnarsi ed attendere il 1° settembre 2015, quando
avrà accumulato 41 anni e 6 mesi di contribuzione. E
se l’anzianità accumulata contiene qualche periodo di
disoccupazione, ovvero il recupero degli anni di
università (il riscatto laurea), sulla quota retributiva
(riferita all’anzianità accreditata sino al 31 dicembre
2011) subirà una penalizzazione dello 0,33%, poiché a
quella data non ha ancora compiuto i 62 anni di età.
Per evitare la penalizzazione dovrebbe saltare un
anno (aspettare settembre 2016). Ma la professoressa
non si arrende e spera ancora, dopo aver sentito il
presidente del Consiglio dichiarare che entro la fine
di agosto per quanto riguarda la scuola ci sarà un
apposito intervento.
(d.co.) Quarant’anni non bastano più. Per chi iniziava
a lavorare molto giovane, questo era il massimo della
carriera professionale. Da un po’ di tempo non è più
così. La legge Fornero ha decisamente spostato in
avanti la soglia, che nel 2014 ha raggiunto 42 anni e 6
mesi (41 anni e 6 mesi le donne). Come per il
requisito anagrafico richiesto per la pensione di
vecchiaia, anche per la pensione anticipata è previsto
il meccanismo che lega i parametri all’aspettativa di
vita: periodicamente, ogni biennio a partire dal 2019,
i requisiti verranno incrementati. Vediamo gli effetti
concreti. Un impiegato assunto nel 1973 contava di
lasciare il lavoro a dicembre 2012. La manovra di
agosto 2011 ha spostato il traguardo in avanti di un
anno (dicembre 2013). La riforma Monti-Fornero ha
ulteriormente alzato l’asticella a 42 anni e un mese
nel 2012 e 42 anni e 2 mesi nel 2013, anno in cui si
sono aggiunti altri 3 mesi per adeguamento
demografico. Il nostro impiegato potrà ottenere la
pensione di anzianità solo a luglio 2015, 2 anni e
mezzo dopo il termine previsto quando fu assunto.
(d.co.)La signora Bianchi, classe 1954, ha
cominciato a lavorare molto giovane, nel 1972,
all’età di 18 anni. Le aspettative pensionistiche
all’epoca erano molto favorevoli: età anagrafica
55 anni, ed un minimo di contributi di 15 anni.
Una decina di anni dopo, lo scenario è cambiato
in seguito alla riforma del governo Amato del
1992, che ha stabilito l’innalzamento graduale sia
del requisito anagrafico (da 55 a 60 anni), sia
quello contributivo (da 15 a 20 anni). Nel
frattempo si è sposata e dopo qualche anno, con
la nascita di due figli, si è ritirata, per dedicarsi
esclusivamente alla famiglia. Molto
opportunamente, dopo le dimissioni dalla ditta in
cui ha lavorato per 12 anni, ha versato contributi
volontari per raggiungere il minimo di 15 anni ,
assicurandosi così la pensione all’età della
vecchiaia. Ma quando potrà percepire il primo
assegno? Il 1° agosto 2021, al compimento dei 67
anni e 2 mesi di età, 12 anni dopo il termine
previsto quando entrò nel mondo del lavoro.
(d.co.) Il signor Rossi, classe 1985, giovane titolare
dell’autofficina ereditata dal padre nel 2010, non
pensa ancora alla sua pensione. Forse non sa che
potrà mettersi a riposo ad un’età che supera i 70
anni. Quando è entrato per la prima volta nel piccolo
capannone aveva la possibilità di ritirarsi al
compimento dei 65 anni, come aveva fatto suo padre.
Questo il dettaglio. All’età di vecchiaia oggi fissata a
66 anni e 3 mesi va aggiunto l’incremento legato alle
aspettative di vita. Arriviamo così a 69 anni e 10
mesi. Risultato: cinque anni e e mezzo in più
dell’aspettativa che il nostro artigiano aveva quando
è entrato in officina in aiuto al proprio genitore.
Questo nel caso non dovesse raggiungere prima il
numero di anni richiesti che prescinde dall’età
anagrafica. Il giovane Bianchi ha un’altra possibilità
per anticipare il pensionamento, cumulando però
ben 46 anni di contribuzione. Per di più, visto che la
sua pensione sarà decisamente più magra di quella
del genitore, dovrà rinunciare a qualche spesa extra e
aderire al più presto ad un fondo complementare.
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Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Primo Piano
italia: 52495258535051
7
Le tasse L’Agenzia delle Entrate
L’intervista
«La dichiarazione precompilata libererà molti italiani dalle tasse, saranno Caf e commercialisti a rispondere di eventuali errori»
«Grandi frodi da punire e Fisco più facile
L’evasione va fermata e non rincorsa»
per bene paga, altrimenti no, e non posso
farci niente. Le norme con cui gestiamo il
canone sono di un Regio decreto del ‘38,
quando la Rai ancora non c’era, e nessuno
ha mai voluto cambiarle».
Il blocco delle azioni coatte sui piccoli
debiti fiscali è stata una decisione politica.
«Una specie di sanatoria di massa... La
politica ha deciso così
perché c’era la crisi. Noi
applichiamo le leggi, non
facciamo politica. Forse
Piemonte
Valle
in passato c’è stato un ecLe zone
I
numeri
Incassi
complessivi
d'Aosta
miliardi gettito evaso
Liguria
cesso di protagonismo,
a rischio
dell’evasione
da
attività
di
controllo
Lombardia
ma io sono un funzionamilioni di contribuenti
(Miliardi di euro)
(Dati
in
euro)
Trentino A. A.
Alta pericolosità
13,1
a rischio evasione
rio dello Stato. Mi hanno
12,7
12,5
fiscale
miliardi
Friuli V. G.
insegnato che quando un
milioni recuperati dalla lotta
10,6
Rischio di evasione
Veneto
i crediti da riscuotere
all’evasione fiscale nei primi 3 mesi 2014
funzionario prende una
medio-alto
in carico a Equitalia
E. Romagna
responsabilità non deve
Il sommerso
(al 31 dicembre 2013)
Modesto bacino
Marche
mettersi il pennacchio.
9,1
(Valori
%
del
Pil
Stime
per
il
periodo
2012-2013)
di contribuenti
Toscana
Abruzzo
Applichiamo le leggi. E
e media pericolosità Umbria
17,4
ITALIA
miliardi
segnaliamo le cose che
fiscale
11,9
dei crediti è originato
Messico
Puglia
non vanno, questo sì».
Lazio
Pericolosità
da Accertamento.
9,5
Spagna
L’anno prossimo ci
fiscale intermedia
Si tratta di circa
6,9
6,7
sarà
il debutto della diRegno Unito
6,4
5 milioni di partite
Molise
Pericolosità
chiarazione dei redditi
5,3
(dal 2000 al 2013)
Stati Uniti
fiscale bassa
precompilata.
4,7
Svezia
Campania
Basilicata
«Una rivoluzione per
miliardi
3,9
Francia
quasi 20 milioni di conSardegna Sicilia
i soldi nascosti dagli
3,3
Irlanda
Calabria
italiani nei paradisi
tribuenti. Molte di queFonti: Bollettino Mef, Confcommercio, Guardia di Finanza
Fonte: Agenzia delle Entrate
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
fiscali all’estero
ste dichiarazioni, un
quarto, non dovranno
meno gravissimo, perché oltre all’evasio- «sms» per ricordare una scadenza non decessore, Attilio Befera?
neanche
essere
integrate.
Le altre possono
Che cos’è
ne fiscale, c’è un danno enorme alla libera onorata. Così si aumenta la “compliance”
«No, perché per me è opportuno che ci
essere perfezionate, come ad esempio con
concorrenza. Può pure andare bene elimi- cioè l’adesione al Fisco e si restringe l’area sia una netta separazione dei ruoli. Equiil conteggio delle detrazioni, ricorrendo
nare la responsabilità solidale degli ap- di evasione grave, la si individua meglio e talia riscuote per noi ed altri 15 mila enti,
agli intermediari. Con una novità, però,
paltatori sulle ritenute previdenziali, ma vi si possono concentrare le risorse del- dai Comuni ai consorzi idrici. I problemi
perché saranno i Caf, i commercialisti che
ci deve essere un sistema con il quale l’Agenzia».
della riscossione non vengono certo da
fanno quelle dichiarazioni a rispondere
l’Inps mi dice, attenzione, la ditta “X” il
Caccia ai pesci grossi, dunque?
noi che forniamo dati puliti».
degli eventuali errori. Molti italiani saranL’Agenzia
mese scorso non ha pagato i contributi.
«Io dico che l’azione dell’Agenzia deve
L’Agenzia ha forze sufficienti?
no finalmente liberi dalle tasse».
delle Entrate
Così posso intervenire in tempo, posso essere proporzionale, e che questa pro«Se si vuole sconfiggere l’evasione
Abbassare l’uso del contante ridurSvolge
chiedere informazioni, mandare un porzionalità deve basarsi sui dati reali, puntando al recupero del passato servirebbe l’evasione?
le funzioni
usando molta cautela nell’utilizzo delle rebbero molti più dipendenti. Piacerebbe
«Questo è dimostrato da tantissimi
relative
presunzioni, che devono trovare riscon- anche a me recuperare 50 miliardi l’anno,
studi. All’estero si paga con la carta anche
alla gestione
tro nella reale situazione e capacità con- ma non ho questa possibilità. Per questo
il caffè, ma all’estero non è che tutti gli
e al contenzioso
tributiva dei soggetti controllati».
dobbiamo concentrarci sulla “complianoneri della moneta elettronica siano in cadei tributi
L’accertamento è anche un fatto di ce”, con un cambio di passo nei rapporti
rico ai commercianti, come da noi».
con l’obiettivo
buon senso?
con il cittadino. Per fare questo basta che
Esiste ancora il segreto bancario in
di perseguire il
«Sicuramente. Serve più prevenzione, ci assicurino il turnover del personale,
Italia?
massimo livello
ma anche mano più dura con chi insiste adesso abbiamo il 50%, e vogliono abbas«No. Le indagini patrimoniali e finandi
nei comportamenti fraudolenti. Non è sarlo al 20%. Ma attenzione, perché noi
ziarie si possono fare. La collaborazione
adempimento
che ogni volta noi dobbiamo comminare facciamo un mare di cose. Per dire, gestiainternazionale sull’evasione è diventata
degli obblighi
la sanzione minima: un conto è l’errore mo anche il canone Rai...»
molto forte ed in ambito europeo resistofiscali. Fu
formale, un conto la frode reiterata».
La tassa più evasa di tutte...
no solo poche nicchie, per poco tempo. Se
costituita con il
Finora la strategia dell’evasione ha
«Per forza. L’evasione è così alta perché
la Svizzera dovesse firmare l’accordo di
decreto
puntato molto sulla riscossione, cioè io fino a 2 mila euro di debito non posso
cooperazione con il governo italiano,
legislativo del
sulla vostra controllata Equitalia. Lei ne fare nessuna azione esecutiva. Mando un
avremmo chiuso il buco».
30 luglio 1999
sarà presidente, come lo era il suo pre- avviso, e se il contribuente è una persona
La voluntary disclosure funzionerà?
emanato
Si dice che potrà riguardare anche attivinell’ambito
tà italiane. Non sarebbe un condono
della riforma
mascherato?
Bassanini
«Mi pare che il provvedimento all’esache istituì anche
me del Parlamento, che comunque preveLa moneta elettronica
Il canone Rai
le agenzie delle
de il pagamento integrale delle imposte
All’estero non tutti gli
Il canone per la radio e la
Dogane, del
dovute sulle annualità pregresse, offra gaIl nuovo direttore dell’Agenzia
Demanio e
ranzie sufficienti. Senza contare che quel
Rossella Orlandi, 57 anni,
oneri sono in carico ai
televisione? Fino a 2 mila
del Territorio
provvedimento verrebbe finalmente inè il neodirettore dell’Agenzia delle Entrate
commercianti come da
euro di debito non
trodotto anche il reato di autoriciclaggio,
Subentrata ad Attilio Befera,
una misura attesa da tempo».
ha avuto una carriera tutta interna
noi. Ecco perché pagano abbiamo il potere di fare
Orlandi: non sarò presidente di Equitalia. Il passato? Forse troppo protagonismo
ROMA — «La vera rivoluzione è impedire l’evasione, non rincorrerla. Le stime
dicono che ogni anno vengono sottratti al
Fisco 120 miliardi di euro, e noi ne recuperiamo 12 o 13. Ma il vero problema è
che ci sono quasi 600 miliardi di accertamenti relativi agli anni passati, affidati alla riscossione di Equitalia, che non si riusciranno mai ad incassare. Dovremmo
smettere di inseguirli, e concentrarci sull’evasione che si crea ogni anno. Colmare
il divario tra quei 120 miliardi e i 13 che
incassiamo». Rossella Orlandi, 57 anni,
occupa da poche settimane lo studio all’ottavo piano della sede dell’Agenzia delle
Entrate che fu di Attilio Befera. Una carriera tutta nell’amministrazione finanziaria,
cominciata a 24 anni, appena laureata,
vincendo il concorso. «Ho dedicato tutta
la mia vita a questo lavoro. Darò il massimo», promette. Anche questa sera, ci dice,
resterà in ufficio fino alle 10 di sera e,
uscendo, spegnerà la luce. Un misto di
ideali e pragmatismo con tanta voglia di
migliorare i risultati ottenuti nel recente
passato.
È per questo che nel suo primo Atto di
indirizzo agli ispettori fiscali ha chiesto
di far partire le verifiche dal 2012, lasciando perdere il passato?
«I tempi di prescrizione dei reati fiscali
sono stretti, e questo induce a concentrare
gli accertamenti sulle annualità più vecchie, quelle sulle quali, dopo
un certo tempo, non sarà possibile il recupero. Ma lavorare
sul passato comporta dei rischi, compreso quello di chiedere soldi ad aziende che nel
frattempo sono fallite. Servirebbero anche dei termini di
prescrizione un po’ più lunghi»
Il Parlamento sta mettendo a punto il decreto attuativo della delega fiscale sulle
semplificazioni, con un forte
alleggerimento degli adempimenti delle imprese, anche negli appalti. Che ne
pensa?
«Che ci vuole attenzione.
Negli appalti pubblici, soprattutto dove c’è un forte impiego di manodopera, ci sono dei
meccanismi da tenere d’occhio. Quando
le imprese offrono prezzi che non coprono neanche il costo del lavoro, qualcosa
non va. Molte imprese aprono, prendono
un appalto, incassano, fanno il lavoro, ma
non pagano tasse e contributi, poi chiudono. E magari riaprono con un altro nome pochi giorni dopo. Questo è un feno-
I numeri dell’evasione
120
5
300
620
350
200

all’Agenzia sottoposta alla vigilanza
del ministero delle Finanze

con la carta anche il caffè alcuna azione esecutiva
Enrico Marro
Mario Sensini
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8
Primo Piano
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
italia: 52495258535051
La giornata
Il governo Le scelte
Il messaggio di Renzi a Ue e Bce
«Sulle riforme decido soltanto io»
Al Ft spiega: «Non sforerò il 3%». Verso il vertice con Napolitano
ROMA — «Sono d’accordo
con Mario Draghi quando dice
che l’Italia ha bisogno di fare riforme, ma il modo, il come, lo
deciderò io, né la Troika, né la
Banca centrale europea e nemmeno l’Unione europea. E vuole
sapere per quale motivo? Le riforme le farò io perché l’Italia
non ha bisogno di qualcun altro
che ci spieghi come farle».
Più chiaro, più duro, non poteva essere. È una sorta di argine
alle riflessioni di Mario Draghi
di qualche giorno fa, quel consiglio agli Stati europei di cedere
spazi di sovranità, almeno a
quelli che sono indietro nel fare
le riforme strutturali di cui hanno bisogno. Ma è anche una risposta alla testata cui ha rilasciato l’intervista, il giorno dopo
i dati negativi del Pil, dopo che
l’autorevole Financial Times
aveva scritto che «la luna di
miele» fra Renzi e gli italiani,
«con il ritorno alla recessione»,
poteva considerarsi finita.
Ieri di quell’intervista, concessa a tamburo battente nel suo
studio di Palazzo Chigi, sono
usciti i primi estratti. Se appena
qualche giorno fa, in un’intervista a La7, il presidente del Consiglio era stato diplomatico sul
punto della sovranità, affermando prima che se ne sarebbe
discusso in sede di Consiglio
europeo, nei prossimi vertici,
poi, ma in modo molto pacato, e
soprattutto stringato e ufficioso, che «non era d’accordo», ora
invece la reazione è on the record
e molto netta. E parla di temi,
dalle riforme all’economia, che
saranno certamente oggetto
dell’incontro che lo stesso premier potrebbe avere oggi o do-
L’intervista
In un’intervista pubblicata
ieri sull’edizione online
del Financial time, Matteo
Renzi difende la sua
azione sulle riforme e
rivendica autonomia
rispetto all’Europa. Due
giorni fa in un articolo il
quotidiano definiva il
rapporto tra il premier e
l’Italia una «luna di miele
finita» dopo i dati sul Pil
mani con il Presidente della Repubblica appena tornato dalle
vacanze. Prima di recarsi mercoledì in visita ai cantieri dell’Expo.
In sintesi: nessuno si permetta di pensare che l’Italia possa
avere bisogno di qualcuno che
le detti l’agenda, il governo in
carica sa benissimo quali riforme deve fare e
il modo in cui
deve approvarle e attuarle, qualsiasi
parallelo con
la situazione
in cui si ritrovò Berlusconi,
anni fa, è da
respingere al
mittente.
Insomma
l’idea della Bce è per il governo
italiano assolutamente non condivisibile, la conclusione dell’autorevole quotidiano finanziario è quantomeno affrettata,
non c’è nesso fra due trimestri
in negativo, per il prodotto interno, e una bocciatura politica
del premier in carica. Troppa
fretta.
Il tono rivendicativo, a tratti
perentorio, è spiegato in questo
modo. Ed è perentoria anche
l’assicurazione ad un altro dubbio che il giornalista del Ft, sulla
scia di tanti economisti, solleva:
«Davvero l’Italia con questi dati
riuscirà a stare dentro la soglia
del 3%?». Renzi risponde in modo apparentemente privo di
dubbi: «Non ho alcuna intenzione di sforare la regola del 3%,
speriamo di avere migliori indicatori economici nella seconda
metà dell’anno. Non rompere-
La velocità
La battuta sui tempi:
neanche i dittatori
facevano le cose così
velocemente
Ottimismo
Sugli investimenti
dall’estero c’è ottimismo:
dopo Etihad ne arriveranno
altri da Cina, Usa e India
mo la regola, anche se è vecchia
e datata, ma è una questione di
credibilità e di reputazione dell’Italia, anche se ci sarebbe da
dire che per altri non è così».
Il giornalista finanziario attira
Renzi anche in questioni di natura monetaria, gli chiede lumi
sul futuro dell’eurozona, del
cambio euro/dollaro, dei rischi
di deflazione, se è preoccupato
per i segnali di difficoltà che arrivano non solo dall’Italia: «Di
natura non sono una persona
che è portata ad avere paura,
certamente sarei più felice se
l’euro non fosse così forte nei
confronti del dollaro e se l’inflazione fosse un po' più alta».
Nel ventaglio di ottimismo
del presidente del Consiglio
rientra anche il recente investimento degli arabi di Etihad in
Alitalia (l’intervista è stata realizzata il giorno della firma dell’intesa): «Sto cercando di aprire
tutte le porte possibili agli investimenti esteri, vedrete che ne
arriveranno altri dalla Cina, dagli Stati Uniti e dall’India». Ieri a
San Rossore, alle porte di Pisa,
Renzi ha così risposto ad uno
scout che gli faceva una domanda su Piombino: il gruppo indiano dell’acciaio Jindal dovrebbe
«chiudere nei prossimi giorni»
per l’offerta di acquisto degli impianti dell’acciaieria Lucchini.
Insomma, conclude Renzi al
Financial Times: «Siamo decisi
a portare il Paese fuori dalla crisi
e lo stiamo facendo molto in
fretta». Con una battuta finale:
«Nemmeno i dittatori riescono a
fare più veloce!».
M. Gal.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
A San Rossore Dall’alto in senso orario: il premier Matteo Renzi con uno
scout che gli ha consegnato la «carta del coraggio»; accanto alla moglie
Agnese, che canta l’Alleluja; con il cardinale Angelo Bagnasco (Ansa)
177
mila È il numero dei soci
Agesci, l’associazione Guide e
Scout cattolici italiani. Oltre
30.000 scout si sono ritrovati
al raduno di San Rossore
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Primo Piano
italia: 52495258535051
9
Al raduno «I ragazzi non sono bamboccioni»
La promessa agli scout:
«Politici come lo yogurt,
abbiamo la scadenza»
DAL NOSTRO INVIATO
La telefonata durante la messa a San Rossore
L’invito del Papa:
abbiate coraggio,
non servono
giovani in pensione
«Il mondo ha bisogno di giovani che abbiano
un orizzonte», «e ricordatevi, la pensione
arriva a 65 anni»: così il Papa agli oltre 30 mila
scout dell’Agesci radunatisi a San Rossore.
Il Pontefice si è collegato per telefono durante
la messa celebrata dal cardinale Angelo
Bagnasco scusandosi per non aver potuto
partecipare personalmente, e ha poi citato
uno dei temi del raduno scout, tratto
dall’Apocalisse. «Vi auguro — ha detto — che
questa strada del coraggio sia vostra, il
coraggio è un atteggiamento dei giovani, il
mondo ha bisogno di giovani coraggiosi, non
timorosi, di giovani che si muovano per
strada». «Se avete riflettuto sull’Apocalisse —
ha continuato — sulla città nuova, ecco, fare
una città nuova, questo è il vostro compito,
fare una città nuova con la verità, la bontà, la
bellezza». «Non abbiate paura — ha aggiunto
papa Francesco — la vita è vostra, non
lasciatevi rubare la speranza, la vita è vostra
per farla fiorire, e ricordatevi, la pensione
arriva a 65 anni, un giovane non deve
andare in pensione mai, deve andare avanti
con coraggio». «Prego che il Signore vi dia la
benedizione — ha concluso — vi benedico, e
per favore vi chiedo di pregare per me».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SAN ROSSORE (Pisa) — Ha l’abito blu,
ma da subito prevale l’animo del lupetto,
gli è rimasto dentro: canta e salta anche
lui, come la moglie e i figli. E alla fine cita
una frase celebre del fondatore dello
scoutismo, Baden-Powell: «Date un calcio all’impossibile!». E in questo caso, visto che gli scout sono italiani, che sino a
qualche anno fa lui era uno di loro, che a
migliaia lo stanno ascoltando, provenienti da tutte le Regioni: «Siamo dominati dal verbo ausiliare “avere”. Vi chiedo
di cambiarlo ricordando che è più importante “essere”. Votate per chi volete, cambiate governo, ma non cambiate Paese.
Restate in Italia, date un calcio all’impossibile, aiutateci a rendere migliore questo
Paese».
Arriva alle nove del mattino. Puntuale,
come da programma, per assistere alla
messa officiata dal cardinale Bagnasco.
Con il presidente della Cei scambia due
parole private, è la prima volta da quando
è presidente del Consiglio. Arriva anche
la telefonata del Papa, accolta dai cori dei
ragazzi e dal clima generale di entusiasmo, nonostante il caldo e qualche svenimento. Chi ha montato le tende due giorni fa, chi è arrivato all’alba con i pullman,
tutti si meritano queste parole del premier: «Se qualcuno in Italia immagina
che i ragazzi siano pigri, sdraiati o bamboccioni, voi siete la risposta che sta sbagliando».
La moglie Agnese gli sta al fianco:
«Dell’esperienza scout a Matteo gli è rimasta la tenacia e la capacità di raggiungere gli obiettivi». Ed anche il linguaggio
tipico degli scout: «Buona strada», dice
lui a chi lo saluta, anche solo per un attimo, e la metafora vale anche per le condizioni particolari del Paese, «l’Italia è in
route, e come in ogni route c’è sempre
quello che dice “hai sbagliato percorso”
oppure che chiede “quanto manca alla fi-
ne?», dice ancora ai ragazzi dell’Agesci. E
alla loro rivista online confessa anche
che, da scout, il suo «nome-totem» era
«Grillo esuberante».
Sono più di 400 gli «alfieri», coloro che
hanno scritto una Carta del Coraggio,
manifesto sociale e umano da mettere
nelle mani del governo e della Chiesa:
Renzi li ha incontrati il giorno prima, è
rimasto impressionato da alcuni passaggi del documento, dall’entusiasmo che ci
hanno messo, «vorrei coinvolgerli nella
riforma della scuola, hanno qualcosa da
dire e da insegnarci». Il tutto all’insegna
della parola «coraggio»: per Bagnasco fu
ispirazione per Cristo e per gli apostoli,
per il capo del governo può essere riferimento per l’avvenire politico italiano.
«Grillo esuberante»
Il suo soprannome da scout era
«Grillo esuberante». La moglie: di
quegli anni gli è rimasta la tenacia
«Se qualcuno afferma che la parola d’ordine è paura o timore, deve essere invece
chiaro che la parola chiave per i prossimi
anni non può che essere coraggio».
Aveva detto che non avrebbe parlato di
politica, ma qualcosa gli scappa: «Non
posso creare lavoro per decreto, posso
cercare di rimuovere gli ostacoli. Negli
ultimi due mesi abbiamo fatto 108 mila
posti di lavoro in più. È un primo passo.
Non è ancora sufficiente, e però la cosa
fondamentale è riuscire a cambiare il sistema del Paese e renderlo più snello ed
efficiente». Un lavoro a tempo: «I politici
sono come lo yogurt, a un certo punto
scadono, per me è iniziato il conto alla rovescia».
Marco Galluzzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’intervista Il sottosegretario, renziano della prima ora, e la ricetta del governo sulla crescita: «Usare le risorse pubbliche per incentivare i privati»
«Correzioni sul Senato? L’immunità va tolta»
Rughetti: è un problema di Forza Italia
se votare o meno con noi sull’economia
ROMA — La prima frase di Angelo
Rughetti non è professione di modestia:
«L’Italia è tornata a ragionare, dopo l’addormentamento dolce degli ultimi venti
anni di politica».
Sta parlando della riforma costituzionale approvata in Senato?
«Anche. Dò il voto 9 al testo uscito dal
Senato».
Incassato il successo, si può cambiare qualcosa, nei prossimi passaggi
parlamentari?
«Penso che un Senato che non fa più
leggi non debba essere elettivo. Ma i suoi
membri non debbono neanche avere
l’immunità parlamentare. Aumenterei i
senatori-sindaci, diminuirei i consiglieri
regionali».
Nella legge elettorale possono tornare le preferenze?
«Vedo con le preferenze più effetti negativi che positivi. Meglio i collegi uninominali».
Su legge elettorale e riforme costituzionali si preannunciano contrasti anche dentro il Pd.
«Fino a oggi, come nel dibattito al Senato, i dissidenti dentro il Pd non si possono ricondurre allo schema delle correnti. Dovremo fare una nuova segreteria che non sarà soltanto espressione
della maggioranza. E anche il gruppo
della Camera andrà guidato in modo
“plurale”: il capogruppo non deve essere
“letto” come rappresentante di una parte, ma portare 300 deputati a contribuire
all’approvazione dei provvedimenti».
Angelo Rughetti, 47 anni, nato a Rieti,
da 30 anni romano. Sottosegretario alla
Pubblica amministrazione. Una carriera
nell’Anci, l’associazione dei Comuni.
Qui ha conosciuto Matteo Renzi ed è definito oggi «renziano della prima ora».
Negli anni tumultuosi della sua ascesa,
Renzi ha perso (o lasciato) molti compagni di strada. Non Rughetti.
Molti dicono: basta occuparsi di architetture istituzionali, l’urgenza è
l’economia.
«Riforme istituzionali e misure economiche sono nella stessa ricetta. Le riforme del Senato, delle Province, della
Pubblica amministrazione, la legge elettorale servono a rendere le decisioni più
facili».
Su cosa occorre decidere con maggiore puntualità?
«Siamo un governo di amministratori, sappiamo che non si crea lavoro lasciando o levando l’articolo 18. Abbiamo
già 108 mila posti nuovi grazie al decreto
Poletti sui contratti, abbiamo dato una
soluzione all’Alitalia, favorito l’investimento di un miliardo del Qatar in Sardegna».
Va bene. Ma a settembre?
«Bisogna dare il segnale che quando
si perde il lavoro non si esce dal sistema
di protezione sociale. E questo è previsto
nel Jobs Act: reddito minimo, nuova formazione, reinserimento. Poi: detassazione totale per le imprese che assumono chi ha meno di 30 anni nei settori dell’investimento e della ricerca. Filosofia
di fondo: incentivare politiche private
con investimenti pubblici. In 20 anni,
negli Stati Uniti, grazie a incentivi fiscali
è raddoppiato il numero dei brevetti,
questo ha fatto nascere start up, molte si
sono trasformate in imprese, che hanno
creato lavoro».
Sandra Bonsanti e la battaglia contro le modifiche alla Carta
E Libertà e Giustizia ora rivaluta la Lega
Giornalista e scrittrice
Sandra Bonsanti
è presidente della
associazione «Libertà
e Giustizia» dal 2002
MILANO — «Dovremo dialogare con tutti,
anche con i leghisti». Manca molto al varo
definitivo della riforma del Senato, ma
Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e
Giustizia, pensa già alla campagna
referendaria contro il ddl. E in quest’ottica
— ha ammesso in un’intervista al Fatto —
parlare anche con chi è più lontano «è
inevitabile». Bonsanti di campagne
referendarie contro modifiche alla
Costituzione ne ha già condotta (e vinta)
una nel 2006, quella per bocciare la riforma
del centrodestra: chi allora era un
avversario, la Lega, questa volta potrebbe
diventare un alleato. Il 25-26 giugno 2006
andò alle urne oltre il 50% dei cittadini e i no
vinsero nettamente. La battaglia più dura si
giocò al Nord, nelle zone a forte
radicamento leghista (Veneto e Lombardia
furono le uniche regioni in cui prevalsero i
sì). La presidente di Libertà e Giustizia
durante quella campagna parlava in questo
modo del testo voluto da Berlusconi e Bossi:
«Uno stravolgimento della Carta» fatto da un
centrodestra «insensibile agli emendamenti
delle opposizioni» e sordo «alle proteste dei
costituzionalisti»; «un documento infausto»
che avrebbe dilatato «in modo abnorme i
poteri del premier». E invitava infine i
cittadini a dire no «all’obbrobrio di
Calderoli». Argomenti simili a quelli usati in
questi giorni e che riecheggeranno durante
la prossima campagna. Con un’unica
differenza rispetto a otto anni fa: che
stavolta Bonsanti si appresta a fare la
battaglia anche insieme a Calderoli.
Ma. Re.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi è
A Montecitorio
Nato a Rieti, 47 anni,
Angelo Rughetti,
laureato in
Giurisprudenza alla
Sapienza di Roma,
alle elezioni politiche
del 2013 viene
eletto alla Camera
per il Partito
democratico.
Sposato, ha tre figli
Nell’esecutivo
Dallo scorso
febbraio è
sottosegretario alla
Pubblica
amministrazione e
alla Semplificazione
nel governo guidato
dal presidente del
Consiglio Matteo
Renzi
La carriera all’Anci
È stato segretario
generale e direttore
generale
dell’Associazione
nazionale dei
comuni italiani (Anci)
La spending review andrà avanti?
«Dobbiamo centrare l’obiettivo del
commissario Cottarelli: produrre con
una spesa di 100 euro nella sanità e nei
servizi gli stessi effetti della media degli
altri Paesi europei».
Deciderà Cottarelli?
«Deciderà il Consiglio dei ministri.
Cottarelli si è comportato come un ministro e non come un commissario».
Giacciono nei ministeri più di 500
regolamenti attuativi di leggi.
«Due misure che sono nel disegno di
legge sulla Pubblica amministrazione
possono sbloccarne l’85 per cento:
quando il ministero tarda interviene il
presidente del Consiglio, quando il mi-

La spending review
Tocca al governo decidere
Cottarelli si è comportato
come un ministro non
come un commissario
nistero deve dare un parere dopo 6o
giorni scatta il silenzio-assenso».
Berlusconi sarebbe pronto a collaborare sulle misure economiche.
«Mi pare più un racconto che una vera
disponibilità. C’è una distanza abissale
fra le nostre posizioni sulla pubblica amministrazione e quelle di Brunetta. O sugli 80 euro in busta paga. La maggioranza è solida, se Forza Italia voterà qualche
provvedimento, ne prenderemo atto.
Sarà un problema loro, più che nostro».
Andrea Garibaldi
[email protected]
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10
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
italia: 52495258535051
LavelliADV.it
Acque d’Italia
dalle Alpi Lombarde,
a 1.935 metri,
una tra le sorgenti
più alte d’Europa.
dal cuore dell’Umbria
l’acqua che
ha fatto crescere
milioni di Italiani.
dal Monte Vulture
in Basilicata
l’effervescente naturale
dal gusto unico.
...la forza di un Gruppo tutto Italiano!
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Primo Piano 11
italia: 52495258535051
I partiti Le strategie
Lo Statuto e la piazza
Alfano rilancia sull’articolo 18
Un nuovo fronte nel governo
L’Ncd prepara l’offensiva. Esecutivo diviso, sindacati contrari
Il leader di FI
Niente servizi
a Ferragosto
Berlusconi
oggi a Cesano
Niente Ferragosto a
Cesano Boscone per Silvio
Berlusconi. Cambio di
programma nell’agenda
dell’ex Cavaliere, che ogni
venerdì è al lavoro con gli
anziani della casa di cura
Sacra Famiglia. Le sue
ormai consuete quattro
ore di lavoro settimanali
sono state infatti
anticipate. Berlusconi
varcherà oggi (sempre
alle 9.45) gli ingressi del
padiglione San Pietro,
dove assiste gli ospiti
malati di Alzheimer. Il
leader di Forza Italia sta
scontando nell’istituto in
provincia di Milano la
condanna per il caso
Mediaset, come prevede
l’affidamento in prova ai
servizi sociali.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — Sulla strada della
maggioranza, da oggi, potrebbe esserci un ostacolo in
più. È l’ostacolo su cui, in passato, si sono incagliate altre
maggioranze, altri governi e
financo altre singole forze politiche. Perché il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano
sta per lanciare, questa volta
con nettezza, la controffensiva sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
La posizione del titolare del
Viminale sul dossier è chiarissima. Si punta a ridiscutere
la norma, forse a congelarla
per i neo-assunti per i prossimi tre anni, forse addirittura a
superarla. Ma adesso Ncd è
pronto a passare all’incasso. E
a chiedere, come potrebbe fare riunendo lo stato maggiore
del partito tra gli ultimi giorni
di agosto e i primi di settembre, che la messa in discussione dell’articolo 18 entri nell’agenda dell’esecutivo. Come? Semplice. Sotto forma di
un emendamento da inserire
nello «Sblocca Italia».
Per comprendere la portata
della grande trattativa che potrebbe riaprirsi sull’articolo
18 basta dare un’occhiata alle
prime reazioni che, di fronte
alla linea alfaniana, sono arrivate dal governo e dai sinda-
Gli alleati di Grillo
cati. «Abolire l’articolo 18?
Non crea lavoro, quindi inutile dividersi», è la posizione
del ministro Marianna Madia.
E anche Raffaele Bonanni, numero uno della Cisl, ribatte a
muso duro: «Sulle modifiche
all’articolo 18 si dibatte solo
per un puntiglio ideologico,
pur di sfuggire ai nodi veri del
mercato del lavoro». Tra l’altro, aggiunte, «non lo chiedono neanche le imprese».
Eppure, nonostante le prime frizioni, Alfano e i suoi
non intendono fermarsi. «Noi
Il progetto
L’idea di fondo è
congelare la norma per
i neo assunti almeno
per i prossimi tre anni
non vogliamo dibattiti ideologici. Ma riforme strutturali
quelle sì, le vogliamo», mette
a verbale Gaetano Quagliariello. Secondo il coordinatore nazionale del Ncd, «il problema è di sostanza. Servono
riduzione della spesa, semplificazione e interventi sul mercato del lavoro». E su quest’ultimo fronte, insiste l’ex
ministro delle Riforme, «le
politiche basate sull’offerta si
sono rivelate un autentico fallimento. Dobbiamo ripartire
dalla domanda. E questo vuol
dire intervenire subito». Anche sull’articolo 18.
Sul punto il partito di Alfano è compatto. «Dobbiamo
sperimentare la liberazione
del vincolo dell’articolo 18»,
ribadisce Maurizio Sacconi.
Perché «le imprese non assumono anche per l’articolo
18», insiste Fabrizio Cicchitto.
Anche gli alfaniani indiziati di
voler collaborare con Silvio
Berlusconi alla riunificazione
del centrodestra stanno sulle
barricate. «Il superamento
dell’articolo 18 va praticato
subito. Dobbiamo invertire la
rotta anche perché quella seguita finora non ha portato a
nulla di buono», sottolinea
Nunzia De Girolamo. E qualcuno, come Barbara Saltamartini, arriva quasi a ventilare che - se Renzi ignorasse il
dossier - potrebbero esserci
delle conseguenze sulla tenuta della maggioranza. «Il premier deve avere coraggio e dimostrarsi innovatore anche
su questo punto. Se non lo facesse, vorrebbe dire che ha
fallito».
T. Lab.
23 marzo 2002 Roma, più di un milione di persone al Circo Massimo contro le modifiche all’articolo 18
Il licenziamento
nella norma del ‘70
L’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori,
varato nel 1970,
definisce illegittimo il
licenziamento di un
lavoratore effettuato
senza giustificato
motivo e stabilisce il
reintegro del dipendente
L’esecutivo Berlusconi Il corteo della Cgil
e il tentativo del 2001 nel marzo 2002
Nel 2001 il governo
Berlusconi, in accordo
con Confindustria,
propone una modifica
dell’articolo, rendendolo
non applicabile per i
nuovi assunti e
lasciandolo invece
inalterato per gli altri
Tutti i sindacati
protestano contro
l’iniziativa del governo.
Il 23 marzo 2002 la Cgil
da sola sfila a Roma con
il segretario Cofferati
per una manifestazione
considerata tra le più
grandi del dopoguerra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’intervista Il capo dei deputati di Forza Italia: disponibili a votare misure davvero efficaci, a partire da liberalizzazioni e privatizzazioni
«L’Italia rischia, pronti alla coesione nazionale»
Eurodeputato
loda Hitler
Lo Ukip
Brunetta: davanti a un dramma
lo difende
noi non faremmo come la sinistra
L’eurodeputato Bill
Etheridge, dell’Ukip, offre
Hitler come modello: era
un personaggio
«magnetico e convincente,
ottenne molto». Ma il
partito di Nigel Farage lo
giustifica: «Parlava di
stile». Secondo il Mail on
Sunday Etheridge ha detto
che Hitler prima dei suoi
discorsi «camminava
avanti e indietro. C’era
silenzio. Aspettava qualche
minuto, tutti pendevano
dalle sue labbra». Un
portavoce dell’Ukip, in
Europa alleato con il M5S,
ha spiegato che quello era
«un discorso su come
parlare in pubblico» in cui
Etheridge ha citato «grandi
oratori del passato come
Churchill, Blair, Martin
Luther King e Hitler.
L’invito era a studiare lo
stile, non i contenuti dei
discorsi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — «Ha presente il rischio di
tornare ai livelli di spread del 2011 con
livelli di disoccupazione mai visti? Ha
presente quello che attende Renzi e la
sua maggioranza in autunno, no? ».
Facciamo un elenco.
«Riforma della Costituzione alla Camera e Italicum al Senato. E soprattutto
i provvedimenti per salvare l’economia
che rischiano di essere esplosivi. Votazione delle variazioni al Def (Documento di economia e finanza, ndr), ai
conti, la legge di Stabilità, il Jobs act...
Secondo lei, ce la può fare Renzi a fare
tutto da solo?».
Se non ce la facesse, Forza Italia sarebbe pronta a collaborare col governo anche sull’economia?
«Noi non siamo come la sinistra.
Non siamo mai stati per il “tanto peggio tanto meglio”. Di fronte a un dramma nazionale cercheremmo la coesione politica. Per cui, se ci fossero provvedimenti davvero utili per il Paese sì,
li voteremmo».
A dispetto della sua fama di capofila
dei neo-falchi, Renato Brunetta tende
la mano al governo. Il suo Mattinale,
house organ del gruppo azzurro alla
Camera, ha lanciato un’agenda Berlusconi per salvare il Paese. E lui in questa intervista chiude il cerchio.
Brunetta, sia sincero, pensa davvero che l’Italia rischi una crisi tipo
quella del 2011?
«Nell’estate del 2011 c’era una maggioranza che, nonostante le turbolenze
derivanti da alcune defezioni tipo quella di Fini, governava. Infatti, prima delle lettera della Bce di agosto, aveva varato delle manovre importanti già a luglio. A differenza di oggi, poi, il tasso di
crescita del Pil era positivo, non negativo. Eppure, con tutti i meccanismi che
abbiamo poi ricostruito, la speculazione internazionale si abbattè sull’Italia».
Davvero lei pensa che oggi...
«Oggi, con la crisi politico-istituzionale che stiamo vivendo in Italia e col
fatto che siamo fanalino di coda dell’Europa, rischiamo di nuovo di finire
in emergenza. Anche perché Renzi non
solo ha perso sei mesi di tempo. Ma anche perché la manovra degli 80 euro,
che era finalizzata a vincere le elezioni e
che è stata finanziata in deficit, ha dato
ai nostri conti la mazzata finale».
Che cosa suggerisce al governo?
«C’è un’agenda già scritta. Iniziamo
dal lavoro, dove serve più flessibilità in
entrata e in uscita...».
E sull’articolo 18?
«Una moratoria. Per capirci, la sospensione di tre anni per tutti i neo-assunti».

Gli 80 euro

L’ispirazione
Quella manovra
finanziata in deficit ha
dato ai nostri conti
la mazzata finale
In autunno serviranno
provvedimenti per
l’economia esplosivi.
Renzi ce la farà da solo?
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E poi?
«C’è l’attuazione della delega fiscale,
con la quale si deve ridurre il carico sia
sulle imprese che sulle famiglie. Ma
questa deve per forza andare di pari
passo col taglio della spesa e l’aggressione al debito pubblico. Ma dev’essere
un taglio serio, coerente, che parta da
una spending review che non sia fondata sulle chiacchiere».
Che cos’ha in
mente?
«Liberalizzazioni e privatizzazioni. Dobbiamo capire quello
di cui ci si può
privare e venderlo. A cominciare
dalle pubblic utilities».
Sta dicendo che se alle Camere a
Renzi venissero a mancare i voti di
una parte dei suoi, voi lo sosterreste?
«Le cose di cui le sto parlando sono
contenute nel programma del Pdl e del
centrodestra quasi vincenti alle elezioni del 2013. Si chiama agenda AlfanoBrunetta. Dalle dismissioni alle liberalizzazioni, dalla riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese alle
privatizzazioni. Se Renzi dimostrasse
coraggio, lo sosterremmo».
E se Renzi decidesse di non seguire
quella strada?
«Allora vorrebbe dire che il governo
italiano avrà imboccato una direzione
opposta a quella della Bce e dell’Europa. Le parole di Mario Draghi e la posizione della Commissione europea vanno nella direzione di quello che le ho
detto finora».
Voi siete pronti, insomma.
Ex ministro
Renato Brunetta, 64 anni,
capogruppo di Forza Italia
alla Camera, è stato ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione
dal 2008 al 2011
«Noi non siamo come la sinistra. Nel
2011 Berlusconi si fece da parte e sostenne Monti. Nel 2013, pur pagando
un costo elettorale, ha sostenuto le larghe intese e s’è messo a collaborare
sulle riforme. Oggi è lo stesso. Di fronte
a un allarme nazionale, Forza Italia cercherebbe la coesione. Ci sono momenti
in cui l’interesse di parte va messo da
parte».
Tommaso Labate
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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12
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
italia: 52495258535051
Esteri
Elezioni Ha votato il 76% degli aventi diritto, trionfo con il 52% delle preferenze. Davutoglu e Yldirim favoriti per la guida del governo
In Turchia un plebiscito per Erdogan
Vince al primo turno. Via alla repubblica presidenziale, sarà lui a scegliere il premier
Il Paese
DALLA NOSTRA INVIATA
Mappa del voto
Ankara
TURCHIA
SIRIA
IRAQ
Recep Tayyip Erdogan
Ekmeleddin Ihsanoglu
Selahattin Demirtas
Popolazione
musulmani
99%
81 milioni
altre confessioni
1%
Turchi
Curdi
70%
25%
Altre
minoranze
5%
Istruzione
Diploma di scuola
media superiore
32%
Prodotto interno lordo 2013
612 miliardi di euro
Disoccupazione totale
9%
Disoccupazione giovanile
17,5%
CORRIERE DELLA SERA
ISTANBUL — Maggioranza
assoluta, niente ballottaggio.
In meno di una giornata tre
quarti dell’elettorato turco (il
76% di 53 milioni) ha scelto:
Erdogan presidente, con il
52% delle preferenze. Il mandato è di cinque anni, ma in
cuor suo Recep Tayyip Erdogan, 60 anni, confida di essere ancora lui il capo di Stato
nel 2023, quando la Repubblica ne festeggerà cento. Sarà lui l’uomo che, nei libri di
storia, sarà impaginato accanto a Mustafa Kemal Atatürk, che della moderna Turchia fu il fondatore.
Davanti al ritratto del padre della patria, una celebre
foto in cui Atatürk osserva
ispirato il cielo alla sua destra, l’ormai ex premier ha
votato ieri con la moglie, velata, al seggio 3245 della
scuola di Üsküdar, quartiere
popolare nella parte asiatica
di Istanbul. Per caso, o per
ironia della sorte, era un seggio tutto femminile (ad eccezione del presidente), e rappresentativo dell’equilibrio
dei costumi muliebri turchi:
tre scrutatrici con velo, tre
senza, una sola a braccia scoperte nonostante l’afa.
In cinque minuti, attorno
alle 14 e 30, la pratica era
sbrigata ma, circondato dal
suo staff, Erdogan si è fermato a osservare attentamente
le operazioni di voto, non
senza qualche probabile imbarazzo dei due o tre elettori
che, con la scheda in mano,
sono sfilati sotto i suoi occhi
fino all’urna e alla firma del
registro. Poi il corteo di una
ventina di automobili si è rimesso in moto, tra gli applausi di una piccola folla di
sostenitori.
Avrà molti difetti, ma Erdogan sembra avere il polso
del paese da cui si è fatto
eleggere. Lo conosce meglio
dei suoi sfidanti, che hanno
comunque riscosso un risultato superiore alle aspettative: con il 38% dei voti Ekme-
leddin Ihsanoglu, il professore 70enne che vorrebbe conciliare Islam e democrazia, ha
vinto nelle zone costiere occidentali del paese. Mentre,
avvicinandosi al 10% dei consensi, Selahettin Demirtas
raddoppia abbondantemente
il suo risultato alle amministrative di marzo, ma limita la
sua area di influenza alle regioni ad alta densità curda,
Presidente
Recep Tayyip Erdogan
(foto Reuters), 60 anni. «Il
popolo ha manifestato la
sua volontà», ha dichiarato
appena appresi i risultati
delle elezioni di ieri
nell’est.
Istanbul e la capitale stanno con Erdogan, assieme a
tutta la zona centrale del paese, e scommettono sulla svolta presidenzialista, senza precedenti nella storia della repubblica. L’investitura popolare conferisce a Erdogan la
forza necessaria per diventare il capo di stato e di governo
che sogna da tempo. Se vorrà
usarla fino in fondo, sarà
chiaro entro poco tempo.
Quando — da presidente
eletto a suffragio diretto —
designerà, altra novità assoluta, il suo stesso successore
alla guida del consiglio dei
ministri. Può scegliere tra i
suoi fedeli: per esempio, il
ministro degli Esteri, Ahmet
Davutoglu, poliglotta comunicativo, o quello dei Trasporti, Binali Yldirim, gradito
al mondo degli affari, o l’attuale presidente del parlamento. Oppure può cercare
di minimizzare la sua determinazione a reggere da solo il
timone, scegliendo un premier più «indipendente». O
addirittura spiazzare tutti,
designando Abdullah Gül, il
presidente uscente che, nel
2002, gli cedette la poltrona
di primo ministro. Ma l’amicizia tra i due è finita da un
pezzo e sembra che Gül si stia
avviando all’uscita di scena,
anche se c’è chi giura che
fonderà un nuovo partito.
Idea non banale, visto che
le elezioni politiche potrebbero essere, a questo punto,
anticipate dalla primavera
del 2015 al prossimo autunno.
L’opinionista
«Ma per noi
donne
sarà un passo
indietro»
DALLA NOSTRA INVIATA
ISTANBUL — Un’Erdogan
Republic? Sarebbe meglio di
no, grazie. Belgin Alkatan,
che dalle colonne del
quotidiano Hürriyet fustiga
il maschilismo a tutti i livelli
della società turca, è tutto
sommato ottimista. Se l’è
appena presa, nella sua
rubrica, con un giudice che
ha condannato una
divorzianda tradita e
malmenata a risarcire con 7
mila lire turche (circa 2.500
euro) il marito,
insoddisfatto dalle sue doti
di casalinga: «Meglio
andarsene subito in
Scandinavia» conclude
amara la columnist.
Donne che ridono a
crepapelle, a dispetto dei
richiami del vice premier,
Elisabetta Rosaspina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Donne in piazza a Istanbul
Il commento
LA SEDUZIONE
DEL SULTANO
CHE SI ISPIRA A PUTIN
(NON A HOLLANDE)
di ANTONIO FERRARI
È
Recep Tayyip Erdogan il primo
sultano repubblicano del terzo
millennio. Ha vinto, anzi ha stravinto, diventando il primo presidente della Repubblica di una
«nuova Turchia», come lui stesso
l’ha definita, cullandosi sulla straordinaria valanga di consensi che
gli hanno permesso l’elezione al
primo turno. Se la nomina fosse
state votata dal Parlamento, come
nel passato, qualche sorpresa sarebbe stata teoricamente possibile.
Affidandosi al popolo, l’uomo che
da oltre un decennio, nel bene e nel
male, guida il Paese, sapeva di non
correre rischi.
Anche la geografia del voto è un
segnale inequivocabile. Conquistare sia Istanbul sia Ankara vuol dire
che, per convinzione o per stanchezza, anche molti avversari laici
si sono piegati all’ineluttabilità
della volontà della maggioranza.
Erdogan ha vinto grazie alle regole che in una democrazia vanno
rispettate. Dovranno essere sempre
rispettate anche dall’uomo che entrerà nel palazzo di Çankaya, come
ultimo successore del grande Mustafa Kemal Atatürk. Un leader in-
discusso, Erdogan, che però da oltre un anno ha compiuto atti e abusi inaccettabili in una democrazia
compiuta. Dalla brutale repressione contro i rivoltosi per il parco di
Gezi, alla corruzione, al nepotismo,
alle ombre sinistre che hanno accompagnato l’allontanamento e il
trasferimento di magistrati, poliziotti e investigatori scomodi, ai di-
Legittimato
E’ stato consacrato dal
voto. E nonostante gli
atteggiamenti autoritari,
avrà un ruolo chiave
nelle crisi internazionali
sastrosi errori in politica estera, alle
misure ridicole sul «corretto comportamento» delle donne nella vita
pubblica e privata. Una serie di «incidenti» che hanno spinto numerosi osservatori a disegnare un inquietante scenario. Come ha scritto
Le Monde, Erdogan «vuole imporre
un regime autoritario».
Ci si chiedeva se un condottiero
così arrogante e divisivo avrebbe
potuto rappresentare autorevolmente il Paese lungo la strada che
porterà, anzi sta già portando ad
una repubblica presidenziale, che
nelle intenzioni del neoeletto somiglierà assai più a quella di Putin
che a quella di Hollande. La verità è
che la maggioranza dei turchi è sedotta da Erdogan, si specchia in lui,
Negoziati al Cairo
Gaza, tra Israele e Hamas nuova tregua di 72 ore
IL CAIRO — Israeliani e palestinesi hanno accettato
ieri la proposta egiziana di una nuova tregua di 72 ore
a Gaza. Il cessate il fuoco è entrato in vigore alla
mezzanotte locale (le 23 in Italia). Riprenderanno
dunque oggi al Cairo con la mediazione dell’Egitto le
trattative indirette fra Israele e Hamas al fine di
arrivare a una tregua più duratura. Ma la strada
appare in salita. Hamas ha fatto sapere che tutte le
fazioni palestinesi non hanno rinunciato alle richieste
già avanzate, a partire dalla revoca del blocco di Gaza.
Ma la richiesta difficilmente potrà essere accettata dal
governo israeliano nei termini proposti di palestinesi
(nella foto La Presse, un bambino davanti alle
macerie della moschea al Qassam a Gaza).
si fida e si affida a lui. Per adesso lo
seguirebbe persino se la Turchia
dovesse pagare un prezzo molto alto, come il definitivo tramonto del
processo di annessione all’Unione
europea. Processo che si è ormai
arenato sulle secche di antiche e
nuove diffidenze incrociate. E’ persino possibile che il nuovo capo
dello stato decida autonomamente
di allontanarsi ancor più dal binario europeo, per esempio affidando
il governo a un fedelissimo, come il
ministro degli esteri Ahmet Davutoglou, capofila delle scelta «neottomana», che guarda soprattutto al
mondo musulmano.
L’Unione europea, ma soprattutto gli Stati Uniti, che da sempre
hanno rapporti strettissimi con
Ankara, sia nelle relazioni bilaterali
che nella Nato, non hanno certamente gradito gli atteggiamenti
autoritari e poco rispettosi dei diritti umani dell’alleato Erdogan.
Tuttavia, in questa fase di gravissime turbolenze regionali, Ankara
può avere un ruolo importante, nonostante gli errori commessi. Anche su questo Erdogan punta per
ottenere una più solida legittimazione internazionale.
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giornaliste che non stanno
«al loro posto» come
vorrebbe il nuovo
presidente: qualcosa sta
cambiando?
«Oh, sì, qualcosa stava
cambiando nella società
turca, da 90 anni. Finché
questo governo non è
andato al potere e ha
cominciato a riportare le
cose indietro. La novità non
è il cambiamento ma il
tentativo di fermarlo. Come
l’acqua, anche il mondo e la
società turca, seguono il loro
corso. Si cambierà, sì,
speriamo in meglio».
Una Repubblica
presidenziale frenerà le
ambizioni femminili?
«Una Repubblica
presidenziale no, ma una
“Repubblica Erdogan”
sicuramente sì. Anche se
solo temporaneamente. Ci
rimetteremo in piedi.
Erdogan non sarà lì per
sempre».
S’immagina un futuro
presidente donna?
«Certamente! Ci sarà un
giorno una donna al palazzo
di Çankaya. Abbiamo donne
in politica e abbiamo già
avuto donne ministro, anche
se non eccellenti. La strada
per le posizioni ai vertici è
aperta alle donne in Turchia.
È soltanto questione di
tempo».
E. Ro.
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Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Esteri 13
italia: 52495258535051
Germania Sigmar Gabriel, il «Cancelliere d’estate», continua a bloccare l’uscita del volume
Il libro fantasma del vice Merkel
«L’inferno con un padre nazista»
Il leader dell’Spd e il mistero di un’ingombrante autobiografia
DAL NOSTRO INVIATO
BERLINO — Gabriel padre
era un nazista convinto. «Sosteneva che l’Olocausto è
un’invenzione – racconta Gabriel figlio -, passava il tempo
libero a studiare il negazionismo. Mia madre se ne vergognava e me l’ha sempre tenuto nascosto: ho scoperto le
sue idee solo da adulto». Gabriel padre alzava la voce, più
spesso le mani. «Quando i
miei divorziarono — dice Gabriel figlio — lui si risposò e
io fui costretto a conviverci
sette anni. Era severo: se non
chiamavo “mamma” la sua
seconda moglie, mi tratteneva mezzo marco dalla paghetta». Gabriel padre è morto
due anni fa e Gabriel figlio,
che oggi ne ha 54 e dopo una
vita a sinistra è diventato il vicecancelliere Sigmar Gabriel,
ministro dell’Economia e leader dei socialdemocratici, ora
Gabriel figlio ha provato a uccidere una volta per tutte l’ingombrante papà con un’autobiografia: «Due vite e mezza»,
lunga intervista a Bernd Ulrich. Libro fantasma. Pronto lo
scorso febbraio, doveva uscire in aprile. Rinviato a questo
agosto, l’editore Kipenheuer
& Witsch comunica che bisognerà aspettare dicembre.
Motivo? No comment. «Forse
è diventata una biografia
inopportuna», ipotizza il settimanale Der Spiegel. Perché
dallo scorso dicembre Gabriel
è il vice di Angela Merkel. E in
questi giorni di vacanze le fa
da attivissimo supplente. E
quel ritratto di famiglia in un
inferno, ora, un po’imbarazza: se già le colpe dei padri ricadono sui figli, c’è bisogno
di raccontarle in giro?
Il segreto di Sigmar Gabriel
in realtà non è un segreto.
L’aveva confidato lui stesso,
un anno e mezzo fa. «Mio papà Walter se n’è andato –
spiegò a un giornale - e io voglio liberarmi del passato».
Sperava che un articolo bastasse. Invece no: «Non riesco
a togliermi questa rabbia che
sconfina nella tristezza». Meglio un libro-confessione: per
ripercorrere un’infanzia com-
Ragazzo ucciso dalla polizia
La rabbia dei neri in Missouri
NEW YORK — Per la polizia
Michael Brown ha aggredito il
poliziotto che l’ha ucciso spingendolo dentro l’auto con la
quale stava pattugliando Ferguson, un sobborgo nero di St.
Louis, in Missouri. Secondo diversi testimoni, invece, è stato il
poliziotto a prendersela senza
motivo col ragazzo che passava
di lì, sparandogli appena questo
ha tentato una blanda reazione.
Nemmeno il capo della polizia
di St. Louis che ha cercato di difendere il suo agente (comunque sospeso dal servizio), è stato in grado di spiegare perché
contro il ragazzo, disarmato, siano stati sparati diversi colpi.
Quello che è certo è che questo ragazzo di 18 anni che aveva
appena finito il liceo, non potrà
presentarsi al college dove proprio oggi avrebbe dovuto iniziare il suo percorso universitario:
un’altra vita di un ragazzo nero
spezzata senza motivo. Come
Trayvon Martin, il ragazzo di 17
parola al papà: l’ha rifatto nel
2005, solo perché da destra
l’accusavano d’aver abbandonato il genitore malato.
Più che a seppellire il padre, il libro in magazzino è
riuscito soprattutto ad azzoppare il figlio. «Ci sono capitoli
che Gabriel non ha gradito»,
dice Der Spiegel. Il «cancelliere d’estate», nonostante la carica puramente onorifica, sta
vivendo giorni di grande
esposizione sui media tedeschi. A caccia di consensi per
la sinistra, approfitta di queste settimane per inaugurare
parchi eolici sul Baltico e visitare i Land più poveri dell’Est.
Pacifista dichiarato, ha cancellato una fornitura militare
Figlio
«Se non chiamavo
mamma la sua seconda
moglie, mi decurtava
la paghetta»
Il caso Disarmato, 18 anni, andava a casa della nonna
DAL NOSTRO INVIATO
Diritti
anni ucciso due anni fa a Miami
da un altro giovane, membro di
un gruppo di autoproclamati
guardiani del quartiere. Come
allora, anche a St. Louis la vicenda sta provocando la dura
protesta della comunità afroamericana e delle organizzazioni
dei diritti civili. Mentre in caserma il capo della polizia Jon
Belmar cercava di spiegare alla
stampa il comportamento del
suo agente, fuori centinaia di
persone manifestavano urlando
«smettete di spararci addosso»
Manifestanti
La polizia di Ferguson, nello
Stato del Missouri, fa barriera
davanti a un gruppo di
manifestanti intenzionati a
raggiungere il luogo dove è
morto il diciottenne Michael
Brown per mano di un poliziotto
e agitando cartelli con su scritto
«Niente pace senza giustizia»,
«Basta col terrorismo della polizia» e anche un più allarmante
«Uccidere la polizia».
Nella notte c’è voluto un cordone di poliziotti, soprattutto
neri, coi cani lupo al guinzaglio,
per tenere testa alla folla furibonda. Mentre la polizia locale
si trincera dietro la riservatezza
delle indagini, il governo federale è deciso a vederci chiaro. Ci
sarà un’inchiesta parallela della
polizia federale, l’Fbi, e il ministro della Giustizia Eric Holder
ha mobilitato i magistrati del
dipartimento diritti civili.
La vicenda di St. Louis avrà
ripercussioni anche a New York
dove da giorni la comunità nera
è in fermento per la morte di un
altro nero disarmato a causa di
un intervento troppo brutale
della polizia. Eric Garner, che
stava vendendo sigarette di
contrabbando e che forse ha
cercato di sottrarsi a un controllo, è stato bloccato dalla polizia
che gli ha stretto un braccio attorno al collo, una tecnica proibita. L’uomo, un obeso, è morto
per mancanza d’ossigeno. Un
passante ha ripreso e messo in
rete la scena nella quale si vedono i poliziotti che non mollano
la presa nonostante a Garner
manchi chiaramente l’aria. De
Blasio è fra due fuochi: i poliziotti che accusano il sindaco di
non averli difesi e i suoi elettori
afroamericani furibondi. Ancora ieri cercava di far rientrare la
protesta che il 23 agosto dovrebbe paralizzare il ponte Giovanni da Verrazzano, il più
grande di New York. Adesso sarà più difficile.
M.Ga.
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plicata («praticamente fui rapito e portato altrove») e la
condanna a sentire la madre
solo al telefono, l’adolescenza
in solitudine, l’impegno a sinistra («una reazione a ciò
che era lui? Non so»), la laurea, la carriera d’insegnante,
l’ascesa politica: presidente
della Bassa Sassonia, ministro, leader Spd. Per vent’anni, Sigmar non ha più rivolto
Infanzia nera
Sigmar Gabriel, 54 anni,
presidente dei
socialdemocratici tedeschi.
In «Una vita e mezza», mai
uscito, racconta l’infanzia
con un padre nazista
a Putin, spronando francesi e
inglesi a fare altrettanto.
Amato da Hollande, che «da
rosso a rosso» trova più affinità con lui che con la Merkel,
accoglie l’invito dell’Eliseo a
una maggiore flessibilità sul
budget europeo. Amico dell’ex cancelliere Schröder —
«veniamo entrambi da famiglie umili» — nei sondaggi di
gradimento Gabriel ha raggiunto il 25%: andasse d’accordo con la Linke più radicale, ci sarebbero i numeri per
una coalizione tutta sua e tutta di sinistra. Un sogno da realizzare chissà quando: in
ogni caso, dopo avere scacciato gl’incubi del passato.
Francesco Battistini
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E Obama
inaugura
i Giochi Gay
CLEVELAND — Nello
stupore generale dei
partecipanti il presidente
Barack Obama, con un
video a sorpresa, ha dato il
via ai Giochi Gay, la
competizione
internazionale iniziata
sabato sera a Cleveland, in
Ohio.
Nel video mostrato alla
cerimonia d’apertura,
Obama ha dato il
benvenuto agli atleti, agli
allenatori, alle famiglie e
agli spettatori provenienti
da ogni parte del mondo.
Il presidente ha affermato
che gli Stati Uniti hanno
fatto molta strada nel loro
impegno per la parità dei
diritti per lesbiche, gay,
bisessuali e transgender e
ha anche notato come
molti degli atleti in gara a
Cleveland provengano da
Paesi nei quali rendere
pubblico il proprio
orientamento sessuale
può voler dire mettere a
rischio la propria vita e
quella dei propri
famigliari.
Obama, poi, rivolto alla
folla, ha detto « gli Stati
Uniti sono al vostro fianco
e lavorano per i diritti
umani, anche i vostri».
Sono circa 8mila le
persone che
parteciperanno alla nona
edizione dei Giochi Gay a
Cleveland che
termineranno il 16 agosto.
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Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Esteri 15
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Il festival Migliaia di giovani
si sono dati appuntamento nella
città di Medellín per ascoltare
poeti di settanta Paesi che si
esprimono nelle loro lingue
d’origine a rischio estinzione:
una lezione di pace
Uomini e giganti
di DACIA MARAINI
bambini promettendo soldi e autorità in cambio di
una totale dedizione alle bande. Solo pochi riescono
a starne fuori e hanno un gran coraggio. Il flagello è
la droga. Troppi ci guadagnano, troppi ci vivono, a
troppi fa comodo che il commercio continui. Il Paese
si regge sulla produzione e l’esportazione di foglie e
fiori di papavero da cui si estraggono l’oppio, la morfina e l’eroina». «E se si legalizzasse questo commercio di morte?» chiedo, consapevole della mia ingenuità. Il luogo comune vuole che legalizzando la
droga, si porterebbe la gente ad assumerne di più.
Ma la storia ci insegna che non è così.
La macchina sale su per stradine tortuose e asfaltate da poco. Negozietti, galline, scoli, buche, gradinate, moto che corrono veloci, grovigli di fili appesi
malamente a pali di cemento. Gli autobus devono
fermarsi e mettersi da un lato per fare passare un camion che sale. Un ragazzo coperto di bottiglie vuote
tutte legate fra di loro, appare come uno strano drago ambulante iridescente. Una donna curva si trascina col bastone. Una bambina cammina a piedi scalzi.
Mosche e tafani. Eppure, nonostante la povertà, gli
scoli all’aperto e i tetti di amianto, il barrio appare
pulito e le casupole appollaiate l’una sull’altra, le cui
porte rimangono sempre aperte perché danno su
stanze senza finestre, rivelano all’occhio curioso ambienti ben spazzati, forniti di un divano, una tenda,
una grossa televisione, dei quadri con l’immagine
della Madonna e di Gesù martirizzato. Ma come è
potuto accadere che la Colombia, conosciuta come
uno dei luoghi più pericolosi, corrotti e anarchici del
mondo, si stia trasformando, anche se con evidente
fatica e molti ripensamenti e passi indietro, in un Paese responsabile e in parte, se non del tutto, attento
alle leggi? La risposta sembra stia nei patti e nelle alleanze fra forze avverse, in una idea comune di pace.
Non c’è alternativa.
I preparativi per i «Giganti floreali»
della grande Fiera dei fiori di Medellín:
nella città colombiana si è svolto a luglio
il 24esimo Festival internazionale
di poesia diretto da Fernando Rendón
(foto Epa/Luis Eduardo Noriega)
C
osa spinge cinquemila
giovani a fare la coda
per entrare in un anfiteatro ai margini della città di
Medellín per ascoltare, seduti
sulla dura pietra, i poeti di
vari Paesi che leggono le loro
composizioni? Che la poesia
sia sempre più apprezzata
quando viene letta a voce alta
è noto, ma che siano in tanti ad accorrere, soprattutto giovani e giovanissimi, quasi fosse un incontro di
musica rock, rimane un mistero. Provo a chiedere ai
poeti che sono qui per il festival, a cosa attribuiscano
questa popolarità davvero immensa della poesia, in
una città sepolta in mezzo alle foreste colombiane,
sopra montagne alte quasi tremila metri. C’è chi mi
parla di una antica tradizione di popoli contadini
montanari che davano alla parola detta a voce alta un
significato magico e potente, molto vicina alla parola
religiosa; c’è chi invece attribuisce questo amore a
un popolo che esce da una esperienza di violenza e si
affida alla parola poetica come la sola capace di contrastare le armi e gli orrori della guerra civile; c’è ancora chi ci vede il bisogno collettivo di un sogno di
pace; e chi lo interpreta come una dichiarata aspirazione a capire e conoscere il mondo per coloro che
non hanno soldi per viaggiare e si incantano ad
ascoltare l’indiano, il cinese, ma anche il francese e
l’italiano, poeti di oltreoceano venuti qui a raccontare in versi il loro malessere e le loro felicità.
Il direttore del festival, Fernando Rendón, è un
uomo dichiaratamente di sinistra, cosa che qualche
anno fa lo avrebbe messo in pericolo di vita. Grande
organizzatore, instancabile lavoratore, è sempre pieno di progetti grandiosi: «Voglio creare una rete internazionale di poeti che si propongano di cambiare
il mondo con la poesia. Abbiamo già cominciato.
Ogni anno i nostri seguaci crescono. Siamo passati
negli ultimi due anni da 1.800 a 103 mila aderenti
sparsi per la Rete. Il pubblico in questi festival è protagonista. Noi abbiamo avuto l’enorme pretesa di
educarlo alla poesia, ma sono loro alla fine che stanno educando noi. Molti di questi poeti vengono da
Paesi in guerra. Superano enormi difficoltà per ottenere i permessi, viaggiano a zig zag tra i vari Stati,
pur di raggiungerci. Ma l’idea di una grande trasformazione delle coscienze basata sulla poesia, attira
molto i giovani e noi ci crediamo».
«E cosa chiedete ai poeti: di parlare di politica, di
sporcarsi le mani, come diceva Sartre, di impegnarsi?». «No per niente. Ai poeti noi chiediamo di parlare di quello che vogliono, ma usando le loro lingue di
origine, diamo molta importanza alle lingue che sono state ferite e praticamente uccise dai dominatori
del mondo. La cosa straordinaria è che i poeti, anche
quando parlano d’amore, e moltissimi nostri poeti
parlano solo d’amore, propongono una visione del
mondo nuova, invitano a una riflessione sul linguaggio, che risulta alla fine molto più emozionante
ed educativa di una lezione di antropologia o di storia». Quindi l’educazione alla convivenza pacifica
comincia con l’educazione del linguaggio? Si direbbe proprio di sì.
«La sparizione delle lingue non è un fatto naturale, ma un lento sterminio», dice con serena decisione
la professoressa Neila Pardo. «Ma gli scrittori — le
chiedo —, quando vogliono farsi leggere, come possono usare una lingua antica, che solo pochi praticano?». «Si tratta di coltivare le diversità, senza rinnegare le lingue forti che ci aiutano a comunicare col
mondo. Ma guai se perdiamo i rapporti con le nostre
lingue di origine!». «Sarebbe come se noi europei
decidessimo di tornare a scrivere in latino?» chiedo
provocatoriamente. «Il latino era già una lingua dominante. Semmai in osco, in etrusco, in umbro».
Cambiare il mondo
In effetti molti dei poeti invitati ci raccontano il
loro mondo con lingue sconosciute ai più, come Joy
Harjo, una bella donna dai lunghi capelli neri e una
mano tatuata con disegni antichi, che vive negli Stati
Uniti ma canta e scrive sia in inglese che in lingua
Muskogee, o come il peruviano Odi Gonzales che
scrive sia in spagnolo che in lingua Quechua.
«Ma la poesia può cambiare il mondo?» si chiedono i poeti, un poco spaventati da un tale incarico. Un
poco increduli, ma anche lusingati dall’attenzione
quasi adorante di migliaia di giovani che si affollano
per sentire le loro liriche.
«Se il poeta deve assumersi tutto il dolore del
mondo/», recita Liliana Ancalao, argentina della popolazione Mapuche, «se il poeta deve assumersi
l’esilio e il regno della guerra/ sa che deve morire lontano dalla sua idea apollinea/, dal suo numero aureo/, dalla sua mistica geometrica/». Una polemica
contro la poesia classica? Contro il pensiero eurocentrico? «Io scrivo su una pagina di fumo/» incalza
Amin Khan, algerino, «Fra la strada piana e l’orizzonte consumato/ c’è poco spazio/ per il sentimento e
la gioia/ io scrivo il canto/ dell’orda disperata».
«Quale peso, quale responsabilità dovrebbe assu-
LA POESIA CI SALVERÀ
VIAGGIO IN COLOMBIA
TRA LE LINGUE FERITE
mersi il poeta?» chiedo a Fredy Chikangana, poeta
colombiano della nazione Yanacona. Mi risponde
che la assoluta gratuità della poesia, che non ha alcun fine, salvo la gioia di esistere, è ciò che la rende
libera come nessun’altra attività al mondo. «Gli uccelli, i pesci hanno un loro linguaggio, bisogna capire questo per rendersi conto della forza naturale della parola poetica».
Al più antico e popolare festival dell’America Latina sono presenti una settantina di poeti che vengono
da tutto il mondo: Africa, India, Laos, Messico, Cile,
Guatemala, Stati Uniti, Turchia. Alcuni sono riflessivi, seri, sobri. Altri sono esplosivi e recitano con tutto il corpo, come fa la straordinaria Gcina Mhlophe,
poetessa sudafricana, di origine Zulu, che con i suoi
poemi (in inglese) entusiasma le platee. Pochissimi
gli europei. Quest’anno si è instaurato un particolare
dialogo con i cinesi, che sono venuti numerosi per
raccontare di sé e del mondo. Qualcuno osserva che
le loro poesie parlano soprattutto d’amore, di giardini meravigliosi, di conquiste montane, ma mai di
politica. A me verrebbe di chiedere loro cosa pensano delle scelte governative nei riguardi del Tibet, ma
taccio intimidita dal loro sorriso misterioso e distaccato. Tema di discussione è la Palestina. Proprio in
questi giorni i quotidiani e le televisioni raccontano
con dovizia di particolari delle bombe israeliane su
Gaza mostrando case distrutte, uomini che corrono
tenendo in braccio bambini feriti a morte, donne insanguinate che si trascinano per terra. «Ho provato a
invitare poeti israeliani e poeti palestinesi, ma gli
israeliani hanno detto che se c’è un palestinese, non
vengono», mi spiega il direttore. Ma se lo scopo della
poesia è raggiungere la pace, non dovrebbero intellettuali israeliani e palestinesi cercare di colloquiare
dando un esempio di pace? «Noi siamo per la Palestina, che in questa situazione è quella che soffre di
più. Se Israele rinuncia ai territori occupati, la pace si
potrà fare, altrimenti non credo che sia possibile».
Il poeta Moisés Pascual, di Panama, interloquisce
a distanza, dolcemente, con una poesia enigmatica:
«Io temo una morte senza amore,/ tu temi di vedere
nello specchio rotto la tua faccia fatta a pezzi,/ lui teme di farsi pietra in mezzo all’erba secca,/ noi temia-
mo di perdere una casa di cielo azzurrino e terra nera,/ voi temete un temporale di solitudine e i suoi fulmini improvvisi,/ essi temono di perdere i loro eterni
schiavi». E al mio sorriso interrogativo, risponde che
gli enigmi sono i mattoni con cui i poeti costruiscono le loro case fantastiche.
Un Paese in lotta
Parlo con un poeta drammaturgo, Jorge Iván Grisales, di Medellín, chiedendogli di questa pacificazione di cui tutti discutono e che a me pare di sentire
come una liberazione in questa città famosa per le
sue violenze recenti. Mi risponde che la pacificazione in Colombia, con l’elezione del nuovo presidente
Juan Manuel Santos, c’è ma è larvale, e riguarda solo
le grandi città. «In campagna è ancora un disastro.
Sui campi, i paramilitari cacciano i contadini dalle
loro terre, per piantare oppio. Se non riescono a cacciarli, li costringono a coltivare marijuana. E chi si
oppone, rischia un colpo di fucile, o, come facevano
al tempo di Uribe, gli tagliano la testa. Un corpo senza braccia o senza gambe può andare in cielo, può
stare fra gli altri morti. Ma un corpo senza testa, dove
va? E’ irriconoscibile anche nell’aldilà». Per questo
sono così solerti nella decapitazione. «Nessuna
scrittura ci esime dal delitto/», recita a voce alta Selnich Vivas, poeta colombiano che insegna all’università di Friburgo, «è seme delle decapitazioni./ Di
buon grado o malvolentieri/ la poesia tossisce nella
sua cuccia/. Ha la bocca cucita alla narice./ Un rumore ossuto irrigidisce i punti della sutura». Sembra
di osservare una di quelle maschere esposte qui al
museo di arte precolombiana, una di quelle facce
dall’espressione inaccessibile, serenamente buia,
che racconta un dolore indicibile.
La mia editrice, Lucia Donadío, di origine italiana
come dice il suo nome, mi accompagna al Barrio
Sierra, uno dei più alti della città, e con la storia più
drammatica. Lì faccio la conoscenza di un sacerdote
siciliano, Carmelo Pristipino, che ha aperto una
scuola per bambini della strada: «Ma è difficilissimo
farli studiare, l’ambiente li rende estranei e distratti:
faccio uno sforzo immane per fare loro aprire i libri,
la cultura del quartiere li cattura, li arruola ancora
La forza delle parole
Avevo letto prima di partire storie terribili sui decenni passati. Due libri mi hanno colpito particolarmente, per la loro bellezza e sincerità: il libro di
Hector Abad Faciolince che racconta un amore fatto
di tenerezza, solidarietà, tolleranza e impegno, fra
un padre medico che va dritto per la sua strada, incurante delle minacce di chi vuole imporre il suo potere criminale, e un figlio trepidante per le sorti della
famiglia, in ammirazione di un padre giovane e attivo che verrà ucciso barbaramente per le sue idee. Un
libro scritto con sincerità e intelligenza, che consiglio a chi ha a cuore l’America Latina, pubblicato in
italiano da Einaudi col titolo «L’oblio che saremo».
Titolo preso da una frase di Borges. L’altro è un piccolo libro di difficile lettura, perché riporta le testimonianze di giovani e meno giovani usciti dal carcere, dopo anni di dura prigionia, sia per delitti di droga, sia perché accusati di terrorismo da un regime
che non guardava per il sottile. Il gergo che usano è
chiuso e contratto. Il titolo del libro è «No nacimos
pa’ Semilla», di Alonso Salazar J. Racconta storie mostruose di ragazzi che crescono in ambienti di guerra
continua, vengono costretti a uccidere e poi ne prendono il gusto. Altri impazziscono e si trasformano in
perfetti automi, senza paura e senza pietà, nemmeno
per se stessi.
«Se ci chiedono una parola,/ noi gliela diciamo,
perché la parola corre pericolo senza parole», recita il
poeta colombiano Selnich Vivas: «Chiunque ci chieda una parola, noi gliela diciamo chiaramente,/ come se questa parola fosse in realtà la parola delle parole;/ la pronunciamo perché vogliamo ritornare alla
parola. / Lo facciamo perché non muoiano le parole./
La parola del ritorno è la parola più pericolosa./ E
noi torniamo indietro per proclamarla chiaramente./ Sì, la pronunciamo, sì, la pronunciamo la parola,
sì/ e ritorniamo a casa/ perché non abbiamo più paura delle parole».
Forse è proprio vero, come dice Joséphine Bacon,
canadese di discendenza Innu, che la poesia è dotata
di una forza misteriosa e armonica che dice qualcosa
più di quanto dicano l’economia, e le armi e la politica. Benché ingenua, utopica, a volte anche criptica,
parla ai sensi, oltre che all’intelligenza, cosa che
spesso dimentichiamo di fare.
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Le voci

Fernando Rendón
Una grande
trasformazione delle
coscienze basata sulla
poesia: noi ci crediamo
Liliana Ancalao
Il poeta deve assumersi
tutto il dolore
del mondo, l’esilio
e il regno della guerra
Fredy Chikangana
Gli uccelli, i pesci hanno
un loro linguaggio:
bisogna capire questo
per capire la poesia
Moisés Pascual
Io temo una morte senza
amore, voi temete un
temporale di solitudine
e i suoi fulmini
Selnich Vivas
Se ci chiedono una
parola, gliela diciamo,
perché la parola corre
pericolo senza parole
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Cronache
Fecondazione Dopo le parole del presidente della Corte Tesauro, al dicastero insistono: «Restano troppe cose in sospeso, serve prima una legge»
Scontro tra Consulta e governo sull’eterologa
«Non c’è vuoto normativo». La replica del ministero: ci dicano come si tutela la salute
ROMA — «La Corte costituzionale ci deve spiegare come
possiamo risolvere dei problemi
fondamentali per la sicurezza
senza una legge». È piccata la risposta del ministero della Salute
al presidente della Consulta,
Giuseppe Tesauro, che ieri, dalle
pagine del Messaggero, ricordava gli effetti della sentenza 162
sull’illegittimità del divieto di
fecondazione eterologa: «Non
c’è un vuoto normativo — rimarcava il presidente Tesauro
—. I centri di fecondazione assistita possono praticare già da
ora l’eterologa. Quelli autorizzati possono praticare la tecnica
purché siano rispettati i paletti
posti dalla legge 40». Governo e
Parlamento, spiegava Tesauro,
possono modificare la legge. Ma
la Corte ha stabilito «l’incompatibilità del divieto di eterologa
con la Costituzione e che il vuoto normativo è solo relativo al
numero di donazioni, da colmare con un aggiornamento delle
linee guida o con norma primaria».
Posizioni inconciliabili. Uno
scontro che si fa ogni giorno più
duro, dopo lo stop auspicato dal
ministro della Salute, Beatrice
Lorenzin, che ha rinviato, «su richiesta del premier Matteo Renzi», le linee guida che avrebbero
dovuto regolare gli aspetti tecnici della questione, in attesa di
un nuovo intervento normativo
delle Camere. Lo stesso Cesare
Mirabelli, cattolico, presidente
emerito della Consulta, fa notare
al Corriere: «Una legge dovrà essere fatta. Per stabilire garanzie
contro una deriva eugenetica o
riguardo al numero massimo di
donazioni possibili (ad evitare
rapporti tra fratelli e sorelle inconsapevoli). Ma nel frattempo
non ci sono sanzioni possibili
da invocare contro chi pratica
l’eterologa». «I Nas, se davvero
verranno inviati nei centri —
aggiunge Mirabelli — non potranno che valutare se sono rispettati i limiti imposti dalla
Salute
Beatrice
Lorenzin, 42
anni, è ministro della Salute nel governo Renzi.
Ha assunto
la guida del
dicastero con
il precedente
esecutivo
Letta il 28
aprile 2013
(foto Ansa)
legge 40, le modalità e le procedure. Perché di fatto non c’è alcun divieto».
Per voce del braccio destro
del ministro su questi temi, Assuntina Morresi, il ministero replica: «Senza un registro centrale è impossibile contare le donazioni e controllarle, e lo stesso si
può dire per le importazioni dei
gameti. Supponiamo che in una
coppia di fratelli uno decida di
donare gli spermatozoi e l’altro
di fare una fecondazione eterologa, nulla impedisce che riceva
proprio il seme del congiunto.
Non bastano certo delle linee
guida. Serve una legge primaria.
Con le fughe in avanti si mette a
repentaglio la salute dei nati».
«Non ci si può rifare solo alla
legge 40 che è nata per vietare
l’eterologa», aggiunge Lorenzo
D’Avack, vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica. Ad
esempio, «non è chiaro il numero di figli che possono scaturire
Il presidente emerito
Mirabelli: «Non ci sono
sanzioni possibili
da invocare contro
chi la pratica»
I gemellini contesi
L’avvocato:
possibile l’incontro
tra le due coppie
dello scambio
di embrioni
Un faccia a faccia, in futuro, tra le due
coppie dei gemellini contesi? Non è
impossibile. «Adesso facciamo
calmare le acque, ma con il tempo ci
sarà modo di organizzare degli
incontri e dialogare». Lo ha detto
Michele Ambrosini, l’avvocato della
coppia che ha dato alla luce i due
bambini — il 3 agosto scorso a
L’Aquila — dopo lo scambio di
embrioni, commentando la proposta
avanzata dai genitori biologici di un
incontro a quattro e la richiesta di non
essere esclusi dalla vita dei due
gemellini. «Mi auguro che il tutto
avvenga nel rispetto dei bimbi e il più
lontano possibile dalle aule di un
tribunale», ha aggiunto il legale. «Le
parole che ho letto — ha spiegato
Ambrosini all’Ansa — arrivano a
poche ore dalla decisione del giudice
che ha respinto quella che io definisco
una sorta di aggressione giudiziaria».
«Ricordiamoci — ha continuato —
che era stato chiesto di bloccare
l’iscrizione all’anagrafe e di affidare i
bambini a un istituto subito dopo la
nascita. Richieste che mal si
conciliano con il desiderio espresso in
queste ore di poter vedere i piccoli ed
essere coinvolti in questa fase della
vicenda». Intanto la battaglia va avanti
anche sul fronte legale nei confronti
della struttura sanitaria in cui si è
verificato lo scambio di embrioni.
«Stiamo riflettendo attentamente —
ha proseguito l’avvocato Ambrosini
— e valutando tutti gli elementi che
possano costituire fattispecie
penalmente rilevanti per presentare
un esposto in Procura contro
l’ospedale e per procedere anche dal
punto di vista civile con una richiesta
di risarcimento danni».
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dalla donazione». Insomma,
conclude D’Avack, «i centri possono partire ma io mi premunirei con un buon avvocato». «Chi
sostiene che l’eterologa sia immediatamente praticabile ignora i rischi, per le coppie e per i
bambini», avverte Eugenia Roccella (Ncd).
Di parere opposto Melania
Rizzoli (Fi): «Non bastano le parole del ministro Lorenzin per
bloccare l’eterologa: per vietarla
servirebbe un decreto che non
c’è».
Certo è che, dopo il via libera
all’eterologa in Toscana del governatore Enrico Rossi, saranno
le regioni a decidere se adeguarsi o meno al nuovo divieto del
governo. Cosa faranno? Luca
Coletto,coordinatore per la Conferenza degli assessori alla Sanità delle Regioni, e assessore in
Veneto, è cauto: «Occorrono regole serie per evitare pasticci».
Stessa linea in Liguria. «È bene
aspettare un quadro nazionale a
cui le Regioni si possano omologare a tutela di tutti, medici e
pazienti», dice Walter Ferrando,
medico chirurgo e presidente
della commissione sanità della
Regione. E Claudio Montaldo,
assessore alla Sanità in Liguria,
aggiunge: «Serve uno stanziamento ad hoc per dare gratuità
al servizio».
Virginia Piccolillo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Cronache 17
italia: 52495258535051
L’intervista Il governatore della Toscana
«Un ticket da 500 euro
Così rispettiamo la scelta
di chi vuole dei figli»
Rossi: il ministro non può dare lo stop
348
ETEROLOGA
La fecondazione assistita eterologa si verifica
quando il seme o l’ovulo
provengono da un soggetto esterno alla coppia.
La fecondazione omologa
è l’opposto della eterologa: il seme e l’ovulo utilizzati appartengono alla
coppia di genitori del nascituro (che avrà lo stesso
Dna di mamma e papà)
Le strutture Sono i
centri di procreazione
medicalmente assistita
in Italia secondo gli ultimi dati dell’Istituto superiore di sanità. Quelle
pubbliche o private
convenzionate sono
131, quelle private 217
IL DECRETO
La bozza Lorenzin poi
bocciata, assicurava la
tracciabilità di ovuli e
sperma donati (con
l’obbligo dell’anonimato) e fissava i limiti
d’età per la donazione
(18-40 anni per lui, 2035 per lei. Si è arenato
sulla mancata possibilità di selezionare le caratteristiche dei gameti
20
Mila Il numero stimato
delle coppie italiane che
vanno all’estero per poter fare la fecondazione
eterologa. Secondo le
stime ci sarebbero altre
9 mila coppie italiane,
però meno abbienti, che
aspettano di poterla fare in Italia. Nel nostro
Paese le coppie non fertili sono il 15%
3
22
I centri dove si effettua
la procreazione medicalmente assistita in Toscana, l’unica regione —
per ora — che ha deciso
di procedere con l’eterologa. Dieci centri sono
privati, gli altri pubblici o
privati convenzionati
LA TECNICA
Mila Il costo stimato (in
euro) per le operazioni
di fecondazione eterologa nel nostro Paese.
Una spesa ritenuta inferiore alla fecondazione omologa e ai costi
che bisogna sostenere
all’estero (circa 4 mila
nell’Est Europa, 8 mila
in Spagna, fino ai 20
mila degli Stati Uniti)
PROCREAZIONE
ASSISTITA
La procreazione medicalmente assistita
(Pma) è l’insieme dei
trattamenti per la fertilità nei quali i gameti, sia
femminili (ovociti) che
maschili (spermatozoi),
vengono trattati per determinare il processo riproduttivo
L‘eterologa è suddivisa sostanzialmente
in cinque tappe: 1) il
prelievo degli ovuli; 2)
l’unione degli ovuli
con gli spermatozoi; 3)
la fecondazione; 4)
dopo due giorni l’embrione è pronto; 5)
una volta pronto l’embrione viene trasferito
nell’utero
12
Mila I bambini che sono
nati in Italia nel 2012
(ultimi dati disponibili
forniti dal ministero della Salute) grazie alla
procreazione medicalmente assistita. Le gravidanze ottenute, nello
stesso anno di riferimento, sono state
15.670 e le coppie trattate pari a 72.543
ROMA — «Il ministro Lorenzin non può
dire “fermatevi” sulla fecondazione eterologa. La Corte costituzionale ha stabilito che è
vietato vietarla. Se si vuole trasferire tutto
sul piano etico lo si faccia: anche se, vien da
dire, l’eterologa esiste in natura... Noi ci
adegueremo, ma intanto diamo attuazione
alla sentenza».
Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, non ci pensa proprio al dietrofront. Con la sua delibera ad hoc in Toscana
è, e resta possibile, avvalersi della fecondazione eterologa con il contributo pubblico,
pagando solo un ticket di 500 euro. E alla
minaccia del ministro di inviare i Nas sorride: «Ben vengano. Ci stiamo preparando ad
accoglierli».
Dunque non obbedirà allo stop?
«Non c’è alcuna volontà polemica. Ma
qui tutti parlano e nessuno rilegge la sentenza. La Corte le dice chiare e pesanti. E il
presidente Tesauro ha confermato questa
interpretazione».
A cosa si riferisce?
«Dice che la scelta dei genitori di avere figli è “espressione fondamentale e generale
di libertà e autodeterminazione. Riguarda la
sfera intima e intangibile della persona
umana e quindi è incoercibile”. E parla anche dell’ingiustizia».
Ingiustizia?
«Certo, dice che “non vengono trattate
nello stesso modo persone affette dalla stessa patologia”. Non dimentichiamolo mai:
l’infertilità è una patologia che implica disagio, sofferenza. Ma lo sa quanti sono i viaggi
all’estero per l’eterologa?».
Ha dati aggiornati?
«Secondo la società europea della riproduzione assistita quattromila italiani all’anno ricorrono a centri esteri spendendo dai
2.500-3.000 euro in Ucraina, ai 7-8 mila in
Spagna. E sono 9.000 le coppie infertili che
vorrebbero un figlio».
Lorenzin dice che lo stop servirà a garantire loro la sicurezza.
«Ma lei non può dare uno stop. Come ministro starei attento a formulare auspici
contrari al dettato della Corte secondo la
quale non c’è alcun vuoto normativo. In
ogni caso la nostra delibera serve a questo.
Sono linee guida che abbiamo fatto proprio
per evitare il caos. Speravamo servissero da
stimolo».
Hanno avuto l’effetto opposto?
«Indipendentemente da noi. Il punto è
che ora si trasla tutto sul piano etico».
Lo sconsiglia?
«Sì, perché si andrà alle “calende greche”
e si rischia di non risolvere nulla. Ad auspicarlo sono gli stessi che hanno voluto la legge 40, che era così ideologizzata da farci fare
una pessima figura: la Corte europea l’ha
bocciata due volte e la Consulta altre due.
Ormai faccio fatica a spiegare queste cose alla gente. Gli anziani sorridono. Le donne, in
genere, si innervosiscono».
La sorprende che lo stop venga dal governo Renzi ?
«Non lo so. Possono esserci diverse sensibilità».
Al premier, suo leader nel Pd, cosa direbbe?
«Si faccia una soglia minima di provvedimenti per dare attuazione all’eterologa. E
poi, se si vuole affrontare i temi etici, si investa il Parlamento. Anche con i cattolici serve
un dialogo forte: non credevo di trovare
questa ostilità quando ho deciso che la fertilità dovesse essere accessibile a tutti. Sono

L’etica
Sbagliato spostare tutto
sul piano etico, la legge lo
consente e andiamo avanti
I Nas? Li aspettiamo
temi che non vanno trattati con leggerezza.
E non esiste un diritto illimitato. Ma un’opinione non può prevaricare le altre. E le relazioni sono più complicate della genetica».
E i rischi di donatori malati o di selezione eugenetica?
«Sono casi limite. Errori ci possono essere ovunque. Abbiamo visto il caso dei gemellini frutto di una fecondazione eterologa
non voluta. Ma a questo servono le linee
guida. Noi abbiamo anche fissato un tetto
alle donazioni, non più di 6. E le altre regole
le abbiamo scritte, insieme ad esperti e sentendo il ministero della Salute».
L’accusano di «federalismo fai da te».
«Io sono per lo Stato. Lo Stato dia le regole. E noi saremo i primi ad adeguarci. Intanto però andremo avanti».
Virginia Piccolillo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
A Firenze Nella struttura da cui è partita la prima battaglia nel 2009: «Abbiamo ricevuto 100 richieste da mercoledì scorso, a ottobre via ai trattamenti»
Il centro che prepara gli interventi:
«Passaparola per cercare i donatori»
Le sue vacanze in Trentino Alto
Adige le ha concluse in tutta fretta,
meglio rientrare subito a Firenze:
nell’ambulatorio di via Caccini, a due
passi dall’ospedale Careggi, la aspettano le coppie desiderose di fare al
più presto la fecondazione eterologa.
La ginecologa Claudia Livi, 58 anni, è
alla guida del Centro di procreazione
assistita (privato accreditato) Demetra, tra i più importanti della Toscana
e da dove è partita la battaglia che ha
portato alla prima sentenza della
Corte costituzionale del 2009 contro
il divieto di congelamento degli embrioni. Qui l’eterologa della discordia è appena diventata una realtà.
«Da mercoledì scorso, giorno in cui è
stata pubblicata la delibera della Toscana che ci dà il via libera, siamo uf-
ficialmente partiti — dice Livi —. E,
in soli quattro giorni, abbiamo già
oltre cento coppie in lista di attesa».
Colloqui con i pazienti, esami clinici, ricerca di ovociti e di liquido seminale. Almeno la metà delle domande d’aiuto arriva da fuori Toscana e nella quasi totalità si tratta di richieste di ovodonazione.
«L’obiettivo è di riuscire a eseguire
concretamente i primi trattamenti
— spiega Livi — entro l’inizio di ottobre». Sarà il momento in cui verranno messe in sincrono le donatrici
di ovociti e le donne in attesa di riceverli. E la stessa tempistica vale per
chi ha bisogno di liquido seminale.
Fino ad allora ci saranno due percorsi che procederanno in parallelo. «Da
una parte saranno svolte tutte le ana-
lisi mediche e i test psicologici del
caso alle coppie che vogliono sottoporsi all’eterologa — chiarisce la ginecologa —. Dall’altra i medici cercheranno i gameti da utilizzare in
tutta sicurezza».
Per i pazienti già in cura al Demetra i tempi saranno più rapidi, per gli
altri sono già stati fissati appuntamenti uno dopo l’altro nei giorni
successivi a Ferragosto. L’eterologa
La ginecologa Livi
«Siamo ufficialmente partiti.
La metà delle domande arriva
da altre regioni, quasi tutti
chiedono ovodonazione»
può essere effettuata solo in presenza di un certificato medico che attesti
i problemi di infertilità: dopodiché la
coppia dovrà eseguire gli accertamenti previsti dalla delibera della
Toscana, che disciplina passo dopo
passo le modalità tecnico-sanitarie
cui bisogna attenersi.
L’aspetto più delicato, però, è la ricerca di ovociti e di liquido seminale.
Dal momento che l’eterologa dal
2004 è stata vietata non c’è la banca
di gameti. «Ma ci stiamo già organizzando — sottolinea Livi —. Stiamo
cercando i potenziali donatori di seme con il passaparola». E anche per il
reclutamento di ovociti la strada maestra sarà la donazione volontaria:
«Ma risultati in questo senso si potranno ottenere solo sul lungo periodo — ammette il medico —. Le donne che donano devono essere molto
motivate, perché devono sottoporsi
a stimolazioni ormonali e al prelievo
degli ovuli. Ci vuole del tempo, dunque, per sensibilizzare l’opinione
pubblica e va data una nuova dignità
sociale alla donazione di gameti».
Nel frattempo al centro Demetra
partiranno con l’egg sharing, ossia la
condivisione di ovociti, in cui la
donna che si sottopone a un trattamento di procreazione medicalmente assistita (Pma) per se stessa cede
Esperta
Claudia Livi,
58 anni, ginecologa ed
esperta di fecondazione
gli ovociti in soprannumero rispetto
a quelli che lei utilizzerà. «Identificheremo le potenziali donatrici entro metà settembre, partendo dalle
pazienti che si stanno preparando al
ciclo di trattamento per loro stesse
— osserva Livi —. Siamo fiduciosi».
In contemporanea sono cominciati i
contatti anche con i centri di Pma
esteri, per capire se e come potere attingere al loro materiale biologico.
Sulla compatibilità genetica verrà
seguito il parere del consulente giuridico della Toscana per la fecondazione eterologa, l’avvocato Gianni
Baldini: «Come stabiliscono tutti i
protocolli medici internazionali e
tutti i Paesi che ammettono la Pma
eterologa, è prevista la corrispondenza di razza e di gruppo sanguigno
tra donatore e ricevente», scrive il legale, affrontando il tema etico più
sensibile, quello del colore della pelle, su cui è saltato il decreto Lorenzin. «E la mappa cromosomica delle
donatrici — spiega Livi— sarà eseguita a nostre spese. Non sarà messa
a repentaglio la salute di nessuno».
Mario Pappagallo
[email protected]
SImona Ravizza
[email protected]
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18 Cronache
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
italia: 52495258535051
Grosseto Il gruppo si trovava alle isole Formiche. Un quarto compagno salvato dalla camera iperbarica
Insieme
Gialunca
Trevani
(a sinistra)
ed Enrico
Cioli, due dei
tre sub morti
ieri nel mare
di Grosseto
(foto da Facebook)
Tre sub morti nel mare della Toscana
«Fabio lì sotto batteva il pugno sul petto»
Mistero sulle cause. Un testimone: «Esperti, erano in acqua da 20 minuti»
«Si è sentito male,
per aiutare lui
ho perso gli altri»
ROMA — Lo aspettavano ieri sera all’ospedale di
Castiglione del Lago, Perugia, dove il dottor Fabio
Giaimo (foto sotto), 57 anni, primario del reparto di
Anestesiologia e Rianimazione, aveva il turno di notte. «Lui era un sub esperto — racconta incredulo il
suo amico e collega Francesco Bianchini, ginecologo
—. Giusto venerdì notte parlavamo insieme in ospedale di un altro sub morto a Ustica una settimana fa. E
Fabio ripeteva l’importanza di rispettare sempre le
procedure, controllare le attrezzature e via dicendo.
Mi sembra strano, perciò, che un anestesista-rianimatore bravo come lui sia morto d’embolia. Lì sotto
alle Formiche dev’essere successo un imprevisto».
Gli scogli delle Formiche davanti a Grosseto sono un
mare difficile, correnti fortissime e grandi profondità, ma i sub li amano perché sono il paradiso dei nudibranchi e dei pesci di passo, dentici, barracuda e
poi ci sono le cernie nascoste nelle tane che vale la pena di andar giù a vedere.
Fabio Giaimo faceva
parte dello staff del Club
Subacqueo Thalassa di
Perugia e ieri con la sua
Honda (un’altra delle
passioni) aveva raggiunto i suoi amici a Talamone per imbarcarsi. Anche
Enrico Cioli, 37 anni, e
Gianluca Trevani, di 35, facevano parte della brigata
del Thalassa, che tutti i mercoledì — dopo le lezioni e
i corsi in piscina — si ritrovava nel «covo» della pizzeria Manzoni a Ponte San Giovanni: «Io li conosco
tutti quei ragazzi — bisbiglia sconvolto Francesco
Milletti, il titolare —. Sono un gruppo unito, affiatato,
come una squadra di calcio, non ci posso credere...».
Sotto agli scogli delle Formiche è successo che
«Fabio ha avuto un malore, credo un infarto — racconta il sub Diego Ferraldeschi che era immerso anche lui —. E lì è successo il putiferio. Perché noi siamo andati a soccorrerlo ma abbiamo perso di vista gli
altri. E poi li abbiamo ritrovati morti in superficie...».
Erano in 11, sono morti in 3 mentre Marco Barbacci,
35 anni, istruttore del Thalassa, si è ripreso dopo una
breve permanenza in una camera iperbarica. All’ospedale di Castiglione del Lago ieri sera hanno tremato quando hanno appreso della strage dei sub:
«Perché Giaimo raccontava di portare spesso con lui
suo figlio Roberto, di 20 anni», confessa l’amico ginecologo Bianchini. E ora piange anche don Saulo Scarabattoli, della parrocchia di Santo Spirito e presidente dell’Associazione Malawi: «Perché — rivela — Fabio era una colonna della diocesi di Zomba, laggiù in
Africa, e lavorava tanto per l’ospedale dei bambini e la
scuola di arti e mestieri. A Perugia raccoglieva i fondi
e poi, appena poteva, partiva per aiutare altra gente
che soffre».
Fabrizio Caccia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PORTO SANTO STEFANO
(Grosseto) — Sull’Emery
Island, il tredici metri dell’Abc
sub Diving club di Talamone,
c’è tanta voglia di sorridere alle
10 del mattino. Cielo sereno,
mare piatto, brezza leggera. La
rotta è quella che ogni sub desidera: Formiche di Grosseto,
tre minuscoli isolotti disabitati
11 miglia al largo della costa,
davanti al Parco naturale della
Maremma, colori da tropici, ma
dove occorre essere esperti e
soprattutto prudenti. Quei fondali di cento metri diventano
implacabili, se si cerca l’avventura, se non si riesce a fermarsi.
Loro, i «ragazzi umbri», come si fanno chiamare scherzando, sono iscritti al club subacqueo Thalassa di Perugia e
hanno imparato i segreti del
mare, le insidie, i tranelli. Sono
allegri, scherzano, ma non dimenticano di controllare le attrezzature, probabilmente prese in affitto. Enrico Cioli, 37 anni, Gianluca Trevani, 35, operatori sanitari, conoscono bene
quelle acque; con loro ci sono
gli istruttori Marco Barbacci, 35
anni e Fabio Giaimo, 57 anni,
che è anche un medico anestesista-rianimatore conosciutissimo a Perugia. Del quartetto di
amici, solo Barbacci si salverà:
gli altri tre compagni saranno
ripescati senza vita al culmine
di un’escursione trasformata in
tragedia.
Davanti alle Formiche la
«Emery» ormeggia alle 10.40.
«Hanno iniziato le immersioni
dopo pochi minuti — racconta
ancora sotto shock Andrea
Montrone, uno dei responsabili del diving center che era con
loro sulla barca —. Era un
gruppo indipendente ed esperto, non aveva bisogno di noi.
Poco dopo mi tuffo anch’io e
solo quando risalgo in superficie mi trovo davanti alla tragedia che si è appena compiuta.
Inspiegabile: erano in acqua da
meno di venti minuti, non può
essere un’embolia, forse un
malore».
Sulla superficie del mare galleggiano due corpi: quello di
Giaimo, ormai senza vita, e di
Barbacci, che respira a fatica e
sviene poco dopo essere stato
recuperato da un battello di
soccorso: ricoverato all’ospedale di Orbetello sarà poi dimesso in serata. Pochi minuti
dopo, a un centinaio di metri di
distanza, tornano in superficie
i corpi senza vita di Gianluca
La ricostruzione
L’escursione
Il gruppo di 11 sub,
tra cui Enrico Cioli,
37 anni, Gianluca
Trevani, 35, e gli
istruttori Marco
Barbacci, 35 anni e
Fabio Giaimo, 57
anni, raggiunge gli
isolotti delle Formiche davanti al
Parco naturale
della Maremma, a
bordo della barca
dell’Abc sub Diving
club di Talamone
L’immersione
La barca ormeggia
verso le 10.40. I
sommozzatori, che
tutti descrivono come esperti, si tuffano
di fronte agli isolotti.
Andrea Montrone,
uno dei responsabili
del diving center,
scende in acqua per
ultimo. In quella zona il fondale è molto
profondo e ci sono
correnti che possono
essere pericolose
I primi malori
Dopo circa venti minuti tornano a galla
due sub: Giaimo è
ormai senza vita,
Barbacci respira a
fatica e sviene poco
dopo essere stato
soccorso. Le persone a bordo della
barca di appoggio,
alle 11.50 danno il
primo allarme, ma
parlano soltanto di
una persona in pericolo
Le altre vittime
Gli sos si moltiplicano, vengono segnalate altre due persone in pericolo. Uno
dopo l’altro e in due
diversi tratti di mare
vengono trovati i
corpi senza vita di
Gianluca Trevani ed
Enrico Cioli. Ma c’è
chi non si è accorto
di niente, come Montrone, che scopre la
tragedia quando torna in superficie
ILLUSTRAZIONI DI FRANCO PORTINARI
L’amico che era con loro
Trevani ed Enrico Cioli.
La prima chiamata d’emergenza alla capitaneria di porto
di Santo Stefano è delle 11.50,
ma stranamente l’allarme è solo per una persona. «C’è un sub
gravissimo alle Formiche, presto mandate una vedetta», segnala un uomo. Passano alcuni
minuti e gli sos si moltiplicano,
chiamate, prima per il ferito,
poi per altri due sub. Una circostanza atipica, secondo gli investigatori, che potrebbe aprire
diversi scenari. Il primo è quello dell’embolia «collettiva»,
scatenata da un ritorno in superficie troppo veloce per soccorrere un compagno in difficoltà, ma ci sono particolari incongrui. Barbacci ha raccontato
di aver visto Giaimo in difficoltà, battersi il pugno al petto, e
di aver cercato di aiutarlo, ma
di non essersi accorto degli altri
amici. Che sono stati ritrovati,
fatto per ora inspiegabile, non
nello stesso tratto di mare. Infine, altra anomalia, le chiamate
di soccorso si sono susseguite
nel tempo parlando prima di
La profondità
I sommozzatori partiti da
Perugia. L’ipotesi di un
incidente a una trentina
di metri di profondità
un sub in difficoltà e poi degli
altri. Quasi certamente i quattro amici di Perugia si trovavano a una trentina di metri di
profondità, giudicata dagli
esperti fuori dalla soglia di sicurezza totale, ma consentita
dal loro brevetto. «Più si va in
profondità — spiegano alla capitaneria di porto — più tutto
può diventare complicato e occorre rispettare rigorosamente
i tempi per la riemersione».
Ma la procura di Grosseto sta
indagando anche sullo stato
delle attrezzature (si sta accertando se fossero state affittate
dal diving center o fossero di
proprietà delle vittime), che
avrebbero potuto provocare
malori ai sub. Ipotesi più remota, rispetto all’embolia, ma che
gli investigatori vogliono accertare. Decisiva, in questo caso, sarà l’eventuale autopsia sui
corpi dei tre sub morti.
Marco Gasperetti
[email protected]
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Imperia Il ricercato colombiano viveva da due anni in un residence del ponente ligure: sarebbe un leader di formazioni paramilitari dei narcos
Il killer da 130 omicidi che andava a messa tutte le sere
IMPERIA — Per la sua cattura
a Castelvecchio, una frazione di
Imperia, ha esultato il capo della
polizia colombiana, generale
Rodolfo Palomino: «Questo arresto — ha detto — dimostra
come i criminali non possano
trovare un solo angolo del mondo dove nascondersi».
Domenico Mancuso Hojos,
49 anni, da due viveva nel residence «Il Sogno» mimetizzato
nella piccola comunità locale.
«Non siamo rimasti solo basiti,
siamo sconvolti» ha detto il parroco della chiesa frequentata da
Mancuso, don Guido. Quel colombiano taciturno, quasi sempre solo (aveva ricevuto la visita
di un connazionale sacerdote,
poi della moglie con due bimbi), che si accompagnava a un
cugino figlio del boss Salvatore
Mancuso detto El Mono (la
Scimmia), era infatti «devotissimo». Si presentava alla messa
serale ogni santo giorno della
settimana e la domenica «non
mancava mai di fare la Comunione» dice il parroco.
Secondo la giustizia colombiana, che ha spiccato un mandato di cattura internazionale,
l’uomo è un narcotrafficante responsabile direttamente o indirettamente di 130 omicidi. Droga, riciclaggio, armi e soprattut-
Il blitz Il momento in cui è stato fermato Domenico Mancuso Hojos
to comando delle organizzazioni paramilitari che fra gli anni
Novanta e il 2000 si macchiarono in Colombia di atroci massacri, uno dei più efferati — di
questo è ritenuto responsabile
Mancuso — fu la strage di Gabarra nel 1999, con ottanta morti ammazzati. Due giorni sono
bastati agli uomini del Gico e
della Guardia di Finanza per essere sicuri dell’identificazione
di Mancuso che aveva ottenuto
dal Comune di Imperia una regolare carta di identità con il
suo vero nome ed era titolare di
un altrettanto regolare contratto di comodato ad uso gratuito
dell’appartamento. Proprietario
un imperiese da qualche anno
trasferitosi a Bogotà e ufficialmente residente all’estero.
Gli uomini del Gico e del-
La vicenda
Il personaggio
Domenico Antonio Mancuso,
49 anni, è accusato di 130
omicidi. Secondo la giustizia
colombiana è narcotrafficante
coinvolto in diversi traffici
illeciti. Da due anni viveva nel
residence «Il Sogno», in una
frazione di Imperia
L’arresto
Due giorni fa gli uomini del
Gico e della Guardia di
finanza hanno posto fine alla
sua latitanza. Per gli
inquirenti colombiani,
Mancuso sarebbe il capo di
formazioni paramilitari dei
narcos
l’Interpol con uno stratagemma
hanno indotto il boss a uscire di
casa nel pomeriggio (imprudente introdursi nell’appartamento al buio) mentre un elicottero ha seguito le fasi del trasferimento nel carcere di Marassi. Lui, l’uomo che secondo la
polizia colombiana è un feroce
criminale, leader del Bloque Catatumbo e dell’Auc, Autodefensas Unidas de Colombia, formazioni paramilitari legate alla criminalità più feroce, non era armato e non ha opposto
resistenza. Si è dimostrato stupito e ha chiesto se era accusato
di aver «fatto qualcosa di male
in Italia»; quando gli agenti gli
hanno spiegato che eseguivano
un mandato di arresto internazionale non ha più parlato. Né
ha voluto spiegare come si
manteneva da due anni permettendosi viaggi settimanali a
Montecarlo dove, forse (il generale Palomino ne è convinto),
pianificava i suoi affari.
Gli abitanti di Castelvecchio
ancora non si spiegano questa
doppia vita: «Mancuso è andato
in pellegrinaggio a Pietrelcina
— ha detto il parroco al sito
Riviera24 — perché è devotissimo di Padre Pio e mi ha portato
in regalo una statuetta del Santo
che tengo in parrocchia. Cosa
posso fare? Non posso spaccare
una statuetta perché l’ha comprata un criminale. Mancuso
era sempre disponibile anche a
portare la statua della Madonna
alle processioni mariane e al lavaggio dei piedi il Venerdì santo, umilissimo». Al collo, al momento dell’arresto, sulla t-shirt
bianca aderente al torace muscoloso spiccava un cordoncino
con la croce.
Erika Dellacasa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Cronache 19
italia: 52495258535051
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Tracciato il percorso del virus
Il paziente zero
dell’epidemia di Ebola
è un bimbo di 2 anni
scomparso a dicembre
Un bambino di due anni ha
contagiato sorellina, mamma e
nonna. Al funerale di quest’ultima
sono rimaste infette due persone che
poi hanno allargato il contagio.
Gue’cke’dou: è in questo villaggio
della Guinea, il sei dicembre scorso,
che sarebbe iniziata l’epidemia di
Ebola. Secondo un gruppo di
ricercatori dell’Institute for tropical
Medicine, il paziente zero sarebbe
stato appunto il bambino di due anni
morto una settimana prima della
madre. Le quattro vittime hanno
avuto febbre, vomito e diarrea. A
dare la notizia è stato il New York
Times. Secondo il quotidiano un
infermiere avrebbe poi esportato in
un altro villaggio il virus, che si
sarebbe propagato alla velocità della
luce in altri Paesi perché Gue’cke’dou
confina con la Sierra Leone e la
Liberia. Nel villaggio dove tutto è
iniziato «la sensazione era di terrore»
ha detto nei giorni scorsi il dottore
Kalissa N’fansoumane, direttore
dell’ospedale cattolico di S.Giuseppe
a Monrovia (Liberia) ora chiuso.
Ebola sarebbe poi stato
«riconosciuto» a marzo, quando
decine di persone erano già morte in
Guinea e casi sospetti stavano
emergendo in Liberia e Sierra Leone,
tre dei Paesi più poveri la mondo.
Oggi la situazione sembra ancora
fuori controllo. Gli epidemiologi
prevedono che ci vorranno mesi per
contenere l’epidemia, forse molti, e
un portavoce dell’Oms
(Organizzazione Mondiale della
Sanità) ha affermato che
servirebbero altre migliaia di
operatori sanitari per combatterla (al
momento 145 di loro sono stati
infettati e 80 sono morti). In questa
parte dell’Africa non c’erano mai
stati prima casi di Ebola. Per questo
gli operatori sanitari non avevano né
la formazione né gli strumenti per
riconoscerla ed evitare di infettare se
stessi. Intanto il panico si sta
allargando a molti Paesi dell’area,
che hanno provveduto a sbarrare i
propri confini. Alcuni esperti
Gli epidemiologi
Gli esperti prevedono che ci
vorranno molti mesi per
contenere l’epidemia e altre
migliaia di operatori sanitari
Farmaci e vaccini
Per arginare l’ondata di
contagi potrebbero essere
utilizzati farmaci e vaccini
non sperimentati
temono che Ebola possa
destabilizzare i governi della regione.
Per arginare la più grande epidemia
del virus, da quando è stato isolato,
dovrebbero arrivare farmaci e vaccini
non sperimentati. Tutto dipenderà
dalla decisione che prenderà il
comitato dell’Oms che oggi dovrà
decidere se dare il via libera. La
questione è etica oltreché scientifica.
Nonostante l’allarme lanciato
dall’Oms (non si può escludere
un’estensione del contagio) non si
segnalano per il momento casi al di
fuori dei Paesi colpiti. Falsi allarme
sono stati segnalati in Usa, Canada,
Hong Kong e Arabia Saudita,
puntualmente smentiti. Anche in
Italia, conferma il ministero della
Salute, è stato rilevato qualche caso
sospetto. Uno di questi a Gallarate.
Ma era solo malaria.
Agostino Gramigna
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La protesta Dopo tre anni la struttura viene restituita al Comune, ieri la decisione a sorpresa
Trieste
Ultimo spettacolo al Valle occupato
Gli attivisti dormono davanti al teatro
La rivelazione
dell’autopsia:
quel prete
è stato ucciso
Valle per il 10 agosto, una data
simbolica ribattezzata «La
notte dei desideri», e ieri mestamente tutti rispettano l’impegno preso con l’assessore
alla Cultura, Giovanna Marinelli, e con il presidente del teatro di Roma, Marino Sinibaldi. «Ragazzi abbiamo
poche ore per lasciare
il teatro nelle migliori
condizioni possibili.
Chi vuole guidare
questo gruppo che
chiameremo “Cura”?
Ricorderete che la cura del luogo è in una
delle norme dello statuto della nostra Fondazione», chiede
un’attivista alla platea
dal tavolo che guida
l’ultima giornata.
Quella dell’abbandono del teatro era
«l’ipotesi C», così ribattezzata dai partecipanti. Ieri pomeriggio
a sorpresa si è trasformata nell’ipotesi A,
dopo che la tesi dell’accettare la proposta
dell’assessorato alla
Cultura e l’antitesi
della resistenza a oltranza si affrontano a
più riprese. Nei giorni
scorsi l’assemblea
permanente degli attivisti — in gran parte
All’interno Alcune fasi dello sgombero del teatro Valle ieri pomeriggio : oggi è prevista la riconsegna delle chiavi (foto di Massimo Percossi/Ansa) artisti e maestranze
— chiede più tempo
ROMA — L’atmosfera è me- in teatro. Questa sera l’occucentesco.
per la trattativa, «il 10 agosto
sta come quella di un trasloco. pazione in qualche modo fini- Opposte fazioni
Su questo palcoscenico non siamo pronti»; poi arriva
Ci sono i cartoni, i pacchi, un sce, a mezzanotte usciamo e Nell’assemblea
esordì tra i fischi Luigi Piran- la lettera inviata dall’assessore
passeggino, qualche valigia dormiamo in sacco a pelo sot- c’era anche
dello con «Sei personaggi in Marinelli al presidente del tedavanti al bancone del bar del to le stelle davanti al teatro,
cerca d’autore» nel 1921.
atro di Roma Sinibaldi affinteatro, dove si sorseggiava come avevamo deciso. L’ap- chi voleva resistere
Subito dopo la decisione ché «quest’ultimo si faccia caprosecco e si mangiavano tar- puntamento è per domani alle a oltranza
dell’assemblea un comunica- rico di un progetto di valoriztine, prima di entrare in platea 11, aspettiamo i responsabili
to del Valle Occupato, manda- zazione all’interno del quale
o sui palchi.
del Comune davanti al teatro,
to anche sui social, conferma dovranno essere contenuti
È il pomeriggio ma la nostra esperienza, quella decisione, «inizia una nuo- elementi positivi frutto delinoltrato di ieri, la la della Fondazione, non fini- La scadenza
va fase della mobilitazione e l’esperienza elaborata in quedecisione dell’as- sce qui, si muta solo e in me- L’accordo prevedeva della Fondazione, con tutta la sti anni dalla Fondazione Valle
semblea perma- glio».
cittadinanza costruiremo un Bene Comune», che riesce a
la restituzione
nente del Valle non
L’annuncio atteso è arrivapercorso per affrontare una convincere i più diffidenti.
è stata ancora an- to: il teatro Valle viene restitu- dell’immobile
nuova fase della trattativa al«Noi non abbiamo mai
nunciata, ma si in- ito dagli occupanti dopo oltre entro oggi
l’interno del quale produrre pensato a tenere il teatro per
t r a v e d e n e g l i tre anni (fu occupato nel giuun dialogo reale con le istitu- noi o ad assumerne completasguardi stanchi di gno del 2011), le trattative
zioni su nuovi modelli di ge- mente la direzione artistica —
molti attivisti che delle ultime due settimane tra
stione partecipata».
racconta Fulvio Molena,
ascoltano senza fiatare l’inizio attivisti, Comune e Teatro di
Gli occupanti ricordano le montatore ed occupante —
dell’incontro. Qualche ragaz- Roma hanno portato alla recondizioni, hanno promesso quello che noi vorremmo inza ha gli occhi lucidi.
stituzione dello stabile settealle controparti di lasciare il staurare è solo un modalità di
Al tavolo che guida l’ultima
compartecipazione con le istiassemblea si parla di gruppi
tuzioni, affinché quest’espeoperativi per preparare lo
rienza porti anche il risultato
sgombero, di cura del posto,
di far nascere un modello
di trasformare in narrazione
nuovo organizzativo ed artiquest’ultimo giorno nel teastico. Questo è sempre stato il
tro, «che diventi un evento
nostro obiettivo».
performativo».
Questa mattina ci sarà la
Fino a quando Ileana Caleo,
consegna delle chiavi, domani
una delle prime occupanti, seentreranno i funzionari della
duta in seconda fila nella plasoprintendenza per una pritea, rompe gli indugi e sopratMesi Quanto è durata l’occuMila È il numero di persone che ma perizia sui restauri ormai
tutto trova il coraggio di un
davvero necessari. Ieri notte
pazione del teatro Valle di Rohanno dichiarato di volere acannuncio da cui non si torna
ma a partire da giugno 2011.
quisire una quota per diventare artisti e maestranze hanno
indietro. E che molti non vordormito in strada davanti al
La mossa arriva dopo un acsoci della Fondazione «Teatro
rebbero ascoltare. «Ragazzi
cordo in cui gli occupanti aveValle bene comune». I dati sono teatro Valle.
convincetevi, ormai le cose
Maria Rosaria
vano promesso che avrebberiportati sul sito degli attivisti
sono decise, stanotte (ieri per
Spadaccino
ro lasciato libero lo stabile enche dal 2011 hanno occupato
chi legge, ndr) non si dorme
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tro il 10 agosto (cioè ieri)
la struttura nel centro di Roma
«Ma l’esperienza prosegue, adesso dialogo con le istituzioni»
La vicenda

Le origini
Il gioiello
nato nel 1727
Il teatro Valle si trova nel rione
Sant’Eustachio a Roma. La
struttura, una sala a ferro di
cavallo con loggione e 4 ordini
di palchi, venne inaugurata
nel 1727. La programmazione
prevedeva l’esecuzione di
opere liriche, opere in musica
e drammi in prosa. Nel corso
del diciannovesimo e del
ventesimo secolo il teatro
fu oggetto di ulteriori
ammodernamenti
La protesta
L’occupazione
della struttura
Nel maggio 2011, con la
dismissione dell’Ente teatrale
italiano, il «Valle» interrompe le
attività. Il 14 giugno 2011 la
struttura viene occupata
La svolta
Gli attivisti
lasciano la scena
Dopo tre anni di proteste, i
lavoratori dello spettacolo
lasciano la struttura. Da ieri
notte l’edificio non è più
occupato. Oggi alle 11 il
passaggio di consegna del
teatro «Valle» al teatro di
Roma. L’annuncio è stato
dato sui social network:
«Inizia un nuovo percorso. Al
via una nuova fase della
mobilitazione e della
fondazione»
37 5
Sulle prime era sembrata
una morte per cause
naturali. Del resto
Giuseppe Rocco,
sacerdote scomparso a
Trieste lo scorso 25 aprile,
aveva 92 anni. Il colpo di
scena, adesso, arriva dai
risultati dell’autopsia
compiuta sull’anziano
prete, che sarebbe morto
per strangolamento o
soffocamento. I funerali,
come rivelato ieri dal
Piccolo, si erano tenuti il
17 maggio, proprio per la
decisione della
magistratura di far
svolgere l’autopsia sul
cadavere. Il corpo di don
Rocco, vestito come se
stesse per uscire, fu
rinvenuto ai piedi del
letto, nell’appartamento
che il prete occupava alla
Casa del clero. Le indagini,
coordinate dal pm Matteo
Tripani, sono condotte dal
Nucleo investigativo dei
carabinieri. L’elemento
che ha impresso una
svolta all’attività degli
investigatori è stata la
radiografia del collo
dell’anziano prete, dalla
quale sono emerse con
chiarezza lesioni
riconducibili a un’azione
violenta, e non a un
evento accidentale. A dare
l’allarme, quella mattina,
fu una badante che
seguiva il sacerdote, e che
intorno alle 7.00 era
entrata nella sua stanza
per accompagnarlo alla
messa. La Casa del clero,
situata nel complesso del
seminario vescovile di
Trieste, accoglie i preti in
pensione ma anche ospiti
di eventi o incontri della
Diocesi. L’alloggio di
Rocco, dopo il decesso, è
stato visitato solo da
alcune persone ed è
rimasto chiuso. All’inizio
della prossima settimana
giungeranno gli operatori
del Ris dei carabinieri per
eseguire le ricerche di
tracce lasciate da estranei,
tra cui potrebbe esserci il
presunto omicida. «Dopo
la morte del sacerdote —
spiega il vescovo di Trieste
Giampaolo Crepaldi — fui
avvertito dagli
investigatori che c’era la
necessità di fare indagini.
Assicuro agli investigatori
e alla magistratura
collaborazione,
esortandoli a un pieno
accertamento della
verità».
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Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
italia: 52495258535051
MILANO SERRAVALLE - MILANO TANGENZIALI S.p.A.
(Società soggetta ad attività di Direzione e Coordinamento della Provincia di Milano)
Sede legale: Via del Bosco Rinnovato, 4/A - 20090 Assago MI
AVVISO DI GARA SERVIZI N. 04/2014
Si avvisa che a seguito di Determina a contrarre del CdA del 22/1/2014 è indetta la Procedura Aperta per
l’affidamento dei Servizi di pulizia e sanificazione dei fabbricati, delle relative pertinenze e delle barriere autostradali sull’intera rete in concessione. CIG 58562602A2 - CPV 90910000-9 Servizi di pulizia. La procedura di gara è interamente gestita per via telematica secondo le disposizioni specifiche previste dal D.Lgs.
n.163/2006. Le istruzioni relative alla modalità di utilizzo della piattaforma e di partecipazione alla procedura
telematica sono disponibili all’indirizzo https://www.pleiade.it/serravalle/sourcing/. Importo complessivo:
Euro 2.300.000,00 comprensivo di oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso pari a Euro 15.892,16.
Importo soggetto a ribasso: Euro 2.284.107,84. Criterio di aggiudicazione: “offerta economicamente più
vantaggiosa” offerta tecnica max punti 60/100 - offerta economica max punti 40/100. Durata: 36 mesi decorrenti dalla data del verbale di consegna del servizio. Termine perentorio arrivo offerte: ore 12,00 del
13/10/2014. Tutte le condizioni di ammissione alla gara sono riportate nel bando, nel disciplinare, pubblicati
sul sito www.serravalle.it. Sopralluogo obbligatorio: per le modalità vedi disciplinare di gara. Seduta
Pubblica: 15/10/2014 ore 10,00. Responsabile del Procedimento: Dott. Marco Ballarini.Il bando è stato
trasmesso alla GUUE in data 06/08/2014.
Il Direttore Generale - Avv. Mario Martino
ISTITUTO NAZIONALE PER
L'ASSICURAZIONE CONTRO
GLI INFORTUNI SUL LAVORO
AVVISO DI GARA ESPERITA PER ESTRATTO
L'INAIL - Direzione Centrale Acquisti - P.le G. Pastore, 6 - 00144 ROMA rende noto che in data 11
luglio 2014 è stata aggiudicata definitivamente
alla società “AON S.p.A.”, la gara a procedura
aperta per l'affidamento del servizio di intermediazione assicurativa (brokeraggio) per l'INAIL
(Gara n. 20/2013 - CIG n. 54291872D8) per un
valore complessivo pari a € 630.000,00 per sette
anni, di cui 4 di servizio effettivo e 3 di eventuali
rinnovi anno per anno. L'avviso di gara esperita
in forma integrale è stato inviato alla GUCE per la
pubblicazione il 17.07.2014 ed è pubblicato sulla
GURI - Sez. Contratti - n. 91 dell’11.08.2014, nonché sul sito Internet www.inail.it.
DIREZIONE CENTRALE ACQUISTI
IL DIRETTORE CENTRALE
f.to DR. CIRO DANIELI
ISTITUTO NAZIONALE PER
L’ASSICURAZIONE CONTRO
GLI INFORTUNI SUL LAVORO
AVVISO PER ESTRATTO DI BANDO DI GARA
Procedura aperta, ai sensi dell’art. 55 del D.Lgs 163/2006, per l’affidamento del servizio di
cessione pro soluto dei crediti I.V.A. maturati da Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.A. di
cui alla dichiarazione I.V.A., relativa al secondo e terzo trimestre dell’anno d’imposta 2014,
nonché alla dichiarazione I.V.A. annuale per il periodo di imposta 2014 (quarto trimestre). Stazione Appaltante: Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.A. - Via Del Bosco Rinnovato n. 4/A Palazzo U9 - 20090 Assago (MI). Tel. + 39 02/6774121 - fax: + 39 02/67741256 - e-mail: [email protected]. CUP: F11B06000270007 - CIG LOTTO 1: 587165422A - CIG LOTTO 2:
5871672105 - CIG LOTTO 3: 5871681870. Procedura: aperta. Criterio di aggiudicazione: prezzo
più basso. Termine per il ricevimento delle offerte: 26/09/2014 ore 12.00. Importo complessivo
stimato dell’appalto, soggetto a ribasso: Lotto 1: importo pari a Euro 5.277.637,00 (IVA esclusa);
Lotto 2: importo fino a un massimo di Euro 4.500.000,00 (IVA esclusa); Lotto 3: importo fino a
un massimo di Euro 4.500.000,00 (IVA esclusa); Luogo principale di prestazione dei servizi: Assago (MI). Durata dell’appalto: 1.153 giorni dalla data di aggiudicazione dell’appalto. Requisiti:
indicati nel bando e disciplinare di gara. Responsabile del Procedimento: dott. Ivano Tonelli. Il
bando integrale è stato trasmesso alla GUUE in data 28/07/2014, pubblicato sulla GUUE n. 2014/S
146-262604 in data 01/08/2014 e pubblicato sulla GURI V Serie Speciale - Contratti Pubblici n. 87
del 01/08/2014. Il bando, il disciplinare di gara, il CSA e gli allegati e i modelli per la domanda di
partecipazione e per le dichiarazioni sono disponibili all’indirizzo http://www.pedemontana.com.
f.to L’Amministratore Delegato - Avv. Marzio Agnoloni
Provincia di Reggio Calabria
Stazione Unica Appaltante - Attività Produttive
Amministrazione Aggiudicatrice:
Comune di Bagnara Calabra
AVVISO DI APPALTO AGGIUDICATO AI SENSI
DELL’ART. 79, C.5 DEL D.LGS N. 163/2006
Oggetto: Bando n. 017/2013-Comune di Bagnara CalabraAppalto per il servizio di Manutenzione Ordinaria di tutela ambientale e viabilità della Comune di Bagnara Calabra per gli
anni 2012-2013-2014”. C.I.G.: 5161636CC3-CPV: 906100006 servizi di pulizia e spazzamento delle stradeImporto complessivo dell’appalto per anni 3: 260.010,00 oltre IVAOneri di
sicurezza relativi a rischi di interferenza: Pari a zero Criterio
di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa,
ai sensi dell’art. 83 D. Lgs. n. 163/2006 e dall’art. 120 del
DPR 207/2010. Imprese partecipanti: n. 2 - Imprese ammesse: n. 2 Impresa aggiudicataria in via provvisoria: SEAR
SRL che ha ottenuto il punteggio complessivo di punti 100
e per l’importo complessivo del servizio per anni tre di
€ 257.149,89 al netto del ribasso del 1,10% oltre IVA Seconda classificata: AVR SPAAggiudicazione definitiva provvedimento n. 28 del 14/05/2014. Pubblicazione bando di
gara: Albo online dell’Ente il 24/06/2013Organo Competente
per le procedure di ricorso: T.A.R. Calabria-Sez.di R.C. Data
invio G.U.C.E 01/07/2014.
Il Dirigente SUAP - Dott.ssa Maria Teresa Scolaro
Per la pubbli
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legale e finanziaria
fina
rivolgersi a:
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Tel. 02 2584 6665/6256 - Fax 02 2588 6114
Via Campania, 59 - 00187 Roma
Tel. 06 6882 8650 - Fax 06 6882 8682
Vico II San Nicola alla Dogana, 9
80133 Napoli
Tel. 081 49 777 11 - Fax 081 49 777 12
Via Villari, 50 - 70122 Bari
Tel. 080 5760 111 - Fax 080 5760 126
RCS MediaGroup S.p.A.
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
AVVISO RELATIVO
AD APPALTO AGGIUDICATO
1. Amministrazione aggiudicatrice: Comune
di Imperia, Sett. 9° Cultura, Viale Matteotti
157, 18100 Imperia. 2. Procedura di aggiudicazione: procedura aperta. 3. Oggetto: Fornitura e posa in opera degli allestimenti e
degli arredi del nuovo museo navale di Imperia. Base d’asta € 962.162,10. 4. Data di
aggiudicazione dell’appalto: 20.02.2014. 5.
Criteri di aggiudicazione: Offerta economicamente più vantaggiosa. 6. Numero di offerte ricevute. 1 (una). 7. Aggiudicatario:
A.T.I. ETT s.p.a. - Goppion s.p.a. - Eca Sindel
s.r.l., Via Sestri 37, 16154 Genova. 8. Valore
dell’offerta cui è stato aggiudicato l’appalto:
€. 915.324,10, subappalto: 30%. 9. Data di
pubblicazione del bando di gara: sulla GUUE:
2013/S 219-380784 del 12/11/2013, sulla
GURI n. 135, Serie V del 18.11.2013, sulla
GURI n. 135 serie V del 18.11.2013. 10.
Procedure di ricorso: TAR Liguria, Via dei
Mille n. 9, Genova.
Il Dirigente del Settore Legale e Contratti
dott. Sergio Roggero
ISFOL ISTITUTO PER LO SVILUPPO
DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE
DEI LAVORATORI
Corso d’Italia n. 33 - 00198 ROMA, CF 80111170587
AVVISO PER ESTRATTO GARA RIF. 135/FP1
C.I.G.: 5845580537
L’Isfol intende esperire pubblico incanto mediante
procedura aperta per l’aggiudicazione di un appalto
concernente “Servizi di supporto alla gestione e alla
manutenzione del sistema permanente di monitoraggio
delle attività formative finanziate dai Fondi Paritetici Interprofessionali per la Formazione Continua e integrazioni con il Sistema Informativo sulle attività formative
finanziate dalle amministrazioni regionali”, con aggiudicazione in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - art. 83 punto 1) D. Lgs. 163/06
- termine presentazione offerte entro le ore 12.00 del
giorno 22.09.2014. Copia integrale del bando e del capitolato d’oneri è disponibile sul proprio sito internet
www.isfol.it.
ISFOL - Il Responsabile Unico del Procedimento RUP
Dott.ssa Simona Fiori
AVVISO DI GARA ESPERITA
(GARA 21/2013)
L’INAIL Direzione Centrale Acquisti - P.le Pastore, 6 - 00144 Roma - rende noto che con
provvedimento del 28 luglio 2014 è stata dichiarata l’aggiudicazione definitiva della gara per
progettazione esecutiva ed esecuzione lavori di
recupero statico e ristrutturazione della Sede
INAIL e della manutenzione ordinaria della ex
scuola “Alessandro Volta” da adibire a Sede
provvisoria, nei confronti dell’impresa Rialto Costruzioni s.p.a.. L’avviso di gara esperita in
forma integrale è stato pubblicato sulla G.U.R.I.
n. 91 del 11.08.2014 ed è disponibile sul sito
www.inail.it.
DIREZIONE CENTRALE ACQUISTI
IL DIRETTORE CENTRALE
f.to Dr. Ciro Danieli
ISTITUTO NAZIONALE PER
L’ASSICURAZIONE CONTRO
GLI INFORTUNI SUL LAVORO
AVVISO DI GARA PER ESTRATTO
L’INAIL - Direzione Centrale Acquisti - P.le G. Pastore, 6 - 00144 ROMA indice gara a procedura
aperta per l’affidamento in concessione del servizio
di gestione dell’asilo nido aziendale INAIL - Roma,
P.le G. Pastore 6 per la durata di anni 6 (di cui 3 di
effettivo servizio e 3 di eventuali rinnovi anno per
anno). Gara n. 13/2014 - CIG n. 583426187A. Termine per la presentazione delle offerte: il 26 settembre 2014 alle ore 12.00 a pena di esclusione,
all’indirizzo sopra indicato. Il bando di gara in forma
integrale è stato inviato per la pubblicazione sulla
GUCE il 25 luglio 2014 ed è pubblicato sulla GURI Sez. contratti - n. 91 dell’11.08.2014, nonché sul sito
Internet www.inail.it.
DIREZIONE CENTRALE ACQUISTI
IL DIRETTORE CENTRALE
Dr. Ciro Danieli
TRENORD SRL
Sede legale: Piazzale Cadorna n. 14/16
20123 MILANO
Telefono 0285114250 - Telefax 0285114621
AVVISO DI GARA
Viene indetta la gara a procedura ristretta ai
sensi del D.Lgs. 163/06 per l’affidamento del
seguente servizio: Fornitura di travi di carico
di prima e seconda serie. CIG: 5877526FE0.
Importo a base d’asta: L’importo complessivo
dell’appalto a misura è sino a 850.000, EUR
(euro ottocentocinquantamila) + IVA di cui 0,00
EUR per oneri della sicurezza. Il criterio di
aggiudicazione sarà quello del prezzo più
basso (ex art. 82 comma 2, lettera a) del
D.Lgs.163/06) determinato mediante il massimo ribasso sulla tariffa prezzi. Le offerte, redatte in lingua italiana, dovranno pervenire
entro le ore 12,00 del giorno 26/09/2014 a
TRENORD SRL - P.LE CADORNA N. 14/16 - UFFICIO PROTOCOLLO - 20123 MILANO. Il bando
integrale di gara è stato pubblicato sulla GUCE
S147 del 02/08/2014 ed inviato per la pubblicazione alla GURI il giorno 05/08/2014. Il
bando integrale di gara è altresì disponibile
presso il Servizio Gare, Appalti ed Acquisti sito in Milano - P.le Cadorna n. 14, nonché all’indirizzo internet www.trenord.it/bandi-e-gare
e sul sito dell’Osservatorio Regionale Contratti
Pubblici Regione Lombardia.
L’AMMINISTRATORE DELEGATO
DOTT. ING. LUIGI LEGNANI
AUTORITA’ PORTUALE DI CIVITAVECCHIA
Ministero dell’Interno
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
DIREZIONE CENTRALE DEI SERVIZI TECNICO-LOGISTICI
E DELLA GESTIONE PATRIMONIALE
Ufficio Attività Contrattuale per l’Informatica, gli Impianti Tecnici e le Telecomunicazioni
AVVISO DI AFFIDAMENTO TRAMITE GARA D’APPALTO
DETERMINA A CONTRARRE PROT. NR. 600/C/TLC/365.PR.179.013.00A
IN DATA 31/01/2014
Si informa che la Gara d’appalto, ai sensi del D. Lgs. 163 del 12 aprile 2006, con procedura ristretta
(art. 54 e 55 punto 6) e accelerata (art. 70, punto 11 lettere a-b), per la fornitura di servizi professionali per la manutenzione dei sistemi “hardware” e prodotti “software”, nonché di assistenza
sistemistica per il sistema “APFIS” del Servizio di Polizia Scientifica. - CIG n. 5539600E85, è stata
affidata in data 16/06/2014 alla Società “HS Company S.p.A.” con sede legale in Roma, via G. Botero n. 15 int. 3 - c/o Mangiacapra, al prezzo di € 857.440,00 oltre IVA al 22%, per aver presentato
l’offerta economicamente più vantaggiosa per l’Amministrazione. Il ricorso alla cennata procedura
trova motivazione nelle urgenti esigenze connesse con attività di pubblica sicurezza.
Roma lì, 05/06/2014
IL RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO - Tommaso Tafuri
AVVISO PUBBLICO
L’Autorità Portuale di Civitavecchia Fiumicino e Gaeta
rende noto che la società Compagnia Porto di Civitavecchia S.p.A., con sede in Roma Via XX Settembre
n. 98/e, titolare di concessione per atto formale rep.
3071 dell’8/3/2006 di durata cinquantennale avente
ad oggetto una zona demaniale marittima sita nell’ambito portuale di Civitavecchia di complessivi
881.800 m2 (di cui 50.000 m2 di spazi a terra e
831.800 m2 di specchi acquei) allo scopo di realizzare
e gestire la Darsena Energetica e Grandi Masse, ha
depositato una proposta progettuale denominata
“adeguamento tecnico funzionale” ed un piano economico finanziario. Gli elaborati costituenti la proposta progettuale suddetta sono visionabili presso gli
uffici tecnici dell’Autorità Portuale Molo Vespucci,
Snc Civitavecchia dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle
12:00 con inizio dal giorno 18.08.2014 sino al giorno
16.09.2014 incluso, in applicazione e per gli effetti di
cui alla Legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive
modificazioni ed integrazioni.
IL PRESIDENTE - Dr. Pasqualino Monti
REGIONE TOSCANA
Ministero dell’Interno
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
DIREZIONE CENTRALE DEI SERVIZI TECNICO-LOGISTICI E DELLA GESTIONE PATRIMONIALE
Ufficio Attività Contrattuale per l’Informatica, gli Impianti Tecnici e le Telecomunicazioni
AVVISO DI AFFIDAMENTO TRAMITE GARA D’APPALTO
Determina a contrarre n. 600/C/TLC.5586.PR.384.013.002 del 16/12/2013
Si informa che la Gara d’Appalto, ai sensi del D. Lgs. n.163 del 12 aprile 2006, con procedura ristretta (artt. 54
e 55 punto 6) e accelerata (art. 70, punto 11, lettera a-b), come modificato dalla Legge 12/07/2011, n. 106 e
successivo Regolamento di attuazione ed esecuzione approvato con D.P.R. del 5 ottobre 2010, n.207, per il progetto di re-ingegnerizzazione delle componenti Basi Dati e SSD del Sistema Informativo Interforze e la revisione
delle procedure di raccolta e consultazione dei log utenti del Sistema Informativo Interforze (Lotto 2 - Revisione
delle procedure di raccolta e consultazione dei log utenti del Sistema Informativo Interforze consistente nella
fornitura di un’ ”appliance”) - CIG n. 5512589C57 e CUP. n. F81B13000620001, è stata affidata in data
21/05/2014 alla Società “TELECOM ITALIA S.p.A.” con sede legale in Piazza degli Affari, n. 2 - 20123 Milano, al
prezzo di € 579.110,70 oltre IVA al 22%, per aver presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa per
l’Amministrazione. Il ricorso alla cennata procedura trova motivazione nelle urgenti esigenze connesse con
attività di pubblica Sicurezza.
Roma lì, 06/08/2014
IL RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO
PROVINCIA DI ROMA
Segretariato Generale - Servizio 3 Gare e Contratti
AVVISO BANDO DI GARA
SERVIZIO DI SFALCIO LUNGO LE PERTINENZE DELLE STRADE EX
ANAS VIABILITA’ ZONA NORD-ANNO 2014. IMPORTO A BASE DI GARA
€ 307.377,06 IVA ESCLUSA. D.D. R.U. 3524 DEL 26/06/2014 e R.U. 3979
DEL 10/07/2014. LOTTO 1: SEZIONE 1 NORD. IMPORTO A BASE DI
GARA € 36.885,25 IVA ESCLUSA. CODICE CIG [5821662B73] LOTTO 2:
SEZIONE 2 NORD-S.R. FLAMINIA. IMPORTO A BASE DI GARA €
53.442,62 IVA ESCLUSA. CODICE CIG [58216777D5] LOTTO 3: SEZIONE
2 NORD - S.R. CASSA E S.R. CASSIA BIS - IMPORTO A BASE DI GARA
€ 80.163,94 IVA ESCLUSA. CODICE CIG [58216924370] LOTTO 4: SEZIONE 3 NORD. IMPORTO A BASE DI GARA 63.934,43 IVA ESCLUSA.
CODICE CIG [ 58216999FC] LOTTO5: SEZIONE 4 NORD. IMPORTO A
BASE DI GARA € 72.950,82 IVA ESCLUSA. CODICE CIG [5821703D48]
PROCEDURA DI AGGIUDICAZIONE: Procedura aperta (art. 54, comma 1
e comma 2, art. 55, comma 5 del D.Lgs. 163/2006) CRITERIO DI AGGIUDICAZIONE: Prezzo più basso (art. 82, comma 2, del D.Lgs 163/2006). SCADENZA TERMINE RICEZIONE OFFERTE: 15/09/2014 ore 12,00 SEDUTA
PUBBLICA DI PRESELEZIONE: 16/09/2014 ore 11.00 PUBBLICITA’: Il
Bando di Gara è stato inviato alla GUE e alla GURI il 18/07/2014 e pubblicato
all’Albo Pretorio Web della Provincia di Roma dal 21/07/2014 al 15/09/2014.
Il Bando di Gara, il Disciplinare di gara, il Capitolato Speciale D’Oneri e gli
altri allegati sono altresì visionabili sul sito internet www.provincia.roma.it.
IL DIRIGENTE DEL SERVIZIO - Dott. Paolo Berno
AZIENDA SANITARIA LOCALE N. 8 DI CAGLIARI
AVVISO DI GARA A PROCEDURA APERTA
PER L’AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO DI COPERTURA ASSICURATIVA RCT/O
E’ indetta una gara a procedura aperta per l’affidamento triennale del servizio di
copertura assicurativa per il rischio RCT/O dell’Azienda Sanitaria Locale N. 8 di
Cagliari per il periodo dalle ore 24:00 del 31/10/2014 alle ore 24:00 del
31/10/2017, da aggiudicarsi ai sensi dell’art. 82 del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.
Importo complessivo dell’appalto, comprensivo della possibilità di procedere,
alla scadenza del contratto, ad una proroga tecnica per un periodo pari a quattro
mesi: € 10.000.000,00. Il bando integrale è stato inviato per la pubblicazione
sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 29/7/2014. Il predetto bando,
il capitolato speciale, il disciplinare di gara e i relativi allegati sono liberamente
disponibili per la consultazione sul sito internet www.aslcagliari.it. Le offerte
dovranno pervenire entro e non oltre le ore 12,00 del giorno 15/9/2014, nelle
modalità prescritte dai citati documenti di gara.
F.to IL DIRETTORE GENERALE - Dr. Emilio SIMEONE
Giunta Regionale Direzione Generale
Governo del Territorio Settore Sistema
Informativo Territoriale e Ambientale
Via di Novoli 26 - 50127 - Firenze, Italia
ESTRATTO DI BANDO DI GARA
Procedura e criterio di aggiudicazione:
Procedura aperta con criterio di aggiudicazione
dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Oggetto: Servizi di aggiornamento della
Cartografia Tecnica Regionale in scala 1:2.000
orientata al DBT-Data Base Topografico di dettaglio urbano, funzionale agli strumenti urbanistici comunali. (CIG: 5854602A66). Luogo di esecuzione della prestazione: Firenze - Italia.
Durata o termine d’esecuzione: 38 mesi.
Importo stimato: L’importo massimo dell’appalto è stimato in 4.500.000,00 euro oltre IVA,
ripartito così come specificato nella pubblicazione del bando in edizione integrale. Termine
per la presentazione delle offerte o della presentazione delle domande: Data 19/09/2014;
ore 13:00. Data di spedizione del bando alla
G.U.C.E.: 29/07/2014. Il bando in edizione integrale è pubblicato sulla GUCE e sulla GURI.
Il capitolato speciale d’appalto, insieme ai
documenti di gara, sono disponibili ai seguenti indirizzi Internet: http://www.regione.toscana.it/appalti/profilo_committente
https://www.regione.toscana.it/start.
Il Dirigente responsabile del contratto
Dott. Maurizio Trevisani
Regione Marche
Servizio Risorse Finanziarie
e Politiche Comunitarie
Estratto
Bando di gara con procedura aperta
per l’individuazione dell’operatore economico
cui affidare i servizi propedeutici all’invio degli
avvisi di accertamento tassa automobilistica
e gestione flussi di ritorno per 12 (dodici)
mesi con opzione per ulteriori 12 (dodici)
mesi. CIG: 58701855E7. Ente appaltante:
Regione Marche - Servizio Risorse Finanziarie
e Politiche Comunitarie - Via Gentile Da Fabriano, n. 9, 60125 Ancona - Importo a base
di gara: Euro 1.977.976,00 (iva esclusa) Termine presentazione offerte: ore 12.00 del
giorno 26/09/2014 - Tutta la documentazione
relativa alla gara è disponibile sul seguente
sito internet: www.regione.marche.it sezione bandi. (GUUE 31/07/2014).
AZIENDA OSPEDALIERA
SAN CAMILLO FORLANINI
P.ZZA C. FORLANINI, 1 00151 ROMA
TEL. 06/55552580 - 55552588 - FAX 06/55552603
ESTRATTO AVVISO DI GARA ESPERITA
PER L’AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO
DI NOLEGGIO AUTOMEZZI
Questa Azienda con deliberazione n. 569 del
06/05/2014 ha aggiudicato il Lotto n. 3 (noleggio
vetture elettriche - CIG 5531283F1D) della gara a
procedura aperta per l’affidamento del “servizio di
noleggio automezzi” per un periodo di mesi 48 per
l’importo complessivo di € 414.312,00 C/IVA. E’ risultata aggiudicataria la Ditta MOVINCAR S.p.A. di
Leini (TO). L’avviso di aggiudicazione è stato inviato
alla GUUE il 09/05/2014 e pubblicato sui internet
http://www.regione.lazio.it, http://www.serviziocontrattipubblici.it e sul sito internet dell’Azienda
http://www.scamilloforlanini.rm.it/benieservizi
da ciascuno dei quali può essere tratta ogni ulteriore informazione.
IL DIRETTORE GENERALE - Dott. Antonio D’Urso
MINISTERO DELLA DIFESA
SEGRETARIATO GENERALE DELLA DIFESA/DNA
DIREZIONE DEGLI ARMAMENTI AERONAUTICI
E PER L'AERONAVIGABILITA’
3° Reparto - Servizio Carbolubrificanti
AVVISO DI GARA
Questa Direzione ha in programma l'acquisizione di
combustibile navale distillato - gasolio a simbolo
NATO F/76 - per i depositi della M.M. (Pol Nazionali
/ NATO) di Taranto, La Spezia ed Augusta e/o rifornimento diretto alle Unità Navali presso le suddette
sedi, tramite procedura ristretta in ambito UE/WTO
ai sensi del D.lgs. 208/2011 con aggiudicazione al
prezzo più basso, da espletare ai sensi del citato
D.Lgs. e della Direttiva 2009/81/CE. Informazioni
possono essere richieste ad ARMAEREO 3° Reparto
Servizio Carbolubrificanti - Viale dell'Università, 4 00185 ROMA - Tel. 06/49865351 o 06/49864052
(ore 09,00 - 12,00) - Al suddetto Ente dovranno pervenire entro e non oltre le ore 14:00 del 02/09/2014,
le eventuali richieste di partecipazione, redatte in
carta legale per le Società aventi sede nel territorio
Italiano, corredate dalla documentazione indicata nel
bando di gara e prevista dal D.Lgs. n. 163/2006 negli
art. 34 e 38 (come integrato dall'art. 11 del D.lgs.
208/2011), art. 39 comma 1, 2 e 3, art. 41 comma 1
lett. c), art. 42 comma 1 lett. a) (come modificato e
integrato dall'art. 12 del D.lgs. 208/2011). Il bando
di gara sarà pubblicato sulle Gazzette Ufficiali della
Repubblica Italiana (GURI) n. 89 del 06/08/2014 e
della Unione Europea (GUUE) cui è stato inviato il
25/07/2014 e sul sito Internet: www.armaereo.difesa.it - Sezione bandi di gara.
IL VICE DIRETTORE AMMINISTRATIVO
Dirigente dott.ssa PREZIOSO Felicia
R.G.E. n. 2448/2012 Trib. PD
G.E.: Dott. G. Primicerio
Lotto Unico: n. 5 certificati azionari pari a
130 azioni, corrispondenti al 13% del capitale
sociale della società “GIADA S.p.A.” in Adria (RO),
C.F. 01313840249, al prezzo base d’asta di
€ 2.880.056,45. Rilancio minimo € 10.000,00.
Vendita: 16/9/2014 ore 10.00 presso lo studio
del Commissionario Delegato Dott.ssa Samantha Visentin in Cartura (PD) via Veneto n. 4. Le
offerte di acquisto devono esser presentate
presso lo studio del Commissionario Delegato
entro le ore 12.00 del giorno 15/9/2014. La vendita sarà priva di effetto nel caso di esercizio del
diritto di prelazione da parte dei soci (in caso sarà
dovuto anche un premio di maggioranza pari a
€ 752.514,11). Per ogni informazione e visione
della perizia, tel. 049/9555668, fax 049/8252146,
e-mail [email protected].
Il Commissionario Delegato
(Dott.ssa Samantha Visentin)
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Cronache 21
italia: 52495258535051
48
Il tema L’avanzata
dell’intelligenza
artificiale divide gli
esperti: «Creerà nuovi
disoccupati», «No,
saremo più liberi»
La percentuale di chi ritiene
che i lavori sostituiti dai robot
non verranno ricompensati
da uguali opportunità, secondo la ricerca condotta
dal Pew Research Center
intervistando duemila
esperti del settore
Robot commercialisti o radiologi
sono loro i concorrenti del ceto medio
Sempre più macchine sanno sostituire l’uomo, non solo in fabbrica
commercialista o i radiologi
rimpiazzati da macchine capaci
di leggere lastre, ecografie ed esami del sangue), spinge economisti,
sociologi e tecnologi a chiedersi cosa
c’è dietro l’angolo: un mondo felice nel
quale staremo meglio lavorando meno
e pagando meno ciò che è prodotto
da un robot, come credevamo
fino a ieri, o un mondo sempre più diseguale di disoccupazione crescente mentre
la maggior ricchezza prodotta
dalle macchine va a beneficio di
pochi?
La novità è che, mentre fino a qualche tempo fa la seconda tesi, quella
pessimista, era sostenuta da pochi accademici come Robert Gordon, subito
relegati nel ghetto dei «neoluddisti»,
QUASI UMANI
NEW YORK — L’auto che si guida da
sola di Google è ancora nell’era della
sperimentazione, ma già può fare meglio degli umani con un software capace di distinguere centinaia di oggetti
simultaneamente: veicoli, pedoni sul
bordo del marciapiede, l’operaio di un
cantiere con una paletta che ordina lo
stop. Sa anche interpretare il gesto di
un ciclista che sta per svoltare. Forbes
ha cominciato a pubblicare articoli, per
ora semplici «preview» societarie,
scritti automaticamente col «software»
di una società specializzata di Chicago,
Narrative Science, della quale il Corriere si è occupato già più volte. Mentre
l’«Associated Press», la maggiore agenzia di stampa Usa, un mese fa ha deciso
che d’ora in poi gli articoli sui risultati
finanziari delle società quotate non li
scriveranno più i giornalisti: ci penserà
il software acquistato da Automated
Insight, una società della North Carolina che ha sviluppato una piattaforma,
Wordsmith, già usata da Yahoo! per
scrivere storie per il «fantacalcio» americano e da Edmunds, una rivista digitale d’informazione sul mondo dell’auto, per descrivere le caratteristiche delle nuove vetture che arrivano sul mercato.
Dalla chirurgia alla compilazione
della dichiarazione dei redditi, dalla radiologia all’assistenza agli anziani e ai
malati, i robot, entrati nelle catene di
montaggio delle fabbriche di auto una
trentina d’anni fa, stanno facendo capolino un po’ ovunque. Perfino, seppure a fatica, nelle scuole: robot che insegnano l’inglese e la calligrafia vengono
già usati in scuole della Corea e del
Giappone, ed è iniziato qualche timido
esperimento anche negli Usa. Il robot
riduce la fatica e i pericoli corsi dall’operaio in fabbrica, aumenta la produttività. Ma fa anche sparire molti posti di lavoro.
La Foxconn, l’azienda di Taiwan che
produce in Cina la maggior parte degli
iPhone e degli iPad della Apple, ha trovato il modo di ridurre la pressione sul
suo milione di lavoratori, ponendo fine
all’epidemia di suicidi di operai stressati: presto molti di loro saranno sostituiti da diecimila robot. I primi assembleranno già l’iPhone 6 che verrà messo in vendita tra pochi mesi. Poi Foxconn, che curiosamente collabora con
Google per costruirsi in casa i robot coi
quali realizzare i prodotti della Apple,
automatizzerà tutto. Fatica azzerata.
Ma azzerato anche il lavoro, in molti reparti almeno.
Da tempo la diffusione dell’intelligenza artificiale, sempre più capace di
sostituire l’uomo non solo nei lavori
manuali più semplici ma anche, ormai,
in quelli intellettuali del ceto medio (ad
esempio il software «Turbotax» col
quale molti americani sostituiscono il
ILLUSTRAZIONE DI PAOLA FORMICA
DAL NOSTRO INVIATO
ora un’indagine condotta dal Pew Research Center, l’istituto di ricerche più
autorevole d’America, tra circa duemila
esperti del settore, ha prodotto risultati
diversi e sorprendenti: la metà di quelli
che hanno risposto al sondaggio continua a dirsi convinta che i lavori sostituiti dai robot verranno più che compensati — com’è sempre avvenuto in due
secoli di rivoluzione industriale — dalla nascita di settori dell’economia inte-
Gli impieghi
Chirurgia, assistenza agli
anziani e lezioni di inglese e
calligrafia: cresce l’impiego
di creature meccaniche
Musica
Suonare «dolcemente» il violino (come
una persona) è
la prerogativa
di uno dei robot della Toyota (a sinistra).
A fianco, un’infermiera particolare in grado
di sollevare fino a 60 chili
ramente nuovi. Per gli altri (48%), nell’economia digitale questo non è più
vero: l’era del vapore ha prodotto le ferrovie che hanno assorbito milioni di lavoratori, quella elettrica ha illuminato
le città e alimentato le fabbriche, il motore a scoppio ha dato lavoro non solo
agli operai dell’auto ma ai milioni che
hanno costruito strade, hanno rivoluzionato l’urbanistica delle città e creato
la rete di produzione e distribuzione
dei carburanti. Internet, invece, produce autostrade digitali che di lavoro diretto ne creano poco. Fanno nascere
nuovi business digitali, è vero. Ma quasi sempre a scapito di servizi «fisici»
meno efficienti che, a quel punto, licenziano.
Anche se il loro numero cresce a vista d’occhio, non è detto che abbiano
Maestra
Alunni tocca
il volto di Saya,
un robot
«umanoide»
che può svolgere il ruolo
dell’insegnante. La dimostrazione è
avvenuta
in una scuola
elementare
di Tokyo
ragione i pessimisti come Judith Donath dell’«Harvard center for internet and
society» che prevede disoccupazione di
massa, una distribuzione della ricchezza sempre più diseguale con l’aristocrazia digitale asserragliata nelle sue
cittadelle fortificate. Può anche darsi
che abbia ragione Hal Varian, il capoeconomista di Google: «Chi rimpiange
i tempi in cui piatti e panni si lavavano
a mano? Anche stavolta, come in passato, nasceranno nuovi mestieri al posto
di quelli, più faticosi, che spariscono.
Tutti noi vogliamo lavorare di meno».
Più che per il risultato finale (non c’è
una risposta netta) l’indagine del Pew
è interessante perché esamina le varie
facce di un problema fin qui poco considerato dalla politica e che, invece, è
destinato ad avere in futuro un’influenza enorme in almeno tre campi: la produzione di beni e servizi con le fabbriche sempre più automatizzate e la rarefazione dei negozi sostituiti dal commercio online. Poi c’è la scuola nella
quale, come dice il curatore della ricerca del Pew, Aaron Smith, «i governi
preparano i ragazzi che dovranno lavorare nell’economia di Zuckerberg seguendo ancora i modelli educativi dell’era di Henry Ford», il capostipite, un
secolo fa, dell’industria Usa dell’auto.
In terzo luogo i governi che già oggi devono affrontare le tensioni sociali legate alla disoccupazione tecnologica.
Si tratta di cominciare a ragionare su
nuovi scenari e nuove realtà possibili:
ad esempio sul fatto che le donne
avranno probabilmente un vantaggio
perché sono più portate per quei lavori
che, richiedendo empatia (infermiere,
insegnante, servizi alla persona), sono
meno sostituibili dalle macchine. O
sulla possibilità che si vada verso una
società divisa in due classi: i ricchi che
potranno permettersi ancora servizi
svolti da personale in carne ed ossa e i
ceti impoveriti che verranno serviti da
robot inespressivi come quelli che in
Giappone hanno cominciato ad accudire anziani e malati.
Bisogna, infine, riflettere sulle diverse condizioni di ogni Paese davanti
a questo problema. E, anche qui, purtroppo, l’Italia non è messa bene: secondo uno studio pubblicato pochi
giorni fa dalla London School of Economics, il 56% dei lavori in Italia potrebbe essere sostituito entro dieci anni
da robot e altre macchine intelligenti.
Peggio di noi, in Europa, stanno solo
Romania, Portogallo e Croazia. Mentre
Gran Bretagna, Francia, Germania,
Scandinavia e anche i Paesi baltici, sono meno vulnerabili dell’Italia: hanno
un numero più elevato di impieghi —
scienziati, artisti, medici, ricercatori,
manager — che richiedono molta intelligenza sociale e che non sono ripetitivi.
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tendenze La parabola dello spot per i surgelati: prima doveva convincere gli italiani più tradizionalisti in cucina, ora guarda alle nuove famiglie
Il posto del barbuto capitano di marina? L’hanno preso due ragazzi gay
Nell’immaginario degli
over 30 il marchio Findus è
per sempre legato al Capitano
barbuto che dispensava saggezza e bastoncini di merluzzo. Erano gli anni 80 e si trattava di spiegare agli italiani,
tradizionalisti in cucina, cosa
fossero quei surgelati così
«avventurosi». Fu un successo immediato. I nuovi spot
dell’azienda che compaiono
da giugno in tv invece non
potrebbero essere più diversi.
Un figlio invita a pranzo la
madre annunciandole una
sorpresa, a tavola con loro c’è
un altro ragazzo. La mamma
loda la cucina dei tagliolini
congelati e lui svela: «Gianni
non è solo il mio coinquilino,
è il mio compagno!». La donna non fa una piega: «Tesoro
mio, l’avevo capito! — dice
appoggiando una mano su
quella del figlio —. Ed è un
ottimo cuoco». Fine della sto-
ria, il pranzo continua: il coming out non ha niente di
problematico, è una delle tante cose che succedono nelle
famiglie italiane.
L’obiettivo della pubblicità,
che fa parte di una campagna
di comunicazione più ampia
lanciata da Findus a febbraio,
è proprio quello di «mettere
al centro il cibo», raccontando le «diverse famiglie e la
normalità dello stare a tavola
insieme» tanto importante
Icone
A sinistra, Capitan
Findus in uno dei
celebri spot degli
anni Ottanta. A destra un fotogramma della nuova
campagna dell’azienda, che rappresenta il coming
out di un ragazzo
davanti alla madre
nella cultura italiana.
Lo spot è stato accolto con
favore dalle associazioni gay,
ma ha anche suscitato qualche polemica in Rete, perché i
protagonisti non si vedono
mai in faccia e, secondo i cri-
tici, perdono umanità (il formato però è lo stesso per tutte
le coppie rappresentate, non
solo quella omosessuale).
Anche per questo motivo difficilmente diventerà altrettanto iconico del Capitano degli anni 80. Eppure è un cambiamento enorme nella strategia
d’immagine
dell’azienda.
«Non si tratta di una novità
da poco: Findus è un marchio
strapopolare e strafamiliare
— rileva Fulvio Zendrini,
esperto di comunicazione
d’impresa e uno dei promotori del progetto online contro
l’omofobia Le cose cambiano
—. Finora a quel livello solo
Ikea lo aveva fatto, un’altra
azienda che si rivolge alle famiglie». Come tutti i cambiamenti è un segnale: «La società è più avanti della politica e
la pubblicità non segue le leggi, che ancora non riconoscono le coppie dello stesso sesso, ma la gente. Il primo compito di una campagna promozionale è stupire — dice
Zendrini —. Il secondo è rappresentare un nuovo spaccato
di società. Quella di oggi è fatta di tante diversità: una volta
non venivano raccontate, oggi sono diventate essenziali».
Elena Tebano
@elenatebano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
22
italia: 52495258535051
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Cronache 23
italia: 52495258535051
Personaggi Una causa di lavoro colpisce l’immagine di una delle icone del nostro tempo: minacciava i colleghi
Vini
Da Kennedy a Steve Jobs
Quei lati oscuri dei miti moderni
Da oggi parte
la vendemmia
(ma c’è chi
aspetta il sole)
Un giudice: il creatore di Apple dietro il «cartello» della Silicon Valley
computer — per lanciare un sito
che mettesse in contatto i ragazzi di Harvard. E Zuckerberg di
fatto l’ha dovuto ammettere,
tanto da averli risarciti nel 2008
con 20 milioni di dollari e 1,2
milioni di azioni Facebook. Cattivo anche lui? Dipende. Proprio
Zuckerberg rifiutò di prendere
parte all’accordo anti-assunzioni che gli era stato proposto dai
capi di Google.
Siamo forse lontani dai «robber barons» di fine Ottocento,
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — Anche una
banale causa di lavoro può contribuire a incrinare un mito. Sta
succedendo negli Usa a un’icona
del nostro tempo, che tale era
già in vita e che ancora di più lo è
diventata dopo la morte nel
2011. Il co-fondatore e poi il salvatore di Apple, Steve Jobs, il visionario, l’uomo che aveva come
motto «stay hungry, stay foolish» («siate affamati, siate folli»), era — nella parole di uno
che lo conosceva bene come Sergey Brin, co-fondatore di Google
— «uno che non voleva rotture
di c... E credo che tutto gli desse
fastidio», a cominciare dalle assunzioni dei suoi dipendenti da
parte degli altri colossi di Silicon
Valley. Le testimonianze su come
Jobs gestisse i rapporti di lavoro
a Cupertino, California, sono così inequivoche che un giudice
americano ha respinto venerdì
la proposta di transazione da
324,5 milioni di dollari avanzata da Apple,
Google, Intel e Adobe
per una
class action
di 64 mila
lavoratori
che hanno
visto la propria carriera ostacolata dai patti
anti-assunzioni dei
colossi di
internet. Dell’accordo clandestino Jobs era l’ispiratore e anche il
regolatore senza scrupoli, grazie
alla «paura e alla deferenza» che
suscitava presso gli altri big della new economy.
Dal buco della serratura di un
processo dunque viene fuori
un’immagine affatto prodigiosa
del manager e inventore americano. Ma che ogni genio possa
avere un «lato oscuro della forza» — per citare un concetto caro a George Lucas, un altro mito
con cui Jobs quando era a capo
di Pixar si era accordato affinché
la Lucasfilm non gli rubasse i talenti — è una scoperta che non
sorprende, se si guarda anche
solo agli esempi più recenti.
Prendiamo Mark Zuckerberg.
Ha fondato Facebook. È diventato il trentenne più ricco del pianeta. Ha il dominio sulle identità
digitali di 1,3 miliardi di abitanti
della Terra. Eppure l’idea non è
stata sua. L’ha copiata dai gemelli Cameron e Tyler Winklevoss,
che a lui si erano rivolti — quando Zuckerberg era ancora uno
studente che smanettava con i
anche se quando venne fuori per
la prima volta la notizia della
class action, lo scorso maggio, il
New York Times si chiese: «Se
fosse ancora vivo, Jobs sarebbe
in galera?». In verità le pratiche
di concorrenza sleale sono state
frequenti nella new economy.
Clamorosa fu negli anni Duemila, la contesa con le autorità antitrust americane ed europee
della Microsoft allora guidata da
Bill Gates, per l’abuso di posizione dominante di Windows che,
Inventore
Steve Jobs, (San
Francisco, 24
febbraio 1955 –
Palo Alto, 5
ottobre 2011), è
noto al grande
pubblico per aver
introdotto il primo
personal
computer con il
mouse (Apple
Lisa) e per prodotti
di successo come
Macintosh, iMac,
iPod, iPhone e
iPad
Presidente
John Fitzgerald Kennedy
(Brookline, 29 maggio 1917 –
Dallas, 22 novembre 1963), è
stato presidente degli Stati Uniti
fra l’altro, ha ucciso di fatto il
browser concorrente Netscape e
imposto il suo Explorer. Ma Gates ha gettato alle spalle quell’ombra trasformandosi in un
benefattore globale.
I comportamenti, più che i
fallimenti, dunque possono incidere sui miti, anche quelli più
consolidati, considerati intoccabili. Fuori dall’economia è
esemplare il declino di Tiger
Woods, campione di golf, esempio di successo multietnico (padre afro-americano, madre thailandese) ma sconfitto nell’immagine dopo la scoperta da parte della moglie delle sue oltre
centoventi amanti. Una caduta
che Woods pagò economicamente, lui che era arrivato a essere il campione più pagato del
mondo, con la perdita di molti
sponsor e un ritiro (temporaneo, ora è di nuovo in attività)
dalle competizioni. Ma con contraccolpi forse più pesanti sull’immaginario collettivo: addirittura era stata messa in piedi
negli Usa un’avventurosa «Prima Chiesa di Tiger Woods», ovviamente chiusa dopo la scoperta dei peccati del suo «messia».
Lo scandalo a sfondo sessuale
è spesso devastante per le carriere pubbliche, e per questo si
fa di tutto per tenere celate le
abitudini più intime. Il caso di
I big del digitale
Zuckerberg copiò l’idea
di Facebook, Bill Gates
fu accusato di abuso
di posizione dominante
Tradimenti
Le donne dell’ex
presidente Usa, le 120
amanti del campione
di golf Tiger Woods
John Fitzgerald Kennedy, forse
uno dei più grandi miti del Novecento, lo dimostra. Solo molti
anni dopo la sua morte sono venute fuori le storie delle amanti,
della sua bulimia sessuale soddisfatta con attrici (Marilyn
Monroe) e segretarie, dipendenti e prostitute d’alto bordo. Se
scoperte ai tempi in cui correva
per la Casa Bianca o quando era
presidente, ne avrebbero stroncato la carriera. Cinquant’anni
dopo appaiono più sbiadite. E
ora capita a Steve Jobs, con la
scoperta delle minacciose mail
ai colleghi: «Dai un’occhiata all’asimmetria delle risorse finanziarie delle nostre due compagnie», fu l’avvertimento che diede al ceo di Palm, Ed Colligan,
che frenava su un accordo sulle
assunzioni perché lo riteneva
«oltre che sbagliato, anche probabilmente illegale». La minaccia era di fargli causa sui brevetti. E Jobs poteva trascinarla a
lungo quanto voleva.
Fuoriclasse
Tiger Woods, 38 anni, è un
golfista statunitense. Secondo
Forbes è lo sportivo più pagato al
mondo
Fabrizio Massaro
Informatico
@fabriziomassar0
Bill Gates, 58 anni, è il fondatore
e presidente di Microsoft. È stato
per anni l’uomo più ricco del
mondo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di LUCIANO FERRARO
S
ul Monte Orfano, forse
la terra emersa più antica nella Pianura Padana,
inizia oggi la vendemmia
2014. Siamo in Franciacorta,
a Coccaglio, lontano dalle
aziende più note del distretto del Metodo classico d’Italia. La Coldiretti apre la stagione dell’uva tra le rocce di
origine marina in provincia
di Brescia. Si raccolgono
grappoli di Pinot nero e
Chardonnay per spumante
di Faccoli, una cantina familiare da 50 mila bottiglie
l’anno. I vini (il più noto è
l’Extra Brut) risultano sapidi
e minerali, come se conservassero il ricordo delle onde.
È ancora presto per capire
quale sarà il risultato di quest’anno strambo. Mentre
Faccoli gioca d’anticipo di
una decina di giorni rispetto
all’anno scorso, molti altri
vignaioli hanno deciso di
ritardare l’avvio dei lavori.
Colpa della pioggia di luglio,
in media il 74% in più, secondo Coldiretti. In Trentino
sono caduti 1.000 millimetri
d’acqua nei primi 7 mesi del
2014, la stessa quantità di un
intero anno. Un clima simile
favorisce malattie delle viti,
molti produttori hanno dovuto fronteggiare attacchi di
peronospera e di botrite,
funghi in grado di danneggiare le piante, come la rilevato la Fondazione Edmund
Mach di San Michele all’Adige. «La situazione migliorerà
— spiega Maurizio Bottura
della Fondazione — solo se
arriverà il sole. Si comincia
con le varietà precoci di base
spumante, il grosso della
vendemmia da noi partirà il
25 agosto». «Le uve stanno
recuperando, qui la pioggia
non ci ha colpito come in
altre zone della Toscana —
dice Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del
Brunello di Montalcino —
siamo moderatamente ottimisti, abbiamo tolto foglie
sulle viti per fare passare più
raggi del sole. Per il Sangiovese cominceremo la vendemmia a metà settembre,
un ritorno ai tempi tradizionali, come negli anni Settanta e Ottanta, prima delle ondate di caldo che hanno costretto a vendemmie in piena estate». Soprattutto al
Nord, dal Piemonte al Friuli
Venezia Giulia, in un’annata
difficile come questa saranno i vignaioli a fare la differenza cantina per cantina: i
migliori saranno quelli che
riusciranno a far sentire nelle bottiglie il carattere delle
loro terre. O l’eco del mare,
come per i vini del Monte
Orfano.
(divini.corriere.it)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lettere e interventi
Tagli selettivi?
Perché Renzi si è incaponito a
non far eleggere i 100
senatori? E perché si è
opposto alla riduzione a 350
deputati?
Domenico Capussela,
Basiglio (Mi)
Il ricordo
Antonino Scopelliti, sostituto
procuratore generale della
rigoroso, resta un simbolo
dell’efficace contrasto dei
giudici ai poteri illegali. E
dimostra ai calabresi onesti
che si può tenere la schiena
dritta, senza piegarla alle
illegalità e alle protervie dei
clan mafiosi e del malaffare.
Pietro Mancini, Cosenza
BENI CULTURALI
Expo italiano
Ha ragione il ministro dei
Beni culturali, Dario
Franceschini, nel sostenere
che si debbano convincere i
visitatori di Expo a
continuare il viaggio in Italia,
dal Veneto alla Calabria, per
ammirare le innumerevoli
opere d’arte. E ha ragione
l’assessore alla Cultura del
Comune di Milano, Filippo
Del Corno, che sul Corriere
(10 agosto) ha dichiarato:
«Che senso ha portare a

ANTONINO SCOPELLITI
Cassazione, fu ucciso, 23
anni fa, dai picciotti della
‘ndrangheta, che eseguirono
la condanna a morte decisa
dalla cupola dei boss di Cosa
nostra. L’alto magistrato, in
vacanza dove risiedeva
l’anziana madre, aveva
portato con sé i documenti
per ultimare la requisitoria
del processo, che avrebbe
svolto davanti alla Suprema
corte, con imputati i boss
della mafia condannati nel
maxi-processo istruito da
Falcone e Borsellino.
Magistrato riservato e
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Milano i Bronzi di Riace che
non hanno alcuna attinenza
con l’Expo?». Gli
organizzatori
dell’esposizione dovrebbero
fare il possibile affinché
migliaia di turisti possano
«cibarsi» pure di arte,
presente in tutto il Paese.
Giovanni Papandrea
[email protected]
Le lettere vanno indirizzate al Corriere della Sera,
via Solferino 28, 20121 Milano. Fax: 02.6282.7579
E-mail: [email protected], oppure al sito
www.corriere.it. La rubrica di Sergio Romano
riprenderà lunedì 1 settembre.
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5 Puzzles by Pappocom
RIFORME
Sudoku Difficile
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Altri giochi su www.corriere.it
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Come si gioca
Bisogna riempire la
griglia in modo che ogni
riga, colonna e riquadro
contengano una sola
volta i numeri da 1 a 9
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LA SOLUZIONE DI IERI
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24 Cronache
Sussidiario
di LUCA MASTRANTONIO
«Oi», il saluto
telefonico
Senza dolore
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
italia: 52495258535051
D
a espressione di sofferenza, scritta
con l’acca, a saluto d’apertura delle
conversazioni sul telefono mobile: «oi»
sta prendendo il posto di «pronto», «sì»,
«eccolo», «ciao»... Il fenomeno è stato
analizzato da Riccardo Gualdo in Per
l’italiano. Saggi di storia della lingua nel
nuovo millennio (Aracne), in particolare
nel saggio «Oi?! Ciao, ciao! Apertura e
chiusura di conversazioni al telefonino».
L’interiezione «oi», con la «ó» chiusa, è
di origine centro-meridionale, ed è il
risultato di fattori come la personalizzazione delle conversazioni telefoniche al
cellulare (nella foto, illustrazione Olympia) e il costo o la frequenza dell’uso, che
riducono all’essenziale i convenevoli.
Fenomeni che riguardano anche le formule di chiusura, come ricorda Silverio
Novelli sul sito Treccani: «Ciao, ciao,
ciao» diventa «cià, cià, cià», detto freneticamente. «Oi», come «ohilà», è un
segnale di richiesta d’attenzione tipico
del centro-sud. L’espressione si diffonde
alla fine degli anni 70 con il movimento
musicale «Oi!» di street punk, ed entra
nelle conversazioni al cellulare nei 90,
influenzato anche dal saluto d’apertura
americano, «hi!». Si usa spesso quando
si risponde alla telefonata, prevista, di
una determinata persona, con cui magari
si è parlato poco prima: allora la funzione è «anaforico contestuale» (sempre
Novelli), perché rimanda a una precedente situazione condivisa, da portare a
termine. E la letteratura? Ecco due brani
La cena in terrazza con
citati da Gualdo: «Ohi! oohi! cominciarono a vociare gli uomini della ciurma
passandosi la fune», da La Lupa di Giovanni Verga. E così scrive Carlo Levi in
L’Orologio: «Oi Giacinto, non hai finito?
Spicciati!». «Oi» esprime empatia, condivisione e richiesta di attenzione. E la
sofferenza? Forse il sistema nervoso ci
chiede di fare un po’ meno telefonate.
[email protected]
criticalmastra.corriere.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giovanni Rana
«S
a, la mia compagna non è
carnivora» dice il signor Giovanni aggiungendo al brodo
un altro cucchiaio di fegatini.
Da quanto state insieme? «Mah, una ventina d’anni». Cosa mangiate? «Verdure, pasta, pesce. Carne poca». Come l’ha conquistata? «È lei che ha conquistato me». E la
tiene a stecchetto? Altri fegatini di pollo:
«Io a stecchetto? Impossibile». Quanto pesa? «Venti chili più del dovuto: 110. Sedici
anni fa erano cento: mi portò al ristorante
guidando una Ferrari Testa Rossa… Eh eh,
altri tempi, altro sangue. Adesso ho il sangue del nonno. Con i miei nipoti faccio discorsi incredibili. Cucinano per me. Maria
Sole, 11 anni, i dolci. Nanni, 19, i primi».
Passione di famiglia. Che scuola fa Giovanni? «Deve cominciare l’università Itaca, a
New York, scienze dell’alimentazione. Le
piacciono queste tagliatelle in brodo? Tipica ricetta veneta. Sarebbe da inverno, ma
con questo tempo…». Con questo tempo
anche il secondo è tassativo: bollito misto
con la Pearà. «Stasera però mangio solo
una mela. O una fetta d’anguria». Il suo cibo preferito? «Ah, il risotto. Anche i tortellini. Ma dalle nostre parti, bassa veronese,
erano un piatto della festa. Son cresciuto
con le tagliatelle della mamma, bigoli, risi
e bisi». Lei cucina? «Una volta: sempre primi, pasta al forno in tutti i modi. Adesso mi
sono impigrito». Il pasto principale?
«Pranzo. Di sera frutta. Faccio anche gli assaggi in azienda. Ieri per esempio gnocchi,
i nuovi tipi partono a settembre. Assaggio
anche i concorrenti, per forza. Ma faccio 40
minuti di piscina ogni sera. Sa, con il mio
nome... Ho costruito prima la piscina, poi
la casa. E poi tutt’intorno l’azienda». L’ultima volta che ha visto un medico? «Pochi
mesi fa, check-up nel Wisconsin. Esami a
posto. Ho detto al dottore: con me avete
poco lavoro».
Mezzogiorno nuvoloso al ristorante
Gelmini, sotto un enorme gelso. «Dopo la
guerra questa era una baracchetta, ci venivano i miei fratelli. La signora Bianca è ai
fornelli dal 1956». A Ca’ di David, frazione
di Verona sud, i fratelli del signor Giovanni
(come lo chiaman tutti) avevano aperto un
forno. Lui, ultimo di sei, portava in giro il
pane. Cosa è successo dopo, lo racconta lui
stesso nelle università: Giovanni Rana è
diventato la faccia e il sinonimo della pasta
fresca in Italia e nel mondo. Partendo da
un Guzzino e da una stalla. «Ho imparato
da un vecchio pastaio di Bovolone, un certo Zanca. Poi ho chiesto un locale al papà
della mia fidanzata e lui mi ha dato una
stalla. Con un amico muratore l’abbiamo
rimessa a posto e siamo partiti: tortellini
con la carne, poi ricotta. Ai tempi era un
prodotto innovativo: devo ringraziare
l’emancipazione femminile. Le consegne
con il motorino, l’ha visto all’entrata dell’azienda? È quello originale: con il vento
contro, me tocava cambià marcia». Oggi
l’azienda di San Giovanni Lupatoto ha oltre
600 dipendenti, 30% immigrati, cinque
stabilimenti nel Nord Italia, uno a Chicago.
Al timone lui e Gian Luca, il figlio: «Devo
ringraziarlo, la nostra avanzata all’estero è
merito suo. Era il mio sogno: sbarcare in
America».
Il signor Giovanni, 76 anni, non va in vacanza più di 7 giorni. A fine agosto l’ha invitato un cliente in Sardegna, «tutto pagato». Gli piacciono le sagre di paese. È appena stato a quella del Pan Moio, non lontano
da qui, a Ronca’. «È la storia di quando
c’era poco da mangiare: poareti, fasevano
un pane poco lievitato, duro, lo mettevano
in questo brodo, un po’ di cipolla, un po’
d’olio sì e no». Come è andata alla sagra?
«Mi aspettavano come il Papa. Mi son se-
«TRUCCO LE MACCHINE
PER FARE LA SFOGLIA»
ILLUSTRAZIONE DI GUIDO ROSA
di MICHELE FARINA
un’estate italiana
Mangia i dolci fatti dalla nipotina. Pesa 110 chili («Ma ogni sera nuoto 40 minuti»)
e confessa: «Modifichiamo le impastatrici, come si faceva con le Abarth»
duto su una panchina, mi e un altro, e la
panchina s’è ribaltata. Ho detto, calma ragazzi, non abbiamo ancora cominciato a
bere». Appunto, cosa si beve? Con le finissime tagliatelle fatte in casa un bianco Soave, Valpolicella con il bollito misto: lingua,
cotechino e manzo con la Pearà, la tipica
salsa veronese. Dove pranza di solito? «A
casa. Passo dallo stabilimento. Mi piace
l’atmosfera, quella che chiamo la musica
del muletto». Come cambia il gusto degli
italiani? «Guardi, noi facciamo trecento ricette. Il cambio è continuo. Adesso vogliono l’agrodolce, il curry, le verdure, pochi
grassi, più salutismo». La ricetta che va di
più? «Mah, forse gli Sfogliavelo al prosciutto crudo». Quando torna in tv? «Nuovi spot a settembre». Top-secret? «Pensi
che io che sono il protagonista non so
niente. Al marketing hanno paura che
spifferi tutto». Facile dirigere l’azienda in
tandem con un figlio? «Me lo chiedono
molti colleghi, preoccupati: “Ma voi andate d’accordo?”, mi dicono. La mia risposta
classica? Che “io vado d’accordo con mio
figlio”. Non noi. Capito? Siamo noi padri
che dobbiamo essere un po’ psicologi».
Non bisogna essere psicologi per capire
che questa torta di mele accompagnata da
un bicchiere di Recioto è buonissima. «Il
segreto? Dico solo che per un etto di farina
c’è un chilo di ottime mele» dice la cuoca
Bianca. E la ricetta per uscire dallo stallo
italiano? Il signor Giovanni sospira: «Secondo me bisogna che scalemo una marcia
tutti. Ma è fatica». Scaliamo in che senso?
«Negli anni Sessanta avevamo bisogno di
tutto: scarpe, jeans, tortellini. Adesso abbiamo tutto e dobbiamo perfezionare tutto. Lo dico ai ragazzi: voi dovete essere super-specializzati». Con una marcia in meno? «Nel senso che ormai non si possono
La cucina dei romanzi
Chi è
Giovanni Rana è
nato a Cologna
Veneta nel 1937
ed è il fondatore
del gruppo
«Pastificio
Rana», uno dei
leader mondiali
nel mercato
della pasta
fresca
più fare le otto ore al giorno, bisogna farne
cinque ma tirar fuori il meglio». Certo
«abituarsi a vivere con un tenore inferiore
è dura. Si fa fatica a rinunciare». Il primo
segreto della pasta fresca? «Solo materie
prime di alta qualità». Per farla in casa?
«Più fine è la sfoglia, che deve essere sottile ma elastica, più gusti il ripieno». Voi come fate? «Modifichiamo le macchine impastatrici per ottenere il massimo della
bontà». Come truccare il motore di un’auto? «Come fare un’Abarth». La signora
Bianca però usa il mattarello. «Io davanti al
mattarello, specie nelle mani di una donna, mi inchino sempre». A proposito di cibo ed eros: un piatto per conquistare
l’amato o l’amata? «Risotto alla mantovana, con il pilaf e la pasta di salame. Infallibile. E da bere lambrusco di Sorbara».
@mikele_farina
A passo leggero
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di CRISTINA GABETTI
di PAOLO DI STEFANO
Da Venezia a Capri
a tavola con Parise
«C
enò al Quadri: aragosta freschissima (Mario,
il maître, era molto soddisfatto del consiglio) e
Silvaner ghiacciato. Guardò intorno a sé e vide una donna
stupenda, con i capelli molto corti e un occhio leggermente più piccolo dell’altro, che cenava sola molto lentamente. A un certo punto
perdette un anello, l’uomo lo raccolse, glielo diede e lei sorrise con
grandissima eleganza nelle labbra». Non aspettatevi di più, Parise si
ferma qui. In compenso, quando l’uomo riparte da Venezia, porta
con sé «la laguna ondulante e la dolcezza della vita». Ma Sillabario
offre anche incontri a tavola meno malinconici, come quello di un
mezzogiorno a Capri, lui e lei seduti «Da Luigi», due calici di vino
freddo, due piatti di cozze al pepe sulla tovaglia bianca. E un bacio
inaspettato sulle labbra di lei: «Era vero, le labbra erano indurite dal
vino freddo e fuori, intorno, sopra il labbro era rimasto un po’ di sale».
Goffredo Parise, Sillabario, Adelphi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il piacere perduto
delle lettere scritte a mano
M
entre il volume delle email sale a livelli vertiginosi e la posta elettronica contribuisce ad aumentare lo stress, i postini consegnano
sempre meno lettere e cartoline scritte a mano. Trovare nel plico di cataloghi e inviti il segno di una penna e il carattere di una grafia è un piacere quasi dimenticato. Mi è bastato tenere in mano le lettere della mia
adolescenza, custodite in cima alla libreria, per rivivere la gioia di ricevere buste affrancate e timbrate, di calcolare il tempo trascorso in viaggio
prima di infilare l’indice nell’angolo per aprirle, di sentire il suono dello
strappo insieme al profumo di cellulosa, e la sensazione di sfilare il
contenuto e di cercare un posto comodo per leggerlo. Poi la fatica di
decifrare una parola, la personalità del mittente svelata dalla forma dei
caratteri e il trattamento dello spazio: pagine fitte e ordinate, margini
frastagliati, righe ondulate, scritture tonde o spigolose. Mi piaceva scorrere le dita sul foglio per sentire il solco della penna, e dall’intestazione
della carta, ripercorrere la genesi dei pensieri rivolti a me. Durante le
necessarie pause dagli schermi, affidiamo alla penna qualche parola, e
manteniamo vivo un rito che altrimenti rischia di essere archiviato.
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Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Un’estate fa
di MARIA LUISA AGNESE
La leggerezza
(in anticipo)
di Patty Pravo
Cronache 25
italia: 52495258535051
F
ino a 15 anni la paffuttella Nicoletta
Strambelli era una quasi signorina
di buona famiglia, portava gonne al
ginocchio e cotonatura in perfetto stile
anni 60, studiava al Conservatorio e a
Venezia dove viveva aveva alte ed eclettiche frequentazioni da Ezra Pound ad
Angelo Roncalli. Poi in un baleno la
musica cambiò, un passaggio nella
swinging London e lei divenne Patty
Pravo, minigonne e stivaloni, fisico
neoanoressico, viso sfilato, aria un po’
Stili diversi
Da sinistra Patty Pravo con
la gonna lunga
e poi con stivali
e look hippie
hippie: era nata la reginetta del Piper di
Roma e della nuova notte italiana (non
pensate alla «trasgressione» perché a
nominarla Nicoletta si indispone). La
ragazza in fondo non tanto triste che
amava la libertà regalò un immaginario diverso alle donne uscite come lei
dal dopoguerra: reclamava imperiosa
l’indipendenza, cogliendo gli spiriti
nell’aria ancor prima del ’68, e difatti la
sua «Qui e là», quasi un manifesto per
una generazione, è del 1967: «Oggi qui
domani là, senza freni io vado e vivo
così», frase inconcepibile sulla labbra
di una donna fino ad allora. Una rivendicazione imperiosa ma leggera, come
ha confessato a Malcom Pagani in una
recente intervista per il Fatto Quotidiano: «Io penso che si debba ridere almeno per mezz’ora al giorno. Se non mi
accade, lo faccio accadere. I piagnoni
sono insopportabili. Bisogna essere
leggiadri».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le relazioni
pericolose
Preferirei di no
di MARIA LAURA RODOTÀ
Se in Rete
il meteo
è più cliccato
del sesso
Lui scrisse: è la mia grande fortuna
Lei confidò: solo Burton mi manca
ILLUSTRAZIONE DI STEFANIA CAVATORTA
di PAOLO VALENTINO
Q
uando prenotavano un albergo, prendevano tre suite: quella dove abitavano,
quella al piano di sopra e quella al piano di
sotto. Pensavano alle loro maratone: di
sesso, di urla, di alcool. Conoscevano i loro litigi epici, fatti di insulti irripetibili, botte, oggetti lanciati con forza, cristalli in frantumi. E non
volevano essere interrotti o disturbati dalle eventuali proteste di altri clienti. In verità, migliaia di fan
avrebbero pagato il doppio del prezzo pur di avere
una suite vicino a «Liz and Dick».
Il loro fu un «amore furioso», il più celebre, il più
scandaloso, il più drammatico degli anni 60. Nell’arco di dodici anni si sposarono due volte e divorziarono altrettante. Sovrapponendo e mescolando
il cinema con la vita reale, Liz Taylor e Richard Burton hanno attraversato il loro tempo come due comete scintillanti, offrendo al mondo il baluginare di
un’esistenza fiabesca fatta di feste favolose, barche,
jet privati e gioielli, ma anche il lato oscuro di una
relazione avvelenata dall’etilismo, dalle risse, da
una «reciproca dipendenza» che esagerava e deformava ogni prospettiva.
E ha un alone di leggenda, nonostante sia andata
proprio così, che tutto cominciasse nella primavera
del ‘63 a Roma, sul set di un film. Non un film qualunque, ma il più costoso dell’epoca, il primo che
vide una star di Hollywood, la Taylor appunto, ricevere un cachet da 1 milione di dollari per recitare
nella parte di Cleopatra, diretta da Joseph
Mankiewicz. Al primo appuntamento col regista e
l’attrice, Burton, scelto per il ruolo di Marco Antonio, si presentò ubriaco e barcollante. Le sue mani
tremavano, mentre cercava di bere caffè. Fu Liz ad
aiutarlo a portare la tazza alle labbra. Come i protagonisti del film, si desiderarono subito. Pochi giorni dopo, girando la prima scena d’amore, il bacio
tra i due durò così a lungo, che Mankiewicz chiese
scherzando se poteva ordinare il cut. Loro continuarono. Sarebbe passato alla storia come «le scandal». Erano entrambi sposati. Lui con l’ex attrice
Sybil Williams, dalla quale aveva avuto due figlie, la
più piccola autistica. Lei, al quarto matrimonio, con
il cantante Eddy Fisher, che aveva rubato a Debbie
Reynolds, la fidanzatina d’America, guadagnandosi
per sempre la fama di divoratrice di uomini. Ma
nulla poté fermare la loro attrazione fatale: «Io e Ri-
Troppo amore per restare insieme
Liz e Richard, scandalosa passione
La coppia
Un amore tormentato
Liz Taylor e Richard Burton si sono sposati
e hanno divorziato per due volte nell’arco
di dodici anni. La scintilla scocca a Roma
nel 1963 sul set del kolossal «Cleopatra»
Lo scalpore per la relazione
Taylor aveva alle spalle già quattro
matrimoni quando si innamorò di Burton,
sposato anche lui. La loro storia fu molto
chiacchierata e finì su tutti i giornali
Il successo nel cinema
Recitarono in una decina di film
raggiungendo il culmine di popolarità in
«Chi ha paura di Virginia Woolf?». Film che
a lei valse l’Oscar
chard non ci bastavamo mai, lui era così sexy,
splendidamente selvaggio», avrebbe detto ricordando gli inizi. Si amarono nel film e anche dopo.
Quando l’affaire finì sui giornali, fu come un fuoco
d’artificio. Nel clima dell’epoca ancora intriso di
moralismo e ipocrisia, anche Radio Vaticana si sentì in dovere di accusare i due amanti di «minare la
salute morale della società».
Si sposarono nel ‘64, diventando la coppia più
celebre, più contesa ma anche più improbabile della fabbrica dei sogni. Le loro storie facevano a pugni. Liz, americana cresciuta a Londra, agiata, figlia
di un’attrice e di un mercante d’arte, aveva esordito
nel cinema a 12 anni e non aveva conosciuto altro
che quel mondo magico e luccicante. Lui, dodicesimo dei 13 figli di un minatore del Galles, si era fatto
strada grazie a talento e volontà. Era un grande attore scespiriano, ma in fondo provava vergogna a
recitare perché dalle sue parti il palcoscenico era
roba da «sissie», omosessuali. Burton voleva fama e
denaro, che il teatro non poteva dargli. Per questo
aveva scelto il cinema. E fu l’incontro con Liz, la
donna col tocco di Mida, a farlo brillare nel cielo di
Hollywood. Recitarono insieme in una decina di
film, raggiungendo l’apice in «Chi ha paura di Vir-
ginia Woolf?» di Edward Albee, nel ‘66, che a lei valse l’Oscar e a lui la nomination, una delle 7 mai coronate da vittoria. I regali di Dick a Liz fecero epoca:
il più celebre fu il diamante da 70 carati, acquistato
a un’asta per 1 milione di dollari e ribattezzato il
Taylor-Burton. Ma furono 10 anni segnati anche da
liti in pubblico, sbornie, purtroppo abusi fisici di lui
nei confronti di lei. Divorziarono nel ‘74. Si ripresero meno di 16 mesi dopo. Si lasciarono nel ‘76.
Nel 1983, sempre amici, cercarono un ritorno
sulla scena insieme, in una commedia teatrale,
«Private Lives» di Noel Coward. Successo di pubblico, disastro di critica. Liz saltò molte repliche perché troppo ubriaca. Burton morì un anno dopo.
«Sono stato disordinatamente fortunato nella vita e
la più grande fortuna è stata Liz: è brillante, timida,
bella oltre i sogni più pornografici, può esser arrogante e testarda, ma anche dolce e mite, può tollerare la mia ubriachezza e la mia impossibilità. E ama
me», scrisse nei suoi diari l’attore. «Non mi importa
nulla di tutti gli uomini che ho avuto — confessò lei
un anno prima di morire nel 2011 —, la verità è che
Richard è l’unico che ho amato e di cui mi importi
ancora qualcosa. Mi mancherà fino alla morte».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giallo Il male non dimentica
UNO STRANO CASO CHIUSO CON UNA FRETTA SOSPETTA
di ROBERTO COSTANTINI
Italia Balistreri vola giù da una scogliera a Tripoli il 31 agosto 1969. Quella notte Gheddafi prende il
potere. Nel 2011, mentre Gheddafi crolla, il commissario Balistreri indaga su una serie di delitti che
lo riporteranno dove non voleva mai più tornare
(Tripoli, 3 agosto 1969) Nadia Al Bakri, la sorellina di Ahmed e Karim, è sparita da questa mattina nel percorso tra la baracca degli Al Bakri e le
ville. Immersi nella nebbia gialla del ghibli, la
cerchiamo tutti per ore tra la campagna e l’uliveto, ma è inutile. Arriva anche la Polizia guidata dal
Generale Jalloun in persona, un omaggio evidente
all’importanza di mio padre. Ci riuniamo nel salone della nostra villa. Tutti tranne Marlene Hunt.
Marlene è sola nella villa accanto. La donna
più bella del nord Africa. Ieri le ho spalmato la
crema protettiva dal collo all’orlo del bikini. Oggi…
È un pensiero tanto insensato quanto irresistibile. Senza farmi notare esco nel giardino. Il maledetto ghibli, dopo tre giorni infernali, sta finalmente calando e i raggi del sole ora filtrano un po’
attraverso la cortina di sabbia. Mi affaccio alla
porta socchiusa di villa Hunt.
Lei è la madre della tua ragazza. Ha 34 anni e
io nemmeno 20…
Ma è una forza irresistibile a spingermi. In silenzio comincio a salire i gradini che portano al
terrazzo.
Dove Marlene prende l’abbronzatura integrale.
La porta del terrazzo si apre, lei è completamente nuda. Si ferma lì in cima a osservarmi ed è
come ricevere un tae al petto. Barcollo, poi cado
all’indietro, rotolando fino in fondo alle scale. Mi
rialzo, sento la sua risata e la porta della terrazza si
richiude. Sono in fiamme. Corro fuori, esco dal
cancelletto sul retro del muro di cinta. Gli ultimi
ruggiti del ghibli mi schiaffeggiano il viso mentre
corro fino alla baracca dove abita la famiglia Al
Bakri. Supero di slancio la fossa di letame dove
sette anni prima sono stati ritrovati i cadaveri
della donna e della neonata. Mi addentro nell’uliveto. Il sole stava calando, è una palla di fuoco
all’orizzonte che ora riesce a bucare il ghibli. Ai
lati del sentiero, tra le casupole di lamiera dei
pastori le capre belano incustodite. Il cane pastore
abbaia troppo, è nervoso, annusa la porta del
vecchio frantoio abbandonato da anni. Le mosche
sono troppe, per il vento che ancora tira. La porta
del frantoio è bloccata con un lucchetto. Sbircio
dalla finestra, attraverso i vetri resi opachi da anni
di sabbia. Sono paralizzato, nel corpo e nella
mente. Mi rifiuto di pensarci, torno di corsa verso
Edicola e web
Su Corriere.it
Ogni puntata di
questo giallo si
può trovare su
Corriere.it
L’iniziativa
Dal 12 con
Corriere e
Gazzetta in
vendita il primo
libro della
trilogia di
Roberto
Costantini
le ville.
Il corpo di Nadia è lì dentro.
Pochi giorni dopo.
Il Generale Jalloun ha già arrestato l’assassino
di Nadia, il vecchio pastore Jamaal. Ma io non ci
credo affatto. Questa sera mia madre è sul solito
dondolo sulla veranda. Come sempre, beve
whisky, fuma e legge Nietzsche. Mi siedo accanto
a lei, che alza lo sguardo dal libro e sorride. Sono
tante le rughe intorno ai suoi occhi, ma il sorriso
è sempre lo stesso. Quello con cui mi ninnava a
due anni e mi cantava la filastrocca per addormentarmi. Tiro fuori dalla tasca dei jeans un foglietto a quadretti spiegazzato, scritto a matita. Lì
sopra ho segnato i movimenti di tutti i miei sospettabili per la morte di Nadia. Glielo passo senza una parola. Lei legge in silenzio quei nomi terribili, sino alla fine. Non dice, come avrebbe fatto
papà, che sono solo un ragazzo e quelle sono cose
da adulti, cose serie per la Polizia. Riguarda più
volte il foglietto con i miei appunti. Lo piega e lo
mette nel libro di Nietzsche. «Va bene, Mike, controllerò. Ma tu non fare niente». Il giorno dopo il
pastore Jamaal si taglia le vene nella sua cella e il
caso viene chiuso. Quel foglietto, come le foto di
don Eugenio con Nico, restano a Italia.
(7—continua)
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U
na battuta che si preferirebbe non sentire, ma
davvero, in questi giorni, è
quella declinata in mille modi
per commentare la notizia del
meteo che ha battuto il porno.
Online, ma neanche tanto. In
Italia, in quest’estate che —
neanche ovunque — è arrivata
solo ora. Lo si è appreso da
Alexa.com, il servizio contaclic di Amazon. Il principale
sito di previsioni del tempo è
al 22esimo posto tra le ricerche
nostrane. Per trovare un sito
porno, bisogna arrivare al
29esimo. Al netto delle chiose
volgari, i piazzamenti hanno
scatenato ondate di sociologismo poveraccio (quello di noi
pennivendoli, e di cittadini
altrimenti svegli che ci danno
retta): sul meteo che non ci
azzecca e sugli italiani depressi
che non fanno più sesso; neanche quando non possono
andare in spiaggia perché piove. Plausibile, per carità. C’è
un’altra interpretazione, volendo. Benaltrista, ma neanche
tanto. Ha a che fare col mostruoso ritardo italiano nella
diffusione della banda larga.
Siamo in bassissima classifica,
peggio di un sito fetish d’agosto, il che ci costa 1 punto-1
punto e mezzo di Pil. Siamo
malissimo collegati appena
mettiamo piede fuori dai nostri uffici e dalle nostre case
dal Wi Fi opinabile ma esistente. Quando siamo in ferie per
pochi giorni (quasi tutti, quest’anno) ci ritroviamo con Wi
Fi raro e due tacche del 3G; e le
sfruttiamo per controllare il
meteo. Non per cercare un
video sexy, da soli/e o per movimentare le cose con la persona cara. Nella media località di
villeggiatura italica è difficile
caricare anche un segmento di
due minuti da YouPorn. Tale
carenza non preoccupa la nostra classe politica modello
Tutti dicono I Love You (si
baciano tanto). Non pare curarsi dell’agenda digitale, o
forse ha perso l’agenda, chissà
dove l’ha lasciata, va sempre di
furia (toscanismo).
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L’axforisma di J-Ax
Se qualcuno, per convincerti a non
tatuarti, ti dice «pensa a come sarai
a 80 anni» rispondigli così:
un tattoo non ti fa diventare ridicolo
in vecchiaia, invece le banalità
ti fanno sempre ingrigire
prima del tempo
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DUE PAGINE SUL «NEW YORK TIMES»
NEW YORK – I 900 scrittori anti-Amazon hanno
mantenuto la promessa: ieri sul «New York Times» è
uscito il loro appello a pagamento, due pagine di
pubblicità (a fianco) in cui si denuncia Amazon, il colosso
della vendita online, che avrebbe boicottato l’editore
francese Hachette per aver respinto la richiesta del
gruppo di Jeff Bezos di ridurre i prezzi degli ebook. Un
boicottaggio, è la denuncia, che va dal rendere
Le firme dei 900 autori
contro Amazon. E Bezos
ora boicotta film Disney
«indisponibili» le prevendite dei libri (cartacei e digitali)
di Hachette al ritardarne la distribuzione. Una linea che
— scriveva ieri il «Wall Street Journal» — Amazon
starebbe replicando, impedendo le prevendite fisiche
(non invece di quelle digitali) di due film della Disney
(«Maleficent» e «Captain America: the winter soldier»).
Le due parti non commentano. L’appello partito dallo
scrittore Douglas Preston ha coinvolto firme come
Cultura
Stephen King, Paul Auster, John Grisham, Jonathan Littell.
L’appello è sia ad Amazon affinché cessi di colpire gli
autori Hachette («rappresaglia selettiva») sia ai lettori
affinché protestino alla mail [email protected]. Amazon
replica che vendere ebook a 14.99 o 19.99 dollari è
troppo e che un prezzo più basso favorirebbe le vendite.
Fabrizio Massaro
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ilClassico
L’oggetto dei suoi fini aforismi è il Paese che lo ospita: il
saggio di Emil Cioran (foto) Sulla Francia, ritratto di pregi e
difetti d’Oltralpe, uscirà il 28 agosto per Voland (traduzione
di Giovanni Rotiroti, pp. 112, € 13). Fu scritto nel 1941,
quando il filosofo rumeno si trasferì in via definitiva a Parigi.
Riletture Al tempo del Bardo era perennemente oltraggiato l’olfatto, evocato nelle sue opere. Che oggi ispirano la commercializzazione di essenze
Shakespeare, profumo sul tanfo del mondo
L’alito di Amleto, le viole di Enrico V, rose su rose. Ma l’odore del sangue non passa
di SERGIO PEROSA
T
ragedie e drammi di Shakespeare
sono spesso così truci, da essere impervi all’effetto dei profumi. Celebre
lo spasimo di Lady Macbeth nella
scena del sonnambulismo: «C’è sempre
l’odore del sangue: tutti i profumi d’Arabia
non tergeranno questa piccola mano». Del
resto la puzza era endemica nell’epoca elisabettiana, date le incredibili condizioni igieniche. Il profumo, più che un tocco di grazia
e leggiadria, offriva un necessario antidoto
ai cattivi odori che si spandevano ovunque:
c’era un perfumer addetto a profumare le
stanze e la lavanda era sparsa sui pavimenti
di terra o di assi per tenerli puliti e profumati.
Non stupisce che i profumi umani risultino nauseabondi. Nel sorprendente sonetto
130 («Gli occhi della mia bella non sono come il sole») una sfilza di negatività antipetrarchesche culmina in «E in certi profumi
c’è più delizia / che nel fiato che dalla mia
donna esala». La plebe nel Giulio Cesare
emana «un tal profluvio di fiato puzzolente», che il poveretto sviene. Di contro, l’alito
di Amleto è profumato: a Ofelia ha fatto doni
«con parole impregnate d’alito così dolce /
da arricchirli». Così per la bella e tartassata
Imagen in Cymbeline: la sua fragranza pro-
Avversione
Sia nei sonetti sia nei drammi, il
poeta mostra ripugnanza per le
imbellettature e l’uso eccessivo dei
cosmetici che mascherano la vita
fuma la sua stanza. Dei profumi naturali, c’è
tutta la gamma. L’estate ha l’alito mielato
(ma durerà?, sonetto 65). La violetta precoce
ruba l’alito profumato all’amato del poeta
(sonetto 99) ma, come dice Laerte nell’Amleto, è transeunte, dà profumo e piacere solo
per poco (motivo spesso associato a fiori e
profumi).
Alle violette pensa Enrico V nella notte
antecedente la battaglia, sentendosi uomo
prima che re: esse profumano per gli altri
come per lui. C’è un caleidoscopio di rose:
quella muschiata, la rosa damascena (rosata); la rosa coltivata è costantemente contrapposta da Shakespeare e dai suoi contemporanei al fiore selvatico, inodore.
Ma non del tutto muoiono i fiori. Alla loro
morte ne vengono distillati i profumi artificiali, le essenze («i fiori distillati, pur se incontrano l’inverno, / perdono solo l’aspetto;
ancora profumata resta la sostanza», sonetto 5. Del processo di distillazione si parla
esplicitamente in Cymbeline. Qui scattano
due tipiche impennate shakespeariane. Nei
«sonetti matrimoniali» (1-17), i profumi distillati diventano figura dell’amico del poeta, invitato e spinto a «distillare» se stesso e
la propria essenza, cioè il seme, per la procreazione, proprio come avviene per i profumi nel lambicco. L’emissione del seme richiesta all’amico per assicurarne la discendenza viene equiparata al processo di distillazione dei profumi.
D’altro canto, profumo e cosmesi sono visti e presentati da Shakespeare (che oscilla
frequentemente per fini drammatici fra
un’idea, un concetto, un’affermazione, una
visione del mondo, e il loro contrario) come
affettazione dei dandy e delle donne da poco o «da conio», dei cortigiani. Come denota un ricorrente pregiudizio e quasi un disgusto per la sessualità femminile, così altrettanto ripugnanza mostra per le imbellettature e l’uso eccessivo dei cosmetici nel suo
tempo, che chiama impiastri — come in ef-
Il dipinto di William Hogarth (1697-1764) «Falstaff esamina le reclute» (1728), episodio tratto dall’«Enrico IV» di William Shakespeare
fetti erano. In sonetti e drammi è virulento il
suo ribrezzo per la cosmesi che maschera la
vita, per l’imbellettatura posticcia che cela e
camuffa il vizio.
Amleto, uno dei tanti a prendersela con i
cosmetici, si fa gioco di Osric, il cortigiano
che gli porta la sfida truffaldina del re Claudio, una waterfly, una libellula che con i
suoi salamelecchi e sbandieramenti di cappello lascia presagire uno strascico di olezzante profumo. In altri due passi Amleto ha
ripugnanti riferimenti: nella scena con Ofelia, «ho sentito, sì, quanto basta, dei vostri
belletti; Dio vi ha dato una faccia, e voi ve ne
fate un’altra», e tremendamente quando
medita sul teschio di Yorick: «Adesso va’
nella camera della mia signora e dille, si
metta pure un belletto spesso un dito, dovrà
ridursi così».
E nella prima parte di Enrico IV, il valoroso Hotspur, appena uscito stremato e inzaccherato dalla battaglia, se la prende con il
popinjay, il pappagallino e lezioso damerino venuto a chiedergli di consegnare i prigionieri: «Era profumato come una modista
Il libro
La storia letteraria scritta negli aromi
Le descrizioni
minuziose delle
toelette femminili
di Balzac («C’è
odor di femmina»,
arrivò a scrivere
Théophile Gauthier
parlando dei suoi
romanzi), quelle
realistiche di Émile Zola, gli odori forti
delle città dickensiane. Il profumo spesso
è stato il tessuto invisibile della
letteratura. Ed è dedicato alle fragranze e
ai modi con cui queste si possono
raccontare Il profumo della letteratura,
volume a cura di Daniela Ciani Forza e
Simone Francescato (Skira, pp. 381,
e 26, in libreria a ottobre). Un saggio che
indaga i rapporti tra scrittura e olfatto per
restituire il panorama storico e sociale di
romanzi e racconti. Gli autori, studiosi di
lingua e cultura angloamericana,
scandagliano l’universo letterario
dall’antichità all’epoca moderna, dalla
sensibilità pre-rinascimentale al mondo
di Shakespeare (nell’immagine). Per
arrivare al simbolismo e al decadentismo
fin de siècle o agli esempi letterari più
vicini a noi, dove l’odore, in certi casi,
diventa elemento narrativo vero e
proprio (si potrebbero prendere ad
esempio le descrizioni olfattive della
povertà fatte da John Fante). Non
mancano le ricostruzioni della storia
delle stesse fragranze. A volte queste
sono dei veri mini-romanzi.
/ e fra pollice e indice teneva / un astuccio
di aromi, che ogni tanto / portava al naso, e
lo ritraeva./ …/ mi imbestialì / vederlo così
in ghingheri e tutto profumato, / e che parlava come una dama di compagnia». Cosmesi e profumi sembrano accentuare la
mendace e ingannevole apparenza che sfida
e tradisce la vita; non nascondono la bruttura, ma la mettono in luce.
La piena esaltazione del profumo, sgombra da ogni remora, è però nei primi versi de
La dodicesima notte («Se la musica è cibo
dell’amore, suonate, / datemene a sazietà…»), con evidente sinestesia: la musica si
spande all’orecchio del melanconico Orsino
come un flusso di dolce (o profumato) suono «che alita sul prato di violette, rubando e
dando profumo».
E infine, in Antonio e Cleopatra, nella
splendida descrizione fatta da Enobarbo
della regina sulla galea che la porta sul fiume Cidno e arde sull’acqua come un trono
brunito, che culmina proprio con l’effetto
inebriante del profumo: «La poppa era d’oro
battuto, di porpora / le vele, così profumate
che le brezze / ne languivano d’amore /.../
Dalla galea un profumo sottile e arcano /
colpisce i sensi sulle rive vicine. / La città si
riversò fuori ad ammirarla / e Antonio, in
trono sulla piazza del mercato, / rimase solo, a fischiettare all’aria».
Sempre per sinestesia, il profumo più forte, che rimane, è naturalmente quello che
emanano i versi stessi di Shakespeare, anche
i più truci. Tanto che a loro, con citazioni
esplicite o sepolte, «celate» o allusive, si rifanno oggi i nomi di innumerevoli marche.
Il Black Phoenix Alchemy Lab ha una Shakespeare Collection con nomi di personaggi
shakespeariani per le diverse essenze — Antony, Caliban, The Apothecary, Cordelia, Juliet, Helen, ma anche Iago, Lear, Lady Macbeth, Othello, Tamara e Yorick (con relative
citazioni). Body Time ha lanciato le Shakespeare In the Park — New Fragrances, usando per nomi i titoli dei drammi a cui corrisponderebbero. Esiste una Shakespeare in
Love, «red rose composition», un profumo
chiamato minacciosamente Beware the Ides
of March (Attenzione alle Idi di marzo), uno
Fair Verona in onore di Giulietta, e nella linea recente della Mavive, un The Merchant
of Venice. Un’Accademia di profumi shakespeariani c’è anche in India e in Italia. Non
credo Shakespeare se ne sarebbe adontato;
avrebbe sorriso, complice e compiaciuto.
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Uomini e leggi Pubblicati da Giuffrè gli atti del convegno di Macerata in onore del sociologo e giurista tedesco
Fame di diritto, e poco di cui saziarsi: l’allarme di Teubner
di ANTONIO CARIOTI
S
Il sociologo del diritto Gunther Teubner (70 anni), professore emerito
dell’Università Goethe di Francoforte
embra al tramonto l’epoca in cui al centro
del sistema giuridico c’era la dimensione
statale, cui era affidata la produzione
esclusiva delle leggi. Le grandi imprese si sottraggono sempre più ai vincoli degli ordinamenti nazionali e tendono a creare un proprio
diritto sostanziale su base privatistica. La tecnologia rende possibili situazioni inedite, che
sfuggono alle regole vigenti e tuttavia esigono
tutele in sede giudiziaria (si pensi al caso dei
due gemelli con quattro genitori). Autori come
il sociologo del diritto Gunther Teubner, professore emerito dell’Università Goethe di Francoforte, ritengono necessario rispondere alla
«fame di diritto» sviluppata dalle diverse comunità transnazionali promuovendo un «costituzionalismo senza Stato», in cui i rapporti
tra le norme siano strutturati non più in forma
gerarchica, ma «eterarchica», cioè individuando volta per volta la disciplina applicabile ai
singoli casi mediante ricostruzioni di competenze su base policentrica.
Proprio sulla teoria di Teubner, in occasione
del conferimento allo studioso tedesco della
laurea honoris causa, il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Macerata ha organizzato una giornata di studi, i cui atti sono ora
confluiti, assieme ad altri contributi di docenti
italiani e stranieri, nel volume Il diritto fram-
Lo scenario
Le grandi imprese si sottraggono ai
vincoli degli ordinamenti nazionali
mentato, a cura di Alberto Febbrajo e Francesco Gambino (Giuffrè, pagine 425, e 44).
Oltre a interventi di autori come Natalino Irti, Pasquale Femia, Riccardo Prandini, Francesco Prosperi, il libro contiene la lectio magistralis di Teubner sulla tutela dei diritti umani
a livello globale. Un problema enorme (basti
pensare alle tante guerre in corso o allo sfruttamento della manodopera nei Paesi poveri), che
trova la teoria giuridica pressoché inerme. Almeno così la pensa Teubner: «Di fronte al continuo proliferare di pratiche sociali atroci e disumane la giustizia dei diritti umani è una questione decisamente scottante, che non ha nessuna prospettiva di essere risolta». Forse il
compito spetterebbe alla politica, che oggi però non appare affatto più in salute del diritto.
@A_Carioti
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Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Nuovi media Zhang Wei, Li Hu & C. hanno cominciato quasi per gioco ma hanno lanciato un business
Elzeviro
L’antologia del settantenne poeta russo
STRATANOVSKIJ A ROMA
VERSI COME GRAFFITI
di SEBASTIANO GRASSO
C
i sono anche sei poesie
dal ciclo Versi scritti in
Italia nell’antologia
Graffiti (Passigli, pagine 168, € 16,50) di Sergej Stratanovskij (nella foto, San Pietroburgo, 1944), curata da
Alessandro Niero. Il quale, già
nel 2009, aveva pubblicato Buio diurno (Einaudi, pagine 220,
€ 15).
Nel luglio 2000, Stratanovskij arriva nello Stivale con
una borsa di studio del «Fondo Brodskij» e si ferma tre mesi. Come esprime un poeta le
proprie sensazioni? In versi,
naturalmente. Magari cercando le vestigia dell’antica Roma
«al ristorante Quo Vadis, / sulla via Appia», dove «si può ordinare un Asti, / o un Chianti o
qualsivoglia vino (...) / e a
suon di calici sballarsi». O
ascoltando, sempre a Roma,
da un «italiano agiato / con
villa al mare», la spiegazione
del perché è diventato comunista: «In ricchezza e fortuna /

Un percorso
tra il lirismo e
l’impegno civile
è vergognoso vivere su questa
terra / e la coscienza impura
impone / di pensare agli umiliati, / compatire gli offesi. /
Beh, come il vostro Dostoevskij».
Per il resto, i versi italiani di
Stratanovskij possono apparire come il resoconto di una
guida turistica: mestiere che
egli ha fatto nella natia Leningrado, assieme a quello —
venticinquennale — di bibliotecario. Una guida sui generis,
coltissima, ironica, pronta ad
evidenziare le connessioni fra
mito e contemporaneità.
Stratanovskij nasce in una
famiglia di eruditi. Il padre traduce Erodoto e Tucidide; la
madre è docente universitaria
di francese. Sergej si specializza in Letteratura russa e francese. Le prime poesie risalgono al 1968 (primavera di Praga): ha 24 anni e pubblica sulle
riviste semiclandestine samizdat (autoedizioni).
Pur essendo noto negli ambienti culturali di Piter (come
viene chiamata San Pietroburgo dai suoi cittadini), l’esordio
ufficiale di Stratanovskij avviene a 41 anni (nel 1985), in un al-
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Cina, i milionari dei romanzi online
Gli scrittori più ricchi non pubblicano libri. E il cinema li corteggia
dal nostro inviato PAOLO SALOM
manacco letterario, con altri
autori. Gorbaciov ha allargato
le maglie della censura.
Il primo libro, Stichi («Versi») esce nel 1993, quando Sergej di anni ne ha 49. Seguono:
Buio diurno (2000), Accanto
alla Cecenia (2002), Sul fiume
torbido (2005), L’anima del
tamburello (2009), L’albero del
fico (2010), Graffiti (2011),
Giobbe e l’arabo (2013). Nel
2001 diventa membro del Pen.
In Italia, il poeta russo ha un
buon seguito. Suoi versi appaiono su riviste, tradotti da Alleva, Galvagni, Malcovati, Niero,
Riccio, Sabbatini. Poi Niero
decide di antologizzare gli otto
libri in due, in modo da evidenziarne l’iter poetico: autobiografismo, lirica pura, religione, mitologia e impegno civile.
A Roma, un monaco ortodosso si guarda intorno: «Tutto è confuso / angeli mutati in
amorini, / mausolei in fontane, / chiese in sale da concerto, / l’incarnazione del Vero /
nel corpo marmoreo di una
peccatrice (...) / Qualcuno ancora prega, qui / ma certo gli
angeli non sentono / le parole
per troppo frastuono».
Voci si levano dalla folla: «E
così moriremo comunque. / A
quale scopo, allora, mi si dice
/ l’acqua pulita / e per ognuno
un alloggio / privato? Non è
forse meglio il chiasso / serale
ed ebro degli studentati? / Anche nelle baracche è meglio. /
Se non altro, ci siamo abituati».
Impronta religiosa, s’è detto. «Dio è nelle cose di ogni
giorno: / nei magazzini d’ortofrutta, nelle fabbriche / nel caos degli incontri calcistici / nel
boccale di birra di un chiosco
/ nella noia». Ma Stratanovskij
è anche un profondo conoscitore della Bibbia. Che, talvolta,
riscrive. Ecco l’episodio di Isacco e Abramo: «Sia stato Dio o
un angelo per caso / trasvolante nei pressi / a trattenergli allora la mano / non so né lo voglio sapere / difficile interessino a qualcuno / adesso questi
regolamenti di conti».
Dubbi di un re magio:
«Non, non ci andrò per niente
al mondo / e alle vostre frottole non credo / quale bambino
venturo? / Sono già vecchio e
stanco / montare sul cammello senza aiuto / dei servitori è
una fatica (...) / E, poi, dove sarebbe questo posto? / Ah, a
Betlemme. Mai sentito / mi sa
che è un cimiciaio».
Alessandro Niero ha un
grande merito: spiega, precisa
anche ciò che a primo acchito
potrebbe sembrare scontato. E
quando egli stesso ha qualche
dubbio, prende il telefono e
chiama San Pietroburgo. Sergej è lì, pronto a chiarire.
[email protected]
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Grande guerra
La fede nell’inferno delle trincee
Un dibattito oggi in Val di Fassa
S’intitola La fede in trincea l’incontro sulla religiosità
dei militari italiani nella Prima guerra mondiale che si
tiene oggi a Campitello di Fassa, in provincia di Trento,
alle ore 21, presso il Padiglione manifestazioni del
Centro sportivo Ischia. In discussione il ruolo della
Chiesa e dei cappellani militari, così come le reazioni
che l’esperienza tragica del conflitto generava nei
credenti: c’era chi si aggrappava alla fede per
sopportare gli stenti e chi vedeva la guerra come un
castigo divino. Intervengono all’incontro: Alberto
Melloni, docente di Storia del cristianesimo, Luciana
Palla, studiosa della Grande guerra nelle Dolomiti, e
don Antonio Atzeni, cappellano militare.
PECHINO — Il suo nome online suona
complicato, a dispetto del mezzo: Tangjia
sanshao, ovvero Terzo maestro della famiglia Tang, al secolo, più semplicemente, Zhang Wei, 33 anni, una laurea in legge messa da parte per scrivere romanzi.
Ma solo su internet. Zhang, nato e cresciuto a Pechino, ormai è una celebrità.
Da anni è in testa alla classifica degli autori «elettronici» più ricchi della Cina con
un guadagno, in diritti, di 26,5 milioni di
yuan (oltre 3 milioni di euro nel 2012).
Chi l’ha detto che il web non rende? A
giudicare da quanto avviene in Cina, è
una (potenziale) miniera d’oro. Il giovane
autore è circondato da molti altri, tutti
più o meno della stessa generazione, che
con le loro storie — soprattutto fantasy,
con escursioni nel passato e nella fantascienza (in cinese xuan huan), e dunque
a prova di censura — hanno conquistato
milioni di follower disposti a pagare una
piccola cifra per leggere sullo smartphone la loro ultima avventura. Ecco, oltre a
Zhang Wei, scrittori come Li Hu, 25 anni
(2,4 milioni di euro); Liu Wei, 35 anni (1,8
milioni di euro); Zhu Hongzhi, 27 anni
(1,6 milioni di euro) e Wang Zhong, 30 anni (1,4 milioni di euro).
Tutti accomunati da una caratteristica
che da noi probabilmente farebbe alzare
più di un sopracciglio: non hanno mai
pubblicato un libro di carta. Eppure le rare volte che si mostrano in pubblico sono
accolti come divi del cinema. «E dire —
ha raccontato Zhang Wei in un’intervista
al “China Daily” — che ho cominciato a
scrivere quasi per caso, senza nemmeno
crederci troppo». Lui stesso, appassionato di fantasy («Sei anni di lettura intensiva», spiega), un bel giorno si è deciso a
buttare giù il suo primo romanzo:
«Un’opera immatura», riconosce adesso.
Capace tuttavia di garantirgli un piccolo
introito. Allora, è stato il suo pensiero, si
può guadagnare scrivendo su internet.
Sì, in Cina si può. Sarà per i grandi (immensi) numeri — oltre 600 milioni di
utenti sul web a fine 2013 — o sarà che i
romanzi online si acquistano per un centesimo ogni mille parole, fatto sta che la
«miniera» andava sfruttata. E Zhang Wei
ci si è messo di gran lena. Per ultimare il
suo secondo romanzo, Kuang Shen (Spirito folle), una storia di supereroi, splen-
Bestseller in rete
Dati relativi al 2012
Zhang Wei
Li Hu
Liu Wei
Zhu Hongzhi
Wang Zhong
33 anni
25 anni
35 anni
27 anni
30 anni
26,5
milioni di yuan
3,2 milioni di euro
20
14,5
13
milioni di yuan
milioni di yuan
milioni di yuan
2,4 milioni di euro
1,8
milioni di euro
1,6
milioni di euro
12
milioni di yuan
1,4
milioni di euro
La copertina
della ricerca
pubblicata dall’ex
giornalista
Wu Huaiyao
Il libro
di Zhang Wei,
intitolato
«Kuang Shen»
(Spirito folle)
CORRIERE DELLA SERA
dide donne e perfidi funzionari del medioevo cinese, il giovane autore si è dato
una regola ferrea: «Scrivevo, e scrivo tutt’ora, dieci ore ogni giorno, senza mai andare in vacanza».
Risultato, nel 2004 Zhang ha guadagnato dalla sua fatica 4 mila yuan, circa
500 euro. Ma non era che l’inizio, considerato che ha ormai pubblicato 12 romanzi per 30 milioni di parole scaricate da
centinaia di milioni di lettori che, come
abbiamo visto, l’hanno proiettato nel-
l’Olimpo dei grandi (tanto da essere notato perfino da Forbes). Non solo, le sue
storie sono diventate anche cartoni animati e film trasmessi dalla televisione:
«Scriverò presto la sceneggiatura dell’Avatar cinese», dice Zhang Wei. Un successo senza precedenti, dunque, tutto dovuto al web. E all’uso intensivo degli
smartphone, che nella Repubblica Popolare, in particolare nelle città di provincia
a più basso reddito, sono usati come veri
e propri terminali dalla popolazione più
Le rivelazioni di James Knowlson
Il biografo: Beckett, eroe partigiano
Si è chiuso ieri a Enniskillen in Irlanda
del Nord il festival «Happy Days»
dedicato a Samuel Beckett (1906–89).
E nuovi particolari sull’eroismo di
Beckett partigiano sono venuti dal suo
biografo James Knowlson (autore di
Samuel Beckett. Una vita, edito in
Italia da Einaudi): per anni lo scrittore
irlandese aveva tenuto segreta
l’esperienza per la quale ottenne la
Croce di guerra; agente della
Resistenza, traduttore di dispacci
segreti, sfuggito per un pelo alla
Gestapo. A Knowlson l’autore di
Aspettando Godot spiegò: «Non potevi
startene con le braccia incrociate».
modesta, i cosidetti diaosi, i ragazzi che
non sono ancora usciti di casa perché non
hanno un buon lavoro. Ma sono pieni di
sogni. E di voglia di evadere immergendosi nel mondo fantastico del xuan huan.
Il pubblico dei romanzi online è giovane e abita di preferenza lontano dalle metropoli. A indovinare i loro gusti e selezionare le opere più adatte è una casa editrice tutta virtuale che si chiama Cloudary
(controllata da Shanda Ltd e pronta, tra
l’altro, a quotarsi a Wall Street al Nasdaq).
L’editore, l’uomo in carne e ossa che ha
intuito quale spazio potessero conquistare i romanzi smaterializzati, è Hou Xiaoqiang, che nel 2008 ha acquistato il portale letterario Qidian. Oggi i siti che raccolgono le opere e le distribuiscono agli
utenti sono sei. Dal 2012, il gruppo è in attivo. «Posso dire — ha spiegato il vicepresidente Hua Lin in una recente intervista
— che 1,6 milioni di autori scrivono per
Cloudary. Siamo in attivo dal 2012. Abbiamo un catalogo di 60 milioni di titoli e 80
milioni di caratteri vengono caricati online ogni giorno». Buona lettura, direbbe
Zhang Wei.
@PaoloSalom
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Discussioni Il rapporto del Censis evidenzia ritardi e incompiutezze di imponenti progetti urbani durante la crisi
Per diventare archistar globali
gli architetti fanno gli artisti visuali
di VITTORIO GREGOTTI
C
ome ogni anno il Censis (direttore
Giuseppe Roma) ha pubblicato il
suo Rapporto 2013 sulla situazione sociale del Paese di cui un capitolo ha
come titolo Territorio e reti. All’interno
di questo una parte importante è dedicata ai «ritardi ed alle incompiutezze ed
al lungo travaglio dei grandi progetti urbani all’epoca della crisi».
Il capitolo dedicato a territori e reti affronta anzitutto giustamente il tema generale delle aree marginali del nostro
Paese e della loro tutela economica ed
ambientale, oltre alla questione delle
condizioni indispensabili per il loro rilancio per mezzo di progetti urbani innovativi e soprattutto ben gestiti e capaci di utilizzare positivamente ed in economia il tema della ristrutturazione dell’esistente. Tutto questo tenendo conto
che, almeno in Italia, ancora il quarantanove per cento della popolazione vive in
sistemi insediativi diffusi.
Proprio anche questo rende più acuto
il contrasto quando si vogliono collocare i progetti simbolici imitativi del grande sviluppo non avvenuto proprio nelle
grandi città con percorsi tanto lunghi da
scontrarsi con la crisi e da essere abbandonati o restare incompiuti per molti
anni. Peraltro nel territorio, non meno
significativamente sono stati abbandonati importanti costruzioni di servizi
non finiti come grande spreco.
Le responsabilità delle amministrazioni locali come quelle centrali sono
ben presenti, così come le indecisioni e i
rinvii ripetuti delle iniziative. Ed anche
le decisioni delle giurie, sovente composte da persone molto lontane dal tema
della qualità dell’architettura hanno le
loro responsabilità, anche se sappiamo
bene come in generale i concorsi siano
diventati oggi sezioni assai poco significative della cultura architettonica.
Il rapporto descrive ventidue casi
esemplari (anche se ne dimentica altri
importanti come quello romano di Acilia) in cui i lavori o non sono mai partiti
o si sono interrotti o i progetti sono rimasti sulla carta. Ma quali sono le responsabilità e le inadeguatezze della
cultura degli architetti? Forse la loro dipendenza eccessiva dai desideri esibizionisti in termini di quantità, di bizzarria non necessaria dei clienti pubblici e
privati e della loro coincidenza con quella degli architetti stessi? Forse dei grandi
sistemi immobiliari travolti dai loro interessi economico-finanziari, dalle preoccupazioni di marketing, dalla prevalenza dei costi alti delle attrezzature tecnologiche, dall’ossessione della flessibilità mercantile dei prodotti, che
collocano fatalmente l’architetto in una
consenziente posizione di produttore di
immagini di «artista visuale», necessario in molti casi per ottenerne la laurea
in archistar televisiva globale?
Questi interrogativi si incrociano oggi
fatalmente, lo sappiamo, non solo con
un problema di tensione con la crisi economica irrisolta dominante ma anche
con i tradizionali incroci tra la lentezza
Nigeria
La scuola flottante
di Kunlé Adeyemi
A Makoko, vicino Lagos, in Nigeria,
sono iniziati i lavori della scuola
elementare flottante di Kunlé
Adeyemi, architetto e urbanista
nigeriano. Il progetto è frutto del
confronto con la comunità locale
sui problemi legati alle inondazioni
e al terreno paludoso instabile.
delle decisioni (e qualche volta le inchieste giudiziarie), la difficoltà di essere in grado di collocarle in un ragionevole disegno urbano e territoriale e i mutamenti nelle decisioni provocate dall’alternarsi contraddittorio delle
responsabilità politico-amministrative.
Ma tutto questo riguarda gli architetti
come cittadini e non li assolve dalle loro
responsabilità specifiche.
A essere sinceri vi sono casi di progetti per i quali non verseremo lacrime per
il fatto che non verranno realizzati ed altri ancora che sarebbe stato meglio ripensare da capo, anziché faticosamente
proseguirli. Ma non è nostro compito
qui dare giudizi su ciò che è stato fatto,
pur nella nostra convinzione che molti
dei progetti di architettura più vasti e
noti, realizzati o meno negli ultimi anni,
abbiano nella maggioranza dei casi, e
con le dovute eccezioni, uno scarso senso della relazione dialettica nei confronti dei contesti urbani con cui sono in relazione; preferendo adeguarsi alle forme unificate nella bizzarria globale non
necessaria.
La parte della relazione Censis 2013
dedicata a territori e reti ha altre due
parti, oltre al monitoraggio sullo stato
complessivo della crisi economica, che
vale la pena segnalare: la prima riguarda
i cambiamenti nella struttura della famiglia e il problema del frazionamento
degli alloggi, la seconda mette in evidenza le capacità dei cittadini nel far
fronte ai problemi urbani dalle infrastrutture, ai servizi, dalle strutture di solidarietà a quelle che riguardano sia la
scuola che gli anziani. Che i cittadini siano più evoluti delle città e dei loro governi?
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Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
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Idee&opinioni
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CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE / 1
La drammatica lezione dei perseguitati
Il dovere delle fedi è non abbandonarli
SEGUE DALLA PRIMA
In gran parte essi nutrono propositi di
cambiamento anche radicali, ripetono più o
meno da sempre che «così non si può andare
avanti», sono a ogni momento pronti a mettere sotto accusa la politica per i suoi ritardi e
incapacità. Ma della politica essi hanno vitalmente bisogno. Storicamente, infatti, lo status e i relativi privilegi grandi e piccoli di medici, avvocati, magistrati, alti dirigenti pubblici, professori universitari, giornalisti si sono
costruiti in buona parte grazie per l’appunto
alla protezione loro offerta dalla politica. Non
parliamo dell’industria, della banca, del commercio. Qui sostegno statale diretto, legislazioni favorevoli, limitazioni alla concorrenza,
regimi di volta in volta ad hoc nelle concessioni, negli appalti e nelle licenze — tutto dipendente dalla politica — hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo decisivo.
Come meravigliarsi se questo poderoso
complesso d’interessi — i cui vari settori per
giunta sono generalmente dominati da gruppi di comando di età avanzata — sebbene
possa talvolta esprimere opinioni e desideri
di cambiamento, ne tema al tempo stesso
moltissimo ogni reale ed effettiva avvisaglia?
Come meravigliarsi se esso cerchi di esorcizzarla celando il proprio malumore dietro le
critiche mascherate da una delusione di maniera?
In realtà la sessantennale vicenda della democrazia italiana ci ha lasciato un’eredità avvelenata: vale a dire una compagine sociale
per la quale è oggi difficile immaginare una
qualunque riforma, o quasi, che non colpisca
in modo significativo interessi forti e ramificati. Capaci di agitare lo spauracchio, in termini di consenso, che è stato sempre fatto valere contro ogni governo riformatore: il prezzo delle riforme lo si paga subito, mentre i
vantaggi si vedono solo dopo.
Manca in questa rassegna un ultimo protagonista: la stampa. I giornali amano Renzi?
Ovviamente a seconda dei giornali, risponderei io. Per il presidente del Consiglio e i suoi
seguaci — specie quelli della 24esima ora —
ho l’impressione che invece la risposta sarebbe: no, per nulla; o comunque mai abbastanza. Ma il potere, qualunque potere, pensa
sempre così a proposito dei giornali e di chi ci
scrive. Questi però, sebbene facciano parte
anch’essi di un’élite privilegiata, cercano, per
lo più, in realtà, di fare solo il loro mestiere,
che per sua natura è — giustamente! — un
mestiere daltonico: abituato cioè a vedere più
il nero che il bianco, e a scorgere sempre anche nel bianco qualche traccia di grigio. Renzi
perciò se ne convinca: «i gufi e i rosiconi» veri, quelli che contano, usano strumenti diversi dalla carta dei giornali.
Ernesto Galli della Loggia
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L’INQUIETANTE NORMALITÀ DELLE INFRAZIONI
OSTACOLO (ITALIANO) A QUALSIASI RIFORMISMO

Probabilmente la mentalità corrente nel nostro Paese è la più radicale
obiezione ai fondamenti del pensiero anarchico, a Kropotkin, all’idea di una capacità
di autoregolazione dell’essere umano, alla
fiducia in una naturale autodisciplina. Solo
due flash dalla vita quotidiana.
Roma, stazione Ostiense, esterno giorno
(prima mattina). Devo partire per Livorno, e
attendo sulla banchina. Scopro
solo all’ultimo che il mio treno
parte da un altro binario, senza
che nessuno abbia dato l’avvertimento (né il display lo ha comunicato). Salgo trafelato e chiedo
spiegazioni a un affabile ferroviere. Risposta imbarazzata:
«Che vuol farci, in Italia è normale». Appia Antica, esterno giorno
(tramonto). Mi godo una meravigliosa passeggiata in un paesaggio romantico-goethiano, tra ruderi, pini e cipressi. Ogni tanto
però un’auto mi sfreccia accanto e devo scostarmi. Ma non era zona a traffico limitato?
Leggo che nelle ore di maggior traffico vi
circolerebbero 2.000 auto all’ora. Protesto
con un gentile vigile urbano. Risposta, con
tono rassegnato: «Senza controlli elettroni-
ci e con pochi vigili è normale…».
Ecco, gli episodi citati non costituiscono
in sé una anomalia indegna di un Paese civile. Non idealizzo in alcun modo le democrazie del Nord Europa. Ho visto cartacce nei
parchi dell’Olanda calvinista, mentre a Berlino ho perso l’aereo perché la metropolitana
che doveva portarmici era bloccata a una stazione, senza alcun preavviso. Insomma, può
capitare nella vita civile, «ci sta»
(come si dice) che qualcosa non
funzioni, che un avvertimento
non sia comunicato tempestivamente, che alcuni cittadini siano
riottosi al rispetto delle regole.
Ma in nessun Paese qualcuno si
sogna di commentare che quella
disfunzione, quel comportamento, etc., sono «normali». Solo da noi l’illegalità, l’infrazione, vengono
percepiti come più normali della legalità e
del rispetto delle regole. Una disposizione
radicata nel senso comune — anche nel mio,
ovviamente —, un male profondo, quasi inestirpabile. Qualsiasi serio riformismo dovrà
fare i conti anche con questa disposizione.
Filippo La Porta
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A SEI ANNI PIÙ «SMART» CHE A QUARANTACINQUE
CHE COSA CHIEDONO I RAGAZZI AI NUOVI MEDIA

«Lo capirebbe anche un bambino di
6 anni». Sono paradossi ricorrenti
nella retorica un po’ spocchiosa degli adulti.
Il problema è che il paradosso sta sovvertendo la realtà. Uno studio appena reso pubblico
da Ofcom — l’ente britannico che regola le
telecomunicazioni — rivela che un bambino
di 6 anni capisce di tecnologia digitale più di
un 45enne medio. Ofcom ha sottoposto 800
bambini e 2.000 adulti a un test sul «quoziente digitale»: anziché l’intelligenza, si misura il grado di consapevolezza nell’approccio a tablet e cellulari 4G. Il risultato è che i
baby utenti che hanno conosciuto solo il
Web a banda larga hanno un QD medio pari a
98, mentre i 45-49enni arrivano a 96.
L’uso compulsivo del telefono, come ogni
genitore sa, comincia tra i 12 e i 15 anni. Ma le
telefonate rappresentano solo il 3% del tempo passato con l’inseparabile gadget in mano: la millennium generation comunica con
messaggi su WhatsApp e continue condivisioni di foto e video su Instagram e Vine.
Proprio i video, non più lunghi di 15 secondi,
rappresentano la sua principale fonte di informazione e intrattenimento. E se si passa ai
16-24enni, si scopre che sono consumatori
voraci di tutti i media — cui dedicano oltre 14
ore al giorno — tranne radio, giornali e libri
stampati, praticamente spariti dalla loro vita.
Irrecuperabili? Non è detto: sempre da
Londra — eterno trampolino di svolte e tendenze — si viene a sapere che in questi giorni si sono riuniti 400 imprenditori di media
giovanili, ideatori di piattaforme digitali ma
spesso con versioni cartacee, purché capaci
di intercettare nicchie specifiche. Cosa dicono? Che i ragazzi sono stufi di essere dipinti
come bamboccioni, che sono interessati a
forme di comunicazione anche antichissime
come la poesia orale (lo spoken word spopola su YouTube), che hanno sete di informazione ma si fidano solo del giornalismo faida-te dei coetanei (come Shout Out UK, 60
mila utenti unici al mese, prodotta da ventenni e in grado di garantire ottimi standard).
Insomma, sia il management dell’industria editoriale sia la corporazione giornalistica hanno di che riflettere: o si sintonizzano con questa generazione in fieri o la crisi
del settore non potrà che peggiorare. E sentiremo i ragazzini dire che certe cose «le capirebbe anche un 45enne».
Gianluca Mercuri
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di GIUSEPPE LARAS
L
e nostre parole e le nostre azioni a
favore dei cristiani del Medio Oriente
sono tarde, colpevolmente in ritardo.
Da numerosi anni, in una regione
estremamente vasta, che va dal Nord
Africa sino alla Siria e all’Iraq, nel silenzio
generale dell’Occidente — e dell’Europa in
particolare —, cristiani e altre minoranze, tra
cui i pacifici yazidi, sono sottoposti a terrore,
violenze continue e morte. Poco importa se si è
preferito tacere per interessi economici, per
«strategie» politiche o per un politically correct
benpensante e ignavo, tanto salottiero e cieco
quanto ideologico e dispotico. Il risultato è che
si sono abbandonate a se stesse, e così
sacrificate, centinaia di migliaia di vite. E
questo abominio si perpetua senza posa.
Il Popolo ebraico in quelle stesse terre, nel
corso dei passati otto decenni, è già stato
sottoposto a prove analoghe che prevedevano
l’alternativa tra la morte e l’espulsione. Anche
in quel caso vi fu colpevole silenzio da parte
dell’Occidente, nonostante la feroce
persecuzione e la conseguente fuga abbiano
riguardato centinaia di migliaia di persone.
Quelle terre oggi, nella stragrande
maggioranza, sono completamente judenrein,
ovvero prive di ebrei.
Così sono state annientate le gloriose e
plurisecolari comunità ebraiche di Tripoli e
Bengasi, di Alessandria d’Egitto e del Cairo, di
Etiopia e dello Yemen, di Aleppo e Beirut,
assieme a quella irachena di Bagdad. Fu così
che iniziò la diaspora degli ebrei sefarditi di
Oriente, rifugiatisi anzitutto in Israele, ma
anche in Europa e nelle Americhe. Dopo di loro
è toccato ad altre minoranze. Oggi gli ebrei
francesi, per la maggior parte esuli di quelle
terre, abbandonano a centinaia la «laica»
Francia alla volta di Israele perché hanno
nuovamente paura.
In queste ore noi tutti cittadini dell’Occidente,
ed europei in particolare, assistiamo, gravati
dalla colpa di decennali silenzi insanguinati
nei loro confronti, alla tragica diaspora dei
cristiani. È un fatto drammatico e
terribilmente doloroso, che per la sua gravità
segnerà la storia umana. La lezione che i
perseguitati cristiani d’Oriente stanno
impartendo al mondo è duplice e preziosa: una
indirizzata ai loro fratelli di fede, una destinata
a ogni essere umano libero. È un imperativo
morale raccoglierla, ignorarla è già in sé un
crimine. Esiste un principio imprescindibile
inerente al valore assoluto della vita umana
e della sua tutela, che prevede la fedeltà a se
stessi e alla propria storia, la preservazione
ferma della propria identità e diversità, la
difesa della propria e dell’altrui dignità, che si
esprime nel preferire la morte e la
persecuzione all’abiura e alla conversione
forzata. Non è cioè rinunciando a se stessi che
si vive — al massimo forse, almeno per un po’,
si sopravvive.
Il coraggio determinato e la dignità violentata
di queste persone devono smuovere menti,
cuori, azioni e politiche. Se ciò non accade,
BEPPE GIACOBBE
ÉLITE AVVELENATE, GUFI E ROSICONI
NEMICI VERI E FALSI DEL PREMIER
abbiamo tutti perso. E saremmo tutti complici.
Questa lezione drammatica pone interrogativi
inquietanti, divenuti ormai urgenti e
ineludibili, alle democrazie occidentali e al
mondo libero, se vogliono continuare a essere
tali. In particolare, ci ricorda che i fondamenti
e i riferimenti simbolici, etici, politici e
giuridici dell’Occidente non appaiono
purtroppo condivisi nella loro evidenza e
universalità. Essi, infatti, potendo essere
sovvertiti e disattesi, richiedono un’educazione
continua. Ricorda l’arcivescovo di Mosul che «i
vostri principi liberali e democratici qui non
valgono nulla». Occorre necessariamente
riconoscere che tali valori scaturiscono, per
storia e contenuti, dall’incontro tra radici
«greche» e «bibliche». Negare
ideologicamente e strumentalmente tali
«radici», e in particolare le seconde, significa
ignorare la realtà, disattendere la storia e
potenzialmente esporre a oscure insidie
quanto con difficoltà conquistato attraverso i
secoli e il sacrificio di milioni di vite umane.
Qualcuno può ritenere che si tratti di vicende
alla periferia del mondo libero, ove imperversa
la barbarie, ove la civiltà ci fu sì, ma migliaia di
anni fa e senza potenti e dirette implicazioni
nei riguardi di ciò che oggi siamo. Va ricordato
che il Talmud fu redatto in Babilonia; che fu
l’ebraismo babilonese, sino quasi al secolo XI, a
guidare, permettendone così la sopravvivenza,
l’intero ebraismo diasporico. Il cristianesimo di
quelle terre, parimenti, è tra i più antichi al
mondo, ricco di teologie e liturgie diverse, il
cui Patriarca ebbe per secoli influenza nella
nomina del vescovo dei cristiani di San
Tommaso, la millenaria e remota comunità
cristiana del Kerala. La florida Bagdad islamica,
tra l’VIII e il X secolo, era caratterizzata dalla
compresenza di etnie e religioni diverse,
spesso frazionate al loro interno: cristiani
(caldei, copti, nestoriani, armeni, latini),
musulmani, zoroastriani, mandei, ebrei e
caraiti. Il Califfato abbaside cercò di dotare
l’impero islamico di una forza e di una vivacità
intellettuale, dalle scienze alle lettere,
dall’architettura alla matematica e alla teologia,
almeno pari a quelle coeve dell’impero
bizantino. E così l’Islam contribuì a salvare
l’eredità greca e fu maestro di una certa
capacità inclusiva e di tolleranza.
È anche per questo che non si possono lasciare
soli i cristiani di Iraq. O ritenere che i loro
aguzzini possano prosperare, una volta messi
in salvo — se ci si riuscirà — i cristiani
superstiti. Abbandonare quelle terre equivale
ad abbandonare le nostre radici. Tollerare tali
persecutori sulla scena internazionale pone
un’enorme ipoteca sul futuro del Medio
Oriente, del Nord Africa e dell’Occidente.
Un ricordo, infine, è doveroso nei confronti dei
molti musulmani di Occidente, che conducono
una vita buona, onesta e degna, che onora loro
e l’Islam, spesso sfuggiti anch’essi a simili
persecuzioni per vari motivi, contro cui gli
xenofobi proiettano responsabilità collettive,
indebite e degradanti. Dobbiamo chiedere a
Dio di infondere una lungimirante intelligenza
di cuore (più acuta di quella del pensiero) nei
governanti e nei loro consiglieri. La pace, in
particolare, non va assolutamente intesa come
tacita tolleranza di soprusi o come non decisa
opposizione nei confronti di chi opera in
spregio dell’altrui vita, dignità e libertà. Al
contrario, è preciso dovere religioso
fattivamente contrastare, con fermezza,
determinazione, responsabilità e coraggio,
ogni forma di tirannia e persecuzione.
Presidente del Tribunale rabbinico del
Centro Nord Italia, già Rabbino capo
della Comunità ebraica di Milano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE / 2
L’uso della forza e la difesa dell’umano
di MARCO CARRAI
C’
è un filo comune che unisce la
follia della persecuzione in Iraq
dei cristiani a opera delle milizie dell’Isis, i nuovi recenti spregevoli attacchi antisemiti a Roma, i continui attentati su obbiettivi civili
tramite razzi a opera di Hamas e i bambini
palestinesi rimasti sotto le macerie di un palazzo abbattuto a Gaza. Questo filo si chiama
incapacità di riconoscere che la Storia costantemente produce il male assoluto e che
l’etica, la morale e lo ius non sempre sono
capaci di frenarlo e contenerlo.
Di fronte a questo dato evidente, per difendersi e per difendere raccapriccianti
morti innocenti, è opportuno usare la forza.
Se infatti l’atto di fede è un atto individuale
che può comportare anche il martirio, la comunità internazionale non deve e non può
agire per atti di fede, ma per giustizia codificata da regole internazionali. Qui non si tratta più di capire cosa è giusto e cosa ingiusto,
ma cosa è umano e cosa è disumano. Vir qui
adest, è l’uomo che ti sta davanti, scriveva
sant’Agostino anagrammando la domanda
di Pilato: «Quid est veritas?», «Che cos’è la
verità?». Qui si tratta allora di difendere
l’umanità, di sforzarsi di uscire dalle logiche
utilitaristiche del mondo moderno per riconoscere — come dolorosamente e profondamente diceva Lévinas — il nostro volto in
quello dell’altro. È accaduto troppe volte nella Storia che gli attendismi abbiano provocato drammi incalcolabili. La storia non procura accidenti per sensi di colpa ma per colpa
di qualcuno. Che tutti hanno il diritto-dove-

Troppe volte nella Storia
gli attendismi hanno
provocato incalcolabili
danni. Per Europa e Onu
non è più tempo di tattica
re di fermare. Prima che sia troppo tardi.
Allora si svegli l’Europa capace di star dietro solo ai conti e che conta solo i morti. Si
svegli l’Organizzazione delle Nazioni Unite
perché è forse l’ultima occasione per dare il
senso della propria esistenza. Non è più tempo di tattica. È tempo che i terroristi di Hamas siano disarmati, che ai Palestinesi sia riconosciuta una patria libera e democratica
senza che i soldi dell’Onu finiscano a finanziare l’odio verso Israele nelle scuole palestinesi; che Israele sia tutelato come unica democrazia compiuta del Medio Oriente e che
in Iraq si usi la forza non per fare la guerra
ma per fermare degli assassini. Di questo si
tratta: solo di assassini. Gli stipiti delle porte,
racconta la Bibbia, furono segnati dall’Angelo del Signore per difendere il Popolo eletto
in schiavitù. Oggi si segnano per discriminare ebrei e cristiani. Allah, Adonai, Gesù Cristo sono troppo grandi per questa storia.
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espresso in kWh/mqa o kWh/mca a
seconda della destinazione d’uso dell’edificio. Nel caso di immobili esenti
dall’indicazione, riportare la dicitura
“Immobile non soggetto all’obbligo di
certificazione energetica”.
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
33
italia: 52495258535051
Spettacoli
Nel weekend
Le tartarughe Ninja sbancano il botteghino Usa
Il fumetto a cui si ispira compie 30 anni, e il film Tartarughe Ninja esordisce al
cinema col botto: 65 milioni di dollari, 48,5 milioni di euro, è l’incasso del primo
weekend negli Stati Uniti (in Italia esce il 18 settembre). L’altrettanto attesa
produzione Marvel Guardians of the Galaxy si è fermata a 41,5 milioni.
Il personaggio
Il veterano dei film
d’azione giudica
i suoi successi,
le saghe e le donne
cattive di «Sin City 2»
La rassegna
Valle d’Itria
riscopre Steffani
di PAOLO ISOTTA
A
LOS ANGELES — «I veri replicanti
siamo noi attori», dice con un sorriso
ironico Bruce Willis. Se ne intende
l’interprete oggi cinquantanovenne di
tanti film, nonché produttore e musicista. Ha preso parte a film seriali di
grande successo: svariati Die Hard,
due Red e Mercenari e, dopo aver avuto un ruolo centrale nel primo capitolo di Sin City (2005), fa una apparizione da star nel nuovo episodio (in uscita nei cinema italiani il prossimo 2 ottobre), dalla graphic novel di Frank
Miller. «Se non fossi morto nel primo
atto — ride — di sicuro avrei accettato
un ruolo più sostanzioso nei panni
del mio poliziotto, John Hartigan. La
verità è che nei film tutto può accadere e, più ancora, nelle graphic novel».
Spiega con una conciliante dose di
humour: «Hollywood e anche noi
protagonisti ormai badiamo in primis
agli incassi del weekend e, se un film
funziona, lo si raddoppia o triplica.
Come attori diventiamo in un certo
senso robot, surrogati dei personaggi
che in prima battuta abbiamo portato
al successo. Nell’imminente Sin City
2: una donna per cui uccidere mi sono
limitato a una sorta di cameo di me
stesso, dato che nel primo film morivo nel finale, per l’amico regista Robert Rodriguez. Quanto cambia la recitazione quando sei impegnato nel
riciclaggio? Non saprei... Quello che
invece so per certo è che ogni interprete desidera far parte di una serie di
film di successo popolare. Die Hard
mi ha dato molto e mi sarebbe comunque dispiaciuto non lasciare un
segno nel secondo Sin City. Rodriguez questa volta ha anche impiegato
il 3D e sorprenderà molti constatare
che la nuova puntata è tutta in bianco
e nero con poche macchie di colore
rosso specie negli abiti delle protagoniste. Il bianco e nero e il 3D davvero
fanno entrare gli spettatori di tutte le
età dentro un fumetto».
Il bravo e duttile attore, al di là delle
prodezze sul set, mette a fuoco il riutilizzo di filoni sfruttati sino all’osso dagli studios anche nel coinvolgimento
degli attori. Capace di passare da
commedie a film d’azione o drammatici, Willis, sempre richiamato dai registi con cui ha lavorato (da Barry Levinson a M. Night Shyamalan), dichiara: «Ho recitato con registi di formazione ed età diversissime e mi è
piaciuto essere diretto da Wes Ander-
Sotto la pioggia Bruce
Willis (59) e Jessica Alba (33)
in una scena di «Sin City»
Willis eroe dei fumetti noir:
così Hollywood ricicla gli attori
«Stesso ruolo e tanti sequel, è la trappola degli incassi»
son, Nick Cassavetes e da Norman
Jewison in quello che a mio parere è
uno dei più veri e forti film sulla guerra in Vietnam: In Country (1984). Un
flop al botteghino, critiche alle stelle».
Osserva: «I miei film migliori non
hanno certo incassato come Armageddon e Sin City, ma credo che la carriera di un attore che vuole durare
debba essere la più varia possibile e
mi dispiace quando leggo che ho conquistato la massima popolarità con i
seguiti dei miei film d’azione. Non capita più solo a noi protagonisti di ripeterci in qualche personaggio, ma
anche a tutte le migliori o più affascinanti attrici, specie da quando hanno
scelto di accettare film d’azione, sono
dentro questa “trappola” che le muta
Wonder Woman
Il cameo
Una notte trucida per Lady Gaga
LOS ANGELES — Grande amica di Rodriguez, dopo
aver recitato per lui in Machete Kills (2013), Lady
Gaga (28 anni; nella foto) ha preso parte a Sin City 2
perché «recitare per Robert ed essere coinvolta nei
suoi mondi dà sempre grande energia». Nella storia,
«impossibile da raccontare tanti sono i risvolti e i
personaggi che suggerisce», la popstar interpreta
Bertha, una cameriera, che si prende cura di Johnny
(Joseph Gordon-Levitt) in una lunga e trucida notte.
Il debutto di Gal
Gal Gadot (29 anni), attrice
israeliana, nella prima
immagine ufficiale come
Wonder Woman nell’atteso
«Batman vs Superman:
Dawn of Justice»
in donne fumetto. Ben lo dimostra
Sin City 2. I personaggi femminili in
tanti film sono, al pari dei nostri maschili, solo prototipi».
L’osservazione di Willis è confermata agli incontri per Sin City 2 da
Jessica Alba, che era poco più che ragazzina nell’originale mentre nella
nuova pellicola è ormai una donna determinata, e dalla new entry Eva Green, che dice: «Dopo il seguito di 300
ho preso gusto a un certo tipo di cinema ispirato dalle graphic novel. La
mia Ava Lord è una sirena che può leggere nella mente degli uomini e pare
davvero uscita da un romanzo pulp».
Riprende Willis: «Quando accetti,
e sono tanti ormai, i film da graphic
novel devi aderire ai disegni dei tuoi
personaggi. Diventi un replicante dei
sogni e degli incubi del creatore dei
fumetti, in un processo diverso da
quello che un carattere intimista o reale ti offre. E che devi costruire dentro
di te».
Giovanna Grassi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Locarno Il regista al Festival: «Il mio maestro resta Freud». Ieri in gara «Perfidia» di Angius, storia ambientata in Sardegna
Argento: un’autobiografia per svelare i miei peccati
LOCARNO — Si chiamerà
Paura l’autobiografia che Dario
Argento ha scritto per Einaudi.
«Per la prima volta — ha detto
il regista a Locarno per la retrospettiva Titanus — ho scritto
sinceramente tutto di me, della
mia infanzia, anche i particolari inediti e privati che non avevo mai rivelato».
Per esempio racconterà delle
emozioni sensuali provate nello studio della madre fotografa
per Luxardo «quando le modelle venivano a cambiarsi e si
mettevano in posa svestite senza badare a me ragazzo». La verità, tutta la verità: «Feci per anni il critico di cinema e anche io
ho avuto i miei peccati, per
esempio ho stroncato i film di
Petri che ho poi amato molto».
Al Festival Argento presenta
L’uccello dalle piume di cristallo, «attaccato da tutti perché
non era un film d’essai, politico
o impegnato, oggi citato da Tarantino completo della musica
di Morricone, l’unico in versione atonale alla Schönberg. Goffredo Lombardo mi aveva dato
via libera a me sceneggiatore di
Leone che lavoravo in felice solitudine; poi quando vide il
film non gli piacque per niente,
ma dopo gli incassi cambiò parere». Infanzia, vocazione e prime esperienze di un autore che
ha inventato il thriller horror
all’italiana, scoprendo in casa, i
libri rivelatori di Poe e Lovecraft: «Ero a letto con la febbre
reumatica e leggevo tutto, iniziando a consultare i mostri del
vaso di Pandora che non sono
mai riusciti a invadere la coscienza».
Autore
Il «maestro del
brivido», il regista Dario Argento, è nato a
Roma il 7 settembre 1940
Come dire che Argento ha
un rapporto chiaro con la sua
parte oscura. «Ma il mio maestro resta Freud, senza di lui
non esisterebbe nulla: tutto nasce quando si è bambini, piccoli e fragili». Appassionato di
stregoneria e occultismo, pieno di ricordi Doc («la prima
volta a colori di Storaro con
me»), Argento mostrerà oggi
alcuni inediti cortissimi, 2 minuti e mezzo l’uno, girati anni
fa per la Rai e poi fatti sparire:
«Sono miei incubi. Credo che
la maggiore offerta di paure e
nevrosi nasca oggi nell’oscura e
nascosta ferocia delle famiglie». Nel weekend italiano
della rassegna, oltre a Sul Vul-
cano di Pannone e al bellissimo
film rohmeriano su architettura e sentimenti barocchi La sapienza di Green, sul Borromini,
si è fatto applaudire Perfidia, in
gara, di Bonifacio Angius, storia di un rapporto complicato
oggi in Sardegna fra un padre,
un figlio e il mondo. Un’opera
prima di rara intensità, che
mette a disagio, non offre soluzioni sul vuoto e l’indifferenza,
tanto che chi ha pensato di riconoscere Dio tra i protagonisti
deve cedere le armi e farsi una
ragione del titolo che non ha
origine biblica, ma viene da un
song di Nat King Cole.
Maurizio Porro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
gostino Steffani nacque a Castelfranco
Veneto nel 1654 e morì a Francoforte
sul Meno nel 1728. Dunque nacque sei
anni prima di Alessandro Scarlatti e morì
tre anni dopo; tuttavia egli è uno dei più
grandi compositori del Medio Barocco
laddove Alessandro non tanto è il più
grande compositore del Barocco quanto,
semplicemente, il Padre della Musica
Classica. Il gigante del Medio Barocco è
Henry Purcell (1659-1695) il quale, se
fosse vissuto vent’anni di più, sarebbe un
secondo Scarlatti. Gli altri grandissimi del
Medio Barocco sono Alessandro Stradella
(1638-1682), Giovanni Legrenzi (16261690) e Dietrich Buxtehude (1637-1707):
Steffani sta appena un gradino sotto a loro.
Si tratta di una figura rilevantissima non
solo sul piano musicale. Di educazione
tedesca (il suo primo maestro fu il grande
organista Kerll) con forti influenze
francesi e poi italiana (studiò a Roma col
grande contrappuntista Bernabei), fu
diplomatico e sacerdote; indi vescovo. La
sua musica, che si vuole, in quanto
operista, costituire la continuazione di
quella di Cavalli, ed è fortemente
influenzata da quella di Legrenzi,
rappresenta, per citare il titolo di una
meravigliosa raccolta di Francois Couperin
(1724) «Les goûts-réunis», l’unione dei
gusti: per esser fortemente influenzata
dallo stile francese su di una base italiana.
Di gusto francese era la corte di Hannover,
presso la quale egli lavorò a lungo;
francese era la lingua di corte e la lingua
diplomatica e anche in francese scriveva
Leibniz, che lì Steffani conobbe. Nel 1689
con Enrico il Leone, naturalmente in
italiano come
sempre era l’Opera
seria, vi inaugurò il
teatro di corte;
dello stesso anno è
La lotta di Ercole
con Acheloo ch’è
stata eseguita in
prima esecuzione
moderna al festival
Vescovo Agostino della Valle d’Itria a
Martina Franca.
Steffani (1654 –
1728) in un ritratto Dall’ascolto di
questa stupenda
partitura si vede quale sia l’influenza da
Steffani (del quale «in rete» può ascoltarsi
il sublime Stabat Mater) su Händel; io non
mi lambiccherei tanto il capo, come fanno
i presentatori dell’Opera, sul fatto che
venga definita Divertimento: giacché loro
sfugge trattarsi di una sottospecie
operistica denominata Serenata la quale
nulla ha da fare col francese
Divertissement. I recitativi sono di alta
qualità e non scadono nella genericità del
cosiddetto «secco»; le Arie non
scaturiscono da mentalità
contrappuntistica come in Alessandro
Scarlatti ma da una vivace e moderna
concezione del Basso continuo con
armonie mai banali. Trascorrono dal
barocco Lamento a vivacissima
sillabazione e sono spesso modellate sulla
danza: la Sarabanda, la Corrente, la Giga.
Le danze vere e proprie sono di stile
francese. Or l’esecuzione martinese è stata
di altissima qualità. Dal cembalo dirigeva,
con ammirevole realizzazione, Antonio
Greco; il quale ha fatto uno straordinario
lavoro basilare sulla partitura,
apportandole tutte quelle integrazioni
stilistiche (dagli abbellimenti alla ritmica)
ch’essa potentemente postula e senza le
quali sarebbe solo un torso. Deianira,
Federica Pagliuca, non m’è piaciuta per la
cattiva dizione; Ercole (Dara Savivova) e
Acheloo (Riccardo Angelo Strano,
contraltista) hanno cantato più che bene; e
bene fa anche l’altro contraltista, Aurelio
Schiavoni, che interpreta Eneo, il
prosseneta padre di Deianira.
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34
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
italia: 52495258535051
BILANCIO D’ESERCIZIO di RCS MEDIAGROUP S.P.A. al 31.12.2013
In applicazione alla legge del 5 agosto 1981 n. 416 e dell’art. 1, comma 34, del D.L. 545/96 convertito con legge 23 dicembre 1996 n. 650
Prospetto di Conto Economico (^)
(Valori in Euro)
I
Ricavi delle vendite
Ricavi diffusionali
Note
13
13
- di cui verso parti correlate
14
297.754.828
13
292.494.892
360.367.439
13
35.946.367
36.454.936
15
16
16
(1.059.116)
(422.177.254)
(114.460.298)
(614.286)
(507.048.743)
(140.633.885)
Costi per servizi
16
(268.673.220)
Costi per godimento beni di terzi
16
(39.043.736)
14
- di cui verso parti correlate
Variazione delle rimanenze prodotti finiti, semilavorati e prodotti in corso
Acquisti e consumi materie prime e servizi
Acquisti e consumi materie prime e merci
- di cui verso parti correlate
II
252.517.970
Ricavi editoriali diversi
- di cui verso parti correlate
- di cui non ricorrenti
III
Esercizio 2012 (*)
743.172.412
346.350.037
Ricavi pubblicitari
- di cui verso parti correlate
II
II
Esercizio 2013
629.689.464
301.248.205
9.184.336
14
14.391.350
14
(26.626.091)
14
27
- di cui verso parti correlate
- di cui non ricorrenti
(40.392.465)
(635.623)
14
27
Costi per il personale
Altri ricavi e proventi operativi
18
- di cui verso parti correlate
- di cui non ricorrenti
19
(319.823.651)
(31.157.018)
37
33
25
(46.591.207)
XVIII
XIX
XXI
15.636.428
-
II
Oneri diversi di gestione
IV
Accantonamenti
20
(6.351.591)
(9.919.416)
V
VI
VII
VIII
IX
Svalutazione crediti
Ammortamenti attività immateriali
Ammortamenti investimenti immobiliari
Ammortamenti immobili, impianti e macchinari
Svalutazione immobilizzazioni
21
22
22
22
22
(5.080.300)
(16.274.418)
(263.806)
(19.509.397)
(37.671.717)
(6.433.987)
(15.237.611)
(263.806)
(23.514.899)
(13.318.236)
X
Risultato operativo
Proventi finanziari
23
(137.651.283)
7.526.687
(46.234.927)
10.177.708
X
(Oneri) finanziari
23
(33.428.064)
(29.808.381)
- di cui verso parti correlate
- di cui non ricorrenti
(27.847.709)
14
27
- di cui non ricorrenti
27
- di cui non ricorrenti
(22.588.322)
14
27
- di cui verso parti correlate
(2.000.000)
14
(18.381.975)
Crediti finanziari correnti
37
42.607.101
138.575.948
XXVI
Disponibilità liquide e mezzi equivalenti
Totale attività correnti
Attività non correnti destinate alla dismissione
TOTALE ATTIVITA’
PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO
Capitale sociale
Altri strum. finanz. rappres. patrimonio
37
956.526
331.965.567
24.740.717
1.916.388.976
1.690.076
456.558.302
1.999.820.402
39
39
475.134.602
-
762.019.050
5.214.731
39
39
39
39
39
39
37
73.174.786
(27.150.528)
26.720.646
(148.436.770)
78.012.417
477.455.153
767.245.186
203.055.491
(27.150.528)
(334.577.574)
99.247.551
(492.297.076)
215.511.645
108.092.585
XXV
XXV
14
38
- di cui verso parti correlate
14
41.692.614
-
138.361.461
1.395.096
12.231.631
50.912.206
10.015.378
12.102.986
1.453.705
-
XXVI
Totale passività non correnti
Debiti verso banche
37
870.644.390
24.311.100
208.940.489
13.739.400
XXVI
Debiti finanziari correnti
37
201.535.554
1.142.362.336
XXVI
XXI
Passività finanziarie per strumenti derivati
Passività per imposte correnti
37
25
1.510.706
9.385.503
2.128.265
7.061.334
XX
Debiti commerciali
43
186.500.055
233.084.129
XXIII
XXI
Quote a breve term.fondi rischi e oneri
Debiti diversi e altre passività correnti
41
44
59.159.551
85.886.964
39.193.077
137.799.727
568.289.433
1.916.388.976
1.575.368.268
1.999.820.402
(138.476.549)
(9.960.221)
(492.297.076)
-
(148.436.770)
(492.297.076)
Esercizio 2013
(148.436.770)
Esercizio 2012 (*)
(492.297.076)
910.835
10.443.222
(3.122.366)
32.110
(15.988.237)
9.149.458
1.036.192
(87.870)
-
-
1.970.144
(541.790)
9.692.155
(138.744.615)
(3.363.297)
924.906
(8.328.848)
(500.625.924)
XXV
XXV
XXV
XXV
XXV
XXV
- di cui verso parti correlate
44.606.774
37.426.474
3.845.170
1.893.655
26
Note
39
XXVI
1.067.815
2.604.589
40
41
25
42
XIII
importi in euro
Utile/(perdita) dell’esercizio
Altre componenti di conto economico complessivo:
- saranno successivamente riclassificate nell’utile (perdita) d’esercizio
Utili (perdite) su copertura flussi di cassa
Riclassificazione a conto economico di utili (perdite) su copertura flussi di cassa
Effetto fiscale su copertura flussi di cassa
Utili (perdite) derivanti dalla valutazione a fair value attività finanziarie disponibili per la vendita
Riclassificazione a conto economico di utili (perdite) derivanti dalla valutazione a fair value
delle attività finanziarie disponibili per la vendita
- non saranno successivamente riclassificate nell’utile (perdita) d’esercizio
(Perdita)/utile attuariale su piani a benefici definiti
Effetto fiscale su attuarizz. Piani a benefici definiti
Totale altre componenti di conto economico complessivo
Totale conto economico complessivo
11.738.580
209.753
Benefici relativi al personale
Fondi per rischi e oneri
Passività per imposte differite
Debiti diversi e altre passività non correnti
25
Prospetto di Conto economico complessivo
9.073.105
14
XXII
XXIII
XXIV
XXI
Risultato attività destinate a continuare
Risultato attività destinate alla dismissione e dismesse
(1.097.912)
25
- di cui verso parti correlate
(440.897.764)
XII
14
Attività per imposte correnti
54.270.673
26.363.629
(441.669.234)
- di cui verso parti correlate
XXI
796.108
15.627.131
(507.534.834)
15.237.758
Risultato dell’esercizio
36.119.958
41.629.898
37
(9.299.514)
-
39.248.881
14
14
Passività finanziarie per strumenti derivati
(172.852.174)
34.375.625
27
36
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
XXVI
24
- di cui non ricorrenti
Crediti diversi e altre attività correnti
(16.020.614)
Altri proventi ed oneri da attività e passività finanziarie
(9.299.087)
34
35
XXVI
Risultato ante imposte
Imposte sul reddito
14
-
9.930.216
15.171.570
35.542.024
1.543.262.100
17.493.578
250.940.162
8.313.559
760.183
XI
- di cui verso parti correlate
2.290
1.131.294.333
Riserve
Azioni proprie
Avanzi (disavanzi) da fusione
Utili (perdite) portati a nuovo
Utile (perdita) dell’esercizio
Fondo perdita in fomazione
Totale patrimonio netto
Debiti finanziari non correnti
(9.175.281)
5.729.188
-
14
1.283.570.398
4.230.215
15.644.223
65.659.680
1.559.682.692
18.406.792
221.673.162
(825.204)
(35.492)
(870.446)
27
- di cui verso parti correlate
- di cui non ricorrenti
(20.063.036)
(660.670)
(9.800.000)
5.510.594
904
Crediti finanziari non correnti
Altre attività non correnti
Attività per imposte anticipate
Totale attività non correnti
Rimanenze
Crediti commerciali
34.971.690
12.617.875
500.000
5.526.688
2.303
14
XXVI
XVII
XVII
(10.611.337)
(18.442.989)
27.002.254
14
27
260.287.323
7.000.000
78.525.136
1.131.294.333
32
37
- di cui verso parti correlate
31 dicembre 2012 (*)
117.007.825
4.500.000
63.541.360
1.283.570.398
Attività finanziarie disponibili per la vendita
Attività finanziarie per strumenti derivati
(227.965.009)
(4.980.174)
(59.833.373)
- di cui verso parti correlate
31 dicembre 2013
28
29
30
31
XVII
XXVI
(2.847.582)
(566.185)
(258.107.693)
14
27
Note
16.613.983
(48.322.393)
(270.610)
(2.431.722)
(200.000)
17
- di cui verso parti correlate
- di cui non ricorrenti
13.810.136
Prospetto della Situazione patrimoniale finanziaria (^)
(Valori in Euro)
ATTIVITA’
XIV
Immobili, impianti e macchinari
XVI
Investimenti immobiliari
XV
Attività immateriali
XVII
Partecipazioni valutate al costo
- di cui verso parti correlate
14
- di cui verso parti correlate
519.259.258
14
- di cui verso parti correlate
14
- di cui verso parti correlate
14
- di cui verso parti correlate
15.266.853
1.880.656
8.762.504
14
- di cui verso parti correlate
193.058.171
14
- di cui verso parti correlate
9.339.427
14
- di cui verso parti correlate
14
Totale passività correnti
Passività associate ad attività destinate alla dismissione
TOTALE PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO
23.281.138
9.585.473
21.303.878
24.730.328
1.453.705
6.187.631
754.399.168
7.015.258
29.506.137
43.584.290
(^) Anche ai sensi della Delibera CONSOB n. 15519 del 27 luglio 2006.
(*) L’esercizio 2012 è stato ritrattato a seguito dell’adozione dell’emendamento allo IAS 19 “Benefici ai dipendenti” che ha comportato un effetto positivo sul risultato pari a 2,4 milioni
e un effetto negativo sugli utili esercizi precedenti pari a 2,4 milioni.
Le Note richiamate negli schemi di bilancio costituiscono parte integrante del bilancio depositato presso il Registro delle Imprese di Milano e reso pubblico
ai sensi di legge.
Il bilancio è stato redatto secondo i principi contabili internazionali.
BILANCIO CONSOLIDATO DELLA RCS MEDIAGROUP S.p.A. AL 31 DICEMBRE 2013
Da pubblicare ai sensi dell’articolo 1, comma 33, del D.L. 23 ottobre 1996 n. 545, convertito con legge 23 dicembre 1996 n. 650
CONTO ECONOMICO CONSOLIDATO (in milioni di euro)
STATO PATRIMONIALE CONSOLIDATO (in milioni di euro)
(in milioni di euro)
ATTIVITA’
XVII
Immobili, impianti e macchinari
XVIII
Investimenti Immobiliari
XVI
Attività immateriali
XIX
Partecipazioni in società collegate e joint venture
XIX
Attività finanziarie disponibili per la vendita
XXVIII Attività finanziarie per strumenti derivati
XIX
Crediti finanziari non correnti
XIX
XXIII
- di cui verso parti correlate
Note
31 dicembre 2013
31 dicembre 2012 (^)
32
33
34
35
36
37
38
132,1
30,3
516,9
115,0
5,9
7,6
263,2
27,5
649,2
139,1
6,8
10,0
39
27
18,7
122,3
1.236,8
95,5
452,1
17
-
40
41
19,2
148,4
975,4
87,5
393,0
Crediti diversi e altre attività correnti
42
106,3
109,4
XXIII
Attività per imposte correnti
XXVIII Attività finanziarie per strumenti derivati
XXIX
Crediti finanziari correnti
27
37
43
10,8
15,1
10,9
18,1
XXIX
43
10,7
25,1
623,4
20,1
1.618,9
711,1
1.947,9
XXIII
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
Disponibilità liquide e mezzi equivalenti
- di cui verso parti correlate
17
17
17
17
41,4
4,3
11,4
0,6
59,0
4,3
16,2
-
Ricavi delle vendite
II
II
Incremento immobilizzazioni per lavori interni
Variazione delle rimanenze prodotti finiti, semilavorati e prodotti in corso
II
- di cui verso parti correlate
463,3
40
(4,0)
(2,6)
Consumi materie prime e servizi
18
(925,5)
(1.074,0)
III
Costi per il personale
19
(414,0)
(416,8)
II
Altri ricavi e proventi operativi
20
32,0
43,5
II
Oneri diversi di gestione
21
(47,0)
(36,8)
- di cui non ricorrenti
- di cui verso parti correlate
- di cui non ricorrenti
46
(11,9)
(16,7)
(27,3)
(18,4)
VI
VII
VIII
IX
Ammortamenti attività immateriali
Ammortamenti immobili, impianti e macchinari
Ammortamenti investimenti immobiliari
Svalutazione immobilizzazioni
23
23
23
23
(43,7)
(24,8)
(1,4)
(48,0)
(53,0)
(30,6)
(0,6)
(430,5)
X
Risultato operativo
Proventi finanziari
24
(200,8)
3,2
(523,5)
5,6
Utile (perdita) dell’esercizio
Totale patrimonio netto di gruppo
Patrimonio netto di terzi
Totale
Debiti e passività non correnti finanziarie
44
(507,1)
138,4
40,6
179,0
131,3
X
Oneri finanziari
43
(218,5)
331,8
19,0
350,8
430,6
XI
Passività finanziarie per strumenti derivati
37
15,6
26,4
XII
Benefici relativi al personale
Fondi per rischi e oneri
Passività per imposte differite
Altre passività non correnti
45
46
27
47
52,5
43,9
89,6
3,0
61,2
17,6
93,3
3,1
XIII
XXVI
Totale Passività non correnti
Debiti verso banche
43
635,2
27,2
332,9
22,0
XXVII
Debiti finanziari correnti
43
26,9
707,0
Passività finanziarie per strumenti derivati
Passività per imposte correnti
Debiti commerciali
37
27
48
1,5
0,5
369,2
2,3
0,5
470,7
Quote a breve term. fondi rischi e oneri
Debiti diversi e altre passività correnti
46
49
77,1
130,5
56,6
176,9
632,9
1.618,9
1.436,0
1.947,9
XXVI
XXVI
XXIV
XXIII
XXIII
XXIII
XXVII
XXIII
XXII
XXIII
XXIII
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
17
17
17
- di cui verso parti correlate
17
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
Totale passività correnti
Passività associate ad attività destinate alla dismissione
TOTALE PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO
17
17
17
179,2
15,3
0,6
11,2
14,8
22,4
-
40,0
24,7
0,6
8,0
316,9
29,2
1,2
(^) L’esercizio 2012 è stato ritrattato a seguito dell’adozione dell’emendamento allo IAS 19 “benefici ai dipendenti” che ha comportato un effetto positivo sul risultato netto di periodo
del Gruppo pari a 2,2 milioni, un effetto negativo sugli utili esercizi precedenti pari a 3,3 milioni e un effetto positivo sulla riserva di valutazione per 1,1 milioni.
RCS MEDIAGROUP S.P.A.
XIV
XV
31
17
- di cui non ricorrenti
31
- di cui non ricorrenti
- di cui verso parti correlate
31
17
(4,5)
(9,2)
(0,6)
(22,6)
(5,3)
(1,5)
(9,2)
1,0
0,8
0,9
24
(36,0)
(34,5)
Altri proventi ed oneri da attività e passività finanziarie
25
0,8
(4,7)
Quote proventi (oneri) da valutazione partecipazioni con il metodo del patrimonio netto
Risultato ante imposte
Imposte sul reddito
26
(21,9)
(254,7)
28,3
(24,9)
(582,0)
(4,4)
(226,4)
7,2
(219,2)
(586,4)
75,5
(510,9)
(0,7)
(218,5)
(219,2)
(0,95)
(0,95)
0,03
0,03
(3,8)
(507,1)
(510,9)
(5,41)
(5,41)
0,70
0,70
- di cui verso parti correlate
17
- di cui non ricorrenti
31
- di cui non ricorrenti
Risultato attivita destinate a continuare
Risultato attività destinate alla dismissione e dismesse
Utile / (perdita) dell’esercizio
Attribuibile a:
Utile/(perdita) attribuibile ai terzi
Utile/(perdita) attribuibile ai soci della Capogruppo
Utile / (perdita) dell’esercizio
Risultato delle attività destinate a continuare per azione base in euro
Risultato delle attività destinate a continuare per azione diluito in euro
Risultato delle attività destinate a dismissione e dismesse per azione base in euro
Risultato delle attività destinate a dismissione e dismesse per azione diluito in euro
27
31
28
29
30
30
30
30
(16,4)
(2,5)
(14,8)
13,6
(^) L’esercizio 2012 è stato ritrattato a seguito dell’adozione dell’emendamento allo IAS 19 “benefici ai dipendenti” che ha comportato un effetto positivo sul risultato netto di periodo
del Gruppo pari a 2,2 milioni.
- Le note richiamate negli schemi di bilancio costituiscono parte integrante del bilancio depositato presso il Registro delle Imprese di Milano e reso pubblico
ai sensi di legge.
- Il bilancio consolidato è stato redatto secondo i principi contabili internazionali.
C.F. 12086540155 Anno 2013
PROSPETTO DI DETTAGLIO DELLE VOCI DEL BILANCIO DI ESERCIZIO AL 31.12.2013
Da pubblicare ai sensi dell’art. 1, comma 33, del decreto-legge 23 ottobre 1996 n. 545 convertito con legge 23 dicembre 1996 n. 650
RICAVI DELLE VENDITE:
01 Vendita di copie
287.090.413
06 Abbonamenti
13.992.727
02 Pubblicità
236.275.213
07 Pubblicità
56.903.672
03 Diretta
230.626.636
08 Ricavi da vendita di informazioni
1.827.432
04 Tramite concessionaria
5.648.577
09 Ricavi da altra attività editoriale
33.600.007
05 Ricavi da editoria on line
70.896.399
10 Totale voci 01+02+05+08+09
629.689.464
31
- di cui non ricorrenti
- di cui verso parti correlate
(27,1)
32,9
(127,5)
XXV
(0,6)
(0,1)
22
- di cui non ricorrenti
(27,1)
7,7
94,6
0,1
(15,7)
(0,1)
4,3
0,5
Accantonamenti
44
44
44
-
2,8
0,5
(14,9)
(51,0)
Svalutazione crediti commerciali e diversi
Azioni proprie
Riserve
Utili (perdite) portati a nuovo
17
(8,3)
(79,3)
(95,6)
(1,7)
V
XXV
XXV
XXV
- di cui verso parti correlate
31
17
(94,0)
(2,4)
(0,1)
IV
762,0
5,2
XXV
17
31
- di cui non ricorrenti
- di cui verso parti correlate
475,1
-
1,9
17
31
- di cui verso parti correlate
- di cui non ricorrenti
44
44
-
31
17
31
- di cui verso parti correlate
- di cui non ricorrenti
XXV
XXV
17
17
Progressivo al 31 dicembre
2013
2012 (^)
1.314,8
1.513,0
368,3
Totale attività correnti
Attività non correnti destinate alla dismissione
TOTALE ATTIVITA’
PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO
Capitale sociale
Altri strum. finanz. rappres. patrimonio
- di cui verso parti correlate
Note
16
I
5,0
Altre attività non correnti
Attività per imposte anticipate
Totale attività non correnti
Rimanenze
Crediti commerciali
XX
XXI
in milioni di euro
RCS MEDIAGROUP S.P.A. CONCESSIONARIA DI PUBBLICITA’ 2013
Elenco delle testate servite in esclusiva (In applicazione alla legge del 5 agosto 1981 n. 416 e dell’art. 1, comma 34, del D.L. 545/96 convertito con Legge 23 dicembre 1996 n. 650)
Sette
Sette Green
Vivimilano
Corriere della Sera
Corriere Economia
Corriere Motori
La lettura
La Gazzetta dello Sport
Sport Week
Amica
Amica Speciale
Bellezza Mon Amour
Casa Amica
Io Donna-Il femminile del Corriere
della Sera
IO DONNA WEDDING BOOK
IO DONNA FASHION BOOK
Max
Il Mondo
Brava Casa
Bravacasa collezioni
A
Novella 2000
Speciale Novella 2000
Oggi
Io cucino
Ok La Salute Prima di Tutto
Visto
L’Europeo
Dove
Style Magazine
Corriere del Mezzogiorno/ Campania
Corriere del Mezzogiorno/ Puglia
Economia e Management
Corriere del Veneto
Corriere di Bologna
Corriere Fiorentino
CORRIERE.IT
GAZZETTA.IT
VIVIMILANO.IT
CORRIERE DEL MEZZOGIORNO.IT
Corriere Bologna.it
Corriere Veneto.it
Corriere Fiorentino.it
Abitare
Case da Abitare
Living
Trovocasa
Trovocasa Pregio
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Festival
Spettacoli 35
italia: 52495258535051
Muti, Bartoli, Chailly tra i protagonisti della rassegna diretta da Pereira. Venduti 280 mila biglietti per sei settimane di spettacoli
Gli italiani star a Salisburgo
«Un modello da copiare»
Volti
Roberto Abbado: esempio di cultura che crea ricchezza
Maestro Roberto
Abbado (59 anni)
DAL NOSTRO INVIATO
SALISBURGO — Nella pattuglia di
italiani protagonisti al Festival di Salisburgo c’è un debutto importante:
quello di Roberto Abbado, 60 anni, figlio di Marcello (pianista e direttore
del Conservatorio di Milano) e nipote
di Claudio Abbado, atteso il 22 in La
Favorita di Donizetti nell’edizione
francese in forma di concerto.
«È un impegno a cui tengo moltissimo, non ho mai diretto a Salisburgo
che è un mito per chiunque si occupi
di musica, fa parte della mia formazione, ricordo quando ero ragazzo le
dirette radiofoniche, da Il Flauto Magico di Karajan a un concerto di mio
zio con il violinista Gidon Kremer per
un Beethoven che fece scalpore. Il
mio è un debutto tardivo». Un festival
(è l’ultimo anno di Pereira prima del
suo arrivo alla Scala) da 280 mila biglietti venduti per sei settimane di
spettacoli. «Non sono a prezzi popolari, ma creano un indotto straordinario. Per l’Italia è un modello da copiare, la cultura può davvero veicolare ricchezza».
Roberto Abbado si ritrova in buona
compagnia, con Daniele Gatti sul podio per Il Trovatore con il tenore spagnolo Placido Domingo, accolto l’altra sera da 10 minuti di applausi (sarà
ripreso nel 2015: Sky Classica lo trasmette il 15 agosto alle 21.10); Damiano Michieletto, primo regista italiano
invitato per il terzo anno di fila, atteso
per La Cenerentola con Cecilia Barto-
menti». Ha fatto sua un’osservazione
che gli fece Gavazzeni: «Devi conoscere la tradizione per non seguirla».
E consigli da suo zio Claudio ne ha
avuti? «Arrivavano quando meno te
l’aspettavi, parlava poco. Lo ricordo
in una Carmen con Domingo, che cominciava anche a dirigere. Claudio gli
disse: ricordati di non fermare mai le
braccia, le devi lasciare correre, il
suono deve camminare. Fu una grande lezione. Che la sua Orchestra Mozart abbia chiuso, all’indomani della
sua morte, è una cosa tristissima».
Lei appartiene a una grande famiglia di musicisti, suo zio, scomparso
sette mesi fa, è stato uno dei massimi
direttori del nostro tempo. Quanto
pesa questo cognome? «Ora ci ho fat-
«Song Reader»
Beck, gli spartiti
diventano
un cd di cover
È un disco di cover di un
album mai pubblicato.
Norah Jones, Jack White,
Jarvis Cocker dei Pulp,
Juanes, Jack Black, Laura
Marling, i Fun., Jeff Tweedy
dei Wilco sono fra gli sopiti
di «Song Reader», album
che mette in musica per la
prima volta 20 canzoni di
Beck (foto). Il cantautore
americano le aveva
pubblicate nel 2012 solo
sotto forma di spartiti con
un invito a chiunque, subito
Il successo
Dieci minuti di applausi
al «Trovatore» con Domingo
diretto da Gatti
Sul palco
Domingo (73
anni), al centro, applaudito alla prima
del «Trovatore», ambientato in
un museo
li; i concerti di Riccardo Chailly e Riccardo Muti; il piano di Maurizio Pollini; e nel Don Giovanni, Ildebrando
d’Arcangelo, Luca Pisaroni e il giovane Alessio Arduini pescato dall’ensemble dell’Opera di Vienna (tre cantanti che all’estero ricevono molto più
che in Italia).
Abbado, le insidie del «suo» Donizetti? «È l’autore più difficile dell’800
italiano, pienamente romantico. Qui
ha dato coerenza a un materiale mu-
sicale eterogeneo proveniente da altre due opere, con un’orchestrazione
elaborata e importante». Roberto Abbado non ha mai voluto specializzarsi, «anche se ho cominciato come
rossiniano, poi ho detto molti no per
togliermi quell’etichetta». Del marchio di famiglia, possiede rigore e
elasticità; è disponibile verso i nuovi
registi «che hanno impeto drammatico e voglia di seguire una storia con
un’estetica nuova, senza stravolgi-
Mezzosoprano
Cecilia Bartoli
(48 anni)
to l’abitudine e non ci penso più. Un
po’ alla volta ho perseguito la mia
strada, mi sono fatto il mio nome, la
mia reputazione. La mia vita è stata
inondata di musica, ma non è quello
che volevo fare, io sognavo di diventare ingegnere aeronautico. Quando
avevo 12 anni, mio padre fu nominato
direttore del Conservatorio di Pesaro
e cominciai lo studio della musica.
Da bambino, quando zio Claudio tornava dai suoi impegni all’estero, riuniva la famiglia e gli amici più cari, tra
cui Maurizio Pollini, per giocare a
pallone. Lui ignorava completamente
le regole, a bordo campo gli spiegarono qualcosa, non aveva letteralmente
idea di come si dovesse giocare».
Valerio Cappelli
raccolto su internet, di dare
la propria versione della
musica. A due anni di
distanza Beck, che ha tenuto
per sé «Heaven’s Ladder» e
fatto da supervisione alla
produzione lasciando tutti
liberi di seguire il proprio
stile, ha distribuito quei
brani a colleghi e amici per
farne finalmente un vero
album. «Non esiste una
versione originale di questi
pezzi — ha detto alla rivista
Rolling Stone —. Questo
progetto è stato
un’opportunità per valutare
come si può trasformare
una canzone». (a. laf.)
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BILANCIO D’ESERCIZIO di TROVOLAVORO S.r.l. al 31.12.2013
In applicazione alla legge del 5 agosto 1981 n. 416 e dell’art. 1, comma 34, del D.L. 545/96 convertito con legge 23 dicembre 1996 n. 650
Prospetto di Conto Economico
(Valori in Euro)
I
Ricavi delle vendite
Ricavi pubblicitari
- di cui verso parti correlate
Ricavi editoriali diversi
- di cui verso parti correlate
II
Acquisti e consumi materie prime e servizi
Acquisti e consumi materie prime e merci
- di cui verso parti correlate
Costi per servizi
- di cui verso parti correlate
Costi per godimento beni di terzi
- di cui verso parti correlate
III
Prospetto della Situazione patrimoniale finanziaria
Note
10
10
Costi per il personale
- di cui verso parti correlate
Esercizio 2013
2.830.145
2.147.164
Esercizio 2012 (*)
3.977.817
3.200.848
11
30.195
101.121
10
682.981
776.969
11
220.700
3.000
12
12
(2.250.669)
(722.102)
(3.672.045)
(1.696.971)
11
(719.768)
(1.694.911)
12
(1.388.588)
(1.809.482)
11
(282.008)
(606.277)
12
(139.979)
(165.592)
11
(109.811)
(129.344)
13
(1.111.485)
(724.646)
11
-
(718)
(51.500)
-
275.258
- di cui non ricorrenti
II
Altri ricavi e proventi operativi
14
14.045
- di cui verso parti correlate
11
2.538
264.962
15
(23.361)
(32.830)
II
Oneri diversi di gestione
IV
V
VI
VI
VIII
Accantonamenti
Svalutazione crediti
Ammortamenti attività immateriali
Ammortamenti immobili, impianti e macchinari
Risultato operativo
Proventi finanziari
VIII
(Oneri) finanziari
IX
Risultato ante imposte
Imposte sul reddito
Risultato dell’esercizio
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
11
(452)
(444)
16
17
18
18
4.575
(73.979)
(97.695)
(679)
(709.103)
24.981
(5.833)
(114.380)
(129.166)
(679)
(426.504)
14.750
19
11
24.395
13.880
19
(4.500)
(3.142)
11
(393)
(252)
20
(688.622)
158.517
(530.105)
(414.896)
95.906
(318.990)
Note
Utilie/(perdita) dell’esercizio
(Perdita)/utile attuariale su piani a benefici definiti
Effetto fiscale su attuarizz. Piani a benefici definiti
Totale altre componenti di conto economico complessivo
Totale conto economico complessivo
Note
21
22
20
23
26
Esercizio
2013
(530.105)
29.077
29.077
(501.028)
2012
Variazione
(318.990)
(211.115)
40.999
(11.922)
(11.275)
11.275
29.724
(647)
(289.266)
(211.762)
31 dicembre 2013
31 dicembre 2012 (*)
382
38.783
32.530
71.695
1.551.048
1.060
136.478
33.266
170.804
1.634.686
- di cui verso parti correlate
11
687.695
323.032
XV
Crediti diversi e altre attività correnti
24
228.308
168.804
XV
Attività per imposte correnti
XX
Crediti finanziari correnti
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
XX
XV
XIV
Disponibilità liquide e mezzi equivalenti
Totale attività correnti
Attività non correnti destinate alla vendita
TOTALE ATTIVITA’
PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO
Capitale sociale
Riserve
Utili (perdite) portati a nuovo
Utile (perdita) dell’esercizio
Totale patrimonio netto
Benefici relativi al personale
Fondi per rischi e oneri
Passività per imposte differite
Totale passività non correnti
Debiti verso banche
Passività per imposte correnti
Debiti commerciali
XV
Debiti diversi e altre passività correnti
XIX
XIX
XIX
XIX
XVI
XVII
XVIII
11
-
110
20
201.240
141.335
11
178.761
118.470
25
1.461.842
2.204.367
11
1.461.842
2.204.367
3.442.438
3.514.133
4.149.192
4.319.996
674.410
2.522.401
(351.083)
(530.105)
2.315.623
111.125
9.631
1.996
122.752
587
12.662
505.824
674.410
2.493.324
(32.094)
(318.990)
2.816.650
87.844
14.205
1.996
104.045
652
963.707
26
26
26
26
27
28
20
25
20
29
- di cui verso parti correlate
- di cui verso parti correlate
PROSPETTO DEL CONTO ECONOMICO COMPLESSIVO
importi in euro
(Valori in Euro)
ATTIVITA’
X
Immobili, impianti e macchinari
XI
Attività immateriali
XII
Attività per imposte anticipate
Totale attività non correnti
XIII
Crediti commerciali
11
181.587
525.427
30
556.685
434.942
11
Totale passività correnti
Passività associate ad attività destinate alla dismissione
TOTALE PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO
280
550
1.075.758
3.514.133
1.399.301
4.319.996
(*) L’esercizio 2012 è stato ritrattato a seguito dell’adozione dell’emendamento allo IAS 19 “Benefici ai dipendenti” che ha comportato un effetto negativo sul risultato pari a 30 migliaia, un effetto negativo sugli utili esercizi precedenti pari a 32 migliaia ed un effetto positivo sulla riserva attualizzazione TFR per 62 migliaia.
Le Note richiamate negli schemi di bilancio costituiscono parte integrante del bilancio depositato presso il Registro delle Imprese di
Milano e reso pubblico ai sensi di legge.
Il bilancio è stato redatto secondo i principi contabili internazionali.
TROVOLAVORO S.R.L. CONCESSIONARIA DI PUBBLICITA’ 2013
Elenco delle testate servite in esclusiva (In applicazione alla legge del 5 agosto 1981 n. 416 e dell’art. 1, comma 34, del D.L. 545/96 convertito con Legge 23 dicembre 1996 n. 650)
Corriere di Bologna
Corriere Fiorentino
Corriere del Veneto
Corriere del Mezzogiorno
Corriere del Trentino
Vivimilano
Corriere della Sera
La Gazzetta dello Sport
Il Mondo
36
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
italia: 52495258535051
Sportlunedì
Elezioni Figc Il calcio sceglie il suo futuro: il voto è segreto, le sorprese difficili
Il giorno
di Tavecchio
Istruzioni per l’uso
I candidati
V Demetrio Albertini
42 anni, è dal 2007
vicepresidente,
ora dimissionario, della Figc
V Carlo Tavecchio
71 anni, dal 1999
è presidente della Lega
nazionale dilettanti
e dal 2007 vicepresidente
(dal 2009 vicario) della Figc
Chi vota
A votare, a scrutinio segreto,
saranno 278 delegati,
con questa suddivisione:
20 Lega Serie A
21 Lega Serie B
60 Lega Pro
90 Lega Dilettanti
52 atleti (Assocalciatori)
26 tecnici (Assoallenatori)
9 arbitri (Aia)
I voti dei delegati hanno però
pesi percentuali diversi:
34% Lega Dilettanti
20% atleti (Assocalciatori)
17% Lega Pro
12% Lega Serie A
10% tecnici (Assoallenatori)
5% Lega Serie B
2% arbitri (Aia)
Il quorum per l’elezione
L’elezione del presidente
federale è prevista
su uno o più scrutini:
V al primo scrutinio
un candidato è eletto
quando riporta
una maggioranza
di almeno tre quarti dei voti
V al secondo scrutinio
un candidato è eletto
quando riporta
una maggioranza
di almeno due terzi dei voti
V al terzo scrutinio
un candidato è eletto
quando riporta la
maggioranza assoluta
dei voti
V superato senza successo
il terzo scrutinio,
si procede al ballottaggio
tra i due candidati
che abbiano riportato la più
elevata somma percentuale
di voti espressi. Viene eletto
il candidato che ottiene
la maggioranza assoluta
dei voti validamente espressi
Commissariamento
In caso di mancata elezione,
il Coni procede
al commissariamento:
spetta alla Giunta nazionale
indicare il nome
del commissario
con una delibera
che va approvata
dal Consiglio nazionale
Il presidente della Lega Dilettanti
strafavorito, non teme Albertini
ma il partito delle schede bianche
ROMA — Alle 4 del pomeriggio l’hotel Hilton di Fiumicino è
pieno di gente frenetica, sorridente, pronta alla festa. Non si
tratta di turisti in partenza per le
ferie, ma dei novanta delegati
della Lega Dilettanti, i primi a
impossessarsi della struttura
dove oggi il calcio sceglierà il
proprio futuro. Carlo Tavecchio
è il loro presidente e alle 7 della
sera potrebbe diventare l’erede
di Giancarlo Abete e il capo della
federazione più importante dello sport italiano. Contro tutto e
contro tutti. Impermeabile alle
critiche, Tavecchio è il grande favorito. E i delegati della Lega più
numerosa sono pronti al trionfo.
Mai un loro rappresentante è arrivato così in alto. «Come finirà?
Se non ci saranno accordi politici dell’ultima ora, Carlo vincerà
alla terza votazione», racconta
un delegato dell’Emilia Romagna. Ma c’è chi è più ottimista e
si spinge oltre. Secondo una parte nutrita dei suoi aficionados, il
71enne ragioniere di Ponte Lambro potrebbe chiudere il conto
già al secondo turno quando sarà necessario il 66 per cento dei
consensi. «Presidente tieni duro, noi democristiani non molliamo mai», grida un altro elettore di Tavecchio abbracciandolo al centro del corridoio quando
il super favorito si materializza
per una riunione con gli stessi
dilettanti e la Lega Pro.
È la rivincita dei peones. Tavecchio cerca con lo sguardo
Macalli, che gli ha garantito i voti preziosi della serie C, mentre
Lotito e Galliani, i registi dell’operazione, sono arrivati solo a
tarda serata, ma sono sempre
stati in contatto con il loro candidato. Soprattutto Lotito, che in
questi giorni ha guidato Tavecchio come un bambino.
Demetrio Albertini, l’uomo
della base, degli allenatori e dei
calciatori, anche di una fetta ampia di opinione pubblica, è battuto. In questi giorni in cui Tavecchio ha tremato e rischiato,
l’ex milanista non è mai cresciuto in maniera significativa oltre
il 30 per cento di partenza. Il vero
rivale di Tavecchio è il partito
dell’astensione che sul far della
sera cresce nelle confidenze di
corridoio. Nel segreto dell’urna
anche qualche insospettabile
potrebbe cambiare pelle e stravolgere un finale apparentemente già scritto. Sotto sotto,
sono in parecchi a considerare
Tavecchio impresentabile e non
solo per lo scivolone sulle banane. «Optì Pobà? È stata un’uscita
infelice, ma Carlo non è razzista.
Casomai paga l’amicizia con Lotito», spiega un fedelissimo
mentre dentro l’hotel entra in fila indiana la delegazione lombarda della Lega Dilettanti, la più
numerosa e fedele al presidente.
C’è chi teme sorprese, anche al-
l’interno della stessa LND: «Non
sarebbe la prima volta». Ma alla
fine tutti sono pronti a scommettere: «Tavecchio vincerà e il
calcio uscirà dalla crisi». Il re,
piccolo e provato anche da gravi
problemi personali, cena con i
suoi grandi sostenitori (Lotito e
Subito il c.t.
Dopo il voto, il primo
problema sarà la nomina
del c.t. della nazionale:
Conte la prima scelta
Macalli) prima però fa sentire la
sua voce attraverso uno scarno
comunicato dattiloscritto: «Il
susseguirsi delle dichiarazioni
ha distolto l’attenzione dalle
priorità di cui necessita oggi il
calcio. Impegni concreti per i
settori giovanili, l’impiantistica
La curiosità
Il Tavecchio
d’America
ha già vinto
la sua partita
DETROIT — Aspettando la vittoria
di Carlo Tavecchio, grande favorito
nella corsa alla presidenza della
Federcalcio, un altro Tavecchio già
festeggia. Si tratta di Giorgio, 24
anni, milanese, che ha piazzato la
trasformazione vincente nella
partita di prestagione della Nfl, la
lega del football Usa, tra Detroit
Lions e Cleveland Browns. Giorgio
Tavecchio ( foto) sta cercando di
conquistarsi un posto tra i titolari
dei Lions dopo aver giocato per la
squadra dell’università di Berkeley
ed essere stato messo sotto
contratto prima dai 49ers di San
Francisco, poi dai Packers di Green
Bay e, dallo scorso dicembre, dai
Lions di Detroit. Il Tavecchio
d’America è un kicker, un giocatore
cioè che entra solo per i calci
piazzati, e l’altro ieri, proprio un suo
calcio da un punto (la
trasformazione del touchdown di
Corey Fuller) a 1’05’’ dal termine
della partita, ha dato ai Lions la
vittoria per 13-12.
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In attesa Oggi il test col Psg degli ex Lavezzi e Cavani, De Laurentiis dice di pensare allo scudetto ma rimanda i possibili acquisti
Mistero Napoli, per ora ha venduto più che comprato
NAPOLI — Oggi l’attesa è
tutta per l’amichevole con il
Psg (ore 20, Sky Calcio 1 e Premium Calcio 3) e per il ritorno
al San Paolo di Lavezzi e Cavani (applausi certi per il Pocho,
meno per l’uruguaiano). Però
l’atmosfera da amarcord dura
una notte, e allungando lo
sguardo appena un po’ più in
là, ecco che gli impegni seri —
preliminare di Champions
con l’Athletic di Bilbao e inizio
del campionato — si incrociano con una campagna acquisti
che al momento vede il Napoli
tra le squadre meno rinforzate
della serie A, se non addirittura indebolita.
Durante il ritiro in Trentino, il presidente Aurelio De
Laurentiis ha detto che stavolta vuole puntare allo scudetto,
anche se il tecnico Benitez frena, e per ora mette il Napoli
ancora dietro a Juventus e Roma. Ma la serie A prossima a
ripartire, potrebbe offrire
davvero uno scenario allettante per i partenopei, da anni, ormai, sempre nel giro delle formazioni di vertice. Il Napoli dovrebbe trarre vantaggi
importanti dalla maggiore conoscenza reciproca tra Benitez
e i giocatori, sperando poi
nella prevedibile irripetibilità
di una Juventus da 100 punti e
in una Roma distratta dalla
Champions e quindi meno
continua in campionato.
Ma finora c’è da chiedersi
quale sarà il Napoli che, prendendo per buone le parole del
presidente, proverà a vincere
lo scudetto. Sarà innanzitutto
Allenatore Rafa Benitez, 54 anni, alla seconda stagione col Napoli (Afp)
un Napoli senza Reina, il portiere spagnolo che lo scorso
anno non solo fu una garanzia
tra i pali, ma si caricò sulle
spalle — lui che era solo in
prestito e che, come si è visto,
era destinato a restare per una
sola stagione — la leadership
della squadra. Era un punto di
riferimento, Reina. L’unico in
una formazione che conta
tanti bravi e bravissimi giocatori, ma nessuna grande personalità. Questioni di ingag-
gio ne hanno impedito il riscatto dal Liverpool, e lui alla
fine se n’è andato al Bayern, a
fare il vice, certo, ma di Neuer,
il migliore che c’è.
Via anche Behrami, incontrista mai piaciuto a Benitez, e
in uscita Fernandez, che invece con il tecnico spagnolo era
titolare fisso al centro della difesa. Dove invece resta Britos,
il meno amato dai tifosi napoletani, e arriva Koulibaly, giovane francese sul quale il tecnico è pronto a scommettere.
Per ora gli unici nomi nuovi
sono il suo e quello di Michu,
attaccante spagnolo con ottime referenze ma che certo
non si annuncia come il migliore vice Higuain possibile.
Non molto, quindi, almeno
fin qui. Gli ottimisti dicono
che vanno considerati «nuovi» anche Zuniga (l’anno
scorso sempre assente per infortunio) e Hamsik, che non
potrà ripetere una stagione
scialba come l’ultima. Ma rinforzi veri sarebbero il danese
Agger in difesa (Benitez lo
chiede da quando è a Napoli)
e Fellaini. Che è stato una delle
sorprese dei Mondiali, è un
talento, piace all’allenatore,
ma forse non è un proprio un
centrale di centrocampo da
piazzare davanti alla difesa. E
comunque anche lui, come
Reina, nel migliore dei casi arriverebbe in prestito. Il bilancio, si sa, per De Laurentiis
viene prima di tutto. Anche
delle velleità di scudetto.
Fulvio Bufi
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Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Sport 37
italia: 52495258535051
All’Arsenal la Supercoppa inglese Fiorentina: Marin il dopo Cuadrado
L’Arsenal batte 3-0 il Manchester City e si aggiudica per la 13ª volta il
Community Shield, la Supercoppa inglese. In gol Cazorla al 20’, Ramsey al 42’
del primo tempo e Giroud al 15’ della ripresa. Nella squadra di Wenger buon
esordio di Alexis Sanchez, mentre Pellegrini ha mandato in campo una squadra senza molti titolari, come il nuovo acquisto Lampard.
La Fiorentina trova il sostituto di Cuadrado. In attesa di definire il futuro del colombiano, i viola hanno scelto Marko Marin, 25 anni, tedesco di origine bosniaca,
esterno di talento. Di proprietà del Chelsea, Marin l’ultima stagione ha vinto l’Europa League col Siviglia. Arriva in prestito con diritto di riscatto fissato a 5 milioni.
Fronte Milan: da Napoli ribadiscono l’interessamento dei rossoneri per Pandev.

Presidenti sì, nì e no
L'analisi
LE PICCOLE
INDICAZIONI
E LE SPERANZE
di MARIO SCONCERTI
L
Giorgio Lugaresi Il presidente
del Cesena si è staccato dal gruppo che
ha chiesto il ritiro dei due candidati
ed è pronto a sostenere Tavecchio (Ansa)
Massimo Ferrero Il presidente della
Sampdoria è tornato ad appoggiare
Tavecchio, ma la nuova inversione
a U non è stata ufficializzata (Ansa)
Urbano Cairo Il presidente del Torino
è da sempre tra i più fieri oppositori
di Tavecchio, in compagnia del collega
Andrea Agnelli della Juve (LaPresse)
Nell’urna Il Cesena molla i ribelli. Verona e Atalanta: «Siamo con Tavecchio»
La serie A ritorna pro Tav
Per la vittoria è quasi fatta
Il problema sarà governare
Le altre cariche il primo test in Consiglio federale
sportiva, i centri di formazione
federale, la riforma dei campionati e le regole di governance». Il
suo programma è il programma
di Lotito, benedetto da Galliani.
Se oggi sarà presidente, Tavecchio riunirà subito il Consiglio
federale e poi darà la caccia all’allenatore della nazionale. Rispetto a un mese fa, spinto dalle
critiche e forse dal Coni, ha rivisto il concetto. «Non prenderò
mai un tecnico da 2 milioni di
euro», aveva dichiarato il giorno
delle dimissioni di Abete. Ora,
invece, lo prenderà da 3 (lordi).
E punterà sul meglio che c’è in
giro: la prima telefonata sarà fatta ad Antonio Conte (ci sono stati già dei sondaggi), ma se il
bianconero preferisse aspettare
una panchina europea, allora
punterà su Roberto Mancini
(sempre che non si opponga Lotito...). Guidolin e Tardelli, in
questo momento, sono indietro.
Verdetto
Carlo Tavecchio,
71 anni, presidente
della Lega dilettanti
e principale candidato
a sostituire Giancarlo
Abete sulla poltrona più
importante della Figc
e, a destra, Demetrio
Albertini, 42 anni,
ex vicepresidente
federale, dimissionario
dopo il fallimento
della spedizione azzurra
ai Mondiali del Brasile.
Oggi l’urna dirà
chi dei due guiderà
il calcio italiano
(Sport Image)
Alessandro Bocci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il problema non è conquistare la vetta.
Il problema, semmai, è restarci a lungo e
in serenità, elementi necessari per tradurre in pratica la teoria delle riforme sul calcio. L’urna, oggi, non darà al probabile
vincitore, Carlo Tavecchio, gli esatti connotati dei detrattori nella Lega di A, cioè
quella che sostiene economicamente il sistema e per questo anche la più difficile da
controllare. Gli darà però, attraverso le
schede colorate, le esatte proporzioni del
consenso, passaggio indispensabile per
ottenere i due elementi di cui sopra. Già a
metà pomeriggio, quindi, Tavecchio o
(difficilmente) Albertini capiranno se il
loro regno avrà lunga vita.
Il premio dell’urna è la governabilità
della Figc. E la squadra conta, sarà il primo
tema del Consiglio federale fissato subito
dopo il verdetto (Michele Uva nuovo dg?).
Il secondo, come ovvio, sarà il nuovo ct. Il
consenso passa anche di lì. Ma basta ripercorre gli ultimi due giorni di battaglia
tra comunicati, agenzie e indiscrezioni per
capire quanto in serie A l’equilibrio sia labile e quanto complicato sia procedere a
velocità di crociera.
Dal documento dei nove che ha tentato
il ribaltone chiedendo il ritiro congiunto
dei candidati e il ricorso al commissario
dal Coni (ipotesi oggi legata solo alla cascata di schede bianche, più della metà dei
voti espressi) ieri si sono staccati in parecchi. Qualcuno dando in pasto ai media la
contro-inversione di rotta, come il Cesena
che «procederà a votare seguendo la decisione presa a larga maggioranza nell’ultima Assemblea di Lega (il famoso 18-2 in
sostegno a Tavecchio del 24 luglio, ndr) —
le parole del presidente Giorgio Lugaresi,
che aggiunge con sorprendente franchezza —. Io non voglio fare la parte di quello
che non decide». Altri, cioè la Sampdoria
di Ferrero e il Cagliari di Giulini, preparano la X su Tavecchio presidente, ma evitando di mettere nero su bianco la seconda inversione a U in due settimane.
Tommasi
«Sapevamo che Tavecchio
probabilmente ce l’avrebbe fatta,
prevalgono gli interessi personali
piuttosto che il progetto sportivo»
Altri ancora, invece, a poche ore dal voto (guarda caso) hanno tenuto a precisare
il loro riposizionamento, anche se sulle
carte Tavecchio non l’avevano mai mollato. È il caso di Verona e Atalanta, le cui note
hanno spento le speranze di far saltare il
banco da parte delle ribelli Juventus, Roma, Fiorentina, Torino, Empoli e Sassuolo.
Così l’Atalanta: «Coerentemente, conferma sostegno a Tavecchio». E così il Verona: «Posizione conforme al voto espresso
in assemblea». «Prevalgono gli interessi
personali», ha laconicamente commentato il presidente Aic, Damiano Tommasi.
Facendo un rapido conteggio nelle intenzioni di voto, si è passati dal 9-11 con
forti probabilità di pareggio e sfiducia globale, venerdì, al probabile 14-6 per Tavecchio, oggi. L’importante, comunque, è fare
gruppo. «Lavoro di squadra? — si domanda il capo degli allenatori, Renzo Ulivieri
— questa è una novità. I problemi li hanno avuti fra di loro, sono andati anche in
tribunale». Chi vince, insomma, è condannato a regnare seduto sul tritolo. Lunga vita al re.
Andrea Arzilli
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Bianconeri, 3-2 agli australiani
Nerazzurri sconfitti 3-1
Una Juventus distratta batte Del Piero
Allegri: «Qualche errore di troppo»
Inter, tre passi indietro con l’Eintracht
Mazzarri: «Appesantiti dal lavoro fisico»
( f. bon.) Vincente,
ancora indietro di
condizione e un po’
distratta. È la
Juventus d’Australia
che supera in
rimonta 3-2 la ALeague All Stars, la
selezione dei migliori
giocatori del
campionato australiano guidata da
Alessandro Del Piero (foto). L’ex capitano
bianconero, per la prima volta avversario
della squadra di una vita («Sarà sempre un
simbolo della Juve» è l’omaggio di Buffon), è
brillante (quasi) come ai bei tempi. La
formazione di Allegri meno per via del duro
lavoro fisico svolto a Sydney. Non mancano,
però, le note positive: la conferma di Llorente,
nuovamente in gol dopo la tripletta alla
selezione indonesiana su assist di Evra, la
(f. fio.) Cattive
notizie per l’Inter
dalla Commerzbank
Arena di Francoforte.
Quanto di
promettente si era
intravisto nella
tournée americana è
svanito contro
l’Eintracht. Un gol di
Piazon, due di Seferovic (in 12 minuti del
primo tempo), dopo quello di Botta e il 3-1 è
stato servito davanti a 50 mila spettatori.
Distratti i difensori, tranne Vidic, spenti e
poco lucidi i centrocampisti: squadra lunga,
niente pressing, con Icardi ancora una volta
abbandonato in avanti senza neppure il
conforto di qualche pallone giocabile. Walter
Mazzarri ne ha preso atto e all’inizio del
secondo tempo è passato alla difesa a 4: Vidic
e Juan Jesus centrali, e D’Ambrosio e Dodò
crescita di Pogba, autore del 2-2 con un destro
al volo, e la rinascita di Pepe, che ha firmato il
successo nel recupero. Da rivedere la difesa,
trafitta due volte per altrettante amnesie, in
particolare di Ogbonna. «Abbiamo commesso
qualche errore di troppo a livello individuale e
non solo nella fase difensiva — commenta
Allegri —. Ma i ragazzi avevano le gambe
pesanti. Sicuramente dobbiamo migliorare, ci
manca ancora un po’ per avere un ritmo da
campionato ma stiamo lavorando per
questo». Ancora assente Vidal, che sta
ritrovando la forma dopo i postumi
dell’operazione al ginocchio e del Mondiale.
Felicevich, il suo procuratore, è segnalato a
Londra: in arrivo novità per il trasferimento al
Manchester United? Arturo intanto firma una
maglia dei Red Devils a un tifoso allo stadio di
Sydney. E il tormentone sul suo futuro
continua.
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sulle corsia di destra e sinistra. Guarin,
Kovacic e Krhin in mezzo al campo e in avanti
Botta e Laxalt ai lati di Icardi.
Ridotto il ritmo e tirati un po’ i remi in barca
quelli dell’Eintracht si sono limitati a gestire
la partita, così l’Inter non ha più sofferto in
difesa, però non è mai andata al tiro su
azione. Alla fine Mazzarri (nella foto), ai
microfoni di Inter Channel, ha spiegato: «Non
voglio trovare scuse, ma in settimana il
preparatore Pondrelli ha fatto fare ai ragazzi
un lavoro di forza che non era stato possibile
effettuare negli Usa per i continui
spostamenti in aereo. Ecco perché la squadra
era appesantita e poco lucida: in compenso
sarà più brillante a breve». Se lo augurano i
tifosi, altrimenti l’Inter rischia di prendere gol
pure dagli islandesi dello Stjarnan in E.L.. E il
muro della Pinetina, con tanto di manifesto
dei buoni propositi, diventerebbe del pianto.
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a prima impressione del
calcio di agosto è quasi in
controtendenza con la crisi.
L’Inter è andata bene in
America, la Roma ha battuto
il Real, il Napoli il Barcellona,
la Lazio l’Amburgo, la
Fiorentina ha vinto la sua
piccola Coppa in Sudamerica.
Formazioni avversarie spesso
un po’ approssimative, ma
questo succedeva anche le
altre estati e non ci evitava di
perdere. Sta cambiando
qualcosa, stiamo per caso
risalendo? Non credo, ma
sembra finita la discesa, ci
stiamo assestando. Tutte le
prime cinque in classifica
hanno mantenuto la base
della vecchia squadra
cercando semmai di
migliorarla. Tranne Conte,
sono rimasti anche tutti i
vecchi tecnici, molti dei quali
lo scorso agosto erano al
debutto (Mazzarri, Garcia,
Benitez). Aggiungerei una
nota per Zeman, battuto male
in casa due giorni fa dal
Getafe. Non è agosto il suo
tempo, ormai lo sappiamo
benissimo. Agosto è per
Zeman il tempo della fatica, i
suoi giocatori non hanno
adesso né velocità né agilità.
Il Milan di Inzaghi prende
sempre più l’aria di un
esperimento. Manca la linea
di centrocampo (soprattutto
Montolivo e De Jong). Questo
porta adesso a prendere gol e
a segnarne pochi. Ci sono
ragazzi molto interessanti,
ma ragazzi. Non tengono
ancora il peso di essere il
Milan. Agosto dunque è
ancora leggerezza per tutti,
non ci sono giudizi forti, ma
tante piccole indicazioni che
insieme portano altrettante
piccole speranze. D’altra
parte il calcio è fragile per
natura, fatto da ragazzi
abbastanza fuori dal mondo
vero. Leggetevi il decalogo
degli interisti appena uscito.
L’Inter c’entra poco, è così
dovunque. Sono i
comandamenti ovvii di gente
molto giovane che ha a che
fare con un ambiente da finta
arcadia, dove bisogna amare
il datore di lavoro, giocare con
il cuore e aiutarsi sempre uno
con l’altro. Una realtà da figli
dei fiori. Ma sono le
maestranze di una
multinazionale. Chi è
cambiato di più è proprio il
pubblico, la mentalità del
tifoso. È ormai passata
l’obbedienza al conto
economico, una comunione
con la società che non è mai
esistita prima. Si accettano le
cessioni importanti, si
comprendono i limiti
economici, i tetti agli ingaggi.
Appena poco tempo fa tutto
questo sarebbe stato messo
sul conto dell’avarizia dei
presidenti. Si era grandi
presidenti solo in proporzione
ai soldi che si spendevano.
Anche questo è un
miglioramento. Adesso
mancano solo una quindicina
di grandi giocatori e si può
ricominciare.
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Il programma
38 Sport
Questi gli orari delle finali
degli Europei di atletica
leggera a Zurigo
Domani
V ore 19.34: peso M
V ore 20.20: 10.000 F
Mercoledì 13/8
V ore 9.20: 20 km marcia M
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
italia: 52495258535051
V ore 19.51: 10.000 M
V ore 20: lungo D
V ore 20.25 100 D
V ore 20.35: disco U
V ore 21.34 100 hs D
V ore 21.50 100 U
Giovedì 14/8
V ore 9.10: 20 km marcia D
V ore 19.19: asta D
V ore 20.10: triplo M
V ore 20.40: giavellotto D
V ore 20.45: 3.000 siepi U
V ore 21.50: 110 hs U
Venerdì 15/8
V ore 9: 50 km marcia U
V ore 18.50: 400 U
V ore 19.10: 400 D
V ore 19.25: 1.500 D
V ore 19.46: alto U
V ore 19.55: 800 U
V ore 20.25: 200 D
V ore 20.40: martello D
V ore 20.52: 400 hs U
V ore 21.49: 200 U
Sabato 16/8
V ore 9: maratona D
V ore 15: martello U
V ore 15.03: asta U
V ore 16.05: 800 D
V ore 16.40: triplo D
V ore 16.45: disco D
V ore 17.15: 400 hs D
V ore 17.40: 5.000 D
Domenica 17/8
V ore 9: maratona M
V ore 15: peso D
V ore 15.05: 1.500 U
V ore 15.16: alto D
V ore 15.22: 4x400 D
V ore 15.42: 4x400 U
V ore 15.56: lungo U
V ore 16.08: 3.000 siepi D
V ore 16.11: giavellotto U
V ore 16.30: 5.000 U
V ore 17.05: 4x100 U
V ore 17.22: 4x100 D
Così in tv
dirette RaiSport ed Eurosport
Nuoto
Fede abdica,
Katie regina
dei 400 s.l.
Atletica La Panterita: «In finale mi giocherò tutto. Voglio dimostrare quanto valgo»
Grenot: «Sì, sono cambiata e sento
che succederà qualcosa di buono»
Nei 400 agli Europei da protagonista. «Mai stata così bene»
Piccole pantere crescono. Nell’Italia
baby che ieri è sbarcata a Zurigo, Panterita vola. «A me, a 31 anni, il soprannome piace ancora: hai notato l’eleganza di quel felino quando corre?».
Libania Grenot tiene casa a Ostia («Un
bell’appartamento dove non sto
mai...») ma, soprattutto, sul giro di pista: «Santiago di Cuba, ho 9 anni. I
miei mi portano al campo. Prova i 400
metri, mi dicono. Io corro, scalza, sotto il sole a picco. Un minuto e 12’’.
Amore a prima vista. Con i 400 non ci
siamo più lasciati». È lei, la nuova Libania — spigliata, leader continentale
con 50’’55 — la faccia dell’Italia che all’Europeo punta all’oro.
Panterita, che succede?

Il futuro azzurro
L’atletica italiana non
sta morendo. A Zurigo
ci sono tanti giovani che
possono crescere bene
«Tante cose. Ho imparato a correre i
400 fino in fondo. Ho cambiato testa».
Merito di uno psicologo?
«No, è il mio coach, Loren Seagrave,
che si occupa di tutto. Mi segue nel
modo giusto: mi stimola in pista e distrae fuori. Mai stata così bene».
Cambiamento visibile. Come lo
riassumerebbe?
«Prima ero chiusa in me stessa. Gare e allenamento, non vedevo altro.
Loren mi ha portata fuori. In barca sul
Danubio, per i musei di Vienna. Parliamo. Sto con lui da due anni. Mi fido».
A Zurigo per stupire?
«Di medaglie non parlo mai. Però
ho una pace interiore incredibile, sono
serena, felice della mia energia. Arrivarci è stata una lunga strada».
Parliamone. È ancora sposata?
«Grazie che me lo chiede: leggo inesattezze. Mi sono sposata a Casal Palocco nel 2006, sono italiana dal 2008,
ho divorziato 5 anni fa. Innamorata?
Noooooo! Amo l’atletica. Ora non c’è
posto per nient’altro nel mio cuore».
Che rapporto ha con Cuba, la sua
terra?
I numeri
81
gli azzurri che parteciperanno
agli Europei di Zurigo:
48 uomini e 33 donne
61
le presenze di Nicola Vizzoni,
41 anni, martellista,
il capitano della squadra azzurra
19
gli under 23 selezionati per gli
europei di Zurigo: la più giovane,
Johanelis Herrera, 19 anni,
correrà la staffetta 4x100
«Non ci torno da due anni. Là ho
mio padre e altri parenti. In Italia ci
sono mia madre e mio fratello, che fa il
commesso in via del Corso a Roma».
Nasce a Cuba, si trasferisce in Italia, si allena in Florida da Seagrave.
Casa dov’è?
«L’atletica mi ha portato a essere
cittadina del mondo. A Rio 2016 ci arrivo eccome: questa vita mi piace».
Il bilancio fin qui?
«Sport durissimo, di sacrificio, ma
oggi sono più brava a godermi ciò che
ho. A Zurigo sarò al top. Io da questo
mondo devo prendere ancora tantissimo. Senza i 400, senza il corpo che urla al risveglio, non so immaginarmi».
L’italiana più attesa all’Europeo.
Primatista
Libania Grenot, nata a Santigo
di Cuba 31 anni fa, è primatista
italiana dei 400 metri col tempo
di 50’’30. Per l’Italia ha vinto
un oro e un argento ai Giochi
del Mediterraneo (Reuters)
8
le matricole al debutto:
Perini (110 ostacoli),
i maratoneti Palamini, Pallecchia
e Riscatti, Raguni (4x100),
Razine (5.000), Severi (4x400)
ed El Kabbouri (1.500)
116
le medaglie vinte dall’Italia
ai campionati europei.
Il dettaglio: 36 d’oro,
41 d’argento e 39 di bronzo
12
medaglie, il bottino più ricco
per l’atletica azzurra,
nel 1990 a Spalato: 5 d’oro
(Antibo 5.000 e 10.000,
Panetta 3000 siepi, Bordin
maratona e Sidoti 10 km
marcia femminile),
2 d’argento e 5 di bronzo
3
le medaglie conquistate
dagli azzurri nell’ultima edizione,
nel 2012 a Helsinki: 1 d’oro
(Donato nel triplo), 1 d’argento
(Meucci nei 10.000) e 1 di bronzo
(Rosa nel peso femminile)
«In finale mi giocherò tutto. Voglio
dimostrare a me stessa quanto valgo:
mi è stato dato in dono il talento e sento che a Zurigo può succedere qualcosa di buono...».
Che idoli aveva da bambina?
«Mai avuti idoli. Ero una ragazzina
con la passione per il ballo: la salsa me
la porto nel sangue. Senza atletica non
so cosa sarei».
Cosa ama fare, oltre i 400 metri?
«Lunghe passeggiate sul lungomare di Ostia: respiro l’aria, come a Cuba.
Cucinare un risotto con le verdure o
un pesce al forno. Leggere».
Un genere in particolare?
«La biografia di Bolt mi ha colpita
molto. È nato con la scoliosi ma da
quando ha cominciato a credere in se
stesso non si è più fermato. È questa la
chiave del salto di qualità. Nella sua
storia mi identifico».
Se incontrasse Bolt cosa gli direbbe?
«Che sui blocchi vorrei essere concentrata come lui. Conservo la foto che
facemmo insieme a Pechino 2008. Ai
meeting ci salutiamo: sa chi sono».
Potrebbe saperlo tutta Europa.
«Sono pronta. Devono solo darmi il
mio numero e la mia corsia».
Nel futuro dove si vede?
«Io mi considero una globetrotter
ma l’Italia mi ha dato tanto, e non dimentico. Mi ha aperto le braccia, mi
ha regalato l’esperienza olimpica. Io
l’Italia non la lascerò mai».
Si sente sulle spalle il peso dell’Italia dell’atletica che prova a diventare grande?
«L’atletica italiana non sta morendo. A Zurigo ci
sono tanti giovani
che possono
crescere bene. Sarà un
Europeo
importante,
pieno di sorprese».
Per via del doping che ha decimato la Russia?
«Io credo nella
giustizia, credo in
Dio. I controlli ci sono. Barare non è leale nei confronti di
chi si allena duramente».
Cosa significa correre per lei?
«Volare, in un deserto. Sola e leggera. Come a Rovereto dove ho chiuso in
50’’55. La corsa è naturale: un atto liberatorio che nasce nel cuore».
Ha portato a Zurigo un portafortuna?
«Solo le mie due bellissime bambine, le mie gemelle. Le mie gambe.
Gaia Piccardi
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La spedizione Sarà un Europeo difficile per l’Italia, Donato nel triplo e Gibilisco nell’asta sperano negli ultimi grandi colpi
Giovane e multietnica, ma le punte sono poche
ROMA — Tutti insieme per
sentirsi squadra, la voce strozzata degli esordienti che giurano fedeltà alla maglia azzurra
sotto l’ala protettrice di capitan
Nicola Vizzoni, 41 anni e 61 presenze nella nazionale di atletica,
il discorso che trasuda emozione del presidente federale Alfio
Giomi, gli auguri di Sara Simeoni. Alla vigilia dell’Europeo l’atletica italiana ha voluto rispolverare il rito della partenza collettiva, si viaggia uniti per sentirsi gruppo nello sport più
individuale che ci sia.
Non si parla di medaglie, non
si fissano i confini oltre i quali ci
si potrà ritenere soddisfatti o si
sarà costretti a correre ai ripari,
perché questa volta la squadra è
giovane, multietnica come mai
è stata in passato, un miscuglio
di razze e storie personali con
cui anche l’Italia sta imparando
a convivere: «Alla fine sarò felice — sottolinea Alfio Giomi —
solo se avrò visto la squadra dare l’anima».
Non si fanno previsioni, ma
l’oro (Donato, triplo), argento
(Meucci, 10.000 m), bronzo
(Rosa, peso) portati indietro da
Helsinki due anni fa, sono una
traccia che chiede solo di essere
migliorata. Parte una delegazione allargata (81 atleti: 48 uomini, 33 donne) ai tanti nuovi
italiani, che deve fare esperienza internazionale. Le carte più
pregiate l’Italia le giocherà fuori
dallo stadio, dove Valeria Straneo dovrà domare una marato-
Medagliati
Da sinistra,
Fabrizio Donato,
campione in carica
nel triplo;
Giuseppe Gibilisco
e Daniele Meucci,
argento 4 anni
fa a Helsinki nei
10.000 (Ap, Omega)
Su strada
Le carte migliori
nelle prove su strada,
l’obiettivo fare
meglio di Helsinki
na assassina con quella pazza
discesa di 1500 metri da ripetere 4 volte che potrebbe spaccare
i muscoli se non interpretata
con intelligenza. Al suo fianco
Anna Incerti e Rosaria Console
date in grande condizione. Poi
Daniele Meucci che a Helsinki la
medaglia la vinse in pista e ora
si mette alla prova con la maratona, pensando prima di tutto a
metabolizzare la fatica in prospettiva Rio. E poi Eleonora
Giorgi e Antonella Palmisano
nella marcia, adesso che nello
squadrone russo si è scoperto
l’inganno (18 fermati per doping) uno spiraglio di luce si
potrebbe aprire al loro ritmato
ancheggiare.
Dentro al Letzigrund sarà
tutto più complicato, ci si affida
a Libania Grenot sui 400 e al tri-
plo della coppia d’assi DonatoGreco. Il campione uscente ancora si diverte a stupire, ma deve fare i conti con gli acciacchi
di una carriera infinita: «Un salto solo in qualificazione, poi sarebbe bello mettere le cose a posto subito in finale». Se riuscirà
a limitare le fatiche, potrebbe
tornare a balzare su un’Europa
che ha i migliori interpreti della
specialità ai box per infortunio
(Tamgho, Idowu). Quindi in ordine sparso Gibilisco all’ultima
apparizione internazionale nell’asta, gli africani d’Italia in un
mezzofondo che non sa più regalare soddisfazioni, le staffette
a dar valore a un movimento. Il
resto sarà tutto da scoprire strada facendo.
Valerio Vecchiarelli
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Usa Katie Ledecky, 17 anni (Afp)
Italia Federica Pellegrini (Bozzani)
Se ne va un altro record del
mondo, il penultimo degli
azzurri negli sport maestri.
Se nell’atletica ci si abbraccia
alla nostalgia di Mennea (il
suo 19’’72 sui 200 è durato
più di 16 anni) e della
Simeoni (il 2,01 nell’alto
resse oltre 4 anni), nel nuoto
la Pellegrini deve dire ciao al
primato sui 400 stile libero,
fermato a 3’59’’15 il 26 luglio
2009 al Mondiale di Roma.
Gliel’ha strappato (e senza
tuta «tecnica») la minorenne
statunitense Katie Ledecky,
17 anni compiuti a marzo, un
«mostro» che detiene anche i
limiti mondiali su 800 (oro a
Londra a 15 anni) e 1.500. Il
record aggiornato dei 400 è
3’58’’86, nuotato a Irvine,
California, nei campionati
statunitensi. Dietro Katie il
vuoto; Cierre Runge, argento,
ha arrancato a 6 secondi; la
terza, Leah Smith a 8,
un’eternità.
Federica la prende bene:
«Anche se dispiace perderlo
sapevo che prima o poi lo
avrebbe fatto come ho
sempre detto», ha twittato
l’azzurra, concludendo:
«Congrats @katieledecky for
this amazing 400 free!!».
Ora la Pellegrini si coccola il
record superstite: quello nei
200 stile stabilito per sei volte
dalla campionessa di Mirano.
La prima il 27 marzo 2007 al
Mondiale di Melbourne,
quando nuotò in 1’56’’47
strappando il primato
all’altra leggenda, la tedesca
Franziska Van Halmsick. Il
giorno dopo fu Manadou che
ritoccò il limite di quasi un
secondo (1’55’’52). Ma Fede
tornò a essere la più veloce
del mondo l’anno dopo,
nell’agosto 2008, agli
indimenticabili Giochi di
Pechino: in tre giorni nuotò
in 1’55’’45 e in 1’54’’82. Nel
2009 ancora tempi storici: l’8
marzo ai nazionali di
Riccione 1’54’’47, poi la
doppietta al Mondiale di
Roma: 1’53’’67 il 28 luglio e,
il giorno dopo, 1’52’’98,
risultato ancora scolpito
nella pietra. Negli ultimi
cinque anni nessuna ha osato
avvicinare questo tempo. E
non ci proverà nemmeno
Katie, regina ma dai 400 in
poi.
Federico Pistone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
Sport 39
italia: 52495258535051
#
Volley, azzurre battute dalla Cina Mondiali canoa, azzurri a secco Tennis, Tsonga piega Federer
Si chiude con una sconfitta a Hong Kong il secondo weekend del
Grand Prix di volley per le azzurre, battute 3-1 dalla Cina (25-20, 25-17,
22-25. 25-16). In classifica generale la squadra di Bonitta resta a quota
10, scavalcata a 13 proprio dalle cinesi. Per la qualificazione alla Final
Six decisiva la Pool H (15-17 agosto) contro Russia, Germania e Turchia.
Si chiude senza medaglie il Mondiale di canoa degli azzurri. Nell’ultima
giornata a Mosca, solo un ottavo posto per il K2 (Dressino-Torneo in
1’32’’040), dominato dagli slovacchi con 1’28’’187. Solo finale B per Craciun
e Santini nel C2 1.000, vinto dalla Romania, e per gli azzurri del K4, col trionfo della Repubblica Ceca. Per l’Italia resta l’oro di Buccoliero nella paracanoa.
Jo-Wilfried Tsonga, n°15, completa la settimana capolavoro e vince gli
Open di Canada a Toronto battendo in finale Roger Federer 7-5, 7-6 dopo
aver fatto fuori Djokovic, Murray e Dimitrov. Tra le donne, a Montreal,
trionfi per la polacca Radwanska che in finale batte 6-4, 6-2 Venus Williams
e, nel doppio, per la coppia d’oro Errani-Vinci (7-6, 6-3 contro Black/Mirza).
MotoGp
Nuova impresa
dello spagnolo
a Indianapolis. Ora
ha un vantaggio
di 89 punti
su Pedrosa, ieri
quarto. Valentino:
«Sono soddisfatto
qui non salivo sul
podio dal 2008»
Le classifiche
Campioni
Marc Marquez, 21
anni, sopra sulla
sua Honda, ha
centrato la decima
vittoria di fila nel
Mondiale. A fianco
lo spagnolo, che
può chiudere i
giochi nella MotoGp già ad Aragon,
vicino a casa, sul
podio con Valentino Rossi, 35 anni,
ieri terzo a Indianapolis (Ap)
Marquez insuperabile:
10 vittorie consecutive
e il Mondiale in tasca
Eguagliato il record di Agostini. Rossi 3°
DAL NOSTRO INVIATO
INDIANAPOLIS — Mani piene, dieci-dita-dieci alzate al cielo per festeggiare l’impresa delle
imprese. Marc The Cat conquista
la decima vittoria di fila, 250
punti su 250, opera d’artista degna di Giacomo Agostini che
l’aveva realizzata nel 1970. Oggi,
44 anni dopo, siamo qui a inchinarci al suo degno erede, un
mostro della natura la cui concezione dello spazio e del tempo
è radicalmente diversa da quella
degli altri. Marquez apre sentieri
mai battuti, corre più veloce e
più velocemente brucia tappe e
record: in un anno e mezzo di
MotoGp ha vinto 16 gare su 28,
una media disumana, e in carriera è arrivato già a un totale di
42 Gp vinti, come Max Biaggi,
appena 3 meno di Casey Stoner e
6 meno di Dani Pedrosa. La leggenda, si capisce, è dietro la curva e, benché ancora lontane, le
colonne d’Ercole delle 122 vittorie di Agostini — e ancor di più i
106 successi di Rossi, che una
volta sembrava poter acchiappare Ago prima di spegnersi in sella alla Ducati — non sono certo
un miraggio.
Ora il vantaggio di Marquez
su Pedrosa è salito a 89 punti e il
secondo titolo mondiale è scontato, anche perché l’intesa del
gatto catalano con la Honda è
trascendente e i suoi margini di
crescita sono ancora tutti da
esplorare. Ascoltare per credere
l’inquietante (per gli avversari)
analisi del boss Hrc, Livio Sup-
po: «Marc ha il gusto dello
show: nei primi giri ha voluto
divertirsi nella bagarre, ma poi,
quando ha voluto, se n’è andato». Tradotto: fa quello che vuole quando vuole. Al punto che, si
sussurra, nell’ultima gara a Valencia il 9 novembre potrebbe
addirittura correre pure in
Moto2, per sfizio e per tentare
una doppietta d’altri tempi,
molto agostiniana anche lei.
MM per ora nega, ma chissà cosa può fare la fame di record...
Vista così, sembrerebbe una
MotoGp noiosa. Sbagliato. Primo, perché nella sua sublime ripetitività Marquez sa trovare
sempre varianti per vincere. Secondo, perché i suoi rivali non si
10
89
vittorie consecutive
di Marc Marquez: eguagliato
il record di Agostini,
aggiudicandosi tutte le gare
disputate finora nel 2014
punti di vantaggio
di Marquez a 8 gare
dal termine del Mondiale: 3
vittorie e più di un 4° posto
di distacco sul secondo
rassegnano, spostando comunque più in là i propri limiti. Ieri
Jorge Lorenzo e Valentino Rossi,
degni valletti del campione sul
podio, hanno fatto le loro migliori cose della stagione. Più
bravo nella splendida bagarre
iniziale Valentino, scattato primo come non gli succedeva da
secoli e in testa per 10 dei 27 giri
prima che MM se ne andasse;
più efficace Lorenzo nella seconda parte. A loro si è aggiunto
un Dovizioso enorme finché le
gomme lo hanno respinto al settimo posto: il travolgente scambio di sorpassi con Rossi al sesto
giro (con mossa ardita di Vale
che poi si è scusato e Andrea signore che ha detto: «Sarebbe
passato lo stesso, nessun problema») è stata una delle scene
più belle del pomeriggio.
La morale però è che, su una
pista che, ridisegnata, sembrava
più consona alla Yamaha e nonostante i numeri di Lorenzo e
Rossi, ha vinto ancora Marc. Sarà anche per questo che nessuno
ha avuto il coraggio di avere
rimpianti: «Mi sono ritrovato,
ho buone sensazioni per il futuro», ha detto Lorenzo. «Sono
contento — ha detto Rossi —.
Belli i primi giri, poi Jorge e Marc
erano più veloci. Per fregarli servirà qualcosa di più. Ma sono
soddisfatto perché qui non salivo sul podio dal 2008». La teorica rivincita tra una settimana a
Brno. Non risulta che Marquez
stia tremando: «Non vedo l’ora».
MotoGp
1. M. Marquez (Spa) Honda
in 42’07’’041
2. Lorenzo (Spa) Yamaha a 1’’803
3. Rossi (Ita) Yamaha a 6’’558
4. Pedrosa (Spa) Honda
a 10’’016
5. P. Espargaro (Spa) Yamaha
a 17’’807
6. Smith (Gbr) Yamaha a 19’’604
7. Dovizioso (Ita) Ducati a 20’’759
8. Crutchlow (Gbr) Ducati
a 39’’796
9. Redding (Gbr) Honda
a 40’’507
10. Aoyama (Gia) Honda
a 55’’760
Mondiale piloti
1. M. Marquez (Spa)
250
2. Pedrosa (Spa)
161
3. Rossi (Ita)
157
4. Lorenzo (Spa)
117
5. Dovizioso (Ita)
108
6. P. Espargaro (Spa)
78
7. A. Espargaro (Spa)
77
8. Iannone (Ita)
62
9. Smith (Gbr)
58
10. Bradl (Ger)
56
Moto2
1. Kallio (Fin) Kalex in 26’07’’410
2. Vinales (Spa) Kalex a 1’’380
3. Aegerter (Svi) Suter a 1’’696
4. Rabat (Spa) Kalex
a 2’’559
5. Corsi (Ita) Kalex
a 6’’648
Mondiale piloti
1. Rabat (Spa)
183
2. Kallio (Fin)
176
3. Vinales (Spa)
140
4. Aegerter (Svi)
112
5. Corsi (Ita)
96
Moto3
1. Vazquez (Spa) Honda
in 39’12’’977
2. Fenati (Ita) Ktm
a 0’’065
3. Miller (Aus) Ktm
a 0’’219
4. Masbou (Fra) Honda a 0’’372
5. Rins (Spa) Honda
a 0’’719
Mondiale piloti
1. Miller (Aus)
158
2. Vazquez (Spa)
137
3. A. Marquez (Spa)
133
4. Fenati (Ita)
130
5. Rins (Spa)
118
Prossimo appuntamento
17/8: Gp Rep. Ceca (Brno)
Alessandro Pasini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Basket Gli azzurri cominciano mercoledì contro la Russia il cammino nelle qualificazioni agli Europei 2015. Il capitano traccia la linea
Datome: «Talento da Nba e mentalità da battaglia»
Capitano coraggioso? Capitano carismatico, soprattutto. Il percorso azzurro di Gigi Datome pare un ricalco
della storia cestistica del ragazzo dalle
radici sarde ma nato in Veneto: una
gavetta più lunga del previsto, pensando a quanto dispone di talento,
quindi l’affermazione. Dal 2012, la
stagione dell’esplosione, Gigi è diventato un faro della nazionale. E lo è a
maggior ragione oggi che è l’unico
presente dei quattro nostri giocatori
tesserati nella Nba. L’Italia comincia
contro la Russia il suo cammino per
strappare un posto nell’Europeo 2015:
è giusto che il rapporto sullo «stato
dell’unione» lo stili chi fa da locomotiva della squadra.
Valutazione da capitano: quali sono le caratteristiche dell’Italia edizione 2014?
«Parto con il pregio: siamo ragazzi
ambiziosi, che lavorano per crescere
anche sul piano individuale. Il difetto?
Sta nella taglia. Sul piano fisico, subiamo da tutti: io, per esempio, gioco
sempre da ala forte, però sapeste che
“carrarmati” devo sfidare...».
Come si tramuta una debolezza in
una virtù?
«Facendoci rincorrere, cercando di
diventare imprendibili. Bisogna far
girare velocemente la palla per valorizzare qualità e imprevedibilità. Se
questo non succede, sono guai».
Quanto peserà la vicenda Hackett,
in negativo ma anche in positivo,
ammesso che nella storia ci siano
aspetti in grado di produrre vantaggi?
«Il lato brutto l’abbiamo già scontato: in queste settimane si è parlato di
basket più che altro per questo spiacevole episodio. C’è un lato positivo?
Forse sì: ci siamo ricompattati».
Simone Pianigiani ha affermato
che, nel caso Daniel decida di rientrare in nazionale, sarà prima di tutto la squadra, e non il c.t., a giudicare. È d’accordo?
«Sì. La nazionale è formata non solo da chi va in campo, ma anche da chi
partecipa agli allenamenti e alle selezioni: saranno una trentina di giocatori. È giusto che Hackett, se mai farà
quella scelta, compia il passo iniziale
con tutto questo gruppo».
Torniamo al 2013: un ottimo Europeo, con uno scivolone finale che ci è
costato la qualificazione a un Mondiale che, viste tante eccellenti defezioni, sarebbe stato abbordabile.
Svizzera ok
Il regolamento
Qualificazioni
a Euro 2015
(in Ucraina). Sette
i gironi: passano le
prime e le migliori
6 seconde. Già
qualificate: Francia,
Ucraina, Spagna,
Lituana, Croazia,
Slovenia, Serbia,
Finlandia, Grecia,
Turchia, Estonia
Detroit
Gigi Datome,
26 anni,
capitano
della nazionale
e ala dei Detroit
Pistons
(Ciamillo Castoria)
«Avevamo conquistato il rispetto di
tutti, è brutto non esserci. E poi, è vero: un Mondiale per me è più facile di
un Europeo e questo pare un Mondiale ancora meno insidioso. Il dispiacere
è doppio, però giocheremo queste
qualificazioni come se fossero il torneo della vita».
Girone G
ieri
Svizzera
79
Russia
77
Classifica: Svizzera
2; Italia e Russia 0
Calendario
13/8 Russia-Italia
17/8 Italia-Svizz.
20/8 Russia-Svizz.
24/8 Italia-Russia
27/8 Svizz.-Italia
Senza girare in tondo: l’Italia si
qualificherà ad Euro 2015?
«Dico di sì, ma non sottovalutiamo
un girone strano, formato da tre sole
squadre, con un avversario al top, la
Russia, e nel quale peserà la differenza
canestri. A quelli poi che pensano che
la Svizzera sarà schiacciata, rispondo
che, pur essendo noi superiori, non
esistono più squadre materasso».
Che cosa ci può fregare nel cammino?
«Un banale mal di pancia, oppure
scoprire che non riusciamo a giocare
come desideriamo. L’approccio sbagliato, quello no: abbiamo una discreta maturità, non avremo una faccia
inadatta a una missione che rappresenta, in fondo, il primo passo verso la
grande meta: i Giochi di Rio».
Rivedendo le «Italie» di questi anni, qual è stata la nazionale con il nucleo migliore? Tanti pensano che
non sia quella creata attorno ai quattro giocatori della Nba...
«La formazione del 2013, con un
Nba e mezzo — e il “mezzo” ero io —,
si è dimostrata competitiva. Però dal
2007 al 2011 abbiamo avuto nazionali
capaci di superare i propri limiti. Ecco,
diventeremo quasi imbattibili se un
giorno abbineremo una squadra al
completo a quella mentalità da battaglia».
Quattro azzurri nella Nba. Sarebbero diventati cinque se Alessandro
Gentile un mese fa avesse accettato
di andare a Houston.
«Non gli fa male rimanere in una
Milano che vuole completare un importante percorso in Europa. Alessandro sbarcherà nella Nba al momento
giusto, più forte e ancora più maturo».
Dopo un anno di gavetta a Detroit,
Gigi Datome si sentirà nelle condizioni di reclamare più spazio nei Pi-

Il caso Hackett
Si è parlato più della fuga
di Daniel che di basket.
Però la squadra
si è ricompattata
stons?
«Non posso dettare alcuna condizione, però chiedo chiarezza: se Detroit crede in me, mi dia un ruolo; altrimenti, mi ceda. Da quello che ho
sentito, mi darà un ruolo...».
Flavio Vanetti
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italia: 52495258535051
Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014
La nostra cara mamma
Gianfranco e Rosanna con Daniela, Marco e
Patrizia, i nipoti abbracciano con affetto Massimo, Sandra, Marco e le loro famiglie nel dolore
per la perdita di
Romilde Rossetti Codecasa
ci ha lasciato.- Con profonda tristezza ne danno
annuncio le figlie Daniela, Patrizia e Claudia con
Bigio, Vincenzo e Angelo e gli adorati nipoti Federico, Beatrice, Riccardo, Edoardo.- La cerimonia funebre si terrà lunedì 11 agosto alle ore
10.30 presso la chiesa San Lorenzo in Lodi.
- Lodi, 10 agosto 2014.
Chiara saluta e piangerà sempre il suo
Tutta la famiglia Negri con profondo dolore si
stringe alla famiglia Agnelotti in questo tragico
momento per la scomparsa dell’amato
Roberto
Partecipano al dolore dell’amico Massimo Samaja per la scomparsa della cara moglie
Roberto Agnelotti
Annamaria piange la sua cara amica
Bruna
Cara
Luciano e Gegia con Giulia e Michele sono vicini a Daniela, Patrizia, Claudia e a tutti i loro cari
nel dolore per la scomparsa dell’amata mamma
"Chi vola vale".
Ciao
Romilde
Eugenio e Clementina Radice Fossati con tutta
la famiglia sono vicini con grande affetto a Marco
per la scomparsa della mamma
David Sussman Steinberg e famiglia.
- Milano, 10 agosto 2014.
Bruna Samaja
È mancato all’affetto dei suoi cari
- Madonna di Campiglio, 10 agosto 2014.
- Porto Ercole, 10 agosto 2014.
È mancata con
Alessandra e Luca, Stefania e Pietro si stringono a Sandra, Marco e al papà Massimo per la
scomparsa di
Romilde
una parte di vita serena e felice passata insieme,
come in una grande famiglia.- Mariarosa con Angelo, Alberta e Maria Anna è vicina con affetto a
Patrizia Vincenzo e Federico, Daniela e Claudia.
- Anthéor, 10 agosto 2014.
Partecipano al lutto:
– Cesare Larghi.
– Roberto Pasqua.
– Marco Diotti.
– Walter Navoni.
– Giuseppe Massa.
– Giovanni Mercalli.
– Armando Vezzaro.
Bruna
- Milano, 10 agosto 2014.
"Non è la morte che verrà a cercarmi,
è Dio".
(Santa Teresa di Lisieux)
Riposa nella pace del Signore
Affettuosamente abbraccio Patrizia e tutti i famigliari ricordando i bei momenti e la dolcezza
che ha sempre prodigato la grande mamma
Romano Covini
Romilde
Partecipano al lutto:
– Adriana, Barbara e Dario Patrini.
Rino e Laura Bonomelli con Marco e Natalia,
Pietro Francesca Davide e Federico, e Daniele
abbracciano Cristina e Chiara per la scomparsa
di
È mancato all’affetto dei suoi cari l’
Ricordando con nostalgia i felici momenti trascorsi insieme siamo vicini con tanto affetto a
Chiara e figli per la scomparsa del caro
- Milano, 10 agosto 2014.
Ing. Vito Atzori
Giancarlo Pertegato
CON SUPPLEMENTO 20% SULLA TARIFFA BASE
Partecipa al lutto:
– Antonio Ferrari.
Tommaso Montesi Righetti
"E, voltra nostra poppa nel mattino de’
remi facemmo ali al folle volo, sempre
acquistando dal lato mancino...- Tre
volte il fe girar con tutte l’acque; alla
quarta levar la poppa in suso, e la prora ire in giù, com’altrui piacque, infin
che il mar fu sopra noi richiuso".
- Spalato, 10 agosto 2014.
Ing. Vito Atzori
Mara, Paolo e Paola con Francesco e Giulia sono vicini a Filippo per la perdita del caro padre
Tommaso Montesi Righetti
- Lucera, 10 agosto 2014.
Le amiche Inner Wheel Milano Castello sono
affettuosamente vicine alla cara socia Lella per
la perdita del suo adorato
Roberto Ottaviani
Nicoletta Braibanti Valletti partecipa con affetto al dolore di Begonia e Carolina per la perdita
del suo caro "fratellone"
Vito
Egidio Conte
È mancato all’affetto dei suoi cari
Vittorio, Sofia, Fabio, Mara, Massimiliano, Teresa. - Milano, 10 agosto 2014.
Gianfranco Rho
Anna Arienti in Redaelli
Lo annuncia con profondo dolore il figlio Massimo con Giovanna e Andrea.- Per informazioni sul
funerale contattare lo 02.6595956.
- Milano, 9 agosto 2014.
- Desio, 10 agosto 2014.
Partecipano al lutto:
– Pippo, Anna, Paolo, Lucia con le famiglie.
– Il personale dello Studio Legale Galli di Desio.
– La Corale Bilacus di Bellagio.
TARIFFE BASE IVA ESCLUSA:
Corriere della Sera
PER PAROLA:
PER PAROLA:
Necrologie: € 1,90
Adesioni al lutto: € 3,70
Solo anniversari, trigesimi
e ringraziamenti: € 258,00
Diritto di trasmissione:
pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00
L’accettazione delle adesioni
è subordinata al pagamento
con carta di credito
Servizio fatturazione necrologie:
tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30
fax 02 25886632 - e-mail: [email protected]
Riposa in pace accanto ai tuoi cari.- I nipoti Stefano, Francesca e la nuora Raffaella.
- Fino Mornasco, 8 agosto 2014.
Il Tempo
Solo anniversari, trigesimi
e ringraziamenti: € 540,00
A MODULO:
Luciana Balzarotti
ved. Furlotti
Partecipano al lutto:
– Erminia Zolla.
– Alessandra, Stefano e Federico Foni.
Necrologie: € 5,00
Adesioni al lutto: € 10,00
Gazzetta dello Sport
Tutto lo staff di City Sound & Events partecipa
al dolore della famiglia per la g