LUNEDÌ 11 AGOSTO 2014 ANNO 53 - N. 31 www.corriere.it Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821 Roma, Piazza Venezia 5 - Tel. 06 688281 In Italia EURO 1,40 Servizio Clienti - Tel 02 63797510 mail: [email protected] Del lunedì Vertice del calcio Con il Corriere Il mondo di Terzani Cronache di una vita Federcalcio, il giorno di Tavecchio Si divide la Serie A, l’incognita delle schede bianche Oggi a 8,90 euro più il prezzo del quotidiano Alessandro Bocci e Andrea Arzilli alle pagine 36 e 37 Iraq Strage di yazidi da parte dei terroristi dell’Isis. Controffensiva dei curdi, che riconquistano due città. Il governo italiano sta valutando se inviare armi Centinaia di donne e bambini gettati vivi nelle fosse comuni Orrore. Senza limiti. I jihadisti dell’Isis hanno sterminato uomini, donne e bambini della minoranza religiosa degli yazidi. In cinquecento sono stati brutalmente ammazzati o addirittura sepolti vivi in fosse comuni. I curdi hanno lanciato la controffensiva e riconquistato due città. Il comandante della caccia agli «infedeli» «I cristiani si convertano all’Islam o vedranno di cosa siamo capaci» di LORENZO CREMONESI S ALLE PAGINE 2, 3 E 5 Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano A PAGINA 31 Presidenziali ÉLITE AVVELENATE GUFI E ROSICONI «Basta con il Fisco repressivo» di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA Orlandi: vogliamo impedire l’evasione, non rincorrerla TURCHIA, IL TRIONFO DEL «SULTANO» ERDOGAN i può riformare l’Italia con il concorso delle élite? Si possono con il loro consenso cambiare le regole che ci stanno strangolando? È questo l’interrogativo che oggi il Paese si trova di fronte, e in particolare che si trova di fronte il presidente del Consiglio, stando anche a quello che si legge nel colloquio di ieri con La Stampa. Le élite italiane non amano Matteo Renzi. Lo hanno guardato con crescente simpatia nella sua fase per così dire «retorica», quando combatteva per conquistare la leadership e si è subito segnalato per la novità del suo linguaggio, delle cose che diceva (alcune delle quali fino a poco tempo prima a sinistra inconcepibili) e per come le diceva. Ma quando dalle parole si è cominciato a passare ai fatti le cose sono mutate. Allora hanno preso a fioccare via via prima i distinguo («È giovane e simpatico ma ha troppa fretta e troppa ambizione»), poi le obiezioni («Non ha una squadra all’altezza», «Vuol mettere troppa carne al fuoco», «Conta eccessivamente sul potere delle parole»; tra parentesi: tutte cose in cui c’è del vero), infine le critiche vere e proprie. Tra le quali bisogna distinguere. Da un lato ci sono le critiche di natura più spiccatamente politico-ideologica, il più delle volte assurdamente eccessive come quella di autoritarismo. Queste critiche come è ovvio vengono quasi esclusivamente dalle élite di sinistra, egemoni in settori importanti come la cultura, la comunicazione, lo spettacolo — che incarnano peraltro una peculiarità italiana: la forte simpatiaimportanza-presenza che per ragioni storiche e/o di puro opportunismo opinioni e abiti mentali di sinistra, a volte anche radicaleggiante, hanno in tutti i piani alti della società —. Di Renzi tali élite di sinistra mettono ferocemente sotto accusa soprattutto un aspetto: la sua intesa con la Destra berlusconiana. Intesa certo anomala, ma che a pensarci bene può essere vista come la risposta a quella altrettanto anomala, tipica dell’Italia, tra la suddetta élite intellettuale di sinistra e il potere socio-economico tradizionale. In realtà soprattutto l’élite intellettuale si sente specialmente colpita, io credo, da altri aspetti del «renzismo»: per esempio dalla palese indifferenza del presidente del Consiglio per i «venerati maestri», dal suo mancato omaggio alla loro persona, nonché dalla sua evidente avversione per le pratiche di cogestione-lottizzazione-influenza tipiche di tale élite specie in istituzioni pubbliche come la Rai, l’Università e tante altre. Ma accanto a queste ci sono le critiche provenienti dalle élite dell’economia, delle professioni, dell’amministrazione pubblica. Qui la forte ambizione riformatrice di Renzi e il suo piglio valgono a mettere il dito su una evidente contraddizione che da anni è al fondo del modo di pensare di questi gruppi sociali, ma che aveva potuto finora rimanere comodamente nascosta. CONTINUA A PAGINA 31 di ENRICO MARRO e MARIO SENSINI La sfida di Renzi all’Europa «Sulle riforme decido io, non la Ue o la Bce» «I «Sono d’accordo con Draghi, l’Italia ha bisogno di riforme. Ma il modo lo deciderò io, non la Troika né la Banca centrale europea e nemmeno l’Ue». È perentorio Matteo Renzi in un’intervista al Financial Times: nessuna cessione di sovranità, nessuna possibilità che Bruxelles e Francoforte dettino l’agenda a Roma. Il premier è deciso anche sull’ipotesi che l’Italia sfori il tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil: «Non succederà». E al raduno scout promette: «Anche per me arriverà la rottamazione». nutile rincorrere l’evasione passata. Meglio concentrarsi su quella che si crea ogni anno». Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi spiega al Corriere le sue linee-guida. A PAGINA 7 Giannelli Il dossier Età e calcoli Una guida per le pensioni di DOMENICO COMEGNA A PAGINA 6 Il governatore contro la linea di Lorenzin Rossi e l’eterologa: in Toscana si farà ALLE PAGINE 8 E 9 «Il ministro Lorenzin non può dire “fermatevi” sulla fecondazione eterologa. La Corte costituzionale ha stabilito che è vietato vietarla. Noi diamo attuazione alla sentenza». Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ribadisce che non cederà allo «stop» deciso dal governo. Galluzzo, Garibaldi ALLE PAGINE 16 E 17 Pappagallo, Piccolillo, Ravizza Al posto di commercialisti e radiologi L’avanzata dei robot minaccia il ceto medio di MASSIMO GAGGI Grosseto La tragedia dei tre sub morti nel Tirreno di M. GASPERETTI A PAGINA 18 P rima fu la fabbrica, e ad essere sostituiti erano gli operai. Ma ora i robot dall’industria vanno alla conquista delle professioni, dunque del ceto medio. Ci saranno robot commercialisti o radiologi. Ma l’estendersi dell’intelligenza artificiale scatena il dibattito negli Usa: «Creerà disoccupati», «No, saremo più liberi». A PAGINA 21 di ELISABETTA ROSASPINA SEDAT SUNA / ANSA S 9 771120 498008 di GIUSEPPE LARAS Parla il capo dell’Agenzia delle Entrate: più semplice pagare le tasse, colpiremo le grandi frodi NEMICI VERI E FALSI DEL PREMIER 40 8 1 1> Non dobbiamo abbandonare i perseguitati AFP AHMAD AL-RUBAYE / AFP Martirano, Torno i chiama Haji. Per i cristiani di Mosul era l’uomo del Califfato per i rapporti con i non musulmani. Chiedeva i nomi e dove vivevano. Poi i miliziani sono andati a prenderli: «Vogliono tornare? Si convertano» (nella foto, la scritta «Immobile di proprietà dello Stato Islamico» su una casa cristiana). A PAGINA 3 I l premier turco Erdogan vince le prime presidenziali a suffragio diretto ed è il nuovo capo dello Stato. Erdogan ha trionfato al primo turno con il 52% dei voti, contro il 38% del conservatore Ihsanoglu. Il successo del «sultano» di Ankara, al potere dal 2003, suscita l’allarme dell’opposizione: il Paese diventa di fatto una repubblica presidenziale e si teme una deriva islamica. A PAGINA 12 con un commento di Antonio Ferrari 2 Primo Piano Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 Iraq La guerra SUL FRONTE Gli Yazidi braccati sui monti di Sinjar «Anche i bambini sepolti vivi» Il dramma della minoranza religiosa nel Nord In fuga dell’Iraq: famiglie senza cibo né acqua hanno cercato riparo dalle esecuzioni SIRIA di massa città controllate dall’Isis zona di lancio dei viveri città controllate dai curdi aree controllate dall’Isis città contese bombardamenti Usa Strada controllata dall’Isis E IN NF CO SIRIA Niniveh Qaraqosh km Sinjar IRAQ Baiji m 0k Kursi Cir ca 2 40.000 quelli rifugiati sul monte Sinjar 1k m Kirkuk Bazian MONTE SINJAR 1.356 m Al Alam Tikrit Udhaim Al Qaim Falluja Ramadi Khana Sor Jaddala Makhmur Zowiya Haditha IRAN Erbil Mosul IRAQ Regione autonoma curda Jalawla Bara Sukainiya Bagdad 47 Doura Fonte: New York Times DAL NOSTRO INVIATO ERBIL — La fase culminante dell’eccidio degli yazidi si sta consumando giorno dopo giorno, da una settimana, sulle montagne di Sinjar. È una catena rocciosa, brulla, alta oltre 1.100 metri, lunga 25 chilometri e larga mediamente meno di quattro nell’Iraq settentrionale. Vi si trovano un pugno di villaggetti, alcuni disabitati, pochi pozzi d’acqua piovana, quasi per nulla sorgenti e una sola strada d’asfalto che la attraversa da nord a sud. Qui donne, bambini, anziani e pochi uomini tutti appartenenti a questa minoranza (circa 500.000 persone) seguaci di una religione con oltre 4.000 anni di storia, cercano rifugio dalla furia omicida dei fondamentalisti del nuovo Califfato. Li considerano sub-umani, eretici, «adoratori del diavolo» perché legati a riti e culti che precedono il monoteismo. Sono parte della diversità affascinante di culture e fedi remote, ma proprio per questo rischiano l’estinzione violenta. Quanti morti? «Non abbiamo dati precisi. Sappiamo solo che ogni giorno diventa troppo tardi per salvarli. Da Bagdad il governo Maliki denuncia, eppure non fa nulla. Con l’aiuto americano e dei governi europei vorremmo aprire corridoi umanitari, ma tutto va terribilmente a rilento. Alla fine potremmo scoprire che un nuovo genocidio si è consumato sotto i nostri occhi», accusa con passione l’italiano Marzio Babille, il dirigente Unicef di recente nominato coordinatore delle attività Onu in Iraq. Negli uffici Onu di Erbil c’è chi paragona già la tragedia degli yazidi a quella dell’olocausto degli armeni nella Turchia degli inizi del Novecento. «Sinjar come Musa Dagh», dicono ricordando la celebre montagna dove gli armeni cercarono di resistere contro le truppe ottomane. Ma forse neppure i turchi erano motivati dal fanatismo assassino che guida oggi gli zeloti sunniti. Le telefonate disperate che giungono dagli yazidi accerchiati sono un coro di richieste di acqua e cibo. Si parla di centinaia di bambini morti di sete, disidratati dal caldo e dalla dissenteria. Pare che un grande numero di uomini sia stato massacrato sin dall’inizio dell’offensiva delle brigate islamiche tra il 5 e 10 agosto. Allora quasi 200.000 yazidi riuscirono a verso nord, raggiungendo le Oppressi e diffamati scappare città curde di Dahuq e Zakho. Ma altre nel corso degli anni decine di migliaia sono accerchiati. «Sulle cime della catena di Sinjar sono intrappolati in oltre 40.000. Altri sono Perseguitati e diffamati, gli yazidi sono diminuiti di in ostaggio. In genere gli estremisti islamici cercano di uccidere subito gli molto nel corso degli uomini che catturano. Quando hanno anni. Difficile quindi fare preso la città di Sinjar ne hanno fucilati delle stime sulla loro presenza: sarebbero tra i a sangue freddo una sessantina di fronte alle loro famiglie, apposta per 70 mila e i 500 mila fomentare il terrore. Alla popolazione concedono alternative come con i Un errore alla base non cristiani: se non ti converti muori», della persecuzione Yazidi non si diventa La fede è ereditaria 300.000 i cristiani nel Paese 100.000 i cristiani in fuga continua Babille. In alcune località sono state concesse poche ore per scegliere, chi accettava di diventare musulmano doveva segnalarlo legando sul tetto di casa o sui balconi un lenzuolo bianco. Prima di notte il villaggio biancheggiava di lenzuola appese. Un alto numero di donne, potrebbero essere migliaia, pare sia stato preso prigioniero. Ancora all’Onu riportano tre località dove sono concentrate centinaia di donne, separate dai figli, dai mariti, probabilmente destinate a diventare «mogli» dei guerriglieri del Califfato. Le località sono: un grande capannone dell’aeroporto di Tel Afar; un capannone della zona industriale della 500 gli yazidi uccisi dai miliziani dell’Isis nell‘avanzata dei giorni scorsi. In 40 mila sono assediati in montagna città di Sinjar e un terzo gruppo che viene mosso per camion nella regione di Mosul. «Le donne più spaventate sono quelle a cui vengono portati via i figli e le più giovani senza marito. Temono che saranno le prime a essere date ai guerriglieri», dicono ancora all’Onu. È la tratta delle ragazze in versione irachena. In alcune telefonate che esse stesse sono riuscite a fare di nascosto dicono di essere pronte al suicidio pur di non diventare «prostitute» della guerriglia. A Bagdad il ministro dei Diritti Umani, Mohammed Shia al-Sudani, ha parlato di 500 vittime: «Alcune sono state sepolte vive, compresi bambini e donne» mentre «almeno 300 ra- Lo scenario Il politologo Ian Bremmer: «Hanno riempito il vuoto che si è creato con il ritiro Usa» «Sono i terroristi più potenti della Storia E Obama non può restare a guardare» DAL NOSTRO INVIATO Come per le altre minoranze religiose della regione, in particolar modo drusi e alawiti, yazidi si nasce, e non ci si può convertire al loro credo Scontri armati CORRIERE DELLA SERA Le vittime L’attuale persecuzione da parte dell’Isis si fonderebbe su un errore di interpretazione del loro nome che non deriverebbe daYazid ibn Muawiya, l’odiato califfo della dinastia Umayyad 500.000 gli yazidi nel Paese a4 Tilkaif Sinjar Sinuni Cir c comunità cristiane più numerose 112 N Gli yazidi, con l’avanzata dei miliziani dell’Isis, sono dovuti fuggire dalle loro case per evitare la morte, essendo ritenuti degli infedeli. Decine di migliaia hanno trovato rifugio sul monte Sinjar, senza acqua e cibo, assediati dagli estremisti islamici NEW YORK — «Lo credo bene che, rotti gli indugi e iniziati i bombardamenti, Obama abbia detto che il nuovo impegno militare Usa in Iraq, limitato come scopo, non sarà affatto limitato nella sua durata: l’autoproclamato Califfato non è un problema interno dell’Iraq o della Siria. È un’entità che minaccia la stabilità di tutto Adoratori il Medio Oriente. E, con le armi e il denaro che ha ricevuto e il massiccio reclutamendel «diavolo» to delle ultime settimane, anche tra i gruppi africani e dello Yemen vicini ad Al Gli yazidi adorano «un angelo decaduto», in arabo Qaeda, l’Isis è diventato l’organizzazione «diavolo» (Shaytan), e ciò è terrorista più potente della storia dell’umanità». valso loro l’appellativo di Ian Bremmer, politologo, fondatore di adoratori di Satana. Il dio è Eurasia, il maggiore centro americano di rappresentato come un analisi dei rischi geopolitici internazionali pavone. Sono circoncisi e e autore di alcuni saggi di successo, parte credono alla trasmigrazione delle anime dal suo ultimo libro («Every Nation for Itself») e dal suo significativo sottotitolo («vincitori e vinti nel mondo G-zero») per spiegare la moltiplicazione dei conflitti, Politologo Ian Bremmer, 45 anni, è un politologo americano, presidente e fondatore di Eurasia Group, uno dei più noti centri di ricerca sulle politiche globali al mondo soprattutto in Medio Oriente: «Quello che è accaduto prima in Siria, poi in Iraq, è proprio conseguenza di questo mondo Gzero nel quale non c’è più un direttorio internazionale — un G a due, a sette o a venti che sia — né una leadership americana. Il ritiro Usa da Bagdad ha lasciato aperto un varco, ma sono stati soprattutto la durezza scriteriata di Assad a Damasco e gli errori madornali di Al Maliki con la sua politica settaria in Iraq a spalancare le porte a questa falange del terrore. Dietro la quale si sono allineati i sunniti in rivolta contro il regime sciita di Bagdad». Quanto è grave, oggi, la minaccia di un attacco terroristico dell’Isis negli Stati Uniti ed in Europa? «Nel mirino, ovvio, ci sono soprattutto gli Usa. Ma, a differenza di Al Qaeda, che aveva ambizioni planetarie, l’Isis è molto più legato allo scacchiere mediorientale. Sono possibili attacchi a sedi diplomatiche e interessi americani nel mondo arabo e nell’Asia centrale, ma se devo citare l’elemento più spaventoso del loro potenziale terrorista, penso alla diga sul Tigri, la più grande dell’Iraq: la sua conquista da parte dei ribelli del Califfato è stato uno “choc” per tutti. Se la facessero saltare, i terroristi seppellirebbero Mosul sotto metri d’acqua. Probabilmente non lo faranno. Ma adesso dispongono di un deterrente micidiale. E comunque possono lasciare senz’acqua l’intera provincia di Ninive». Più che dall’emergenza umanitaria, gli americani sembrano mossi dal desiderio di evitare che anche il Kurdistan cada nelle mani nell’Isis. «L’offensiva dell’Isis e l’intervento degli Usa segnano la fine delle speranze dei curdi di dar vita a uno Stato indipendente. Gli errori dei leader «Sono stati soprattutto la durezza di Assad in Siria e gli errori di Al Maliki in Iraq a spalancare le porte alla falange degli estremisti» Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Primo Piano italia: 52495258535051 3 Tre generazioni Irachene yazide rifugiate in Kurdistan (Afp/Ahmad Al-Rubaye) L’intervista Il «responsabile» per le minoranze nel Califfato Il comandante dell’Isis che ha censito i cristiani: «Qui può tornare soltanto chi si converte all’Islam» DAL NOSTRO INVIATO gazze sono state prese come schiave». Gli americani intanto sono giunti al quarto bombardamento degli ultimi tre giorni contro le colonne islamiche posizionate lungo i confini dell’enclave curda. Pare abbiano distrutto batterie di cannoni pesanti e soprattutto missili terra-aria, che sembra si trovassero negli arsenali dell’esercito iracheno catturati dagli islamici a metà giugno. A Erbil raccontano fossero già posizionati per tirare nei cieli dell’aeroporto internazionale. Forti del sostegno americano, i peshmerga (i guerriglieri curdi) tendono a riprendere l’iniziativa dopo le ritirate delle ultime settimane. Ieri hanno riconquistato i villaggi di Makh- L’appello Marzio Babille, coordinatore delle attività Onu in Iraq: «Ogni giorno che passa rischia di essere troppo tardi per salvarli» Attacchi Usa I raid avrebbero distrutto anche missili terra-aria sottratti agli arsenali dell’esercito a Mosul e pronti all’uso contro i curdi L. Cr. © RIPRODUZIONE RISERVATA Peshmerga Molti ex combattenti curdi hanno ripreso le armi per combattere contro l’Isis (Epa) Approfittando della debolezza di Bagdad, i curdi avevano esteso del 40% l’area sotto loro controllo, rispetto alla situazione iniziale. Non si aspettavano la reazione dell’Isis che, invece, c’è stata. Hanno dovuto chiedere aiuto agli americani che sono andati. E che, com’è noto, sono contrari all’indipendenza del Kurdistan». Sarà guerra aperta? I prezzi del petrolio andranno di nuovo alle stelle? «No, mi aspetto un conflitto limitato: mour e al-Gweir nella piana di Niniveh. Londra e Parigi organizzano voli di aiuti umanitari. Ma il presidente del governo locale curdo, Masoud Barzani, incontrando a Erbil il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, chiede armi pesanti per far fronte agli arsenali del Califfato. Tra gli elementi di preoccupazione curda c’è tra l’altro il continuo flusso di guerriglieri dall’estero che rafforzano le file del nemico. Pare che nella zona di Sinjar una delle brigate più fanatiche sia composta di volontari libici arrivati dalle formazioni paramilitari islamiche di Bengasi. Obama vuole bloccare l’avanzata dell’Isis ma non distruggerlo. E vuole cacciare da Bagdad Al Maliki. Che, invece, è ancora appoggiato dai suoi alleati russi e iraniani. Se non si fosse mosso il Pentagono c’era il rischio che ad offrire una copertura aerea al regime sciita fossero Mosca o Teheran. Comunque non credo che l’Isis voglia espandere il controllo del suo territorio a sud, verso Bassora o anche a Bagdad. Vogliono rafforzarsi nelle zone sunnite, prendere il controllo totale delle risorse. Magari lanceranno attacchi terroristici contro le strutture petrolifere controllate da sciiti e curdi, ma non ci scommetterei. Per ora non vedo grande distruzione della capacità di estrazione e distribuzione del greggio, salvo la chiusura di un oleodotto che va verso la Turchia». Molti analisti dicono che sta saltando un equilibrio geopolitico che risale alla Prima Guerra mondiale. L’Isis ha cancellato il confine tra Iraq e Siria. È un fatto irreversibile? Faranno la stessa fine il confine con la Giordania e quello tra Siria e Libano? «La Siria è a pezzi ma ha ancora un’organizzazione centrale funzionante. L’Iraq non esiste più come stato unitario. Forse può restarlo nelle mappe, ma solo lì: i confini non esistono più. Ci sono solo territori e popolazioni leali a questo o a quel leader. Non credo, però, che salteranno molti altri confini. Fosse andata avanti la “primavera araba”, forse sarebbe successo. Ma è arrivata la reazione, si sono insediati governi più autoritari di quelli che c’erano in origine, come in Egitto. E qui i confini non sono di certo in discussione. La Giordania è sotto pressione, ma lì ci sono gli americani, decisi a difendere il Paese. Il Libano, come sempre, è un punto interrogativo». Massimo Gaggi © RIPRODUZIONE RISERVATA ERBIL — Pronto, parlo con Haji Othman del Califfato Islamico a Mosul? «Sì, ma con chi parlo?». La risposta arriva per un attimo titubante al mio traduttore iracheno. Sono un giornalista italiano e telefono da Erbil. «E come hai avuto il mio numero, chi te lo ha dato?». Me lo hanno dato i cristiani scacciati da Mosul che ho incontrato nelle chiese di Erbil. Eri stato tu a darglielo quando passavi nelle loro case per rassicurarli, prima di scacciarli. Non ti ricordi? Possiamo farti qualche domanda per telefono? È difficile parlare con voi. «Va bene, ma poche domande. Ho fretta, ho cose da fare», risponde più aggressivo. Haji Othman è l’uomo che i cristiani fuggiti a Erbil descrivono come rappresentante del «Califfato» per i rapporti con le comunità non musulmane. E dicono che li ha traditi: ha preso i loro nomi, i numeri telefonici e individuato le loro abitazioni. Ha censito la popolazione cristiana. Prima li ha rassicurati, invitandoli a restare nelle loro case a Mosul, ma pochi giorni dopo, dalle moschee è arrivato l’ordine di scegliere tra convertirsi, pagare una tassa o essere uccisi. La linea è un poco disturbata. Si sentono forti rumori e voci di sottofondo, come se fosse per strada. Lui non fa nulla per farli tacere. È disponibile, ma appare chiaro che potrebbe chiudere il telefono da un momento all’altro. Cominciamo allora con una domanda accomodante. Come spieghi i recenti successi militari dei combattenti del Califfato? Cosa vi ha facilitato l’avanzata nei territori curdi? «Questo è ancora nulla. Siamo solo all’inizio», risponde d’impeto, evidentemente pungolato nell’orgoglio. Cosa vuoi dire, che armi avete? «Sino ad ora abbiamo utilizzato solo una minima parte delle forze che abbiamo a nostra disposizione. Voi non potete neppure immaginare quanto siamo forti». Cioè? «Abbiamo un potere immenso. Resterete tutti stupefatti. Non potete resisterci». Però l’aviazione americana vi sta bombardando a suo piacimento. Non costituisce un problema? «Ma dai! Cosa stai a dire?», replica scoppiando in una risata. Segue qualche secondo di silenzio, parrebbe abbia chiuso la linea. Ma poi riprende: «Non abbiamo mai avuto paura degli americani, neppure quando nel passato eravamo più deboli. Perché mai pensi che dovremmo avere paura oggi? Li abbiamo battuti prima e li batteremo ancora. Allah maledica gli americani e i loro alleati! Faranno una brutta fine». Cosa rispondi ai cristiani che vorrebbero tornare alle loro case di Mosul e nella piana di Ninive? «Che possono tornare, saran- Contro gli Usa La sfida Non abbiamo mai avuto paura degli americani, neppure quando nel passato eravamo più deboli. Voi non potete neppure immaginare quanto siamo forti. Questo è solo l’inizio no i benvenuti. Ma a una condizione: che si convertano all’Islam. Allora li accoglieremo da fratelli». E se vogliono restare cristiani? «Allora devono pagare la Jeziah (l’antica tassa imposta dai musulmani alle minoranze non islamiche, ndr.). Non hanno alternative. Ora basta però, sono occupato, chiudo». No, per favore, aspetta. Spiegaci, a quanto ammonta la Jeziah, come la calcolate? «Fratello, io sono un militare. Non mi occupo di cose contabili. Io combatto e basta. Questi aspetti vanno chiesti ai nostri imam nelle moschee di Mosul. Sono loro che stabiliscono le leggi e le loro applicazioni. Yallah, devo andare!». Siamo agli sgoccioli. Tra pochi secondi in ogni caso interromperà, si capisce dal tono della sua Graffiti Per identificare le abitazioni dei cristiani i miliziani dell’Isis ne marchiano i muri con una «n» stilizzata, che sta per «nasrani», cristiani, appunto, in arabo Gli yazidi Le donne Non è vero che rapiamo le donne, noi non facciamo queste cose, capito? Sono i media che riportano queste falsità. Basta con le menzogne. Non mi telefonare più voce sempre più impaziente. Tanto vale terminare con una domanda che certamente gli dà fastidio. Però in tutto il mondo si racconta dei vostri crimini compiuti contro gli yazidi. Cosa avete fatto alle loro donne? E vero che sono diventate le vostre schiave sessuali? «Ma non è vero per nulla! Sono i media che riportano queste falsità. Sono menzogne. Noi non facciamo queste cose». Eppure le raccontano gli yazidi… Othman interrompe qui. Il tono è secco, duro: «Ora basta! Finito. Noi non facciamo queste cose, capito? Basta con queste menzogne! E non mi telefonare mai più. Cancella il mio numero!». Lorenzo Cremonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 italia: 52495258535051 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Primo Piano italia: 52495258535051 5 Iraq La guerra Ora l’Italia valuta l’invio di armi in Kurdistan Il Pontefice invoca soluzioni politiche: non si porta l’odio in nome di Dio ROMA — Non solo aiuti umanitari dall’Italia (compresa una nuova missione della Croce Rossa) ma anche invio di armi pesanti ai peshmerga per difendere la zona «cuscinetto» del Kurdistan dalle incursioni islamiche dell’esercito jihadista dell’Isis. In queste ore, presidenza del Consiglio, Farnesina e Difesa stanno ultimando una serie di «verifiche tecniche» che presto potrebbero concretizzarsi in un passo in avanti del nostro Paese, comunque «concordato e attuato in un quadro internazionale», su un fronte di guerra che ha già seminato terrore e morte tra le popolazioni del Nord Iraq. Il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, ha detto che il governo italiano sta valutando «nuove iniziative» che potrebbero coinvolgere «anche il ministero della Difesa». Un passo dovuto, secondo la responsabile degli Esteri, anche perché «il presidente curdo, Massoud Barzani, ha sottolineato al telefono con me la necessità di avere una cooperazione non solo sul piano civile». Per questo — davanti al dramma delle popolazioni cristiane braccate dai miliziani dell’Isis — Mogherini ha intensificato i suoi contatti con la collega La storia Risposte alla crisi Verifiche tecniche quasi completate 1 Il governo sta completando le verifiche tecniche prima di stabilire quale può essere il sostegno italiano ai cristiani in fuga dai miliziani del’Isis. Molto probabile una missione della Croce Rossa, ma l’aiuto potrebbe non essere soltanto umanitario Il possibile sostegno ai peshmerga 2 L’ipotesi è quella di un aiuto militare con l’invio di armi ai peshmerga curdi che stanno facendo da argine alle scorrerie dei miliziani dell’Isis e del «califfato» di Mosul. L’intervento sarebbe concordato e attuato in un quadro internazionale della Difesa, Roberta Pinotti, per studiare insieme a Palazzo Chigi se e come aiutare sotto il profilo militare i peshmerga curdi: «Sono gli unici in grado di difendere i cristiani e di preservare la zona cuscinetto del Kurdistan ma sono pochi, 50 mila, e armati solo di kalashnikov su un fronte di circa mille chilometri», conferma il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli che solo 24 ore fa era in missione a Erbil da dove è potuto decollare prima della chiusura dello spazio aereo. Ma nella domenica in cui gli Usa hanno sferrato il quarto attacco aereo contro le batterie di artiglieria dell’Isis per alleggerire la pressione contro i cristiani in fuga, arriva forte e chiara la voce di papa Francesco che ha invocato «una soluzione politica al livello internazionale e locale che possa fermare questi crimini e restauri il diritto». All’Angelus, il Pontefice ha detto che le «notizie in arrivo dall’Iraq lasciano increduli e sgomenti con migliaia di persone, tra cui tanti cristiani, cacciati dalle loro case in maniera brutale, bambini morti di sete e di fame durante la fuga, donne sequestrate... Tutto questo offende gravemente Dio e l’umanità. Non si porta l’odio in nome di Piazza San Pietro Papa Francesco ieri durante l’Angelus (Ansa) Dio». Il ministro Mogherini ha l’assistenza a enormi flussi di podetto che devono essere «i mini- polazioni allo sbando. 3) fornitustri degli Esteri dell’Unione Euro- re militari ai peshmerga che non pea, non i livelli diplomatici, che hanno le armi pesanti in dotaziopure sono bravissimi, a prender- ne dell’Isis. si le responsabilità politiche» per Le commissioni Esteri e Difesa le numerose crisi in atto «intorno potrebbero essere convocate in ai confini europei». In altre paro- queste ore per discutere le «nuole, specifica la candidata italiana ve iniziative» sull’Iraq ma anche alla carica di Alto rappresentante per affrontare il nodo della Libia per la politica estera della Ue, di nuovo in preda al caos. Nicola «bisogna soprattutto capire quali Latorre, presidente della compressioni politiche, quali azioni missione Difesa del Senato, aucomuni si possono fare insie- spica l’intervento di una forza arme... Da Gaza all’Ucraina e dall’Iraq alla Libia Il ministro degli Esteri sarebbe il caso Mogherini: stiamo studiando nuove che la Ue parli iniziative, anche con il ministero della unitariamente». Il viceministro Difesa. Il vice Pistelli: i peshmerga Pistelli, unico curdi gli unici a difendere i cristiani esponente di un governo occidentale che in queste ore ha avuto mata in Libia sotto la copertura modo di verificare sul campo Onu, che controlli porti, aerol’evoluzione della crisi irachena, porti e, per quanto possibile, le ha confermato che i livelli di in- coste: «C’è ora più che mai il ritervento, complementari, sono schio concreto che tra gli immitre: 1) azione diplomatica per grati caricati sui barconi dai merconvincere gli sciiti a esprimere canti di esseri umani ci siano anun candidato forte che completi, che dei terroristi. E questo è un con i nomi già espressi dai sun- problema per l’Italia e per l’Euroniti e dai curdi, il vertice della pa». nuova leadership dell’Iraq. 2) Dino Martirano aiuti umanitari per consentire © RIPRODUZIONE RISERVATA Hegel vedeva nei conflitti l’esaltazione dello Spirito del mondo. Per Severino solo il monopolio legittimo di un Superstato potrà fermare la violenza tra i popoli La piana di Ninive, Agostino e Tommaso Il mito contrastato della Guerra giusta Le idee Teorizzato dai padri della Chiesa, fu superato solo dal Vaticano II di ARMANDO TORNO Sant’Agostino riprende la parabola del convito di Luca per la «costrizione alla giustizia» F a una certa impressione leggere le dichiarazioni dell’arcivescovo di Mosul — riportate nell’articolo di Lorenzo Cremonesi pubblicato ieri sul Corriere — dove si ricorda che in quel contesto di violenza i nostri principi liberali e democratici nulla valgono. I cristiani stremati chiedono le armi. Per difendersi. Mentre ci si rende conto che la piana di Ninive diventa l’ultimo rifugio di chi cerca fuga dall’orrore. Già, Ninive. Fu distrutta nel 612 prima di Cristo da Medi e Caldei, più volte è citata nella Bibbia. Nel libro di Nahum, per esempio, si identifica come un luogo di guerra, malvagio, crudele con i popoli conquistati: «Guai alla città sanguinaria,/ piena di menzogne,/ colma di rapine,/che non cessa di depredare!» (3,1); Sofonia invece profetizza: «Stenderà la mano anche al settentrione/ e distruggerà Assur,/ farà di Ninive una desolazione,/ arida come il deserto» (2,13). Non c’è pace e la fede si coniuga di nuovo con le armi, per offendere o per difendersi. D’altra parte, il tema della guerra lecita e dell’uso opportuno della violenza sono già presenti negli scritti dei Padri della Chiesa, oltre che metabolizzati in fatti storici medievali e moderni come le Crociate o la stessa Battaglia di Lepanto. Certo, oggi sappiamo che la «guerra giusta» è stata superata dal Concilio Vaticano II, che intese ogni atto bellico come «delitto contro Dio» oltre che contro la stessa umanità (Gaudium et spes, 80); tuttavia nella stessa costituzione pastorale si nota: «La guerra non è purtroppo estirpata dalla condizione umana. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà Secondo Hegel la guerra è un «giudizio di Dio» di cui la provvidenza si avvale al genere semplicemente dichiarato secondo le norme giuridiche (decisa da chi ha il potere legale di farlo e annunciata prima di combatterla). Hegel arrivò, senza abbandonare la fede, a giudicare la guerra un «giudizio di Dio» di cui la provvidenza operante nella storia si avvale per rendere migliore l’incarnazione dello Spirito del mondo. E nella Filosofia del diritto la paragonò al movimento dei venti, che «preserva il mare dalla putrefazione nella quale lo ridurrebbe una lunga quiete, così va detto dei popoli per una pace durevole, anzi perpetua». All’inizio del millennio il filosofo americano Michael Walzer, dell’Institute for Advanced Study di Princeton, ha ricordato che l’idea di «guerra giusta» non è stata per nulla abbandonata, anzi. Il Papa ha pronunciato ieri parole da meditare: «Non si fa la guerra in nome di Dio». Chi scrive desidera aggiungere una riflessione che, dopo le parole del Santo Padre, gli ha confidato nel pomeriggio il filosofo Emanuele Severino: «Non credo Il Concilio Oggi per la Chiesa ogni atto bellico è un «delitto contro Dio». La speranza nelle autorità sovranazionali Lo scontro navale La battaglia di Lepanto dell’ottobre 1571 in un dipinto di scuola veneta del sedicesimo secolo un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa» (79). Sono comunque superati i tempi del Decretum di Graziano, pietra angolare del Corpus Iuris Canonici, quando ci si appellava a un’energica esegesi di Agostino della parabola del convito di Luca (14,16-23) per la «costrizione alla giustizia». Nel testo evangelico il padrone di casa, per colmare i posti ancora vuoti al suo desco nonostante gli inviti rivolti prima a benestanti e poi a “poveri, storpi, ciechi e zoppi”, ordina al suo servo: “Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia”. Co- desta interpretazione, ripresa anche dal medesimo Agostino (per esempio nell’epistola al proconsole Bonifacio), si diffuse già nell’alto Medioevo e fornì una giustificazione per agire contro eretici e altri ritenuti tali. Tommaso d’Aquino nella Summa Theologiae affronta il tema, riprendendo Agostino. Tra l’altro scrive: «Perché una guerra sia giusta si richiedono tre cose. Primo, l’autorità del principe, per or- L’amore della pace Fu Sant’Agostino a parlare di conflitti fatti «per amore della pace, per reprimere i malvagi e soccorrere i buoni» dine del quale deve essere proclamata... Secondo, si richiede una causa giusta: e cioè una colpa da parte di coloro contro cui si fa la guerra... Terzo, si richiede che l’intenzione di chi combatte sia retta: e cioè che si miri a promuovere il bene e ad evitare il male» (II,II,40). Il passo di Agostino ricordato da Tommaso in calce a questa distinzione recita: «Presso i vari adoratori di Dio son pacifiche anche le guerre, le quali non si fanno per cupidigia o per crudeltà, ma per amore della pace, ossia per reprimere i malvagi e per soccorrere i buoni». Tali idee verranno poi elaborate, giustificate, sistemate. Per Grozio, l’autore del Del diritto di guerra e di pace (1625), è possibile equiparare la «guerra giusta» a quella solenne, Per l’americano Michael Walzer l’idea di «guerra giusta» non è stata per nulla abbandonata Per Emanuele Severino sarà un «Superstato» a costituirsi come monopolio legittimo della violenza che il Papa, chiedendo la fine delle guerre in corso, si illuda che sia possibile una improvvisa trasformazione delle coscienze che invece la guerra la vogliono. Pensa piuttosto all’intervento di una violenza più potente — quale dovrebbe essere per esempio l’Onu — la quale possa essere qualificata come “monopolio legittimo della violenza”, per usare la definizione weberiana dello Stato. Alla fine dei tempi, poi, sarà quel Superstato, in cui il Dio non solo cristiano consiste, a costituirsi come monopolio legittimo della suprema violenza che (si dice nell’Apocalisse di Giovanni) dopo aver imposto il cielo e la terra, li distruggerà e imporrà al loro posto un cielo nuovo e una nuova terra». © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 Primo Piano » Dossier Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 Vademecum per la previdenza ETÀ E CALCOLI, GUIDA ALLA PENSIONE Rientrate le proposte di revisione della riforma Monti-Fornero Vecchiaia e anzianità, la situazione per chi si avvicina al ritiro Dopo la bocciatura della Ragioneria generale dello Stato alle norme che prevedevano deroghe alla legge Fornero, nei giorni scorsi il governo ha fatto un passo indietro. No alle pensioni per i 4 mila insegnanti rientranti nella cosiddetta «quota 96» (la somma di età e anni di contributi), che avrebbero così potuto percepire l’assegno dall’Inps a partire da settembre. Oltre a problemi di copertura, la marcia indietro è stata dettata anche da motivi politici, per l’apertura di un pericoloso precedente nella revisione della riforma del governo Monti che seppur con i suoi limiti (la vicenda «esodati»), rappresenta il pilastro della sostenibilità del sistema previdenziale italiano. È saltato anche il tetto dei 68 anni per la pensione dei professori universitari e dei primari. Per loro restano in vigore le soglie valide anche per gli altri dipendenti pubblici. Confermate infine le penalizzazioni sulle pensioni di anzianità: l’1% per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 e il 2% per ogni ulteriore anno rispetto ai 60. Dipendenti privati L’età anagrafica per le pensioni di vecchiaia resta fissata a 66 anni e 3 mesi per gli uomini e 63 anni e 9 mesi per le donne. A proposito Le penalizzazioni Sulle pensioni di anzianità restano pari all’1% per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 e al 2% per ogni ulteriore anno rispetto ai 60 di donne va ricordato che la riforma del 2012 ha dato un colpo di acceleratore all’equiparazione con gli uomini, già decisa dal governo Berlusconi, che nell’estate 2011 aveva previsto un percorso che doveva iniziare nel 2014 per raggiungere il traguardo nel 2026, ora fissato al 2018. Dal gennaio 2012, l’età delle donne è salita a 62 anni — soglia alla quale già nel 2013 sono stati aggiunti 3 mesi (per via dell’adeguamento alle speranze di vita) — ed è stata ulteriormente elevata a 63 anni e 9 mesi nel 2014. Autonomi Nulla di nuovo per artigiani, commercianti e coltivatori diretti, la cui età di vecchiaia è stabilita a 66 anni e 3 mesi. Penalizzate le donne lavoratrici autonome, per le quali lo scalone del 2012 è stato di 3 anni e 6 mesi: l’età è passata da 60 a 63 anni e mezzo. Limite che è salito a 63 anni e 9 mesi nel 2013 e a 64 e 9 mesi nel 2014. Dipendenti pubblici Anche l’età di vecchiaia per i pubblici dipendenti è fissata a 66 anni e 3 mesi, sia gli uomini che le donne. Per anni le dipendenti pubbliche hanno potuto beneficiare di un trattamento agevolato rispetto alle colleghe impiegate nel privato: potevano andare in pensione dopo 20 anni di servizio (15 anni se sposate o con figli). Ora la situazione è capovolta, con l’età pensionabile più alta nel pubblico rispetto al privato. Per gli appartenenti alla Pubblica amministrazione, compresi i dipendenti del settore sanità (Asl) è previsto il pensionamento d’ufficio al compimento dei 62 anni di età. Nel senso che l’amministrazione può unilateralmente mandare a casa chi ha raggiunto i requisiti di pensionamento (contributi e 62 anni di età), dirigenti compresi. Per i medici gli anni sono 65. Tale meccani- smo non trova applicazione nei confronti dei magistrati, professori universitari e primari. Speranze di vita Dal momento che si vive più a lungo, occorre andare in pensione più tardi. E’ questa la filosofia che ha ispirato la legge del 2010, con la quale è stato deciso che i requisiti anagrafici dovranno nel tempo fare riferimento all’incremento della speranza di vita. In ogni caso, la riforma Monti-Fornero stabilisce che qualora l’incremento dato dalle variazioni demografiche non dovessero arrivarci, a partire dal 2022 l’età del pensionamento non può comunque risultare inferiore a 67 anni di età per tutti. Pensioni di vecchiaia Evoluzione dell’età pensionabile uomini Anno di pensionamento Dipendenti privati (anni) 2014 -2015 2016 -2017** uomini donne uomini donne 66 e 3 mesi 63 e 9 mesi 66 e 7 mesi 65 e 7 mesi Dipendenti pubblici uomini e donne uomini e donne 66 e 3 mesi 66 e 7 mesi donne uomini e donne Autonomi uomini donne 66 e 3 mesi 64 e 9 mesi uomini 66 e 7 mesi donne 66 e 1 mese Pensione anticipata Con la riforma Monti-Fornero, a partire dal 2012 per ottenere la pensione prima dell’età della vecchiaia non bastano più i classici 40 anni, ma ne occorrono più di 42: nel 2014 sono 42 e 6 mesi per gli uomini e 41 e 6 mesi per le donne. Anche qui è previsto un adeguamento periodico agli andamenti demografici. Questo significa che nel triennio 2016-2018 saranno richiesti 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi le donne). Penalizzazioni Al fine di disincentivare il pensionamento anticipato rispetto a quello di vecchiaia è stata introdotta una misura di riduzione. Qualo- Requisiti richiesti per la pensione di anzianità (o anticipata) Anni di contributi 40 anni 2012 2013 2014-2015 2016-2018 * 2018 uomini e donne 66 e 7 mesi 2019-2020 2019 -2020 uomini e donne 66 e 11 mesi 2021-2022 67 e 2 mesi 2023-2024 2021 -2022 * 2025 2030 uomini e donne uomini e donne uomini e donne 2025-2026 67 e 8 mesi 2027-2028 68 e 1 mese 2029-2030 2035 2040 uomini e donne uomini e donne 68 e 7 mesi 2035 68 e 11 mesi 2040 2045 uomini e donne 69 e 3 mesi 2045 2050 uomini e donne 69 e 9 mesi 2050 * La riforma Monti-Fornero stabilisce che qualora l’incremento dato dalle variazioni demografiche non dovessero arrivarci, a partire dal 2022 l’età del pensionamento non può comunque risultare inferiore a 67 anni di età. * * I valori indicati dal 2016 in poi sono delle stime fornite dall’ISTAT. Insegnante di 59 anni Impiegato (con 40 anni di contributi) uomini e donne 42 e 1 mese (41 e 1 mese le donne) 42 e 5 mesi (41 e 5 mesi le donne) 42 e 6 mesi (41 e 6 mesi le donne) 42 e 10 mesi (41 e 10 mesi le donne) 43 e 2 mesi (42 e 2 mesi le donne) 43 e 5 mesi ra si chieda la pensione di anzianità prima dei 62 anni di età, l’assegno viene corrisposto, per la quota retributiva, con una riduzione pari all’1% per ogni anno di anticipo, percentuale che sale al 2%, per ogni anno di anticipo che supera i 2. Se si richiede la pensione anzianità dopo aver raggiunto i 42 anni a 60 anni, si riscuoterà, per la quota di pensione calcolata con il sistema retributivo (riferito all’anzianità accumulata sino a tutto il 2011), un assegno decurtato del 2%. Se invece la si richiede a 59 anni di età la decurtazione sale al 4%. Un’apposita disposizione di legge, approvata subito dopo la riforma Fornero, esclude dall’applicazione delle riduzioni percentuali i trattamenti liquidati in favore di coloro che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017. Ciò a condizione che il possesso del requisito, derivi da: prestazione effettiva di lavoro; periodi di astensione obbligatoria per maternità, assolvimento degli obblighi di leva, infortunio o malattia; periodi di cassa integrazione ordinaria; astensione dal lavoro per la donazione di sangue; congedi parentali di maternità e paternità; congedi e permessi con riferimento a persone con handicap in situazione di gravità. Nel passaggio alla Camera della riforma Gli autonomi Nulla di nuovo per artigiani, commercianti e coltivatori diretti, la cui età di vecchiaia è stabilita a 66 anni e 3 mesi (42 e 5 mesi le donne) Madia era stato approvato un emendamento che escludeva dalle penalizzazioni anche chi raggiungeva il requisito dei 42 anni con l’aiuto della contribuzione figurativa o da riscatto (laurea ad esempio). Dopo la bocciatura della Ragioneria generale, e l’approvazione definitiva del provvedimento, le penalizzazioni restano alle condizioni sopra descritte. 43 e 8 mesi (42 e 8 mesi le donne) 43 e 11 mesi (42 e 11 mesi le donne) 44 e 2 mesi (43 e 2 mesi le donne) 44 e 4 mesi (43 e 4 mesi le donne) 44 e 10 mesi (43 e 10 mesi le donne) 45 e 2 mesi (44 e 2 mesi le donne) 45 e 8 mesi (44 e 8 mesi le donne) 46 (45 le donne) * I valori indicati dal 2016 in poi sono delle stime fornite dall’ISTAT Opzione donna Un segnale di riguardo verso le donne con alle spalle un lungo percorso lavorativo l’aveva dato la riforma Maroni del 2004. E il decreto “salva Italia” del 2011 ne ha confermato i contenuti. Le donne che vogliono andare in pensione con le vecchie regole — ossia a 57 anni di età con 35 di contributi (58 anni se lavoratrici autonome) — possono continuare a farlo, in via eccezionale sino al 2015, scegliendo un trattamento calcolato interamente con il sistema contributivo, sicuramente meno vantaggioso del sistema «retributivo», con una perdita in termini di pensione stimabile in misura pari a circa il 25-30%. Domenico Comegna CORRIERE DELLA SERA Casalinga, ex dipendente © RIPRODUZIONE RISERVATA Artigiano di 30 anni Il calendario scolastico Quell’asticella più alta I contributi volontari e la svista delle norme di trenta mesi e l’incasso ritardato L’assegno più leggero e il fondo integrativo (d.co.) La signora Rossi, insegnante di scuola media, al 31 dicembre 2011 poteva contare su 37 anni di servizio e 59 anni di età. Per una svista della riforma Fornero, che non ha tenuto conto del particolare calendario del personale della scuola, che segue l’anno scolastico e non quello solare, non ha potuto percepire la pensione il 1° settembre 2012. Ora dovrà rassegnarsi ed attendere il 1° settembre 2015, quando avrà accumulato 41 anni e 6 mesi di contribuzione. E se l’anzianità accumulata contiene qualche periodo di disoccupazione, ovvero il recupero degli anni di università (il riscatto laurea), sulla quota retributiva (riferita all’anzianità accreditata sino al 31 dicembre 2011) subirà una penalizzazione dello 0,33%, poiché a quella data non ha ancora compiuto i 62 anni di età. Per evitare la penalizzazione dovrebbe saltare un anno (aspettare settembre 2016). Ma la professoressa non si arrende e spera ancora, dopo aver sentito il presidente del Consiglio dichiarare che entro la fine di agosto per quanto riguarda la scuola ci sarà un apposito intervento. (d.co.) Quarant’anni non bastano più. Per chi iniziava a lavorare molto giovane, questo era il massimo della carriera professionale. Da un po’ di tempo non è più così. La legge Fornero ha decisamente spostato in avanti la soglia, che nel 2014 ha raggiunto 42 anni e 6 mesi (41 anni e 6 mesi le donne). Come per il requisito anagrafico richiesto per la pensione di vecchiaia, anche per la pensione anticipata è previsto il meccanismo che lega i parametri all’aspettativa di vita: periodicamente, ogni biennio a partire dal 2019, i requisiti verranno incrementati. Vediamo gli effetti concreti. Un impiegato assunto nel 1973 contava di lasciare il lavoro a dicembre 2012. La manovra di agosto 2011 ha spostato il traguardo in avanti di un anno (dicembre 2013). La riforma Monti-Fornero ha ulteriormente alzato l’asticella a 42 anni e un mese nel 2012 e 42 anni e 2 mesi nel 2013, anno in cui si sono aggiunti altri 3 mesi per adeguamento demografico. Il nostro impiegato potrà ottenere la pensione di anzianità solo a luglio 2015, 2 anni e mezzo dopo il termine previsto quando fu assunto. (d.co.)La signora Bianchi, classe 1954, ha cominciato a lavorare molto giovane, nel 1972, all’età di 18 anni. Le aspettative pensionistiche all’epoca erano molto favorevoli: età anagrafica 55 anni, ed un minimo di contributi di 15 anni. Una decina di anni dopo, lo scenario è cambiato in seguito alla riforma del governo Amato del 1992, che ha stabilito l’innalzamento graduale sia del requisito anagrafico (da 55 a 60 anni), sia quello contributivo (da 15 a 20 anni). Nel frattempo si è sposata e dopo qualche anno, con la nascita di due figli, si è ritirata, per dedicarsi esclusivamente alla famiglia. Molto opportunamente, dopo le dimissioni dalla ditta in cui ha lavorato per 12 anni, ha versato contributi volontari per raggiungere il minimo di 15 anni , assicurandosi così la pensione all’età della vecchiaia. Ma quando potrà percepire il primo assegno? Il 1° agosto 2021, al compimento dei 67 anni e 2 mesi di età, 12 anni dopo il termine previsto quando entrò nel mondo del lavoro. (d.co.) Il signor Rossi, classe 1985, giovane titolare dell’autofficina ereditata dal padre nel 2010, non pensa ancora alla sua pensione. Forse non sa che potrà mettersi a riposo ad un’età che supera i 70 anni. Quando è entrato per la prima volta nel piccolo capannone aveva la possibilità di ritirarsi al compimento dei 65 anni, come aveva fatto suo padre. Questo il dettaglio. All’età di vecchiaia oggi fissata a 66 anni e 3 mesi va aggiunto l’incremento legato alle aspettative di vita. Arriviamo così a 69 anni e 10 mesi. Risultato: cinque anni e e mezzo in più dell’aspettativa che il nostro artigiano aveva quando è entrato in officina in aiuto al proprio genitore. Questo nel caso non dovesse raggiungere prima il numero di anni richiesti che prescinde dall’età anagrafica. Il giovane Bianchi ha un’altra possibilità per anticipare il pensionamento, cumulando però ben 46 anni di contribuzione. Per di più, visto che la sua pensione sarà decisamente più magra di quella del genitore, dovrà rinunciare a qualche spesa extra e aderire al più presto ad un fondo complementare. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Primo Piano italia: 52495258535051 7 Le tasse L’Agenzia delle Entrate L’intervista «La dichiarazione precompilata libererà molti italiani dalle tasse, saranno Caf e commercialisti a rispondere di eventuali errori» «Grandi frodi da punire e Fisco più facile L’evasione va fermata e non rincorsa» per bene paga, altrimenti no, e non posso farci niente. Le norme con cui gestiamo il canone sono di un Regio decreto del ‘38, quando la Rai ancora non c’era, e nessuno ha mai voluto cambiarle». Il blocco delle azioni coatte sui piccoli debiti fiscali è stata una decisione politica. «Una specie di sanatoria di massa... La politica ha deciso così perché c’era la crisi. Noi applichiamo le leggi, non facciamo politica. Forse Piemonte Valle in passato c’è stato un ecLe zone I numeri Incassi complessivi d'Aosta miliardi gettito evaso Liguria cesso di protagonismo, a rischio dell’evasione da attività di controllo Lombardia ma io sono un funzionamilioni di contribuenti (Miliardi di euro) (Dati in euro) Trentino A. A. Alta pericolosità 13,1 a rischio evasione rio dello Stato. Mi hanno 12,7 12,5 fiscale miliardi Friuli V. G. insegnato che quando un milioni recuperati dalla lotta 10,6 Rischio di evasione Veneto i crediti da riscuotere all’evasione fiscale nei primi 3 mesi 2014 funzionario prende una medio-alto in carico a Equitalia E. Romagna responsabilità non deve Il sommerso (al 31 dicembre 2013) Modesto bacino Marche mettersi il pennacchio. 9,1 (Valori % del Pil Stime per il periodo 2012-2013) di contribuenti Toscana Abruzzo Applichiamo le leggi. E e media pericolosità Umbria 17,4 ITALIA miliardi segnaliamo le cose che fiscale 11,9 dei crediti è originato Messico Puglia non vanno, questo sì». Lazio Pericolosità da Accertamento. 9,5 Spagna L’anno prossimo ci fiscale intermedia Si tratta di circa 6,9 6,7 sarà il debutto della diRegno Unito 6,4 5 milioni di partite Molise Pericolosità chiarazione dei redditi 5,3 (dal 2000 al 2013) Stati Uniti fiscale bassa precompilata. 4,7 Svezia Campania Basilicata «Una rivoluzione per miliardi 3,9 Francia quasi 20 milioni di conSardegna Sicilia i soldi nascosti dagli 3,3 Irlanda Calabria italiani nei paradisi tribuenti. Molte di queFonti: Bollettino Mef, Confcommercio, Guardia di Finanza Fonte: Agenzia delle Entrate 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 fiscali all’estero ste dichiarazioni, un quarto, non dovranno meno gravissimo, perché oltre all’evasio- «sms» per ricordare una scadenza non decessore, Attilio Befera? neanche essere integrate. Le altre possono Che cos’è ne fiscale, c’è un danno enorme alla libera onorata. Così si aumenta la “compliance” «No, perché per me è opportuno che ci essere perfezionate, come ad esempio con concorrenza. Può pure andare bene elimi- cioè l’adesione al Fisco e si restringe l’area sia una netta separazione dei ruoli. Equiil conteggio delle detrazioni, ricorrendo nare la responsabilità solidale degli ap- di evasione grave, la si individua meglio e talia riscuote per noi ed altri 15 mila enti, agli intermediari. Con una novità, però, paltatori sulle ritenute previdenziali, ma vi si possono concentrare le risorse del- dai Comuni ai consorzi idrici. I problemi perché saranno i Caf, i commercialisti che ci deve essere un sistema con il quale l’Agenzia». della riscossione non vengono certo da fanno quelle dichiarazioni a rispondere l’Inps mi dice, attenzione, la ditta “X” il Caccia ai pesci grossi, dunque? noi che forniamo dati puliti». degli eventuali errori. Molti italiani saranL’Agenzia mese scorso non ha pagato i contributi. «Io dico che l’azione dell’Agenzia deve L’Agenzia ha forze sufficienti? no finalmente liberi dalle tasse». delle Entrate Così posso intervenire in tempo, posso essere proporzionale, e che questa pro«Se si vuole sconfiggere l’evasione Abbassare l’uso del contante ridurSvolge chiedere informazioni, mandare un porzionalità deve basarsi sui dati reali, puntando al recupero del passato servirebbe l’evasione? le funzioni usando molta cautela nell’utilizzo delle rebbero molti più dipendenti. Piacerebbe «Questo è dimostrato da tantissimi relative presunzioni, che devono trovare riscon- anche a me recuperare 50 miliardi l’anno, studi. All’estero si paga con la carta anche alla gestione tro nella reale situazione e capacità con- ma non ho questa possibilità. Per questo il caffè, ma all’estero non è che tutti gli e al contenzioso tributiva dei soggetti controllati». dobbiamo concentrarci sulla “complianoneri della moneta elettronica siano in cadei tributi L’accertamento è anche un fatto di ce”, con un cambio di passo nei rapporti rico ai commercianti, come da noi». con l’obiettivo buon senso? con il cittadino. Per fare questo basta che Esiste ancora il segreto bancario in di perseguire il «Sicuramente. Serve più prevenzione, ci assicurino il turnover del personale, Italia? massimo livello ma anche mano più dura con chi insiste adesso abbiamo il 50%, e vogliono abbas«No. Le indagini patrimoniali e finandi nei comportamenti fraudolenti. Non è sarlo al 20%. Ma attenzione, perché noi ziarie si possono fare. La collaborazione adempimento che ogni volta noi dobbiamo comminare facciamo un mare di cose. Per dire, gestiainternazionale sull’evasione è diventata degli obblighi la sanzione minima: un conto è l’errore mo anche il canone Rai...» molto forte ed in ambito europeo resistofiscali. Fu formale, un conto la frode reiterata». La tassa più evasa di tutte... no solo poche nicchie, per poco tempo. Se costituita con il Finora la strategia dell’evasione ha «Per forza. L’evasione è così alta perché la Svizzera dovesse firmare l’accordo di decreto puntato molto sulla riscossione, cioè io fino a 2 mila euro di debito non posso cooperazione con il governo italiano, legislativo del sulla vostra controllata Equitalia. Lei ne fare nessuna azione esecutiva. Mando un avremmo chiuso il buco». 30 luglio 1999 sarà presidente, come lo era il suo pre- avviso, e se il contribuente è una persona La voluntary disclosure funzionerà? emanato Si dice che potrà riguardare anche attivinell’ambito tà italiane. Non sarebbe un condono della riforma mascherato? Bassanini «Mi pare che il provvedimento all’esache istituì anche me del Parlamento, che comunque preveLa moneta elettronica Il canone Rai le agenzie delle de il pagamento integrale delle imposte All’estero non tutti gli Il canone per la radio e la Dogane, del dovute sulle annualità pregresse, offra gaIl nuovo direttore dell’Agenzia Demanio e ranzie sufficienti. Senza contare che quel Rossella Orlandi, 57 anni, oneri sono in carico ai televisione? Fino a 2 mila del Territorio provvedimento verrebbe finalmente inè il neodirettore dell’Agenzia delle Entrate commercianti come da euro di debito non trodotto anche il reato di autoriciclaggio, Subentrata ad Attilio Befera, una misura attesa da tempo». ha avuto una carriera tutta interna noi. Ecco perché pagano abbiamo il potere di fare Orlandi: non sarò presidente di Equitalia. Il passato? Forse troppo protagonismo ROMA — «La vera rivoluzione è impedire l’evasione, non rincorrerla. Le stime dicono che ogni anno vengono sottratti al Fisco 120 miliardi di euro, e noi ne recuperiamo 12 o 13. Ma il vero problema è che ci sono quasi 600 miliardi di accertamenti relativi agli anni passati, affidati alla riscossione di Equitalia, che non si riusciranno mai ad incassare. Dovremmo smettere di inseguirli, e concentrarci sull’evasione che si crea ogni anno. Colmare il divario tra quei 120 miliardi e i 13 che incassiamo». Rossella Orlandi, 57 anni, occupa da poche settimane lo studio all’ottavo piano della sede dell’Agenzia delle Entrate che fu di Attilio Befera. Una carriera tutta nell’amministrazione finanziaria, cominciata a 24 anni, appena laureata, vincendo il concorso. «Ho dedicato tutta la mia vita a questo lavoro. Darò il massimo», promette. Anche questa sera, ci dice, resterà in ufficio fino alle 10 di sera e, uscendo, spegnerà la luce. Un misto di ideali e pragmatismo con tanta voglia di migliorare i risultati ottenuti nel recente passato. È per questo che nel suo primo Atto di indirizzo agli ispettori fiscali ha chiesto di far partire le verifiche dal 2012, lasciando perdere il passato? «I tempi di prescrizione dei reati fiscali sono stretti, e questo induce a concentrare gli accertamenti sulle annualità più vecchie, quelle sulle quali, dopo un certo tempo, non sarà possibile il recupero. Ma lavorare sul passato comporta dei rischi, compreso quello di chiedere soldi ad aziende che nel frattempo sono fallite. Servirebbero anche dei termini di prescrizione un po’ più lunghi» Il Parlamento sta mettendo a punto il decreto attuativo della delega fiscale sulle semplificazioni, con un forte alleggerimento degli adempimenti delle imprese, anche negli appalti. Che ne pensa? «Che ci vuole attenzione. Negli appalti pubblici, soprattutto dove c’è un forte impiego di manodopera, ci sono dei meccanismi da tenere d’occhio. Quando le imprese offrono prezzi che non coprono neanche il costo del lavoro, qualcosa non va. Molte imprese aprono, prendono un appalto, incassano, fanno il lavoro, ma non pagano tasse e contributi, poi chiudono. E magari riaprono con un altro nome pochi giorni dopo. Questo è un feno- I numeri dell’evasione 120 5 300 620 350 200 all’Agenzia sottoposta alla vigilanza del ministero delle Finanze con la carta anche il caffè alcuna azione esecutiva Enrico Marro Mario Sensini © RIPRODUZIONE RISERVATA 8 Primo Piano Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 La giornata Il governo Le scelte Il messaggio di Renzi a Ue e Bce «Sulle riforme decido soltanto io» Al Ft spiega: «Non sforerò il 3%». Verso il vertice con Napolitano ROMA — «Sono d’accordo con Mario Draghi quando dice che l’Italia ha bisogno di fare riforme, ma il modo, il come, lo deciderò io, né la Troika, né la Banca centrale europea e nemmeno l’Unione europea. E vuole sapere per quale motivo? Le riforme le farò io perché l’Italia non ha bisogno di qualcun altro che ci spieghi come farle». Più chiaro, più duro, non poteva essere. È una sorta di argine alle riflessioni di Mario Draghi di qualche giorno fa, quel consiglio agli Stati europei di cedere spazi di sovranità, almeno a quelli che sono indietro nel fare le riforme strutturali di cui hanno bisogno. Ma è anche una risposta alla testata cui ha rilasciato l’intervista, il giorno dopo i dati negativi del Pil, dopo che l’autorevole Financial Times aveva scritto che «la luna di miele» fra Renzi e gli italiani, «con il ritorno alla recessione», poteva considerarsi finita. Ieri di quell’intervista, concessa a tamburo battente nel suo studio di Palazzo Chigi, sono usciti i primi estratti. Se appena qualche giorno fa, in un’intervista a La7, il presidente del Consiglio era stato diplomatico sul punto della sovranità, affermando prima che se ne sarebbe discusso in sede di Consiglio europeo, nei prossimi vertici, poi, ma in modo molto pacato, e soprattutto stringato e ufficioso, che «non era d’accordo», ora invece la reazione è on the record e molto netta. E parla di temi, dalle riforme all’economia, che saranno certamente oggetto dell’incontro che lo stesso premier potrebbe avere oggi o do- L’intervista In un’intervista pubblicata ieri sull’edizione online del Financial time, Matteo Renzi difende la sua azione sulle riforme e rivendica autonomia rispetto all’Europa. Due giorni fa in un articolo il quotidiano definiva il rapporto tra il premier e l’Italia una «luna di miele finita» dopo i dati sul Pil mani con il Presidente della Repubblica appena tornato dalle vacanze. Prima di recarsi mercoledì in visita ai cantieri dell’Expo. In sintesi: nessuno si permetta di pensare che l’Italia possa avere bisogno di qualcuno che le detti l’agenda, il governo in carica sa benissimo quali riforme deve fare e il modo in cui deve approvarle e attuarle, qualsiasi parallelo con la situazione in cui si ritrovò Berlusconi, anni fa, è da respingere al mittente. Insomma l’idea della Bce è per il governo italiano assolutamente non condivisibile, la conclusione dell’autorevole quotidiano finanziario è quantomeno affrettata, non c’è nesso fra due trimestri in negativo, per il prodotto interno, e una bocciatura politica del premier in carica. Troppa fretta. Il tono rivendicativo, a tratti perentorio, è spiegato in questo modo. Ed è perentoria anche l’assicurazione ad un altro dubbio che il giornalista del Ft, sulla scia di tanti economisti, solleva: «Davvero l’Italia con questi dati riuscirà a stare dentro la soglia del 3%?». Renzi risponde in modo apparentemente privo di dubbi: «Non ho alcuna intenzione di sforare la regola del 3%, speriamo di avere migliori indicatori economici nella seconda metà dell’anno. Non rompere- La velocità La battuta sui tempi: neanche i dittatori facevano le cose così velocemente Ottimismo Sugli investimenti dall’estero c’è ottimismo: dopo Etihad ne arriveranno altri da Cina, Usa e India mo la regola, anche se è vecchia e datata, ma è una questione di credibilità e di reputazione dell’Italia, anche se ci sarebbe da dire che per altri non è così». Il giornalista finanziario attira Renzi anche in questioni di natura monetaria, gli chiede lumi sul futuro dell’eurozona, del cambio euro/dollaro, dei rischi di deflazione, se è preoccupato per i segnali di difficoltà che arrivano non solo dall’Italia: «Di natura non sono una persona che è portata ad avere paura, certamente sarei più felice se l’euro non fosse così forte nei confronti del dollaro e se l’inflazione fosse un po' più alta». Nel ventaglio di ottimismo del presidente del Consiglio rientra anche il recente investimento degli arabi di Etihad in Alitalia (l’intervista è stata realizzata il giorno della firma dell’intesa): «Sto cercando di aprire tutte le porte possibili agli investimenti esteri, vedrete che ne arriveranno altri dalla Cina, dagli Stati Uniti e dall’India». Ieri a San Rossore, alle porte di Pisa, Renzi ha così risposto ad uno scout che gli faceva una domanda su Piombino: il gruppo indiano dell’acciaio Jindal dovrebbe «chiudere nei prossimi giorni» per l’offerta di acquisto degli impianti dell’acciaieria Lucchini. Insomma, conclude Renzi al Financial Times: «Siamo decisi a portare il Paese fuori dalla crisi e lo stiamo facendo molto in fretta». Con una battuta finale: «Nemmeno i dittatori riescono a fare più veloce!». M. Gal. © RIPRODUZIONE RISERVATA A San Rossore Dall’alto in senso orario: il premier Matteo Renzi con uno scout che gli ha consegnato la «carta del coraggio»; accanto alla moglie Agnese, che canta l’Alleluja; con il cardinale Angelo Bagnasco (Ansa) 177 mila È il numero dei soci Agesci, l’associazione Guide e Scout cattolici italiani. Oltre 30.000 scout si sono ritrovati al raduno di San Rossore Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Primo Piano italia: 52495258535051 9 Al raduno «I ragazzi non sono bamboccioni» La promessa agli scout: «Politici come lo yogurt, abbiamo la scadenza» DAL NOSTRO INVIATO La telefonata durante la messa a San Rossore L’invito del Papa: abbiate coraggio, non servono giovani in pensione «Il mondo ha bisogno di giovani che abbiano un orizzonte», «e ricordatevi, la pensione arriva a 65 anni»: così il Papa agli oltre 30 mila scout dell’Agesci radunatisi a San Rossore. Il Pontefice si è collegato per telefono durante la messa celebrata dal cardinale Angelo Bagnasco scusandosi per non aver potuto partecipare personalmente, e ha poi citato uno dei temi del raduno scout, tratto dall’Apocalisse. «Vi auguro — ha detto — che questa strada del coraggio sia vostra, il coraggio è un atteggiamento dei giovani, il mondo ha bisogno di giovani coraggiosi, non timorosi, di giovani che si muovano per strada». «Se avete riflettuto sull’Apocalisse — ha continuato — sulla città nuova, ecco, fare una città nuova, questo è il vostro compito, fare una città nuova con la verità, la bontà, la bellezza». «Non abbiate paura — ha aggiunto papa Francesco — la vita è vostra, non lasciatevi rubare la speranza, la vita è vostra per farla fiorire, e ricordatevi, la pensione arriva a 65 anni, un giovane non deve andare in pensione mai, deve andare avanti con coraggio». «Prego che il Signore vi dia la benedizione — ha concluso — vi benedico, e per favore vi chiedo di pregare per me». © RIPRODUZIONE RISERVATA SAN ROSSORE (Pisa) — Ha l’abito blu, ma da subito prevale l’animo del lupetto, gli è rimasto dentro: canta e salta anche lui, come la moglie e i figli. E alla fine cita una frase celebre del fondatore dello scoutismo, Baden-Powell: «Date un calcio all’impossibile!». E in questo caso, visto che gli scout sono italiani, che sino a qualche anno fa lui era uno di loro, che a migliaia lo stanno ascoltando, provenienti da tutte le Regioni: «Siamo dominati dal verbo ausiliare “avere”. Vi chiedo di cambiarlo ricordando che è più importante “essere”. Votate per chi volete, cambiate governo, ma non cambiate Paese. Restate in Italia, date un calcio all’impossibile, aiutateci a rendere migliore questo Paese». Arriva alle nove del mattino. Puntuale, come da programma, per assistere alla messa officiata dal cardinale Bagnasco. Con il presidente della Cei scambia due parole private, è la prima volta da quando è presidente del Consiglio. Arriva anche la telefonata del Papa, accolta dai cori dei ragazzi e dal clima generale di entusiasmo, nonostante il caldo e qualche svenimento. Chi ha montato le tende due giorni fa, chi è arrivato all’alba con i pullman, tutti si meritano queste parole del premier: «Se qualcuno in Italia immagina che i ragazzi siano pigri, sdraiati o bamboccioni, voi siete la risposta che sta sbagliando». La moglie Agnese gli sta al fianco: «Dell’esperienza scout a Matteo gli è rimasta la tenacia e la capacità di raggiungere gli obiettivi». Ed anche il linguaggio tipico degli scout: «Buona strada», dice lui a chi lo saluta, anche solo per un attimo, e la metafora vale anche per le condizioni particolari del Paese, «l’Italia è in route, e come in ogni route c’è sempre quello che dice “hai sbagliato percorso” oppure che chiede “quanto manca alla fi- ne?», dice ancora ai ragazzi dell’Agesci. E alla loro rivista online confessa anche che, da scout, il suo «nome-totem» era «Grillo esuberante». Sono più di 400 gli «alfieri», coloro che hanno scritto una Carta del Coraggio, manifesto sociale e umano da mettere nelle mani del governo e della Chiesa: Renzi li ha incontrati il giorno prima, è rimasto impressionato da alcuni passaggi del documento, dall’entusiasmo che ci hanno messo, «vorrei coinvolgerli nella riforma della scuola, hanno qualcosa da dire e da insegnarci». Il tutto all’insegna della parola «coraggio»: per Bagnasco fu ispirazione per Cristo e per gli apostoli, per il capo del governo può essere riferimento per l’avvenire politico italiano. «Grillo esuberante» Il suo soprannome da scout era «Grillo esuberante». La moglie: di quegli anni gli è rimasta la tenacia «Se qualcuno afferma che la parola d’ordine è paura o timore, deve essere invece chiaro che la parola chiave per i prossimi anni non può che essere coraggio». Aveva detto che non avrebbe parlato di politica, ma qualcosa gli scappa: «Non posso creare lavoro per decreto, posso cercare di rimuovere gli ostacoli. Negli ultimi due mesi abbiamo fatto 108 mila posti di lavoro in più. È un primo passo. Non è ancora sufficiente, e però la cosa fondamentale è riuscire a cambiare il sistema del Paese e renderlo più snello ed efficiente». Un lavoro a tempo: «I politici sono come lo yogurt, a un certo punto scadono, per me è iniziato il conto alla rovescia». Marco Galluzzo © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista Il sottosegretario, renziano della prima ora, e la ricetta del governo sulla crescita: «Usare le risorse pubbliche per incentivare i privati» «Correzioni sul Senato? L’immunità va tolta» Rughetti: è un problema di Forza Italia se votare o meno con noi sull’economia ROMA — La prima frase di Angelo Rughetti non è professione di modestia: «L’Italia è tornata a ragionare, dopo l’addormentamento dolce degli ultimi venti anni di politica». Sta parlando della riforma costituzionale approvata in Senato? «Anche. Dò il voto 9 al testo uscito dal Senato». Incassato il successo, si può cambiare qualcosa, nei prossimi passaggi parlamentari? «Penso che un Senato che non fa più leggi non debba essere elettivo. Ma i suoi membri non debbono neanche avere l’immunità parlamentare. Aumenterei i senatori-sindaci, diminuirei i consiglieri regionali». Nella legge elettorale possono tornare le preferenze? «Vedo con le preferenze più effetti negativi che positivi. Meglio i collegi uninominali». Su legge elettorale e riforme costituzionali si preannunciano contrasti anche dentro il Pd. «Fino a oggi, come nel dibattito al Senato, i dissidenti dentro il Pd non si possono ricondurre allo schema delle correnti. Dovremo fare una nuova segreteria che non sarà soltanto espressione della maggioranza. E anche il gruppo della Camera andrà guidato in modo “plurale”: il capogruppo non deve essere “letto” come rappresentante di una parte, ma portare 300 deputati a contribuire all’approvazione dei provvedimenti». Angelo Rughetti, 47 anni, nato a Rieti, da 30 anni romano. Sottosegretario alla Pubblica amministrazione. Una carriera nell’Anci, l’associazione dei Comuni. Qui ha conosciuto Matteo Renzi ed è definito oggi «renziano della prima ora». Negli anni tumultuosi della sua ascesa, Renzi ha perso (o lasciato) molti compagni di strada. Non Rughetti. Molti dicono: basta occuparsi di architetture istituzionali, l’urgenza è l’economia. «Riforme istituzionali e misure economiche sono nella stessa ricetta. Le riforme del Senato, delle Province, della Pubblica amministrazione, la legge elettorale servono a rendere le decisioni più facili». Su cosa occorre decidere con maggiore puntualità? «Siamo un governo di amministratori, sappiamo che non si crea lavoro lasciando o levando l’articolo 18. Abbiamo già 108 mila posti nuovi grazie al decreto Poletti sui contratti, abbiamo dato una soluzione all’Alitalia, favorito l’investimento di un miliardo del Qatar in Sardegna». Va bene. Ma a settembre? «Bisogna dare il segnale che quando si perde il lavoro non si esce dal sistema di protezione sociale. E questo è previsto nel Jobs Act: reddito minimo, nuova formazione, reinserimento. Poi: detassazione totale per le imprese che assumono chi ha meno di 30 anni nei settori dell’investimento e della ricerca. Filosofia di fondo: incentivare politiche private con investimenti pubblici. In 20 anni, negli Stati Uniti, grazie a incentivi fiscali è raddoppiato il numero dei brevetti, questo ha fatto nascere start up, molte si sono trasformate in imprese, che hanno creato lavoro». Sandra Bonsanti e la battaglia contro le modifiche alla Carta E Libertà e Giustizia ora rivaluta la Lega Giornalista e scrittrice Sandra Bonsanti è presidente della associazione «Libertà e Giustizia» dal 2002 MILANO — «Dovremo dialogare con tutti, anche con i leghisti». Manca molto al varo definitivo della riforma del Senato, ma Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e Giustizia, pensa già alla campagna referendaria contro il ddl. E in quest’ottica — ha ammesso in un’intervista al Fatto — parlare anche con chi è più lontano «è inevitabile». Bonsanti di campagne referendarie contro modifiche alla Costituzione ne ha già condotta (e vinta) una nel 2006, quella per bocciare la riforma del centrodestra: chi allora era un avversario, la Lega, questa volta potrebbe diventare un alleato. Il 25-26 giugno 2006 andò alle urne oltre il 50% dei cittadini e i no vinsero nettamente. La battaglia più dura si giocò al Nord, nelle zone a forte radicamento leghista (Veneto e Lombardia furono le uniche regioni in cui prevalsero i sì). La presidente di Libertà e Giustizia durante quella campagna parlava in questo modo del testo voluto da Berlusconi e Bossi: «Uno stravolgimento della Carta» fatto da un centrodestra «insensibile agli emendamenti delle opposizioni» e sordo «alle proteste dei costituzionalisti»; «un documento infausto» che avrebbe dilatato «in modo abnorme i poteri del premier». E invitava infine i cittadini a dire no «all’obbrobrio di Calderoli». Argomenti simili a quelli usati in questi giorni e che riecheggeranno durante la prossima campagna. Con un’unica differenza rispetto a otto anni fa: che stavolta Bonsanti si appresta a fare la battaglia anche insieme a Calderoli. Ma. Re. © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è A Montecitorio Nato a Rieti, 47 anni, Angelo Rughetti, laureato in Giurisprudenza alla Sapienza di Roma, alle elezioni politiche del 2013 viene eletto alla Camera per il Partito democratico. Sposato, ha tre figli Nell’esecutivo Dallo scorso febbraio è sottosegretario alla Pubblica amministrazione e alla Semplificazione nel governo guidato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi La carriera all’Anci È stato segretario generale e direttore generale dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) La spending review andrà avanti? «Dobbiamo centrare l’obiettivo del commissario Cottarelli: produrre con una spesa di 100 euro nella sanità e nei servizi gli stessi effetti della media degli altri Paesi europei». Deciderà Cottarelli? «Deciderà il Consiglio dei ministri. Cottarelli si è comportato come un ministro e non come un commissario». Giacciono nei ministeri più di 500 regolamenti attuativi di leggi. «Due misure che sono nel disegno di legge sulla Pubblica amministrazione possono sbloccarne l’85 per cento: quando il ministero tarda interviene il presidente del Consiglio, quando il mi- La spending review Tocca al governo decidere Cottarelli si è comportato come un ministro non come un commissario nistero deve dare un parere dopo 6o giorni scatta il silenzio-assenso». Berlusconi sarebbe pronto a collaborare sulle misure economiche. «Mi pare più un racconto che una vera disponibilità. C’è una distanza abissale fra le nostre posizioni sulla pubblica amministrazione e quelle di Brunetta. O sugli 80 euro in busta paga. La maggioranza è solida, se Forza Italia voterà qualche provvedimento, ne prenderemo atto. Sarà un problema loro, più che nostro». Andrea Garibaldi [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA 10 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 LavelliADV.it Acque d’Italia dalle Alpi Lombarde, a 1.935 metri, una tra le sorgenti più alte d’Europa. dal cuore dell’Umbria l’acqua che ha fatto crescere milioni di Italiani. dal Monte Vulture in Basilicata l’effervescente naturale dal gusto unico. ...la forza di un Gruppo tutto Italiano! Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Primo Piano 11 italia: 52495258535051 I partiti Le strategie Lo Statuto e la piazza Alfano rilancia sull’articolo 18 Un nuovo fronte nel governo L’Ncd prepara l’offensiva. Esecutivo diviso, sindacati contrari Il leader di FI Niente servizi a Ferragosto Berlusconi oggi a Cesano Niente Ferragosto a Cesano Boscone per Silvio Berlusconi. Cambio di programma nell’agenda dell’ex Cavaliere, che ogni venerdì è al lavoro con gli anziani della casa di cura Sacra Famiglia. Le sue ormai consuete quattro ore di lavoro settimanali sono state infatti anticipate. Berlusconi varcherà oggi (sempre alle 9.45) gli ingressi del padiglione San Pietro, dove assiste gli ospiti malati di Alzheimer. Il leader di Forza Italia sta scontando nell’istituto in provincia di Milano la condanna per il caso Mediaset, come prevede l’affidamento in prova ai servizi sociali. © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA — Sulla strada della maggioranza, da oggi, potrebbe esserci un ostacolo in più. È l’ostacolo su cui, in passato, si sono incagliate altre maggioranze, altri governi e financo altre singole forze politiche. Perché il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano sta per lanciare, questa volta con nettezza, la controffensiva sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La posizione del titolare del Viminale sul dossier è chiarissima. Si punta a ridiscutere la norma, forse a congelarla per i neo-assunti per i prossimi tre anni, forse addirittura a superarla. Ma adesso Ncd è pronto a passare all’incasso. E a chiedere, come potrebbe fare riunendo lo stato maggiore del partito tra gli ultimi giorni di agosto e i primi di settembre, che la messa in discussione dell’articolo 18 entri nell’agenda dell’esecutivo. Come? Semplice. Sotto forma di un emendamento da inserire nello «Sblocca Italia». Per comprendere la portata della grande trattativa che potrebbe riaprirsi sull’articolo 18 basta dare un’occhiata alle prime reazioni che, di fronte alla linea alfaniana, sono arrivate dal governo e dai sinda- Gli alleati di Grillo cati. «Abolire l’articolo 18? Non crea lavoro, quindi inutile dividersi», è la posizione del ministro Marianna Madia. E anche Raffaele Bonanni, numero uno della Cisl, ribatte a muso duro: «Sulle modifiche all’articolo 18 si dibatte solo per un puntiglio ideologico, pur di sfuggire ai nodi veri del mercato del lavoro». Tra l’altro, aggiunte, «non lo chiedono neanche le imprese». Eppure, nonostante le prime frizioni, Alfano e i suoi non intendono fermarsi. «Noi Il progetto L’idea di fondo è congelare la norma per i neo assunti almeno per i prossimi tre anni non vogliamo dibattiti ideologici. Ma riforme strutturali quelle sì, le vogliamo», mette a verbale Gaetano Quagliariello. Secondo il coordinatore nazionale del Ncd, «il problema è di sostanza. Servono riduzione della spesa, semplificazione e interventi sul mercato del lavoro». E su quest’ultimo fronte, insiste l’ex ministro delle Riforme, «le politiche basate sull’offerta si sono rivelate un autentico fallimento. Dobbiamo ripartire dalla domanda. E questo vuol dire intervenire subito». Anche sull’articolo 18. Sul punto il partito di Alfano è compatto. «Dobbiamo sperimentare la liberazione del vincolo dell’articolo 18», ribadisce Maurizio Sacconi. Perché «le imprese non assumono anche per l’articolo 18», insiste Fabrizio Cicchitto. Anche gli alfaniani indiziati di voler collaborare con Silvio Berlusconi alla riunificazione del centrodestra stanno sulle barricate. «Il superamento dell’articolo 18 va praticato subito. Dobbiamo invertire la rotta anche perché quella seguita finora non ha portato a nulla di buono», sottolinea Nunzia De Girolamo. E qualcuno, come Barbara Saltamartini, arriva quasi a ventilare che - se Renzi ignorasse il dossier - potrebbero esserci delle conseguenze sulla tenuta della maggioranza. «Il premier deve avere coraggio e dimostrarsi innovatore anche su questo punto. Se non lo facesse, vorrebbe dire che ha fallito». T. Lab. 23 marzo 2002 Roma, più di un milione di persone al Circo Massimo contro le modifiche all’articolo 18 Il licenziamento nella norma del ‘70 L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, varato nel 1970, definisce illegittimo il licenziamento di un lavoratore effettuato senza giustificato motivo e stabilisce il reintegro del dipendente L’esecutivo Berlusconi Il corteo della Cgil e il tentativo del 2001 nel marzo 2002 Nel 2001 il governo Berlusconi, in accordo con Confindustria, propone una modifica dell’articolo, rendendolo non applicabile per i nuovi assunti e lasciandolo invece inalterato per gli altri Tutti i sindacati protestano contro l’iniziativa del governo. Il 23 marzo 2002 la Cgil da sola sfila a Roma con il segretario Cofferati per una manifestazione considerata tra le più grandi del dopoguerra © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista Il capo dei deputati di Forza Italia: disponibili a votare misure davvero efficaci, a partire da liberalizzazioni e privatizzazioni «L’Italia rischia, pronti alla coesione nazionale» Eurodeputato loda Hitler Lo Ukip Brunetta: davanti a un dramma lo difende noi non faremmo come la sinistra L’eurodeputato Bill Etheridge, dell’Ukip, offre Hitler come modello: era un personaggio «magnetico e convincente, ottenne molto». Ma il partito di Nigel Farage lo giustifica: «Parlava di stile». Secondo il Mail on Sunday Etheridge ha detto che Hitler prima dei suoi discorsi «camminava avanti e indietro. C’era silenzio. Aspettava qualche minuto, tutti pendevano dalle sue labbra». Un portavoce dell’Ukip, in Europa alleato con il M5S, ha spiegato che quello era «un discorso su come parlare in pubblico» in cui Etheridge ha citato «grandi oratori del passato come Churchill, Blair, Martin Luther King e Hitler. L’invito era a studiare lo stile, non i contenuti dei discorsi». © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA — «Ha presente il rischio di tornare ai livelli di spread del 2011 con livelli di disoccupazione mai visti? Ha presente quello che attende Renzi e la sua maggioranza in autunno, no? ». Facciamo un elenco. «Riforma della Costituzione alla Camera e Italicum al Senato. E soprattutto i provvedimenti per salvare l’economia che rischiano di essere esplosivi. Votazione delle variazioni al Def (Documento di economia e finanza, ndr), ai conti, la legge di Stabilità, il Jobs act... Secondo lei, ce la può fare Renzi a fare tutto da solo?». Se non ce la facesse, Forza Italia sarebbe pronta a collaborare col governo anche sull’economia? «Noi non siamo come la sinistra. Non siamo mai stati per il “tanto peggio tanto meglio”. Di fronte a un dramma nazionale cercheremmo la coesione politica. Per cui, se ci fossero provvedimenti davvero utili per il Paese sì, li voteremmo». A dispetto della sua fama di capofila dei neo-falchi, Renato Brunetta tende la mano al governo. Il suo Mattinale, house organ del gruppo azzurro alla Camera, ha lanciato un’agenda Berlusconi per salvare il Paese. E lui in questa intervista chiude il cerchio. Brunetta, sia sincero, pensa davvero che l’Italia rischi una crisi tipo quella del 2011? «Nell’estate del 2011 c’era una maggioranza che, nonostante le turbolenze derivanti da alcune defezioni tipo quella di Fini, governava. Infatti, prima delle lettera della Bce di agosto, aveva varato delle manovre importanti già a luglio. A differenza di oggi, poi, il tasso di crescita del Pil era positivo, non negativo. Eppure, con tutti i meccanismi che abbiamo poi ricostruito, la speculazione internazionale si abbattè sull’Italia». Davvero lei pensa che oggi... «Oggi, con la crisi politico-istituzionale che stiamo vivendo in Italia e col fatto che siamo fanalino di coda dell’Europa, rischiamo di nuovo di finire in emergenza. Anche perché Renzi non solo ha perso sei mesi di tempo. Ma anche perché la manovra degli 80 euro, che era finalizzata a vincere le elezioni e che è stata finanziata in deficit, ha dato ai nostri conti la mazzata finale». Che cosa suggerisce al governo? «C’è un’agenda già scritta. Iniziamo dal lavoro, dove serve più flessibilità in entrata e in uscita...». E sull’articolo 18? «Una moratoria. Per capirci, la sospensione di tre anni per tutti i neo-assunti». Gli 80 euro L’ispirazione Quella manovra finanziata in deficit ha dato ai nostri conti la mazzata finale In autunno serviranno provvedimenti per l’economia esplosivi. Renzi ce la farà da solo? © 2014 RCS MEDIAGROUP S.P.A. 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Ma questa deve per forza andare di pari passo col taglio della spesa e l’aggressione al debito pubblico. Ma dev’essere un taglio serio, coerente, che parta da una spending review che non sia fondata sulle chiacchiere». Che cos’ha in mente? «Liberalizzazioni e privatizzazioni. Dobbiamo capire quello di cui ci si può privare e venderlo. A cominciare dalle pubblic utilities». Sta dicendo che se alle Camere a Renzi venissero a mancare i voti di una parte dei suoi, voi lo sosterreste? «Le cose di cui le sto parlando sono contenute nel programma del Pdl e del centrodestra quasi vincenti alle elezioni del 2013. Si chiama agenda AlfanoBrunetta. Dalle dismissioni alle liberalizzazioni, dalla riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese alle privatizzazioni. Se Renzi dimostrasse coraggio, lo sosterremmo». E se Renzi decidesse di non seguire quella strada? «Allora vorrebbe dire che il governo italiano avrà imboccato una direzione opposta a quella della Bce e dell’Europa. Le parole di Mario Draghi e la posizione della Commissione europea vanno nella direzione di quello che le ho detto finora». Voi siete pronti, insomma. Ex ministro Renato Brunetta, 64 anni, capogruppo di Forza Italia alla Camera, è stato ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione dal 2008 al 2011 «Noi non siamo come la sinistra. Nel 2011 Berlusconi si fece da parte e sostenne Monti. Nel 2013, pur pagando un costo elettorale, ha sostenuto le larghe intese e s’è messo a collaborare sulle riforme. Oggi è lo stesso. Di fronte a un allarme nazionale, Forza Italia cercherebbe la coesione. Ci sono momenti in cui l’interesse di parte va messo da parte». Tommaso Labate © RIPRODUZIONE RISERVATA EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago - Via R. 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Viaggio nel tempo” € 8,30; con “Tiziano Terzani” € 10,30; con “English Express” € 12,39; con “Biblioteca della Montagna” € 10,30 12 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 Esteri Elezioni Ha votato il 76% degli aventi diritto, trionfo con il 52% delle preferenze. Davutoglu e Yldirim favoriti per la guida del governo In Turchia un plebiscito per Erdogan Vince al primo turno. Via alla repubblica presidenziale, sarà lui a scegliere il premier Il Paese DALLA NOSTRA INVIATA Mappa del voto Ankara TURCHIA SIRIA IRAQ Recep Tayyip Erdogan Ekmeleddin Ihsanoglu Selahattin Demirtas Popolazione musulmani 99% 81 milioni altre confessioni 1% Turchi Curdi 70% 25% Altre minoranze 5% Istruzione Diploma di scuola media superiore 32% Prodotto interno lordo 2013 612 miliardi di euro Disoccupazione totale 9% Disoccupazione giovanile 17,5% CORRIERE DELLA SERA ISTANBUL — Maggioranza assoluta, niente ballottaggio. In meno di una giornata tre quarti dell’elettorato turco (il 76% di 53 milioni) ha scelto: Erdogan presidente, con il 52% delle preferenze. Il mandato è di cinque anni, ma in cuor suo Recep Tayyip Erdogan, 60 anni, confida di essere ancora lui il capo di Stato nel 2023, quando la Repubblica ne festeggerà cento. Sarà lui l’uomo che, nei libri di storia, sarà impaginato accanto a Mustafa Kemal Atatürk, che della moderna Turchia fu il fondatore. Davanti al ritratto del padre della patria, una celebre foto in cui Atatürk osserva ispirato il cielo alla sua destra, l’ormai ex premier ha votato ieri con la moglie, velata, al seggio 3245 della scuola di Üsküdar, quartiere popolare nella parte asiatica di Istanbul. Per caso, o per ironia della sorte, era un seggio tutto femminile (ad eccezione del presidente), e rappresentativo dell’equilibrio dei costumi muliebri turchi: tre scrutatrici con velo, tre senza, una sola a braccia scoperte nonostante l’afa. In cinque minuti, attorno alle 14 e 30, la pratica era sbrigata ma, circondato dal suo staff, Erdogan si è fermato a osservare attentamente le operazioni di voto, non senza qualche probabile imbarazzo dei due o tre elettori che, con la scheda in mano, sono sfilati sotto i suoi occhi fino all’urna e alla firma del registro. Poi il corteo di una ventina di automobili si è rimesso in moto, tra gli applausi di una piccola folla di sostenitori. Avrà molti difetti, ma Erdogan sembra avere il polso del paese da cui si è fatto eleggere. Lo conosce meglio dei suoi sfidanti, che hanno comunque riscosso un risultato superiore alle aspettative: con il 38% dei voti Ekme- leddin Ihsanoglu, il professore 70enne che vorrebbe conciliare Islam e democrazia, ha vinto nelle zone costiere occidentali del paese. Mentre, avvicinandosi al 10% dei consensi, Selahettin Demirtas raddoppia abbondantemente il suo risultato alle amministrative di marzo, ma limita la sua area di influenza alle regioni ad alta densità curda, Presidente Recep Tayyip Erdogan (foto Reuters), 60 anni. «Il popolo ha manifestato la sua volontà», ha dichiarato appena appresi i risultati delle elezioni di ieri nell’est. Istanbul e la capitale stanno con Erdogan, assieme a tutta la zona centrale del paese, e scommettono sulla svolta presidenzialista, senza precedenti nella storia della repubblica. L’investitura popolare conferisce a Erdogan la forza necessaria per diventare il capo di stato e di governo che sogna da tempo. Se vorrà usarla fino in fondo, sarà chiaro entro poco tempo. Quando — da presidente eletto a suffragio diretto — designerà, altra novità assoluta, il suo stesso successore alla guida del consiglio dei ministri. Può scegliere tra i suoi fedeli: per esempio, il ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, poliglotta comunicativo, o quello dei Trasporti, Binali Yldirim, gradito al mondo degli affari, o l’attuale presidente del parlamento. Oppure può cercare di minimizzare la sua determinazione a reggere da solo il timone, scegliendo un premier più «indipendente». O addirittura spiazzare tutti, designando Abdullah Gül, il presidente uscente che, nel 2002, gli cedette la poltrona di primo ministro. Ma l’amicizia tra i due è finita da un pezzo e sembra che Gül si stia avviando all’uscita di scena, anche se c’è chi giura che fonderà un nuovo partito. Idea non banale, visto che le elezioni politiche potrebbero essere, a questo punto, anticipate dalla primavera del 2015 al prossimo autunno. L’opinionista «Ma per noi donne sarà un passo indietro» DALLA NOSTRA INVIATA ISTANBUL — Un’Erdogan Republic? Sarebbe meglio di no, grazie. Belgin Alkatan, che dalle colonne del quotidiano Hürriyet fustiga il maschilismo a tutti i livelli della società turca, è tutto sommato ottimista. Se l’è appena presa, nella sua rubrica, con un giudice che ha condannato una divorzianda tradita e malmenata a risarcire con 7 mila lire turche (circa 2.500 euro) il marito, insoddisfatto dalle sue doti di casalinga: «Meglio andarsene subito in Scandinavia» conclude amara la columnist. Donne che ridono a crepapelle, a dispetto dei richiami del vice premier, Elisabetta Rosaspina © RIPRODUZIONE RISERVATA Donne in piazza a Istanbul Il commento LA SEDUZIONE DEL SULTANO CHE SI ISPIRA A PUTIN (NON A HOLLANDE) di ANTONIO FERRARI È Recep Tayyip Erdogan il primo sultano repubblicano del terzo millennio. Ha vinto, anzi ha stravinto, diventando il primo presidente della Repubblica di una «nuova Turchia», come lui stesso l’ha definita, cullandosi sulla straordinaria valanga di consensi che gli hanno permesso l’elezione al primo turno. Se la nomina fosse state votata dal Parlamento, come nel passato, qualche sorpresa sarebbe stata teoricamente possibile. Affidandosi al popolo, l’uomo che da oltre un decennio, nel bene e nel male, guida il Paese, sapeva di non correre rischi. Anche la geografia del voto è un segnale inequivocabile. Conquistare sia Istanbul sia Ankara vuol dire che, per convinzione o per stanchezza, anche molti avversari laici si sono piegati all’ineluttabilità della volontà della maggioranza. Erdogan ha vinto grazie alle regole che in una democrazia vanno rispettate. Dovranno essere sempre rispettate anche dall’uomo che entrerà nel palazzo di Çankaya, come ultimo successore del grande Mustafa Kemal Atatürk. Un leader in- discusso, Erdogan, che però da oltre un anno ha compiuto atti e abusi inaccettabili in una democrazia compiuta. Dalla brutale repressione contro i rivoltosi per il parco di Gezi, alla corruzione, al nepotismo, alle ombre sinistre che hanno accompagnato l’allontanamento e il trasferimento di magistrati, poliziotti e investigatori scomodi, ai di- Legittimato E’ stato consacrato dal voto. E nonostante gli atteggiamenti autoritari, avrà un ruolo chiave nelle crisi internazionali sastrosi errori in politica estera, alle misure ridicole sul «corretto comportamento» delle donne nella vita pubblica e privata. Una serie di «incidenti» che hanno spinto numerosi osservatori a disegnare un inquietante scenario. Come ha scritto Le Monde, Erdogan «vuole imporre un regime autoritario». Ci si chiedeva se un condottiero così arrogante e divisivo avrebbe potuto rappresentare autorevolmente il Paese lungo la strada che porterà, anzi sta già portando ad una repubblica presidenziale, che nelle intenzioni del neoeletto somiglierà assai più a quella di Putin che a quella di Hollande. La verità è che la maggioranza dei turchi è sedotta da Erdogan, si specchia in lui, Negoziati al Cairo Gaza, tra Israele e Hamas nuova tregua di 72 ore IL CAIRO — Israeliani e palestinesi hanno accettato ieri la proposta egiziana di una nuova tregua di 72 ore a Gaza. Il cessate il fuoco è entrato in vigore alla mezzanotte locale (le 23 in Italia). Riprenderanno dunque oggi al Cairo con la mediazione dell’Egitto le trattative indirette fra Israele e Hamas al fine di arrivare a una tregua più duratura. Ma la strada appare in salita. Hamas ha fatto sapere che tutte le fazioni palestinesi non hanno rinunciato alle richieste già avanzate, a partire dalla revoca del blocco di Gaza. Ma la richiesta difficilmente potrà essere accettata dal governo israeliano nei termini proposti di palestinesi (nella foto La Presse, un bambino davanti alle macerie della moschea al Qassam a Gaza). si fida e si affida a lui. Per adesso lo seguirebbe persino se la Turchia dovesse pagare un prezzo molto alto, come il definitivo tramonto del processo di annessione all’Unione europea. Processo che si è ormai arenato sulle secche di antiche e nuove diffidenze incrociate. E’ persino possibile che il nuovo capo dello stato decida autonomamente di allontanarsi ancor più dal binario europeo, per esempio affidando il governo a un fedelissimo, come il ministro degli esteri Ahmet Davutoglou, capofila delle scelta «neottomana», che guarda soprattutto al mondo musulmano. L’Unione europea, ma soprattutto gli Stati Uniti, che da sempre hanno rapporti strettissimi con Ankara, sia nelle relazioni bilaterali che nella Nato, non hanno certamente gradito gli atteggiamenti autoritari e poco rispettosi dei diritti umani dell’alleato Erdogan. Tuttavia, in questa fase di gravissime turbolenze regionali, Ankara può avere un ruolo importante, nonostante gli errori commessi. Anche su questo Erdogan punta per ottenere una più solida legittimazione internazionale. © RIPRODUZIONE RISERVATA giornaliste che non stanno «al loro posto» come vorrebbe il nuovo presidente: qualcosa sta cambiando? «Oh, sì, qualcosa stava cambiando nella società turca, da 90 anni. Finché questo governo non è andato al potere e ha cominciato a riportare le cose indietro. La novità non è il cambiamento ma il tentativo di fermarlo. Come l’acqua, anche il mondo e la società turca, seguono il loro corso. Si cambierà, sì, speriamo in meglio». Una Repubblica presidenziale frenerà le ambizioni femminili? «Una Repubblica presidenziale no, ma una “Repubblica Erdogan” sicuramente sì. Anche se solo temporaneamente. Ci rimetteremo in piedi. Erdogan non sarà lì per sempre». S’immagina un futuro presidente donna? «Certamente! Ci sarà un giorno una donna al palazzo di Çankaya. Abbiamo donne in politica e abbiamo già avuto donne ministro, anche se non eccellenti. La strada per le posizioni ai vertici è aperta alle donne in Turchia. È soltanto questione di tempo». E. Ro. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Esteri 13 italia: 52495258535051 Germania Sigmar Gabriel, il «Cancelliere d’estate», continua a bloccare l’uscita del volume Il libro fantasma del vice Merkel «L’inferno con un padre nazista» Il leader dell’Spd e il mistero di un’ingombrante autobiografia DAL NOSTRO INVIATO BERLINO — Gabriel padre era un nazista convinto. «Sosteneva che l’Olocausto è un’invenzione – racconta Gabriel figlio -, passava il tempo libero a studiare il negazionismo. Mia madre se ne vergognava e me l’ha sempre tenuto nascosto: ho scoperto le sue idee solo da adulto». Gabriel padre alzava la voce, più spesso le mani. «Quando i miei divorziarono — dice Gabriel figlio — lui si risposò e io fui costretto a conviverci sette anni. Era severo: se non chiamavo “mamma” la sua seconda moglie, mi tratteneva mezzo marco dalla paghetta». Gabriel padre è morto due anni fa e Gabriel figlio, che oggi ne ha 54 e dopo una vita a sinistra è diventato il vicecancelliere Sigmar Gabriel, ministro dell’Economia e leader dei socialdemocratici, ora Gabriel figlio ha provato a uccidere una volta per tutte l’ingombrante papà con un’autobiografia: «Due vite e mezza», lunga intervista a Bernd Ulrich. Libro fantasma. Pronto lo scorso febbraio, doveva uscire in aprile. Rinviato a questo agosto, l’editore Kipenheuer & Witsch comunica che bisognerà aspettare dicembre. Motivo? No comment. «Forse è diventata una biografia inopportuna», ipotizza il settimanale Der Spiegel. Perché dallo scorso dicembre Gabriel è il vice di Angela Merkel. E in questi giorni di vacanze le fa da attivissimo supplente. E quel ritratto di famiglia in un inferno, ora, un po’imbarazza: se già le colpe dei padri ricadono sui figli, c’è bisogno di raccontarle in giro? Il segreto di Sigmar Gabriel in realtà non è un segreto. L’aveva confidato lui stesso, un anno e mezzo fa. «Mio papà Walter se n’è andato – spiegò a un giornale - e io voglio liberarmi del passato». Sperava che un articolo bastasse. Invece no: «Non riesco a togliermi questa rabbia che sconfina nella tristezza». Meglio un libro-confessione: per ripercorrere un’infanzia com- Ragazzo ucciso dalla polizia La rabbia dei neri in Missouri NEW YORK — Per la polizia Michael Brown ha aggredito il poliziotto che l’ha ucciso spingendolo dentro l’auto con la quale stava pattugliando Ferguson, un sobborgo nero di St. Louis, in Missouri. Secondo diversi testimoni, invece, è stato il poliziotto a prendersela senza motivo col ragazzo che passava di lì, sparandogli appena questo ha tentato una blanda reazione. Nemmeno il capo della polizia di St. Louis che ha cercato di difendere il suo agente (comunque sospeso dal servizio), è stato in grado di spiegare perché contro il ragazzo, disarmato, siano stati sparati diversi colpi. Quello che è certo è che questo ragazzo di 18 anni che aveva appena finito il liceo, non potrà presentarsi al college dove proprio oggi avrebbe dovuto iniziare il suo percorso universitario: un’altra vita di un ragazzo nero spezzata senza motivo. Come Trayvon Martin, il ragazzo di 17 parola al papà: l’ha rifatto nel 2005, solo perché da destra l’accusavano d’aver abbandonato il genitore malato. Più che a seppellire il padre, il libro in magazzino è riuscito soprattutto ad azzoppare il figlio. «Ci sono capitoli che Gabriel non ha gradito», dice Der Spiegel. Il «cancelliere d’estate», nonostante la carica puramente onorifica, sta vivendo giorni di grande esposizione sui media tedeschi. A caccia di consensi per la sinistra, approfitta di queste settimane per inaugurare parchi eolici sul Baltico e visitare i Land più poveri dell’Est. Pacifista dichiarato, ha cancellato una fornitura militare Figlio «Se non chiamavo mamma la sua seconda moglie, mi decurtava la paghetta» Il caso Disarmato, 18 anni, andava a casa della nonna DAL NOSTRO INVIATO Diritti anni ucciso due anni fa a Miami da un altro giovane, membro di un gruppo di autoproclamati guardiani del quartiere. Come allora, anche a St. Louis la vicenda sta provocando la dura protesta della comunità afroamericana e delle organizzazioni dei diritti civili. Mentre in caserma il capo della polizia Jon Belmar cercava di spiegare alla stampa il comportamento del suo agente, fuori centinaia di persone manifestavano urlando «smettete di spararci addosso» Manifestanti La polizia di Ferguson, nello Stato del Missouri, fa barriera davanti a un gruppo di manifestanti intenzionati a raggiungere il luogo dove è morto il diciottenne Michael Brown per mano di un poliziotto e agitando cartelli con su scritto «Niente pace senza giustizia», «Basta col terrorismo della polizia» e anche un più allarmante «Uccidere la polizia». Nella notte c’è voluto un cordone di poliziotti, soprattutto neri, coi cani lupo al guinzaglio, per tenere testa alla folla furibonda. Mentre la polizia locale si trincera dietro la riservatezza delle indagini, il governo federale è deciso a vederci chiaro. Ci sarà un’inchiesta parallela della polizia federale, l’Fbi, e il ministro della Giustizia Eric Holder ha mobilitato i magistrati del dipartimento diritti civili. La vicenda di St. Louis avrà ripercussioni anche a New York dove da giorni la comunità nera è in fermento per la morte di un altro nero disarmato a causa di un intervento troppo brutale della polizia. Eric Garner, che stava vendendo sigarette di contrabbando e che forse ha cercato di sottrarsi a un controllo, è stato bloccato dalla polizia che gli ha stretto un braccio attorno al collo, una tecnica proibita. L’uomo, un obeso, è morto per mancanza d’ossigeno. Un passante ha ripreso e messo in rete la scena nella quale si vedono i poliziotti che non mollano la presa nonostante a Garner manchi chiaramente l’aria. De Blasio è fra due fuochi: i poliziotti che accusano il sindaco di non averli difesi e i suoi elettori afroamericani furibondi. Ancora ieri cercava di far rientrare la protesta che il 23 agosto dovrebbe paralizzare il ponte Giovanni da Verrazzano, il più grande di New York. Adesso sarà più difficile. M.Ga. © RIPRODUZIONE RISERVATA plicata («praticamente fui rapito e portato altrove») e la condanna a sentire la madre solo al telefono, l’adolescenza in solitudine, l’impegno a sinistra («una reazione a ciò che era lui? Non so»), la laurea, la carriera d’insegnante, l’ascesa politica: presidente della Bassa Sassonia, ministro, leader Spd. Per vent’anni, Sigmar non ha più rivolto Infanzia nera Sigmar Gabriel, 54 anni, presidente dei socialdemocratici tedeschi. In «Una vita e mezza», mai uscito, racconta l’infanzia con un padre nazista a Putin, spronando francesi e inglesi a fare altrettanto. Amato da Hollande, che «da rosso a rosso» trova più affinità con lui che con la Merkel, accoglie l’invito dell’Eliseo a una maggiore flessibilità sul budget europeo. Amico dell’ex cancelliere Schröder — «veniamo entrambi da famiglie umili» — nei sondaggi di gradimento Gabriel ha raggiunto il 25%: andasse d’accordo con la Linke più radicale, ci sarebbero i numeri per una coalizione tutta sua e tutta di sinistra. Un sogno da realizzare chissà quando: in ogni caso, dopo avere scacciato gl’incubi del passato. Francesco Battistini © RIPRODUZIONE RISERVATA E Obama inaugura i Giochi Gay CLEVELAND — Nello stupore generale dei partecipanti il presidente Barack Obama, con un video a sorpresa, ha dato il via ai Giochi Gay, la competizione internazionale iniziata sabato sera a Cleveland, in Ohio. Nel video mostrato alla cerimonia d’apertura, Obama ha dato il benvenuto agli atleti, agli allenatori, alle famiglie e agli spettatori provenienti da ogni parte del mondo. Il presidente ha affermato che gli Stati Uniti hanno fatto molta strada nel loro impegno per la parità dei diritti per lesbiche, gay, bisessuali e transgender e ha anche notato come molti degli atleti in gara a Cleveland provengano da Paesi nei quali rendere pubblico il proprio orientamento sessuale può voler dire mettere a rischio la propria vita e quella dei propri famigliari. Obama, poi, rivolto alla folla, ha detto « gli Stati Uniti sono al vostro fianco e lavorano per i diritti umani, anche i vostri». Sono circa 8mila le persone che parteciperanno alla nona edizione dei Giochi Gay a Cleveland che termineranno il 16 agosto. © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 italia: 52495258535051 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Esteri 15 italia: 52495258535051 Il festival Migliaia di giovani si sono dati appuntamento nella città di Medellín per ascoltare poeti di settanta Paesi che si esprimono nelle loro lingue d’origine a rischio estinzione: una lezione di pace Uomini e giganti di DACIA MARAINI bambini promettendo soldi e autorità in cambio di una totale dedizione alle bande. Solo pochi riescono a starne fuori e hanno un gran coraggio. Il flagello è la droga. Troppi ci guadagnano, troppi ci vivono, a troppi fa comodo che il commercio continui. Il Paese si regge sulla produzione e l’esportazione di foglie e fiori di papavero da cui si estraggono l’oppio, la morfina e l’eroina». «E se si legalizzasse questo commercio di morte?» chiedo, consapevole della mia ingenuità. Il luogo comune vuole che legalizzando la droga, si porterebbe la gente ad assumerne di più. Ma la storia ci insegna che non è così. La macchina sale su per stradine tortuose e asfaltate da poco. Negozietti, galline, scoli, buche, gradinate, moto che corrono veloci, grovigli di fili appesi malamente a pali di cemento. Gli autobus devono fermarsi e mettersi da un lato per fare passare un camion che sale. Un ragazzo coperto di bottiglie vuote tutte legate fra di loro, appare come uno strano drago ambulante iridescente. Una donna curva si trascina col bastone. Una bambina cammina a piedi scalzi. Mosche e tafani. Eppure, nonostante la povertà, gli scoli all’aperto e i tetti di amianto, il barrio appare pulito e le casupole appollaiate l’una sull’altra, le cui porte rimangono sempre aperte perché danno su stanze senza finestre, rivelano all’occhio curioso ambienti ben spazzati, forniti di un divano, una tenda, una grossa televisione, dei quadri con l’immagine della Madonna e di Gesù martirizzato. Ma come è potuto accadere che la Colombia, conosciuta come uno dei luoghi più pericolosi, corrotti e anarchici del mondo, si stia trasformando, anche se con evidente fatica e molti ripensamenti e passi indietro, in un Paese responsabile e in parte, se non del tutto, attento alle leggi? La risposta sembra stia nei patti e nelle alleanze fra forze avverse, in una idea comune di pace. Non c’è alternativa. I preparativi per i «Giganti floreali» della grande Fiera dei fiori di Medellín: nella città colombiana si è svolto a luglio il 24esimo Festival internazionale di poesia diretto da Fernando Rendón (foto Epa/Luis Eduardo Noriega) C osa spinge cinquemila giovani a fare la coda per entrare in un anfiteatro ai margini della città di Medellín per ascoltare, seduti sulla dura pietra, i poeti di vari Paesi che leggono le loro composizioni? Che la poesia sia sempre più apprezzata quando viene letta a voce alta è noto, ma che siano in tanti ad accorrere, soprattutto giovani e giovanissimi, quasi fosse un incontro di musica rock, rimane un mistero. Provo a chiedere ai poeti che sono qui per il festival, a cosa attribuiscano questa popolarità davvero immensa della poesia, in una città sepolta in mezzo alle foreste colombiane, sopra montagne alte quasi tremila metri. C’è chi mi parla di una antica tradizione di popoli contadini montanari che davano alla parola detta a voce alta un significato magico e potente, molto vicina alla parola religiosa; c’è chi invece attribuisce questo amore a un popolo che esce da una esperienza di violenza e si affida alla parola poetica come la sola capace di contrastare le armi e gli orrori della guerra civile; c’è ancora chi ci vede il bisogno collettivo di un sogno di pace; e chi lo interpreta come una dichiarata aspirazione a capire e conoscere il mondo per coloro che non hanno soldi per viaggiare e si incantano ad ascoltare l’indiano, il cinese, ma anche il francese e l’italiano, poeti di oltreoceano venuti qui a raccontare in versi il loro malessere e le loro felicità. Il direttore del festival, Fernando Rendón, è un uomo dichiaratamente di sinistra, cosa che qualche anno fa lo avrebbe messo in pericolo di vita. Grande organizzatore, instancabile lavoratore, è sempre pieno di progetti grandiosi: «Voglio creare una rete internazionale di poeti che si propongano di cambiare il mondo con la poesia. Abbiamo già cominciato. Ogni anno i nostri seguaci crescono. Siamo passati negli ultimi due anni da 1.800 a 103 mila aderenti sparsi per la Rete. Il pubblico in questi festival è protagonista. Noi abbiamo avuto l’enorme pretesa di educarlo alla poesia, ma sono loro alla fine che stanno educando noi. Molti di questi poeti vengono da Paesi in guerra. Superano enormi difficoltà per ottenere i permessi, viaggiano a zig zag tra i vari Stati, pur di raggiungerci. Ma l’idea di una grande trasformazione delle coscienze basata sulla poesia, attira molto i giovani e noi ci crediamo». «E cosa chiedete ai poeti: di parlare di politica, di sporcarsi le mani, come diceva Sartre, di impegnarsi?». «No per niente. Ai poeti noi chiediamo di parlare di quello che vogliono, ma usando le loro lingue di origine, diamo molta importanza alle lingue che sono state ferite e praticamente uccise dai dominatori del mondo. La cosa straordinaria è che i poeti, anche quando parlano d’amore, e moltissimi nostri poeti parlano solo d’amore, propongono una visione del mondo nuova, invitano a una riflessione sul linguaggio, che risulta alla fine molto più emozionante ed educativa di una lezione di antropologia o di storia». Quindi l’educazione alla convivenza pacifica comincia con l’educazione del linguaggio? Si direbbe proprio di sì. «La sparizione delle lingue non è un fatto naturale, ma un lento sterminio», dice con serena decisione la professoressa Neila Pardo. «Ma gli scrittori — le chiedo —, quando vogliono farsi leggere, come possono usare una lingua antica, che solo pochi praticano?». «Si tratta di coltivare le diversità, senza rinnegare le lingue forti che ci aiutano a comunicare col mondo. Ma guai se perdiamo i rapporti con le nostre lingue di origine!». «Sarebbe come se noi europei decidessimo di tornare a scrivere in latino?» chiedo provocatoriamente. «Il latino era già una lingua dominante. Semmai in osco, in etrusco, in umbro». Cambiare il mondo In effetti molti dei poeti invitati ci raccontano il loro mondo con lingue sconosciute ai più, come Joy Harjo, una bella donna dai lunghi capelli neri e una mano tatuata con disegni antichi, che vive negli Stati Uniti ma canta e scrive sia in inglese che in lingua Muskogee, o come il peruviano Odi Gonzales che scrive sia in spagnolo che in lingua Quechua. «Ma la poesia può cambiare il mondo?» si chiedono i poeti, un poco spaventati da un tale incarico. Un poco increduli, ma anche lusingati dall’attenzione quasi adorante di migliaia di giovani che si affollano per sentire le loro liriche. «Se il poeta deve assumersi tutto il dolore del mondo/», recita Liliana Ancalao, argentina della popolazione Mapuche, «se il poeta deve assumersi l’esilio e il regno della guerra/ sa che deve morire lontano dalla sua idea apollinea/, dal suo numero aureo/, dalla sua mistica geometrica/». Una polemica contro la poesia classica? Contro il pensiero eurocentrico? «Io scrivo su una pagina di fumo/» incalza Amin Khan, algerino, «Fra la strada piana e l’orizzonte consumato/ c’è poco spazio/ per il sentimento e la gioia/ io scrivo il canto/ dell’orda disperata». «Quale peso, quale responsabilità dovrebbe assu- LA POESIA CI SALVERÀ VIAGGIO IN COLOMBIA TRA LE LINGUE FERITE mersi il poeta?» chiedo a Fredy Chikangana, poeta colombiano della nazione Yanacona. Mi risponde che la assoluta gratuità della poesia, che non ha alcun fine, salvo la gioia di esistere, è ciò che la rende libera come nessun’altra attività al mondo. «Gli uccelli, i pesci hanno un loro linguaggio, bisogna capire questo per rendersi conto della forza naturale della parola poetica». Al più antico e popolare festival dell’America Latina sono presenti una settantina di poeti che vengono da tutto il mondo: Africa, India, Laos, Messico, Cile, Guatemala, Stati Uniti, Turchia. Alcuni sono riflessivi, seri, sobri. Altri sono esplosivi e recitano con tutto il corpo, come fa la straordinaria Gcina Mhlophe, poetessa sudafricana, di origine Zulu, che con i suoi poemi (in inglese) entusiasma le platee. Pochissimi gli europei. Quest’anno si è instaurato un particolare dialogo con i cinesi, che sono venuti numerosi per raccontare di sé e del mondo. Qualcuno osserva che le loro poesie parlano soprattutto d’amore, di giardini meravigliosi, di conquiste montane, ma mai di politica. A me verrebbe di chiedere loro cosa pensano delle scelte governative nei riguardi del Tibet, ma taccio intimidita dal loro sorriso misterioso e distaccato. Tema di discussione è la Palestina. Proprio in questi giorni i quotidiani e le televisioni raccontano con dovizia di particolari delle bombe israeliane su Gaza mostrando case distrutte, uomini che corrono tenendo in braccio bambini feriti a morte, donne insanguinate che si trascinano per terra. «Ho provato a invitare poeti israeliani e poeti palestinesi, ma gli israeliani hanno detto che se c’è un palestinese, non vengono», mi spiega il direttore. Ma se lo scopo della poesia è raggiungere la pace, non dovrebbero intellettuali israeliani e palestinesi cercare di colloquiare dando un esempio di pace? «Noi siamo per la Palestina, che in questa situazione è quella che soffre di più. Se Israele rinuncia ai territori occupati, la pace si potrà fare, altrimenti non credo che sia possibile». Il poeta Moisés Pascual, di Panama, interloquisce a distanza, dolcemente, con una poesia enigmatica: «Io temo una morte senza amore,/ tu temi di vedere nello specchio rotto la tua faccia fatta a pezzi,/ lui teme di farsi pietra in mezzo all’erba secca,/ noi temia- mo di perdere una casa di cielo azzurrino e terra nera,/ voi temete un temporale di solitudine e i suoi fulmini improvvisi,/ essi temono di perdere i loro eterni schiavi». E al mio sorriso interrogativo, risponde che gli enigmi sono i mattoni con cui i poeti costruiscono le loro case fantastiche. Un Paese in lotta Parlo con un poeta drammaturgo, Jorge Iván Grisales, di Medellín, chiedendogli di questa pacificazione di cui tutti discutono e che a me pare di sentire come una liberazione in questa città famosa per le sue violenze recenti. Mi risponde che la pacificazione in Colombia, con l’elezione del nuovo presidente Juan Manuel Santos, c’è ma è larvale, e riguarda solo le grandi città. «In campagna è ancora un disastro. Sui campi, i paramilitari cacciano i contadini dalle loro terre, per piantare oppio. Se non riescono a cacciarli, li costringono a coltivare marijuana. E chi si oppone, rischia un colpo di fucile, o, come facevano al tempo di Uribe, gli tagliano la testa. Un corpo senza braccia o senza gambe può andare in cielo, può stare fra gli altri morti. Ma un corpo senza testa, dove va? E’ irriconoscibile anche nell’aldilà». Per questo sono così solerti nella decapitazione. «Nessuna scrittura ci esime dal delitto/», recita a voce alta Selnich Vivas, poeta colombiano che insegna all’università di Friburgo, «è seme delle decapitazioni./ Di buon grado o malvolentieri/ la poesia tossisce nella sua cuccia/. Ha la bocca cucita alla narice./ Un rumore ossuto irrigidisce i punti della sutura». Sembra di osservare una di quelle maschere esposte qui al museo di arte precolombiana, una di quelle facce dall’espressione inaccessibile, serenamente buia, che racconta un dolore indicibile. La mia editrice, Lucia Donadío, di origine italiana come dice il suo nome, mi accompagna al Barrio Sierra, uno dei più alti della città, e con la storia più drammatica. Lì faccio la conoscenza di un sacerdote siciliano, Carmelo Pristipino, che ha aperto una scuola per bambini della strada: «Ma è difficilissimo farli studiare, l’ambiente li rende estranei e distratti: faccio uno sforzo immane per fare loro aprire i libri, la cultura del quartiere li cattura, li arruola ancora La forza delle parole Avevo letto prima di partire storie terribili sui decenni passati. Due libri mi hanno colpito particolarmente, per la loro bellezza e sincerità: il libro di Hector Abad Faciolince che racconta un amore fatto di tenerezza, solidarietà, tolleranza e impegno, fra un padre medico che va dritto per la sua strada, incurante delle minacce di chi vuole imporre il suo potere criminale, e un figlio trepidante per le sorti della famiglia, in ammirazione di un padre giovane e attivo che verrà ucciso barbaramente per le sue idee. Un libro scritto con sincerità e intelligenza, che consiglio a chi ha a cuore l’America Latina, pubblicato in italiano da Einaudi col titolo «L’oblio che saremo». Titolo preso da una frase di Borges. L’altro è un piccolo libro di difficile lettura, perché riporta le testimonianze di giovani e meno giovani usciti dal carcere, dopo anni di dura prigionia, sia per delitti di droga, sia perché accusati di terrorismo da un regime che non guardava per il sottile. Il gergo che usano è chiuso e contratto. Il titolo del libro è «No nacimos pa’ Semilla», di Alonso Salazar J. Racconta storie mostruose di ragazzi che crescono in ambienti di guerra continua, vengono costretti a uccidere e poi ne prendono il gusto. Altri impazziscono e si trasformano in perfetti automi, senza paura e senza pietà, nemmeno per se stessi. «Se ci chiedono una parola,/ noi gliela diciamo, perché la parola corre pericolo senza parole», recita il poeta colombiano Selnich Vivas: «Chiunque ci chieda una parola, noi gliela diciamo chiaramente,/ come se questa parola fosse in realtà la parola delle parole;/ la pronunciamo perché vogliamo ritornare alla parola. / Lo facciamo perché non muoiano le parole./ La parola del ritorno è la parola più pericolosa./ E noi torniamo indietro per proclamarla chiaramente./ Sì, la pronunciamo, sì, la pronunciamo la parola, sì/ e ritorniamo a casa/ perché non abbiamo più paura delle parole». Forse è proprio vero, come dice Joséphine Bacon, canadese di discendenza Innu, che la poesia è dotata di una forza misteriosa e armonica che dice qualcosa più di quanto dicano l’economia, e le armi e la politica. Benché ingenua, utopica, a volte anche criptica, parla ai sensi, oltre che all’intelligenza, cosa che spesso dimentichiamo di fare. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le voci Fernando Rendón Una grande trasformazione delle coscienze basata sulla poesia: noi ci crediamo Liliana Ancalao Il poeta deve assumersi tutto il dolore del mondo, l’esilio e il regno della guerra Fredy Chikangana Gli uccelli, i pesci hanno un loro linguaggio: bisogna capire questo per capire la poesia Moisés Pascual Io temo una morte senza amore, voi temete un temporale di solitudine e i suoi fulmini Selnich Vivas Se ci chiedono una parola, gliela diciamo, perché la parola corre pericolo senza parole 16 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 Cronache Fecondazione Dopo le parole del presidente della Corte Tesauro, al dicastero insistono: «Restano troppe cose in sospeso, serve prima una legge» Scontro tra Consulta e governo sull’eterologa «Non c’è vuoto normativo». La replica del ministero: ci dicano come si tutela la salute ROMA — «La Corte costituzionale ci deve spiegare come possiamo risolvere dei problemi fondamentali per la sicurezza senza una legge». È piccata la risposta del ministero della Salute al presidente della Consulta, Giuseppe Tesauro, che ieri, dalle pagine del Messaggero, ricordava gli effetti della sentenza 162 sull’illegittimità del divieto di fecondazione eterologa: «Non c’è un vuoto normativo — rimarcava il presidente Tesauro —. I centri di fecondazione assistita possono praticare già da ora l’eterologa. Quelli autorizzati possono praticare la tecnica purché siano rispettati i paletti posti dalla legge 40». Governo e Parlamento, spiegava Tesauro, possono modificare la legge. Ma la Corte ha stabilito «l’incompatibilità del divieto di eterologa con la Costituzione e che il vuoto normativo è solo relativo al numero di donazioni, da colmare con un aggiornamento delle linee guida o con norma primaria». Posizioni inconciliabili. Uno scontro che si fa ogni giorno più duro, dopo lo stop auspicato dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha rinviato, «su richiesta del premier Matteo Renzi», le linee guida che avrebbero dovuto regolare gli aspetti tecnici della questione, in attesa di un nuovo intervento normativo delle Camere. Lo stesso Cesare Mirabelli, cattolico, presidente emerito della Consulta, fa notare al Corriere: «Una legge dovrà essere fatta. Per stabilire garanzie contro una deriva eugenetica o riguardo al numero massimo di donazioni possibili (ad evitare rapporti tra fratelli e sorelle inconsapevoli). Ma nel frattempo non ci sono sanzioni possibili da invocare contro chi pratica l’eterologa». «I Nas, se davvero verranno inviati nei centri — aggiunge Mirabelli — non potranno che valutare se sono rispettati i limiti imposti dalla Salute Beatrice Lorenzin, 42 anni, è ministro della Salute nel governo Renzi. Ha assunto la guida del dicastero con il precedente esecutivo Letta il 28 aprile 2013 (foto Ansa) legge 40, le modalità e le procedure. Perché di fatto non c’è alcun divieto». Per voce del braccio destro del ministro su questi temi, Assuntina Morresi, il ministero replica: «Senza un registro centrale è impossibile contare le donazioni e controllarle, e lo stesso si può dire per le importazioni dei gameti. Supponiamo che in una coppia di fratelli uno decida di donare gli spermatozoi e l’altro di fare una fecondazione eterologa, nulla impedisce che riceva proprio il seme del congiunto. Non bastano certo delle linee guida. Serve una legge primaria. Con le fughe in avanti si mette a repentaglio la salute dei nati». «Non ci si può rifare solo alla legge 40 che è nata per vietare l’eterologa», aggiunge Lorenzo D’Avack, vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica. Ad esempio, «non è chiaro il numero di figli che possono scaturire Il presidente emerito Mirabelli: «Non ci sono sanzioni possibili da invocare contro chi la pratica» I gemellini contesi L’avvocato: possibile l’incontro tra le due coppie dello scambio di embrioni Un faccia a faccia, in futuro, tra le due coppie dei gemellini contesi? Non è impossibile. «Adesso facciamo calmare le acque, ma con il tempo ci sarà modo di organizzare degli incontri e dialogare». Lo ha detto Michele Ambrosini, l’avvocato della coppia che ha dato alla luce i due bambini — il 3 agosto scorso a L’Aquila — dopo lo scambio di embrioni, commentando la proposta avanzata dai genitori biologici di un incontro a quattro e la richiesta di non essere esclusi dalla vita dei due gemellini. «Mi auguro che il tutto avvenga nel rispetto dei bimbi e il più lontano possibile dalle aule di un tribunale», ha aggiunto il legale. «Le parole che ho letto — ha spiegato Ambrosini all’Ansa — arrivano a poche ore dalla decisione del giudice che ha respinto quella che io definisco una sorta di aggressione giudiziaria». «Ricordiamoci — ha continuato — che era stato chiesto di bloccare l’iscrizione all’anagrafe e di affidare i bambini a un istituto subito dopo la nascita. Richieste che mal si conciliano con il desiderio espresso in queste ore di poter vedere i piccoli ed essere coinvolti in questa fase della vicenda». Intanto la battaglia va avanti anche sul fronte legale nei confronti della struttura sanitaria in cui si è verificato lo scambio di embrioni. «Stiamo riflettendo attentamente — ha proseguito l’avvocato Ambrosini — e valutando tutti gli elementi che possano costituire fattispecie penalmente rilevanti per presentare un esposto in Procura contro l’ospedale e per procedere anche dal punto di vista civile con una richiesta di risarcimento danni». © RIPRODUZIONE RISERVATA dalla donazione». Insomma, conclude D’Avack, «i centri possono partire ma io mi premunirei con un buon avvocato». «Chi sostiene che l’eterologa sia immediatamente praticabile ignora i rischi, per le coppie e per i bambini», avverte Eugenia Roccella (Ncd). Di parere opposto Melania Rizzoli (Fi): «Non bastano le parole del ministro Lorenzin per bloccare l’eterologa: per vietarla servirebbe un decreto che non c’è». Certo è che, dopo il via libera all’eterologa in Toscana del governatore Enrico Rossi, saranno le regioni a decidere se adeguarsi o meno al nuovo divieto del governo. Cosa faranno? Luca Coletto,coordinatore per la Conferenza degli assessori alla Sanità delle Regioni, e assessore in Veneto, è cauto: «Occorrono regole serie per evitare pasticci». Stessa linea in Liguria. «È bene aspettare un quadro nazionale a cui le Regioni si possano omologare a tutela di tutti, medici e pazienti», dice Walter Ferrando, medico chirurgo e presidente della commissione sanità della Regione. E Claudio Montaldo, assessore alla Sanità in Liguria, aggiunge: «Serve uno stanziamento ad hoc per dare gratuità al servizio». Virginia Piccolillo © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Cronache 17 italia: 52495258535051 L’intervista Il governatore della Toscana «Un ticket da 500 euro Così rispettiamo la scelta di chi vuole dei figli» Rossi: il ministro non può dare lo stop 348 ETEROLOGA La fecondazione assistita eterologa si verifica quando il seme o l’ovulo provengono da un soggetto esterno alla coppia. La fecondazione omologa è l’opposto della eterologa: il seme e l’ovulo utilizzati appartengono alla coppia di genitori del nascituro (che avrà lo stesso Dna di mamma e papà) Le strutture Sono i centri di procreazione medicalmente assistita in Italia secondo gli ultimi dati dell’Istituto superiore di sanità. Quelle pubbliche o private convenzionate sono 131, quelle private 217 IL DECRETO La bozza Lorenzin poi bocciata, assicurava la tracciabilità di ovuli e sperma donati (con l’obbligo dell’anonimato) e fissava i limiti d’età per la donazione (18-40 anni per lui, 2035 per lei. Si è arenato sulla mancata possibilità di selezionare le caratteristiche dei gameti 20 Mila Il numero stimato delle coppie italiane che vanno all’estero per poter fare la fecondazione eterologa. Secondo le stime ci sarebbero altre 9 mila coppie italiane, però meno abbienti, che aspettano di poterla fare in Italia. Nel nostro Paese le coppie non fertili sono il 15% 3 22 I centri dove si effettua la procreazione medicalmente assistita in Toscana, l’unica regione — per ora — che ha deciso di procedere con l’eterologa. Dieci centri sono privati, gli altri pubblici o privati convenzionati LA TECNICA Mila Il costo stimato (in euro) per le operazioni di fecondazione eterologa nel nostro Paese. Una spesa ritenuta inferiore alla fecondazione omologa e ai costi che bisogna sostenere all’estero (circa 4 mila nell’Est Europa, 8 mila in Spagna, fino ai 20 mila degli Stati Uniti) PROCREAZIONE ASSISTITA La procreazione medicalmente assistita (Pma) è l’insieme dei trattamenti per la fertilità nei quali i gameti, sia femminili (ovociti) che maschili (spermatozoi), vengono trattati per determinare il processo riproduttivo L‘eterologa è suddivisa sostanzialmente in cinque tappe: 1) il prelievo degli ovuli; 2) l’unione degli ovuli con gli spermatozoi; 3) la fecondazione; 4) dopo due giorni l’embrione è pronto; 5) una volta pronto l’embrione viene trasferito nell’utero 12 Mila I bambini che sono nati in Italia nel 2012 (ultimi dati disponibili forniti dal ministero della Salute) grazie alla procreazione medicalmente assistita. Le gravidanze ottenute, nello stesso anno di riferimento, sono state 15.670 e le coppie trattate pari a 72.543 ROMA — «Il ministro Lorenzin non può dire “fermatevi” sulla fecondazione eterologa. La Corte costituzionale ha stabilito che è vietato vietarla. Se si vuole trasferire tutto sul piano etico lo si faccia: anche se, vien da dire, l’eterologa esiste in natura... Noi ci adegueremo, ma intanto diamo attuazione alla sentenza». Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, non ci pensa proprio al dietrofront. Con la sua delibera ad hoc in Toscana è, e resta possibile, avvalersi della fecondazione eterologa con il contributo pubblico, pagando solo un ticket di 500 euro. E alla minaccia del ministro di inviare i Nas sorride: «Ben vengano. Ci stiamo preparando ad accoglierli». Dunque non obbedirà allo stop? «Non c’è alcuna volontà polemica. Ma qui tutti parlano e nessuno rilegge la sentenza. La Corte le dice chiare e pesanti. E il presidente Tesauro ha confermato questa interpretazione». A cosa si riferisce? «Dice che la scelta dei genitori di avere figli è “espressione fondamentale e generale di libertà e autodeterminazione. Riguarda la sfera intima e intangibile della persona umana e quindi è incoercibile”. E parla anche dell’ingiustizia». Ingiustizia? «Certo, dice che “non vengono trattate nello stesso modo persone affette dalla stessa patologia”. Non dimentichiamolo mai: l’infertilità è una patologia che implica disagio, sofferenza. Ma lo sa quanti sono i viaggi all’estero per l’eterologa?». Ha dati aggiornati? «Secondo la società europea della riproduzione assistita quattromila italiani all’anno ricorrono a centri esteri spendendo dai 2.500-3.000 euro in Ucraina, ai 7-8 mila in Spagna. E sono 9.000 le coppie infertili che vorrebbero un figlio». Lorenzin dice che lo stop servirà a garantire loro la sicurezza. «Ma lei non può dare uno stop. Come ministro starei attento a formulare auspici contrari al dettato della Corte secondo la quale non c’è alcun vuoto normativo. In ogni caso la nostra delibera serve a questo. Sono linee guida che abbiamo fatto proprio per evitare il caos. Speravamo servissero da stimolo». Hanno avuto l’effetto opposto? «Indipendentemente da noi. Il punto è che ora si trasla tutto sul piano etico». Lo sconsiglia? «Sì, perché si andrà alle “calende greche” e si rischia di non risolvere nulla. Ad auspicarlo sono gli stessi che hanno voluto la legge 40, che era così ideologizzata da farci fare una pessima figura: la Corte europea l’ha bocciata due volte e la Consulta altre due. Ormai faccio fatica a spiegare queste cose alla gente. Gli anziani sorridono. Le donne, in genere, si innervosiscono». La sorprende che lo stop venga dal governo Renzi ? «Non lo so. Possono esserci diverse sensibilità». Al premier, suo leader nel Pd, cosa direbbe? «Si faccia una soglia minima di provvedimenti per dare attuazione all’eterologa. E poi, se si vuole affrontare i temi etici, si investa il Parlamento. Anche con i cattolici serve un dialogo forte: non credevo di trovare questa ostilità quando ho deciso che la fertilità dovesse essere accessibile a tutti. Sono L’etica Sbagliato spostare tutto sul piano etico, la legge lo consente e andiamo avanti I Nas? Li aspettiamo temi che non vanno trattati con leggerezza. E non esiste un diritto illimitato. Ma un’opinione non può prevaricare le altre. E le relazioni sono più complicate della genetica». E i rischi di donatori malati o di selezione eugenetica? «Sono casi limite. Errori ci possono essere ovunque. Abbiamo visto il caso dei gemellini frutto di una fecondazione eterologa non voluta. Ma a questo servono le linee guida. Noi abbiamo anche fissato un tetto alle donazioni, non più di 6. E le altre regole le abbiamo scritte, insieme ad esperti e sentendo il ministero della Salute». L’accusano di «federalismo fai da te». «Io sono per lo Stato. Lo Stato dia le regole. E noi saremo i primi ad adeguarci. Intanto però andremo avanti». Virginia Piccolillo © RIPRODUZIONE RISERVATA A Firenze Nella struttura da cui è partita la prima battaglia nel 2009: «Abbiamo ricevuto 100 richieste da mercoledì scorso, a ottobre via ai trattamenti» Il centro che prepara gli interventi: «Passaparola per cercare i donatori» Le sue vacanze in Trentino Alto Adige le ha concluse in tutta fretta, meglio rientrare subito a Firenze: nell’ambulatorio di via Caccini, a due passi dall’ospedale Careggi, la aspettano le coppie desiderose di fare al più presto la fecondazione eterologa. La ginecologa Claudia Livi, 58 anni, è alla guida del Centro di procreazione assistita (privato accreditato) Demetra, tra i più importanti della Toscana e da dove è partita la battaglia che ha portato alla prima sentenza della Corte costituzionale del 2009 contro il divieto di congelamento degli embrioni. Qui l’eterologa della discordia è appena diventata una realtà. «Da mercoledì scorso, giorno in cui è stata pubblicata la delibera della Toscana che ci dà il via libera, siamo uf- ficialmente partiti — dice Livi —. E, in soli quattro giorni, abbiamo già oltre cento coppie in lista di attesa». Colloqui con i pazienti, esami clinici, ricerca di ovociti e di liquido seminale. Almeno la metà delle domande d’aiuto arriva da fuori Toscana e nella quasi totalità si tratta di richieste di ovodonazione. «L’obiettivo è di riuscire a eseguire concretamente i primi trattamenti — spiega Livi — entro l’inizio di ottobre». Sarà il momento in cui verranno messe in sincrono le donatrici di ovociti e le donne in attesa di riceverli. E la stessa tempistica vale per chi ha bisogno di liquido seminale. Fino ad allora ci saranno due percorsi che procederanno in parallelo. «Da una parte saranno svolte tutte le ana- lisi mediche e i test psicologici del caso alle coppie che vogliono sottoporsi all’eterologa — chiarisce la ginecologa —. Dall’altra i medici cercheranno i gameti da utilizzare in tutta sicurezza». Per i pazienti già in cura al Demetra i tempi saranno più rapidi, per gli altri sono già stati fissati appuntamenti uno dopo l’altro nei giorni successivi a Ferragosto. L’eterologa La ginecologa Livi «Siamo ufficialmente partiti. La metà delle domande arriva da altre regioni, quasi tutti chiedono ovodonazione» può essere effettuata solo in presenza di un certificato medico che attesti i problemi di infertilità: dopodiché la coppia dovrà eseguire gli accertamenti previsti dalla delibera della Toscana, che disciplina passo dopo passo le modalità tecnico-sanitarie cui bisogna attenersi. L’aspetto più delicato, però, è la ricerca di ovociti e di liquido seminale. Dal momento che l’eterologa dal 2004 è stata vietata non c’è la banca di gameti. «Ma ci stiamo già organizzando — sottolinea Livi —. Stiamo cercando i potenziali donatori di seme con il passaparola». E anche per il reclutamento di ovociti la strada maestra sarà la donazione volontaria: «Ma risultati in questo senso si potranno ottenere solo sul lungo periodo — ammette il medico —. Le donne che donano devono essere molto motivate, perché devono sottoporsi a stimolazioni ormonali e al prelievo degli ovuli. Ci vuole del tempo, dunque, per sensibilizzare l’opinione pubblica e va data una nuova dignità sociale alla donazione di gameti». Nel frattempo al centro Demetra partiranno con l’egg sharing, ossia la condivisione di ovociti, in cui la donna che si sottopone a un trattamento di procreazione medicalmente assistita (Pma) per se stessa cede Esperta Claudia Livi, 58 anni, ginecologa ed esperta di fecondazione gli ovociti in soprannumero rispetto a quelli che lei utilizzerà. «Identificheremo le potenziali donatrici entro metà settembre, partendo dalle pazienti che si stanno preparando al ciclo di trattamento per loro stesse — osserva Livi —. Siamo fiduciosi». In contemporanea sono cominciati i contatti anche con i centri di Pma esteri, per capire se e come potere attingere al loro materiale biologico. Sulla compatibilità genetica verrà seguito il parere del consulente giuridico della Toscana per la fecondazione eterologa, l’avvocato Gianni Baldini: «Come stabiliscono tutti i protocolli medici internazionali e tutti i Paesi che ammettono la Pma eterologa, è prevista la corrispondenza di razza e di gruppo sanguigno tra donatore e ricevente», scrive il legale, affrontando il tema etico più sensibile, quello del colore della pelle, su cui è saltato il decreto Lorenzin. «E la mappa cromosomica delle donatrici — spiega Livi— sarà eseguita a nostre spese. Non sarà messa a repentaglio la salute di nessuno». Mario Pappagallo [email protected] SImona Ravizza [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA 18 Cronache Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 Grosseto Il gruppo si trovava alle isole Formiche. Un quarto compagno salvato dalla camera iperbarica Insieme Gialunca Trevani (a sinistra) ed Enrico Cioli, due dei tre sub morti ieri nel mare di Grosseto (foto da Facebook) Tre sub morti nel mare della Toscana «Fabio lì sotto batteva il pugno sul petto» Mistero sulle cause. Un testimone: «Esperti, erano in acqua da 20 minuti» «Si è sentito male, per aiutare lui ho perso gli altri» ROMA — Lo aspettavano ieri sera all’ospedale di Castiglione del Lago, Perugia, dove il dottor Fabio Giaimo (foto sotto), 57 anni, primario del reparto di Anestesiologia e Rianimazione, aveva il turno di notte. «Lui era un sub esperto — racconta incredulo il suo amico e collega Francesco Bianchini, ginecologo —. Giusto venerdì notte parlavamo insieme in ospedale di un altro sub morto a Ustica una settimana fa. E Fabio ripeteva l’importanza di rispettare sempre le procedure, controllare le attrezzature e via dicendo. Mi sembra strano, perciò, che un anestesista-rianimatore bravo come lui sia morto d’embolia. Lì sotto alle Formiche dev’essere successo un imprevisto». Gli scogli delle Formiche davanti a Grosseto sono un mare difficile, correnti fortissime e grandi profondità, ma i sub li amano perché sono il paradiso dei nudibranchi e dei pesci di passo, dentici, barracuda e poi ci sono le cernie nascoste nelle tane che vale la pena di andar giù a vedere. Fabio Giaimo faceva parte dello staff del Club Subacqueo Thalassa di Perugia e ieri con la sua Honda (un’altra delle passioni) aveva raggiunto i suoi amici a Talamone per imbarcarsi. Anche Enrico Cioli, 37 anni, e Gianluca Trevani, di 35, facevano parte della brigata del Thalassa, che tutti i mercoledì — dopo le lezioni e i corsi in piscina — si ritrovava nel «covo» della pizzeria Manzoni a Ponte San Giovanni: «Io li conosco tutti quei ragazzi — bisbiglia sconvolto Francesco Milletti, il titolare —. Sono un gruppo unito, affiatato, come una squadra di calcio, non ci posso credere...». Sotto agli scogli delle Formiche è successo che «Fabio ha avuto un malore, credo un infarto — racconta il sub Diego Ferraldeschi che era immerso anche lui —. E lì è successo il putiferio. Perché noi siamo andati a soccorrerlo ma abbiamo perso di vista gli altri. E poi li abbiamo ritrovati morti in superficie...». Erano in 11, sono morti in 3 mentre Marco Barbacci, 35 anni, istruttore del Thalassa, si è ripreso dopo una breve permanenza in una camera iperbarica. All’ospedale di Castiglione del Lago ieri sera hanno tremato quando hanno appreso della strage dei sub: «Perché Giaimo raccontava di portare spesso con lui suo figlio Roberto, di 20 anni», confessa l’amico ginecologo Bianchini. E ora piange anche don Saulo Scarabattoli, della parrocchia di Santo Spirito e presidente dell’Associazione Malawi: «Perché — rivela — Fabio era una colonna della diocesi di Zomba, laggiù in Africa, e lavorava tanto per l’ospedale dei bambini e la scuola di arti e mestieri. A Perugia raccoglieva i fondi e poi, appena poteva, partiva per aiutare altra gente che soffre». Fabrizio Caccia © RIPRODUZIONE RISERVATA PORTO SANTO STEFANO (Grosseto) — Sull’Emery Island, il tredici metri dell’Abc sub Diving club di Talamone, c’è tanta voglia di sorridere alle 10 del mattino. Cielo sereno, mare piatto, brezza leggera. La rotta è quella che ogni sub desidera: Formiche di Grosseto, tre minuscoli isolotti disabitati 11 miglia al largo della costa, davanti al Parco naturale della Maremma, colori da tropici, ma dove occorre essere esperti e soprattutto prudenti. Quei fondali di cento metri diventano implacabili, se si cerca l’avventura, se non si riesce a fermarsi. Loro, i «ragazzi umbri», come si fanno chiamare scherzando, sono iscritti al club subacqueo Thalassa di Perugia e hanno imparato i segreti del mare, le insidie, i tranelli. Sono allegri, scherzano, ma non dimenticano di controllare le attrezzature, probabilmente prese in affitto. Enrico Cioli, 37 anni, Gianluca Trevani, 35, operatori sanitari, conoscono bene quelle acque; con loro ci sono gli istruttori Marco Barbacci, 35 anni e Fabio Giaimo, 57 anni, che è anche un medico anestesista-rianimatore conosciutissimo a Perugia. Del quartetto di amici, solo Barbacci si salverà: gli altri tre compagni saranno ripescati senza vita al culmine di un’escursione trasformata in tragedia. Davanti alle Formiche la «Emery» ormeggia alle 10.40. «Hanno iniziato le immersioni dopo pochi minuti — racconta ancora sotto shock Andrea Montrone, uno dei responsabili del diving center che era con loro sulla barca —. Era un gruppo indipendente ed esperto, non aveva bisogno di noi. Poco dopo mi tuffo anch’io e solo quando risalgo in superficie mi trovo davanti alla tragedia che si è appena compiuta. Inspiegabile: erano in acqua da meno di venti minuti, non può essere un’embolia, forse un malore». Sulla superficie del mare galleggiano due corpi: quello di Giaimo, ormai senza vita, e di Barbacci, che respira a fatica e sviene poco dopo essere stato recuperato da un battello di soccorso: ricoverato all’ospedale di Orbetello sarà poi dimesso in serata. Pochi minuti dopo, a un centinaio di metri di distanza, tornano in superficie i corpi senza vita di Gianluca La ricostruzione L’escursione Il gruppo di 11 sub, tra cui Enrico Cioli, 37 anni, Gianluca Trevani, 35, e gli istruttori Marco Barbacci, 35 anni e Fabio Giaimo, 57 anni, raggiunge gli isolotti delle Formiche davanti al Parco naturale della Maremma, a bordo della barca dell’Abc sub Diving club di Talamone L’immersione La barca ormeggia verso le 10.40. I sommozzatori, che tutti descrivono come esperti, si tuffano di fronte agli isolotti. Andrea Montrone, uno dei responsabili del diving center, scende in acqua per ultimo. In quella zona il fondale è molto profondo e ci sono correnti che possono essere pericolose I primi malori Dopo circa venti minuti tornano a galla due sub: Giaimo è ormai senza vita, Barbacci respira a fatica e sviene poco dopo essere stato soccorso. Le persone a bordo della barca di appoggio, alle 11.50 danno il primo allarme, ma parlano soltanto di una persona in pericolo Le altre vittime Gli sos si moltiplicano, vengono segnalate altre due persone in pericolo. Uno dopo l’altro e in due diversi tratti di mare vengono trovati i corpi senza vita di Gianluca Trevani ed Enrico Cioli. Ma c’è chi non si è accorto di niente, come Montrone, che scopre la tragedia quando torna in superficie ILLUSTRAZIONI DI FRANCO PORTINARI L’amico che era con loro Trevani ed Enrico Cioli. La prima chiamata d’emergenza alla capitaneria di porto di Santo Stefano è delle 11.50, ma stranamente l’allarme è solo per una persona. «C’è un sub gravissimo alle Formiche, presto mandate una vedetta», segnala un uomo. Passano alcuni minuti e gli sos si moltiplicano, chiamate, prima per il ferito, poi per altri due sub. Una circostanza atipica, secondo gli investigatori, che potrebbe aprire diversi scenari. Il primo è quello dell’embolia «collettiva», scatenata da un ritorno in superficie troppo veloce per soccorrere un compagno in difficoltà, ma ci sono particolari incongrui. Barbacci ha raccontato di aver visto Giaimo in difficoltà, battersi il pugno al petto, e di aver cercato di aiutarlo, ma di non essersi accorto degli altri amici. Che sono stati ritrovati, fatto per ora inspiegabile, non nello stesso tratto di mare. Infine, altra anomalia, le chiamate di soccorso si sono susseguite nel tempo parlando prima di La profondità I sommozzatori partiti da Perugia. L’ipotesi di un incidente a una trentina di metri di profondità un sub in difficoltà e poi degli altri. Quasi certamente i quattro amici di Perugia si trovavano a una trentina di metri di profondità, giudicata dagli esperti fuori dalla soglia di sicurezza totale, ma consentita dal loro brevetto. «Più si va in profondità — spiegano alla capitaneria di porto — più tutto può diventare complicato e occorre rispettare rigorosamente i tempi per la riemersione». Ma la procura di Grosseto sta indagando anche sullo stato delle attrezzature (si sta accertando se fossero state affittate dal diving center o fossero di proprietà delle vittime), che avrebbero potuto provocare malori ai sub. Ipotesi più remota, rispetto all’embolia, ma che gli investigatori vogliono accertare. Decisiva, in questo caso, sarà l’eventuale autopsia sui corpi dei tre sub morti. Marco Gasperetti [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Imperia Il ricercato colombiano viveva da due anni in un residence del ponente ligure: sarebbe un leader di formazioni paramilitari dei narcos Il killer da 130 omicidi che andava a messa tutte le sere IMPERIA — Per la sua cattura a Castelvecchio, una frazione di Imperia, ha esultato il capo della polizia colombiana, generale Rodolfo Palomino: «Questo arresto — ha detto — dimostra come i criminali non possano trovare un solo angolo del mondo dove nascondersi». Domenico Mancuso Hojos, 49 anni, da due viveva nel residence «Il Sogno» mimetizzato nella piccola comunità locale. «Non siamo rimasti solo basiti, siamo sconvolti» ha detto il parroco della chiesa frequentata da Mancuso, don Guido. Quel colombiano taciturno, quasi sempre solo (aveva ricevuto la visita di un connazionale sacerdote, poi della moglie con due bimbi), che si accompagnava a un cugino figlio del boss Salvatore Mancuso detto El Mono (la Scimmia), era infatti «devotissimo». Si presentava alla messa serale ogni santo giorno della settimana e la domenica «non mancava mai di fare la Comunione» dice il parroco. Secondo la giustizia colombiana, che ha spiccato un mandato di cattura internazionale, l’uomo è un narcotrafficante responsabile direttamente o indirettamente di 130 omicidi. Droga, riciclaggio, armi e soprattut- Il blitz Il momento in cui è stato fermato Domenico Mancuso Hojos to comando delle organizzazioni paramilitari che fra gli anni Novanta e il 2000 si macchiarono in Colombia di atroci massacri, uno dei più efferati — di questo è ritenuto responsabile Mancuso — fu la strage di Gabarra nel 1999, con ottanta morti ammazzati. Due giorni sono bastati agli uomini del Gico e della Guardia di Finanza per essere sicuri dell’identificazione di Mancuso che aveva ottenuto dal Comune di Imperia una regolare carta di identità con il suo vero nome ed era titolare di un altrettanto regolare contratto di comodato ad uso gratuito dell’appartamento. Proprietario un imperiese da qualche anno trasferitosi a Bogotà e ufficialmente residente all’estero. Gli uomini del Gico e del- La vicenda Il personaggio Domenico Antonio Mancuso, 49 anni, è accusato di 130 omicidi. Secondo la giustizia colombiana è narcotrafficante coinvolto in diversi traffici illeciti. Da due anni viveva nel residence «Il Sogno», in una frazione di Imperia L’arresto Due giorni fa gli uomini del Gico e della Guardia di finanza hanno posto fine alla sua latitanza. Per gli inquirenti colombiani, Mancuso sarebbe il capo di formazioni paramilitari dei narcos l’Interpol con uno stratagemma hanno indotto il boss a uscire di casa nel pomeriggio (imprudente introdursi nell’appartamento al buio) mentre un elicottero ha seguito le fasi del trasferimento nel carcere di Marassi. Lui, l’uomo che secondo la polizia colombiana è un feroce criminale, leader del Bloque Catatumbo e dell’Auc, Autodefensas Unidas de Colombia, formazioni paramilitari legate alla criminalità più feroce, non era armato e non ha opposto resistenza. Si è dimostrato stupito e ha chiesto se era accusato di aver «fatto qualcosa di male in Italia»; quando gli agenti gli hanno spiegato che eseguivano un mandato di arresto internazionale non ha più parlato. Né ha voluto spiegare come si manteneva da due anni permettendosi viaggi settimanali a Montecarlo dove, forse (il generale Palomino ne è convinto), pianificava i suoi affari. Gli abitanti di Castelvecchio ancora non si spiegano questa doppia vita: «Mancuso è andato in pellegrinaggio a Pietrelcina — ha detto il parroco al sito Riviera24 — perché è devotissimo di Padre Pio e mi ha portato in regalo una statuetta del Santo che tengo in parrocchia. Cosa posso fare? Non posso spaccare una statuetta perché l’ha comprata un criminale. Mancuso era sempre disponibile anche a portare la statua della Madonna alle processioni mariane e al lavaggio dei piedi il Venerdì santo, umilissimo». Al collo, al momento dell’arresto, sulla t-shirt bianca aderente al torace muscoloso spiccava un cordoncino con la croce. Erika Dellacasa © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Cronache 19 italia: 52495258535051 # Tracciato il percorso del virus Il paziente zero dell’epidemia di Ebola è un bimbo di 2 anni scomparso a dicembre Un bambino di due anni ha contagiato sorellina, mamma e nonna. Al funerale di quest’ultima sono rimaste infette due persone che poi hanno allargato il contagio. Gue’cke’dou: è in questo villaggio della Guinea, il sei dicembre scorso, che sarebbe iniziata l’epidemia di Ebola. Secondo un gruppo di ricercatori dell’Institute for tropical Medicine, il paziente zero sarebbe stato appunto il bambino di due anni morto una settimana prima della madre. Le quattro vittime hanno avuto febbre, vomito e diarrea. A dare la notizia è stato il New York Times. Secondo il quotidiano un infermiere avrebbe poi esportato in un altro villaggio il virus, che si sarebbe propagato alla velocità della luce in altri Paesi perché Gue’cke’dou confina con la Sierra Leone e la Liberia. Nel villaggio dove tutto è iniziato «la sensazione era di terrore» ha detto nei giorni scorsi il dottore Kalissa N’fansoumane, direttore dell’ospedale cattolico di S.Giuseppe a Monrovia (Liberia) ora chiuso. Ebola sarebbe poi stato «riconosciuto» a marzo, quando decine di persone erano già morte in Guinea e casi sospetti stavano emergendo in Liberia e Sierra Leone, tre dei Paesi più poveri la mondo. Oggi la situazione sembra ancora fuori controllo. Gli epidemiologi prevedono che ci vorranno mesi per contenere l’epidemia, forse molti, e un portavoce dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha affermato che servirebbero altre migliaia di operatori sanitari per combatterla (al momento 145 di loro sono stati infettati e 80 sono morti). In questa parte dell’Africa non c’erano mai stati prima casi di Ebola. Per questo gli operatori sanitari non avevano né la formazione né gli strumenti per riconoscerla ed evitare di infettare se stessi. Intanto il panico si sta allargando a molti Paesi dell’area, che hanno provveduto a sbarrare i propri confini. Alcuni esperti Gli epidemiologi Gli esperti prevedono che ci vorranno molti mesi per contenere l’epidemia e altre migliaia di operatori sanitari Farmaci e vaccini Per arginare l’ondata di contagi potrebbero essere utilizzati farmaci e vaccini non sperimentati temono che Ebola possa destabilizzare i governi della regione. Per arginare la più grande epidemia del virus, da quando è stato isolato, dovrebbero arrivare farmaci e vaccini non sperimentati. Tutto dipenderà dalla decisione che prenderà il comitato dell’Oms che oggi dovrà decidere se dare il via libera. La questione è etica oltreché scientifica. Nonostante l’allarme lanciato dall’Oms (non si può escludere un’estensione del contagio) non si segnalano per il momento casi al di fuori dei Paesi colpiti. Falsi allarme sono stati segnalati in Usa, Canada, Hong Kong e Arabia Saudita, puntualmente smentiti. Anche in Italia, conferma il ministero della Salute, è stato rilevato qualche caso sospetto. Uno di questi a Gallarate. Ma era solo malaria. Agostino Gramigna © RIPRODUZIONE RISERVATA La protesta Dopo tre anni la struttura viene restituita al Comune, ieri la decisione a sorpresa Trieste Ultimo spettacolo al Valle occupato Gli attivisti dormono davanti al teatro La rivelazione dell’autopsia: quel prete è stato ucciso Valle per il 10 agosto, una data simbolica ribattezzata «La notte dei desideri», e ieri mestamente tutti rispettano l’impegno preso con l’assessore alla Cultura, Giovanna Marinelli, e con il presidente del teatro di Roma, Marino Sinibaldi. «Ragazzi abbiamo poche ore per lasciare il teatro nelle migliori condizioni possibili. Chi vuole guidare questo gruppo che chiameremo “Cura”? Ricorderete che la cura del luogo è in una delle norme dello statuto della nostra Fondazione», chiede un’attivista alla platea dal tavolo che guida l’ultima giornata. Quella dell’abbandono del teatro era «l’ipotesi C», così ribattezzata dai partecipanti. Ieri pomeriggio a sorpresa si è trasformata nell’ipotesi A, dopo che la tesi dell’accettare la proposta dell’assessorato alla Cultura e l’antitesi della resistenza a oltranza si affrontano a più riprese. Nei giorni scorsi l’assemblea permanente degli attivisti — in gran parte All’interno Alcune fasi dello sgombero del teatro Valle ieri pomeriggio : oggi è prevista la riconsegna delle chiavi (foto di Massimo Percossi/Ansa) artisti e maestranze — chiede più tempo ROMA — L’atmosfera è me- in teatro. Questa sera l’occucentesco. per la trattativa, «il 10 agosto sta come quella di un trasloco. pazione in qualche modo fini- Opposte fazioni Su questo palcoscenico non siamo pronti»; poi arriva Ci sono i cartoni, i pacchi, un sce, a mezzanotte usciamo e Nell’assemblea esordì tra i fischi Luigi Piran- la lettera inviata dall’assessore passeggino, qualche valigia dormiamo in sacco a pelo sot- c’era anche dello con «Sei personaggi in Marinelli al presidente del tedavanti al bancone del bar del to le stelle davanti al teatro, cerca d’autore» nel 1921. atro di Roma Sinibaldi affinteatro, dove si sorseggiava come avevamo deciso. L’ap- chi voleva resistere Subito dopo la decisione ché «quest’ultimo si faccia caprosecco e si mangiavano tar- puntamento è per domani alle a oltranza dell’assemblea un comunica- rico di un progetto di valoriztine, prima di entrare in platea 11, aspettiamo i responsabili to del Valle Occupato, manda- zazione all’interno del quale o sui palchi. del Comune davanti al teatro, to anche sui social, conferma dovranno essere contenuti È il pomeriggio ma la nostra esperienza, quella decisione, «inizia una nuo- elementi positivi frutto delinoltrato di ieri, la la della Fondazione, non fini- La scadenza va fase della mobilitazione e l’esperienza elaborata in quedecisione dell’as- sce qui, si muta solo e in me- L’accordo prevedeva della Fondazione, con tutta la sti anni dalla Fondazione Valle semblea perma- glio». cittadinanza costruiremo un Bene Comune», che riesce a la restituzione nente del Valle non L’annuncio atteso è arrivapercorso per affrontare una convincere i più diffidenti. è stata ancora an- to: il teatro Valle viene restitu- dell’immobile nuova fase della trattativa al«Noi non abbiamo mai nunciata, ma si in- ito dagli occupanti dopo oltre entro oggi l’interno del quale produrre pensato a tenere il teatro per t r a v e d e n e g l i tre anni (fu occupato nel giuun dialogo reale con le istitu- noi o ad assumerne completasguardi stanchi di gno del 2011), le trattative zioni su nuovi modelli di ge- mente la direzione artistica — molti attivisti che delle ultime due settimane tra stione partecipata». racconta Fulvio Molena, ascoltano senza fiatare l’inizio attivisti, Comune e Teatro di Gli occupanti ricordano le montatore ed occupante — dell’incontro. Qualche ragaz- Roma hanno portato alla recondizioni, hanno promesso quello che noi vorremmo inza ha gli occhi lucidi. stituzione dello stabile settealle controparti di lasciare il staurare è solo un modalità di Al tavolo che guida l’ultima compartecipazione con le istiassemblea si parla di gruppi tuzioni, affinché quest’espeoperativi per preparare lo rienza porti anche il risultato sgombero, di cura del posto, di far nascere un modello di trasformare in narrazione nuovo organizzativo ed artiquest’ultimo giorno nel teastico. Questo è sempre stato il tro, «che diventi un evento nostro obiettivo». performativo». Questa mattina ci sarà la Fino a quando Ileana Caleo, consegna delle chiavi, domani una delle prime occupanti, seentreranno i funzionari della duta in seconda fila nella plasoprintendenza per una pritea, rompe gli indugi e sopratMesi Quanto è durata l’occuMila È il numero di persone che ma perizia sui restauri ormai tutto trova il coraggio di un davvero necessari. Ieri notte pazione del teatro Valle di Rohanno dichiarato di volere acannuncio da cui non si torna ma a partire da giugno 2011. quisire una quota per diventare artisti e maestranze hanno indietro. E che molti non vordormito in strada davanti al La mossa arriva dopo un acsoci della Fondazione «Teatro rebbero ascoltare. «Ragazzi cordo in cui gli occupanti aveValle bene comune». I dati sono teatro Valle. convincetevi, ormai le cose Maria Rosaria vano promesso che avrebberiportati sul sito degli attivisti sono decise, stanotte (ieri per Spadaccino ro lasciato libero lo stabile enche dal 2011 hanno occupato chi legge, ndr) non si dorme © RIPRODUZIONE RISERVATA tro il 10 agosto (cioè ieri) la struttura nel centro di Roma «Ma l’esperienza prosegue, adesso dialogo con le istituzioni» La vicenda Le origini Il gioiello nato nel 1727 Il teatro Valle si trova nel rione Sant’Eustachio a Roma. La struttura, una sala a ferro di cavallo con loggione e 4 ordini di palchi, venne inaugurata nel 1727. La programmazione prevedeva l’esecuzione di opere liriche, opere in musica e drammi in prosa. Nel corso del diciannovesimo e del ventesimo secolo il teatro fu oggetto di ulteriori ammodernamenti La protesta L’occupazione della struttura Nel maggio 2011, con la dismissione dell’Ente teatrale italiano, il «Valle» interrompe le attività. Il 14 giugno 2011 la struttura viene occupata La svolta Gli attivisti lasciano la scena Dopo tre anni di proteste, i lavoratori dello spettacolo lasciano la struttura. Da ieri notte l’edificio non è più occupato. Oggi alle 11 il passaggio di consegna del teatro «Valle» al teatro di Roma. L’annuncio è stato dato sui social network: «Inizia un nuovo percorso. Al via una nuova fase della mobilitazione e della fondazione» 37 5 Sulle prime era sembrata una morte per cause naturali. Del resto Giuseppe Rocco, sacerdote scomparso a Trieste lo scorso 25 aprile, aveva 92 anni. Il colpo di scena, adesso, arriva dai risultati dell’autopsia compiuta sull’anziano prete, che sarebbe morto per strangolamento o soffocamento. I funerali, come rivelato ieri dal Piccolo, si erano tenuti il 17 maggio, proprio per la decisione della magistratura di far svolgere l’autopsia sul cadavere. Il corpo di don Rocco, vestito come se stesse per uscire, fu rinvenuto ai piedi del letto, nell’appartamento che il prete occupava alla Casa del clero. Le indagini, coordinate dal pm Matteo Tripani, sono condotte dal Nucleo investigativo dei carabinieri. L’elemento che ha impresso una svolta all’attività degli investigatori è stata la radiografia del collo dell’anziano prete, dalla quale sono emerse con chiarezza lesioni riconducibili a un’azione violenta, e non a un evento accidentale. A dare l’allarme, quella mattina, fu una badante che seguiva il sacerdote, e che intorno alle 7.00 era entrata nella sua stanza per accompagnarlo alla messa. La Casa del clero, situata nel complesso del seminario vescovile di Trieste, accoglie i preti in pensione ma anche ospiti di eventi o incontri della Diocesi. L’alloggio di Rocco, dopo il decesso, è stato visitato solo da alcune persone ed è rimasto chiuso. All’inizio della prossima settimana giungeranno gli operatori del Ris dei carabinieri per eseguire le ricerche di tracce lasciate da estranei, tra cui potrebbe esserci il presunto omicida. «Dopo la morte del sacerdote — spiega il vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi — fui avvertito dagli investigatori che c’era la necessità di fare indagini. Assicuro agli investigatori e alla magistratura collaborazione, esortandoli a un pieno accertamento della verità». © RIPRODUZIONE RISERVATA 20 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 MILANO SERRAVALLE - MILANO TANGENZIALI S.p.A. (Società soggetta ad attività di Direzione e Coordinamento della Provincia di Milano) Sede legale: Via del Bosco Rinnovato, 4/A - 20090 Assago MI AVVISO DI GARA SERVIZI N. 04/2014 Si avvisa che a seguito di Determina a contrarre del CdA del 22/1/2014 è indetta la Procedura Aperta per l’affidamento dei Servizi di pulizia e sanificazione dei fabbricati, delle relative pertinenze e delle barriere autostradali sull’intera rete in concessione. CIG 58562602A2 - CPV 90910000-9 Servizi di pulizia. La procedura di gara è interamente gestita per via telematica secondo le disposizioni specifiche previste dal D.Lgs. n.163/2006. Le istruzioni relative alla modalità di utilizzo della piattaforma e di partecipazione alla procedura telematica sono disponibili all’indirizzo https://www.pleiade.it/serravalle/sourcing/. Importo complessivo: Euro 2.300.000,00 comprensivo di oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso pari a Euro 15.892,16. Importo soggetto a ribasso: Euro 2.284.107,84. Criterio di aggiudicazione: “offerta economicamente più vantaggiosa” offerta tecnica max punti 60/100 - offerta economica max punti 40/100. Durata: 36 mesi decorrenti dalla data del verbale di consegna del servizio. Termine perentorio arrivo offerte: ore 12,00 del 13/10/2014. Tutte le condizioni di ammissione alla gara sono riportate nel bando, nel disciplinare, pubblicati sul sito www.serravalle.it. Sopralluogo obbligatorio: per le modalità vedi disciplinare di gara. Seduta Pubblica: 15/10/2014 ore 10,00. Responsabile del Procedimento: Dott. Marco Ballarini.Il bando è stato trasmesso alla GUUE in data 06/08/2014. Il Direttore Generale - Avv. Mario Martino ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO AVVISO DI GARA ESPERITA PER ESTRATTO L'INAIL - Direzione Centrale Acquisti - P.le G. Pastore, 6 - 00144 ROMA rende noto che in data 11 luglio 2014 è stata aggiudicata definitivamente alla società “AON S.p.A.”, la gara a procedura aperta per l'affidamento del servizio di intermediazione assicurativa (brokeraggio) per l'INAIL (Gara n. 20/2013 - CIG n. 54291872D8) per un valore complessivo pari a € 630.000,00 per sette anni, di cui 4 di servizio effettivo e 3 di eventuali rinnovi anno per anno. L'avviso di gara esperita in forma integrale è stato inviato alla GUCE per la pubblicazione il 17.07.2014 ed è pubblicato sulla GURI - Sez. Contratti - n. 91 dell’11.08.2014, nonché sul sito Internet www.inail.it. DIREZIONE CENTRALE ACQUISTI IL DIRETTORE CENTRALE f.to DR. CIRO DANIELI ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO AVVISO PER ESTRATTO DI BANDO DI GARA Procedura aperta, ai sensi dell’art. 55 del D.Lgs 163/2006, per l’affidamento del servizio di cessione pro soluto dei crediti I.V.A. maturati da Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.A. di cui alla dichiarazione I.V.A., relativa al secondo e terzo trimestre dell’anno d’imposta 2014, nonché alla dichiarazione I.V.A. annuale per il periodo di imposta 2014 (quarto trimestre). Stazione Appaltante: Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.A. - Via Del Bosco Rinnovato n. 4/A Palazzo U9 - 20090 Assago (MI). Tel. + 39 02/6774121 - fax: + 39 02/67741256 - e-mail: [email protected]. CUP: F11B06000270007 - CIG LOTTO 1: 587165422A - CIG LOTTO 2: 5871672105 - CIG LOTTO 3: 5871681870. Procedura: aperta. Criterio di aggiudicazione: prezzo più basso. Termine per il ricevimento delle offerte: 26/09/2014 ore 12.00. Importo complessivo stimato dell’appalto, soggetto a ribasso: Lotto 1: importo pari a Euro 5.277.637,00 (IVA esclusa); Lotto 2: importo fino a un massimo di Euro 4.500.000,00 (IVA esclusa); Lotto 3: importo fino a un massimo di Euro 4.500.000,00 (IVA esclusa); Luogo principale di prestazione dei servizi: Assago (MI). Durata dell’appalto: 1.153 giorni dalla data di aggiudicazione dell’appalto. Requisiti: indicati nel bando e disciplinare di gara. Responsabile del Procedimento: dott. Ivano Tonelli. Il bando integrale è stato trasmesso alla GUUE in data 28/07/2014, pubblicato sulla GUUE n. 2014/S 146-262604 in data 01/08/2014 e pubblicato sulla GURI V Serie Speciale - Contratti Pubblici n. 87 del 01/08/2014. Il bando, il disciplinare di gara, il CSA e gli allegati e i modelli per la domanda di partecipazione e per le dichiarazioni sono disponibili all’indirizzo http://www.pedemontana.com. f.to L’Amministratore Delegato - Avv. Marzio Agnoloni Provincia di Reggio Calabria Stazione Unica Appaltante - Attività Produttive Amministrazione Aggiudicatrice: Comune di Bagnara Calabra AVVISO DI APPALTO AGGIUDICATO AI SENSI DELL’ART. 79, C.5 DEL D.LGS N. 163/2006 Oggetto: Bando n. 017/2013-Comune di Bagnara CalabraAppalto per il servizio di Manutenzione Ordinaria di tutela ambientale e viabilità della Comune di Bagnara Calabra per gli anni 2012-2013-2014”. C.I.G.: 5161636CC3-CPV: 906100006 servizi di pulizia e spazzamento delle stradeImporto complessivo dell’appalto per anni 3: 260.010,00 oltre IVAOneri di sicurezza relativi a rischi di interferenza: Pari a zero Criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 83 D. Lgs. n. 163/2006 e dall’art. 120 del DPR 207/2010. Imprese partecipanti: n. 2 - Imprese ammesse: n. 2 Impresa aggiudicataria in via provvisoria: SEAR SRL che ha ottenuto il punteggio complessivo di punti 100 e per l’importo complessivo del servizio per anni tre di € 257.149,89 al netto del ribasso del 1,10% oltre IVA Seconda classificata: AVR SPAAggiudicazione definitiva provvedimento n. 28 del 14/05/2014. Pubblicazione bando di gara: Albo online dell’Ente il 24/06/2013Organo Competente per le procedure di ricorso: T.A.R. Calabria-Sez.di R.C. Data invio G.U.C.E 01/07/2014. Il Dirigente SUAP - Dott.ssa Maria Teresa Scolaro Per la pubbli pubblicità legale e finanziaria fina rivolgersi a: Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano Tel. 02 2584 6665/6256 - Fax 02 2588 6114 Via Campania, 59 - 00187 Roma Tel. 06 6882 8650 - Fax 06 6882 8682 Vico II San Nicola alla Dogana, 9 80133 Napoli Tel. 081 49 777 11 - Fax 081 49 777 12 Via Villari, 50 - 70122 Bari Tel. 080 5760 111 - Fax 080 5760 126 RCS MediaGroup S.p.A. Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano AVVISO RELATIVO AD APPALTO AGGIUDICATO 1. Amministrazione aggiudicatrice: Comune di Imperia, Sett. 9° Cultura, Viale Matteotti 157, 18100 Imperia. 2. Procedura di aggiudicazione: procedura aperta. 3. Oggetto: Fornitura e posa in opera degli allestimenti e degli arredi del nuovo museo navale di Imperia. Base d’asta € 962.162,10. 4. Data di aggiudicazione dell’appalto: 20.02.2014. 5. Criteri di aggiudicazione: Offerta economicamente più vantaggiosa. 6. Numero di offerte ricevute. 1 (una). 7. Aggiudicatario: A.T.I. ETT s.p.a. - Goppion s.p.a. - Eca Sindel s.r.l., Via Sestri 37, 16154 Genova. 8. Valore dell’offerta cui è stato aggiudicato l’appalto: €. 915.324,10, subappalto: 30%. 9. Data di pubblicazione del bando di gara: sulla GUUE: 2013/S 219-380784 del 12/11/2013, sulla GURI n. 135, Serie V del 18.11.2013, sulla GURI n. 135 serie V del 18.11.2013. 10. Procedure di ricorso: TAR Liguria, Via dei Mille n. 9, Genova. Il Dirigente del Settore Legale e Contratti dott. Sergio Roggero ISFOL ISTITUTO PER LO SVILUPPO DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE DEI LAVORATORI Corso d’Italia n. 33 - 00198 ROMA, CF 80111170587 AVVISO PER ESTRATTO GARA RIF. 135/FP1 C.I.G.: 5845580537 L’Isfol intende esperire pubblico incanto mediante procedura aperta per l’aggiudicazione di un appalto concernente “Servizi di supporto alla gestione e alla manutenzione del sistema permanente di monitoraggio delle attività formative finanziate dai Fondi Paritetici Interprofessionali per la Formazione Continua e integrazioni con il Sistema Informativo sulle attività formative finanziate dalle amministrazioni regionali”, con aggiudicazione in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - art. 83 punto 1) D. Lgs. 163/06 - termine presentazione offerte entro le ore 12.00 del giorno 22.09.2014. Copia integrale del bando e del capitolato d’oneri è disponibile sul proprio sito internet www.isfol.it. ISFOL - Il Responsabile Unico del Procedimento RUP Dott.ssa Simona Fiori AVVISO DI GARA ESPERITA (GARA 21/2013) L’INAIL Direzione Centrale Acquisti - P.le Pastore, 6 - 00144 Roma - rende noto che con provvedimento del 28 luglio 2014 è stata dichiarata l’aggiudicazione definitiva della gara per progettazione esecutiva ed esecuzione lavori di recupero statico e ristrutturazione della Sede INAIL e della manutenzione ordinaria della ex scuola “Alessandro Volta” da adibire a Sede provvisoria, nei confronti dell’impresa Rialto Costruzioni s.p.a.. L’avviso di gara esperita in forma integrale è stato pubblicato sulla G.U.R.I. n. 91 del 11.08.2014 ed è disponibile sul sito www.inail.it. DIREZIONE CENTRALE ACQUISTI IL DIRETTORE CENTRALE f.to Dr. Ciro Danieli ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO AVVISO DI GARA PER ESTRATTO L’INAIL - Direzione Centrale Acquisti - P.le G. Pastore, 6 - 00144 ROMA indice gara a procedura aperta per l’affidamento in concessione del servizio di gestione dell’asilo nido aziendale INAIL - Roma, P.le G. Pastore 6 per la durata di anni 6 (di cui 3 di effettivo servizio e 3 di eventuali rinnovi anno per anno). Gara n. 13/2014 - CIG n. 583426187A. Termine per la presentazione delle offerte: il 26 settembre 2014 alle ore 12.00 a pena di esclusione, all’indirizzo sopra indicato. Il bando di gara in forma integrale è stato inviato per la pubblicazione sulla GUCE il 25 luglio 2014 ed è pubblicato sulla GURI Sez. contratti - n. 91 dell’11.08.2014, nonché sul sito Internet www.inail.it. DIREZIONE CENTRALE ACQUISTI IL DIRETTORE CENTRALE Dr. Ciro Danieli TRENORD SRL Sede legale: Piazzale Cadorna n. 14/16 20123 MILANO Telefono 0285114250 - Telefax 0285114621 AVVISO DI GARA Viene indetta la gara a procedura ristretta ai sensi del D.Lgs. 163/06 per l’affidamento del seguente servizio: Fornitura di travi di carico di prima e seconda serie. CIG: 5877526FE0. Importo a base d’asta: L’importo complessivo dell’appalto a misura è sino a 850.000, EUR (euro ottocentocinquantamila) + IVA di cui 0,00 EUR per oneri della sicurezza. Il criterio di aggiudicazione sarà quello del prezzo più basso (ex art. 82 comma 2, lettera a) del D.Lgs.163/06) determinato mediante il massimo ribasso sulla tariffa prezzi. Le offerte, redatte in lingua italiana, dovranno pervenire entro le ore 12,00 del giorno 26/09/2014 a TRENORD SRL - P.LE CADORNA N. 14/16 - UFFICIO PROTOCOLLO - 20123 MILANO. Il bando integrale di gara è stato pubblicato sulla GUCE S147 del 02/08/2014 ed inviato per la pubblicazione alla GURI il giorno 05/08/2014. Il bando integrale di gara è altresì disponibile presso il Servizio Gare, Appalti ed Acquisti sito in Milano - P.le Cadorna n. 14, nonché all’indirizzo internet www.trenord.it/bandi-e-gare e sul sito dell’Osservatorio Regionale Contratti Pubblici Regione Lombardia. L’AMMINISTRATORE DELEGATO DOTT. ING. LUIGI LEGNANI AUTORITA’ PORTUALE DI CIVITAVECCHIA Ministero dell’Interno DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA DIREZIONE CENTRALE DEI SERVIZI TECNICO-LOGISTICI E DELLA GESTIONE PATRIMONIALE Ufficio Attività Contrattuale per l’Informatica, gli Impianti Tecnici e le Telecomunicazioni AVVISO DI AFFIDAMENTO TRAMITE GARA D’APPALTO DETERMINA A CONTRARRE PROT. NR. 600/C/TLC/365.PR.179.013.00A IN DATA 31/01/2014 Si informa che la Gara d’appalto, ai sensi del D. Lgs. 163 del 12 aprile 2006, con procedura ristretta (art. 54 e 55 punto 6) e accelerata (art. 70, punto 11 lettere a-b), per la fornitura di servizi professionali per la manutenzione dei sistemi “hardware” e prodotti “software”, nonché di assistenza sistemistica per il sistema “APFIS” del Servizio di Polizia Scientifica. - CIG n. 5539600E85, è stata affidata in data 16/06/2014 alla Società “HS Company S.p.A.” con sede legale in Roma, via G. Botero n. 15 int. 3 - c/o Mangiacapra, al prezzo di € 857.440,00 oltre IVA al 22%, per aver presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa per l’Amministrazione. Il ricorso alla cennata procedura trova motivazione nelle urgenti esigenze connesse con attività di pubblica sicurezza. Roma lì, 05/06/2014 IL RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO - Tommaso Tafuri AVVISO PUBBLICO L’Autorità Portuale di Civitavecchia Fiumicino e Gaeta rende noto che la società Compagnia Porto di Civitavecchia S.p.A., con sede in Roma Via XX Settembre n. 98/e, titolare di concessione per atto formale rep. 3071 dell’8/3/2006 di durata cinquantennale avente ad oggetto una zona demaniale marittima sita nell’ambito portuale di Civitavecchia di complessivi 881.800 m2 (di cui 50.000 m2 di spazi a terra e 831.800 m2 di specchi acquei) allo scopo di realizzare e gestire la Darsena Energetica e Grandi Masse, ha depositato una proposta progettuale denominata “adeguamento tecnico funzionale” ed un piano economico finanziario. Gli elaborati costituenti la proposta progettuale suddetta sono visionabili presso gli uffici tecnici dell’Autorità Portuale Molo Vespucci, Snc Civitavecchia dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 12:00 con inizio dal giorno 18.08.2014 sino al giorno 16.09.2014 incluso, in applicazione e per gli effetti di cui alla Legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni ed integrazioni. IL PRESIDENTE - Dr. Pasqualino Monti REGIONE TOSCANA Ministero dell’Interno DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA DIREZIONE CENTRALE DEI SERVIZI TECNICO-LOGISTICI E DELLA GESTIONE PATRIMONIALE Ufficio Attività Contrattuale per l’Informatica, gli Impianti Tecnici e le Telecomunicazioni AVVISO DI AFFIDAMENTO TRAMITE GARA D’APPALTO Determina a contrarre n. 600/C/TLC.5586.PR.384.013.002 del 16/12/2013 Si informa che la Gara d’Appalto, ai sensi del D. Lgs. n.163 del 12 aprile 2006, con procedura ristretta (artt. 54 e 55 punto 6) e accelerata (art. 70, punto 11, lettera a-b), come modificato dalla Legge 12/07/2011, n. 106 e successivo Regolamento di attuazione ed esecuzione approvato con D.P.R. del 5 ottobre 2010, n.207, per il progetto di re-ingegnerizzazione delle componenti Basi Dati e SSD del Sistema Informativo Interforze e la revisione delle procedure di raccolta e consultazione dei log utenti del Sistema Informativo Interforze (Lotto 2 - Revisione delle procedure di raccolta e consultazione dei log utenti del Sistema Informativo Interforze consistente nella fornitura di un’ ”appliance”) - CIG n. 5512589C57 e CUP. n. F81B13000620001, è stata affidata in data 21/05/2014 alla Società “TELECOM ITALIA S.p.A.” con sede legale in Piazza degli Affari, n. 2 - 20123 Milano, al prezzo di € 579.110,70 oltre IVA al 22%, per aver presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa per l’Amministrazione. Il ricorso alla cennata procedura trova motivazione nelle urgenti esigenze connesse con attività di pubblica Sicurezza. Roma lì, 06/08/2014 IL RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO PROVINCIA DI ROMA Segretariato Generale - Servizio 3 Gare e Contratti AVVISO BANDO DI GARA SERVIZIO DI SFALCIO LUNGO LE PERTINENZE DELLE STRADE EX ANAS VIABILITA’ ZONA NORD-ANNO 2014. IMPORTO A BASE DI GARA € 307.377,06 IVA ESCLUSA. D.D. R.U. 3524 DEL 26/06/2014 e R.U. 3979 DEL 10/07/2014. LOTTO 1: SEZIONE 1 NORD. IMPORTO A BASE DI GARA € 36.885,25 IVA ESCLUSA. CODICE CIG [5821662B73] LOTTO 2: SEZIONE 2 NORD-S.R. FLAMINIA. IMPORTO A BASE DI GARA € 53.442,62 IVA ESCLUSA. CODICE CIG [58216777D5] LOTTO 3: SEZIONE 2 NORD - S.R. CASSA E S.R. CASSIA BIS - IMPORTO A BASE DI GARA € 80.163,94 IVA ESCLUSA. CODICE CIG [58216924370] LOTTO 4: SEZIONE 3 NORD. IMPORTO A BASE DI GARA 63.934,43 IVA ESCLUSA. CODICE CIG [ 58216999FC] LOTTO5: SEZIONE 4 NORD. IMPORTO A BASE DI GARA € 72.950,82 IVA ESCLUSA. CODICE CIG [5821703D48] PROCEDURA DI AGGIUDICAZIONE: Procedura aperta (art. 54, comma 1 e comma 2, art. 55, comma 5 del D.Lgs. 163/2006) CRITERIO DI AGGIUDICAZIONE: Prezzo più basso (art. 82, comma 2, del D.Lgs 163/2006). SCADENZA TERMINE RICEZIONE OFFERTE: 15/09/2014 ore 12,00 SEDUTA PUBBLICA DI PRESELEZIONE: 16/09/2014 ore 11.00 PUBBLICITA’: Il Bando di Gara è stato inviato alla GUE e alla GURI il 18/07/2014 e pubblicato all’Albo Pretorio Web della Provincia di Roma dal 21/07/2014 al 15/09/2014. Il Bando di Gara, il Disciplinare di gara, il Capitolato Speciale D’Oneri e gli altri allegati sono altresì visionabili sul sito internet www.provincia.roma.it. IL DIRIGENTE DEL SERVIZIO - Dott. Paolo Berno AZIENDA SANITARIA LOCALE N. 8 DI CAGLIARI AVVISO DI GARA A PROCEDURA APERTA PER L’AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO DI COPERTURA ASSICURATIVA RCT/O E’ indetta una gara a procedura aperta per l’affidamento triennale del servizio di copertura assicurativa per il rischio RCT/O dell’Azienda Sanitaria Locale N. 8 di Cagliari per il periodo dalle ore 24:00 del 31/10/2014 alle ore 24:00 del 31/10/2017, da aggiudicarsi ai sensi dell’art. 82 del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Importo complessivo dell’appalto, comprensivo della possibilità di procedere, alla scadenza del contratto, ad una proroga tecnica per un periodo pari a quattro mesi: € 10.000.000,00. Il bando integrale è stato inviato per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 29/7/2014. Il predetto bando, il capitolato speciale, il disciplinare di gara e i relativi allegati sono liberamente disponibili per la consultazione sul sito internet www.aslcagliari.it. Le offerte dovranno pervenire entro e non oltre le ore 12,00 del giorno 15/9/2014, nelle modalità prescritte dai citati documenti di gara. F.to IL DIRETTORE GENERALE - Dr. Emilio SIMEONE Giunta Regionale Direzione Generale Governo del Territorio Settore Sistema Informativo Territoriale e Ambientale Via di Novoli 26 - 50127 - Firenze, Italia ESTRATTO DI BANDO DI GARA Procedura e criterio di aggiudicazione: Procedura aperta con criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Oggetto: Servizi di aggiornamento della Cartografia Tecnica Regionale in scala 1:2.000 orientata al DBT-Data Base Topografico di dettaglio urbano, funzionale agli strumenti urbanistici comunali. (CIG: 5854602A66). Luogo di esecuzione della prestazione: Firenze - Italia. Durata o termine d’esecuzione: 38 mesi. Importo stimato: L’importo massimo dell’appalto è stimato in 4.500.000,00 euro oltre IVA, ripartito così come specificato nella pubblicazione del bando in edizione integrale. Termine per la presentazione delle offerte o della presentazione delle domande: Data 19/09/2014; ore 13:00. Data di spedizione del bando alla G.U.C.E.: 29/07/2014. Il bando in edizione integrale è pubblicato sulla GUCE e sulla GURI. Il capitolato speciale d’appalto, insieme ai documenti di gara, sono disponibili ai seguenti indirizzi Internet: http://www.regione.toscana.it/appalti/profilo_committente https://www.regione.toscana.it/start. Il Dirigente responsabile del contratto Dott. Maurizio Trevisani Regione Marche Servizio Risorse Finanziarie e Politiche Comunitarie Estratto Bando di gara con procedura aperta per l’individuazione dell’operatore economico cui affidare i servizi propedeutici all’invio degli avvisi di accertamento tassa automobilistica e gestione flussi di ritorno per 12 (dodici) mesi con opzione per ulteriori 12 (dodici) mesi. CIG: 58701855E7. Ente appaltante: Regione Marche - Servizio Risorse Finanziarie e Politiche Comunitarie - Via Gentile Da Fabriano, n. 9, 60125 Ancona - Importo a base di gara: Euro 1.977.976,00 (iva esclusa) Termine presentazione offerte: ore 12.00 del giorno 26/09/2014 - Tutta la documentazione relativa alla gara è disponibile sul seguente sito internet: www.regione.marche.it sezione bandi. (GUUE 31/07/2014). AZIENDA OSPEDALIERA SAN CAMILLO FORLANINI P.ZZA C. FORLANINI, 1 00151 ROMA TEL. 06/55552580 - 55552588 - FAX 06/55552603 ESTRATTO AVVISO DI GARA ESPERITA PER L’AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO DI NOLEGGIO AUTOMEZZI Questa Azienda con deliberazione n. 569 del 06/05/2014 ha aggiudicato il Lotto n. 3 (noleggio vetture elettriche - CIG 5531283F1D) della gara a procedura aperta per l’affidamento del “servizio di noleggio automezzi” per un periodo di mesi 48 per l’importo complessivo di € 414.312,00 C/IVA. E’ risultata aggiudicataria la Ditta MOVINCAR S.p.A. di Leini (TO). L’avviso di aggiudicazione è stato inviato alla GUUE il 09/05/2014 e pubblicato sui internet http://www.regione.lazio.it, http://www.serviziocontrattipubblici.it e sul sito internet dell’Azienda http://www.scamilloforlanini.rm.it/benieservizi da ciascuno dei quali può essere tratta ogni ulteriore informazione. IL DIRETTORE GENERALE - Dott. Antonio D’Urso MINISTERO DELLA DIFESA SEGRETARIATO GENERALE DELLA DIFESA/DNA DIREZIONE DEGLI ARMAMENTI AERONAUTICI E PER L'AERONAVIGABILITA’ 3° Reparto - Servizio Carbolubrificanti AVVISO DI GARA Questa Direzione ha in programma l'acquisizione di combustibile navale distillato - gasolio a simbolo NATO F/76 - per i depositi della M.M. (Pol Nazionali / NATO) di Taranto, La Spezia ed Augusta e/o rifornimento diretto alle Unità Navali presso le suddette sedi, tramite procedura ristretta in ambito UE/WTO ai sensi del D.lgs. 208/2011 con aggiudicazione al prezzo più basso, da espletare ai sensi del citato D.Lgs. e della Direttiva 2009/81/CE. Informazioni possono essere richieste ad ARMAEREO 3° Reparto Servizio Carbolubrificanti - Viale dell'Università, 4 00185 ROMA - Tel. 06/49865351 o 06/49864052 (ore 09,00 - 12,00) - Al suddetto Ente dovranno pervenire entro e non oltre le ore 14:00 del 02/09/2014, le eventuali richieste di partecipazione, redatte in carta legale per le Società aventi sede nel territorio Italiano, corredate dalla documentazione indicata nel bando di gara e prevista dal D.Lgs. n. 163/2006 negli art. 34 e 38 (come integrato dall'art. 11 del D.lgs. 208/2011), art. 39 comma 1, 2 e 3, art. 41 comma 1 lett. c), art. 42 comma 1 lett. a) (come modificato e integrato dall'art. 12 del D.lgs. 208/2011). Il bando di gara sarà pubblicato sulle Gazzette Ufficiali della Repubblica Italiana (GURI) n. 89 del 06/08/2014 e della Unione Europea (GUUE) cui è stato inviato il 25/07/2014 e sul sito Internet: www.armaereo.difesa.it - Sezione bandi di gara. IL VICE DIRETTORE AMMINISTRATIVO Dirigente dott.ssa PREZIOSO Felicia R.G.E. n. 2448/2012 Trib. PD G.E.: Dott. G. Primicerio Lotto Unico: n. 5 certificati azionari pari a 130 azioni, corrispondenti al 13% del capitale sociale della società “GIADA S.p.A.” in Adria (RO), C.F. 01313840249, al prezzo base d’asta di € 2.880.056,45. Rilancio minimo € 10.000,00. Vendita: 16/9/2014 ore 10.00 presso lo studio del Commissionario Delegato Dott.ssa Samantha Visentin in Cartura (PD) via Veneto n. 4. Le offerte di acquisto devono esser presentate presso lo studio del Commissionario Delegato entro le ore 12.00 del giorno 15/9/2014. La vendita sarà priva di effetto nel caso di esercizio del diritto di prelazione da parte dei soci (in caso sarà dovuto anche un premio di maggioranza pari a € 752.514,11). Per ogni informazione e visione della perizia, tel. 049/9555668, fax 049/8252146, e-mail [email protected]. Il Commissionario Delegato (Dott.ssa Samantha Visentin) Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Cronache 21 italia: 52495258535051 48 Il tema L’avanzata dell’intelligenza artificiale divide gli esperti: «Creerà nuovi disoccupati», «No, saremo più liberi» La percentuale di chi ritiene che i lavori sostituiti dai robot non verranno ricompensati da uguali opportunità, secondo la ricerca condotta dal Pew Research Center intervistando duemila esperti del settore Robot commercialisti o radiologi sono loro i concorrenti del ceto medio Sempre più macchine sanno sostituire l’uomo, non solo in fabbrica commercialista o i radiologi rimpiazzati da macchine capaci di leggere lastre, ecografie ed esami del sangue), spinge economisti, sociologi e tecnologi a chiedersi cosa c’è dietro l’angolo: un mondo felice nel quale staremo meglio lavorando meno e pagando meno ciò che è prodotto da un robot, come credevamo fino a ieri, o un mondo sempre più diseguale di disoccupazione crescente mentre la maggior ricchezza prodotta dalle macchine va a beneficio di pochi? La novità è che, mentre fino a qualche tempo fa la seconda tesi, quella pessimista, era sostenuta da pochi accademici come Robert Gordon, subito relegati nel ghetto dei «neoluddisti», QUASI UMANI NEW YORK — L’auto che si guida da sola di Google è ancora nell’era della sperimentazione, ma già può fare meglio degli umani con un software capace di distinguere centinaia di oggetti simultaneamente: veicoli, pedoni sul bordo del marciapiede, l’operaio di un cantiere con una paletta che ordina lo stop. Sa anche interpretare il gesto di un ciclista che sta per svoltare. Forbes ha cominciato a pubblicare articoli, per ora semplici «preview» societarie, scritti automaticamente col «software» di una società specializzata di Chicago, Narrative Science, della quale il Corriere si è occupato già più volte. Mentre l’«Associated Press», la maggiore agenzia di stampa Usa, un mese fa ha deciso che d’ora in poi gli articoli sui risultati finanziari delle società quotate non li scriveranno più i giornalisti: ci penserà il software acquistato da Automated Insight, una società della North Carolina che ha sviluppato una piattaforma, Wordsmith, già usata da Yahoo! per scrivere storie per il «fantacalcio» americano e da Edmunds, una rivista digitale d’informazione sul mondo dell’auto, per descrivere le caratteristiche delle nuove vetture che arrivano sul mercato. Dalla chirurgia alla compilazione della dichiarazione dei redditi, dalla radiologia all’assistenza agli anziani e ai malati, i robot, entrati nelle catene di montaggio delle fabbriche di auto una trentina d’anni fa, stanno facendo capolino un po’ ovunque. Perfino, seppure a fatica, nelle scuole: robot che insegnano l’inglese e la calligrafia vengono già usati in scuole della Corea e del Giappone, ed è iniziato qualche timido esperimento anche negli Usa. Il robot riduce la fatica e i pericoli corsi dall’operaio in fabbrica, aumenta la produttività. Ma fa anche sparire molti posti di lavoro. La Foxconn, l’azienda di Taiwan che produce in Cina la maggior parte degli iPhone e degli iPad della Apple, ha trovato il modo di ridurre la pressione sul suo milione di lavoratori, ponendo fine all’epidemia di suicidi di operai stressati: presto molti di loro saranno sostituiti da diecimila robot. I primi assembleranno già l’iPhone 6 che verrà messo in vendita tra pochi mesi. Poi Foxconn, che curiosamente collabora con Google per costruirsi in casa i robot coi quali realizzare i prodotti della Apple, automatizzerà tutto. Fatica azzerata. Ma azzerato anche il lavoro, in molti reparti almeno. Da tempo la diffusione dell’intelligenza artificiale, sempre più capace di sostituire l’uomo non solo nei lavori manuali più semplici ma anche, ormai, in quelli intellettuali del ceto medio (ad esempio il software «Turbotax» col quale molti americani sostituiscono il ILLUSTRAZIONE DI PAOLA FORMICA DAL NOSTRO INVIATO ora un’indagine condotta dal Pew Research Center, l’istituto di ricerche più autorevole d’America, tra circa duemila esperti del settore, ha prodotto risultati diversi e sorprendenti: la metà di quelli che hanno risposto al sondaggio continua a dirsi convinta che i lavori sostituiti dai robot verranno più che compensati — com’è sempre avvenuto in due secoli di rivoluzione industriale — dalla nascita di settori dell’economia inte- Gli impieghi Chirurgia, assistenza agli anziani e lezioni di inglese e calligrafia: cresce l’impiego di creature meccaniche Musica Suonare «dolcemente» il violino (come una persona) è la prerogativa di uno dei robot della Toyota (a sinistra). A fianco, un’infermiera particolare in grado di sollevare fino a 60 chili ramente nuovi. Per gli altri (48%), nell’economia digitale questo non è più vero: l’era del vapore ha prodotto le ferrovie che hanno assorbito milioni di lavoratori, quella elettrica ha illuminato le città e alimentato le fabbriche, il motore a scoppio ha dato lavoro non solo agli operai dell’auto ma ai milioni che hanno costruito strade, hanno rivoluzionato l’urbanistica delle città e creato la rete di produzione e distribuzione dei carburanti. Internet, invece, produce autostrade digitali che di lavoro diretto ne creano poco. Fanno nascere nuovi business digitali, è vero. Ma quasi sempre a scapito di servizi «fisici» meno efficienti che, a quel punto, licenziano. Anche se il loro numero cresce a vista d’occhio, non è detto che abbiano Maestra Alunni tocca il volto di Saya, un robot «umanoide» che può svolgere il ruolo dell’insegnante. La dimostrazione è avvenuta in una scuola elementare di Tokyo ragione i pessimisti come Judith Donath dell’«Harvard center for internet and society» che prevede disoccupazione di massa, una distribuzione della ricchezza sempre più diseguale con l’aristocrazia digitale asserragliata nelle sue cittadelle fortificate. Può anche darsi che abbia ragione Hal Varian, il capoeconomista di Google: «Chi rimpiange i tempi in cui piatti e panni si lavavano a mano? Anche stavolta, come in passato, nasceranno nuovi mestieri al posto di quelli, più faticosi, che spariscono. Tutti noi vogliamo lavorare di meno». Più che per il risultato finale (non c’è una risposta netta) l’indagine del Pew è interessante perché esamina le varie facce di un problema fin qui poco considerato dalla politica e che, invece, è destinato ad avere in futuro un’influenza enorme in almeno tre campi: la produzione di beni e servizi con le fabbriche sempre più automatizzate e la rarefazione dei negozi sostituiti dal commercio online. Poi c’è la scuola nella quale, come dice il curatore della ricerca del Pew, Aaron Smith, «i governi preparano i ragazzi che dovranno lavorare nell’economia di Zuckerberg seguendo ancora i modelli educativi dell’era di Henry Ford», il capostipite, un secolo fa, dell’industria Usa dell’auto. In terzo luogo i governi che già oggi devono affrontare le tensioni sociali legate alla disoccupazione tecnologica. Si tratta di cominciare a ragionare su nuovi scenari e nuove realtà possibili: ad esempio sul fatto che le donne avranno probabilmente un vantaggio perché sono più portate per quei lavori che, richiedendo empatia (infermiere, insegnante, servizi alla persona), sono meno sostituibili dalle macchine. O sulla possibilità che si vada verso una società divisa in due classi: i ricchi che potranno permettersi ancora servizi svolti da personale in carne ed ossa e i ceti impoveriti che verranno serviti da robot inespressivi come quelli che in Giappone hanno cominciato ad accudire anziani e malati. Bisogna, infine, riflettere sulle diverse condizioni di ogni Paese davanti a questo problema. E, anche qui, purtroppo, l’Italia non è messa bene: secondo uno studio pubblicato pochi giorni fa dalla London School of Economics, il 56% dei lavori in Italia potrebbe essere sostituito entro dieci anni da robot e altre macchine intelligenti. Peggio di noi, in Europa, stanno solo Romania, Portogallo e Croazia. Mentre Gran Bretagna, Francia, Germania, Scandinavia e anche i Paesi baltici, sono meno vulnerabili dell’Italia: hanno un numero più elevato di impieghi — scienziati, artisti, medici, ricercatori, manager — che richiedono molta intelligenza sociale e che non sono ripetitivi. Massimo Gaggi © RIPRODUZIONE RISERVATA Tendenze La parabola dello spot per i surgelati: prima doveva convincere gli italiani più tradizionalisti in cucina, ora guarda alle nuove famiglie Il posto del barbuto capitano di marina? L’hanno preso due ragazzi gay Nell’immaginario degli over 30 il marchio Findus è per sempre legato al Capitano barbuto che dispensava saggezza e bastoncini di merluzzo. Erano gli anni 80 e si trattava di spiegare agli italiani, tradizionalisti in cucina, cosa fossero quei surgelati così «avventurosi». Fu un successo immediato. I nuovi spot dell’azienda che compaiono da giugno in tv invece non potrebbero essere più diversi. Un figlio invita a pranzo la madre annunciandole una sorpresa, a tavola con loro c’è un altro ragazzo. La mamma loda la cucina dei tagliolini congelati e lui svela: «Gianni non è solo il mio coinquilino, è il mio compagno!». La donna non fa una piega: «Tesoro mio, l’avevo capito! — dice appoggiando una mano su quella del figlio —. Ed è un ottimo cuoco». Fine della sto- ria, il pranzo continua: il coming out non ha niente di problematico, è una delle tante cose che succedono nelle famiglie italiane. L’obiettivo della pubblicità, che fa parte di una campagna di comunicazione più ampia lanciata da Findus a febbraio, è proprio quello di «mettere al centro il cibo», raccontando le «diverse famiglie e la normalità dello stare a tavola insieme» tanto importante Icone A sinistra, Capitan Findus in uno dei celebri spot degli anni Ottanta. A destra un fotogramma della nuova campagna dell’azienda, che rappresenta il coming out di un ragazzo davanti alla madre nella cultura italiana. Lo spot è stato accolto con favore dalle associazioni gay, ma ha anche suscitato qualche polemica in Rete, perché i protagonisti non si vedono mai in faccia e, secondo i cri- tici, perdono umanità (il formato però è lo stesso per tutte le coppie rappresentate, non solo quella omosessuale). Anche per questo motivo difficilmente diventerà altrettanto iconico del Capitano degli anni 80. Eppure è un cambiamento enorme nella strategia d’immagine dell’azienda. «Non si tratta di una novità da poco: Findus è un marchio strapopolare e strafamiliare — rileva Fulvio Zendrini, esperto di comunicazione d’impresa e uno dei promotori del progetto online contro l’omofobia Le cose cambiano —. Finora a quel livello solo Ikea lo aveva fatto, un’altra azienda che si rivolge alle famiglie». Come tutti i cambiamenti è un segnale: «La società è più avanti della politica e la pubblicità non segue le leggi, che ancora non riconoscono le coppie dello stesso sesso, ma la gente. Il primo compito di una campagna promozionale è stupire — dice Zendrini —. Il secondo è rappresentare un nuovo spaccato di società. Quella di oggi è fatta di tante diversità: una volta non venivano raccontate, oggi sono diventate essenziali». Elena Tebano @elenatebano © RIPRODUZIONE RISERVATA 22 italia: 52495258535051 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Cronache 23 italia: 52495258535051 Personaggi Una causa di lavoro colpisce l’immagine di una delle icone del nostro tempo: minacciava i colleghi Vini Da Kennedy a Steve Jobs Quei lati oscuri dei miti moderni Da oggi parte la vendemmia (ma c’è chi aspetta il sole) Un giudice: il creatore di Apple dietro il «cartello» della Silicon Valley computer — per lanciare un sito che mettesse in contatto i ragazzi di Harvard. E Zuckerberg di fatto l’ha dovuto ammettere, tanto da averli risarciti nel 2008 con 20 milioni di dollari e 1,2 milioni di azioni Facebook. Cattivo anche lui? Dipende. Proprio Zuckerberg rifiutò di prendere parte all’accordo anti-assunzioni che gli era stato proposto dai capi di Google. Siamo forse lontani dai «robber barons» di fine Ottocento, DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — Anche una banale causa di lavoro può contribuire a incrinare un mito. Sta succedendo negli Usa a un’icona del nostro tempo, che tale era già in vita e che ancora di più lo è diventata dopo la morte nel 2011. Il co-fondatore e poi il salvatore di Apple, Steve Jobs, il visionario, l’uomo che aveva come motto «stay hungry, stay foolish» («siate affamati, siate folli»), era — nella parole di uno che lo conosceva bene come Sergey Brin, co-fondatore di Google — «uno che non voleva rotture di c... E credo che tutto gli desse fastidio», a cominciare dalle assunzioni dei suoi dipendenti da parte degli altri colossi di Silicon Valley. Le testimonianze su come Jobs gestisse i rapporti di lavoro a Cupertino, California, sono così inequivoche che un giudice americano ha respinto venerdì la proposta di transazione da 324,5 milioni di dollari avanzata da Apple, Google, Intel e Adobe per una class action di 64 mila lavoratori che hanno visto la propria carriera ostacolata dai patti anti-assunzioni dei colossi di internet. Dell’accordo clandestino Jobs era l’ispiratore e anche il regolatore senza scrupoli, grazie alla «paura e alla deferenza» che suscitava presso gli altri big della new economy. Dal buco della serratura di un processo dunque viene fuori un’immagine affatto prodigiosa del manager e inventore americano. Ma che ogni genio possa avere un «lato oscuro della forza» — per citare un concetto caro a George Lucas, un altro mito con cui Jobs quando era a capo di Pixar si era accordato affinché la Lucasfilm non gli rubasse i talenti — è una scoperta che non sorprende, se si guarda anche solo agli esempi più recenti. Prendiamo Mark Zuckerberg. Ha fondato Facebook. È diventato il trentenne più ricco del pianeta. Ha il dominio sulle identità digitali di 1,3 miliardi di abitanti della Terra. Eppure l’idea non è stata sua. L’ha copiata dai gemelli Cameron e Tyler Winklevoss, che a lui si erano rivolti — quando Zuckerberg era ancora uno studente che smanettava con i anche se quando venne fuori per la prima volta la notizia della class action, lo scorso maggio, il New York Times si chiese: «Se fosse ancora vivo, Jobs sarebbe in galera?». In verità le pratiche di concorrenza sleale sono state frequenti nella new economy. Clamorosa fu negli anni Duemila, la contesa con le autorità antitrust americane ed europee della Microsoft allora guidata da Bill Gates, per l’abuso di posizione dominante di Windows che, Inventore Steve Jobs, (San Francisco, 24 febbraio 1955 – Palo Alto, 5 ottobre 2011), è noto al grande pubblico per aver introdotto il primo personal computer con il mouse (Apple Lisa) e per prodotti di successo come Macintosh, iMac, iPod, iPhone e iPad Presidente John Fitzgerald Kennedy (Brookline, 29 maggio 1917 – Dallas, 22 novembre 1963), è stato presidente degli Stati Uniti fra l’altro, ha ucciso di fatto il browser concorrente Netscape e imposto il suo Explorer. Ma Gates ha gettato alle spalle quell’ombra trasformandosi in un benefattore globale. I comportamenti, più che i fallimenti, dunque possono incidere sui miti, anche quelli più consolidati, considerati intoccabili. Fuori dall’economia è esemplare il declino di Tiger Woods, campione di golf, esempio di successo multietnico (padre afro-americano, madre thailandese) ma sconfitto nell’immagine dopo la scoperta da parte della moglie delle sue oltre centoventi amanti. Una caduta che Woods pagò economicamente, lui che era arrivato a essere il campione più pagato del mondo, con la perdita di molti sponsor e un ritiro (temporaneo, ora è di nuovo in attività) dalle competizioni. Ma con contraccolpi forse più pesanti sull’immaginario collettivo: addirittura era stata messa in piedi negli Usa un’avventurosa «Prima Chiesa di Tiger Woods», ovviamente chiusa dopo la scoperta dei peccati del suo «messia». Lo scandalo a sfondo sessuale è spesso devastante per le carriere pubbliche, e per questo si fa di tutto per tenere celate le abitudini più intime. Il caso di I big del digitale Zuckerberg copiò l’idea di Facebook, Bill Gates fu accusato di abuso di posizione dominante Tradimenti Le donne dell’ex presidente Usa, le 120 amanti del campione di golf Tiger Woods John Fitzgerald Kennedy, forse uno dei più grandi miti del Novecento, lo dimostra. Solo molti anni dopo la sua morte sono venute fuori le storie delle amanti, della sua bulimia sessuale soddisfatta con attrici (Marilyn Monroe) e segretarie, dipendenti e prostitute d’alto bordo. Se scoperte ai tempi in cui correva per la Casa Bianca o quando era presidente, ne avrebbero stroncato la carriera. Cinquant’anni dopo appaiono più sbiadite. E ora capita a Steve Jobs, con la scoperta delle minacciose mail ai colleghi: «Dai un’occhiata all’asimmetria delle risorse finanziarie delle nostre due compagnie», fu l’avvertimento che diede al ceo di Palm, Ed Colligan, che frenava su un accordo sulle assunzioni perché lo riteneva «oltre che sbagliato, anche probabilmente illegale». La minaccia era di fargli causa sui brevetti. E Jobs poteva trascinarla a lungo quanto voleva. Fuoriclasse Tiger Woods, 38 anni, è un golfista statunitense. Secondo Forbes è lo sportivo più pagato al mondo Fabrizio Massaro Informatico @fabriziomassar0 Bill Gates, 58 anni, è il fondatore e presidente di Microsoft. È stato per anni l’uomo più ricco del mondo © RIPRODUZIONE RISERVATA di LUCIANO FERRARO S ul Monte Orfano, forse la terra emersa più antica nella Pianura Padana, inizia oggi la vendemmia 2014. Siamo in Franciacorta, a Coccaglio, lontano dalle aziende più note del distretto del Metodo classico d’Italia. La Coldiretti apre la stagione dell’uva tra le rocce di origine marina in provincia di Brescia. Si raccolgono grappoli di Pinot nero e Chardonnay per spumante di Faccoli, una cantina familiare da 50 mila bottiglie l’anno. I vini (il più noto è l’Extra Brut) risultano sapidi e minerali, come se conservassero il ricordo delle onde. È ancora presto per capire quale sarà il risultato di quest’anno strambo. Mentre Faccoli gioca d’anticipo di una decina di giorni rispetto all’anno scorso, molti altri vignaioli hanno deciso di ritardare l’avvio dei lavori. Colpa della pioggia di luglio, in media il 74% in più, secondo Coldiretti. In Trentino sono caduti 1.000 millimetri d’acqua nei primi 7 mesi del 2014, la stessa quantità di un intero anno. Un clima simile favorisce malattie delle viti, molti produttori hanno dovuto fronteggiare attacchi di peronospera e di botrite, funghi in grado di danneggiare le piante, come la rilevato la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige. «La situazione migliorerà — spiega Maurizio Bottura della Fondazione — solo se arriverà il sole. Si comincia con le varietà precoci di base spumante, il grosso della vendemmia da noi partirà il 25 agosto». «Le uve stanno recuperando, qui la pioggia non ci ha colpito come in altre zone della Toscana — dice Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino — siamo moderatamente ottimisti, abbiamo tolto foglie sulle viti per fare passare più raggi del sole. Per il Sangiovese cominceremo la vendemmia a metà settembre, un ritorno ai tempi tradizionali, come negli anni Settanta e Ottanta, prima delle ondate di caldo che hanno costretto a vendemmie in piena estate». Soprattutto al Nord, dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia, in un’annata difficile come questa saranno i vignaioli a fare la differenza cantina per cantina: i migliori saranno quelli che riusciranno a far sentire nelle bottiglie il carattere delle loro terre. O l’eco del mare, come per i vini del Monte Orfano. (divini.corriere.it) © RIPRODUZIONE RISERVATA Lettere e interventi Tagli selettivi? Perché Renzi si è incaponito a non far eleggere i 100 senatori? E perché si è opposto alla riduzione a 350 deputati? Domenico Capussela, Basiglio (Mi) Il ricordo Antonino Scopelliti, sostituto procuratore generale della rigoroso, resta un simbolo dell’efficace contrasto dei giudici ai poteri illegali. E dimostra ai calabresi onesti che si può tenere la schiena dritta, senza piegarla alle illegalità e alle protervie dei clan mafiosi e del malaffare. Pietro Mancini, Cosenza BENI CULTURALI Expo italiano Ha ragione il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, nel sostenere che si debbano convincere i visitatori di Expo a continuare il viaggio in Italia, dal Veneto alla Calabria, per ammirare le innumerevoli opere d’arte. E ha ragione l’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Filippo Del Corno, che sul Corriere (10 agosto) ha dichiarato: «Che senso ha portare a ANTONINO SCOPELLITI Cassazione, fu ucciso, 23 anni fa, dai picciotti della ‘ndrangheta, che eseguirono la condanna a morte decisa dalla cupola dei boss di Cosa nostra. L’alto magistrato, in vacanza dove risiedeva l’anziana madre, aveva portato con sé i documenti per ultimare la requisitoria del processo, che avrebbe svolto davanti alla Suprema corte, con imputati i boss della mafia condannati nel maxi-processo istruito da Falcone e Borsellino. Magistrato riservato e 1 7 8 Milano i Bronzi di Riace che non hanno alcuna attinenza con l’Expo?». Gli organizzatori dell’esposizione dovrebbero fare il possibile affinché migliaia di turisti possano «cibarsi» pure di arte, presente in tutto il Paese. Giovanni Papandrea [email protected] Le lettere vanno indirizzate al Corriere della Sera, via Solferino 28, 20121 Milano. Fax: 02.6282.7579 E-mail: [email protected], oppure al sito www.corriere.it. La rubrica di Sergio Romano riprenderà lunedì 1 settembre. 2 5 Puzzles by Pappocom RIFORME Sudoku Difficile 4 9 3 4 7 3 3 1 5 7 8 Altri giochi su www.corriere.it 8 7 2 Come si gioca Bisogna riempire la griglia in modo che ogni riga, colonna e riquadro contengano una sola volta i numeri da 1 a 9 3 1 5 6 LA SOLUZIONE DI IERI 9 7 4 5 1 2 8 5 4 7 3 9 6 7 5 4 6 3 9 1 2 8 9 3 6 1 8 2 5 4 7 6 1 2 3 9 5 8 7 4 8 7 9 4 2 1 6 3 5 5 4 3 7 6 8 9 1 2 2 9 1 8 5 4 7 6 3 3 8 7 2 1 6 4 5 9 4 6 5 9 7 3 2 8 1 24 Cronache Sussidiario di LUCA MASTRANTONIO «Oi», il saluto telefonico Senza dolore Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 D a espressione di sofferenza, scritta con l’acca, a saluto d’apertura delle conversazioni sul telefono mobile: «oi» sta prendendo il posto di «pronto», «sì», «eccolo», «ciao»... Il fenomeno è stato analizzato da Riccardo Gualdo in Per l’italiano. Saggi di storia della lingua nel nuovo millennio (Aracne), in particolare nel saggio «Oi?! Ciao, ciao! Apertura e chiusura di conversazioni al telefonino». L’interiezione «oi», con la «ó» chiusa, è di origine centro-meridionale, ed è il risultato di fattori come la personalizzazione delle conversazioni telefoniche al cellulare (nella foto, illustrazione Olympia) e il costo o la frequenza dell’uso, che riducono all’essenziale i convenevoli. Fenomeni che riguardano anche le formule di chiusura, come ricorda Silverio Novelli sul sito Treccani: «Ciao, ciao, ciao» diventa «cià, cià, cià», detto freneticamente. «Oi», come «ohilà», è un segnale di richiesta d’attenzione tipico del centro-sud. L’espressione si diffonde alla fine degli anni 70 con il movimento musicale «Oi!» di street punk, ed entra nelle conversazioni al cellulare nei 90, influenzato anche dal saluto d’apertura americano, «hi!». Si usa spesso quando si risponde alla telefonata, prevista, di una determinata persona, con cui magari si è parlato poco prima: allora la funzione è «anaforico contestuale» (sempre Novelli), perché rimanda a una precedente situazione condivisa, da portare a termine. E la letteratura? Ecco due brani La cena in terrazza con citati da Gualdo: «Ohi! oohi! cominciarono a vociare gli uomini della ciurma passandosi la fune», da La Lupa di Giovanni Verga. E così scrive Carlo Levi in L’Orologio: «Oi Giacinto, non hai finito? Spicciati!». «Oi» esprime empatia, condivisione e richiesta di attenzione. E la sofferenza? Forse il sistema nervoso ci chiede di fare un po’ meno telefonate. [email protected] criticalmastra.corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovanni Rana «S a, la mia compagna non è carnivora» dice il signor Giovanni aggiungendo al brodo un altro cucchiaio di fegatini. Da quanto state insieme? «Mah, una ventina d’anni». Cosa mangiate? «Verdure, pasta, pesce. Carne poca». Come l’ha conquistata? «È lei che ha conquistato me». E la tiene a stecchetto? Altri fegatini di pollo: «Io a stecchetto? Impossibile». Quanto pesa? «Venti chili più del dovuto: 110. Sedici anni fa erano cento: mi portò al ristorante guidando una Ferrari Testa Rossa… Eh eh, altri tempi, altro sangue. Adesso ho il sangue del nonno. Con i miei nipoti faccio discorsi incredibili. Cucinano per me. Maria Sole, 11 anni, i dolci. Nanni, 19, i primi». Passione di famiglia. Che scuola fa Giovanni? «Deve cominciare l’università Itaca, a New York, scienze dell’alimentazione. Le piacciono queste tagliatelle in brodo? Tipica ricetta veneta. Sarebbe da inverno, ma con questo tempo…». Con questo tempo anche il secondo è tassativo: bollito misto con la Pearà. «Stasera però mangio solo una mela. O una fetta d’anguria». Il suo cibo preferito? «Ah, il risotto. Anche i tortellini. Ma dalle nostre parti, bassa veronese, erano un piatto della festa. Son cresciuto con le tagliatelle della mamma, bigoli, risi e bisi». Lei cucina? «Una volta: sempre primi, pasta al forno in tutti i modi. Adesso mi sono impigrito». Il pasto principale? «Pranzo. Di sera frutta. Faccio anche gli assaggi in azienda. Ieri per esempio gnocchi, i nuovi tipi partono a settembre. Assaggio anche i concorrenti, per forza. Ma faccio 40 minuti di piscina ogni sera. Sa, con il mio nome... Ho costruito prima la piscina, poi la casa. E poi tutt’intorno l’azienda». L’ultima volta che ha visto un medico? «Pochi mesi fa, check-up nel Wisconsin. Esami a posto. Ho detto al dottore: con me avete poco lavoro». Mezzogiorno nuvoloso al ristorante Gelmini, sotto un enorme gelso. «Dopo la guerra questa era una baracchetta, ci venivano i miei fratelli. La signora Bianca è ai fornelli dal 1956». A Ca’ di David, frazione di Verona sud, i fratelli del signor Giovanni (come lo chiaman tutti) avevano aperto un forno. Lui, ultimo di sei, portava in giro il pane. Cosa è successo dopo, lo racconta lui stesso nelle università: Giovanni Rana è diventato la faccia e il sinonimo della pasta fresca in Italia e nel mondo. Partendo da un Guzzino e da una stalla. «Ho imparato da un vecchio pastaio di Bovolone, un certo Zanca. Poi ho chiesto un locale al papà della mia fidanzata e lui mi ha dato una stalla. Con un amico muratore l’abbiamo rimessa a posto e siamo partiti: tortellini con la carne, poi ricotta. Ai tempi era un prodotto innovativo: devo ringraziare l’emancipazione femminile. Le consegne con il motorino, l’ha visto all’entrata dell’azienda? È quello originale: con il vento contro, me tocava cambià marcia». Oggi l’azienda di San Giovanni Lupatoto ha oltre 600 dipendenti, 30% immigrati, cinque stabilimenti nel Nord Italia, uno a Chicago. Al timone lui e Gian Luca, il figlio: «Devo ringraziarlo, la nostra avanzata all’estero è merito suo. Era il mio sogno: sbarcare in America». Il signor Giovanni, 76 anni, non va in vacanza più di 7 giorni. A fine agosto l’ha invitato un cliente in Sardegna, «tutto pagato». Gli piacciono le sagre di paese. È appena stato a quella del Pan Moio, non lontano da qui, a Ronca’. «È la storia di quando c’era poco da mangiare: poareti, fasevano un pane poco lievitato, duro, lo mettevano in questo brodo, un po’ di cipolla, un po’ d’olio sì e no». Come è andata alla sagra? «Mi aspettavano come il Papa. Mi son se- «TRUCCO LE MACCHINE PER FARE LA SFOGLIA» ILLUSTRAZIONE DI GUIDO ROSA di MICHELE FARINA un’estate italiana Mangia i dolci fatti dalla nipotina. Pesa 110 chili («Ma ogni sera nuoto 40 minuti») e confessa: «Modifichiamo le impastatrici, come si faceva con le Abarth» duto su una panchina, mi e un altro, e la panchina s’è ribaltata. Ho detto, calma ragazzi, non abbiamo ancora cominciato a bere». Appunto, cosa si beve? Con le finissime tagliatelle fatte in casa un bianco Soave, Valpolicella con il bollito misto: lingua, cotechino e manzo con la Pearà, la tipica salsa veronese. Dove pranza di solito? «A casa. Passo dallo stabilimento. Mi piace l’atmosfera, quella che chiamo la musica del muletto». Come cambia il gusto degli italiani? «Guardi, noi facciamo trecento ricette. Il cambio è continuo. Adesso vogliono l’agrodolce, il curry, le verdure, pochi grassi, più salutismo». La ricetta che va di più? «Mah, forse gli Sfogliavelo al prosciutto crudo». Quando torna in tv? «Nuovi spot a settembre». Top-secret? «Pensi che io che sono il protagonista non so niente. Al marketing hanno paura che spifferi tutto». Facile dirigere l’azienda in tandem con un figlio? «Me lo chiedono molti colleghi, preoccupati: “Ma voi andate d’accordo?”, mi dicono. La mia risposta classica? Che “io vado d’accordo con mio figlio”. Non noi. Capito? Siamo noi padri che dobbiamo essere un po’ psicologi». Non bisogna essere psicologi per capire che questa torta di mele accompagnata da un bicchiere di Recioto è buonissima. «Il segreto? Dico solo che per un etto di farina c’è un chilo di ottime mele» dice la cuoca Bianca. E la ricetta per uscire dallo stallo italiano? Il signor Giovanni sospira: «Secondo me bisogna che scalemo una marcia tutti. Ma è fatica». Scaliamo in che senso? «Negli anni Sessanta avevamo bisogno di tutto: scarpe, jeans, tortellini. Adesso abbiamo tutto e dobbiamo perfezionare tutto. Lo dico ai ragazzi: voi dovete essere super-specializzati». Con una marcia in meno? «Nel senso che ormai non si possono La cucina dei romanzi Chi è Giovanni Rana è nato a Cologna Veneta nel 1937 ed è il fondatore del gruppo «Pastificio Rana», uno dei leader mondiali nel mercato della pasta fresca più fare le otto ore al giorno, bisogna farne cinque ma tirar fuori il meglio». Certo «abituarsi a vivere con un tenore inferiore è dura. Si fa fatica a rinunciare». Il primo segreto della pasta fresca? «Solo materie prime di alta qualità». Per farla in casa? «Più fine è la sfoglia, che deve essere sottile ma elastica, più gusti il ripieno». Voi come fate? «Modifichiamo le macchine impastatrici per ottenere il massimo della bontà». Come truccare il motore di un’auto? «Come fare un’Abarth». La signora Bianca però usa il mattarello. «Io davanti al mattarello, specie nelle mani di una donna, mi inchino sempre». A proposito di cibo ed eros: un piatto per conquistare l’amato o l’amata? «Risotto alla mantovana, con il pilaf e la pasta di salame. Infallibile. E da bere lambrusco di Sorbara». @mikele_farina A passo leggero © RIPRODUZIONE RISERVATA di CRISTINA GABETTI di PAOLO DI STEFANO Da Venezia a Capri a tavola con Parise «C enò al Quadri: aragosta freschissima (Mario, il maître, era molto soddisfatto del consiglio) e Silvaner ghiacciato. Guardò intorno a sé e vide una donna stupenda, con i capelli molto corti e un occhio leggermente più piccolo dell’altro, che cenava sola molto lentamente. A un certo punto perdette un anello, l’uomo lo raccolse, glielo diede e lei sorrise con grandissima eleganza nelle labbra». Non aspettatevi di più, Parise si ferma qui. In compenso, quando l’uomo riparte da Venezia, porta con sé «la laguna ondulante e la dolcezza della vita». Ma Sillabario offre anche incontri a tavola meno malinconici, come quello di un mezzogiorno a Capri, lui e lei seduti «Da Luigi», due calici di vino freddo, due piatti di cozze al pepe sulla tovaglia bianca. E un bacio inaspettato sulle labbra di lei: «Era vero, le labbra erano indurite dal vino freddo e fuori, intorno, sopra il labbro era rimasto un po’ di sale». Goffredo Parise, Sillabario, Adelphi © RIPRODUZIONE RISERVATA Il piacere perduto delle lettere scritte a mano M entre il volume delle email sale a livelli vertiginosi e la posta elettronica contribuisce ad aumentare lo stress, i postini consegnano sempre meno lettere e cartoline scritte a mano. Trovare nel plico di cataloghi e inviti il segno di una penna e il carattere di una grafia è un piacere quasi dimenticato. Mi è bastato tenere in mano le lettere della mia adolescenza, custodite in cima alla libreria, per rivivere la gioia di ricevere buste affrancate e timbrate, di calcolare il tempo trascorso in viaggio prima di infilare l’indice nell’angolo per aprirle, di sentire il suono dello strappo insieme al profumo di cellulosa, e la sensazione di sfilare il contenuto e di cercare un posto comodo per leggerlo. Poi la fatica di decifrare una parola, la personalità del mittente svelata dalla forma dei caratteri e il trattamento dello spazio: pagine fitte e ordinate, margini frastagliati, righe ondulate, scritture tonde o spigolose. Mi piaceva scorrere le dita sul foglio per sentire il solco della penna, e dall’intestazione della carta, ripercorrere la genesi dei pensieri rivolti a me. Durante le necessarie pause dagli schermi, affidiamo alla penna qualche parola, e manteniamo vivo un rito che altrimenti rischia di essere archiviato. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Un’estate fa di MARIA LUISA AGNESE La leggerezza (in anticipo) di Patty Pravo Cronache 25 italia: 52495258535051 F ino a 15 anni la paffuttella Nicoletta Strambelli era una quasi signorina di buona famiglia, portava gonne al ginocchio e cotonatura in perfetto stile anni 60, studiava al Conservatorio e a Venezia dove viveva aveva alte ed eclettiche frequentazioni da Ezra Pound ad Angelo Roncalli. Poi in un baleno la musica cambiò, un passaggio nella swinging London e lei divenne Patty Pravo, minigonne e stivaloni, fisico neoanoressico, viso sfilato, aria un po’ Stili diversi Da sinistra Patty Pravo con la gonna lunga e poi con stivali e look hippie hippie: era nata la reginetta del Piper di Roma e della nuova notte italiana (non pensate alla «trasgressione» perché a nominarla Nicoletta si indispone). La ragazza in fondo non tanto triste che amava la libertà regalò un immaginario diverso alle donne uscite come lei dal dopoguerra: reclamava imperiosa l’indipendenza, cogliendo gli spiriti nell’aria ancor prima del ’68, e difatti la sua «Qui e là», quasi un manifesto per una generazione, è del 1967: «Oggi qui domani là, senza freni io vado e vivo così», frase inconcepibile sulla labbra di una donna fino ad allora. Una rivendicazione imperiosa ma leggera, come ha confessato a Malcom Pagani in una recente intervista per il Fatto Quotidiano: «Io penso che si debba ridere almeno per mezz’ora al giorno. Se non mi accade, lo faccio accadere. I piagnoni sono insopportabili. Bisogna essere leggiadri». © RIPRODUZIONE RISERVATA Le relazioni pericolose Preferirei di no di MARIA LAURA RODOTÀ Se in Rete il meteo è più cliccato del sesso Lui scrisse: è la mia grande fortuna Lei confidò: solo Burton mi manca ILLUSTRAZIONE DI STEFANIA CAVATORTA di PAOLO VALENTINO Q uando prenotavano un albergo, prendevano tre suite: quella dove abitavano, quella al piano di sopra e quella al piano di sotto. Pensavano alle loro maratone: di sesso, di urla, di alcool. Conoscevano i loro litigi epici, fatti di insulti irripetibili, botte, oggetti lanciati con forza, cristalli in frantumi. E non volevano essere interrotti o disturbati dalle eventuali proteste di altri clienti. In verità, migliaia di fan avrebbero pagato il doppio del prezzo pur di avere una suite vicino a «Liz and Dick». Il loro fu un «amore furioso», il più celebre, il più scandaloso, il più drammatico degli anni 60. Nell’arco di dodici anni si sposarono due volte e divorziarono altrettante. Sovrapponendo e mescolando il cinema con la vita reale, Liz Taylor e Richard Burton hanno attraversato il loro tempo come due comete scintillanti, offrendo al mondo il baluginare di un’esistenza fiabesca fatta di feste favolose, barche, jet privati e gioielli, ma anche il lato oscuro di una relazione avvelenata dall’etilismo, dalle risse, da una «reciproca dipendenza» che esagerava e deformava ogni prospettiva. E ha un alone di leggenda, nonostante sia andata proprio così, che tutto cominciasse nella primavera del ‘63 a Roma, sul set di un film. Non un film qualunque, ma il più costoso dell’epoca, il primo che vide una star di Hollywood, la Taylor appunto, ricevere un cachet da 1 milione di dollari per recitare nella parte di Cleopatra, diretta da Joseph Mankiewicz. Al primo appuntamento col regista e l’attrice, Burton, scelto per il ruolo di Marco Antonio, si presentò ubriaco e barcollante. Le sue mani tremavano, mentre cercava di bere caffè. Fu Liz ad aiutarlo a portare la tazza alle labbra. Come i protagonisti del film, si desiderarono subito. Pochi giorni dopo, girando la prima scena d’amore, il bacio tra i due durò così a lungo, che Mankiewicz chiese scherzando se poteva ordinare il cut. Loro continuarono. Sarebbe passato alla storia come «le scandal». Erano entrambi sposati. Lui con l’ex attrice Sybil Williams, dalla quale aveva avuto due figlie, la più piccola autistica. Lei, al quarto matrimonio, con il cantante Eddy Fisher, che aveva rubato a Debbie Reynolds, la fidanzatina d’America, guadagnandosi per sempre la fama di divoratrice di uomini. Ma nulla poté fermare la loro attrazione fatale: «Io e Ri- Troppo amore per restare insieme Liz e Richard, scandalosa passione La coppia Un amore tormentato Liz Taylor e Richard Burton si sono sposati e hanno divorziato per due volte nell’arco di dodici anni. La scintilla scocca a Roma nel 1963 sul set del kolossal «Cleopatra» Lo scalpore per la relazione Taylor aveva alle spalle già quattro matrimoni quando si innamorò di Burton, sposato anche lui. La loro storia fu molto chiacchierata e finì su tutti i giornali Il successo nel cinema Recitarono in una decina di film raggiungendo il culmine di popolarità in «Chi ha paura di Virginia Woolf?». Film che a lei valse l’Oscar chard non ci bastavamo mai, lui era così sexy, splendidamente selvaggio», avrebbe detto ricordando gli inizi. Si amarono nel film e anche dopo. Quando l’affaire finì sui giornali, fu come un fuoco d’artificio. Nel clima dell’epoca ancora intriso di moralismo e ipocrisia, anche Radio Vaticana si sentì in dovere di accusare i due amanti di «minare la salute morale della società». Si sposarono nel ‘64, diventando la coppia più celebre, più contesa ma anche più improbabile della fabbrica dei sogni. Le loro storie facevano a pugni. Liz, americana cresciuta a Londra, agiata, figlia di un’attrice e di un mercante d’arte, aveva esordito nel cinema a 12 anni e non aveva conosciuto altro che quel mondo magico e luccicante. Lui, dodicesimo dei 13 figli di un minatore del Galles, si era fatto strada grazie a talento e volontà. Era un grande attore scespiriano, ma in fondo provava vergogna a recitare perché dalle sue parti il palcoscenico era roba da «sissie», omosessuali. Burton voleva fama e denaro, che il teatro non poteva dargli. Per questo aveva scelto il cinema. E fu l’incontro con Liz, la donna col tocco di Mida, a farlo brillare nel cielo di Hollywood. Recitarono insieme in una decina di film, raggiungendo l’apice in «Chi ha paura di Vir- ginia Woolf?» di Edward Albee, nel ‘66, che a lei valse l’Oscar e a lui la nomination, una delle 7 mai coronate da vittoria. I regali di Dick a Liz fecero epoca: il più celebre fu il diamante da 70 carati, acquistato a un’asta per 1 milione di dollari e ribattezzato il Taylor-Burton. Ma furono 10 anni segnati anche da liti in pubblico, sbornie, purtroppo abusi fisici di lui nei confronti di lei. Divorziarono nel ‘74. Si ripresero meno di 16 mesi dopo. Si lasciarono nel ‘76. Nel 1983, sempre amici, cercarono un ritorno sulla scena insieme, in una commedia teatrale, «Private Lives» di Noel Coward. Successo di pubblico, disastro di critica. Liz saltò molte repliche perché troppo ubriaca. Burton morì un anno dopo. «Sono stato disordinatamente fortunato nella vita e la più grande fortuna è stata Liz: è brillante, timida, bella oltre i sogni più pornografici, può esser arrogante e testarda, ma anche dolce e mite, può tollerare la mia ubriachezza e la mia impossibilità. E ama me», scrisse nei suoi diari l’attore. «Non mi importa nulla di tutti gli uomini che ho avuto — confessò lei un anno prima di morire nel 2011 —, la verità è che Richard è l’unico che ho amato e di cui mi importi ancora qualcosa. Mi mancherà fino alla morte». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il giallo Il male non dimentica UNO STRANO CASO CHIUSO CON UNA FRETTA SOSPETTA di ROBERTO COSTANTINI Italia Balistreri vola giù da una scogliera a Tripoli il 31 agosto 1969. Quella notte Gheddafi prende il potere. Nel 2011, mentre Gheddafi crolla, il commissario Balistreri indaga su una serie di delitti che lo riporteranno dove non voleva mai più tornare (Tripoli, 3 agosto 1969) Nadia Al Bakri, la sorellina di Ahmed e Karim, è sparita da questa mattina nel percorso tra la baracca degli Al Bakri e le ville. Immersi nella nebbia gialla del ghibli, la cerchiamo tutti per ore tra la campagna e l’uliveto, ma è inutile. Arriva anche la Polizia guidata dal Generale Jalloun in persona, un omaggio evidente all’importanza di mio padre. Ci riuniamo nel salone della nostra villa. Tutti tranne Marlene Hunt. Marlene è sola nella villa accanto. La donna più bella del nord Africa. Ieri le ho spalmato la crema protettiva dal collo all’orlo del bikini. Oggi… È un pensiero tanto insensato quanto irresistibile. Senza farmi notare esco nel giardino. Il maledetto ghibli, dopo tre giorni infernali, sta finalmente calando e i raggi del sole ora filtrano un po’ attraverso la cortina di sabbia. Mi affaccio alla porta socchiusa di villa Hunt. Lei è la madre della tua ragazza. Ha 34 anni e io nemmeno 20… Ma è una forza irresistibile a spingermi. In silenzio comincio a salire i gradini che portano al terrazzo. Dove Marlene prende l’abbronzatura integrale. La porta del terrazzo si apre, lei è completamente nuda. Si ferma lì in cima a osservarmi ed è come ricevere un tae al petto. Barcollo, poi cado all’indietro, rotolando fino in fondo alle scale. Mi rialzo, sento la sua risata e la porta della terrazza si richiude. Sono in fiamme. Corro fuori, esco dal cancelletto sul retro del muro di cinta. Gli ultimi ruggiti del ghibli mi schiaffeggiano il viso mentre corro fino alla baracca dove abita la famiglia Al Bakri. Supero di slancio la fossa di letame dove sette anni prima sono stati ritrovati i cadaveri della donna e della neonata. Mi addentro nell’uliveto. Il sole stava calando, è una palla di fuoco all’orizzonte che ora riesce a bucare il ghibli. Ai lati del sentiero, tra le casupole di lamiera dei pastori le capre belano incustodite. Il cane pastore abbaia troppo, è nervoso, annusa la porta del vecchio frantoio abbandonato da anni. Le mosche sono troppe, per il vento che ancora tira. La porta del frantoio è bloccata con un lucchetto. Sbircio dalla finestra, attraverso i vetri resi opachi da anni di sabbia. Sono paralizzato, nel corpo e nella mente. Mi rifiuto di pensarci, torno di corsa verso Edicola e web Su Corriere.it Ogni puntata di questo giallo si può trovare su Corriere.it L’iniziativa Dal 12 con Corriere e Gazzetta in vendita il primo libro della trilogia di Roberto Costantini le ville. Il corpo di Nadia è lì dentro. Pochi giorni dopo. Il Generale Jalloun ha già arrestato l’assassino di Nadia, il vecchio pastore Jamaal. Ma io non ci credo affatto. Questa sera mia madre è sul solito dondolo sulla veranda. Come sempre, beve whisky, fuma e legge Nietzsche. Mi siedo accanto a lei, che alza lo sguardo dal libro e sorride. Sono tante le rughe intorno ai suoi occhi, ma il sorriso è sempre lo stesso. Quello con cui mi ninnava a due anni e mi cantava la filastrocca per addormentarmi. Tiro fuori dalla tasca dei jeans un foglietto a quadretti spiegazzato, scritto a matita. Lì sopra ho segnato i movimenti di tutti i miei sospettabili per la morte di Nadia. Glielo passo senza una parola. Lei legge in silenzio quei nomi terribili, sino alla fine. Non dice, come avrebbe fatto papà, che sono solo un ragazzo e quelle sono cose da adulti, cose serie per la Polizia. Riguarda più volte il foglietto con i miei appunti. Lo piega e lo mette nel libro di Nietzsche. «Va bene, Mike, controllerò. Ma tu non fare niente». Il giorno dopo il pastore Jamaal si taglia le vene nella sua cella e il caso viene chiuso. Quel foglietto, come le foto di don Eugenio con Nico, restano a Italia. (7—continua) © RIPRODUZIONE RISERVATA U na battuta che si preferirebbe non sentire, ma davvero, in questi giorni, è quella declinata in mille modi per commentare la notizia del meteo che ha battuto il porno. Online, ma neanche tanto. In Italia, in quest’estate che — neanche ovunque — è arrivata solo ora. Lo si è appreso da Alexa.com, il servizio contaclic di Amazon. Il principale sito di previsioni del tempo è al 22esimo posto tra le ricerche nostrane. Per trovare un sito porno, bisogna arrivare al 29esimo. Al netto delle chiose volgari, i piazzamenti hanno scatenato ondate di sociologismo poveraccio (quello di noi pennivendoli, e di cittadini altrimenti svegli che ci danno retta): sul meteo che non ci azzecca e sugli italiani depressi che non fanno più sesso; neanche quando non possono andare in spiaggia perché piove. Plausibile, per carità. C’è un’altra interpretazione, volendo. Benaltrista, ma neanche tanto. Ha a che fare col mostruoso ritardo italiano nella diffusione della banda larga. Siamo in bassissima classifica, peggio di un sito fetish d’agosto, il che ci costa 1 punto-1 punto e mezzo di Pil. Siamo malissimo collegati appena mettiamo piede fuori dai nostri uffici e dalle nostre case dal Wi Fi opinabile ma esistente. Quando siamo in ferie per pochi giorni (quasi tutti, quest’anno) ci ritroviamo con Wi Fi raro e due tacche del 3G; e le sfruttiamo per controllare il meteo. Non per cercare un video sexy, da soli/e o per movimentare le cose con la persona cara. Nella media località di villeggiatura italica è difficile caricare anche un segmento di due minuti da YouPorn. Tale carenza non preoccupa la nostra classe politica modello Tutti dicono I Love You (si baciano tanto). Non pare curarsi dell’agenda digitale, o forse ha perso l’agenda, chissà dove l’ha lasciata, va sempre di furia (toscanismo). © RIPRODUZIONE RISERVATA L’axforisma di J-Ax Se qualcuno, per convincerti a non tatuarti, ti dice «pensa a come sarai a 80 anni» rispondigli così: un tattoo non ti fa diventare ridicolo in vecchiaia, invece le banalità ti fanno sempre ingrigire prima del tempo 26 italia: 52495258535051 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 27 italia: 52495258535051 DUE PAGINE SUL «NEW YORK TIMES» NEW YORK – I 900 scrittori anti-Amazon hanno mantenuto la promessa: ieri sul «New York Times» è uscito il loro appello a pagamento, due pagine di pubblicità (a fianco) in cui si denuncia Amazon, il colosso della vendita online, che avrebbe boicottato l’editore francese Hachette per aver respinto la richiesta del gruppo di Jeff Bezos di ridurre i prezzi degli ebook. Un boicottaggio, è la denuncia, che va dal rendere Le firme dei 900 autori contro Amazon. E Bezos ora boicotta film Disney «indisponibili» le prevendite dei libri (cartacei e digitali) di Hachette al ritardarne la distribuzione. Una linea che — scriveva ieri il «Wall Street Journal» — Amazon starebbe replicando, impedendo le prevendite fisiche (non invece di quelle digitali) di due film della Disney («Maleficent» e «Captain America: the winter soldier»). Le due parti non commentano. L’appello partito dallo scrittore Douglas Preston ha coinvolto firme come Cultura Stephen King, Paul Auster, John Grisham, Jonathan Littell. L’appello è sia ad Amazon affinché cessi di colpire gli autori Hachette («rappresaglia selettiva») sia ai lettori affinché protestino alla mail [email protected]. Amazon replica che vendere ebook a 14.99 o 19.99 dollari è troppo e che un prezzo più basso favorirebbe le vendite. Fabrizio Massaro © RIPRODUZIONE RISERVATA ilClassico L’oggetto dei suoi fini aforismi è il Paese che lo ospita: il saggio di Emil Cioran (foto) Sulla Francia, ritratto di pregi e difetti d’Oltralpe, uscirà il 28 agosto per Voland (traduzione di Giovanni Rotiroti, pp. 112, € 13). Fu scritto nel 1941, quando il filosofo rumeno si trasferì in via definitiva a Parigi. Riletture Al tempo del Bardo era perennemente oltraggiato l’olfatto, evocato nelle sue opere. Che oggi ispirano la commercializzazione di essenze Shakespeare, profumo sul tanfo del mondo L’alito di Amleto, le viole di Enrico V, rose su rose. Ma l’odore del sangue non passa di SERGIO PEROSA T ragedie e drammi di Shakespeare sono spesso così truci, da essere impervi all’effetto dei profumi. Celebre lo spasimo di Lady Macbeth nella scena del sonnambulismo: «C’è sempre l’odore del sangue: tutti i profumi d’Arabia non tergeranno questa piccola mano». Del resto la puzza era endemica nell’epoca elisabettiana, date le incredibili condizioni igieniche. Il profumo, più che un tocco di grazia e leggiadria, offriva un necessario antidoto ai cattivi odori che si spandevano ovunque: c’era un perfumer addetto a profumare le stanze e la lavanda era sparsa sui pavimenti di terra o di assi per tenerli puliti e profumati. Non stupisce che i profumi umani risultino nauseabondi. Nel sorprendente sonetto 130 («Gli occhi della mia bella non sono come il sole») una sfilza di negatività antipetrarchesche culmina in «E in certi profumi c’è più delizia / che nel fiato che dalla mia donna esala». La plebe nel Giulio Cesare emana «un tal profluvio di fiato puzzolente», che il poveretto sviene. Di contro, l’alito di Amleto è profumato: a Ofelia ha fatto doni «con parole impregnate d’alito così dolce / da arricchirli». Così per la bella e tartassata Imagen in Cymbeline: la sua fragranza pro- Avversione Sia nei sonetti sia nei drammi, il poeta mostra ripugnanza per le imbellettature e l’uso eccessivo dei cosmetici che mascherano la vita fuma la sua stanza. Dei profumi naturali, c’è tutta la gamma. L’estate ha l’alito mielato (ma durerà?, sonetto 65). La violetta precoce ruba l’alito profumato all’amato del poeta (sonetto 99) ma, come dice Laerte nell’Amleto, è transeunte, dà profumo e piacere solo per poco (motivo spesso associato a fiori e profumi). Alle violette pensa Enrico V nella notte antecedente la battaglia, sentendosi uomo prima che re: esse profumano per gli altri come per lui. C’è un caleidoscopio di rose: quella muschiata, la rosa damascena (rosata); la rosa coltivata è costantemente contrapposta da Shakespeare e dai suoi contemporanei al fiore selvatico, inodore. Ma non del tutto muoiono i fiori. Alla loro morte ne vengono distillati i profumi artificiali, le essenze («i fiori distillati, pur se incontrano l’inverno, / perdono solo l’aspetto; ancora profumata resta la sostanza», sonetto 5. Del processo di distillazione si parla esplicitamente in Cymbeline. Qui scattano due tipiche impennate shakespeariane. Nei «sonetti matrimoniali» (1-17), i profumi distillati diventano figura dell’amico del poeta, invitato e spinto a «distillare» se stesso e la propria essenza, cioè il seme, per la procreazione, proprio come avviene per i profumi nel lambicco. L’emissione del seme richiesta all’amico per assicurarne la discendenza viene equiparata al processo di distillazione dei profumi. D’altro canto, profumo e cosmesi sono visti e presentati da Shakespeare (che oscilla frequentemente per fini drammatici fra un’idea, un concetto, un’affermazione, una visione del mondo, e il loro contrario) come affettazione dei dandy e delle donne da poco o «da conio», dei cortigiani. Come denota un ricorrente pregiudizio e quasi un disgusto per la sessualità femminile, così altrettanto ripugnanza mostra per le imbellettature e l’uso eccessivo dei cosmetici nel suo tempo, che chiama impiastri — come in ef- Il dipinto di William Hogarth (1697-1764) «Falstaff esamina le reclute» (1728), episodio tratto dall’«Enrico IV» di William Shakespeare fetti erano. In sonetti e drammi è virulento il suo ribrezzo per la cosmesi che maschera la vita, per l’imbellettatura posticcia che cela e camuffa il vizio. Amleto, uno dei tanti a prendersela con i cosmetici, si fa gioco di Osric, il cortigiano che gli porta la sfida truffaldina del re Claudio, una waterfly, una libellula che con i suoi salamelecchi e sbandieramenti di cappello lascia presagire uno strascico di olezzante profumo. In altri due passi Amleto ha ripugnanti riferimenti: nella scena con Ofelia, «ho sentito, sì, quanto basta, dei vostri belletti; Dio vi ha dato una faccia, e voi ve ne fate un’altra», e tremendamente quando medita sul teschio di Yorick: «Adesso va’ nella camera della mia signora e dille, si metta pure un belletto spesso un dito, dovrà ridursi così». E nella prima parte di Enrico IV, il valoroso Hotspur, appena uscito stremato e inzaccherato dalla battaglia, se la prende con il popinjay, il pappagallino e lezioso damerino venuto a chiedergli di consegnare i prigionieri: «Era profumato come una modista Il libro La storia letteraria scritta negli aromi Le descrizioni minuziose delle toelette femminili di Balzac («C’è odor di femmina», arrivò a scrivere Théophile Gauthier parlando dei suoi romanzi), quelle realistiche di Émile Zola, gli odori forti delle città dickensiane. Il profumo spesso è stato il tessuto invisibile della letteratura. Ed è dedicato alle fragranze e ai modi con cui queste si possono raccontare Il profumo della letteratura, volume a cura di Daniela Ciani Forza e Simone Francescato (Skira, pp. 381, e 26, in libreria a ottobre). Un saggio che indaga i rapporti tra scrittura e olfatto per restituire il panorama storico e sociale di romanzi e racconti. Gli autori, studiosi di lingua e cultura angloamericana, scandagliano l’universo letterario dall’antichità all’epoca moderna, dalla sensibilità pre-rinascimentale al mondo di Shakespeare (nell’immagine). Per arrivare al simbolismo e al decadentismo fin de siècle o agli esempi letterari più vicini a noi, dove l’odore, in certi casi, diventa elemento narrativo vero e proprio (si potrebbero prendere ad esempio le descrizioni olfattive della povertà fatte da John Fante). Non mancano le ricostruzioni della storia delle stesse fragranze. A volte queste sono dei veri mini-romanzi. / e fra pollice e indice teneva / un astuccio di aromi, che ogni tanto / portava al naso, e lo ritraeva./ …/ mi imbestialì / vederlo così in ghingheri e tutto profumato, / e che parlava come una dama di compagnia». Cosmesi e profumi sembrano accentuare la mendace e ingannevole apparenza che sfida e tradisce la vita; non nascondono la bruttura, ma la mettono in luce. La piena esaltazione del profumo, sgombra da ogni remora, è però nei primi versi de La dodicesima notte («Se la musica è cibo dell’amore, suonate, / datemene a sazietà…»), con evidente sinestesia: la musica si spande all’orecchio del melanconico Orsino come un flusso di dolce (o profumato) suono «che alita sul prato di violette, rubando e dando profumo». E infine, in Antonio e Cleopatra, nella splendida descrizione fatta da Enobarbo della regina sulla galea che la porta sul fiume Cidno e arde sull’acqua come un trono brunito, che culmina proprio con l’effetto inebriante del profumo: «La poppa era d’oro battuto, di porpora / le vele, così profumate che le brezze / ne languivano d’amore /.../ Dalla galea un profumo sottile e arcano / colpisce i sensi sulle rive vicine. / La città si riversò fuori ad ammirarla / e Antonio, in trono sulla piazza del mercato, / rimase solo, a fischiettare all’aria». Sempre per sinestesia, il profumo più forte, che rimane, è naturalmente quello che emanano i versi stessi di Shakespeare, anche i più truci. Tanto che a loro, con citazioni esplicite o sepolte, «celate» o allusive, si rifanno oggi i nomi di innumerevoli marche. Il Black Phoenix Alchemy Lab ha una Shakespeare Collection con nomi di personaggi shakespeariani per le diverse essenze — Antony, Caliban, The Apothecary, Cordelia, Juliet, Helen, ma anche Iago, Lear, Lady Macbeth, Othello, Tamara e Yorick (con relative citazioni). Body Time ha lanciato le Shakespeare In the Park — New Fragrances, usando per nomi i titoli dei drammi a cui corrisponderebbero. Esiste una Shakespeare in Love, «red rose composition», un profumo chiamato minacciosamente Beware the Ides of March (Attenzione alle Idi di marzo), uno Fair Verona in onore di Giulietta, e nella linea recente della Mavive, un The Merchant of Venice. Un’Accademia di profumi shakespeariani c’è anche in India e in Italia. Non credo Shakespeare se ne sarebbe adontato; avrebbe sorriso, complice e compiaciuto. © RIPRODUZIONE RISERVATA Uomini e leggi Pubblicati da Giuffrè gli atti del convegno di Macerata in onore del sociologo e giurista tedesco Fame di diritto, e poco di cui saziarsi: l’allarme di Teubner di ANTONIO CARIOTI S Il sociologo del diritto Gunther Teubner (70 anni), professore emerito dell’Università Goethe di Francoforte embra al tramonto l’epoca in cui al centro del sistema giuridico c’era la dimensione statale, cui era affidata la produzione esclusiva delle leggi. Le grandi imprese si sottraggono sempre più ai vincoli degli ordinamenti nazionali e tendono a creare un proprio diritto sostanziale su base privatistica. La tecnologia rende possibili situazioni inedite, che sfuggono alle regole vigenti e tuttavia esigono tutele in sede giudiziaria (si pensi al caso dei due gemelli con quattro genitori). Autori come il sociologo del diritto Gunther Teubner, professore emerito dell’Università Goethe di Francoforte, ritengono necessario rispondere alla «fame di diritto» sviluppata dalle diverse comunità transnazionali promuovendo un «costituzionalismo senza Stato», in cui i rapporti tra le norme siano strutturati non più in forma gerarchica, ma «eterarchica», cioè individuando volta per volta la disciplina applicabile ai singoli casi mediante ricostruzioni di competenze su base policentrica. Proprio sulla teoria di Teubner, in occasione del conferimento allo studioso tedesco della laurea honoris causa, il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Macerata ha organizzato una giornata di studi, i cui atti sono ora confluiti, assieme ad altri contributi di docenti italiani e stranieri, nel volume Il diritto fram- Lo scenario Le grandi imprese si sottraggono ai vincoli degli ordinamenti nazionali mentato, a cura di Alberto Febbrajo e Francesco Gambino (Giuffrè, pagine 425, e 44). Oltre a interventi di autori come Natalino Irti, Pasquale Femia, Riccardo Prandini, Francesco Prosperi, il libro contiene la lectio magistralis di Teubner sulla tutela dei diritti umani a livello globale. Un problema enorme (basti pensare alle tante guerre in corso o allo sfruttamento della manodopera nei Paesi poveri), che trova la teoria giuridica pressoché inerme. Almeno così la pensa Teubner: «Di fronte al continuo proliferare di pratiche sociali atroci e disumane la giustizia dei diritti umani è una questione decisamente scottante, che non ha nessuna prospettiva di essere risolta». Forse il compito spetterebbe alla politica, che oggi però non appare affatto più in salute del diritto. @A_Carioti © RIPRODUZIONE RISERVATA 28 italia: 52495258535051 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Nuovi media Zhang Wei, Li Hu & C. hanno cominciato quasi per gioco ma hanno lanciato un business Elzeviro L’antologia del settantenne poeta russo STRATANOVSKIJ A ROMA VERSI COME GRAFFITI di SEBASTIANO GRASSO C i sono anche sei poesie dal ciclo Versi scritti in Italia nell’antologia Graffiti (Passigli, pagine 168, € 16,50) di Sergej Stratanovskij (nella foto, San Pietroburgo, 1944), curata da Alessandro Niero. Il quale, già nel 2009, aveva pubblicato Buio diurno (Einaudi, pagine 220, € 15). Nel luglio 2000, Stratanovskij arriva nello Stivale con una borsa di studio del «Fondo Brodskij» e si ferma tre mesi. Come esprime un poeta le proprie sensazioni? In versi, naturalmente. Magari cercando le vestigia dell’antica Roma «al ristorante Quo Vadis, / sulla via Appia», dove «si può ordinare un Asti, / o un Chianti o qualsivoglia vino (...) / e a suon di calici sballarsi». O ascoltando, sempre a Roma, da un «italiano agiato / con villa al mare», la spiegazione del perché è diventato comunista: «In ricchezza e fortuna / Un percorso tra il lirismo e l’impegno civile è vergognoso vivere su questa terra / e la coscienza impura impone / di pensare agli umiliati, / compatire gli offesi. / Beh, come il vostro Dostoevskij». Per il resto, i versi italiani di Stratanovskij possono apparire come il resoconto di una guida turistica: mestiere che egli ha fatto nella natia Leningrado, assieme a quello — venticinquennale — di bibliotecario. Una guida sui generis, coltissima, ironica, pronta ad evidenziare le connessioni fra mito e contemporaneità. Stratanovskij nasce in una famiglia di eruditi. Il padre traduce Erodoto e Tucidide; la madre è docente universitaria di francese. Sergej si specializza in Letteratura russa e francese. Le prime poesie risalgono al 1968 (primavera di Praga): ha 24 anni e pubblica sulle riviste semiclandestine samizdat (autoedizioni). Pur essendo noto negli ambienti culturali di Piter (come viene chiamata San Pietroburgo dai suoi cittadini), l’esordio ufficiale di Stratanovskij avviene a 41 anni (nel 1985), in un al- Terza Pagina 29 italia: 52495258535051 Cina, i milionari dei romanzi online Gli scrittori più ricchi non pubblicano libri. E il cinema li corteggia dal nostro inviato PAOLO SALOM manacco letterario, con altri autori. Gorbaciov ha allargato le maglie della censura. Il primo libro, Stichi («Versi») esce nel 1993, quando Sergej di anni ne ha 49. Seguono: Buio diurno (2000), Accanto alla Cecenia (2002), Sul fiume torbido (2005), L’anima del tamburello (2009), L’albero del fico (2010), Graffiti (2011), Giobbe e l’arabo (2013). Nel 2001 diventa membro del Pen. In Italia, il poeta russo ha un buon seguito. Suoi versi appaiono su riviste, tradotti da Alleva, Galvagni, Malcovati, Niero, Riccio, Sabbatini. Poi Niero decide di antologizzare gli otto libri in due, in modo da evidenziarne l’iter poetico: autobiografismo, lirica pura, religione, mitologia e impegno civile. A Roma, un monaco ortodosso si guarda intorno: «Tutto è confuso / angeli mutati in amorini, / mausolei in fontane, / chiese in sale da concerto, / l’incarnazione del Vero / nel corpo marmoreo di una peccatrice (...) / Qualcuno ancora prega, qui / ma certo gli angeli non sentono / le parole per troppo frastuono». Voci si levano dalla folla: «E così moriremo comunque. / A quale scopo, allora, mi si dice / l’acqua pulita / e per ognuno un alloggio / privato? Non è forse meglio il chiasso / serale ed ebro degli studentati? / Anche nelle baracche è meglio. / Se non altro, ci siamo abituati». Impronta religiosa, s’è detto. «Dio è nelle cose di ogni giorno: / nei magazzini d’ortofrutta, nelle fabbriche / nel caos degli incontri calcistici / nel boccale di birra di un chiosco / nella noia». Ma Stratanovskij è anche un profondo conoscitore della Bibbia. Che, talvolta, riscrive. Ecco l’episodio di Isacco e Abramo: «Sia stato Dio o un angelo per caso / trasvolante nei pressi / a trattenergli allora la mano / non so né lo voglio sapere / difficile interessino a qualcuno / adesso questi regolamenti di conti». Dubbi di un re magio: «Non, non ci andrò per niente al mondo / e alle vostre frottole non credo / quale bambino venturo? / Sono già vecchio e stanco / montare sul cammello senza aiuto / dei servitori è una fatica (...) / E, poi, dove sarebbe questo posto? / Ah, a Betlemme. Mai sentito / mi sa che è un cimiciaio». Alessandro Niero ha un grande merito: spiega, precisa anche ciò che a primo acchito potrebbe sembrare scontato. E quando egli stesso ha qualche dubbio, prende il telefono e chiama San Pietroburgo. Sergej è lì, pronto a chiarire. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Grande guerra La fede nell’inferno delle trincee Un dibattito oggi in Val di Fassa S’intitola La fede in trincea l’incontro sulla religiosità dei militari italiani nella Prima guerra mondiale che si tiene oggi a Campitello di Fassa, in provincia di Trento, alle ore 21, presso il Padiglione manifestazioni del Centro sportivo Ischia. In discussione il ruolo della Chiesa e dei cappellani militari, così come le reazioni che l’esperienza tragica del conflitto generava nei credenti: c’era chi si aggrappava alla fede per sopportare gli stenti e chi vedeva la guerra come un castigo divino. Intervengono all’incontro: Alberto Melloni, docente di Storia del cristianesimo, Luciana Palla, studiosa della Grande guerra nelle Dolomiti, e don Antonio Atzeni, cappellano militare. PECHINO — Il suo nome online suona complicato, a dispetto del mezzo: Tangjia sanshao, ovvero Terzo maestro della famiglia Tang, al secolo, più semplicemente, Zhang Wei, 33 anni, una laurea in legge messa da parte per scrivere romanzi. Ma solo su internet. Zhang, nato e cresciuto a Pechino, ormai è una celebrità. Da anni è in testa alla classifica degli autori «elettronici» più ricchi della Cina con un guadagno, in diritti, di 26,5 milioni di yuan (oltre 3 milioni di euro nel 2012). Chi l’ha detto che il web non rende? A giudicare da quanto avviene in Cina, è una (potenziale) miniera d’oro. Il giovane autore è circondato da molti altri, tutti più o meno della stessa generazione, che con le loro storie — soprattutto fantasy, con escursioni nel passato e nella fantascienza (in cinese xuan huan), e dunque a prova di censura — hanno conquistato milioni di follower disposti a pagare una piccola cifra per leggere sullo smartphone la loro ultima avventura. Ecco, oltre a Zhang Wei, scrittori come Li Hu, 25 anni (2,4 milioni di euro); Liu Wei, 35 anni (1,8 milioni di euro); Zhu Hongzhi, 27 anni (1,6 milioni di euro) e Wang Zhong, 30 anni (1,4 milioni di euro). Tutti accomunati da una caratteristica che da noi probabilmente farebbe alzare più di un sopracciglio: non hanno mai pubblicato un libro di carta. Eppure le rare volte che si mostrano in pubblico sono accolti come divi del cinema. «E dire — ha raccontato Zhang Wei in un’intervista al “China Daily” — che ho cominciato a scrivere quasi per caso, senza nemmeno crederci troppo». Lui stesso, appassionato di fantasy («Sei anni di lettura intensiva», spiega), un bel giorno si è deciso a buttare giù il suo primo romanzo: «Un’opera immatura», riconosce adesso. Capace tuttavia di garantirgli un piccolo introito. Allora, è stato il suo pensiero, si può guadagnare scrivendo su internet. Sì, in Cina si può. Sarà per i grandi (immensi) numeri — oltre 600 milioni di utenti sul web a fine 2013 — o sarà che i romanzi online si acquistano per un centesimo ogni mille parole, fatto sta che la «miniera» andava sfruttata. E Zhang Wei ci si è messo di gran lena. Per ultimare il suo secondo romanzo, Kuang Shen (Spirito folle), una storia di supereroi, splen- Bestseller in rete Dati relativi al 2012 Zhang Wei Li Hu Liu Wei Zhu Hongzhi Wang Zhong 33 anni 25 anni 35 anni 27 anni 30 anni 26,5 milioni di yuan 3,2 milioni di euro 20 14,5 13 milioni di yuan milioni di yuan milioni di yuan 2,4 milioni di euro 1,8 milioni di euro 1,6 milioni di euro 12 milioni di yuan 1,4 milioni di euro La copertina della ricerca pubblicata dall’ex giornalista Wu Huaiyao Il libro di Zhang Wei, intitolato «Kuang Shen» (Spirito folle) CORRIERE DELLA SERA dide donne e perfidi funzionari del medioevo cinese, il giovane autore si è dato una regola ferrea: «Scrivevo, e scrivo tutt’ora, dieci ore ogni giorno, senza mai andare in vacanza». Risultato, nel 2004 Zhang ha guadagnato dalla sua fatica 4 mila yuan, circa 500 euro. Ma non era che l’inizio, considerato che ha ormai pubblicato 12 romanzi per 30 milioni di parole scaricate da centinaia di milioni di lettori che, come abbiamo visto, l’hanno proiettato nel- l’Olimpo dei grandi (tanto da essere notato perfino da Forbes). Non solo, le sue storie sono diventate anche cartoni animati e film trasmessi dalla televisione: «Scriverò presto la sceneggiatura dell’Avatar cinese», dice Zhang Wei. Un successo senza precedenti, dunque, tutto dovuto al web. E all’uso intensivo degli smartphone, che nella Repubblica Popolare, in particolare nelle città di provincia a più basso reddito, sono usati come veri e propri terminali dalla popolazione più Le rivelazioni di James Knowlson Il biografo: Beckett, eroe partigiano Si è chiuso ieri a Enniskillen in Irlanda del Nord il festival «Happy Days» dedicato a Samuel Beckett (1906–89). E nuovi particolari sull’eroismo di Beckett partigiano sono venuti dal suo biografo James Knowlson (autore di Samuel Beckett. Una vita, edito in Italia da Einaudi): per anni lo scrittore irlandese aveva tenuto segreta l’esperienza per la quale ottenne la Croce di guerra; agente della Resistenza, traduttore di dispacci segreti, sfuggito per un pelo alla Gestapo. A Knowlson l’autore di Aspettando Godot spiegò: «Non potevi startene con le braccia incrociate». modesta, i cosidetti diaosi, i ragazzi che non sono ancora usciti di casa perché non hanno un buon lavoro. Ma sono pieni di sogni. E di voglia di evadere immergendosi nel mondo fantastico del xuan huan. Il pubblico dei romanzi online è giovane e abita di preferenza lontano dalle metropoli. A indovinare i loro gusti e selezionare le opere più adatte è una casa editrice tutta virtuale che si chiama Cloudary (controllata da Shanda Ltd e pronta, tra l’altro, a quotarsi a Wall Street al Nasdaq). L’editore, l’uomo in carne e ossa che ha intuito quale spazio potessero conquistare i romanzi smaterializzati, è Hou Xiaoqiang, che nel 2008 ha acquistato il portale letterario Qidian. Oggi i siti che raccolgono le opere e le distribuiscono agli utenti sono sei. Dal 2012, il gruppo è in attivo. «Posso dire — ha spiegato il vicepresidente Hua Lin in una recente intervista — che 1,6 milioni di autori scrivono per Cloudary. Siamo in attivo dal 2012. Abbiamo un catalogo di 60 milioni di titoli e 80 milioni di caratteri vengono caricati online ogni giorno». Buona lettura, direbbe Zhang Wei. @PaoloSalom © RIPRODUZIONE RISERVATA Discussioni Il rapporto del Censis evidenzia ritardi e incompiutezze di imponenti progetti urbani durante la crisi Per diventare archistar globali gli architetti fanno gli artisti visuali di VITTORIO GREGOTTI C ome ogni anno il Censis (direttore Giuseppe Roma) ha pubblicato il suo Rapporto 2013 sulla situazione sociale del Paese di cui un capitolo ha come titolo Territorio e reti. All’interno di questo una parte importante è dedicata ai «ritardi ed alle incompiutezze ed al lungo travaglio dei grandi progetti urbani all’epoca della crisi». Il capitolo dedicato a territori e reti affronta anzitutto giustamente il tema generale delle aree marginali del nostro Paese e della loro tutela economica ed ambientale, oltre alla questione delle condizioni indispensabili per il loro rilancio per mezzo di progetti urbani innovativi e soprattutto ben gestiti e capaci di utilizzare positivamente ed in economia il tema della ristrutturazione dell’esistente. Tutto questo tenendo conto che, almeno in Italia, ancora il quarantanove per cento della popolazione vive in sistemi insediativi diffusi. Proprio anche questo rende più acuto il contrasto quando si vogliono collocare i progetti simbolici imitativi del grande sviluppo non avvenuto proprio nelle grandi città con percorsi tanto lunghi da scontrarsi con la crisi e da essere abbandonati o restare incompiuti per molti anni. Peraltro nel territorio, non meno significativamente sono stati abbandonati importanti costruzioni di servizi non finiti come grande spreco. Le responsabilità delle amministrazioni locali come quelle centrali sono ben presenti, così come le indecisioni e i rinvii ripetuti delle iniziative. Ed anche le decisioni delle giurie, sovente composte da persone molto lontane dal tema della qualità dell’architettura hanno le loro responsabilità, anche se sappiamo bene come in generale i concorsi siano diventati oggi sezioni assai poco significative della cultura architettonica. Il rapporto descrive ventidue casi esemplari (anche se ne dimentica altri importanti come quello romano di Acilia) in cui i lavori o non sono mai partiti o si sono interrotti o i progetti sono rimasti sulla carta. Ma quali sono le responsabilità e le inadeguatezze della cultura degli architetti? Forse la loro dipendenza eccessiva dai desideri esibizionisti in termini di quantità, di bizzarria non necessaria dei clienti pubblici e privati e della loro coincidenza con quella degli architetti stessi? Forse dei grandi sistemi immobiliari travolti dai loro interessi economico-finanziari, dalle preoccupazioni di marketing, dalla prevalenza dei costi alti delle attrezzature tecnologiche, dall’ossessione della flessibilità mercantile dei prodotti, che collocano fatalmente l’architetto in una consenziente posizione di produttore di immagini di «artista visuale», necessario in molti casi per ottenerne la laurea in archistar televisiva globale? Questi interrogativi si incrociano oggi fatalmente, lo sappiamo, non solo con un problema di tensione con la crisi economica irrisolta dominante ma anche con i tradizionali incroci tra la lentezza Nigeria La scuola flottante di Kunlé Adeyemi A Makoko, vicino Lagos, in Nigeria, sono iniziati i lavori della scuola elementare flottante di Kunlé Adeyemi, architetto e urbanista nigeriano. Il progetto è frutto del confronto con la comunità locale sui problemi legati alle inondazioni e al terreno paludoso instabile. delle decisioni (e qualche volta le inchieste giudiziarie), la difficoltà di essere in grado di collocarle in un ragionevole disegno urbano e territoriale e i mutamenti nelle decisioni provocate dall’alternarsi contraddittorio delle responsabilità politico-amministrative. Ma tutto questo riguarda gli architetti come cittadini e non li assolve dalle loro responsabilità specifiche. A essere sinceri vi sono casi di progetti per i quali non verseremo lacrime per il fatto che non verranno realizzati ed altri ancora che sarebbe stato meglio ripensare da capo, anziché faticosamente proseguirli. Ma non è nostro compito qui dare giudizi su ciò che è stato fatto, pur nella nostra convinzione che molti dei progetti di architettura più vasti e noti, realizzati o meno negli ultimi anni, abbiano nella maggioranza dei casi, e con le dovute eccezioni, uno scarso senso della relazione dialettica nei confronti dei contesti urbani con cui sono in relazione; preferendo adeguarsi alle forme unificate nella bizzarria globale non necessaria. La parte della relazione Censis 2013 dedicata a territori e reti ha altre due parti, oltre al monitoraggio sullo stato complessivo della crisi economica, che vale la pena segnalare: la prima riguarda i cambiamenti nella struttura della famiglia e il problema del frazionamento degli alloggi, la seconda mette in evidenza le capacità dei cittadini nel far fronte ai problemi urbani dalle infrastrutture, ai servizi, dalle strutture di solidarietà a quelle che riguardano sia la scuola che gli anziani. Che i cittadini siano più evoluti delle città e dei loro governi? © RIPRODUZIONE RISERVATA 30 italia: 52495258535051 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 31 italia: 52495258535051 Idee&opinioni Corriere della Sera SMS Le news più importanti in anteprima sul tuo cellulare. Invia un sms con la parola CORRIERE al 4898984 Servizio in abbonamento (4 euro a settimana). Per disattivarlo invia RCSMOBILE OFF al 4898984 Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE / 1 La drammatica lezione dei perseguitati Il dovere delle fedi è non abbandonarli SEGUE DALLA PRIMA In gran parte essi nutrono propositi di cambiamento anche radicali, ripetono più o meno da sempre che «così non si può andare avanti», sono a ogni momento pronti a mettere sotto accusa la politica per i suoi ritardi e incapacità. Ma della politica essi hanno vitalmente bisogno. Storicamente, infatti, lo status e i relativi privilegi grandi e piccoli di medici, avvocati, magistrati, alti dirigenti pubblici, professori universitari, giornalisti si sono costruiti in buona parte grazie per l’appunto alla protezione loro offerta dalla politica. Non parliamo dell’industria, della banca, del commercio. Qui sostegno statale diretto, legislazioni favorevoli, limitazioni alla concorrenza, regimi di volta in volta ad hoc nelle concessioni, negli appalti e nelle licenze — tutto dipendente dalla politica — hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo decisivo. Come meravigliarsi se questo poderoso complesso d’interessi — i cui vari settori per giunta sono generalmente dominati da gruppi di comando di età avanzata — sebbene possa talvolta esprimere opinioni e desideri di cambiamento, ne tema al tempo stesso moltissimo ogni reale ed effettiva avvisaglia? Come meravigliarsi se esso cerchi di esorcizzarla celando il proprio malumore dietro le critiche mascherate da una delusione di maniera? In realtà la sessantennale vicenda della democrazia italiana ci ha lasciato un’eredità avvelenata: vale a dire una compagine sociale per la quale è oggi difficile immaginare una qualunque riforma, o quasi, che non colpisca in modo significativo interessi forti e ramificati. Capaci di agitare lo spauracchio, in termini di consenso, che è stato sempre fatto valere contro ogni governo riformatore: il prezzo delle riforme lo si paga subito, mentre i vantaggi si vedono solo dopo. Manca in questa rassegna un ultimo protagonista: la stampa. I giornali amano Renzi? Ovviamente a seconda dei giornali, risponderei io. Per il presidente del Consiglio e i suoi seguaci — specie quelli della 24esima ora — ho l’impressione che invece la risposta sarebbe: no, per nulla; o comunque mai abbastanza. Ma il potere, qualunque potere, pensa sempre così a proposito dei giornali e di chi ci scrive. Questi però, sebbene facciano parte anch’essi di un’élite privilegiata, cercano, per lo più, in realtà, di fare solo il loro mestiere, che per sua natura è — giustamente! — un mestiere daltonico: abituato cioè a vedere più il nero che il bianco, e a scorgere sempre anche nel bianco qualche traccia di grigio. Renzi perciò se ne convinca: «i gufi e i rosiconi» veri, quelli che contano, usano strumenti diversi dalla carta dei giornali. Ernesto Galli della Loggia © RIPRODUZIONE RISERVATA L’INQUIETANTE NORMALITÀ DELLE INFRAZIONI OSTACOLO (ITALIANO) A QUALSIASI RIFORMISMO Probabilmente la mentalità corrente nel nostro Paese è la più radicale obiezione ai fondamenti del pensiero anarchico, a Kropotkin, all’idea di una capacità di autoregolazione dell’essere umano, alla fiducia in una naturale autodisciplina. Solo due flash dalla vita quotidiana. Roma, stazione Ostiense, esterno giorno (prima mattina). Devo partire per Livorno, e attendo sulla banchina. Scopro solo all’ultimo che il mio treno parte da un altro binario, senza che nessuno abbia dato l’avvertimento (né il display lo ha comunicato). Salgo trafelato e chiedo spiegazioni a un affabile ferroviere. Risposta imbarazzata: «Che vuol farci, in Italia è normale». Appia Antica, esterno giorno (tramonto). Mi godo una meravigliosa passeggiata in un paesaggio romantico-goethiano, tra ruderi, pini e cipressi. Ogni tanto però un’auto mi sfreccia accanto e devo scostarmi. Ma non era zona a traffico limitato? Leggo che nelle ore di maggior traffico vi circolerebbero 2.000 auto all’ora. Protesto con un gentile vigile urbano. Risposta, con tono rassegnato: «Senza controlli elettroni- ci e con pochi vigili è normale…». Ecco, gli episodi citati non costituiscono in sé una anomalia indegna di un Paese civile. Non idealizzo in alcun modo le democrazie del Nord Europa. Ho visto cartacce nei parchi dell’Olanda calvinista, mentre a Berlino ho perso l’aereo perché la metropolitana che doveva portarmici era bloccata a una stazione, senza alcun preavviso. Insomma, può capitare nella vita civile, «ci sta» (come si dice) che qualcosa non funzioni, che un avvertimento non sia comunicato tempestivamente, che alcuni cittadini siano riottosi al rispetto delle regole. Ma in nessun Paese qualcuno si sogna di commentare che quella disfunzione, quel comportamento, etc., sono «normali». Solo da noi l’illegalità, l’infrazione, vengono percepiti come più normali della legalità e del rispetto delle regole. Una disposizione radicata nel senso comune — anche nel mio, ovviamente —, un male profondo, quasi inestirpabile. Qualsiasi serio riformismo dovrà fare i conti anche con questa disposizione. Filippo La Porta © RIPRODUZIONE RISERVATA A SEI ANNI PIÙ «SMART» CHE A QUARANTACINQUE CHE COSA CHIEDONO I RAGAZZI AI NUOVI MEDIA «Lo capirebbe anche un bambino di 6 anni». Sono paradossi ricorrenti nella retorica un po’ spocchiosa degli adulti. Il problema è che il paradosso sta sovvertendo la realtà. Uno studio appena reso pubblico da Ofcom — l’ente britannico che regola le telecomunicazioni — rivela che un bambino di 6 anni capisce di tecnologia digitale più di un 45enne medio. Ofcom ha sottoposto 800 bambini e 2.000 adulti a un test sul «quoziente digitale»: anziché l’intelligenza, si misura il grado di consapevolezza nell’approccio a tablet e cellulari 4G. Il risultato è che i baby utenti che hanno conosciuto solo il Web a banda larga hanno un QD medio pari a 98, mentre i 45-49enni arrivano a 96. L’uso compulsivo del telefono, come ogni genitore sa, comincia tra i 12 e i 15 anni. Ma le telefonate rappresentano solo il 3% del tempo passato con l’inseparabile gadget in mano: la millennium generation comunica con messaggi su WhatsApp e continue condivisioni di foto e video su Instagram e Vine. Proprio i video, non più lunghi di 15 secondi, rappresentano la sua principale fonte di informazione e intrattenimento. E se si passa ai 16-24enni, si scopre che sono consumatori voraci di tutti i media — cui dedicano oltre 14 ore al giorno — tranne radio, giornali e libri stampati, praticamente spariti dalla loro vita. Irrecuperabili? Non è detto: sempre da Londra — eterno trampolino di svolte e tendenze — si viene a sapere che in questi giorni si sono riuniti 400 imprenditori di media giovanili, ideatori di piattaforme digitali ma spesso con versioni cartacee, purché capaci di intercettare nicchie specifiche. Cosa dicono? Che i ragazzi sono stufi di essere dipinti come bamboccioni, che sono interessati a forme di comunicazione anche antichissime come la poesia orale (lo spoken word spopola su YouTube), che hanno sete di informazione ma si fidano solo del giornalismo faida-te dei coetanei (come Shout Out UK, 60 mila utenti unici al mese, prodotta da ventenni e in grado di garantire ottimi standard). Insomma, sia il management dell’industria editoriale sia la corporazione giornalistica hanno di che riflettere: o si sintonizzano con questa generazione in fieri o la crisi del settore non potrà che peggiorare. E sentiremo i ragazzini dire che certe cose «le capirebbe anche un 45enne». Gianluca Mercuri © RIPRODUZIONE RISERVATA di GIUSEPPE LARAS L e nostre parole e le nostre azioni a favore dei cristiani del Medio Oriente sono tarde, colpevolmente in ritardo. Da numerosi anni, in una regione estremamente vasta, che va dal Nord Africa sino alla Siria e all’Iraq, nel silenzio generale dell’Occidente — e dell’Europa in particolare —, cristiani e altre minoranze, tra cui i pacifici yazidi, sono sottoposti a terrore, violenze continue e morte. Poco importa se si è preferito tacere per interessi economici, per «strategie» politiche o per un politically correct benpensante e ignavo, tanto salottiero e cieco quanto ideologico e dispotico. Il risultato è che si sono abbandonate a se stesse, e così sacrificate, centinaia di migliaia di vite. E questo abominio si perpetua senza posa. Il Popolo ebraico in quelle stesse terre, nel corso dei passati otto decenni, è già stato sottoposto a prove analoghe che prevedevano l’alternativa tra la morte e l’espulsione. Anche in quel caso vi fu colpevole silenzio da parte dell’Occidente, nonostante la feroce persecuzione e la conseguente fuga abbiano riguardato centinaia di migliaia di persone. Quelle terre oggi, nella stragrande maggioranza, sono completamente judenrein, ovvero prive di ebrei. Così sono state annientate le gloriose e plurisecolari comunità ebraiche di Tripoli e Bengasi, di Alessandria d’Egitto e del Cairo, di Etiopia e dello Yemen, di Aleppo e Beirut, assieme a quella irachena di Bagdad. Fu così che iniziò la diaspora degli ebrei sefarditi di Oriente, rifugiatisi anzitutto in Israele, ma anche in Europa e nelle Americhe. Dopo di loro è toccato ad altre minoranze. Oggi gli ebrei francesi, per la maggior parte esuli di quelle terre, abbandonano a centinaia la «laica» Francia alla volta di Israele perché hanno nuovamente paura. In queste ore noi tutti cittadini dell’Occidente, ed europei in particolare, assistiamo, gravati dalla colpa di decennali silenzi insanguinati nei loro confronti, alla tragica diaspora dei cristiani. È un fatto drammatico e terribilmente doloroso, che per la sua gravità segnerà la storia umana. La lezione che i perseguitati cristiani d’Oriente stanno impartendo al mondo è duplice e preziosa: una indirizzata ai loro fratelli di fede, una destinata a ogni essere umano libero. È un imperativo morale raccoglierla, ignorarla è già in sé un crimine. Esiste un principio imprescindibile inerente al valore assoluto della vita umana e della sua tutela, che prevede la fedeltà a se stessi e alla propria storia, la preservazione ferma della propria identità e diversità, la difesa della propria e dell’altrui dignità, che si esprime nel preferire la morte e la persecuzione all’abiura e alla conversione forzata. Non è cioè rinunciando a se stessi che si vive — al massimo forse, almeno per un po’, si sopravvive. Il coraggio determinato e la dignità violentata di queste persone devono smuovere menti, cuori, azioni e politiche. Se ciò non accade, BEPPE GIACOBBE ÉLITE AVVELENATE, GUFI E ROSICONI NEMICI VERI E FALSI DEL PREMIER abbiamo tutti perso. E saremmo tutti complici. Questa lezione drammatica pone interrogativi inquietanti, divenuti ormai urgenti e ineludibili, alle democrazie occidentali e al mondo libero, se vogliono continuare a essere tali. In particolare, ci ricorda che i fondamenti e i riferimenti simbolici, etici, politici e giuridici dell’Occidente non appaiono purtroppo condivisi nella loro evidenza e universalità. Essi, infatti, potendo essere sovvertiti e disattesi, richiedono un’educazione continua. Ricorda l’arcivescovo di Mosul che «i vostri principi liberali e democratici qui non valgono nulla». Occorre necessariamente riconoscere che tali valori scaturiscono, per storia e contenuti, dall’incontro tra radici «greche» e «bibliche». Negare ideologicamente e strumentalmente tali «radici», e in particolare le seconde, significa ignorare la realtà, disattendere la storia e potenzialmente esporre a oscure insidie quanto con difficoltà conquistato attraverso i secoli e il sacrificio di milioni di vite umane. Qualcuno può ritenere che si tratti di vicende alla periferia del mondo libero, ove imperversa la barbarie, ove la civiltà ci fu sì, ma migliaia di anni fa e senza potenti e dirette implicazioni nei riguardi di ciò che oggi siamo. Va ricordato che il Talmud fu redatto in Babilonia; che fu l’ebraismo babilonese, sino quasi al secolo XI, a guidare, permettendone così la sopravvivenza, l’intero ebraismo diasporico. Il cristianesimo di quelle terre, parimenti, è tra i più antichi al mondo, ricco di teologie e liturgie diverse, il cui Patriarca ebbe per secoli influenza nella nomina del vescovo dei cristiani di San Tommaso, la millenaria e remota comunità cristiana del Kerala. La florida Bagdad islamica, tra l’VIII e il X secolo, era caratterizzata dalla compresenza di etnie e religioni diverse, spesso frazionate al loro interno: cristiani (caldei, copti, nestoriani, armeni, latini), musulmani, zoroastriani, mandei, ebrei e caraiti. Il Califfato abbaside cercò di dotare l’impero islamico di una forza e di una vivacità intellettuale, dalle scienze alle lettere, dall’architettura alla matematica e alla teologia, almeno pari a quelle coeve dell’impero bizantino. E così l’Islam contribuì a salvare l’eredità greca e fu maestro di una certa capacità inclusiva e di tolleranza. È anche per questo che non si possono lasciare soli i cristiani di Iraq. O ritenere che i loro aguzzini possano prosperare, una volta messi in salvo — se ci si riuscirà — i cristiani superstiti. Abbandonare quelle terre equivale ad abbandonare le nostre radici. Tollerare tali persecutori sulla scena internazionale pone un’enorme ipoteca sul futuro del Medio Oriente, del Nord Africa e dell’Occidente. Un ricordo, infine, è doveroso nei confronti dei molti musulmani di Occidente, che conducono una vita buona, onesta e degna, che onora loro e l’Islam, spesso sfuggiti anch’essi a simili persecuzioni per vari motivi, contro cui gli xenofobi proiettano responsabilità collettive, indebite e degradanti. Dobbiamo chiedere a Dio di infondere una lungimirante intelligenza di cuore (più acuta di quella del pensiero) nei governanti e nei loro consiglieri. La pace, in particolare, non va assolutamente intesa come tacita tolleranza di soprusi o come non decisa opposizione nei confronti di chi opera in spregio dell’altrui vita, dignità e libertà. Al contrario, è preciso dovere religioso fattivamente contrastare, con fermezza, determinazione, responsabilità e coraggio, ogni forma di tirannia e persecuzione. Presidente del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia, già Rabbino capo della Comunità ebraica di Milano © RIPRODUZIONE RISERVATA CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE / 2 L’uso della forza e la difesa dell’umano di MARCO CARRAI C’ è un filo comune che unisce la follia della persecuzione in Iraq dei cristiani a opera delle milizie dell’Isis, i nuovi recenti spregevoli attacchi antisemiti a Roma, i continui attentati su obbiettivi civili tramite razzi a opera di Hamas e i bambini palestinesi rimasti sotto le macerie di un palazzo abbattuto a Gaza. Questo filo si chiama incapacità di riconoscere che la Storia costantemente produce il male assoluto e che l’etica, la morale e lo ius non sempre sono capaci di frenarlo e contenerlo. Di fronte a questo dato evidente, per difendersi e per difendere raccapriccianti morti innocenti, è opportuno usare la forza. Se infatti l’atto di fede è un atto individuale che può comportare anche il martirio, la comunità internazionale non deve e non può agire per atti di fede, ma per giustizia codificata da regole internazionali. Qui non si tratta più di capire cosa è giusto e cosa ingiusto, ma cosa è umano e cosa è disumano. Vir qui adest, è l’uomo che ti sta davanti, scriveva sant’Agostino anagrammando la domanda di Pilato: «Quid est veritas?», «Che cos’è la verità?». Qui si tratta allora di difendere l’umanità, di sforzarsi di uscire dalle logiche utilitaristiche del mondo moderno per riconoscere — come dolorosamente e profondamente diceva Lévinas — il nostro volto in quello dell’altro. È accaduto troppe volte nella Storia che gli attendismi abbiano provocato drammi incalcolabili. La storia non procura accidenti per sensi di colpa ma per colpa di qualcuno. Che tutti hanno il diritto-dove- Troppe volte nella Storia gli attendismi hanno provocato incalcolabili danni. Per Europa e Onu non è più tempo di tattica re di fermare. Prima che sia troppo tardi. Allora si svegli l’Europa capace di star dietro solo ai conti e che conta solo i morti. Si svegli l’Organizzazione delle Nazioni Unite perché è forse l’ultima occasione per dare il senso della propria esistenza. Non è più tempo di tattica. È tempo che i terroristi di Hamas siano disarmati, che ai Palestinesi sia riconosciuta una patria libera e democratica senza che i soldi dell’Onu finiscano a finanziare l’odio verso Israele nelle scuole palestinesi; che Israele sia tutelato come unica democrazia compiuta del Medio Oriente e che in Iraq si usi la forza non per fare la guerra ma per fermare degli assassini. Di questo si tratta: solo di assassini. Gli stipiti delle porte, racconta la Bibbia, furono segnati dall’Angelo del Signore per difendere il Popolo eletto in schiavitù. Oggi si segnano per discriminare ebrei e cristiani. Allah, Adonai, Gesù Cristo sono troppo grandi per questa storia. Presidente Cambridge Management Consulting Labs © RIPRODUZIONE RISERVATA 32 Milano Via Solferino, 36 tel.02/6282.7555 - 02/6282.7422, fax 02/6552.436 Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del 9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale inserite in queste pagine devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza della Legge sulla privacy (L.196/03). ABILE impiegata ufficio commerciale inglese francese Windows, Mac offerte ordini follow-up, offresi. 331.12.23.422 ABILE impiegato tecnico- commerciale customer service pluriesperienza ordini offerte bolle inglese francese office. 339.48.09.594 ADDETTA paghe e contributi con esperienza, consulenza lavoro, tedesco fluente, valuta serie offerte di lavoro. 366.32.55.972 AMMINISTRATIVO esperto aziende medio piccole, gestione completa fino al bilancio, trentennale esperienza, esamina proposte anche tenuta contabilità presso clienti zona Milano nord. 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Ha preso parte a film seriali di grande successo: svariati Die Hard, due Red e Mercenari e, dopo aver avuto un ruolo centrale nel primo capitolo di Sin City (2005), fa una apparizione da star nel nuovo episodio (in uscita nei cinema italiani il prossimo 2 ottobre), dalla graphic novel di Frank Miller. «Se non fossi morto nel primo atto — ride — di sicuro avrei accettato un ruolo più sostanzioso nei panni del mio poliziotto, John Hartigan. La verità è che nei film tutto può accadere e, più ancora, nelle graphic novel». Spiega con una conciliante dose di humour: «Hollywood e anche noi protagonisti ormai badiamo in primis agli incassi del weekend e, se un film funziona, lo si raddoppia o triplica. Come attori diventiamo in un certo senso robot, surrogati dei personaggi che in prima battuta abbiamo portato al successo. Nell’imminente Sin City 2: una donna per cui uccidere mi sono limitato a una sorta di cameo di me stesso, dato che nel primo film morivo nel finale, per l’amico regista Robert Rodriguez. Quanto cambia la recitazione quando sei impegnato nel riciclaggio? Non saprei... Quello che invece so per certo è che ogni interprete desidera far parte di una serie di film di successo popolare. Die Hard mi ha dato molto e mi sarebbe comunque dispiaciuto non lasciare un segno nel secondo Sin City. Rodriguez questa volta ha anche impiegato il 3D e sorprenderà molti constatare che la nuova puntata è tutta in bianco e nero con poche macchie di colore rosso specie negli abiti delle protagoniste. Il bianco e nero e il 3D davvero fanno entrare gli spettatori di tutte le età dentro un fumetto». Il bravo e duttile attore, al di là delle prodezze sul set, mette a fuoco il riutilizzo di filoni sfruttati sino all’osso dagli studios anche nel coinvolgimento degli attori. Capace di passare da commedie a film d’azione o drammatici, Willis, sempre richiamato dai registi con cui ha lavorato (da Barry Levinson a M. Night Shyamalan), dichiara: «Ho recitato con registi di formazione ed età diversissime e mi è piaciuto essere diretto da Wes Ander- Sotto la pioggia Bruce Willis (59) e Jessica Alba (33) in una scena di «Sin City» Willis eroe dei fumetti noir: così Hollywood ricicla gli attori «Stesso ruolo e tanti sequel, è la trappola degli incassi» son, Nick Cassavetes e da Norman Jewison in quello che a mio parere è uno dei più veri e forti film sulla guerra in Vietnam: In Country (1984). Un flop al botteghino, critiche alle stelle». Osserva: «I miei film migliori non hanno certo incassato come Armageddon e Sin City, ma credo che la carriera di un attore che vuole durare debba essere la più varia possibile e mi dispiace quando leggo che ho conquistato la massima popolarità con i seguiti dei miei film d’azione. Non capita più solo a noi protagonisti di ripeterci in qualche personaggio, ma anche a tutte le migliori o più affascinanti attrici, specie da quando hanno scelto di accettare film d’azione, sono dentro questa “trappola” che le muta Wonder Woman Il cameo Una notte trucida per Lady Gaga LOS ANGELES — Grande amica di Rodriguez, dopo aver recitato per lui in Machete Kills (2013), Lady Gaga (28 anni; nella foto) ha preso parte a Sin City 2 perché «recitare per Robert ed essere coinvolta nei suoi mondi dà sempre grande energia». Nella storia, «impossibile da raccontare tanti sono i risvolti e i personaggi che suggerisce», la popstar interpreta Bertha, una cameriera, che si prende cura di Johnny (Joseph Gordon-Levitt) in una lunga e trucida notte. Il debutto di Gal Gal Gadot (29 anni), attrice israeliana, nella prima immagine ufficiale come Wonder Woman nell’atteso «Batman vs Superman: Dawn of Justice» in donne fumetto. Ben lo dimostra Sin City 2. I personaggi femminili in tanti film sono, al pari dei nostri maschili, solo prototipi». L’osservazione di Willis è confermata agli incontri per Sin City 2 da Jessica Alba, che era poco più che ragazzina nell’originale mentre nella nuova pellicola è ormai una donna determinata, e dalla new entry Eva Green, che dice: «Dopo il seguito di 300 ho preso gusto a un certo tipo di cinema ispirato dalle graphic novel. La mia Ava Lord è una sirena che può leggere nella mente degli uomini e pare davvero uscita da un romanzo pulp». Riprende Willis: «Quando accetti, e sono tanti ormai, i film da graphic novel devi aderire ai disegni dei tuoi personaggi. Diventi un replicante dei sogni e degli incubi del creatore dei fumetti, in un processo diverso da quello che un carattere intimista o reale ti offre. E che devi costruire dentro di te». Giovanna Grassi © RIPRODUZIONE RISERVATA Locarno Il regista al Festival: «Il mio maestro resta Freud». Ieri in gara «Perfidia» di Angius, storia ambientata in Sardegna Argento: un’autobiografia per svelare i miei peccati LOCARNO — Si chiamerà Paura l’autobiografia che Dario Argento ha scritto per Einaudi. «Per la prima volta — ha detto il regista a Locarno per la retrospettiva Titanus — ho scritto sinceramente tutto di me, della mia infanzia, anche i particolari inediti e privati che non avevo mai rivelato». Per esempio racconterà delle emozioni sensuali provate nello studio della madre fotografa per Luxardo «quando le modelle venivano a cambiarsi e si mettevano in posa svestite senza badare a me ragazzo». La verità, tutta la verità: «Feci per anni il critico di cinema e anche io ho avuto i miei peccati, per esempio ho stroncato i film di Petri che ho poi amato molto». Al Festival Argento presenta L’uccello dalle piume di cristallo, «attaccato da tutti perché non era un film d’essai, politico o impegnato, oggi citato da Tarantino completo della musica di Morricone, l’unico in versione atonale alla Schönberg. Goffredo Lombardo mi aveva dato via libera a me sceneggiatore di Leone che lavoravo in felice solitudine; poi quando vide il film non gli piacque per niente, ma dopo gli incassi cambiò parere». Infanzia, vocazione e prime esperienze di un autore che ha inventato il thriller horror all’italiana, scoprendo in casa, i libri rivelatori di Poe e Lovecraft: «Ero a letto con la febbre reumatica e leggevo tutto, iniziando a consultare i mostri del vaso di Pandora che non sono mai riusciti a invadere la coscienza». Autore Il «maestro del brivido», il regista Dario Argento, è nato a Roma il 7 settembre 1940 Come dire che Argento ha un rapporto chiaro con la sua parte oscura. «Ma il mio maestro resta Freud, senza di lui non esisterebbe nulla: tutto nasce quando si è bambini, piccoli e fragili». Appassionato di stregoneria e occultismo, pieno di ricordi Doc («la prima volta a colori di Storaro con me»), Argento mostrerà oggi alcuni inediti cortissimi, 2 minuti e mezzo l’uno, girati anni fa per la Rai e poi fatti sparire: «Sono miei incubi. Credo che la maggiore offerta di paure e nevrosi nasca oggi nell’oscura e nascosta ferocia delle famiglie». Nel weekend italiano della rassegna, oltre a Sul Vul- cano di Pannone e al bellissimo film rohmeriano su architettura e sentimenti barocchi La sapienza di Green, sul Borromini, si è fatto applaudire Perfidia, in gara, di Bonifacio Angius, storia di un rapporto complicato oggi in Sardegna fra un padre, un figlio e il mondo. Un’opera prima di rara intensità, che mette a disagio, non offre soluzioni sul vuoto e l’indifferenza, tanto che chi ha pensato di riconoscere Dio tra i protagonisti deve cedere le armi e farsi una ragione del titolo che non ha origine biblica, ma viene da un song di Nat King Cole. Maurizio Porro © RIPRODUZIONE RISERVATA gostino Steffani nacque a Castelfranco Veneto nel 1654 e morì a Francoforte sul Meno nel 1728. Dunque nacque sei anni prima di Alessandro Scarlatti e morì tre anni dopo; tuttavia egli è uno dei più grandi compositori del Medio Barocco laddove Alessandro non tanto è il più grande compositore del Barocco quanto, semplicemente, il Padre della Musica Classica. Il gigante del Medio Barocco è Henry Purcell (1659-1695) il quale, se fosse vissuto vent’anni di più, sarebbe un secondo Scarlatti. Gli altri grandissimi del Medio Barocco sono Alessandro Stradella (1638-1682), Giovanni Legrenzi (16261690) e Dietrich Buxtehude (1637-1707): Steffani sta appena un gradino sotto a loro. Si tratta di una figura rilevantissima non solo sul piano musicale. Di educazione tedesca (il suo primo maestro fu il grande organista Kerll) con forti influenze francesi e poi italiana (studiò a Roma col grande contrappuntista Bernabei), fu diplomatico e sacerdote; indi vescovo. La sua musica, che si vuole, in quanto operista, costituire la continuazione di quella di Cavalli, ed è fortemente influenzata da quella di Legrenzi, rappresenta, per citare il titolo di una meravigliosa raccolta di Francois Couperin (1724) «Les goûts-réunis», l’unione dei gusti: per esser fortemente influenzata dallo stile francese su di una base italiana. Di gusto francese era la corte di Hannover, presso la quale egli lavorò a lungo; francese era la lingua di corte e la lingua diplomatica e anche in francese scriveva Leibniz, che lì Steffani conobbe. Nel 1689 con Enrico il Leone, naturalmente in italiano come sempre era l’Opera seria, vi inaugurò il teatro di corte; dello stesso anno è La lotta di Ercole con Acheloo ch’è stata eseguita in prima esecuzione moderna al festival Vescovo Agostino della Valle d’Itria a Martina Franca. Steffani (1654 – 1728) in un ritratto Dall’ascolto di questa stupenda partitura si vede quale sia l’influenza da Steffani (del quale «in rete» può ascoltarsi il sublime Stabat Mater) su Händel; io non mi lambiccherei tanto il capo, come fanno i presentatori dell’Opera, sul fatto che venga definita Divertimento: giacché loro sfugge trattarsi di una sottospecie operistica denominata Serenata la quale nulla ha da fare col francese Divertissement. I recitativi sono di alta qualità e non scadono nella genericità del cosiddetto «secco»; le Arie non scaturiscono da mentalità contrappuntistica come in Alessandro Scarlatti ma da una vivace e moderna concezione del Basso continuo con armonie mai banali. Trascorrono dal barocco Lamento a vivacissima sillabazione e sono spesso modellate sulla danza: la Sarabanda, la Corrente, la Giga. Le danze vere e proprie sono di stile francese. Or l’esecuzione martinese è stata di altissima qualità. Dal cembalo dirigeva, con ammirevole realizzazione, Antonio Greco; il quale ha fatto uno straordinario lavoro basilare sulla partitura, apportandole tutte quelle integrazioni stilistiche (dagli abbellimenti alla ritmica) ch’essa potentemente postula e senza le quali sarebbe solo un torso. Deianira, Federica Pagliuca, non m’è piaciuta per la cattiva dizione; Ercole (Dara Savivova) e Acheloo (Riccardo Angelo Strano, contraltista) hanno cantato più che bene; e bene fa anche l’altro contraltista, Aurelio Schiavoni, che interpreta Eneo, il prosseneta padre di Deianira. © RIPRODUZIONE RISERVATA 34 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 BILANCIO D’ESERCIZIO di RCS MEDIAGROUP S.P.A. al 31.12.2013 In applicazione alla legge del 5 agosto 1981 n. 416 e dell’art. 1, comma 34, del D.L. 545/96 convertito con legge 23 dicembre 1996 n. 650 Prospetto di Conto Economico (^) (Valori in Euro) I Ricavi delle vendite Ricavi diffusionali Note 13 13 - di cui verso parti correlate 14 297.754.828 13 292.494.892 360.367.439 13 35.946.367 36.454.936 15 16 16 (1.059.116) (422.177.254) (114.460.298) (614.286) (507.048.743) (140.633.885) Costi per servizi 16 (268.673.220) Costi per godimento beni di terzi 16 (39.043.736) 14 - di cui verso parti correlate Variazione delle rimanenze prodotti finiti, semilavorati e prodotti in corso Acquisti e consumi materie prime e servizi Acquisti e consumi materie prime e merci - di cui verso parti correlate II 252.517.970 Ricavi editoriali diversi - di cui verso parti correlate - di cui non ricorrenti III Esercizio 2012 (*) 743.172.412 346.350.037 Ricavi pubblicitari - di cui verso parti correlate II II Esercizio 2013 629.689.464 301.248.205 9.184.336 14 14.391.350 14 (26.626.091) 14 27 - di cui verso parti correlate - di cui non ricorrenti (40.392.465) (635.623) 14 27 Costi per il personale Altri ricavi e proventi operativi 18 - di cui verso parti correlate - di cui non ricorrenti 19 (319.823.651) (31.157.018) 37 33 25 (46.591.207) XVIII XIX XXI 15.636.428 - II Oneri diversi di gestione IV Accantonamenti 20 (6.351.591) (9.919.416) V VI VII VIII IX Svalutazione crediti Ammortamenti attività immateriali Ammortamenti investimenti immobiliari Ammortamenti immobili, impianti e macchinari Svalutazione immobilizzazioni 21 22 22 22 22 (5.080.300) (16.274.418) (263.806) (19.509.397) (37.671.717) (6.433.987) (15.237.611) (263.806) (23.514.899) (13.318.236) X Risultato operativo Proventi finanziari 23 (137.651.283) 7.526.687 (46.234.927) 10.177.708 X (Oneri) finanziari 23 (33.428.064) (29.808.381) - di cui verso parti correlate - di cui non ricorrenti (27.847.709) 14 27 - di cui non ricorrenti 27 - di cui non ricorrenti (22.588.322) 14 27 - di cui verso parti correlate (2.000.000) 14 (18.381.975) Crediti finanziari correnti 37 42.607.101 138.575.948 XXVI Disponibilità liquide e mezzi equivalenti Totale attività correnti Attività non correnti destinate alla dismissione TOTALE ATTIVITA’ PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO Capitale sociale Altri strum. finanz. rappres. patrimonio 37 956.526 331.965.567 24.740.717 1.916.388.976 1.690.076 456.558.302 1.999.820.402 39 39 475.134.602 - 762.019.050 5.214.731 39 39 39 39 39 39 37 73.174.786 (27.150.528) 26.720.646 (148.436.770) 78.012.417 477.455.153 767.245.186 203.055.491 (27.150.528) (334.577.574) 99.247.551 (492.297.076) 215.511.645 108.092.585 XXV XXV 14 38 - di cui verso parti correlate 14 41.692.614 - 138.361.461 1.395.096 12.231.631 50.912.206 10.015.378 12.102.986 1.453.705 - XXVI Totale passività non correnti Debiti verso banche 37 870.644.390 24.311.100 208.940.489 13.739.400 XXVI Debiti finanziari correnti 37 201.535.554 1.142.362.336 XXVI XXI Passività finanziarie per strumenti derivati Passività per imposte correnti 37 25 1.510.706 9.385.503 2.128.265 7.061.334 XX Debiti commerciali 43 186.500.055 233.084.129 XXIII XXI Quote a breve term.fondi rischi e oneri Debiti diversi e altre passività correnti 41 44 59.159.551 85.886.964 39.193.077 137.799.727 568.289.433 1.916.388.976 1.575.368.268 1.999.820.402 (138.476.549) (9.960.221) (492.297.076) - (148.436.770) (492.297.076) Esercizio 2013 (148.436.770) Esercizio 2012 (*) (492.297.076) 910.835 10.443.222 (3.122.366) 32.110 (15.988.237) 9.149.458 1.036.192 (87.870) - - 1.970.144 (541.790) 9.692.155 (138.744.615) (3.363.297) 924.906 (8.328.848) (500.625.924) XXV XXV XXV XXV XXV XXV - di cui verso parti correlate 44.606.774 37.426.474 3.845.170 1.893.655 26 Note 39 XXVI 1.067.815 2.604.589 40 41 25 42 XIII importi in euro Utile/(perdita) dell’esercizio Altre componenti di conto economico complessivo: - saranno successivamente riclassificate nell’utile (perdita) d’esercizio Utili (perdite) su copertura flussi di cassa Riclassificazione a conto economico di utili (perdite) su copertura flussi di cassa Effetto fiscale su copertura flussi di cassa Utili (perdite) derivanti dalla valutazione a fair value attività finanziarie disponibili per la vendita Riclassificazione a conto economico di utili (perdite) derivanti dalla valutazione a fair value delle attività finanziarie disponibili per la vendita - non saranno successivamente riclassificate nell’utile (perdita) d’esercizio (Perdita)/utile attuariale su piani a benefici definiti Effetto fiscale su attuarizz. Piani a benefici definiti Totale altre componenti di conto economico complessivo Totale conto economico complessivo 11.738.580 209.753 Benefici relativi al personale Fondi per rischi e oneri Passività per imposte differite Debiti diversi e altre passività non correnti 25 Prospetto di Conto economico complessivo 9.073.105 14 XXII XXIII XXIV XXI Risultato attività destinate a continuare Risultato attività destinate alla dismissione e dismesse (1.097.912) 25 - di cui verso parti correlate (440.897.764) XII 14 Attività per imposte correnti 54.270.673 26.363.629 (441.669.234) - di cui verso parti correlate XXI 796.108 15.627.131 (507.534.834) 15.237.758 Risultato dell’esercizio 36.119.958 41.629.898 37 (9.299.514) - 39.248.881 14 14 Passività finanziarie per strumenti derivati (172.852.174) 34.375.625 27 36 - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate XXVI 24 - di cui non ricorrenti Crediti diversi e altre attività correnti (16.020.614) Altri proventi ed oneri da attività e passività finanziarie (9.299.087) 34 35 XXVI Risultato ante imposte Imposte sul reddito 14 - 9.930.216 15.171.570 35.542.024 1.543.262.100 17.493.578 250.940.162 8.313.559 760.183 XI - di cui verso parti correlate 2.290 1.131.294.333 Riserve Azioni proprie Avanzi (disavanzi) da fusione Utili (perdite) portati a nuovo Utile (perdita) dell’esercizio Fondo perdita in fomazione Totale patrimonio netto Debiti finanziari non correnti (9.175.281) 5.729.188 - 14 1.283.570.398 4.230.215 15.644.223 65.659.680 1.559.682.692 18.406.792 221.673.162 (825.204) (35.492) (870.446) 27 - di cui verso parti correlate - di cui non ricorrenti (20.063.036) (660.670) (9.800.000) 5.510.594 904 Crediti finanziari non correnti Altre attività non correnti Attività per imposte anticipate Totale attività non correnti Rimanenze Crediti commerciali 34.971.690 12.617.875 500.000 5.526.688 2.303 14 XXVI XVII XVII (10.611.337) (18.442.989) 27.002.254 14 27 260.287.323 7.000.000 78.525.136 1.131.294.333 32 37 - di cui verso parti correlate 31 dicembre 2012 (*) 117.007.825 4.500.000 63.541.360 1.283.570.398 Attività finanziarie disponibili per la vendita Attività finanziarie per strumenti derivati (227.965.009) (4.980.174) (59.833.373) - di cui verso parti correlate 31 dicembre 2013 28 29 30 31 XVII XXVI (2.847.582) (566.185) (258.107.693) 14 27 Note 16.613.983 (48.322.393) (270.610) (2.431.722) (200.000) 17 - di cui verso parti correlate - di cui non ricorrenti 13.810.136 Prospetto della Situazione patrimoniale finanziaria (^) (Valori in Euro) ATTIVITA’ XIV Immobili, impianti e macchinari XVI Investimenti immobiliari XV Attività immateriali XVII Partecipazioni valutate al costo - di cui verso parti correlate 14 - di cui verso parti correlate 519.259.258 14 - di cui verso parti correlate 14 - di cui verso parti correlate 14 - di cui verso parti correlate 15.266.853 1.880.656 8.762.504 14 - di cui verso parti correlate 193.058.171 14 - di cui verso parti correlate 9.339.427 14 - di cui verso parti correlate 14 Totale passività correnti Passività associate ad attività destinate alla dismissione TOTALE PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO 23.281.138 9.585.473 21.303.878 24.730.328 1.453.705 6.187.631 754.399.168 7.015.258 29.506.137 43.584.290 (^) Anche ai sensi della Delibera CONSOB n. 15519 del 27 luglio 2006. (*) L’esercizio 2012 è stato ritrattato a seguito dell’adozione dell’emendamento allo IAS 19 “Benefici ai dipendenti” che ha comportato un effetto positivo sul risultato pari a 2,4 milioni e un effetto negativo sugli utili esercizi precedenti pari a 2,4 milioni. Le Note richiamate negli schemi di bilancio costituiscono parte integrante del bilancio depositato presso il Registro delle Imprese di Milano e reso pubblico ai sensi di legge. Il bilancio è stato redatto secondo i principi contabili internazionali. BILANCIO CONSOLIDATO DELLA RCS MEDIAGROUP S.p.A. AL 31 DICEMBRE 2013 Da pubblicare ai sensi dell’articolo 1, comma 33, del D.L. 23 ottobre 1996 n. 545, convertito con legge 23 dicembre 1996 n. 650 CONTO ECONOMICO CONSOLIDATO (in milioni di euro) STATO PATRIMONIALE CONSOLIDATO (in milioni di euro) (in milioni di euro) ATTIVITA’ XVII Immobili, impianti e macchinari XVIII Investimenti Immobiliari XVI Attività immateriali XIX Partecipazioni in società collegate e joint venture XIX Attività finanziarie disponibili per la vendita XXVIII Attività finanziarie per strumenti derivati XIX Crediti finanziari non correnti XIX XXIII - di cui verso parti correlate Note 31 dicembre 2013 31 dicembre 2012 (^) 32 33 34 35 36 37 38 132,1 30,3 516,9 115,0 5,9 7,6 263,2 27,5 649,2 139,1 6,8 10,0 39 27 18,7 122,3 1.236,8 95,5 452,1 17 - 40 41 19,2 148,4 975,4 87,5 393,0 Crediti diversi e altre attività correnti 42 106,3 109,4 XXIII Attività per imposte correnti XXVIII Attività finanziarie per strumenti derivati XXIX Crediti finanziari correnti 27 37 43 10,8 15,1 10,9 18,1 XXIX 43 10,7 25,1 623,4 20,1 1.618,9 711,1 1.947,9 XXIII - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate Disponibilità liquide e mezzi equivalenti - di cui verso parti correlate 17 17 17 17 41,4 4,3 11,4 0,6 59,0 4,3 16,2 - Ricavi delle vendite II II Incremento immobilizzazioni per lavori interni Variazione delle rimanenze prodotti finiti, semilavorati e prodotti in corso II - di cui verso parti correlate 463,3 40 (4,0) (2,6) Consumi materie prime e servizi 18 (925,5) (1.074,0) III Costi per il personale 19 (414,0) (416,8) II Altri ricavi e proventi operativi 20 32,0 43,5 II Oneri diversi di gestione 21 (47,0) (36,8) - di cui non ricorrenti - di cui verso parti correlate - di cui non ricorrenti 46 (11,9) (16,7) (27,3) (18,4) VI VII VIII IX Ammortamenti attività immateriali Ammortamenti immobili, impianti e macchinari Ammortamenti investimenti immobiliari Svalutazione immobilizzazioni 23 23 23 23 (43,7) (24,8) (1,4) (48,0) (53,0) (30,6) (0,6) (430,5) X Risultato operativo Proventi finanziari 24 (200,8) 3,2 (523,5) 5,6 Utile (perdita) dell’esercizio Totale patrimonio netto di gruppo Patrimonio netto di terzi Totale Debiti e passività non correnti finanziarie 44 (507,1) 138,4 40,6 179,0 131,3 X Oneri finanziari 43 (218,5) 331,8 19,0 350,8 430,6 XI Passività finanziarie per strumenti derivati 37 15,6 26,4 XII Benefici relativi al personale Fondi per rischi e oneri Passività per imposte differite Altre passività non correnti 45 46 27 47 52,5 43,9 89,6 3,0 61,2 17,6 93,3 3,1 XIII XXVI Totale Passività non correnti Debiti verso banche 43 635,2 27,2 332,9 22,0 XXVII Debiti finanziari correnti 43 26,9 707,0 Passività finanziarie per strumenti derivati Passività per imposte correnti Debiti commerciali 37 27 48 1,5 0,5 369,2 2,3 0,5 470,7 Quote a breve term. fondi rischi e oneri Debiti diversi e altre passività correnti 46 49 77,1 130,5 56,6 176,9 632,9 1.618,9 1.436,0 1.947,9 XXVI XXVI XXIV XXIII XXIII XXIII XXVII XXIII XXII XXIII XXIII - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate 17 17 17 - di cui verso parti correlate 17 - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate Totale passività correnti Passività associate ad attività destinate alla dismissione TOTALE PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO 17 17 17 179,2 15,3 0,6 11,2 14,8 22,4 - 40,0 24,7 0,6 8,0 316,9 29,2 1,2 (^) L’esercizio 2012 è stato ritrattato a seguito dell’adozione dell’emendamento allo IAS 19 “benefici ai dipendenti” che ha comportato un effetto positivo sul risultato netto di periodo del Gruppo pari a 2,2 milioni, un effetto negativo sugli utili esercizi precedenti pari a 3,3 milioni e un effetto positivo sulla riserva di valutazione per 1,1 milioni. RCS MEDIAGROUP S.P.A. XIV XV 31 17 - di cui non ricorrenti 31 - di cui non ricorrenti - di cui verso parti correlate 31 17 (4,5) (9,2) (0,6) (22,6) (5,3) (1,5) (9,2) 1,0 0,8 0,9 24 (36,0) (34,5) Altri proventi ed oneri da attività e passività finanziarie 25 0,8 (4,7) Quote proventi (oneri) da valutazione partecipazioni con il metodo del patrimonio netto Risultato ante imposte Imposte sul reddito 26 (21,9) (254,7) 28,3 (24,9) (582,0) (4,4) (226,4) 7,2 (219,2) (586,4) 75,5 (510,9) (0,7) (218,5) (219,2) (0,95) (0,95) 0,03 0,03 (3,8) (507,1) (510,9) (5,41) (5,41) 0,70 0,70 - di cui verso parti correlate 17 - di cui non ricorrenti 31 - di cui non ricorrenti Risultato attivita destinate a continuare Risultato attività destinate alla dismissione e dismesse Utile / (perdita) dell’esercizio Attribuibile a: Utile/(perdita) attribuibile ai terzi Utile/(perdita) attribuibile ai soci della Capogruppo Utile / (perdita) dell’esercizio Risultato delle attività destinate a continuare per azione base in euro Risultato delle attività destinate a continuare per azione diluito in euro Risultato delle attività destinate a dismissione e dismesse per azione base in euro Risultato delle attività destinate a dismissione e dismesse per azione diluito in euro 27 31 28 29 30 30 30 30 (16,4) (2,5) (14,8) 13,6 (^) L’esercizio 2012 è stato ritrattato a seguito dell’adozione dell’emendamento allo IAS 19 “benefici ai dipendenti” che ha comportato un effetto positivo sul risultato netto di periodo del Gruppo pari a 2,2 milioni. - Le note richiamate negli schemi di bilancio costituiscono parte integrante del bilancio depositato presso il Registro delle Imprese di Milano e reso pubblico ai sensi di legge. - Il bilancio consolidato è stato redatto secondo i principi contabili internazionali. C.F. 12086540155 Anno 2013 PROSPETTO DI DETTAGLIO DELLE VOCI DEL BILANCIO DI ESERCIZIO AL 31.12.2013 Da pubblicare ai sensi dell’art. 1, comma 33, del decreto-legge 23 ottobre 1996 n. 545 convertito con legge 23 dicembre 1996 n. 650 RICAVI DELLE VENDITE: 01 Vendita di copie 287.090.413 06 Abbonamenti 13.992.727 02 Pubblicità 236.275.213 07 Pubblicità 56.903.672 03 Diretta 230.626.636 08 Ricavi da vendita di informazioni 1.827.432 04 Tramite concessionaria 5.648.577 09 Ricavi da altra attività editoriale 33.600.007 05 Ricavi da editoria on line 70.896.399 10 Totale voci 01+02+05+08+09 629.689.464 31 - di cui non ricorrenti - di cui verso parti correlate (27,1) 32,9 (127,5) XXV (0,6) (0,1) 22 - di cui non ricorrenti (27,1) 7,7 94,6 0,1 (15,7) (0,1) 4,3 0,5 Accantonamenti 44 44 44 - 2,8 0,5 (14,9) (51,0) Svalutazione crediti commerciali e diversi Azioni proprie Riserve Utili (perdite) portati a nuovo 17 (8,3) (79,3) (95,6) (1,7) V XXV XXV XXV - di cui verso parti correlate 31 17 (94,0) (2,4) (0,1) IV 762,0 5,2 XXV 17 31 - di cui non ricorrenti - di cui verso parti correlate 475,1 - 1,9 17 31 - di cui verso parti correlate - di cui non ricorrenti 44 44 - 31 17 31 - di cui verso parti correlate - di cui non ricorrenti XXV XXV 17 17 Progressivo al 31 dicembre 2013 2012 (^) 1.314,8 1.513,0 368,3 Totale attività correnti Attività non correnti destinate alla dismissione TOTALE ATTIVITA’ PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO Capitale sociale Altri strum. finanz. rappres. patrimonio - di cui verso parti correlate Note 16 I 5,0 Altre attività non correnti Attività per imposte anticipate Totale attività non correnti Rimanenze Crediti commerciali XX XXI in milioni di euro RCS MEDIAGROUP S.P.A. CONCESSIONARIA DI PUBBLICITA’ 2013 Elenco delle testate servite in esclusiva (In applicazione alla legge del 5 agosto 1981 n. 416 e dell’art. 1, comma 34, del D.L. 545/96 convertito con Legge 23 dicembre 1996 n. 650) Sette Sette Green Vivimilano Corriere della Sera Corriere Economia Corriere Motori La lettura La Gazzetta dello Sport Sport Week Amica Amica Speciale Bellezza Mon Amour Casa Amica Io Donna-Il femminile del Corriere della Sera IO DONNA WEDDING BOOK IO DONNA FASHION BOOK Max Il Mondo Brava Casa Bravacasa collezioni A Novella 2000 Speciale Novella 2000 Oggi Io cucino Ok La Salute Prima di Tutto Visto L’Europeo Dove Style Magazine Corriere del Mezzogiorno/ Campania Corriere del Mezzogiorno/ Puglia Economia e Management Corriere del Veneto Corriere di Bologna Corriere Fiorentino CORRIERE.IT GAZZETTA.IT VIVIMILANO.IT CORRIERE DEL MEZZOGIORNO.IT Corriere Bologna.it Corriere Veneto.it Corriere Fiorentino.it Abitare Case da Abitare Living Trovocasa Trovocasa Pregio Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Festival Spettacoli 35 italia: 52495258535051 Muti, Bartoli, Chailly tra i protagonisti della rassegna diretta da Pereira. Venduti 280 mila biglietti per sei settimane di spettacoli Gli italiani star a Salisburgo «Un modello da copiare» Volti Roberto Abbado: esempio di cultura che crea ricchezza Maestro Roberto Abbado (59 anni) DAL NOSTRO INVIATO SALISBURGO — Nella pattuglia di italiani protagonisti al Festival di Salisburgo c’è un debutto importante: quello di Roberto Abbado, 60 anni, figlio di Marcello (pianista e direttore del Conservatorio di Milano) e nipote di Claudio Abbado, atteso il 22 in La Favorita di Donizetti nell’edizione francese in forma di concerto. «È un impegno a cui tengo moltissimo, non ho mai diretto a Salisburgo che è un mito per chiunque si occupi di musica, fa parte della mia formazione, ricordo quando ero ragazzo le dirette radiofoniche, da Il Flauto Magico di Karajan a un concerto di mio zio con il violinista Gidon Kremer per un Beethoven che fece scalpore. Il mio è un debutto tardivo». Un festival (è l’ultimo anno di Pereira prima del suo arrivo alla Scala) da 280 mila biglietti venduti per sei settimane di spettacoli. «Non sono a prezzi popolari, ma creano un indotto straordinario. Per l’Italia è un modello da copiare, la cultura può davvero veicolare ricchezza». Roberto Abbado si ritrova in buona compagnia, con Daniele Gatti sul podio per Il Trovatore con il tenore spagnolo Placido Domingo, accolto l’altra sera da 10 minuti di applausi (sarà ripreso nel 2015: Sky Classica lo trasmette il 15 agosto alle 21.10); Damiano Michieletto, primo regista italiano invitato per il terzo anno di fila, atteso per La Cenerentola con Cecilia Barto- menti». Ha fatto sua un’osservazione che gli fece Gavazzeni: «Devi conoscere la tradizione per non seguirla». E consigli da suo zio Claudio ne ha avuti? «Arrivavano quando meno te l’aspettavi, parlava poco. Lo ricordo in una Carmen con Domingo, che cominciava anche a dirigere. Claudio gli disse: ricordati di non fermare mai le braccia, le devi lasciare correre, il suono deve camminare. Fu una grande lezione. Che la sua Orchestra Mozart abbia chiuso, all’indomani della sua morte, è una cosa tristissima». Lei appartiene a una grande famiglia di musicisti, suo zio, scomparso sette mesi fa, è stato uno dei massimi direttori del nostro tempo. Quanto pesa questo cognome? «Ora ci ho fat- «Song Reader» Beck, gli spartiti diventano un cd di cover È un disco di cover di un album mai pubblicato. Norah Jones, Jack White, Jarvis Cocker dei Pulp, Juanes, Jack Black, Laura Marling, i Fun., Jeff Tweedy dei Wilco sono fra gli sopiti di «Song Reader», album che mette in musica per la prima volta 20 canzoni di Beck (foto). Il cantautore americano le aveva pubblicate nel 2012 solo sotto forma di spartiti con un invito a chiunque, subito Il successo Dieci minuti di applausi al «Trovatore» con Domingo diretto da Gatti Sul palco Domingo (73 anni), al centro, applaudito alla prima del «Trovatore», ambientato in un museo li; i concerti di Riccardo Chailly e Riccardo Muti; il piano di Maurizio Pollini; e nel Don Giovanni, Ildebrando d’Arcangelo, Luca Pisaroni e il giovane Alessio Arduini pescato dall’ensemble dell’Opera di Vienna (tre cantanti che all’estero ricevono molto più che in Italia). Abbado, le insidie del «suo» Donizetti? «È l’autore più difficile dell’800 italiano, pienamente romantico. Qui ha dato coerenza a un materiale mu- sicale eterogeneo proveniente da altre due opere, con un’orchestrazione elaborata e importante». Roberto Abbado non ha mai voluto specializzarsi, «anche se ho cominciato come rossiniano, poi ho detto molti no per togliermi quell’etichetta». Del marchio di famiglia, possiede rigore e elasticità; è disponibile verso i nuovi registi «che hanno impeto drammatico e voglia di seguire una storia con un’estetica nuova, senza stravolgi- Mezzosoprano Cecilia Bartoli (48 anni) to l’abitudine e non ci penso più. Un po’ alla volta ho perseguito la mia strada, mi sono fatto il mio nome, la mia reputazione. La mia vita è stata inondata di musica, ma non è quello che volevo fare, io sognavo di diventare ingegnere aeronautico. Quando avevo 12 anni, mio padre fu nominato direttore del Conservatorio di Pesaro e cominciai lo studio della musica. Da bambino, quando zio Claudio tornava dai suoi impegni all’estero, riuniva la famiglia e gli amici più cari, tra cui Maurizio Pollini, per giocare a pallone. Lui ignorava completamente le regole, a bordo campo gli spiegarono qualcosa, non aveva letteralmente idea di come si dovesse giocare». Valerio Cappelli raccolto su internet, di dare la propria versione della musica. A due anni di distanza Beck, che ha tenuto per sé «Heaven’s Ladder» e fatto da supervisione alla produzione lasciando tutti liberi di seguire il proprio stile, ha distribuito quei brani a colleghi e amici per farne finalmente un vero album. «Non esiste una versione originale di questi pezzi — ha detto alla rivista Rolling Stone —. Questo progetto è stato un’opportunità per valutare come si può trasformare una canzone». (a. laf.) © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA BILANCIO D’ESERCIZIO di TROVOLAVORO S.r.l. al 31.12.2013 In applicazione alla legge del 5 agosto 1981 n. 416 e dell’art. 1, comma 34, del D.L. 545/96 convertito con legge 23 dicembre 1996 n. 650 Prospetto di Conto Economico (Valori in Euro) I Ricavi delle vendite Ricavi pubblicitari - di cui verso parti correlate Ricavi editoriali diversi - di cui verso parti correlate II Acquisti e consumi materie prime e servizi Acquisti e consumi materie prime e merci - di cui verso parti correlate Costi per servizi - di cui verso parti correlate Costi per godimento beni di terzi - di cui verso parti correlate III Prospetto della Situazione patrimoniale finanziaria Note 10 10 Costi per il personale - di cui verso parti correlate Esercizio 2013 2.830.145 2.147.164 Esercizio 2012 (*) 3.977.817 3.200.848 11 30.195 101.121 10 682.981 776.969 11 220.700 3.000 12 12 (2.250.669) (722.102) (3.672.045) (1.696.971) 11 (719.768) (1.694.911) 12 (1.388.588) (1.809.482) 11 (282.008) (606.277) 12 (139.979) (165.592) 11 (109.811) (129.344) 13 (1.111.485) (724.646) 11 - (718) (51.500) - 275.258 - di cui non ricorrenti II Altri ricavi e proventi operativi 14 14.045 - di cui verso parti correlate 11 2.538 264.962 15 (23.361) (32.830) II Oneri diversi di gestione IV V VI VI VIII Accantonamenti Svalutazione crediti Ammortamenti attività immateriali Ammortamenti immobili, impianti e macchinari Risultato operativo Proventi finanziari VIII (Oneri) finanziari IX Risultato ante imposte Imposte sul reddito Risultato dell’esercizio - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate 11 (452) (444) 16 17 18 18 4.575 (73.979) (97.695) (679) (709.103) 24.981 (5.833) (114.380) (129.166) (679) (426.504) 14.750 19 11 24.395 13.880 19 (4.500) (3.142) 11 (393) (252) 20 (688.622) 158.517 (530.105) (414.896) 95.906 (318.990) Note Utilie/(perdita) dell’esercizio (Perdita)/utile attuariale su piani a benefici definiti Effetto fiscale su attuarizz. Piani a benefici definiti Totale altre componenti di conto economico complessivo Totale conto economico complessivo Note 21 22 20 23 26 Esercizio 2013 (530.105) 29.077 29.077 (501.028) 2012 Variazione (318.990) (211.115) 40.999 (11.922) (11.275) 11.275 29.724 (647) (289.266) (211.762) 31 dicembre 2013 31 dicembre 2012 (*) 382 38.783 32.530 71.695 1.551.048 1.060 136.478 33.266 170.804 1.634.686 - di cui verso parti correlate 11 687.695 323.032 XV Crediti diversi e altre attività correnti 24 228.308 168.804 XV Attività per imposte correnti XX Crediti finanziari correnti - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate XX XV XIV Disponibilità liquide e mezzi equivalenti Totale attività correnti Attività non correnti destinate alla vendita TOTALE ATTIVITA’ PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO Capitale sociale Riserve Utili (perdite) portati a nuovo Utile (perdita) dell’esercizio Totale patrimonio netto Benefici relativi al personale Fondi per rischi e oneri Passività per imposte differite Totale passività non correnti Debiti verso banche Passività per imposte correnti Debiti commerciali XV Debiti diversi e altre passività correnti XIX XIX XIX XIX XVI XVII XVIII 11 - 110 20 201.240 141.335 11 178.761 118.470 25 1.461.842 2.204.367 11 1.461.842 2.204.367 3.442.438 3.514.133 4.149.192 4.319.996 674.410 2.522.401 (351.083) (530.105) 2.315.623 111.125 9.631 1.996 122.752 587 12.662 505.824 674.410 2.493.324 (32.094) (318.990) 2.816.650 87.844 14.205 1.996 104.045 652 963.707 26 26 26 26 27 28 20 25 20 29 - di cui verso parti correlate - di cui verso parti correlate PROSPETTO DEL CONTO ECONOMICO COMPLESSIVO importi in euro (Valori in Euro) ATTIVITA’ X Immobili, impianti e macchinari XI Attività immateriali XII Attività per imposte anticipate Totale attività non correnti XIII Crediti commerciali 11 181.587 525.427 30 556.685 434.942 11 Totale passività correnti Passività associate ad attività destinate alla dismissione TOTALE PASSIVITA’ E PATRIMONIO NETTO 280 550 1.075.758 3.514.133 1.399.301 4.319.996 (*) L’esercizio 2012 è stato ritrattato a seguito dell’adozione dell’emendamento allo IAS 19 “Benefici ai dipendenti” che ha comportato un effetto negativo sul risultato pari a 30 migliaia, un effetto negativo sugli utili esercizi precedenti pari a 32 migliaia ed un effetto positivo sulla riserva attualizzazione TFR per 62 migliaia. Le Note richiamate negli schemi di bilancio costituiscono parte integrante del bilancio depositato presso il Registro delle Imprese di Milano e reso pubblico ai sensi di legge. Il bilancio è stato redatto secondo i principi contabili internazionali. TROVOLAVORO S.R.L. CONCESSIONARIA DI PUBBLICITA’ 2013 Elenco delle testate servite in esclusiva (In applicazione alla legge del 5 agosto 1981 n. 416 e dell’art. 1, comma 34, del D.L. 545/96 convertito con Legge 23 dicembre 1996 n. 650) Corriere di Bologna Corriere Fiorentino Corriere del Veneto Corriere del Mezzogiorno Corriere del Trentino Vivimilano Corriere della Sera La Gazzetta dello Sport Il Mondo 36 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 Sportlunedì Elezioni Figc Il calcio sceglie il suo futuro: il voto è segreto, le sorprese difficili Il giorno di Tavecchio Istruzioni per l’uso I candidati V Demetrio Albertini 42 anni, è dal 2007 vicepresidente, ora dimissionario, della Figc V Carlo Tavecchio 71 anni, dal 1999 è presidente della Lega nazionale dilettanti e dal 2007 vicepresidente (dal 2009 vicario) della Figc Chi vota A votare, a scrutinio segreto, saranno 278 delegati, con questa suddivisione: 20 Lega Serie A 21 Lega Serie B 60 Lega Pro 90 Lega Dilettanti 52 atleti (Assocalciatori) 26 tecnici (Assoallenatori) 9 arbitri (Aia) I voti dei delegati hanno però pesi percentuali diversi: 34% Lega Dilettanti 20% atleti (Assocalciatori) 17% Lega Pro 12% Lega Serie A 10% tecnici (Assoallenatori) 5% Lega Serie B 2% arbitri (Aia) Il quorum per l’elezione L’elezione del presidente federale è prevista su uno o più scrutini: V al primo scrutinio un candidato è eletto quando riporta una maggioranza di almeno tre quarti dei voti V al secondo scrutinio un candidato è eletto quando riporta una maggioranza di almeno due terzi dei voti V al terzo scrutinio un candidato è eletto quando riporta la maggioranza assoluta dei voti V superato senza successo il terzo scrutinio, si procede al ballottaggio tra i due candidati che abbiano riportato la più elevata somma percentuale di voti espressi. Viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi Commissariamento In caso di mancata elezione, il Coni procede al commissariamento: spetta alla Giunta nazionale indicare il nome del commissario con una delibera che va approvata dal Consiglio nazionale Il presidente della Lega Dilettanti strafavorito, non teme Albertini ma il partito delle schede bianche ROMA — Alle 4 del pomeriggio l’hotel Hilton di Fiumicino è pieno di gente frenetica, sorridente, pronta alla festa. Non si tratta di turisti in partenza per le ferie, ma dei novanta delegati della Lega Dilettanti, i primi a impossessarsi della struttura dove oggi il calcio sceglierà il proprio futuro. Carlo Tavecchio è il loro presidente e alle 7 della sera potrebbe diventare l’erede di Giancarlo Abete e il capo della federazione più importante dello sport italiano. Contro tutto e contro tutti. Impermeabile alle critiche, Tavecchio è il grande favorito. E i delegati della Lega più numerosa sono pronti al trionfo. Mai un loro rappresentante è arrivato così in alto. «Come finirà? Se non ci saranno accordi politici dell’ultima ora, Carlo vincerà alla terza votazione», racconta un delegato dell’Emilia Romagna. Ma c’è chi è più ottimista e si spinge oltre. Secondo una parte nutrita dei suoi aficionados, il 71enne ragioniere di Ponte Lambro potrebbe chiudere il conto già al secondo turno quando sarà necessario il 66 per cento dei consensi. «Presidente tieni duro, noi democristiani non molliamo mai», grida un altro elettore di Tavecchio abbracciandolo al centro del corridoio quando il super favorito si materializza per una riunione con gli stessi dilettanti e la Lega Pro. È la rivincita dei peones. Tavecchio cerca con lo sguardo Macalli, che gli ha garantito i voti preziosi della serie C, mentre Lotito e Galliani, i registi dell’operazione, sono arrivati solo a tarda serata, ma sono sempre stati in contatto con il loro candidato. Soprattutto Lotito, che in questi giorni ha guidato Tavecchio come un bambino. Demetrio Albertini, l’uomo della base, degli allenatori e dei calciatori, anche di una fetta ampia di opinione pubblica, è battuto. In questi giorni in cui Tavecchio ha tremato e rischiato, l’ex milanista non è mai cresciuto in maniera significativa oltre il 30 per cento di partenza. Il vero rivale di Tavecchio è il partito dell’astensione che sul far della sera cresce nelle confidenze di corridoio. Nel segreto dell’urna anche qualche insospettabile potrebbe cambiare pelle e stravolgere un finale apparentemente già scritto. Sotto sotto, sono in parecchi a considerare Tavecchio impresentabile e non solo per lo scivolone sulle banane. «Optì Pobà? È stata un’uscita infelice, ma Carlo non è razzista. Casomai paga l’amicizia con Lotito», spiega un fedelissimo mentre dentro l’hotel entra in fila indiana la delegazione lombarda della Lega Dilettanti, la più numerosa e fedele al presidente. C’è chi teme sorprese, anche al- l’interno della stessa LND: «Non sarebbe la prima volta». Ma alla fine tutti sono pronti a scommettere: «Tavecchio vincerà e il calcio uscirà dalla crisi». Il re, piccolo e provato anche da gravi problemi personali, cena con i suoi grandi sostenitori (Lotito e Subito il c.t. Dopo il voto, il primo problema sarà la nomina del c.t. della nazionale: Conte la prima scelta Macalli) prima però fa sentire la sua voce attraverso uno scarno comunicato dattiloscritto: «Il susseguirsi delle dichiarazioni ha distolto l’attenzione dalle priorità di cui necessita oggi il calcio. Impegni concreti per i settori giovanili, l’impiantistica La curiosità Il Tavecchio d’America ha già vinto la sua partita DETROIT — Aspettando la vittoria di Carlo Tavecchio, grande favorito nella corsa alla presidenza della Federcalcio, un altro Tavecchio già festeggia. Si tratta di Giorgio, 24 anni, milanese, che ha piazzato la trasformazione vincente nella partita di prestagione della Nfl, la lega del football Usa, tra Detroit Lions e Cleveland Browns. Giorgio Tavecchio ( foto) sta cercando di conquistarsi un posto tra i titolari dei Lions dopo aver giocato per la squadra dell’università di Berkeley ed essere stato messo sotto contratto prima dai 49ers di San Francisco, poi dai Packers di Green Bay e, dallo scorso dicembre, dai Lions di Detroit. Il Tavecchio d’America è un kicker, un giocatore cioè che entra solo per i calci piazzati, e l’altro ieri, proprio un suo calcio da un punto (la trasformazione del touchdown di Corey Fuller) a 1’05’’ dal termine della partita, ha dato ai Lions la vittoria per 13-12. © RIPRODUZIONE RISERVATA In attesa Oggi il test col Psg degli ex Lavezzi e Cavani, De Laurentiis dice di pensare allo scudetto ma rimanda i possibili acquisti Mistero Napoli, per ora ha venduto più che comprato NAPOLI — Oggi l’attesa è tutta per l’amichevole con il Psg (ore 20, Sky Calcio 1 e Premium Calcio 3) e per il ritorno al San Paolo di Lavezzi e Cavani (applausi certi per il Pocho, meno per l’uruguaiano). Però l’atmosfera da amarcord dura una notte, e allungando lo sguardo appena un po’ più in là, ecco che gli impegni seri — preliminare di Champions con l’Athletic di Bilbao e inizio del campionato — si incrociano con una campagna acquisti che al momento vede il Napoli tra le squadre meno rinforzate della serie A, se non addirittura indebolita. Durante il ritiro in Trentino, il presidente Aurelio De Laurentiis ha detto che stavolta vuole puntare allo scudetto, anche se il tecnico Benitez frena, e per ora mette il Napoli ancora dietro a Juventus e Roma. Ma la serie A prossima a ripartire, potrebbe offrire davvero uno scenario allettante per i partenopei, da anni, ormai, sempre nel giro delle formazioni di vertice. Il Napoli dovrebbe trarre vantaggi importanti dalla maggiore conoscenza reciproca tra Benitez e i giocatori, sperando poi nella prevedibile irripetibilità di una Juventus da 100 punti e in una Roma distratta dalla Champions e quindi meno continua in campionato. Ma finora c’è da chiedersi quale sarà il Napoli che, prendendo per buone le parole del presidente, proverà a vincere lo scudetto. Sarà innanzitutto Allenatore Rafa Benitez, 54 anni, alla seconda stagione col Napoli (Afp) un Napoli senza Reina, il portiere spagnolo che lo scorso anno non solo fu una garanzia tra i pali, ma si caricò sulle spalle — lui che era solo in prestito e che, come si è visto, era destinato a restare per una sola stagione — la leadership della squadra. Era un punto di riferimento, Reina. L’unico in una formazione che conta tanti bravi e bravissimi giocatori, ma nessuna grande personalità. Questioni di ingag- gio ne hanno impedito il riscatto dal Liverpool, e lui alla fine se n’è andato al Bayern, a fare il vice, certo, ma di Neuer, il migliore che c’è. Via anche Behrami, incontrista mai piaciuto a Benitez, e in uscita Fernandez, che invece con il tecnico spagnolo era titolare fisso al centro della difesa. Dove invece resta Britos, il meno amato dai tifosi napoletani, e arriva Koulibaly, giovane francese sul quale il tecnico è pronto a scommettere. Per ora gli unici nomi nuovi sono il suo e quello di Michu, attaccante spagnolo con ottime referenze ma che certo non si annuncia come il migliore vice Higuain possibile. Non molto, quindi, almeno fin qui. Gli ottimisti dicono che vanno considerati «nuovi» anche Zuniga (l’anno scorso sempre assente per infortunio) e Hamsik, che non potrà ripetere una stagione scialba come l’ultima. Ma rinforzi veri sarebbero il danese Agger in difesa (Benitez lo chiede da quando è a Napoli) e Fellaini. Che è stato una delle sorprese dei Mondiali, è un talento, piace all’allenatore, ma forse non è un proprio un centrale di centrocampo da piazzare davanti alla difesa. E comunque anche lui, come Reina, nel migliore dei casi arriverebbe in prestito. Il bilancio, si sa, per De Laurentiis viene prima di tutto. Anche delle velleità di scudetto. Fulvio Bufi © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Sport 37 italia: 52495258535051 All’Arsenal la Supercoppa inglese Fiorentina: Marin il dopo Cuadrado L’Arsenal batte 3-0 il Manchester City e si aggiudica per la 13ª volta il Community Shield, la Supercoppa inglese. In gol Cazorla al 20’, Ramsey al 42’ del primo tempo e Giroud al 15’ della ripresa. Nella squadra di Wenger buon esordio di Alexis Sanchez, mentre Pellegrini ha mandato in campo una squadra senza molti titolari, come il nuovo acquisto Lampard. La Fiorentina trova il sostituto di Cuadrado. In attesa di definire il futuro del colombiano, i viola hanno scelto Marko Marin, 25 anni, tedesco di origine bosniaca, esterno di talento. Di proprietà del Chelsea, Marin l’ultima stagione ha vinto l’Europa League col Siviglia. Arriva in prestito con diritto di riscatto fissato a 5 milioni. Fronte Milan: da Napoli ribadiscono l’interessamento dei rossoneri per Pandev. Presidenti sì, nì e no L'analisi LE PICCOLE INDICAZIONI E LE SPERANZE di MARIO SCONCERTI L Giorgio Lugaresi Il presidente del Cesena si è staccato dal gruppo che ha chiesto il ritiro dei due candidati ed è pronto a sostenere Tavecchio (Ansa) Massimo Ferrero Il presidente della Sampdoria è tornato ad appoggiare Tavecchio, ma la nuova inversione a U non è stata ufficializzata (Ansa) Urbano Cairo Il presidente del Torino è da sempre tra i più fieri oppositori di Tavecchio, in compagnia del collega Andrea Agnelli della Juve (LaPresse) Nell’urna Il Cesena molla i ribelli. Verona e Atalanta: «Siamo con Tavecchio» La serie A ritorna pro Tav Per la vittoria è quasi fatta Il problema sarà governare Le altre cariche il primo test in Consiglio federale sportiva, i centri di formazione federale, la riforma dei campionati e le regole di governance». Il suo programma è il programma di Lotito, benedetto da Galliani. Se oggi sarà presidente, Tavecchio riunirà subito il Consiglio federale e poi darà la caccia all’allenatore della nazionale. Rispetto a un mese fa, spinto dalle critiche e forse dal Coni, ha rivisto il concetto. «Non prenderò mai un tecnico da 2 milioni di euro», aveva dichiarato il giorno delle dimissioni di Abete. Ora, invece, lo prenderà da 3 (lordi). E punterà sul meglio che c’è in giro: la prima telefonata sarà fatta ad Antonio Conte (ci sono stati già dei sondaggi), ma se il bianconero preferisse aspettare una panchina europea, allora punterà su Roberto Mancini (sempre che non si opponga Lotito...). Guidolin e Tardelli, in questo momento, sono indietro. Verdetto Carlo Tavecchio, 71 anni, presidente della Lega dilettanti e principale candidato a sostituire Giancarlo Abete sulla poltrona più importante della Figc e, a destra, Demetrio Albertini, 42 anni, ex vicepresidente federale, dimissionario dopo il fallimento della spedizione azzurra ai Mondiali del Brasile. Oggi l’urna dirà chi dei due guiderà il calcio italiano (Sport Image) Alessandro Bocci © RIPRODUZIONE RISERVATA Il problema non è conquistare la vetta. Il problema, semmai, è restarci a lungo e in serenità, elementi necessari per tradurre in pratica la teoria delle riforme sul calcio. L’urna, oggi, non darà al probabile vincitore, Carlo Tavecchio, gli esatti connotati dei detrattori nella Lega di A, cioè quella che sostiene economicamente il sistema e per questo anche la più difficile da controllare. Gli darà però, attraverso le schede colorate, le esatte proporzioni del consenso, passaggio indispensabile per ottenere i due elementi di cui sopra. Già a metà pomeriggio, quindi, Tavecchio o (difficilmente) Albertini capiranno se il loro regno avrà lunga vita. Il premio dell’urna è la governabilità della Figc. E la squadra conta, sarà il primo tema del Consiglio federale fissato subito dopo il verdetto (Michele Uva nuovo dg?). Il secondo, come ovvio, sarà il nuovo ct. Il consenso passa anche di lì. Ma basta ripercorre gli ultimi due giorni di battaglia tra comunicati, agenzie e indiscrezioni per capire quanto in serie A l’equilibrio sia labile e quanto complicato sia procedere a velocità di crociera. Dal documento dei nove che ha tentato il ribaltone chiedendo il ritiro congiunto dei candidati e il ricorso al commissario dal Coni (ipotesi oggi legata solo alla cascata di schede bianche, più della metà dei voti espressi) ieri si sono staccati in parecchi. Qualcuno dando in pasto ai media la contro-inversione di rotta, come il Cesena che «procederà a votare seguendo la decisione presa a larga maggioranza nell’ultima Assemblea di Lega (il famoso 18-2 in sostegno a Tavecchio del 24 luglio, ndr) — le parole del presidente Giorgio Lugaresi, che aggiunge con sorprendente franchezza —. Io non voglio fare la parte di quello che non decide». Altri, cioè la Sampdoria di Ferrero e il Cagliari di Giulini, preparano la X su Tavecchio presidente, ma evitando di mettere nero su bianco la seconda inversione a U in due settimane. Tommasi «Sapevamo che Tavecchio probabilmente ce l’avrebbe fatta, prevalgono gli interessi personali piuttosto che il progetto sportivo» Altri ancora, invece, a poche ore dal voto (guarda caso) hanno tenuto a precisare il loro riposizionamento, anche se sulle carte Tavecchio non l’avevano mai mollato. È il caso di Verona e Atalanta, le cui note hanno spento le speranze di far saltare il banco da parte delle ribelli Juventus, Roma, Fiorentina, Torino, Empoli e Sassuolo. Così l’Atalanta: «Coerentemente, conferma sostegno a Tavecchio». E così il Verona: «Posizione conforme al voto espresso in assemblea». «Prevalgono gli interessi personali», ha laconicamente commentato il presidente Aic, Damiano Tommasi. Facendo un rapido conteggio nelle intenzioni di voto, si è passati dal 9-11 con forti probabilità di pareggio e sfiducia globale, venerdì, al probabile 14-6 per Tavecchio, oggi. L’importante, comunque, è fare gruppo. «Lavoro di squadra? — si domanda il capo degli allenatori, Renzo Ulivieri — questa è una novità. I problemi li hanno avuti fra di loro, sono andati anche in tribunale». Chi vince, insomma, è condannato a regnare seduto sul tritolo. Lunga vita al re. Andrea Arzilli © RIPRODUZIONE RISERVATA Bianconeri, 3-2 agli australiani Nerazzurri sconfitti 3-1 Una Juventus distratta batte Del Piero Allegri: «Qualche errore di troppo» Inter, tre passi indietro con l’Eintracht Mazzarri: «Appesantiti dal lavoro fisico» ( f. bon.) Vincente, ancora indietro di condizione e un po’ distratta. È la Juventus d’Australia che supera in rimonta 3-2 la ALeague All Stars, la selezione dei migliori giocatori del campionato australiano guidata da Alessandro Del Piero (foto). L’ex capitano bianconero, per la prima volta avversario della squadra di una vita («Sarà sempre un simbolo della Juve» è l’omaggio di Buffon), è brillante (quasi) come ai bei tempi. La formazione di Allegri meno per via del duro lavoro fisico svolto a Sydney. Non mancano, però, le note positive: la conferma di Llorente, nuovamente in gol dopo la tripletta alla selezione indonesiana su assist di Evra, la (f. fio.) Cattive notizie per l’Inter dalla Commerzbank Arena di Francoforte. Quanto di promettente si era intravisto nella tournée americana è svanito contro l’Eintracht. Un gol di Piazon, due di Seferovic (in 12 minuti del primo tempo), dopo quello di Botta e il 3-1 è stato servito davanti a 50 mila spettatori. Distratti i difensori, tranne Vidic, spenti e poco lucidi i centrocampisti: squadra lunga, niente pressing, con Icardi ancora una volta abbandonato in avanti senza neppure il conforto di qualche pallone giocabile. Walter Mazzarri ne ha preso atto e all’inizio del secondo tempo è passato alla difesa a 4: Vidic e Juan Jesus centrali, e D’Ambrosio e Dodò crescita di Pogba, autore del 2-2 con un destro al volo, e la rinascita di Pepe, che ha firmato il successo nel recupero. Da rivedere la difesa, trafitta due volte per altrettante amnesie, in particolare di Ogbonna. «Abbiamo commesso qualche errore di troppo a livello individuale e non solo nella fase difensiva — commenta Allegri —. Ma i ragazzi avevano le gambe pesanti. Sicuramente dobbiamo migliorare, ci manca ancora un po’ per avere un ritmo da campionato ma stiamo lavorando per questo». Ancora assente Vidal, che sta ritrovando la forma dopo i postumi dell’operazione al ginocchio e del Mondiale. Felicevich, il suo procuratore, è segnalato a Londra: in arrivo novità per il trasferimento al Manchester United? Arturo intanto firma una maglia dei Red Devils a un tifoso allo stadio di Sydney. E il tormentone sul suo futuro continua. © RIPRODUZIONE RISERVATA sulle corsia di destra e sinistra. Guarin, Kovacic e Krhin in mezzo al campo e in avanti Botta e Laxalt ai lati di Icardi. Ridotto il ritmo e tirati un po’ i remi in barca quelli dell’Eintracht si sono limitati a gestire la partita, così l’Inter non ha più sofferto in difesa, però non è mai andata al tiro su azione. Alla fine Mazzarri (nella foto), ai microfoni di Inter Channel, ha spiegato: «Non voglio trovare scuse, ma in settimana il preparatore Pondrelli ha fatto fare ai ragazzi un lavoro di forza che non era stato possibile effettuare negli Usa per i continui spostamenti in aereo. Ecco perché la squadra era appesantita e poco lucida: in compenso sarà più brillante a breve». Se lo augurano i tifosi, altrimenti l’Inter rischia di prendere gol pure dagli islandesi dello Stjarnan in E.L.. E il muro della Pinetina, con tanto di manifesto dei buoni propositi, diventerebbe del pianto. © RIPRODUZIONE RISERVATA a prima impressione del calcio di agosto è quasi in controtendenza con la crisi. L’Inter è andata bene in America, la Roma ha battuto il Real, il Napoli il Barcellona, la Lazio l’Amburgo, la Fiorentina ha vinto la sua piccola Coppa in Sudamerica. Formazioni avversarie spesso un po’ approssimative, ma questo succedeva anche le altre estati e non ci evitava di perdere. Sta cambiando qualcosa, stiamo per caso risalendo? Non credo, ma sembra finita la discesa, ci stiamo assestando. Tutte le prime cinque in classifica hanno mantenuto la base della vecchia squadra cercando semmai di migliorarla. Tranne Conte, sono rimasti anche tutti i vecchi tecnici, molti dei quali lo scorso agosto erano al debutto (Mazzarri, Garcia, Benitez). Aggiungerei una nota per Zeman, battuto male in casa due giorni fa dal Getafe. Non è agosto il suo tempo, ormai lo sappiamo benissimo. Agosto è per Zeman il tempo della fatica, i suoi giocatori non hanno adesso né velocità né agilità. Il Milan di Inzaghi prende sempre più l’aria di un esperimento. Manca la linea di centrocampo (soprattutto Montolivo e De Jong). Questo porta adesso a prendere gol e a segnarne pochi. Ci sono ragazzi molto interessanti, ma ragazzi. Non tengono ancora il peso di essere il Milan. Agosto dunque è ancora leggerezza per tutti, non ci sono giudizi forti, ma tante piccole indicazioni che insieme portano altrettante piccole speranze. D’altra parte il calcio è fragile per natura, fatto da ragazzi abbastanza fuori dal mondo vero. Leggetevi il decalogo degli interisti appena uscito. L’Inter c’entra poco, è così dovunque. Sono i comandamenti ovvii di gente molto giovane che ha a che fare con un ambiente da finta arcadia, dove bisogna amare il datore di lavoro, giocare con il cuore e aiutarsi sempre uno con l’altro. Una realtà da figli dei fiori. Ma sono le maestranze di una multinazionale. Chi è cambiato di più è proprio il pubblico, la mentalità del tifoso. È ormai passata l’obbedienza al conto economico, una comunione con la società che non è mai esistita prima. Si accettano le cessioni importanti, si comprendono i limiti economici, i tetti agli ingaggi. Appena poco tempo fa tutto questo sarebbe stato messo sul conto dell’avarizia dei presidenti. Si era grandi presidenti solo in proporzione ai soldi che si spendevano. Anche questo è un miglioramento. Adesso mancano solo una quindicina di grandi giocatori e si può ricominciare. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il programma 38 Sport Questi gli orari delle finali degli Europei di atletica leggera a Zurigo Domani V ore 19.34: peso M V ore 20.20: 10.000 F Mercoledì 13/8 V ore 9.20: 20 km marcia M Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera italia: 52495258535051 V ore 19.51: 10.000 M V ore 20: lungo D V ore 20.25 100 D V ore 20.35: disco U V ore 21.34 100 hs D V ore 21.50 100 U Giovedì 14/8 V ore 9.10: 20 km marcia D V ore 19.19: asta D V ore 20.10: triplo M V ore 20.40: giavellotto D V ore 20.45: 3.000 siepi U V ore 21.50: 110 hs U Venerdì 15/8 V ore 9: 50 km marcia U V ore 18.50: 400 U V ore 19.10: 400 D V ore 19.25: 1.500 D V ore 19.46: alto U V ore 19.55: 800 U V ore 20.25: 200 D V ore 20.40: martello D V ore 20.52: 400 hs U V ore 21.49: 200 U Sabato 16/8 V ore 9: maratona D V ore 15: martello U V ore 15.03: asta U V ore 16.05: 800 D V ore 16.40: triplo D V ore 16.45: disco D V ore 17.15: 400 hs D V ore 17.40: 5.000 D Domenica 17/8 V ore 9: maratona M V ore 15: peso D V ore 15.05: 1.500 U V ore 15.16: alto D V ore 15.22: 4x400 D V ore 15.42: 4x400 U V ore 15.56: lungo U V ore 16.08: 3.000 siepi D V ore 16.11: giavellotto U V ore 16.30: 5.000 U V ore 17.05: 4x100 U V ore 17.22: 4x100 D Così in tv dirette RaiSport ed Eurosport Nuoto Fede abdica, Katie regina dei 400 s.l. Atletica La Panterita: «In finale mi giocherò tutto. Voglio dimostrare quanto valgo» Grenot: «Sì, sono cambiata e sento che succederà qualcosa di buono» Nei 400 agli Europei da protagonista. «Mai stata così bene» Piccole pantere crescono. Nell’Italia baby che ieri è sbarcata a Zurigo, Panterita vola. «A me, a 31 anni, il soprannome piace ancora: hai notato l’eleganza di quel felino quando corre?». Libania Grenot tiene casa a Ostia («Un bell’appartamento dove non sto mai...») ma, soprattutto, sul giro di pista: «Santiago di Cuba, ho 9 anni. I miei mi portano al campo. Prova i 400 metri, mi dicono. Io corro, scalza, sotto il sole a picco. Un minuto e 12’’. Amore a prima vista. Con i 400 non ci siamo più lasciati». È lei, la nuova Libania — spigliata, leader continentale con 50’’55 — la faccia dell’Italia che all’Europeo punta all’oro. Panterita, che succede? Il futuro azzurro L’atletica italiana non sta morendo. A Zurigo ci sono tanti giovani che possono crescere bene «Tante cose. Ho imparato a correre i 400 fino in fondo. Ho cambiato testa». Merito di uno psicologo? «No, è il mio coach, Loren Seagrave, che si occupa di tutto. Mi segue nel modo giusto: mi stimola in pista e distrae fuori. Mai stata così bene». Cambiamento visibile. Come lo riassumerebbe? «Prima ero chiusa in me stessa. Gare e allenamento, non vedevo altro. Loren mi ha portata fuori. In barca sul Danubio, per i musei di Vienna. Parliamo. Sto con lui da due anni. Mi fido». A Zurigo per stupire? «Di medaglie non parlo mai. Però ho una pace interiore incredibile, sono serena, felice della mia energia. Arrivarci è stata una lunga strada». Parliamone. È ancora sposata? «Grazie che me lo chiede: leggo inesattezze. Mi sono sposata a Casal Palocco nel 2006, sono italiana dal 2008, ho divorziato 5 anni fa. Innamorata? Noooooo! Amo l’atletica. Ora non c’è posto per nient’altro nel mio cuore». Che rapporto ha con Cuba, la sua terra? I numeri 81 gli azzurri che parteciperanno agli Europei di Zurigo: 48 uomini e 33 donne 61 le presenze di Nicola Vizzoni, 41 anni, martellista, il capitano della squadra azzurra 19 gli under 23 selezionati per gli europei di Zurigo: la più giovane, Johanelis Herrera, 19 anni, correrà la staffetta 4x100 «Non ci torno da due anni. Là ho mio padre e altri parenti. In Italia ci sono mia madre e mio fratello, che fa il commesso in via del Corso a Roma». Nasce a Cuba, si trasferisce in Italia, si allena in Florida da Seagrave. Casa dov’è? «L’atletica mi ha portato a essere cittadina del mondo. A Rio 2016 ci arrivo eccome: questa vita mi piace». Il bilancio fin qui? «Sport durissimo, di sacrificio, ma oggi sono più brava a godermi ciò che ho. A Zurigo sarò al top. Io da questo mondo devo prendere ancora tantissimo. Senza i 400, senza il corpo che urla al risveglio, non so immaginarmi». L’italiana più attesa all’Europeo. Primatista Libania Grenot, nata a Santigo di Cuba 31 anni fa, è primatista italiana dei 400 metri col tempo di 50’’30. Per l’Italia ha vinto un oro e un argento ai Giochi del Mediterraneo (Reuters) 8 le matricole al debutto: Perini (110 ostacoli), i maratoneti Palamini, Pallecchia e Riscatti, Raguni (4x100), Razine (5.000), Severi (4x400) ed El Kabbouri (1.500) 116 le medaglie vinte dall’Italia ai campionati europei. Il dettaglio: 36 d’oro, 41 d’argento e 39 di bronzo 12 medaglie, il bottino più ricco per l’atletica azzurra, nel 1990 a Spalato: 5 d’oro (Antibo 5.000 e 10.000, Panetta 3000 siepi, Bordin maratona e Sidoti 10 km marcia femminile), 2 d’argento e 5 di bronzo 3 le medaglie conquistate dagli azzurri nell’ultima edizione, nel 2012 a Helsinki: 1 d’oro (Donato nel triplo), 1 d’argento (Meucci nei 10.000) e 1 di bronzo (Rosa nel peso femminile) «In finale mi giocherò tutto. Voglio dimostrare a me stessa quanto valgo: mi è stato dato in dono il talento e sento che a Zurigo può succedere qualcosa di buono...». Che idoli aveva da bambina? «Mai avuti idoli. Ero una ragazzina con la passione per il ballo: la salsa me la porto nel sangue. Senza atletica non so cosa sarei». Cosa ama fare, oltre i 400 metri? «Lunghe passeggiate sul lungomare di Ostia: respiro l’aria, come a Cuba. Cucinare un risotto con le verdure o un pesce al forno. Leggere». Un genere in particolare? «La biografia di Bolt mi ha colpita molto. È nato con la scoliosi ma da quando ha cominciato a credere in se stesso non si è più fermato. È questa la chiave del salto di qualità. Nella sua storia mi identifico». Se incontrasse Bolt cosa gli direbbe? «Che sui blocchi vorrei essere concentrata come lui. Conservo la foto che facemmo insieme a Pechino 2008. Ai meeting ci salutiamo: sa chi sono». Potrebbe saperlo tutta Europa. «Sono pronta. Devono solo darmi il mio numero e la mia corsia». Nel futuro dove si vede? «Io mi considero una globetrotter ma l’Italia mi ha dato tanto, e non dimentico. Mi ha aperto le braccia, mi ha regalato l’esperienza olimpica. Io l’Italia non la lascerò mai». Si sente sulle spalle il peso dell’Italia dell’atletica che prova a diventare grande? «L’atletica italiana non sta morendo. A Zurigo ci sono tanti giovani che possono crescere bene. Sarà un Europeo importante, pieno di sorprese». Per via del doping che ha decimato la Russia? «Io credo nella giustizia, credo in Dio. I controlli ci sono. Barare non è leale nei confronti di chi si allena duramente». Cosa significa correre per lei? «Volare, in un deserto. Sola e leggera. Come a Rovereto dove ho chiuso in 50’’55. La corsa è naturale: un atto liberatorio che nasce nel cuore». Ha portato a Zurigo un portafortuna? «Solo le mie due bellissime bambine, le mie gemelle. Le mie gambe. Gaia Piccardi © RIPRODUZIONE RISERVATA La spedizione Sarà un Europeo difficile per l’Italia, Donato nel triplo e Gibilisco nell’asta sperano negli ultimi grandi colpi Giovane e multietnica, ma le punte sono poche ROMA — Tutti insieme per sentirsi squadra, la voce strozzata degli esordienti che giurano fedeltà alla maglia azzurra sotto l’ala protettrice di capitan Nicola Vizzoni, 41 anni e 61 presenze nella nazionale di atletica, il discorso che trasuda emozione del presidente federale Alfio Giomi, gli auguri di Sara Simeoni. Alla vigilia dell’Europeo l’atletica italiana ha voluto rispolverare il rito della partenza collettiva, si viaggia uniti per sentirsi gruppo nello sport più individuale che ci sia. Non si parla di medaglie, non si fissano i confini oltre i quali ci si potrà ritenere soddisfatti o si sarà costretti a correre ai ripari, perché questa volta la squadra è giovane, multietnica come mai è stata in passato, un miscuglio di razze e storie personali con cui anche l’Italia sta imparando a convivere: «Alla fine sarò felice — sottolinea Alfio Giomi — solo se avrò visto la squadra dare l’anima». Non si fanno previsioni, ma l’oro (Donato, triplo), argento (Meucci, 10.000 m), bronzo (Rosa, peso) portati indietro da Helsinki due anni fa, sono una traccia che chiede solo di essere migliorata. Parte una delegazione allargata (81 atleti: 48 uomini, 33 donne) ai tanti nuovi italiani, che deve fare esperienza internazionale. Le carte più pregiate l’Italia le giocherà fuori dallo stadio, dove Valeria Straneo dovrà domare una marato- Medagliati Da sinistra, Fabrizio Donato, campione in carica nel triplo; Giuseppe Gibilisco e Daniele Meucci, argento 4 anni fa a Helsinki nei 10.000 (Ap, Omega) Su strada Le carte migliori nelle prove su strada, l’obiettivo fare meglio di Helsinki na assassina con quella pazza discesa di 1500 metri da ripetere 4 volte che potrebbe spaccare i muscoli se non interpretata con intelligenza. Al suo fianco Anna Incerti e Rosaria Console date in grande condizione. Poi Daniele Meucci che a Helsinki la medaglia la vinse in pista e ora si mette alla prova con la maratona, pensando prima di tutto a metabolizzare la fatica in prospettiva Rio. E poi Eleonora Giorgi e Antonella Palmisano nella marcia, adesso che nello squadrone russo si è scoperto l’inganno (18 fermati per doping) uno spiraglio di luce si potrebbe aprire al loro ritmato ancheggiare. Dentro al Letzigrund sarà tutto più complicato, ci si affida a Libania Grenot sui 400 e al tri- plo della coppia d’assi DonatoGreco. Il campione uscente ancora si diverte a stupire, ma deve fare i conti con gli acciacchi di una carriera infinita: «Un salto solo in qualificazione, poi sarebbe bello mettere le cose a posto subito in finale». Se riuscirà a limitare le fatiche, potrebbe tornare a balzare su un’Europa che ha i migliori interpreti della specialità ai box per infortunio (Tamgho, Idowu). Quindi in ordine sparso Gibilisco all’ultima apparizione internazionale nell’asta, gli africani d’Italia in un mezzofondo che non sa più regalare soddisfazioni, le staffette a dar valore a un movimento. Il resto sarà tutto da scoprire strada facendo. Valerio Vecchiarelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Usa Katie Ledecky, 17 anni (Afp) Italia Federica Pellegrini (Bozzani) Se ne va un altro record del mondo, il penultimo degli azzurri negli sport maestri. Se nell’atletica ci si abbraccia alla nostalgia di Mennea (il suo 19’’72 sui 200 è durato più di 16 anni) e della Simeoni (il 2,01 nell’alto resse oltre 4 anni), nel nuoto la Pellegrini deve dire ciao al primato sui 400 stile libero, fermato a 3’59’’15 il 26 luglio 2009 al Mondiale di Roma. Gliel’ha strappato (e senza tuta «tecnica») la minorenne statunitense Katie Ledecky, 17 anni compiuti a marzo, un «mostro» che detiene anche i limiti mondiali su 800 (oro a Londra a 15 anni) e 1.500. Il record aggiornato dei 400 è 3’58’’86, nuotato a Irvine, California, nei campionati statunitensi. Dietro Katie il vuoto; Cierre Runge, argento, ha arrancato a 6 secondi; la terza, Leah Smith a 8, un’eternità. Federica la prende bene: «Anche se dispiace perderlo sapevo che prima o poi lo avrebbe fatto come ho sempre detto», ha twittato l’azzurra, concludendo: «Congrats @katieledecky for this amazing 400 free!!». Ora la Pellegrini si coccola il record superstite: quello nei 200 stile stabilito per sei volte dalla campionessa di Mirano. La prima il 27 marzo 2007 al Mondiale di Melbourne, quando nuotò in 1’56’’47 strappando il primato all’altra leggenda, la tedesca Franziska Van Halmsick. Il giorno dopo fu Manadou che ritoccò il limite di quasi un secondo (1’55’’52). Ma Fede tornò a essere la più veloce del mondo l’anno dopo, nell’agosto 2008, agli indimenticabili Giochi di Pechino: in tre giorni nuotò in 1’55’’45 e in 1’54’’82. Nel 2009 ancora tempi storici: l’8 marzo ai nazionali di Riccione 1’54’’47, poi la doppietta al Mondiale di Roma: 1’53’’67 il 28 luglio e, il giorno dopo, 1’52’’98, risultato ancora scolpito nella pietra. Negli ultimi cinque anni nessuna ha osato avvicinare questo tempo. E non ci proverà nemmeno Katie, regina ma dai 400 in poi. Federico Pistone © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 Sport 39 italia: 52495258535051 # Volley, azzurre battute dalla Cina Mondiali canoa, azzurri a secco Tennis, Tsonga piega Federer Si chiude con una sconfitta a Hong Kong il secondo weekend del Grand Prix di volley per le azzurre, battute 3-1 dalla Cina (25-20, 25-17, 22-25. 25-16). In classifica generale la squadra di Bonitta resta a quota 10, scavalcata a 13 proprio dalle cinesi. Per la qualificazione alla Final Six decisiva la Pool H (15-17 agosto) contro Russia, Germania e Turchia. Si chiude senza medaglie il Mondiale di canoa degli azzurri. Nell’ultima giornata a Mosca, solo un ottavo posto per il K2 (Dressino-Torneo in 1’32’’040), dominato dagli slovacchi con 1’28’’187. Solo finale B per Craciun e Santini nel C2 1.000, vinto dalla Romania, e per gli azzurri del K4, col trionfo della Repubblica Ceca. Per l’Italia resta l’oro di Buccoliero nella paracanoa. Jo-Wilfried Tsonga, n°15, completa la settimana capolavoro e vince gli Open di Canada a Toronto battendo in finale Roger Federer 7-5, 7-6 dopo aver fatto fuori Djokovic, Murray e Dimitrov. Tra le donne, a Montreal, trionfi per la polacca Radwanska che in finale batte 6-4, 6-2 Venus Williams e, nel doppio, per la coppia d’oro Errani-Vinci (7-6, 6-3 contro Black/Mirza). MotoGp Nuova impresa dello spagnolo a Indianapolis. Ora ha un vantaggio di 89 punti su Pedrosa, ieri quarto. Valentino: «Sono soddisfatto qui non salivo sul podio dal 2008» Le classifiche Campioni Marc Marquez, 21 anni, sopra sulla sua Honda, ha centrato la decima vittoria di fila nel Mondiale. A fianco lo spagnolo, che può chiudere i giochi nella MotoGp già ad Aragon, vicino a casa, sul podio con Valentino Rossi, 35 anni, ieri terzo a Indianapolis (Ap) Marquez insuperabile: 10 vittorie consecutive e il Mondiale in tasca Eguagliato il record di Agostini. Rossi 3° DAL NOSTRO INVIATO INDIANAPOLIS — Mani piene, dieci-dita-dieci alzate al cielo per festeggiare l’impresa delle imprese. Marc The Cat conquista la decima vittoria di fila, 250 punti su 250, opera d’artista degna di Giacomo Agostini che l’aveva realizzata nel 1970. Oggi, 44 anni dopo, siamo qui a inchinarci al suo degno erede, un mostro della natura la cui concezione dello spazio e del tempo è radicalmente diversa da quella degli altri. Marquez apre sentieri mai battuti, corre più veloce e più velocemente brucia tappe e record: in un anno e mezzo di MotoGp ha vinto 16 gare su 28, una media disumana, e in carriera è arrivato già a un totale di 42 Gp vinti, come Max Biaggi, appena 3 meno di Casey Stoner e 6 meno di Dani Pedrosa. La leggenda, si capisce, è dietro la curva e, benché ancora lontane, le colonne d’Ercole delle 122 vittorie di Agostini — e ancor di più i 106 successi di Rossi, che una volta sembrava poter acchiappare Ago prima di spegnersi in sella alla Ducati — non sono certo un miraggio. Ora il vantaggio di Marquez su Pedrosa è salito a 89 punti e il secondo titolo mondiale è scontato, anche perché l’intesa del gatto catalano con la Honda è trascendente e i suoi margini di crescita sono ancora tutti da esplorare. Ascoltare per credere l’inquietante (per gli avversari) analisi del boss Hrc, Livio Sup- po: «Marc ha il gusto dello show: nei primi giri ha voluto divertirsi nella bagarre, ma poi, quando ha voluto, se n’è andato». Tradotto: fa quello che vuole quando vuole. Al punto che, si sussurra, nell’ultima gara a Valencia il 9 novembre potrebbe addirittura correre pure in Moto2, per sfizio e per tentare una doppietta d’altri tempi, molto agostiniana anche lei. MM per ora nega, ma chissà cosa può fare la fame di record... Vista così, sembrerebbe una MotoGp noiosa. Sbagliato. Primo, perché nella sua sublime ripetitività Marquez sa trovare sempre varianti per vincere. Secondo, perché i suoi rivali non si 10 89 vittorie consecutive di Marc Marquez: eguagliato il record di Agostini, aggiudicandosi tutte le gare disputate finora nel 2014 punti di vantaggio di Marquez a 8 gare dal termine del Mondiale: 3 vittorie e più di un 4° posto di distacco sul secondo rassegnano, spostando comunque più in là i propri limiti. Ieri Jorge Lorenzo e Valentino Rossi, degni valletti del campione sul podio, hanno fatto le loro migliori cose della stagione. Più bravo nella splendida bagarre iniziale Valentino, scattato primo come non gli succedeva da secoli e in testa per 10 dei 27 giri prima che MM se ne andasse; più efficace Lorenzo nella seconda parte. A loro si è aggiunto un Dovizioso enorme finché le gomme lo hanno respinto al settimo posto: il travolgente scambio di sorpassi con Rossi al sesto giro (con mossa ardita di Vale che poi si è scusato e Andrea signore che ha detto: «Sarebbe passato lo stesso, nessun problema») è stata una delle scene più belle del pomeriggio. La morale però è che, su una pista che, ridisegnata, sembrava più consona alla Yamaha e nonostante i numeri di Lorenzo e Rossi, ha vinto ancora Marc. Sarà anche per questo che nessuno ha avuto il coraggio di avere rimpianti: «Mi sono ritrovato, ho buone sensazioni per il futuro», ha detto Lorenzo. «Sono contento — ha detto Rossi —. Belli i primi giri, poi Jorge e Marc erano più veloci. Per fregarli servirà qualcosa di più. Ma sono soddisfatto perché qui non salivo sul podio dal 2008». La teorica rivincita tra una settimana a Brno. Non risulta che Marquez stia tremando: «Non vedo l’ora». MotoGp 1. M. Marquez (Spa) Honda in 42’07’’041 2. Lorenzo (Spa) Yamaha a 1’’803 3. Rossi (Ita) Yamaha a 6’’558 4. Pedrosa (Spa) Honda a 10’’016 5. P. Espargaro (Spa) Yamaha a 17’’807 6. Smith (Gbr) Yamaha a 19’’604 7. Dovizioso (Ita) Ducati a 20’’759 8. Crutchlow (Gbr) Ducati a 39’’796 9. Redding (Gbr) Honda a 40’’507 10. Aoyama (Gia) Honda a 55’’760 Mondiale piloti 1. M. Marquez (Spa) 250 2. Pedrosa (Spa) 161 3. Rossi (Ita) 157 4. Lorenzo (Spa) 117 5. Dovizioso (Ita) 108 6. P. Espargaro (Spa) 78 7. A. Espargaro (Spa) 77 8. Iannone (Ita) 62 9. Smith (Gbr) 58 10. Bradl (Ger) 56 Moto2 1. Kallio (Fin) Kalex in 26’07’’410 2. Vinales (Spa) Kalex a 1’’380 3. Aegerter (Svi) Suter a 1’’696 4. Rabat (Spa) Kalex a 2’’559 5. Corsi (Ita) Kalex a 6’’648 Mondiale piloti 1. Rabat (Spa) 183 2. Kallio (Fin) 176 3. Vinales (Spa) 140 4. Aegerter (Svi) 112 5. Corsi (Ita) 96 Moto3 1. Vazquez (Spa) Honda in 39’12’’977 2. Fenati (Ita) Ktm a 0’’065 3. Miller (Aus) Ktm a 0’’219 4. Masbou (Fra) Honda a 0’’372 5. Rins (Spa) Honda a 0’’719 Mondiale piloti 1. Miller (Aus) 158 2. Vazquez (Spa) 137 3. A. Marquez (Spa) 133 4. Fenati (Ita) 130 5. Rins (Spa) 118 Prossimo appuntamento 17/8: Gp Rep. Ceca (Brno) Alessandro Pasini © RIPRODUZIONE RISERVATA Basket Gli azzurri cominciano mercoledì contro la Russia il cammino nelle qualificazioni agli Europei 2015. Il capitano traccia la linea Datome: «Talento da Nba e mentalità da battaglia» Capitano coraggioso? Capitano carismatico, soprattutto. Il percorso azzurro di Gigi Datome pare un ricalco della storia cestistica del ragazzo dalle radici sarde ma nato in Veneto: una gavetta più lunga del previsto, pensando a quanto dispone di talento, quindi l’affermazione. Dal 2012, la stagione dell’esplosione, Gigi è diventato un faro della nazionale. E lo è a maggior ragione oggi che è l’unico presente dei quattro nostri giocatori tesserati nella Nba. L’Italia comincia contro la Russia il suo cammino per strappare un posto nell’Europeo 2015: è giusto che il rapporto sullo «stato dell’unione» lo stili chi fa da locomotiva della squadra. Valutazione da capitano: quali sono le caratteristiche dell’Italia edizione 2014? «Parto con il pregio: siamo ragazzi ambiziosi, che lavorano per crescere anche sul piano individuale. Il difetto? Sta nella taglia. Sul piano fisico, subiamo da tutti: io, per esempio, gioco sempre da ala forte, però sapeste che “carrarmati” devo sfidare...». Come si tramuta una debolezza in una virtù? «Facendoci rincorrere, cercando di diventare imprendibili. Bisogna far girare velocemente la palla per valorizzare qualità e imprevedibilità. Se questo non succede, sono guai». Quanto peserà la vicenda Hackett, in negativo ma anche in positivo, ammesso che nella storia ci siano aspetti in grado di produrre vantaggi? «Il lato brutto l’abbiamo già scontato: in queste settimane si è parlato di basket più che altro per questo spiacevole episodio. C’è un lato positivo? Forse sì: ci siamo ricompattati». Simone Pianigiani ha affermato che, nel caso Daniel decida di rientrare in nazionale, sarà prima di tutto la squadra, e non il c.t., a giudicare. È d’accordo? «Sì. La nazionale è formata non solo da chi va in campo, ma anche da chi partecipa agli allenamenti e alle selezioni: saranno una trentina di giocatori. È giusto che Hackett, se mai farà quella scelta, compia il passo iniziale con tutto questo gruppo». Torniamo al 2013: un ottimo Europeo, con uno scivolone finale che ci è costato la qualificazione a un Mondiale che, viste tante eccellenti defezioni, sarebbe stato abbordabile. Svizzera ok Il regolamento Qualificazioni a Euro 2015 (in Ucraina). Sette i gironi: passano le prime e le migliori 6 seconde. Già qualificate: Francia, Ucraina, Spagna, Lituana, Croazia, Slovenia, Serbia, Finlandia, Grecia, Turchia, Estonia Detroit Gigi Datome, 26 anni, capitano della nazionale e ala dei Detroit Pistons (Ciamillo Castoria) «Avevamo conquistato il rispetto di tutti, è brutto non esserci. E poi, è vero: un Mondiale per me è più facile di un Europeo e questo pare un Mondiale ancora meno insidioso. Il dispiacere è doppio, però giocheremo queste qualificazioni come se fossero il torneo della vita». Girone G ieri Svizzera 79 Russia 77 Classifica: Svizzera 2; Italia e Russia 0 Calendario 13/8 Russia-Italia 17/8 Italia-Svizz. 20/8 Russia-Svizz. 24/8 Italia-Russia 27/8 Svizz.-Italia Senza girare in tondo: l’Italia si qualificherà ad Euro 2015? «Dico di sì, ma non sottovalutiamo un girone strano, formato da tre sole squadre, con un avversario al top, la Russia, e nel quale peserà la differenza canestri. A quelli poi che pensano che la Svizzera sarà schiacciata, rispondo che, pur essendo noi superiori, non esistono più squadre materasso». Che cosa ci può fregare nel cammino? «Un banale mal di pancia, oppure scoprire che non riusciamo a giocare come desideriamo. L’approccio sbagliato, quello no: abbiamo una discreta maturità, non avremo una faccia inadatta a una missione che rappresenta, in fondo, il primo passo verso la grande meta: i Giochi di Rio». Rivedendo le «Italie» di questi anni, qual è stata la nazionale con il nucleo migliore? Tanti pensano che non sia quella creata attorno ai quattro giocatori della Nba... «La formazione del 2013, con un Nba e mezzo — e il “mezzo” ero io —, si è dimostrata competitiva. Però dal 2007 al 2011 abbiamo avuto nazionali capaci di superare i propri limiti. Ecco, diventeremo quasi imbattibili se un giorno abbineremo una squadra al completo a quella mentalità da battaglia». Quattro azzurri nella Nba. Sarebbero diventati cinque se Alessandro Gentile un mese fa avesse accettato di andare a Houston. «Non gli fa male rimanere in una Milano che vuole completare un importante percorso in Europa. Alessandro sbarcherà nella Nba al momento giusto, più forte e ancora più maturo». Dopo un anno di gavetta a Detroit, Gigi Datome si sentirà nelle condizioni di reclamare più spazio nei Pi- Il caso Hackett Si è parlato più della fuga di Daniel che di basket. Però la squadra si è ricompattata stons? «Non posso dettare alcuna condizione, però chiedo chiarezza: se Detroit crede in me, mi dia un ruolo; altrimenti, mi ceda. Da quello che ho sentito, mi darà un ruolo...». Flavio Vanetti © RIPRODUZIONE RISERVATA 40 italia: 52495258535051 Lunedì 11 Agosto 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 11 Agosto 2014 La nostra cara mamma Gianfranco e Rosanna con Daniela, Marco e Patrizia, i nipoti abbracciano con affetto Massimo, Sandra, Marco e le loro famiglie nel dolore per la perdita di Romilde Rossetti Codecasa ci ha lasciato.- Con profonda tristezza ne danno annuncio le figlie Daniela, Patrizia e Claudia con Bigio, Vincenzo e Angelo e gli adorati nipoti Federico, Beatrice, Riccardo, Edoardo.- La cerimonia funebre si terrà lunedì 11 agosto alle ore 10.30 presso la chiesa San Lorenzo in Lodi. - Lodi, 10 agosto 2014. Chiara saluta e piangerà sempre il suo Tutta la famiglia Negri con profondo dolore si stringe alla famiglia Agnelotti in questo tragico momento per la scomparsa dell’amato Roberto Partecipano al dolore dell’amico Massimo Samaja per la scomparsa della cara moglie Roberto Agnelotti Annamaria piange la sua cara amica Bruna Cara Luciano e Gegia con Giulia e Michele sono vicini a Daniela, Patrizia, Claudia e a tutti i loro cari nel dolore per la scomparsa dell’amata mamma "Chi vola vale". Ciao Romilde Eugenio e Clementina Radice Fossati con tutta la famiglia sono vicini con grande affetto a Marco per la scomparsa della mamma David Sussman Steinberg e famiglia. - Milano, 10 agosto 2014. Bruna Samaja È mancato all’affetto dei suoi cari - Madonna di Campiglio, 10 agosto 2014. - Porto Ercole, 10 agosto 2014. È mancata con Alessandra e Luca, Stefania e Pietro si stringono a Sandra, Marco e al papà Massimo per la scomparsa di Romilde una parte di vita serena e felice passata insieme, come in una grande famiglia.- Mariarosa con Angelo, Alberta e Maria Anna è vicina con affetto a Patrizia Vincenzo e Federico, Daniela e Claudia. - Anthéor, 10 agosto 2014. Partecipano al lutto: – Cesare Larghi. – Roberto Pasqua. – Marco Diotti. – Walter Navoni. – Giuseppe Massa. – Giovanni Mercalli. – Armando Vezzaro. Bruna - Milano, 10 agosto 2014. "Non è la morte che verrà a cercarmi, è Dio". (Santa Teresa di Lisieux) Riposa nella pace del Signore Affettuosamente abbraccio Patrizia e tutti i famigliari ricordando i bei momenti e la dolcezza che ha sempre prodigato la grande mamma Romano Covini Romilde Partecipano al lutto: – Adriana, Barbara e Dario Patrini. Rino e Laura Bonomelli con Marco e Natalia, Pietro Francesca Davide e Federico, e Daniele abbracciano Cristina e Chiara per la scomparsa di È mancato all’affetto dei suoi cari l’ Ricordando con nostalgia i felici momenti trascorsi insieme siamo vicini con tanto affetto a Chiara e figli per la scomparsa del caro - Milano, 10 agosto 2014. Ing. Vito Atzori Giancarlo Pertegato CON SUPPLEMENTO 20% SULLA TARIFFA BASE Partecipa al lutto: – Antonio Ferrari. Tommaso Montesi Righetti "E, voltra nostra poppa nel mattino de’ remi facemmo ali al folle volo, sempre acquistando dal lato mancino...- Tre volte il fe girar con tutte l’acque; alla quarta levar la poppa in suso, e la prora ire in giù, com’altrui piacque, infin che il mar fu sopra noi richiuso". - Spalato, 10 agosto 2014. Ing. Vito Atzori Mara, Paolo e Paola con Francesco e Giulia sono vicini a Filippo per la perdita del caro padre Tommaso Montesi Righetti - Lucera, 10 agosto 2014. Le amiche Inner Wheel Milano Castello sono affettuosamente vicine alla cara socia Lella per la perdita del suo adorato Roberto Ottaviani Nicoletta Braibanti Valletti partecipa con affetto al dolore di Begonia e Carolina per la perdita del suo caro "fratellone" Vito Egidio Conte È mancato all’affetto dei suoi cari Vittorio, Sofia, Fabio, Mara, Massimiliano, Teresa. - Milano, 10 agosto 2014. Gianfranco Rho Anna Arienti in Redaelli Lo annuncia con profondo dolore il figlio Massimo con Giovanna e Andrea.- Per informazioni sul funerale contattare lo 02.6595956. - Milano, 9 agosto 2014. - Desio, 10 agosto 2014. Partecipano al lutto: – Pippo, Anna, Paolo, Lucia con le famiglie. – Il personale dello Studio Legale Galli di Desio. – La Corale Bilacus di Bellagio. TARIFFE BASE IVA ESCLUSA: Corriere della Sera PER PAROLA: PER PAROLA: Necrologie: € 1,90 Adesioni al lutto: € 3,70 Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 258,00 Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00 L’accettazione delle adesioni è subordinata al pagamento con carta di credito Servizio fatturazione necrologie: tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30 fax 02 25886632 - e-mail: [email protected] Riposa in pace accanto ai tuoi cari.- I nipoti Stefano, Francesca e la nuora Raffaella. - Fino Mornasco, 8 agosto 2014. Il Tempo Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 540,00 A MODULO: Luciana Balzarotti ved. Furlotti Partecipano al lutto: – Erminia Zolla. – Alessandra, Stefano e Federico Foni. Necrologie: € 5,00 Adesioni al lutto: € 10,00 Gazzetta dello Sport Tutto lo staff di City Sound & Events partecipa al dolore della famiglia per la g
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