BlowUp188.qxd:Blow Up 13-12-2013 9:11 Pagina 16 Tru West o del declino dellʼOccidente di Stefano I. Bianchi I TRU WEST hanno esordito nel luglio dell’anno scorso con un 12” chiamato “The DOWC Part 1”, dove l’acronimo sta per Decline Of Western Civilization, come il titolo di una celebre pellicola dell’81 che documentava la scena punk di Los Angeles con protagonisti Black Flag, Circle Jerks, Germs, X, Fear, Alice Bag Band e Catholic Discipline. A novembre è arrivata poi la seconda parte con un nuovo 12” recensito nel numero scorso del giornale. I punti di contatto col docufilm di Penelope Spheeris sono però molto pochi, almeno dal punto di vista strettamente sonoro; ce ne sono invece molti con la new wave inglese più radicale, i This Heat e i primi Clock DVA soprattutto, visto l’uso difforme dell’elettronica, di nastri e cut up, di suggestioni free jazz e improvvisative. I Tru West sono italiani di stanza a Berlino (Matteo Tagliavini, Raffaele Amenta, Rufus Niccolò di Bosconi, Martino Marini, Hervé Corti) e assieme alla band gestiscono un’etichetta, la Marmo Records, che ha nel rooster una serie di artisti che si muovono in un raggio d’azione molto ampio che va dalla techno all’hip hop alla house fino, appunto, all’improvvisazione radicale. Prima di tutto mi parlate della Marmo Records, dei Tru West e di quello che gira loro intorno? Matteo: Marmo Music è nata inizialmente come agenzia di booking nel Giugno 2012. Alcuni mesi dopo, quasi per caso, sono affiorate le condizioni per sviluppare l’etichetta, una cosa che sia io che l’amico Giordano Devincenzi abbiamo sempre sognato di fare, considerate le essenziali frequentazioni berlinesi a suon di dischi e serate con talenti come Martino Marini (meglio conosciuto come Mass Prod), Rufus Niccolò di Bosconi e il clarinettista Raffaele Amenta. Un’uggiosa sera dell’Ottobre 2012 organizzammo una session nello studio di Mass Prod a Tempelhof. Io e Rufus portammo il clarinettista d’improvvisazione Raffaele e alcuni dischi da cui prender spunto, in studio c’era anche Herve Corti (Herva) che con Martino stava ultimando un 12” recentemente uscito su Kontra Musik. Senza sapere veramente dove volevamo andare, partimmo ascoltando dischi, estrapolammo campioni e via di jamming session, microfono aperto, cambi di ambienti e formati, filtri, effetti… Questo è Tru West, essenzialmente un progetto aperto, che ha sì come core members Martino, Rufus e Herve, ma è aperto ad accogliere collaborazioni e interventi. Sarà per la presenza di sax e clarinetto in un contesto elettronico-improvvisativo dove si fa largo uso di campioni e flirt ritmici, ma i vostri due dischi mi hanno riportato alla memoria certe espressioni più estreme della new wave come i This Heat e i primi Clock DVA... Matteo: C’è anche chi ha ricordato “Half Mute” dei Tuxedomoon nell’ascoltare Tru West… Sì, è dal mondo new wave / postpunk che abbiamo preso maggiore ispirazione. “Deceit” dei This Heat e “Thirst” dei Clock DVA sono tra i miei album preferiti in quest’ambito, ma non è precisamente da loro che i ragazzi hanno attinto idee. In The DOWC si citano ritmiche e suoni provenienti da diversi fronti del post-punk, cose più o meno oscure di derivazione mancuniana, ‘meteore’ dall’Eastside Village New Yorkese di fine ‘70, così come dagli anni ‘80 di Hannover. Se Tru West sono arrivati ad assomigliare a certe espressioni di quell’epoca non è sicuramente perché intendevano emularle consciamente. Hanno più che altro ereditato lo spirito punk di quel periodo, la sua grezza e violenta spontaneità creativa. Che sia perché siamo quasi tutti nati tra il ‘79 e l’83? Magari la straordinaria tensione politico-sociale e anarchia culturale di quegli anni hanno attecchito nel nostro DNA fin Tru West 16 BlowUp188.qxd:Blow Up 13-12-2013 9:11 Pagina 17 dalla tenera età. Lo zampino di Martino in questo aspetto è stato determinante, non è un caso che questo approccio un po’ punk e folle è individuabile anche nelle sue produzioni come Mass Prod, o come Nightdrivers assieme a Rufus. E non è un caso che Martino sia un grande appassionato di new wave. In prospettiva intendete continuare a incidere solo vinili oppure anche CD? Matteo: Al momento andiamo di vinile direi, ma non escludiamo altri formati in futuro. Stampare in vinile costa denaro e sacrifici ma ne vale la pena, è il formato ottimale per rappresentare al meglio l’estetica Marmo, sia dal punto di vista del marketing, sia per questioni di suono. Il vinile ti permettere di completare il prodotto musicale in senso grafico e tangibile. Un certo tipo di suono immaginativo e visionario ha senso solo se viene arricchito da una bella copertina. Niente di meglio dei solchi di un vinile per custodire e sprigionare l’energia della materia, le frequenze basse, la profondità del suono e lo sporco della registrazione su nastro. The DOWC sta per The Decline Of Western Civilization, come il titolo di un celebre film dell’81 che documentava la scena punk di Los Angeles con protagonisti Black Flag, Circle Jerks, Germs, X, Fear, Alice Bag Band e Catholic Discipline. Il rimando è voluto o casuale? E se è voluto, cosa volevate comunicare? Matteo: Sinceramente non conoscevo quel film, ne sono venuto a conoscenza tramite Martino, che probabilmente ha voluto citarlo scegliendolo come titolo di una traccia e successivamente per il concept intero. Dal mio punto di vista è un titolo piuttosto attuale. Se nell’81 il film documentava forme estreme di rigetto a un modello socio-culturale capitalistico in piena espansione, oggi con questi dischi ne esprimiamo il fallimento. Rufus: Voluto o casuale che sia, bisognerebbe partire dal presupposto che l’elettronica è il nuovo rock (genere di musica alternativa per un consumo di massa estremamente frammentata)... Tutta la recente nuova onda lo-fi techno e ambient basata sul campionamento brutale, il dub e la distorsione sonora della cassetta ha sicuramente una matrice e un’attitudine punk che rappresenta lo spirito ribelle di questi anni in contrapposizione con il mondo digitale plastificato che ci circonda e sovrasta. La voglia di ritrovare, assaporare, toccare, sentire la musica, soprattutto quella elettronica, è alla base del radicalismo punk, la stessa attitudine che ha Tru West nel creare identità sonore attraverso l’improvvisazione e la casualità degli eventi: la registrazione in presa diretta, l’open mic, il solo uso di macchine analogiche, lo stritolamento del campione preso da vinile, la versatilità dei cambi di luogo ed atmosfera musicale, lo spirito libero. Questo voler ritornare in maniera brutale e primitiva alla musica, a noi stessi, rappresenta una sconfitta per i cosiddetti progressi tecnologici e sociali della nostra civiltà. Vivete a Berlino da molto tempo? Matteo: Da sei anni e mezzo e probabile che ci rimanga per almeno altrettanti anni. Martino ha vissuto a Berlino fino a poco tempo fa, ora nella sua Genova, ma il suo spirito è sempre ben presente tra noi… Rufus vive a Berlino da quasi due anni in una sorta di esilio culturale, Herve nella sua Firenze, Berlino per lui è di solito toccata-fuga con full immersion studio-club-gig. Raffaele sta tra Bologna e Berlino. Non conosco le altre produzioni della Marmo ma da quel che posso capire la caratteristica principale è l’interazione tra musiche apparentemente molto diverse come house, techno, improv, rock, neokraut… Non è facile trovare etichette con vedute così ampie… Matteo: Siamo solo alla seconda uscita ma hai già intuito l’estetica, che riflette i nostri ascolti. Alcuni di noi sono più influenzati dalla psichedelia anni ‘60/‘70, dalla wave e il kraut rock, altri come Rufus o Herve hanno un background più ampio in territori dub, funk, hip-hop, house e techno. Tutti ascoltiamo un po’ di tutto, tutti frequentiamo regolarmente club techno e in questa cultura, quella elettronica, troviamo il nostro punto d’incontro, il territorio in cui sperimentare. Rufus: È un po’ assurdo che un lavoro del genere sia venuto fuori da tre djs che negli ultimi anni hanno prodotto e suonato in lungo e largo solo house e techno... I membri dei Tru West hanno origini come performers in band: Herve e Martino sono due batteristi, hanno entrambi un solidissimo background con band di ogni tipo e gruppi d’improvvisazione, io cantavo negli anni del liceo e avevo una fissa per gli Area e Stratos prima di chiudermi nel nerdismo di comprare dischi e cd e approfondire la storia della musica… Siamo figli dei nostri tempi e siamo cresciuti a cavallo fra due epoche completamente diverse musicalmente. Forse per questo ci piace un po’ tutto. Chi fa mercato con la musica oggi, lo fa in gran parte con la ripetizione di uno standard, noi vorremmo fare l’opposto, con ampiezza di vedute. ! Timeline 16 GENNAIO 1987 I JANE’S ADDICTION registrano un concerto al Roxy di Hollywood che, con molte manipolazioni di studio, diverrà il loro primo album, l’omonimo “Jane’s Addiction” pubblicato a fine anno. 17 GENNAIO 1975 Fanno la loro prima prova insieme i TALKING HEADS, trio newyorkese nato dalle ceneri degli Artistics. I tre si chiamano David Byrne (chitarra e voce), Chris Frantz (batteria) e l’ultima arrivata, la bassista Martina Weymouth. Molti gli originali e alcune cover tra cui 96 Tears, 1-2-3 Red Light, I Can’t Control Myself e Love Is All Around. Esordiranno dal vivo il 30 giugno al CBGB’s e poi su disco il 7 marzo 1977 con Love Building On Fire / New Feeling; poche settimane dopo l’uscita del singolo si unirà a loro il tastierista Jerry Harrison, in arrivo dai Modern Lovers di Jonathan Richman, e la band sarà a posto. 23 GENNAIO 1964 I KINKS firmano un contratto con la Pye e registrano i loro primi quattro pezzi nel corso di una session settimanale col produttore Shel Talmy. Dopo due singoli di scarso successo (la cover di Long Tall Sally di Little Richard e You Still Want Me) il gruppo esplode letteralmente col terzo, You Really Got Me (#1 in UK e tra i primi dieci negli USA) e il quarto, All Day and All Of The Night (#2 in UK e #7 negli USA), entrambi pubblicati nel corso dell’anno. 29 GENNAIO 1977 I BUZZCOCKS si autofinanziano la stampa delle 1.000 copie del loro primo EP e lo pubblicano oggi per la propria New Hormones Records: si chiama Spiral Scratch e contiene quattro pezzi originali: Breakdown, Time’s Up, Boredom e Friends Of Mine. Loro sono Pete McNeish aka Pete Shelley (chitarra), Howard Trafford aka Howard Devoto (voce), Steve Diggle (basso) e John Maher (batteria); Martin Hannett alla produzione. 17
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