Nuovi resti di Homo rinvenuti in Dancalia Eritrea da un

Roma, 20/06/2014 COMUNICATO STAMPA Nuovi resti di Homo rinvenuti in Dancalia Eritrea da un team internazionale guidato dalla Sapienza I ricercatori hanno realizzato il primo studio tridimensionale ad alta risoluzione della struttura interna dei denti appartenenti a a Homo ergasterafricano di un milione di anni Provengono dalla Dancalia e sono tra i più antichi reperti analizzati con tecnologie d’indagine estremamente avanzate, come la microtomografia in luce di sincrotrone e il micro imaging in risonanza magnetica: sono denti di Homo erectus/ergaster trovati nei siti di Uadi Aalad e Mulhuli Amo, nel corso delle campagne di scavo e ricognizione del Buia International Project, cui la Sapienza partecipa da oltre dieci anni. Nonostante le difficoltà climatiche che caratterizzano la regione, sono circa dieci anni che i ricercatori dell’ateneo e quelli del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi, dellʹUniversità di Firenze e di altre Istituzioni di ricerca italiane ed internazionali, lavorano in Eritrea per colmare la lacuna di fossili umani dallʹAfrica nel periodo intorno a un milione di anni. La Missione della Sapienza, coordinata dal paleoantropologo Alfredo Coppa, ha contribuito alla scoperta di una collezione di reperti appartenenti ad Homo ergaster, destinati a riempire di nuove conoscenze proprio questo intervallo di tempo, di cui gli ultimi tre nelle ultime due campagne di scavo di dicembre 2013 (Figura 1) e marzo 2014 (Figura 2). Il team italiano ha infatti individuato il sito di Mulhuli Amo, a pochi chilometri da quello in cui fu ritrovato il cranio di UA 31, che già ha stupito la comunità scientifica internazionale per le sue peculiari caratteristiche che hanno gettato nuova luce sulla storia evolutiva della nostra specie: in questo nuovo sito, tanto ricco di materiale da essere noto come il “santuario delle amigdale”, sono stati infatti ritrovati alcuni dei reperti di Homo, ora pubblicati sull’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica Journal of Human Evolution. Il contributo scientifico si è incentrato su tre reperti: due incisivi trovati a Uadi Aalad (Figura 3) e un molare da Mulhuli‐Amo(Figura 4). Lo studio comparato della loro struttura ha Sapienza Università di Roma
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rivelato un mosaico di caratteristiche primitive, simili a quelle degli esemplari più antichi dell’Africa orientale (ad esempio, uno smalto di medio spessore, come quella che si trova in Neanderthal), ma anche caratteristiche peculiari, sia a livello della dentina che della cavità pulpare (Figura 5). Lʹanalisi attraverso la risonanza magnetica di uno degli incisivi ha eccezionalmente permesso di visualizzare i micro marcatori periodici dello sviluppo della dentina (linee di Andresen): è stato così possibile stimare il tasso di formazione delle radici di Homo a un milione di anni che sembra coerente con quello della umanità moderna (Figura 6). Questa scoperta dimostra che un modello di accrescimento dentale simile a quello dell’umanità di tipo moderno si era già prodotto intorno ad un milione di anni fa quando il sapiens non era ancora presente. L’analisi delle caratteristiche strutturali e di sviluppo dei tre denti è stata condotta attraverso immagini ad alta risoluzione, presso il Laboratorio di risonanza magnetica nucleare del dipartimento di Fisica della Sapienza, e presso il Sincrotrone Elettra ed il Laboratorio multidisciplinare del Centro internazionale di Fisica teorica (ICTP) di Trieste. Questi importanti risultati aprono nuove prospettive nello studio dellʹevoluzione umana nel Pleistocene inferiore: se i fossili africani ad oggi disponibili per questo periodo sono ancora molto rari, la prossima campagna di scavi paleoantropologici nella Dancalia Eritrea, prevista per la fine del 2014, potrebbe fornire ulteriori prove sulle relazioni evolutive tra Homo ergaster e Homo heidelbergensis, lʹantenato della moderna umanità. Le ricerche, coordinate da Alfredo Coppa del dipartimento di Scienze ambientali della Sapienza, e condotto da ricercatori delle Università di Barcellona, Bologna, Cambridge, Cosenza, Ferrara, Firenze, Kansas, Padova, Poitiers, Tarragona, Torino, York e del Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma, del Northern Red Sea Regional Museum di Massawa, del National Museum of Eritrea di Asmara, del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi, del Multidisciplinary Laboratory, The ʹAbdus Salamʹ International Centre for Theoretical Physics di Trieste, del Sincrotrone Elettra di Trieste, sono state rese possibile grazie al supporto del Governo Eritreo e grazie ai finanziamenti del progetto PRIN del Ministero della ricerca scientifica, di quelli per le missioni archeologiche del Ministero per gli Affari Esteri, dei progetti Grandi Scavi e Awards dellʹUniversità Sapienza di Roma, oltre alla sponsorizzazione del Gruppo Piccini di Perugia. Per interviste Alfredo Coppa – docente di Antropologia [email protected] Pag 3
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Primo studio 3D su denti
preistorici, la scoperta di un team
internazionale guidato dalla
Sapienza
(Adnkronos Salute) - Un modello di crescita dei denti simile a quello dell’umanità moderna
esisteva già intorno a 1 mln di anni fa, quando l’Homo Sapiens non era ancora presente.
E’ la scoperta di un team di ricercatori guidati dall’Università Sapienza di Roma sui resti di
un Homo ergaster rinvenuti in Dancalia (Eritrea).
I ricercatori hanno realizzato il primo studio tridimensionale ad alta risoluzione della
struttura interna dei denti appartenenti a Homo ergaster africano: sono tra i più antichi
reperti analizzati con tecnologie d’indagine estremamente avanzate, come la
microtomografia in luce di sincrotrone e il micro imaging in risonanza magnetica. I denti di
Homo erectus-ergaster sono stati trovati nei siti di Uadi Aalad e Mulhuli Amo, nel corso
delle campagne di scavo e ricognizione del Buia International Project, cui la Sapienza
partecipa da oltre dieci anni.
Nonostante le difficoltà climatiche che caratterizzano la regione, sono circa dieci anni che i
ricercatori dell’ateneo romano e quelli del Museo nazionale di storia naturale di Parigi,
dell’Università di Firenze e di altre Istituzioni di ricerca italiane e internazionali, lavorano in
Eritrea per colmare la lacuna di fossili umani dall’Africa nel periodo intorno a un milione di
anni. La Missione della Sapienza, coordinata dal paleoantropologo Alfredo Coppa, ha
contribuito alla scoperta di una collezione di reperti appartenenti ad Homo ergaster,
destinati a riempire di nuove conoscenze proprio questo intervallo di tempo, di cui gli ultimi
tre nelle ultime due campagne di scavo di dicembre 2013.
Il team italiano ha infatti individuato il sito di Mulhuli Amo, a pochi chilometri da quello in
cui fu ritrovato il cranio di UA 31, che già ha stupito la comunità scientifica internazionale
per le sue peculiari caratteristiche che hanno gettato nuova luce sulla storia evolutiva della
nostra specie: in questo nuovo sito, tanto ricco di materiale da essere noto come il
‘santuario delle amigdale’, sono stati infatti ritrovati alcuni dei reperti di Homo, ora
pubblicati sull’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica ‘Journal of Human
Evolution’.
Il contributo scientifico si è incentrato su tre reperti: due incisivi trovati a Uadi Aalad e un
molare da Mulhuli-Amo. Lo studio comparato della loro struttura ha rivelato un mosaico di
caratteristiche primitive, simili a quelle degli esemplari più antichi dell’Africa orientale (ad
esempio, uno smalto di medio spessore, come quella che si trova in Neanderthal), ma
anche caratteristiche peculiari, sia a livello della dentina che della cavità pulpare. L’analisi
attraverso la risonanza magnetica di uno degli incisivi ha eccezionalmente permesso di
visualizzare i micro marcatori periodici dello sviluppo della dentina (linee di Andresen). E’ è
stato così possibile stimare il tasso di formazione delle radici di Homo a un milione di anni
che sembra coerente con quello della umanità moderna.
L’analisi delle caratteristiche strutturali e di sviluppo dei tre denti è stata condotta
attraverso immagini ad alta risoluzione, presso il Laboratorio di risonanza magnetica
nucleare del dipartimento di Fisica della Sapienza, e presso il Sincrotrone Elettra ed il
Laboratorio multidisciplinare del Centro internazionale di Fisica teorica (Ictp) di Trieste.
Questi importanti risultati aprono nuove prospettive nello studio dell’evoluzione umana nel
Pleistocene inferiore: se i fossili africani ad oggi disponibili per questo periodo sono ancora
molto rari, la prossima campagna di scavi paleoantropologici nella Dancalia Eritrea,
prevista per la fine del 2014, potrebbe fornire ulteriori prove sulle relazioni evolutive tra
Homo ergaster e Homo heidelbergensis, l’antenato della moderna umanità.
20 giugno 2014
La Sapienza Università di Roma: Nuovi resti
di Homo rinvenuti in Dancalia Eritrea
I ricercatori hanno realizzato il primo studio tridimensionale ad alta risoluzione della
struttura interna dei denti appartenenti a Homo ergaster africano di un milione di ann.
Guidato dalla Sapienza il team internazionale.
Provengono dalla Dancalia e sono tra i più antichi reperti analizzati con tecnologie d’indagine
estremamente avanzate, come la microtomografia in luce di sincrotrone e il micro imaging in risonanza
magnetica: sono denti di Homo erectus/ergaster trovati nei siti di Uadi Aalad e Mulhuli Amo, nel corso
delle campagne di scavo e ricognizione del Buia International Project, cui la Sapienza partecipa da oltre
dieci anni.
Nonostante le difficoltà climatiche che caratterizzano la regione, sono circa dieci anni che i ricercatori
dell’ateneo e quelli del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi, dell'Università di Firenze e di altre
Istituzioni di ricerca italiane ed internazionali, lavorano in Eritrea per colmare la lacuna di fossili umani
dall'Africa nel periodo intorno a un milione di anni. La Missione della Sapienza, coordinata dal
paleoantropologo Alfredo Coppa, ha contribuito alla scoperta di una collezione di reperti appartenenti
ad Homo ergaster, destinati a riempire di nuove conoscenze proprio questo intervallo di tempo, di cui
gli ultimi tre nelle ultime due campagne di scavo di dicembre 2013 e marzo 2014.
Il team italiano ha infatti individuato il sito di Mulhuli Amo, a pochi chilometri da quello in cui fu ritrovato
il cranio di UA 31, che già ha stupito la comunità scientifica internazionale per le sue peculiari
caratteristiche che hanno gettato nuova luce sulla storia evolutiva della nostra specie: in questo nuovo
sito, tanto ricco di materiale da essere noto come il “santuario delle amigdale”, sono stati infatti ritrovati
alcuni dei reperti di Homo, ora pubblicati sull’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica Journal
of Human Evolution.
Il contributo scientifico si è incentrato su tre reperti: due incisivi trovati a Uadi Aalad e un molare da
Mulhuli-Amo. Lo studio comparato della loro struttura ha rivelato un mosaico di caratteristiche primitive,
simili a quelle degli esemplari più antichi dell’Africa orientale (ad esempio, uno smalto di medio
spessore, come quella che si trova in Neanderthal), ma anche caratteristiche peculiari, sia a livello della
dentina che della cavità pulpare. L'analisi attraverso la risonanza magnetica di uno degli incisivi ha
eccezionalmente permesso di visualizzare i micro marcatori periodici dello sviluppo della dentina (linee
di Andresen): è stato così possibile stimare il tasso di formazione delle radici di Homo a un milione di
anni che sembra coerente con quello della umanità moderna. Questa scoperta dimostra che un
modello di accrescimento dentale simile a quello dell’umanità di tipo moderno si era già prodotto intorno
ad un milione di anni fa quando il sapiens non era ancora presente.
L’analisi delle caratteristiche strutturali e di sviluppo dei tre denti è stata condotta attraverso immagini
ad alta risoluzione, presso il Laboratorio di risonanza magnetica nucleare del dipartimento di Fisica
della Sapienza, e presso il Sincrotrone Elettra ed il Laboratorio multidisciplinare del Centro
internazionale di Fisica teorica (ICTP) di Trieste. Questi importanti risultati aprono nuove prospettive
nello studio dell'evoluzione umana nel Pleistocene inferiore: se i fossili africani ad oggi disponibili per
questo periodo sono ancora molto rari, la prossima campagna di scavi paleoantropologici nella
Dancalia Eritrea, prevista per la fine del 2014, potrebbe fornire ulteriori prove sulle relazioni evolutive
tra Homo ergaster e Homo heidelbergensis, l'antenato della moderna umanità.
Le ricerche, coordinate da Alfredo Coppa del dipartimento di Scienze ambientali della Sapienza, e
condotto da ricercatori delle Università di Barcellona, Bologna, Cambridge, Cosenza, Ferrara, Firenze,
Kansas, Padova, Poitiers, Tarragona, Torino, York e del Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi
Pigorini di Roma, del Northern Red Sea Regional Museum di Massawa, del National Museum of Eritrea
di Asmara, del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi, del Multidisciplinary Laboratory, The
'Abdus Salam' International Centre for Theoretical Physics di Trieste, del Sincrotrone Elettra di Trieste,
sono state rese possibile grazie al supporto del Governo Eritreo e grazie ai finanziamenti del progetto
PRIN del Ministero della ricerca scientifica, di quelli per le missioni archeologiche del Ministero per gli
Affari Esteri, dei progetti Grandi Scavi e Awards dell'Università Sapienza di Roma, oltre alla
sponsorizzazione del Gruppo Piccini di Perugia.
Homo Ergaster Africano, scoperti da La
Sapienza nuovi resti in Dancalia Eritrea
22 giugno 2014
Università degli Studi di Roma “La Sapienza” - Nuovi resti di Homo rinvenuti in Dancalia Eritrea da
un team internazionale guidato dalla Sapienza
Homo Ergaster Africano
I ricercatori hanno realizzato il primo studio tridimensionale ad alta risoluzione della struttura interna dei
denti appartenenti a Homo ergaster africano di un milione di anni
Provengono dalla Dancalia e sono tra i più antichi reperti analizzati con tecnologie d’indagine
estremamente avanzate, come la microtomografia in luce di sincrotrone e ilmicro imaging in risonanza
magnetica: sono denti di Homo erectus/ergastertrovati nei siti di Uadi Aalad e Mulhuli Amo, nel corso
delle campagne di scavo e ricognizione del Buia International Project, cui la Sapienza partecipa da oltre
dieci anni.
La ricerca de La Sapienza sull’Homo Ergaster Africano
Nonostante le difficoltà climatiche che caratterizzano la regione, sono circa dieci anni che i ricercatori
dell’ateneo e quelli del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi, dell’Università di Firenze e di altre
Istituzioni di ricerca italiane ed internazionali, lavorano in Eritrea per colmare la lacuna di fossili umani
dall’Africa nel periodo intorno a un milione di anni. La Missione della Sapienza, coordinata dal
paleoantropologo Alfredo Coppa, ha contribuito alla scoperta di una collezione di reperti appartenenti
adHomo ergaster, destinati a riempire di nuove conoscenze proprio questo intervallo di tempo, di cui gli
ultimi tre nelle ultime due campagne di scavo di dicembre 2013 e marzo 2014.
Il team italiano ha infatti individuato il sito di Mulhuli Amo, a pochi chilometri da quello in cui fu ritrovato
il cranio di UA 31, che già ha stupito la comunità scientifica internazionale per le sue peculiari
caratteristiche che hanno gettato nuova luce sulla storia evolutiva della nostra specie: in questo nuovo
sito, tanto ricco di materiale da essere noto come il “santuario delle amigdale”, sono stati infatti ritrovati
alcuni dei reperti diHomo, ora pubblicati sull’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica Journal of
Human Evolution.
Il contributo scientifico si è incentrato su tre reperti: due incisivi trovati a Uadi Aalad e un molare da
Mulhuli-Amo. Lo studio comparato della loro struttura ha rivelato un mosaico di caratteristiche primitive,
simili a quelle degli esemplari più antichi dell’Africa orientale (ad esempio, uno smalto di medio
spessore, come quella che si trova in Neanderthal), ma anche caratteristiche peculiari, sia a livello della
dentina che della cavità pulpare (Figura 5). L’analisi attraverso la risonanza magnetica di uno degli
incisivi ha eccezionalmente permesso di visualizzare i micro marcatori periodici dello sviluppo della
dentina (linee di Andresen): è stato così possibile stimare il tasso di formazione delle radici di Homo a
un milione di anni che sembra coerente con quello della umanità moderna. Questa scoperta dimostra
che un modello di accrescimento dentale simile a quello dell’umanità di tipo moderno si era già prodotto
intorno ad un milione di anni fa quando il sapiens non era ancora presente.
L’analisi delle caratteristiche strutturali e di sviluppo dei tre denti è stata condotta attraverso immagini
ad alta risoluzione, presso il Laboratorio di risonanza magnetica nucleare del dipartimento di Fisica
della Sapienza, e presso il Sincrotrone Elettra ed il Laboratorio multidisciplinare del Centro
internazionale di Fisica teorica (ICTP) di Trieste. Questi importanti risultati aprono nuove prospettive
nello studio dell’evoluzione umana nel Pleistocene inferiore: se i fossili africani ad oggi disponibili per
questo periodo sono ancora molto rari, la prossima campagna di scavi paleoantropologici nella
Dancalia Eritrea, prevista per la fine del 2014, potrebbe fornire ulteriori prove sulle relazioni evolutive
tra Homo ergaster e Homo heidelbergensis, l’antenato della moderna umanità.
Le ricerche, coordinate da Alfredo Coppa del dipartimento di Scienze ambientali della Sapienza, e
condotto da ricercatori delle Università di Barcellona, Bologna, Cambridge, Cosenza, Ferrara, Firenze,
Kansas, Padova, Poitiers, Tarragona, Torino, York e del Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi
Pigorini di Roma, del Northern Red Sea Regional Museum di Massawa, del National Museum of Eritrea
di Asmara, del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi, del Multidisciplinary Laboratory, The
‘Abdus Salam’ International Centre for Theoretical Physics di Trieste, del Sincrotrone Elettra di Trieste,
sono state rese possibile grazie al supporto del Governo Eritreo e grazie ai finanziamenti del progetto
PRIN del Ministero della ricerca scientifica, di quelli per le missioni archeologiche del Ministero per gli
Affari Esteri, dei progetti Grandi Scavi e Awards dell’Università Sapienza di Roma, oltre alla
sponsorizzazione del Gruppo Piccini di Perugia.
Archeologia: trovati denti di Homo erectus nella depressione della Dancalia (Africa) venerdì 20 giugno 2014, 17:25 di Renato Sansone
Provengono dalla Dancalia e sono tra i piu’ antichi
reperti analizzati con tecnologie d’indagine estremamente avanzate, come la microtomografia in
luce di sincrotrone e il micro imaging in risonanza magnetica: sono denti di Homo erectus/ergaster
trovati nei siti di Uadi Aalad e Mulhuli Amo, nel corso delle campagne di scavo e ricognizione del
Buia International Project, cui l’Universita’ Sapienza di Roma partecipa da oltre dieci anni.
Nonostante le difficolta’ climatiche che caratterizzano la regione, sono circa dieci anni che i
ricercatori dell’ateneo e quelli del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi, dell’Universita’ di
Firenze e di altre Istituzioni di ricerca italiane ed internazionali, lavorano in Eritrea per colmare la
lacuna di fossili umani dall’Africa nel periodo intorno a un milione di anni. La Missione della
Sapienza, coordinata dal paleoantropologo Alfredo Coppa, ha contribuito alla scoperta di una
collezione di reperti appartenenti ad Homo ergaster, destinati a riempire di nuove conoscenze
proprio questo intervallo di tempo, di cui gli ultimi tre nelle ultime due campagne di scavo di
dicembre 2013 e marzo 2014. Il team italiano ha infatti individuato il sito di Mulhuli Amo, a pochi
chilometri da quello in cui fu ritrovato il cranio di UA 31, che gia’ ha stupito la comunita’ scientifica
internazionale per le sue peculiari caratteristiche che hanno gettato nuova luce sulla storia
evolutiva della nostra specie: in questo nuovo sito, tanto ricco di materiale da essere noto come il
“santuario delle amigdale”, sono stati infatti ritrovati alcuni dei reperti di Homo, ora pubblicati
sull’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica Journal of Human Evolution.
Il contributo scientifico si e’ incentrato su tre reperti:
due incisivi trovati a Uadi Aalad e un molare da Mulhuli-Amo. Lo studio comparato della loro
struttura ha rivelato un mosaico di caratteristiche primitive, simili a quelle degli esemplari piu’
antichi dell’Africa orientale (ad esempio, uno smalto di medio spessore, come quella che si trova in
Neanderthal), ma anche caratteristiche peculiari, sia a livello della dentina che della cavita’
pulpare. L’analisi attraverso la risonanza magnetica di uno degli incisivi ha eccezionalmente
permesso di visualizzare i micro marcatori periodici dello sviluppo della dentina (linee di
Andresen): e’ stato cosi’ possibile stimare il tasso di formazione delle radici di Homo a un milione
di anni che sembra coerente con quello della umanita’ moderna. Questa scoperta dimostra che un
modello di accrescimento dentale simile a quello dell’umanita’ di tipo moderno si era gia’ prodotto
intorno ad un milione di anni fa quando il sapiens non era ancora presente. L’analisi delle
caratteristiche strutturali e di sviluppo dei tre denti e’ stata condotta attraverso immagini ad alta
risoluzione, presso il Laboratorio di risonanza magnetica nucleare del dipartimento di Fisica della
Sapienza, e presso il Sincrotrone Elettra ed il Laboratorio multidisciplinare del Centro
internazionale di Fisica teorica (ICTP) di Trieste. Questi importanti risultati aprono nuove
prospettive nello studio dell’evoluzione umana nel Pleistocene inferiore: se i fossili africani ad oggi
disponibili per questo periodo sono ancora molto rari, la prossima campagna di scavi
paleoantropologici nella Dancalia Eritrea, prevista per la fine del 2014, potrebbe fornire ulteriori
prove sulle relazioni evolutive tra Homo ergaster e Homo heidelbergensis, l’antenato della
moderna umanita’.
Prima denti e viso, così ha preso forma l'uomo di
Neanderthal
Prima i denti anteriori e il viso, poi il resto del cranio: così, un pezzo dopo l'altro, l'evoluzione ha
disegnato l'uomo di Neanderthal esattamente come abbiamo imparato a conoscerlo. A fare luce su uno
dei periodi più oscuri della storia del genere umano è una collezione di fossili unica, composta da oltre
7.000 elementi riconducibili a 28 antichi europei che 430.000 anni fa popolavano una caverna nel nord
della Spagna nota come Sima de los Huesos. I dettagli sono pubblicati su Science dai paleontologi del
Centro per la ricerca sull'evoluzione e il comportamento umano di Madrid.
''Si tratta di una delle più importanti collezioni di resti scheletrici dei nostri antenati per
numerosità di reperti, e questo ha una fortissima valenza'', spiega Alfredo Coppa, paleoantropologo
dell'università Sapienza di Roma. Tra i fossili raccolti in trent'anni di scavi sono presenti 17 crani molto
ben conservati, che dimostrano come l'uomo di Neanderthal abbia iniziato a prendere forma a partire
dal volto e dai denti anteriori: quelli ritrovati nella grotta spagnola sono molto usurati, probabilmente
perché venivano usati quasi come una 'terza mano'.
''Queste modificazioni dell'apparato masticatore sono legate ad un cambiamento dei modelli
nutrizionali - aggiunge Coppa - e ciò dimostra che la dieta è un motore fondamentale nell'evoluzione
dell'uomo'', unico tra gli animali a cambiare il proprio 'menù' nel tempo. Le altre parti che compongono
le scatole craniche conservano invece caratteri più primitivi, prova del fatto che i tratti tipici dei
Neanderthal sono comparsi un po' per volta e non tutti insieme. Questa scoperta permette di capire in
che modo l'evoluzione dell'uomo di Neanderthal abbia accelerato in un breve periodo di tempo (nel
cuore del Pleistocene) tanto da divergere profondamente da quella dell'uomo moderno, da cui è stato
poi soppiantato.
Il Pleistocene medio - come spiega il coordinatore dello studio Juan-Luis Arsuaga - è stato un lungo
periodo di circa mezzo milione di anni in cui l'evoluzione non ha seguito un lento cammino lineare fino
alla comparsa del classico Neanderthal. ''Con i crani che abbiamo trovato - aggiunge Ignacio Martinez,
paleontologo all'università di Alcalà - è stato possibile caratterizzare per la prima volta la morfologia del
cranio di una popolazione umana del Pleistocene medio europeo''. Resta ancora da capire esattamente
a che specie appartengano questi antichi europei. I paleontologi ipotizzano che si tratti di una specie
intermedia tra Homo heidelbergensis ed i tipici Neanderthal europei, una specie più primitiva rispetto ai
classici Neanderthal del Pleistocene superiore.
20 giugno 2014