La Resistenza a Fano • A lato, la tessera di partigiano combattente di Valerio Volpini e un’immagine di parte della 5.a brigata partigiana Garibaldi in cui si riconoscono i fanesi Corrado Isotti e Vincenzo Lombardozzi. Elmo Santini Il 25 luglio 1943, anche se costituisce un fatto di rilevanza nazionale, in quanto data storica della caduta del regime fascista, non giunge di sorpresa, se analizziamo certi eventi che ne segnalavano già la crisi. Era fatale che un sistema di governo basato sulla violenza (Don Minzoni e Giacomo Matteotti furono le prime vittime più note) dovesse crollare come ogni dittatura destinata a finire in modo più o meno tragico. Piccoli, ma significativi episodi, della imminente crisi si verificano anche a Fano. Il 15 e 16 Giugno, in un casotto abbandonato nei pressi del campo di tennis vicino alla spiaggia del Lido, venivano ritrovati un elmetto vecchio tipo del Regio Esercito, avente come stemma la stella rossa a cinque punte, stampata con una matita copiativa ed una bandiera bruna di seta con disegnati al centro la falce ed il martello e nel bordo superiore la scritta “proletari di tutto il mondo, unitevi”. In quello inferiore “Rivoluzione Comunista 1943”. Accanto una maschera antigas, un bracciale rosso con la sigla a ricamo “P.A.A.”, una scatola di cartone con elementi tuttavia sufficienti per impiantare un apparecchio radio (1). Il 16 giugno, nella cassetta da lettere dell’ufficio postale di Fano, sono stati trovati cartelli ed altri fogli con le seguenti scritte ad inchiostro nero: “verrà l’ora per voi, fascisti fanesi -Travaglini, Maragno, Stella - principali fascisti della pagnotta. Tutti in guerra fannulloni, non con le chiacchiere! Abbasso il Duce! W il Re!”. Le indagini calligrafiche eseguite porteranno agli arresti degli studenti Pierpaoli Giovanni, Filippetti Glauco e Dini Giannetto, tutti di Fano. In occasione del settantacinquesimo della Gioventù Cattolica, viene a Fano in forma clandestina Corsarego, ed in una riunione privata in casa di amici, darà le prime direttive in previsione di una possibile caduta del fascismo. Come si evince, questi piccoli episodi, di per sé poco significativi, stanno ad attestare che il regime è sull’orlo del tracollo, essendo chiara anche al popolo la fragilità a cui esso è pervenuto. Alla notizia ufficiale della caduta, il gruppo di antifascisti che dopo l’otto settembre darà vita al Comitato di Liberazione Nazionale (C.L.N.), si riunisce a Pesaro nell’ufficio di Wolframo Pierangeli, e, tra le altre iniziative, decide la commemorazione del martire antifascista Don Giovanni Minzoni, del quale la domenica seguente ricorre l’anniversario della morte. Alla cerimonia celebrata anche con funzione religiosa al Duomo di Pesaro, si ha un grande concorso di cittadini e solo un terzo dei convenuti può entrare nella chiesa. (2) Il popolo che infine può liberarsi da un incubo durato vent’anni, si abbandona ad assalti alle “camice nere”, e a tutti quegli oggetti che ricordano infausti e dolorosi momenti. Il 3 Agosto, a Fano, viene arrestato Pianosi Italo, per aver usato violenza ad un vigile urbano che portava il distintivo fascista. Il 4 Agosto vengono arrestati l’impiegata telegrafista Marcaccini Elena, per aver sparso la voce di un armistizio raggiunto, e Ferri Oddo per aver tentato di abbattere lo stemma del littorio al mercato del pesce. Tuttavia il Ferri riuscì a fuggire. (3) Intanto, il P.C.I. non perde tempo e comincia la propaganda tesa ad invitare il popolo alla rivolta con manifesti e proclami inneggianti alla libertà ed alla liberazione nazionale. L’appello emanato dal P.C.I. viene accolto dalle altre organizzazioni politiche quali il Partito d’Azione, Giustizia e Libertà e dagli esponenti del mondo cattolico, rappresentati a Pesaro dall’avvocato Giulio Coli. Nella nostra città infatti, le sofferenze della guerra sono ancora più aspre, perché aumentano le difficoltà economiche, essendo fortemente ridotta l’attività turistica balneare, che ancora oggi è così importante per l’economia cittadina. Infatti, in questo periodo, entra in vigore il divieto di sosta lungo la spiaggia e l’orario del coprifuoco è portato dalle 21.00 alle 06.00 del mattino, e l’orario della pesca dalle 08.00 alle 18.00. Il pesce, dal primo Agosto, si può acquistare soltanto con la tessera, due volte al mese. Facilmente intuibili le proteste da parte della popolazione, soprattutto quella marinara, che viene sospinta alla fame. La pressione popolare aumenta e le autorità, il 7 Agosto, devono concedere il permesso di balneazione dalle 08.00 alle 12.30, resta il divieto per l’intero pomeriggio. Questo permesso poco giova e la vita comincia ad essere paralizzata in ogni settore, compreso quello scolastico. Per l’intensificarsi delle incursioni aeree molte famiglie cominciano ad abbandonare la città per rifugiarsi nei comuni vicini. (4) Alla metà del mese il settore alberghiero, già fortemente ridotto, è completamente paralizzato e l’affluenza dei turisti pressoché nulla. Intanto a Roma, nel primo Ministero Badoglio, dopo il 25 Luglio, è ministro dell’Educazione Nazionale il concittadino Dott. Leandro Severi, che sarà poi Presidente del Consiglio di Stato nel 1951. A Fano, come lo stesso Perugini annota, il comando della piazza è affidato al Colonnello Giannola, il quale, zelante fino allo scrupolo, proibisce che anche attorno ai tavoli dei caffè vi siano più di tre sedie, anche vuote. Di più, le ronde impongono che i membri di una stessa famiglia, per le 26 27 vie cittadine, abbiano a circolare divisi, anche se fra questi vi siano bambini in tenera età. Numerosi cittadini vengono arrestati e condotti in caserma perché colti a passeggiare per il corso, affollatissimo, a gruppi di quattro. Si è visto perfino che quattro persone, uscendo dallo studio del notaio Pasqualucci, per affari, sono bloccate dalla ronda e portate in caserma.(5) Intanto anche a Fano, come tutto il territorio nazionale, in maniera del tutto spontanea, nasce il Comitato di Concentrazione Antifascista così composto: Pierangeli ed Ugolini per il P.C.I., Bonini del P.L.I., Conti per il P.R.I., Ronconi e Filippini per il P.S.I. e l’avvocato Giuseppe Boidi per la D.C.. A questo comitato, a Pesaro, partecipano anche l’avvocato Giulio Coli ed il commendator Nardelli. (6) Il Comitato provvede a diffondere clandestinamente i vari comunicati concernenti le risoluzioni votate ai vari livelli, provinciale e regionale. Frattanto, la propaganda continua la sua azione per tenere viva l’opinione pubblica, e le indagini della polizia a volte rischiano il ridicolo, tanta ormai è la confusione politica e lo stato di incertezza. A tal proposito è abbastanza significativo l’episodio del 23 Agosto 1943, quando una pattuglia delle Regie Guardie di Finanza, in perlustrazione lungo la linea ferroviaria adriatica, in località “Le Bettole”, giunta al casello 149, nota sull’arenile tre emblemi raffiguranti la falce ed il martello con la dicitura “la luce deve venire dall’est”. Non avendo trovati altri elementi, le indagini vengono estese tra i seminaristi che si erano fermati sull’arenile il giorno precedente per fare un bagno, e sul luogo era stato trovato un basco. (7) La propaganda in favore della pace da parte dei vari partiti continua con ogni mezzo, ed il 26 Agosto, lungo la ferrovia Fano-Fermignano, vengono lanciati manifesti dai finestrini. Dopo l’8 Settembre, armistizio di Cassibile, l’attività del Comitato si fa più pressante e da Fano ottiene la liberazione dei detenuti politici. Nella nostra città, l’azione viene condotta da Alvino Zandri e Maria Mancinelli, che il 13 Settembre impongono al custode del carcere mandamentale la liberazione dei seguenti prigionieri politici: Raffaele Santopadre, Selvino Dellasanta, Edmondo Boschi, Augusto Furlani, Augusto Cattaneo, Ferdinando Mazza ed Italo Pianosi. Anche il podestà Alberto Tonucci collaborò con il Comitato, ed il 15 Settembre pubblicò un manifesto per la distribuzione di un quintale di grano per ogni titolare di tessera annonaria. Dopo la ricostruzione del partito fascista, egli sarà estromesso “manu militari” dalle sue funzioni, ad opera di armati repubblichini e verrà sostituito con Libero Montesi. (8) A Fano ed in tutta la provincia, le mancate adesioni ai bandi militari di Graziani furono le più alte della regione. I contatti fra il C.L.N. provinciale e quello locale vengono tenuti da Enzo Capalozza (P.C.I.) e Gustavo Roberti (D.C.) e l’animazione dell’attività locale promossa da Mario Bertini (P.C.I.). Il 23 Settembre 1943, si ha a Fano il primo fatto di sangue. Un soldato tedesco, alla caserma Montevecchio, infastidito da ragazzi che giocano vicino alla sentinella, spara, e ne colpisce mortalmente due: Renata Marconi, di 14 anni e Temistocle Paolini di 8, ed un altro è ferito. L’episodio denota quanta animazione e tensione vi fossero in città, e lo stato di agitazione che regna in ciascuno. (9) Il 29 Settembre, circolano per la città carabinieri con al braccio al fascia recante la scritta “Polizei”, e due tedeschi, davanti alla stazione ferroviaria, derubano della sua auto (una Fiat 514) l’autista di piazza Giuseppe Francolini. Intanto i “puri” del disciolto partito fascista, costituiscono il Partito Fascista Repubblicano, e , strano a credere, molti ex gerarchi non verranno accolti, ed il nuovo partito sarà formato tutto da figure di secondaria importanza. Il C.L.N. lancia un appello, il 30 Ottobre 1943, a tutti gli italiani per la formazione di una Guardia Nazionale, che si impegni militarmente per la cacciata dei nazisti. L’appello è rivolto a tutte le classi sociali ed a tutte le forze componenti lo Stato: agli ufficiali dell’esercito, ai militari, ai giovani, agli operai, ai contadini, alle donne, ai benestanti. Ma in questo periodo la popolazione marchigiana, e quindi anche quella di Fano, per la vicinanza del fronte vive nell’attendismo, cioè spera che il fronte militare passi presto e giungano gli alleati liberatori. A rompere questo indugio ed a organizzare la popolazione antifascista sarà il noto comunista urbinate Erivo Ferri, che assalta depositi di armi a Schieti, Tavoleto e Sassocorvaro, segnando così l’inizio della lotta armata. Anche a Fano, Mario Bertini e Pisano Sorcinelli sottraggono armi ad un deposito tedesco a Metaurilia, per fornire la V Brigata Garibaldi che opera a Cantiano. La propaganda anti-nazista prosegue e si lanciano appelli anche ai soldati tedeschi, invitandoli a disertare, come dimostrano i volantini lanciati a Fano il 23 Novembre 1943. Iniziano anche le azioni militari ed il 26 Novembre, dalle ore 11.44 alle 13.55, due velivoli inglesi bombardano il ponte sul fiume Metauro, ma sbagliano l’obiettivo ed uccidono un civile, Eugenio Mariotti. (10). Il 27 Novembre, nella cassetta per la corrispondenza in Piazza XX Settembre vengono ritrovati tre manifesti comunisti, L’Aurora, in cui sono narrati l’episodio di Ca’ Mazzasette e ricordata la rivoluzione russa di Ottobre 1917.(11) Il 21 Dicembre, in Via Nazario Sauro, vengono lanciate tre bombe a mano contro il soldato Carlucci Luigi e l’allievo ufficiale Carlucci Giuseppe. I due, ricoverati in ospedale, verranno dichiarati guaribili in trenta giorni. Le persecuzioni ed i fermi seguiti all’azione, portano all’arresto dello studente diciottenne Omiccioli Sergio, trovato in possesso di un fucile modello 91 e di quarantadue cartucce. L’arma risulta trafugata, ed il coprifuoco viene anticipato alle 20.00 invece delle 23.00. Il fatto, di lieve importanza per se stesso, assume rilevanza psicologica perché segna l’inizio della lotta armata anche a Fano. Infatti, il giorno successivo 22 Dicembre, per azioni dimostrative, Giannetto Dini lancia alcune bombe dentro la caserma Montevecchio, in cui vi erano arruolati: Aldo Deli, Corrado Isotti, Valerio Volpini, Sergio Marchigiani, Vincenzo Lombardozzi, Otello Del Mastro, Ferrante Di Bari, Sandro Giammttei e Vittorio Corsaletti. Questi giovani soldati si erano arruolati per favorire la diserzione e seminare il terrore tra le truppe, dimostrando l’eroica abnegazione che il popolo offriva, contro un regime che cercava con la violenza e la ferocia di prolungare gli spettri di un triste passato. (12) L’azione svolta da questi soldati volontari antifascisti è di notevole portata perché il novantaquattresimo reggimento fanteria disertò quasi interamente e tra le mura della caserma rimasero circa trenta soldati. La vicenda venne persino citata da Radio Bari ed indicata come esempio da seguire in tutte le caserme. L’azione di rappresaglia fatta seguire dai fascisti porta all’arresto di Enzo Capalozza, per aver fatto domanda di liberazione di alcuni padri di famiglia, arrestati al posto dei figli renitenti alla leva repubblichina, e Lodovico Baccarini, il Professor Nicolò Cesarini-Giuglietti, il maggiore Puglisi, Il commendator Egidio Del Vecchio, Enrico Adanti, Ivo Fantini. Durante la perquisizione, dovevano essere arrestati anche Di Bari Giovanni, Di Bari Raffaele, Sperandini Augusto e Libero Bartolini, che fortunatamente con la fuga riuscirono a salvarsi. Intanto i prigionieri condotti al ristorante Zongo di Pesaro, vivono ore terribili, nella minaccia di essere trasferiti ad Udine. Le temute conseguenze furono evitate per intercessione del Vescovo di Fano, Monsignor Vincenzo Del Signore, le buone disposizioni del capo della provincia Angelo Rossi e del commissario comunale di Fano, Libero Montesi. Intanto, durante un bombardamento al porto di Fano, sono colpiti ed affondati due motopescherecci ed è colpita anche la segheria Montanari. (13) Il 1944 che inizia, non presenta certo un clima più sereno ed il 13 gennaio viene ucciso in un bombardamento sul ponte Metauro un civile, Ciccolini Salvatore. Due giorni dopo tocca al centro storico e, a perdere la vita stavolta, è la sessantenne Righi Maria, vedova Torcoletti. Radio Londra parlerà di questa azione dicendo che sono stati colpiti obiettivi militari. Intanto anche a Fano si costituiscono i distaccamenti d’assalto Garibaldi ed i gruppi di azione patriottica (GAP), che erano gruppi di pochi uomini, ma audaci e decisi pronti a colpire nel cuore della città. Essi hanno alle spalle un periodo di addestramento militare (tra questi ricordiamo Valerio Volpini, Otello Vitali detto Annibale, Aldo Deli, Corrado Isotti, Sergio Marchigiani e Vittorio Corsaletti). I gruppi venivano man mano rafforzati da coloro che, stanchi e nauseati dalla guerra, trovavano nelle loro case lo sfascio e la miseria in cui il regime li aveva condotti e per cui essi si erano battuti. Gli alleati facevano pervenire a questi nuclei armi automatiche e mezzi esplosivi per affrontare operazioni in grande stile. In questo campo si adoperano maggiormente il P.C.I. ed il P.S.I.. In tale periodo il G.A.P. di Fano affronta e disarma i soldati e recupera trenta pistole automatiche, due fucili mitragliatori, numerose bombe a mano e quintali di munizioni. I “gappisti” fanesi attaccano in più riprese le pattuglie della Guardia Nazionale Repubblichina e lanciano bombe contro la caserma Montevecchio, centro di raccolta dei repubblichini, azioni che provocano continue diserzioni. All’interno della D.C. molti erano cauti e diffidenti perché temevano una bolscevizzazione della lotta partigiana, e a volte questa remora creava squilibri e scompensi nella lotta comune. Come lo stesso Valerio Volpini annota “molti cattolici della vecchia guardia sono stati più perplessi nei confronti di quei giovani che collaboravano con i comunisti, per timore che passassero dalla loro parte e molte riunioni avvennero nel retrobottega di Gustavo Roberti”. (14) Nel mese di febbraio sono agli arresti il professor Nicolò Cesarini-Giulietti accusato di antifascismo e tradimento, essendo stato squadrista, Maggioli Ettore, per rappresaglia verso figlio disertore, Di Bari Giovanni , che ancora una volta riesce a fuggire, Vincenzo Almerighi, il romagnolo Borghi, l’ex comandante la piazza di Fossombrone Giovanni Anelli, imputato di avere il comando dei partigiani, l’avvocato Giuseppe Boidi ed il figlio Umberto, il colonnello Puglisi, Tito Biancalana, il medico Levi, Giordano Diambrini Palazzi, Libero Bartolini, Sante 28 Lombardozzi ed Alceo Pedini. 29 Accusati di aver fomentato la Resistenza e di aver esortato soldati italiani ad attaccare le autocolonne tedesche in transito. Poiché non funzionava più il tribunale speciale, verranno rilasciati alcune settimane dopo, tranne Cesarini-Giulietti. Il 20 verranno portati in carcere a Forlì, Giannetto Dini e Ferdinando Salvalai, i quali, catturati a Costacciaro, nei pressi di Cantiano, durante un’azione di guerra, verranno fucilati a Massalombarda (Ra) il 1o Aprile 1944. Si accentua l’azione del Gap del basso Metauro, diretto dal comandante Valerio Volpini, con Aldo Deli (commissario politico), Cesare Del Vecchio, Ugo Sanvitale, Otello Vitali, Guido Antinori e con il giornale “alla macchia” stampato a Bellocchi nell’abitazione di Rovinelli Temistocle che persegue la polemica con il giornale repubblichino “Patria”. Alla sua diffusione collaborano i partigiani Mario Omiccioli, Enrico Uguccioni, Aldo Alessandrini, Vincenzo Purcaro, Sandro Giammattei, Glauco Casanova, Ferrante Di Bari e Alessandro Bruscia. Il sistema lo svela lo stesso Gustavo Roberti, dicendo che gli antifascisti partivano nascondendo i foglietti nel fanale della bicicletta e fra il piede ed il pedale, e nei luoghi convenuti lasciavano cadere i fogli. Intanto, ai vescovi di Pesaro, Cagli, Urbino, Fossombrone, Fano, Urbania e Pennabilli, a firma del tenente colonnello Agostino Vandini, viene inviato dal Sessantesimo Comando Militare Provinciale il bando di chiamata alle armi delle classi 1922, 1923 e primo quadrimestre 1924: “Il critico e tragico momento che la nostra patria sta attraversando, deve essere superato ad ogni costo, anche per la salvezza della Cristianità che gli alleati combattono, come è dimostrato dalle barbare distruzioni dei tesori d’arte della Chiesa. Per questo facciamo molto assegnamento nell’opera di persuasione del clero sui fedeli, affinchè la presentazione dei militari richiamati alle armi sia totalitaria. La parola dei parroci è molto ascoltata, perciò questo comando ha anche indirizzato direttamente ad essi per chiedere una lettera per chiedere la loro opera di propaganda, affinchè il popolo comprenda la necessità di riprendere le armi e sappia che contro coloro – renitenti o disertori – che non si presenteranno ai centri di reclutamento, è stata decretata la pena di morte. Saremo grati a Vostra Eccellenza se vorrà interessarsi di persona presso i parroci dipendenti per evitare deprecabili lutti nelle famiglie. Firmato Il Comandante Provinciale Tenente Colonnello Agostino Vandini” A Bellocchi, la notte del 30 Marzo, circolano manifestini che invitano la popolazione a disertare i bandi di Graziani e a militare fra i partigiani. Riprendono i bombardamenti ed il 7 Aprile vengono colpite sei case attigue alla chiesa di Ponte Metauro. Ancora una vittima, Agostini Antonio. I tedeschi, ormai avvertono ogni giorno di più l’offensiva alleata e con potenti mine distruggono l’aeroporto. Il 10 Aprile vengono colpite altre arcate del ponte ed il 15 Aprile assistiamo al più disastroso bombardamento della città. I marinai di Fano intanto, d’accordo con il C.L.N. ed il comando del G.A.P. , affondano molti pescherecci, impedendo ai tedeschi di catturarli e trasportarli nei porti dell’Italia settentrionale. Questo coraggioso autoaffondamento avvenuto nel porto di Fano, permetterà alla fine della guerra, la rapida ricostruzione della locale flottiglia peschereccia. Intanto il G.A.P. ed i S.A.P. ( squadre azione patriottica), attaccano i depositi tedeschi e il movimento partigiano può far capo per munizioni, informazioni e materiale, perfino armi ed esplosivo, alle parrocchie di San Pietro e San Paterniano ed alla canonica di Mondavio, della quale è parroco Monsignor Carboni, e vice Monsignor Francesco Curina. Nella parrocchia viene nascosta anche una tipografia dell’antifascista repubblicano Monti, di Riccione. Analoga situazione nella parrocchia di Saltara, dove la presenza di Monsignor Vincenzo Del Signore, ospite della parrocchia, dà un particolare significato alla collaborazione con i resistenti. Nella zona di Barchi, Orciano, Mondavio, San Giorgio, operano i gappisti Remo Rovinelli, Attilio Pigalarga, Ferdinando Di Nanno, Alberto Boidi, Vincenzo Purcaro ed Enrico Uguccioni. Intanto, avvengono altri bombardamenti che hanno come obiettivi queste zone: Sassonia, il mulino Albani, il mattatoio comunale, la stazione ferroviaria, borgo Metauro ed il campo sportivo. Il bilancio è di cinque morti e sette feriti. Queste le vittime: Marini Ferrante e la nipotina Tarini Maria, Toni Antonio, Marini Pietro ed Andreani Giulio, il quale non verrà più ritrovato. Essendo colpito anche il gasometro, a Fano verrà a mancare anche l’erogazione del gas. Gustavo Roberti, a nome della gioventù italiana di Azione Cattolica, invia il 18/04/44 il seguente appello ai parroci e presidenti di Azione Cattolica: “queste famiglie, per maggiore sicurezza, dovranno sfollare nei paesi della nostra diocesi, quindi occorre maggiore interessamento dei parroci e dei dirigenti delle associazioni giovanili. Cercate di provvedere presso le famiglie delle parrocchie: case, camere e capanne, dicendoci quante persone potranno ospitarvi, trasmettendoci subito nome e cognome ed indirizzo delle famiglie ospitanti. Aiutate, soccorrete con qualsiasi mezzo! Siamo sicuri che comprenderete l’ora grave che sta attraversando il centro della nostra diocesi, rispondendo all’appello con rapidità. Parroci! Dirigenti! All’opera. Diciamo al popolo che mai, ora più che mai, non è tempo di odi, di vendette e di ingiustizia, ma è tempo di amore, di carità e di giustizia. Di questo dobbiamo parlare noi cattolici. Noi, mantenendo fede alla promessa fatta, rimarremo qui al centro diocesi sino all’ultimo minuto.” I nazisti tedeschi dimostrano in questo periodo tutta la loro ferocia, cominciando a rastrellare uomini da portare ai campi di lavoro, bestiame di ogni genere, galline, oche, mucche e quant’altro, ed usando violenza anche contro le donne. Intanto, i continui bombardamenti seminano strage in città, dalla zona della liscia al quartiere San Lazzaro molti edifici sono colpiti e molti semidistrutti: case, palazzi, chiese, collegi e scuole. Basti ricordare le abitazioni in fondo a Corso Vittorio Emanuele II (oggi Corso Matteotti), la chiesa di Sant’Agostino, il collegio delle maestre Pie Venerini, le case di Via Nolfi, la filanda Solazzi e l’Istituto Commerciale. Mentre i fascisti si accaniscono a rastrellare uomini dando la caccia casa per casa, il GAP di Fano, composto da Aldo Deli, Oddo Lucarelli ed altri, attacca un deposito di tabacco dei tedeschi in Via IV Novembre, distruggendolo completamente. I partigiani fanesi colpiscono nuovamente la caserma Paolini con un fulmineo lancio di bombe a mano, che causano il ferimento di dodici soldati. La Via Flaminia viene seminata di bombe squarcia gomme e chiodi a tre punte per ritardare la ritirata tedesca. Una squadra composta da Aldo Deli, Otello Vitali, Nelio Antinori, Aldo Torcoletti, Valentino Paoloni, attacca con esplosivo al plastico la ferrovia Fano-Urbino, facendola saltare in alcuni punti nella zona di Cuccurano, Bellocchi e Rosciano. A queste azioni partecipano anche il Comandante Valerio Volpini ed Aldo Iacucci. Continuano numerosi i bombardamenti e la fame e la carestia spingono la popolazione ad assaltare nei giorni 12 e 13 Giugno il mulino Albani. Nel generale fuggi fuggi abbandona la città anche il Commissario Prefettizio Libero Montesi. Da questo momento il servizio postale non funziona più e la Cassa di Risparmio e l’esattoria trasferiscono i loro uffici a Cuccurano ed a Monte Giove, la Banca Nazionale del Lavoro negli uffici dell’Azione Cattolica di San Cristoforo, la Banca Nazionale dell’Agricoltura a Fenile. Il 15 Giugno 1944, dopo un intenso lavoro preparatorio svolto da Mario Bertini del P.C.I. , avviene anche a Fano la costituzione del C.L.N. locale. Ne sono responsabili Aldo Paolini per il P.S.I., Bruno Borghi per il Partito d’Azione, Enzo Capalozza (Pilon), per il P.C.I., Giuseppe Ghiandoni prima ed Oddo Lucarelli poi, per la D.C., Luigi Antonelli (Mac Nell), per il Partito di Ricostruzione Liberale, Aldo Alessandrini per il Fronte della Gioventù. Il C.L.N. svolse un imponente attività nel campo civile, specie nel delicato settore dell’assistenza alla vita, con la calmierazione dei prezzi, operando con due centri, uno in Via Fanella e l’altro a Carrara, con la collaborazione di alcuni sacerdoti come Monsignor Giuseppe Amici, rettore del seminario, Monsignor Carlo Isotti, vicario del Vescovo Vincenzo Del Signore e Monsignor Francesco Battistelli. Particolare menzione in questo momento va a Silvio Battistelli, il quale oltrepassa la linea gotica per consegnare la mappa, su scala 1:25.000 delle linee di fortificazioni nemiche agli alleati, per cui si dichiara che egli fu “of great assistance to us in controlling and acting as a link with Partisans”. Il 27 Giugno, non essendoci più a Fano la civica amministrazione, il comandante tedesco Eberhard Fischer ordina l’evacuazione della città dal mare alla circonvallazione e la popolazione dovrà recarsi a dieci chilometri dalla città. Il conte Pier Carlo Borgogelli, regio ispettore capo ai monumenti, insieme al rappresentante del Vescovo Monsignor Francesco Guerrieri, tentano un dialogo, con scarsi risultati, con il comandante tedesco Fischer. Al Vescovo viene rimproverata la continua assistenza che i sacerdoti offrono ai gappisti. Il 20 Luglio, il 30 31 comando tedesco minaccia gravi sanzioni se qualcuno non assumerà la responsabilità civile della città. In mancanza di altre disponibilita, tale ruolo viene assunto dal Vescovo. Il mese di Luglio si chiude con un dolorosissimo bilancio di stragi, morti, distruzioni devastazioni, incendi e la cattura della diciottenne Leda Antinori, che, condotta in carcere, per le sevizie subite, rientrò in famiglia con la salute compromessa e morirà il 3 Aprile 1945. Nei giorni 11, 12 e 13 Agosto sono colpite da bombardamenti alleati anche le frazioni Rosciano, Falcineto, Cuccurano e Bellocchi, dove vengono distrutti l’asilo, il campanile della chiesa, con gravi danni alle abitazioni. Tra i tedeschi molti soldati rimangono feriti ed uno muore. Il 14 Agosto si sente la pressione dell’VIII Armata britannica che avanza ed incalza il nemico, e la città è in preda al panico ed al caos. Fra gli uomini rastrellati per trasferire il bestiame mentre cercano di fuggire, i tedeschi uccidono Iacucci Aldo e feriscono gravemente Volpini Alois. In questo periodo viene ricercato anche Gustavo Roberti, ma riesce a porsi in salvo con la fuga. Il 19 Agosto, durante i bombardamenti, muoiono sulla costa sinistra del fiume due civili, Mariotti Luigi e Negusanti Albino. Il 20 e il 21 Agosto i tedeschi danno corso alla distruzione dei sette campanili cittadini. Il 22 Agosto si ha un infernale duello tra le artiglierie tedesche e quelle alleate, le prime poste sulle alture di Monte Giove, le altre sulla zona di Camminate, e per • Sopra, la lapide posta sulla facciata del Comune di Fano con i nomi dei caduti nella lotta partigiana. L’On. Enzo Capalozza, primo sindaco di Fano liberata. Qui a lato, Mons. Vincenzo Del Signore, Vescovo di Fano che, in mancanza di autorità civili, assunse per un periodo anche la direzione della città, durante l’occupazione tedesca. comandante in capo delle forze armate polacche in Italia. I cittadini fanesi sono in festa ed il C.L.N. affigge manifesti che richiamano alla disciplina ed alla serenità degli animi. Il 29 Agosto intanto, l’avvocato Enzo Capalozza viene eletto Sindaco di Fano, ed il 5 Settembre 1944 si ha la prima riunione comunale composta da Aldo Deli per il Fronte della Gioventù, Giovanni Anelli per il P.S.I., Giuseppe Cecchini, Getullio Roberti socialista cattolico, Ettore Roscetti per il Partito d’Azione e Valentino Paoloni per il P.C.I.. Fano è definitivamente libera e ritornata alle sue migliori tradizioni di città popolare, democratica ed antifascista. Note • In alto, la lapide funeraria di Leda Antinori, staffetta partigiana, morta diciottenne a seguito delle vessazioni subite nella carcerazione che ne minarono la salute. Sopra, Giannetto Dini, fucilato, nonostante la giovanissima età, a Massa Lombarda dai nazifascisti il 1.o aprile 1944. A lato, la targa ricordo dell’uccisione di due ragazzi fanesi, vittime civili e innocenti della disumana spietatezza nazista. gli abitanti di Bellocchi è un continuo spavento per il costante sibilare delle munizioni che attraversano il paese in tutta la sua lunghezza. Il 24 Agosto, fra Rosciano e Fano muoiono Montanari Primo ed i figli Gabriele e Vincenzo, per avere urtato durante la strada una delle mine disseminate dai tedeschi ormai in fuga. Il 26 Agosto sembra sia arrivato per Fano il giorno dell’apocalisse, con uno scatenarsi di bombardamenti: viene colpito l’eremo di Montegiove; Rosciano e Bellocchi tremano come colpite da terremoto, Centinarola è sconvolta ed a Carrara muoiono tre donne. Domenica 27 Agosto 1944, alle 05.30, le ultime soldataglie tedesche con precipitosa fuga “abbandonano quelle valli che avevano percorso con orgogliosa sicurezza”. Alle ore 10.00 giungono a Fano le prime avanguardie polacche. E’ la liberazione! Da ogni dove spunta la gente, fa festa, si abbraccia e gioisce con frenesia, ed ha ragione, dopo tanto tempo di panico e di terrore. Ma ancora vittime a seguito bombardamenti tedeschi: muoiono a Forcole la giovane Alda Mencarelli, a Centinarola Corsaletti Santa, al porto Antonelli Mario ed il fabbroferraio Dante Del Vecchio per lo scoppio di una mina. Il 30 Agosto giunge a Fano il generale polacco Vladislao Anders, 1. Archivio Centrale dello Stato (A.C.S. Dir. Aff.Gen. Div. PS fasc.K/1B Pesaro 1943). 2. Giuseppe Mari “Guerriglia sull’Appennino” pagina 70. 3. A.C.S. Dir. Aff.Gen. Div. PS fasc.C/2 Pesaro. 4. C. Perugini “Fano e la Seconda Guerra Mondiale” Bologna 1949. 5. Ibidem. 6. Lidio Santini “I cattolici nella resistenza”, tesi di laurea discussa ad Urbino nel 1972. 7. A.C.S. Min.Int. Dir. Aff.Gen. Div. PS fasc.K/1B Pesaro 1943. 8. Enzo Capalozza: alcune annotazioni in merito al Perugini in “Fano Supplemento”e pag. 143 e segg. 9. C.Perugini “Fano e la Seconda Guerra Mondiale” Bologna 1949. 10. C. Perugini op. cit. 11. A.C.S. Min. Int. Dir. Aff.Gen. Div. PS fasc.C/2 Pesaro 1943. 12. Giuseppe Mari “Guerriglia sull’Appennino” - Argalia Editore Urbino 1968. 13. C. Perugini op. cit. 14. Lidio Santini “Intervista a Valerio Volpini “I cattolici nella resistenza”, Urbino 1972. Bruno Venturini • A fianco, Bruno Venturini. Sotto, la lapide commemorativa posta al n. 39 di via Bassini e la sua tomba nel Cimitero Maggiore (Musocco) di Milano. Una militanza d’antifascismo e Resistenza, pagata prima col carcere e poi con la vita Nato a Fano il 28 settembre 1909, ucciso a Brescia il 29 novembre 1944, laureato in veterinaria e in chimica, dirigente comunista. Ragazzo molto determinato, Bruno Venturini preferì fare il garzone di barbiere, piuttosto che seguire gli studi tecnici ai quali i genitori l'avevano indirizzato. Così, quando i suoi si convinsero ad iscriverlo allo Scientifico, Bruno non riuscì a finire il Liceo prima della chiamata per la leva. Lo terminò concluso il servizio militare e s'iscrisse, a Bologna, a Veterinaria. Era ancora studente quando, a Fano nel 1930, cominciò a svolgere attività antifascista clandestina con un gruppetto di militanti comunisti. Stavano per dare alle stampe La Scintilla, un foglio d'opposizione, ma furono denunciati da una spia. Tribunale speciale e condanna a dieci anni per Venturini e i suoi compagni. Nel carcere di Civitavecchia (era il 1933), l'incontro con alcuni dei massimi dirigenti comunisti di allora e il rinnovato impegno antifascista. Il giovane comunista è scarcerato nel '37. Riprende l'attività politica clandestina e gli studi. Quando si laurea in Veterinaria, le autorità fasciste gli impediscono di esercitare la professione. Così Venturini torna agli studi e, nel 1942, si laurea in Chimica all'Università di Camerino. Nello stesso anno si trasferisce a Milano, dove è chiamato a far parte di quel Comitato federale comunista. Un anno ancora e Venturini, che ha assunto il nome di copertura di Gianni Bianchini, ha un ruolo importante nella costituzione della prima organizzazione unitaria dell'antifascismo italiano: quel Comitato nazionale d'azione antifascista, dal quale sarebbe poi nato il Comitato di Liberazione Nazionale. Tra gli organizzatori degli scioperi del marzo 1943, "Bianchini" il 26 luglio tiene a Milano un comizio a nome del Partito comunista e, dopo l'8 settembre, organizza l'andata in montagna dei militari sbandati, dei ricercati e dei giovani renitenti. Quando, la vigilia del Capodanno 1944, i fascisti arrestano sua moglie, Libera Callegari, "Bianchini" si sposta a Roma, dove svolge, in collegamento con Giorgio Amendola, attività politico militare nella settima Zona. Poi, per Venturini, è un turbinio d'incarichi e di spostamenti. Rientra a Milano, quindi, ai primi di giugno del 1944, dirige la Federazione comunista di Venezia. Diventa poi ispettore del CLN regionale per le province di Vicenza e Treviso. Passa sull'altipiano del Cansiglio, come rappresentante del PCI presso la Divisione Garibaldi "Nannetti", e dopo i rastrellamenti del settembre 1944, si trasferisce a Vicenza per dirigervi quella Federazione comunista. Quando in Veneto arriva Giorgio Amendola, "Bianchini" è nominato vice comandante del CVL delle Tre Venezie. In tale veste fa la spola con Milano, per partecipare alle riunioni del CLN Alta Italia. È proprio in una di queste occasioni che perde la vita. Dopo un incontro a Milano con Luigi Longo, "Bianchini" è diretto a Padova. Arriva a Brescia e, mentre attende un mezzo per proseguire il viaggio, è riconosciuto da una "repubblichina" di Fano riparata al Nord. La donna avvisa i fascisti di Brescia e "Bianchini" è preso in trappola. Un disperato tentativo di sottrarsi alla cattura è troncato da una raffica di mitra. (Fonte: Redazione web A.N.P.I., Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, via degli Scipioni 271, 00192 Roma.) 32 33
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