Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 188 03 Marzo 2015 97 Pagine MXGP Qatar Le cronache e i commenti delle gare vinte da Nagl Periodico elettronico di informazione motociclistica Novità Feline One Yamaha MT-07 Root Scarica l’APP del Magazine Prove MV Agusta Brutale 800 RR | PROVA NAKED | BMW F800 R da Pag. 2 a Pag. 15 All’Interno NEWS: BMW R NineT special project | M. Clarke Curiosità o provocazione? | N. Cereghini Scrivi Bayliss e leggi passione | MOTOGP: Test Sepang I commenti dei piloti | Rossi Marquez favorito | SBK: Rea posso vincere il mondiale BMW F800 R PREGI Facilità di guida e consumi ridotti DIFETTI Vibrazioni motore ai regimi medio/alti Prezzo 8.970 € PROVA NAKED BMW F800 R A un lustro dal suo esordio, la F 800 R si rinnova profondamente, cambia fuori ma anche sottopelle le novità sono tante. Facilità di guida e consumi contenuti i suoi punti forti. Prezzi a partire da 8.970 euro di Francesco Paolillo Foto Thomas Maccabelli 2 3 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove Media L a BMW F 800 R si può considerare l’entry level tra le moto stradali con l’elica sul serbatoio, ma è una entry con notevoli contenuti e con la possibilità, scorrendo il ricco listino di optional, di diventare una moto di categoria superiore per allestimento e contenuti tecnici. Apprezzata sul mercato italiano, secondo solo a quello tedesco in termini numerici, la F 800 R M.Y. 2015 si presenta con una nuova veste, linee più slanciate e niente più sguardo asimmetrico del gruppo ottico; sportiva ma senza voli pindarici, moderna ma senza rivoluzioni. Facilità di guida, attitudine al turismo a medio raggio anche in coppia e attenzione all’aspetto sicurezza sono tre caratteristiche fondamentali di questa moto, che si rinnova pur mantenendo un filo diretto con le precedenti 4 versioni. Cambiano anche le colorazioni disponibili. Due a costo zero, Light White e Light White/ Nero Lucido, e due a pagamento (100 € l’obolo richiesto), Racing Blue metallizzato opaco/Light White e Racing Blue metallizzato opaco/Nero Lucido. Accessori Due gli allestimenti disponibili per la F 800 R: Touring e Dynamic. Il primo prevede di serie il cavalletto centrale, il portapacchi, i supporti valigie. Il secondo comprende il faro posteriore, gli indicatori di direzione a LED, il puntale e il coprisella. Ma non finisce qua: la lista degli optional disponibili è davvero lunga e comprende il controllo elettronico per il mono (ESA), set di borse rigide e morbide, leve e pedane racing, scarico Akrapovic, parabrezza maggiorato e selle ribassate o 5 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica di serie, che per l’occasione si evolve con l’utilizzo di una centralina Bosch più leggera e performante. Più leggeri sono anche i cerchi che perdono per strada 400 grammi di peso cadauno, mentre rimangono identiche le misure dei pneumatici, rispettivamente 180/55-17 e 120/70-17. In ordine di marcia la naked BMW viene dichiarata a 202 kg. Modifiche sono state apportate anche all’ergonomia: cambia il manubrio, ora in alluminio, mentre la sella si abbassa di 10 mm, scendendo a 790 con un riposizionamento delle pedane. Come va Le prime impressioni in sella alla F 800 R sono positive: finiture e materiali denotano una cura maggiore rispetto al precedente modello e, se non fosse per qualche connettore a vista, rialzate (770/820 mm), manopole riscaldate e computer di bordo. Non vi basta? allora mettiamoci pure il controllo di pressione pneumatici (RDC), il controllo di trazione (ASC), la presa 12V e l’antifurto. Adesso forse è più chiaro perché abbiamo scritto che la F 800 R si può trasformare da entry level a moto di rango. Motore e ciclistica Come scritto sopra la F 800 R cambia anche sottopelle, con il bicilindrico in linea che si “raddrizza” all’interno del telaio doppio trave in alluminio diminuendo l’inclinazione in avanti da 23 a 18°, centralizzando quindi maggiormente le masse e mantenendo la funzione di elemento stressato assieme al telaio stesso. Il cambio è stato rivisto nella rapportatura, con le prime quattro marce accorciate, mentre sono diminuite le tolleranze 6 Prove il giudizio sarebbe più che positivo. Il ponte di comando è caratterizzato dal cruscotto misto analogico/digitale in bella vista, perfettamente leggibile e ricco di informazioni che assicura un controllo totale sulle condizioni della moto e sulle caratteristiche del viaggio. Consumi medi e istantanei, temperature aria, orologio, cronometro, pressione pneumatici (optional), regolazione manopole riscaldate (optional), autonomia residua. Insomma, manca solo il barometro con le condizioni meteo e poi c’è tutto. E’ proprio parlando di meteo che il discorso si fa serio, visto che la Costa Azzurra ci ha accolto con un tempo da lupi: pioggia e cielo coperto, e tanto per non farci mancare nulla, un freddo cane! Nel corso dei duecento chilometri del test siamo passati da 11° a 3° e non ci siamo voluti negare una spruzzata di neve a bordo strada. Questi tester sono proprio nel manovellismo, per cercare di ottimizzare e diminuire le vibrazioni, tallone d’Achille di questo propulsore. La potenza sale di 3,5 cv e raggiunge quota 90 a 8.000 giri, con un valore di coppia massima che si attesta sugli 86 Nm a 5.800 giri. Come per le versioni precedenti, è disponibile a richiesta la versione depotenziata a 48 cv. Evoluzione anche nel reparto sospensioni; la forcella tradizionale delle versioni precedenti è stata sostituita con un modello a steli rovesciati, mentre il mono di serie può essere sostituito con quello del pacchetto ESA, quindi a regolazione elettronica. Entrambi possono contare su un’escursione utile di 125 mm. I freni guadagnano le pinze Brembo ad attacco radiale con 4 pistoncini per la coppia di dischi anteriori da 320 mm; il disco da 265 mm posteriore è invece “lavorato” da una singola pinza a due pistoncini. Non manca l’ABS, 7 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica dei viziosi! Le condizioni poco favorevoli hanno consentito di apprezzare uno dei punti forti della F 800 R, ovvero la facilità di guida. Il cocktail rappresentato dal motore dall’erogazione elettrica, mescolato alla ciclistica agile e intuitiva, fanno si che la F 800 R si adatti perfettamente anche a condizioni di guida disagiate. Certo una protezione maggiore sarebbe stata perfetta, d’altronde stiamo parlando pur sempre di una naked, quindi acqua e vento si fermano solo con un buon abbigliamento tecnico e un casco giusto! Piacevole ai medi Partiamo da una posizione in sella azzeccata, comoda e tutt’altro che costrittiva: anche i comandi sono perfettamente raggiungibili e ben manovrabili pur indossando spessi guanti invernali. La strumentazione è a portata d’occhio, particolare 8 Prove da non sottovalutare quando si guida su strade tortuose con condizioni meteo avverse, e soprattutto ben leggibile, due caratteristiche che molte concorrenti hanno purtroppo messo in secondo piano. L’erogazione del bicilindrico in linea è dolcissima, priva di entrate in coppia repentine, particolarità che lo rende estremamente duttile, ma che ne limita il carattere appiattendone forse la personalità. Se volete guidare tranquilli, in scioltezza, limitando l’uso del cambio, questo propulsore fa al caso vostro, le doti di ripresa sono proverbiali soprattutto ai regimi medio bassi, con possibilità di apertura del gas anche al di sotto dei 2.000 giri. Le sue caratteristiche lo rendono particolarmente piacevole ai regimi medi, diciamo fino ai 5.500/6.000 giri, limite oltre il quale si iniziano a manifestare evidenti vibrazioni sia sulle leve che sulle pedane, e regime che 9 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito corrisponde a circa 130/140 km/h se si viaggia in sesta marcia. Che il bicilindrico non ami la zona alta del contagiri lo si intuisce anche dalla pigrizia con cui guadagna giri e dalla ruvidità che si manifesta bazzicando nei pressi della zona rossa. Meglio quindi goderne le virtù ai medi e sfruttarne le caratteristiche di ripresa, ed è proprio con questo tipo di utilizzo che emerge uno degli aspetti positivi di questo motore, e cioè i consumi contenuti. Facendo attenzione e maneggiando con cura il gas, è facile percorrere oltre 20 km/l, ma anche senza badare molto all’economy run è difficile scendere sotto i 16 km/l. Le condizioni precarie di aderenza che hanno caratterizzato buona parte del test ci hanno fatto apprezzare sia la modulabilità dei freni che la bontà del nuovo ABS, che abbiamo volutamente “cercato” in più occasioni. Il “volutamente” è dovuto al fatto che 10 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica da una parte abbiamo trovato degli asfalti con un ottimo grip, anche se bagnati e con temperature vicine allo zero, e dall’altra che le coperture di primo equipaggiamento, Metzeler Roadtec Z8 Interact e Michelin Pilot Power 3 2CT, hanno prestazioni impressionanti anche e soprattutto quando le condizioni meteo sono decisamente avverse. Tanta capacità di mettere a terra la potenza e rendere piacevole e sicura la guida anche con il freddo e la pioggia, ha reso necessario “l’innesco volontario” di sconsiderate perdite di aderenza del pneumatico posteriore tanto per capire come avrebbe reagito in condizioni limite il controllo di trazione. Ebbene, se da una parte la presenza di tale dispositivo è un aiuto determinante, dall’altra ci saremmo aspettati un funzionamento più lineare e senza quei tagli bruschi di alimentazione, e relativo serpeggiare del Prove posteriore, che ci rimandano con la mente ai primi controlli di trazione. Insomma, i progressi fatti con l’ABS ci piacerebbe sentirli anche con l’ASC. Ciclistica svelta e sicura Freddo e nuvolo a parte, viaggiare in sella alla F 800 R è piacevole anche per le caratteristiche della ciclistica, che rendono agile la naked tedesca tra le curve, più o meno ampie che siano, e che infondono una notevole sicurezza anche sul veloce e quando si va alla ricerca di un ritmo più sostenuto. Anche senza andare a scomodare la regolazione elettronica della sospensione posteriore, e mantenendo l’impostazione su Comfort, che come dice il nome è quella più morbida e di conseguenza confortevole, la F 800 R si dimostra all’altezza della situazione. Frenata potente e assetto adeguato accompagnano la guida, 11 12 13 Prove Casco Schubert S2 Giacca Spidi Ace Guanti Spidi TXR Stivali TCX SCHEDA TECNICA Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica ABBIGLIAMENTO Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito BMW F 800 R 8.970 euro Tempi: 4 Cilindri: 2 Cilindrata: 798 cc Disposizione cilindri: in linea, trasversale Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 90 cv (66 kW) / 8000 giri Coppia: 8.77 kgm (86 Nm) / 5800 giri Marce: 6, cambio meccanico Freni: DD/D Misure freni: 320/265 mm Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Lunghezza: 2145 mm Larghezza: 860 mm Altezza sella: 1235 mm Capacità serbatoio: 15 l Segmento: Naked anche quella brillante; forse i più sportivi apprezzeranno la sonorità dello scarico Akrapovic, che è anche più leggero di un paio di chilogrammi, e magari le pedane racing che possono garantire un grip maggiore di quelle montate di serie, a dire il vero un po’ scivolose quando sono bagnate, ma nel complesso la F 800 R soddisfa anche nella guida sportiva. Se solo il bicilindrico avesse un po’ di carattere in più agli alti regimi! A chi è destinata Il primo contatto con la naked tedesca è nel complesso positivo, la sua facilità e la possibilità di personalizzazione a dir poco ampia ne fanno una moto adatta a più tipologie di motociclisti. Chi cerca una moto tranquilla da poter usare senza patemi anche in coppia potrebbe innamorarsene, chi invece vede nella “nuda” una compagna di scorribande con un motore di carattere, è probabile che possa rimanere deluso. 14 15 MV Agusta Brutale 800 RR PREGI Design e equipaggiamento DIFETTI Assetto rigido delle sospensioni Prezzo 13.900 € PROVA NAKED MV AGUSTA BRUTALE 800 RR Ciclistica affinata e arricchita di componenti che ne esaltano non solo le prestazioni ma anche l’immagine, e poi il Tre Pistoni 800 che ora eroga la bellezza di 140 cv con un nuovo cambio Quickshifter con scalata assistita. La sigla si arricchisce della doppia “R”, che indica le versioni più esclusive delle moto con il marchio MV, esclusività che naturalmente si paga: 13.900 euro. Rigido l’assetto di Francesco Paolillo Foto Milagro 16 17 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove Media L a sigla RR ha fatto il suo esordio sulla piattaforma tre cilindri con la Dragster 800 RR e la Brutale 800 RR, la prima, di cui abbiamo scritto alla fine dell’anno, guarda più alle apparenze, con il design che la fa da padrone, senza che questo influisca più di tanto sulle prestazioni dinamiche. Certo il codino rastremato permette una posizione in sella che definiremmo “unica”, rendendo impossibile qualsiasi movimento longitudinale del bacino, e poi il gommone da 200 posteriore che se da un lato esalta l’estetica e garantisce trazione a profusione, dall’altro rende meno coerente il dialogo tra avantreno e retrotreno. La Brutale 800 RR, invece, è più tradizionale nelle linee, con un’ergonomia meno spinta e, in questa versione, esalta ulteriormente gli aspetti prestazionali, 18 oltre ad appagare gli occhi con una componentistica degna di una gioielleria. Estetica e ciclistica Un rapido sguardo alla Brutale 800 RR e si viene colpiti dall’attenzione e la cura che hanno ricevuto molti singoli particolari. Disponibile in due colorazioni, la tre cilindri di Varese, si può acquistare in Rosso Shock/Perlato Bianco Ice Perlato o Grigio Avio Metallizzato /Nero Carbonio Metallizzato. Le verniciature e gli assemblaggi sono eseguiti a regola d’arte, mentre il colpo d’occhio una volta preso posto in sella, anch’essa nuova e caratterizzata da cuciture con impunture a vista, non lascia spazio a dubbi. L’originale strumentazione sovrasta un manubrio tradizionale, montato al posto dei due semi manubri della Dragster, e frenato da un ammortizzatore di sterzo CRC regolabile. Non cambiano i comandi al manubrio, mentre i logo MV o Brutale sono presenti un po’ ovunque, dalla piastra di sterzo ai blocchetti elettrici, e perfino sul carterino di copertura del leveraggio frizione. Girandole intorno si nota che il marchio MV è presente anche sul parafango anteriore, ora verniciato e non più in plastica grezza come sulla versione “base”, sulle pedane, così come sul piedino di forcella, una Marzocchi da 43 mm, completamente regolabile. Questa è identica a quella montata sulla Dragster 800 RR, che per l’occasione si tinge di un bel color oro anodizzato sugli steli (sulla Dragster è in rosso), con trattamento DLC (Diamond Like Carbon) degli steli. La caratteristica principale di tale forcella è la costruzione totalmente in alluminio, particolarità esclusiva che la rende molto leggera (-1 kg, di cui la metà come masse non sospese). Difficile che passino inosservati i nuovi cerchi con le cinque razze disposte a vortice, con il posteriore in bella vista grazie al forcellone monobraccio, e ai tre compatti silenziatori di scarico. A differenza della forcella, il mono non cambia e rimane quindi il conosciuto, e ultraregolabile Sachs con escursione di 125 mm (identica a quella dell’avantreno). L’impianto frenante è di gran pregio, doppio disco flottante da 320 mm con pinze radiali Brembo a quattro pistoncini, singolo da 220 mm con pinza a doppio pistoncino posteriore, ma soprattutto un sistema antibloccaggio ABS studiato da Bosch. Nello specifico si tratta del modello 9 Plus con RLM, Rear wheel Lift up Mitigation, che limita il sollevamento della ruota posteriore. 19 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Elettronica e Motore L’incremento di potenza fino a 140 cv (103 kW), a 13.100 giri, non è stato raggiunto attraverso l’utilizzo del motore della più potente F3, bensì sviluppando direttamente quello della Brutale 800. I tecnici hanno lavorato sull’aspirazione, montando un air box differente, in più è stato aggiunto un iniettore per cilindro (modifica che ha richiesto un profilo interno del serbatoio differente), con cornetti di lunghezza maggiore, e impianto di scarico rivisto nei profili. Grazie a tali modifiche si è ottenuto un incremento della coppia, che raggiunge il picco massimo di 86 Nm (8,77 kgm) a 10.100 giri (prima erano 81 Nm), ma soprattutto un’erogazione più corposa e lineare a tutti i regimi, grazie anche al sistema d’iniezione – accensione integrato MVICS (Motor 20 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica & Vehicle Integrated Control System) entrato, di fatto, nella seconda generazione, come indica la sigla della centralina di controllo motore, Eldor EM2.0. Confermate, come sulla sorella Dragster, le quattro mappature motore, Rain/Normal/ Sport/Custom, con quest’ultima che permette di personalizzarsi il comportamento del motore, consentendo l’intervento sulle modalità di funzionamento della risposta del gas, del limitatore, erogazione della potenza e della coppia, oltre al freno motore. Il controllo di trazione rimane, così come rimane la possibilità di regolarlo a piacere su otto livelli di intervento, mentre la dotazione si arricchisce della frizione antisaltellamento. Un’altra importante novità riguarda il cambio a sei marce estraibile, ora dotato di Quickshifter EAS 2.0, che offre oltre alla possibilità di salire di rapporto senza l’utilizzo della frizione, la funzione di assistenza in scalata con relativa doppietta eseguita in automatico! Insomma si è fatto in modo da rendere adrenalinica, ma al tempo stesso guidabile e sicura, una moto dalle quote ciclistiche decisamente compatte. Il peso dichiarato a secco di soli 168 kg, l’interasse di soli 1.380 mm, contrapposti ai 140 cv del Tre Pistoni, ne fanno comunque un oggetto per mani esperte e dal sangue freddo. Come va su strada Esperienza e sangue freddo ne avevamo già messi a profusione quando guidammo la prima Brutale 800, che con il passare dei mesi ha visto smussare gli spigoli caratteristici del bizzoso e potentissimo tre cilindri grazie a un continuo Prove sviluppo della gestione elettronica. Adesso ci troviamo in sella a una versione evoluta che manco a dirlo, ha ancora più cavalli e coppia, insomma roba da fare preoccupare, dichiarazioni dei tecnici a parte. Però l’approccio con la Brutale 800 RR è meno impegnativo di quanto potessimo presagire, da una parte ci troviamo a guidare con una posizionedi guida più comoda ed ergonomica rispetto alla Dragster 800 RR, grazie alla sella che offre la possibilità di muoversi in senso longitudinale, e al manubrio più aperto, dall’altra le modifiche al motore la rendono meno aggressiva di quanto ci aspettassimo, almeno andando a spasso. Qui si potrebbe lamentare la rigidità dell’assetto che fatica non poco a copiare gli asfalti nostrani, troppo spesso in condizioni deprecabili e pericolose, ma non 21 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prove aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb certo le doti di erogazione del tre cilindri che si distingue per una linearità e una corposità sconosciuta alle versioni meno potenti. Ma l’indole della Brutale 800 RR non è certo quella della passista macina chilometri domenicali, la strada lei la vuole aggredire e bruciare, e fare rizzare i capelli a chi gli sta in sella. E se iniziate a maneggiare il comando del gas senza tanti complimenti, i peli si rizzano eccome. Tralasciamo il comportamento con le mappe più tranquille, quello che colpisce è il comportamento in modalità “Sport”, la Brutale 800 RR da una parte mette in mostra doti di leggerezza e agilità che possono sorprendere i meno smaliziati, ma che consentono ritmi di guida da motard nello stretto, senza peraltro compromettere il comportamento sul veloce. L’avantreno si alleggerisce sotto la spinta del motore, ma rimane sempre controllabile, e una volta chiuso o semplicemente parzializzato 22 il gas, “solca” letteralmente l’asfalto, permettendo di disegnare le traiettorie a piacimento. Occhio però alle buche o alle sconnessioni, che possono scomporre facilmente l’assetto, anche del posteriore. Una pezza però ce la mette in primis la grande motricità offerta dalla ciclistica, gommata meno generosamente rispetto alla sorella Dragster, sezione da 180 per il Pirelli Diablo Rosso II posteriore al posto del 200, e se proprio si esagera, è chiamato in causa il controllo di trazione che taglia in modo lineare e poco invasivo. La sezione del pneumatico posteriore più stretta esalta ulteriormente le doti di agilità della Brutale 800 RR, che oltre a essere un fulmine in inserimento, e nei cambi di direzione, si raddrizza in un millisecondo permettendo di spalancare il gas senza riguardi. Le cambiate consentite dal Quickshift di serie sono rapidissime e precise, mentre le scalate, accompagnate dalla 23 24 25 ABBIGLIAMENTO doppietta effettuata in automatico, sono gasanti oltre che efficaci. L’impianto frenante, come rilevato anche sulla Dragster 800 RR con cui condivide la terna di dischi, è esemplare nel funzionamento, tanto potente e modulabile da poter essere usato con un solo dito anche nella guida “brillante”, dove emerge anche una buona modulabilità del posteriore. L’ABS lavora bene, ma qualche volta sembra allungare leggermente la frenata, ma forse la colpa è più degli asfalti sconnessi che non sua… Nel complesso la Brutale 800 RR è davvero esaltante come poche altre naked, e ci piacerebbe avvicinarne i limiti magari tra i cordoli di una pista, dove non fatichiamo a credere che potrebbe fare la sua sporca figura, mentre su strada si apprezza la doppia personalità del tre cilindri, lineare e sempre pronto a prendere giri, anche da regimi bassissimi, e capace di esplosioni di potenza all’occorrenza. Il tutto racchiuso in un pacchetto dal design molto bello e ricco di particolari curati, con una dotazione tecnica di tutto rispetto. 26 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica SCHEDA TECNICA Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Casco HJC Giacca Spidi ACE Guanti Spidi TXR Pantaloni Spidi J-Stretch Stivali TCX R-S2 MV Agusta Brutale 800 RR 13.900 euro Tempi: 4 Cilindri: 3 Cilindrata: 798 cc Disposizione cilindri: in linea, trasversale Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 140 cv (103 kW) / 13100 giri Coppia: 8.77 kgm (86 Nm) / 10100 giri Marce: 6, cambio meccanico Freni: DD/D Misure freni: 320/220 mm Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Peso: 168 kg Lunghezza: 2085 mm Larghezza: 725 mm Capacità serbatoio: 16.6 l Segmento: Naked 27 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine News carbonio, le ruote sono da 17 pollici e il peso sarà contenuto in 155 kg. Galle, che in precedenza aveva realizzato una trasformazione estetica per la MV Brutale 910 – che diventava Bestiale e vi mostriamo nella gallery – conta di produrre una cinquantina di Feline One, lanciando i primi modelli già all’inizio del 2016, al prezzo – parrebbe - di 250.000 euro circa: se non sbagliamo è il più alto per una moto costruita in serie, seppur limitata, da moltissimi anni a questa parte. Una cifra capace di generare un fatturato teorico di 12,5 milioni di euro, il che semplificherebbe molto trasformare l’idea in realtà. Ma Galle troverà clienti così facoltosi e che gli diano credito? Aspettiamo il prossimo capitolo della storia per scoprirlo. FELINE ONE CLIENTI CON 250.000 EURO CERCANSI di Maurizio Gissi | Frutto della creatività di un designer elvetico, la Feline One vuole impressionare per la linea, il peso ridotto e il prezzo esorbitante. Diventerà realtà? Y acouba Galle è un designer svizzero con un passato da illustratore, pilota e giornalista tester. Dopo essersi appassionato alle café racer e prodotto video clip, nel 2014 ha creato Feline Motorcycle. Il suo progetto, concretizzato momentaneamente solo in forma virtuale, si chiama Feline One ed è un concetto molto personale di moto high-tech e lussuosa insieme. Quanto esclusiva? Molto nell’obiettivo del suo creatore «In dieci anni ho testato le migliori moto in giro per il mondo – racconta Yacouba Galle – e ho concluso che avrei 28 dovuto prendere il meglio di ciò che ho provato unirlo alla mia visione del futuro» La Feline One si mostra con forme molto dinamiche e linee asciutte, senza la presenza di una carenatura o di ripari aerodinamici che la appesantiscano. La stessa sospensione anteriore a ruota guidata ha un ruolo nel disegno della moto. Sui contenuti tecnici si sa solo che il motore è un tre cilindri 801 cc (probabilmente MV) da 170 cavalli di potenza e per la ciclistica sono impiegati il titanio, leghe leggere aerospaziali e fibra di carbonio. Sospensioni anteriore, forcellone e ruote sono in fibra di 29 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine tastiere, gli amplificatori eccetera, anche dopo essersi occupata di motori. Che si tratti di moto, jetsky, ATV e altro ancora, tutti hanno il logo dei tre diapason in bella evidenza a ricordare l’origine musicale di Yamaha. Il nome del progetto AH A MAY altro non è che il ribaltamento del marchio originario ne e racchiude l’idea. I designer delle divisioni moto e musica si sono scambiati i compiti, senza vincoli produttivi e commerciali, seguendo i principi di stile della propria divisione ma con l’idea di conservare una specularità, una condivisione di forme dei prodotti Yamaha. Alla nona edizione della Biennale Internationale Design di Saint-Etienne, Francia, aperta dal 12 marzo al 12 aprile, saranno esposti i lavori che in parte vi anticipiamo nelle foto della gallery. La concept bike Root, traduzione del simbolo grafico della radice di elevazione a potenza, è una bobber minimalista costruita sulla base della News MT-07, con telaio ridotto all’osso, ruote lenticolari e una sottile sella rivestita in cuoio che diventa seduta e unico elemento puramente estetico e sovrastrutturale. La bici a pedalata assistita si chiama 0±0, la batteria si può caricare a casa pedalando sull’apposito sostegno e facendo esercizio quando non si esce di casa. Chi disegna moto non è stato da meno in quando a fantasia. Il Fujin, che significa dio del vento, è un marimba di forma circolare (come una ruota) e con una sella da moto al centro per far accomodare chi la suona. Infine il Raijin, ovvero il dio del tuono. In questo caso è una batteria, anche se il termine è riduttivo, con molti pezzi in più disposti su una struttura tubolare sferica: vorrebbe offrire al batterista nuove possibilità espressive. Chissà se dopo questo esperimento, in Yamaha avranno valutato la possibilità di scambiare di sede qualche designer delle due divisioni... AH A MAY ECCO LA YAMAHA MT-07 ROOT di Maurizio Gissi | Il nome di questo interessante progetto ne anticipa il principio: scambiare i ruoli in Yamaha fra chi disegna moto e chi strumenti musicali per trovare nuove interpretazioni. Ecco la Root e altre idee L e provocazioni creative servono a mettere alla prova chi le concepisce e chi si trova a osservarle. Un progetto di commistione estremamente curioso in campo moto, e interessante, è quello architettato da Yamaha: coinvolgere chi si occupa di disegnare moto e strumenti musicali e provare ad 30 invertire i ruoli. Si tratta di provocare attraverso esercizi di stile, ma dalle provocazioni possono nascere spunti innovativi. Strumenti musicali e moto sono le divisioni cardine di Yamaha, che è nata nel 1887 costruendo strumenti musicali. Attività che non ha smesso di sviluppare, e implementare con l’avvento dell’elettronica, le 31 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine BMW R NINET SPECIAL PROJECT QUARTA PARTE La NineT di Frank è stata finalmente svelata, alla presenza nientemeno che di Ola Stenegard. E Alessandra è ansiosa di portarla a fare un giro L a NineT di Moto Sumisura è finalmente completa, e si mostra per la prima volta al pubblico al Motor Bike Expo di Verona. Ola Stenegard, che della NineT è il padre, l’ha apprezzata e si è complimentato con Frank per il lavoro lodandone la ricercatezza dei dettagli e lo studio che gli sta dietro. Adesso tocca ad Alessandra, che finalmente ha la possibilità di vedere e toccare con mano per la prima 32 volta la special che Frank ha pensato e creato per lei. Giustamente, Alessandra non vede l’ora di portarla a fare un giro - la destinazione non conta, come dice lei stessa. E allora via, verso le montagne innevate, con un contrasto fortissimo rispetto ai panorami africani a cui Alessandra ci ha abituati che però valorizza ancora maggiormente le linee della NineT di Moto Sumisura. 33 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Attualità STRADA STATALE REGINA 340 (LAGO DI COMO) SCHEGGE IMPAZZITE DAI GUARD RAIL IN LEGNO di Andrea Perfetti | La SS340 del Lago di Como è una delle strade più belle da fare in moto e in bici, ma proprio gli utenti più deboli rischiano grosso in caso di scivolata. I guard rail in legno presentano vistose schegge. Cosa dice l’ANAS L a strada statale 340 Regina è una delle più amate dai motociclisti (ma anche dai ciclisti) del Nord Italia a causa della bellezza del percorso, ricco di curve, e del paesaggio circostante. La SS340 si sviluppa nella provincia di Como, seguendo il tracciato dell’Antica Via Regina, pur modificato. Costeggia la riva occidentale del lago da Como a Menaggio, toccando diverse località turistiche famose nel mondo (Cernobbio, Laglio, Comacina ecc). L’ingegnere Carlo Sidoli (sua la rubrica Filosofia della Tecnica su Moto.it) ci ha segnalato la presenza su diversi tratti della Statale Regina di guard rail in legno (con anima in ferro). Abbiamo approfondito la questione, perché questo tipo di barriera, dopo un urto importante con un veicolo, non si deforma, ma si spezza, lasciando in vista pericolosissime schegge di legno che si protendono come lame sulla strada. I guard rail in legno sono disposti lungo ampi tratti della SS 340: in ingresso a Menaggio sud, sulle diramazioni di ingresso e uscita (altezza di via Diaz 74), a Sassoldo (KM 4), a Santa Maria di Rezzonico, prima della galleria Sassorancio. Sono solo alcuni esempi. Lungo gran parte dei tratti lo stato del guard rail è buono: non è scheggiato, l’anima interna di metallo non è visibile. Mancano del tutto invece in curva le protezioni inferiori dei pali metallici di 34 sostegno, fondamentali per la sicurezza di chi va su due ruote. Le barriere con le schegge In altri - ed è qui ovviamente che va la nostra attenzione - ci sono pericolose schegge, che possono creare danni tremendi ai ciclisti e ai motociclisti in particolare. Le foto realizzate da Carlo Sidoli dimostrano tutta la pericolosità di questo manufatto, quando la manutenzione non viene fatta. Tra poche settimane, con l’arrivo della primavera, i motociclisti torneranno a frequentare le sponde del Lago di Como. Per questo ci siamo mossi con gli organi competenti, come si suole dire, per arrivare alla soluzione del problema. Abbiamo parlato in primis con l’ufficio tecnico del Comune di Menaggio, che ci ha spiegato come la posa dei guard rail in legno sia stata eseguita (o appaltata) da ANAS. All’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade abbiamo quindi domandato come e quando saranno sostituiti i guard rail danneggiati. E, cosa secondo noi più importante, se verranno impiegati ancora questi in legno e per quale motivazione. La risposta dell’ANAS: L’ufficio che cura le relazioni esterne dell’ANAS ci ha risposto dettagliatamente, spiegando che le barriere in legno sono state posizionate sulla SS340 e 340dir a partire dal 2009 tenendo conto dell’alto valore paesaggistico e turistico di queste strade. Secondo l’ente le barriere sono in buone condizioni e non presentano criticità che possano indurre danni agli utenti (affermazione che ovviamente non ci trova concordi). ANAS riconosce poi la necessità di mettere in sicurezza diversi tratti della statale. Ed è questo ciò conta; dichiara infatti che “solo la barriera posizionata tra le gallerie denominate “Gaeta” e “Sassoarancio” presenta la fascia inferiore incidentata. Per tale tratto l’Anas ha ordinato all’impresa appaltatrice, che si occupa di effettuare gli interventi di ripristino in caso di incidenti, di sostituire con la massima urgenza la fascia incidentata. Si ritiene che entro la fine di febbraio 2015 la barriera possa essere ripristinata. Per quanto attiene le barriere posizionate sulle rampe di svincolo tra le gallerie “Loveno” e “Nobiallo”, verranno sostituite compatibilmente con le risorse finanziarie dell’Anas entro il 2015; al riguardo è in corso la stima dell’intervento. Infine, gli impianti di barriere di sicurezza esistenti, sull’asse principale, saranno ripristinati con la medesima tipologia di barriere (Legno-Acciaio)”. Un primo risultato è stato quindi raggiunto: l’ente che cura la manutenzione della SS340 provvederà con urgenza alla sistemazione delle barriere deteriorate tra le gallerie Gaeta e Sassoarancio. Ci auguriamo però che si trovino in tempi rapidi anche le risorse per ripristinare i guard rail sulle rampe di svincolo tra le gallerie Loveno e Nobiallo. La sicurezza degli utenti più deboli – così il Codice della Strada definisce chi va su due ruote – non può attendere. Moto.it vigilerà sullo stato dei lavori e invita i lettori a segnalare situazioni di pericolo e di degrado sulle strade della propria regione, scrivendo direttamente nei commenti o a [email protected] 35 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica CURIOSITÀ O PROVOCAZIONE? di Massimo Clarke | Una lavorazione fuori del comune per i condotti di aspirazione costituisce un ottimo spunto di discussione per gli appassionati di tecnica motoristica G li appassionati parlano spesso dei condotti di aspirazione e della finitura delle loro pareti. Ritengo quindi interessante segnalare questa inconsueta realizzazione della rettifica Cazzaniga di Milano, un autentico atelier per le lavorazioni di precisione applicate ai motori storici e da competizione. Le immagini, che consentono di 36 osservare chiaramente la straordinaria finitura a “pallina da golf” delle pareti dei condotti di aspirazione, tanto per cominciare dimostrano la validità delle attrezzature delle quali dispone l’azienda e l’abilità dell’operatore. La lavorazione è impeccabile e tutti i condotti sono perfettamente eguali. Alla base di questa soluzione vi è la constatazione che, a quanto pare, le palline Scarica l’APP del Magazine da golf, grazie alla loro particolare morfologia superficiale, vanno leggermente più forte e più lontano di quanto farebbero se fossero perfettamente levigate. Qualcuno ha parlato anche di “effetto pelle di squalo”, ovvero di imitazione della natura, ma le velocità in gioco come pure la natura dei fluidi e le loro caratteristiche sono ben diverse. La densità e la viscosità dell’acqua sono enormemente maggiori di quelle dell’aria. Il flussaggio della testa in questo caso non va ritenuto particolarmente significativo perché durante il funzionamento del motore il movimento del gas nei condotti è pulsante, mentre quando si impiega un flussometro esso è continuo. Pure le velocità sono ben diverse. Quella media dell’aria nella sezione ristretta del condotto è dell’ordine di una novantina di metri al secondo, Tecnica corrispondenti a oltre 300 km/h. Quella reale varia di continuo da zero a un valore massimo assai elevato. A 12000 giri/min si hanno in ogni cilindro 100 fasi di aspirazione al secondo… Dunque, quello che dà il vero responso è il banco prova motori. Ma non dobbiamo andare tutti sempre a manetta e in pista; nell’impiego normale è di importanza fondamentale il comportamento del motore nei transitori e quindi alla fine a contare maggiormente è la strada. Per quanto mi riguarda, posso dire che in tutte le teste dei motori di altissime prestazioni che ho avuto modo di osservare (sono tante, e non mancano certo quelle di alcune superbike e di un paio di Formula Uno aspirate di qualche anno fa, quando i regimi di rotazione erano dell’ordine di 19.000 giri/min o giù di lì) i condotti di aspirazione erano molto ben 37 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito levigati, anche se non certo lucidati a specchio. Questo conferma quanto era logico aspettarsi e quanto si ritrova del resto in tutti i migliori testi che trattano l’argomento. Tanti gli aspetti in gioco Ma allora, una finitura del genere, a cosa può servire? A prima vista sembrerebbe addirittura svantaggiosa! Ma in tal caso, lo sarebbe sempre? Prove effettuate su di un monocilindrico da cross hanno mostrato un miglioramento dell’erogazione ai medi regimi… Per eventuali approfondimenti dell’argomento occorre prendere in considerazione diversi punti, iniziando dall’aumento della rugosità delle pareti del condotto e dal più elevato rapporto superficie/volume. Entrano in gioco quindi lo strato limite, la microturbolenza generata dalle piccole depressioni che si susseguono, la maggiore estensione della 38 Periodico elettronico di informazione motociclistica superficie bagnata, lo scambio termico più vigoroso. E il fatto che ai carichi parziali l’aria nei condotti ha una minore densità e ai regimi medi e bassi la sua velocità è modesta (al punto che si otterrebbero migliori risultati in termini prestazionali se i condotti avessero una sezione minore); la cosa può risultare svantaggiosa non solo per quanto riguarda lo sfruttamento dell’inerzia delle colonne gassose ma anche per quanto concerne la polverizzazione (se il motore è a carburatori) e la vaporizzazione del carburante. Quest’ultimo è un punto la cui importanza non va sottovalutata. Al proposito, può essere interessante segnalare che questa soluzione ha degli estimatori nello speedway dove, guarda caso, si impiega carburante alcolico… Per concludere, può esserci il sospetto che il brillante Franco Cazzaniga abbia effettuato questa lavorazione anche con lo stesso intento che spinge certe Scarica l’APP del Magazine Tecnica case a realizzare modelli dallo styling inconsueto o ad adottare soluzioni al di fuori degli schemi usuali. In questi casi i costruttori non mirano tanto a ottenere prestazioni più elevate, quanto a offrire una dimostrazione di ciò che sono in grado di fare, ovvero del livello tecnologico raggiunto. E non è detto che non ci siano anche ragioni di marketing: di ciò che colpisce per la sua raffinatezza o per il suo essere comunque diverso, come si fa a non parlarne? E del resto, da chi è in grado di effettuare una finitura del genere ci si possono attendere lavorazioni straordinarie. Spero che quanto riportato in questo articolo serva come stimolo per una simpatica discussione. Perché ho tirato fuori questo argomento? Beh, le immagini sono talmente belle e inconsuete che non potevo non farle vedere! O forse ho sbagliato? 39 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine On the road MIRKO LUCCHI PROFESSIONE MECCANICO SX di Pietro Ambrosioni | La storia di un connazionale che ha trovato la sua strada negli USA assistendo piloti privati nel Supercross S cusate se scrivo con la bocca piena ma sto ancora masticando la mia affermazione di settimana scorsa sul fatto che Reed avesse finito la benzina, cosa che l’australiano mi ha fatto immediatamente rimangiare con la vittoria di Atlanta sabato scorso. Chad ha infilato la finale perfetta: partenza in testa, una decina di giri a fuoco, poi un inevitabile calo di ritmo che però gli ha permesso di portare a casa la vittoria. Anche lui sul podio non ci credeva fino in fondo… Dungey con un giro in più sarebbe potuto andarlo a prendere, ma ha perso un paio di lustri ad inizio gara per passare Weston Peick, in quel momento in seconda posizione. Onore dunque al vincitore e al mio boccone amaro, passiamo oltre. Questa settimana vi racconto di una figura che in pochissimi sembrano notare nel paddock del Supercross. Siti e riviste riempiono infatti pagine intere su piloti e team ufficiali, piloti privati e talenti emergenti ma nessuno si cura di uno dei motori principali che danno trazione a tutta la baracca. Sto parlando dei meccanici dei piloti privati: spesso sono i padri, i fratelli maggiori, gli amici o anche le fidanzate di chi corre, che si sobbarcano migliaia di chilometri in giro per gli USA inseguendo un sogno che vivono di riflesso. Oppure sono dei professionisti, che per una cifra spesso modesta (o in alcuni casi solo il costo delle trasferte) aiutano un loro pilota/cliente. Tra questi ultimi, da ormai 5 anni, c’è un italiano, Mirko Lucchi, ed è lui a raccontarci qualche 40 “dietro le quinte” del Supercross vissuto a livello di comuni mortali. Mirko, torinese di 41 anni, ha iniziato la sua carriera a stelle e strisce quasi per caso. «Mia moglie è americana, ed assieme abbiamo deciso di lasciare definitivamente l’Italia e di venire a stare qui nel 2010. Sono andato a vedere il Supercross a Houston e li ho incontrato un pilota che avevo conosciuto ad una gara in Italia: chiedendo a lui ho scoperto che il suo compagno di squadra stava cercando un meccanico e in un attimo ero dentro». Ma tu avevi qualche esperienza? «Si, io ho corso in moto fin dal 1994 e poi ho fatto il meccanico in Italia per molti anni». Ma quindi l’idea ti è venuta in mente per caso o c’è qualcosa di più? «Già nel 2009 avevo seguito un pilota americano, Justin Keeney, in un paio di gare AMA Supercross, e da quel momento l’idea ha iniziato a frullarmi in testa». Vista da fuori la vita del meccanico privato è molto più dura di quella del meccanico di un team ufficiale, o sbaglio? «Nei team ufficiali hanno un sacco di persone e tutto il supporto tecnico di cui hanno bisogno. C’è chi si cura delle gomme, chi supervisiona le sospensioni, chi l’elettronica… Se succede qualche imprevisto in un batter d’occhio ci sono cinque o sei persone che si mettono a lavorare per risolvere il problema». C’è poi da dire che le moto vengono di fatto assemblate in settimana nel reparto corse, nelle giornate di gara i meccanici ufficiali spesso non fanno altro che cambiare le plastiche ed attaccare gli adesivi. Non lo diciamo per mancanza di rispetto ma per sottolineare come la struttura del team riduca al minimo la necessità di interventi estensivi, salvo imprevisti. La vita del meccanico privato è invece del tutto diversa. «Seguo il mio pilota Ozzie Barabaree da ormai qualche anno e per lui curo sia la moto da gara che quella da allenamento. La moto da gara viaggia costantemente con il Team GUS Racing, che ce la trasporta di stadio in stadio per tutto l’anno. Il pilota paga una fee di circa 2500 dollari a stagione (classe 450 - 17 gare in tutto, NdA) e ad ogni round trova la sua moto nel paddock, piazzata su un cavalletto al centro della sua postazione di lavoro dedicata. Li trovo anche la mia cassetta degli attrezzi, che viaggia con la moto, un tavolo e due sedie». Quindi la moto da gara la vedi solo nel weekend? «Si, in settimana usiamo la moto da allenamento, che comunque è quasi identica a quella da gara. Chiaro che se in allenamento troviamo qualche regolazione nuova la devo poi trasferire sulla moto “buona” appena arrivati nel paddock al venerdì sera». Un buon meccanico privato si occupa un po’ di tutto, giusto? «Si, al contrario dei Team ufficiali qui si sostituisce poco e si ripara tanto, spesso con fil di ferro e nastro americano. Bisogna sapere improvvisare e rimanere nel budget, che non è mai molto alto, anzi. Il succo delle vicenda è che il pilota deve correre e tu devi trovare il modo di dargli la moto pronta». 41 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Raccontami il tuo weekend “tipo”. «Si arriva al venerdì, il più presto possibile. Talvolta si viaggia, talvolta si prende l’aereo, dipende dalla distanza e dal budget. Una volta arrivati si verifica che ci sia la moto e che tutto sia a posto: smonti e rimonti le parti più importanti, cambi le gomme, dai una pulita generale e poi si va in albergo. La mattina del sabato, il giorno di gara, si arriva allo stadio verso le 9. Alle 10.30 c’è il giro di ricognizione a piedi della pista poi il meeting piloti con gli ufficiali AMA e FIM. Da mezzogiorno si inizia a fare sul serio, con i turni di prova: prove libere il primo, poi due turni di cronometrate dove bisogna stare dentro ai primi 40 per qualificarsi per la serata. Alla sera dopo la cerimonia di apertura iniziano le batterie di qualificazione e nella 450 hai tre diverse opportunità di qualificarti per la finalissima: arrivi nei primi 4 della batteria, arrivi nei primi 5 della semifinale o arrivi tra i primi quattro della LCQ, la Last Chance Qualifier ovvero la batteria della disperazione dove ti 42 Periodico elettronico di informazione motociclistica giochi il tutto per tutto. Dietro al cancello in finale ci vanno in 22 (8 dalle heat, 10 dalle semifinali e 4 dal recupero, NdA)». E in caso di imprevisti si soffre… «Nel Supercross mi è sempre andata bene ma ricordo una gara di National a Red Bud nel 2010 quando ho dovuto cambiare un motore tra una manche e l’altra. Ce l’ho fatta in 45 minuti con 40 gradi all’ombra e un’umidità del 100%, credevo di morire». Il Supercross è meno stressante per le moto, soprattutto per le 450. «Ozzy corre con la 350 perché si trova bene con il rapporto peso/potenza. Abbiamo fatto qualcosina al motore per renderlo più pronto ma il grosso del lavoro è stato nelle sospensioni, che a mio parere fanno il 99% della differenza. Con una 250 sarebbe diverso e ci vorrebbero più soldi: il motore è molto a rischio perché più stressato. E se non ci metti dentro almeno 5000 dollari di preparazione “giusta” non ti giochi nemmeno un Scarica l’APP del Magazine posto per entrare nel programma serale, dimentica pure la finale». Consigli per chi volesse intraprendere la tua stessa carriera? «La cosa più difficile qui è avere un permesso di lavoro. Io non ho avuto problemi perché mia moglie è americana, ma uno che si presenta alla dogana e dice che viene qui per cercare lavoro non lo lasciano nemmeno entrare. I Team ufficiali assumono meccanici in arrivo da tutto il mondo e gli fanno i documenti, ma sono casi molto rari». E tu non hai mai avuto l’occasione di diventare meccanico ufficiale in questi anni? «Ho lavorato con Team di alto livello come il Suzuki ARMA Energy, dove correva Malcolm Stewart, e il Team KTM MUNN Racing, ma se devo essere sincero non ho mai davvero cercato un’opportunità al top. Fare il meccanico ufficiale va bene quando sei giovane e senza legami, ma se hai famiglia è una vita durissima, sempre in viaggio e sempre lontano da casa». On the road Tu riesci a vivere solo di questo o fai altro? «Segui il mio pilota ma in settimana sistemo anche le moto di altri clienti e recentemente ho iniziato a lavorare anche in una concessionaria: son tempi duri e non bisogna mai abbassare la guardia». Sogni nel cassetto? «Star qui mi piace, amo l’ambiente del Supercross quindi spero di continuare a fare quello che faccio. Meccanico ufficiale no, a meno di trovare un team che mi ingaggi solo per le gare, quindi lavorerei nel weekend ma in settimana sarei a casa». Se qualcuno volesse contattarti per dei consigli o magari per venire a correre negli USA? «Da me in Texas ho una piccola struttura che può dare supporto a chi volesse venire a provare l’avventura americana. Ho la possibilità di dare moto a noleggio e accedere a piste da allenamento anche specifiche per il Supercross. La mia email è [email protected] 43 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine La lettura I RACCONTI DI MOTO.IT “AVVENTURA IN MOTO. ADESSO” di Antonio Privitera | Nel 1994 il collegio svizzero “Educandato Purità e Compassione” accettò la mia iscrizione e vissi i cinque anni delle superiori reclusa in una camera doppia con vista sul parco; nei fine settimana tornavo a casa in sella alla mia 125 di seconda mano N el 1994 il collegio svizzero a tempo pieno “Educandato Purità e Compassione” accettò la mia iscrizione al liceo classico e vissi i cinque anni delle superiori reclusa in una camera doppia con vista sul parco; nei fine settimana tornavo a casa in sella alla moto 125 di seconda mano, ricevuta in regalo dai miei genitori con il taciuto fine di sollevarli da quell’incombenza noiosa di riportarmi a Milano e una volta in sella non ne scendevo più: trascorrevo in motocicletta tutto il sabato e tutta la domenica percorrendo centinaia di chilometri tra un pranzo da mio padre e una cena a casa di mia madre come un ospite che non appartiene né all’uno né all’altro luogo. I miei pit stop li facevo nelle librerie dove acquistavo volumi sui viaggi e sulle motociclette avidamente letti in ogni momento libero del destino comune ai figli di divorziati, quel sentirsi degli estranei cooptati nelle vendette verso l’ex coniuge servite ormai, più che fredde, ibernate. Il lunedì mattina prestissimo inforcavo il 125 e tornavo in collegio, mentre papà e mamma riprendevano a dedicare la loro vita a rifarsi una vita, facendo poco caso al simpatico ossimoro. All’“Educandato Purità e Compassione” dividevo la stanza con Agnese, una coetanea torinese di bella presenza, orfana di entrambi i genitori che le avevano lasciato un notevole patrimonio; Agnese Mileto era mite, altera e odorava ancora del cellophane nel quale sembrava essere stata imballata per giungere al collegio svizzero tutta 44 così perfettina come si mostrava; onestamente, era una vera icona della inutilità e della spocchia: la detestavo. Trascorrevamo i giorni facendoci piccoli dispetti senza però che nessuna di noi pretendesse mai dall’altra un comportamento diverso o si lamentasse con la direzione del collegio. La nostra ostilità era un affare interno alla camera 14 e scorreva sottotraccia regalandomi ogni tanto qualche piacevole diversivo come inquinarle con un po’ di benzina l’acqua dei fiori che teneva sul davanzale oppure fumare in camera e appestarle il cuscino. Lei mi ripagava sporcando di terra i miei libri sulle motociclette e facendo finta di parlare nel sonno, svegliandomi di soprassalto. La bastarda conformista era una specie di isterica che urlava cose prive di senso durante la notte, le chiamava le “visioni”, ma intanto io dormivo con i tappi, e firmava con una “A14” (suppongo significasse Agnese stanza 14) i suoi dispetti lasciando un bigliettino vergato a mano con un pennarello dopo ogni piccola vendetta. Nacque in quegli anni la mia fissazione per il “viaggio in Oriente” che avrei fatto appena uscita dall’Educandato: trovavo sinceramente ributtante la normalità ed ero un’adolescente appassionata per le moto e i viaggi; rivendicavo il diritto di partire puntando i piedi con i miei genitori dai quali ottenni facilmente l’assenso; del resto potersi vantare con le amicizie perbeniste una figlia in giro per il mondo in motocicletta a diciott’anni era un’invidiabile plus radical chic, bastava pagarmi un volo aereo e dotarmi di carta di credito: un buon affare per tutti. Il mio progetto era di attraversare in motocicletta l’India e il Nepal per toccare Buthan, Bangladesh e Myanmar, giungere a Bangkok alla fine della stagione delle piogge e fare ritorno a casa entro Natale, abbandonando in aeroporto la motocicletta seguendo l’esempio di molti altri viaggiatori. Ne parlavo con tutti al collegio e notavo che Agnese ascoltava con attenzione. Poco prima degli esami di maturità, a lezioni concluse, Agnese mi fece trovare in camera un pacchetto rosa con dentro una catenella d’argento e un ciondolo che raffigurava una fiammella; sorrise e mi disse che era il suo augurio di buon viaggio. Lo presi, lo guardai, trovai che alla catenella mancava il gancio per chiuderla al collo e lo lanciai dalla finestra. Ringraziai educatamente la piccola stronza e benedissi il momento in cui fui sicura di essermela lasciata alle spalle. Quell’estate tributai riluttante una vacanza a ciascuno dei miei genitori e misi a punto i dettagli: il 125 fu accuratamente revisionato in vista del gravoso impegno per essere poi imballato e spedito a Delhi; il 18 ottobre arrivai da sola in taxi a Linate e dopo un lungo volo trovai ad attendermi all’aeroporto indiano Masone, un amico di papà in servizio presso l’ambasciata italiana che mi aiutò a sdoganare la moto; gentile ma poco loquace, un individuo anonimo. Pochi giorni dopo ero già nelle montagne dell’India nord-occidentale; di chiamare casa – di mamma, di papà? - se ne sarebbe parlato dal Nepal in poi, in quel momento ero immersa nella sensazione di onnipotenza. Dopo i primi giorni eccitati e incerti, il terzo pomeriggio arrivai su un altopiano quasi al confine e mi fermai per scattare qualche foto all’Himalaya visto da lontano. Faceva molto freddo, le articolazioni delle gambe faticavano a piegarsi nonostante l’abbigliamento più che adeguato e sfilare la fotocamera dalla custodia fu un’impresa. Feci alcune fotografie, poi tornai alla motocicletta ma il motore era sordo ad ogni tentativo 45 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb di ripartire: una, due, cinque, dieci, trenta pedate sul kick starter ed iniziai a preoccuparmi. Nessuno di passaggio a cui chiedere aiuto, nessun carro, nessun camion, solo il vento gelido; sfidai il freddo e mi sfilai i guanti, inginocchiata accanto alla motocicletta ammutolita. I pochi attrezzi a corredo della mia avventura erano ghiacciati e toccarli faceva male. Sibilai qualche preghiera, poi ripiegai sulle bestemmie ed esaurito il repertorio maledissi oggetti e persone a casaccio. Sudai ghiaccio solo per smontare la candela, la ceramica di quella piccola stronza mi si sbriciolò tra le mani ma ne fui felice perché pensai di avere trovato la causa del guasto; ne montai un’altra ma il grado termico era totalmente inadatto per le rigide temperature alle quali mi 46 Scarica l’APP del Magazine trovavo e dopo aver insistito vanamente con la leva decisi di avviare la moto a spinta percorrendo a ritroso e in discesa il sentiero. Saltai in sella e iniziai a sgambettare, al momento giusto inserii la seconda e mollai la frizione: la moto trattenne il fiato per un breve attimo seguito da un rumore sordo come una frustata, quindi continuò a correre; guardai indietro e constatai che la catena giaceva a terra dieci metri più dietro. In quel momento pensai che era veramente finita: ero: stanca, sudata e con una moto che non aveva più né motore, né trasmissione. Razionalmente non restava che accendere il telefono cellulare che mamma mi aveva comprato per l’occasione e chiedere aiuto, come una balise durante la Parigi-Dakar che è un po’ come alzare bandiera bianca e dire “ok, mi arrendo”. Odiai quel momento di definitiva capitolazione ma inutilmente, dato che non c’era campo; scrissi e inviai alcuni sms nella speranza di agganciare prima o poi una rete gsm. Presi fiato: si avvicinava un tramonto che avrebbe abbassato una temperatura già glaciale. Il primo centro abitato segnato sulle carte distava venti chilometri proseguendo verso nord, non mi sentivo assolutamente capace di raggiungerlo a piedi. Guardai il panorama che scendeva giù dall’altopiano e risaliva fino alle montagne dell’Himalaya: era quasi l’imbrunire e il tratto di sterrato su cui mi trovavo costeggiava una valle dove molto in lontananza scorgevo delle tiepide luci, l’illusione che qualche chilometro più giù – cinque, tre, dieci… boh - ci fosse presenza umana mi diede la forza necessaria a provarci ma era necessario alleggerirsi alla svelta, iniziai dal bagaglio: lasciati nello zaino solo i documenti, i soldi e l’indispensabile per sopravvivere, asportai tutto il superfluo dalla moto e ciò che non riuscii a smontare fu strappato via dalla mia disperazione; recisi con la pinza i cavi del gas al carburatore penzolante, rimossi cupolino, fiancate, parafanghi, lasciai a terra le valigie laterali assieme al loro telaietto e a tutta l’inutile zavorra portata dall’Italia, fissai con nastro telato delle torce elettriche agli La lettura steli della forcella e quella frontale sul casco, poi mi piantai sul margine dello sterrato con la ruota anteriore rivolta verso il pendio ripidissimo che precipitava giù per chilometri. Il sole era basso e quelle luci in fondo alla valle erano quasi reali: accesi le torce e il faro della moto chiedendomi per quanto tempo la batteria della motocicletta avrebbe retto, conscia del fatto che fare downhill estremo fosse follia pura ma provarci senza nemmeno capire bene dove mettere le ruote aveva un nome preciso: tentativo di suicidio. Per un attimo tornai al collegio, alla mia stanza doppia, ad Agnese con la quale avevo interrotto una splendida guerriglia, alle vacanze separate con mamma e con papà, alla remota possibilità di tornare in Italia per il capodanno del 2000 e trovai la forza per iniziare la discesa libera, urlando un potentissimo vaffanculo. Mollai i freni sperando nella capacità della motocicletta di sopportare gli scossoni e le botte che il terreno accidentato procurava; l’emozione che provai avanzando a razzo nel silenzio più assoluto mi faceva godere in misura insensata e irresponsabile, fermarmi ogni tanto dove la pendenza non era assassina mi dava ulteriore carica rafforzando in me l’idea che avrei anche potuto farcela. Quando arrivai dove la vegetazione era più fitta, una grossa pietra non fu digerita dalle sospensioni e mi ritrovai per terra mentre la moto iniziò a carambolare per fermarsi contro una roccia molti metri più in basso, con la forcella piegata e i cerchi alla Dalì. Senz’altra opportunità e dolorante proseguii a piedi arrivando dopo alcune ore ad un piccolissimo villaggio illuminato da fioche lampade a gas, mangiai qualcosa grazie all’ospitalità di brava gente, aspettai un po’ al caldo, poi mi impossessai di un motorino grazie alla loro distrazione e mi allontanai prima di essere scoperta. Ignoravo il grado di severità delle leggi indiane tuttavia temevo che la giustizia locale fosse più rapida di quella italiana e meno comprensiva, perciò navigai a tutto gas verso sud fermandomi solo a serbatoio asciutto mentre percorrevo una strada di grande comunicazione: mi nascosi 47 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito in attesa dell’alba dopo la quale non fu difficile trovare un passaggio fino all’aeroporto di Delhi dove arrivai nel pomeriggio. Ero piena di lividi, e incazzata col mondo. Ero pure diversa da ieri e ne avevo già avuto abbastanza di avventura, di India e di tutto il resto: cazzo, portatemi a Milano, portatemi in un luogo dove se rompo la moto non rischio la vita per tornare a casa. Acquistai un biglietto per il primo volo destinazione Malpensa e andai a sedermi in una poltrona per la lunga attesa prima del checkin. Venni svegliata dallo squillo del telefono. L’avevo dimenticato: certamente i miei sms invocanti aiuto erano giunti ai cellulari di mamma e papà; risposi con un “pronto” scorbutico. Era mia mamma: tutto bene? Tutto bene, torno domani, sono in aeroporto. Chiama quando arrivi, ok? Ok. Lo avevo detto a tuo padre di non farti partire, meno male che ci sono io. Sì, hai ragione, mamma. Ora chiudo, ci vediamo… quando è che torni? Domani, mamma. Ah, sì, domani, mando tuo padre a prenderti. Grazie mamma. Riattaccai e aggiunsi mia madre al mondo. Col telefono sulle gambe attesi che squillasse, ne ero certa. Risposi con un “pronto” nevrotico: Alessia, tutto bene? Tutto bene, papà. È da ieri che cerco di chiamarti. Lo so, dov’ero non prendeva. E dov’eri? Sulle montagne ai confini dell’India. Ah, ma non eri in Giappone? No, ero in India. Ah, ed era bello? Si, molto bello papà. E la moto? La moto si è rotta, sono arrivata in aeroporto in taxi. Aeroporto? Si papà, prendo il primo aereo per Milano. Cadde la linea; stanca e arrabbiata suppongo di essermi appisolata per un po’. Alcune ore dopo mi presentai al check-in, zona A banco 14. Avevo il biglietto in mano ma cercando il passaporto mi accorsi che ero stata derubata del portafogli e del cellulare. Probabilmente era accaduto mentre dormivo: l’inflessibile addetta indiana mi negò l’imbarco. Smarrita e incredula come dopo un tre in latino venni avvicinata da un uomo che riconobbi come Masone, sembrava più stupito di me. Mi disse di seguirlo in silenzio 48 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine La lettura all’esterno dell’aeroporto, poi mi raccontò una storia pazzesca: cinque anni prima aveva ricevuto una telefonata incredibile da una ragazza italiana, la figlia dell’ambasciatore italiano appena deceduto assieme alla moglie in un disastro aereo. La ragazza lo aveva avvertito che il 19 ottobre 1999 sarebbe arrivata a Delhi una turista italiana di nome Alessia a reclamare una moto in dogana; lui l’avrebbe aiutata a sdoganare una moto, tanto più che Alessia sarebbe stata la figlia del nuovo segretario di un noto partito politico italiano. Quattro giorni dopo quella stessa ragazza si sarebbe trovata al banco del check-in dell’aeroporto di Delhi banco del check-in A14, senza passaporto e senza denaro, senza possibilità di essere riconosciuta e le sarebbe stato rifiutato l’imbarco. Lui l’avrebbe presa e portata al di fuori dell’aeroporto e le avrebbe riferito questa storia e consegnato cento dollari, un biglietto appena arrivato dall’Italia via posta e un motorino a frizione automatica usato. Per tutto questo avrebbe ricevuto 15.000 euro, in anticipo e oltre le spese. Masone era imbarazzato, io affascinata e stupita. Aprii il bigliettino c’era scritto “la vera avventura in moto inizia adesso.”, come firma un segno che conoscevo: “A14”. Voi cos’avreste fatto? Io puntai a Nord. Non tornai più a casa, lessi dei miei funerali il mese successivo. Un anno dopo mio padre si risposò, mia madre si trasferì in America e fu intitolata a mio nome una stanza della segreteria del partito a Roma e una piazza nella periferia di Milano. Masone aprì un importexport di prodotti italiani e di Agnese non ebbi mai notizie. Trovai però altri tre bigliettini con la scritta “A14”; uno mi fu consegnato da un bambino mentre visitavo un tempio Khmer in Cambogia nel 2001, un altro da un barcaiolo laotiano che mi traghettava sul Mekong nell’agosto del 2004 e un altro nel gennaio del 2010 quando mi arrivarono le moto che ordinai dal Giappone per la mia agenzia di Adventure-Tours in Mongolia. Grazie, piccola stronza. 49 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito NICO CEREGHINI SCRIVI BAYLISS E LEGGI PASSIONE Ci ha provato, non ce l’ha fatta, ma merita il massimo rispetto. Vincere a quarant’anni ed oltre non è facile. Biaggi lo ha fatto in SBK, Hailwood a trentotto ma dopo quasi dieci anni senza moto. E Rossi... Media C iao a tutti! Troy Bayliss ci ha provato, ma niente da fare. Molti lo vedevano sul podio, e anch’io ci speravo: Troy è un fuoriclasse, in moto e in pista ci va ancora spesso, e poi la memoria di quella vittoria a Valencia, quando era in gita premio per aver vinto il titolo SBK 2006 e tornava in sella a una MotoGP “tanto per divertirsi”, è ancora viva negli occhi di tutti. A Phillip Island ha guidato bene, è ancora forte e credo che con due giorni di test ben fatti sarebbe 50 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica ancora da prima fila, ma dal 2008 non faceva una gara vera e sulla distanza non poteva reggere il ritmo dei migliori. Se vai a sciare tutte le domeniche sei efficace anche a sessant’anni, se stai fermo cinque stagioni le ginocchia chiederanno pietà alla terza discesa e starai a letto una settimana. E la domanda è: fino a quale età si vince con la moto? Max Biaggi lo ha fatto a quarantun anni suonati, Nürburgring 2012, e quello al momento resta il record per la SBK. Sempre che lo stesso Max, come ogni tanto butta lì, non torni in pista con l’Aprilia, o lo stesso Bayliss non ci riprovi con la Panigale con più calma e maggior preparazione. Nel campionato mondiale più storico, lungo ormai 65 anni, una volta si correva fino a tarda età. Il record è britannico, tale Arthur Wheeler, vincente in 250 con la Guzzi nel 1962 a 46 anni e 70 giorni. E se avete la voglia di spingervi più indietro, prima che il campionato mondiale nascesse, trovate il mitico Omobono Tenni; nel ‘37 vinse il TT, primo non britannico a farlo, e il 1 luglio 1948 morì a Berna in un fine settimana terribile: lui era in moto, la Guzzi, e aveva 43 anni, mentre Achille Varzi di anni ne aveva 44 e guidava l’Alfa Romeo. Correvano sia le auto sia le moto, quella volta, e dopo questa tragedia si disse basta con le corse in Svizzera. Ma quelli erano tempi da pionieri, Nuvolari vinceva con l’auto fino ai 58 anni, Fangio fu campione del mondo di F1 per la quinta volta nel ‘57 quando aveva già quarantasei anni e il francese Etancelin nessuno lo ricorda, ma è famoso perché era ancora al volante a 56 anni suonati... Tra poco tocca a Valentino, il 29 marzo si parte con la MotoGP. Rossi ha appena compiuto i 36 anni e da molti è considerato un vecchietto. Non ci siamo più abituati e probabilmente le corse sono diventate sempre più impegnative sul piano psicofisico. Ma alla sua età, proprio a 36 anni, Biaggi esordiva in SBK con la Suzuki e fu subito vincente in Qatar, un altro sei volte iridato, Geoff Duke, faceva l’ultima stagione in 500, e addirittura Angel Nieto vinceva il dodicesimo e penultimo titolo mondiale con la Garelli 125. Aveva 38 anni il tedesco Toni Mang quando colse il quinto titolo con la Honda 250, Ago invece aveva già lasciato le moto, all’età di Valentino, ed esordiva con le auto: F2, Chevron Bmw, ma ancora pochi mesi prima, nel settembre 1978, aveva vinto la sua ultima gara con la Yamaha TZ 750 in Germania. Il più grande di tutti anche sotto questo profilo delle vittorie leggendarie in età avanzata, manco a dirlo, è Mike the Bike. Hailwood aveva corso il Editoriale suo ultimo GP nel ‘68 a Monza, in sella alla Benelli. Nove titoli mondiali non gli erano bastati per correre fino a che ne avesse avuto la voglia, perché la Honda decise di ritirarsi alla fine del ‘67 quando lui aveva soltanto 27 anni e ancora tanto da dire. Allora Mike passò alle auto, e dopo aver vinto un europeo di F2 dimostrò di andare fortissimo anche in F1, fino al brutto incidente del 1974 che lo mise ko. Ebbene, a trentotto anni suonati eccolo tornare in sella, nel 1978 al TT con la Ducati 900, e dopo quasi dieci anni senza moto vincere la gara davanti alla Honda 1000 ufficiale a 4 cilindri di Read, nonostante la pancetta, il mal di schiena e una gamba più corta dell’altra che lo faceva zoppicare vistosamente. Bayliss non è riuscito a vincere a Phillip Island, ma non è detta l’ultima parola. Valentino ha tutta una stagione davanti e, come Troy e come Mike, la stessa voglia. Si chiama passione. TRA POCO TOCCA A VALENTINO, IL 29 MARZO SI PARTE CON LA MOTOGP. ROSSI HA APPENA COMPIUTO I 36 ANNI E DA MOLTI È CONSIDERATO UN VECCHIETTO 51 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP VALENTINO ROSSI “MARQUEZ FAVORITO, MA NON SIAMO LONTANI” di Giovanni Zamagni | E’ stata una giornata difficile per Valentino, rallentato nel giro secco dal traffico e piuttosto lento nel passo. “Ma il giudizio complessivo è positivo: questi tre giorni servivano soprattutto per testare il nuovo cambio” N Non può certo essere considerata una giornata positiva quella di Valentino Rossi, quinto assoluto a 0”718 da Marc Marquez e a poco meno di quattro decimi da Jorge Lorenzo, e poco efficace sulla distanza. Soltanto nell’ultima uscita Rossi ha dato segnali positivi, ma complessivamente le difficoltà sono state superiori alle aspettative. Rossi non nasconde i problemi, ma non è nemmeno troppo negativo. «Complessivamente è stato un buon test – è il bilancio di Valentino -: il nostro obiettivo principale di questi tre giorni era verificare il potenziale del cambio e sotto questo aspetto siamo soddisfatti. Va già piuttosto bene, ci può dare una mano. Per quanto riguarda oggi, credo che la posizione non rispecchi il mio reale potenziale: potevo fare meglio, 52 chiudere nei primi tre, ma con le due gomme morbide ho trovato traffico, rallentato prima da Pedrosa e poi da Smith». Dopo il “time attack” che tipo di lavoro avete fatto? «Abbiamo continuato a lavorare con le gomme consumate, con le quali noi soffriamo abbastanza, soprattutto su questa pista, dove la M1, con gli pneumatici finiti, diventa un po’ difficile da guidare. E’ soprattutto questo l’aspetto da migliorare per i prossimi test, anche se, cambiando pista tante cose cambieranno: sarà interessantissimo verificare la nostra competitività in Qatar». Come mai non hai fatto la simulazione della gara? «Quando la volevo fare era veramente troppo caldo (quasi 60 °C sull’asfalto, NDA): si andava troppo piano, non avrebbe avuto nessun significato». Lorenzo è più scettico di te rispetto al nuovo cambio. «Ho parlato con lui ieri sera, ma per me è migliore di quello vecchio più o meno sotto tutti i punti di vista. Ma non basta: ci aiuta un pochino, ma ci manca ancora un po’ di stabilità per entrare in curva un po’ più forte». Nel prossimo test in Qatar avrete qualcosa di nuovo? «Non credo: dovremo lavorare sul setting e continuare sulla messa a punto della moto e del cambio». Qual è la tua valutazione rispetto alla Honda? «Marquez è andato molto forte e questa volta io ho faticato un po’ di più rispetto a Lorenzo, ma siamo lì. E’ chiaro che Marc è il favorito, ma quanto la Yamaha sia distanza non lo so: vediamo in Qatar, dove noi siamo sempre andati bene». 53 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica ANDREA IANNONE “HO AVUTO L’APPROCCIO GIUSTO CON LA GP15” Scarica l’APP del Magazine MotoGP aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb di Giovanni Zamagni | Iannone decisamente soddisfatto della nuova moto: “Mi sono subito trovato a mio agio”. Più in difficoltà il Dovi, comunque ottimista: “La base di partenza è buona, adesso bisogna lavorare sul bilanciamento” A ndrea Iannone: 4° a 0”607 da Marquez, più che discreto nel passo gara. Andrea Dovizioso: 10° a 1”353 dalla vetta, con problemi di messa a punto in frenata. «C’è molto da lavorare» conferma l’ingegnere Gigi Dall’Igna, ma, complessivamente, il debutto della GP15 è stato certamente incoraggiante. «Sono stati tre giorni positivi – commenta Iannone -: siamo arrivati qui con una moto completamente nuova, senza mai provarla: sono contento per come è cresciuta e migliorata durante il test. Oggi abbiamo provato varie tipologie di assetto per cercare di migliorare soprattutto il grip della moto e l’inserimento in curva, trovando alla fine dei benefici. Chiudiamo questa tre giorni con sufficienti dati per valutare la situazione: rispetto alla 14.3 il “feeling” è completamente diverso, difficile dire se migliore o peggiore, perché il carattere è molto differente». Dall’Igna dice che saranno i piloti a decidere quale moto utilizzare nella prossima gara in Qatar, ma Andrea non ha dubbi. «Scelgo la GP15, perché è migliorata in alcuni punti fondamentali e anche nel ritmo di gara sono andato qualche decimo meglio rispetto ai precedenti test. Ovviamente non si può pretendere di essere subito mezzo secondo più rapidi, ma abbiamo il potenziale per raggiungere i nostri obiettivi». Difficile, però, quantificare il margine di miglioramento. 54 «Può essere elevatissimo come no, ma io credo che ce ne sia parecchio perché abbiamo girato con questa moto solo tre giorni: bisognerà avere pazienza, dare agli ingegneri a casa il tempo per guardare tutti i dati e studiare nuove soluzioni per il Qatar». Il pilota della Ducati cerca di non “gasarsi” troppo. «Bisogna mantenere i piedi per terra: non siamo stratosferici, anche se abbiamo una buona base per essere soddisfatti. Io ho avuto un buon approccio con la nuova moto: bisogna essere contenti, ma non esaltarsi». DOVIZIOSO: «HO FIDUCIA, SERVE SOLO TEMPO» Considerati i tempi ti aspetti un Dovizioso più cupo, invece il giudizio di Andrea è positivo. «Sono molto contento della “base” di questa moto: abbiamo risolto il problema di farla girare, che era il vero limite della GP14. Era fondamentale riuscirci, senza questo miglioramento sarebbe stata dura. Abbiamo lavorato tanto per cercare di avere più feeling con l’anteriore: dobbiamo essere realisti, è solo il primo test con una moto completamente nuova, contro avversari molto più avanti di noi. E’ diversa dalla moto precedente: dobbiamo lavorare, trovare la giusta distribuzione dei pesi. Non siamo riusciti a fare tutti quello che volevamo, ma in Qatar avremo tutto quello che serve per capire la direzione da seguire: basta poco per essere subito più competitivi. In questo momento non siamo al livello di Honda e Yamaha, ma spero, credo che ci sia un grosso margine e credo molto nel gruppo di lavoro: se pensiamo quanto siamo riusciti a migliorare l’anno scorso con la GP14 durante la stagione, con questa dovremmo fare un passo ancora più grande. Sono sereno: serve tempo per conoscerla meglio. Adesso a casa verranno studiati nel dettaglio i dati per capire cosa possiamo fare per migliorare la moto, specie nell’ultima parte di frenata. Io non mi sono espresso al meglio, non ero padrone della moto: era inutile rischiare di cadere per fare un decimo meglio». 55 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb TEST MOTOGP A SEPANG I COMMENTI DEGLI ALTRI PILOTI di Giovanni Zamagni | Ecco il commento di alcuni protagonisti dopo la tre giorni di test a Sepang M arc Marquez: «E’ andata bene, siamo riusciti a svolgere tutto il programma previsto dalla Honda, facendo anche la simulazione di gara nel finale. Vediamo come andrà in Qatar, ma qui in Malesia siamo a posto. Oggi ho provato anche la moto leggermente modificata nel telaio, ma preferisco l’altra, quella utilizzata anche nel precedente test. Nel complesso, abbiamo fatto un passo in avanti anche nel carattere del motore: non ho niente di cui lamentarmi». Jorge Lorenzo: «Ho fatto 12 giri consecutivi, diciamo una mezza simulazione, nel momento più critico della giornata, con 57 °C sull’asfalto: forse è stato uno sbaglio. Dobbiamo lavorare su alcuni dettagli per migliorare il comportamento della moto con il caldo, perché la M1 scivola tanto dietro. Anche in frenata dobbiamo essere più efficaci: il nuovo cambio ci dà una mano, ma c’è anche qualche problema da risolvere». Dani Pedrosa: «Dopo che nei giorni precedenti ci 56 eravamo concentrati solo sulla ciclistica, oggi abbiamo lavorato esclusivamente sulla parte elettronica, senza però riuscire a fare un’ultima uscita con tutto il meglio trovato. Abbiamo fatto uno sviluppo importante e, in definitiva, un bel passo in avanti, migliorando anche l’entrata in curva». Cal Crutchlow: «Ho dovuto interrompere la simulazione per un problema ai freni, lo stesso capitato a Marquez il primo giorno (confermato dai tecnici Brembo: in alcune staccate si allungava la corsa della leva, NDA): peccato, perché mi sentivo bene sulla moto e stavo realizzando buoni tempi. Fatico ancora un po’ in entrata di curva, ma, complessivamente, siamo migliorati. E nel “time attack” avrei potuto essere più veloci se non avessi fatto un paio di errori di guida». Aleix Espargaro: «Sono molto soddisfatto dei progressi fatti durante il test: ieri soffrivamo molto per il caldo, oggi, in condizioni estreme, abbiamo trovato più grip e un complesso soddisfacente. Stiamo crescendo». 57 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP DAVIDE BRIVIO, SUZUKI “PRIMO OBIETTIVO: LA DUCATI” di Giovanni Zamagni | Il team manager della Suzuki giudica positivamente i test di Sepang: «Abbiamo raggiunto l’affidabilità e ci siamo avvicinati ai migliori». Per quanto riguarda la potenza «ci stiamo lavorando, ma ci vuole tempo» I Il giudizio è pressoché unanime: la Suzuki sta facendo meglio delle aspettative, soprattutto considerando quanto era successo a Valencia, quando la GSX-RR andava piano e si rompeva a ripetizione. Tre mesi dopo, la Suzuki è una MotoGP più che dignitosa, già superiore alle Open e non esageratamente lontana dalle Factory. Ecco cosa ne pensa Davide Brivio, team manager e artefice del ritorno della Casa giapponese. «Il bilancio è positivo. Nei sei giorni di test a Sepang abbiamo potuto verificare l’affidabilità, che sembra raggiunta o, quanto meno, sotto un normale controllo: può sempre succedere qualcosa, ma non c’è un reale problema come c’era prima. Era il nostro obiettivo primario durante l’inverno: ci dà sollievo averlo raggiunto. Questo ci ha permesso di iniziare a lavorare un po’ di più: i piloti hanno potuto girare molto e a ogni uscita impariamo qualcosa, 58 miglioriamo alcuni punti deboli. Per esempio, nell’ultimo giorno, con Espargaro abbiamo fatto un bel passo in avanti in situazione di caldo torrido, che ci aveva un po’ messo in difficoltà in precedenza. Per quanto riguarda Vinales sta imparando la MotoGP, le linee, sta capendo come funziona la gomma morbida. Siamo contenti perché abbiamo progredito costantemente in termini cronometrici, avvicinandoci sempre di più ai migliori, soprattutto in quello che chiamiamo il passo gara». Dove posizioni la Suzuki sulla distanza? «Difficile dire un numero. In MotoGP ci sono quattro piloti forti (Marquez, Rossi, Lorenzo e Pedrosa, rispettando la classifica 2014, NDA), che stanno per essere insidiati dai due “ducatisti” (Dovizioso e Iannone, NDA): noi dobbiamo cercare di avvicinarci alla Ducati il primo possibile». Il vostro obiettivo, quindi, è la Ducati? «Il primo passo da fare sarebbe quello di avvicinarci a loro. Poi, se loro saranno già molto vicini a Honda e Yamaha, allora l’obiettivo sarà quello di avvicinarsi a tutti quanti… Diciamo che ragionevolmente, se ci vogliamo dare un primo traguardo, dovrebbe essere prendere la Ducati». Da qui al Qatar cosa succederà? «In termini di sviluppo tecnico non molto, se non altri tre giorni di test. Stiamo lavorando un po’ sull’elettronica: speriamo di avere qualcosa di migliorativo prima della gara, mentre per quanto riguarda il motore non ci sarà nulla di particolare. Essendoci concentrati molto sull’affidabilità, abbiamo lavorato poco sulla prestazione, cosa che abbiamo iniziato a fare ma ci vorrà un po’ di tempo per vedere i primi risultati». 59 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP DALL’IGNA, DUCATI “CONFERMATE L’80% DELLE PREVISIONI” di Giovanni Zamagni | Il direttore generale di Ducati Corse fa il punto della situazione dopo il debutto della GP15. «Inevitabilmente 500 km non bastano per trovare la messa a punto ideale, ma sono fiducioso» Gli avversari dicono che va forte e Valentino Rossi tuona: «Hanno troppi vantaggi regolamentari» L’ L’euforia del primo giorno si è trasformata in “semplice” soddisfazione: stiamo comunque parlando di un risultato ampiamente favorevole. Ovviamente non mancano i punti negativi: quello più importante è che la GP15 si muove più del dovuto in frenata e questo ha penalizzato soprattutto Andrea Dovizioso, mentre Andrea Iannone si è trovato più a suo agio. Gli aspetti positivi sono comunque maggiori: «la moto adesso finalmente torna (gira, NDA)» per dirla con le parole di Dovizioso, «E’ molto maneggevole» per dirla con Iannone, «il potenziale è sicuramente superiore a quello della GP14» per dirla con gli uomini di Borgo Panigale. Valentino Rossi, che ha avuto modo di fare qualche giro dietro alla GP15, dice che la moto è già competitiva, tanto 60 da criticare i vantaggi regolamentari a favore della Ducati. Il cronometro conferma che l’inizio è stato certamente promettente, con un passo gara interessante (anche se non eccezionale), come conferma la mezza simulazione dell’ultimo giorno di Iannone: 2’00”384, 2’00”599, 2’02”442 (in questo giro Andrea ha trovato un pilota che lo ha rallentato), 2’01”024, 2’00”881, 2’01”678, 2’02”290, 2’01”924, 2’01”501, 2’01”899, 2’01”506, 2’01”717. Cosa ne pensa l’ingegnere Gigi Dall’Igna? Ecco la sua analisi. «Abbiamo raggiunto l’obiettivo di una messa a punto della GP15 già a livello della GP14.3? Diciamo così e così. Sicuramente abbiamo trovato un buon set up con Iannone, mentre con Dovizioso dobbiamo lavorare di più per risolvere i problemi in frenata. In sintesi posso dire di essere contento, ma non totalmente contento». I piloti dicono che adesso la Ducati finalmente gira: cosa ha determinato questo cambiamento? la distribuzione dei pesi, il telaio, il motore? «Impossibile indicare un solo aspetto che ha portato la moto a girare. Con la GP15 siamo partiti utilizzando lo stesso bilanciamento della 14.3, ma abbiamo finito in modo differente». E’ andato tutto secondo le aspettative? «Abbiamo riscontrato piccoli problemi che non ci aspettavamo ma è normale che ciò avvenga: la moto è completamente nuova e differente, non puoi prevedere tutto. Diciamo però che i commenti dei piloti 61 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito hanno confermato l’80% delle nostre previsioni, mentre il 20% è ancora tutto da capire e scoprire. Dobbiamo ancora trovare la migliore configurazione della GP15». Lunedì, dopo il primo giorno di test, avevi detto che sarebbero stati i piloti a decidere se correre in Qatar con la 14.3 o con la 15. Adesso puoi dire con certezza quale moto useranno? «Non spetta a me questa decisione: come ho detto – e come ho sempre fatto – saranno loro a scegliere la soluzione tecnica 62 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica che ritengono migliore. Un test per decidere è troppo poco, dobbiamo fare più chilometri. Per il momento siamo contenti, ma in Qatar dovremo fare altre prove comparative tra la 14.3 e la 15, poi prenderemo una decisione». Quali sono gli aspetti positivi e negativi della GP15? «La GP15 è sicuramente migliorata nelle chicane, in maneggevolezza, nella velocità in curva, ma non siamo a posto nella parte finale delle frenata. In staccata abbiamo peggiorato rispetto alla 14.3: credo che con il setting si possa fare un passo in avanti importante, anche se non posso avere la certezza assoluta. Con Iannone abbiamo trovato una base abbastanza soddisfacente: Andrea ha fatto un buon tempo ed è stato costante. Dovizioso, invece, fa della frenata il suo punto forte: peggiorare questo aspetto può essere un problema, dobbiamo riuscire a ridargli fiducia sull’anteriore». Ritieni che debbano essere fatte modifiche importanti, tipo costruire qualcosa di nuovo? MotoGP «No, direi di no: la moto è molto giovane, in 500 chilometri non puoi trovare la messa a punto ideale. Come sempre, è tutto un compromesso: se guadagni qualcosa da una parte la perdi dall’altra, ma sono fiducioso che troveremo anche per Dovizioso un compromesso migliore in frenata». Con che stato d’animo torni a casa? «Sereno, perché abbiamo raccolto dati interessanti, tutti da confermare a casa con le simulazioni. Adesso si inizia un lavoro che porterà ad altri risultati». 63 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP CECCHINELLO “BENE CRUTCHLOW, MILLER PROGETTO A LUNGO TERMINE” di Giovanni Zamagni | Il proprietario del team LCR fa il bilancio dopo sei giorni di test a Sepang. “Cal molto aggressivo in frenata, Jack deve cambiare stile di guida. Il podio? Bisogna essere bravi ad approfittare delle situazioni favorevoli” I Il primo test era stato piuttosto deludente, con Cal Crutchlow decisamente staccato e Jack Miller inevitabilmente nelle retrovie; a fine febbraio Lucio Cecchinello ha visto una buona crescita dei suoi piloti, con Crutchlow molto più vicino ai primi e Miller in crescita, nonostante le ovvie difficoltà di adattamento alla categoria e a una moto ancora tutta da sviluppare, in particolare nella parte elettronica. Lucio, qual è il bilancio dopo sei giorni di test a Sepang? «Positivo, soprattutto per quanto riguarda Cal Crutchlow: siamo nella posizione nella quale dovevamo essere (Cal ha chiuso il secondo test al terzo 64 posto a 0”543 da Marquez, NDA). Ma, ovviamente, non possiamo esaltarci più di tanto, bisogna continuare a lavorare perché sono tutti lì». E per quanto riguarda Miller? «Con Jack sappiamo che stiamo affrontando un progetto molto particolare: guardando il lato positivo, si può dire che Miller è già veloce come Laverty e quasi come Hayden (ha finito a 0”7 dall’iridato 2006, NDA). Va detto che, secondo la mia valutazione, la RCV con le valvole pneumatiche e l’elettronica Magneti Marelli non è ancora al 100% del suo potenziale. Guardando i dati della telemetria, si vede che Jack ha dei punti di forza molto importanti, come la frenata. Inoltre, nei tratti veloci è già in linea con i migliori: questo ci fa ben sperare. C’è molto da lavorare con lui sullo stile di guida, perché è ancora troppo vicino a quello della Moto3: si muove poco in sella, piega molto, sta tanto sull’angolo della gomma». Rispetto ai primi test, Crutchlow ha fatto un bel salto in avanti sia sul singolo giro sia sul passo: a che cosa è dovuto questo miglioramento? «Cal non è un pilota che si allena con la moto durante l’inverno: dopo Valencia non era più salito in sella. Quando è arrivato a Sepang1 ci aveva subito avvertito di non guardare 65 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito troppo i tempi che avrebbe fatto, perché se la sarebbe presa con calma, anche per evitare di farsi male al primo test come gli era già successo in passato. Ci aveva assicurato che sarebbe stato pronto per il Qatar e nel secondo test i miglioramenti sono stati evidenti. Poi, sicuramente, c’è stato anche un passo in avanti da parte nostra: Cal aveva iniziato i precedenti test con tutti i dati di Stefan Bradl e abbiamo dovuto trovare la “sua” strada. Crutchlow, per esempio, richiede tarature delle sospensioni più dure, anche perché è 66 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP più pesante. Ma non solo: Cal “morde” tanto il freno, è molto violento in staccata, scompone più di altri la moto. Dobbiamo migliorare questo aspetto, ma rispetto ai primi test abbiamo già fatto un passo in avanti». Il podio è un sogno realizzabile? «Realisticamente credo che il podio sarà occupato dai “fantastici 4” (Marquez, Rossi, Lorenzo e Pedrosa, NDA). Ci sono sempre, però, dei GP dove può capitare qualcosa: lì bisogna essere bravi a dare la zampata». 67 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito MICHELIN UN TEST DAVVERO NECESSARIO? di Giovanni Zamagni | Quattro gomme anteriori e tre posteriori a disposizione dei piloti ufficiali, che hanno girato con tempi in linea con quelli ottenuti con le Bridgestone. Ovviamente non sono mancati i problemi e le cadute: e se si fossero fatti male? P remessa doverosa e personale, per giustificare il titolo: pur capendo le esigenze di Michelin in termini di sviluppo, la collocazione di questi test è da considerarsi perlomeno discutibile. Per almeno due motivi: primo, ancora non è iniziato il campionato 2015, e coinvolgere i piloti in un lavoro in ottica 2016 è quantomeno prematuro, quando ci sono i collaudatori che dovrebbero fare quel lavoro; secondo, il tempo sul giro non ha nessuna importanza - e quindi non si 68 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica capisce perché rischiare le ossa dei piloti in questo momento - se non, ovviamente, per la Michelin, che deve capire se si sta lavorando nella giusta direzione. Da un punto di vista giornalistico inoltre il cronometro, in questo caso, non ha nessun valore perché sono troppe le variabili da tenere in considerazione: che gomma è stata usata per fare il tempo? Morbida, dura, da qualifica, o da cosa? Che cosa viene chiesto ai piloti: di provare la durata, la prestazione, dare giudizi sulla mescola, sulla carcassa e cosa ancora? Insomma, impossibile fare valutazioni realistiche. Cronometro manuale alla mano – il cronometraggio ufficiale è stato “bandito” da Bridgestone, tanto timorosa da aver portato via ai team anche le gomme da trasporto – quello che è emerso dalla giornata di test a Sepang con i piloti ufficiali è che i tempi con le Michelin sono in linea con quelli fatti con le Bridgestone nei tre giorni precedenti. Ufficiosamente si parla di un 2’00”1 per Dovizioso, 2’00”5 per Marquez e 2’00”8 per Rossi. Sotto l’aspetto della prestazione pura quindi la Casa francese pare già a essere a un buon livello, mentre più problemi – ovviamente – sembrano esserci sul feeling che trasmettono al pilota che, molto probabilmente, dovrà anche portare a cambiamenti nello stile di guida. Così oggi sono caduti – fortunatamente senza conseguenze – Jorge Lorenzo e Andrea Dovizioso alla curva 3, Aleix Espargaro e Jack Miller alla curva 5 (la stessa dove, nel precedente test, erano scivolati Randy De Puniet, Hiroshy Aoyama e Colin Edwards), come se ci fosse un problema con la tenuta dell’anteriore. MotoGP con i collaudatori, non con i piloti ufficiali, stremati dopo tre giorni di test intensi in condizioni climatiche asfissianti e probanti. D’accordo, Michelin ha bisogno di raccogliere i dati, ma i piloti hanno la necessità – verrebbe da dire l’obbligo – di arrivare alla prima gara in Qatar al meglio della condizione. Sentiamo già l’obiezione: ci si può fare male anche provando le Bridgestone. Ma un conto è cadere mentre si sta cercando la migliore messa a punto per la stagione in corso, un altro è farsi male per portare avanti lo sviluppo per il costruttore di gomme. Poco opportuno, a nostro di vedere. E se si fossero fatti male? I piloti avevano da provare quattro gomme anteriori e tre posteriori differenti, con le quali avrebbero dovuto fare almeno sei giri per ciascuna configurazione. Marc Marquez e Valentino Rossi sono quelli che hanno testato più a lungo: lo spagnolo ha fatto una simulazione gara sul passo del 2’01”5, l’italiano ha fatto nove giri consecutivi più o meno sugli stessi tempi. Altri non hanno girato, come Andrea Iannone per un problema tecnico alla GP15, tenuta prudentemente al box, o come Maverick Vinales, che essendo un debuttante ha ritenuto inutile il suo contributo. Altri ancora, per l’appunto Lorenzo, Dovizioso, Espargaro e Miller – hanno interrotto i test in anticipo per una caduta. E se si fossero fatti male a un mese dall’inizio del campionato? E se la GP15, unico esemplare al momento esistente, si fosse completamente distrutta? Ecco, secondo me questo test “non s’era da fare”, doveva essere fatto nuovamente 69 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Superbike JONATHAN REA “CON LA KAWASAKI POSSO VINCERE IL MONDIALE” di Carlo Baldi | “Se avessi voluto andare in MotoGP per parcheggiare il mio motorhome accanto a quello di Valentino avrei potuto farlo, ma io voglio vincere e allora meglio restare in SBK con la Kawasaki. In passato sono stato vicino alla Ducati” C he potesse diventare uno dei protagonisti del mondiale Superbike lo si era capito subito, sin dal suo debutto (avvenuto nel 2008 sulla pista di Portimao) quando concluse gara uno al quarto posto. Jonathan Rea lo avevo soprannominato “l’impaziente inglese” perché non si sapeva accontentare e correva spesso oltre i limiti della propria moto, senza mai risparmiarsi. Proveniva dal BSB, negli anni in cui il campionato Inglese non era ancora l’attuale cimitero degli elefanti, ma sfornava talenti del calibro di Crutchlow, Sykes, Camier e Haslam. La Honda lo aveva mandato a farsi le ossa in Supersport e nonostante non conoscesse le piste ed i pochi cavalli delle 600 non gli consentissero di mettere in mostra tutte le sue capacità, Johnny concluse il campionato al secondo posto alle spalle di Pitt. L’anno dopo ha debuttato sulla CBR 1000 vincendo la sua prima gara al Nurburgring. E’ restato con il team Ten Kate Honda per ben sette anni, tanto che mi sembra ancora strano vederlo ora vestito di nero e verde. Come era prevedibile non ci ha messo molto a prendere le misure alla Ninja e dopo il primo round di Phillip Island comanda il mondiale assieme al connazionale Haslam. 70 Parlaci della tua nuova moto, la ZX-10R Kawasaki «Prima di entrare a far parte del Kawasaki Racing Team ritenevo che la Ninja fosse di alto livello e davvero molto competitiva. Avevo delle grandi aspettative; ora posso dire che la situazione è esattamente quella che mi ero immaginata. E’ una moto per molti versi eccezionale, anche se ci sono ancora degli aspetti che non si addicono molto al mio stile di guida. Dopo i test invernali e le prime due gare della stagione posso comunque dire di essere molto contento. Con la Ninja è facile andare forte e soprattutto tenere un ritmo molto alto per tutta la gara». Sei stato l’unico ad andare forte con la Honda. Forse perché era una moto preparata per te, per il tuo stile di guida? « La mia Honda utilizzava un telaio standard ed il motore e l’elettronica erano stati sviluppati dalla Cosworth. Io me l’ero ritrovata così com’era ed ho dovuto lavorare molto per adattarla al mio modo di guidare, grazie anche al mio team che mi lasciava molta libertà di sistemarmi la moto come preferivo. Il mio problema con la CBR era che anche quando trovavo il miglior assetto facevo comunque fatica a tenere un ritmo alto in gara 71 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Superbike aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb e fare giri molto veloci in prova. Per andare forte dovevo rischiare ed ero spesso in crisi con il grip. Ritengo comunque che la CBR abbia un grosso potenziale, soprattutto per quanto riguarda la parte elettronica, che offre molte possibilità di messa a punto». Puoi fare un paragone tra le due moto, Honda e Kawasaki? «Forse potrei paragonarle a due bellissimi diamanti. Uno ancora grezzo e l’altro già molto raffinato e brillante». Dopo tanti anni trascorsi con la Honda hai deciso di passare alla Kawasaki. Forse perché hai capito che la Honda non ti avrebbe portato in MotoGP? «Ho molto rispetto per la Honda. Mi hanno 72 offerto moltissime possibilità, non solo in Superbike, ma anche nella 8 ore di Suzuka ed in MotoGP. Forse il problema è che io ho un’alta considerazione di me stesso. Anche quando sono andato a correre in GP, per esempio, non mi sono preoccupato del fatto di non conoscere la moto o di dover competere con avversari molto più esperti di me. Ho cercato di andare subito forte. Sono ambizioso. Quando la Honda mi ha comunicato che per me non c’era la possibilità di una GP ufficiale avrei comunque potuto trovare una sistemazione in un team privato. Ma in MotoGP senza una moto ufficiale puoi fare al massimo da decimo a quindicesimo. Non fa per me. Io voglio vincere e se non posso avere un mezzo competitivo in GP, allora meglio restare in Superbike. Considerando che a mio parere con la Honda CBR non si può vincere il mondiale, quando sono 73 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Scarica l’APP del Magazine Superbike saranno molti quelli che potranno lottare per il titolo. Ho visto che c’è un gap importante tra i primi sei o sette piloti e gli altri. Comunque, al contrario di altri campionati dove è facile fare dei pronostici, qui in Superbike se chiedi a cinque persone il nome del possibile vincitore di una gara, probabilmente ti diranno cinque nomi diversi. Oltre ai soliti, quest’anno penso si debba tenere d’occhio anche Alex Lowes, che ha talento ed un anno di esperienza in più». Dopo le gare in Australia a che punto è il tuo affiatamento con la Ninja? «Devo ancora imparare molto per sfruttare tutto il potenziale di questa moto. Le gare di Phillip Island sono sempre particolari, vista anche la conformazione del tracciato. La cosa positiva è che riesco ad adattarla sempre più al mio stile di guida. Quando cambiamo qualcosa la moto migliora e questo significa che siamo sulla strada giusta per essere sempre più competitivi». stato contattato dalla Kawasaki mi sono detto subito disponibile ed abbiamo fatto in fretta a trovare un accordo. Credo nel loro programma e nel loro team e basta vedere quanti progressi hanno compiuto in questi anni, per capire che, sia la squadra che la moto, sono vincenti e quindi adatte alle mie ambizioni. Se avessi voluto andare in MotoGP per parcheggiare il mio motorhome accanto a quello di Valentino avrei potuto farlo. Se avessi voluto una sistemazione comoda sarei rimasto con la Honda. Ma io voglio vincere e penso di poterlo fare con la Kawasaki». Avevi avuto dei contatti anche con altri team ed altre case. «Si, al termine di ogni stagione qualcuno si faceva avanti. Sono stato molto vicino alla Ducati, ma 74 è stato l’anno nel quale sulla Panigale hanno poi corso Checa e Badovini e l’impegno della casa di Borgo Panigale in Superbike non era ancora ben definito. Allora ho preferito restare con la Honda e non lo rimpiango di certo. Ero e sono molto legato al team Ten Kate, che svolge un grandissimo lavoro nonostante non sia tecnicamente supportato dalla casa madre. Con loro ho trascorso anni molto belli, e considerando il materiale che avevamo a disposizione penso di aver fatto un buon lavoro». Dopo aver corso le prime due gare cosa pensi del campionato 2015? «Sarà come sempre molto difficile. Le nuove regole hanno fatto si che in ogni gara ci siano molti piloti in grado di vincere. Penso però che non 75 SPECIALE MOTOCROSS GRAN PREMIO DEL QATAR 76 77 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica SORPRESA NAGL IN QATAR di Massimo Zanzani | Il tedesco regala alla Husqvarna una inaspettata vittoria davanti a Desalle e Paulin; 4° Cairoli e solo 7° Villopoto. Herlings mattatore MX2, Fontanesi 3ª nella WMX S i dice che tra i due litiganti il terzo gode, e nel caso dell’apertura iridata della MXGP il proverbio calza a pennello. Dopo mesi di discussioni da bar e scommesse che hanno avuto protagonisti Ryan Villopoto e Antonio Cairoli, alla fine il Gran Premio del Qatar ha registrato la sorprendente vittoria del Max Nagl sornione quanto si vuole ma 78 sempre vispo a tirare fuori i denti quando le condizioni (fisiche) glielo permettono. Addirittura il neo acquisto Husqvarna si è aggiudicato l’attesissimo debutto stagionale rimanendo al comando di tutti i 36 giri disputati nelle due manche, sfruttando alla meraviglia le condizioni del percorso che per il vero non lasciavano tanto spazio ai sorpassi. Fatto sta che il fantino teutonico ha Scarica l’APP del Magazine sottolineato la sua abilità alla partenza e la sua determinazione nel voler far vedere che vuol avere anche lui uno spazio tra i papabili al trono iridato. In entrambe le frazioni Nagl ha preceduto Clement Desalle, che si è detto contento di avere aperto la stagione sul podio come era nei suoi obbiettivi e soddisfatto di aver prevalso con dei bei sorpassi nella prima manche su Cairoli e nella successiva su Gautier Paulin. Il francese si è assicurato il terzo posto assoluto davanti a Cairoli sofferente sia a causa di problemi di stomaco che per una botta presa ad un ginocchio; così in apertura dopo essere stato scavalcato dall’ufficiale Suzuki si è accontentato del terzo posto, mentre in quella di chiusura si è mantenuto quarto per tutta la gara. Quinta piazza per la prima guida Yamaha Jeremy Van Horebeek che ha preceduto il compagno di squadra Romain Febvre Motocross e Ryan Villopoto. Lo statunitense ha pagato pesantemente lo scotto del noviziato, proprio su di una pista che gli calzava a pennello visto la forte personalità del design in stile supercross. Il problema principale è stata l’adattamento alla sua Kawasaki ufficiale, che non è apparsa affatto settata nel modo corretto a causa di un mono troppo lascivo che faceva restare la moto eccessivamente bassa come si usa nei circuiti del National americano. Nella prima manche dopo lo spunto iniziale una volta sceso il cancello la sua KX si è anche spenta, costringendolo ad una rimonta dalle ultime posizioni. Nella seconda è partito meglio, ma dopo essere rimasto settimo sino a metà gara è stato scavalcato da Febvre che non è stato poi capace di superare. «E’ stata una giornata di m… - ha commentato Villopoto - che mi è servita per prendere le misure con 79 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb tutto, ad iniziare dalla moto. Ogni volta che scendevo in pista mi sentivo meglio e ho migliorato la moto, ma non è bastato per raggiungere il mio obbiettivo. Comunque la stagione è lunga e comunque un po’ di punti di ho presi». Il secondo miglior piazzamento azzurro è stato quello di Davide Guarneri, 12°, mentre David Philippaerts si è visto compromettere la giornata dalla rottura dei raggi della ruota posteriore che lo ha costretto alla via dei box nella seconda manche dopo il promettente decimo posto in quella iniziale; fuori dalla zona punti Alex Lupino, il cui recente incidente alla spalla e il ritardo nella preparazione fisica non gli ha permesso di correre con la forma necessaria. Nella MX2 finale emozionante per la vittoria di Jeffrey Herlings, che ha dato un colpo 80 di spugna a quello che ha considerato come il periodo più brutto della sua vita dovuto alla frattura alla gamba che lo ha tenuto lontano dalla moto per parecchi mesi con due insperate vittorie di manche. Affermazioni che hanno lo hanno tirato su moralmente, e che gli hanno fatto ritrovare lo spirito di combattente e la sua stoffa di campione. Dietro a lui sono finiti il belga neo acquisto Yamaha Julien Lieber, Dylan Ferrandis e Tim Gajser; solo 9° il campione in carica Jordi Tixier e 14° Ivo Monticelli. La classe femminile è andata alla francese Livia Lancelot, che in entrambe le manche ha preceduto la campionessa in carica Kiara Fontanesi non particolarmente amante del circuito di Losail. 81 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine «Che dire? E’ l’avvio di campionato che tutti sognano – è davvero incredibile aver cominciato la stagione così» ha commentato Nagl. «Sono davvero felice; tutti nel team hanno lavorato duramente per ottenere questo risultato. Certo, bisogna tenere a mente che si tratta solo del primo Gran Premio e che abbiamo ancora tante gare davanti a noi, ma è la partenza migliore che potessimo aspettarci». «Ho fatto due gare perfette ma non è stato facile» ha proseguito il tedesco nell’analisi della sua gara. «La pista era davvero rovinata, soprattutto nella seconda manche, Motocross condizioni in cui bisogna restare sempre perfettamente concentrati, altrimenti è facile commettere un errore. Verso la fine della seconda manche ho iniziato a preoccuparmi perché la pista stava iniziando ad essere un vero disastro, ma avevamo trovato un assetto eccellente, cosa che mi ha aiutato tantissimo. Due vittorie sono una partenza grandiosa per me e per il team. Ora continueremo a lavorare, ed inizieremo subito la preparazione per il GP della prossima settimana». MAX NAGL “UN AVVIO DI CAMPIONATO DA SOGNO” Il tedesco, autore di una spettacolare doppietta, riporta Husqvarna alla vittoria all’esordion nella gara del rientro. La sua analisi della gara F ra i due litiganti il terzo gode. Tutti presi dal duello fra Cairoli e Villopoto, forse nessuno si aspettava di dover assistere ad un dominio tanto netto da parte di Max Nagl, autore di uno storico risultato sulla Husqvarna FC 450. Storico perché, pur con le ben note parentele con KTM, si tratta comunque di una vittoria all’esordio per la rientrante Husqvarna; storico però anche perché come già 82 detto, nel contesto di una grande attesa per la sfida del secolo, siamo stati presi alla sprovvista dalla grande prestazione del tedesco. In entrambe le manche Nagl si è esibito in un Holeshot che gli ha consentito di prendere vantaggio fin dal primo giro ed andare a vincere indisturbato. Una doppietta che costituisce uno storico ritorno per Husqvarna ed un grandissimo risultato per Nagl, che archivia la prima prova a punteggio pieno. 83 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine fare meglio, invece ho fatto peggio. In partenza mi sono toccato con Desalle, dopo il primo giro ero quinto e ho cercato di attaccare Strijbos per il quarto posto, passandolo. Sono riuscito ad avvicinarmi un po’ a Desalle cercando di trovare un posto per poterlo passare, ma è stato veramente difficile a causa della pista che era diventata pericolosa, piena di scalini e la polvere in certi punti rendeva poco visibile la traiettoria. Ho fatto qualche errore, rischiando anche di cadere qualche volta, alla fine ho cercato di portare a casa più punti possibili e guardare avanti per la prossima gara». Motocross La scelta del 350 ti ha convinto? «Sono contento, la moto è migliorata molto rispetto all’anno scorso e la mia velocità è stata buona, anche nella seconda manche come tempi sul giro ci siamo. Non bisogna mai sbagliare la partenza perchè è un punto cruciale quest’anno». Il ginocchio? «Al ginocchio ho preso una piccola storta, ma penso nulla di grave. Ora c’è una settimana di riposo e quindi saremo pronti per la prossima gara». TONY CAIROLI “TROPPI ERRORI E HO RISCHIATO DI CADERE” di Massimo Zanzani | Un Cairoli sofferente, in Qatar, sia a causa di problemi di stomaco che per una botta presa ad un ginocchio U na gara, quella del Qatar, non semplice per Tony Cairoli che in entrambe le manche è stato preceduto da Clement Desalle. Il francese si è assicurato il terzo posto assoluto davanti a Cairoli sofferente sia a causa di problemi di stomaco che per una botta presa ad un ginocchio; così in apertura dopo essere stato scavalcato dall’ufficiale Suzuki si è accontentato del terzo posto, mentre in quella di chiusura si è mantenuto quarto per tutta la gara. «Ciao a tutti, siamo qui in 84 Qatar per la prima gara dell’anno. Sono state delle manche dure, ogni anno all’inizio della stagione è sempre difficile e tutti sono super carichi. Sabato ho fatto una buona qualifica e mi sono trovato bene con la pista. Il terreno si è molto seccato e ho fatto qualche errore nella prima manche, cercando di restare davanti sin dall’inizio. Mi sono accontentato del terzo posto, alla fine un buon piazzamento su questo tipo di tracciato, nonostante la febbre e un po’ di influenza intestinale. Nella seconda manche pensavo di 85 GP DEL QATAR, LE FOTO PIÙ SPETTACOLARI Primo appuntamento e il Mondiale Motocross è già spettacolo. Ecco gli scatti più belli del GP del Qatar di M. Zanzani 86 87 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 88 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross 89 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Motocross Media 90 91 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 92 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross 93 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine io come pilota e in generale noi come squadra, stiamo andando molto bene. Stasera avevo solo cercato di tenere il passo di Reed, ma Chad ha commesso un errore ed eccomi qui. La stagione è ancora molto lunga, cercheremo solo di restare concentrati». In classifica generale ora Dungey ha preso il largo, con trenta punti di vantaggio su Canard che ha sopravanzato Roczen. L’alfiere KTM, con un primo ed un secondo posto nelle due prove di Atlanta, si aggiudica anche il trofeo Duel in the Dome, riservato al miglior pilota nelle due prove dello stato della Georgia. Roczen, terzo, paga ormai 43 punti di svantaggio sul leader. La 250 ha visto l’holeshot di Musquin, capace di imporre un Supercross ritmo micidiale fin da subito prendendo le distanze dagli inseguitori – Savatgy e Decotis – che lo ha insidiato per poche curve prima che il pilota della KTM riuscisse a prendere il largo. Il gruppo dei fuggitivi è stato rapidamente ripreso da Martin, vincitore nella prima prova di Atlanta, che ha rimediato ad una partenza non eccezionale con una rimonta chirurgica che lo ha portato in seconda posizione. Dietro di lui Bogle, Savatgy, Decotis e Davalos dopo che Tonus, a lungo in terza posizione, è stato passato con poca grazia da Savatgy. Musquin allunga quindi in classifica generale della 250SX Costa est, con sette punti di vantaggio su Martin e dieci su Bogle. Guarda le classifiche AMA SUPERCROSS ROUND 9, ATLANTA-II Dungey allunga in campionato, Roczen sprofonda. Musquin alla riscossa nella 250 Costa Est S cattati subito fortissimo, Chad Reed (vincitore qui la settimana scorsa, ed in caccia del trofeo “Duel in the Dome”) e Weston Peick hanno dato vita ad un bel duello durato solo due giri: a metà della seconda tornata infatti l’australiano ha commesso un colossale errore al tornantino, finendo impigliato nelle balle di paglia e perdendo un sacco di tempo. Peick si è goduto per poco il primato, perché Dungey lo ha scavalcato poco tempo dopo, seguito da Tomac e Canard che hanno dato vita ad un entusiasmante lotta durata diverse tornate. Nel frattempo, nelle retrovie, 94 un errore di Anderson ha rallentato (ulteriormente) un Roczen il cui passaggio alla Suzuki sembra ormai aver rappresentato il peggior errore della carriera. Dungey si è trovato quindi la strada spianata per la diciassettesima affermazione in carriera – la terza della stagione – confermandosi sempre più il principale pretendente al trono lasciato vacante da Villopoto. «Ho cercato di restare concentrato, continuare a spingere e mantenere un ritmo regolare con tempi sul giro bassi» ha spiegato l’alfiere KTM. «La pista era molto difficile – stretta e tecnica, ed era difficile interpretarla al meglio. Abbiamo fatto un ottimo lavoro, 95 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine EDITORE: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. 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