Relazione fatta dal nostro amico Gianfranco Maranzan

D+ 5.6 Dolomiti Trail
...È un caso, come sempre, che vengo a conoscenza del D+5.6 Dolomiti Trail. Siamo in una
gara Fiasp, in una delle rare, calde e non piovose domeniche di questa estate che sembra non
arrivare mai. Sto correndo assieme a Lia, una corsa in montagna nella zona delle Prealpi
Carniche quando è lei che mi propone uno strano viaggio. L'idea di Lia mi ha incuriosito
parecchio, tanto che come arrivo a casa mi fiondo sul p.c. e scorro le pagine descrittive
della strana proposta trail......parti quando vuoi....fallo in quanto vuoi... segui in libertà il tuo
obiettivo!!! …...Tutto questo organizzato in un’area che va lungo la Cresta Carnica, passa sotto
la Catena del Popera per poi arrivare fino nel Comelico... I numeri sono quelli che impauriscono
...156 i Km e 7650 metri di dislivello positivo da superare. Ci penso in realtà molto poco, avevo
già deciso ascoltando le parole di Lia, veterana in ambiente trail. La chiamo e fissiamo la data
di partenza che, ovviamente, è stata centrata in un periodo dove veramente il cielo sembra
non finire mai di buttar giù acqua. L'accordo è fatto si parte!!
Siamo in tre, c'è anche Daniela, decidiamo di vivere questa avventura quanto più possibile alla
luce del giorno e in un massimo di tre giorni. I dettagli organizzativi sono cosa facile con il
supporto di Michele deus macchina di questo progetto che, con quattro dritte, ci trova subito
sistemazione logistica in un periodo non facile come quello di ferragosto. La preparazione
dello zaino invece, è stata cosa di grande attenzione data la mia poca esperienza in una
dimensione diversa dalla solita che vivo nelle gare trail. Tre giorni in completa autosufficienza
in ambiente alpino, con un meteo di una variabilità assoluta non fa lasciar nulla al caso. Il
risultato: 11 kg di zaino!! Esagerato dirà sicuramente qualcuno di più esperto. Sono d'accordo,
penso io … ma la mia tranquillità ha un peso, ed io, consapevole, discutibilmente mi sono
preparato al peggio. So che questo, che è un considerevole peso, sarà la variabile importante
in tutto il viaggio ma non riesco a rinunciare alla tranquillità in quella che potrebbe essere
una situazione particolare da dover gestire....
Sono le 7 del mattino di questo 16 agosto quando ci presentiamo a Collina dal Gino nella sua
suggestiva baita chiamata Staipo da Canobio e regolarizziamo la partenza.Poche formalità ed il
viaggio comincia.....Io mi sento lo sherpa del terzetto, con praticamente un armadietto sulla
schiena. Lia di molto più leggera e Daniela, sicuramente la più dimensionata, la quale tra meno
di un mese affronterà il Tor de Geants e questo trail per lei è una sorta di prova generale.
Il primo obiettivo di giornata che raggiungiamo presto è il rifugio Lambertenghi incastonato
sulle pareti del Coglians ed è già check point, il primo!! Capisco nelle premure dei gestori
l'apprezzamento per ciò che stiamo facendo. Non molti in questa stagione avversa sotto il
profilo meteo sono riusciti nell'intento, fermati alcuni appunto, anche negli scorsi week end da
forti e cospicui temporali. Oggi, invece, il clima è fresco e le condizioni sono ideali per chi,
come noi, tiene un bel passo sostenuto. Salutato il lago Volaia alle spalle del rifugio
Lambertenghi ci ritroviamo in un tratto lungo la famosa e blasonata da viaggiatori stranieri
“Traversata Carnica” direzione, attraverso un sentiero
in terra d'Austria, del Passo del
Giramondo. In questi primi 20 km di percorso ne incontriamo molti di viaggiatori stranieri e
solitari. La “Traversata Carnica” che è un itinerario spettacolare tra Italia e Austria e che va dalle
Dolomiti Orientali attraverso le Alpi dell’Alto Adige, il Comelico fino alla Carnia è caratterizzata,
oltre che da un aspetto paesaggistico intenso, da zone di interesse storico e, anche questo viaggio,
può essere intrapreso e gestito a vari livelli di difficoltà. Inconsueto è stato l'incontro con un
gruppetto di allegre giovani suore, presumo di nazionalità Austriaca, così come inconsueto è stato
vederle in abito talare con scarponi e zaino. Ho strappato loro solo un fugace ciao, andavano
molto di fretta. Questo tratto che stiamo percorrendo in terra Austriaca non presenta alcun
tipo di difficoltà, il percorso è segnato bene così procediamo spediti arrivando al Passo del
Giramondo. Scendiamo poi per la Val Fleons salutati da un piccolo gregge di capre, alcune
arrampicate sopra un grande sasso caduto ed intente a cimare fresche piante d'ortica. Tutto intorno
è di un verde intenso complice l'abbondante acqua caduta, ovunque ci sono pozze d'acqua,
rivoli che si trasformano a volte in piccoli torrenti lungo i sentieri. E’ praticamente impossibile
evitare di inzupparsi i piedi per la tanta acqua che abbiamo trovato in questa zona. Poi, lungo
la discesa del Sesia una grande frana ci impegna tecnicamente, costringendoci ad una funambola
attraversata sul fango. Lia scivola, finisce a terra, in un luogo morbido e non pericoloso, al suo
rialzo, evidenti rimangono nel suo lato “b” i segni di fango e acqua... ovviamente, come sempre
in questi casi, sulle disgrazie altrui, si ride allegramente. Sono le prime ore del pomeriggio e
siamo in salita verso il passo Sesis, il meteo è cambiato repentinamente, le nubi sono del grigio
più intenso ed infatti dopo poco, ci ritroviamo sotto una continua ma delicata grandinata mista a
pioggia che ci ha accompagnato per un’ ora lungo tutta la parte finale della salita. Per fortuna
dal passo in giù verso il rifugio Calvi il cielo si è riaperto e ci ha fatto godere dell’ immenso
spettacolo che propone sua maestà il Peralba.
Siamo al Calvi, secondo check point di giornata, ritiriamo dal gestore la seconda perlina che va
ad impreziosire il bracciale con la scarpetta, simbolo di questo trail dolomitico. Poi il caldo
invitante interno al rifugio ci impone una pausa ristoratrice. In un angolo mangiamo con calma
ciò che ci siamo portati. Per me togliere lo zaino è un sollievo enorme, nelle spalle cominciano ad
essere evidenti i segni degli spallacci. Passato più o meno un quarto d'ora dentro al particolare
quanto bel rifugio, ci incamminiamo in discesa su una comoda strada forestale che ci ha condotto
velocemente sino alle sorgenti del fiume Piave e quindi, all’ omonimo rifugio. Non ci fermiamo,
ovviamente, uno sguardo veloce alle sorgenti, facciamo rifornimento alle borracce con l'acqua
fresca che sgorga da una risorgiva e riprendiamo su di un sentiero in salita ritrovandoci dopo un
po’ sullo spettacolare sentiero del “Giro delle Malghe”. Sono le 18.00 quando ci ritroviamo a
Malga Antola la prima nell'ordine di sei. Chiamo, come d'accordo, il gestore di Malga Dignas che
è l'ultima della serie nel percorso fatto nella direzione che noi stiamo procedendo. E' l'ultimo
obiettivo di giornata, infatti, lì abbiamo pensato di pernottare. Al telefono il gestore, vista
l'ora, fa un rapido calcolo e mi avverte: “ Tre ore e mezza ad un passo veloce e siete qua!!” “
Azz...” penso io … speravo decisamente meno... Il sentiero è un sali e scendi continuo e spesso
diventa facile strada forestale. Il cielo ora è terso così che possiamo vivere un tramonto
incredibile fatto di mille giochi di colore che esaltano le cime del “Rinaldo e delle “Terze” fronte a
noi, avvolte da poche nubi rimaste. Io e le mie compagne di viaggio ce lo godiamo sul serio.
L'alba ed il tramonto hanno sempre una magia particolare che fa risaltare la bellezza dei
luoghi in cui ti trovi. Oggi in particolare in questo straordinario balcone su tutta la
Valvisdende.
Sono le 21.25 quando arriviamo alla Malga Dignas, ad attenderci oltre ad alcuni avventori il
proprietario sorridente...”Guardate di quanto ho sbagliato”.....” cinque minuti” ribadisce con
fierezza!! Lascio i convenevoli a Lia e Daniela, la mia attenzione è subito rivolta ad una spina
di birra dietro ad un bancone, oggi mi è mancata, varie volte l'ho pensata...me ne faccio
servire un buon boccale che mi godo ascoltando volentieri i gran discorsi. Successiva doccia e
cena sono cosa rapida, la birra anche a cena ristora sicuramente ma la stanchezza ed il dolore
alle spalle inducono presto tutti verso il meritato riposo. Mi addormento quasi subito non
prima però di aver riavvolto e ripercorso mentalmente il gran bel giro fatto oggi, sono sereno e
veramente soddisfatto.
La notte passa veloce, io riposo benissimo, arrivano presto le 6.30\7.00 del mattino ora
concordata per la colazione, foto di rito con i proprietari e via, si riparte. Il primo tratto è in
discesa per poi, dopo pochi chilometri, una volta giunti a valle, intraprendere una ripida strada
prima, sentiero poi, che ci ha condotti sino ai piani di Vissada. La salita è tosta e lunga, io con il
mio armadio sulla schiena la faccio veramente piano. Lia è con me e scherza sul contenuto
indiscutibilmente generoso del mio zaino, Daniela è di poco più avanti.
Arriviamo su, ai Piani di Vissada, con un sole caldo e con un cielo terso, sarà una giornata bella.
Ad accoglierci su questo grande e verde altipiano molte mucche che quest'anno, in particolare,
sembra proprio che se la godano, complici le temperature più fresche, acqua in gran quantità
ovunque, erba rigogliosa e, soprattutto, niente mosche ad infastidirle...
Ci accorgiamo, però, che tutti i segnavia posizionati sui paletti sono a terra. Sicuramente gli animali
li hanno utilizzati per grattarsi... poco male.. gps e cartina e siamo subito in traccia. Scendiamo
un po’ per poi risalire subito direzione monte Zovo. I sentieri che percorriamo sono
estremamente panoramici, complice il meteo possiamo veramente ammirare e gustarci
pienamente tutta la Val Comelico. Lo spettacolo è continuo di quelli che tolgono il fiato e per
questo, seduti sotto il caratteristico totem posto sulla sommità dello Zovo ci concediamo una
pausa di pochi minuti. E’ il primo check point di giornata. La successiva lunga discesa avviene in
una strada forestale fresca di sistemazione ed immersa in boschi ombrosi. Ovunque ci sono
segni della stagione avversa sotto il profilo meteo. Piccole frane, smottamenti, alberi caduti a
terra sono frequenti in questa zona e soprattutto prima dell’abitato di Casamazzagno. Di
continuo per poter continuare siamo costretti a risalire i pendii ed inventarci piccole deviazioni.
All'uscita del paese un inaspettato quanto piacevole incontro con Michele, non possiamo fermarci
molto, sappiamo che l'obiettivo di giornata oggi è ambizioso e sono ancora molti i chilometri da
fare, giusto il tempo per riprendere fiato, piccoli ragguagli tecnici e la foto di rito. Salendo,
guardo i particolari e l'altimetria che mi sono stampato, vedo che ci aspetta un “millino” in salita
abbondante prima di arrivare alla sommità del monte Spina, tra la Val Padola e la Val Digon
seguita da una interminabile quanto spettacolare cresta che ci ha condotti poi sino a poco sotto
la cima del Quaternà.
Lia scherzosamente mi invita a raggiungere la piccola croce posta sulla cima del Quaternà che è
lì a poche centinaia di metri, invito che declino immediatamente mostrando a lei la mia di croce,
saldamente appiccicata sulla schiena. La rapida discesa che ci ha condotto sino al rifugio
Rinfreddo avviene su una comoda forestale. Lungo questo tratto sento molto la fatica fin qui
accumulata, in discesa più che in salita, subisco la sollecitazione del peso anomalo sulla schiena,
tanto che spesso tengo bene le mani sotto gli spallacci al fine di alleviare il forte fastidio alle
spalle. Il rifugio Rinfreddo, secondo check point di giornata, è molto accogliente ben curato. Olga,
la titolare vestita con un abito caratteristico, è davvero solare, ospitale e cortese, ci offre
insistentemente una birra... Io ho una gran voglia di fermarmi qui, sono le 18.00 di questa
intensa quanto bella giornata. Siamo in viaggio da oltre 10 ore, spalle e piedi sono più che
doloranti, bellezza e profumi poi del rifugio, sono una lusinga a cui è stato veramente difficile
sottrarsi. Lia e Daniela sono sergenti di ferro, decise, si va al Berti che era obiettivo di giornata.
Non ci penso neppure a contraddire due donne!! Finita la birra e presa la quarta perlina si riparte
in direzione della malga Nemes. Olga, con la sua gentilezza, avvisa il Rifugio Berti della nostra
partenza , siamo a circa tre ore dal rifugio. Giunti in malga, dopo circa un’oretta di cammino,
scendiamo verso il passo di Monte Croce Comelico su un comodo sentiero. E' il crepuscolo
quando oltrepassiamo la strada asfaltata. Sul passo sono stanchissimo ma so che la strada è
ancora lunga quanto irta, tanto è vero che subito attraversata la strada prendiamo un sentiero a
fianco della pista da sci che va su di brutto sino alla forcella di Pian della Biscia dove ci arriviamo
che è già buio pesto.
A complicare la cose, in breve tempo è calata una fitta nebbia. Stiamo percorrendo un sentiero
che è un su e giù, impegnativo, a tratti molto tecnico e spesso anche attrezzato, la frontale a
luce massima, siamo sotto le pareti del Creston Popèra. La mia attenzione è a mille e spesso uso
il gps per controllare la traccia. Arriviamo al rifugio che mancano pochi minuti alle 22.00, io
sono letteralmente stravolto, Lia e Daniela a occhio se la passano meglio. Il gestore vista l'ora
ci propone di far subito cena, accettiamo volentieri. Annaffiata da una super guadagnata birra,
mi gusto una splendida e abbondante pasta al sugo di funghi, di seguito poi, mi faccio servire
una altrettanto stratosferica zuppa di verdure!! Due chiacchiere veloci con un gruppo di turisti
tedeschi incuriositi da ciò che stiamo facendo poi via...direzione branda!! Sono talmente
stanco che ricordo solo di essere arrivato alla mia di branda che era in fondo ad un grande
camerone super affollato, mi sono steso senza neppure lavarmi e spogliarmi, ho messo il sacco
lenzuolo e una volta tirata su la coperta sono letteralmente caduto in un sonno più che profondo.
Sono circa 90 i chilometri fin qui percorsi nelle due giornate di cammino, ne mancano circa 65
per chiudere il giro, che è l'ultimo importante obiettivo da raggiungere.
Apro gli occhi che sono le 6.30 del mattino dopo un sonno veramente ristoratore, dalle finestre
non si vede nulla c'è ancora una fitta nebbia che avvolge tutto, so già che non sarà una bella
giornata di sole. Lia e Daniela mi raccontano che non hanno dormito molto, complici credo, i
gran concerti notturni a cui credo di aver in qualche modo contribuito. A colazione faccio il
pieno, c'era veramente di tutto, dolce e salato, poi, presi due panini ben imbottiti per la
giornata, siamo pronti a muoverci, non prima però, di aver ricevuto la preziosa perlina del 5° per
noi check point di percorso. Sono le 7.30 del mattino quando usciamo dal rifugio Berti al Popera,
siamo a quota 1950 metri, la temperatura è fresca la giornata molto nuvolosa. Le nubi sono
talmente basse che rendono molto scarsa la visibilità. Abbiamo deciso di fare il percorso dal
versante più in quota, sappiamo che ci sarà un tratto alpino con particolari difficoltà legate, oltre
che alla quota, ad alcuni nevai ghiacciati presenti sul percorso.
Unico dispiacere, causa il meteo, non poter gustare a pieno i panorami delle valli sottostanti. Il
sentiero che percorriamo è un su e giù sempre in quota attraverso forcella di Campo, forcella
Camosci, Bivacco Piovan e forcella dei Bagni sulle Dolomiti del Comelico. Sotto di noi la Val
Padola. In alcuni momenti a salutarci anche un gruppo di camosci. Nei pochi momenti dove il
meteo è stato clemente abbiamo potuto godere di indimenticabili atmosfere e panorami
spettacolari, unici, pieni del particolare fascino che solo le “crode alte” sanno regalare.
La discesa è lunga è veloce, in testa chiare, le immagini appena vissute. Arriviamo che è
appena passata l'ora di pranzo, presso l'agriturismo ai Lares sesto check point di percorso. Il locale
è pieno di gente ma il gestore, comunque gentile, ci offre una gran bevuta di birra a cui è
impossibile sottrarsi. La giornata sarà per noi ancora lunga, so che per arrivare alla fine
mancano esattamente 50 chilometri quindi approfitto della breve pausa per mangiare.
Ci incamminiamo su un tratto di strada asfaltata sino all'ingresso di un percorso protetto ed
attrezzato di passerelle interne ad un particolare biotopo torbiera situato prima dell'abitato di Danta.
Superato l'abitato di Danta percorriamo in discesa una mulattiera ripida ed estremamente fangosa
che ci ha condotto sino a Santo Stefano di Cadore dove all'ombra di un capitello poco prima del
paese ci siamo consessi una breve pausa per mangiare. Il meteo che sembrava volgere al peggio
fortunatamente ci regala, invece, una temperatura ideale rendendo il cammino più agevole,
cosicché consumato il veloce pranzo ci incamminiamo attraversando il fiume Piave in direzione
Campolongo. Siamo in salita verso il passo della Digola, il sentiero è praticamente un rivolo
d'acqua continuo, oramai è il “live motiv” di questo giro. Siamo spesso con i piedi a bagno, io per
questo motivo sento già un forte fastidio lungo tutta la pianta di entrambi i piedi. Siamo costretti
continuamente ad uscire dal sentiero per evitare alberi caduti e piccoli smottamenti. Abbiamo
chiaro quanto questa strana stagione sotto il profilo meteo, con questo passato inverno di
abbondanti nevicate e questa primavera/estate con continue piogge, sia stata devastante per molte
aree montane, provocando ovunque piccole frane e smottamenti. Centinaia sono gli alberi a terra.
Per fortuna, verso la cima della Digola, riprendiamo una comoda e asciutta stradina tagliafuoco
immersa in un bel bosco di pino nero e larice e che ci ha offerto panorami molto belli.
Accidenti!!! I piedi mi fanno ora un gran male, come per magia non sento più il mal di
schiena provocato dal peso dello zaino, il mio cervello ora ascolta i segnali che arrivano solo dai
piedi, so che mancheranno ancora meno di una trentina di chilometri, la situazione nonostante
abbia cambiato scarpe, oggi è veramente difficile. Per gestire al meglio il momento di stanchezza
e crisi mi allontano dalla piacevole compagnia di Daniela e Lia quando d'improvviso una telefonata
mi distrae e mi emoziona... È un mio caro amico, una persona a cui tengo molto che sta
affrontando al meglio, un momento delicato della sua vita. Le poche parole fra noi mi rimettono
entusiasmo e determinazione, provo una strana emozione nel sentire le sue parole e nel sapere
che siamo in molti a saper vedere otre la fatica e oltre le difficoltà.
Scesi dalla Digola siamo a Sappada, sono le 18.00, settimo ed ultimo check point di questo
viaggio. Incontriamo Michela, un’ amica che ci ha sicuramente incitato, dopo esserci rifocillati
dentro al bar del Camping Park di Sappada.
Ripartiamo con lei che ci accompagna per i primi chilometri verso Malga Tuglia. Poco dopo
letteralmente la ricacciamo indietro, visto che era senza la pila frontale. Per noi mancano ancora
25 chilometri con dentro due belle salitine da fare non dure, ma che dopo aver fatto tanta, tanta
strada si sono fatte sentire comunque. I miei piedi sono indolenziti, penso a causa della tanta
acqua trovata a terra in questi tre giorni, sento di avere una dose generosa di vesciche lungo tutta
la pianta di entrambi i piedi. Di questo ultimo tratto non racconto nulla, perché poco abbiamo
visto, causa l'oscurità e per una fitta nebbiolina incontrata nei pressi della Malga.
Sono le due del mattino quando stravolti ma felici arriviamo solitari a Collina e concludiamo la
nostra bella avventura. Arriviamo e siamo costretti a svegliare in verità per la seconda volta il
povero Gino che mezzo addormentato ci consegna lo stupendo ed ambito trofeo di questo D+ 5.6
Dolomiti Trail.
Che cosa dire di questo lungo viaggio..... “Fatelo, ne vale veramente la pena!” Il territorio che si
attraversa regala emozioni forti e continue. È un trail genuino senza l’ansia di tempi, prestazioni,
cancelli, insomma della gara in sé e spero davvero rimanga così, con il suo spirito unico e
incredibile. Se dovessi rifarlo sicuramente lo rifarei in almeno quattro giorni che credo siano
l'ideale per viverlo con il naso in su. Non ha senso, almeno per me, percorrerlo di notte. Chi
ha pensato, organizzato e gestisce questa formidabile avventura è gente affidabile e competente a
cui va sicuramente molta stima, in particolare a Michele che è stato il mio diretto interlocutore. La
logistica non è assolutamente un problema, ovunque troverete il massimo. Di forte aiuto, per me
di tanto in tanto, è stato il gps con la traccia scaricabile dal sito che non è indispensabile perché
viene fornita anche una dettagliata cartina, ma io, per comodità lo consiglio. Il percorso è segnalato,
tuttavia in alcune zone, ho trovato qualche cartello divelto e qualche sasso segnalatore rotolato o
spostato da animali non sempre a quattro zampe.
A Lia e Daniela un grazie di cuore per aver condiviso questa enorme, lunga, bella avventura che
rimarrà nel tempo indelebile in me.
GIANFRANCO MARANZAN