Voci dai territori occupati 1 maggio 2014 www.bocchescucite.org numero 191 Al vascello ARCA DI GAZA sono dedicate le foto, dopo l'esplosione che l'ha in parte distrutta. L’obiettivo era quello di attirare l’attenzione internazionale sull’assedio israeliano che colpisce la Striscia. Ma questa volta invece di entrare si provava ad uscire da Gaza. "Né questo né nessun altro attacco fermerà chi vuole sfidare il blocco di Gaza!" CHI DIFENDE I PALESTINESI? aspettando il grido Francesco contro l'occupazione Ci pensiamo noi a portare questo pericoloso e imprevedibile papa comunista -sembra ragionare Netanyahu- facendolo calare direttamente dal cielo con un elicottero, evitando così che Francesco possa anche solo vedere il muro a Betlemme. Si direbbe che, stremate dalla più lunga e colossale ingiustizia della storia, anche le pietre di Gerusalemme, se potessero, griderebbero che alla radice del conflitto sta l'occupazione israeliana. Per questo tutti sanno cosa si aspettano i palestinesi dal prossimo viaggio di papa Francesco in Palestina: una denuncia forte e chiara. In realtà, mentre i più ottimisti gioiscono per la sosta nel campo profughi di Dehisheh perché non celebrerà la Messa su terra israeliana, noi purtroppo constatiamo che anche stavolta il governo di occupazione è riuscito a condizionare efficacemente l’itinerario del papa, soprattutto perché non si rivedano alla TV le disdicevoli immagini di papa Benedetto XVI con lo sfondo del muro di apartheid: ci pensiamo noi a portare questo pericoloso e imprevedibile papa comunista —sembra ragionare Netanyahu— facendolo calare direttamente dal cielo con un elicottero, evitando così che Francesco possa anche solo vedere il muro a Betlemme. Ma se lo Spirito Santo è riuscito a far eleggere un papa così rivoluzionario, è troppo sperare in una sua condanna esplicita dell'oppressione israeliana? Ed è lecito sognare che, nella libertà di gesti e parole fuori-programma a cui ci sta abituando, Francesco chieda di mettersi in fila con i palestinesi nella gabbia infernale di un check-point? È quello che hanno detto direttamente a lui i preti della Tavola Pellegrini Medioriente, attraverso una Lettera che BoccheScucite pubblica in questo numero. Chissà poi se qualcuno avrà informato il papa della subdola opera di “depalestinizzazione” che lo stato d'Israele da sempre sta portando avanti, soprattutto diffondendo questo semplice teorema: 1° facciamo il possibile per mettere cristiani e musulmani gli uni contro gli altri; 2° continuiamo a far credere al mondo che cristiani e musulmani non siano tutti parte dello stesso popolo palestinese; 3° con il sacrosanto obiettivo della sicurezza di Israele facciamo capire che anche i cristiani posso essere di aiuto “alleati naturali di Israele contro la minaccia dei nemici musulmani che vogliono distruggere lo stato israeliano dall'interno”. Quest'ultima dichiarazione, del deputato del Likud Yariv Levin, ha accompagnato l'approvazione dell'ultima legge del Parlamento israeliano (24 febbraio 2014) che distingue, tra i cittadini israeliani, quelli cristiani da quelli musulmani. In questo modo, prosegue Yariv, potremo compiere “un passo storico che potrebbe aiutare l'equilibrio nello Stato d'Israele, perché i cristiani, ci tengo a dirlo, non sono arabi”. (Adista 13) Insomma: l'importante è che il papa e l'opinione pubblica lascino libera la potenza di occupazione di accanirsi contro i palestinesi, convincendoli a non ricordare al mondo che i cristiani sono in realtà sia arabi che palestinesi! È questa la dura replica del Consiglio dei vescovi cattolici della Terra Santa: “Noi, capi della Chiesa Cattolica in Israele, affermiamo che non è né diritto né dovere delle autorità civili israeliane dirci chi siamo. Noi e i nostri fedeli in Israele, siamo infatti arabi, cristiani, palestinesi e anche cittadini dello Stato d'Israele!” Per questo è grave anche l'opera di manipolazione della realtà che anche in Italia è diffusa da chi, sostenendo che i cristiani sarebbero perseguitati dai musulmani palestinesi, dimentica che la sofferenza dei cristiani è dovuta al loro essere palestinesi e non alla loro fede. Illuminanti a questo proposito restano le parole del Patriarca emerito di Gerusalemme Michel Sabbah: “Il cristiano appartiene alla sua terra, la Palestina. Per questo cristiani e musulmani siamo un solo popolo. Abbiamo qui le stesse radici, da 1400 anni. Insieme lottiamo, da palestinesi, per la nostra libertà. I figli di Palestina sono affamati, assediati, ammazzati e le nostre terre confiscate. Questa è la sofferenza e la lotta dei palestinesi, musulmani e cristiani insieme!” (Voce che grida nel deserto, Edizioni Paoline) BoccheScucite Newsletter BoccheScucite 2 Piuttosto che pubblicare articoli di saggi analisti o famosi giornalisti BoccheScucite preferisce, come per il pezzo che che segue, dar voce a chi, direttamente dalla Palestina, condivide la resistenza quotidiana e non sa a chi affidare la sua testimonianza diretta della “ordinaria” repressione e violenza dell'esercito di occupazione. Dal Villaggio di Nabi Saleh, ci invia questo report Nora Tamimi, volontaria del Servizio Civile Internazionale Italia (SCI). Ha ottenuto un Master in Cooperazione Internazionale. Attualmente vive a Nabih Saleh e si occupa di informazione sulla Lotta Popolare dei villaggi della Cisgiordania. Nabih Saleh rompe l'assedio militare di Nora Tamimi Per tre giorni un piccolo villaggio della Cisgiordania, Nabih, Saleh, è stato sottoposto ad un assedio militare imposto dalla Forze di Occupazione Israeliane Sabato 12 Aprile, le Forze di Occupazione Israeliane (FOI) hanno imposto un blocco totale dei movimenti al villaggio di Nabih Saleh, dopo averlo dichiarato 'area militare chiusa'. Tutte le entrate principali sono state sbarrate e chiunque tentasse di entrare o uscire dal villaggio è stato attaccato indipendentemente dal tipo di pericolo che potesse rappresentare. Poco prima dell'assedio, Sarak, l'unità militare israeliana ora in servizio nella zona e famosa per la sua spietatezza, ha annunciato la volontà di 'imporre l'ordine e la legalità, sopprimendo qualsiasi forma di terrorismo'. Un comunicato privo di alcun senso, considerando che Nabih Saleh dal 2009 sta conducendo soltanto azioni nonviolente contro l'occupazione Israeliana, in tutte le sue forme. Una scelta strategica che ha aumentato l'appoggio alla causa Palestinese, che ha permesso di ottenere alcune importanti vittorie, ed è ora ovviamente percepita come una minaccia dagli oppressori Sionisti, considerando la reazione spropositata e l'eccessiva brutalità portata avanti contro i residenti del villaggio. Di fatto, un giovane uomo, Odai Tamimi, è stato colpito in faccia e al petto da colpi di arma da fuoco. Wijdan Tamimi, donna di 45 anni, è stata invece picchiata e trattenuta in ostaggio dai soldati di fronte al nipote di 4 anni. Faysal Nakhla è stato fisicamente attaccato e gli è stato proibito di raggiungere la propria casa, posta a circa 5 metri dall'entrata del villaggio. Appare chiaro che tale assedio sia stato attuato per mettere in atto una punizione collettiva, in un tentativo di rompere la fermezza con cui viene condotta la lotta popolare e di indebolire il movimento nonviolento intero. Di fatto, Nabih Saleh è conosciuta per essere uno dei villaggi resistenti più attivi della Cisgiordania. Ogni venerdì vi si tengono dimostrazioni nonviolente per protestare contro la confisca di terra e il furto dell'unica sorgente d'acqua portati sistematicamente avanti dalla vicina colonia di Halamish. Nell'ultimo mese, Nabih Saleh ha dovuto sostenere una escalation di forme di repressione e di arresti culminati con il blocco totale dei movimenti del villaggio. Newsletter BoccheScucite Ancora una volta, le condizioni avverse non hanno incrinato la forza di volontà dei residenti a non reagire con violenza. Lunedì 14 Aprile, la Popular Struggle Committee (commissione popolare di lotta) ha infine indetto una dimostrazione per porre termine all'assedio. Attivisti da tutta la Cisgiordania hanno raggiunto il villaggio per dare un significativo contributo all'azione dimostrativa. Molti checkpoint mobili sono stati allestiti lungo la via per Ramallah, in un tentativo di diminuire il flusso continuo degli arrivi degli attivisti. Perfino così non sono però riusciti a diminuire l'impatto dell'evento, che ha avuto un grosso successo. Appena la marcia ha raggiunto la strada principale, hanno cominciato a sparare. Abbiamo proseguito verso il checkpoint dove i manifestanti si sono rifiutati di muoversi fino a che il cancello non fosse stato aperto e l'assedio rimosso. Appena la marcia ha raggiunto la strada principale, il FOI ha cominciato a sparare gas lacrimogeni e bombe sonore. Ciò nonostante, la marcia è proseguita unita verso il checkpoint dove i manifestanti si sono rifiutati di muoversi fino a che il cancello non fosse stato aperto e l'assedio rimosso. Nonostante lo spirito pacifico della dimostrazione, l'esercito israeliano ha fatto uso di violenza in modo incontrollato, specialmente verso le donne che sono state picchiate, spinte e gettate a terra molte volte. Dopo un'ora circa, l'esercito ha deciso di ritirarsi e i dimostranti sono riusciti ad aprire il cancello della strada principale insieme al cancello all'entrata est del villaggio, chiuso da 12 anni. Nabih Saleh ha provato così che l'uso della nonviolenza non è un modo passivo di lotta ma è una scelta strategica capace di porre una minaccia reale allo status-quo, permettendo ai partecipanti di avanzare richieste concrete ottenendone anche l'applicazione. Questo episodio è anche stata un'occasione per ricordare al mondo che i Palestinesi sono continuamente soggetti a restrizioni di movimento e severi controlli ispirati ad una politica di frammentazione del territorio e portata avanti dallo Stato di Israele con lo scopo di prevenire la realizzazione di uno Stato Palestinese. Tali limitazioni si manifestano attraverso un complesso e articolato sistema di checkpoint, una rete di strade percorribili solo dai coloni e, infine, attraverso il tristemente famoso Muro dell'Apartheid. 3 aprile 2014: “Israele rischia di diventare uno Stato in cui vige l'apartheid" (John Kerry) Questa volta il titolo di questa rubrica di BoccheScucite è proprio azzeccato. Chissà se il Segretario di Stato Usa si è reso conto che, a distanza di qualche anno, stava riprendendo un chiarissimo concetto espresso, sempre in aprile ma del 2007, dall'ex Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter. Suggeriamo che qualcuno inoltri a Kerry anche il resto del suo ragionamento, magari decidendo poi di agire di conseguenza... aprile 2007: “Palestina, Pace non Apartheid” (titolo del libro il cui autore è Jimmy Carter) I palestinesi non avranno alcun futuro possibile e quest’alternativa non sarà accettabile per la comunità internazionale. Pace, non apartheid. Da “Palestina, pace non apartheid”: Gli Israeliani sono oggi tentati di non fare alcuno sforzo per trovare un accordo di pace che sia fondato su negoziati in buona fede o su altre basi. In effetti, Gerusalemme Est si trova sempre più sotto controllo israeliano, il muro procura una relativa sicurezza attorno a quel che resta della Cisgiordania e migliaia di coloni rimangono ad est del muro, protetti da una potente forza d’occupazione. In un periodo caratterizzato da un vuoto diplomatico, gli ufficiali israeliani hanno preso un certo numero di decisioni unilaterali, non curandosi di Washington e dei Palestinesi. Essi sono persuasi che una barriera risolverà il problema palestinese. Servendosi del loro predominio politico e militare, impongono un sistema di Newsletter BoccheScucite parziale ritiro, di accerchiamento e di apartheid per i cittadini musulmani e cristiani dei territori occupati. Sembra evidente che non rimarrà alcun territorio tale da permettere ai palestinesi di crearvi uno stato vivibile, ma invece uno spazio completamente accerchiato dalla barriera e dalla valle del Giordano occupata. I Palestinesi non avranno alcun futuro possibile e quest’alternativa non sarà accettabile per la comunità internazionale. Le radici del conflitto - l’occupazione di terre arabe, il pessimo trattamento inflitto alle popolazioni palestinesi e l’accettazione di Israele nelle sue frontiere legali – devono ancora essere trattate. Per ora si prosegue in questo evidente regime di apartheid” 4 Pubblichiamo la Lettera a papa Francesco che la Tavola Pellegrini Medioriente gli ha inviato in questo tempo di attesa e preparazione della sua visita che, in particolare, lo vedrà sostare il 25 maggio a Betlemme. Vieni e vedi Lettera a Papa Francesco Carissimo Papa Francesco, pace e bene! Da molti anni ormai, in comunione di fede e di amicizia con le comunità ed i presbiteri del Patriarcato Latino di Gerusalemme, ci rechiamo più volte all’anno in Terra Santa, per vivere l'esperienza autentica del pellegrinaggio biblico, spirituale, e di comunione con tutti i fratelli: cristiani, ebrei e musulmani. Grande è la gioia di sentirci accolti con colore e fraternità dai fratelli e sorelle delle nostre comunità cristiane nella “Tenda di Abramo” da cui impariamo la spiritualità dell'accoglienza; Abramo infatti è “il primo eroe dell’ospitalità, del diritto d’asilo. Perché i problemi dell’inizio dell’umanità sono anche quelli della fine, specialmente quello del carattere sacro del diritto di asilo e quello del rispetto dello straniero” (Louis Massignon). Non possiamo però nasconderLe la nostra attenzione per quei fratelli e sorelle che tanto soffrono a causa dell'occupazione militare della loro terra. Sofferenza che non trova il giusto spazio nei media, per cui rimane pressoché nascosta alla stessa opinione pubblica israeliana. Ciò ci ha spinti a scriverLe prima del Suo arrivo a Betlemme e a Gerusalemme Est, “Territori Palestinesi Occupati” di fatto, come è stato riconosciuto più volte dall’ONU. Sappiamo che entrambi i popoli non vivono in pace: quale differenza, tuttavia -tra il popolo palestinese e quello israeliano - nella quotidianità della vita, nelle possibilità di concepire un presente ed un futuro degni, nel poter andare e venire fuori dai propri confini … Tutto questo non possiamo tacerlo! Come credenti e come presbiteri amiamo ricordare la “radice santa” del cristianesimo, quell'Israele di Dio di cui Paolo scrive con passione: “quando essi ancora non eran nati e nulla avevano fatto di bene o di male - perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sull'elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama” (Rm 9,11). Ma, come ricorda Kairos Palestina, il Documento del cristiani di Terra Santa del 2009,: “alla Newsletter BoccheScucite luce degli insegnamenti della Scrittura, la promessa della terra non è mai stata un programma politico ma piuttosto il preludio ad una salvezza universale e l'inizio del compimento del regno di Dio sulla terra” (2.3). Per questo ci scandalizza che “alcuni teologi occidentali abbiano cercato di trovare una legittimazione biblica e teologica all'ingiustizia che è stata imposta al popolo palestinese” (Kairos 2.3.3.). Papa Francesco, le chiediamo: Al checkpoint di Betlemme, scenda dall’auto per stare per qualche minuto con chi ogni giorno, per ore, subisce questa umiliazione. Nessuna giustificazione biblica o teologica potrà mettere in ombra la responsabilità di chi occupa la terra palestinese con le armi, con le colonie illegali, con la requisizione arbitraria di acqua e terra, con il famigerato muro costruito illegalmente sulle loro terre, con le strade loro interdette, e con i tanti checkpoint. In questa situazione le persone sono impossibilitate a vivere con dignità, e spostarsi in casa loro; intere famiglie vengono terrorizzate con punizioni collettive e con arresti arbitrari, con incursioni notturne nelle case e con l'abbattimento delle stesse e scoprono le loro colture avvelenate, assieme alle bestie e alle fonti d'acqua … Nella scia di quanto fecero Papa Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, Le chiediamo sommessamente: A Betlemme esiga di vedere il muro di separazione che da 10 anni i palestinesi sono costretti ad attraversare, oltrepassando il checkpoint principale che ad oggi sembra un confine di Stato arbitrario e definito illegale nel 2004 dalla Corte Internazionale di Giustizia. Al checkpoint di Betlemme, scenda dall'auto per stare per qualche minuto con chi ogni giorno, per ore, subisce l'umiliazione delle impronte da mostrare: anziani, bambini, uomini e donne. Ascolti le storie di chi vive murato in casa propria, e subisce l'umiliazione e la pena di vivere isolato, controllato nei movimenti, e privato della libertà di decidere della propria vita: non soltanto povero, ma impoverito! Incontrando le autorità palestinesi e i profughi di Dheisheh faccia espliciti riferimenti alle odiose e sempre più insopportabili realtà delle colonie-insediamenti, e chieda di incontrare i testimoni di queste violazioni, come Da- 5 oud Nassar che con la sua famiglia ha fondato la Tent of Nations. Nella sua casa circondata da colonie illegali, Daud è esempio di “cristiano nonviolento” impegnato a non odiare i vicini e che con evangelica fermezza chiede rispetto e giustizia, per non essere cacciato (da coloni e soldati) da quella terra che appartiene alla sua famiglia da generazioni. Alzi la Sua voce autorevole per dare voce alle tante esperienze di cittadini e gruppi ISRAELIANI che denunciano le responsabilità del loro stato e operano coraggiosamente per difendere i diritti dei palestinesi. Noi saremo con Lei nella preghiera corale che coinvolgerà le nostre comunità, e siamo certi che il Dio della pace, che nel suo Figlio amato ha pianto su questa terra nel sofferto desiderio di pace, donerà finalmente la pace per la Terra del Santo – benedetto Egli sia! 2 Aprile 2014 Tutti i destinatari della mail sono inseriti in copia nascosta (L. 675/96). Gli indirizzi ai quali mandiamo la comunicazione sono selezionati e verificati, ma può succedere che il messaggio pervenga anche a persone non interessate. VI CHIEDIAMO SCUSA se ciò è accaduto. Se non volete più ricevere "BoccheScucite" o ulteriori messaggi collettivi, vi preghiamo di segnalarcelo mandando un messaggio a [email protected] con oggetto: RIMUOVI, e verrete immediatamente rimossi dalla mailing list. Se hai uno smartphone verrai rimandato direttamente al sito... I FIRMATARI Bizzeti padre Paolo sj, Padova - Direttore del Centro Giovanile Antonianum e accompagnatore spirituale di Terra Santa Marcazzani don Sergio, Verona - Accompagnatore spirituale di Terra Santa Nandino don Capovilla, Venezia – referente nazionale di Pax Christi Campagna Ponti e non muri Previdi don Emanuele, Verona - Accompagnatore spirituale di Terra Santa Sandrin padre Iuri sj, Bologna - Accompagnatore spirituale di Terra Santa Signoretto don Martino, Verona - Docente di Sacra Scrittura e accompagnatore spirituale di Terra Santa Sinibaldi don Raimondo, Vicenza - Direttore Ufficio Pellegrinaggi Diocesi di Vicenza e accompagnatore spirituale di Terra Santa Urbani don Gianantonio, Vicenza - Accompagnatore spirituale di Terra Santa Viali don Giacomo, Vicenza - Accompagnatore spirituale di Terra Santa Benedetti Matteo, Verona - Accompagnatore spirituale di Terra Santa Compri Emanuela (Verona) Concina Lino, Padova il mattino di Pasqua... Conta davvero poco che sia Natale o Pasqua. Ordinaria violenza contro civili innocenti anche il mattino di Pasqua, 20 aprile 2014. Questa rubrica IN BREVE raccoglie le testimonianze a cui non serve aggiungere alcun commento. Basta infatti il taccuino di un internazionale presente sul posto. Erano le 16.00, nel piccolo villaggio di Awarta, quando sono entrate quattro jeep dell'esercito israeliano e hanno cominciato a sparare dentro ad un negozio e a 4 case. Le case erano piene di bambini. Hanno sparato nelle finestre gas e sound bomb. Le case si sono riempite subito di gas, gli occhi dei bambini lacrimano e fanno fatica a respirare. Gli adulti, uomini e donne, escono in strada e tentano di fermarli. I soldati aggrediscono due donne, prendono a calci nella schiena due bambini, uno di 13 anni e l’altro di 15 anni. Poi arrestano un ragazzo di 24 anni e uno di 26 anni. Fotografo i bambini con gli occhi che piangono. Una di loro ha tre anni e ha problemi cardiaci. Il padre che la tiene in braccio mi fa toccare il cuore della bambina, palpita velocemente. La maggior parte dei bambini nei villaggi ha problemi psicologici. Molti di loro si fanno la pipì addosso di notte. Molti di loro sono frustrati. Pensate come reagirebbero i bambini in Europa se arrivassero i soldati a portarli via di notte e a sparargli nelle case di giorno... Quello più giovane viene subito rilasciato, all’altro vengono legati i polsi con il laccio di plastica e viene portato via, ad Huwwara. Quattro case attaccate, ad una hanno rotto il vetro della finestra sparando il gas all’interno. In un altra casa non si riesce a stare dentro nemmeno un’ora dopo per il forte odore di gas lacrimogeno. Qui ci vive una bambina di un anno e soffre per i gas. I genitori in strada dicono ai soldati di smetterla perché c’è la bambina in casa. I soldati gli rispondono “per noi può morire”. Newsletter BoccheScucite 6
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