Il Giornale di Fano liberata - Fondazione Cassa di Risparmio di Fano

La Resistenza a Fano
• A lato, la tessera di partigiano
combattente di Valerio Volpini e
un’immagine di parte della 5.a
brigata partigiana Garibaldi in cui si
riconoscono i fanesi Corrado Isotti e
Vincenzo Lombardozzi.
Elmo Santini
Il 25 luglio 1943, anche se
costituisce un fatto di
rilevanza nazionale, in
quanto data storica della
caduta del regime fascista, non giunge di
sorpresa, se analizziamo certi eventi che
ne segnalavano già la crisi.
Era fatale che un sistema di governo
basato sulla violenza (Don Minzoni
e Giacomo Matteotti furono le prime
vittime più note) dovesse crollare come
ogni dittatura destinata a finire in modo
più o meno tragico.
Piccoli, ma significativi episodi, della
imminente crisi si verificano anche a
Fano. Il 15 e 16 Giugno, in un casotto
abbandonato nei pressi del campo di
tennis vicino alla spiaggia del Lido,
venivano ritrovati un elmetto vecchio
tipo del Regio Esercito, avente come
stemma la stella rossa a cinque punte,
stampata con una matita copiativa ed
una bandiera bruna di seta con disegnati
al centro la falce ed il martello e nel
bordo superiore la scritta “proletari
di tutto il mondo, unitevi”. In quello
inferiore “Rivoluzione Comunista
1943”. Accanto una maschera antigas, un bracciale rosso con la sigla a
ricamo “P.A.A.”, una scatola di cartone
con elementi tuttavia sufficienti per
impiantare un apparecchio radio (1).
Il 16 giugno, nella cassetta da lettere
dell’ufficio postale di Fano, sono stati
trovati cartelli ed altri fogli con le
seguenti scritte ad inchiostro nero:
“verrà l’ora per voi, fascisti fanesi
-Travaglini, Maragno, Stella - principali
fascisti della pagnotta. Tutti in guerra
fannulloni, non con le chiacchiere!
Abbasso il Duce! W il Re!”.
Le indagini calligrafiche eseguite
porteranno agli arresti degli studenti
Pierpaoli Giovanni, Filippetti Glauco e
Dini Giannetto, tutti di Fano.
In occasione del settantacinquesimo
della Gioventù Cattolica, viene a Fano in
forma clandestina Corsarego, ed in una
riunione privata in casa di amici, darà
le prime direttive in previsione di una
possibile caduta del fascismo.
Come si evince, questi piccoli episodi,
di per sé poco significativi, stanno ad
attestare che il regime è sull’orlo del
tracollo, essendo chiara anche al popolo
la fragilità a cui esso è pervenuto.
Alla notizia ufficiale della caduta, il
gruppo di antifascisti che dopo l’otto
settembre darà vita al Comitato di
Liberazione Nazionale (C.L.N.),
si riunisce a Pesaro nell’ufficio di
Wolframo Pierangeli, e, tra le altre
iniziative, decide la commemorazione
del martire antifascista Don Giovanni
Minzoni, del quale la domenica
seguente ricorre l’anniversario della
morte.
Alla cerimonia celebrata anche con
funzione religiosa al Duomo di Pesaro,
si ha un grande concorso di cittadini e
solo un terzo dei convenuti può entrare
nella chiesa. (2)
Il popolo che infine può liberarsi da un
incubo durato vent’anni, si abbandona
ad assalti alle “camice nere”, e a tutti
quegli oggetti che ricordano infausti e
dolorosi momenti.
Il 3 Agosto, a Fano, viene arrestato
Pianosi Italo, per aver usato violenza
ad un vigile urbano che portava il
distintivo fascista.
Il 4 Agosto vengono arrestati
l’impiegata telegrafista Marcaccini
Elena, per aver sparso la voce di un
armistizio raggiunto, e Ferri Oddo per
aver tentato di abbattere lo stemma del
littorio al mercato del pesce.
Tuttavia il Ferri riuscì a fuggire. (3)
Intanto, il P.C.I. non perde tempo e
comincia la propaganda tesa ad invitare
il popolo alla rivolta con manifesti e
proclami inneggianti alla libertà ed alla
liberazione nazionale.
L’appello emanato dal P.C.I. viene
accolto dalle altre organizzazioni
politiche quali il Partito d’Azione,
Giustizia e Libertà e dagli esponenti del
mondo cattolico, rappresentati a Pesaro
dall’avvocato Giulio Coli.
Nella nostra città infatti, le sofferenze
della guerra sono ancora più aspre,
perché aumentano le difficoltà
economiche, essendo fortemente
ridotta l’attività turistica balneare,
che ancora oggi è così importante per
l’economia cittadina.
Infatti, in questo periodo, entra in
vigore il divieto di sosta lungo la
spiaggia e l’orario del coprifuoco è
portato dalle 21.00 alle 06.00 del
mattino, e l’orario della pesca dalle
08.00 alle 18.00.
Il pesce, dal primo Agosto, si può
acquistare soltanto con la tessera, due
volte al mese.
Facilmente intuibili le proteste da parte
della popolazione, soprattutto quella
marinara, che viene sospinta alla fame.
La pressione popolare aumenta e le
autorità, il 7 Agosto, devono concedere
il permesso di balneazione dalle 08.00
alle 12.30, resta il divieto per l’intero
pomeriggio. Questo permesso poco
giova e la vita comincia ad essere
paralizzata in ogni settore, compreso
quello scolastico. Per l’intensificarsi
delle incursioni aeree molte famiglie
cominciano ad abbandonare la città per
rifugiarsi nei comuni vicini. (4)
Alla metà del mese il settore
alberghiero, già fortemente ridotto, è
completamente paralizzato e l’affluenza
dei turisti pressoché nulla.
Intanto a Roma, nel primo Ministero
Badoglio, dopo il 25 Luglio, è
ministro dell’Educazione Nazionale il
concittadino Dott. Leandro Severi, che
sarà poi Presidente del Consiglio di
Stato nel 1951.
A Fano, come lo stesso Perugini annota,
il comando della piazza è affidato al
Colonnello Giannola, il quale, zelante
fino allo scrupolo, proibisce che anche
attorno ai tavoli dei caffè vi siano più di
tre sedie, anche vuote.
Di più, le ronde impongono che i
membri di una stessa famiglia, per le
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vie cittadine, abbiano a circolare divisi,
anche se fra questi vi siano bambini in
tenera età.
Numerosi cittadini vengono arrestati
e condotti in caserma perché colti a
passeggiare per il corso, affollatissimo,
a gruppi di quattro.
Si è visto perfino che quattro persone,
uscendo dallo studio del notaio
Pasqualucci, per affari, sono bloccate
dalla ronda e portate in caserma.(5)
Intanto anche a Fano, come tutto il
territorio nazionale, in maniera del
tutto spontanea, nasce il Comitato
di Concentrazione Antifascista così
composto: Pierangeli ed Ugolini per
il P.C.I., Bonini del P.L.I., Conti per il
P.R.I., Ronconi e Filippini per il P.S.I. e
l’avvocato Giuseppe Boidi per la D.C..
A questo comitato, a Pesaro,
partecipano anche l’avvocato Giulio
Coli ed il commendator Nardelli. (6)
Il Comitato provvede a diffondere
clandestinamente i vari comunicati
concernenti le risoluzioni votate ai vari
livelli, provinciale e regionale.
Frattanto, la propaganda continua la
sua azione per tenere viva l’opinione
pubblica, e le indagini della polizia a
volte rischiano il ridicolo, tanta ormai
è la confusione politica e lo stato di
incertezza.
A tal proposito è abbastanza
significativo l’episodio del 23 Agosto
1943, quando una pattuglia delle Regie
Guardie di Finanza, in perlustrazione
lungo la linea ferroviaria adriatica, in
località “Le Bettole”, giunta al casello
149, nota sull’arenile tre emblemi
raffiguranti la falce ed il martello
con la dicitura “la luce deve venire
dall’est”. Non avendo trovati altri
elementi, le indagini vengono estese
tra i seminaristi che si erano fermati
sull’arenile il giorno precedente per fare
un bagno, e sul luogo era stato trovato
un basco. (7)
La propaganda in favore della pace da
parte dei vari partiti continua con ogni
mezzo, ed il 26 Agosto, lungo la ferrovia
Fano-Fermignano, vengono lanciati
manifesti dai finestrini.
Dopo l’8 Settembre, armistizio di
Cassibile, l’attività del Comitato si fa
più pressante e da Fano ottiene la
liberazione dei detenuti politici.
Nella nostra città, l’azione viene
condotta da Alvino Zandri e Maria
Mancinelli, che il 13 Settembre
impongono al custode del carcere
mandamentale la liberazione dei
seguenti prigionieri politici: Raffaele
Santopadre, Selvino Dellasanta,
Edmondo Boschi, Augusto Furlani,
Augusto Cattaneo, Ferdinando Mazza
ed Italo Pianosi.
Anche il podestà Alberto Tonucci
collaborò con il Comitato, ed il 15
Settembre pubblicò un manifesto per
la distribuzione di un quintale di grano
per ogni titolare di tessera annonaria.
Dopo la ricostruzione del partito
fascista, egli sarà estromesso “manu
militari” dalle sue funzioni, ad opera di
armati repubblichini e verrà sostituito
con Libero Montesi. (8)
A Fano ed in tutta la provincia, le
mancate adesioni ai bandi militari di
Graziani furono le più alte della regione.
I contatti fra il C.L.N. provinciale e
quello locale vengono tenuti da Enzo
Capalozza (P.C.I.) e Gustavo Roberti
(D.C.) e l’animazione dell’attività locale
promossa da Mario Bertini (P.C.I.).
Il 23 Settembre 1943, si ha a Fano il
primo fatto di sangue.
Un soldato tedesco, alla caserma
Montevecchio, infastidito da ragazzi che
giocano vicino alla sentinella, spara, e
ne colpisce mortalmente due: Renata
Marconi, di 14 anni e Temistocle
Paolini di 8, ed un altro è ferito.
L’episodio denota quanta animazione e
tensione vi fossero in città, e lo stato di
agitazione che regna in ciascuno. (9)
Il 29 Settembre, circolano per la
città carabinieri con al braccio al
fascia recante la scritta “Polizei”, e
due tedeschi, davanti alla stazione
ferroviaria, derubano della sua auto
(una Fiat 514) l’autista di piazza
Giuseppe Francolini.
Intanto i “puri” del disciolto partito
fascista, costituiscono il Partito Fascista
Repubblicano, e , strano a credere,
molti ex gerarchi non verranno accolti,
ed il nuovo partito sarà formato tutto
da figure di secondaria importanza.
Il C.L.N. lancia un appello, il 30
Ottobre 1943, a tutti gli italiani per la
formazione di una Guardia Nazionale,
che si impegni militarmente per la
cacciata dei nazisti. L’appello è rivolto
a tutte le classi sociali ed a tutte le
forze componenti lo Stato: agli ufficiali
dell’esercito, ai militari, ai giovani,
agli operai, ai contadini, alle donne, ai
benestanti.
Ma in questo periodo la popolazione
marchigiana, e quindi anche quella di
Fano, per la vicinanza del fronte vive
nell’attendismo, cioè spera che il fronte
militare passi presto e giungano gli
alleati liberatori.
A rompere questo indugio ed a
organizzare la popolazione antifascista
sarà il noto comunista urbinate Erivo
Ferri, che assalta depositi di armi
a Schieti, Tavoleto e Sassocorvaro,
segnando così l’inizio della lotta armata.
Anche a Fano, Mario Bertini e Pisano
Sorcinelli sottraggono armi ad un
deposito tedesco a Metaurilia, per
fornire la V Brigata Garibaldi che opera
a Cantiano. La propaganda anti-nazista
prosegue e si lanciano appelli anche ai
soldati tedeschi, invitandoli a disertare,
come dimostrano i volantini lanciati a
Fano il 23 Novembre 1943.
Iniziano anche le azioni militari ed il 26
Novembre, dalle ore 11.44 alle 13.55,
due velivoli inglesi bombardano il
ponte sul fiume Metauro, ma sbagliano
l’obiettivo ed uccidono un civile,
Eugenio Mariotti. (10).
Il 27 Novembre, nella cassetta per la
corrispondenza in Piazza XX Settembre
vengono ritrovati tre manifesti
comunisti, L’Aurora, in cui sono narrati
l’episodio di Ca’ Mazzasette e ricordata
la rivoluzione russa di Ottobre 1917.(11)
Il 21 Dicembre, in Via Nazario Sauro,
vengono lanciate tre bombe a mano
contro il soldato Carlucci Luigi e
l’allievo ufficiale Carlucci Giuseppe. I
due, ricoverati in ospedale, verranno
dichiarati guaribili in trenta giorni.
Le persecuzioni ed i fermi seguiti
all’azione, portano all’arresto dello
studente diciottenne Omiccioli Sergio,
trovato in possesso di un fucile modello
91 e di quarantadue cartucce. L’arma
risulta trafugata, ed il coprifuoco viene
anticipato alle 20.00 invece delle 23.00.
Il fatto, di lieve importanza per se
stesso, assume rilevanza psicologica
perché segna l’inizio della lotta
armata anche a Fano. Infatti, il giorno
successivo 22 Dicembre, per azioni
dimostrative, Giannetto Dini lancia
alcune bombe dentro la caserma
Montevecchio, in cui vi erano arruolati:
Aldo Deli, Corrado Isotti, Valerio
Volpini, Sergio Marchigiani, Vincenzo
Lombardozzi, Otello Del Mastro,
Ferrante Di Bari, Sandro Giammttei e
Vittorio Corsaletti.
Questi giovani soldati si erano
arruolati per favorire la diserzione
e seminare il terrore tra le truppe,
dimostrando l’eroica abnegazione che
il popolo offriva, contro un regime che
cercava con la violenza e la ferocia
di prolungare gli spettri di un triste
passato. (12)
L’azione svolta da questi soldati
volontari antifascisti è di notevole
portata perché il novantaquattresimo
reggimento fanteria disertò quasi
interamente e tra le mura della caserma
rimasero circa trenta soldati.
La vicenda venne persino citata da
Radio Bari ed indicata come esempio
da seguire in tutte le caserme. L’azione
di rappresaglia fatta seguire dai fascisti
porta all’arresto di Enzo Capalozza,
per aver fatto domanda di liberazione
di alcuni padri di famiglia, arrestati
al posto dei figli renitenti alla leva
repubblichina, e Lodovico Baccarini,
il Professor Nicolò Cesarini-Giuglietti,
il maggiore Puglisi, Il commendator
Egidio Del Vecchio, Enrico Adanti, Ivo
Fantini.
Durante la perquisizione, dovevano
essere arrestati anche Di Bari Giovanni,
Di Bari Raffaele, Sperandini Augusto e
Libero Bartolini, che fortunatamente
con la fuga riuscirono a salvarsi. Intanto
i prigionieri condotti al ristorante Zongo
di Pesaro, vivono ore terribili, nella
minaccia di essere trasferiti ad Udine.
Le temute conseguenze furono
evitate per intercessione del Vescovo
di Fano, Monsignor Vincenzo Del
Signore, le buone disposizioni del capo
della provincia Angelo Rossi e del
commissario comunale di Fano, Libero
Montesi.
Intanto, durante un bombardamento al
porto di Fano, sono colpiti ed affondati
due motopescherecci ed è colpita
anche la segheria Montanari. (13)
Il 1944 che inizia, non presenta certo
un clima più sereno ed il 13 gennaio
viene ucciso in un bombardamento
sul ponte Metauro un civile, Ciccolini
Salvatore. Due giorni dopo tocca al
centro storico e, a perdere la vita
stavolta, è la sessantenne Righi Maria,
vedova Torcoletti.
Radio Londra parlerà di questa azione
dicendo che sono stati colpiti obiettivi
militari.
Intanto anche a Fano si costituiscono
i distaccamenti d’assalto Garibaldi ed
i gruppi di azione patriottica (GAP),
che erano gruppi di pochi uomini, ma
audaci e decisi pronti a colpire nel
cuore della città.
Essi hanno alle spalle un periodo di
addestramento militare (tra questi
ricordiamo Valerio Volpini, Otello Vitali
detto Annibale, Aldo Deli, Corrado
Isotti, Sergio Marchigiani e Vittorio
Corsaletti). I gruppi venivano man
mano rafforzati da coloro che, stanchi
e nauseati dalla guerra, trovavano
nelle loro case lo sfascio e la miseria
in cui il regime li aveva condotti e per
cui essi si erano battuti. Gli alleati
facevano pervenire a questi nuclei
armi automatiche e mezzi esplosivi per
affrontare operazioni in grande stile.
In questo campo si adoperano
maggiormente il P.C.I. ed il P.S.I.. In
tale periodo il G.A.P. di Fano affronta
e disarma i soldati e recupera trenta
pistole automatiche, due fucili
mitragliatori, numerose bombe a mano
e quintali di munizioni.
I “gappisti” fanesi attaccano in
più riprese le pattuglie della
Guardia Nazionale Repubblichina e
lanciano bombe contro la caserma
Montevecchio, centro di raccolta dei
repubblichini, azioni che provocano
continue diserzioni.
All’interno della D.C. molti erano cauti
e diffidenti perché temevano una
bolscevizzazione della lotta partigiana,
e a volte questa remora creava squilibri
e scompensi nella lotta comune.
Come lo stesso Valerio Volpini annota
“molti cattolici della vecchia guardia
sono stati più perplessi nei confronti
di quei giovani che collaboravano con
i comunisti, per timore che passassero
dalla loro parte e molte riunioni
avvennero nel retrobottega di Gustavo
Roberti”. (14)
Nel mese di febbraio sono agli arresti
il professor Nicolò Cesarini-Giulietti
accusato di antifascismo e tradimento,
essendo stato squadrista, Maggioli
Ettore, per rappresaglia verso figlio
disertore, Di Bari Giovanni , che ancora
una volta riesce a fuggire, Vincenzo
Almerighi, il romagnolo Borghi, l’ex
comandante la piazza di Fossombrone
Giovanni Anelli, imputato di avere
il comando dei partigiani, l’avvocato
Giuseppe Boidi ed il figlio Umberto,
il colonnello Puglisi, Tito Biancalana,
il medico Levi, Giordano Diambrini
Palazzi, Libero Bartolini, Sante
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Lombardozzi ed Alceo Pedini.
29
Accusati di aver fomentato la
Resistenza e di aver esortato soldati
italiani ad attaccare le autocolonne
tedesche in transito. Poiché non
funzionava più il tribunale speciale,
verranno rilasciati alcune settimane
dopo, tranne Cesarini-Giulietti.
Il 20 verranno portati in carcere a
Forlì, Giannetto Dini e Ferdinando
Salvalai, i quali, catturati a Costacciaro,
nei pressi di Cantiano, durante
un’azione di guerra, verranno
fucilati a Massalombarda (Ra) il 1o
Aprile 1944. Si accentua l’azione del
Gap del basso Metauro, diretto dal
comandante Valerio Volpini, con Aldo
Deli (commissario politico), Cesare
Del Vecchio, Ugo Sanvitale, Otello
Vitali, Guido Antinori e con il giornale
“alla macchia” stampato a Bellocchi
nell’abitazione di Rovinelli Temistocle
che persegue la polemica con il
giornale repubblichino “Patria”. Alla
sua diffusione collaborano i partigiani
Mario Omiccioli, Enrico Uguccioni, Aldo
Alessandrini, Vincenzo Purcaro, Sandro
Giammattei, Glauco Casanova, Ferrante
Di Bari e Alessandro Bruscia. Il sistema
lo svela lo stesso Gustavo Roberti,
dicendo che gli antifascisti partivano
nascondendo i foglietti nel fanale della
bicicletta e fra il piede ed il pedale, e
nei luoghi convenuti lasciavano cadere
i fogli.
Intanto, ai vescovi di Pesaro, Cagli,
Urbino, Fossombrone, Fano, Urbania
e Pennabilli, a firma del tenente
colonnello Agostino Vandini, viene
inviato dal Sessantesimo Comando
Militare Provinciale il bando di
chiamata alle armi delle classi 1922,
1923 e primo quadrimestre 1924:
“Il critico e tragico momento che la
nostra patria sta attraversando, deve
essere superato ad ogni costo, anche
per la salvezza della Cristianità che gli
alleati combattono, come è dimostrato
dalle barbare distruzioni dei tesori
d’arte della Chiesa. Per questo facciamo
molto assegnamento nell’opera di
persuasione del clero sui fedeli,
affinchè la presentazione dei militari
richiamati alle armi sia totalitaria.
La parola dei parroci è molto ascoltata,
perciò questo comando ha anche
indirizzato direttamente ad essi per
chiedere una lettera per chiedere la
loro opera di propaganda, affinchè
il popolo comprenda la necessità di
riprendere le armi e sappia che contro
coloro – renitenti o disertori – che
non si presenteranno ai centri di
reclutamento, è stata decretata la pena
di morte.
Saremo grati a Vostra Eccellenza se
vorrà interessarsi di persona presso
i parroci dipendenti per evitare
deprecabili lutti nelle famiglie.
Firmato
Il Comandante Provinciale Tenente
Colonnello Agostino Vandini”
A Bellocchi, la notte del 30 Marzo,
circolano manifestini che invitano
la popolazione a disertare i bandi di
Graziani e a militare fra i partigiani.
Riprendono i bombardamenti ed il 7
Aprile vengono colpite sei case attigue
alla chiesa di Ponte Metauro.
Ancora una vittima, Agostini Antonio.
I tedeschi, ormai avvertono ogni giorno
di più l’offensiva alleata e con potenti
mine distruggono l’aeroporto.
Il 10 Aprile vengono colpite altre arcate
del ponte ed il 15 Aprile assistiamo
al più disastroso bombardamento
della città. I marinai di Fano
intanto, d’accordo con il C.L.N. ed il
comando del G.A.P. , affondano molti
pescherecci, impedendo ai tedeschi
di catturarli e trasportarli nei porti
dell’Italia settentrionale.
Questo coraggioso autoaffondamento
avvenuto nel porto di Fano, permetterà
alla fine della guerra, la rapida
ricostruzione della locale flottiglia
peschereccia.
Intanto il G.A.P. ed i S.A.P. ( squadre
azione patriottica), attaccano i depositi
tedeschi e il movimento partigiano può
far capo per munizioni, informazioni e
materiale, perfino armi ed esplosivo,
alle parrocchie di San Pietro e
San Paterniano ed alla canonica di
Mondavio, della quale è parroco
Monsignor Carboni, e vice Monsignor
Francesco Curina.
Nella parrocchia viene nascosta
anche una tipografia dell’antifascista
repubblicano Monti, di Riccione.
Analoga situazione nella parrocchia di
Saltara, dove la presenza di Monsignor
Vincenzo Del Signore, ospite della
parrocchia, dà un particolare significato
alla collaborazione con i resistenti.
Nella zona di Barchi, Orciano,
Mondavio, San Giorgio, operano
i gappisti Remo Rovinelli, Attilio
Pigalarga, Ferdinando Di Nanno,
Alberto Boidi, Vincenzo Purcaro ed
Enrico Uguccioni. Intanto, avvengono
altri bombardamenti che hanno come
obiettivi queste zone: Sassonia, il
mulino Albani, il mattatoio comunale, la
stazione ferroviaria, borgo Metauro ed
il campo sportivo. Il bilancio è di cinque
morti e sette feriti.
Queste le vittime: Marini Ferrante e
la nipotina Tarini Maria, Toni Antonio,
Marini Pietro ed Andreani Giulio, il
quale non verrà più ritrovato.
Essendo colpito anche il gasometro,
a Fano verrà a mancare anche
l’erogazione del gas.
Gustavo Roberti, a nome della gioventù
italiana di Azione Cattolica, invia il
18/04/44 il seguente appello ai parroci e
presidenti di Azione Cattolica: “queste
famiglie, per maggiore sicurezza,
dovranno sfollare nei paesi della nostra
diocesi, quindi occorre maggiore
interessamento dei parroci e dei
dirigenti delle associazioni giovanili.
Cercate di provvedere presso le
famiglie delle parrocchie: case, camere
e capanne, dicendoci quante persone
potranno ospitarvi, trasmettendoci
subito nome e cognome ed indirizzo
delle famiglie ospitanti. Aiutate,
soccorrete con qualsiasi mezzo! Siamo
sicuri che comprenderete l’ora grave
che sta attraversando il centro della
nostra diocesi, rispondendo all’appello
con rapidità. Parroci! Dirigenti!
All’opera.
Diciamo al popolo che mai, ora più che
mai, non è tempo di odi, di vendette e
di ingiustizia, ma è tempo di amore, di
carità e di giustizia. Di questo dobbiamo
parlare noi cattolici.
Noi, mantenendo fede alla promessa
fatta, rimarremo qui al centro diocesi
sino all’ultimo minuto.”
I nazisti tedeschi dimostrano in
questo periodo tutta la loro ferocia,
cominciando a rastrellare uomini da
portare ai campi di lavoro, bestiame di
ogni genere, galline, oche, mucche e
quant’altro, ed usando violenza anche
contro le donne. Intanto, i continui
bombardamenti seminano strage in
città, dalla zona della liscia al quartiere
San Lazzaro molti edifici sono colpiti
e molti semidistrutti: case, palazzi,
chiese, collegi e scuole. Basti ricordare
le abitazioni in fondo a Corso Vittorio
Emanuele II (oggi Corso Matteotti),
la chiesa di Sant’Agostino, il collegio
delle maestre Pie Venerini, le case di
Via Nolfi, la filanda Solazzi e l’Istituto
Commerciale.
Mentre i fascisti si accaniscono a
rastrellare uomini dando la caccia casa
per casa, il GAP di Fano, composto
da Aldo Deli, Oddo Lucarelli ed
altri, attacca un deposito di tabacco
dei tedeschi in Via IV Novembre,
distruggendolo completamente.
I partigiani fanesi colpiscono
nuovamente la caserma Paolini con un
fulmineo lancio di bombe a mano, che
causano il ferimento di dodici soldati.
La Via Flaminia viene seminata di
bombe squarcia gomme e chiodi a tre
punte per ritardare la ritirata tedesca.
Una squadra composta da Aldo Deli,
Otello Vitali, Nelio Antinori, Aldo
Torcoletti, Valentino Paoloni, attacca
con esplosivo al plastico la ferrovia
Fano-Urbino, facendola saltare in
alcuni punti nella zona di Cuccurano,
Bellocchi e Rosciano.
A queste azioni partecipano anche il
Comandante Valerio Volpini ed Aldo
Iacucci.
Continuano numerosi i bombardamenti
e la fame e la carestia spingono la
popolazione ad assaltare nei giorni
12 e 13 Giugno il mulino Albani. Nel
generale fuggi fuggi abbandona la città
anche il Commissario Prefettizio Libero
Montesi.
Da questo momento il servizio
postale non funziona più e la Cassa di
Risparmio e l’esattoria trasferiscono
i loro uffici a Cuccurano ed a Monte
Giove, la Banca Nazionale del Lavoro
negli uffici dell’Azione Cattolica di
San Cristoforo, la Banca Nazionale
dell’Agricoltura a Fenile.
Il 15 Giugno 1944, dopo un intenso
lavoro preparatorio svolto da Mario
Bertini del P.C.I. , avviene anche a Fano
la costituzione del C.L.N. locale.
Ne sono responsabili Aldo Paolini per
il P.S.I., Bruno Borghi per il Partito
d’Azione, Enzo Capalozza (Pilon),
per il P.C.I., Giuseppe Ghiandoni
prima ed Oddo Lucarelli poi, per la
D.C., Luigi Antonelli (Mac Nell), per
il Partito di Ricostruzione Liberale,
Aldo Alessandrini per il Fronte della
Gioventù. Il C.L.N. svolse un imponente
attività nel campo civile, specie nel
delicato settore dell’assistenza alla
vita, con la calmierazione dei prezzi,
operando con due centri, uno in Via
Fanella e l’altro a Carrara, con la
collaborazione di alcuni sacerdoti
come Monsignor Giuseppe Amici,
rettore del seminario, Monsignor Carlo
Isotti, vicario del Vescovo Vincenzo
Del Signore e Monsignor Francesco
Battistelli.
Particolare menzione in questo
momento va a Silvio Battistelli, il
quale oltrepassa la linea gotica per
consegnare la mappa, su scala 1:25.000
delle linee di fortificazioni nemiche agli
alleati, per cui si dichiara che egli fu “of
great assistance to us in controlling and
acting as a link with Partisans”.
Il 27 Giugno, non essendoci più a
Fano la civica amministrazione, il
comandante tedesco Eberhard Fischer
ordina l’evacuazione della città dal mare
alla circonvallazione e la popolazione
dovrà recarsi a dieci chilometri dalla
città.
Il conte Pier Carlo Borgogelli, regio
ispettore capo ai monumenti, insieme
al rappresentante del Vescovo
Monsignor Francesco Guerrieri,
tentano un dialogo, con scarsi risultati,
con il comandante tedesco Fischer.
Al Vescovo viene rimproverata la
continua assistenza che i sacerdoti
offrono ai gappisti. Il 20 Luglio, il
30
31
comando tedesco minaccia gravi
sanzioni se qualcuno non assumerà
la responsabilità civile della città. In
mancanza di altre disponibilita, tale
ruolo viene assunto dal Vescovo.
Il mese di Luglio si chiude con un
dolorosissimo bilancio di stragi, morti,
distruzioni devastazioni, incendi e la
cattura della diciottenne Leda Antinori,
che, condotta in carcere, per le sevizie
subite, rientrò in famiglia con la salute
compromessa e morirà il 3 Aprile 1945.
Nei giorni 11, 12 e 13 Agosto sono
colpite da bombardamenti alleati
anche le frazioni Rosciano, Falcineto,
Cuccurano e Bellocchi, dove vengono
distrutti l’asilo, il campanile della
chiesa, con gravi danni alle abitazioni.
Tra i tedeschi molti soldati rimangono
feriti ed uno muore.
Il 14 Agosto si sente la pressione
dell’VIII Armata britannica che avanza
ed incalza il nemico, e la città è in preda
al panico ed al caos.
Fra gli uomini rastrellati per trasferire
il bestiame mentre cercano di fuggire,
i tedeschi uccidono Iacucci Aldo e
feriscono gravemente Volpini Alois. In
questo periodo viene ricercato anche
Gustavo Roberti, ma riesce a porsi in
salvo con la fuga.
Il 19 Agosto, durante i bombardamenti,
muoiono sulla costa sinistra del fiume
due civili, Mariotti Luigi e Negusanti
Albino. Il 20 e il 21 Agosto i tedeschi
danno corso alla distruzione dei sette
campanili cittadini. Il 22 Agosto si ha
un infernale duello tra le artiglierie
tedesche e quelle alleate, le prime
poste sulle alture di Monte Giove, le
altre sulla zona di Camminate, e per
• Sopra, la lapide posta sulla facciata del
Comune di Fano con i nomi dei caduti
nella lotta partigiana.
L’On. Enzo Capalozza, primo sindaco di
Fano liberata.
Qui a lato, Mons. Vincenzo Del Signore,
Vescovo di Fano che, in mancanza di
autorità civili, assunse per un periodo
anche la direzione della città, durante
l’occupazione tedesca.
comandante in capo delle forze armate
polacche in Italia. I cittadini fanesi sono
in festa ed il C.L.N. affigge manifesti
che richiamano alla disciplina ed alla
serenità degli animi.
Il 29 Agosto intanto, l’avvocato Enzo
Capalozza viene eletto Sindaco di
Fano, ed il 5 Settembre 1944 si ha la
prima riunione comunale composta da
Aldo Deli per il Fronte della Gioventù,
Giovanni Anelli per il P.S.I., Giuseppe
Cecchini, Getullio Roberti socialista
cattolico, Ettore Roscetti per il Partito
d’Azione e Valentino Paoloni per il
P.C.I..
Fano è definitivamente libera e
ritornata alle sue migliori tradizioni
di città popolare, democratica ed
antifascista.
Note
• In alto, la lapide funeraria di Leda
Antinori, staffetta partigiana, morta
diciottenne a seguito delle vessazioni
subite nella carcerazione che ne
minarono la salute.
Sopra, Giannetto Dini, fucilato,
nonostante la giovanissima età, a Massa
Lombarda dai nazifascisti il 1.o aprile
1944.
A lato, la targa ricordo dell’uccisione
di due ragazzi fanesi, vittime civili e
innocenti della disumana spietatezza
nazista.
gli abitanti di Bellocchi è un continuo
spavento per il costante sibilare delle
munizioni che attraversano il paese in
tutta la sua lunghezza.
Il 24 Agosto, fra Rosciano e Fano
muoiono Montanari Primo ed i figli
Gabriele e Vincenzo, per avere urtato
durante la strada una delle mine
disseminate dai tedeschi ormai in fuga.
Il 26 Agosto sembra sia arrivato per
Fano il giorno dell’apocalisse, con uno
scatenarsi di bombardamenti: viene
colpito l’eremo di Montegiove; Rosciano
e Bellocchi tremano come colpite da
terremoto, Centinarola è sconvolta ed a
Carrara muoiono tre donne.
Domenica 27 Agosto 1944, alle
05.30, le ultime soldataglie tedesche
con precipitosa fuga “abbandonano
quelle valli che avevano percorso con
orgogliosa sicurezza”. Alle ore 10.00
giungono a Fano le prime avanguardie
polacche. E’ la liberazione! Da ogni
dove spunta la gente, fa festa,
si abbraccia e gioisce con
frenesia, ed ha ragione, dopo
tanto tempo di panico e di
terrore. Ma ancora vittime
a seguito bombardamenti
tedeschi: muoiono a Forcole
la giovane Alda Mencarelli, a
Centinarola Corsaletti Santa,
al porto Antonelli Mario ed il
fabbroferraio Dante Del Vecchio
per lo scoppio di una mina. Il 30
Agosto giunge a Fano il generale
polacco Vladislao Anders,
1. Archivio Centrale dello Stato (A.C.S. Dir.
Aff.Gen. Div. PS fasc.K/1B Pesaro 1943).
2. Giuseppe Mari “Guerriglia sull’Appennino”
pagina 70.
3. A.C.S. Dir. Aff.Gen. Div. PS fasc.C/2 Pesaro.
4. C. Perugini “Fano e la Seconda Guerra
Mondiale” Bologna 1949.
5. Ibidem.
6. Lidio Santini “I cattolici nella resistenza”,
tesi di laurea discussa ad Urbino nel 1972.
7. A.C.S. Min.Int. Dir. Aff.Gen. Div. PS
fasc.K/1B Pesaro 1943.
8. Enzo Capalozza: alcune annotazioni in
merito al Perugini in “Fano Supplemento”e
pag. 143 e segg.
9. C.Perugini “Fano e la Seconda Guerra
Mondiale” Bologna 1949.
10. C. Perugini op. cit.
11. A.C.S. Min. Int. Dir. Aff.Gen. Div. PS
fasc.C/2 Pesaro 1943.
12. Giuseppe Mari “Guerriglia
sull’Appennino” - Argalia Editore Urbino
1968.
13. C. Perugini op. cit.
14. Lidio Santini “Intervista a Valerio Volpini
“I cattolici nella resistenza”, Urbino 1972.
Bruno Venturini
• A fianco, Bruno Venturini.
Sotto, la lapide commemorativa posta al
n. 39 di via Bassini e la sua tomba
nel Cimitero Maggiore (Musocco)
di Milano.
Una militanza d’antifascismo
e Resistenza, pagata prima
col carcere e poi con la vita
Nato a Fano il 28 settembre 1909, ucciso
a Brescia il 29 novembre 1944, laureato
in veterinaria e in chimica, dirigente
comunista.
Ragazzo molto determinato, Bruno
Venturini preferì fare il garzone di
barbiere, piuttosto che seguire gli studi
tecnici ai quali i genitori l'avevano
indirizzato. Così, quando i suoi si
convinsero ad iscriverlo allo Scientifico,
Bruno non riuscì a finire il Liceo prima
della chiamata per la leva. Lo terminò
concluso il servizio militare e s'iscrisse,
a Bologna, a Veterinaria. Era ancora
studente quando, a Fano nel 1930,
cominciò a svolgere attività antifascista
clandestina con un gruppetto di militanti
comunisti. Stavano per dare alle stampe
La Scintilla, un foglio d'opposizione, ma
furono denunciati da una spia. Tribunale
speciale e condanna a dieci anni per
Venturini e i suoi compagni. Nel carcere
di Civitavecchia (era il 1933), l'incontro
con alcuni dei massimi dirigenti
comunisti di allora e il rinnovato
impegno antifascista.
Il giovane comunista è scarcerato nel '37.
Riprende l'attività politica clandestina e
gli studi. Quando si laurea in Veterinaria,
le autorità fasciste gli impediscono di
esercitare la professione. Così Venturini
torna agli studi e, nel 1942, si laurea in
Chimica all'Università di Camerino. Nello
stesso anno si trasferisce a Milano, dove
è chiamato a far parte di quel Comitato
federale comunista. Un anno ancora
e Venturini, che ha assunto il nome di
copertura di Gianni Bianchini, ha un
ruolo importante nella costituzione
della prima organizzazione unitaria
dell'antifascismo italiano: quel Comitato
nazionale d'azione antifascista, dal
quale sarebbe poi nato il Comitato di
Liberazione Nazionale.
Tra gli organizzatori degli scioperi del
marzo 1943, "Bianchini" il 26 luglio tiene
a Milano un comizio a nome del Partito
comunista e, dopo l'8 settembre,
organizza l'andata in montagna dei
militari sbandati, dei ricercati e dei
giovani renitenti. Quando, la vigilia del
Capodanno 1944, i fascisti arrestano
sua moglie, Libera Callegari, "Bianchini"
si sposta a Roma, dove svolge, in
collegamento con Giorgio Amendola,
attività politico militare nella settima
Zona. Poi, per Venturini, è un turbinio
d'incarichi e di spostamenti. Rientra a
Milano, quindi, ai primi di giugno del
1944, dirige la Federazione comunista
di Venezia. Diventa poi ispettore
del CLN regionale per le province di
Vicenza e Treviso. Passa sull'altipiano
del Cansiglio, come rappresentante
del PCI presso la Divisione Garibaldi
"Nannetti", e dopo i rastrellamenti del
settembre 1944, si trasferisce a Vicenza
per dirigervi quella Federazione
comunista.
Quando in Veneto arriva Giorgio
Amendola, "Bianchini" è nominato
vice comandante del CVL delle Tre
Venezie. In tale veste fa la spola con
Milano, per partecipare alle riunioni
del CLN Alta Italia. È proprio in una di
queste occasioni che perde la vita. Dopo
un incontro a Milano con Luigi Longo,
"Bianchini" è diretto a Padova. Arriva
a Brescia e, mentre attende un mezzo
per proseguire il viaggio, è riconosciuto
da una "repubblichina" di Fano riparata
al Nord. La donna avvisa i fascisti di
Brescia e "Bianchini" è preso in trappola.
Un disperato tentativo di sottrarsi alla
cattura è troncato da una raffica di mitra.
(Fonte: Redazione web A.N.P.I.,
Associazione Nazionale Partigiani
d’Italia, via degli Scipioni 271, 00192
Roma.)
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