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Libri Antichi e di Pregio a Milano
7 – 9 marzo 2014
Stand 1
Philobiblon (UK) Limited
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Le Tre Fontane
«non dimeno la somma autorità di Dante, Petrarcha et Boccaccio à noi, et me ritevolmente di vero puo
essere à guida d’anchora in porto al suo navigio fermissima»
(Niccolò Liburnio)
Il primo dizionario monolingue italiano
1. Liburnio, Niccolò (1474-1557). Le Tre fontane di messer Nicolo Liburnio in tre libbri
diuise, sopra la grammatica, et eloquenza di Dante, Petrarcha, et Boccaccio [...].Venezia,
Gregorio de Gregori, febbraio 1526
In-4° (mm 211x151). [4], 73, [1] cc. Legatura moderna in pergamena, titolo manoscritto al dorso. Esemplare
in ottimo stato di conservazione, alcune gore marginali. Ex-libris del noto studioso di Shakespeare Charles
Tyler Prouty (1909-74) e di E.M. Cox e "Vernon" (il barone George Vernon studioso di Dante).
Prima edizione di quello che è considerato il primo dizionario monolingue italiano. L’opera
presenta un carattere ibrido, in difficile equilibrio tra il florilegio di citazioni, il trattato
grammaticale, il prontuario retorico, secondo una prassi compositiva certamente più prossima alle
Noctes atticae gelliane che non alle Prose del Bembo, che rimane anzi, se non propriamente un
bersaglio polemico, un modello ricusato e osteggiato; ad esempio nella predilezione accordata, tra i
tre grandi trecentisti, all’autore della Commedia, che culmina nella celebre Difesa di Dante che
chiude il primo dei tre libri delle Tre fontane.
Adams L, 655; Beltrami, International Journal of Lexicography, 17, 4.
€ 1.900
Dolce stilnovo
2. Sonetti e canzoni di diversi antichi autori toscani in dieci libri raccolte. Firenze, Filippo
Giunta, 6 luglio 1527.
In-8° (mm 160x100). Segnatura: AA4, a-s8, t4. Quattro carte non numerate, 148 carte. Carattere corsivo e
carattere rotondo. Marca tipografica (Z649) al frontespizio e al verso della carta t4. Legatura ottocentesca in
mezza pergamena con angoli, piatti marmorizzati; dorso con titolo in oro su tassello in marocchino rosso.
Segnalibro in seta rossa. Esemplare in ottimo stato di conservazione, piccole macchie di inchiostro alle carte
AA4 e a1, leggere fioriture.
Prima edizione delle rime della Vita Nuova, nella raccolta di poeti toscani del Trecento curata da
Bardo Segni, poeta fiorentino che partecipò alla correzione del Decameron per l’edizione del 1527 e
da Antonio Alberti e Pietro Vettori. Contrariamente a quanto premesso l’opera contiene undici e
non dieci libri: quattro dedicati a Dante, uno rispettivamente a Cino da Pistoia, Guido Cavalcanti,
Dante da Maiano, Guittone d’Arezzo e uno nel quale sono raccolti canzoni e sonetti anonimi. Le
Rime dantesche furono tratte princi- palmente da un manoscritto dell’opera, o che tramandava la
sola parte poetica di essa, ritenuto dai curatori il più autorevole tra le antiche lezioni e cor- retto
mediante lo spoglio delle varianti tratte da altri codici: questo procedimento fa emergere uno
scrupolo non banale, considerando che all’epoca gli editori non potevano disporre dei mezzi
necessari per produrre uno studio critico comparato delle edizioni manoscritte, anche se alcune
varianti che ancora oggi non trovano riscontro in nes- sun codice lasciano presupporre alcuni
mutamenti del testo arbitrari, volti a chiarire passaggi oscuri o lacunosi.
Mambelli n. 995; M. Barbi; Prefazione a La Vita Nuova, Milano 1907; pp. LXXVII-LXXVIII.
€ 9.000
Il De Vulgari eloquentia di Benedetto Varchi
3. Alighieri, Dante (1265-1321). De la Vωlgare Elωquenzia. Giovanni di Bωccacciω da
Certaldω, ne la vita di Dante. Apprεssω gia vicino a la sua Μorte compωse un Librettω in
prosa latina, il quale el si intitulò. Dε vulgari Εloquentia... Vicenza, Tolomeo Gianicolo, gennaio
1529. (Legato con:) Trissino, Gian Giorgio (1478-1550). Dialωgω del Trissinω intitulatω Il
Castellanω, nel quale si tratta de la lingua italiana. [Vicenza, Tolomeo Gianicolo, c. 1529].
(Legato con:) Trissino, Gian Giorgio (1478-1550). Εpistola del Trissino de le lettere
nuωvamente aggiunte ne la lingua italiana. Vicenza, Tolomeo Gianicolo, febbraio 1529.
Trissino, Gian Giorgio (1478-1550). La Pωetica di M. Giωvan Giorgiω Trissinω. Vicenza,
Tolomeo Gianicolo, aprile 1529. (con:)
Quattro opere in due volumi. I: In-folio piccolo (mm 279×169). Segnatura: a-b8, c6, d4; A-B8, C4; A4, aa-bb4,
cc6. [26] cc; [20] cc.; [18] cc. Carattere romano, corsivo e greco. Al frontespizio delle tre opere marca
tipografica, incisa su legno, di Tolomeo Gianicolo. Spazi bianchi per capitali, con letterine guida. II: In-folio
piccolo (mm 279×169). Segnatura: a-r4, s2. 68 carte in numerazione romana, [2]cc. Carattere romano, corsivo
e greco. Al verso della carta r4 marca tipografica, incisa su legno, di Tolomeo Gianicolo. Legatura uniforme
settecentesca in mezza pelle ad angoli, piatti ricoperti con carta decorata a pettine. Dorso liscio diviso in
nove scomparti da sottile fregio geometrico in oro. Al secondo scomparto, nome dell’autore e titolo su
tassello in pelle, al piede luogo e data di stampa, il tutto in caratteri dorati. Al penultimo scomparto piccola
etichetta cartacea, con l’indicazione della segnatura dei volumi, rispettivamente ‘E.VIII.15’ e ‘E.VIII.16’.
Tagli verde-azzurri. Segnalibro in seta rosa. Entrambi i volumi in ottimo stato di conservazione, leggere
fioriture, piccola mancanza al margine inferiore bianco del frontespizio e lievi macchie di antico inchiostro al
verso della carta b8 del primo volume, minimo fallo di carta al margine esterno bianco della carta d4, e
piccolo strappo al margine esterno bianco della carta r4 senza perdita di testo al secondo volume.
Provenienza: al frontespizio della prima opera del primo volume nota di possesso di Benedetto Varchi
(1503-1565), ‘Di Bened. Varchj’, biffata in inchiostro bruno; entrambi i volumi provenienti dalla biblioteca
di Gian Gian Giacomo Trivulzio (1774-1831), come attestano le iniziali manoscritte ‘G.G.T.’ vergate al
contropiatto anteriore di entrambi i volumi.
I:
Straordinario volume miscellaneo – interamente dedicato a Gian Giorgio Trissino - proveniente
dalla biblioteca del letterato e storico fiorentino Benedetto Varchi (1503-1565), noto commentatore
di Dante e Petrarca.
Il volume si apre con la versione italiana del De vulgari eloquentia, dovuta allo stesso Trissino, e
condotta sulla base di un codice allora in suo possesso, il celebre Trivulziano 1088. Seguonο due
opere dedicate dall’umanista vicentino alla lingua italiana, la prima edizione del dialogo Il
Castellano, e la seconda edizione della Εpistola de le lettere nuovamente aggiunte ne la lingua
italiana, indirizzata a Clemente VII e già apparsa a Roma nel 1524.
Benedetto Varchi cita il Castellano nel suo dialogo L’Hercolano, nel quale si ragiona delle lingue
ed in particolare della toscana e della fiorentina, apparso postumo nel 1570. Il nome del Trissino
ricorre, con particolare frequenza, nel decimo quesito discusso nel Libro secondo – Se la lingua
volgare, cioè quella con la quale favellarono, e nella quale scrissero Dante, il Petrarca, e il
Boccaccio, si debba chiamare italiana, o toscana, o fiorentina – e che si apre con questa
affermazione del Varchi: “Di coloro che ho letto io, i quali hanno disputato questa quistione, alcuni
tengono che ella si debba chiamare fiorentina, e questi è messer Bembo solo; alcuni toscana, e
questi sono messer Claudio Tolomei e messer Lodovico Dolce; alcuni italiana, e questi sono messer
Giovangiorgio Trissino, e messer Hieronimo Muzio” (B. Varchi, L’Hercolano, pp. 926-927).
L’attenta lettura di Trissino è testimoniata, in modo concreto, proprio dal volume che qui
presentiamo, e nel quale sono visibili – al margine di alcune carte del Castellano, e in particolare
alle carte A4r-v e B5r – piccole croci e tratti marginali riferibili alla mano del Varchi, a evidenziare
alcuni brani poi citati ne L’Hercolano. Non mancano, inoltre, nel dialogo varchiano riferimenti alla
versione italiana del De vulgari eloquentia data alle stampe da Trissino, e inclusa anch’essa nel
nostro volume.
Le tre edizioni, impresse anch’esse – come tutte le stampe vicentine del Trissino – dall’enigmatico
Tolomeo Gianicolo, sono caratterizzate dall’inserimento di consonanti e vocali tratte dall’alfabeto
greco, in ossequio alla riforma ortografica proposta dall’autore
II: Prima edizione della Poetica del celebre umanista vicentino Gian Giorgio Trissino. Il volume fu
stampato dal tipografo di origine bresciana Tolomeo Gianicolo, attivo a Vicenza e a Venezia. La
sua produzione vicentina, attestata al solo 1529, fu riservata esclusivamente alle opere di Gian
Giorgio Trissino, e proprio all’umanista vicentino apparteneva l’emblema del Vello d’oro con il
motto greco ‘PAN TO ZHTOYMENON AΛΩTON’, tratto dall’Edipo re di Sofocle, e utilizzato quale
marca tipografica dal Gianicolo. Tali stretti rapporti hanno portato alcuni studiosi a ipotizzare che
‘Ptolomaeus Ianiculus’ non sia che uno pseudonimo, ideato dallo stesso Trissino, a celare la reale
identità del tipografo Bartolomeo Zanetti, originario di Casterzago (Brescia), già collaboratore dei
Giunta a Firenze e in seguito titolare di una stamperia a Venezia tra il 1535 e il 1540.
Il testo della Poetica, stampato in caratteri corsivi di grande eleganza, dà applicazione tipografica –
fin dal frontespizio - alle teorie linguistiche e alla riforma ortografica sostenute dal Trissino, che
nella Epistola de le lettere nuovamente aggiunte alla lingua italiana, data alle stampe a Roma nel
1524, aveva proposto di introdurre nella lingua italiana consonanti e vocali dell’alfabeto greco per
disambiguare alcuni suoni, come le vocali e e o aperte, da sostituire con le vocali greche ε e ω.
I. Adams D, 121; STC Italian, 208; II. Adams T, 950; STC Italian, 681; III. Adams T, 951; STC Italian,
681; G. Castellani, B. Zanetti: un tipografo per tutte le stagioni, “La Bibliofilia”, 108 (2006), pp. 233-250;
B. Varchi, L’Hercolano, edizione critica a cura di A. Sorella, Pescara 1995; M. Prunai Falciani, Manoscritti
e libri appartenuti al Varchi nella Biblioteca Riccardiana di Firenze, “Accademie e Biblioteche d’Italia”, 53
(1985), pp. 14-29; F. Scapecchi, Ricerche sulla biblioteca di Varchi, in Benedetto Varchi, ed. V. Bramanti,
Roma 2007, pp. 307-318; Autografi di letterati italiani. Il Cinquecento, Roma 2009, pp. 337-351. IV: Adams
T, 955; STC Italian, 681; G. Castellani, B. Zanetti: un tipografo per tutte le stagioni, “La Bibliofilia”, 108
(2006), pp. 233-250.
€ 18.000
«Comento ch’è stimato assaissimo»
(de Batines)
4. Alighieri, Dante (1265-1321). Dante con l’espositione di M. Bernardino Daniello da Lucca,
Sopra la sua Comedia dell’Inferno, del Purgatorio, et del Paradiso; nuovamente stampato, et
posto in luce. Con privilegio dell’Illustrissima Signoria di Venetia per anni XX.. Venezia,
Pietro da Fino, 1568.
In-4° (mm 202x148). Segnatura: *6 , A-Z4, Aa-Zz4, Aaa-Yyyy4. 6 carte non numerate, 727 pagine. Marca
tipografica (Z579) al frontespizio e al verso dell’ultima carta, all’interno di una cornice silografica figurata
con il motto “Excubo ac vigilo”. Iniziali silografiche figurate e ornate. Tre incisioni in rame a piena pagina.
Legatura coeva in pergamena floscia con unghie, tracce di bindelle, titolo e data manoscritti a penna al dorso.
Esemplare in ottimo stato di conservazione, qualche pagina uniformemente brunita. Antica nota di possesso,
scarsamente leggibile, al frontespizio ripetuta al contropiatto anteriore con data 1606.
Prima ed unica edizione della Commedia, corredata dal commento di Bernardino Daniello e data
alle stampe, postuma, nel 1568 da Pietro da Fino, tipografo sul quale le notizie sono molto scarse, e
da lui dedicata al bergamasco Giovanni da Fino. L’edizione - definita da Batines “molto ricercata
per amor del Comento ch’è stimato assaissimo” - ebbe però una limitata diffusione, anche a causa
del presunto utilizzo da parte del Daniello di materiali di Gabriel Trifone, suo maestro durante gli
anni trascorsi a Padova, un sospetto di plagio analogo a quello che è gravato anche su un’altra opera
del lucchese, la Poetica. Se Batines osservava - appellandosi in ciò, sull’esempio del Gamba,
all’autorità di Fontanini come “una tale asserzione non meritasse piena fede; ed io mi ricordo d’aver letto che le Postille del
Trifone conservate nella Barberiniana differi- scono essenzialmente dal lavoro del Daniello”, i più
recenti studi hanno evidenziato una stretta dipendenza dal Trifone. Non è da ritenersi quindi
sufficiente, al fine di dissi- pare tutti i dubbi sull’autenticità del commento, la lettera scritta nel 1547
a Niccolò Guiniccioni in cui Daniello dichiara esplicitamente di essere occupato nell’elaborazione
di un commento a Dante (cfr. Vallone, L’interpretazione di Dante, pp. 359-384). È da notare la
lacuna presente in tutte le copie attestate dell’edizione, al Canto VI del Purgatorio, dove al verso
della carta 237 non sono stati impressi, pur corredandoli del relativo com- mento, i versi 106-117.
De Batines I, pp. 93-94; Mambelli 41; ISTC Italian 210; Adams D,104; Gamba, 391.
€ 4.200
da scriba della Commedia a lettore di Petrarca
5. Petrarca, Francesco (1304-1374). Trionfi (commento di Bernardo Lapini da Siena) e
Canzoniere (commento di Francesco Filelfo e Girolamo Squarzafico). Venezia, Giovanni
Capcasa, 1492 - 1493.
Due parti in un volume in-folio (mm 302x207). aa , a-q ; A-M , N . [7 di 8] cc., 128 cc. erroneamente numerate
158; 101 di 102 cc. Mancano la prima e l’ultima carta bianca. Carattere romano. Marca tipografica incisa su legno
al verso della carta N5. Numerosi capilettera silografici ornati nella prima parte. Sei illustrazioni a piena pagina
incise su legno a corredo dei Trionfi, impresse alle carte aa8v, e1v, f4v, h3v, o5v, p7r. Legatura ottocentesca in
vitello bruno, dorso a 5 nervi, nome dell’autore impresso in oro al secondo compartimento; tagli rossi. Esemplare
in buono stato di conservazione, antico restauro al margine esterno della prima carta mediante pecetta cartacea,
leggere fioriture. Provenienza: nota di possesso manoscritta al margine inferiore della carta aa2r: ‘Stephani
Talicis’; al verso della carta N5 nota manoscritta di difficile lettura.
8
8
8
6
Rara edizione incunabola di queste opere petrarchesche, presentate in un volume di illustre
provenienza: al recto della carta aa2 è infatti vergata in inchiostro bruno la nota di possesso
‘Stephani Talicis’, da riferire a quello Stefano Talice da Ricaldone sotto il cui nome venne
pubblicato un nuovo commento alla Commedia dantesca nel 1886.
Nel 1884 Rodolfo Renier diede notizia del ritrovamento, in un codice cartaceo della Biblioteca
Reale di Torino, di un commento alla Commedia risalente al XV secolo, avanzando subito il
sospetto, data la somiglianza riscontrabile con l’allora inedito commento di Benvenuto da Imola,
che non si trattasse di un’opera autonoma e originale. Tuttavia la dizione dell’explicit («...scriptum
fuit et expletum opus hoc et lectura Dantis aldigherii poete fiorentini per me Stephanum talicem de
Ricaldone in burgo liagniaci 1474. 15° Kalendas novembris hora 12. a Laus tibi Christe. Amen»)
convinse i due eruditi Vincenzo Promis, bibliotecario del Re, e Carlo Negroni, bibliofilo ideatore
della Società Dantesca Italiana, della paternità del manoscritto e, nel 1886 lo pubblicarono per i tipi
torinesi del Bona, storicizzando la figura di Stefano Talice. Nonostante nel 1887 venne pubblicata
una redazione del commento di Benvenuto da Imola curata da J.P. Laicata, nei Prolegomeni alla
seconda pubblicazione di Promis e Negroni, una lussuosa edizione Hoepli voluta espressamente da
Umberto I nel 1888, i due editori non fecero che confermare la loro tesi. Solo nel 1908 Michele
Barbi riuscì a chiarire, grazie a raffronti concreti e puntuali, che il commento attribuito al Talice
rappresentava il testo della lettura fatta nel 1375 a Bologna da Benvenuto da Imola. Il Barbi potè
usufruire dello studio condotto nel 1891 da un altro filologo, il Rocca, che si era occupato del
problema ritrovando somiglianze fortissime tra il commento del Talice e quello di Benvenuto da
Imola contenuto nel codice Laurenziano Ashburnhamiano 839, che rappresenta una ‘recollectio’ secondo la definizione dello stesso Barbi – opera di uno scolaro che assistè nel 1375 al corso
dantesco dell’Imolese. Si evince così che il testo firmato dal Talice, essendo così simile al testo del
codice ashburnhamiano, rappresenti un'ulteriore diversa stesura dell'esposizione da parte di un altro
uditore e discepolo dell'Imolese.
Il testo del maestro girovago Stefano Talice, l’insegnante a Lagnasco che dal 1477 diresse la scuola
di Savigliano, e che successivamente venne «qualificato egregius grammaticae professor», rimane
estremamente prezioso rappresentando uno dei documenti più fedeli della lettura del poema
dantesco tenuta a Bologna da Benvenuto nel 1375, data la sua maggiore aderenza al testo di
Benvenuto rispetto a quello fornito dal codice Ashburnham 839.
L’edizione è ornata dai bellissimi legni a piena pagina, a corredo dei Trionfi, tratti dall’edizione del
Plasi, apparsa a Venezia nel 1490: «The six woodcuts illustrating the Trionfi in this edition [1490]
are adapted with only slight modifications from a set of fine Florentine engravings on copper, the
British Museum examples of which were originally inserted in a copy of the Petrarch of 1488.
Women are walking instead of dancing. In the Triumph of love, Chastity holds a palm in her right
hand instead of the left; the car of Death proceeds from right to left instead of from left to rightl that
of Fame has received some trifling ornaments... But all the essential features of the engravings are
reproduced, and the cutter has even copied to some extent the engraver's method of shading... »
(Dyson Perrins Italian 50, 1490 de Piasis edition).
Goff P388; HCR 12774; Pr 5510 & 5511; BMC V 486; IGI 7554 & 7536.
€ 38.000
Rara prima tiratura della contraffazione lionese
6. Petrarca, Francesco (1304-1374). Le cose vulgari di Messer Francesco Petrarcha. [Lione, ca.
1502]
In-8° (mm 145x88). Segnatura: a-y8, z4, A8. [188] cc. Bianche le carte z4, A8, u6v, x5v, y5v. Legatura di
poco posteriore in pergamena floscia, dorso liscio con titolo manoscritto in inchiostro bruno; tagli spruzzati
in marrone. Esemplare in buono stato di conservazione, leggere fioriture. Provenienza: al frontespizio nota di
possesso manoscritta ‘Alessandro Grassi’; al contropiatto anteriore nota manoscritta del medesimo
possessore datata 15 aprile 1671 che verga, al recto della della carta di guardia anteriore, una citazione tratta
dal Dell’Huomo di lettere di Daniello Bartoli.
Rara contraffazione lionese del celebre Petrarca volgare aldino impresso a Venezia nel 1501, che,
nonostante struttura e contenuto pressochè identici, si distingue dall’edizione originale
principalmente per l’assenza del colophon, dell’avviso ai lettori di Aldo e dell’errata corrige. Sono
inoltre presenti errori nel frontespizio e nelle intitolazioni a caratterizzare questa edizione pirata: il
frontespizio ‘LE COSE VULGARI’ (che nella princeps figura ‘LE COSE VOLGARI’), il titolo alla c. a1v
‘SONETTI ET CANZONE’ che nell’originale è correttamente riportato ‘SONETTI ET CANZONI’ e infine,
alla c. n3v, l’intitolazione che nell’aldina apre le rime ‘IN MORTE / DI MADONNA LAURA’
nell’imitazione cambia in ‘IN MORTE / DI MADONA LAURA’.
Si conoscono due emissioni lionesi del Petrarca aldino, che David J. Shaw ipotizza essere state
impresse rispettivamente intorno al 1502 e al 1508: la presente copia rappresenta la prima tiratura di
tale contraffazione in quanto, secondo gli studi di filologia testuale condotti da Carlo Pulsoni, la
seconda tiratura (tipograficamente distinta dalla numerazione delle pagine) sarebbe caratterizzata da
un processo di francesizzazione della citazione provenzale riportata alla carta d6v, che porta a uno
stravolgimento della facies linguistica del modello. La lezione originaria, ‘Dreç 7 rayson es quieu
ciant em demori’, messa a testo da Bembo sulla base dell’autografo del Canzoniere, Vaticano lat.
3195, risulta invece rispettata - seppur con qualche imprecisione - nel nostro esemplare, che
precederebbe dunque i ritocchi apportati sulla seconda tiratura dal revisore, che probabilmente, a
causa della progressiva scomparsa del provenzale, corresse ciò che non gli tornava
linguisticamente.
Il successo delle contraffazioni lionesi, che generalmente copiavano le edizioni aldine e le
ristampavano, immettendole sul mercato librario omettendo la data di stampa e la marca tipografica
affinchè venissero confuse con le altre in commercio, portò Aldo Manuzio a stampare il celebre
Monitum in Lugdunenses typographos (16 marzo 1503), nel quale vengono rilevati gli errori testuali
e la scarsa qualità della carta e dei caratteri delle contraffazioni sino a quel momento a lui
conosciute.
Il danno economico e di immagine che investì la tipografia veneziana a causa di queste ristampe
abusive fu in effetti elevato: Lione rappresentava un importante crocevia fra nord e sud della
Francia, Svizzera, Germania, nord Italia e Spagna, immune dai procedimenti penali che sarebbero
dovuti derivare dai privilegi di stampa ottenuti da Aldo nel 1502 dal Senato veneziano e da papa
Alessandro VI. Ma questa produzione illecita può essere considerata per Petrarca da un altro punto
di vista: la ristampa della presente opera avvenne con l’incognita della sua accoglienza, rispetto alla
sicura fortuna commerciale dei classici, e ad essa si deve un ulteriore tassello della fortuna
dell’autore fuori dall’Italia, considerando che la prima edizione di Petrarca in Francia vide la luce
solo nel 1545.
Renouard pp. 301-305, 321-323, 381-382; De Marinis 1940, p. 328, tav. CCLX; Santoro 1953, 21; Shaw,
David J., The Lyons counterfeit, pp. 123 e 127; Pulsoni, Carlo. I classici italiani di Aldo Manuzio e le loro
contraffazioni lionesi. Roma, Viella, 2002
€ 14.000
Il Boccaccio latino
7. Boccaccio, Giovanni (1313-1375). Genealogiae deorum. Venezia, Vindelinus de Spira, 1472.
In-folio (mm 298x207). Segnatura: [a–m10, n12, o–s10, t6, v–y10, z8, A8, B7, C–F10, G13]. 295 carte non
numerate, la carta 242 è bianca. Caratterì: 1:110R. Spazi bianchi con letterine guida. Legatura del xvi secolo,
al piatto anteriore titolo manoscritto in inchiostro bruno; al dorso e al taglio inferioe è ripetuto il titolo
manoscritto. Esemplare in ottimo stato di conservazione, sguardie rimontate in carta moderna, restauro al
margine inferiore della prima carta. Note manoscritte attribuibile a una mano cinquecentesca nel testo.
Prima edizione del primo compendio di tradizione mitologica, l’opera più erudita redatta da
Boccaccio e concepita come un’enciclopedia di mitologia classica finalizzata a tratteggiare la
genealogia delle divinità pagane e illuminarne il significato morale.
Particolarmente apprezzato dagli studiosi umanisti si rivelò l’appendice dell’opera, a cui Boccaccio
affidò la difesa della letteratura pagana e della poesia, testimoni della perpetua verità del mito,
caratterizzato dall’intrinseco valore morale dell’invenzione poetica.
Nella presente edizione apppaiono per la prima volta delle citazione di Omero, tratte dalla
traduzione dell’Iliade redatta da Leonzio Pilato.
L’opera godette di grande successo durante il Rinascimento poiché rappresentò per molto tempo la
fonte più accessibile per accedere alle nozioni di mitologia classica.
HC 3315*; BMC V, 162 (IB. 19555); BSB-Ink. B-583; CIBN B-542; GW 4475; Harvard/Walsh 1528-30;
IGI 1796; Pr 4045; Goff B-749.
€ 46.000
Straordinaria legatura coeva
8. Boccaccio, Giovanni (1313-1375). Laberinto d'amore di. M. Giovanni Boccaccio con una
epistola à messer Pino de Rosi confortatoria del medesimo autore. Firenze, eredi di Filippo
Giunta, 1525
In-8° (mm 165x96). Segnatura: A-I8. 72 cc. Spazi bianchi con letterine guida. Legatura coeva in marocchino
rosso cupo su cartone, piatti inquadrati da una coppia di cornici a triplice filetto impresse a secco e collegate
tra loro agli angoli, specchio centrale delimitato da una cornice fogliata con ghiande impressa in oro. Al
centro dei piatti nodi romboidali sopra e sotto alle iniziali ‘F.G.T’ impresse in oro al piatto anteriore,
‘M.A.G.D’ a quello inferiore. Dorso a tre nervi delimitati da triplice filetto impresso a secco, al secondo
compartimento titolo manoscritto in inchiostro nero; tagli dorati goffrati. Esemplare in buono stato di
conservazione, fioriture ai margini bianchi di alcuni fascicoli, frontespizio leggermente brunito. Provenienza:
al frontespizio timbro della Biblioteca di Gustavo Camillo Galletti, al contropiatto anteriore ex-libris inciso
alle armi di Francesco Riccardi de Vernaccia e, sotto, ex-libris di Horace Landau.
Terza edizione giuntina della celebre satira di Boccaccio, il Corbaccio, la cui princeps apparve a
Firenze nel 1487, rappresentando il principale impegno dell’autore nel periodo successivo al
Decameron. Redatta in prosa e presentata come un trattato, l’opera appare caratterizzata da una
commistione di generi e stili: un'invettiva contro le donne con struttura allegorica, chiaramente
ispirata al modello della Commedia dantesca, che si prefigge l’intento moraleggiante di esprimere la
misoginia che Boccaccio acquisì nell'ultimo periodo della sua vita, a causa dei ravvivati turbamenti
religiosi e del trasporto maggiore verso una letteratura di alto livello, i cui destinatari non potevano
che essere solo ed esclusivamente dotti. Il presente esemplare è arricchito da una splendida legatura
coeva in marocchino rosso, al piatto superiore sono incise le iniziali ‘F.G.T’, mentre a quello
inferiore ‘M.A.G.D.’. La legatura, di sicura fattura italiana e ascrivibile ai primi decenni del XVI
secolo, potrebbe essere stata realizzata a Venezia, per la similitudine che lega i ferri impiegati a
quelli descritti nel Dizionario illustrato della legatura, a pagina 333: identica appare la decorazione
a tre cornici concentriche a triplice filetto impresse a secco e collegate agli angoli esterni dei piatti
da fasci di filetti, anch’essi a secco, l’utilizzo della coppia di nodi romboidali impressi in oro a
delimitare un ferro centrale e l’inquadramento dello specchio centrale mediante cornice dorata
decorata da ferri floreali, fogliati arabeschi o a volute.
Adams, B-2182; Brunet, I, col. 1016; Decia, no 185.
€ 38.000
Una selezione di legature
Due aldine in legatura parlante
9. Catullus, Gaius Valerius (c. 84 - c. 56 a.C.). Catullus. Tibullus. Propetius. Venezia, Aldo
Manuzio, gennaio 1502. (Legato con:) Lucanus, Marcus Annaeus (39-65). Lucanus. Venezia,
Aldo Manuzio, aprile 1502.
Due opere in un volume in-8° (mm 150×100). I. Segnatura: A-E8, F4, 2A-D8, E4, a-i8. 152 carte non numerate.
Carattere romano e corsivo. Spazi bianchi per capitali, con letterine guida. II. Segnatura: a-r8, s4. 140 carte
non numerate. Carattere romano e corsivo. Spazi bianchi per capitali, con letterine guida. Bella legatura
coeva in marocchino marrone. Piatti inquadrati in doppia cornice concentrica formata da filetti multipli e
decorata con rotella a rabeschi. Nello spazio centrale del piatto anteriore piccolo rametto foliato in oro agli
angoli interni e l’iscrizione ‘CAT. TIB. PROP. LVCA.’, in caratteri dorati. Al piatto posteriore il medesimo
rametto agli angoli interni, al centro ferro dorato con sole a raggi. Fori per bindelle. Al dorso si alternano, ai
tre nervi veri, quattro nervi simulati, entrambi sottolineati da filetti a secco. Al primo compartimento su
piccolo tassello cartaceo, in parte abraso, il numero ‘65’. Tagli scuri. Usurati gli angoli e le cernerie, in
particolare quella anteriore; lievi mancanze della pelle in corrispondenza delle cuffie, tre piccoli fori di tarlo
al piede. Esemplare in buono stato di conservazione, alcuni aloni e fioriture ai margini bianchi di alcune
carte. La carta A1r della prima opera legata è parzialmente staccata, e presenta una piccola mancanza con la
perdita, al verso, di due parole alla sedicesima riga del testo dell’epistola di Aldo a Marin Sanudo. Alla
medesima carta la nota di possesso di mano antica, in inchiostro bruno, ‘Xanchi Voconij sum, ne me obsecro
sibi surripias Fur, nullius enim ad manus peruenire posse, quin eius desyderium aegerrime laturus essem’. La
stessa mano ha tracciato una cornice intorno ai nomi di Catullus, Tibullus e Propertius impressi
all’intitolazione, e con ogni probabilità annotato la composizione poetica al verso della carta i8, ‘Quand’io
ueggio la terra // Vestir di nuouo in falda un bianco uelo // Et l’acqua al uerno conuertirsi in uetro // Et che
poi ueggio nel girar al cielo // Al Tempo che uien dietro // La fredda neue distillarsi, e il gielo: // Allhora io
dico, ahi donna di guai tempo // Fu quel ghiaccio crudel, ch’in uoi sta sempre’. Della stessa mano, ma in
inchiostro più scuro, la nota a margine della g1r della prima opera, con un rinvio al Lib. II delle
Metamorphoses di Ovidio, e l’annotazione al verso dell’ultima carta del Lucano, ‘Pontanus in li. i. de amo.
coniug.’, a cui seguono due versi tratti dal De amore conjugali di Giovanni Pontano. Antica foliazione delle
carte, in inchiostro ruggine, al margine superiore di entrambe le opere.
I. Prima e celebre edizione aldina di Catullo, Tibullo e Properzio, poeti elegiaci la cui prima
apparizione tipografica si data al 1472, presso Vendelino da Spira (HC 4758*). La silloge fu
impressa da Aldo in forma enchiridii, il maneggevole formato in octavo introdotto per gli autori
latini con il Virgilio del 1501. Il nostro esemplare corrisponde alla prima e più rara tiratura,
caratterizzata da due errori tipografici, poi corretti nella seconda: l’erroneo ‘Propetius’
nell’intitolazione in lettere capitali alla carta A1r, e la formula ‘Marino Sannuto Patritio Veneto
Benedicti Filio’ nell’epistola dedicatoria di Aldo al patrizio veneto Marin Sanudo al verso della
medesima carta, con ‘Benedicti’ in luogo del corretto ’Leonardi’. Al verso dell’ultima carta sono
inoltre impressi – sempre in caratteri capitali - i nomi dei tre autori compresi nella silloge: in questo
caso il nome di Propertius è nella sua forma corretta. Il testo si basa prevalentemente sull’edizione
data alle stampe a Venezia nel 1500 da Giovanni Tacuino (Goff T, 374) e curata dal ravennate
Girolamo Avanzi, che collaborò anche a questa successiva edizione aldina. Si deve proprio
all’Avanzi la seconda lettera dedicatoria al Sanudo che Aldo imprime in calce alla sezione dedicata
a Catullo.
II. Prima edizione aldina del poema epico Pharsalia, apparso per la prima volta a Roma nel 1469
per i tipi di Conradus Sweynheym e Arnoldus Pannartz, e qui presentata in un esemplare completo
dell’ultima carta recante il colophon, spesso mancante. Il testo, introdotto da una breve epistola
dedicatoria di Aldo all’ambasciatore veneziano Marco Antonio Morosini, è stampato nell’elegante
corsivo realizzato da Francesco Griffo. Le carte s2 e s3 dell’ultimo fascicolo comprendono la Vita
di Lucano.
I. Adams C, 1137; STC Italian, 160; Renouard Alde, 36.16; Ahmanson-Murphy, n. 40; Dionisotti-Orlandi, n.
XXXIII; Laurenziana, n. 55 II. Adams L, 1557; STC Italian, 395; Renouard Alde, 33.3; Ahmanson-Murphy,
n. 44; Dionisotti-Orlandi, n. XXXVI; Laurenziana, n. 59.
€ 14.500
10. Plinius Caecilius Secundus, Gaius (61 - c. 112). C. Plinii Secundi Novocomensis
epistolarum libri Decem, in quibus multae habentur epistolae non ante impressae… Eiusdem
Panegyricus Traiano Imp. Dictus. Eiusdem de Viris illustribus in Re militari, et in
administranda Rep. Svetonii Tranquilli de claris Grammaticis et Rhetorib. Iulii Osequentibus
Prodigiorum liber…Venezia, Aldo Manuzio e Andrea Torresano, novembre 1508.
In-8° (mm 152×92). Segnatura: *8, **4, a-z8, aa-kk8 (bianca la carta **4). 12 carte non numerate, di cui la
penultima bianca, 525 pagine (con alcuni errori nella numerazione), una carta non numerata. Nel nostro
esemplare la carta **2 precede la carta **1, e la carta bianca **4 la carta **3. Al verso dell’ultima carta
marca tipografica, incisa su legno, della bottega aldina: àncora con delfino, ai lati ‘AL//DVS’ (Fletcher 3).
Spazi bianchi per capitali, con letterine guida. Legatura coeva in pelle marrone su piatti in cartone. Piatti
inquadrati da due cornici concentriche di filetti a secco, spazio rettangolare delimitato da rotella a rabeschi, e
diviso in due quadrati decorati al centro da fiorellini e racemi, con tracce dell’originaria doratura. Fori per
bindelle. Dorso liscio decorato con intreccio di filetti a secco. Leggera usura della pelle in corrispondenza
delle cuffie, lievemente lasco il piatto anteriore. Tagli dorati e goffrati. Esemplare in ottimo stato di
conservazione. Parziale distacco della carta di guardia anteriore, gora al margine superiore delle carte, più
evidente ai fascicoli centrali e finali. In calce alla carta kk8r nota vergata in inchiostro rossiccio ‘Romae in
Cancellaria aede Carlis de Medicis, die secunda Aprilis M.D.XVIII. anno sexto Leonis x.mi Mula peperit’; in
basso il numero ‘155’, con numeratore meccanico. La stessa mano ha vergato alcune brevi note a margine
del testo.
Prima edizione completa delle epistole di Plinio, edita da Aldo Manuzio sulla base di un codice –
noto come Parisinus – scoperto a Parigi intorno al 1500 da Fra Giocondo da Verona, e sul cui
ritrovamento Aldo aveva ricevuto notizia grazie a una lettera inviatagli alla vigilia del Natale del
1501 da Ianos Laskaris, allora residente in Francia. Fino all’edizione aldina, delle epistolae pliniane
erano interamente noti i primi otto libri, per la prima volta dati alle stampe a Venezia nel 1471
(Goff P, 804), mentre del decimo libro era stata impressa nel 1502, presso Giovanni Tacuino, una
selezione di 46 lettere, curata da Girolamo Avanzi sulla base di una copia del Parisinus.
La novità della nuova edizione è sottolineata fin dal frontespizio, con il riferimento a quei dieci libri
“in quibus multae habentur epistolae non ante impressae”. Anche Aldo utilizzò una copia del
manoscritto scoperto da Giocondo da Verona, fornita alla sua bottega dall’ambasciatore veneziano a
Parigi Alvise Mocenigo, al quale non a caso il tipografo dedica la propria fatica editoriale,
esprimendo la propria gratitudine per la trasmissione di un codice di così grande importanza
testuale, e di tale antichità. Sul modello di alcune edizioni composite già apparse nel corso del XV
secolo, l’edizione aldina offre il testo di altre due opere pliniane, il Panegyricus e il Libellus de viris
illustribus, ritenuta oggi spuria, nonché il Libellus de claris grammaticis et rhetoribus di Svetonio
(70-126) e il Prodigiorum liber di Iulius Obsequens (IV secolo). Come informa lo stesso Aldo nella
lettera al Mocenigo, alla cura del volume collaborò l’umanista veneziano Giovan Battista Egnazio.
Si tratta del primo libro prodotto dalla bottega aldina in cui appare, al colophon, la formula che
associa ufficialmente a Aldo il suocero Andrea Torresano, ‘in aedibus Aldi et Andreae Asulani
soceri’. Curiosa è inoltre l’annotazione che, nel nostro esemplare, è vergata in calce a detto
colophon, ‘Romae in Cancellaria aede Carlis de Medicis, die secunda Aprilis M.D.XVIII. anno sexto
Leonis x.mi Mula peperit’, in riferimento al palazzo romano fatto edificare dal cardinale Raffaele
Riario, e destinato – dopo la congiura del 1517 contro Leone X Medici, di cui il cardinale stesso fu
tra i protagonisti - a sede della Cancelleria Apostolica. L’espressione mula peperit rimanda a un
adagium pervetustum, attestato anche nelle Historiae naturales di Plinio (Lib. VIII, cap. XLVI), e così
commentato da Erasmo: “Cum mula peperit. Adagium pervetustum. Quoties significamus aliquid
nunquam futurum aut adeo rare solere accidere, ut improbum ac stultum videatur sperare” (Adagia,
Chilias I, n. 483).
Adams P, 1536; STC Italian, 525; Renouard Alde, 53.3; Ahmanson-Murphy, n. 82; Dionisotti-Orlandi, n.
LXIV; Laurenziana, n. 101; G. P. Winship, The Aldine Pliny of 1508, “The Library”, 6 (1925-1926), pp. 358397; A. E. Case, More about the Aldine Pliny of 1508, “The Library”, 16 (1935-1936), pp. 173-177.
€ 8.200
Mendoza binder
11. Sallustius Crispus, Gaius. C. Crispi Sallustii De coniuratione Catilinae. Eiusdem De bello
Iugurthino. Orationes quaedam ex libris Historiarum C. Crispi Sallustij. Eiusdem Oratio
contra M. T. Ciceronem. M. T. Ciceronis Oratio contra C. Crispum Sallustium. Eiusdem
Orationes quatuor contra Lucium Catilinam. Porcij Latronis Declamatio contra Lucium
Catilinam .. Venezia, Aldo Manuzio, gennaio 1521
In-8° (mm 160x100). Segnatura: a-t8. [8], 142, [2] cc. Bianche le carte. t7, t8r. Marca tipografica aldina al
frontespizio e al verso della carta t8. Spazi bianchi per letterine guida. Legatura coeva in marocchino bruno
su cartone, realizzata da Andrea di Lorenzo: piatti caratterizzati dalla sua particolare decorazione a filetti
paralleli, costituita da un semplice filetto dorato alternato a due filetti a secco, nello specchio centrale quattro
foglie aldine accantonate impresse in oro e una losanga dorata; dorso a tre nervi delimitato da un semplice
filetto impresso in oro e da duplice filetto a secco, tracce di bindelle ai margini esterni dei piatti. Esemplare
in ottimo stato di conservazione, piccole mancanze in corrispondenza delle estremità del dorso e degli angoli
esterni dei piatti. Provenienza: Edward Clive (1785-1848), secondo conte di Powis, con la sua nota di
possesso manoscritta al contropiatto superiore, vergata sotto un’altra iscrizione datata 1663.
Splendido esemplare della seconda edizione aldina dell’opera sallustiana, ritenuta da Renouard
migliore della precedente, impressa dal tipografo veneziano nel 1509: «beaucoup plus belle,
imprimee avec un caractere neuf, et d’un meilleur texte, corrige avec soin par Francois d'Asola»
(Renouard 93/16). La presente copia è arricchita da una legatura coeva in marocchino attribuibile ad
Andrea di Lorenzo, legatore attivo a Venezia dal 1530 al 1555 circa, noto anche come Mendoza
binder, poichè lavorò per Diego Hurtado de Mendoza, ambasciatore spagnolo a Venezia dal 1539 al
1547. Essa presenta la decorazione semplice e meticolosa che caratterizza le legature ‘di tipo
aldino’, ovvero quelle realizzazioni affermatesi dopo la morte di Aldo (1515) e coerenti allo stile
semplice ed estremamente raffinato delle sue edizioni, secondo Marius-Michel «di un gusto
perfetto». Nonostante sia stato accertato che Aldo Manuzio il vecchio non ebbe una propria
legatoria, egli «può certamente aver dato grande impulso all’elaborazione di questo nuovo stile,
sviluppatosi lentamente nell’ambito di più botteghe veneziane, con la sua edizione di classici inottavo» (Quilici).
Renouard, page 93(16); New UCLA 194; Ahmanson-Murphy 194
€ 14.000
Legatura à entrelacs.
12. Reusner, Nicolaus (1545-1602). Icones sive Imagines vivae, literis Cl. Virorum, Italiae,
Graeciae, Germaniae, Galliae, Angliae, Ungariae. Ex Typis Valdkirchianis in lucem
productae: Cum Elogiis variis… Basilea, Conrad von Waldkirch, 1589.
Due parti in un volume in-8° (mm 166×109). Ogni parte introdotta da frontespizio proprio. Segnatura: ):(8,
A-R8; Aa-Dd8. [144] cc.; [32] cc. Carattere romano, corsivo e greco. Al verso dell’ultima carta della seconda
parte marca tipografica, incisa su legno, di Pietro Perna, e in seguito usata dal genero Conrad von Waldkirch.
Frontespizi e testo inqudrati in cornice silografica. 83 ritratti silografici a piena pagina nella prima parte; 9
nella seconda, su disegno di Tobias Stimmer (1539-1584). Legatura coeva in pergamena su piatti in cartone,
con unghiature. Piatti decorati à entrelacs, con nastri colorati a cera in rosso, verde e nero su fondo puntinato
in oro; al centro elemento in oro formato dall’intreccio di tre ferri a crescente, utilizzato anche per la
goffratura dei tagli. Dorso liscio, diviso in scomparti da filetti dorati a tratteggio diagonale. Tagli dorati e
goffrati. Al secondo scomparto titolo vergato da mano antica. Piatto anteriore leggermente incurvato.
Esemplare in ottimo stato di conservazione. Leggerissime e occasionali fioriture al margine di alcune carte.
Al primo frontespizio la nota di possesso, in inchiostro bruno, ‘J. M. Zomer’, ripetuta al verso della sguardia
anteriore. Alcune note di carattere bibliografico a lapis al recto della prima carta di guardia anteriore, tra cui
‘Acheté à Lyon en nov. 1965’.
Prima edizione delle celebri Icones sive Imagines vivae literis Cl. Virorum curata dal giurista e
storico Nicolaus Reusner – che nel 1587 aveva già dato alle stampe a Strasburgo una raccolta di
ritratti, le Icones sive imagines virorum literis illustrium - e qui presentata in una pregevole legatura
à entrelacs. La raccolta del 1589 comprende i ritratti silografici di illustri personaggi – letterati,
filosofi, medici, matematici, teologi -, ognuno dei quali è corredato di distici latini e elogi composti
da diversi autori, tra i quali, oltre allo stesso Reusner, figurano Jean Jacques Boissard, Johannes
Latomus e Theodore de Bèze. La prima e più cospicua parte della raccolta è dedicata alla Grecia e
all’Italia, mentre la seconda, probabilmente curata dal poeta Valentin Thilo (1579-1620), presenta le
icones di teologi e umanisti tedeschi, inglesi, francesi e ungheresi. Ancora oggetto di discussione è
l’attribuzione dei disegni preparatori per i legni delle silografie incluse nell’edizione, ritenuti dalla
maggior parte degli studiosi opera del pittore e disegnatore originario di Schaffhausen Tobias
Stimmer (1539-1584), pur non escludendo il possibile intervento di Christoph Murer (1558-1614).
Indubbia, e dichiarata dallo stesso Reusner nella lettera dedicatoria al cancelliere danese Nicolaus
Caas, è l’influenza esercitata dagli Elogia di Paolo Giovio (1483-1552), la cui leggendaria galleria
di ritratti allestita nella sua villa di Borgo Vico, sul lago di Como, era stata visitata da Stimmer tra il
1570 e il 1571, su incarico del tipografo di origine italiana Pietro Perna. Oltre la metà delle
silografie sono infatti riprese dall’edizione gioviana del 1577, data alle stampe a Basilea dal Perna e
le cui matrici erano poi entrate in possesso del genero e erede Conrad von Waldkirch.
La raccolta di Reusner – tra i migliori esempi di Bildnisvitenbücher - ebbe notevolissima fortuna,
rappresentando per secoli un prezioso repertorio biografico per immagini.
Adams R, 409; VD16 R, 1430; P. Tanner, Paolo Giovio, Pietro Perna, Tobias Stimmer und ihre
Porträtwerke, in Spätrenaissance am Oberrhein. Tobias Stimmer 1539-1584, Basel 1984, pp. 173-237; A.
Serrai, Storia della bibliografia, VI, Roma 1995, pp. 188-189.
€ 12.500
Alle armi di Napoleone
13. Nei Natali di S.M. il Re di Roma. Carmi genetliaci. Torino, Domenico Pane & C., 1811.
In-folio (mm 384×265). 39 pp. Al frontespizio aquila imperiale; al recto della terza carta elegante testatina
con emblema napoleonico, entrambe incise su rame. Legatura coeva in marocchino verde scuro a grana
lunga, decorata in oro. Piatti inquadrati da ricca ghirlanda neoclassica e da festoncino a motivo floreale. Agli
angoli interni del pannello rettangolare l’ape napoleonica, al centro aquila imperiale. Dorso liscio, diviso in
scomparti da fregi dorati e decorati da piccoli ferri. Contropiatti e sguardie in carta caillouté, festoncino ai
labbri dei piatti, ricche dentelles interne. Tagli dorati, segnalibro in seta rosa. Esemplare in ottimo stato di
conservazione, ad ampi margini.
Rara raccolta poetica, in pregiata legatura alle armi napoleoniche, pubblicata a Torino a celebrare la
nascita, avvenuta il 20 marzo 1811, di Napoleone II re di Roma, figlio di Napoleone Bonaparte e di
Maria Luisa d’Asburgo-Lorena. I carmi genetliaci sono introdotti da una epistola dedicatoria datata al 15 maggio di quell’anno e redatta in lingua francese da Giovanni Negro Maire de la Ville
de Turin - a Camillo Borghese (1775-1832), governatore della Francia subalpina e consorte di
Paolina Bonaparte. Le composizioni poetiche sono dovute al poligrafo torinese Davide Bertolotti
(1774-1860), a Vincenzo Marenco (1752-1814), altro noto esponente dell’ambiente letterario della
città sabauda, e infine a Nicolas-Eloi Lemaire (1767-1832), il cui carmen è presentato nella
versione italiana in versi sciolti di Paolo Luigi Raby.
Clio, 16, To265.
€ 6.200
Dal XV al XX secolo
Prima edizione volgare
14. Diogenes, Laertius (metà del III sec.). Libro della vita dei filosofi e delle loro elegantissime
sentenzie. Venezia, Bernardino Celeri, 9 dicembre 1480.
In-4° (mm 200x130). Segnatura: a-i . [72] cc. Carattere romano (R112) su 26 linee. Capolettera manoscritto in
inchiostro blu al recto della c. a2, al margine inferiore della medesima carta stemma miniato entro ghirlanda di
lauro legata alla base con nastro incrociato rosa e blu e impreziosita da piccoli soli dorati. Legatura ottocentesca in
vitello biondo, piatti decorati da triplice filetto impresso a secco, al centro stemma nobiliare impresso in oro
raffigurante un cervo entro tondo coronato, dorso a cinque nervi con titolo impresso a secco su tassello in pelle;
tagli spruzzati di rosso. Esemplare in buono stato di conservazione, leggeri aloni e fioriture, dorso rimontato.
Provenienza: nota di possesso manoscritta alla c. a2r attestante l’appartenenza del volume a Paolo Benvincenti,
che ne annota la data di acquisto, 1604, e il prezzo ai margini della miniatura al margine inferiore; attribuibile al
medesimo possessore la nota al recto della prima carta: ‘Est mei Pauli benciventi: legi enim et non f[...]ari
desidero’ e, di seguito, iscrizione di differente mano: ‘Questo libro è di Lorenzo di Valerio Santeri’. Al verso della
carta i8 è ripetuta l’iscrizione del Benvincenti, seguita da una nota datata 1636. Antica paginazione manoscritta,
manicula e note marginali.
8
Prima edizione in traduzione italiana e terza assoluta di questa opera, che costituisce la più
completa storia della filosofia antica, dalle origini fino al neoplatonismo. La prima edizione delle
Vite venne impressa in latino intorno 1472 da Georg Lauer, mentre solo nel 1533 apparve, per i tipi
di Johann Froben e Nikolaus Episcopius, l’editio princeps nella lingua originale greca. L’opera
venne ristampata ben cinque volte nell’arco del XV secolo, a testimonianza della grande fortuna di
un testo che ben rispondeva alla visione umanistica della filosofia non solo come sistema di teorie,
ma piuttosto come «successione di concezioni della realtà [...] affermazioni di uomini, che hanno
recato testimonianza della filosofia con la vita, e che le teorie hanno messo alla prova nelle azioni.
La cadenza esistenziale ci si presenta in tal modo costante e decisiva. Di qui, o almeno anche di qui,
l’interesse per le biografie che sembrano a volte prendere il posto delle raccolte medievali di detti o
di sentenze, attribuiti ora all’uno ed ora all’altro personaggio, in una sorta di proprietà comune:
biografie di filosofi, ma anche di capitani e di politici, e in genere di figure esemplari per la
formazione dell’uomo, mentre il concetto di filosofia si viene dilatando in quello di saggezza
teorica e pratica» (E. Garin, Il ritorno dei filosofi antichi, pp. 56-57).
Goff D 229; HC 6206*; Sallander 1695; Madsen 1399; Walsh 1859; Bod-inc D-080; Sheppard 3738; Pr 4603;
BMC V 299; GW 8385
€ 12.500
Legatura coeva romana
15. Platone (427 – 347). Opera [Tr. Marsilo Ficino]. Venezia, Bernardinus de Choris da Cremona
e Simon de Luere, per Andrea Torresano, 13 agosto 1491
In-folio (mm 318x216). [4], 444 cc. Segnatura: a4, a-o8, p-q10; r-z8; A-D8, E-F10, G-Z8, AA-FF8, GG-HH10.
Carattere gotico e greco. Testo su due colonne di 62 linee. Splendida legatura coeva romana in pelle su
assicelle di legno, piatti inquadrati da cornici impresse a secco e da ferri romboidali, al centro monogramma
di Cristo impresso in oro. Carte di guardia provenienti da un antico codice, titolo manoscritto ai tagli.
Splendida copia ad ampi margini, mancante del dorso, un foro di tarlo marginale alle prime e ultimissime
carte e un altro foro per circa metà volume che talora tocca il testo, qualche gora al margine interno delle
carte. Provenienza: nota di possesso manoscritta di difficile lettura all’ultima carta bianca, note vergate da
una mano coeva alla prima e all’ultima carta bianca.
Seconda edizione del corpus delle opere di Platone tradotte in latino da Marsilio Ficino (14331499), la cui princeps vide la luce tra il 1484 e il 1485 per i tipi di Lorenzo Alopa, e seconda
edizione della monumentale opera filosofica e apologetica di Ficino, la Theologia platonica,
precedentemente stampata nel 1482 da Antonio Miscomini.
Pur discendendo dalla prima, la presente edizione dell’opera platonica tiene conto di una lista di ben
26 pagine di errori da correggere, che era rimasta a parte e non integrata nel testo: essa rappresenta
quindi la più importante interpretazione rinascimentale della filosofia platonica, epurata dai
numerosi errori che avevano viziato la princeps fiorentina. Il presente esemplare è arricchito da una
splendida legatura coeva romana.
HC *13063; GW M33918; BMC V, 465; Goff P-772; ISTC ip00772000; cf. PMM 27 (prima ed.).
€ 48.000
16. Lemaire de Belges, Jean (1473-1525). Le Promptuaire des conciles de Leglise catholique
avec les scismes & la difference diceulx. Lione, Romain Morin, [1533]
In-8° (mm 135x96). Segnatura: a-i8. 72 carte numerate con numerazione romana. Frontespizio impresso in
nero e in rosso entro cornice silografica decorata da motivi fitomorfi sovrastante una vignetta incisa su legno
con il nome dell’autore ‘IEHAN LE MAIRE’. 31 vignette silografiche nel testo, derivate da 19 disegni di cui 6
ritraenti papi, re, imperatori, e 13 raffiguranti scene tratte dall’Eneide. Numerosi capilettera animati e ornati
incisi su legno; ferri aldini silografici in corrispondenza dei titoli dei capitoli. Legatura moderna in cuoio
bruno, piatti riccamente decorati a secco con specchio centrale bipartito da cornici a intrecci geometrici,
dorso a tre doppi nervi e quattro falsi nervi; fermagli metallici ai margini esterni dei piatti. Esemplare in
ottimo stato di conservazione, piccolo foro di tarlo all’angolo inferiore interno del volume. Provenienza: nota
manoscritta di mano coeva alla c. a7r; al contropiatto anteriore ex-libris inciso di Franz Conte di Thun e
Hohenstein (1847 –1916), al frontespizio timbro ‘V. Engelshofen’.
Rarissima edizione di quest’opera - fedele riemissione del testo stampato dallo stesso Morin l’anno
precedente – la cui princeps apparve nel 1511 sotto il titolo di Traité de la différence des schismes
et des conciles.
Il trattato venne redatto dal poeta e storico fiammingo Jean Lemaire - il primo a menzionare la
parola ‘vallone’ per delineare la lingua romanza del Belgio meridionale - con l’intento di supportare
Luigi XII nella sua lotta contro papa Giulio II, che nel 1511 fondò la Lega Santa per contrastare le
mire espansionistiche del sovrano francese. Il testo, scritto in tono profetico, conduce una virulenta
polemica nei confronti della Chiesa romana e si presenta come uno dei più audaci testi di
propaganda dell’ideologia sottostante al Concilabolo di Pisa, ovvero l’assemblea di prelati
convocata da Luigi XII per intimidire il papa con la minaccia di uno scisma.
Lemaire da una parte offre una storia degli scismi, dall’altra quella dei concili della Chiesa
Gallicana, ma soprattutto, nella sua esposizione degli esiti dei tre fattori individuati quali causa del
deterioramento della Chiesa romana - «Ambition, mere dauarice: Obmission des conciles generaux,
et Interdition de mariage legitime aux prestres de leglise Latine» - anticipa i metodi dei successivi
propagandisti Protestanti. Non stupisce quindi che il tipografo lionese Morin decise, a vent’anni
dalla princeps, di riproporre l’opera, in formato più piccolo, trovando in particolare l’accoglienza
del pubblico inglese: una copia dell’edizione lionese del 1532, oggi conservata al British Museum,
appartenne a Enrico VIII e venne con ogni probabilità acquistata poco dopo la stampa, nell’ottica di
studiare i più influenti testi che supportavano la supremazia del potere regio e dei concili contro il
papato. Il trattato venne stampato numerose volte rimanendo molto popolare sino al 1550, quando
venne incluso nel catalogo di libri proibiti della Sorbona.
€ 1.800
La copia di Jesse Ramsden
17. Gassendi, Pierre (1592-1655). Petri Gassendi Institutio astronomica, juxta hypotheseis tam
veterum quam recentiorum. Cui accesserunt Galilei Galilei Nuncius sidereus, et Johannis
Kepleri Dioptrice. Londra, Jacob Flesher, 1653
Tre parti in un volume in-8° (mm 180x114). [16], 199, [1] pp; 173, [1] pp. Quattro carte di tavole fuori
numerazione tra le pagine 32 e 33. Frontespizio generale impresso in rosso e in nero. Le opere di Galilei e
Keplero hanno frontespizio proprio ma numerazione continua. Numerosi diagrammi silografici nel testo.
Legatura coeva inglese in vitello jaspé, piatti inquadrati da due cornici concentriche composte da triplice
filetto impresso a secco, agli angoli esterni della cornice interna quattro fioroni impressi a secco; dorso a
quattro nervi delimitati da duplice filetto impresso a secco, tagli spruzzati di rosso. Esemplare in ottimo stato
di conservazione, leggeri aloni al frontespizio. Provenienza: nota di possesso manoscritta in inchiostro bruno
al frontespizio: ‘Ramsden’, da riferire a Jesse Ramsden (1735-1800), l’ottico inglese celebre per aver
costruito il telescopio altazimutale che consentì a Giuseppe Piazzi di individuare il primo asteroide (1
gennaio 1801).
Prima edizione collettiva di queste tre opere e seconda edizione del più significativo contributo di
Pierre Gassendi, apparso per la prima volta a Parigi per i tipi di Louis de Heuqueville nel 1647.
Il trattato si propone di sostenere le tesi della nuova astronomia Galileiano-Copernicana, unita alle
nozioni di ottica, composizione dello spazio e astrazione matematica, elaborate da Keplero e Brahe.
In particolare nell'ambito della fisica del moto, l’opera assume notevole importanza per dare
conferma della scienza del moto elaborata da Galileo. Gassendi sviluppa inoltre un'interessante
concezione dello spazio, che deduce si debba considerare come un infinito vuoto tridimensionale,
assolutamente immobile e omogeneo, esistente in sé anche in assenza di corpi che ne definiscano le
parti: un’intuizione metafisica, in qualche modo antesignana della concezione newtoniana dello
‘spazio assoluto’, condivisa anche da alcuni tra i protagonisti del dibattito sull’esistenza del vuoto
della prima metà del Seicento. Nell’opera tuttavia, è soprattutto trattata la dinamica delle
osservazioni celesti, così da sostenere le teorie della ‘nuova scienza’, prendendo a tale scopo spunto
dalle teorie di ottica elaborate da Keplero e dalle descrizioni dei fenomeni astrali di Galilei.
La parte seconda del volume accoglie la terza edizione del Sidereus Nuncius di Galileo - la cui
princeps venne impressa nel 1610 e stampata per la seconda volta nello stesso anno - e la seconda
edizione della Dioptrica di Keplero, apparsa per la prima volta nel 1611: entrambe le opere
apparvero in Inghilterra con questa edizione per la prima volta.
Carli-Favaro n. 241. Cinti non ha questa seconda edizione collettiva (al n. 128 registra solo la seconda parte
ed al n. 155 descrive la terza collettiva, 1683, identica alla presente). Riccardi col. 508 e Sotheran I, p. 73, n.
1448 (ambedue solo per l'opera di Galileo).
€ 14.000
Il primo trattato moderno di chimica
18. Lavoisier, Antoine-Laurent de (1743-1794). Traité élémentaire de chimie, présenté dans
un ordre nouveau et d’après les découvertes modernes. Parigi, Joseph Gaspard Cuchet, 1789
Un’opera in due volumi in-8°(mm 198x127). 64 pp. con numerazione romana, 322 pp., due tavole ripiegate;
8 pp. con numerazione romana, 330 pp. numerate 323-653, [3] pp., 13 carte di tavole. Completo degli
occhietti posti a inizio di entrambi i volumi e dell’errata, contenuta nelle due pagine non numerate a
conclusione della seconda parte. Testatine e finalini incisi su rame. Legatura coeva in vitello raciné, dorso
liscio con titolo e numerazione del volume impressi in oro su due tasselli in marocchino, decorato da ferri
dorati; tagli rossi. Contropiatti e sguardie in carta caillouté. Esemplare in buono stato di conservazione,
alcune carte brunite, leggere fioriture, restauri ai dorsi.
Prima edizione del primo testo moderno di chimica, pietra miliare di questa disciplina, nel quale
viene formulata la celebre ipotesi Lavoiseriana sulla conservazione della materia durante le reazioni
chimiche. In questo fondamentale trattato lo scienziato francese gettò le basi per l’odierna
nomenclatura chimica, divulgando la prima definizione moderna di elemento chimico e negando
l’assioma stabilito a priori dagli scienziati precedenti, per il quale l’elemento rappresentava una
sostanza non ulteriormente scomponibile. Lavoisier concentrò quindi ogni considerazione
sull’evidenza sperimentale, sfrondando la disciplina di ogni concetto di stampo metafisico. Le
tredici tavole incise su rame, poste a conclusione del secondo volume, vennero realizzate da Marie
Anne Pierette Paulze (1758-1836), che Lavoisier sposò appena quattordicenne ed educò
personalmente. Marie studiò disegno con il pittore Jacques-Louis David, e sono numerose le
illustrazioni dell’epoca a ritrarla mentre registrava i dati degli esperimenti effettuati dal marito, del
quale era assistente in laboratorio.
PMM 238; Grolier/Horblit 64; Dibner 43; Evans 53; Sparrow 127; Neville II, 21. Duveen & Klickstein 154
€ 4.200
El risott giald
19. Luraschi, Giovanni Felice (XIX sec.). Nuovo cuoco milanese economico quale contiene la
cucina grassa, magra e d'olio e serve pranzi all'uso inglese, russo, francese ed italiano utile ai
cuochi, ai principianti ed ai particolari esperimentato e compilato dal cuoco milanese Gio.
Felice Luraschi. Milano, Tipografia Motta, 1829
In-18° (mm 157x92). 487, [1] pp. Legatura coeva in mezza pelle nocciola, piatti coperti da carta
marmorizzata, dorso liscio con titolo impresso in oro decorato da ferri floreali dorati e ferri romboidali
impressi a secco; tagli spruzzati di azzurro. Esemplare in buono stato di conservazione, leggere fioriture,
piccola mancanza al margine esterno bianco delle pp. 57, 59 e 131. Provenienza: al frontespizio nota di
possesso manoscritta ‘Pozzoli’, al verso dell’ulima carta una mano coeva ha abbozzato i confini dell’Italia
centrale e il profilo di un uomo in inchiostro bruno.
Prima rara edizione di questa opera redatta da uno dei più importanti cuochi milanesi, Giovanni
Felice Luraschi, la prima a definire ‘Risotto alla Milanese giallo’ l’antico risotto allo zafferano.
El risott giald, secondo la leggenda, nasce nel 1574, quando un aiutante di Valerio di Fiandra,
mastro vetraio belga, incaricato di portare a termine alcune vetrate con gli episodi della vita di
Sant’Elena sulle finestre del Duomo, colorò in occasione del pranzo di nozze della figlia del
maestro, il riso con lo zafferano. Di fatto, però, quel riso non era ancora da considerare
propriamente un risotto, e tanto più ‘alla milanese’, in quanto era più semplice di un riso bollito:
solo con la pubblicazione di questo volume diventerà popolare la ricetta di quello che conosciamo
ancora oggi come ‘Risotto alla Milanese’, completo di grasso e midollo di bue, zafferano e noce
moscata, bagnato con del brodo, insaporito con quella cervellata di medioevale memoria e con del
formaggio grattuggiato.
Westbury, p. 136. B.IN.G., 1185 con la III edizione. Paleari Henssler (nuova edizione), 1829
€ 1.800
«più caro dei miei occhi»
(Leopardi)
20. Leopardi, Giacomo (1798-1837). Operette morali del conte Giacomo Leopardi. Milano,
Antonio Fortunato Stella e Figli, 1827.
In-12° (mm 202x113). [4], 255, [1] pp. Legatura coeva in mezza pelle, piatti ricoperti da carta marmorizzata
azzurra e grigia; dorso liscio con titolo impresso in oro delimitato da due filetti dorati e ferri floreali, tagli
spruzzati di azzurro. Esemplare in buono stato di conservazione, consuete fioriture dovute alla qualità della carta.
Prima edizione del magnum opus di Giacomo Leopardi, definito dall’autore stesso il libro «più caro
dei miei occhi».
L’opera rappresenta una raccolta di ventiquattro prose satiriche, fantastiche e filosofiche, scritte tra
il 1824 e il 1832, di cui la presente pubblicazione è da considerarsi la prima edizione ufficiale,
essendo stati stampati l’anno precedente solo i primi tre dialoghi sulla rivista «Nuova Antologia».
Il 27 giugno del 1850 le Operette morali vennero incluse nell’Indice dei Libri Proibiti, sotto la
clausola ‘Donec emandetur’, con un’accusa che sfiorava il paganesimo. La lunga istruttoria dei
censori vaticani, che fin dai tempi della Canzone ad Angelo Maj avevano pensato di vietare le sue
opere in quanto negavano il peccato originale, ricordava come l'autore fosse ‘imbevuto fin dagli
anni piu' teneri dei principi dello stoicismo’, e, se di questa filosofia ‘non ne ebbe guasto il cuore’,
tuttavia ‘se lo trasfuse per cosi' dire nell'intelletto’.
Benedettucci 34; Mazzatinti 667
€ 3.800
Il ritratto di Oscar Wilde
21. Wilde, Oscar (1854-1900). [Ritratto in litografia e firma autografa]. [Londra?], 9 novembre
1893.
Splendido set composto da una firma autografa di Oscar Wilde su carta marroncina e da una litografia con un
ritratto dell’autore. La litografia e la firma sono circondate da un passepartout in carta decorata e un montate
all’interno di una cornice dorata in legno di mm 550x710. Set in ottimo stato di conservazione.
Interessante set contenente la firma autografa del celebre scrittore, poeta e drammaturgo irlandese
Oscar Wilde. Spirito eccentrico e dandy di rara eleganza, nonché autore dalla penna versatile,
questo autore ci ha lasciato un corpus di opere assai vasto. Wilde portò la dottrina estetica alle
estreme conseguenze: sostenne la necessità, per l’artista, di godere della libertà assoluta, onde poter
esprimere la sua arte in autentici capolavori. L’artista, egli sostenne, deve essere libero da ogni
legame con la società, libero dai sentimenti e da ogni credenza, poiché tutti questi obblighi limitano
la sua capacità di ricerca del bello. Con tali teorie Wilde sfidò la società vittoriana e assestò un duro
colpo ai suoi già fragili equilibri.
€ 2.800
The ‘monument of decorative book illustration’
(Ray)
22. Malory, Sir Thomas (1405/1416-1471). Le Morte D’Arthur: The Birth, Life and Acts
of King Arthur. London, J.M. Dent, 1893-1894
12 parti di un’opera in-4° (mm 242x195). 96 pp; 79 pp (97-176); 95 pp (177-272); 79 pp (273-352); 79 pp
(353-432); 22 pp (433-455), [3], 64 pp con numerazione romana; [1], 94 pp (458-552); 95 pp (553-648); 79
pp (649-728); 79 pp (729-808); 95 pp (809-904); 85 pp (905-990), [12], 25 pp con numerazione romana (6590). Illustrato da due fontespizi fotoincisi, quattro illustrazioni a doppia pagina e 16 a piena pagina, 43
bordure e 288 capilettera ornati. Brossura editoriale verde preservata dagli astucci editoriali in tela crema
decorata da ferri dorati ai piatti. Splendida copia con barbe, completa della lettera ai sottoscrittori contenente
il programma editoriale. Esemplare conservato in una scatola in mezzo marocchino con titolo impresso in
oro al dorso.
Prima edizione di questo ‘monument of decorative book illustration’ (Ray, The Illustrator and
the Book in England, p. 314.) impresso in sole 1500 copie e presentato in uno splendido esemplare
che conserva le brossure originali entro gli astucci in tela forniti dall’editore stesso.
Le Morte d’Arthur, stampata per la prima volta da Caxton nel 1485, rappresenta il primo romanzo
redatto in lingua inglese, e probabilmente l’opera arturiana in inglese oggi più conosciuta.
La presente edizione deve la sua popolarità anche allo splendido apparato illustrativo, opera di uno
dei più influenti e controversi artisti dell’Art Nouveau: Aubrey Vincent Beardsley (1872–1898).
Quando l’editore inglese Dent gli commissionò di corredare Le Morte d’Arthur con le proprie
opere, Beardlsley era appena ventenne, ma già in grado di esprimere con raffinatezza i topoi che
svilupperà durante tutta la sua carriera, e chiaramente legati a sentimenti che preludono alla
sensibilità del Novecento: il comico, il satirico, il giocoso, la fantasia liberata, l'onirico, l'incubo, la
paura, l'orrido, il satanico, la morte, la gioia di vivere, l'amicizia, l'amore, il grottesco, la sessualità,
la donna, il feto, la natura. Tutto ciò viene rappresentato dall’artista in un contrasto fra nero e
bianco, in una dialettica di linee marcate, in un leggero puntinismo, in figure ancora più presenti
perché senza rilievo, in stilizzazioni e simbolismi, con riferimenti a motivi orientali, con esaltazione
della linea astratta o con dovizia di particolari concreti.
Ray, The Illustrator and the Book in England, p. 314
€ 9.500
Una delle 200 impresse per i soli membri dell’Ordo Templi Orientis
23. Crowley Aleister [pseud. of Crowley, Edward Alexander (1875-1947)]. The Book Of
Thoth, a short essay on the Tarot of the Egyptians, being The Equinox Volume III No.V. by
The Master Therion, Artist Executant: Frieda Harris. Londra, Chiswick Press, 1944
In-4° (mm 265x193). [4], 12 con numerazione romana, 287, [7] pp. Sette tavole a colori. Rappresentazione
dei tarocchi in bianco e nero alle pagine 225-244; numerosi diagrammi nel testo. Legatura editoriale,
realizzata da Sangorski & Sutcliffe, in mezza pelle nocciola, piatti coperti da carta decorata da motivi a
geroglifici, dorso a tre nervi con titolo impresso in oro al secondo compartimento. Splendida copia con
barbe. Copia n. 46 delle 200 impresse per i soli membri dell’Ordo Templi Orientis e autografata dall’autore,
con l’iscrizione in greco: ‘Mega Therion 666 / 9° = 2° A . . .A . . .'. Al recto della carta di guardia anteriore
annotazione in penna elencante i Tarocchi.
Prima edizione di uno dei più significativi testi riguardo ai tarocchi, capolavoro di Crowley e
matura sintesi degli studi sull’occultismo sviluppati nelle sue precedenti opere. Crowly è descritto
come l’occultista più avanzato ed influente del ventesimo secolo: tutta la sua vita è stata impostata
nel tentativo di sintetizzare i diversi insegnamenti delle religioni del mondo, estraendo da essi il
nucleo essenziale e soggiacente di verità da tutti condiviso, ma anche nello sforzo di
consapevolezza interiore e consono ai tempi attuali. L’interesse di Crowley per i Tarocchi risale agli
anni giovanili, quando fu accolto nell'Hermetic Order of the Golden Dawn. Nel settembre 1912,
quando la fratellanza ermetica era ormai disgregata, Crowley pubblicò sul primo volume della
rivista The Equinox of Gods il Liber T, ovvero la descrizione dei Tarocchi fino ad allora riservata
agli adepti della Golden Dawn. Molti anni più tardi il mago inglese decise di creare una propria
versione del mazzo e ne affidò la realizzazione alla pittrice surrealista Frieda Harris (1877-1962). Il
lavoro si protrasse per quasi cinque anni, dal 1938 al 1942 e i dipinti della Harris - oggi conservati
al Warburg Institute di Londra - trovarono la loro prima pubblicazione sul presente manuale.
€ 3.500
Prima edizione in prima tiratura
24. Hemingway, Ernest (1899-1961). The old man and the sea. New York, Charles Scribner’s
sons, 1952
In-8° (mm 202x138). [2], 140 pp. Legatura in tela azzurra, al piatto anteriore firma dell’autore impressa a
secco, al dorso titolo in argento. Sovraccoperta figurata in prima tiratura, come attestato dal colore blu.
Esemplare in perfetto stato di conservazione.
Eccezionale esemplare della prima edizione in volume, in prima tiratura, di questo capolavoro della
letteratura statunitense. La prima tiratura dell’esemplare è testimoniata della lettera ‘A’ impressa
alla pagina del copyright, seguita dalla marca tipografica dell’editore. Anche la sovraccoperta,
caratterizzata da colori brillanti e dalla fotografia dell’autore stampata in blu, appare in prima
emissione, e conserva l’indicazione del prezzo originario di ‘$ 3.00’ al risvolto anteriore. L’opera
apparve per la prima volta sulla rivista Life nel 1952 e valse al suo autore il premio Pulitzer l’anno
successivo la sua prima pubblicazione, e la conquista del premio Nobel nel 1954.
€ 2.800
Il libro più stampato al mondo dopo la Bibbia
25. Mao Zedong (1893-1976). Mao Zhu Xi Yu Lu (in cinese). Pechino, Esercito Popolare di
Liberazione, [maggio 1964]; Id. Quotations from Chairman Mao Tse-Tung. Pechino, Casa
Editrice in Lingue Estere, 1966; Id. Citations du President Mao Tse-Toung. Pechino, Casa
Editrice in Lingue Estere, 1966; Id. Citazioni dalle opere del Presidente Mao Tse-Tung. Pechino,
Casa Editrice in Lingue Estere, 1967
Quattro volumi in-12°. I: (mm 139x102). [8], 2, 250 pp. II: (mm 127x88). [12], 311, [3] pp. III: (mm
126x86). [14], 346, [6] pp. IV: (mm 128x89). In tutte le edizioni frontespizio impresso in rosso e in verde,
incorniciato da doppio filetto verde, preceduto dall’occhietto stampato in rosso. Seguono il frontespizio il
ritratto di Mao Zedong in seppia, protetto da velina, e l’epigrafe calligrafica di Lin Biao. Legature editoriali
in vinile editoriale zigrinato, al piatto anteriore titolo dell’opera impressa a secco. Esemplari in ottimo stato
di conservazione, l’esemplare in lingua italiana riporta al recto della carta di guardia anteriore il timbro del
‘gruppo di studio e propaganda del PENSIERO DI MAO TSETUNG’ di Firenze.
Eccezionale raccolta della prima edizione in lingua originale e della sua prima traduzione in inglese,
francese e italiano, del mitico ‘libretto rosso’ di Mao, lo strumento essenziale della Rivoluzione
Culturale operata dal presidente.
Esso si compone di un’antologia di citazioni tratte dagli scritti e dai discorsi di Mao Zedong,
riflettendo fedelmente il comunismo di matrice marxista come si era andato svolgendo nella prassi e
nella teoria del comunismo internazionale iniziato dalla Rivoluzione di Ottobre
L’appellativo di ‘libretto Rosso’ gli fu dato in occidente a causa del colore della copertina e dal
formato, adatto ad essere infilato in una tasca superiore della giacca cinese allora maggiormente in
uso: la zhongshanzhuang, cosiddetta ‘giacca maoista’. Durante la Rivoluzione culturale il libro
godette di un'enorme popolarità, fu tradotto in numerosissime lingue e inviato gratuitamente
all'estero a chiunque ne facesse richiesta.
Zhengyuan Fu, Autocratic tradition and Chinese Politics, Cambridge University Press, 1993, pp.185-186;
Oliver Lei Han, Sources of Early Printing History of Chairman Mao’s “Quotations”, Bibl. Society of
America, 2004, Art. Han / Antiquarian Book Review, London, 2003.
€ 8.500
Selezione di Economia
La prima proposta di una moneta unica
26. Scaruffi Gasparo. L’Alitinonfo. Reggio Emilia, Ercoliano Bartoli, 1582 (segue:) Breve
instruttione sopra il discorso fatto dal Mag. M. Gasparo Scaruffi. Reggio Emilia, Ercoliano
Bartoli, 1582.
Due parti in un volume in-folio (301x208 mm). [6], 60, [6] carte; 10 carte. Splendida anteporta allegorica
incisa dal gioielliere Giulio Tacoli. Numerose tavole incise a illustrare le differenti valute, tre di esse
impresse su doppia pagina. Incisione ritraente la moneta d’oro e quella d’argento alla c. D1. Legatura coeva
in pergamena floscia, tracce di titolo manoscritto al dorso. Splendido esemplare ad ampi margini, qualche
leggero intervento di restauro al margine interno di alcune carte.
Rarissima prima e sola edizione del primo sistematico scritto italiano di temi monetari a contenuto
anche teorico, e primo e assai precoce esempio di argomentazione scientifica a favore di un ordine
monetario universale. L’opera rappresenta anche una delle più raffinate edizioni stampate in Italia
all’epoca.
Il frontespizio dell’opera, realizzato dall’orefice Giulio Tacoli in Reggio - incisore anche delle due
monete nel testo - su commissione ed indicazioni dello stesso Scaruffi, é idealmente diviso in tre
sezioni: la superiore formata dal solo nome dell’opera, ‘Alitinonfo’ – in greco ‘vero lume’ – la
centrale, caratterizzata dalla componente grafica, e l’inferiore formata dai dati tipografici.
L’elegante cornice del frontespizio é dominata da un sole (il vero lume sul tema delle monete); a
fianco del sole, sulla cornice superiore posano due vasi dai quali si sprigiona una fiamma vivissima
e due aquile che aprendo le ali ed il becco mostrano di voler spiccare il volo verso il grande pianeta.
Il cuore dell’incisione, sotto il titolo, ritrae tre figure epiche: a sinistra Apollo in atto di suonare
l’arpa, al centro la Concordia (rappresentata da una figura femminile che avanza sorridendo,
inbracciando una cornucopia e porgendo una patera con la mano destra) e a destra Diana colla
faretra, l’arco e sulla fronte la luna scema. Tre motti incisi ai piedistalli delle tre figure, da sinistra a
destra: “Recedant tenebre” per Apollo, “Manutenenda semper” per la Concordia e “Candor meus
irradiet” per Diana: dal punto di vista simbolico, Apollo rappresenta l’oro, Diana l’argento e la
Concordia la giusta armonia che deve esistere tra i due metalli che somigliano nella luce a quella
che irradiano il sole e la luna sulla terra.
Kress It, 69-70; Einaudi, 5147 (solo Scaruffi); Goldsmith’s, 222 (solo Scaruffi); Menger, I/719 (Ital 410);
Mattioli, 3250; Kress, 151; Palgrave, II, pp. 360-361; Schumpeter, p. 292; Coquelin et Guillaumin, II, p. 596;
manca a Adams; Smith, Rara aritmetica, pp. 370-372 (solo Scaruffi)
€ 45.000
La vera prima edizione
27. [Verri, Pietro (1728-1797)]. Meditazioni sulla economia politica. s.l. [Livorno], s.e.
[Stamperia dell’Enciclopedia], s.d. [1771]
In-8° (mm 210x132). 240 pp. Legatura coeva in pergamena rigida su piatti in cartone; dorso con titolo impresso in
oro su tassello dipinto; segnalibro in seta verde. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Rarissimo esemplare della prima tiratura della prima edizione delle Meditazioni verriane, come si
evince dall’assenza del frontespizio. Le Meditazioni circolarono infatti in origine anonime senza il
frontespizio con le note tipografiche, il quale fu approvato da Pietro Verri ed inserito nelle copie
presso l’editore solo in un secondo momento, due mesi dopo la prima circolazione dell’opera.
In questa sua opera fondamentale, una delle piú celebri dell’illuminismo italiano, l'autore esalta la
libera iniziativa e l'ideale di un sistema statale in grado di garantire la felicità al maggior numero
possibile di cittadini, i migliori dei quali sarebbero stati chiamati a ricoprire i più elevati uffici
pubblici: nasce il ‘manifesto’ di una nuova concezione dell’economia e la candidatura di Pietro
Verri alla massima responsabilitá per operare le riforme necessarie a realizzarla.
L’opera ebbe enorme successo: si contano sei edizioni nel solo anno di uscita della prima
impressione e altre tre prima della morte di Verri. Il trattato godette inoltre di una fortunata
circolazione internazionale: fu tradotto in francese nel 1773 a Losanna, e a Dresda in tedesco nel
1774.
Einaudi 5878 (seconda tiratura); Goldsmith's 10722 (tiratura sconosciuta); Higgs 5166 (non distingue tra le due
tirature); Melzi II, 175 (non distingue tra le due tirature); McCulloch, pp. 26-27.
€ 7.800
Prima traduzione italiana
28. Franklin, Benjamin (1706-1790). Opere politiche di Benjamino Franklin L.L.D.F.R.S.
nuovamente raccolte e dall’originale inglese recate nella lingua italiana. Padova, 1783.
In-8° (mm 185x122). 8 pp. con numerazione romana, 287, [1] pp. Una carta fuori segnatura, dopo l’occhietto,
impressa al solo verso con l’incisione del ritratto di Benjamin Franklin. Un finalino inciso a chiusura
dell’Avvertimento del traduttore italiano. Legatura coeva in cartone ricoperto da carta decorata verde, dorso con
titolo impresso in oro su tassello in pelle nocciola; tagli spruzzati di rosso. Esemplare in ottimo stato di
conservazione. Etichetta di collocazione al piede del dorso.
Prima rara edizione della prima raccolta pubblicata in Italia del celebre filosofo ed economista
Benjamin Franklin, l'uomo che incarnò lo spirito illuminista americano. L’opera venne
significativamente impressa nell’anno del riconoscimento dell’indipendenza degli Stati Uniti,
conseguente alla stipula del Trattato di Parigi.
La stima che gli Italiani nutrivano nei confronti del liberale Franklin e delle sue idee che
inebriavano soprattutto il ceto intellettuale di inclinazione illuminista, può essere sintetizzato da
quanto successe nello stesso 1783 in Calabria, quando in seguito a una serie di terribili terremoti
che fecero tremare il sud dell’Italia, il paese di Castelmonardo fu completamente distrutto, tanto che
suoi abitanti decisero di abbandonare le rovine e ricostruire in un luogo più propizio: alla nuova
città venne dato il nome di Filadelfia. I rapporti intrattenuti dallo statista statunitense e i riformatori
italiani emergono chiarissimi nella prefazione della Scienza della Legislazione, innovativa opera del
giurista italiano Gaetano Filangieri e fonte di ispirazione per Franklin, dove viene rilevata
l’emblematicità dell’accaduto calabrese: «Il celebrato Franklin, riconoscendo in Filangieri un uomo
capace di fare con il suo paese quello che egli stesso ha fatto con gli Stati Uniti, spedì sia a lui sia al
Re delle Due Sicilie, una copia della Costituzione di questa nascente Repubblica. Egli si affrettò
anche a diffondere The Science of Legislation tra i suoi nuovi compatrioti, che presto riconobbero e
apprezzarono uno dei loro fratelli nel suo autore. Si può considerare come testimonianza di
gratitudine data a questi moderni repubblicani quello che alcuni filantropi dell’impero di Napoli
diedero allo stesso tempo. Onorarono con il nome di Filadelfia una città della Calabria la cui
rinascita fu testimoniata dalla sue rovine dopo il terremoto del 1783. Noto questa particolare
circostanza così che l’illuminato viaggiatore non vedrà in questo monumento il lavoro del capriccio
o del caso: in esso si deve ammirare un incontestabile segno del progresso che lo spirito di
Filangieri stava cominciando a fare tra i calabresi»
Manca a Einaudi; manca a Kress Italian
€ 1.250
29. Cacherano di Bricherasio, Giovanni Francesco Maria (1736 – 1812). De' mezzi per
introdurre, ed assicurare stabilmente la coltivazione e la popolazione nell'agro romano. Roma,
Barbiellini alla Minerva, 1785.
In-8° (mm 135x207) 13 pp. con numerazione romana, [1], 80 pp. con numerazione romana, 406, [2] pp. Una
tavola e 2 incisioni fuori testo. Legatura coeva in mezza pergamena, piatti in cartone ricoperti da carta decorata
con fiori entro losanghe; tagli spruzzati d’azzurro. Esemplare ad ampi margini in ottimo stato di conservazione,
leggere fioriture, piccoli fori di tarlo al margine superiore e inferiore delle prime carte, mancanza all’angolo
superiore di pagina 69.
Prima edizione di questo trattato pubblicato nell’autunno del 1785 e dedicato a Pio VI, con il quale
Cacherano di Bricherasio delinea una via pratica e sperimentale alla volontà di riforma dimostrata
dal pontefice. «La necessità, l'utilità, il metodo e i mezzi per l'esecuzione della legge agraria sono il
soggetto del libro che umilio e consacro alla Santità Vostra». La prima parte del trattato prende le
mosse dalla necessità di mutare del tutto il rapporto tra la città e la campagna: Roma era troppo
grande, troppo popolata, priva di manifatture e di artigianato e viveva soltanto dei proventi
dell'amministrazione, dei tribunali, del lusso. La sua situazione era notevolmente aggravata dal fatto
che il territorio circostante era «mal coltivato o affatto incolto». Lo Stato doveva incamerare almeno
una parte dell'Agro romano, lottizzarlo, assumendosi il compito della bonifica e dell'insediamento.
L’autore propone d'incominciare da una zona relativamente piccola, che avrebbe dovuto servire
d'esempio e di modello. Tutta la seconda parte dell'opera, invece, è dedicata a descrivere i villaggi
che sarebbero stati così costruiti, con le loro chiese, i loro parroci e medici, tratti dai conventi e
ospedali romani, rendendo così questi ultimi finalmente utili e attivi. Il progetto così innovativo per
l’epoca riscosse successi in tutta Italia: il Giornale fiorentino di agricoltura, arti, commercio ed
economia politica affermò che l'autore era stato guidato «dalle più solide massime di economia»
(20 e 27 gennaio 1786); Le Efemeridi letterarie di Roma affermarono che finalmente si era trovato
il modo di realizzare le «benefiche mire dell'immortale Pio VI» (8 aprile 1786), mentre Giuseppe
Compagnoni, nel Giornale enciclopedico di Bologna, scrisse di sognare di possedere l'autorità
necessaria per mettere in pratica un simile piano (maggio 1786).
Kress It. 537; Enzo Piscitelli, La Riforma di Pio VI e gli scrittori economici romani, Feltrinelli, 1958
€ 1.400
La magna charta del central banking
(Schumpeter)
30. Thornton, Henry (1760-1815). An enquiry into the nature and effects of th paper credit of
Great Britain. Londra, J. Hatchard e F. e C. Rivington, 1802
In-8° (mm 210x130). 320 pp. Completo dell’occhietto. Legatura coeva in mezzo vitello raciné con angoli,
piatti ricoperti da carta caillouté, dorso liscio con titolo impresso in oro su tassello in marocchino granata,
compartimenti delineati da filetti dorati; tagli spruzzati di marrone. Esemplare in ottimo stato di
conservazione.
Prima edizione del più significativo contributo di Thornton, primo teorico del central banking e del
credito di ultima istanza, redatta come reazione alla grave crisi bancaria del 1797, quando la Bank
of England sospese l’erogazione di contante a causa dei costi per sostenere le guerre contro la
Francia. Definita da Schumpeter la magna charta del central banking, l’opera delineò i compiti
della Bank of England quale regolatore della liquidità delle altre banche e per questa via della
liquidità del sistema. Nonostante Thornton fosse uno dei principali estensori del Bullion report, il
testo fondamentale della scuola bullionistica e della scuola metallica, attribuì grande rilievo
all'attività discrezionale della banca centrale, la quale doveva calibrare le proprie operazioni in
funzione del breve e lungo periodo dell'economia: gran parte del dibattito sulla natura della politica
monetaria si svilupperà su questo specifico punto. In un periodo in cui l’analisi teorica del credito
divenne nucleo centrale dell'analisi dell’equilibrio economico, il trattato di Thornton ebbe il merito
di mettere in luce come «un’economia intrinsecamente esposta all’inflazione e alla disoccupazione
richiedesse a un tempo vincoli di natura monetaria e gradi di libertà di natura creditizia, entrambi da
rendere operanti con pragmatica fermezza» (v. Ciocca, 1983, p. 16). Queste riflessioni
rappresentano - oltre che le basi teoriche dell'attività delle banche centrali - uno dei contributi più
significativi all’analisi degli effetti macroeconomici del credito. Definito da Blaug come la più
importante opera del XIX secolo riguardo alla teoria monetaria, il trattato venne così celebrato dal
Premio Nobel per l’economia Friedrich Hayek, che scrisse l’introduzione ristampa del 1939: «It is
not too much to say that the appearance of Paper Credit in 1802 marks the beginning of a new
epoch in monetary theory. Although Thornton's merits have long been overshadowed by the greater
fame of Ricardo, it has now come to be recognised that in the field of money the main achievement
of the classical period is due to Thornton».
Einaudi 5617; Goldsmiths’ 18526; Kress B-4612; Stephens p. 32.
€ 2.800
31. [Denina, Carlo Giovanni Maria (1731-1813)]. Dell’impiego delle persone. Torino, Michel
Angelo Morano, 1803.
Due tomi in un volume in-12°(mm 97x167). 23 pp. con numerazione romana, [1], 216 pp; [2], 240 pp.
Legatura in mezza pelle coeva, dorso liscio con titolo impresso in oro e decorato da filetti dorati. Splendido
esemplare con barbe.
Rarissima prima edizione dell’opera più contestata di Denina, stampata postuma per cura del nipote,
Carlo Marco Arnaud, in quanto la censura sabauda ne vietò la pubblicazione, a causa dei cauti
suggerimenti relativi all’impiego degli ecclesiastici in opere di pubblica utilitá che conteneva. In
effetti Denina, che redasse il trattato nel 1773, stampò a Firenze una prima edizione Dell’impiego
delle persone, ma Vittorio Amedeo III fece acquistare, con lo stipendio revocato al Denina, tutte le
copie per distruggerle: si conobbe dunque il testo solo con la presente edizione del 1803.
Il problema affrontato nel trattato è quello della miglior organizzazione sociale e cioè del miglior
“impiego” delle persone ai fini dell'interesse comune; il che comportò nella parte introduttiva un
succinto discorso sull'educazione. Il principio fondamentale, degno ancor oggi di meditate
riflessioni, è quello di procrastinare il più possibile gli studi specialistici a favore di una
‘compendiaria erudizione universale’ che non può non avere a base le discipline umanistiche. Il
Denina a questo proposito condanna il pregiudizio, in cui modernamente si incorre con troppa
frequenza, consistente nel «credere che, per acquistare esperienza e pratica in una professione,
faccia d'uopo che vi preceda tutto il corso compiuto della teorica e che questo studio della teorica
debba esser molto diverso da ciò che costumasi nella pratica». Appare decisivo all’autore discutere
la scelta della disciplina più utile al compito di educare i futuri cittadini, prima che questi si
indirizzino a quegli studi specialistici più direttamente collegati al loro successivo ‘impiego’ nella
società.
€ 1.400
La prima critica del capitalismo industriale
32. Sismondi, Jean Charles Leonard Simonde de (1773-1842). De la richesse commerciale, ou
principes d'économie politique, appliqués à la législation du commerce. Par J.C.L. Sismonde,
Membre du Conseil de Commerce, Arts et Agriculture du Léman, de l’Academie Royale de
Gérgofiles de Florence, et de la Societé d’Agriculture de Geneve. Tome premier (- second).
Ginevra, Chez J. J. Paschoud, Libraire, 1803
Due volumi in-8° (mm 215x136). [4], 85 pagine con numerazione romana, [1], 348 pp.; [4], 448 pp.
Brossura editoriale costituita da carte tratte dall’edizione della traduzione francese del romanzo gotico The
children of the abbey ricoperti da cartoncino azzurro, titolo impresso su tassello cartaceo al dorso. Splendido
esemplare con barbe e a fogli chiusi in ottimo stato di conservazione.
Rara prima edizione della prima opera di economia commerciale di Sismondi, ‘the first critic of
industrial capitalism’ (Blaug), opera che lo affermò primo divulgatore sul continente europeo
dell’opera fondante l’economia politica liberale, An Inquiry into the Nature and Causes of the
Wealth of Nations (Ricchezza della nazioni) di Adam Smith.
Il trattato, che venne composto durante il periodo combattivo dell’autore nei confronti di ogni forma
di monopolio o di barriera doganale, analizza il tema dell’origine della ricchezza nazionale,
sintetizzata a pagina 19 con una perspicace definizone: «La source commune de toutes les richesses
des hommes, c'est le travail; il a crée les unes, il a donné de la valeur aux autres. L'accumulation du
travail productif d'une nation forme done son capital. . .»
L’attenzione che Sismondi nutriva nei confronti della nazione e dei dati ad essa concernente risulta
strettamente connessa alle assidue frequentazioni che intrattenne con gli intellettuali che
gravitavano intorno al Circolo di Coppet, a Madame De Staæl e a Benjamin Constant: questa
dimestichezza con i fervori del tempo e con le idee romantiche che cominciavano a delinearsi
furono essenziali per creare le radici del Sismondi storico, per il quale il tema nazionale divenne
sempre più centrale.
BE, 5298; Goldsmiths', 18617; Kress, B.4734; Cossa, 34/266; Fisher, Bibliography of mathematical economics, p.
174; Jevons, p. 278 (addenda di Foxwell); BM, 3380; Palgrave III, p. 408; Theocaris, pp. 78- 80.
€ 5.200
Il primo trattato italiano di statistica
33. Cagnazzi, Luca de Samuele (1764-1852). Elementi dell’arte statistica di Luca de Samuele
Cagnazzi arcidiacono della cattedrale di Altamura, professore di prima classe di economia
politica nella R. Universitá degli Studi di Napoli, membro del Collegio degli anziani
dell’accademia italiana e altre letterarie societá. Parte prima (Parte Seconda). Napoli, Nella
Stamperia Flautina, 1808- 1809
Due parti in un volume in-8° (mm 200x121). 24 pp. con numerazione romana, 224 pp, una tavola ripiegata
inserita tra le pagine 160 e 161; una tavola ripiegata, 8 pp. con numerazione romana, 336 pp. Legatura in mezza
percallina rossa, piatti in percallina differente, a grana più sottile, color bruno. Esemplare in ottimo stato di
conservazione, leggere fioriture. Al recto della guardia anteriore etichetta cartacea abrasa.
Rara prima edizione del primo trattato italiano di statistica, scienza definita dall’autore «perfetta
conoscenza dello stato attuale delle cose che il benessere della società e loro componenti
riguardano», e per la prima volta esposta con un taglio moderno e scrupoloso che segnò il definitivo
distacco scientifico e metodologico dalla generazione precedente. L’opera venne concepita dal
matematico Cagnazzi, professore di statistica e poi di economia politica all’Università di Napoli,
alla vigilia dell’occupazione francese, quando fu «incaricato di redigere un censimento degli uomini
atti alle armi e, a tale scopo, compiló una Tavola Statistica [...] Il nucleo del trattato, che non
contiene dati statistici ma principi generali sul fine da conseguire e sulle questioni di metodo, é
costituito da ampie considerazioni sullo ‘stato delle scienze economiche’, che Cagnazzi esorta ad
abbracciare nella totalitá. Dal quadro che ne risulta, emergono gli scopi pratici dell’economia che,
nel pensiero del Cagnazzi, riguardano tutti i fattori utili al progresso dell’umanitá, fondati su
un’adeguata preparazione morale e politica». (Scavizzi, Paola C. in Dizionario Bibliografico degli
Italiani, XVI). Le dottrine economiche di Cagnazzi si ispirarono al laissez-faire di Smith e di Say,
che egli cercò di divulgare nel Sud Italia.
Einaudi, 775; Manca a Kress, Goldsmiths’, Mattioli. Cfr. Patriarca, Silvana. Numbers and Nationhood, writing
Statistics in Nineteenth Century Italy, Cambridge, 1996
€ 2.900
Prima edizione milanese
34. Verri, Pietro (1728-1797). Opere filosofiche e d’economia politica del Conte Pietro Verri.
Prima edizione compiuta. Milano, Giovanni Silvestri, 1818.
Quattro volumi in-8° (mm 145x96). 20 pagine con numerazione romana, 377, [3] pp.; una carta fuori segnatura,
impressa al solo verso, reca il ritratto dell’autore inciso su rame da Rados su disegno di Bramanti; 315, [1] pp.;
335, [1] pp.; 366, [2] pp. Legatura coeva in mezza pelle, piatti coperti da carta caillouté, dorso con titolo impresso
in oro su tassello in pelle verde, numero di tomo dorato su tassello in pelle nocciola. Esemplare in ottimo stato di
conservazione.
Bella edizione milanese comprendente l’intera produzione filosofica ed economica del celebre
intellettuale Pietro Verri, accolta nella «Biblioteca scelta di opere italiane antiche e moderne», la
collana editoriale inaugurata da Giovanni Silvestri nel 1814. La collana era articolata in sei classi e
l’opera di Pietro Verri trovò la sua collocazione nella sesta, dedicata a ‘scienze ed arti’.
L’edizione appare particolarmente significativa in quanto prima edizione compiuta a raccogliere
l’intera produzione verriana impressa nella città che non solo diede i natali all’autore, bensì dovette
a questa personalità il ruolo di egemonia culturale nel panorama dell’Illuminismo italiano.
Manca a Einaudi
€ 450
Prima traduzione italiana
35. Mill, James (1773-1836). Elementi di economia politica di G. Mill autore della storia delle
Indie, tradotti dall'inglese nell'idioma francese dal S. J.T. Parisot, recati in italiano da N.N., e
schiariti con note. Napoli, dalla Stamperia Francese, 1826
In-8°(mm 119x200). 8 pp. con numerazione romana, 236, [2] pp. Precede il frontespizio l'occhietto titolato:
Elementi di economia politica. Marca tipografica al frontespizio. Legatura coeva in mezza pelle nocciola,
piatti ricoperti da carta marmorizzata; dorso liscio con nome dell’autore e titolo impressi in oro e decorato
con filetti e rosette dorati. Tagli spruzzati in azzurro. Esemplare in buono stato di conservazione, alcuni fori
di tarlo che non ledono il testo e lieve gora all’angolo interno delle prime carte.
Prima e rara edizione della traduzione italiana degli Elements of Political Economy di James Mill,
la cui princeps in lingua originale vide la luce a Londra nel 1821, anno in cui Mill contribuì a
fondare il londinese Political Economy Club. Nei primi anni del diciannovesimo secolo non c'erano
società accademiche o associazioni professionali per gli economisti: il Political Economy Club
nacque per stabilire, in una comunità scientifica, la condivisione di idee e dubbi, scrutare e rivedere
tutto il lavoro svolto fino a quel momento. Questo club diventò presto uno spartiacque tra gli
economisti sostenitori delle teorie ricardiane e i radicali di Bentham e il presente trattato venne
concepito, in maniera particolarmente precisa e lucida, per riassumere il punto di vista di queste
filosofie radicali, basate principalmente sul lavoro dell’ economista David Ricardo. L’opera fu
redatta sulla base delle lezioni di economia politica che Mill diede al suo giovane figlio, John
Stuart, ed è per questo che la sua esposizione dell’economia politica, così avvincente e semplice,
rimase famosa per più di una generazione. La trduzione italiana venne redatta dall’ abate napoletano
Francesco Fuoco (1774-1841), che si accostò all’economia dopo il moto napoletano del 1820.
€ 3.200
Il primo dizionario di finanza pubblicato in Spagna
36. Canga Argüelles, Josè (1770-1843). Diccionario de hacienda con aplicación a España por
don José Canga Argüelles Ministro jubilado del Consejo Real y supremo de las Indias.
Segunda edición. Tomo primero (Tomo segundo). Madrid, Marcelino Calero y Portocarrero, ,
1833-1834.
Due volumi in-4° (mm 204x298). [1], [7-651], [1], 10 pp. con numerazione romana; 736, 20 pp. con
numerazione romana. Legatura in piena pelle coeva, dorsi lisci con titolo impresso in oro su tassello in
marocchino; carte di sguardia in carta marmorizzata. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Rara seconda edizione, ampliata ed integrata del primo dizionario di finanza pubblicato in Spagna.
Di maggior pregio dell’edizione originale del 1826-1827 sia per il formato piú elegante che per le
integrazioni apportate dall´autore: tra queste, la voce dal titolo Economistas españoles alle pp. 374381 che é di fatto una delle prime bibliografie economiche spagnole. Canga fu patriota di tendenza
liberale e prese energica posizione contro l'occupazione napoleonica; fu deputato alle Cortes di
Cadice, e ministro delle Finanze sia 1812 sia durante il governo costituzionale del 1820
€ 2.600
La denuncia della repressione dei moti popolari di Milano
37. Pareto, Vilfredo (1848-1923). La liberté économique et les événements d’Italie. Losanna, F.
Rouge, 1898
In-8° (mm 214x142). 124, [2] pp. Brossura editoriale, titolo impresso in nero al piatto anteriore, pubblicità
editoriale a qullo inferiore. Esemplare in ottimo stato di ocnservazione, leggero restauro in corrispondenza
del margine interno del piatto anteriore.
Prima rara edizione di questo opuscolo nel quale il celebre economista e sociologo italiano protesta
contro la sanguinosa repressione dei moti popolari di Milano da parte del generale Bava Beccaris.
Il pamphlet osserva e denuncia spietatamente le cause sociali, psicologiche, economiche e politiche
del malessere della società italiana e dimostra «che anche gli autentici liberali, e non solo socialisti
e cattolici, erano contro il governo» (Cervelli, Innocenzo. Gioacchino Volpe. Napoli, Guida Editori,
1977)
€ 1.000