novembre NOVEMBRE 2014 1 Sabato 2 Domenica 3 Lunedì 4 Martedì 5 Mercoledì 6 Giovedì 7 Venerdì 8 Sabato 9 Domenica 10 Lunedì 11 Martedì 12 Mercoledì 13 Giovedì 14 Venerdì 15 Sabato 앪 첑 16 Domenica 17 Lunedì 18 Martedì 19 Mercoledì 20 Giovedì 21 Venerdì 22 Sabato 앬 23 Domenica 24 Lunedì 25 Martedì 26 Mercoledì 27 Giovedì 28 Venerdì 29 Sabato 30 Domenica 첒 novembre SOFFIO AL CRATERE DI SUD-EST DEL MONTE ETNA (PH GABRIELE AUGELLO www.clickalps.com) MONTAGNE DELLA SICILIA PANORAMICA LAGO GURRIDA “CT” (PH GABRIELE AUGELLO - WWW.CLICKALPS.COM) GENERALITÀ L a Sicilia è emersa lentamente dal Mediterraneo dieci milioni di anni fa (Miocene). A quel tempo, infatti, risalgono i preludi del sollevamento della Catena Montuosa Settentrionale che oggi caratterizzano l’isola (costituita dai Peloritani, dai Nebrodi, dalle Madonie, dai Sicani e dai cosiddetti rilievi occidentali dell’IsolaRocca Busambra, Kumeta, La Pizzuta, Inici, Cofano, eccetera). Man mano che la Catena Settentrionale Siciliana emergeva dalle acque, gli agenti meteorici la erodessero e i detriti originati si accumulavano sul bordo settentrionale (avampaese), della Placca Africana, che si stava insinuando sotto quell’Europea. La parte mediana di quest’avampaese era costituta da materiale piuttosto flessibile: infatti, mentre da una parte si accumulavano i detriti, dall’altra essa si infossava e creava una zona depressa, formando così tutta l’area centrale della Sicilia, denominata Bacino di Caltanissetta. Il restante avampaese della Placca Africana, essendo formato da rocce rigide (calcari organogeni), ha costituito una piattaforma che è venuta a scontrarsi con la parte meridionale della Placca Eurasiatica. Da tale scontro (circa cinque milioni di anni fa -Pliocene inferiore) si è originato il blocco di terre emerse, l’Altopiano Ibleo. Il margine lungo il quale la Placca Africana s’insinua sotto la Placca Eurasiatica è costituito da un lungo solco, detto avanfossa, che, nel caso dell’avanfossa Catania-Gela, si sviluppa quasi parallelamente alla strada omonima di scorrimento veloce: sic- VEGETAZIONE DEL RILIEVO INSULARE Vegetazione rupestre Vegetazione dei detriti di falda e pascolo arido Lecceta Pascolo e sugherete Formazioni arbustive a ginepri e macchia mediterranea DISEGNO DI MICHELE ZANETTI 293 MONTAGNE DELLA SICILIA Fig. 5 - Distribuzione delle fasce di vegetazione in Italia secondo Pignatti. ché i territori che stanno a nord di essa appartengono alla Placca Europea, mentre quelli che stanno a sud fanno parte di quell’Africana. La parte nord-occidentale del Catanese è una propaggine dei Nebrodi, perciò una parte della Catena Settentrionale. Circa tre milioni di anni (Pliocene superiore e Quaternario) si sollevarono dal fondo marino i sedimenti. Infine, risale a meno di un milione di anni fa, la Piana di Catania (Quaternario), di fronte agli Erei, composta di alluvioni depositate dal Simeto e dai suoi affluenti tutto il resto dell’Isola. Oggi la Sicilia è caratterizzata da un territorio prevalentemente collinare (per il 61,4%), la parte montuosa è solo il 24,5% e il restante 14,1% è pianeggiante: la piana di Catania costituisce la pianura più estesa dell’isola. In Sicilia si riconoscono quattro regioni orografiche. La prima, l’Appennino Siculo, è, la continuità dell’Appennino Calabro con la costituzione cristallina (gneiss, scisti vari): sono i M. Peloritani, che s’innalzano a più di 1100-1300 m. Separati dalla faglia definita Linea di Taormina, seguono i M. Nebrodi più elevati, con diverse cime superiori ai 1500 m (M. Soro 1847 m), con una morfologia più morbida dovuta alla composizione litologica composta prevalentemente da rocce sedimentarie come le arenarie, argille scagliose, calcari mesozoici. il Gruppo delle Madonie rappresenta le montagne più alte della Sicilia escluso l’Etna: sono fondamentalmente calcaree (trias e giura) con cime che sfiorano i 2000 m (Pizzo Carbonara 1979 m). La seconda regione orografica abbraccia la Sicilia occidentale: ricordiamo alcune cime come il M. Cammarata (1580 m) e la Rocca Busamba (1613 m); i cosiddetti Monti di Palermo e i M. Sicani. La terza regione, nel cuore della Sicilia, chiamata altopiano solfifero, fa parte della cosiddetta formazione gessoso-solfifera del Miocene supeOMBRELLIFERE E SCROFULARIACE riore. Il limite orientale è costituito dai AI PIEDI DEL VULCANO M. Erei, dove prevalgono i terreni pliò ALTO D'EUROPA PIU cenici, d’spetto tabulare con una (PH GABRIELE AUGELLO media altimetrica sugli 800 m. L’anWWW.CLICKALPS.COM) golo sud – orientale della Sicilia ben differente nella sua morfologia è rappresentato dai M. Iblei: un vero tavolato. La quarta regione è rappresentata E t na dalla gigantesca massa dell’E (3346 m). “A Muntagna”, e così com’è viene chiamata dai siciliani, raggiunge un’altitudine superiore al limite del bosco. Dal punto di vista naturalistico si prendono in esame i due gruppi principali: l’Etna e le Madonie che si differiscono in primis per l’altitudine, ma soprattutto per la differente età di origine, alla natura geologia e agli aspetti geomorfologici. MONTAGNE DELLA SICILIA L’ETNA Con i suoi 3346 m di quota oltre a essere la montagna più alta dell’isola, è anche il vulcano attivo più alto d’Europa, e tra i più attivi al mondo. Collocato fra due fiumi, il Simeto e l’Alcantara, chi vi giunge in cima può spaziare con lo sguardo fino alle isole Eolie e alle alture del Palermitano. Il paesaggio vegetale dell’Etna è condizionato oltre che dalla sua altezza, dalla sua localizzazione geografica, dalla natura litologica ed età del substrato: infatti, accanto ad aree fertili, fittamente boscose o coperte da cespugli o da erbe, si stendono vastissime zone dove è assente ogni forma di vegetazione; e dominano le nude distese di lava fresca. È la montagna più giovane fra quelle italiane: infatti è costituito interamente da lave di età compresa fra i circa 600.000 anni e il presente. L’età stessa delle lave è sempre più recente passando dalla periferia di bassa quota fino alla vetta dove questa non supera i tre secoli di età. Il chimismo è di tipo basaltico, quindi povero in silice (basico). Anche la morfologia della montagna è legata all’attività vulcanica. Diversi sono i coni craterici, dei quali due sono i principali: il “Mongibello”, l’attuale cratere, e il “Trifoglietto”, più antico, che sprofondando ha dato origine alla Valle del Bove sul versante orientale. Nell’uso corrente i vocaboli “flora” e “vegetazione” sono sinonimi, mentre nel linguaggio scientifico, essi indicano due concetti diversi. La Flora si riferisce all’insieme delle specie di piante selvatiche che sono presenti su un territorio e consiste essenzialmente nella lista di queste piante, cui si aggiungono sovente altri dati: la forma biologica (bulbosa, arbustiva, annuale, ecc.) e l’areale (vi sono specie cosmopolite e specie che vivono solo su un determinato distretto (endemiche). La Vegetazione indica i modi con cui ciascuna specie di pianta, in un determinato territorio, si pone in relazione con 294 l’ambiente circostante, quindi non solo gli elementi fisici (acqua, suolo, temperatura, ecc.) ma anche le altre specie di piante che sono presenti nel territorio considerato. Abbiamo così la vegetazione del bosco montano, quella del bosco di pianura, della steppa, della gariga, eccetera. La vegetazione di un territorio si suddivide in due ripartizioni: zonale ed extra zonale. La prima è quella parte di vegetazione legata al clima della regione considerata (temperatura, precipitazioni, insolazione, venti, ecc.); quell’extra zonale è quella parte della vegetazione, invece, non legata al clima, ma è legata essenzialmente al substrato (solido o liquido) su cui si è insediata. La vegetazione della piana di Catania, ha una zonazione altitudinale marcatamente assimetrica per il contrasto climatico sia nel senso Est-Ovest sia NordSud e può essere ripartita nelle seguenti fasce: termo mediterranea (compresa fra il livello del mare e i 500 m di altitudine); mesomediterranea (compresa fra i 500 m e i 1000 m); supramediterranea (dai 1000 m ai 2000 m). Per quanto riguarda l’Etna, esistono altre due fasce vegetazionali: quell’oromediterranea (da 2.000 m a 2.500 m) e criomediterranea (sopra i 2.500 m). La vegetazione extra zonale comprende una vegetazione delle coste (Timpa di Acireale, scogli di Catania, Foce del Simeto); una degli ambienti umidi (salmastri come per es. la Foce del Simeto e palustri come per es. il Pantano della Gurna di Mascali e Gurrida); una dei corsi d’acqua (Alcantara, Simeto, Dittaino, Fiumefreddo). Il versante orientale è influenzato dalle correnti marine, con piovosità doppia rispetto a quello occidentale a parità di quota. Il versante settentrionale è più fresco rispetto a quello meridionale. La parte basale è veramente antropizzata e l’uomo ha lasciato evidenti tracce nel paesaggio vegetale dove troviamo intense colture agricole di vario tipo come agrumeti, vigneti,uliveti, noccioleti, pistacchieti e le colture ortive (ad esempio fragole), per terminare con i pometi e i castagneti. Sopra questa quota e negli spazi sottostanti lasciati liberi dalle colture, troviamo la vegetazione spontanea, la cui distribuzione risente particolarmente di due fattori: il suolo e il clima. Il suolo vulcanico di fresca data è inospitale per qualsiasi forma vegetale. Dopo qualche tempo sulla superficie delle lave s’insediano microrganismi (Cianobatteri) che possono fare a meno del substrato perché nitroautotrofi. Seguono alcune specie di licheni (esseri derivati dalla collaborazione fra un’alga e un fungo) che hanno la facoltà di appiccarsi alla nuda roccia; fra essi assai diffuso è lo Stereocaulo (Stereocaulon vesuvianum). Accanto ai licheni, nelle fessure dove si accumula un po’ di sabbia, attecchiscono i muschi (per es. Bryum argenteum e Politrychum piliferum). Con il trascorrere del tempo, man mano che il terriccio si raccoglie nelle fenditure della roccia, compaiono le prime erbe annuali (per es. Tuberaria guttata, Rumex bucephalophorus) e poi le graminacee pluriennali (Stipa capensis, Cymbopogon hirtus). Trascorso ancora altro tempo il suolo si arricchisce sempre più di humus e allora si costituiscono le praterie steppiche, in cui sono presenti erbe suffruticose, come i Perpetuini (Helicrysum italicum) e la Camarezza (Centranthus ruber). Quando, sotto l’azione delle stesse piante e degli agenti atmosferici, si forma un suolo maturo, attecchiscono gli arbusti, quali ad esempio la Ginestra dell’Etna (Genista aetnensis), la Ginestra odorosa (Spartium junceum) e il Cìtiso (Cytus villosus). Infine compaiono le boscaglie con gli alberi di Leccio (Quercus ilex), di Roverella (Quercus dalechampii, Quercus congesta, Quercus virgliana), di Bagolaro (Celtis australis) e di Frassino (Fraxinus ornus) quando il terreno vulcanico è maturo, esso respinge l’attecchimento di certe piante, come ad esempio le note MONTAGNE DELLA SICILIA 295 verdure selvatiche, Senape nera (Brassica nigra), Senape canuta (Hirschfeldia incana) e la Bieta spontanea (Beta vulgaris) che prosperano su terreni sedimentari circostanti. Il fattore determinante della distribuzione delle piante sulla montagna etnea è il clima, che varia con l’altitudine. Gli elementi che influenzano la presenza o meno delle varie specie, sono: la temperatura, che diminuisce con l’aumento della quota, e le precipitazioni, molto rilevanti quelle nevose, la cui coltre persiste per alcuni mesi sopra la quota 2.000 m. Avendo fissato la curva di livello a 500 metri come limite inferiore del settore ambientale etneo, vediamo come il paesaggio vegetale segue questa distribuzione vegetazionale “zonale”. La fascia vegetazionale mediterranea (chiamata mesomediterranea o dei boschi pedemontani) si sviluppa da 500 m fino a 1000 m nel versante orientale, più umido, e arriva fino a 1400 m nel versante occidentale. Alle quote più basse, nel settore meridionale, troviamo il predominio dell’Euforbia a portamento di arbusto ramificato privo di foglie (Euphorbia desidroides). In questa fascia il versante occidentale della montagna il bosco più diffuso è quello a Leccio e Maletto. Nel versante orientale, il Leccio ha uno sviluppo modesto e si associa a latifoglie più mesofile come l’Orniello e il Carpino nero. Nel settore sudoccidentale la lecceta è più frammentata, con la presenza del Bagolaro dell’Etna (Celtis aetnensis), pianta endemica, nome dialettale “minicucco”, relegato nei dintorni di Bronte, più piccolo del comune Bagolaro e i cui frutticini sono di colore bruno. Nel comune di Milo, segnaliamo l’esistenza della pianta di Leccio più grande (h 18 m e diametro 4,8 m) e più antica (circa 600 anni) di tutta l’Etna. Essa è chiamata “Ilici di Carrinu” o “Ilici di Pantanu”: il primo nome si riferisce a un antico proprietario (Carlino) e il secondo a una ormai scomparsa zona umida situata nei pressi della pianta. Nell’am- bito del bosco del Leccio, troviamo il Frassino, boscaglie di Ginestra etnea (Genista aetnensis), pianta quasi endemica, presente anche in Sardegna, sia in forma cespugliosa sia arborea. Con il nome di “Ginestra”, s’intendono almeno due piante: la Ginestra odorosa (Spartium junceum) e la Ginestra dell’Etna (Genista aetnensis). Esse si assomigliano nel portamento, ma fioriscono in tempi diversi: la prima nei mesi di maggio/giugno e la seconda nei mesi di luglio/agosto. A bassa quota prevale la Ginestra odorosa mentre la Ginestra dell’Etna è esclusiva delle quote più alte spingendosi fino al limite del bosco. In un non lontano passato la Ginestra dell’Etna è stata la pianta più usata per produrre il carbone con i caratteristici “fussuni”. Al piede di qualche pianta di Ginestra etnea non è raro vedere delle robuste formazioni erbacee, prive di clorofilla, che ricordano le mazze di tamburo: si tratta del Succhiamele maggiore (Orobanche rapum-genistae), un parassita dell’arbusto che, incapace di fotosintesi, sfrutta la pianta cui sono attaccate le sue radici austorie. Nei dintorni del rifugio di M.te Scavo, situato nella parte occidentale dell’Etna, noteremo ai bordi della carrareccia dei robusti e strani arbusti che, in estate esibiscono grandi grappoli di fiori gialli. Sono esemplari di Maggiociondolo (Laburnum alpinum), una specie estranea alla flora siciliana. Nel sottobosco incontreremo piante amanti dei terreni rocciosi: il Guado (Isatis tinctoria), pianta alimentare del bruco dell’Aurora dell’Etna (Anthocharis damone), una bellissima farfalla dalle ali gialle e rosa; i Perpetuini (Helichrysum italicum) e la Camarezza (Centranthus ruber), che sono le tra le prime piante colonizzatrici delle lave. Dove il suolo è più soffice, cresce abbondante la Costolina (Hypochoeris radicata), lo Strigolo (Silene vulgaris) e la Barbatella (Tolpis quadriaristata), che sono delle piante mangerecce. Passando nella fascia supramediterranea bassa (da 1.000 m a 1.700 m) troviamo i boschi submontani, caratterizzati da querce caducifoglie ovvero roverelle (Quercus dalechampii, Quercus congesta, Quercus virgliana), ai quali si aggiunge, nel versante orientale, un bosco abbastanza puro a Cerro, detto della Cerrita o Giarrita. Dove il substrato è roccioso o detritico, la fascia supramediterranea può ospitare boschi a Pino laricio (Pinus laricio), pianta quasi endemica, che oltre che sull’Etna, troviamo solo, in Calabria e in Corsica. Densi popolamenti di Pino laricio ACERO DI MONTE SORO NEI NEBRODI (PH R.B.S.) MONTAGNE DELLA SICILIA sono presenti nei boschi di Ragabo (Linguaglossa e Castiglione di Sicilia) e di Serra La Nave (Biancavilla). Qui le lave recenti sono piuttosto frequenti e la vegetazione pioniere attecchisce con facilità prevale il genere Rumex aetnensis e Helichrysum italicum. I blocchi lavici più grandi sono coperti da licheni (Stereocaulon vesuvianum). Ricordiamo che i licheni sono il sodalizio fra un’alga e un fungo: la prima ha la capacità di costruire la sostanza organica, il secondo fornisce la necessaria acqua e i necessari sali. In questa fascia sono presenti aree destinate a colture, come pometi (molto nota la varietà di mele dette “Puma Cola”, coltivate specialmente nella contrada di Monte Pomiciario) e castagneti. I castagneti, che sono d’impianto antropico, risultano largamente diffusi sull’Etna. Il Castagno (Castanea sativa) è stato ed è coltivato per l’estrazione del legname da opera e da combustione, mentre poco interesse suscita, da sempre, la produzione delle castagne. Alberi secolari di Castagno si trovano nel comune di Sant’Alfio. Il più noto fra questi è il castagno dei Cento Cavalli, così chiamato poiché la tradizione vuole che le sue fronde abbiano dato riparo alla Regina Giovanna d’Aragona e al suo seBETULLA ETNEA (PH A.G.) 296 guito formato da cento cavalieri. Ha un diametro di 52 m, un’altezza di 28 m la sua età è stimata a circa 4.000 anni. Segue il Castagno della Nave, posto appena più avanti sul confine con il comune di Mascali, così chiamato perché il suo tronco ricorda un veliero: si tratta di una ceppaia con tre polloni, aventi un diametro complessivo di 25 m e un’altezza di 15 m e un’età stimata dei circa 2.000 anni. La fascia supramediterranea alta si estende fra i 1.700 m e i 2.000 m di quota. Qui le coltivazioni sono del tutto assenti e troviamo i boschi montani costituiti da popolamenti di Faggio (Fagus sylvatica), di Betulla etnea (Betula aetnensis), che differisce dalle altre betulle italiane (Betula pendula e Betula pubescens) per la forma delle foglie; e di Pioppo tremulo (Populus tremula). Le faggete etnee toccano le più basse latitudini d’Europa, e sono localizzate principalmente sul versante settentrionale del vulcano, sui pendii esposti a Nord e nelle stazioni fresche (ad esempio a Monte Spagnolo e a Monte Santa Maria, nel comune di Randazzo). Il Pioppo tremulo non è comune sui versanti orientale e meridionale dell’Etna, mentre forma boschi quasi puri sul versante settentrionale, dove ci sono anche l’Acero di montagna (Acer pseudoplatanus) e l’Acero Ioppo (Acer opalus). Sovente nelle faggete è presente l’Agrifoglio (Ilex aquifolium), nella forma cespugliosa. I boschi di Betulla sono localizzati nel versante nord-orientale. La specie aetnensis è endemica ed è un relitto dell’ultima glaciazione (circa 15.000 anni fa). In questa fascia troviamo anche alcune specie arbustive, quali il Crespino (Berberis aetnensis) e il Ginepro (Juniperus hemispahaerica): queste due piante formano larghi cuscini spinosi al limite dei boschi e sovente s’impiantano sulle zone rocciose. Nelle aree più aperte si trovano pascoli secondari caratterizzati da Graminacee come la Festuca stenantha ssp. laives e Phleum hirsutum ssp. subgum. Il sottobosco è caratterizzato da Daphne laureola, Galium rodundifolium e Cephalanthera rubra. Quando il bosco si dirada nel sottobosco, prevale la Felce aquilina (Pteris aquilina), pianta le cui fronde erano un tempo utilizzate per coibentare i blocchi di neve, che venivano trasportati sui muli, e, commerciati in tutta l’Isola, e graminacee quali la Festuca ovina e Brachypodium dylvaticum. Terminata la copertura del bosco, si passa alla zona scoperta ovvero alla fascia oromediterranea o altomontana che arriva fino ai 2.500 m. Qui è il regno dello Spinosanto (Astragalus siculus): la pianta assume la forma semisferica (pulvino), efficace adattamento contro le basse temperature, contro l’eccessiva traspirazione ed anche contro l’azione meccanica ed essiccatrice del vento. All’interno dello Spinosanto trova riparo la Viola dell’Etna (Viola aetnensis), dai bellissimi fiori violetti o bianchi; la Peverina (Cerastium tomentosum) e la Violaciocca del Bonanni (Erysimum bonannianum). Da ricordare ancora, la Saponaria (Saponaria sicula), che sdraia i suoi fusti fra le sabbie vulcaniche esibendo, in estat fiori di colore rosa carico e dal calice oblungo; il Centograni etneo (Scleranthus MONTAGNE DELLA SICILIA 297 aetnensis), un’erba pluriennale che vive sulle sabbie e sulle rocce vulcaniche e i cui fiori sono piccoli e appariscenti; il Tanaceto (Tanacetum siculum), dalle piccole infiorescenze gialle, raccolte in mazzetti (corimbi), dalle cui foglie si ricava un amaro detto “Donnavita”. L’ultima fascia di vegetazione, quella criomediterranea o cacuminale, va da 2.500 m fino ai 2.900 m. Oltre tale quota non vi è più alcuna forma di vita. Qui troviamo pochissime specie molto specializzate, quasi tutte endemiche, che si presentano in ciuffi d’individui sparpagliati qua e là. Esse sono: la varietà d’alta quota (aetnensis) del Romice scudato (Rumex scutatus), la Camomilla etnea (Anthemis aetnensis), una margheritina bianca che assomiglia alla Camomilla romana (Anthemis nobilis); il Senecione glauco (Senecio aetnensis), una grossa margherita gialla; e la Costolina appenninica (Robertia taraxocoides). LE MA DONIE Il sistema montuoso delle Madonie può sostanzialmente essere distinto in tre grandi raggruppamenti principali-formati da rocce calcaree o silicee-: quello carbonatico Panormide NEBRODI, LAGO MAULAZZO (PH R.B.S.) costituito da grigio, durissimo calcare corallifero, presente nell’area centrale di Pizzo Carbonara; quello delle formazioni eminentemente carbonatiche del complesso basale che formano i rilievi occidentali culminanti nel Monte dei Cervi (1794 m); quello dei depositi silice-argillosi che interessano principalmente il versante nord-orientale. Questo sistema montuoso pur non avendo uno sviluppo altitudinale modesto nel cuore dell’isola siciliana (sotto i 2000 m – Pizzo Carbonara alto 1979 m), presenta una vegetazione alquanto complessa, superiore a quella dell’Etna. La causa è legata all’eterogeneità litologia del gruppo che ha origine sedimentaria (rocce carbonatiche compatte: calcari, calcari dolomitici e dolomie) che hanno milioni di anni. Sono presenti anche rocce più friabili e più ricche di silicati (arenarie quarzose, marne e argille): questa eterogeneità litologica implica una conseguente varietà geomorfologica e pedologica e di conseguenza diverse associazioni vegetazionali. Taluni definiscono la regione madonita un “giardino botanico” al centro del bacino del Mediterraneo o, ancora, “un crocevia fra tre continenti”: qui, infatti, nell’arco di mi- lioni di anni, una serie di felici circostanze ha favorito non solo la sopravvivenza di centinaia di specie endemiche, esclusive di queste montagne- l’Abete dei Nebrodi (Abies nebrodensis) è il caso più eclatante- ma anche la presenza di altre, giunte da decine di regioni geografiche dai climi diversi: da quello freddocontinentale –da dove proviene il Faggio, pianta dei paesi centronord europei- a quello arido e sub-tropicale. La fascia basale (compresa tra la quota del mare e i 400 m) è caratterizzata da una vegetazione xerofila e arbustiva di clima tipicamente mediterraneo-arido, ove vegetano l’Olivastro (Olea europea var. silvestris), il Carrubbo (Ceratonia siliqua), il Lentisco (Pistacia lentiscus). La fascia mediterraneo-temperata (compresa tra i 400 e i 1200-1300 m) è invece connotata dalla presenza della Quercia da sughero (Quercus suber), su rocce marnoso-arenacee, che occupa il 16,5% del manto boschivo, e dal Leccio (Quercus ilex), che s’incontra eccezionalmente anche sino a 1750 m, che domina il paesaggio vegetale soprattutto nel versante settentrionale (Collesano, Cefalù, Castelbuono) e nord-orientale MONTAGNE DELLA SICILIA (Geraci Siculo). Il Leccio copre circa il 23% dell’intera copertura forestale in associazione con il Sughero, la Roverella, l’Acero campestre (Acer campestre), il Sorbo meridionale (Sorbus graeca), l’Agrifoglio (Ilex aquifolium). Notevole la presenza di macchia foresta ad Alloro (Laurus nobilis), ove vegeta il rarissmo Ranno di Lojacono (Rhamnus lojaconoi), una specie legnosa scoperta da poco. La vegetazione arbustiva tipica di queste quote è quella della macchia mediterranea. Essa annovera moltissime specie distribuite a diverse quote e variamente associate, come il Mirto (Myrtus communis), l’Olivello spinoso (Phillyrea media), l’Eforbia arborescente (Euphorbia dendroides) e l’Euphorbia characias, il Rovo (Rubus ulmiflius), l’Erica (Erica arborea), il Corbezzolo (Arbutus unedo), Cisti bianchi e rossi (Cistus salvifolius e Cistus incanus), varie Ginestre, tra le quali Spartium junceum e Genista cupanii, quest’ultima endemismo esclusivo delle Madonie; il Pero selvatico (Pirus pyraster) e mandorlino (Pyrus amygdaliformis); l’Orniello (Fraxinus ornus), alcune rose, come la Rosa viscosa e sempervirens, l’Azeruolo (Crataegus monogyna), il Pungitopo (Ruscus aculeatus). Tra le specie erbacee ricordiamo l’Asparago (Asparagus acutifolis), la Peonia (Paeonia mascula), la Viola (Viola dehnhardtii),la Dafne (Daphne gnidium). Sia la fascia basale sia la fascia mediterraneo-temperata, hanno risentito maggiormente dell’azione dell’uomo, per cui il paesaggio vegetale naturale di questi orizzonti risulta spesso condizionato da diffuse colture agrarie, come uliveti, vigneti, castagneti, noccioleti, pascoli, frassineti che caratterizzano il versante settentrionale delle Madonie, mentre le colture cerealicole prevalentemente caratterizzano il versante meridionale. La quasi millenaria presenza di alcune varietà di Frassino da manna, pianta ormai quasi esclusiva 298 delle campagne di Pollina e Castelbuono, riveste notevole interesse non solo dal punto di vista antropologico, ma anche da quello biologico. La fascia supramediterranea, denominata anche “fascia colchica”, per la presenza del Colchide caucasico a tre foglie (Colchicum trifyllum), è confinata tra i 1200 – 1500 m, ed è fortemente condizionata dalla morfologia del territorio, dove abbiamo aree di rilievo dolce, fondovalle e i “piani” dove ristagna l’aria umida. Questa fascia è dominata principalmente da vegetazione forestale relitta caratterizzata dal bosco misto di Rovere (Quercus petraea), che annovera anche individui secolari e Agrifoglio, che forma spesso un intricato e fitto bosco. Il bosco di Rovere trova la sua massima espressione a Piano Pomieri (Petralia Sottana), ma è presente pure a Pizzo Cerro, Montaspro, Passo Canale, Piano di Farina, Stretta di Canna, Pizzo Antenna piccola (1697 m). Assieme a queste specie troviamo spesso il Cerro, con esemplari isolati, la Roverella, l’Olmo montano (Ulmus glabra), specie assai rara in Sicilia, il Sorbo torminale (Sorbus torminalis), l’Acero d’Ungheria (Acer obtusatum), il Biancospino di Sicilia (Crataegus laciniata), il Melo selvatico (Malus sylvestris) e, nelle zone più fresche, elemnti della fascia soprastante come il Faggio e l’Acero montano (Acer pseudoplatanus). Tra le specie arbustive più significative figurano il Pungitopo (Ruscus aculeatus), la Dafne (Daphne laureola), la Rosa selvatica (Rosa canina), il Ciclamino, la Peonia, la Viola. Questa fascia riveste rilevante valore geobotanico, forestale ed estetico, anche per la presenza di molte specie endemiche e di rarità. E’ il caso dell’Abete dei Nebrodi (Abies nebrodensis), un preziosissimo endemismo, che nel passato ricopriva buona parte dei monti siciliani e del quale restano (in tutto il modo) i poco più dei venti esemplari localizzati nel Vallone Madonna degli Angeli, nei pressi di Polizza Generosa; del bosco di agrifogli pluricentenari e di eccezionali dimensioni a Piano Pomo, nei pressi di Castelbuono, e a Piano Pomieri, nei pressi di Petralia Sottana, che si estende per quasi 1000 ettari. Sempre in questa fascia sono localizzati taluni ambienti umidi, quali i margi, in aree pianeggianti con substrato poco drenante, colonizzati da comunità di torbiera bassa. Qui troviamo alcune specie di Carici (Carex tumidicarpa, Carex oederi, Carex pallescens) e di Felci (Athyrium flix-foemina, Osmunda regalis). In particolare, l’elegante Felce regale, un relitto terziario, costituisce una rarità di considerevole interesse fitogeografico e ambientale. Tipiche piante di questi habitat sono pure il Lonchite minore (Blechnum spicant), il Giunco dei Nebrodi (Eleocharis nebrodensis), il Ranuncolo (Ranunculus pratensis) Dove il bosco è stato allontanato, troviamo la Genista apanii, arbusto endemico delle Madonie e dei Nebrodi; a livello erbaceo domina la Tolpis virgata.. Non trascurabili anche i rimboscamenti con specie alloctone con i cedri asiatici, eucalipti australiani, robinie americane e cipressi di varie provenienze. La fascia mediterran ea-montana, che si sviluppa dai 1500 sino ai limiti altitudinali dei rilievi montuosi presenti nell’area madonita (1979 m), è caratterizzata da faggete che hanno un maggior sviluppo sul versante settentrionale. Fitte formazioni boschive di grande valore naturalistico, biogeografico e paesaggistico si trovano a Monte San Salvatore, esteso per quasi 2000 ettari, a Monte Mùfara, Pizzo Antenna grande, Monte dei Cervi, Vallone Madonna degli Angeli ove il Faggio, scendendo sotto i 1600 m, raggiunge il più basso limite altitudinale noto per la specie. Le pendici calcareo-dolomitiche sono ricoperte da comunità secondarie come l’Astragalo dei Nebrodi (Astracantha nebrodense), un arbusto spinoso endemico delle montagne della MONTAGNE DELLA SICILIA 299 Sicilia settentrionale. Associate a quest’arbusto troviamo l’ombrellifera Cachrys ferulacea, ma anche graminacee quali Phleum ambiguum e Festuca circummediterranea che fanno assumere un aspetto simile a un pascolo arido. Nelle aree pianeggianti, su substrato marnoso-arenaceo (suoli acidi e debolmente acidificati) la faggeta è stata eliminata, lasciando il posto a pascoli secondari e pascoli pingui tra i più produttivi delle montagne siciliane. Qui stazionava e staziona il bestiame bovino. Questi pascoli pingui sono caratterizzati da Plantago cupani (sub), endemismo delle Madonie e dei gruppi montuosi vicini, soprattutto Peloritani e Nebrodi e ospitano specie foraggere di trifoglio e gaminacee quali Cynosurus cristatus e Lolium perenne. I migliori esempi di pascolo pingue a Prantago cupani li riscontriamo a Piani delle Battagliette e della Battaglia. Le acque raccolte nell’inghiottitoio formano degli ecosistemi dove ci sono tipiche vegetazioni acquatiche effimere come Ranunculus lateriflorus, Ranunculus marginatus e Myosurus minimus. In estate queste pozze sono completamente pro- ORCHIDEA (PH R.B.S.) sciugate e le piante non sono più individuabili. Ai bordi delle pozze temporanee troviamo una vegetazione palustre persistente riconoscibile anche in estate. Sono carici e giunchi come Eleocharis nebrodensis, Juncus compressus e Carex leporina. Sopra i 1600 m troviamo vegetazione rupicola come la Stellina di Gussone (Asperula gussonei), rara e bellissima per le sue fioriture rosate, che si rinviene negli habitat calcareo-dolomitici di alta quota, Helichrysum nebrodense e Draba olympicoides tutte specie endemiche di questo gruppo montuoso. Presenti anche comunità di Anthemis cupaniana e Centaurea busambarensis, entrambe endemiche, che si spingono fino alla fascia supramediterranea. Tra gli altri endemismi e rarità ricordiamo: il Lino delle fate siciliano (Stipa sicula), una singolare esclusività di Monte Quacella, caratteristica per le sue reste flessuose; l’Aubrezia siciliana (Aubrieta deltoidea), dalle piccole, infiorescenze rosa-viola, tra i più rari endemismi siculi delle Madonie; l’Ofride a mezza luna (Ophrys lunulata), delicata e poco diffusa orchidea, presente più frequentemente nei versanti settentrionali del complesso montuoso; il Trifoglio di Bivona-Bernardi (Trifolium bivonae), endemismo siculo dalla bella infiorescenza rossa; lo Spillone dei Nebrodi (Armeria nebrodensis), endemismo siculo dai fiori rosa; il Cardo niveo (Ptilostemon niveus), rarità siculo-calabra ed importante pianta pioniera, localizzata oltre i 1200 m; la Sassifraga meridionale (Saxifraga lingulata subsp. Australis), rara pianta rupestre localizzata a Monte Quacella; l’Arenaria grandiflora (Arenaria grandiflora), endemismo dell’Appennino e della Sicilia, presente soprattutto alla base di Monte Quacella; la rara Orchidea screziata siciliana (Orchis commutata); l’Astro di Sorrentino (Aster sorrentinii), pregiato esemplare di Composita, solo recentemente scoperto tra Polizzi Generosa e Castellana Sicula e nelle Petralie; l’Aglio dei Nebrodi (Allium nebrodense), endemismo tra i più rappresentativi dell’intera area madonita, presente nella zona centrale del complesso montuoso. L’elenco è estremamente succinto e non rende pienamente merito alla realtà delle Madonie. La ricorrente definizione “dei Nebrodi” nella nomenclatura di numerose specie citate è da riferirsi MONTAGNE DELLA SICILIA all’antica denominazione delle Madonie (Mons Nebrodes) e non ha alcuna attinenza con i vicini Monti Nebrodi. ASPETTI FAUNISTICI: GENERA LITÀ Invertebrati Sono decine di migliaia le specie d’invertebrati che popolano i boschi e le campagne, dal livello del mare fino alla montagna. Si tratta, generalmente, di una fauna largamente ignorata dall’escursionista, salvo che essa non si manifesti nelle forme di una farfalla, di una mosca, di una zanzara, di un ragno o di una vespa. Moltissimi invertebrati rappresentano anelli importantissimi delle catene alimentari che culminano nei predatori come il gatto selvatico o gli uccelli rapaci; altri costituiscono gli agenti dell’impollinazione e molti altri ancora sono agenti riciclatori di materiale organico. È tra le erbe e gli steli, sui tronchi e lungo i rami degli alberi e degli arbusti che l’escursionista può imbattersi più facilmente in un ricco campionario d’invertebrati, il cui quadro muta al variare delle stagioni e delle varie formazioni vegetali. Molti coleotteri, ad esempio, che da adulti frequentano i fiori, hanno larve che vivono all’interno del legno, vivo o BIACCO (PH R.B.S.) 300 morto, dove scavano lunghe gallerie; e sugli stessi fiori possiamo trovare api e vespe, il cui ciclo vitale comincia in un nido che, forse, è scavato sottoterra o è nascosto in un angolo inaccessibile tra le rocce. Rovesciare le pietre per vedere se c’è sotto qualche animaletto, è una delle attività più spesso praticate dall’escursionista/naturalista in cerca d’insetti e di altri invertebrati. Molto spesso, la pietra rappresenta una sorta d’isola, verso la quale converge temporaneamente una folla d’invertebrati che trascorre altrove una buona parte della loro esistenza e che vi si rifugiano, ad esempio, durante le ore diurne o nei momenti di maggiore siccità, mentre se ne allontana durante la notte o nei periodi in cui l’aria è più umida. Sulle Madonie è presente approssimativamente il 60% degli invertebrati di tutta l’Isola e più di novanta specie di farfalle, tra cui molte le sottospecie endemiche, come il “Parnassio Apollo di Sicilia” (Parnassius apollo subsp. siciliae), un’elegante farfalla che si trova solo alle quote più elevate delle Madonie. Probabilmente dopo l’ultima glaciazione, questa elegante farfalla bianca, caratterizzata da quattro ocelli rossi circondati di nero, benché adattata a vivere in regioni con climi freddi, si rifugiò nelle zone più meridionali occupando però le quote più elevate; la “Platicleide del Conci” (Platycleis concii) scoperta dall’entomologo Antonio Galvagni negli anni ’50 e dedicata a un altro famoso entomologo italiano, Cesare Conci. Quest’altro insetto, una specie di cavalletta, vive tra il 1500 e 1800 metri ed è localizzata sui versanti esposti al sole e protetti dai venti freddi. Tra i coleotteri ricordiamo il “Rizotrogo di Romano” e la “Shurmannia di Sicilia”, mentre a quote più alte è presente la cavalletta “Stenobotro lineato”, l’afodio di Zenker, boreale e siculo, la cui risorsa alimentare consiste nello sterco degli erbivori, e il “Carabo planato”. Tra le farfalle sono da ricordare, per la loro bellezza o per l’interesse scientifico, il Podalirio (Iphiclides podalirius) e Polissena (Zerinthia polyxena subsp. Cassandra) dalle caratteristiche livree giallo-nero; la delicatissima Meleageria daphnis; l’Aricia artaxerxes subsp.allous; l’Eumedonia eumedon, una specie poco comune; il Cynaris semiargus, dalla livrea blu-viola; l’elegante Melanargia russiae subsp.japigia; la Briseide (Chazara Briseis); la bellissima Cinzia (Melitaea cinxia subsp.cinxia.) Sui Nebrodi sono presenti più di 600 specie d’invertebrati, tra i quali oltre sessanta farfalle. Tra queste ultime, numerose specie sono nuove per la scienza o per la fauna isolana, in altre parole sono endemiche dei Nebrodi o della Sicilia. Per quanto riguarda gli insetti, scrive Pietro Alicata (su Parco dei Nebrodi, supplemento a Papir n°25/1988): ”Per le loro piccole dimensioni e per l’abbondanza numerica delle loro popolazioni, queste specie hanno potuto più facilmente sopravvivere, in aree ristrette, alle trasformazioni territoriali operate dall’uomo. Tra esse troviamo rappresentanti di fauna prequaternaria, propria di periodi climatici caldo-umidi o temperato-umidi, e specie di clima freddo pervenute nell’Isola durante le glaciazioni e rimaste, oggi, accantonate nei boschi MONTAGNE DELLA SICILIA 301 montani. Alcune di queste popolazioni si sono differenziate dalla specie madre europea, dando luogo a nuove specie presenti solo sui Nebrodi. Per avere un’idea dell’interesse di questa fauna, basti pensare che le ricerche faunistiche in corso sui Nebrodi hanno evidenziato che su 600 specie censite, riguardanti una piccola parte della fauna esistente, 100 sono nuove per la fauna siciliana, venticinque sono anche nuove per l’Italia e ventidue sono nuove per la scienza”. Etna è nePer quanto riguarda l’E cessario rilevare anzitutto che tutta la sua storia naturale è segnata dall’attività eruttiva vulcano che ha determinato rilevanti e repentini cambiamenti del territorio modificando gli habitat con la conseguenza che sia la vegetazione sia la fauna si sono adattate nel corso del tempo. La fauna invertebrata, grazie alle sue piccole dimensioni e alla sua enorme ricchezza (non bisogna, infatti, dimenticare che più del 95% degli animali sono invertebrati) ha avuto la possibilità di sopravvivere a varie trasformazioni, mantenendo una struttura e una dinamica delle popolazioni e delle biocenosi quasi inalterate. In generale mancano gli endemiti di antica origine (paleoendemiti), mentre numerose sono le specie e sotto- specie neoendemiche, la cui origine può essere fatta risalire all’isolamento e al differenziamento di popolazioni di specie europee, o appenniniche, spinte in Sicilia dalle glaciazioni quaternarie. Tra le specie più appariscenti sono da ricordare l’innocuo Scorpione (Euscorpio carpathicus) che vive di solito nei luoghi umidi sotto i sassi e che non di rado può anche rinvenirsi nelle abitazioni di campagna; l’Argiope o l’Eperia fasciata (Argiope bruennichi), grosso ragno dalla colorazione giallo viva con sinuose strisce nere trasversali. Sull’Etna vivono molte specie di Gasteropodi polmonati che possono essere provvisti di conchiglia (chiocciole), oppure privi (lumache). Alcune specie di chiocciole sono ben note anche perché sono utilizzate per scopi alimentari: Helix (Cantareus) aperta, Cryptomphalus aspersa. Gli insetti costituiscono la parte faunistica notevolmente più ricca di specie. Oltre ai ben noti scarafaggi comuni abitatori delle abitazioni, come la Blatta orientalis, nerastra dalle ali corte, sono da ricordare: Ectobius lagrecai, specie alata sinora nota soltanto per l’Etna, con corpo ocraceo che vive di preferenza nella lettiera dei boschi di roverella; Phyllodromica tyrrhenica, piccola specie (6 mm) PAESAGGIO SICILIANO (PH GABRIELE AUGELLO - WWW.CLICKALPS.COM) esclusiva della Sicilia e che vive nella lettiera. Tra le cavallette e i grilli ricordiamo Poecilimon laevissimus, piuttosto raro e localizzato sul versante settentrionale dell’Etna e l’Uromenus riggioi, specie endemica siciliana di origine prequaternaria. Tra i coleotteri meritano di essere citati il Carbide Lionychus fleisheri focalirei che vive nelle zone sommitali del vulcano all’interno dei canaloni nei quali confluiscono le acque meteoriche, e il Buprestide Buprestis aetnensis, presente quasi esclusivamente all’interno dei boschi di pino laricio. Durante i mesi di maggio e di giugno possiamo incontrare lungo il nostro cammino, l’Aurora dell’Etna (Anthocharis damone), una bellissima farfalla dalle ali gialle e rosa. Si può vedere volare anche la Maniola (Maniola jurtina) una farfalla di media grandezza con faccia inferiore, dalle ali di un bel colore verde bruno; oppure la Sputacchina (Cercopis sanguinolenta), una cicalina dalle ali nere e rosse che protegge le sue larve con una schiuma bavosa, simile a uno sputo; o ancora la Mosca predatrice (Asilide) che potremo vedere in opera mentre va a caccia di altri insetti, oppure le farfalle Vanessa del cardo (Cynthia cardui) e Cecilia (Pyronia cecilia) che volano qua e là, suggendo il net- MONTAGNE DELLA SICILIA tare dello Spinosanto (Astragalus siculus). Fra la sabbia del suolo calpestabile si muovono affannati piccoli scarabei Tenebriondi (Pachychila dejeani) che cercano detriti vegetali per il loro nutrimento. Infine, come non ricordare la Processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa), una falena i cui bruchi si nutrono degli aghi della pianta di pino portando l’albero a esiziale deperimento. La forma adulta è una farfalla dalle abitudini notturne, quindi di difficile osservazione; alla fine dell’estate essa depone le uova alla base degli alberi, sulla corteccia. L’anno successivo dalle uova nascono le larve, dei bruchi che risalgono lungo il tronco dell’albero, guadagnano i rami più alti della chioma e tessono il loro nido come se fosse una ragnatela: bisogna evitare questi nidi perché contengono setole urticanti liberate dai bruchi che vi alloggiano o vi hanno alloggiato; sono minuscoli dardi velenosi che possono causare gravi irritazioni sulla pelle degli uomini e delle bestie. Anfibi Poche sono le specie di anfibi che vivono in Sicilia. Etna sono animali poco freSull’E quenti, data la povertà di acque superficiali perenni. Non vi sono 302 Urodeli (cioè Tritoni e Salamandre), ma unicamente Anuri (rane e rospi). Sebbene la sua attuale presenza richieda conferma, è citato l’Ululone (Bombina variegata), graziosissimo rospetto dal ventre giallo vivo, screziato di ardesia. Sull’Etna si trovano il Rospo comune (Bufo bufo) e il Rospo smeraldino (Bufo viridis). Una sola specie di rana vive sul vulcano etneo, nelle zone a bassa quota, la comunissima Rana esculenta che in certe località viene anche utilizzata come apprezzato alimento. Sulle Madonie ma soprattutto sui Nebrodi (data la presenza di un gran numero di ambienti acquatici sia permanenti sia temporanei: piccole pozze e risorgive, laghetti naturali, anse di torrenti e fiumare, sia fuori sia dentro i boschi), ritroviamo il Discoglosso dipinto (Discoglossus pictus pictus), sottospecie endemica (pictus) di Sicilia e Malta che si riproduce dalla fine dell’inverno quando i maschi raggiungono gli ambienti acquatici ed emettono canti di richiamo; il Rospo comune (Bufo bufo spinosus), specie stanziale presente con la sottospecie spinosus; il Rospo smeraldino siciliano (Bufo siculus), specie stanziale ed endemica, descritta in Sicilia come Rospo smeraldino siciliano, di- RAGANELLA HYLA (PH L.S. - WWW.BIRDS.IT) stinta dall’italiana (Bufo balearicus), che comunque è presente sui Peloritani e sulle coste catanesi: è una specie notturna che frequenta habitat acquatici temporanei di piccole dimensioni solo per riprodursi, mentre è più facile rinvenirla in ambienti aperti, agricoli e steppici. Ricordiamo pure la Raganella italiana (Hyla intermedia) che in Sicilia si rinviene dai 300 ai 1800 m, più spesso tra gli 800 e i 1200 m, soprattutto nella dorsale settentrionale e la Rana verde di Berger e di Uzzell (Rana bergeri e R. kl. Hispanica) frutto d’incrocio tra Rana bergeri e Rana ridibunda presente nell’Italia peninsulare. Rettili Le lande sassose della Sicilia sembrano fatte apposta per i rettili. Nel Mediterraneo esistono più di una trentina di specie di lucertole, ma solo tre vivono nelle campagne e nelle montagne della Sicilia: il Ramarro, la Lucertola e la Lucertola siciliana. Quest’ultima, come dice il suo nome, è esclusiva del’isola. Il Ramarro occidentale (Lacerta bilineata) è la più grossa e più colorata lucertola siciliana. Vive nei boschi ma anche negli ambienti aperti con qualche cespuglio e presso le zone umide. Sui Nebrodi raggiunge il suo massimo limite altitudinale. La Lucertola campestre (Podarcis sicula) è il rettile più comune della Sicilia, facilmente riconoscibile per il colore verde reticolato su fondo nero del dorso. Il massimo altitudinale conosciuto è di circa 2200 m sull’Etna e può raggiungere i 30 cm. La lucertola siciliana (Podarcis wagleriana) è una specie endemica siciliana appena inferiore nelle dimensioni (20-25 cm) e più esile nelle forme, e si riconosce (non certo con facilità) per la colorazione più uniformemente verde e due strie trasversali chiare sul dorso. Probabilmente non supera i 1200 m di altitudine sulle Madonie e i 1600 m sui Nebrodi. Non è raro incontrare il Gongilo ocellato (Chalcides ocellatus tiligugu) e la Luscengola (Chalcides chalcides). Il primo, ti- MONTAGNE DELLA SICILIA 303 pica specie nord-africana e asiatica, vive in Italia solamente in Sardegna e Sicilia. Sulle Madonie è noto con il nome dialettale di “Tiro”. Molto termofila non sembra superi il limite della vegetazione mediterranea (0-400 m). La luscengola rappresenta il cugino stretto del Gongilo e vive tra i 1200-1300 m. Pur essendo in tutte le sue caratteristiche anatomiche, un sauro (cioè una lucertola), i suoi movimenti e l’aspetto esterno sono sicuramente serpentiformi e da molti contadini è confusa proprio con un serpente. Il Gongilo e la Luscengola sono due rettili abbastanza singolari; essi, infatti, sono ovovivipari, cioè non depongono uova, ma queste si sviluppano dentro il corpo della femmina che in giugno-luglio partorisce 5-10 piccoli, indipendenti subito dopo la nascita. Tra i Sauri vi è ancora il comunissimo Geco (Tarentola mauritanica), conosciuto sulle Madonie con il nome dialettale di “Schippiuni” e il meno noto Emidattilo (Hemidactylus turcicus). Il Geco è uno dei pochi rettili in grado di emettere suoni. Basta tenerlo per qualche secondo in mano che lanci le sue acute emissioni vocali. Sui Nebrodi è abbastanza frequente trovare nei laghetti naturali o naturalizzati e in pozze temporanee, la Testuggine palustre siciliana (Emys trinacris) e la Testuggine di Hermann (Testudo hermanni). Le popolazioni più ricche sono nelle zone orientali dei Monti Iblei e in zona pedemontana etnea. Sui Nebrodi sono minacciate dalla presenza di maiali selvatici che predano uova e piccoli. I serpenti sono indubbiamente i rettili meno popolari delle nostre campagne. Sulle montagne siciliane ne vivono diverse specie. Tra queste ricordiamo: il Colubro liscio (Coronella austriaca) presente perlopiù sui monti della fascia settentrionale (Madonie, Peloritani, Nebrodi, Etna) spesso tra i 1000-1500 m di altitudine, molto raro nelle aree montuose di Palermo e sugli Iblei; il Biacco (Hierophis viridiflavus xanthurus) diffuso in tutta la Sicilia dal livello del mare fino a oltre 1600 m di altitudine; il Saettone occhirossi (Zamenis lineatus) diffuso in tutta la Sicilia settentrionale dai Peloritani ai Monti di San Vito lo Capo (TP) come pure sui Sicani, sull’Etna e in altre zone montuose centrali; la Natrice dal collare (Natrix natrix sicula) diffusa in tutta l’isola essenzialmente in aree planizilai entro i 1000 m di altitudine, ma si può rinvenire anche più in alto nei monti Nebrodi ed è rara solo sulle zone vulcaniche etnee e in ambienti aridi; la Vipera (Vipera aspis hugyi) localizzata in ambienti montuosi e alto collinari da 500 a 1800 m, soprattutto nei Sicani, Madonie, Nebrodi e sull’Etna. Presente anche negli Iblei e sui Peloritani, assente in vaste aree centrali e meridionali. E’ riconoscibile per le sue forme tozze, per la presenza di numerose piccole squame sul capo (nei serpenti innocui le squame del capo sono molto più grandi). A differenza di quanto si ritiene, la Vipera è un animale lento e molto timoroso dell’uomo e la sua vista è piuttosto debole; la cattura delle prede (generalmente piccoli topi) avviene grazie ad un organo particolare presente sul suo capo, in grado di rilevare la temperatura corporea degli oggetti vicini. Ricordiamo infine il Colubro leopardino (Zamenis situla) serpente dall’appariscente colorazione che predilige le aree pedemontane, spingendosi più raramente in quelle collinari; per questa ragione presenta popolazioni di ridotte dimensioni e frammentate. Nonostante generalmente temuti e ritenuti pericolosi, i serpenti hanno un importante ruolo regolatore nei sistemi ecologici, come predatori di topi, rettili e talvolta di qualche uccelletto. Uccelli Le trasformazioni verificatesi in Sicilia negli ultimi cinquant’anni, dovute principalmente a depauperamento dell’originaria copertura del bosco, eccessiva pressione antropica, degrado ambientale, incendi, cementificazione dei corsi d’acqua, caccia, bracconaggio, hanno avuto un effetto molto negativo su gran parte degli uccelli legati ai vari ambienti naturali (agricoli, collinari, montani, etc.). Uccelli una volta molto comuni, come il Gipeto (noto anche come Avvoltoio degli agnelli) e il Grifone, sono scomparsi assieme a molti mammiferi fin dalla fine del XIX sec. La causa della definitiva estinzione del Grifone fu determinata dall’uso sconsiderato (anni ’60) di TESTUGGINE PALUSTRE (PH MAURIZIO SARA) MONTAGNE DELLA SICILIA bocconi avvelenati per il controllo degli animali nocivi come le volpi. Gli avvoltoi, uccelli necrofagi, nutrendosi dei cadaveri di animali morti avvelenati, morirono anch’essi. Nel 1998, l’Ente Parco dei Nebrodi assieme a quello delle Madonie, iniziano un progetto di reintroduzione del Grifone (Gyps fulvus), importando questo uccello tramite l’associazione spagnola GREFA. Oggi, si può dire che il Grifone è tornato in Sicilia e da quattro anni oramai nidifica regolarmente, contando circa cinquanta individui presenti esclusivamente in una ristretta zona del Parco dei Nebrodi ed esattamente negli antichi siti rocciosi sovrastanti Alcara Li Fusi. Questa popolazione è l’unica presente in tutto il meridione d’Italia. Un altro avvoltoio presente in Sicilia è il Capovaccio (Neophron percnopeturs), facilmente osservabile sulle Madonie, caratteristico per il suo piumaggio bianco e la parte posteriore delle ali nera. E’ un uccello migratore, arriva dall’Africa centrale in marzo e riparte in settembre-ottobre; questa specie è fortemente minacciata dalla caccia illegale e dal collezionismo di esemplari imbalsamati. Se c’è un rapace adattato alla vita negli ambienti mediterranei, è l’Aquila del Bonelli (Hie- SPARVIERE (PH L.S. - WWW.BIRDS.IT) 304 raaetus fasciatus) riconoscibile per le parti inferiori del corpo bianche picchiettate di nero, la superficie alare scura con un’apertura alare di circa un metro e sessanta centimetri. Le quindici coppie nidificanti in Sicilia rappresentano un’importante porzione della popolazione italiana e sono distribuite soprattutto nella fascia settentrionale dell’isola, da San Vito Lo Capo ai Peloritani (Madonie e Nebrodi compresi) e sui Sicani. Sulle Madonie, sui Nebrodi, e sull’Etna vive anche l’Aquila reale (Aquila chrysaetos), nome dialettale “Arpa”, con un’apertura alare di circa due metri. Mentre l’Aquila del Bonelli, grazie alla sua agilità riesce a catturare uccelli in volo, l’Aquila reale, con i suoi potenti e robusti artigli, preda soprattutto animali a terra. Ambedue costruiscono enormi nidi su pareti rocciose inaccessibili (tra i 450 e 1800 m). Non di rado possiamo osservare la Poiana (Buteo buteo), nome dialettale “Tappazza”, che frequenta ambienti boschivi e rocciosi, pianure e colline, nidificando su alberi ma anche su pareti rocciose. Diverse specie di falchi vivono in Sicilia. Indubbiamente il più noto è il Falco pellegrino (Falco peregrinus), nome dialettale “Atti- ghiazzu – Pinniciaru – Faccuni”, presente con una delle più abbondanti popolazioni italiane, con circa 250-300 coppie distribuite in aree collinari e montuose fino a circa 1400 m di quota. Meno frequente in pianura e sulle coste meridionali. E’ il rapace più adatto a essere addestrato per la caccia e principalmente a esso Federico II di Svevia dedicò il suo De arte venandi cum avibus (Sull’arte di cacciare con gli uccelli). Il Falco pellegrino è un indicatore ecologico di rara sensibilità: se le sue prede contengono dosi di contaminanti chimici, le concentra nel suo organismo, andando lentamente incontro a sterilità. E’ successo negli anni cinquanta, quando intere popolazioni dell’Europa centro-settentrionale si sono estinte a causa della sterilità provocata dal DDT contenuto nell’organismo dei piccoli uccelli che essi predavano. Da allora il Falco pellegrino è divenuto un vero e proprio simbolo. Purtroppo, ancora oggi (dopo l’abolizione del DDT), si ritrovano altri contaminanti chimici, se pur in minore percentuale, concentrati nel suo organismo come la dieldrina (un pesticida) o il PCB, come struttura molto simile al DDT, derivato da prodotti usati nelle industrie di vernici. Tra le altre specie di falchi che vivono in Sicilia, ricordiamo il Lanario (Falco biarmicus), simile per dimensioni al Falco pellegrino, ma con le ali meno appuntite; il Gheppio (Falco tinnunculus), nome dialettale “Cuccareddu – Cazzaventulu”, che vive in ambienti aperti dove cattura insetti, lucertole, e topolini con la tecnica cosiddetta dello “spirito santo” (è una particolare specialità di questa specie di restare fermo in aria muovendo velocemente le ali e precipitando di colpo sulla preda); e ancora il Lodolaio (Falco Subbuteo), nome dialettale “Cuccu monicu”, raro e localizzato lungo la dorsale settentrionale, dai Peloritani fino alle Madonie nelle aree boschive; lo Sparviero (Accipiter nisus), nome dialettale “Spriveri”, uno dei rapaci più spe- MONTAGNE DELLA SICILIA 305 cializzati a compiere veloci manovre tra il fitto degli alberi, difficile da osservare e studiare per le sue abitudini mimetiche ed elusive; e infine il Nibbio reale (Milvus milvus), elegantissimo e facilmente riconoscibile per la lunga coda forcuta, divenuto alquanto raro negli ultimi anni a causa dello spietato bracconaggio. Una singolarità di questi uccelli è che altrove fanno il nido sugli alberi, mentre in Sicilia molte coppie preferiscono costruirlo su terrazzini di pareti rocciose. Tra i rapaci notturni ricordiamo l’Allocco (Strix aluco), nome dialettale “Fuanu”, noto anche con il nome di Gufo selvatico, che marca il suo territorio emettendo un caratteristico, forte e modulato canto durante le ore notturne; altri canti che si possono udire sono quelli della Civetta (Athene noctua), nome dialettale “Cucca”, nelle zone più aperte, coltivate o rocciose, o quello dell’Assiolo (Otus scops), nome dialettale “Chiuzzu – Chiù”, nelle zone più basse, all’interno di giardini coltivati ed anche nei centri abitati. Nidificante estivo e migratore, arriva a marzo e riparte tra settembre e ottobre, è il Cuculo (Cuculus canoro), nome dialettale “Cuccubeddu”, presente dai monti di Erice fino ai gratori che passano parte dell’inverno in Sicilia, e invece il Gufo comune (Asio otus), essenzialmente notturno che può cacciare anche all’alba. Particolarmente ricca l’avifauna legata alla macchia e al bosco mediterraneo ove alberga il Succiacapre (Caprimiulgus europeus), nome dialettale “Cuddaru”, uccello misterioso, mimetico ed elusivo, che è possibile incontrae solo all’imbrunire, quando si posa sulle piste di montagna che attraversano i querceti e le aree di pascolo e gariga: presente dalle Madonie ai Peloritani; la Capinera (Sylvia atricapilla), la Sterpazzola di Sardegna (Sylvia conspicillata), nome dialettale “Cicchitedda”, l’Occhiocotto (Sylvia melanocefala), la Sterpazzolina (Sylvia cantillans), che vivono dove il sottobosco è più fitto e intricato, assieme al Pettirosso (Erithacus rubecola), nome dialettale “Pittirru – Pettirussu – Pittirrussu”, al Merlo (Turdus merula), nome dialettale “Merra – Merru”, e allo Scricciolo (Troglodytes troglodytes), nome dialettale “Riiddu – Riuzzu”. Ai bordi del bosco, spesso vicino alle zone umide risuonano i canti dell’Usignolo (Luscinia megarhynchos), dello Zigolo nero (Emberiza cirlus), nome dialettale “Zippa”, e dello PETTIROSSO (PH L.D.B.) Peloritani e dai Sicani agli Erei. Ben diffuso in tutte le province, dal livello del mare fino a oltre i 1500 m di altitudine, è il Barbagianni (Tyto alba), nome dialettale “Piula – Priula”, che s’incontra talvolta in volo lungo le strade o su posatoi occasionali come pali della luce o del telefono. Nidificante stanziale, cui si aggiungono a volte individui miZIGOLO MUCIATTO (PH L.S. - WWW.BIRDS.IT) Zigolo Muciatto (Emberiza cia). L’elemento più importante è, però la Cincia bigia di Sicilia (Poecile palustris siculus), esclusiva delle faggete dei Nebrodi sopra dei 1000 m, dove è presente un ricco sottobosco costituito da alti arbusti di agrifoglio, prunastro e biancospino e il bosco deciduo è ricco di alberi maturi. E’ una delle specie più rare della Sicilia. Da ricordare ancora il Codibugnolo di Sicilia (Aegithalos caudatus siculus), sottospecie endemica che vive dai Peloritani ai monti Sicani più a sud, nel tavolato Ibleo, mentre sull’Etna è presente soprattutto nei querceti (sia decidui sia sempreverdi) e nei mosaici vegetazionali fra i 400 e i 1800 m di quota. Ritroviamo, ancora, gli uccelli soprannominati gli “infermieri del legno”, poiché, perlustrando continuamente ogni parte degli alberi, consumano una grande quantità d’insetti. Essi sono: il Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), nome dialettale “Pizzula zucca”, l’unico “vero” Picchio ancora esistente in Sicilia. Le sue quattro dita sono rivolte due in avanti e due indietro in modo da ottenere una perfetta presa sui tronchi. Il cranio è molto robusto e quando sente la sua preda, inizia con insistenza la sua azione di martella- MONTAGNE DELLA SICILIA mento fino ad aprire un piccolo foro dove inserisce la lingua per infilzare la carnosa larva estraendola dalla sua galleria nel legno. La presenza del Picchio rosso maggiore è strettamente condizionata dall’esistenza di grandi e vecchi alberi; il Picchio muratore (Sitta europea), che nonostante il nome non è un “vero” Picchio (è, infatti, sprovvisto di tutte quelle specializzazioni del Picchio rosso maggiore): è detto “muratore” per la sua abilità particolare nel richiudere con un compatto impasto di fango i buchi degli alberi a misura sua, in modo cioè da poter appena passare attraverso il foro per raggiungere il nido costruitovi dentro. Il terzo arrampicatore è il Rampichino (Certhia brachydactyla), piccolo e paziente ripulitore di tronchi, rami e fronde; tra le Cince, la Cinciarella (Cyanistes caeruleos), la Cinciallegra (Parus major), e la Cincia mora (Periparus ater), nome dialettale “Munachedda”, sono quelle più in continuo movimento tra questi “infermieri del legno”. Anche gli ambienti rupestri, movimentati ora da picchi svettanti, ora da valloni scavati su pareti strapiombanti o da lunghi ghiaioni bianchi (come sulle Madonie) ospitano- oltre i rapaciun’importante comunità di uccelli che annovera la poco diffusa Coturnice di Sicilia (Alectoris graeca 306 whitakeri), nome dialettale “Pinnici – Pirnici”, oggi minacciata e in declino a causa d’immissioni a scopo venatorio, di soggetti non della stessa sottospecie, provenienti da altre aree geografiche. La sottospecie siciliana (whitakeri) è endemica ed è riconoscibile, tra l’altro, per le minori dimensioni e il collare più stretto e, a volte, interrotto sul davanti. Ha un piumaggio ricco di colori contrastanti: grigio, rosso mattone, fasce tricolori ai fianchi, un ampio collare nero sulla gola bianca, zampe e becco rosso vivo. In questi ambienti rocciosi ritroviamo pure il Passero solitario (Monticola solitarius), nome dialettale “Merru ruccaloru”, il cui piumaggio è caratterizzato da un’elegante livrea blu lavagna; il raro Codirossone (Monticola saxatilis) di aspetto molto simile al Passero solitario e da cui differisce per il piumaggio arancio del petto e della coda e il bianco puro della sopracoda; il Codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochuros), nome dialettale “Cudarussa”, diffuso tra i 300 e 1800 m di quota lungo le catene montuose settentrionali (Madonie, Nebrodi, Peloritani), ma anche sui Sicani e gli Erei; il Saltimpalo (Saxicola torquatus), con la testa nera contrastante con il petto rossiccio, caratteristico per l’abitudine di stare posato sui paletti FALCO PELLEGRINO (PH MAURIZIO LANCINI - WWW.CLICKALPS.COM) da dove caccia gli insetti sul terreno: questo gli è valso il nome dialettale di “cacamarruggiu”; la Monachella (Oenanthe hispanica), nome dialettale “Caca sciara”; il Torcicollo (Jynx torquilla), nome dialettale “Fummicularu”. Infine ricordiamo la Gazza (Pica pica), nome dialettale “Caccarazza”, la Ghiandaia (Garrulus glandarius), nome dialettale “Pica – Gaggianu – Ciaia”, la Taccola (Corvus monedula), nome dialettale “Ciaula”, la Cornacchia grigia (Corvus corone cornix), nome dialettale “Curvacchiu – Corvu”, il Corvo imperiale (Corvus corax), nome dialettale “Corvu mpiriali”; lo Storno nero (Sturnus unicolor), nome dialettale “Struneddu niuru”, l’Upupa (Upupa epops), nome dialettale “Pipituni”, il Rondone (Apus apus), nome dialettale “Riinuni – Rininuni”, il Gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax), specie in via di estinzione in Europa. Ma la regina del bosco è considerata la Beccaccia (Scolopax rusticola), il cui colore marrone carico le consente un mimetismo assoluto, anche a breve distanza. Tra gli uccelli delle zone umide, soprattutto sulle Madonie e sui Nebrodi, ritroviamo lo Svasso maggiore (Podiceps cristatus), localizzato in diversi invasi e laghi; il Germano reale (Anas platyrhynchos), nome dialettale “Coddu viddi”, considerato raro e scarso nidificante; il Tuffetto (Tachybaptus ruficollis), nome dialettale “Tummaturi – Tummaloru”; la Gallinella d’acqua (Gallinula chloropus), nome dialettale “Iaddinedda” in aumento in tutta la Sicilia, soprattutto centrale e meridionale; la Folaga (Fulica atra), nidificante stanziale, abbondante e regolare durante i passi migratori; e poi ancora, il Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), la Ballerina gialla (Motacilla cinerea), nome dialettale “Pispisa gialla”; la Ballerina bianca (Motacilla alba), nome dialettale “Pispisa ianca”; l’Occhione (Bhurinus oedicnemus). Durante la notte gli Occhioni eseguono un concerto di canti, costituiti da un crescendo di trilli, da MONTAGNE DELLA SICILIA 307 cui probabilmente deriva il nome dialettale “ciurruviu”. Ben noti, sono anche, il Verdone (Chloris chloris), nome dialettale “Vidduni”; il Cardellino (Carduelis carduelis), il Fringuello (Fringilla coelebs), nome dialettale “Spinzuni”; la Passera d’Italia (Passer italiae), la Passera mattugia (Passer montanus), nome dialettale “Passiru puttusaru”; il Verzellino (Serinus serinus), nome dialettale “Rappareddu”; la Cappellaccia (Galerida cristata), la Pispola (Anthus pratensis); il Luì piccolo (Phylloscopus collybita), nome dialettale “Mangiamuschi”; il Piccione selvatico (Columba livia), nome dialettale “Palumma sarvaggia”; il Colombaccio (Columba palumbus), nome dialettale “Tutuni”; la Tortora (Streptopelia turtur), nome dialettale “Turtura – Tuttira”; la Calandrella (Calandrella brachydactyla), nome dialettale “Carannulu”; la Cappellaccia (Galerida cristata), nome dialettale “Cucugghiata”; l’Allodola (Alauda arvensis), nome dialettale “ Carannula – Lodola – Lodina”; il Crociere (Loxia curvirostra), nome dialettale “Beccu in cruci”. Mammiferi Se per qualche ragione dovesse inabissarsi la Sicilia e rimanessero le sole Madonie e i Nebrodi, certamente si salverebbe una buona parte della storia naturale dell’intera isola. Un’altissima percentuale delle specie animali che vivono in Sicilia si trova, infatti, su queste montagne. Ormai da lungo tempo sono scomparsi i grandi ungulati, soprattutto a causa delle cacce borboniche e dell’insidia del bracconaggio, ma anche per il progressivo degrado ambientale. Ironia della sorte, Nebros, in greco significa Cerbiatto, ma, “ovviamente” di quei mitici mammiferi (così come di Cervi, Daini, Orsi, Caprioli, Lupi, Cinghiali etc.) non resta più traccia se non, forse, nella memoria di qualcuno. Tra i grossi mammiferi paradossalmente era rimasto solo un predatore, il Lupo. Scomparse le sue prede naturali (gli erbivori selvatici), la sopravvi- venza del Lupo rimase per lungo tempo legata alla predazione degli erbivori domestici (pecore e capre). Il rapporto uomo-lupo di conseguenza divenne molto teso. Con ogni mezzo; trappole, battute di caccia, tagliole, taglie e premi per ogni animale abbattuto, pastori e contadini diedero un pesante e definitivo colpo alla popolazione ormai sparuta di Lupi che ancora rimanevano in Sicilia. Fu coniato in quel periodo il termine “lupara”, una caratteristica doppietta a canne mozze (oggi di ben diversa fama), da cui si sparavano ai Lupi cartucce con grosse palle di piombo a distanza ravvicinata. La storia delle estinzioni di specie animali non finisce con questo episodio, ma è ben più ricca. Con grande acume ha scritto Chateaubriand “Ogni popolo viene preceduto dalla foresta e seguito dal deserto”. Adesso ci troviamo a metà strada tra foresta e deserto. E la direzione da prendere dipende solo da noi. Comunque, c’è da dire che alcuni di questi mammiferi, come per esempio il Daino (Dama dama) e il Cinghiale (Sus scrofa) sono tornati a seguito di reintroduzione nel 1970-80. Il Cinghiale, in seguito, incrociatosi con il maiale domestico, ha dato vita a una specie ibridata (il cinghia-maiale), che rispetto a un cinghiale comune presenta di- mensioni notevolmente accresciute e la sua presenza ha già contribuito ad alterare alcuni importanti equilibri ecologici, come la riduzione di conigli e vipere. Scomparse, quindi, le forme di grande mole, oggi i mammiferi che vivono sulle montagne siciliane (Etna, Madonie e Nebrodi principalmente) comprendono soltanto specie di piccola e media taglia, per lo più attive all’imbrunire o di notte e non legate a quote particolari. Tra i carnivori, le specie più comuni sono: la Volpe (Vulpes vulpes), con il classico mantello di solito di colore vario rossastro sul capo e sul tronco, bianco-grigiastro sulle parti inferiori; la Donnola (Mustola nivalis), simile all’Ermellino ma di dimensioni più piccole (di norma da 18 a 25 cm), particolarmente attiva di notte, spietata cacciatrice di topi, ratti, rane, conigli, uccelli; il Gatto selvatico (Felis silvestris), specie meno frequente, e unico felino vivente in Sicilia, non sempre riconoscibile con facilità dai gatti domestici rinselvatichiti, si riconosce per la coda folta e grossa per tutta la sua lunghezza terminante in modo netto con pochi anelli neri dal caratteristico disegno a quattro strie longitudinali sopra la testa verso le scapole e dalla testa molto grossa. E’ presente solo sulla fascia settentrio- DAINI (PH LORENZO MATTEI - WWW.CLICKALPS.COM) MONTAGNE DELLA SICILIA 308 nale della Sicilia, nell’area dei Sicani e sui monti Iblei. La Martora (Martes martes) s’incontra di solito all’alba o al tramonto mentre si sposta nelle aree aperte per andare a cacciare. Sebbene non rara, questa specie è in netta diminuzione. Sull’Etna, non di rado, troviamo pure il Furetto (Mustela putorius), forma albina della puzzola, ridotta in semi domesticità da tempi lontanissimi per la caccia al coniglio selvatico o addestrato per combattere ratti e topi. Si accoppia facilmente con la puzzola europea e con la donnola, dando origine a ibridi molto ricercati dai cacciatori. Tra i roditori ricordiamo l’Istrice (Hystrix cristata), da alcuni impropriamente chiamato Porcospino: animale principalmente notturno, si ritiene che sia stato importato dall’Africa in Italia e nei Paesi Balcanici da parte dei Romani, e che nei successivi duemila anni circa si sia diffuso nelle regioni centromeridionali, in particolare in Sicilia; il Ghiro (Glis glis), che nell’aspetto ricorda alquanto uno scoiattolo, presente nei Monti Iblei, nelle Madonie, Nebrodi, Peloritani ed Etna; il Moscardino (Muscardinus avellanarius), conosciuto anche col nome di topo delle nocciole o topolino d’oro per il colore giallo-fulvo delle parti superiori della pelliccia: è il mammifero più raro della Sicilia, pre- sente esclusivamente nei boschi della dorsale settentrionale, dalle Madonie ai Peloritani, quasi assente sull’Etna; il Quercino (Elyomis quercinus pallidus), simile al Ghiro, caratteristico per il colore grigio, una singolare mascherina nera e un ciuffetto di peli bianchi all’apice della coda; il Topo selvatico (Apodemus sylvaticus dichrurus), piuttosto legato alla copertura arborea; l’Arvicola del Savi (Microtus savii nebrodensis), che il naturalista Francesco Minà Palumbo nel secolo scorso riteneva fosse diversa da quelle viventi altrove e chiamò “nebrodensis” (anticamente per Nebrodi s’intendeva il complesso delle Madonie); il Toporagno di Sicilia (Crocidura sicula) e il Mustiolo (Suncus etruscus): sono molto simili per la forma del muso a proboscide appuntita che abitualmente muovono in ogni senso per captare gli odori; il Riccio europeo occidentale (Erinaceus europaeus consolei), provvisto di corti e appuntiti aculei per il suo corpo tondeggiante e grasso: pochi predatori riescono a vincere con il Riccio, e tra essi, c’è la Volpe, che usa lo stratagemma di urinare sul malcapitato ben appallottolato, che di conseguenza cerca riparo altrove, trovando spesso un’ingloriosa fine; la Lepre appenninica (Lepus corsicanus), che a diffe- renza del Coniglio selvatico, non vive in tana, ma sta sempre allo scoperto, utilizzando particolari e adatti giacigli alla base di grossi ciuffi di piante erbacee o di cespugli. Le popolazioni etnee, un tempo differenziate, sono ormai geneticamente inquinate per l’introduzione di coppie importate dall’Europa centro-orientale e dall’Argentina a causa del ripopolamento per scopi venatori. Il Coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus), comunissimo e molto diffuso, vive in colonie in gallerie, talvolta complicate e intrecciate, scavate sottoterra. Infine, ricordiamo i Pipistrelli, che sull’Etna sono presenti con numerose specie, molte delle quali si rifugiano durante il giorno nelle grotte del Vulcano, al crepuscolo escono in volo per andare a caccia d’insetti, il loro unico nutrimento. Tra le varie specie vanno citate la Nottola (Nyctalus noctula), che per il riposo preferisce foreste e giardini; l’Orecchione (Plecotus auritus) dalle grandissime orecchie; il piccolo Miniottero (Miniopterus schareibersi), dalle minuscole orecchie, il grande Pipistrello Orecchie di topo (Myotis myotis), il Pipistrellus savii, il Vespertillio serotinus, oltre a diverse specie di ferro di cavallo (Rhinolophus). Scheda a cura di Riccardo Bontempo Scavo (ONCN - CAI Bronte), Antonino Gullotta (ONCN CAI GIARRE) e Vincenza Messana (ONCN CAI PALERMO) Bibliografia: -Il Parco delle Madonie –Edizioni Arbor -Il Parco dei Nebrodi - Fabio Orlando Editore -Il Parco delle Madonie - Fabio Orlando Editore -Guida al riconoscimento degli uccelli nidificanti sull’Etna – Lipu/Parco dell’Etna -La Fauna dei Nebrodi- Dipartimento di biologia animale Università degli Studi di Palermo/Ente Parco dei Nebrodi -Guida naturalistica della provincia di Catania- Giuseppe Maimone editore -La Fauna in Italia- Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio/Touring Club Italiano LEPRE - APPENNINO (PH LORENZO MATTEI - WWW.CLICKALPS.COM) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 S D L M M G V S D L M M G V S NOVEMBRE 2014 309 L'ETNA CON AGRUMETI IN PRIMO PIANO (PH GABRIELE AUGELLO - WWW.CLICKALPS.COM) 1 8 Tutti i Santi 44 . 305 - 60 Sabato 6,43 - 17,04 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 D L M M G V S D L M M G V S D NOVEMBRE 2014 2 8 310 DOMENICA Commemoraz. defunti 44 . 306 - 59 6,44 - 17,03 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 PANORAMA NEBRODI (PH RICCARDO BONTEMPO SCAVO) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 S D L M M G V S D L M M G V S NOVEMBRE 2014 311 3 Lunedì 4 Martedì 5 Mercoledì S. Martino - S. Silvia 45 . 307 - 58 8 6,46 - 17,01 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 S. Carlo Borromeo 45 . 308 - 57 6,47 - 17,00 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 S. Zaccaria prof. 45 . 309 - 56 6,48 - 16,59 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 D L M M G V S D L M M G V S D NOVEMBRE 2014 312 6 Giovedì S. Leonardo abate 45 . 310 - 55 6,49 - 16,58 7 Venerdì S. Ernesto abate 45 . 311 - 54 6,51 - 16,57 8 Sabato 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 S. Goffredo vescovo 45 . 312 - 53 6,52 - 16,56 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 S D L M M G V S D L M M G V S NOVEMBRE 2014 313 9 8 S. Oreste - S. Ornella 45 . 313 - 52 6,53 - 16,55 DOMENICA 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 ABBEVERATOIO SUI MONTI NEBRODI (SICILIA) (PH R.B.S.) 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 D L M M G V S D L M M G V S D NOVEMBRE 2014 314 10 Lunedì 11 Martedì 12 Mercoledì S. Leone Magno 46 . 314 - 51 6,54 - 16,54 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 S. Martino di Tours 46 . 315 - 50 6,55 - 16,53 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 S. Renato M. - S. Elsa 46 . 316 - 49 6,57 - 16,52 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 S D L M M G V S D L M M G V S NOVEMBRE 2014 315 13 Giovedì S. Diego . S. Omobono 46 . 317 - 48 6,58 - 16,51 14 Venerdì S. Giacomo vescovo 46 . 318 - 47 6,59 - 16,50 15 Sabato 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 S. Alberto m. - S. Arturo 46 . 319 - 46 7,00 - 16 ,49 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 D L M M G V S D L M M G V S D NOVEMBRE 2014 8 16 316 S. Margherita di S. 46 . 320 - 45 DOMENICA 7,02 - 16,48 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 OLIVO, CAMPAGNA SICILIANA E SULLO SFONDO L'ETANA INNEVATO (PH GABRIELE AUGELLO - WWW.CLICKALPS.COM) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 S D L M M G V S D L M M G V S NOVEMBRE 2014 317 17 Lunedì 18 19 S. Elisabetta 47 . 321 - 44 7,03 - 16,47 Martedì S. Oddone abate 47 . 322 - 43 7,04 - 16,46 Mercoledì S. Fausto martire 47 . 323 - 42 7,05 - 16,46 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 D L M M G V S D L M M G V S D NOVEMBRE 2014 318 20 Giovedì S. Benigno 47 . 324 - 41 7,06 - 16,45 21 Venerdì Presentazione B.V. Maria 47 . 325 - 40 7 - 16,44 22 Sabato 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 S. Cecilia vergine 47 . 326 - 39 7,09 - 16,44 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 S D L M M G V S D L M M G V S NOVEMBRE 2014 319 23 8 S. Clemente Papa 47 . 327 - 38 7,10 - 16,43 DOMENICA 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 CASTAGNE FUNGHI, NEL SOTTOBOSCO ETNEO (PH GABRIELE AUGELLO - WWW.CLICKALPS.COM) 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 D L M M G V S D L M M G V S D NOVEMBRE 2014 320 24 Lunedì Cristo Re - S. Flora 48 .328 - 37 7,11 - 16,42 25 Martedì S. Caterina d’Aless. 48 . 329 - 36 7,12 - 16,42 26 Mercoledì S. Corrado vescovo 48 . 330 - 35 7,13 - 16,41 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 S D L M M G V S D L M M G V S 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 NOVEMBRE 2014 321 27 Giovedì 28 Venerdì 29 Sabato S. Massimo - S. Virgilio 48 . 331 - 34 7,14 - 16,41 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 S. Giacomo Franc. 48 . 332 - 33 8 7,15 - 16,41 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 S. Saturnino martire 48 . 333 - 32 7,17 - 16,40 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 D L M M G V S D L M M G V S D NOVEMBRE 2014 8 30 322 DOMENICA Ia d’Avvento - S. Andrea 48 . 334 - 31 7,18 - 16,40 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 L'ETNA IN ATTIVITÀ (PH GABRIELE AUGELLO - WWW.CLICKALPS.COM) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 S D L M M G V S D L M M G V S NOVEMBRE 2014 323 Note: ATTIVITÀ ESCURSIONISTICA CON LE CIASPE, VERSANTE SUD EST DELL'ETNA (PH GABRIELE AUGELLO - WWW.CLICKALPS.COM) 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 D L M M G V S D L M M G V S D
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